STAGIONE 2008-09

Martedì 28 ottobre 2008 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio

Divertimento Ensemble 2 Sandro Gorli direttore Elizabeth Norberg-Schulz soprano Maria Grazia Bellocchio pianoforte Consiglieri di turno Direttore Artistico Maria Majno Paolo Arcà Carlo Sini

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È vietato prendere fotografie o fare registrazioni, audio o video, in sala con qualsiasi apparecchio, anche cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo dopo la fine di ogni composizione, durante gli applausi. Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si invita a: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse…); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Divertimento Ensemble Sandro Gorli direttore Elizabeth Norberg-Schulz soprano Maria Grazia Bellocchio pianoforte

Gustav Mahler (Kalisˇte, Boemia 1860 – Vienna 1911)

Lieder eines fahrenden Gesellen (trascrizione Schoenberg)

Matteo Franceschini (Trento 1979)

“sine qua non” per pianoforte e ensemble (prima esecuzione assoluta, commissione della Fondazione Dragoni in memoria di Bruno Bettinelli)

Intervallo

Arnold Schoenberg (Vienna 1874 – Los Angeles 1951)

Pierrot lunaire op. 21

In collaborazione con Milano Musica Gustav Mahler

Lieder eines fahrenden Gesellen (trascrizione Schoenberg) Wenn mein Schatz Hochzeit macht Ging heut morgen übers Feld Ich hab’ ein glühend Messer Die zwei blauen Augen

L’ 1 luglio 1918 Alban Berg scriveva alla moglie Helene: «Schoenberg ha avuto di nuovo un’idea meravigliosa: fondare nella prossima stagione un’Associazione, il cui compito sarà di eseguire ogni settimana, per i suoi soci, delle opere musica- li, dall’epoca “Mahler ed ora”». Nello sfacelo di Vienna, appena finita la guerra, nacque così il Verein für musikalische Privataufführungen in Wien (Associazione per esecuzioni musicali private a Vienna). Schoenberg aveva già tentato qualcosa di simile nel 1904, fondando con il cognato Alexander Zemlinsky la Vereinigung schaffender Tonkünstler (Unione degli artisti musi- cali creativi), il cui presidente onorario era Gustav Mahler. L’arco formato da quelle due esperienze circoscrive anche il rapporto tra le personalità emblema- tiche della musica viennese del primo Novecento, Mahler e Schoenberg. Mahler era il Direttore dell’Opera di Corte e l’arbitro della musica a Vienna. Nel breve periodo della sua gestione, il teatro visse una trasformazione sconvolgen- te. Le resistenze al cambiamento, sia all’interno che all’esterno del teatro, furo- no durissime e sempre più violente, fino a provocare nel 1907 le dimissioni di Mahler e la sua partenza da Vienna. La figura di Mahler divenne la bandiera dei giovani musicisti, al di là e forse anche contro le sue intenzioni. Mahler tuttavia sostenne sempre le nuove tendenze musicali con generosità, sia tramite la pro- pria influenza, sia con concreti aiuti finanziari. Schoenberg rimase sempre in buoni rapporti con Mahler, sebbene con giudizi a volte controversi sul suo lavoro. Non rinunciò mai tuttavia a promuovere la conoscenza della sua musica. Il primo concerto del Verein für musikalische Privataufführungen, agli inizi del 1919, presentava non a caso la Settima Sinfonia in una trascrizione per pianoforte a quattro mani di Alfredo Casella. Nel concerto del 6 febbraio 1920 era in programma un altro lavoro di Mahler, i Lieder eines fahrenden Gesellen. I quattro Lieder costituiscono il primo ciclo vocale scritto da Mahler e risalgono probabilmente al periodo di Kassel, tra la fine del 1883 e il 1885. La genesi del lavoro è ancora poco chiara. Non si conosce di preciso qual è la fonte dei testi, probabilmente stesi dallo stesso compositore sulla falsariga delle poesie romantiche del Corno magico del fanciullo (Des Knaben Wunderhorn). Rimane ancora senza risposta la domanda se Mahler abbia scritto il ciclo in origine per pianoforte o per orchestra. Le due versioni vennero pubblicate contemporaneamente nel 1897, a Vienna. Vari elementi lasciano ritenere, secondo autorevoli studiosi, che il ciclo sia stato scritto in ori- gine per pianoforte e che la prima versione orchestrale sia la citazione dei Lieder nella Prima Sinfonia. Ging heut morgen, per esempio, fornì il tema ini- ziale del primo movimento, così come la parte centrale di Die zwei blauen Augen divenne un episodio della grottesca marcia funebre. Schoenberg decise di occuparsi di quel lavoro giovanile di Mahler, preparando una trascrizione del ciclo orchestrale per un organico di dieci strumenti. Il fatto era abbastanza eccezionale, dal momento che in genere i lavori per orchestra venivano presentati in trascrizioni per pianoforte (o per due pianoforti), non solo per motivi pratici, ma anche per un deliberato proposito di spogliare la musica da «tutti gli orpelli sensibili», come scrisse Alban Berg in uno degli opuscoli. L’ aspetto tuttavia meno convenzionale riguarda il procedimento. Schoenberg non ha trascritto la musica in senso tradizionale, bensì ha enucleato dalla parti- tura originale le linee principali delle varie voci strumentali, creando una sorta di miniatura sonora. Non voleva infatti rendere un’interpretazione soggettiva, bensì intendeva leggere la musica di Mahler attraverso il filtro di un’analisi per così dire oggettiva. Ma il riferimento a Mahler in quel contesto, e in particolare al suo primo capolavoro, così carico di riverberi schubertiani, rivelano la coscien- za di essere il musicista in grado di proseguire la tradizione della musica vien- nese, un destino che Schoenberg portava su di sé più come il peso di una croce che come un titolo d’onore. Matteo Franceschini

