Orizzonti 22. L'arte Di Educare Nello Stile Del Sistema

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Orizzonti 22. L'arte Di Educare Nello Stile Del Sistema ORIZZONTI a cura della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» di Roma 22. A cura di PIERA RUFFINATTO - MARTHA SÉÏDE L’ARTE DI EDUCARE NELLO STILE DEL SISTEMA PREVENTIVO App ROFONDI M ENTI E PRO sp ETTIVE a cura di PIERA RUFFINATTO - MARTHA SÉÏDE L’ARTE DI EDUCARE NELLO STILE DEL SISTEMA PREVENTIVO Approfondimenti e prospettive LAS - ROMA A madre Antonia Colombo con viva gratitudine © 2008 by LAS - Libreria Ateneo Salesiano Piazza del l’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 ROMA Tel. 06 87290626 - Fax 06 87290629 - e-mail: [email protected] - http://las.unisal.it ISBN 978-88-213-0683-9 ––––––––––––– Elaborazione elettronica: LAS Stampa: Tip. Abilgraph - Via Pietro Ottoboni 11 - Roma PRESENTAZIONE La ricchezza dei saggi raccolti in questo volume suggerisce numero- se linee di lettura che incrociano varie questioni, tutte meritevoli della massima attenzione. Mi limiterò a individuarne tre principali. La prima, e più evidente, riguarda certamente il proposito di rein- terpretare il Sistema Preventivo alla luce della realtà del nostro tempo. Ripensarne i fondamenti proposti da don Bosco e da suor Maria D. Mazzarello e ripercorrere la pluricentenaria esperienza delle comuni- tà salesiane significa ricavare suggerimenti e ispirazioni per un’azione educativa capace di rispondere alle esigenze e aspettative di una realtà segnata da profonde trasformazioni. Accogliere e prolungare la propo- sta di don Bosco, significa, in altre parole, accettare la sfida della sua ricontestualizzazione in una permanente tensione tra fedeltà ai presup- posti originari e sforzo di adeguamento ai nostri tempi. La tradizione infatti non è solo un insieme di valori oggettivi, socio- logicamente rilevabili, che si tramandano di generazione in generazio- ne. Essa si configura anche e soprattutto come insostituibile congegno pedagogico in quanto apparato concettuale che giustifica i particolari aspetti rilevabili al suo interno e ai quali fornisce coesione sul piano nor- mativo e su quello della fondazione ultima. La tradizione si pone, cioè, come un nucleo originario che non è affidato alla purezza aprioristica della razionalità strumentale, ma poggia sul senso etico e la profondità storica dei rapporti che regolano l’esperienza di un gruppo sociale. Proprio in questo senso – e contrariamente all’uso corrente del- l’espressione – la tradizione non è un dato di fatto immutabile. Essa si configura piuttosto come un luogo di pratica e di esperienza rivissuta in prima persona. La tradizione così intesa è, dunque, per sua natura aperta a tutte le domande che incombono sul presente: essa garantisce il processo della «generazione» imprescindibile condizione per suscita- re umanizzazione e civiltà. 6 Presentazione La fedeltà alla tradizione vista nella sua evoluzione storica è docu- mentata nel volume da alcuni saggi – e qui sta una seconda apprezzabi- le ragione d’interesse del volume – che ricostruiscono alcuni passaggi strutturali delle vicende del popolarismo pedagogico salesiano, in par- ticolare nella versione “al femminile”: dalla nozione stessa di Sistema preventivo – come è stata interpretata dopo don Bosco la categoria della preventività, la lezione educativa trasmessa da suor Maria D. Maz- zarello – ad alcuni dei presupposti teorici su cui esso si basa come il principio teologale di carità educativa da cui discende primariamente la prassi educativa dell’amorevolezza. Nell’ottica dell’evolversi di una tradizione lo scavo nel passato – sia detto incidentalmente – non si configura mai come semplice erudizione fine a se stessa, ma costituisce piuttosto l’architrave per la comprensione della proposta educativa nel suo nucleo originario, premessa necessaria per la sua trasposizione