IX. I PAESAGGI

1. ILPERIODO PROTOSTORICO. L’ETÀ DEL BRONZO connessi alla pratica della transumanza. Entrambi, comunque, pre- sentano caratteri costanti, come la localizzazione su rilievi argillitici Il territorio di ha restituito, fino a oggi, scarse testimo- a quote non elevate e la vicinanza a corsi d’acqua di media e grande nianze riferibili ai periodi preistorico e protostorico. Alcuni mate- portata. Ulteriori indagini all’interno delle UT potrebbe portare al riali, attualmente conservati presso il Museo Archeologico di Pe- recupero di una maggiore quantità di materiale, contribuendo a me- rugia, documentano una frequentazione dell’area in età neolitica e 1 glio definire i rapporti tra questi modesti insediamenti e i siti ubicati durante l’età del Bronzo . Purtroppo l’assenza di precise indica- sulle pendici del Monte e del Monte Amiata 6. zioni che consentano una puntuale localizzazione di questo mate- Dall’area della rocca di Radicofani, inoltre, provengono altre tracce riale impedisce di formulare una qualsiasi ipotesi sulla natura del- di occupazione databili all’età del Bronzo finale. In particolare, lo l’insediamento nella zona fino alla media età del Bronzo. Gli scavi scavo ha consentito di individuare una struttura di tipo capannicolo, condotti all’interno della fortezza di Radicofani, infatti, hanno por- indiziata dalla presenza di buche di palo realizzate nella roccia vul- tato all’individuazione di un insediamento, forse stagionale, testi- canica 7. L’insediamento, anche in questo caso interpretabile forse moniato dalla presenza di alcuni frammenti di ceramica con deco- 2 come riparo stagionale, appare fortemente connesso con la viabilità razione appenninica . Il sito, per quanto in buona parte obliterato del territorio circostante. In questo periodo, infatti, i centri abitativi e asportato in seguito alle successive fasi di occupazione dell’area localizzati sulle pendici (Casa Carletti) e sulla sommità del Monte sommitale, sembra comunque dotato, in virtù della sua stessa po- Cetona conoscono un notevole incremento 8. sizione geografica, di un evidente carattere strategico. Il luogo, in- Per quanto riguarda il resto del territorio le ricerche di superficie fatti, consentiva un notevole controllo del territorio circostante e hanno consentito di censire cinque Unità Topografiche caratteriz- delle principali valli fluviali, tramite le quali già in questo periodo 3 zate dalla presenza di ceramica databile al Bronzo finale. Mentre le dovevano situarsi alcuni importanti percorsi viari . UT 118 e 148 9 sono interpretabili come semplici stazioni – a quanto La ricognizione ha portato all’individuazione di alcuni frammenti di ceramica di impasto, probabilmente databili al Bronzo medio, al- l’interno di due Unità Topografiche 4. La scarsità del materiale, uni- del resto, è imputabile non soltanto alla effettiva rete di distribuzione degli abitati o 5 alla relativa casualità dei rinvenimenti di superficie ma anche alle condizioni geo- tamente all’elevato grado di usura superficiale , impedisce di cogliere morfologiche del territorio (cfr. pp. 7-15). la reale natura di questi insediamenti, che potrebbero essere forse 6 Per una sintesi sugli insediamenti dell’età del Bronzo sul Cetona si veda SARTI, 1990, pp. 47-57; CUDA-SARTI, 1991-1992; CUDA-MARTINI-SARTI, 1998, p. 19. Per il 1 Si veda p. 22. Monte Amiata si veda CASI, 1996b. 2 ROSSI, 1998. 7 VILUCCHI, 1998, p. 139; ROSSI, in questo volume. 3 VILUCCHI, 1998, pp. 137-139. 8 SARTI, 1990, pp. 54-56. 4 Cfr. Catalogo delle Unità Topografiche nn. 59, 61. 9 L’UT 118, posta in località Palazzuolo, presenta una consistente fase di vita databile 5 In generale, i ritrovamenti di età preistorica e protostorica si presentano rispetto alle ai periodi orientalizzante e arcaico; l’UT 148, situata in località Caselle, presenta an- epoche successive, piuttosto scarsi. Il numero ridotto di siti databili a questo periodo, ch’essa una occupazione databile allo stesso periodo ma di dimensioni più ridotte.