“sine qua non” per pianoforte e ensemble I II III

Bruno Bettinelli, scomparso nel 2004, era una delle personalità più conosciute del Conservatorio di Milano. Fecondo compositore e padrone di ogni segreto dell’arte musicale, ha formato varie generazioni di musicisti milanesi. La sua figura emanava un’aura di rispetto e di soggezione tra gli studenti, che si sfor- zavano di divinare dal colore della giacca gli umori del severo Maestro. Sembra una felice coincidenza che la Fondazione Dragoni abbia commissionato un lavo- ro in memoria di Bruno Bettinelli proprio nell’anno in cui il Conservatorio di Milano festeggia i 200 anni dalla sua fondazione. Allievo di Solbiati a Milano e di Corghi a Roma, Matteo Franceschini si è distin- to negli ultimi anni come uno degli autori più promettenti della musica italiana. “sine qua non”, per pianoforte e un ensemble di otto esecutori, declina varie forme dello stile concertante nell’ambito di un linguaggio musicale contempora- neo. «Il brano – spiega l’autore – si pone come una riflessione sul ruolo che il pia- noforte, con le sue diverse e intrinseche caratteristiche, può ricoprire se consi- derato il vero centro di un’architettura formale». La forma generale è quella classica del concerto solistico, con un primo tempo più elaborato, un adagio centrale e un movimento conclusivo virtuosistico e bril- lante. Lo schema tradizionale tuttavia è interpretato con finezza, intessendo una trama di rapporti tra i vari movimenti per conferire all’insieme un carattere organico. Il tema principale del primo movimento, esposto dal pianoforte dopo l’introduzione lenta, ritorna per esempio nella pagina finale del lavoro, chiuden- do il cerchio con l’evocazione del mondo dal quale il viaggio ha preso le mosse. Il pianoforte genera il materiale musicale, che via via prende forma nel rapporto con gli altri strumenti. Il dialogo, fitto di contrappunti ritmici e timbrici, diven- ta sempre più nervoso, in una climax parossistica di estrema violenza che sfocia in un lungo silenzio spossato e attonito. Il pianoforte ritrova le forze, per chiu- dere il movimento con un episodio di sapore jazzistico, dominato dal ritmo viva- ce del tamburo rullante. Il movimento successivo riparte dal clima immobile dell’inizio. La musica distil- la il materiale armonico, che il pianoforte elabora in fantasmagorie lunari. La forma è simmetrica, rispecchiando alla rovescia le acrobazie della mano destra della prima parte nei cupi rimbombi finali della tastiera, riverberati dalle per- cussioni gravi. Nel movimento rapido e percussivo finale si apre al centro un’am- pia e solitaria meditazione del pianoforte. L’episodio si sviluppa attorno a un accordo ostinato di terza maggiore (re – fa diesis), che inevitabilmente richiama all’orecchio la tonalità di re maggiore. La tensione tra il ricordo della dimensio- ne tonale e il libero trattamento armonico e melodico della musica che le ruota attorno crea un gioco di rifrazioni sempre più ambiguo. Il cerchio si chiude nel segno di una nuova e più ampia armonia, sottolineata dalle strappate alla Stravinskij degli archi. L’espressione lirica di questa ritrovata dimensione armo- nica è affidata alla tastiera nell’ultimo ritorno del tempo immobile iniziale, l’epi- sodio che cuce assieme la musica dei tre movimenti. La voce del pianoforte reci- ta uno alla volta, da un capo all’altro della tastiera, i suoni che formano la scala su cui è costruito l’intero lavoro, a cominciare da quel mi bemolle, bisbigliato all’unisono all’inizio, da cui tutto aveva preso le mosse. Arnold Schoenberg

Pierrot lunaire op. 21

A dispetto dello scandalo e delle accuse di fantasia malsana, la forza espressiva dirompente di Pierrot lunaire rese evidente a tutti che quel lavoro portava defi- nitivamente la musica aldilà della tradizione ottocentesca. L’audacia delle posi- zioni di Schoenberg, in quel primo scorcio di secolo, aveva spaventato in primo luogo lui stesso. Schoenberg sentiva che i lavori più radicali dei suoi ex-allievi Alban Berg e Anton Webern rischiavano di rendere antiquato il suo linguaggio e temeva che il confronto con i giovani finisse per snaturare la sua musica. La crisi indusse Schoenberg a ripensare il proprio lavoro in forma teorica e a inda- gare se stesso tramite altri linguaggi espressivi. L’incontro con , nell’estate del 1911, e la collaborazione alla rivista Blaue Reiter segnano la fase più intensa della sua produzione pittorica. Nel gennaio 1912 Schoenberg inviò alla redazione del Cavaliere azzurro un articolo intitolato Das Verhältnis zum Text (Il rapporto con il testo). La tesi principale era che la cor- rispondenza tra il testo e la sua espressione musicale avvenisse a un livello più profondo di quello superficiale della pittura musicale, ossia del tentativo di mimare nella musica il significato del testo. L’occasione per mettere in pratica le nuove teorie capitò poche settimane dopo. Albertine Zehme, moglie di un facol- toso avvocato di Monaco, intendeva rilanciare la sua carriera di attrice cimen- tandosi nel genere del melodrama, una forma di recitazione accompagnata dalla musica che riscuoteva un certo successo a cavallo del Novecento. Aveva inter- pretato nel 1911, a Monaco, un gruppo di poesie tratte dalla raccolta Pierrot lunaire del poeta belga Albert Giraud, recitando anziché cantare la parte voca- le dei Lieder composti nel 1904 da Otto Vrieslander sul testo della versione tede- sca di Otto Erich Hartleben. Non soddisfatta del risultato, l’attrice si rivolse a Schoenberg, affinché musicasse le poesie in forma di melodrama. Il musicista rimase subito entusiasta del progetto, ritrovando un istinto compositivo che sembrava smarrito. «Credo che sia venuto molto bene – scriveva nel diario il 13 marzo 1912 a proposito di Gebet an Pierrot, la prima poesia musicata – Mi inco- raggia molto. E mi sto dirigendo assolutamente, lo avverto, verso una nuova maniera espressiva. I suoni diventano quasi animaleschi (tierisch), un’espressio- ne immediata di emozioni sensuali e spirituali ». Il lavoro venne portato a termi- ne alla fine di luglio e la prima rappresentazione ebbe luogo il 16 ottobre 1912 a Berlino. Il termine è forse poco coerente con la natura del lavoro, ma descrive quel che avvenne allora, con Albertine Zehme vestita nel costume di Pierrot e i musicisti nascosti dietro un sipario. L’ambiguità di quella prima incarnazione del testo corrisponde alla sublime natura utopica del progetto, che trova proprio nello stile vocale il nodo cruciale delle sue folgoranti contraddizioni. In una arti- colata prefazione alla partitura Schoenberg si sforzava di chiarire all’interprete che cosa intendesse esattamente per Sprechmelodie. La recitazione doveva assimilare alcune caratteristiche della musica vocale, come il ritmo per esempio, ma allo stesso tempo mantenere una rigorosa differenza tra canto in senso tra- dizionale ed espressione parlata, in nessun caso di tipo realistico-naturalistico. Alla stessa maniera, gli strumentisti non dovevano interpretare il carattere dei vari pezzi dal significato delle parole, ma soltanto dalla musica, nella quale l’au- tore ha rappresentato ogni emozione suscitata dal testo. Qualunque forma espressiva estranea alla scrittura musicale, secondo Schoenberg, avrebbe tolto qualcosa, anziché aggiungere. Pierrot lunaire è un apolide della musica e non ha prodotto una discendenza reale, malgrado le numerose partiture influenzate dal suo esempio. In questo lavoro Schoenberg ha espresso la solitudine dell’artista nella società moderna tramite la figura del clown, che aveva compiuto un’ampia parabola semantica nella cultura francese. Il processo di alienazione di Pierrot, genio amorale in Gautier e dandy tragico in Baudelaire, giunge al termine con la poesia simboli- sta. Paul Verlaine dedica a Pierrot un sonetto in Jadis et Naguère (1881): «Avec le bruit d’un vol d’oiseaux de nuit qui passe, / Ses manches blanches font vaguement par l’espace / Des signes fous auxquels personne ne répond.» (Col rumore di un volo di uccelli notturni / le sue maniche bianche fanno vagamente nello spazio / segni folli ai quali nessuno risponde). Schoenberg trasfigura nella musica le oscure pulsioni emotive del testo, lasciando al narratore il tono cinico e freddo, ironico e distaccato. L’interprete incarna di volta in volta Pierrot e Colombina, il soggetto e l’altro da sé, mostrando nella schizofrenia della propria relazione con il mondo il volto devastato dell’artista, privo d’identità psichica e sessuale. Il vuoto esistenziale espresso dal testo è sorretto da un’architettura musicale di estrema coerenza, nel solco della tradizione dei cicli vocali di Schubert. Di grande importanza era la strumentazione dei 21 melodrama, che presentano sempre diverse combinazioni di suono, malgrado l’estrema econo- mia dell’organico. «Il colore è tutto, le note non significano assolutamente nien- te», scriveva Schoenberg al suo editore. Il carattere preminente del violoncello nella terza parte del ciclo, che costituisce il momento della riflessione nostalgi- ca sulla figura di Pierrot, è legato per esempio alla consuetudine di usare lo stru- mento come simbolo dello stesso Schoenberg. Oppure la ripresa dell’accompa- gnamento del flauto di Der kranke Mond, forse il primo esempio di melodia completamente svincolata da qualunque forma di scala, nella transizione stru- mentale che collega Enthauptung alla violentissima Die Kreuze, l’espressione più angosciosa della condizione di artista. Heilige Kreuze sind die Verse (Croci sante sono i versi), recita il testo, con una sovrapposizione quasi blasfema della figura del poeta a quella di Cristo. La numerologia occupa un posto di rilievo nel Pierrot lunaire. La forma poeti- ca del testo, l’antico rondel medioevale, ha suggerito probabilmente a Schoenberg l’idea di usare il 3 e il 7 come elementi formanti. Ciascuna poesia è composta di tre strofe (4+4+5) e il primo verso viene ripetuto al settimo e all’ul- timo verso. Il ciclo infatti comprende 3 volte 7 poesie, su una griglia che può essere letta anche in forma rovesciata (7 volte 3). L’organico comprende la voce recitante, il pianoforte e un ensemble di 7 strumenti. Dal momento che 3 esecu- tori devono suonare due strumenti (flauto e ottavino, clarinetto e clarinetto basso, violino e ), la massima estensione della scrittura musicale prevede un sistema di 7 pentagrammi. Gli esempi dell’applicazione di quel principio esoteri- co alla musica sarebbero innumerevoli. Basti l’analisi delle prime battute di Mondestrunken. Il pianoforte disegna la figura base dell’intero lavoro, formata da sette semicrome disposte per intervalli di terza e di settima. Il violino con- trappunta ritmicamente la figura principale con tre crome pizzicate, che forma- no intervalli di terza minore. Dopo sette crome di pausa inizia la recitazione, e via di questo passo. Senza contare che il numero d’opus di Pierrot lunaire è 21, ossia 3 volte 7. Ce n’è quanto basta per considerare la selva di temi e di riferi- menti intrecciati in maniera quasi psicoanalitica dentro il lavoro, che si chiude tuttavia nel segno di una spiritualità sofferta ma conquistata. Dopo l’inquietan- te Der Mondfleck, con la macchia di luna impressa in maniera indelebile sulla spalla dell’artista/Pierrot, si apre il piccolo ciclo delle tre poesie conclusive, con- catenate una all’altra. Serenade si apre con un’ampia introduzione di violoncel- lo, lo strumento di Schoenberg, e pianoforte. Pierrot suona la viola con un arco di grottesche dimensioni, evidente autoritratto dell’autore, profeta di una musi- ca che richiedeva, come scrisse a Busoni, “fede e convinzione”. Heimfahrt descrive il melanconico viaggio di Pierrot verso il suo luogo d’origine, Bergamo, scivolando sulla corrente del fiume, mentre a est svanisce all’imbrunire il “verde orizzonte”. La fine di Pierrot viene celebrata nell’ultima, dolcissima poesia del ciclo, O alter Duft. L’ anima del clown, come Pinocchio, trova finalmente pace nel ricordo del “tempo delle fiabe”, mentre tutti gli strumenti partecipano al corale di natura religiosa che accompagna la sua uscita di scena. Sebbene Pierrot lunaire sia considerato il capolavoro del periodo atonale di Schoenberg, nell’ul- timo episodio risulta chiaro come la tonalità di mi maggiore costituisca una sorta di vibrazione di fondo della musica. La prima nota di Mondestrunken è un sol diesis nel registro acuto del pianoforte, l’ultima di O alter Duft un mi in quello grave. Nella enorme campata di questa terza maggiore si sviluppa un intero mondo musicale, che riassume ogni stile del passato e getta un ponte verso i nuovi linguaggi della musica del Novecento.

