NEL TRENTINO ORIENTALE TRE REALTA’ CASTELLANE
Castel Belvedere Castellalto Castel Ivano
ASSOCIAZIONE CASTELLI DEL TRENTINO (1987 – 2003)
15 ANNI DI ATTIVITA’
a cura di Remo Carli e Tullio Pasquali
2 NEL TRENTINO ORIENTALE TRE REALTA’ CASTELLANE
Castel Belvedere - Castellalto - Castel Ivano
ASSOCIAZIONE CASTELLI DEL TRENTINO (1987 – 2003)
15 ANNI DI ATTIVITA’
a cura di
Remo Carli e Tullio Pasquali
Con contributi di :
Remo Carli, Vito Bortondello, Alessandro Gremes,
3 Tullio Pasquali, Alfonso Scartezzini
NEL TRENTINO ORIENTALE TRE REALTA' CASTELLANE Castel Bevedere, Castellalto e Castel Ivano
ASSOCIAZIONE CASTELLI DEL TRENTINO (1987- 2003) 15 anni di attività a cura di Remo Carli & Tullio Pasquali
Progetto editoriale e coordinamento redazione Roberto Murari
Progetto grafico editoriale Roberto Murari, Tullio Pasquali
Redazione Lorena De Valenzuela, Patrizia Gremes, Nirvana Martinelli, Ivana Mosna
Fotografie Remo Carli, Alessandro Gremes, Ivana Mosna, Alfonso Scartezzini
Disegni tecnici Remo Carli, Alfonso Scartezzini
Elaborazioni grafiche Tullio Pasquali, Roberto Murari
Disegni dei materiali Tullio Pasquali
4 INTRODUZIONE
Questa monografia presenta alcuni contributi, su ricerche, eseguite dall'Associazione Castelli del Trentino, tra il 1991 e il 2002. L'Associazione è nata il 2 luglio 1988 con lo scopo di proporre delle pubblicazioni molto semplici ma essenziali, su ricerche di strutture castellane "minori". I nostri contributi non sono mai stati sicuramente definitivi né tantomeno esaurienti: sono invece solo una serie di temi, studiati però in modo da costituire una campionatura sufficiente indicativa a dare un quadro d'insieme sulla storia meno ufficiale. In 15 anni di attività, non è mai mancata una stretta collaborazione con l'Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento. I collaboratori fondamentali di gran parte dei lavori sono tutti appartenenti alla nostra Associazione: Remo Carli, che ha sempre dato un apporto primario ai rilievi delle strutture castellane e nell'allestimento delle mostre; Alessandro Gremes, che si è occupato con estrema perizia dei reperti monetali rinvenuti in più realtà castellane (in questo monografia vi sono alcuni suoi grafici di notevole interesse); Ivana Mosna, attraverso le cui fotografie è stato possibile catalogare e illustrare centinaia di reperti; Roberto Murari, dinamico segretario dell'Associazione; Barbara Rauss, che con i suoi disegni ha dato corpo a frammenti ceramici e spezzoni di ferro che altrimenti sarebbero rimasti "muti" (e aiutato chi scrive nello studio dei resti di cultura materiale); Alfonso Scartezzini, che con Carli ha eseguito molti rilievi di strutture assai complesse come ad esempio quelle di Castel Corno (non vanno dimenticate neppure le sue notevoli capacità quale disegnatore di elementi architettonici). Ma dal 1988 al 2003 i collaboratori sono stati tanti, oltre alle persone ricordate, vi sono: Sergio Anesi, Claudio Antonelli, Marco Avanzini, Roberto Avanzini, Giovanni Battista a Prato, Bernardino Bagolini, Pier Luigi Baroni, Ivano Bernardi, Marco
5 Bettotti, Franco Bonomi, Giuseppe Borgogno, Vito Bortondello, Luciano Brida, Walter Casagranda, Enrico Cavada, Giorgio Chelidonio, Cesare Ciola, Gianni Ciurletti, Fausto Corazzola, Mario Curzel, Donatella D'Angela, Lorena De Valenzuela, Mariano Devigili, Stefano Ferrari, Alessandro Fontanari, Bruno Fruet, Nereo Garbari, Lorenzo Ghirotti, Renzo Giovannini, Marco Gramola, Mauro Grazioli, Elisabetta Gremes, Patrizia Gremes, Ivan Gubert, Giuseppe Gorfer, Tomaso Iori, Massimo Libardi, Luca Marchi, Pietro Marsilli, Carlo Martinelli, Nirvana Martinelli, Franco Marzatico, Leone Melchiori, Franco Menegoni, Giuseppe Mezzena, Aldo Miorelli, Ezio Moranduzzo, Guido Omezzoli, Lucia Paoli, Roberto Pecoraro, Claudio Piccoloroaz, Claudio Pisetta, Riccardo Pizzi, Adriano Predelli, Graziano Riccadonna, Valentino Rosà, Giuseppe Sebesta, Luca Slomp, Roberto Spagolla, Vittorio Staudacher, Umberto Tecchiati, Gioia Tentori, Lucia Tessaro, Natalino Tonina, Carlo Tonizzo, Romano Turrini, Guido Turrini, Franca Maria Scarpa, Gino Scarpa, Marco Stenico, Marzio Zampedri, Paolo Zanetti, Carlo Zanghellini. L'Associazione ha operato in prevalenza nel bacino idrografico del Fersina e del Brenta con i seguenti Enti: il Comune di Civezzano, la Biblioteca Comunale "G. B. Borsieri" di Civezzano, il Comune di Fornace, il Consorzio Porfido Trentino di Albiano, il Comune di Lona - Lases, il Comune di Baselga di Pinè, l'Azienda Promozionale Turistica dell'Altipiano di Pinè, la Biblioteca Comunale di Pinè, l'Associazione 6 di Pénede>, l'Associazione “Riccardo Pinter” di Riva del Garda, l'Azienda Promozione Turistica Garda Trentino e con il Consorzio dei Comuni della Provincia di Trento B.I.M. dell'Adige. Questo libro è pensato per le persone che si interessano di problematiche medioevali, ed è anche nato grazie ad esse e fra esse. Una sola considerazione basta a spiegare il taglio ed il significato della monografia, la quale è una serie di proposte che non vogliono essere presentate come un insieme a soggetto. I vari contributi non danno soluzioni o < Tullio Pasquali Presidentedell'Associazione Castelli del Trentino 7 PARTE PRIMA BIBLIOGRAFIA DELL’ASSOCIAZIONE Tullio Pasquali 8 Il primo lavoro; antecedente alla costituzione dell’Associazione Casteli del Trentino. 9 Anno 1987 AA. VV. < Torre dei Sicconi. Storia di un castello medioevale (1201-1385). Momenti del passato di Caldonazzo >. Pag. 54. Biblioteca Comunale di Caldonazzo, 1987 (con mostra). I pannelli della mostra e i materiali recuperati sono presso la Biblioteca Comunale di Caldonazzo. Riassunto. Vengono prima descritti i personaggi più importanti della famiglia dei da Caldonazzo-Castronovo. Poi le motivazioni che nel 1385 spinsero i Vicentini ad invadere militarmente i feudi dei da Caldonazzo, con il diroccamento, sul Monte Rive, del Castronuovo, passato poi alla storia col nome di Anno 1989 T. Pasquali (a cura di) < Il Castello di S. Gottardo a Mezzocorona. Ricerche >. Pag. 143. Copyright Circolo Fotoamatori Rotaliano. Mezzocorona, 1989 (con mostra). I pannelli della mostra sono presso il Comune di Mezzocorona, i materiali sono depositati presso l'Ufficio Archeologico della Provincia Autonoma di Trento. 10 Riassunto. Si presenta un attento rilievo sull'articolato complesso architettonico medioevale, situato nei pressi di Mezzocorona. Vengono illustrati i resti di cultura materiale, tutti recuperati nelle varie fasi di rilievo e nei successivi momenti di ricerca. Si segnala all'esterno del castello, la presenza di pochi frammenti ceramici preistorici, di alcuni reperti romani e del primo medioevo. La catalogazione dei reperti "castellani" è suddivisa per tipologia, che va dalla ceramica ai vetri, dai metalli ai manufatti in osso, dalle pietre focaie alle monete. A termine della catalogazione si presenta una serie di schede tematiche che riguardano i seguenti argomenti: la ceramica, il vetro, le stufe ad AA. VV. < Castelbosco. Ricerche >. Pag. 135. Copyright Biblioteca Comunale "G. B. Borsieri" di Civezzano. Civezzano, 1989 (con mostra). I pannelli sono di proprietà della Biblioteca Comunale "G. B. Borsieri" di Civezzano, i materiali recuperati sono depositati presso l'Ufficio Archeologico della Provincia Autonoma di Trento. Riassunto. Si presentata per la prima volta uno studio geologico del dosso ed una ricostruzione ipotetica di Castel Bosco. Seguono le note storiche, con appendice sull'atto di investitura del 1187, dove i da Civezzano (Pietro e suo fratello) vengono infeudati di Castel Bosco. Si illustrano i rinvenimenti di cultura materiale raccolti sia sul dosso che nelle zone contigue e i reperti della raccolta < 11 Il successivo scritto, evidenzia un reperto eccezionale, si tratta di un piccolo manufatto in osso riguardante il gioco degli scacchi, riconoscibile come il cavallo. Segue un attento studio su una fibula longobarda del "tipo trentino", monile che è stato rinvenuto all'esterno del castello. Interessante è lo studio sui resti faunistici, dove risultano macellati bue, capra, maiale e qualche animale selvatico. Viene ripreso da Studi Trentini di Scienze Storiche il catalogo dei materiali recuperati nel 1982 a Castel Bosco. Si conclude con una serie di schede tematiche riguardanti la cavalleria medioevale, l'armamento del cavaliere dal 1100 all'inizio del 1300, l'arco e la balestra nel medioevo. R. Giovannini (a cura di) < Un segno a protezione dell'uomo e del territorio: gli elementi di dettaglio del paesaggio e gli ex voto di Caldonazzo >. Pag. 267 con 2 cartine topografiche. Assessorato Attività Culturali di Caldonazzo. Caldonazzo, 1989 (con mostra). I panelli sono di proprietà della Biblioteca Comunale di Caldonazzo. Riassunto. Nella prima parte si ricorda il tempo che fu, dove anche la casa, come bene privato, aveva una sua sacralità. Seguono delle considerazioni sulle forme architettoniche dei "capitelli a colonnetta", per poi passare alle espressioni dialettali che ogni regione da alle edicole sacre. Il successivo capitolo ricorda che i "capitelli", prima di diventare espressione della religiosità popolare, furono sacelli romani e prima ancora simulacri di divinità preistoriche. Conclude la prima parte un capitolo sulle malattie, evidenziando quanti "capitelli" sono ancora dedicati a S. Rocco e S. Sebastiano protettori contro il morbo della peste. La seconda parte, attraverso ben 40 schede, analizza le caratteristiche tipologiche dell'architettura sacra minore presente 12 sul territorio di Caldonazzo. Vengono anche studiati e pubblicati, i superstiti ex voto della Parrocchiale di S. Sisto e della chiesa di S. Valentino. La terza e ultima parte, supportata da una adeguata cartografia, propone una serie di itinerari, dove si suggeriscono delle passeggiate per visitare gli elementi sacri, che costellano sia il centro storico di Caldonazzo che le zone più periferiche. 13 La Magnifica Corte di Caldonazzo – Castello Trapp. Una delle pubblicazioni interamente curate dall’Associazione. 14 Anno 1990 AA. VV. < La Magnifica Corte di Caldonazzo. Castello Trapp >. Pag. 234. Edizione a cura del Comune di Caldonazzo. Caldonazzo. 1990 (con mostra). I pannelli sono di proprietà della Biblioteca Comunale di Caldonazzo. Riassunto. Il primo capitolo è un attento studio sulla genealogia della famiglia Trapp di Caldonazzo e Beseno. Il successivo capitolo è un contributo sull'evoluzione architettonica della Magnifica Corte, dove vengono analizzate, attraverso planimetrie e prospetti, le mutazioni dei fabbricati dal 1100 al 2000. Il terzo capitolo studia gli affreschi interni del castello. Inizia con una carrellata storica sulla pitture del Trentino-Alto Adige sviluppatasi dal XI al XVII secolo, per poi prendere in considerazione la sala Villinger o di Osvaldo, la sala del torneo e l'atrio degli stemmi. Il quarto capito si riferisce all'Urbario e allo Statuto di Caldonazzo del 1712, accompagnato da un glossario dei termini inusitati. L'ultimo capitolo tratta le cronache comparate di storia di Caldonazzo e del Trentino con l'Italia e l'Europa dal 1100 al 1990. Anno 1991 AA. VV. < Castel Corno in mostra. Ricerche >. Pag. 198. Comune di Isera. Museo Civico di Rovereto. Manfrini R. Arti Grafiche Vallagarina S.p.A. Calliano (Trento), 1991. I materiali recuperati sono depositati presso il Museo Civico di Rovereto. 15 Riassunto. Sono le ricerche e i rilievi di Castel Corno, pubblicate negli Annali dei Musei Civici di Rovereto (1987- 1990). La parte iniziale riguarda i rilievi. Nel primo contributo viene trattato l'inquadramento topografico, l'evoluzione geologica della zona di Castel Corno e i rilievi della parte alta del castello. I due successivi contributi presentano, con piante e prospetti, i rilievi della parte bassa con una attentissima descrizione del complesso architettonico superstite. La seconda parte tratta i resti di cultura materiale. Il primo contributo descrive i materiali recuperati nella parte alta di Castel Corno. I successivi due contributi studiano i materiali rinvenuti nella parte bassa e nelle zone limitrofe. La terza parte studia la fauna macellata, dove risulta che i resti di pasto predominanti sono di bue, capra e di maiale. La quarta parte tratta le monete, dove tra quelle medioevali e rinascimentali sono segnalate due monete romane, vengono anche evidenziati i probabili sfridi di una zecca clandestina. L'ultimo contributo riguarda due acciarini (accendi esca) rinvenuti nella parte bassa del castello, con dei confronti tipologici sia italiani che europei. T. Pasquali (a cura di) < Castel Corno in mostra. Catalogo >. Pag. 140. Comune di Isera. Museo Civico di Rovereto. Manfrini R. Arti Grafiche Vallagarina S.p.A. Calliano (Trento), 1991 (con mostra). I pannelli della mostra sono di proprietà del Museo Civico di Rovereto. Riassunto. Il primo argomento tratta la preistoria del territorio di Isera e i materiali preistorici rinvenuti tra le mura di Castel 16 Corno. Il secondo tema riguarda la romanizzazione del territorio della Vallagarina dove vengono evidenziate le presenze romane nel Comune di Isera con particolare sottolineatura della così detta T. Pasquali (a cura di) < La Val di Cembra in età preromana. Dai cacciatori raccoglitori mesolitici dei Lagorai al mondo retico >. Pag. 174. Comune di Cembra. Edizione - U.C.T. Trento, 1992 (con mostra). I pannelli della mostra sono di proprietà della Biblioteca Comunale di Cembra. Riassunto. Il primo argomento tratta la glaciazione della Val di Cembra con un capitolo sull'evoluzione geologica delle piramidi di terra di Segonzano. 17 Seguono: il Paleolitico Medio, il Paleolitico Superiore, il Mesolitico e, un lavoro di sintesi, dal titolo: A caccia di stambecchi diecimila anni fa. I quattro argomenti parlano in modo schematico dell'uomo di Neandertal, dei cacciatori del Paleolitico Superiore e dei cacciatori raccoglitori mesolitici della Catena dei Lagorai. Segue un contributo sul Neolitico. I vari capitoli affrontano le vicissitudini culturali di popolazioni dedite prima alla caccia e alla raccolta di frutti spontanei per poi trasformarsi lentamente in agricoltori e allevatori. Il successivo capitolo parla dell'Eneolitico (età del Rame). Dall'arrivo in regione dei primi manufatti in rame alle statue stele di Arco. Seguono due argomenti ben separati: l'età del Bronzo e l'età del ferro. Nei vari capitoli diventa sempre più evidente la colonizzazione della Val di Cembra nell'età del Bronzo, per raggiungere l'apice nell'età del Ferro. Nella fase finale dell'età del Ferro la civiltà dei Reti viene sottoposta al dominio romano. Il compendio successivo tratta l'astronomia nel periodo preistorico. Dove si ipotizza che molte coppelle incise nelle rocce, possano essere delle congiunzioni astronomiche scolpite dall'uomo preistorico. La penultima parte è uno studio sulle incisioni rupestri della Val di Cembra con ben 10 schede. Vi è una particolare sottolineatura delle incisioni dei Casteleri di Lona, dove è presente la più alta concentrazione di coppelle di tutta la Val di Cembra. L'ultimo argomento è il dizionarietto sui termini archeologici. Anno 1998 N. Forenza & M. Libardi (a cura di) < Il Castello Roccabruna a Fornace >. Pag. 386. Comune di Fornace. Edizione Associazione < 18 I pannelli sono di proprietà del Comune di Fornace, i materiali rinvenuti nel castello sono esposti nella Biblioteca Comunale di Fornace. Riassunto. La monografia inizia con una serie di immagini fotografiche del castello. La prima parte consiste in due saggi: uno tratta il Castello di Fornace, attraverso la storia della Famiglia dei da Fornace - Roccabruna e l'evoluzione architettonica del castello; l'altro studia la Carta di Regola di Fornace del 1764. La seconda parte è dedicata ai Roccabruna. Di notevole interesse è la trattazione dal seguente titolo: I Roccabruna a Fornace: origini della famiglia e costruzione del patrimonio tra duecento e trecento. L'autore presenta delle riflessioni che rivedono il ruolo del mitico capostipite della Famiglia dei Roccabruna. Nel compendio vi sono due tavole sulla genealogia dei Roccabruna sino alla metà del secolo XV. Chiudono l'argomentazione cinque documenti del XIV secolo. Il contributo successivo tratta tre documenti inediti dell'archivio parrocchiale di Fornace. Il primo riguarda il codicillo di Gerolamo Roccabruna del 1670; il secondo contiene due atti ben separati del 1796 che sono: la peste bovina e le dispute finanziarie tra il prete di Fornace e la sua comunità; il terzo documento è un impegno di pagamento datato 1797; concludono il capitolo delle osservazioni, di carattere storico, sulla lapide tombale dei Roccabruna murata nella chiesa di San Martino di Fornace. La terza parte tratta i ritrovamenti iniziando con i materiali castellani rinvenuti nel restauro di Castel Roccabruna, con dei capitoli sulle ceramiche e i vetri, sui metalli e sulle monete. Seguono due brevi compendi; uno su due fibule romane rinvenute nel territorio di Fornace e l'altro sulla meridiana della torre del Castel Roccabruna. La quarta parte abbraccia il territorio comunale di Fornace con tre saggi. Il primo fa delle supposizioni fra cultura preistorica e astronomia. Il secondo ruota attorno ai Longobardi dell'Alta Valsugana e si articola in più argomentazioni che sono: la 19 storiografia longobarda del'900, l'influsso dei Longobardi nel Trentino, il territorio del pinetano e di Fornace come punto nodale per il transito tra la Valsugana e il territorio nord-atesino, il radicamento longobardo nella toponomastica e nei termini dialettali. L'autore conclude ricordando che nel pinetano sono venerati due santi particolarmente cari ai Longobardi. S. Michele, che si trova nello stemma della Comunità di Pinè, e San Mauro, titolare di una chiesetta situata nell'omonima frazione. Il terzo contributo si riferisce all'attività mineraria, con delle osservazioni sulle metodologie di sfruttamento di una miniera medioevale. Lo studio prende in considerazione la "Canopa del Raita", presentando un particolareggiato rilievo planimetrico e delle interessantissime sezioni. La quinta parte o appendice è la ristampa integrale della genealogia della Famiglia Roccabruna, pubblica su Studi Trentini di Scienze Storiche del 1931. Segue la parte iconografica con una serie di fotografie su gli stemmi del casato, le tombe dei Roccabruna e i ritratti di Famiglia. Non manca neppure un breve contributo fotografico sul restauro e l'inaugurazione di Castel Roccabruna, maniero che è diventato la nuova sede municipale di Fornace (24 maggio 1992). La monografia termina con una bibliografia generale e una bibliografia ragionata su Fornace. 20 Pubblicazione del Museo Civico di Rovereto. In copertina una delle ferritoie di Castel Corno. 21 ANNALI DEI MUSEI CIVICI DI ROVERETO Alcuni soci, da molti anni, collaborano con il Museo Civico di Rovereto e questi sono i contributi pubblicati sugli Annali. Anno 1985 M. Avanzini, B. Bagolini, M. Capitanio, G. Chelidonio, T. Pasquali, G. Prosser & B. Robol - Bersaglio di Mori. Dati e ricerche - Vol. 1, pp. 23-66. Riassunto. Viene esaminata la stazione archeologica del < Anno 1986 M. Avanzini - Ceramiche medioevali non invetriate da due Castelli della Bassa Val Lagarina, Castello di Chizzola e Castel Sajori -. Vol. 2, pp. 3-11. Riassunto. Viene classificato ed analizzato il materiale ceramico proveniente da due castelli del bassa V. Lagarina, provvisoriamente riferibile a frequentazioni del XIV-XIII sec. M. Avanzini & T. Pasquali - Una sepoltura eneolitica ai piedi del torrione medioevale di Castel Corno. Nella zona del Bersaglio di Mori -. Vol. 2, pp. 13-16. Riassunto. Vengono pubblicati i risultati preliminari di uno scavo promosso dalla Sez. Arch. St. Sc. Nat. dei Musei Civici di Rovereto alla stazione archeologica del < 22 Anno 1987 M. Avanzini, R. Avanzini, R. Carli, T. Pasquali, C. Pisetta & A. Scartezzini - Note su Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale ) -. Vol. 3, pp. 3-22. Riassunto. Viene presentato uno studio geologico del sito esaminando i resti del complesso edilizio dal punto di vista architettonico e delle tecniche costruttive. T. Pasquali & B. Rauss - I resti di cultura materiale rinvenuti a Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale) -. Vol. 3, pp. 23-46. Riassunto. Viene presentato uno studio dei resti di cultura materiale rinvenuti nella zona sommitale di Castel Corno, i materiali provengono da 10 punti diversi del castello in oggetti di ceramica, vetro, metallo e pietra. Anno 1988 M. Avanzini, T. Pasquali & M. Zampedri - Ritrovamenti di materiali litici in località < Riassunto. Si comunica il rinvenimento di industria litica raccolta in superficie, in alcuni campi presso il corso dell'Adige, nella zona di Borgo Sacco (Comune di Rovereto). L'industria è riferibile ad un arco temporale che va dal neolitico alle fasi dell'età del Bronzo. Sono presenti pietre focaie storiche. 23 M. Avanzini, R. Avanzini, R. Carli & A. Scartezzini - Note su Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). II Parte - . Vol. 4, pp. 55-78. Riassunto. Viene presentato uno studio del sito esaminando i resti del complesso edilizio dal punto di vista architettonico e della tecniche costruttive. T. Pasquali & B. Rauss - I rinvenimenti di cultura materiale rinvenuti nella zona bassa di Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale) -. Vol. 4, pp.79-118. Riassunto. Viene presentato uno studio dei resti di cultura materiale rinvenuti nelle due discariche, situate all'esterno delle mura della parte bassa di Castel Corno. M. Avanzini - Castel Corno - Analisi della Fauna -. Vol. 4, pp. 119-122. Riassunto: Viene descritto ed analizzato il materiale osteologico proveniente dalla discarica bassomedioevale di Castel Corno. La tipologia faunistica documenta una sussistenza basata su maiali, capro-ovini, buoi. E' da rilevare la presenza di ostriche. A. Gremes & L. Zanoni - Le monete rinvenute a Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale) - . Vol. 4, pp. 123-136. Riassunto: Vengono descritte le monete rinvenute a Castel Corno con una breve bibliografia delle Autorità che hanno emesso le monete. Anno 1990 24 R. Avanzini - Note su Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). III Parte -. Vol. 5 (1989), pp. 29-40. Riassunto. Viene presentato uno studio del sito esaminando i resti del complesso edilizio dal punto di vista architettonico e delle tecniche costruttive. T. Pasquali & B. Rauss - I resti di cultura materiale rinvenuti nella zona bassa di Castel Corno e nelle zone limitrofe (Vallagarina - Trentino Occidentale) -. Vol. 5 (1989), pp. 41- 74. Riassunto. Gli Autori presentano lo studio dei resti di cultura materiale rinvenuti sia all'interno che nelle zone circostanti il castello. I reperti sono suddivisi in quattro zone di ritrovamento. G. Chelidonio - Due acciarini per fuoco da Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale) -. Vol. 5 (1989), pp. 75- 84. Riassunto. Due acciarini da fuoco rinvenuti nella recente indagine archeologica a Castel Corno vengono illustrati nel quadro dell'evoluzione protostorica e storica dei tipi di acciarino. Anno 1991 A. Gremes - Le monete rinvenute nella parte bassa di Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale) -. Vol. 6 (1990), pp. 63-77. Riassunto. Vengono descritte le monete rinvenute a Castel Corno con una breve biografia delle Autorità che hanno emesso la moneta. 