Fig. 1. Le Unità Topografiche databili all’età del Bronzo

171

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Età del Bronzo:

frequentazione

stazione

Età del Bronzo medio:

frequentazione

stazione

Età del Bronzo finale:

frequentazione

stazione

villaggio

confini comunali

0 369 km

Fig. 2. Il popolamento nell’età del Bronzo pare – isolate, le UT 111, 112, 113 10 sembrano raggrupparsi a for- mare un piccolo villaggio. Ciascuna delle tre concentrazioni appare localizzata su modesti rilievi di forma mammellonare, situati a po- che decine di metri di distanza l’uno dall’altro. Nel caso di Molino della Vignaccia, la grande disponibilità di acqua, derivante dalla estrema vicinanza al corso del fiume Orcia, appare la motivazione dominante nella scelta insediativa. Nel territorio comunale di le recenti indagini di superfici e hanno portato all’individuazione di tracce di frequentazione, a poche centinaia di metri di distanza dal limite comunale con Radicofani, databili all’età del Bronzo 11. Il corso dell’Orcia si presenterebbe quindi come un’area cardine nel quadro del popolamento protostorico. Nel caso degli altri due siti, invece, la maggiore altimetria (590-610 metri per l’UT 148, 510-520 metri per l’UT 118, a differenza del 340-350 metri delle UT 111, 112, 113) sembra suggerire forme di

10 Le UT sono situate in località Molino della Vignaccia. 11 FELICI, 2004, pp. 299-301. Fig. 3. Tipologia delle Unità Topografiche databili all’età del Bronzo

172

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale insediamento che prediligevano luoghi posti in posizione dominante. Malgrado la labilità delle tracce archeologiche provenienti dalle ri- cerche di superficie, quindi, il territorio di Radicofani si presenta nel corso dell’età del Bronzo come una sorta di anello di congiun- zione tra il Monte Amiata, da un lato, e il e il resto del Chiusino, dall’altro. Dallo studio degli scarsi frammenti cera- mici, infatti, appare evidente una appartenenza della zona radico- fanese a quella facies culturale del Bronzo finale del gruppo “-Cetona” 12. Stefano Rossi

2. IL PERIODO ETRUSCO I siti etruschi localizzati all’interno dei limiti amministrativi del co- mune di Radicofani sono numericamente ridotti, soprattutto se si ef- fettua il paragone con altri territori dell’Etruria settentrionale già in- Fig. 5. Cronologia delle Unità Topografiche etrusche individuate dagati 13. Le ragioni di questa assenza vanno ricercate, più che nell’i- nevitabile grado di casualità dei rinvenimenti provenienti da ricerche senza, all’interno del Bosco Isabella (attuali giardini pubblici di Radi- di superficie, nella marcata marginalità di questa porzione dell’agro cofani, nella zona compresa tra l’abitato moderno e la Posta medicea), Chiusino. La stessa ricerca antiquaria prima e archeologica poi, del re- di mura in opera poligonale di età etrusca 15. In ogni caso, la localiz- sto, non aveva portato alla luce nessun sito databile al periodo etrusco, zazione di tutti i ritrovamenti nella zona limitrofa al cono vulcanico la- ad eccezione di alcuni significativi rinvenimenti localizzati tra la som- scia ipotizzare una presenza etrusca non trascurabile in quest’area. mità e le pendici del cono vulcanico di Radicofani. Si tratta della nota Quale che fosse la natura dell’insediamento qui localizzato, appare evi- stipe votiva, di dubbia localizzazione, attualmente conservata presso il dente il ruolo egemone da esso ricoperto rispetto al resto del territorio. Museo Archeologico di Firenze, di un’olla con coperchio – recanti en- Al momento d’intraprendere la ricognizione archeologica, quindi, il trambi una breve inscrizione – proveniente dalla zona limitrofa all’a- comprensorio comunale di Radicofani, a differenza del resto del Chiu- bitato di Radicofani, di un soggetto antropomorfo di provenienza im- sino, si presentava estremamente marginale e apparentemente non precisata e di scarsi frammenti ceramici provenienti dall’area della coinvolto nel sistema di distribuzione degli abitati presso i maggiori rocca 14. Sembrano, invece, inattendibili le notizie relative alla pre- valichi fluviali compresi tra il Monte Amiata e il Lago Trasimeno.