Oreste Bossini Gustav Mahler Lieder eines fahrenden Gesellen (trascrizione Schönberg)

1.

Wenn mein Schatz Hochzeit macht, Quando il mio tesoro va a nozze, Fröhliche Hochzeit macht, va a nozze felice, Hab’ ich meinen traurigen Tag! è il giorno più triste per me! Geh’ ich in mein Kämmerlein, Mi ritiro nella mia cameretta, Dunkles Kämmerlein, nella buia cameretta! Weine! Wein’ um meinen Schatz, Piango! Piango per il mio tesoro, Um meinen lieben Schatz! il mio caro tesoro! Blümlein blau! Verdorre nicht! Non appassire fiorellino azzurro! Vöglein süß! Du singst auf Dolce uccellino! Tu canti sulla grüner Heide! verde brughiera! Ach! Wie ist die Welt so schön! Oh, come mai è così bello il mondo! Ziküth! Ziküth! Cip, cip! Singet nicht! Blühet nicht! Non cantate, non fiorite! Lenz ist ja vorbei! La primavera è ormai passata! Alles Singen ist nun aus! Ogni canto ora è finito! Des Abends, wenn ich schlafen geh’, La sera, quando vado a dormire, Denk’ ich an mein Leide! penso al mio dolore, An mein Leide! al mio dolore!

2.

Ging heut morgen übers Feld, Stamane me ne andavo per i campi, Tau noch auf den Gräsern hing; la rugiada era ancora sull’erba; Sprach zu mir der lust’ge Fink: disse a me l’allegro fringuello: “Ei du! Gelt? Guten Morgen! Ei gelt? “Ehi, tu, non è così!? Buon giorno! Ehi, tu! Du! Wird’s nicht eine schöne Welt? Non si fa bello il mondo? Bello il mondo!? Zink! Zink! Schön und flink! Cip, cip! Bello e vispo! Wie mir doch die Welt gefällt!” Quanto mi piace il mondo!” Auch die Glockenblum’ am Feld Anche la campanula sul campo, Hat mir lustig, guter Ding’, di buon umore e allegra, Mit den Glöckchen, klinge, kling, col suo scampanio, din don, Ihren Morgengruß geschellt: mi ha squillato il suo saluto mattutino: “Wird’s nicht eine schöne Welt? Non si fa bello il mondo? Bello il mondo!? Kling, kling! Schönes Ding! Din, don! Che bella cosa! Wie mir doch die Welt gefällt! Hei-a!” Quanto mi piace il mondo! Evviva!”

