MADAME BOVARY E GLI ECHI ESPLOSIVI Recensione Del
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MADAME BOVARY E GLI ECHI ESPLOSIVI Recensione del romanzo Madame Bovary di Gustave Flaubert di Matilde Perriera MADAME BOVARY1 è un affresco di notevole spessore socio-antropologico–culturale, dipinto con una microsequenza tormentata2 che ha destato lo scalpore degli “occhiuti censori del Secondo Im- pero”3 e subìto azioni repressive, anche se, dopo l’assoluzione dell’autore, ha travalicato ambiti e con- fini diventando un best-seller di portata mondiale tradotto in varie lingue. GUSTAVE FLAUBERT co- struisce la sua fabula su una solida base documentaria, trasfigurando le vicende realmente accadute a un allievo del padre, il chirurgo Eugène Delamare, la cui moglie, Delphine Couturier, si era suicidata nel 1848. La matrice del nucleo portante di MADAME BOVARY è imperniata sulla figura di Emma Rouault, la moglie di un ufficiale sanitario “attratta dai vagheggiamenti maturati nel suo animo dalla lettura di romanzi di cui si era nutrita sin da bambina in collegio. La ragazza di campagna si è costruita il suo mondo fittizio nel silenzio del dormitorio”, sfogliando con avidità le pagine che “una vecchia zitella” le prestava di nascosto; quei racconti, intessuti dalla magica fantasmagoria “di amori e di amanti, di lacrime e baci su barche al chiaro di luna, di dame per- seguitate in foreste tenebrose, di cavalieri biancopiumati pronti a salvare la loro eroina”, ne continuano a sollecitare l’animo. La giovane, stordita dal grigiore dell’esistenza quotidiana e frastornata da vaniloqui che non sanno trovare la via per giungere al suo cuore smarrito, vorrebbe immergersi insieme al marito nelle abissali profondità dell’amore ma Charles Bovary, pur amandola profondamente, “non si lascia stuzzicare dalle divine scintille che la sposina “cerca di far sprizzare”, nè si rende di quanto “le carezze e le manifesta- zioni esteriori, così come le foglie per la vita di un albero, siano necessarie alla vita affettiva e, se inte- ramente trattenute, faranno morire l'amore alle radici”4. L’irreprensibile “officier de santé” dalla “conversazione piatta come un marciapiede” e “dall’intelligenza lenta”, pensando che la moglie sia asfissiata dalla snervante monotonia di Tostes, si limita a proporre il trasferimento al deprimente villaggio di Yonville. Madame Bovary vorrebbe, inve- ce, sedare l’urlo silenzioso della sua anima con altri svaghi, agogna inviti al castello La Vaubyessard, si convince che un bambino, un maschio, potrebbe darle ossigeno, per cui, alla nascita di Berthe, ogni suo anelito svanisce perché "una donna è sempre impedita". Invidia le contesse parigine e, desiderando imitarle, s’impelaga in cambiali insolvibili, convinta del fatto che “l’abito, codificandosi nel rapporto semiotico classico di langue e parole, sia in grado di svelare una delle innumerevoli sfaccettature del suo essere”5; il gusto per le “cose più belle della vita”, a questo punto, prende il sopravvento e tutto il suo percorso esistenziale scorre in un’anticlimax che la conduce alla distruzione totale. Per sfuggire, infatti, alla noia che, “simile a un ragno silenzioso, fila le tele nell'ombra in tutti gli angoli del suo cuore”, vedendo nell’adulterio il solo mezzo per esercitare un qualche potere sul proprio destino, apre un nuovo capitolo della sua vita e sceglie liberamente di essere infedele; come ”un grande uccello dalle piume rosa librato nello splendore dei cieli poetici”, si smarrisce in meravigliose passioni e, per non far scoprire le sue trasgressioni a Charles che, malgrado ogni chiaro illecito e i subdorati in- ganni, l’adora e la trova innocente, dà il via a “un fitto tessuto di bugie” nel quale, ricamando storie 1 Gustave Flaubert, Madame Bovary, 1856. Come riferimento alla presente recensione, cfr. Gustave Flaubert, Madame Bovary, Traduzione di Ottavio Cecchi, 1966 2 2 Sin dal primo debutto con la pubblicazione in sei puntate sulla Revue de Paris, tra il 1 ottobre ed il 15 dicembre del 1850, il romanzo viene tagliato in alcuni punti giudicati “scabrosi e lascivi. Il 24 dicembre 1856 l’opera viene denunzia- ta per “oscenità e oltraggio alla morale pubblica e religiosa e al buon costume”. Nel giorno 31 gennaio del 1857, il pub- blico ministero Ernest Pinard, avvocato della sesta camera del Tribunale correzionale di Parigi, ha invitato l'autore a comparire a giudizio. Il legale, dice Dacia Maraini, ha obiettato non sul fatto che Flaubert abbia descritto la vita inquie- ta di un'adultera, quanto quello di aver dato forma a un personaggio di donna indomabile. Di lì a poche settimane si è tenuto il processo, conclusosi, il 7 febbraio 1857, con l’assoluzione dell’autore. 