12 ZANINI, 2000b, pp. 32-34. L’età villanoviana 13 All’interno del progetto di Carta Archeologica della Provincia di , soltanto le ricerche condotte nel di hanno messo in evidenza una Le ricerche di superficie condotte nel territorio comunale di Radi- situazione analoga a quella di Radicofani: i siti di età etrusca individuati, infatti, sono cofani hanno portato all’individuazione di sole 13 Unità Topografi- stati due (CAMBI, 1996a, UT Rad 18 e Rad 51, pp. 74, 81; per i paesaggi di età etru- che databili genericamente ai periodi orientalizzante e arcaico. Nes- sca si veda nello specifico CIACCI, 1996, pp. 151-163). Negli altri territori il numero suna evidenza villanoviana o di età classica è stata rilevata. D’altro delle Unità Topografiche attribuibili all’età etrusca si è sempre dimostrato molto più elevato (VALENTI, 1995, pp. 393-398; CIACCI, 1999; NARDINI, 2001, pp. 135-143; canto, molte delle aree limitrofe non appaiono caratterizzate, per CAMPANA, 2001, pp. 276-282, 292-297); in particolare, nel caso di Pienza, il cui ter- quel che riguarda l’età del Ferro, da tracce di occupazione e sfrutta- ritorio comunale confina con quello di Radicofani, la ricerca ha portato all’indivi- mento intensivo delle campagne. Nel comprensorio amiatino sono duazione di oltre 20 UT per il periodo arcaico e oltre 40 UT per il periodo ellenistico noti soltanto tre vasi fittili databili alla prima età villanoviana prove- (FELICI, 2004, pp. 302-309). Appare significato il fatto che i due comuni meno inte- nienti da Semproniano 16 e una punta di giavellotto in bronzo recu- ressati da fenomeni di occupazione e sfruttamento delle campagne durante il periodo etrusco appartengano entrambi al comprensorio amiatino (comuni di Abbadia San Salvatore e Radicofani). 15 VILUCCHI, 1998, p. 145. 14 Si veda pp. 20-24. 16 PISTOI, 1989, pp. 87-88.

Fig. 4. I siti noti di età etrusca

173

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Foce, a cavallo dei comuni di Pienza e Chianciano, la necropoli di Tolle sembra attestare la precoce importanza del valico e del percorso viario che lo attraversava e che metteva in comunicazione la Val di Chiana con le zone costiere 20. Presso Chiusi, infine, sembrano oc- cupate, di preferenza, le alture poste a ovest e a nord dell’attuale pe- rimetro urbano, più prossime allo sbocco verso la Val di Chiana, che costituiva un tratto del percorso raccordante l’Etruria padana con quella meridionale interna 21. Già in età villanoviana, quindi, appaiono occupate le principali aree insediative dei periodi successivi, destinate, in molti casi, ad avere una lunga continuità di vita fino all’età ellenistica. Radicofani, allo stato attuale delle ricerche, non sembra coinvolto in questo sistema di distribuzione degli abitati, sebbene la presenza, nell’area della rocca, di ceramica databile alla fase finale dell’età del Bronzo e al pe- riodo orientalizzante non escluda la possibilità di una frequentazione anche nel corso dell’età del Ferro.

Le età orientalizzante e arcaica Nel corso dell’età orientalizzante e arcaica il territorio di Radicofani è caratterizzato dalla presenza di scarse e modeste abitazioni e da al- cune tracce di frequentazione 22. La mancanza di elementi diagno-

