Cefalonia Tra Storia E Immaginario
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Fabrizio Bruni [email protected] Cefalonia tra Storia e Immaginario PROTOCOLLO SGPR 31/03/2006 0038821 P SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA SERVIZIO ARCHIVIO STORICO, DOCUMENTAZIONE E BIBLIOTECA DIVISIONE BIBLIOTECA E RICERCA Sig. Achille DI NISIO Via Leopardi, 9 66020 San Giovanni Teatino (Chieti) Gentile Sig. Di Nisio, è pervenuto al Presidente della Repubblica il DVD ''L'ultima memoria di Cefalonia" che il Sig. Fabrizio Bruni ha voluto cortesemente inviargli. Il Capo dello Stato desidera farLe giungere il ringraziamento e l'apprezzamento per questa Sua importante testimonianza: il film girato offre un altro prezioso tassello per ricostruire questo tragico momento della nostra storia, l'eccidio della Divisione Acqui a Cefalonia. Il Presidente Ciampi Le invia i suoi più cordiali saluti e auguri per il prosieguo di una vita serena. IL CAPO DEL SERVIZIO (Dr./Roberto GallAnari) ^jg,^ PROTOCOLLO ipfl^ SGPR 31/03/2006 0038814 P SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA SERVIZIO ARCHIVIO STORICO, DOCUMENTAZIONE E BIBLIOTECA DIVISIONE BIBLIOTECA E RICERCA Sig. Fabrizio BRUNI Via Ciafarda, 15 66020 San Giovanni Teatino (Chieti) Gentile Sig. Bruni, il Presidente della Repubblica ha ricevuto il DVD ''L'ultima memoria di Cefalonia" da Lei cortesemente inviato. Il Capo dello Stato desidera farLe giungere il suo ringraziamento per questa realizzazione, frutto di un'accurata analisi documentaria. Le esprime altresì il suo apprezzamento per la sensibilità dimostrata nei confronti del Sig. Achille Di Nisio, uno dei reduci della Divisione Acqui, sulla cui testimonianza è in parte basato il Suo filmato. Il Presidente Ciampi Le invia cordiali saluti e auguri per il prosieguo della Sua attività e per i progetti futuri. IL CAPO DEL SERVIZIO (Dr. Roberto Gallinari) Ringraziamenti Si ringraziano coloro che, con i loro consigli ed azioni, hanno reso possibile la realizzazione di questo testo, in particolare; Marco Govoni per l’instancabile ricerca dei testi, Loretta Guerrini per aver creduto fin da subito al progetto e gli autori che prima di me hanno svolto ricerche e realizzate le opere che sono state di fondamentale aiuto per questo lavoro. Non tutti gli autori che si sono occupati della vicenda e i loro lavori sono stati citati nella bibliografia, come non appaiono altri che si sono occupati d’immaginario e cultura. La selezione degli argomenti, fatta per focalizzare la ricerca su alcuni aspetti e relazioni ritenute fondamentali, ha causato un’inevitabile scelta di testi di riferimento, che spiega perché alcuni importanti autori non siano direttamente citati, pur percependo la loro presenza nell’opera. Si ringraziano coloro che, testimoni dei fatti, hanno voluto raccontarli, dando un notevole contributo al contenuto di questo testo e alla conoscenza. Voglio ringraziare Tonia Farandatou per il prezioso aiuto di traduzione. Si ringraziano Irene Bonvissuto, Alice e Selene Bruni. Si ringrazia inoltre Giacomo Scarpelli, per la cortesia, la considerazione e l’aiuto accordatami nel corso di questi anni e suo padre Furio. Dedico questo lavoro alla memoria della generazione sfortunata e tradita che ha vissuto l’epoca oggetto di questo testo e a mio padre. 2 Indice Parte prima: Cefalonia tra storia e memoria 1.1 Introduzione storica p. 4 1.2 Premessa ai fatti di Cefalonia p. 10 1.3 La vicenda di Cefalonia p. 15 1.4 Cefaloniti, italiani, una faza, una raza p. 51 Parte seconda: il cinema bellico tra storia, memoria e immaginario 2.1 Il cinema bellico come memoria e spettacolo p. 67 2.2 La svolta post moderna nel cinema di guerra p. 76 2.3 Il cinema italiano e alcune voci dei suoi autori p. 84 2.4 Mediterraneo, dall’immaginario all’immaginario p. 100 Parte terza: Cefalonia tra memoria e immaginario 3.1 Cefalonia un mito moderno p.108 3.2 Cefalonia alla TV p.121 3.3 Cefalonia al cinema p.131 3.4 Il caso de Il Mandolino del Capitano Corelli p.136 3.5 Il film de Il Mandolino del Capitano Corelli p.157 3.6 Conclusioni p.170 Bibliografia p. 177 Filmografia p. 179 Allegati p. 180 3 Parte prima: Cefalonia tra storia e memoria 1.1 Introduzione storica Raccontare una vicenda storica è in generale cosa abbastanza difficile. Lo diventa ancora di più se si intende farlo considerando anche il punto di vista dell’immaginario, come cioè quella vicenda storica è stata dai suoi protagonisti vissuta, tramandata e dall’immaginario collettivo percepita e riprodotta. In primo luogo le difficoltà stanno nel reperimento delle fonti, attività che richiede tempo, rigore e in molti casi fortuna. In secondo luogo perché l’analisi del materiale acquisito, sia esso esaustivo o incompleto, determina delle scelte da parte del ricercatore che lo possono allontanare da quella verità, sempre comunque “soggettiva”, che invece è il fine ultimo del suo lavoro. Più i fatti sono lontani nel tempo, minori sono le polemiche che queste ricerche e soprattutto le conclusioni cui si giunge, producono tra gli addetti ai lavori o nell’opinione pubblica. Vicende storiche accadute in tempi remoti, destano un interesse minore nelle culture