Und da fing im Sonnenschein E allora ai raggi del sole incominciò Gleich die Welt zu funkeln an; subito il mondo a scintillare; Alles Ton und Farbe gewann im tutto, tutto ai raggi del sole prese suono Sonnenschein! e colore! Blum’ und Vogel, groß und klein! Fiori e uccelli, piccoli e grandi! “Guten Tag, guten Tag! Ist’s nicht eine Buon giorno, buon giorno! Non è bello schöne Welt? il mondo? Ei du, gelt? Schöne Welt!?” Ehi, tu, non è così!? Bello il mondo!?

Nun fängt auch mein Glück wohl an?! Dunque comincia ora anche la mia buona sorte?! Nein! Nein, das ich mein’, No! No! Quello ch’io intendo, Mir nimmer blühen kann! mai più per me potrà fiorire!

3.

Ich hab’ ein glühend Messer, Ho un coltello arroventato, Ein Messer in meiner Brust, un coltello nel mio petto. O weh! O weh! Ahimè! Ahimè! Das schneid’t so tief Ferisce nel profondo in jede Freud’ und jede Lust. ogni gioia e ogni piacere! Ach, was ist das für ein böser Gast! Ah, che ospite malvagio è questo! Nimmer hält er Ruh’, nimmer hält er Rast, Non ha mai pace, non ha mai tregua, Nicht bei Tag, noch bei Nacht, non di giorno, né di notte quando dormo! wenn ich schlief! O weh! O weh! Ahimè! Ahimè! Wenn ich den Himmel seh’, Quando guardo il cielo, Seh’ ich zwei blaue Augen stehn! vi vedo due occhi azzurri! O weh! O weh! Ahimè! Ahimè! Wenn ich im gelben Felde geh’, Quando cammino per i campi dorati, Seh’ ich von fern das blonde Haar vedo da lontano la chioma bionda im Winde weh’n! che ondeggia al vento! O weh! O weh! Ahimè! Ahimè!

Wenn ich aus dem Traum auffahr’ Quando mi desto dal sogno Und höre klingen ihr silbern Lachen, e sento il suono del suo riso argentino, O weh! O weh! ahimè! Ahimè! Ich wollt’, ich läg auf der schwarzen Vorrei giacere nella nera bara, Bahr’, Könnt’ nimmer die Augen aufmachen! non potere mai più aprire gli occhi!

4.

Die zwei blauen Augen von meinem I due occhi azzurri del mio tesoro, Schatz, Die haben mich in die weite Welt sono loro che mi hanno mandato per il geschickt. vasto mondo. Da mußt ich Abschied nehmen vom Ecco, devo salutare il più caro dei luoghi! allerliebsten Platz! O Augen blau, warum habt ihr mich O occhi azzurri! Perché mi avete angeblickt? guardato? Nun hab’ ich ewig Leid und Grämen! Ora per sempre avrò cruccio e dolore!

Ich bin ausgegangen in stiller Nacht, Sono uscito nel silenzio della notte, In stiller Nacht wohl über die dunkle nella notte silenziosa per la brughiera Heide. oscura. Hat mir niemand ade gesagt, ade! Nessuno mi ha detto addio, addio! Mein Gesell’ war Lieb und Leide! I miei compagni erano amore e dolore! Auf der Straße stand ein Lindenbaum, Sulla strada c’era un tiglio, Da hab’ ich zum ersten Mal im Schlaf là per la prima volta ho trovato riposo geruht! nel sonno! Unter dem Lindenbaum, Sotto il tiglio che ha Der hat seine Blüten über mich nevicato su di me i suoi fiori, geschneit, Da wußt’ ich nicht, wie das Leben tut, più non sapevo quanto fa male la vita, War alles, alles wieder gut! tutto, oh, tutto in bene era mutato! Alles! Alles, Lieb und Leid Tutto! Tutto! L’amore e il dolore! Und Welt und Traum! E il mondo e il sogno! Arnold Schoenberg Pierrot lunaire op. 21

PARTE I

Mondestrunken Ebbro di luna

Den Wein, den man mit Augen trinkt, Il vino che si beve con gli occhi Gießt nachts der Mond in Wogen nieder, lo versa di notte a flutti la luna, Und eine Springflut überschwemmt E, come la marea che sale, esso inonda Den stillen Horizont. l’orizzonte tranquillo.

Gelüste, schauerlich und süß, Desideri tormentosi e dolci Durchschwimmen ohne Zahl die fluttuano innumerevoli sulle onde! Fluten! Den Wein, den man mit Augen trinkt, Il vino che si beve con gli occhi Gießt nachts der Mond in Wogen nieder. lo versa di notte a flutti la luna.

Der Dichter, den die Andacht treibt, Il poeta, che la contemplazione ispira, Berauscht sich an dem heilgen Tranke, s’inebria della sacra bevanda, Gen Himmel wendet er verzückt verso il cielo innalza rapito Das Haupt und taumelnd saugt und il volto e barcollante sorseggia schlürft er Den Wein, den man mit Augen trinkt. il vino che si beve con gli occhi.

Colombine Colombina

Des Mondlichts bleiche Blüten, I pallidi fiori del chiaro di luna, Die weißen Wunderrosen, le candide rose misteriose, Blühn in den Julinächten. fioriscono nelle notti di luglio. O bräch ich eine nur! Oh, potessi coglierne anche una sola!

Mein banges Leid zu lindern, Per alleviare il mio dolore ansioso, Such ich am dunklen Strome cerco nelle cupe acque Des Mondlichts bleiche Blüten, i pallidi fiori del chiaro di luna, Die weißen Wunderrosen. le candide rose misteriose. Gestillt wär all mein Sehnen, Si placherebbe ogni mio desiderio, Dürft ich so märchenheimlich, se potessi in segreto, come in una fiaba, So selig leis entblättern in un silenzio incantato, sfogliare Auf deine braunen Haare sui tuoi capelli scuri Des Mondlichts bleiche Blüten! i pallidi fiori del chiaro di luna!

Der Dandy Il dandy

Mit einem phantastischen Lichtstrahl Con un raggio di luce spettrale Erleuchtet der Mond die krystallnen la luna illumina le boccette di cristallo Flacons Auf dem schwarzen, hochheiligen sulla nera, sacrosanta toletta Waschtisch Des schweigenden Dandys von del taciturno dandy di Bergamo. Bergamo.

In tönender, bronzener Schale Nella sonora bacinella di bronzo Lacht hell die Fontäne, metallischen ride limpida la fontana con suono Klangs. metallico. Mit einem phantastischen Lichtstrahl Con un raggio di luce spettrale Erleuchtet der Mond die krystallnen la luna illumina le boccette di cristallo. Flacons.

Pierrot mit dem wächsernen Antlitz Pierrot, col suo volto di cera, Steht sinnend und denkt: wie er heute se ne sta meditabondo e pensa: e oggi, sich schminkt? che trucco mi metto? Fort schiebt er das Rot und das Orients Spinge via il belletto e il verde d’Oriente Grün Und bemalt sein Gesicht in erhabenem e in stile aristocratico si dipinge il volto Stil Mit einem phantastischen Mondstrahl. con un raggio spettrale di luna.