mento che sono gli unici oggetti del territorio Chiusino attestanti la fase cronologica di passaggio tra l’età del Ferro e il periodo orientalizzante (CIACCI, 1985b, pp. 260- 261; MINETTI, 1997b, p. 23). Reperti di epoca villanoviana sono stati rinvenuti, in- fine, anche a Pietraporcina, Pianporcelli, Albinaia-Casolimpia e Boccacciano, a do- cumentazione di una diffusa presenza di villaggi nel settore nord/ovest del territorio sarteanese (MINETTI, 1997b, p. 23). 20 Presso il valico naturale tra la Val d’Orcia e la Val di Chiana, a La Foce, non lon- tano da Castelluccio di Pienza, è localizzata una necropoli etrusca, in parte scavata dal Fig. 6. I principali siti villanoviani citati nel testo Mieli negli anni Trenta del XX secolo e tuttora in corso di scavo, che ha restituito ma- teriali di età villanoviana. La necropoli è, con ogni probabilità, da ricollegare a un vil- perata presso Campigliola (nel comune di Castiglion d’Orcia) 17. A laggio, non ancora indagato, situato a poca distanza (CIACCI, 1985a, p. 68; PAOLUCCI, est di Radicofani, è principalmente a presentare cospicue 1986, p. 21; PAOLUCCI, 1988a, p. 103; PAOLUCCI, 1997b, p. 15; PAOLUCCI, 2000a; BETTINI, 2000, p. 52, nota 5; PAOLUCCI, 2001a, p. 72) tracce di occupazione del territorio, testimoniate però esclusiva- 21 BETTINI, 2000a, pp. 56-57; BETTINI, 2000b, pp. 54-56. Il villanoviano di Chiusi mente da necropoli, come quelle localizzate presso Poggio Rotondo, presenta caratteri peculiari rispetto ai grandi centri dell’Etruria meridionale: l’area dove Sferracavalli, Pietraporciana, Albinaia, Boccacciano, Pianporcelli 18. sorgerà la città storica, infatti, non sembra particolarmente privilegiata rispetto ai colli La loro dislocazione, nelle aree montane del territorio comunale, te- circostanti, né occupata da un agglomerato già accentrato. Il dato più interessante è la stimonia una evidente continuità nelle scelte insediative con il pe- probabile continuità di vita sulle due sommità occupate nell’età del Bronzo finale (ZA- NINI, 2000a, pp. 45-46; ZANINI, 2000b, pp. 28-30), originariamente divise da selle col- riodo precedente, malgrado la prima fase villanoviana sia scarsa- mate presumibilmente in età imperiale. Purtroppo gli interventi di epoca successiva, e 19 mente documentata soltanto in alcune di esse . Nell’area de La in particolare la costruzione delle mura urbane (MAETZKE, 1985), hanno profonda- mente intaccato e distrutto una parte considerevole delle testimonianze protostoriche. 17 PISTOI, 1989, p. 38. Interessante il parere di Ciacci che esclude che tale rinveni- Tracce di capanne dell’età del Ferro sono documentate su entrambe le sommità, pur mento possa essere indicativo di una frequentazione, dal momento che la classe di og- non consentendo di definire né l’estensione né l’articolazione dell’abitato, mentre le getti cui appartiene, quella delle armi, appare piuttosto legata all’ambito dei contatti più cospicue testimonianze villanoviane sono state individuate sui colli circostanti la e degli scambi che non a quello della cultura locale (CIACCI, 1996, p. 152). città, e in particolare sui rilievi occidentali e settentrionali (RASTRELLI, 1993a, pp. 115 18 MINETTI, 1997b, p. 23; BETTINI, 2000a, p. 52. ss.). L’abitato più vasto individuato fino a oggi e in parte scavato è ubicato sul colle di 19 Scarsa è la documentazione della prima fase villanoviana nel territorio di Sarteano, Montevenere: si tratta di un insediamento di pendice, disposto sul versante occiden- mentre molto più numerosi sono i materiali di VIII secolo e quelli che documentano tale del colle, prospiciente la Val di Chiana. All’interno dell’area sono state individuate la fase di passaggio tra il villanoviano e il primo periodo orientalizzante. Molto signi- almeno 12 strutture di tipo capannicolo, forse con destinazioni diverse, che sembrano ficativa a questo riguardo è la necropoli di Sferracavalli, dove, tra il 1875 e il 1879, per lo più semi-incassate negli strati geologici che costituiscono l’ossatura della collina furono rinvenute circa 140 tombe a pozzetto, contenenti il classico biconico coperto (BETTINI-ZANINI, 1995, pp. 158-161; BETTINI, 2000a, pp. 53-54). Altre tre aree in- da una ciotola e, in questo caso, privo di decorazioni (D’AVERSA, 1984, p. 85; MI- sediative sono state individuate sui rilievi collinari posti intorno alla città, insieme a un NETTI, 1997b, p. 23). La necropoli, per la sua collocazione presso la concentrazione numero cospicuo di ritrovamenti isolati, difficilmente riconducibili ad ambito dome- di abitati della precedente fase protovillanoviana e per la semplicità delle sue tombe, stico o funerario (RASTRELLI, 1993a, pp. 117 ss.). In generale l’area periurbana di potrebbe aver avuto un ruolo di primaria importanza per la formazione della cultura Chiusi appare caratterizzata da più insediamenti disposti prevalentemente sulle pen- villanoviana nell’area, malgrado tali segni di arcaicità siano stati talvolta giudicati sem- dici collinari, a una quota superiore ai 300 metri, spesso sui crinali piuttosto che sulle plicemente come indizi di cantonalità (TORELLI, 1990, p. 308). Un’altra necropoli, sommità dei rilievi, che appaiono estremamente ridotte (BETTINI, 2000a, pp. 56-57). sempre all’interno del territorio comunale di Sarteano, in località Poggio Rotondo, 22 I dati relativi al periodo etrusco sono stati sinteticamente pubblicati in un contri- che ha restituito abbondanti materiali villanoviani, è stata scoperta nel 1951 da Gu- buto uscito nel 2004 (BOTARELLI, 2004). Le differenze riscontrabili tra l’articolo in glielmo Maetzke. Anche qui, come a Sferracavalli, i materiali ceramici sono piuttosto questione e la presente carta archeologica derivano dall’analisi più approfondita ef- poveri, con olle e ciotole non tornite che documentano un livello produttivo piutto- fettuata nel lasso di tempo intercorso: a un più attento studio della ceramica, infatti, sto arretrato. Malgrado questo, rivestono comunque un interesse notevole, dal mo- alcuni siti hanno subito delle parziali modifiche circa la loro cronologia o interpreta-