più moderne probabilmente perché la loro percezione non è in grado di evocarne una connessione diretta alla contemporaneità. Fatti avvenuti in un passato più prossimo al contrario, legandosi in via diretta alla memoria storica condivisa nell’immaginario di una collettività, la scuotono, innescando polemiche spesso ideologiche che hanno la vitale funzione di alimentare il dibattito e il suo rinnovamento. Le due guerre mondiali che hanno sconvolto il XX secolo, sono state il prodotto ideologico e culturale di un’Europa che fortunatamente da quelle esperienze ha saputo rifondarsi. La sua storia è sempre stata un susseguirsi di guerre locali che si sono via via estese, ingigantitesi di pari passo allo sviluppo tecnologico e industriale che il continente è stato in grado di raggiungere. Attraverso il colonialismo sono state esportate oltre i suoi confini storici e con esso, le ideologie razziste che la cultura europea ha sempre in un modo o nell’altro lasciato crescere al suo interno. Il razzismo di tipo antropologico è l’illegittimo figlio di un momento d’innovazione culturale chiamato “positivismo”, sviluppatosi a seguito dei successi che la scienza aveva raggiunto in tutti i campi fra il XVIII e il XIX secolo. In particolare del progresso in campo medico, che aveva dato grande impulso alla disciplina antropologica. Questa, grazie alle esplorazioni, era entrata in contatto diretto con le popolazioni dei continenti considerati sottosviluppati, registrandone i comportamenti culturali e le caratteristiche morfologiche. La superficialità delle conclusioni scientifiche alle quali l’antropologia era giunta in quei tempi, trovarono terreno fertile in Europa, penetrando profondamente nel suo costume fino a convincere la maggioranza degli europei della necessità per 4 quei popoli, di essere dominati dai bianchi. In pratica gli stessi principi 800eschi furono poi sfruttati dal nazismo per giustificare le sue teorie sul problema della razza. La seconda guerra mondiale fu sicuramente un conflitto ideologico tra opposte visioni politiche, ma fu anche una guerra per il predominio razziale intrisa di colonialismo 800esco. Sembra paradossale, ma la guerra più moderna aveva come base filosofica la prepotente riaffermazione d’idee del secolo precedente svuotate però del loro ingenuo buonismo. La supremazia di una razza ora prevedeva l’odio per quelle considerate inferiori e la guerra era l’occasione storica per la loro dominazione ed eliminazione. E’ interessante osservare come questo pensiero politico si sia facilmente affermato in Germania, l’unica nazione europea con scarsa e breve esperienza coloniale1 ma che storicamente aveva sempre guardato all’Europa come propria area d’espansione. L’umiliazione che la sconfitta nella prima guerra l’aveva costretta, il risentimento che provava il popolo tedesco verso le nazioni vincitrici, furono solo una parte delle cause che permisero al nazismo di affermarsi e che portarono il mondo alle estreme conseguenze di una nuova guerra. A tutte queste si deve sicuramente aggiungere l’atteggiamento dei vincitori, che applicando una sorta di colonialismo economico al governo della giovane repubblica di Weimar, nata alla fine del 1918 dopo la fuga del Kaiser, la portarono alla fame e al caos. Una tragedia come quella consumatasi tra gli anni 1939-1945, ha finito per essere l’esperienza comune del popolo europeo, il suo bagaglio culturale collettivo che gli ha permesso di pacificarsi, rinnovarsi e unirsi stabilmente per la prima volta nella storia. Ogni tragedia contiene una vicenda umana che accomuna tante persone. Spesso però, queste sono cancellate dalla dimensione della tragedia stessa e dal peso del dolore che questa provoca nella coscienza collettiva. E’ quindi sempre molto difficile per un popolo o una cultura, assorbire e rielaborare le proprie drammatiche vicende collettive. Analizzando la particolarità del caso italiano, vediamo che la generazione che ha vissuto in prima persona il fascismo, la guerra e poi la successiva società repubblicana, non è mai stata capace di superare il profondo trauma collettivo e senso di colpa che quelle esperienze avevano prodotto. La psicologia spiega che l’uomo, si difende dai traumi e dall’angoscia della vita attraverso un processo di rimozione di tutti quei ricordi dolorosi che n’evocano l’insorgere nel conscio. Quando il trauma coinvolge una società intera, il meccanismo di rimozione non è più personale, del singolo in rapporto alla propria intima sofferenza, ma si generalizza nella sua condivisione diffusa. Questo 1 La Germania fu una delle ultime nazioni europee a conquistarsi un piccolo impero coloniale. Disperso per il mondo, allo scoppio della prima guerra mondiale si rivelò indifendibile a causa del controllo dei mari da parte delle potenze nemiche che in breve n’ebbero ragione. Paradossalmente però, la resa tedesca nella Rhodesia del nord avvenne solo il 23 novembre 1918, due mesi dopo la fine delle ostilità in Europa. 5 processo causa la perdita dei suoi connotati peculiari, innescando quei criteri di giustificazione e rimozione collettiva che finiscono per essere accettati dall’immaginario comune di una nazione.