25 G. B. a Prato - Reperti metallici con simboli araldici provenienti da Castel Corno (Isera - Vallagarina - Trentino Occidentale). Anni 1987-88 - Vol.6 (1990), pp. 79-82. Riassunto. Vengono illustrati dei reperti metallici con simboli araldici rinvenuti a Castel Corno. Anno 1992 R. Carli - Studi e ricerche alla Busa dei Preeri (Comune di Avio Trentino) -. Vol. 7 (1991), pp. 37-56. Riassunto. Viene presentato il rilievo dell'antro e delle strutture presenti. T. Pasquali & B. Rauss - I resti di cultura materiale provenienti dalla Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino -. Vol. 7 (1991), pp. 57-90. Riassunto. Vengono studiati per la prima volta i resti di cultura materiale rinvenuti all'interno dell'ampia cavità naturale, situata nel Comune di Avio, chiamata < A. Gremes - Le monete medievali rinvenute alla Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino) -. Vol. 7 (1991), pp. 91- 100 Riassunto. Vengono descritte le monete rinvenute alla < 26 Anno 1993 F. Bonomi, A. Gremes, T. Pasquali, B. Rauss & V. Rosà - Ritrovamenti archeologici tardomedievali presso i ruderi di una torre anonima nel Comune di Nago-Torbole (Trento) -. Vol. 8 (1992), pp. 77-102. Riassunto. Gli autori presentano lo studio di resti di cultura materiale rinvenuti sia all'interno che nelle zone adiacenti la torre. R. Carli, A. Gremes, T. Pasquali, B. Rauss & L. Paoli - Busa dei Preeri (Avio). Notizie preliminari sulla campagna di ricerche effettuate dal 3 al 9 agosto 1992 -. Vol. 8 (1992), pp. 103-114. Riassunto. Vengono descritti gli interventi eseguiti e illustrati i reperti più significativi venuti alla luce. A. Gremes - Monete medievali rinvenute al castello di Castellalto nel Comune di Telve (Trento) e depositate al Museo Civico di Rovereto -. Vol. 8 (1992), pp. 115-134. Riassunto. Vengono descritte le monete medievali provenienti dal Castellalto e depositate al Museo Civico di Rovereto. Anno 1994 M. Avanzini, M. Bertolini, R. Carli, G. Chelidonio, A. Gremes, T. Pasquali & B. Rauss - Considerazioni sui materiali e sulla fauna proveniente dal settore 3 della Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino) -. Vol. 9 (1993), pp. 37-74. 27 Riassunto. Gli Autori presentano i rilievi effettuati nel < R. Avanzini - Un rosario dai materiali archeologici della < Riassunto. Durante la campagna di scavi dell'estate del 1992 è stato rinvenuto nel sito detto < Anno 1995 M. Avanzini & T. Pasquali - Le pietre focaie della Busa dei Preeri (Vallagarina - Trentino meridionale): un insieme di reperti litici di epoca medioevale (XIII sec.) - Vol. 10 (1994), pp. 23-40. Riassunto. E' analizzato un cospicuo gruppo di pietre focaie rinvenute all'interno di una struttura abitativa edificata nell'ampia cavità naturale chiamata < 28 R. Avanzini, R. Carli, D. D'Anela, A. Gremes, T. Pasquali & B. Rauss - Studi sui materiali rinvenuti nei settori 2 e 2 A della Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino) -. Vol. 10 (1994), pp. 41-94. Riassunto. Gli Autori presentano i rilievi eseguiti nei settori 2 e 2 A della Busa dei Preeri, nell'agosto 1992, e gli studi dei materiali, consistenti in resti di ceramica, in pietra ollare, vetri, oggetti metallici, reperti monetali, manufatti in cuoio, legno e manufatti in selce. Vengono inoltre descritti i resti faunistici rinvenuti. A. Ferrari, A. Gremes, T. Marchi, M. Martinelli, T. Pasquali & C. Uez - Rinvenimenti occasionali di reperti archeologici provenienti dalla parte bassa di Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale) -. Vol. 10 (1994), pp. 95-102. Riassunto. Vengono descritti i reperti ritrovati, particolare interesse riveste il ritrovamento di una chiave in ferro del tipo Sanzeno. P. L. Baroni & T. Pasquali - Le monete rinvenute nei pressi del passo di Ballino (TN) -. Vol. 10 (1994), pp. 103-134. Riassunto. Vengono descritte le monete più rappresentative rinvenute al Passo di Ballino, con una breve biografia delle Autorità che hanno emesso le monete. Anno 1996 R. Carli, A. Gremes, T. Pasquali & B. Rauss - Antropizzazione bassomedioevale nella fascia pedemontana, sulla destra del 29 fiume Adige, tra il comune di Avio e il territorio veronese (Ricerche 1993-1994) -. Vol. 11(1995), pp. 115-200. Riassunto. Gli Autori presentano i risultati della ricerca di presenze bassomedioevali sulla fascia pedemontana tra il comune di Avio e il territorio veronese eseguite nell'estate del 1993 e del 1994 e sottolineano l'importante scoperta della < Anno 1998 P. L. Baroni, R. Carli, A. Gremes & T. Pasquali - Borghetto sull'Adige (Comune di Avio. Trentino). Notizie preliminari sulle ricerche effettuate nel 1994 e 1995 in località Coai di Borghetto e Dos del Maton - Vol. 12 (1996), pp. 3-14. Riassunto. Vengono descritti i siti indagati e illustrati due dei reperti più significativi rinvenuti. 30 PARTE SECONDA PRESENTAZIONE Da anni l’interesse di Tullio Pasquali e l’impegno dell’Associazione Castelli del Trentino ci regalano approfondimenti storici su particolari spaccati della nostra storia. La collaborazione instaurata in passato ha prodotto degli interessanti articoli, pubblicati sulle riviste del Comune di Baselga di Pinè e dell’APT Pinè Cembra, che hanno dato veste scientifica alle antiche leggende che alimentano la fantasia popolare sulla esistenza e distruzione del Castel Belvedere di Pinè. Non solo: gli oggetti rinvenuti e posti con opportuna descrizione in una bacheca, consentono di comprendere quale poteva essere l’importanza e la funzione di un avamposto che, per posizione strategica doveva rappresentare un punto di controllo importante di una vasta area del Trentino Medioevale. Con questa pubblicazione, che accanto alla storia di Castel Belvedere presenta altri manieri, si recupera gran parte del materiale pubblicato in una veste del tutto nuova, molto più completa ed in dettaglio che in passato, e, ancora una volta, si riaccende accanto all’interesse storico-scientifico l’emozione per un percorso storico che la Comunità ha probabilmente vissuto con grande intensità. Nell’esprimere il plauso per l’iniziativa all’Associazione Castelli del Trentino, mi corre l’obbligo di ringraziare, non in maniera formale, l’amico Pasquali per questi significativi “doni” di cultura storica che puntualmente riesce a proporci. Desidero anche confermare l’interesse dell’Amministrazione di Baselga di Pinè ad uno studio futuro e al recupero dell’intera area del Castel Belvedere, che come da toponimo si trova in una posizione panoramica di eccezionale apertura sulla Valsugana, su Trento e su Pinè, con l’auspicio che possa diventare un luogo dove storia cultura e paesaggio possano rappresentare una parte di un percorso museale che preveda il recupero alla fruizione pubblica dei più interessanti siti storici dell’Altopiano. 31 L’area del Castello recuperata quindi, accanto ai Forni Preistorici del Redebus, ai siti mesolitici, alle fucine e ai mulini, alle segherie e ai caseifici di un tempo, agli antichi oggetti di lavoro e di vita dei nostri avi, per garantire la conoscenza del passato anche alle generazioni future, ribadendo il concetto che non è possibile interpretare il presente e progettare il futuro se non si ha conoscenza del proprio passato. Sergio Anesi, Sindaco del Comune di Baselga di Pinè Dalla residenza municipale, primavera 2003 32 CONSIDERAZIONI SULLA COSTRUZIONE E SULLA DISTRUZIONE DI CASTEL BELVEDERE DI PINE’ CON APPUNTI SU ALCUNI RINVENIMENTI DI CULTURA MATERIALE Tullio Pasquali 33 Ideale ricostruzione di Castel Belvedere (XIII – XIV secolo). Dis. Di Tullio Pasquali. 34 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO Sono scarsissime le tracce rimaste di Castel Belvedere. I pochi laceri di muro si trovano sulla sommità boscosa del Doss de la Mot (m. 1077 s.l.m.). Fig. 1 - La freccia indica l’ubicazione di Castel Belvedere. Da : A. Peter. < Atlas Tyrolensis > 1759. Ristampa : Athesia – Verlag. Bolzano 1986. A mio avviso, per arrivare più facilmente in prossimità dei ruderi, è preferibile seguire la Strada Provinciale di Montagnaga (N. 66) fino al bivio per la frazione Gril. 35 Da lì, si prosegue sulla stradina asfaltata, arrivando alle poche case che formano la piccola contrada. Unico edificio importante è la bianca chiesetta del Gril, da dove si deve risale a piedi la strada sterrata che, tra i prati, porta al maso Purga (m. 1024 s.l.m.). Dietro l'antico caseggiato, si inerpica il sentiero che costeggia il versante ovest del Doss de la Mot, dopo un breve tratto si raggiunge una spianata, e da questa si risale il pezzo più ripido per arrivare sulla sommità del dosso. Rimangono godibili, dell'antico castello, solo i basamenti di una torre quadrata di circa 7 X 7 metri (Fig. 2 – 3). Notevole è il panorama che abbraccia tutto l'Altopiano di Pinè, con una stupenda vista sul biotopo del Laghestel. Fig. 2 – 3 - Il basamento della torre di Castel Belvedere (foto: Ivana Mosna) 36 SINTESI STORICA Il primo documento riguardante il castello è del 21 maggio 1160 nel quale il vescovo di Trento, Adalpreto, infeudava Gandolfino da Fornace del castello di Belvedere. Presumibilmente il maniero ebbe il suo massimo splendore verso la metà del 1200 ed è per l'appunto, in questo periodo (1256, 1265 e 1270), che diede ospitalità al principe vescovo di Trento Egnone, ultimo dei conti di Appiano. Dal 1273 al 1276 fu occupato dalle truppe di Mainardo II, conte del Tirolo. Pochi anni dopo lo sgombro dei tirolesi, le documentazioni certe svaniscono nel nulla. Che cosa accade tra il 1276 e il 1357 ? A mio avviso, dopo il ritiro dei tirolesi, il castello rimase semi abbandonato per oltre 50 anni. Nel 1349, senza colpo ferire, i da Carrara, signori di Padova, si impossessarono dell'attuale Alta Valsugana, occupando i castelli di Pergine, Selva e Roccabruna e, sicuramente, anche quello di Pinè. Nella primavera del 1356, Ludovico di Brandeburgo, conte del Tirolo, iniziava le operazioni militari per riavere quella importantissima zona mineraria del Principato vescovile di Trento. L'esercito tirolese con i suoi alleati, pose sotto assedio il castello di Pergine, quello di Selva e Roccabruna e, certamente anche, il Castel Belvedere. Quasi subito si arrendeva Castel Selva, mentre gli altri manieri resistettero fino alla pace di Padova, avvenuta nell'ottobre dello stesso anno. Dopo sette anni di occupazione padovana, l'Alta Valsugana ritornava al Principato vescovile di Trento, o forse è meglio dire, rientrava nelle mani del conte del Tirolo. Nel 1357, l'egemonia tirolese è indiscussa, lo testimonia la vendita per 290 fiorini d'oro, di un bene del Principato di Trento, alla Comunità di Pinè. Si tratta della Rocca di Roccabruna con l'obbligo di smantellarla ed è molto probabile che il Castel Belvedere fosse già in rovina a causa degli assedi sostenuti, nella guerra contro i Padovani. 37 38 LE MOTIVAZIONI DELLA RICERCA Tra il 1999 e il 2001 ho scritto quattro articoli riguardanti il Castel Belvedere di Pinè. Due sono su < Pinè Cembra. Turismo Notizie > e due su < Pinè Sover. Notizie >. Con i quattro articoli, volevo ricordare, che nel 2000 ricorrevano gli 840 anni dal primo documento, redatto nel maggio del 1160, riguardante Castel Belvedere e l'Altopiano di Pinè. Nel contempo, alcuni collezionisti privati mi mettevano a disposizione sia del materiale metallico che ceramico, raccolto nei pressi delle rovine del castello. I ferri e le ceramiche sono da considerare resti della cultura materiale del Castel Belvedere. Ora sono esposti a Baselga di Pinè, in una piccola bacheca, presso la sede dell'Azienda di Promozione Turistica Altopiano di Pinè - Val di Cembra. In questo lavoro, i quattro saggi pubblicati sulle riviste pinetane, hanno subito delle inevitabili correzioni e aggiunte. Fig. 4 - Il dosso dove sorgeva Castel Belvedere visto da Vigo (foto : Ivana Mosna). 39 IL CASTELLO DI BEVEDERE DI PINE' NEI SECOLI XI E XII Il primo documento Giuseppe Gerola, alla fine del 1800, così descriveva il vertice del dosso, dove sono presenti i ruderi del castello di Pinè: < La sommità del dosso su cui sorgeva il castello è inaccessibile dai due lati meridionale ed occidentale, costituiti da rocce di porfido che calano a picco, là dove dalle altre parti il declivio è più dolce: anzi nel lato settentrionale, si scorgono tuttora le vestigia di un'antica cerchia di mura, costituente la solida cinta esterna, la prima difesa del castello>. E per quanto riguarda la più antica documentazione del maniero così scriveva: < Il primo documento, che con sicurezza ci parli del castello di Belvedere è una pergamena del 21 maggio 1160, con la quale il vescovo di Trento Adalpreto II (1156-1177), concede in feudo il castello stesso a Gandolfino signore di Fornace, a parte che costui difendesse la rocca in soggezione al vescovo, la tenesse sempre aperta al vescovo in caso di guerra, si obbligasse a comporre entro un mese le eventuali controversie sue con la curia e costringesse gli abitanti delle terre a difendere insieme con lui il castello 1>. Il paesaggio La pergamena del 21 maggio 1160 sancisce diritti ed obblighi, su un territorio che, sicuramente, doveva avere un paesaggio assai diverso dall'attuale. Innanzi tutto, sull'Altopiano di Pinè vi erano almeno quattro laghi. Il più grande era quello della Serraia che, in un documento del 1349, risulta portare il nome di lago Fosso o Fox o Foxo 2. 1 GEROLA, 1898-99. 2 GOBBI (A), 1990, p. 168. 40 Nel secolo XII, il lago della Serraia era più vasto e caratterizzato da una grande ansa che lambiva i dolci declivi orientali del dosso di Miola. Sembra che nel Palù di Miola, quando furono messe a dimora le fondazioni dello stadio del ghiaccio (Ice Rink Pinè), siano stati visti una serie di pali infissi nel terreno torboso; pali che potrebbero essere appartenuti a qualsiasi cosa : come i residui di un antico approdo per barche, o forse di una palafitta preistorica, o semplicemente, tronchi macerati appartenuti ad antichi alberi sommersi. Non è da escludere che nel 1100 il contiguo lago delle Piazze potesse essere un tutt'uno con quello della Serraia. Si ricorda, però, che il livello delle acque dei due laghi, deve essere stato costante per moltissimi secoli, come prova la presenza di scorie di fusione preistoriche, concentrate sulla spiaggia di Campolongo, e più precisamente poco oltre l'ex Albergo 3 PASQUALI, 1990, pp. 75-76. 4 GOBBI (A), (op. cit.), 1990, pp. 168-169. 5 PASQUALI, 1986 (A), pp. 15-16; Pasquali 1986 (B), pp. 1-12. 6 Il lago di Laghestel, essendo situato sotto il versante ovest del Doss de la Mot, sulla cui sommità stanno i ruderi del castello di Belvedere, era nel Medioevo, l'unico lago che poteva essere controllato "a vista" (attività di pesca e di caccia) stando tranquillamente all'interno del castello. Per le problematiche riguardanti la riserva naturale, vedi: PEDROTTI, CHEMINI, 1981; GOBBI, (op. cit.), 1990, p.167. 41 Probabilmente, il manto forestale presente nel secolo XII era assai più rado dell'attuale, questo in conseguenza della colonizzazione avvenuta tra i secoli X e XII 7. < Fu appunto a cavallo del primo millennio, periodo di profonde trasformazioni del nuovo assetto politico-economico, quello feudale, che contribuirono a conformare il paesaggio storico-sociale europeo: il dissodamento di nuove terre tolte alle foreste, lo stabilirsi di nuovi villaggi (ville nove) e di nuovi borghi (suburgo), la costruzione di monasteri, ospedali, ospizi e di castelli > Gorfer,1985 8. Il disboscamento nel pinetano fu eseguito per trasformare le boscaglie in ampie zone aperte, idonee sia all'agricoltura che alla pastorizia. Nell'economia medioevale, l'attività pastorale era di primaria importanza e legata soprattutto all'allevamento delle pecore (per la lana), mentre le capre, presenti in numero insignificante nel gregge o in greggi separati, venivano allevate per produrre latte, formaggio e carne. Certamente la presenza delle greggi avrà richiamato dai monti circostanti, branchi di lupi. Fiere che erano estremamente diffuse in tutta l'Europa medioevale. Moltissimi sono i racconti legati alla ferocia dei lupi, fra questi la poetica narrazione del lupo di Gubbio, che venne ammansito dal Poverello d'Assisi ( S. Francesco d'Assisi (1182-1226)) 9. La nascita del Castello di Belvedere 7 RIEDMANN, 1995, pp.27-36; BELLI, FEDRIGOTTI, LOSS 1977, p. 66 8 GORFER 1985, pp. 138-158. 9 La foresta nel Medio Evo era un mondo popolato di paure e leggende: vi dimorava l'orso, che spesso scendeva al limite dell'abitato. L'orso era ancora presente in Val di Cembra nei primi decenni del 1800 e l'ultimo fu ucciso nei dintorni di Sover nel 1819 (GOBBI (A), 1990, (op. cit.), p. 160). Non di rado dalla foresta uscivano branchi di cinghiali e di lupi che devastavano i raccolti e le greggi. Emblematici sono, a questo proposito, alcuni proverbi trentini che riguardano i lupi: "La morte dei lovi l'è la salute de le pegore." (La morte dei lupi è la salvezza delle pecore), "Chi pegora se fa lovo lo magna." (Chi si fa pecora dal lupo viene mangiato), "Chi sta coi lupi 'mpara a urlar. "(Chi sta con i lupi impara a urlare). (RAFFAELLI, 1982, p. 18). 42 La scelta di costruire il castello di Belvedere sulla sommità più alta del Doss de la Mot 10 fu fatta solo perché questo è l'unico dosso del Pinetano da cui si ha il totale controllo dell'Altopiano 11 e che, inoltre, poteva "dialogare" direttamente con la città di Trento attraverso segnalazioni ottiche (fumo, specchi o altro). Di certo, le segnalazioni venivano compiute dall'alto della torre del castello e, recepite dal Castel Povo, situato sul dosso di S. Agata di Povo 12, il quale a sua volta le proiettava sulla città di Trento. In questo modo la distanza fra la sede del Principe Vescovo ed il castello di Belvedere veniva annullata da un continuo "dialogo" tra il Principe ed il suo ministeriale 13. 10 A riguardo del toponimo del Doss de la Mot, così scrive Gorfer (op. cit., 1985, p. 142, nota 3): < Castello a motta, costruzione residenziale costruita su rilievo naturale, e talvolta artificiale, adattato con lavori di sistemazione e di fortificazione. Corrisponde al cheteau a motte dei Francesi e in qual certo senso allo Spitzwall dei Tedeschi. Nel Trentino un esempio toponomastico e sul terreno è dato dal Doss de la Mot o Dos de la Purga, nel Pinetano. Si tratta di un'altura naturale rocciosa, che conserva le tracce dell'intervento umano di adattamento e fortificazione visibile, oltre che nel basamento della torre a pianta quadrata, nel vallo e in altri apprestamenti >. Nel dicembre del 1999, si notava, pochi metri sotto la sommità del dosso (versante nord), una grande buca, sicuramente fatta da ricercatori abusivi. La fossa misura circa m 6 X 2 e si sviluppa orizzontalmente seguendo per oltre m 2 un terreno nerastro dello spessore di una ventina di centimetri (incendi ?). Inoltre, i clandestini hanno messo in luce un muro legato in calce con andamento da nord verso sud. Da quel poco che si può arguire dallo scavo, sembra che sul versante nord, almeno in quel tratto, il dosso sia stato alzato artificialmente di m 3 o 4 o che i crolli del castello abbiano inglobato i sottostanti scantinati. 11 Dalla sommità del dosso il panorama è estremamente vasto e lo stesso nome di castello "Belvedere" ci fa comprendere quanto siano numerosi i luoghi che entrano nel raggio visivo. < In effetti dal dosso si gode un vasto panorama che va dai monti della Val Martello a quelli di Tonezza, dalle Dolomiti di Brenta alle Piccole Dolomiti Venete, dai monti delle Giudicarie e di Ledro al Baldo e al Pasubio. Si vedono i castelli di Fornace, Seregnano, Pergine, i dossi castellani di Bosco, Magnano, Vedro, Povo, Pissavacca, Bosentino, Caldonazzo, Brenta >. (GORFER 1987, p. 574). 12 GORFER 1991, p, 659. 13 Come luogo di segnalazioni tra l'Alta Valsugana e la città di Trento, vi era anche il Castel Vedro di Civezzano che usava, anch'esso il Castel Povo come 43 L'edificazione embrionale del castello deve essere avvenuta almeno tre o quattro generazioni precedenti il documento del 1160. E' molto probabile che questa prima costruzione sia stata innalzata usando solo del buon legname 14. La sommità del dosso era, pertanto, coronata da una robusta palizzata conficcata nel suolo; dove non era possibile piantare i pali nel terreno, questi venivano bloccati da pietrame ammassato. Nel recinto interno vi era una torre lignea ed alcune casette, sempre di legno, dai tetti di paglia pressata o di scandole (Fig. 5) 15. Non è neppure da escludere che i primi costruttori, quando hanno collocato nel suolo le travature di fondazione, abbiano messo in luce gli avanzi di stoviglie e di fuochi preistorici associati, forse, a calcinacci e cocci romani 16. Oltre la paliz- zata, tutto era completamente brullo e chi attac- cava il maniero doveva essere sempre esposto al tiro micidiale delle frecce dei difen-sori. Finché fu attivo il castello, i punti punto intermedio. (PASQUALI, GREMES, 1992, pp. 102-104). 14 In Europa continentale si utilizzava soprattutto legno di quercia vecchio dai 50 ai 100 anni, tagliato d'inverno e messo in opera uno o due anni più tardi. Per impedire che marcisse, lo si affumicava. (DUCHET-SUCHAUX, PASTOUREAU 1981, pp.10-12),Fig. 5 - Ideale mentre ricostruzione nell'arco alpino del Castello si utilizzava, di soprattutto per le travatureBelvedere più nei importanti, secoli XI legnoe XII. Visto di larice, dal versante come è documentato ad esempio anord-ovest Castel Tirolo. (dis. (NICOLUSSI,di T. Pasquali). 1995, pp. 74-78). 15 Sul dosso, la totale mancanza di frammenti di coppo suggerisce che i tetti fossero coperti o di paglia pressata o di scandole. 16 Se il dente roccioso è stato un valido punto di controllo visivo nel Basso Medioevo, altrettanto può essere stato nei periodi precedenti. Sembra che ai piedi del versante sud del Doss de la Mot, nei pressi del maso Purga, sia avvenuto nel 1995, il rinvenimento di alcune monete romane. 44 più vulnerabili si trovavano sui versanti nord e nord-ovest, che fanno da bretella di collegamento tra la sommità ed il piano sot- tostante. E' pertanto verosimile che questa porzione di terreno fosse fortificata con una palizzata e, totalmente priva di vegetazione, anche oltre il tiro dell'arciere più capace. Il terreno raso, senza nessuna copertura, impediva agli assalitori di accamparsi o di manovrare le schiere in prossimità del castello. Gli altri tre lati della rocca di Belvedere (sud, est, ovest), cadono a precipizio e pertanto sono più difficili da risalire ed anche questi sicuramente saranno stati spogli di qualsiasi arbusto, fin poco oltre il tiro massimo di una freccia scagliata con l'arco (circa 200 metri) 17. 17 PASQUALI, 1987, pp.46-47; PASQUALI, 1989, pp. 130-133; PASQUALI, 1999, pp. 33-34. 45 Il sistema difensivo all'esterno del castello Per accedere al castello di Belvedere, con una mulattiera, si deve percorrere l'ultimo tratto viabile risalendo il versante nord del dosso. Sta di fatto che questa circoscritta zona è stata, da sempre, la posizione più vulnerabile nel sistema difensivo del castello. Si tratta di un modesto pianoro, di forma ellissoidale, dal quale s'innalza quasi verticalmente, per circa 25 metri, il vertice del dosso. Ed è per l'appunto in questo tratto (versante nord e nord- ovest) che troviamo notevoli tracce di antichi sconvolgimenti del terreno, eseguiti verosimilmente in momenti diversi dai costruttori della rocca. Come tutto il Doss de la Mot, anche i vecchi scassi, ormai abbandonati da oltre 600 anni, sono ricoperti da un fitto bosco. Certamente le piante, nel lento trascorrere dei secoli, hanno alterato ed in parte cancellato le opere difensive. Nella sella, tra il pianoro ed il piede della rampa, che sale al castello superiore, vi è probabilmente un fossato di impedimento (vallo), ora in gran parte livellato, con andamento da est ad ovest 18. E’ su questo crinale che Gerola prima, e Gorfer poi, vogliono vedere la cinta murata esterna del castello 19. 