174

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 7. Le Unità Topografiche databili alle età orientalizzante e arcaica stici all’interno di molte Unità Topografiche, caratterizzate da scarsi piere spostamenti verso il fondovalle, unitamente alla grande dispo- frammenti di ceramica di impasto, impedisce di effettuare una scan- nibilità d’acqua, dovevano apparire requisiti importanti in un pe- sione cronologica più articolata, obbligando a trattare i due periodi riodo in cui il popolamento prediligeva ancora posizioni elevate 26. congiuntamente. Questa sostanziale povertà della cultura materiale È possibile che il sito in questione sia da considerare in qualche modo locale appare tanto più significativa se paragonata al grande dinami- inserito all’interno delle vicende che interessavano il resto del territo- smo del resto del Chiusino, dove, soprattutto a Chiusi e Chianciano, rio. Le necropoli di Sarteano, il comune più vicino a quello di Radi- a partire dall’ultimo quarto del VII secolo, le necropoli testimoniano cofani, mostrano, infatti, una diversificazione dei ruoli sociali e una ric- la nascita di un ceto aristocratico legato al controllo e allo sfrutta- chezza che sono indice di una nuova concezione del potere, legato mento agricolo del territorio 23. D’altro canto, lo stesso comprenso- principalmente allo sfruttamento agricolo del territorio. In quest’ot- rio sarteanese, per quanto privo dei principali simboli del potere ari- tica è probabile che l’abitato di Palazzuolo sia da considerare come una stocratico – i troni e gli ossuari in bronzo – mostra già nel periodo sorta di insediamento satellite, fortemente subordinato a una delle co- orientalizzante un notevole progresso delle attività artigianali e una munità cui le necropoli fanno riferimento. Il rinvenimento di un osso significativa estensione delle aree insediative 24. umano (all’interno dell’UT 119) potrebbe indicare la presenza di se- Nel territorio comunale di Radicofani, il sito in migliore stato di polture che, se confrontate con le coeve tombe a camera dell’agro conservazione è costituito da un piccolo nucleo abitativo localizzato Chiusino, dovevano apparire poverissime. In un clima in cui la diffe- a est del cono vulcanico, non lontano dalle sorgenti del fiume Orcia renziazione sociale cominciava a farsi sempre più vistosa è possibile che e del torrente Rigo 25. Il luogo si presenta oggi come un rilievo di una tale semplicità nel rito funerario indichi la condizione servile o se- forma allungata – con direzione nord-sud – avente pendii piuttosto miservile di quanti abitavano la struttura. D’altro canto, la presenza di ripidi. La sommità è costituita da una sorta di stretto pianoro carat- sepolture farebbe escludere un’interpretazione del sito come semplice terizzato, al suo interno, da una variazione altimetrica di soli 10 me- riparo stagionale legato alle attività di transumanza che, sebbene for- tri (530-540 metri s.l.m.) a fronte di una lunghezza di 650 metri e temente diminuite rispetto all’età del Bronzo, continueranno a carat- di una larghezza variabile tra i 50 e i 100. I fianchi del rilievo sono terizzare l’economia della zona fino all’età moderna 27. profondamente scavati da una serie di calanchi, all’interno dei quali Il materiale rinvenuto sembra suggerire una durata di vita del sito di scorrono corsi d’acqua di scarsa portata, in buona parte immissari del circa 150 anni, tra la seconda metà del VII e il VI secolo d.C. 28, la- Rigo. Sebbene sia difficile stabilire con precisione lo stato di erosione sciando immaginare un abbandono alla fine dell’età arcaica. – oggi molto vistoso – cui la zona era soggetta oltre 2500 anni fa, è Sappiamo, del resto, che molti dei siti minori del territorio chiusino comunque possibile cogliere le motivazioni che hanno portato a que- subirono continue flessioni nei secoli VII e VI, a differenza degli op- sta scelta insediativa. La possibilità, infatti, di dominare il territorio pida, che non sembrano mostrare segni di recessione o abbandono circostante e al tempo stesso di coltivare il pianoro senza dover com- almeno fino all’età classica 29.