nella realtà contemporanea. Considerato da que- sto punto di vista, il libro si propone davvero con un esemplare approc- cio metodologico di come si possa costruire il rapporto tra la fedeltà a una tradizione e il suo inveramento nel cambiamento culturale e sociale. Numerosi saggi riconducono l’amorevolezza di don Bosco e di suor Maria D. Mazzarello nei termini attuali di una pedagogia basata su una relazione educativa ricca di affettività, di partecipazione solidale, di senso etico e di intensità religiosa, affidata alla sensibilità educativa del- la paternità/maternità degli educatori e alla loro capacità di parlare al “cuore” – biblicamente inteso – dei soggetti di cui si prendono cura. Prevenire si traduce perciò nella creazione di una rete di relazioni positive, capaci di stimolare e sostenere le forze interiori giovanili e di orientarle verso tappe di maturazione umanizzanti, predisponendo la persona a dar senso alla vita. Non è difficile individuare nella categoria della reciprocità il principio pedagogico che reinterpreta l’amorevolezza boschiana, amorevolezza che, come si legge in uno dei saggi, «è la tradu- zione salesiana di quell’amore sollecito, gioioso e disinteressato che acco- glie i giovani e apre la loro vita a un futuro solidale». Le profonde e articolate riflessioni che sostengono la regola peda- gogica della reciprocità relazionale consentono al libro di oltrepassare la pur apprezzabile finalità di una riflessione prevalentemente interna alla comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice per inserirsi in modo significativo anche nel confronto pedagogico contemporaneo. Come è ben noto tanta pedagogia del nostro tempo appare debitrice a una mentalità che spesso si svolge entro letture nichilistico-tecnocrati- Presentazione 7 che. Da una parte – sul piano dei fini – si deve fare i conti con una diffusa concezione relativistica che si traduce nell’esaltazione della libertà di un soggettivismo nomadico, mentre dall’altra – in termini sociali – siamo in presenza dell’esasperazione dei modelli organizzativi, delle procedure e delle misurazioni, nell’ossessione di migliorare le tecniche didattiche in vista di risultati «pratici» e cioè «utili». La cultura educativa, e in specie scolastica, del nostro tempo risulta infatti fortemente condizionata dal- la dipendenza dallo sviluppo economico e impregnata di efficientismo metodologico sul piano delle prassi quotidiane, blandamente temperato dal richiamo a una utopica etica dei valori comuni. Questo processo riverbera, anche in campo educativo, la critica che strutturalismo e storicismo hanno portato all’«eterno nell’uomo» e cioè all’idea che in lui vi siano esigenze fondamentali, costitutive della sua natura umana. La decostruzione della tradizione rientra entro questo quadro culturale. Il metodo genealogico costituisce il primo passo per negarne il valore esemplare e, dunque, anche educativo. Il futuro, a sua volta, viene disegnato come una costruzione funzionalistica senza specifica dimora e finalizzato alla soluzione di problemi pratici secondo la teoria dell’inquiry. Contro la pretesa razional-pragmatista di ridurre l’educazione nell’orizzonte di un semplice accumulo di competenze con cui affron- tare la realtà e di considerare la persona che cresce una monade auto- sufficiente, sciolta da ogni legame, i saggi del volume rispondono solle- vando tre principali obiezioni. La prima riguarda il costituirsi della persona in quanto «incontro con l’altro» e dunque esperienza di prossimità umana. Con Guardini si può dire che chi non sperimenta l’avventura di «aprirsi all’altro», credendo di «salvare la propria anima l’avrà per sempre perduta». Chi, invece, si apre all’altro diventa «un orizzonte spalancato»: in ciò «egli è davvero e autenticamente se stesso e lo diventa sempre più quanto più osa affer- marsi non come individualità chiusa, ma aperto e proteso verso