Eine blasse Wäscherin Una pallida lavandaia

Eine blasse Wäscherin Una pallida lavandaia Wäscht zur Nachtzeit bleiche Tücher; lava nottetempo panni sbiancati; Nackte, silberweiße Arme nude braccia risplendenti come bianco argento Streckt sie nieder in die Flut. immerge china nei flutti. Durch die Lichtung schleichen Winde, Lievi passano sulla radura i venti, Leis bewegen sie den Strom. increspando silenziosi le acque. Eine blasse Wäscherin Una pallida lavandaia Wäscht zur Nachtzeit bleiche Tücher. lava nottetempo panni sbiancati.

Und die sanfte Magd des Himmels, E la dolce fanciulla celeste, Von den Zweigen zart umschmeichelt, teneramente abbracciata dai rami, Breitet auf die dunklen Wiesen spiega sui neri prati Ihre lichtgewobnen Linnen – i suoi panni intessuti di luce – Eine blasse Wäscherin. Una pallida lavandaia.

Valse de Chopin Valzer di Chopin

Wie ein blasser Tropfen Bluts Come una pallida goccia di sangue Färbt die Lippen einer Kranken. colora le labbra d’una malata. Also ruht auf diesen Tönen Così riposa su questi suoni Ein vernichtungssüchtiger Reiz. un incanto morboso e distruttivo.

Wilder Lust Akkorde stören Accordi di selvaggio desiderio frantumano Der Verzweiflung eisgen Traum – il gelido sogno di disperazione – Wie ein blasser Tropfen Bluts Come una pallida goccia di sangue Färbt die Lippen einer Kranken. colora le labbra d’una malata.

Heiß und jauchzend, süß und Ardente e esultante, dolce e languente, schmachtend, Melancholisch düstrer Walzer, oh valzer melanconico e fosco, Kommst mir nimmer aus den Sinnen! per sempre sei padrone dei miei sensi! Haftest mir an den Gedanken, Tu aderisci ai miei pensieri Wie ein blasser Tropfen Bluts! come una pallida goccia di sangue!

Madonna Madonna

Steig, o Mutter aller Schmerzen Sali, o Madre di tutti i dolori Auf den Altar meiner Verse! sull’altare dei miei versi! Blut aus deinen magren Brüsten Il sangue del tuo seno vizzo Hat des Schwertes Wut vergossen. è stato versato dalla violenza della spada. Deine ewig frischen Wunden Le tue ferite sempre aperte Gleichen Augen, rot und offen. sembrano occhi, rossi e spalancati. Steig, o Mutter aller Schmerzen Sali, oh Madre di tutti i dolori Auf den Altar meiner Verse! sull’altare dei miei versi!

In den abgezehrten Händen Nelle tue mani estenuate Hältst du deines Sohnes Leiche, tieni la salma del tuo figliolo, Ihn zu zeigen aller Menschheit – per mostrarlo agli uomini tutti – Doch der Blick der Menschen meidet Ma lo sguardo degli uomini ti schiva, Dich, o Mutter aller Schmerzen! oh Madre di tutti i dolori!

Der kranke Mond La luna malata

Du nächtig todeskranker Mond Oh luna notturna, malata a morte, Dort auf des Himmels schwarzem là sul nero giaciglio del cielo, Pfühl, Dein Blick, so fiebernd übergroß, il tuo sguardo, febbricitante e immenso, Bannt mich wie fremde Melodie. m’incanta come una sconosciuta melodia.

An unstillbarem Liebesleid D’insaziabili pene d’amore Stirbst du, an Sehnsucht tief erstickt. tu muori, d’una nostalgia che t’opprime. Du nächtig todeskranker Mond Oh luna notturna, malata a morte Dort auf des Himmels schwarzem là sul nero giaciglio del cielo. Pfühl.

Den Liebsten, der im Sinnenrausch L’ amante che colmo di desiderio Gedankenlos zur Liebsten schleicht, si reca spensierato dall’amata, Belustigt deiner Strahlen Spiel – si diverte al gioco dei tuoi raggi – Dein bleiches, qualgebornes Blut, alla vista del pallido sangue, sparso nell’agonia Du nächtig todeskranker Mond. da te, luna notturna, malata a morte.

PARTE II

Nacht Notte

Finstre, schwarze Riesenfalter Farfalle notturne, nere e tenebrose, Töteten der Sonne Glanz. hanno ucciso lo splendore del sole. Ein geschlossnes Zauberbuch, Come un libro di magia sigillato Ruht der Horizont – verschwiegen. giace l’orizzonte – senza suono. Aus dem Qualm verlorner Tiefen Dalle caligini di sperduti abissi Steigt ein Duft, Erinnrung mordend! sale un profumo, che uccide i ricordi! Finstre, schwarze Riesenfalter Farfalle notturne, nere e tenebrose Töteten der Sonne Glanz. hanno ucciso lo splendore del sole.

Und vom Himmel erdenwärts E verso la terra scendono dal cielo Senken sich mit schweren Schwingen con ali pesanti Unsichtbar die Ungetüme invisibili i mostri Auf die Menschenherzen nieder... sui cuori degli uomini... Finstre, schwarze Riesenfalter. Farfalle notturne, nere e tenebrose.

Gebet an Pierrot Preghiera a Pierrot

Pierrot! Mein Lachen Pierrot! Come si ride Hab ich verlernt! io l’ho scordato! Das Bild des Glanzes L’ immagine dello splendore Zerfloß, zerfloß! è infranta, infranta!

Schwarz weht die Flagge Nera è la bandiera Mir nun vom Mast. che sventola ora dall’asta. Pierrot! Mein Lachen Pierrot! Come si ride Hab ich verlernt! io l’ho scordato!

O gib mir wieder, Oh restituiscimi, Roßarzt der Seele, tu veterinario dell’anima, Schneemann der Lyrik, pagliaccio della lirica, Durchlaucht vom Monde, eminenza della luna. Pierrot – mein Lachen! Restituiscimi, Pierrot, il saper ridere!

Raub Rapina

Rote, fürstliche Rubine, Rossi rubini principeschi, Blutge Tropfen alten Ruhmes, gocce sanguinose d’antica gloria, Schlummern in den Totenschreinen dormono nelle bare dei morti Drunten in den Grabgewölben. laggiù nei profondi sepolcri.

Nachts, mit seinen Zechkumpanen, Di notte, coi suoi compagni di baldoria, Steigt Pierrot hinab – zu rauben Pierrot scende lì silenzioso – per rapinare Rote, fürstliche Rubine, rossi rubini principeschi, Blutge Tropfen alten Ruhmes. gocce sanguinose d’antica gloria. Doch da – sträuben sich die Haare, Ma ecco – i capelli si drizzano, Bleiche Furcht bannt sie am Platze: una cieca paura li inchioda al suolo: Durch die Finsternis – wie Augen! – Attraverso l’oscurità – come fossero occhi! – Stieren aus den Totenschreinen splendono fissi dalle bare dei morti Rote, fürstliche Rubine. rossi rubini principeschi.

Rote Messe Messa rossa

Zu grausem Abendmahle, Per la macabra comunione, Beim Blendeglanz des Goldes, alla luce accecante dell’oro Beim Flackerschein der Kerzen, al lume vacillante dei ceri Naht dem Altar – Pierrot! s’avvicina all’altare – Pierrot!

Die Hand, die gottgeweihte, La sua mano, benedetta da Dio, Zerreißt die Priesterkleider strappa le vesti sacerdotali, Zu grausem Abendmahle, per la macabra comunione Beim Blendeglanz des Goldes. alla luce accecante dell’oro.