18 Il fossato fu probabilmente occluso in occasione dei lavori di costruzione dell'acquedotto, eseguiti tra il 1920-25 (acquedotto che ora non più in funzione). 19 < Si scorgono tuttora le vestigia di un'antica cerchia di mura, costituente la solida cinta esterna, prima difesa del castello > (GEROLA, 1898-99, (op. cit.)). < Una seconda cinta scendeva ad abbracciare la pendice terrazzata di nord- ovest dove c'erano le case di servizio. Sono avvertibili sul terreno i segni del vallo >. (GORFER, 1987 (op. cit.), p. 575). < Dai resti si può tentare una ricostruzione piantistica: i blocchi costruiti erano probabilmente due. Il castello propriamente detto sulla sommità del dosso, circondato da un muro di cinta rafforzato da una torre, situata forse a nod-est. A questo si appoggiava, più basso il palazzo comitale (una bifora del quale è conservata nella Biblioteca Comunale di Pinè). V'era poi una seconda cinta che comprendeva la pendice terrazzata di nord-ovest dove erano alloggiati i servi. La zona ha dato numerosi reperti guerreschi (punte di frecce, una balestra e un balestrone >. (GORFER, TABARELLI, 1995, 46 Attualmente (dicembre 1999) posso affermare che, oltre al probabile fossato, si riconosce, sul versante nord-ovest, la presenza di quattro terrazzi artificiali seguenti la morfologia del fianco ovest del dente roccioso, con andamento approssimativo che va da nord-ovest verso sud-ovest (lunghi mediamente 40/45 metri, alti ciascuno tra i 6 ed i 10 metri e larghi tra i 5 ed i 10 metri). I quattro gradoni sono impostati in modo tale da poter avere un più diretto controllo della parte bassa del versante sud- ovest e nord-ovest. L'importanza strategica del tratto gradinato è determinata dal fatto che, in quel settore del versante sud-ovest, la risalita verso il castello si fa più dolce, aprendosi in un'ampia spianata naturale sul crinale nord-ovest. Considerando l'insieme delle manomissioni, ora visibili sul terreno, posso ipotizzare il seguente sistema difensivo, che fu posto in opera quale antimurale al castello superiore. Gli eventuali attaccanti, provenienti sia da nord che da sud, prima di raggiungere il ripiano a nord-ovest, dovevano percorrere due tracciati diversi: quelli provenienti da settentrione risalire le pendici del versante nord difese dal piccolo dosso piano o se deviavano a nord-ovest, si trovavano sotto il controllo sia del dossetto che dalla bretella che fa da collegamento con il vertice del dosso. Gli assalitori provenienti da meridione dovevano risalire il costone del versante sud-ovest tenuto sotto attenta vigilanza dal terrazzamento più elevato posto a difesa di quel versante. Raggiunto il pianoro, avevano di fronte la spianata che si apre quasi a ventaglio, con un dislivello di circa 25/30 metri tra la sua base ed il crinale fortificato. Per rallentare l'impeto degli eventuali assalitori, l'apparato difensivo era anche munito di due profondi camminamenti che, tuttora, tagliano da est ad ovest la bretella di congiunzione con la sommità del dosso. I due trinceramenti erano anche le uniche vie d'accesso al primo sistema difensivo del castello. Valli che formavano dei passaggi obbligati, veri e propri 47 Senz'altro non era per nulla facile superare incolumi questa linea di sbarramento posta a difesa della parte più "debole" del castello di Belvedere. Partire dall'ampia spianata alla conquista della fortezza voleva dire incontrare il tiro incrociato delle frecce scoccate sia dal terrazzamento più elevato 21 che dall'alto dei trinceramenti, come dal piccolo dosso piano posto a nord nord-ovest, senza contare le saette provenienti dalla sommità del dosso. Con delle difese di questo genere, l'assalitore era indubbiamente colpito da grandinate di frecce. Tutti gli apprestamenti difensivi erano muniti da una alta e fitta palizzata, che partendo dalla corona del piccolo dosso piano, proseguiva verso sud, per recintare la testa dei due camminamenti forniti, forse, di porte ferrate, e per proseguire, poi, sul margine esterno del terrazzamento più elevato, per incunearsi, infine, contro la parete rocciosa del versante sud-ovest. Naturalmente la palizzata coronava anche il crinale opposto fino al congiungimento con la risalita al vero castello. L'interno del recinto era assai stretto e solo sul pianoro del piccolo dosso vi era spazio a sufficienza per costruire, forse, una torre di legno con una o due casupole, fatte di travi incrociate con il tetto di paglia o di scandole, costruzioni idonee ad alloggiare solo cavalli e servi 22. passa l'attuale sentiero, realizzato, sicuramente, in occasione della costruzione dell'acquedotto. 21 Il terrazzamento più elevato misura circa 45 metri di lunghezza e una larghezza di circa 10 metri ed ha una scarpata mediamente alta 10 metri. Gli altri tre gradini servivano per rallentare la risalita e per esporre gli avversari al massimo rischio di essere colpiti da qualsiasi cosa (frecce, sassi e pezzi di ferro). 22 Ancora ai tempi di Dante (1265-1321) a Firenze le case dei poveri erano, nella maggior parte dei casi, composte di un'unica stanza che serviva, allo stesso tempo, da cucina e da camera da letto. Fatta in mattoni, o più spesso in legno, coperta talvolta di stoppa, costruita sul suolo senza cantina, né fondamenta, è facile preda dei frequenti incendi che devastavano la città. Ricovero rudimentale, affumicata dal focolare situato al centro dell'unico vano e mal illuminata dall'apertura della porta o da un'unica finestra. La finestra era senza vetri e con scuri in legno che, è chiaro, lasciavano entrare con la luce anche il freddo e l'umidità. E' un sogno di raffinatezza il 48 Ammesso che il nemico riuscisse a sfondare il primo sistema difensivo, per raggiungere il cuore del castello doveva, innanzi tutto, usare delle travature per attraversare il profondo baratro costituito dal fossato, poiché il ponte mobile era stato levato al momento della ritirata dei difensori all'interno del vero e proprio castello. Operazione assai pericolosa per gli attaccanti che, oltre a rifare il ponte, dovevano proteggersi con gli scudi dalla pioggia di frecce e sassi che la guarnigione gettava in basso da un'altezza di oltre 20 metri. Attraversato il fossato essi dovevano risalire, in fila indiana, una strettissima stradina sempre sottoposti al tiro micidiale dei dardi provenienti dalla sovrastante palizzata. Ultimo possibile ostacolo, prima di espugnare il castello, era, con tutta probabilità, un ulteriore fossato in prossimità della porta d'accesso alla rocca. Considerazioni Quanto ho detto, relativamente alla zona bassa del castello, si può solo considerare come una delle tante ipotesi fin qui scritte. Supposizioni che potrebbero essere smentite attraverso mirati scavi eseguiti sugli avvallamenti, i quali, presumibilmente, dovrebbero celare dei muri legati in calce. Gli eventuali interventi dovranno essere realizzati, con l'autorizzazione degli Enti provinciali competenti, da un'equipe specializzata nelle ricerche di strutture medioevali 23. sovrapporre all'imposta l'impannata, cioè una tela trasparente, immersa nell'olio o nella trementina, che lasciava passare la luce e trattiene, come si può, il caldo all'interno. Niente vetri ai tempi di Dante. Quando diverranno d'uso comune - dapprima esclusivamente nelle case dei ricchi - saranno a losanga o a quadrati, o cerchiati di piombo. (ANTONIETTI, 1983, pp. 33- 35). 23 A mio avviso è assai improbabile che la parte bassa del dosso sia stata totalmente fortificata da una cortina murata. Ipotizzo questo per la mancanza palese di residui o tracce di muri legati in calce sia sul piccolo pianoro a forma ellissoidale, sia sul ciglio di collegamento al dente roccioso; analoga situazione presenta l'area del probabile fossato, come, pure, i camminamenti. Mentre alla base della risalita verso la sommità del dosso (versante nord- ovest), dove inizia il terrazzo più elevato, vi sono dei filari di pietrame che 49 Da : < Pinè - Sover Notizie >. Notiziario Trimestrale dei Comuni di Baselga di Pinè, Bedollo e Sover. N. 1, 2000. pp. 13- 18. potrebbero indicare dei muri di contenimento. Nel punto in cui termina il piano di questo scalino e la scarpata scende a valle, vi sono presumibilmente, i mozziconi di un muro interrato che potrebbe essere legato con malta. 50 Fig. 6 – Frecce scagliate con l’arco contro un guerriero sassone del sec. XI. Battaglia di Hastings (Inghilterra, 14 ottobre 1066). Da : Arazzi di Bayeur (Francia, 1077). Rielaborazione grafica di Tullio Pasquali. 51 LA SCOMPARSA DI CASTEL BELVEDERE META' DEL SECOLO XIV Il documento del 18 aprile 1357 Verso la metà del XIV secolo, il Castel Belvedere di Pinè, era già in completa rovina, lo si può arguire dall'atto d'acquisto del 1357, attraverso il quale la Comunità di Pinè comperava il castello di Roccabruna per abbatterlo; fortezza situata nei pressi di Nogarè. Questo documento è stato più volte pubblicato 24 e noi riprendiamo integralmente la trascrizione dall'Ausserer 25 : 24 Vedere tra gli altri: DE ALESSANDRINI 1890, p. 32; DEGLI ALBERTI 1860, pp. 247-248; PIATTI 1994, pp. 79-80. 25 AUSSERER 1916, p.253. 26 Ludovico di Brandeburgo (1315-1363) era primogenito dell'imperatore Ludovico IV di Baviera. Nel 1323, all'età di soli otto anni veniva investito dalla Dieta di Norimberga del margraviato (marchesato) di Brandeburgo. Dopo le nozze con la figlia del re di Danimarca, Margareta, prematuramente scomparsa, nel 1342, sposava Margherita unica erede della contea del Tirolo, sottostando al volere del padre, fermamente intenzionato a garantire alla propria famiglia la contea del Tirolo, territorio d'importanza strategica per l'accesso all'Italia (AA.VV 1995, p. 174, 5.13). 27 Le signorie ecclesiastiche, come il principato di Trento, le abbazie e i monasteri avevano un rappresentante laico, chiamato < 52 protettore delle Chiese di Bressanone e Trento per sé e i suoi eredi e da Giuliano, del fu Nascinbene di Stranigo 28, sindaco di Pinè e Voxele (Fuchslein) di Miola e Kunz, detto Kundiger di Stranigo e Moratus di Trassilla 29 e Menele, detto Waldele, di Montagnaga, anziani del comune di Pinè, e Michele sindaco di Fornace, del suddetto comune di Pinè, per sé e i loro eredi. Zinle confermò di avere ricevuto da essi 290 fiorini d'oro, che suddetti sindaci e rappresentanti di Pinè per e in nome dei loro comuni avevano versato come somma pattuita per l'acquisto di Castel Roccabruna, allo scopo di demolirlo, come risulta evidente dal pubblico atto redatto il 7 febbraio 1357 nel palazzo di Castel Pergine e in vero con tutti i diritti e tutte le pertinenze…>. Fig. 7 – Ritratto del Marchese Ludovico di Brandenburgo, XVI sec. Olio su carta cm 13,5 x 10,5. Iscrizione : Ludovicus. Comes. Tyrol. Da : Nel 1349 l'Alta Valsugana viene occupata dai da Carrara 28 Stranigo = Sternigo 29 Trassilla = Tressilla 53 Se, in quel lontano 1357, la gente del pinetano decideva di comperare il castello di Roccabruna, posto sul Dos de la Roca, situato alla periferia del territorio della Comunità, anziché quello di Belvedere posizionato nel cuore dell'altopiano, fa supporre che il castello di Pinè, fosse in completa rovina (Fig. 8). Macerie, forse ancora fumanti, al momento dell'acquisto del "Castrum Rokkabrune". Per capacitarsi dei complessi fatti storici che hanno portato alla distruzione del castello di Belvedere e all'acquisizione di quello di Roccabruna, bisogna ritornare al gennaio del 1349, quando, senza colpo ferire, le schiere degli 30 Con questo termine si intendeva dei soldati mercenari di professione. Per il Veneto, già nel Duecento è cosa ordinaria avere la presenza di cavalieri e combattenti professionisti. Sarà sufficiente ricordare i mercenari tedeschi di Ezzelino III da Romano, nonché - per la Verona dei primi anni scaligeri - i balestrieri e gli stipendiati con lance lunghe a disposizione di Alberto I della Scala (VARANINI 1988, p. 167). 31 Nel 1347 Giacomo II da Carrara, dietro istanza del pontefice Clemente VI, si era alleato, assieme agli Scaligeri di Verona, dei Visconti di Milano e dei Gonzaga di Mantova, con il neo eletto re di Germania Carlo IV di Lussemburgo - Boemia. Designato per contrastare l'imperatore Ludovico IV di Baviera. Il giovane re, il futuro imperatore Carlo IV (1355), intendeva riconquistare la contea del Tirolo, in possesso a Ludovico, marchese di Brandeburgo, avendo egli sposato nel 1342 Margherita, contessa del Tirolo. La spedizione militare non ebbe nessun successo contro la contea del Tirolo, riuscendo solo ad occupare le città di Feltre e Belluno, sottoposte al Brandeburgo. A Feltre, Carlo IV affidava a Giacomo da Carrara, le due città (fine estate del 1347). Nel giugno del 1348 Carlo, nominava il Carrara vicario imperiale di Padova. Nell'ottobre o novembre del 1348, i canonici del Capitolo di Trento, minacciati dai fautori del Brandeburgo che reclamavano l'avvocatura del principato, chiedevano aiuto a Giacomo da Carrara in quanto difensore dell'impero. Gli 54 occuparono prima il castello di Pergine, poi quello di Selva di Levico ed infine quello di Roccabruna 32. Dunque, nel gennaio del 1349 33, i da Carrara si stabilirono, su una piccola, ma importante porzione del principato vescovile di Trento, rimanendovi fino all'autunno del 1356. Ai Carraresi si presentò subito un problema : la difesa del territorio conquistato, essendo la fascia nord ovest dell'Alta Valsugana il nuovo confine con il principato di Trento, frontiera posta a poche ore di marcia dalla città e pertanto vulnerabile a qualsiasi improvvisa scorreria da parte di schiere armate provenienti dalla Valle dell'Adige. Analoga situazione si presentava nella fascia a sud est, che confinava con la signoria di Siccone I di Caldonazzo, sostenitore della causa del Brandeburgo. Perciò, il potenziamento del sistema difensivo a baluardo dei tre castelli (Roccabruna, Pergine e Selva) deve essere stato febbrile. Evidentemente, più la morfologia del di Giacomo da Carrara vedere: AA.VV., 1977 pp. 673-674. 32 Sulle motivazioni che indussero i da Carrara ad occupare i Castelli di Roccabruna, di Pergine e di Selva, Vedere: AUSSERER (op. cit.), pp. 243- 244 e nota 35. DE ALESSANDRINI (op. cit.), pp. 29-30 e altri ancora. 33 10- E' molto probabile che i militi del Carrara, lasciata la città di Trento (1 o 2 gennaio 1349) in quanto difensori dell'impero, abbiano trovato le porte aperte del castello di Pergine dove in accordo con il capitano della rocca, Bonaventura de Gardellis, organizzarono la difesa contro i tirolesi. Il 12 gennaio 1349, i partigiani del Brandeburgo, capeggiati dal 55 territorio attorno al castello si prestava, come ad esempio a Pergine, più numerosi erano i fortilizi e le torri di controllo (battifredi). Inoltre furono rinforzate le strutture castellane situate al di fuori dell'apparato principale di protezione. Tra questi edifici spiccava, come uno dei punti nodali di difesa, il castello di Belvedere che aveva importanti mansioni: segnalare al castello di Pergine i movimenti di truppe provenienti dalla zona di Trento (discesa dal monte Calisio), eseguire sortite su eventuali schiere nemiche transitanti nel pinetano e, in caso di necessità, portare soccorso al vicino castello di Roccabruna. Attraverso i reperti metallici rinvenuti si può affermare che il castello di Belvedere era munito di un battifredo. La torre, fatta da grossi travi incrociati, si trovava nella direzione del Dosso della Clinga, a 1044 metri di quota, le cui pareti rocciose cadono a picco, per oltre settanta metri, fino ad arrestarsi sul terrazzo sottostante tenuto a campagna. E' anche molto probabile che sul dosso di San Mauro i Padovani abbiano edificato una torre di legno 34 con notevoli compiti di controllo come: la strada che scendeva verso valle per poi risalire verso Fornace o S. Stefano, la piana di Fornace, dominata dal suo castello, e il contatto visivo con il recinto fortificato del Dos del Castel di Lases. 34 GORFER, TABARELLI 1995, (op. cit.) p. 148. 56 Fig. 8 - Ideale ricostruzione del Castel Belvedere nei secoli XIII-XIV. Visto dal versante nord-ovest (dis. di T. Pasquali). 57 Sette anni di dominazione padovana (1349-1356) Le documentazioni sul dominio dei da Carrara in Alta Valsugana sono praticamente nulle. Sappiamo solo che, verso il 1350 35, dopo vent'anni di attività mineraria, eseguita prevalentemente nel perginese ed in valle dei Mocheni, la società boema di Kuttenberg 36 aveva una propria fonderia a Pergine o, più semplicemente, fondeva argento sotto il controllo dei Carraresi. Siamo a conoscenza anche del fatto che, tra il 1349 e il 1356, i Padovani costruirono un pozzo all'interno del castello 37. E' poi risaputo che il sistema fiscale dei da Carrara era per tutti insopportabile. Lo documenta il malcontento della cittadinanza di Padova nel periodo della signoria di Francesco da Carrara 38. Particolarmente detestabile per i cittadini padovani era stata l'avidità dimostrata nei riguardi dei loro patrimoni: il Carrarese ed i suoi familiari avevano obbligato molti cittadini a cambiare il testamento sul letto di morte costringendoli a lasciare le loro proprietà al signore di Padova. Non sappiamo se in Alta Valsugana il sistema fiscale sia stato analogo; come non sappiamo se tra il 1349 ed il 1355, ci siano state scaramucce o colpi di mano, da parte dei trentino-tirolesi. 35 La fonderia veniva messa in funzione l'anno dopo l'occupazione dei Padovani. Vedere: AUSSERER (op. cit.), p. 378. 36 Il 27 gennaio 1330, il re Enrico di Boemia (si tratta del principe Enrico, conte del Tirolo che aveva il vezzo di firmarsi re di Boemia essendo stato sovrano di quel regno dal 1307 al 1310) conferiva a Nikolaus von Paswicz da Kuttenberg in Boemia e ai suoi compagni il diritto di scavare argento nel Perginese, e precisamente a Viarago, Heilice (?), Falesina, Frassilongo e Vignola e sul Monte Vaccino, secondo lo statuto minerario di Kuttenberg. (AUSSERER (op. cit.), p. 375). 37 AUSSERER (op. cit.), p.310. 38 Francesco da Carrara detto 58 A mio avviso, la momentanea rinuncia del Brandeburgo 39 al distretto minerario perginese, era imputabile soprattutto, alla peste che flagellò tutta l'Europa dal 1348 al 1350 40. Il Trentino fu colpito dalla peste nell'estate 1348. In sei mesi di pestilenza, nella sola città di Trento, il morbo uccise circa 2000 persone, vale a dire l'80% della cittadinanza 41. Le forze del Brandeburgo riconquistano l'Alta Valsugana (1356). 39 Nel 1350 l'imperatore Carlo IV di Lussemburgo concedeva in feudo al marchese Ludovico di Brandeburgo e ai suoi eredi il ducato di Carinzia, le contee del Tirolo e Gorizia, le avvocature su Trento, Bressanone e di Aquileia. Tale investitura rappresentava la rinuncia definitiva del casato dei Lussemburgo - Boemia a tutti i diritti derivanti sul Tirolo dal primo matrimonio di Margherita, contessa del Tirolo, con Giovanni Enrico, fratello minore dell'imperatore. A sua volta il Brandeburgo riconosceva Carlo suo imperatore. (AA. VV. 1995 (op. cit.), p. 161. 4.39). 40 La peste del XV secolo prese l'avvio nel 1348 nei porti italiani portata dai vascelli mercantili provenienti dal Mar Nero. Si diffuse in tutta la penisola e nei due anni successivi si propagò in Francia, Spagna, Gran Bretagna, Europa centrale e Scandinavia. L'epidemia del 1348-1350 venne seguita a intervalli di dieci anni o meno, da una lunga serie di morie in tutta l'Europa. Oggi si dà per scontato che almeno un quarto della popolazione europea venne sterminato durante quella prima epidemia. Nel complesso la mortalità nell'Europa occidentale e centrale fu così alta che ci vollero quasi due secoli perché il numero degli abitanti tornasse al livello del 1348. Dopo la peste nera degli anni 1348-1350 l'Europa sprofondò in una lunga depressione: cent'anni e più di stasi economica e di declino. I danni più gravi si registrarono in agricoltura: i terreni agrari rimasero incolti oppure si trasformarono in pascoli ed il valore delle terre e dei poderi crollò. I piccoli proprietari terrieri caddero in miseria. Per usare le parole di Francesco Petrarca, 59 Tra aprile e maggio 1356, dal castello di Belvedere si segnalava, al castello di Pergine, la discesa dalle pendici del Calisio (zona di Castel Vedro) di file interminabili di nemici. Dopo poche ore le schiere armate, innalzanti al vento i vessilli del Tirolo, del Brandeburgo, dei da Caldonazzo, dei da Campo, dei Castelbarco 42, dei d'Arco e dei dalla Scala 43, raggiunsero il perginese per poi accamparsi nella piana del Cirè. Comandava la compagine del conte del Tirolo, Herinch von Pophingen, detto Enrico pievano del Tirolo, capitano generale della città di Trento e vicario del Tirolo per Ludovico di Brandeburgo. Ben presto la borgata di Pergine si consegnava ai tirolesi (31 maggio), certamente per evitare qualsiasi rappresaglia, mentre il castello di Pergine, comandato dal padovano Francesco Fugacia resisteva ad oltranza. Nel contempo, una notevole schiera armata carrarese, proveniente dalla Bassa Valsugana, che voleva portare soccorso ai Padovani, veniva bloccata e respinta nella zona di Novaledo 44; di lì a poco il capitano di Castel Selva di Levico, Albertello Manula di Parma, con i suoi armigeri padovani capitolava (12 giugno) 45. Nulla si sa delle operazioni militari, avvenute tra la metà di giugno e la fine di settembre, quando fu stipulata la pace. E' indubbio che un forte contingente d'uomini abbia posto sotto stretto assedio il castello di Pergine, come altri 42 Nel 1354, i Castelbarco, avevano giurato fedeltà a Ludovico di Brandeburgo. Erano testimoni al giuramento, Siccone di Caldonazzo e Nicolò di Arco (DEGLI ALBERTI, (op. cit.) pp. 247-248). Nella coalizione del Brandeburgo sembra che non ci fossero milizie della città di Trento. 43 Nel 1352 Ludovico di Brandeburgo si era alleato con il cognato Cangrande II della Scala. Lo Scaligero aveva sposato nel 1350 Elisabetta, sorella di Ludovico (RIEDEMANN, 1988, pp. 31-32). E' interessante segnalare che nel maggio 1350, procuratori di Cangrande II, per contrattare il matrimonio con Elisabetta, furono Francesco Bevilacqua e Siccone di Caldonazzo (MAROSO 1988, p. 140). 44 Comandava la difesa dello sbarramento Siccone di Caldonazzo (AUSSERER, (op. cit.) p. 250; BRIDA 1970 (op. cit.) p. 111; BRIDA 2000 (op. cit.), p. 155). 45 Tra i molti lavori sull'argomento vedere: AUSSERER (op. cit.), pp. 249- 251. 60 frattempo, numerosi armati misero a ferro e fuoco ogni altra fortificazione, come ad esempio la torre di S. Mauro o il recinto fortificato del Dos del Castel di Lases. Questa tattica aveva anche lo scopo di rompere ogni collegamento tra i due castelli principali: quello di Pergine e quello di Roccabruna. Posizione predominante e centrale, tra le due fortezze, era il castello di Belvedere con la sua torre esterna che fu preso e distrutto tra giugno e settembre di quell'anno. Il 9 ottobre del 1356 a Padova veniva stipulata la pace tra Ludovico marchese di Brandeburgo, conte del Tirolo, e Francesco da Carrara, vicario imperiale di Padova 46. Il da Carrara rinunciava a qualsiasi diritto sull'Alta Valsugana, dopo ben sette anni di assoluto dominio. 