26 Si pensi, ad esempio, alla necropoli di Solaia, il cui abitato doveva verosimilmente zione. La diversa numerazione dipende, invece, dalla necessità di colmare i vuoti che trovarsi dove sorge l’attuale Castiglioncello del Trinoro, a 780 metri di altitudine, nel- inevitabilmente si creano in corso di studio, in seguito alla soppressione di alcune l’attuale comune di Sarteano (MINETTI, 1997a, pp. 24-25). Unità Topografiche. 27 PICCINNI, 1989, pp. 203-204; PICCINNI, 1990, pp. 49-50. 23 RASTRELLI, 2000b, p. 68; MINETTI, 2000b; Minetti, 2000a; MAGGIANI, 2000, pp. 28 L’UT ha restituito il numero più cospicuo di materiale databile al periodo orienta- 258-259, 263-264; PAOLUCCI, 2002, pp. 247-263. lizzante-arcaico, tra cui una scodella in impasto grezzo prodotta tra la fine del VII e il 24 MINETTI, 1997a, pp. 23-24. VI secolo a.C. (tav. 3.4), un frammento di bucchero (tav. 3.3) e una parete decorata 25 Si veda il catalogo delle Unità Topografiche: UT 118, 119, situate entrambe in lo- a bugnette e incisioni semicircolari in impasto bruno sottile (tav. 3.2). calità Palazzuolo. 29 RASTRELLI, 2000c, pp. 116-118.

175

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Il rinvenimento, in superficie, di frammenti di incannicciato induce Bisogna, infine, sottolineare l’eccezionalità delle condizioni pe- a pensare che il modello abitativo utilizzato nell’abitato fosse di tipo dologiche che hanno portato al riconoscimento delle UT 118 e capannicolo, caratterizzato dalla presenza di elevati in argilla pres- 119. La tardiva messa a coltura dei terreni in località Palazzuolo, sata e da un tetto probabilmente stramineo. L’assenza di scavi siste- infatti, ha fatto sì che materiali facilmente deperibili, come la ce- matici relativi a strutture rurali di epoca orientalizzante e arcaica nel ramica d’impasto, si siano conservati nel sottosuolo fino a po- resto del territorio Chiusino impedisce di formulare ipotesi più det- chissimi anni fa, venendo facilmente individuati nel corso della tagliate a questo proposito 30. ricognizione. Non è da escludere che altri siti analoghi esistessero in questa porzione del territorio di Radicofani, caratterizzata dal- 30 Presso Chiusi, in ambito suburbano, è stata recentemente indagata una struttura l’abbondanza di acqua e dalla vicinanza agli oppida di Sarteano; abitativa databile all’età arcaica. Le pareti dell’edificio erano costituite da una zoccolo se così fosse, le intense attività agricole degli ultimi quarant’anni, in pietra e un elevato in graticcio, mentre i muri divisori erano realizzati in mattoni condotte tramite l’impiego di mezzi meccanici, ne avrebbero in- crudi. Un tetto in tegole a doppio spiovente ricopriva i vari ambienti, di cui due sol- tanto si sono conservati. La trave di colmo era rivestita da coppi e il bordo del tetto teramente cancellato le tracce. era probabilmente ornato da lastre architettoniche, di una delle quali lo scavo a con- Per quanto riguarda il resto del territorio comunale di Radicofani, è sentito il recupero (GASTALDI, 1998b; GASTALDI, 1998c; MORETTI GIANI, 1998; principalmente a sud e a est dell’attuale abitato che si concentrano le PAOLUCCI, 1998; GASTALDI, 2000). Si tratta, come è evidente, di un edificio caratte- rizzato da una maggiore varietà e ricchezza di materiali, ben difficilmente confronta- bile con le modeste strutture individuate presso Palazzuolo. nello stesso sito abitazioni in muratura coperte da tetti di tegole (WARD PERKINS- Gli scavi condotti a Veio-Campetti, presso la porta nord/ovest, hanno messo in luce MURRAY THREIPLAND, 1959, p. 68). È possibile immaginare che un attardamento del una capanna rettangolare, suddivisa in due ambienti uguali, caratterizzata da tetto modello abitativo veiente più antico potesse aver luogo in un’area conservativa come stramineo, probabilmente displuviato, e porte sul lato lungo. La struttura è datata alla l’agro Chiusino, e, in particolare, in un insediamento dotato di caratteristiche di mar- prima metà del VII secolo, mentre già nella seconda metà cominciano a comparire ginalità e dipendenza politica.