Mit segnender Geberde Fa il segno della croce, Zeigt er den bangen Seelen mostrando alle anime, tremanti di terrore, Die triefend rote Hostie: l’ostia intrisa di rosso sangue: Sein Herz – in blutgen Fingern – Il suo cuore – tenuto fra le mani cruente – Zu grausem Abendmahle! per la macabra comunione!

Galgenlied Canto della forca

Die dünne Dirne La smunta sgualdrina Mit langem Halse dal lungo collo Wird seine letzte sarà la sua Geliebte sein. ultima amante.

In seinem Hirne Nel suo cervello Steckt wie ein Nagel è infissa come un chiodo Die dürre Dirne la smunta sgualdrina Mit langem Halse. dal lungo collo.

Schlank wie die Pinie, Slanciata come un pino, Am Hals ein Zöpfchen – col codino sul collo – Wollüstig wird sie con voluttà Den Schelm umhalsen, abbraccerà il farabutto, Die dürre Dirne! la smunta sgualdrina! Enthauptung Decapitazione

Der Mond, ein blankes Türkenschwert La luna, scintillante scimitarra Auf einem schwarzen Seidenkissen, su nero cuscino di seta, Gespenstisch groß – dräut er hinab grande come un fantasma – lancia minacce Durch schmerzensdunkle Nacht. attraverso la nera notte dolorosa.

Pierrot irrt ohne Rast umher Pierrot vagabonda irrequieto Und starrt empor in Todesängsten e, nel suo terrore mortale, guarda in su, Zum Mond, dem blanken verso la luna, scintillante scimitarra Türkenschwert Auf einem schwarzen Seidenkissen. su un nero cuscino di seta.

Es schlottern unter ihm die Knie, Le ginocchia gli tremano dal terrore Ohnmächtig bricht er jäh zusammen. di colpo poi cade svenuto. Er wähnt: es sause strafend schon Nel suo delirio pensa che Auf seinen Sünderhals hernieder ora sul suo collo di peccatore discenda con violenza Der Mond, das blanke Türkenschwert. la luna, scintillante scimitarra.

Die Kreuze Le croci

Heilge Kreuze sind die Verse, Croci sante sono i versi Dran die Dichter stumm verbluten, sui quali i poeti si dissanguano muti, Blindgeschlagen von dem Geier cavano loro gli occhi gli spettrali Flatterndem Gespensterschwärme! stormi degli avvoltoi!

In den Leibern schwelgten Schwerter, Nei loro corpi, voluttuose, gozzovigliarono le spade, Prunkend in des Blutes Scharlach! magnificate dal sangue scarlatto! Heilge Kreuze sind die Verse, Croci sante sono i versi Dran die Dichter stumm verbluten. sui quali i poeti si dissanguano muti.

Tot das Haupt – erstarrt die Locken – Esanime è la testa – rigide le chiome – Fern, verweht der Lärm des Pöbels. si perde lontano il tumulto della plebe, Langsam sinkt die Sonne nieder, tramonta lentamente il sole, Eine rote Königskrone. – una rossa regale corona. – Heilge Kreuze sind die Verse. Croci sante sono i versi! PARTE III

Heimweh Nostalgia della patria

Lieblich klagend – ein krystallnes Con dolce lamento risuona Seufzen Aus Italiens alter Pantomime, dall’antica pantomima d’Italia, Klingts herüber: wie Pierrot so un sospiro di cristallo: come è diventato hölzern, goffo Pierrot, So modern sentimental geworden. sentimentale come vuole la moda.

Und es tönt durch seines Herzens E risuona attraverso il suo arido cuore, Wüste Tönt gedämpft durch alle Sinne wieder riecheggia smorzato attraverso i suoi sensi, Lieblich klagend – ein krystallnes con dolce lamento – un sospiro di Seufzen cristallo. Aus Italiens alter Pantomime. Dall’antica pantomima d’Italia.

Da vergisst Pierrot die Trauermienen! Ora Pierrot si scorda delle sue pose afflitte! Durch den bleichen Feuerschein des Attraverso il pallido ardore della luna, Mondes, Durch des Lichtmeers Fluten – attraverso i flutti del mare di luce – schweift die Sehnsucht la sua nostalgia Kühn hinauf, empor zum fugge ardita, s’innalza verso il cielo della Heimathimmel. patria, Lieblich klagend – ein krystallnes con dolce lamento – un sospiro di Seufzen! cristallo!

Gemeinheit! Cinismo!

In den blanken Kopf Cassanders, Nella calva testa di Cassandro, Dessen Schrein die Luft durchzetert, le cui grida straziano l’aria, Bohrt Pierrot mit Heuchlermienen, Pierrot con aspetto devoto Zärtlich – einen Schädelbohrer! scava tenero con un trapano!

Darauf stopft er mit dem Daumen Poi, spingendo con il pollice Seinen echten türkischen Taback il suo autentico tabacco turco, In den blanken Kopf Cassanders, ne riempie la calva testa di Cassandro, Dessen Schrein die Luft durchzetert! le cui grida straziano l’aria! Dann dreht er ein Rohr von Weichsel Poi avvita una cannuccia di ciliegio Hinten in die glatte Glatze là dietro nella bella tonsura Und behäbig schmaucht und pafft er e felice aspira ed espira Seinen echten türkischen Taback il suo autentico tabacco turco Aus dem blanken Kopf Cassanders! dalla calva testa di Cassandro!

Parodie Parodia

Stricknadeln, blank und blinkend, Con ferri da calza, lucidi e risplendenti In ihrem grauen Haar, nei suoi grigi capelli, Sitzt die Duenna murmelnd, se ne sta seduta la vecchia signora, borbottando fra sé, Im roten Röckchen da. tutt’avvolta nelle sue gonne scarlatte.

Sie wartet in der Laube, Sta aspettando là nella pergola, Sie liebt Pierrot mit Schmerzen. ama Pierrot con cuore dolente, Stricknadeln, blank und blinkend, con ferri da calza, lucidi e risplendenti In ihrem grauen Haar. nei suoi grigi capelli.

Da plötzlich – horch! – ein Wispern! Ma ecco – ascolta! – un bisbiglio! Ein Windhauch kichert leise: una brezza ridacchia pian : Der Mond, der böse Spötter, La luna, malvagia e beffarda, Äfft nach mit seinen Strahlen – fa giocare i suoi raggi luminosi, Stricknadeln, blink und blank. facendone ferri da calza, lucidi e risplendenti.

Der Mondfleck Macchia di luna

Einen weißen Fleck des hellen Mondes Con una macchia bianca di luna piena, Auf dem Rücken seines schwarzen sul colletto del suo abito nero, Rockes, So spaziert Pierrot im lauen Abend, passeggia Pierrot nella dolce sera, Aufzusuchen Glück und Abenteuer. in cerca d’avventure e di felicità.