1357 : la Comunità pinetana riscatta la propria libertà Immediatamente, dopo la riconquista dei tirolesi e la cacciata dei padovani, la Comunità del pinetano intavolava con il nuovo capitano del castello di Pergine, Domenico Concius detto Zinle, le trattative per l'acquisto del castello di Roccabruna. Già il 7 febbraio del 1357, nel castello di Pergine davanti ad un notaio, la Comunità si impegnava a comperare ed abbattere il castello di Roccabruna 47. Settanta giorni dopo, il 18 aprile, a Trento nella 46 Del lungo trattato di pace evidenziamo solo il paragrafo riguardante la consegna delle fortificazioni. 61 contrada del mercato davanti all'osteria del signor Stefano, il capitano del castello di Pergine, Domenico Concius, a nome del conte del Tirolo, vendeva alla Comunità di Pinè il castello di Roccabruna per 290 fiorini d'oro 48. Indubbiamente, le motivazioni dell'acquisizione devono essere state molto sentite da tutta la comunità. Tra queste la più lampante era la volontà di liberarsi, per sempre, dalle servitù e dalle prestazioni coatte connesse con il maniero, in quanto bene feudale del principato di Trento. All'interno della Comunità pinetana, le trattative devono essere state molto laboriose tra i vari comuni, sia per decidere l'acquisto, sia per la suddivisione della spesa, e la raccolta della cifra pattuita. Da sempre infatti, per la gente della Comunità, i due castelli (Roccabruna e Belvedere) devono essere stati considerati come due enormi bocche voraci. Se prima dei Padovani l'imposizione tributaria fatta dai vassalli del vescovo di Trento doveva essere abbastanza sopportabile, con la loro scacciata e l'arrivo degli "stipendiati" e dei funzionari dell'esigente da Carrara, il giogo tributario forse divenne insopportabile. In un breve arco di tempo (1349-1357), per la Comunità di Pinè, i due castelli portarono solo la tirannia dei da Carrara e una guerra. Non sappiamo se sono stati i ministeriali cit.), pp. 253-254). 48 A distanza di quasi 650 anni è molto difficile comprendere il valore di 290 fiorini d'oro. Possiamo solo confrontare l'acquisto del castello di Roccabruna con altre spese o prestiti fatti nel XIV secolo in scudi d'oro. Alcuni esempi: nel 1346 Siccone di Caldonazzo offriva all'imperatore Ludovico IV di Baviera per il capitanato di Feltre e Belluno 12000 fiorini d'oro. (AUSSERER (op. cit.), p.245). Sempre nel 1346, Siccone di Caldonazzo, fatto prigioniero, sborsava 6000 ducati d'oro per il suo riscatto (BRIDA 2000 (op. cit.), p. 172). Nel 1348 con 272 ducati d'oro veniva riscattato il castello di Tenno (DEGLI ALBERTI (op. cit.), pp. 245-246). Nel 1349, Mastino della Scala consegnava 4000 fiorini d'oro al vescovo di Trento Giovanni da Pistoia, il quale dava in pegno (o svendeva) Riva, Tenno, la Val di Ledro, Tignale con la valle di Cavedine e la giurisdizione di Arco (COSTA 1977, p. 106.). Nel 1352, Siccone di Caldonazzo prestava 400 fiorini d'oro a Ludovico di Brandeburgo (AUSSERER (op. cit.), p. 249). 62 tirolesi a proporre l'acquisto del castello ai pinetani o il contrario. Sta di fatto che, nel 1357 l'unico vero signore, con investitura imperiale, sia come avvocato e protettore del Principato di Trento sia come conte del Tirolo, era Ludovico marchese di Brandeburgo e, pertanto, le sue decisioni erano legge. Infatti, la Comunità di Pinè aveva come unico interlocutore il conte del Tirolo, dal quale comperò il castello di Roccabruna con l'accordo preventivato di demolirlo. In questo modo, vi fu il livellamento di ogni fortezza sull'Altopiano e, i pinetani riuscirono, finalmente, a riscattarsi per sempre dalle servitù coatte 49. Da < Pinè Sover. Notizie >. Notiziario Trimestrale dei Comuni di Baselga di Pinè, Bedollo e Sover. Numero 1. 2001, pp.44-46. 49 Bruno Paoli nella sua rievocazione dell'epopea pinetana, dal titolo < Il tiranno Jacopino e la vendetta dei Pinetani > , ne fa una sua interpretazione leggendaria, che non corrisponde alle documentazioni storiche. 63 IL RINVENIMENTO DI FERRI MEDIEVALI AL CASTEL BELVEDERE Dopo oltre sei secoli Sono trascorsi oltre 600 anni dalla totale distruzione del castello di Belvedere ed è incredibile che, dopo così tanti secoli sia ancora possibile rinvenire, tra i suoi ruderi, delle cuspidi di freccia. I ferri medioevali sono solo 9 cuspidi di freccia e si possono suddividere in due tipologie diverse: quelle con l'estremità posteriore a gorbia cava (Fig. 9, nn. 1-5) e quelle con l'estremità a codolo filiforme (Fig. 9, nn. 6-9). Fig. 9 - N. 1-5 cuspidi di freccia con gorbia cava; nn. 6-9 cuspidi di freccia con codolo peduncolato (dis. di T. Pasquali). 64 Le due tipologie sono due modi differenti di armare di cuspide l'asticciola della freccia. In quelle a gorbia cava, l'asticciola veniva infilata all'interno della cavità della cuspide. In quelle a codolo, l'asticciola veniva impiantata, fino a che tutto il codolo scompariva nel legno. Le cuspidi con gorbia cava, nn. 1 e 2, si possono ritenere scagliate con l'arco e la loro datazione può oscillare dal XI al XIV secolo. Le rimanenti a gorbia cava, nn. 3, 4 e 5, si possono considerare scagliate con la balestra ad arco composito. Le cuspidi con codolo, nn. 6 e 7 si possono considerare scagliate con la balestra avente l'arco composito e per alcune peculiarità le cuspidi, le datiamo alla prima metà del XIV secolo. Mentre per le altre due, nn. 8 e 9, scagliate probabilmente con l'arco non proponiamo nessuna datazione. Alcune note sull'arco medioevale L'arco medioevale era di solito costituito da un elemento unico di legno di tasso o di frassino, essendo questi legni particolarmente elastici. La corda era legata alle due estremità del fusto. L'arciere, usando come forza di trazione le braccia, portava a tensione la corda insieme alla freccia e poi lasciava andare la corda che tornava a tendersi violentemente. In questo modo la freccia veniva scagliata sul bersaglio prescelto (Fig. 10). Un buon arciere poteva raggiungere una tensione di 80-100 kg e scagliare le frecce fino a 200 metri di distanza, con una massa d'urto tra i 50 ed i 100 kg. In assoluto i migliori arcieri medioevali furono gli inglesi i quali usavano un arco in legno di tasso, lungo da metri 1,40 a metri 1,80, e riuscivano a scaricare fino a 12 frecce al minuto. Le frecce d'arco avevano l'asticciola di legno di tasso o frassino e portavano su un'estremità dell'asticciola la cuspide e su quella opposta alcune piume d'uccello, attentamente tagliate, che 65 costituivano l'impennaggio necessario a conservare la traiettoria e la gittata della freccia. Fig. 10 - I difensori di Castel Belvedere: A destra un balestriere a sinistra un arciere. Le due figure sono tratte dal ciclo pittorico della Casa delle Guardie di Castel Avio. Affreschi datati tra il 1350 ed il 1360 (dis. di T. Pasquali). Qualche considerazione sulla balestra con l'arco composito Le più antiche balestre del Basso Medioevo avevano l'arco di legno duro. Verso il 1100, in Europa, i Crociati portarono dalla Terra Santa le prime balestre con arco composito, catturate ai Saraceni. 66 L'arco composito della balestra era formato da listelli di legno duro e strisce di corna bovine o altro animale sovrapposte ed incollate, poi strettamente legate con tendini di animali: Il tutto ricoperto di cuoio o carta pecora. Benché l'arco fosse di notevole spessore, la balestra era di modesto peso, con un arco assai elastico ed una notevole gittata. Il costo estremamente elevato di questo tipo di balestra, portò ad una sua lenta diffusione risultando però la più efficace arma a getto individuale, fino alla comparsa, verso la metà del 1300, della balestra con l'arco d'acciaio. Se per caricare e tendere l'arco di legno duro era sufficiente la forza muscolare per quelle ad arco composito e d'acciaio poi si dovettero inventare dei meccanismi di caricamento che riducessero drasticamente lo sforzo del balestriere: si ebbero così balestre a leva, a martinetto e a mulinello. Ad esempio, una balestra con l'arco d'acciaio poteva arrivare ad una tensione di circa 300 kg. e scaricare i dardi ad oltre 250 metri di distanza. Per la costruzione del dardo (freccia) si adoperavano asticciole di legno, che in molti casi venivano tornite al tornio, sulle quali veniva inserita la cuspide, chiamata "quadrella" o anche "verretta". Dalla parte opposta dell'asticciola alcune penne di uccello, o più sovente, materiali diversi come cartone, pergamena, legno, lamine di rame o ferro, costituivano l'impennaggio necessario a stabilizzare la traiettoria e la gittata del dardo. Nel 1999, le cuspidi illustrate erano le prime tangibili documentazioni medievali di Castel Belvedere di cui la Comunità di Pinè entrava in possesso. I ferri sono depositati presso l'Azienda di Promozione Turistica dell'Altopiano di Pinè Valle di Cembra. E' auspicabile che questa prima donazione venga seguita da quelle di altri collezionisti. Estrapolato da < Pinè Cembra. Turismo Notizie >. Quadrimestrale dell'A. P. T. Pinè - Cembra. N. 28, 1999, pp. 33- 34. 67 68 TESTINONIANZE DI VITA QUOTIDIANA Oggetti di ceramica e di metallo Le testimonianze di vita quotidiana riconducibili al Basso Medioevo constano, soprattutto, di residui di oggetti in ceramica od in metallo che sono stati gettati via perché rotti o sono andati perduti. Va precisato che l'insieme delle documentazioni di vita quotidiana consistono in un'infinita serie di oggetti, più o meno integri, che furono usati nel lento trascorre delle giornate. Molte di queste cose si sono rotte o frammentate per le cause più banali. Stanno in questa categoria di materiali le terrecotte ed i vetri e per capire a che cosa ci riferiamo, suggeriamo al lettore di immaginare l'attrezzatura in dotazione presso la cucina del castello. Molti sono i recipienti in terracotta. Fra questi: scodelle, ciotole, catini, piatti, boccali, pentole, secchielli, olle, ecc. Altri, quelli in vetro: bottiglie, ampolle, vasi, coppe, bicchieri, ecc. La più vasta tipologia di arnesi persi è, invece, in metallo. Manufatti che possiamo genericamente suddividere in due gruppi: quelli di poco conto e quelli di un certo pregio. Tra i materiali di poco conto, che di norma sono anche i più seriali, prendiamo, ad esempio, quelli di un'ipotetica scuderia: ferri da cavallo (integri o spezzati), chiodi per ferrare (usati o nuovi), fibbie per finimenti (rotte od integre) e altro ancora. Non vi è poi castello del Trentino che non abbia subito, almeno una volta, 69 Nell'epoca d'oro di Castel Belvedere, tra la metà del 1100 e la fine del 1200, chi abitava nel maniero, come in tutta l'Italia e nel resto d'Europa, indossava vestiti privi di tasche. La totale mancanza di saccocce, sia per l'uomo che per la donna, obbligava tutti a tenere nella cintura, appesa od infilata, una serie incredibile di oggetti che andavano dal coltello da cucina alla forbice, dalla chiave al pugnale. Inoltre, quasi tutti possedevano una borsa tenuta ben legata, o appesa, alla cintura, di forma e grandezza diversa, contenente una serie di piccole cose come: monete, ditali, aghi (in astucci in osso od in metallo), sigilli, temperini ed altro ancora (Fig. 11). Fig. 11 – Tre modi diversi di portare alla cintura la borsa. Da : 1475 – 1480. Di H. Bosch (1453 – 1516). (Rielaborazione grafica di T. Pasquali). 70 Gli uomini e le donne camminavano, lavoravano e, magari, combattevano, avendo alla cintola tutte queste cose. Era inevitabile che qualche arnese andasse perso ed è pertanto probabile rinvenire, nei pressi degli abitati medioevali, oggetti di un certo pregio. Altra oggettistica, di migliore qualità, che andava abitualmente perduta in quei secoli, consiste in una serie di piccoli manufatti di bronzo: guarnizioni metalliche, cucite sulle vesti, che, in alcuni casi, sono pezzi unici; bottoni (più rari); fibbie di varia grandezza che allacciavano corpetti, calze, casacche, cotte (armature composte di anelli metallici), scarpe, speroni e mantelli; fibbie, ancora più grandi, che bloccavano le cinture, poste sia attorno ai fianchi che a tracolla, con appese, in molti casi, oltre alle solite mercanzie, per quella posta ai fianchi la spada e per quella messa a tracolla la faretra ricolma di frecce. I materiali La piccola raccolta è composta da tre frammenti di ceramica, una fusaiola fittile, un vetro, due fibbie in ferro, una piccola fibbia in lega, una chiave di ferro, due coltelli di ferro (uno frammentato), una piccola presa a gomito di ferro, un probabile acciarino di ferro, nove chiodi per carpenteria pesante con larga capocchia (alcuni hanno la testa tranciata), otto chiodi per carpenteria leggera a sezione piatta con capocchia tranciata e vari ferri d'uso imprecisato. I materiali sopra elencati si possono considerare come la prima testimonianza di vita quotidiana, a noi pervenuta, da Castel Belvedere. Le ceramiche Dei tre frammenti vascolari, in ceramica grezza e priva di qualsiasi rivestimento impermeabilizzante (per certi aspetti l'impasto delle argille può ricordare quello delle ceramiche preistoriche), particolarmente degno di nota è il residuo d'ansa a 71 forma trapezoidale con foro passante che è appartenuta ad un secchiello (Fig. 12, n. 1). Si ricorda che nei castelli del Trentino, tra il 1200 ed il 1400, il secchiello era tra i recipienti d'uso più comune per contenere liquidi e per cucinare. Si trattava di una pentola, non eccessivamente panciuta, con fondo piatto e due anse sopraelevate al bordo (di forma trapezoidale o ad "orecchio") sempre forate per contenere il manico di ferro. La sua forma è analoga a quella dei secchi in rame, con i quali, oltre 50 anni fa, si andava a prendere l'acqua alla fontana. Inoltre, è stata rinvenuta integra una piccola fusaiola, in terracotta, di forma sferica assai schiacciata (Fig. 11, n. 2), che serviva alla filatura della lana o di fibre vegetali. I metalli Per questione di spazio, i metalli scelti sono le tre fibbie (Fig. 12, nn. 3-5) e la chiave (Fig. 12, n. 6). La fibbia n. 3, con ancora inserito l'ardiglione, è in ferro; per la forma ovale leggermente schiacciata è del tipo "a staffa". La sua fattura, molto semplice, potrebbe indicare l'uso della fibbia come fermaglio nei finimenti. La successiva fibbia, n. 4, con ardiglione, è anch'essa in ferro. Presenta il traversino superiore rifinito a lima con delle tacche verticali poste su di un unico verso. Nella forcella inferiore è saldata una piccola guarnizione a lingua (rotta in antico) che serviva da presa alla cintura. L'oggetto, per il suo decoro, è da considerarsi d'uso personale. La piccola fibbia, n. 5 è in lega (bronzo). Essa presenta il traversino superiore con decoro a quadrilobo ripassato a lima; i due segmenti di collegamento sono ricurvi "a staffa" e la barretta inferiore è priva d'ardiglione. La fibbietta è di un certo pregio e chi l'ha persa doveva essere senz'altro di ceto elevato. L'ultimo oggetto è il ferro n. 6. Si tratta di una piccola chiave, da mobile. Presenta l'impugnatura ad anello rotondo, stelo pieno 72 (maschio), apripista, mappa con doppie tacche alternate. Certamente la chiave doveva aprire uno dei pochi mobili (cassapanche e bauli) dell'arredo del castello. Siamo propensi a datare tutti gli oggetti illustrati tra il XII e il XIV secolo, in considerazione delle vicissitudini storiche di Castel Belvedere 50. Un probabile momento di vita quotidiana Attraverso l'analisi dei pochi materiali descritti possiamo gettare qualche barlume di luce sulla vita quotidiana a Castel Belvedere. Luce molto fioca che illumina delle pentolacce in terracotta fumanti, poste accanto al fuoco, in una cucina, stagnante di odori acri, dove una serva fila lentamente la lana. Nella stanza accanto il signore di Belvedere sta cercando una piccola fibbia in bronzo, cadutagli sul pavimento ricoperto di paglia. Nel cortile interno del castello uno dei soldati sente che si sta allentando la fibbia della cintura che porta in vita, mentre un altro armigero, poco più in là, si chiede dove abbia nascosto la chiave del suo baule. Infine, sulla mulattiera che sale alla rocca incede un cavallo che ha appena perduto sul sentiero una delle fibbie della cavezza. Estrapolato da < Pinè - Cembra. Turismo Notizie >. Quadrimestrale dell'A. P. T. Pnè - Cembra. N. 30, 2000, pp.28- 29. 50 Alcuni mesi dopo la pubblicazione dell'articolo, alla sede dell'Azienda Promozionale Turistica dell'Altopiano di Pinè - Val di Cembra, sono pervenuti altri materiali da collezionisti privati, garantendo che i vari oggetti provengono tutti dal Castel Belvedere. Tra questi ci sono alcuni frammenti di ceramica smaltata, databili tra il XVII al XIX secolo, che nulla hanno da vedere con il castello scomparso alla metà del XIV secolo. Forse i cocci sono stati recuperati nei pressi nel Maso Purga, che come ho già detto è ubicato ai piedi delle pendici meridionali del Doss de la Mot. 73 Fig. 12 - N. 1 frammento d'ansa trapezoidale di secchiello; n. 2 fusaiola.; nn. 3-4 fibbie di ferro; n. 5 fibbietta di bronzo; n 6 chiave di ferro (dis. di T. Pasquali). 74 PARTE TERZA PRESENTAZIONE Se non ci avesse lasciato nell’ottobre del 1999, Roberto Spagolla sarebbe sicuramente uno degli autori di questo libro; anzi, probabilmente avrebbe scritto lui la presentazione del capitolo relativo a Castellalto, perché le ricerche legate alla storia dell’antico maniero, come pure agli aspetti storici e culturali della comunità di Telve sono stati sempre al centro degli interessi della vita di Roberto. Ci sembra quindi giusto e doveroso, in occasione dell’uscita di questo interessantissimo volume, ricordare brevemente la figura di Roberto Spagolla, più che addentrarci in aspetti storici o tecnici relativi a Castellalto, che con dovizia di particolari sono illustrati nelle decine di pagine che seguono. Sarebbe troppo lungo ripercorrere le varie attività in cui Roberto è stato coinvolto e di cui molto spesso è stato iniziatore ed animatore; qui ci limitiamo a ricordare le migliaia di fotografie con le quali ha immortalato i più svariati aspetti della vita di Telve e gli sforzi che ha profuso per recuperare e conservare un grande patrimonio iconografico (e non solo) sulla storia del paese. Castellalto è sicuramente stato uno dei suoi “soggetti” preferiti, come testimonia anche la sua piccola raccolta di oggetti metallici illustrata in questo libro. Roberto è stato anche uno dei soci fondatori dell’ “Associazione castelli del Trentino”, lanciando in prima persona l’idea di effettuare una serie di rilievi sui ruderi di Castellalto, ai quali ha successivamente preso parte direttamente e con grande entusiasmo. Purtroppo, anche a causa del fatto che il castello risulta essere di proprietà privata, non è mai stato possibile eseguire interventi di recupero sulla struttura, per cui il degrado di quanto è rimasto è proseguito inesorabile con il passare degli anni. La speranza è che prossimamente si riesca ad attivare qualche iniziativa per valorizzare Castellalto, o comunque per evitare un 75 ulteriore decadimento dei ruderi rimasti.Sicuramente Roberto Spagolla sarebbe contento. Franco Rigon, Sindaco di Telve Valsugana. 76 I RILIEVI DEL CASTELLO DI CASTELALTO ANNI 1991 - 1992 Remo Carli Alessandro Gremes Tullio Pasquali Alfonso Scartezzini 77 Ruderi di Castelalto. Da Otto Piper, 1902. 78 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO Alessandro Gremes & Tullio Pasquali Arrivando da Borgo Valsugana, anziché entrare a Telve si prosegue sulla nuova strada che porta a Telve di Sopra e a Torcegno (Fig. 1). Al crocevia per Telve di Sopra, si svolta a destra seguendo la strada che va in Val di Calamento. Arrivati al maso Belvedere 51, si lascia l'autovettura, di lì a piedi, si risale un ripido sentiero, che prima di raggiungere le rovine di Castellalto, attraversa una plaga di secolari castagni e poi un fitto bosco di conifere. Le rovine del castello si elevano su un rilievo (m. 818 s.l.m.) che è inciso da due profondissimi solchi torrentizi, che formano la Val di S. Nicolò a ovest e quella di Arnana a est. A nord nord- ovest, l'altura è formata da una serie di terrazzi artificiali delimitati da muri a secco, degradanti su un leggero pendio. I punti più vulnerabili del maniero sono i lati sud sud-est e sud- ovest che fanno da collegamento naturale con la rimanente montagna della Musiéra 52. 51 Il maso è posto ai piedi del dosso del < 79 Fig. 1 - La freccia indica l'ubicazione di Castellalto. Da : A. Peter. < Atlas Tyrolensis > 1759. Ristampa : Athesia – Verlag. Bolzano 1986. 80 SINTESI STORICA Alessandro Gremes & Tullio Pasquali I primi personaggi noti della nobile famiglia dei domini de Telvo sono Adalpreto e Wala, i quali nel maggio 1160 presenziarono assieme ad alcuni tra i più influenti feudatari trentini del tempo (Odorico e Federico d'Arco e Gumpone di Madruzzo), all'infeudazione vescovile di Gandolfino da Fornace del castello di Belvedere di Pinè (GORFER, 1987, p. 231). La prima documentazione certa dell'esistenza di Castellalto risale al 1272 mentre la prima infeudazione conosciuta è del 1299, anno in cui il vescovo di Feltre e Belluno concedeva a Francesco I di Castellalto le case di Telve, decime, terre arative, prative e vigne 53. Quando alla metà del XIV secolo i da Carrara, signori di Padova, ebbero da Carlo IV di Lussemburgo - Boemia la signoria di Feltre e di Belluno, anche la Valsugana fino a Novaledo divenne signoria padovana 54. Così, assieme a tutti gli altri feudatari valsuganotti, i Castellalto riconoscevano come loro signori i da Carrara 55. La Bassa Valsugana nel 1412 passava sotto il totale dominio del duca Federico IV d'Austria, conte del Tirolo, detto < 53 La signoria di Castellalto fu l'unica della Valsugana feltrina a non essere assorbita dai Castelnuovo-Caldonazzo. 54 Il confine del contado vescovile di Feltre passava a Novaledo. 55 I Castellato ebbero dei rapporti privilegiati con i da Carrara ad esempio: Francesco da Carrara detto < 81 dell'antica nobiltà incastellata locale sopravvissuta ai profondi mutamenti dell'aspetto politico valsuganotto voluto da Federico d'Austria e poi dai suoi successori 57. I signori di Castellalto diedero alla loro politica nuovo corso cercando costantemente appoggio e favori presso la Casa d'Austria, forti dei vantaggi che la dipendenza immediata dall'Impero (Reichsunmittelbarkeit) conferiva loro. Verso la fine del XV secolo, il castello di Castellalto, rappresentò un notevole ostacolo per l'esercito veneziano che intendeva occupare Trento. Nell'agosto del 1487 i Veneziani tentarono invano di conquistarlo 58 (Fig. 2). Fig. 2 - Veduta di Castellalto. Disegno eseguito dopo la metà del XV secolo; Archivio Buffa di Castellalto, presso l'Archivio di Stato di Trento (rielaborazione grafica di T. Pasquali). 57 GORFER (op. cit.), p. 240. 58 La guerra scoppiata tra il duca Sigismondo e la Repubblica di Venezia aveva come fronte principale la Valle dell'Adige e la Valsugana come direttrice di penetrazione allo scopo di colpire Trento alle spalle. 82 Il più famoso dei Castellalto fu Francesco IV (1480 circa - 1555), detto il < 59 Francesco IV fu uno dei più energici repressori della < 83 Con i Buffa il castello perse lentamente il suo compito di sede feudale; alla metà del 1700 era semiabbandonato e nei due secoli successivi cadde in totale rovina. Durante le vicissitudini del periodo napoleonico, la giurisdizione di Castellalto fu più volte trasferita. Con il ritorno del Trentino all'Impero fu ripristinato il Giudizio patrimoniale di Telvana San Pietro del conte Giovanelli e quella di Castellalto del barone Buffa, con sede a Borgo, nel 1825 i Buffa rinunciarono alla giurisdizione 60. 