qualco- sa», non nella forma d’una sconsiderata spensieratezza, ma aderendo a ciò che è degno, per conquistarlo, accettando di mettere in gioco se stesso. È proprio in questo senso che la duplice nozione di reciprocità- relazione agisce nella riattualizzazione della preventività boschiana. La seconda s’intreccia con la prospettiva di quello che Sandel de- finisce il «sé situato»: ciascuna persona nasce e cresce entro un con- testo ben definito: la famiglia, l’ambiente di vita, la comunità sociale di appartenenza. L’ipotesi di un sé sciolto da ogni vincolo è una pura 8 Presentazione astrazione intellettualistica che non ha riscontri nella realtà. La dimen- sione comunitaria costituisce non soltanto un’esperienza ineliminabile dalla vita dell’uomo, ma è proprio in questa esperienza che si ritrovano decisivi elementi educativi. La comunità si configura, infatti, come un bene intrinseco per tutti quelli che ne fanno parte, sia sul piano dell’esperienza psicologica – il senso di appartenenza che ne rafforza l’identità – sia sul piano etico – le regole sociali vissute come responsabile condivisione che deriva dalla partecipazione ad una comune storia –. Nel volume si trovano numerose e appassionate pagine sull’importanza della promozione di un io comu- nitario che non si può compiere se non entro una dimensione sociale ricca di senso e sostenuta da un clima educativo capace di educare a vivere insieme. È il recupero di quella nozione di «famiglia» che segna tanta parte della tradizione salesiana, a partire dall’ambiente accogliente e materno che la memorialistica riconduce ai primi anni di Valdocco. Ma tutto questo resta sul piano dei buoni propositi e delle migliori intenzioni se non si recupera la dimensione della magisterialità. Il mae- stro è infatti l’agente primo che pone in relazione la persona che cresce e l’insieme dei valori espressi dalla tradizione, sfuggendo al terribile cancro che ombreggia ogni processo educativo: lo scetticismo. I maestri sono importanti.
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    San Giovanni Bosco Sacerdote - 31 gennaio Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888 Grande apostolo dei giovani, fu loro padre e guida alla salvezza con il metodo della persuasione, della religiosità autentica, dell’amore teso sempre a prevenire anziché a reprimere. Sul modello di san Francesco di Sales il suo metodo educativo e apostolico si ispira ad un umanesimo cristiano che attinge motivazioni ed energie alle fonti della sapienza evangelica. Fondò i Salesiani, la Pia Unione dei cooperatori salesiani e, insieme a santa Maria Mazzarello, le Figlie di Maria Ausiliatrice. Tra i più bei frutti della sua pedagogia, san Domenico Savio, quindicenne, che aveva capito la sua lezione: “Noi, qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri”. Giovanni Bosco fu proclamato Santo alla chiusura dell’anno della Redenzione, il giorno di Pasqua del 1934. Il 31 gennaio 1988 Giovanni Paolo II lo dichiarò Padre e Maestro della gioventù, “stabilendo che con tale titolo egli sia onorato e invocato, specialmente da quanti si riconoscono suoi figli spirituali”. Martirologio Romano: Memoria di san Giovanni Bosco, sacerdote: dopo una dura fanciullezza, ordinato sacerdote, dedicò tutte le sue forze all’educazione degli adolescenti, fondando la Società Salesiana e, con la collaborazione di santa Maria Domenica Mazzarello, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per la formazione della gioventù al lavoro e alla vita cristiana. In questo giorno a Torino, dopo aver compiuto molte opere, passò piamente al banchetto eterno. Giovanni Bosco nasce il 16 agosto 1815 in una modesta cascina nella frazione collinare “I Becchi” di Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco): è figlio dei contadini Francesco Bosco (1784-1817) e Margherita Occhiena (1788-1856).
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