3 Per Secondo Impero francese s’intende il regime bonapartista di Napoleone III instaurato in Francia dal 1852 al 1870, tra la Seconda e la Terza Repubblica 4 Nathaniel Hawthorne, Aforismi, 1840 5 Marcella Sardo, Moda – Identità e comunicazione, 2007 dopo storie, “avviluppa le sue tresche”. Tra sublimazioni e depressioni, velati sensi di colpa e precarie condizioni di salute, intimidazioni degli usurai e pignoramento, “caso Hippolyte” e definitiva disistima verso il marito, spasmodiche ricerche di denaro e conseguente disperazione per i debiti che nemmeno i suoi amanti sono disposti ad accollarsi, l’intramontabile Madame Bovary si schiaccia nella spirale or- mai incontrollabile da lei costruita. Per lei nessuna catarsi, la crisalide non riesce a trasformarsi in far- falla e chiede a Justin le chiavi del magazzino in cui è custodito l'arsenico … Nel variegato sistema attanziale sostanzialmente statico che pullula in MADAME BOVARY, nessuno ha il rilievo psicologico della creatura scalpitante, ma parecchi sono gli antagonisti spesso comprimari che ne ostacolano i labili tentativi di oltrepassare il filo spinato dell’indifferenza e interagiscono, più o meno consapevolmente, nel processo di annientamento. Le figure scorrono attraverso dettagliate descrizioni fisiche, psicologiche e comportamentali, o incisivi ritratti psicologici scaturiti dal comportamento, dalle azioni e dalle reazioni emotive o la caratterizzazione sociale … C’è Papà Rouault, “l’agiato agricoltore piccolo e grassoccio” che freme all’idea di affidare la figlia al Dottore e identifica l’arrivo della primavera con le prospettive di un matrimonio felice; incurante dei diversi caratteri degli sposi e delle incompatibilità future nel loro rapporto, non si rende conto di quanto Charles, pur protettivo, tenero, disponibile, sia lontano da tutte quelle premure che potrebbero appagare un’idealista e di come le limitate ambizioni del genero cozzeranno con le chimere della “graziosa, adorata donna” sempre desiderosa di “scorgere una vela bianca fra le brume dell'orizzonte”. C’è Bournisien, che s’inorgoglisce nel definirsi “medico delle anime” ma crede soltanto nelle sofferenze fisiche, che, nel silente “dis-inter-esse”6, declina inconsciamente il compito di entrare in relazione con Emma, non l’asseconda nel sanare il pungente contrasto fra gli ideali romantici e la prosaicità del reale e, anziché sorreggerla spiritualmente, la disgusta con le ipocrite pratiche religiose, per lui l’ascolto empatico è pura teoria … C’è Homais, l’egocentrico farmacista che, basandosi su astratte teorie dettate dal razionalismo illuministico, interviene con i suoi discorsi prolissi e saccenti a sentenziare, prendendo di mira soprattutto i preti sempre pronti a “sbevazzare ma senza farsi vedere” e a credere in chi, “contrariamente a tutte le leggi della fisica, muore mandando un grido e resuscita dopo tre giorni”. Orgoglioso del suo Dio identificabile in quello “di Socrate, di Franklin, di Voltaire, non demorde mai, è cieco di fronte ai propri difetti e non si dà per vinto neanche all’evidenza, ma si dispone, quando lo ritiene necessario, a “sacrificare la dignità agli interessi della sua bottega” … C’è Adolphe Lheureux, lo scaltro e avido mercante che, con la voce melliflua, “il lampo dei suoi occhietti neri” e i suoi inchini falsamente cortesi, lusinga “la rondine ferita”, la raggira, la convince a comprare beni a credito, a contrarre mutuo presso di lui, la minaccia di rendere pubblica la relazione tra lei e Léon e la spinge nel baratro … E Rodolphe Boulanger, il focoso amante dal “temperamento brutale e l’intelligenza fine”, che intravede all'istante la possibilità di pescare “la carpa boccheggiante”, si esalta narcisisticamente per il trasporto divorante di lei, la spinge a rispondere al “dovere morale di non accettare le ignominie imposte dagli stereotipi”, a raggiungere la totale anestesia della coscienza, a coltivare entusiastici propositi di fuga per poi, “come l’acqua di un fiume assorbito dal proprio letto”, congedarla miseramente con una lettera inviata “in un cesto di albicocche” e gettarla in una condizione di prolungata prostrazione psichica … E l’utopistico Léon Dupuis, che, nella prima fase del loro incontro, “spoglia di tutte le attrattive carnali” la “prigioniera ansiosa di trovare una via di fuga dalle grate di noia del matrimonio”7, la colloca “in un’apoteosi tesa sempre più in alto” e la ama autenticamente; dopo la “Lucia di Lammermoor”, invece, ne potenzia il bisogno di rinnegare “un futuro costruito come un corridoio oscuro dalla porta sbarrata”, di lasciarsi corteggiare, di pianificarsi le immaginarie “lezioni di pianoforte del giovedì”, anche se, alla fine, l’abbandona perché incapace di assumersi un impegno 6 Dis-inter-esse, rifiuto a entrare in relazione con l’altro per farlo uscire dalla prospettiva soffocante dell’individualismo e aiutarlo a sentirsi in comunione con la vita in tutte le sue manifestazioni, Luciano Manicardi, La