60 Casetti, 1961, pp. 760-767. 84 LE MOTIVAZIONI DEI RILIEVI Remo Carli, Alessandro Gremes, Tullio Pasquali & Alfonso Scartezzini Roberto Spagolla61 nel 1990 ci propose di eseguire dei rilievi architettonici sui ruderi di Castellalto. Egli sapeva, come abitante di Telve, non ché come impiegato comunale, quanto l'Amministrazione della borgata fosse da anni interessata alla rivalutazione del castello 62. 61 A quattro anni dalla scomparsa di Roberto Spagolla (1943-1999), si ricorda che fu uno dei soci fondatori della nostra Associazione. Per quanto riguarda Castellalto fu motore trainante, sia nelle trattative con il Comune di Telve che nelle fasi riguardanti i rilievi. 62 Il Comune di Telve nel 1989 così deliberava a riguardo di Castellalto (Verbale di deliberazione N. 65 del 21 luglio 1989) < I ruderi di Castell'Alto, sede dei signori di Castell'Alto, linea discendente dei Thelvo, dal XIII al XVIII secolo, si trovano attualmente in uno stato di abbandono che favorisce l'ulteriore degrado, sia per il naturale effetto degli agenti atmosferici, che a causa di possibili atti vandalici ed appropriazioni abusivi di materiali; benché detti ruderi siano di proprietà privata, l'artico 2 della L. 21. 12. 1961, n. 1552, consente di intervenire, anche coattivamente, sui medesimi, purché essi siano previamente oggetto della notificazione prevista dall'art. 2 della L. 1. 6. 1939 n. 1089; ogni provvedimento in merito è peraltro di competenza della Provincia Autonoma; già con note del 6. 6. 1988 e dell'8. 9. 1988 il Servizio Beni Culturali della Provincia è stata invitata ad esaminare l'opportunità di intervenire per porre rimedio allo stato di degrado di cui sopra; detti inviti non risultano però aver fino ad ora sortito alcun effetto; si propone pertanto di rinnovarli con formale deliberazione del Consiglio Comunale e di portare anche all'attenzione delle Amministrazioni dei Comuni vicini e del Comprensorio. IL CONSIGLIO COMUNALE. Sentita la relazione del Sindaco; Considerato che i ruderi di Castell'Alto rivestono un indubbio interesse storico. Considerato altresì che il loro restauro e la loro valorizzazione potrebbe avere benefici effetti per lo sviluppo dell'attività turistica della zona. Visto il T.U. delle leggi regionali sull'ordinamento dei Comuni approvato con D. P.G.R: 19 gennaio 1984, n. 6/L; Con voti favorevoli n. 14 su 14 presenti: delibera 1 - Di chiedere alla Provincia Autonoma di Trento di adottare tempestivamente ogni provvedimento necessario per arrestare lo stato di attuale degrado dei ruderi di Castell'Alto e per garantirne il restauro; 85 Dopo vari contatti con l'Amministrazione comunale, la nostra Associazione riceveva il mandato, per effettuare dei rilievi tecnici sulle rovine di Castellalto, con le seguenti finalità: di poter ottenere uno studio di progetto atto a conoscere l'evoluzione fisiologica nonché a raggiungere le condizioni di fattibilità per l'arresto del degrado del castello 63 (Fig. 3). Il nostro impegno era suddiviso in 6 punti: 1. Rilevo planimetrico di tutta l'area interessata (comprese pertinenze). 2. Rilevo di tutti gli elementi architettonici del castello (portali, finestre, ecc.), estrapolare i particolari più significativi in tavole separate. 3. Studio evolutivo del tessuto murario (aggiunte di muratura in varie epoche, saturazione di finestre e porte). 4. Misurazione effettiva dell'elevato esistente. 5. Eventuale studio dei leganti usati nelle varie fasi di costruzione. 6. Studio del materiale lapideo usato e studio delle pietre esotiche inserite nel tessuto murario (controllo teste dei conci, dei piani frontali e le tecniche di martellinatura sulle pietre più significative) 64. I rilievi iniziarono nel giugno del 1991, trovando le rovine completamente sommerse da una fitta vegetazione spontanea. Dopo il disboscamento durato alcuni giorni, si iniziarono i rilievi che si protrassero fino a tutto l'anno successivo. Alla fine del 1993, per motivi di vario genere, si rinunciò a completare i rilievi di Castellalto 65 . 2 - Di invitare anche le Amministrazioni dei Comuni vicini e quella comprensoriale ad appoggiare la presente richiesta. Nel giugno dell'anno successivo la Provincia Autonoma di Trento deliberava di mettere sotto tutela i resti di Castellalto. Decreto del Presidente della Giunta Provinciale N. 102 del 14 giugno 1990. 63 Verbale di deliberazione N. 219 del 29 ottobre 1990. 64 Nostra lettera del 23 luglio 1990. 65 Nei due anni di rilievi hanno partecipato: Remo Carli, Marco Gramola, Alessandro Gremes, Lucia Paoli, Tullio Pasquali, Renato Pecoraro, Claudio Pisetta, Alfonso Scartezzieni, Roberto Spagolla. 86 Fig. 3 - Il castello di Castellalto alla fine del XVIII secolo, da un dipinto di Carlo Sartorelli (rielaborazione grafica di T. Pasquali). 87 I RILIEVI. Remo Carli, Alfonso Scartezzini Nota introduttiva Dai rilievi di OTTO PIPER 66 è trascorso un secolo e, dei caseggiati del 1902, ben poco è rimasto. Se il degrado dovesse proseguire in questo modo, nell'arco di cento anni di Castellalto resterà solo un immenso cumulo di macerie. Benché la situazione generale sia estremamente compromessa un attento restauro conservativo potrebbe salvarlo dalla totale rovina 67 (Fig. 4). Con questo lavoro non si pretende di aver eseguito un rilievo millimetrico ma solo di aver tracciato un guida per eventuali futuri interventi. Fig. 4 - Veduta di Castellalto nei primi anni del 1900 (Piper, 1902). 66 PIPER ,1902, pp. 46-49. 67 Gli scriventi con altri tecnici hanno eseguito tra il 1987 e il 1989, i rilievi delle rovine di Castel Corno in Vallagarina (Comune d'Isera). Il degrado generale e l'alzato dei muri era più o meno nelle stesse condizioni di quelli di Castellalto. Dopo i nostri rilievi il Comune d'Isera, attraverso un contributo europeo, commissionava il restauro del castello e, nell'agosto 2002 vi è stata la prima parziale apertura al pubblico. 88 La planimetria di Otto Piper La descrizione viene fatta, usando fedelmente i passi dell'AUTORE, tralasciando però, le conclusioni finali (Fig. 5). Fig. 5 - Piano di quota di Castellalto ai primi dell'900 (Piper, 1902). Descrizione << (…) La rovina si presentano dall'esterno come un'alta costruzione quadrata con file di finestre uniformi e questo quadrato e quasi completamente riempito di stanze d'abitazione. Nello stesso tempo sorprende l'interno del castello per la sua bella sistemazione a fortezza. Già entrando dal portone, all'estremità sinistra del fronte principale esposto verso sud- est, si ha una sorprendente impressione (…) >>. 89 << (…) (n) - Piccolo cortile (corte d'ingresso) 68 dal quale si vede diritto, attraverso il passo carraio, i locali sotterranei delle stanze d'abitazione f e g di cui l'ultima è semi coperta da materiali di crollo. (m) - Il passo carraio è costruito in pietra di cava. (t) - Stretto cortile (piccola corte) circondato da alte mura con merli e camminamenti di ronda. Una porta passa nel locale sotterraneo delle stanze f, buio ma ben conservato e di lì un'altra porta va verso il vano sotterraneo della stanza g. (v) - Portone di chiusura del cortile (corte nuova o esterna). In una piccola postierla 69 nelle mura di cinta a sud -ovest del portone di chiusura (v) del cortile (corte nuova o esterna), si trova anche l'arco tondo nel quale si legge l'indicazione di una data " 155 " della quale la quarta cifra non è più leggibile. (w) - Androne del complesso rotondo che portava (corte vecchia) al cortile di Castel vecchio. La costruzione che circonda a est e sud il cortile (corte nuova o esterna), ha a est dell'androne (w) quattro locali sotterranei con due entrate dal cortile stesso e sopra, estese fino a sud-ovest, si trovano tre stanze d'abitazione, delle quali quella centrale con un balcone esterno poggiato su beccatello in pietra 70. La costruzione, per dominare la salita parallela, è fortificata, avendo oltre le feritoie di ciascun merlo, ancora altre feritoie. Il muro esterno della terza stanza (a sud-ovest) manca quasi completamente. La pendenza del terreno comporta che le cantine si trovano verso l'esterno abbastanza alte, sopra il 68 Vengono usati i nomi, dati da ALDO GORFER, ai vari ambienti del castello. GORER, 1987. 69 La postierla è una piccola porta per il passaggio di una persona alla volta. Usata soprattutto nel Medioevo per le torri, mura, castelli e altro simile. 70 Nell'antica architettura militare il beccatello era un elemento costruito, in genere, da unarchetto su mensole aggettanti, destinato a respingere dall'alto gli assalitori. 90 terreno, mentre nell'angolo vicino alla torre si entra a pianterreno. (H) - Cortile (cote vecchia) del castello dominato dalla torre della rocca . (r) - Piccola costruzione del cortile (corte vecchia) quasi completamente distrutta. (a) - Molto ben conservata è la costruzione situata più in alto e spostata verso l'esterno, la cui cantina ha l'entrata a sud- ovest del cortile (corte nuova o esterna). (o) - Mastio del castello. (s) - Stanza d'abitazione. (f) - Stanza d'abitazione, con locale sottostante. Una fila di fori lasciati dai travi, in alto nella parte sud-ovest della stanza, fa pensare che c'era un passaggio sporgente in legno adibito a camminamento di ronda, dal quale si poteva sparare con efficacia, sia verso il piccolo cortile intermedio (t) (piccola corte), sia verso l'ulteriore salita al cortile del Castello (corte nuova o esterna). (g) - Stanza d'abitazione, con latrina come era in d'uso verso la fine del Medio Evo e locale sottostante. (h) - Stanza d'abitazione, con locale sottostante. Le importanti stanze d'abitazione, costruite in epoca più recente, si trovano a sud (Palazzo nuovo o Palazzo di Francesco). La costruzione, che ha nella parte superiore nove finestre in fila, abbastanza grandi, dovrebbero essere state aggiunte più tardi. Essa è formata dall'arcata a botte << scuderia o sala delle guardie>> che si trova in basso e che nella sua lunghezza ha quattro feritoie. Tutta l'arcata è lunga 7 metri e alta circa 6 metri ed è completamente aperta verso la stanza più stretta che in passato era coperta con doppia volta a crociera ed anch'essa aperta con due archi verso il piccolo cortile (1°) (n) (corte d'ingresso)..(…) >>. Lo studio del PIPER vista da GORFER 91 << (…) L'ingresso era stabilito sulla fronte orientale del Palazzo nuovo o Palazzo di Francesco. Si tratta di un notevole corpo di fabbrica lungo circa 28 metri e largo una decina, disposto su tre piani: Esso completa l'organizzazione quadrangolare dell'impianto castellare che a sua volta incapsula quello, semilunato, del primitivo nucleo medioevale addossato alla torre. Dalla corte d'ingresso il passaggio era obbligato in un lungo androne, direzione sud-nord, in collegamento con una seconda piccola corte, stretta tra il muro esterno e il muro circolare interno, che immetteva, tramite un arcone a tutto sesto datato 155 nella corte nuova o esterna. Quadrangolare, in essa penetrava il corpo antico, semillittico, merlato, poggiato su di un potente basamento di pietra, con aerei sporti e feritoie. Occupava la sommità del rilievo. La corte nuova la contornava a forma di mezzaluna. Un androne, su cui si apriva la porta delle cantine, dava accesso alla corte vecchia dove si trova la cisterna, la scala del piano nobile e gli ingressi alle stanze di servizio. >> 92 Fig. 6 - Piano di quota di Castellalto del 1991 (rilievi di R. Carli e A. Scartezzini). Rilievi (1991-1992) (Fig. 6) Dove è possibile, confrontiamo i nostri rilievi con quelli di OTTO PIPER e con le osservazioni architettoniche di ALDO GORFER. Ingresso Sul portale d'ingresso, a sinistra per chi entra, si trovava l'unico frammento superstite della pilastrata rinascimentale in pietra calcarea bianca, anziché rossa come osserva GORGER. In un sopralluogo dell'agosto 2002, il piedritto è stato divelto dalla muratura e trafugato (Fig. 7 e 8). GORFER: << (…) Il portale d'ingresso al palazzo di sud, e del castello, di forme rinascimentali elegantemente ricavate dal calcare rosso della Ziolina è crollato. Unici resti sono il piedritto di sinistra e il frammento dell'arco tra l'erba della rampa. (…) >> 93 Fig. 7 - Castellalto, piedritto del portale d'ingresso (rilievo e disegni di A. Scartezzini, giugno 1991). Fig. 8 - Piedritto del portale d'accesso (foto di A. Scartezzini - 1991). 94 < Superato il portale d'ingresso, si incontra, tra le più desolanti rovine, il primo cortile che in origine doveva essere completamente coperto. Lo si intuisce dalle finestre rettangolari poste ad un'altezza tale che dovevano essere di un primo piano. Il cortile di forma quadrata aveva di fronte, per chi entrava, il porticato detto < GORFER: << (…) Pericoloso è l'avventura fra le macerie che sommergono la piccola corte d'ingresso principale, stretta tra i resti dell'androne di destra (nel muro si nota un assetto ritenuto ) e i due arconi, sorretti da un pilastro quattrocentesco (…) >> Porticato detto < L'entrata della così detta 71 Il pilastro trova analogie con le colonne del Castello della Pietra di Primiero (GORFER, 1987, p. 379). 72 Vedere con attenzione il disegno del PIPER (Fig. 9). 73 La planimetria dei primi '900 del PIPER, indica quattro vani consecutivi sulla sinistra del disegno (Fig. 4). 95 soffitto a volta a botte magistralmente eseguito con del pietrame posto a lama di coltello. Osservando con attenzione il soffitto si riconoscono le tracce delle imposte delle murature che dividevano i locali. Attualmente, in quello che doveva essere l'ultimo vano, in prossimità del muro di fondo si apre una fossa in muratura di forma circolare, con un grosso cilindro in pietra calcarea, piegato su un fianco, che serviva come basamento di un torchio (Fig. 13). Nel 1991 Roberto Spagolla con altre persone ha ripulito il pilastro fino al basamento mettendo in luce un selciato (Fig. 14). PIPER: << (…) Un pilastro rotondo accuratamente lavorato in pietra, con base di una parete intera, dalla quale si estendono, da ambo le parti, archi a muro aperti. (…)>> GORFER : << (…) i due arconi, sorretti da un pilastro quattrocentesco di pietre squadrate, che immettono nel vasto locale a grande volta a botte detto < Fig. 9 - Castellalto primi del '900. Il porticato detto < 97 Fig. 11 - Estate 1991. Rilievo del porticato detto << scuderia o sala delle guardie>> (rilievi e disegni di A. Scartezzini). Fig. 12 - Il porticato detto < 98 Fig. 13 - La parte interna del portico detta << scuderie o sala delle guardie>> (rilievi e disegni di R. Carli, 1991). 99 Portico di destra o << androne>> (Fig. 14) Il soffitto dell'androne è a volta a botte, in pietra calcarea messa a lama di coltello. La galleria portava al Castel Vecchio; ora è ricoperta parzialmente da materiali crollati dal soffitto. Le macerie hanno una potenza di oltre 1,50 m. e occludono il passaggio attraverso il portale di fondo. I due portali, Fig. 14 - Castellalto. Il portico di destra o scalpellati a mano, < PIPER: << (…) La volta situata ad est, sotto un edificio che non esiste più. Delle dimensioni di metri quattro per tre, forma un porticato lungo per l'ulteriore ingresso nel castello, dominato da due feritoie da ambo le parti del portone. L'aggressore attraversato il portone si trovava in un cortile stretto circondato da alte mura con merli e camminamenti di ronda (…) La volta 100 Fig. 15- Rilievo del portico di destra o < del passo carraio è costruita in pietra di cava. All'inizio, a sinistra si trova all'altezza di m. 1,50 l'apertura quadrata di cm. 65 X 80 di un canale orizzontale, il quale ( come mi risulta da un sondaggio effettuato con una asta lunga) si sviluppa ancora per 2 metri di lunghezza verso il basso a sinistra. Sebbene non trovando alcun segno di serrature, si può presumere che questo buco completamente buio, senza aperture verso l'esterno, possa essere stato soltanto una prigione. (…) >>. GORFER: << (…) Dai cumuli delle macerie affiorano: un portale a tutto sesto di pietra calcarea, un secondo portale bugnato dello stesso materiale assegnabile al XVII secolo immetteva sulla corte esterna, (…) Dalla corte d'ingresso il passaggio era Fig. 16 - Rilievo del portico di destra o obbligato in un lungo < < La piccola porta tardo gotica si trova al pianterreno in un ambiente imprecisato. Manca di metà della cornice (Fig. 18) . Le macerie ricoprono l'ingresso per un'altezza di circa m. 1 (Fig. 19). Abbiamo messo in luce nel 1991-92, una soglia in pietra rossa (ammonitico) ed un probabile scalino in granito. 101 Gli elementi lapidei del portale sono in pietra tenera di colore giallognolo che per alcune caratteristiche fisiche ricorda le pietre lavorate presenti a Castel Roccabruna di Fornace 74. PIPER: << (…) Le porte dei locali sotterranei hanno archi a schiena d'asino eccezionali acuti di arenaria rossa (…) >> GORFER: << (…) un portalino tardogotico di gialla pietra oolitica che sembra desse accesso alle cantine. (…) >> Fig. 17 -Castellalto1902. Uno dei portalini gotici disegnati da Otto Piper. 74 Vedere: CODROICO, pp. 50-51; G. GORFER, 1998, pp. 27-64. 102 Fig. 18 - Rilievo del portalino gotico (disegni e rilievi di A. Scartezzini. 1992). Fig. 19 - Foto dell'unico portalino gotico superstite di Castellalto (foto di A, Scartezzini, 1992). 103 < Il portalino è in pietra rossa di Trento, presenta una cornice senza svecchiatura e sull'architrave è scolpita la datata 1556 (Fig. 20-21). La soglia è della stessa pietra della porta, formata da due basamenti coniugati da una grossa grappa. Dall'altra parte del muro, dello spessore di metri 2,40 c’è un altro portalino con cornice in pietra rossa di fattura imprecisata essendo in gran parte ricoperto da materiale di crollo (Fig. 22). Per la messa in opera dei due portalini comunicanti è stato necessario forare il basamento del mastio, il quale aveva addossato, verso l'esterno (lato nord), una scarpata di rinforzo e successivamente una costruzione di almeno due piani. PIPER: << (…) Sia sulla parte esterna arrotondata della costruzione abitativa all'interno del castello, sia su tutta la facciata esterna sud-est, troviamo un muro supplementare di rinforzo inclinato, senza legatura, costruito accuratamente con sassi lisci, molto alto, che negli angoli estende 104 verso il muro maestro (…) >>. GORFER: << (…) Fig. 20/21 - Castellalto. Sopra: insieme del Sull'arco del portalino portalino della torre; sotto: particolare del settentrionale del muro concio datato 1556 (foto di A. Scartezzini, della torre, incassato 1992). nelle macerie, è incisa la data 1556. Si riferisce all'apertura del fondo della torre. Il portalino corrisponde a un secondo, di sud, non datato, ma coevo. Lo spessore del muro che li separa è di due metri (..) >>. Cappella o < Per chi entrava nella torre attraverso il portalino datato 1556, l'affresco si trovava al pianterreno, sopra il secondo portalino. Attualmente i due portalini sono saturi di pietrame e calcinacci. L'affresco, è praticamente scomparso, si intravede la croce, l'ombra del Crocifisso e il basamento della croce. Sulla destra di Cristo vi sono le tracce di una scritta in lettere gotiche e, oltre trequarti dell'intonaco è corroso dalle intemperie. La volta doveva essere ad arco a tutto sesto con crociere a vela. Fig. 22 - Il rilievo della 105 parete dove si trova l'affresco della Crocifissione (rilievi e disegni di A. Scartezzini, 1992). Fig. 23 - Castellalto. L'affresco della Crocifissione in una foto del 1953 (Gorfer, 1987). Fig. 24 - L'affresco della Crocifissione a distanza di circa quarant'anni (foto di A. Scartezzini, 1992). PIPER: << (…) La torre della rocca, non molto robusta è poco conservata. Il suo piano terra era adibito a cappella, come dimostra una pittura murale di esecuzione abbastanza buona sulla parete interna nord-est. Accanto ad un crocifisso figura sulla parete superiore il sole e la luna e con molti arabeschi un semplice stemma di alleanza, mentre in mezzo c'è la scritta " propter scellera nostra ". La scrittura minuscola tedesca fa presumere che si tratta del 15° secolo (…) >>. 106 GORFER: << (…) La parete di mezzogiorno, al di sopra del portalino, circa al secondo piano del mastio, espone i resti di un affresco: rappresentante la crocifissione con il sole e la luna ai lati del capo reclinato di Cristo. La scrittura mediana in caratteri gotici ammonisce: propter sellera nostra. I cimieri di due stemmi, scomparsi per la caduta dell'intonaco, scortano il piedistallo della croce L'avvolto che sosteneva l'ambiente, ritenuto la cappella, è crollato. Ne restano tracce di mozziconi di muraglia. (…) >>. Le stanze sopra la < La facciata sud del muraglione del mastio presenta in successione, dal basso verso l'alto, il piano terra adibito probabilmente a cap- pella; il primo piano, formato da una stanza dal soffitto molto alto che aveva la travatura in legno. A livello del pavimento vi è un grande riquadro rien- trante nella mura-tura che probabilmente costituiva un armadio a muro. Il secondo piano, formato da una stanza sempre dal soffitto piano in Fig. 25 – I resti del muraglione. Si vedono molto travatura, ha una bene i piani delle stanze (foto di R. Carli). finestra ret-tangolare, contornata da una bella 107 cornice in pietra rossa che guarda all'interno del locale. Affianca la finestra una feritoia murata. Del terzo piano rimane una finestrella rettangolare e forse un'altra feritoia murata. Con tutta probabilità, vi era una soffitta prima del tetto (Fig. 25). Muro angolare verso la valletta di San Nicolò Il muro è costruito con il sistema del PIPER: << ( …) L'unico locale, nonché le tre stanze di fronte, sono decorate in modo particolare con strisce oblique 108 ascendenti in modo simmetrico della larghezza di cm. 24, alternate rosso scuro e bianco (…) >>. Tratto di cortina ovest, verso la valletta di San Nicolò La cortina muraria è il prosieguo del muro del secondo piano che forma un cortile interno. Come tutte le rimanenti murature del castello, la muratura è costituita da pietrame in granito, con la presenza di occasionali scaglie calcari rosse poste come raccordo dei piani di posa. I sassi sono di pezzatura medio grande a filari molto regolari, con corsi alti poco più di un metro, muratura perfettamente a piombo, buche pontali ben evidenti. Nel muro, in corrispondenza della risega, si aggetta un balcone costituito da grosse mensole in granito appena sgrossate, una delle quali è rinforzata dal basso con peduccio di analoga fattura; probabilmente è una caditoia o beccatello mancante di tutti gli elementi lapidei orizzontali. (Fig. 27). 109 Fig. 26 - Rilevo delle mensole in granito (rilievi e disegni di A. Scartezzini, 1992). Pavimento sopra la < In un ridotto sondaggio sopra la scuderia abbiamo recuperato dei frammenti di intonaco affrescato di rosso a fasce bianche, di grigio con graffito a stampatello probabilmente il nome La chiesetta I ruderi sono ubicati all'esterno del castello sul versante sud in corrispondenza dell'ultimo gradone, sulla parte destra di un muro a secco in prossimità del ciglio sulla valle di S: Nicolò. La piccola struttura (m. 6 X 3 (circa) presenta un'abside rotonda. L'edificio è stato sezionato in tutta la sua lunghezza per far passare una mulattiera (forse fatta nel primo conflitto mondiale). Fig. 27 – La freccia indica la posizione della chiesetta. 