Plötzlich stört ihn was an seinem Anzug, Ad un tratto qualcosa sul suo abito lo turba. Er beschaut sich rings und findet Lo guarda da ogni parte e finalmente richtig – lo trova – Einen weißen Fleck des hellen Mondes una macchia bianca di luna piena Auf dem Rücken seines schwarzen sul colletto del suo abito nero. Rockes. Warte, denkt er: das ist so ein Ma va là! egli pensa: è una macchia Gipsfleck! di gesso! Wischt und wischt, doch – bringt ihn La sfrega e la sfrega, ma questa non va nicht herunter! via! Und so geht er giftgeschwollen, weiter, E allora se ne va, con l’animo esacerbato, Reibt und reibt bis an den frühen e sfrega e sfrega fino al mattino – Morgen – Einen weißen Fleck des hellen una macchia bianca di luna piena. Mondes.

Serenade Serenata

Mit grotesken Riesenbogen Con un grottesco arco gigante Kratzt Pierrot auf seiner Bratsche, Pierrot gratta sulla sua viola, Wie der Storch auf einem Beine, come una cicogna su una gamba sola, Knipst er trüb ein Pizzicato. pizzica triste un pizzicato.

Plötzlich naht Cassander – wütend Ad un tratto, però, se ne arriva Cassandro – Ob des nächtgen Virtuosen – furibondo col nottambulo virtuoso – Mit grotesken Riesenbogen con un grottesco arco gigante Kratzt Pierrot auf seiner Bratsche. Pierrot gratta sulla sua viola.

Von sich wirft er jetzt die Bratsche: Lontano scaglia ora la viola: Mit der delikaten Linken Con la sua delicata mano sinistra Fasst den Kahlkopf er am Kragen – afferra il calvo pel colletto – Träumend spielt er auf der Glatze sognante suona sulla calvizie Mit grotesken Riesenbogen. con un grottesco arco gigante.

Heimfahrt Ritorno in patria

Der Mondstrahl ist das Ruder, Il raggio di luna è il remo, Seerose dient als Boot; La ninfea fa da barca; Drauf fährt Pierrot gen Süden Così Pierrot va verso il sud Mit gutem Reisewind. con venti favorevoli al suo viaggio.

Der Strom summt tiefe Skalen La corrente canta sommesse note profonde Und wiegt den leichten Kahn. e fa oscillare lo scafo leggero. Der Mondstrahl ist das Ruder, Il raggio di luna è il remo, Seerose dient als Boot. la ninfea fa da barca. Nach Bergamo, zur Heimat A Bergamo, la sua patria, Kehrt nun Pierrot zurück; ritorna ora Pierrot; Schwach dämmert schon im Osten Con pallida luce verso oriente Der grüne Horizont. albeggia già il verde orizzonte. Der Mondstrahl ist das Ruder. Il raggio di luna è il remo.

O alter Duft Oh, vecchio profumo

O alter Duft aus Märchenzeit, Oh, vecchio profumo dai tempi delle fiabe, Berauschest wieder meine Sinne! ancora una volta turbi i miei sensi! Ein närrisch Heer von Schelmereien Una schiera scanzonata di scherzi maliziosi Durchschwirrt die leichte Luft. frulla con batter d’ali attraverso l’aria frizzante.

Ein glückhaft Wünschen macht mich Un allegro desiderio di gioie che tanto froh disprezzai in passato, Nach Freuden, die ich lang verachtet. mi rende ora felice. O alter Duft aus Märchenzeit, Oh vecchio profumo dai tempi delle fiabe, Berauschest wieder mich! ancora una volta m’incanti!

All meinen Unmut gab ich preis; Mi sono liberato di ogni mio rancore, Aus meinem sonnumrahmten Fenster. dalla mia finestra incorniciata di sole. Beschau ich frei die liebe Welt Contemplo libero l’amata terra Und träum hinaus in selge Weiten... e i miei sogni si perdono lontano felici... O alter Duft – aus Märchenzeit! Oh, vecchio profumo – dai tempi delle fiabe! SANDRO GORLI direttore

Sandro Gorli ha studiato composizione con frequentando contemporaneamente la facoltà di architettura di Milano e diplomandosi in pianoforte. Ha svolto attività di ricerca presso lo studio di Fonologia della RAI di Milano e ha seguito i corsi di direzione d’orchestra di Hans Swarowsky a Vienna. Nel 1977 ha fondato il Divertimento Ensemble, che ancor oggi dirige, svolgen- do un’intensa attività concertistica per la diffusione della musica contempora- nea. Dal 1990 al 1998 è stato direttore principale dell’ensemble Elision di Melbourne. Con le due formazioni ha realizzato negli ultimi anni di attività quattordici CD. Con l’Orchestra Sinfonica Siciliana ha realizzato la prima esecuzione italiana della Low Symphony di Philip Glass e, alla guida dell’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi, ha inciso due CD dedicati a Bruno Maderna. Fra i suoi lavori ricordiamo Me-Ti per orchestra composto su commissione di Bruno Maderna per l’orchestra RAI di Milano (premio SIMC ‘75), Chimera la luce per sestetto vocale, pianoforte, coro e orchestra (Festival di Royan ‘76 diretto da Giuseppe Sinopoli), On a Delphic reed per e 17 esecutori (pre- mio SIMC ‘80), Il bambino perduto per orchestra, Quartetto per archi, Le due Sorgenti per orchestra da camera, Super flumina per oboe, viola e orchestra scritto per il Festival di Babilonia del 1987 (premio Città di Trieste ‘89) e Requiem per coro misto a cappella composto per La Chapelle Royale diretta da Philippe Herrewege (CD Harmonia Mundi). Ha inoltre scritto su commissione di enti e ensemble di primo piano quali Orchestra RAI di Milano, Solisti Veneti, Fondazione Gulbenkian, Ministero della Cultura francese, Ministero degli Esteri italiano, Radio France, Orchestra Regionale Toscana, Ensemble Elision di Melbourne, Festival di Ginevra, Atelier du Rhin, Agon, Curia Arcivescovile di Milano, Orchestra Sinfonica di Lisbona e Milano Musica. Nel 1985 l’opera Solo ha vinto il premio Europa per il teatro musicale; nel 1994 l’opera Le mal de lune è andata in scena a Colmar e a Strasburgo. Insegna composizione presso il Conservatorio di Milano. È stato ospite della nostra Società nel 1978. DIVERTIMENTO ENSEMBLE

Fondato nel 1977 sotto la direzione di Sandro Gorli da solisti di fama interna- zionale e alcune fra le prime parti delle due più importanti orchestre milane- si, il Divertimento Ensemble si è rapidamente affermato in Italia e all’estero realizzando fino ad oggi più di 1000 concerti e 12 CD. Più di ottanta compositori hanno dedicato all’ensemble nuove composizioni che hanno contribuito a creare per il complesso un repertorio cameristico fra i più rappresentativi della nuova musica, non solo italiana. Ha effettuato concerti in Francia, Spagna, Portogallo, Svizzera, Germania, Austria, Belgio, Olanda, Inghilterra, Croazia, Slovenia, Polonia, Messico, Stati Uniti, Argentina, Giappone e Russia, oltre che nelle più importanti città italiane. Ospite nel 1978 del festival milanese Musical nel Nostro Tempo, nel 1980 ha debuttato al Teatro alla Scala con l’opera Il Sosia di Flavio Testi e un concerto monografico dedicato ad Aldo Clementi. È tornato alla Scala nel 1996, 1997 e nel 1998 con un concerto dedicato a Frank Zappa. Ospite dei maggiori festival di musica contemporanea in Europa, è stato invi- tato dalla Biennale di Venezia nel 1979, 1981, 1983, 1985, 1995, 2000, 2002, 2005, 2007 e 2008. Fra le sue incisioni più recenti l’opera Solo di Sandro Gorli (Ricordi), tre CD dedicati a Bruno Maderna (Satyricon, Don Perlimplin, Venetian Journal, Juilliard Serenade, Vier Briefe, Konzert für oboe und Kammerensemble), un’antologia di giovani compositori italiani (Fonit Cetra) e tre CD monogra- fici dedicati a Giulio Castagnoli, Alessandro Solbiati e Stefano Gervasoni (Stradivarius). Sono in preparazione due CD dedicati a Matteo Franceschini e Franco Donatoni. È stato ospite della nostra Società nel 1978.