Siti di età orientalizzante-arcaica:

capanna frequentazione villaggio

Siti noti: abitazione

necropoli

1. Tolle - 2. Chianciano - 3. Morelli 4. Poggio Rotondo - 5. Macchiapiana 6. Albinaia - 7. Madonna la Tesa 8. Sferracavalli - 9-10. Poggio Villanova 11. Tribbioli - 12. Cancelli - 13. Santa Maria

confini comunali

0369 km

Fig. 8. Il popolamento nelle età orientalizzante e arcaica

176

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale altre attestazioni. Nella zona più settentrionale, invece, la ricogni- dicofani e – in località Caselle, su di una precedente zione ha portato all’individuazione di due soli siti. In località Le Co- stazione databile all’età del Bronzo finale, è stata individuata una nie – non lontano dall’incrocio stradale tra la strada provinciale 93 struttura abitativa di ridotte dimensioni che ha restituito un fram- di e la strada provinciale 26 di Radicofani – sono stati mento di ceramica italo-geometrica e uno di bucchero grigio. Per documentati alcuni frammenti di ceramica di impasto, riconducibili quanto il materiale sia numericamente poco consistente, il fatto stesso forse a una struttura abitativa 31. Malgrado l’esiguo numero del ma- che nel luogo non sia documentata soltanto ceramica di impasto, la- teriale raccolto, infatti, l’ottima posizione strategica del sito indur- scia supporre una frequentazione probabilmente non solo locale an- rebbe a ipotizzare la presenza di un vero e proprio insediamento piut- che del percorso collinare transitante ai piedi del cono vulcanico 38. tosto che una semplice frequentazione del luogo. L’incrocio del prin- In località Casano, infine, a circa un chilometro dalla attuale strada cipale asse viario del territorio, avente direzione nord-sud, con i due provinciale di Sarteano, è situata una casa di piccole dimensioni da- percorsi diretti verso il fondovalle del Formone e del Paglia doveva tabile genericamente ai periodi orientalizzante e arcaico, mentre altre costituire già in antico un luogo ottimale per controllare in qualche tracce di frequentazione coeve sono state individuate sulle pendici di misura il transito delle merci ed esitare i prodotti derivanti dall’atti- Poggio Gello, in prossimità delle sorgenti del fiume Orcia. In questa vità agricola della zona. A poche centinaia di metri a nord, del resto, seconda località, in particolare, la scarsa visibilità archeologica pre- si colloca un’altra struttura abitativa databile, con ogni probabilità, sente al momento della ricognizione non ha consentito di approfon- all’età arcaica 32. L’UT ha restituito, insieme a scarsi frammenti di dire l’indagine, facendo sì che la loro interpretazione sia tuttora dub- ceramica di impasto e a materiale con datazione recenziore, una pa- bia. Allo stato attuale, infatti, è impossibile stabilire con certezza se si rete dipinta di anfora da trasporto (tav. 4.3). Malgrado persista un tratti di semplici frequentazioni o di insediamenti stabili, probabil- consistente margine di dubbio sulla reale natura della porzione di- mente assimilabili a strutture abitative di tipo capannicolo. Molto si- pinta (interpretabile come semplice colatura di pigmento da una fa- gnificativa appare la presenza nella zona di una strada poderale che, scia situata sulla spalla del vaso o come porzione di una più ampia dopo aver percorso buona parte dell’alta Val d’Orcia, oltrepassa le sor- iscrizione di lettura problematica) 33, appare comunque degno di genti in un punto di facile transito, dove anche in inverno la portata nota il rinvenimento di un tipo di contenitore destinato al trasporto, del fiume è molto ridotta, per proseguire in direzione est, lambendo e quindi al commercio, di derrate alimentari 34. le pendici meridionali del Monte Cetona. È probabile che questo per- Sui primi rilievi prospicienti il corso del Paglia, non lontano dal corso sia un’antica direttrice viaria che metteva in comunicazione le podere Galichino, la ricognizione ha portato all’individuazione di estremità orientali e occidentali del territorio Chiusino, collegando altre tracce di frequentazione, che, insieme alle strutture localizzate così l’agro vulcente con quello volsiniese, come confermerebbe la pre- presso la confluenza tra Paglia e Rigo 35, confermano l’esistenza e senza di necropoli di una certa rilevanza 39. l’importanza di un percorso viario che sfruttava la facile via delle La povertà dei materiali impiegati per realizzare le strutture abitative valli del Formone e del Paglia, raccordando il corso dell’ e l’elevato grado di erosione del suolo, che ha fortemente condizio- con quello del Tevere 36, di cui il Paglia è appunto il maggior af- nato le campagne di ricognizione, purtroppo non consentono