110 I muri a monte sono legati a malta con resti d'intonaco, l'elevato non supera i cm. 90. Si notano tracce d'affresco. Il pavimento era livellato con della buona malta di calce e sabbia (h. cm.30 circa) e in origine era ricoperto da mattoni.In prossimità dell'abside vi sono tracce del basamento di un piccolo altare a pianta rettangolare. In antico la chiesetta è stata abbandonata e spogliata del pavi- mento in cotto. Il tetto, per la mancanza di frammenti di coppo, doveva essere di scandole. La chiesetta è raffigurata nel disegno del 1461 (Archivio Buffa di Castellalto, presso l'Archivio di Stato di Trento). (Fig. 27). 111 L'ANTIMURALE DI CASTELLALTO Remo Carli, Tullio Pasquali La nota è la descrizione di un ampio recinto in muratura legato con malta di sabbia e calce, mai prima segnalato. Il recinto si trova a circa metà percorso a monte del masso di granito depositatosi sulla sinistra del sentiero (per chi sale da valle) chiamato < Fig. 28 - Risalita verso Castellalto. Il cosiddetto < La costruzione è posta a guardia della biforcazione di due sentieri, su un ampio promontorio, di forma ellissoidale che si chiude al rimanente pendio con uno stretto istmo d'accesso. La struttura muraria corona per tre lati il promontorio presentando una forma vagamente trapezoidale. Il massimo dell'elevato si trova sul versante est con un'altezza di poco più di un metro. Lo spessore medio di tutta la cortina è di metri 1, 10. La costruzione doveva appartenere al sistema antimurale del castello, documentata da pochi ferri rinvenuti in sito che datiamo tra il 1400 e il 1500 ( Fig. 29-30). Si ringraziano Alfonso Scartezzini e Franco Bonomi per il loro contributo nelle fasi di ricerca delle strutture murarie e nel recupero dei resti di cultura materiale. Fig. 29 - I resti del muro legato con tenacissima malta (foto di R. Carli, 2002). 112 Fig. 30 - Reperti in ceramica: 1, frammento di grande scodella in ceramica del tipo < 113 LE CERAMICHE AD IMPASTO GREZZO DI CASTELLALTO Tullio Pasquali Le ceramiche di Castellalto sono assai diverse tra loro, per l'impasto ceramico, per la copertura impermeabilizzante, e per il decoro; differenze che non sono solo tipologiche ma anche cronologiche 75. Dovendo decidere se pubblicare tutti i frammenti più significativi di ogni tipologia, o approfondire solo le peculiarità di alcune categorie di materiali, abbiamo scelto questa ultima via. Le ceramiche selezionate sono del tipo grezza cioè priva di rivestimento impermeabilizzante, che a loro volta sono divise in due categorie ben distinte: Ceramiche ad impasto grezzo, prive di rivestimento impermeabilizzante, del tipo < Ceramica ad impasto grezzo, priva di rivestimento impermeabilizzante, del tipo < Con il termine di ceramica grezza si intendono dei recipienti caratterizzati da un impasto argilloso ricco d'inclusi calcarei, micacei o di altro genere, di varia granulometria, talvolta affioranti sulle pareti che sono sempre prive di rivestimento impermeabilizzante. 75 Dobbiamo ricordarci che il castello è stato abitato per oltre mezzo millennio (dal 1100 al 1700 circa). 114 Il vasellame veniva modellato con il tornio, lento o veloce. Tracce di questa lavorazione sono visibili sulle pareti interne ed esterne dei contenitori. I vasai usavano delle spatole dentate che lasciavano delle solcature profonde e distanziate nella lavorazione al tornio lento; più fitte e regolari con il tornio veloce. Lavorazione chiamata dagli studiosi a < Il vasellame in ceramica del tipo < Tutti i frammenti sono di pezzatura modesta, quelli scelti appartengono a dei secchielli. Si tratta di residui di anse, sia di forma trapezoidale (Fig. 31, nn. 1, 2) che ad < 76 Analogie tipologiche si riscontrano con dei frammenti rinvenuti a Castel Savaro (PASQUALI 1981, p. 176, n. 1). 115 Alle scodelle appartengono tre orli, con labbro diverso (Fig. 32, nn. 7, 8; Fig. 33, n. 9) 77. I frammenti di olla sono probabilmente due, ed hanno l'orlo arrotondato e aggettante verso l'esterno (Fig. 33, nn. 10-11). Assai interessante è il frammento spettante ad un catino - coperchio che serviva da fornetto domestico (Fig. 33, n. 12), all'interno del quale si cuocevano il pane e le focacce, accomodandolo direttamente tra le ceneri calde. I catini - coperchio non si differenziano per nulla nella forma dai normali catini, se non fosse per le presenza di prese del tipo o del tipo <>, ma soprattutto per i fori di sfiato variamente disposti lungo le pareti 78. Fig. 31. Castellalto. Ceramica grezza del tipo < 77 La olla come forma ha dei prototipi protostorici, sviluppatisi in epoca altoimperiale ma perduranti anche in epoca medioevale. Il suo nome deriva dal latino olla, forma collaterale di aula = pentola. In epoca romana le olle venivano utilizzate anche come urne cinerarie. 78 I fori assicuravano la fuoriuscita del vapore e permettevano di controllare la temperatura interna del recipiente. 116 Figg. 32 Figg. 32. Castellalto. Ceramica grezza del tipo < Sono pure presenti, dei residui di recipienti di forma cilindrica e troncoconica a fondo piatto, che trovano precisi confronti a Castel Savaro, Castel S. Gottardo e Castel Valer (materiale inedito) (Fig. 33, nn. 13-15). Il reperto n. 16 è un frammento di ansa a gomito che probabilmente apparteneva ad un recipiente chiuso. Interessante è il disco n. 17, ricavato da un grande 117 Fig. 33 – Castelalto. Ceramica grezza del tipo < 79 A Castel Bosco di Civezzano vi è il rinvenimento di un piccolo disco in ceramica pettinata catalogato come probabile pedina (PASQUALI, 1989, p. 66, m. 16). Un piccolo disco in ceramica < 118 Figg. 33. Castellalto. Ceramica grezza del tipo < I dati congiunti fanno ritenere che la maggior parte delle ceramiche del tipo < 119 verticali che orizzontali, assai simili ai vasi - boccali di Castel Savaro, maniero distrutto da Romano d'Ezzelino nel 1255. Pure le anse dei secchielli trovano confronti puntuali con forme vascolari simili rinvenute a Castel Bosco di Civezzano; castello scomparso probabilmente prima del XIV secolo. Altra ceramica grezza del tipo < Ceramica ad impasto grezzo, priva di rivestimento impermeabilizzante, del tipo < Come la precedente ceramica grezza del tipo < 80 Castel Brenta. In corso di stampa. 81 Cfr., AA.VV. 1987, p. 31. Tav. 1, nn. 11-12. 82 Cfr., PITTIONI 1979, p. 84. 120 eseguiti quando l'impasto ceramico era allo stato di resistenza "cuoio". Molte olle come decoro hanno una o due solcature parallele tra il collo e la spalla, rare sono le solcature ondulate e i cordoni plastici. Il vasellame in ceramica del tipo < I frammenti di ceramica di < 83 Nel Museo di Neustadt (Austria) una olletta ansata con un marchio molto simile a quello di Castellalto, viene datato al primo decennio del 1400 (KREMES, 1985, p. 279, Tav. 18, fig. A 115). 84 Tra le ceramiche rinascimentali datate, fine XV secolo - inizi XVI secolo, di Palazzo Savorgnan (Udine), vi sono dei frammenti di ollette che hanno il marchio a raggiera aperta che potrebbero essere del tipo Passauer (CASSANI, FASSANO, 1993, p. 78, Tav. III, fig. 2 a, fig. 2 b). 85 Il coccio di Castel Corno viene datato dal XVI secolo in poi (PASQUALI, RAUSS, 1989, p. 59, fig. 3, n. 23). 121 Figg. 34 - Castellalto. Ceramica grezza del tipo < Le forme dei recipienti sono assai diverse e comprendono: pentole (olle), scodelle, piatti, coperchi, bicchieri, brocche, bottiglie, lampade, salvadanai, vasellame in miniatura, crogioli e mattonelle da stufa (Pittioni 1979) 86. Nel Trentino, i recipienti 86 PITTIONI, 1979 (op. cit.) pp. 83-107. 122 più diffusi del tipo < 87 Nei castelli trentini scomparsi tra il XIII e il XIV secolo, le ceramiche del tipo << Passauer>> sono completamente assenti. E' molto probabile pertanto, che esse abbiano lentamente sostituito le ceramiche grezze del tipo < 123 DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO TRENTINO DELLE CERAMICHE GREZZE DEL TIPO < Indubbiamente, i due schemi sulla diffusione nel Trentino della ceramica grezza del tipo< Diffusione nel Trentino della ceramica tipo < 1 - Castellalto: castello; recinto fortificato. 2 - Castel Ivano (Pasquali, 2002). * 3 - Castello di Castelnuovo (inedito). 4 - Covelo di Butistone o Covelo di Brenta (Vicenza) (inedito) 5 - Castel San Pietro (inedito). 6 - Castel Telvana (inedito). 7 - Borgo Valsugana (centro storico) (inedito). 8 - Castello di Savaro (Pasquali, 1981; p. 176, nn. 1-7). * 9 - Castel Brenta (inedito). 124 10 - Torre dei Sicconi (Cavada, Marzatico; 1987, p. 31, Tav. 1, nn. 11-12). * 11 - Viarago (canopi) (inedito). 12 - Civezzano (Chiesa di Santa Maria Assunta) (Ciurletti, 1992). * 13 - Castel Bosco (Pasquali, 1989; pp. 64-65, nn. 1-15). * 14 - Castel Roccabruna (Pasquali, Scartezzini, 1998; p. 151, n. 1). * 15 - Chiesa di S. Stefano (Ciurletti, Rizzi, 1996; p. 17). * 16 - Castel Belvedere (Pasquali, 2000; p. 29, n. 1). * 17 - Covelo del Rio Malo (Pasquali, 1980; p. 330, nn. 1-6). * 18 - Busa de la vecia Pempa (Vicenza) (Pasquali, 1980; p. 239, nn. 1-6). * 19 - Trento: Porta Veronensis (pannello esplicativo); Convento delle Clarisse (inedito). 20 - Monte Calisio (canopi) (inedito). 21 - Castel S. Gottardo (Pasquali, 1989; p. 29, nn. 3-6 e 8). * 22 - Castelletto di Tono (inedito). 23 - Castel S. Pietro (inedito) (Val di Non). 24 - Castel Flavon (inedito). 25 - Castel Valer (inedito). 26 - Castel Beseno (inedito). 27 - Castel Corno (Pasquali, Rauss, 1988; p. 84, fig. 3, nn. 3-4). * 28 - Castello di Chizzola (Avanzini, 1986; p. 5, fig. 2, nn. 1-8). * 29 - Castel Saiori (Avanzini, 1986; p. 6, fig. 3, nn. 1-6 e p. 7, fig. 4, nn. 6-11). * 30 - Busa dei Preeri (AA.VV., 1994; p. 61, fig. 2, nn. 1-8 e p. 62, fig. 3, nn. 9-16). * 31 - Dosso 3 (Avio) (AA.VV., 1995; p. 139, fig. 8, nn. 11-15 e p. 141, fig. 9, nn 16-21). * 32 - Dos del Maton (inedito). 33 - Coai di Borghetto (inedito). 34 - Grottina del Lago di Loppio (inedito). 35 - Castel Verde (inedito). 36 - Castel Penede (inedito). 125 37 - Nago (centro storico) (Pasquali, Rosà; 1997; p. 116, n. 3). * 38 - Torre anonima di Nago-Torbole (AA.VV., 1992; p. 86, fig. 3, nn. 1-5). * 39 - Mastio di Torbole (inedito). 40 - Torbole (centro storico) (Pasquali, 1994; p. 88, nn. 1-3). * 41 - Riva del Garda (centro storico) (Odorizzi, Pasquali, 1994; p. 102, n. 1). * 42 - Eremitaggio di S. Paolo (inedito). 43 - Castel Drena (Antiquario di Castel Drena). * 44 - Terlago (centro storico) (inedito). 45 - Dosso di S. Valerio (Ciurletti, Cavada, 1979 ). * L'asterisco individua le pubblicazioni che trattano l'argomento (*). 126 Figg. 35 – La distribuzione della ceramica < 1 - Castellalto 2 - Castel Ivano 3 - Brogo Valsugana (centro storico) (inedito) 4 - Civezzano (Chiesa di Santa Maria Assunta) (Ciurletti, 1992). ** 5 - Castel Roccabruna (Pasquali, Scartezzini, 1998; p. 152, nn. 2-5). ** 6 - Covela di Carbonare (inedito). 7 - Trento (Convento delle Clarisse) (inedito). 8 - Mezzolombardo (centro storico) (Pasquali, 1994; p. 4, n 1). ** Mezzolombardo (Convento dei Francescani) (inedito). 9 - Castello di S. Gottardo (Pasquali, 1989; p. 29, fig. 3 nn. 7- 9). ** 10 - Castel Rovina (inedito). 11 -Castel Belasi (inedito). 12 - Castel Flavon (inedito). 13 - Castel Valer (inedito). 14 - Castel Beseno (Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina). 15 - Castel Corno (Pasquali, Rauss, 1988; p. 107, fig. 13, nn. 106- 109). ** 16 - Castel Penede (inedito). 17 - Eremitaggio di S. Paolo (inedito). I due asterischi indicano le pubblicazioni che trattano l'argomento (**). 127 Figg. 36 – La distribuzione della ceramica < 128 MONETE MEDIOEVALI RINVENUTE A CASTELLALTO E DEPOSITATE AL MUSEO CIVICO DI ROVERETO 92 Alessandro Gremes Le monete ed il castello Le monete qui di seguito proposte sono depositate preso il Museo Civico di Rovereto e fanno parte della donazione effettuata dallo scrivente nel 1989 (Inventario d'ingresso n. 1323/89). Questi reperti monetali sono stati rinvenuti in superficie, tra il 1984 e il 1985, all'esterno dei ruderi, sul versante Ovest del dosso, nella valle di San Nicolò. Il ritrovamento di queste monete sul versante del dosso che dà sulla valle di S. Nicolò può essere attribuito a vari fattori: possono essere state smarrite sui pendii della valle; possono esservi state gettate qualche secolo dopo la loro emissione, ossia quando da tempo erano fuori corso e non più utilizzabili per alcun tipo di scambio commerciale; altra ipotesi è che siano state perse all'interno del castello e poi, assieme ad altri rifiuti, siano state scaricate nella valle, che per secoli ha svolto la funzione di discarica del castello. Le monete coprono un tempo che va dal XIII al XVI secolo, praticamente dal periodo della probabile nascita del castello al momento di maggiore gloria dello stesso, sotto Francesco IV di Castellalto < 92 Il presente lavoro è stato estrapolato da un mio precedente contributo apparso sugli Annali dei Musei Civici di Rovereto. Vol. 8 (1992), pp.115- 134. 129 di Federico II di Svevia (n. 1) rappresenta la moneta veronese, che all'epoca era sovrana in ogni tipo di rapporto commerciale nel Triveneto. Numerosi sono i piccoli o denari scodellati di Verona rinvenuti in zone castellane del Trentino, numericamente superiori a monete di altre zecche della stessa epoca. Per la distribuzione sul territorio trentino di queste monete veronesi 93, proponiamo una tabella (vedi pagina 129) nella quale vengono indicati i castelli ed il relativo numero di esemplari che vi sono stati rinvenuti. L'uso delle monete della zecca di Verona a Telve è infatti documentato in vari atti cartacei dell'epoca 94, ne riportiamo alcuni passaggi: - A. 1245 febbraio 1, Telve (< - A. 1280 dicembre 15, Carzano (< - A. 1286 marzo 17, < 93 Vengono riportati i piccoli veronesi di Federico II di Svevia rinvenuti nelle fasi di ricerca in aree castellane trentine, e quelli depositati al Museo Civico di Rovereto, facenti parte della donazione Gremes (inventario d'ingresso n. 1323/89). 94 CASETTI, 1961, pp. 760-767. 130 - 1293 marzo 8, Telve. Cristano < - A. 1300 aprile 27, Rovereto (< Invece molto raro è il ritrovamento in zone castellane di monete della zecca di Trento 95. Infatti da Castellalto proviene un solo piccolo (n. 3) coniato sotto il Principe Vescovo di Trento Nicolò Alreim da Bruna (1338-1347). La zecca di Trento, con l'elezione di questo vescovo di origine boema, aveva ripreso la sua attività coniando tre diversi tipi di moneta: il grosso, il quadrante ed il piccolo. Le tre monete portavano per la prima volta l'effigie del vescovo di fronte, il suo nome senza riferimento imperiale e un'aquila. Con documento del 1339, Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, concedeva a Nicolò Alreim da Bruna ed ai suoi successori nel Principato di Trento, l'aquila di San Venceslao, 95 Dal castello di Salorno (BZ) proviene un < 131 contornata da fiammelle e con i colori giallo-azzuro della Boemia, che ancora oggi formano lo stemma ed i colori della città di Trento. Il piccolo di Castellalto è in pessimo stato di conservazione, mancante di una parte di metallo, ma riconoscibile dall'effigie mitrata del vescovo, e dal rovescio anepigrafo con aquila; della leggenda mancano la croce, eventuali simboli (mezzaluna o stelle) e la lettera < 96 SACCOCCI, 1988, p. 354. 97 Vengono riportati i quattrini dei conti di Merano, Leopoldo III e IV, Federico IV e Sigismondo, provenienti dalle ricerche in aree castellane trentine, e quelli depositati presso il Museo Civico di Rovereto, facente parte della donazione Gremes. 98 GREMES, 1993, p. 77. 99 PASQUALI, GREMES, 1992, pp. 102-104. La moneta è depositata presso il Museo Civico di Rovereto, con n. di inventario: I 2768. 132 Le altre due monete, il soldino di Venezia del doge Francesco Dandolo (n. 2) ed il quattrino di Ferrara di Alfonso I d'Este (n. 7), sono legate non solo al commercio ma anche agli eventi che segnarono, spesso aspramente, la Valsugana, dai quali Castellalto ne usì quasi sempre indenne. Fu occupato da Ezzelino III da Romano nel XIII secolo e dagli Scaligeri nel XIV. Seguì poi l'alleanza dei Castellalto con i Carrara di Padova, resistette infine agli assalti delle truppe dei veneziani che nel 1400 più volte tentarono di infilarsi nella Valsugana. 133 Figg. 36 – La pagina è tratta integralmente da: Annali dei Musei Civici di Rovereto, vol. 8, pag. 124, 1992. 134 Figg. 37 – La pagina è tratta integralmente da: Annali dei Musei Civici di Rovereto, vol. 8, pag. 125, 1992. 135 Figg. 38 – La pagina è tratta integralmente da: Annali dei Musei Civici di Rovereto, vol. 8, pag. 126, 1992. 136 Conclusioni Questi reperti monetali, pur non provenienti da scavi stratigrafici, sono ugualmente importanti per lo studio sulla circolazione della moneta medioevale nel Trentino, in particolare il rinvenimento del raro < 100 GORFER (op. cit.), p. 228. 137 In questi ultimi anni i ruderi del castello sono stati ripuliti dalla vegetazione che li copriva. Sul lato ovest, verso la valle di S. Nicolò, in alcuni tratti, la base delle mura è rialzata di qualche decina di centimetri rispetto al terreno che presenta segni di dilavamento e frane per tutto il versante della valle. Sullo stesso versante del castello sono state tagliate delle piante di abete che erano cresciute sui ruderi e che si erano incuneate fra le grosse pietre dei bastioni, scomponendo la loro originale sistemazione. Queste radici, una volta marcite, non potranno più sostenere le pesanti pietre che inevitabilmente crolleranno con parte delle mura verso valle. E' auspicabile che le autorità competenti unitamente ai proprietari del castello intervengano urgentemente, se non ad un vero e proprio restauro, perlomeno ad un'azione conservativa dei ruderi attuali. Ringraziamenti Desidero ringraziare il Prof. Giovanni Gorini dell'Università di Padova, Dipartimento di Scienze Antiche, Sez. di Archeologia, per la lettura critica del dattiloscritto e per le indicazioni fornite in fase di stesura del presente lavoro. 138 Distribuzione sul territorio Trentino dei piccoli di Verona di Federico II di Svevia Località provenienza N. esemplari Località provenienza N. esemplari ______ 1) * Castel S. Hippolito 1 9) * Castel Pergine 11 2) * Castel Tono 3 10) * Torre dei Sicconi (3) 2 3) * Castel Sporo Rovina 1 11) * Castel Selva 1 4) * Castel S. Gottardo 2 12) * Castellalto 1 5) * Castel Beseno 3 13) * Castenuovo 1 6) Castel Corno (1) 4 14) Castel Ivano (4) 3 7) * Castel Drena 1 15) Castello di Strigno (5) 1 8) Castel Bosco (2) 6 (*) Monete depositate al Museo Civico di Rovereto. 139 (1) Gremes & Zanoni, 1989, pp. 123-135. (2) Gremes, 1989. (3) Garbari, 1987. (4) Gremes, 2002. (5) Moneta rinvenuta nelle adiacenze del castello, notizia inedita. Distribuzione sul territorio Trentino dei quattrini di Merano di Federico IV Località provenienza N. esemplari Località provenienza N. esemplari ______ 1) * Castel Belasi 1 8) * Castellalto 1 2) * Castel Corona 2 9) * Castelnuovo 1 3) * Castel Sporo Rovina 1 10) Castel Ivano (3) 3 4) Castel Corno (1) 1 11) Torre Anonima di 5) * Castel Vedro 1 Nago-Torbole (4) 1 6) Castel Bosco (2) 1 12) * Castel S. Barbara 1 140 7) * Castel Pergine 5 (*) Monete depositate al Museo Civico di Rovereto. (1) Gremes & Zanoni, 1989 (op. cit.). (2) Gremes, 1989 (op. cit.). (3) Gremes, 2002 (op. cit.). (4) Gremes, 1992. Distribuzione sul territorio Trentino sei quattrini di Merano di Leopoldo III e Leopoldo IV Località provenienza N. esemplari Località provenienza N. esemplari ______ 1) * Castel S. Hippolito 1 9) * Castel Pergine 4 2) * Castel Flavon 1 10) * Torre dei Sicconi 1 141 3) * Castel Belsi 3 11) * Castel Selva 1 4) * Castel Sporo Rovina 1 12) * Castellalto 1 5) * Castel S. Gottardo (1) 2 13) Castel Ivano (3) 2 6) * Castel Monreale 3 14 * Castel Drena 2 7) * Castel Bosco 1 15) + Castel S. Barbara 1 8) Castel Corno (2) 1 (*) Monete depositate al Museo Civico di Rovereto. (1) Una moneta è stata rinvenuta nelle fasi della ricerca del 1989. (Gremes, 1989). (2) Grmes, 1991. (3) Gremes, 2002 (op. cit.). 142 Distribuzione sul territorio Trentino dei quattrini di Merano di Sigsmondo Conte Località provenienza N. esemplari Località provenienza N. esemplari ______ 1) * Torre delle Visioni 1 5) * Castel Pergine 2 2) Castel Corno (1) 3 6) * Castellalto 1 3) Busa dei Preeri (2) 2 7) Castel Roccabruna (3) 2 4) * Castel Vedro 1 (*) Monete depositate al Museo Civico di Rovereto. (1) Gremes, 1991 (op. cit.); Gremes & Zanoni, 1989 (op. cit.). (2) Gremes, 1992. (3) Gremes, 1998. 143 Figg. 39 – Tabella cronologica tratta integralmente da: Annali dei Musei Civici di Rovereto, vol. 8, pag. 133, 1992. 144 LA PICCOLA RACCOLTA DI ROBERTO SPAGOLLA 101 Tullio Pasquali La piccola raccolta è composta da cinque oggetti metallici che sono: una rotella con foro passante (Fig. , n. 1); una bolla (Fig. , n. 2); un anello (Fig. , n. 3); un sonaglio (Fig. , n. 4) ed un amo da pesca (Fig. , n. 5). Fig. 40 - Castellalto. Raccolta R. Spagolla. Reperti metallici (dis. di T. Pasquali, 2002). 101 Stando a Roberto Spagolla, tutti i materiali provengono dalle rovine di Castellalto. Oggetti che furono consegnati allo scrivente in previsione di una mostra . 145 Descrizione La piccola rotella, in piombo fuso, dovrebbe essere il reperto più "antico" (n. 1). L'oggetto è forse una fusaiola a forma biconica, con largo foro passante, avente un decoro circolare in bassorilievo costituito da otto rombi che sulle pareti formano dei doppi triangoli equilateri. Rotelle simili vengono inquadrate da MARZATICO, in un momento tardo della preistoria trentina che va dal VI al IV secolo a. C. 102. Di notevole interesse è la bolla plumbea, di forma ellissoidale con piccola sporgenza a linguetta piatta (n. 2). La bolla presenta il dritto contornato da dentelli e residui di lettere gotiche maiuscole non perfettamente leggibili. A sinistra, lettera 102 < Tale rotella che proviene da strutture di tipo retico, ascritte da Salzani al V-IV secolo a. C.; tenendo conto anche delle indicazioni dei contesti più meridionali e quelle di Magdalenska Gora di V secolo a. C. consentono di inquadrare i nostri pezzi (trentini) fra il VI-IV secolo a. C. > (MARZATICO, 1997, p. 67, fig. 31 e 32). 103 Il cavaliere non porta in testa l'elmo < 146 aperta da una fessura di forma ellissoidale. Anche per questo oggetto la datazione è quello della vita del castello 105. L'amo è privo di cruna, persa in antico; il ferro di sezione circolare, termina con uncino cuspidato (n. 5). L'amo per la sua grandezza doveva catturare pesci di una certa mole. La datazione è quella dei due reperti precedenti 106. Fig. 41 – Raccolta R. Spagolla. La bolla plumbea. (Foto R. Carli, 2002) Fig. 42 – Raccolta R. Spagolla. L’anello in lega. (Foto R. Carli, 2002) 105 Frammenti di sonagli sono segnalati ad esempio: al Castello di S. Gottardo (Mezzocorona) (GRAMOLA, PASQUALI, p. 81, fig. 2 n. 131), a Castel Corno (Isera) (PASQUALI, RAUSS, 1989, p.61, fig. 4, n. 32) ed un sonaglio integro è esposto nelle vetrine della piccola mostra permanente di Castel Ivano. Nella storia dell'arte, il pittore fiammingo Pieter Bruegel detto il Vecchio (1525 circa - 1569) nel suo famosissimo quadro << DANZA DI CONTADINI >> (datato 1568), ha dipinto un sonaglio identico al nostro, che è appeso con una cordicella, al braccio sinistro di una bimba (ARPINO, BIANCONI, 1967, Tav. LXI). 106 Un amo molto simile è stato rinvenuto nell'Alto Polesine, in un contesto del XV-XVI secolo (RIGOBELLO, 1986, p.121, Tav. XIV, n. 10). Nel Trentino, ami così grandi sono stati recentemente recuperati in Val di Non e datati, attraverso la ceramica, alla metà del XVII secolo (materiale inedito). 