Lorenzo Missaglia flauto Maurizio Longoni clarinetto Alessandro Dolci harmonium Riccardo Balbinutti percussioni Lorenzo Gorli, Andrea Mascetti violini Maria Ronchini viola Relja Lukic violoncello Piermario Murelli contrabbasso ELIZABETH NORBERG-SCHULZ soprano

Nata a Oslo da madre italiana, Elizabeth Norberg-Schulz ha studiato a Roma al Conservatorio di Santa Cecilia perfezionandosi in seguito con Hans Hotter, Peter Pears ed Elisabeth Schwarzkopf. Dopo aver vinto numerosi concorsi, tra cui il “Mozart Wettbewerb” di Salisburgo, il “Belli” di Spoleto e il Concorso Internazionale per canto lirico e da camera della Radio Bavarese, ha intrapreso una rapida e fortunata carriera internazionale in ambito concertistico e teatrale. La lista dei ruoli che ha interpretato e degli spettacoli ai quali ha partecipato è lun- ghissima. Basterà ricordare che sotto la guida di Riccardo Muti, alla Scala, ha cantato la parte di Susanna nelle Nozze di Figaro di Mozart, Nannetta nel Falstaff di Verdi, Vannella nei Dialogues des Carmélites di Poulenc. Questi ruoli, e moltis- simi altri, l’hanno vista protagonista nei maggiori teatri del mondo quali Lyric Opera di Chicago, Covent Garden di Londra, Concertgebouw di Amsterdam, Opéra Bastille e Théâtre des Champs-Élysées di Parigi, Teatro dell’Opera di Ginevra, Teatro Real di Madrid, Bayerische Staatsoper di Monaco, Metropolitan Opera House di New York. Ha collaborato con direttori di primissimo piano quali Claudio Abbado, Riccardo Chailly, Colin Davis, Carlos Kleiber, Lorin Maazel, Seiji Ozawa, Giuseppe Sinopoli e Georg Solti. Più di venti sono le produzioni discografiche alle quali Elizabeth Norberg- Schulz ha preso parte: molte opere, ma anche concerti con orchestra e Lieder. La registrazione dei Lieder del compositore norvegese Edvard Grieg è stato uno dei suoi dischi più amati dalla critica internazionale. Per il suo impegno nella musica e per la brillante carriera internazionale, nel 2004 è stata insignita da Harald V, re di Norvegia, del Cavalierato dell’Ordine di Sankt Olav. È per la prima volta ospite della nostra Società. MARIA GRAZIA BELLOCCHIO pianoforte

Maria Grazia Bellocchio ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio di Milano con Antonio Beltrami e Chiaralberta Pastorelli diplomandosi con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore. Successivamente ha studiato al Conservatorio di Berna con Karl Engel e a Milano con Franco Gei. Si è esibita con le maggiori orchestre italiane ospite di associazioni concerti- stiche quali Autunno Musicale di Como, Teatro Comunale di e Ferrara, di Parma, Settembre Musica di Torino, Società Barattelli dell’Aquila, Amici della Musica di Padova, Perugia, Firenze, Palermo, Messina e Vicenza, Teatro Grande di Brescia, Teatro Bibiena di Mantova, Università di Bologna e Ferrara, Teatro Donizetti di Bergamo, Società dei Concerti di Milano, Musica nel Nostro Tempo, Milano Musica, New Music of Middelburg, Klangforum di Vienna, Fondazione Gulbenkian di Lisbona, Festival di Strasburgo, Festival Présences di Parigi, Biennale di Venezia e Printemps des Arts di Montecarlo. In ambito cameristico ha collaborato con strumentisti quali Ingo Goritzki, Han de Vries, Renate Greis, Wolfgang Mayer, William Bennet, Sergio Azzolini e Rocco Filippini. Nel 1989 è stata invitata a far parte dell’Orchestra dello Schleswig-Holstein Musik Festival diretta da Leonard Bernstein. È assistente di Salvatore Accardo e Rocco Filippini ai corsi di perfezionamento dell’Accademia Walter Stauffer di Cremona. Nel 2001 è stata invitata dall’Università di Valparaiso (Cile) per una master class e alcuni concerti. Da diversi anni si dedica allo studio della musica contemporanea collaboran- do con il Divertimento Ensemble e Sandro Gorli. È per la prima volta ospite della nostra Società.

Il programma di sala dei concerti in versione pdf è disponibile sul nostro sito, www.quartettomilano.it, dal venerdì precedente il concerto. Prossimi concerti: lunedì 10 novembre 2008, ore 20.00 (fuori abbonamento) Teatro alla Scala Alfred Brendel pianoforte Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert martedì 11 novembre 2008, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Till Fellner pianoforte Lisa Batiashvili violino Adrian Brendel violoncello Beethoven, Kurtág, Birtwistle

Tre interpreti giovani ma già affermati a livello internazionale presentano un programma niente affatto convenzionale, manifestando il desiderio di far dialogare il repertorio classico con le musiche di oggi. La colonna vertebrale del concerto consiste in una piccola, ma eccentrica integrale beethoveniana, con l’esecuzione dei tre Trii dell’opus 1. Con questa raccolta di lavori Beethoven intendeva emanciparsi dal mondo del maestro Haydn, che si era sforzato di incanalare la travolgente forza espressiva dell’allievo nelle forme del linguaggio classico. Il distacco avvenne non senza qualche punta polemica, ma fu la prima affermazione di una personalità artistica destinata a sconvolgere e trasformare la musica del suo tempo. Due autori d’oggi, György Kurtág e Harrison Birtwistle, forniscono il contrappunto intelligente e ironico al linguaggio di Beethoven, con lavori rispettivamente per violino e pianoforte e per violoncello e pianoforte. Con storie e sensibilità differenti, entrambi gli autori sono legati alla tradizione, consapevoli tuttavia del distacco esistente tra quel mondo e le forme espressive della musica di oggi.

Discografia minima L. van Beethoven Trios op. 1 (Barenboim, Du Prè, Zukerman, Emi 3507982) martedì 18 novembre 2008, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Orchestra della Toscana Sir Neville Marriner direttore Monica Bacelli mezzosoprano Mozart, Schubert/Webern, Haydn Società del Quartetto di Milano via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281 www.quartettomilano.it e-mail: [email protected]