147 Considerazioni La raccolta, sicuramente regalata da qualche collezionista a Roberto Spagolla, è quantitativamente molto modesta, ma di notevole interesse sia dal punto di vista storico che artistico, in particolare per la bolla e l'anello. 148 PARTE QUARTA PRESENTAZIONE I reperti storici recuperati negli scavi del 1991 dall’Associazione Castelli del Trentino sono sicuramente le uniche testimonianze riguardanti la millenaria storia del Castello di Ivano; essi ci fanno scoprire momenti di vita quotidiana reale ma non ricordata nei grandi avvenimenti storici che in più occasioni hanno coinvolto sia il Castello di Ivano che tutta la Valsugana Orientale. Gli oggetti esposti nelle vetrine del piccolo museo riguardano sia le molte angolazioni del quotidiano, sia i fatti d’arme che spesso facevano parte della vita di tutti i giorni. Fra le alte e maestose muraglie delle “Fosse” sembra di sentire ancora le grida dei combattenti, quando le cuspidi di freccia fischiavano fra i merli dei camminamenti di ronda, mentre i resti di ostriche, le porcellane, i vetri decorati fanno immaginare gli opulenti banchetti degli allegri signorotti. Le numerose monete, le ceramiche e le molteplici stoviglie documentano che alla tavola dei signori d’Ivano sedevano personaggi che rappresentarono nel loro tempo sia la nobiltà mitteleuropea sia quella padana con tutti i traffici che ne derivavano. Estremamente interessanti sono una serie di mattonelle da stufa del gotico cortese. Esse dovevano appartenere a delle stufe monumentali che nelle fredde notti d’inverno riscaldavano con il loro tepore le dame ed i cavalieri del castello intenti nei loro giochi di società. Purtroppo la stessa sopravvivenza di Castel Ivano, inalterato nei secoli, è la causa principale della scarsità dei ritrovamenti; i restauri e le modifiche nel tempo hanno fatto sì che le testimonianze di quei momenti gloriosi vadano perdute. “ Il visitatore che fra corti ed androni entra nel piccolo museo ai piedi del mastio antico si fermi un attimo ed ascolti, nel silenzio, fra le mura possenti ed i vetusti bastioni sentirà il sussurro della storia.” (BORTONDELLO, 1994). Questo contributo letterario sul Castello di Ivano è una ulteriore tappa e segno tangibile della collaborazione che da anni caratterizza il rapporto tra l’Associazione “Castel Ivano Incontri “ e l’Associazione Castelli del Trentino. Un ringraziamento personale e particolare a Tullio Pasquali, Cireneo della storia della nostra terra. 149 Vito Bortondello, Associazione Castel Ivano Incontri 150 CASTELLO DI IVANO LA RICERCA DI TESTIMONIANZE MEDIOEVALI Remo Carli Vito Bortondello Alessandro Gremes Tullio Pasquali Alfonso Scartezzini 151 Castel Ivano. Mattonella da stufa della fine del XIV secolo. (Foto di Ivana Mosna) 152 153 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO Tullio Pasquali Dopo le varie rettifiche stradali il Castello di Ivano, sembra quasi relegato in una zona periferica della Bassa Valsugana. Fig. 1 – La freccia indica l’ubicazione di Castel Ivano. (C. T. G. Strigno) 154 Il castello è posto sul dosso di Ivano alle pendici del monte Lefre (Fig. 1), situato sulla sinistra fluviale del Brenta, dove in antico era a guardia di una viabilità stradale che stava il più possibile lontano dal fondo valle 107. Ora spazia sul Brenta, sulla ferrovia e sul nero solco d'asfalto della superstrada che si chiude ad imbuto proprio nei pressi del quadrivio che porta anche al maniero. L'incredibile strozzatura stradale fa sì che perfino l'automobilista più distratto s'accorga della maestosa architettura di Castel Ivano. Per arrivare all'ingresso del complesso castellano, sia chi proviene dal Veneto che dalla Valle dell'Adige, deve seguire le indicazioni per Strigno. Alla periferia del paese si attraversa sulla sinistra un largo ponte sul torrente Chieppena, per risalire poi un breve tratto stradale per raggiungere le poche case di Ivano dominate dal castello omonimo. Castel Ivano è perfettamente integro, di proprietà della famiglia Staudacher, e sede dell'Associazione Fig. 2 La freccia indica l’ubicazione di Castel Ivano. (Da : Atlas Tyrolensis) 107 Per la formazione geomorfologica della Valsugana, tutti i centri maggiori sono ubicati sulla sinistra idrografica del fiume Brenta, così pure i castelli che tenevano sotto costante controllo la viabilità medioevale chiamata Via Paulina (Gorfer, 1987, p. 277). La strada ricalcava il tracciato romano ovvero la Claudia Augusta Altinate che dal Veneto, passando attraverso la Valsugana orientale, arrivava nel cuore dell'Europa (Pesavento Mattioli, 1977). 155 SINTESI STORICA Tullio Pasquali Il primo documento che menziona un signore di Ivano è del 1187; in esso risulta che Jacopino de Yvano si trovava a Trento come testimone. Nel secolo successivo, ben poco si sa dei signori di Ivano, sembra che l'ultimo rampollo sia stato Theoaldo de Yvano figlio di Giacomo, canonico di Trento che viene nominato in vari documenti tra il 1288 e il 1315 108. Nella prima metà del XIII secolo tutta la Valsugana, sia feltrina che trentina, per 30 anni (1228-1259) fu amministrata dai ghibellini di Ezzelino III da Romano, Signore della Marca Trevigiana, vicario imperiale per l'imperatore Federico II di Svevia, genero dell'imperatore 109. Dopo la morte di Ezzelino da Romano (1259), il vescovo conte di Feltre tentava di ripristinare i suoi diritti sulla Bassa Valsugana, trovando una fiera opposizione nel partito ghibellino. E per affermare i suoi diritti, credette opportuno nominare capitano generale Gherardo III da Camino, signore di Treviso, per il Feltrino, la Bassa Valsugana e il Primiero 110. Verso il 1296 ai signori di Ivano, subentravano nel feudo i da Caldonazzo - Castelnuovo 111. Gli storici sono concordi nel proporre la data del 1314 quale avvio effettivo del potere giurisdizionale dei da Caldonazzo sulla signoria di Ivano. Per tutto il XIV secolo la Valsugana inferiore passava da un Signore all'altro (i da Camino, gli Scaligeri, i Tirolo, i da Carrara, i duchi d'Austria). A loro volta anche i Castelnuovo di Ivano, dovettero adeguarsi alle circostanze del momento. Ad esempio, nel 1322 quando la contea di Feltre fu occupata da Can Grande I della Scala, Signore di Verona, sembra che Biagio I di Ivano- Castelnuovo, abbia fatto dipingere l'emblema scaligero sulla facciata sud del mastio del castel- lo 112. Nel 1360, Francesco da Carrara, Signore di Padova, prese con la forza il castello, vanamente difeso da Biagio II di Ivano. I padovani lo tennero fino 108 Per i da Ivano vedere: GORFER, 1987, pp. 279-281. 109 Per Ezzelino da Romano vedere: BRIDA. 1995, p. 25; GORFER, (op. cit.), p. 282. 110 Per Gherardo da Camino vedere: GORFER, (op. cit. ), p. 283. 111 GORFER, (op. cit.), pp. 281-282. 112 GORFER, (op. cit.) p. 284. 156 al 1373 ed in questo lasso di tempo fu dipinto sul mastio lo stemma delle ruote rosse dei Carrara, tuttora presente 113. I duchi d'Austria nel 1375 reintegrarono i Castelnuovo - Caldonazzo nel Castello di Ivano. Ai primi del XV secolo, sembra che i feudatari della Valsugana feltrina (i Castelnuovo - Caldonazzo) accettassero una tacita sudditanza veneziana. Questo spinse nel 1412 il duca Federico IV d'Austria conte del Tirolo detto < 113 ALMINI, 1988, p. 57. 114 Siccone III di Ivano, dopo la perdita del castello, si ritirò nella Torre Franca di Mattarello, che aveva portato in dote la moglie Andrighetta di Castelbarco- Gresta (BRIDA, p, 221, nota 119). 115 Il vescovo di Feltre Enrico de Scarampis, era arrivato appositamente a Merano per sottoscrivere il documento (AUSSERER, 1916, p. 272; BRIDA, 1995, p.75; BRIDA, 2000, p. 221 ). 116 Successivamente Giacomo Trapp comperava anche i castelli di Telvana e S. Pietro (1456), di Caldonazzo (1461), di Beseno e Pietra (1470); moriva nel 1475. 157 agosto) 117. La guerra si concludeva lo stesso anno. La Serenissima rimase nel castello di Ivano e nella sua giurisdizione per circa 4 anni, lasciando definitivamente i possedimenti presi con la guerra, solo nel marzo 1491 118. Successivamente, nel 1496, l'imperatore Massimiliano I, concedeva il Castello di Ivano a Michele Wolkenstein-Rodeneck quale feudo pignoratizio. Il castello fu restaurato, fortificato e affidato a capitani tedeschi che amministravano l'importante feudo ai confini con la Repubblica di Venezia 119. Nei primi decenni del XVI secolo tutta la Valsugana veniva coinvolta nella 117 Per il Castello di Ivano assediato e occupato dai Veneziani vedere: GORFER, 1987 (op. cit.), pp. 288-291; ALMINI, (op. cit.) pp.59-60. 118 Arbitro nella contesa tra Venezia e la Casa d'Austria, per il definitivo possesso di Castel Ivano, fu la Santa Sede. Con bolla apostolica del 1491 febbraio 20, marzo 9 i castelli di Ivano e Nomi vengono assegnati all'imperatore Massimiliano I d'Austria, Principe del Tirolo. L'imperatore non riconsegnava il Castello di Ivano ai Trapp. Sostituendoli con Leopoldo di Trautmansdorf in qualità di capitano di Ivano (ONESTINGHEL, 1905-1906, p. 212, pp.240-243). 119 La giurisdizione di Ivano comprendeva i paesi di Ivano, Fracena, Villa di Agnedo, Ospedaletto, Grigno, Strigno, Scurelle, Samone, Bieno e il Tesino (ALMINI, (op. cit.), p.60). 120 Sull'uccisione di Pucler vedere: AUSSERER (op. cit.), p. 326 e nota 10; GORFER (op. cit.) p. 293 e nota 49; ALMINI (op. cit.), pp. 60-62. 158 direttamente dipendenti dall'Impero (Fig. 2) 121. Nel 1678 l'imperatore Leopoldo I concedeva a Gaudenzio Fortunato di Wolkenstein-Trostburg, sempre in feudo pignoratizio, il Castello di Ivano. I suoi eredi nel 1750 ricevettero dall'imperatrice Maria Teresa il Castello di Ivano come feudo perpetuo di famiglia. Alla fine del XVIII secolo sull'Europa soffiava il vento della Rivoluzione Francese. Nel settembre 1796 i Francesi invadevano il Trentino e dal 1797 al 1803 il Castello di Ivano veniva aggregato al Circolo di Rovereto, poi a quello di Trento, conservando il potere giudiziario fino al 1829, dopo di ché la sede fu portata a Strigno 122. < Da quel momento muta l'importanza storica del Castello di Ivano, per tanti secoli notevolmente presente nelle vicende della Valsugana, anche per le funzioni giurisdizionali, (…) diventando una abitazione privata > (Almini, 1988, p. 71). Dopo quasi un secolo di pace, con il conflitto tra l'Impero Austro - Ungarico e il Regno d'Italia (1915-1918) il Castello di Ivano Fig. 3 - Veduta di Castel Ivano nel 1650. (Da : Codice Enipontano III.) subiva notevoli danni. A guerra finita, Franz Staudacher veniva chiamato dai conti 121 GORFER (op. cit.), p. 294. 122 Nel 1804 il Tesino ottenne un Giudizio proprio con sede a Castello Tesino. I Bavaresi unirono la giudicata di Ivano e Tesino a quella distrettuale di Levico. Con l'abolizione del decretata dal Governo Italico delle giurisdizioni feudali, Ivano e Tesino furono unite alla < 159 Wolkenstein per la conduzione del castello. Ancora nel 1921 il castello appariva con numerosi fori di granate, con i tetti di scandole in più punti crollati il che fece decidere i conti Wolkenstein di vendere la proprietà a Franz Staudacher il quale iniziò un attento restauro. Successivi danni furono arrecati durante la seconda guerra mondiale dai bombardamenti aerei alleati alla ferrovia della Valsugana. Nel 1983 un radicale restauro voluto da Vittorio Staudacher fa diventare il Castello di Ivano uno dei più interessanti complessi castellani del Trentino. 160 LE MOTIVAZIONI DELLA RICERCA Vito Bortondello, Remo Carli. Alessandro Gremes, Tullio Pasquali & Alfonso Scartezzini Nel luglio del 1988 la neo costituita < Associazione Castelli del Trentino > 123 portò a Castello di Ivano 124, i materiali rinvenuti tra le rovine del Castello di S. Gottardo 125, in occasione della Mostra d'Arte Estiva < Castel Ivano Incontri > I reperti di S. Gottardo ebbero un notevole successo non solo di pubblico, ma anche da parte degli studiosi del settore 126: affermazione dovuta per la diversità e quantità degli oggetti esposti e per i pannelli esplicativi, legati ai materiali più significativi. Ancora in fase espositiva (luglio 1988), il professor Vittorio Staudacher, proprietario del Castello di Ivano, chiedeva al direttivo quali fossero le reali possibilità di rinvenimento, all'interno del castello, di oggetti medioevali per poter allestire una mostra permanente. Sulla base dei trascorsi storici del maniero si rispose che, con tutta probabilità doveva essere presente del materiale medioevale, ma che solo attraverso delle attente indagini si 123 Dopo le ricerche sulla Torre dei Sicconi (1986-1987) e quella al Castello di S. Gottardo (1987-1988), il "gruppo di lavoro", si costituì il 2 luglio 1988 in < Associazione Castelli del Trentino >. 124 A Castel Ivano è stato possibile presentare i materiali di S. Gottardo solo grazie all'interessamento di uno degli scriventi (V. B.). La manifestazione del 1988 (dal 24 luglio al 4 settembre), consisteva in tre temi assai diverse fra loro, con i seguenti titoli: Antinomie: le forme e lo spazio - Pittori dell'Ottocento Trentino - Castel San Gottardo: Reperti. (Staudacher, Bortondello, 1994, pp. 46- 55). 125 Il Castello di S. Gottardo è situato in un notevole aggetto roccioso alla periferia di Mezzocorona Le ricerche servirono per allestire una mostra tenuta nel 1988 (aprile-maggio) in occasione del 950° anniversario della morte di San Gottardo patrono di Mezzocorona. Le manifestazioni furono coordinate da Leone Melchiori e organizzate dal Circolo Fotoamatori Rotaliano, con il patrocinio del Consiglio Comunale di Mezzocorona. La mostra, dopo il Castello di Ivano fu allestita a Coredo (Val di Non) nell'edificio medioevale di Casa Marta (dal 10 settembre al 2 ottobre 1988). Nel 1989 uscirono due monografie sul Castello di S. Gottardo dai seguenti titoli: < Il Castello e l'Eremitaggio di S. Gottardo a Mezzocorona > e < Il Castello di S. Gottardo a Mezzocorona. Ricerche >. 126 Tutto il materiale rinvenuto al Castello di S. Gottardo è depositato all'Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento. 161 potevano quantificare le varie presenze; inoltre si aggiungeva che eventuali ricerche dovevano essere autorizzate dagli enti preposti. Dopo vari incontri informali, prolungatisi per oltre due anni, si concordava con il prof. Staudacher di effettuare delle ricerche conoscitive nella primavera del 1991 127. Le ricerche L'Associazione Castelli del Trentino, essendo formata esclusivamente da volontari ha operato solo nei giorni festivi. Nel 1991 si fecero 18 giornate di ricerca, così suddivise: aprile, 3 giorni; maggio, 6 giorni; giugno, 2 giorni; settembre, 4 giorni; ottobre, 1 giorno; novembre 2 giorni. Nel 1993 si fecero solo 3 interventi, effettuati nel mese di febbraio 128. L'attività di indagine è stata suddivisa in più settori, in conseguenza della morfologia del terreno (scarpate, strade, orti, parco) e delle strutture architettoniche (androne, bastione, mastio, stalle, cascine). Il lavoro di ricerca è stato svolto, soprattutto all'esterno del castello, su una vastissima area, in gran parte con terreni assai accidentati. Le prospezioni si sono svolte con il metodo elettromagnetico, che permette l'individuazione immediata di residui metallici sepolti nel sottosuolo. Naturalmente siamo consci di aver indagato solo il 60% circa di tutte le zone potenziali e che rimangono al presente da investigare i cortili interni lastricati e le molte aiuole di contorno. I settori 127 Il prof. Vittorio Staudacher, con lettera del 21 dicembre 1990 comunicava all'Ufficio Beni Archeologici, che aveva l'intenzione di eseguire l'anno successivo delle prospezioni aventi l'intento di individuare eventuali documentazioni medioevali con l'aiuto della nostra Associazione (lettera pervenuta all'Ufficio Archeologico il 15 gennaio 1991, prot. n° 201). La risposto dell'Ufficio Beni Archeologici è in data 13 giugno 1991, prot. 201/91 C. 23. In essa si consentiva di effettuare delle ricerche di superficie. 128 Sono intervenuti: Remo Carli, Walter Casagranda, Vito Bortondello, Stefano Ferrari, Marco Gramola, Alessandro Gremes, Ivana Mosna, Lucia Paoli, Tullio Pasquali, Claudio Pisetta, Alfonso Scartezzini e altre persone del luogo. 162 Settore 1 (1991): è la parte più settentrionale del recinto interno del castello situato alla base della scarpata tenuta a giardino del Settore 2 (1991): zona A. E' la scarpata tenuta a giardino del Settore 3 (1991): zone A, B, C. E' la lunga scarpata esterna del castello ricoperta da conifere che parte dall'attuale accesso e segue la strada per Fracena (versante nord-est e est). Materiali: recentissimi e del 1° conflitto mondiale. Alcune cuspidi di freccia e monete del XV e XVI secolo. Osservazioni: nel Medioevo la scarpata verso Ivano era il punto più debole nel sistema difensivo del castello tenuto a difesa dalla cinta bastionata. Settore 3 (1991): zone D, E. E' il proseguimento della scarpata precedente che diventa impervia, ricoperta da conifere, e delimitata a valle dalla strada sterrata che raggiungeva i capannoni zootecnici ora abbattuti (versante sud-est). Materiali: recentissimi e del 1° conflitto mondiale. Ceramica del tipo Settore 3 (1991): zone F, G. Si trovano a valle delle Zone D, separate dalla strada sterrata che andava alle stalle (versante sud- est). 163 Materiali: solo recente. Osservazioni: discarica moderna. Settore 4 (1991): zone A, B. Consiste in limitati pianori posti all'esterno delle mura del castello , tenuti in parte ad orto (versante sud). Materiali: recenti molto abbondanti, medioevali assai scarsi . Osservazioni: discarica fine XX secolo o del 1° conflitto mondiale. Con il recupero di porcellane cinesi e maioliche del XVIII secolo. Settore 4 (1991): zona C. Si tratta della ripidissima scarpata rocciosa che parte dal terreno piano (Settore 4: Zona A, B) per esaurirsi nel taglio della strada sterrata che raggiungeva gli stalloni (versante sud). Materiali: le presenze di materiali sia moderni che medioevali sono insignificanti, associate a un notevole quantitativo di schegge di bomba. Osservazioni: la scarsità di materiali medioevali è giustificabile dal terreno impervio e per tanto inaccessibile al sistema difensivo (antemurale del XV secolo). Settore 5 (1991): zona A. E' la scarpata esterna del parco del castello tenuta a conifere (versante nord). Materiali: la ferraglia del 1° conflitto mondiale è notevole, labili sono le tracce medioevali, vi sono anche pochi residui di ceramica grezza tipologicamente indefinita. Osservazioni: siamo completamente all'esterno del castello. Settore 5 (1991): zona B. E' il prosieguo della scarpata esterna del parco del castello, tenuta a bosco (versante ovest). Materiali: abbondanti del 1° conflitto mondiale, scarsi quelli medioevali e ceramiche grezze indefinite. Osservazioni: come sopra. Settore 6 (1991): zona A, B. E' il prosieguo della scarpata esterna del parco del castello ricoperta da fitto bosco (versante ovest). Materiali: testimonianze dei capannoni zootecnici (stalle e porcili). Osservazioni: la mancanza di materiali medioevali è giustificato dalla distanza con la cortina murata del castello. 164 Cisterna (1991): grande cisterna della Settore 7 (1993): zone A, B. Sono una serie di ripide scarpate che cadono verso Agnedo tenute a fitto bosco (versante sud e sud ovest) Materiali: ferraglia del 1° conflitto mondiale e ceramica molto consunto del tipo grezzo. Osservazioni: la mancanza di presenze medioevali è imputabile alla notevole distanza con il castello. Settore 7 (1993): zona C. Sono i resti di un muro legato a calce posto poco più a valle della spianata, dove sorgeva il capannone zootecnico (versante sud- ovest). Materiali: moderno, del 1°conflitto mondiale e ceramica del tipo Settore 8 (1993): zone A, B. E' il tratto di parco che va dalla piscina alla fontana d'Europa. Materiali: moderno e del 1° conflitto mondiale. Osservazioni: dopo il 1° conflitto mondiale tutto il settore indagato è stato trasformato in terreno agricolo. Sembra che in fase di dissodamento siano venuti alla luce molti resti di scheletri umani. Settore 9 (1993): zona A. Sono le macerie di un piccolo edificio situato a valle del Settore 7: zona B (versante sud). Materiali: residui di intonaco. Osservazioni: probabile cascina moderna d'uso agricolo. 165 166 OSSERVAZIONI SUI MATERIALI 129 Tullio Pasquali I ferri medioevali Le cuspidi di freccia recuperate vengono datate dal XIV al XVI secolo (Fig. 3; nn. 1-12). La gran parte di esse, per la loro forma massiccia, sono delle verrette, scagliate con la balestre ad arco composito o d'acciaio. Con tutta probabilità, una cuspide particolarmente grande, doveva armare una picca. La datazione del ferro va dal XIV al XV secolo (Fig. 4, n. 13). 129 La descrizione dei materiali è estremamente sintetica e non vuole essere un preciso catalogo dei reperti recuperati ed esposti nelle vetrine del castello. 167 Fig. 4 - Castel Ivano - Reperti metallici (dis. di T. Pasquali). Altri manufatti sono alcuni elementi laminari per corazzatura (Fig. 4; n. 17) 130, che venivano applicati a scaglie sovrapposte su giacconi. Queste corazzature furono particolarmente diffuse nel XIV secolo. Molti sono anche i ferri di varie forme ed uso, che possiamo definire soltanto medioevali, come i chiodi fatti a mano o le lesine (Fig. 4; n 14). Non mancano i frammenti di coltello, fra tutti né illustriamo solo due. Uno per la sua fattura arcaica lo datiamo tra il XII e il XIV secolo (Fig. 4, n. Fig. 5 - Castel Ivano - Reperti metallici (dis. di T. 15), l'altro, più Pasquali). "moderno", tra il XV e il XVII secolo (Fig. 4, n. 16) 131. 130 Elementi di corazzatura, identici a quelli di Ivano, sono stati recuperati in molti castelli del Trentino, come ad esempio nel Castel S. Gottardo (GRAMOLA, PASQUALI, 1989, p. 79, fig. 3) (PASQUALI, 1989, p.139). 131 Coltelli simili sono stati rinvenuti anche al Castello di S. Gottardo (GRAMOLA. PASQUALI (op. cit.), p. 81, fig. 3). 168 Nei rinvenimenti basso medioevali sono abbastanza rari una staffa (Fig. 5, n. 1) 132 ed uno sprone (Fig. 5, n. 2) 133, oggetti che consideriamo coevi alle cuspidi di freccia. Le ceramiche e i vetri medioevali Per quanto riguarda i frammenti di ceramica, il recupero più consistente è stato effettuato nell'androne (detto fossato), posto tra le mura bastionate della fine del XV secolo e il complesso architettonico medioevale del 132 La staffa è leggermente scatolare, di forma trapezoidale, forgiata in unico ferro. Il predellino, è ornato di festone rifinito a lima. Il largo traverso superiore, porta lo stesso decoro e, sui due lati, ha un foro passante, per l'aggancio dello staffile di sostegno pendente dalla sella. Le branche, essendo disuguali, ne fanno una staffa per il piede sinistro. Alle nostre conoscenze sembra che la staffa di Castello di Ivano, sia l'unico reperto di questo genere rinvenuto nel Trentino, il ferro è già stato pubblicato nel 1996 (SEBESTA, 1996, p. 70 fig. 46). 133 Lo sprone è molto deformato: branche divelte a sezione semiovale, spezzate alle due estremità, mancano i due occhi per l'attacco dei cinturini. Collo rettangolare, tozzo e corto, con forchetta spaccata e priva di spronella. Sproni molto simili, rinvenuti fuori provincia, vengono datati tra il XIV e il XV secolo (SOGLIANI, 1995, p. 112, nn. 213-214). 134 Il prof. Staudacher nel giugno 1991 fece fare nel Settore 2: Zona B dei profondi scassi alla ricerca di tubature rotte che compromettevano seriamente il rifornimento idrico del castello. La trincea profonda mediamente 1 metro, aveva per circa 50 cm. un terreno grigio con pochi resti di cultura materiale moderna, da 50 a 70 cm il tubo dell'acqua, dai 70 ai 100 cm un terreno nero molto grasso con ossa di animali e ostriche, associato a frammenti ceramici del tipo < 169 Fig. 6 - Castel Ivano - Reperti ceramici del tipo < Non scarseggiano le ceramiche di provenienza veneta, del tipo ingobbiata graffito dipinto sotto vetrina, usate sulla tavola del capitano di Castel Ivano (fig. 7; nn. 1-6) 136. Sempre alla mensa del capitano non mancavano i bicchieri di vetro, che avevano forme assai diverse fra di loro. I frammenti più abbondanti sono quelli dei 136 Le ceramiche ingobbiate graffite dipinte sotto vetrina di Castel Ivano, hanno tutte come colori il giallo ferraccia e il verde ramina. Estremamente interessante è il frammento di scodella la cui decorazione comprende una cornice a soggetto floreale corrente sulla tesa. Nel cavo, al centro sopravvive parte di un cerbiatto accosciato, la cui testa è rivolta a destra su fondo rotellato con rosetta (n. 1). Va ricordato che il tema del cerbiatto, è caro alla simbologia amorosa rinascimentale, come quello della coniglia gravida, del levriero, dell'unicorno e, molte altre allegorie, che costituirono il repertorio più consueto per i vasellami bene augurali donati per le nozze detti "gameli". Attraverso precisi confronti il reperto di Ivano viene datato verso la fine del XV secolo (ERICANI, 1986, p. 165, nn. 113, 114; ERICANI, MARINI, 1990, p. 80 (in alto); MAGNANI, MUNARINI, 1998, p.128, n. 119). 137 La forma "classica" dei 170 sono presenti attraverso alcuni steli a (materiale inedito). 138 A Castello di Ivano come in altri contesti castellani la presenza di calici è testimoniata soprattutto dagli steli, essendo la parte vetrosa più resistente all'urto. Gli steli possono essere di varia forma, liscio o soffiato a stampo. I piedi possono essere di forma tronco conica, oppure pieno ad andamento diritto o svasato. Le coppe possono essere sia coniche che a semisfera, con corpo più o meno espanso. Tra i molti frammenti di calici vogliamo ricordare quelli provenienti dal Castello di S. Gottardo (PASQUALI, 1989 (op. cit.) p. 49, fig. 3) e quelli del Castel Pènede (materiale inedito). 171 Fig. 7 - Castel Ivano - Reperti in ceramica graffita riprodotti in scale diverse (foto di I. Mosna). 172 Le bottiglie di vetro sono documentate da molti frammenti, fra tutti, evidenziamo solo il fondo panciuto a cono rientrante di una bottiglia detta 139 A Venezia già nel 1279, bottiglie di questa forma, erano chiamate < 173 Fig. 8 - Castel Ivano - Reperti in vetro riprodotti in scale diverse (foto di I. Mosna). Benché poco appariscenti, sono altrettanto interessanti i pezzettini di vetro circolare e le piastrine triangolari di raccordo, che documentano la presenza nel castello di finestre a vetrate piombate sotto forma di dischi sovrapposti (Fig. 8; nn. 6-9). Associati ai materiali fin qui illustrati, vi sono molti frammenti di mattonelle da stufa, in ceramica invetriata. Le mattonelle più interessanti hanno una forma rettangolare a Le ceramiche "moderne" Da altri settori del castello provengono frammenti ceramici che vanno dal XVII secolo a tutto il XX secolo (di notevole gusto popolare, per i colori violenti, è la ceramica del tipo < 140 Le mattonelle più significative vengono tratta in un capitolo a parte. 141 La ceramica del tipo 174 del tipo < 142 Le presenze di maioliche del XVIII secolo e di porcellane esotiche non sono altro che le testimonianze dei sontuosi arredi che aveva il Castello di Ivano alla fine del XIX secolo al tempo del conte Antonio Wolkenstein (GORFER, 1987, pp. 300-301 e nota 64). Vasellame che andò in pezzi nel 1915, quando il castello subì il primo bombardamento austro-ungarico. 175 Fig. 9 - Castel Ivano - Reperti ceramici del tipo < Le presenze del 1° conflitto mondiale Le presenze belliche del 1° conflitto mondiale sono ovunque, sotto forma di migliaia di schegge di bomba (forse anche della 2° guerra mondiale), di pallettoni di piombo, di spezzoni di reticolato, di caricatori vuoti, di cartucce, di bossoli e di qualche gavetta sformata. LE MATTONELLE DA STUFA RESTAURATE 143 Tullio Pasquali La prima mattonella illustrata è di forma rettangolare a cassetta e ne manca circa metà 144. Il decoro a bassorilievo raffigura, posti frontalmente, un cavaliere e una dama. L'uomo è privo del capo, la donna è mutile fino al busto. Le vesti sono notevolmente drappeggiate, lui indossa un falsetto dalle larghe maniche, ai fianchi cinturone, le gambe sono coperte da calzebrache, i piedi calzano scarpe del tipo 143 Nei vari settori del castello, sono stati recuperati circa 80 frammenti di formelle. Il colore predominante è il verde scuro nelle varie tonalità, sempre ricoperto da spessa vetrina incolore, pochissime sono invece le mattonelle di colore giallo. I decori in gran parte in bassorilievo si possono suddividere in 8 temi base: 1 - Scene del gotico cortese; 2 - Floreale del gotico cortese; 3 - Imitazione di broccati; 4 - Geometrico. 5 - Semisfere; 6 - Scalda pugno; 7 - Araldico; 8 - Cornucopie e festoni di vario genere (cornici). 144 Gli otto reperti illustrati provengono dal Settore 2: Zona B; i reperti sono stati restaurati da Guido Omezzoli. 145 La mattonella è già stata pubblicata (PASQUALI, 2002, pp. 115, 116). 176 Francia", due giovani cavalieri stanno duellando. Gli spadaccini indossano falsetti fittamente pieghettati, dove fuoriescono delle probabili corazzature a piccole placche che arrivano fino alle ginocchia. Hanno cinture pendenti sui fianchi, le gambe sono ricoperte da calzebrache e, ai piedi, scarpe alla < poulain>. Sicuramente la mattonella è stata plasmata dalla stessa bottega che ha prodotto la mattonella n. 1 146. Della terza mattonella a cassetta, è rimasto poco meno della metà (Fig. 11, nn. 3 e 3/A). Il soggetto decorativo, sempre in rilievo, consiste in un insieme di larghe foglie pennate dai contorni marcati. La mattonella per la cornice, per la grandezza e per il colore che la ricopre dovrebbe appartenere alla stessa fornace dei due reperti precedenti. 146 Sempre dallo stesso settore e dalla stessa zona, provengono altri frammenti con temi decorativi che potrebbero essere legati a quelli illustrati (un vecchio panciuto, un probabile satiro e un'animale fantastico). Mattonelle del tipo 177 Fig. 10 - Castel Ivano - Mattonelle da stufa riprodotte in scale diverse (foto di: I. Mosna). I decori delle tre mattonelle sono di alta qualità artistica, riferibile al gusto del gotico cortese internazionale e databili tra la fine del XIV secolo e la metà del secolo successivo 147. 147 I confronti più puntuali si hanno con l'abbigliamento dei vari personaggi raffigurati negli affreschi della Sala dei Mesi di Torre Aquila nel Castello del Buonconsiglio (Trento) (CASTELNUOVO, 1987; SEBESTA, 1996) e nei dipinti parietali di Castel Ronco (Bolzano) (PROCHNO, 2000, p. 277-289). 178 Fig. 11 - Castel Ivano - Mattonelle da stufa riprodotte in scale diverse (foto di I. Mosna). Il quarto reperto manca per circa metà (Fig. 11, n. 4). La forma della mattonella è quadrata, completamente piana con l'ornato a bassorilievo e il decoro ricorda una preziosa stoffa di broccato, con intreccio a losanghe, avente ognuna in centro un fiore a quattro petali ben separati 148. Il reperto, essendo proveniente dallo stesso deposito delle mattonelle precedenti, viene considerato coevo. 148 Nei recuperi del Settore 2 vi sono altri frammenti con intrecci diversi che ricordano sempre i broccati. Residui di mattonelle con decori sono presenti nei rinvenimenti di Castel S. Gottardo (PASQUALI, 1989 (op. cit.), p 38, nn. 2-3) e di Castel Corno (PASQUALI, RAUSS, 1989 (op. cit.), p. 57, fig. 2. nn. 9, 10, 12). Una mattonella completamente integra, è stata rinvenuta a Castel Roccabruna di Fornace (PASQUALI, SCARTEZZINI, 1998 (op. cit.), p. 165, fig. 59). 179 Fig. 12 - Castel Ivano - Mattonelle da stufa riprodotte in scale diverse (foto di I. Mosna). La quinta formella è anch'essa mancante per circa metà (Fig. 11, n. 5). Di forma rettangolare con decoro geometrico costituito da un largo nastro svasato che fa da cornice. Sul breve ribasso, semisfera centrale lievemente convessa con contorno rilevato. Il cerchio raggiunge solo i lati più lunghi della mattonella. La sua datazione è analoga a tutte le altre formelle 149. Il sesto reperto, integrato per oltre metà, non appartiene alla categoria delle formelle a cassetta con matrici elaborate. La sua forma è quadrata, completamente cava, bocca svasata, orlo ingrossato e fondo piatto (Fig. 12, n. 6) 150. 8 149 Mattonelle di questo genere sono presenti nella sala delle stufe di Castelvecchio, (Museo Provinciale d'Arte (Castello del Buonconsiglio)). Si tratta di una ricostruzione di una piccola stufa a torre, proveniente dalle Giuduicarie, con mattonelle di vari soggetti di cui sette sono identiche a quelle di Ivano. Mattonelle , sono state recentemente recuperate nel restauro di Castel Valer (materiale inedito) e altre simili a Rango (Giudicarie); queste provengono dagli scarti di una antica fornace che produceva vasellame di vario genere, tra la fine del XV secolo e la metà del XVI secolo (materiale inedito). 150 Il manufatto veniva modellato al tornio, come se fosse un vaso di forma troncoconica. A lavoro finito l'orlo veniva ripiegato e schiacciato sui quattro lati, trasformando il vaso, in una mattonella di forma quadrata completamente cava (TIBOR, 1991, pp. 93-94). 180 Fig. 13 - Castel Ivano – Frammento di cornice di stufa a torre riprodotto in grandezza naturale (foto di I. Mosna). Per la profonda superficie incavata è detta anche 151 Per quanto riguarda il Trentino ricordiamo le mattonelle 181 raffigura la testa di un putto, forse alato ("cherubino") 153. La datazione proposta e quella delle altre mattonelle. Concludendo, siamo certi che all'interno del Castello di Ivano dal XIV al XX secolo le stufe ad Fig. 14 - Stufa a olle nelle sale di Castelvecchio. 153 DalloTrento stesso Castello livello del provengono 8 frammenti di cornucopia (esposti nelle vetrine)Buonconsiglio. che per il colore, lo spessore e l'altezza dovevano accompagnare la testa del puto (Fig. 13, n. 8). Nelle fornaci venete del XVI secolo, le teste di "cherubino", sono nei repertori dei decori da eseguire sulle ceramiche ingobbiate graffite dipinte sotto vetrina (BOJANI, 1979, (op. cit.) p.17, nn. 4,5; p. 20, n.9; RAVANELLI GUIDOTTI, 1991, n.117, n. 23; FEDRIZZI, PASQUALI, 1994, p. 109, n. 16). 154 Proponiamo di usare il termine dialettale 182 Fig. 15 - Castel Ivano. Ricostruzione della raffigurazione della mattonella da stufa rappresentata a pag. 142. (Disegno di T. Pasquali). 183 LE MONETE Alessandro Gremes Estremamente diverse sono le monete rinvenute nel 1991 a Castello di Ivano. Esse sono in gran parte medioevali ma non mancano monete dei periodi successivi (Fig.17 n. 2) . 1 Fig. 16 - Castel Ivano – Quattrino tirolese di Federico IV (1406 – 1439). Diametro max. mm, 15,52. (foto di A. Gremes). 2 Fig. 17 - Castel Ivano – Kreuzer di Leopoldo I (1665 – 1705). Diametro max. mm, 13,02. (foto di A. Gremes). 184 Le monete recuperate. N. 3. Denari piccoli o scodellati, emessi sotto il dogato di Sebastiano Ziani (1172-1178). Zecca di Venezia. N. 4. Denari piccoli o scodellati, coniato dal Comune di Verona sotto la dominazione di Federico II di Svevia (1218-1250). Zecca di Verona. N. 1. Probabile quattrino tirolese emesso nel periodo che va da Leopoldo IV a Sigismondo (1365-1490). Zecca di Merano. Moneta spezzata a metà N. 1. Soldino con la stella dietro il doge, emesso da Antonio Vernier (1382-1400). Zecca di Venezia. N. 2. Quattrini da due denari, emessi sotto Francesco II da Carrara detto "il novello" (1390-1404). Zecca di Padova. N. 1. Denaro, emesso da Gian Galeazzo Visconti conte di virtù, duca di Milano (1395-1402). Zecca di Milano. N. 3. Quattrino con aquila e scudo austriaco emesso dal conte Federico IV, detto "Tascavuota" (1406-1439). Zecca di Merano. N.1. Quattrino con scudo austriaco, coniato sotto l'arciduca Sigismondo, conte del Tirolo (1439-1490). Zecca di Hall. N.1. Quattrino con scudo austriaco, coniato sotto l'arciduca Sigismondo, conte del Tirolo (1439-1490). Zecca di Hall. Moneta spezzata a metà. N. 1. Kreuzer, coniato per la Slesia da l'imperatore Leopoldo I (1665-1705). Zecca di Brieg. N. 1. Probabile moneta francese del 1700. Zecca ? N. 2 . 10 centesimi del 1866 di Vittorio Emanuele II, re d'Italia. Zecca di Birmingham. 185 N. 1. 2 heller del 1899 di Francesco Giuseppe I, imperatore. Zecca ? N. 1. 1 heller del 1901 di Francesco Giuseppe I, imperatore. Zecca ?. N. 1. 1 heller del 1903 di Francesco Giuseppe I, imperatore. Zecca ? n. 1. 5 centesimi del 1939 di Vittorio Emanuele III, re e imperatore. Zecca di Roma. N. 1. 10 centesimi del 1939 di Vittorio Emanuele III, re e imperatore. Zecca di Roma. I reperti monetali medioevali 156 Le monete medioevali evidenziano una intensa attività commerciale, probabilmente legata alla vita stessa del castello, condizionata dal periodico susseguirsi di Principi e Signori, nel possesso della Valsugana feltrina. Sotto il profilo economico, le monete di Castel Ivano appartengono alla cosiddetta, moneta 156 Tutte le monete sono esposte nelle vetrine del castello. 186 tradizione che vuole che i Benedettini o i Templari avessero sul dosso di Ivano una costruzione nel 1187. 187 IL MATERIALE MEDIOEVALE E RINASCIMENTALE IN MOSTRA Remo Carli & Tullio Pasquali Come luogo espositivo permanente, il professor Vittorio Staudacher, decideva di mettere a disposizione nel 1996, la cantina situata accanto al basamento del mastio, con ingresso attraverso il corridoio detto 157 Nel 1997 furono ordinate dal prof. Staudacher delle vetrine su misura e concordato il restauro di alcune mattonelle. Nella primavera del 1998 si eseguì l'allestimento delle vetrine; oltre agli scriventi, collaborarono Vito Bortondello e Natalino Tonina. 158 Per costruire i vari piani si scelse di usare dei fogli di polistirolo di grana molto compatta. 188 I supporti didattici all'esposizione, sono dati da una serie di pannelli a temi ben distinti: 1° pannello. - La balestra - L'armamento del balestriere - Le cuspidi scagliate con la balestra di Castel Ivano. 2° pannello. - L'arco medioevale. 3° pannello. - Origini e diffusione della ceramica ingobbiata graffita dipinta sotto vetrina nel Basso Medioevo. 4° pannello. - La ceramica ingobbiata graffita dipinta sotto vetrina di Castel Ivano. 5° pannello. - La stufa ad Fig. 17 – Veduta 159 I pannelli sono stati scritti da Alessandro Gremes e Tullioattuale Pasquali, del Castello. le fotografie dei materiali sono di Ivana Mosna. 189 190 BIBLIOGRAFIA GENERALE BIBLIOGRAFIA DI CASTEL BELVEDERE AA. VV. - La storia della Chiesa - < Le Grandi Religioni >. 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Gottardo a Mezzocorona. Ricerche. pag. 8 Castelbosco. Ricerche. pag. 9 Un segno a protezione dell'uomo e del territorio: gli elementi del dettaglio del paesaggio e gli ex voto di Caldonazzo. pag. 10 Anno 1990 La Magnifica Corte di Caldonazzo. Castello Trapp. pag. 12 Anno 1991 Castel Corno in mostra. Ricerche. pag. 12 Castel Corno in mostra. Catalogo. pag. 13 La Val di Cembra in età preromana. Dai cacciatori mesolitici dei Lagorai al mondo retico pag. 14 Anno 1998 Il Castello Roccabruna a Fornace. pag. 15 212 ANNALI DEI MUSEI CIVICI DI ROVERETO pag. 19 Anno 1985 Bersaglio di Mori. Dati e ricerche. pag. 19 Anno 1986 Ceramiche medioevali non invetriate da due Castelli della Bassa Val Lagarina, Castello di Chizzola e Castel Sajori. pag. 19 Una sepoltura eneolitica ai piedi del torrione medioevale di Castel Corno. Nella zona del Bersaglio di Mori. pag. 19 Anno 1987 Note su Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 20 I resti di cultura materiale rinvenuti a Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 20 Anno 1988 Ritrovamenti di materiali litici in località < Note su Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale) II Parte. pag. 20 I rinvenimenti di cultura materiale rinvenuti nella zona bassa di Caste Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 21 Castel Corno - Analisi della Fauna. pag. 21 Le monete rinvenute a Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 21 Anno 1990 Note su Castel Corno 213 (Vallagarina - Trentino Occidentale. III Parte. pag. 21 I resti di cultura materiale rinvenuti nella zona bassa di Castel Corno e nelle zone limitrofe (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 22 Due acciarini per fuoco da Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 22 Anno 1991 Le monete rinvenute nella parte bassa di Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 22 Reperti metallici con simboli araldici provenienti da Castel Corno (Isera - Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 22 Anno 1992 Studi e ricerche alla Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino). pag. 23 I resti di cultura materiale provenienti dalla Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino). pag. 23 Le monete medievali rinvenute alla Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino). pag. 23 Anno 1993 Ritrovamenti archeologici tardomedievali presso i ruderi di una torre anonima nel Comune di Nago-Torbole (Trento). pag. 23 Busa dei Preeri (Avio). Notizie preliminari sulla campagna di ricerche effettuate dal 3 al 9 agosto 1992. pag. 24 Monete medievali rinvenute al castello di Castellalto nel comune di Telve (Trento) e depositate al Museo Civico di Rovereto). pag. 24 Anno 1994 Considerazioni sui materiali e sulla fauna proveniente 214 dal settore 3 della Busa dei Preeri (Comune di Avio - Trentino). pag. 24 Un rosario dai materiali archeologici della < Anno 1995 Le pietre focaie della Busa dei Preeri (Vallagarina - Trentino meridionale): un insieme di reperti litici di epoca medioevale (XIII). pag. 25 Studi sui materiali rinvenuti nei settori 2 e 2 A della Busa dei Preeri (Comune di Avio Trentino). pag. 25 Ritrovamenti occasionali di reperti archeologici provenienti dalla parte bassa di Castel Corno (Vallagarina - Trentino Occidentale). pag. 26 Le monete rinvenute nei pressi del passo di Ballino (TN). pag. 26 Anno 1996 Antropizzazione bassomedioevale nella fascia pedemontana, sulla destra del fiume Adige, tra il comune di Avio e il territorio veronese (Ricerche 1993-1994). pag. 26 Anno 1998 Borghetto sull'Adige (Comune di Avio. Trentino). Notizie preliminari sulle ricerche effettuate nel 1994 e 1995 in località Coai di Borghetto e Dos edl Maton. pag. 27 PARTE SECONDA PRESENTAZIONE pag. 28 di Sergio Anesi 215 CONSIDERAZIONI SULLA COSTRUZIONE E SULLA DISTRUZIONE DI CASTEL BELVEDERE DI PINE' CON APPUNTI SU ALCUNI RINVENIMENTI DI CULTURA MATERIALE pag. 30 di Tullio Pasquali INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO pag. 32 SINTESI STORICA pag. 34 LE MOTIVAZIONI DELLA RICERCA pag. 35 IL CASTELLO DI BELVEDERE DI PINE' NEI SECOLI XI E XII pag. 36 Il primo documento. pag. 36 Il paesaggio. pag. 36 La nascita di Castel Belvedere. pag. 38 Il sistema difensivo all'esterno del castello. pag. 42 Considerazioni. pag. 45 LA SCOMPARSA DI CASTEL BELVEDERE. META' DEL SECOLO XIV pag. 47 Il documento del 18 aprile 1357. pag. 47 Nel 1349 l'Alta Valsugana viene occupata dai da Carrara. pag. 48 Sette anni di dominazione padovana (1349-1356). pag. 53 Le forze del Brandeburgo riconquistano l'Alta Valsugana (1356). pag. 54 216 1357: la Comunità pinetana riscatta la propria libertà. pag. 56 IL RINVENIMENTO DI FERRI MEDIOEVALI A CASTEL BELVEDERE pag. 59 Dopo oltre sei secoli. pag. 59 Alcune note sull'arco medievale. pag. 60 Qualche considerazione sulla balestra con l'arco composito. pag. 61 TESTIMONIANZE DI VITA QUOTIDIANA pag. 63 Oggetti di ceramica e di metallo. pag. 63 I materiali. pag. 65 Le ceramiche. pag. 65 I metalli. pag. 66 Un probabile momento di vita quotidiana. pag. 67 PARTE TERZA PRESENTAZIONE pag. 69 di Franco Rigon I RILIEVI DI CASTELLALTO. ANNI 1991-1992 pag. 70 di Remo Carli, Alessandro Gremes, Tullio Pasquali, Alfonso Scartezzini INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO pag. 72 di Alessandro Gremes, Tullio Pasquali SINTESI STORICA pag. 74 di Alessandro Gremes, Tullio Pasquali 217 LE MOTIVAZIONI DEI RILIEVI pag. 78 di Remo Carli, Alessandro Gremes, Tullio Pasquali, Alfonso Scartezzini I RILIEVI pag. 81 di Remo Carli - Alfonso Scartezzini Nota introduttiva. pag. 81 La planimetria di Otto Piper. pag. 82 Descrizione. pag. 82 Lo studio del Piper visto da Gorfer. pag. 84 Rilievi (1991-1992). pag. 85 Ingresso. pag. 85 < Portico detto < Portico di destra o < < < Cappella o < Le stanze sopra la < Muro angolare verso la valletta di S. Nicolò. pag. 101 Tratto di cortina ovest, verso la valletta di S. Nicolò. pag. 102 Pavimento sopra < 218 La chiesetta. pag. 103 L'ANTIMURALE DI CALTELLALTO pag. 105 di Remo Carli, Tullio Pasquali LE CERAMICHE AD IMPASTO GREZZO DI CASTELLALTO pag. 107 Tullio Pasquali Ceramica ad impasto grezzo, priva di rivestimento impermeabilizzante, del tipo < Il vasellame in ceramica del tipo < Ceramica ad impasto grezzo, priva di rivestimento impermeabilizzante, del tipo < Il vasellame in ceramica del tipo DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO TRENTINO DELLE CERAMICHE GREZZE DEL TIPO < Diffusione nel Trentino della ceramica del tipo < Diffusione nel Trentino della ceramica del tipo < MONETE MEDIEVALI RINVENUTE A CASTELLALTO E DEPOSITATE AL MUSEO CIVICO DI ROVERETO pag. 121 di Alessandro Gremes Le monete ed il castello. pag. 121 219 Descrizione delle monete. pag. 126 Conclusioni. pag. 129 Ringraziamenti. pag. 130 Distribuzione sul territorio Trentino dei piccoli di Verona di Fedrico II di Svevia. pag. 131 Distribuzione sul territorio Trentino dei quattrini di Merano di Federico IV. pag. 132 Distribuzione sul territorio Trentino dei quattrini di Merano di Leopoldo III e di Leopoldo IV. pag. 133 Distribuzione sul territorio Trentino dei quattrini di Merano di Sigismondo Conte. pag. 134 Tabella cronologica. pag. 135 LA PICCOLA RACCOLTA DI ROBERTO SPAGOLLA pag. 136 di Tullio Pasquali Descrizioni. pag. 137 Conclusioni. pag. 139 PARTE QUARTA PRESENTAZIONE pag. 140 di Vito Bortondello CASTELLO DI IVANO LA RICERCA DI TESTIMONIANZE MEDIEVALI pag. 141 di Remo Carli, Vito Bortondello, Alessandro Gremes, Tullio Pasquali, Alfonso Scartezzini INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO pag. 143 220 Di Tullio Pasquali SINTESI STORICA pag. 145 di Tullio Pasquali LE MOTIVAZIONI DELLA RICERCA pag. 150 di Vito Bortondello, Remo Carli, Alessandro Gremes, Tullio Pasquali, Alfonso Scartezzini Le ricerche. pag. 151 I settori. pag. 151 OSSERVAZIONI SUI MATERIALI pag. 155 di Tullio Pasquali I ferri medioevali. pag. 155 Le ceramiche e i vetri medioevali. pag. 157 Le ceramiche "moderne". pag. 161 Le presenze del 1° conflitto mondiale. pag. 162 LE MATTONELLA DA STUFA RESTAURATE pag. 163 di Tullio Pasquali LE MONETE pag. 170 di Alessandro Gremes Le monete recuperate. pag. 171 I reperti monetali medioevali. pag. 172 IL MATERIALE MEDIOEVALE E RINASCIMENTALE IN MOSTRA pag. 173 di Remo Carli, Tullio Pasquali BIBLIOGRAFIA GENERALE pag. 175 221 Bibliografia di Castel Belvedere. pag. 175 Bibliografia di Castellalto. pag. 180 Bibliografia di Castel Ivano. pag. 186 Bibliografia in comune di Castel Belvedere e Castel Ivano. pag. 191 Bibliografia in comune di Castellalto e Castel Ivano. pag. 191 222 e