di co- fluente. In particolare, si potrebbe forse ravvisare nei tre siti loca- gliere a pieno la realtà della tipologia abitativa dei siti radicofanesi. lizzati immediatamente a sud del limite meridionale del territorio In generale, il tipo abitativo di epoca arcaica è di solito costituito da di Radicofani 37 una sorta di villaggio aperto costituito da modeste case di dimensioni ridotte, a pianta quadrangolare, articolate in due abitazioni caratterizzate da elevato in materiale deperibile, coper- o più vani ottenuti con muri divisori perpendicolari ai muri lunghi. tura straminea e più raramente in laterizi, e da vasellame non pre- Il pavimento è normalmente in terra battuta, mentre l’alzato è rea- giato prodotto localmente. lizzato in mattoni crudi o in graticcio. Il tetto, che poteva essere a La viabilità, d’altro canto, appare l’elemento di maggior peso nelle spiovente unico o doppio, a seconda della grandezza dei vani, rimase scelte insediative dell’area radicofanese. Lungo lo spartiacque dei dotato di copertura straminea per buona parte del VII secolo, fiumi Paglia e Rigo – che coincide con l’attuale strada che collega Ra- quando cominciarono a comparire i laterizi veri e propri 40. Case di questo tipo, però, richiedevano competenze artigianali specifiche, comportando anche una notevole spesa di realizzazione. Si può im- 31 Vedi catalogo delle Unità Topografiche: UT 28. L’UT, che non ha restituito ma- maginare, pertanto, che esse siano state appannaggio, almeno nei teriale diagnostico, è genericamente databile ai periodi orientalizzante e arcaico. 32 Vedi catalogo delle Unità Topografiche: UT 40. primi tempi, dei ceti più abbienti, mentre le classi subalterne conti- 33 Vedi tav. 4.3. nuarono ad abitare in strutture di tipo capannicolo, come nel caso 34 È possibile che l’anfora sia una produzione vulcente. Proprio con questa città, del degli edifici di Radicofani. resto, Chiusi intrattenne intensi rapporti commerciali in età arcaica e classica (RA- Altrettanto difficoltoso, in mancanza di dati pollinici provenienti da STRELLI, 2000c, p. 116). Vulci, infatti, fu sicuramente il tramite della abbondante ce- scavi stratigrafici, è identificare con chiarezza il tipo di attività agri- ramica attica attestata nel Chiusino (RASTRELLI, 2000c, p. 116), così come, probabil- mente, delle anfore samie rinvenute a Chiusi, Chianciano, Sarteano e Camposervoli cole svolte dalle comunità rurali etrusche in epoca così antica. È pro- (PAOLUCCI, 2000b, p. 150, con particolare riferimento alla nota 22). In generale sulle anfore etrusche si veda Commercio arcaico, 1985, con particolare riferimento a NARDI- 38 La ceramica italo-geometrica è principalmente prodotta nei grandi centri dell’E- PANDOLFINI, 1985; GRAS, 1989; PERKINS, 2002a, p. 77, con bibliografia. truria meridionale, come Cerveteri, Veio, Tarquinia e Vulci (MARTELLI, 1987b, p. 35 Vedi catalogo delle Unità Topografiche: UT 157, 159, 160. 16). Il fatto stesso che il frammento sia stato rinvenuto presso il corso del fiume Pa- 36 Sappiamo da una notizia di Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, III, 51) che l’Om- glia, il cui fondovalle rappresentava per la zona amiatina il principale asse viario di pe- brone nell’antichità era navigabile (navigiorum capax), certamente fino alla confluenza netrazione verso sud, sembrerebbe confermare la vivacità di questo percorso. con il Merse, se non addirittura fino a quello con l’Orcia. Le vie d’acqua intermedie 39 A poca distanza dalla zona sono ubicate alcune importanti necropoli orientalizzante tra la costa e l’asse Tevere-Chiana divennero infatti delle vie di penetrazione verso l’in- e arcaiche, come Albinia, Sferracavalli, Madonna la Tea, Macchiapiana, Poggio Ro- terno (CRISTOFANI, 1985d, p. 15). tondo (nel comune di Sarteano), Cancelli e Santa Maria (nel comune di Cetona). Per 37 I siti sono situati nel comune di , dove, per altro, è nota, ol- una sintesi si veda PAOLUCCI, 2002, pp. 247-263. tre alla necropoli di Cancelli, anche una tomba a ziro isolata databile proprio al pe- 40 CAMPOREALE, 1986, pp. 258-260; MANINO, 1989, pp. 337-340; TORELLI, 1985a, riodo orientalizzante (RASTRELLI, 1990; PAOLUCCI, 2002, p. 249, con bibliografia). pp. 21-32.

177

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana, alla metà degli anni Novanta, all’interno della rocca sono venuti alla luce alcuni frammenti di piattelli e coppette in bucchero 43. Purtroppo la decontestualizzazione del materiale, tutto proveniente da un consi- stente riporto di terreno effettuato nella seconda metà del XII secolo d.C. 44, impedisce di cogliere l’estensione e l’articolazione dell’inse- diamento, riconducibile forse a una struttura di tipo santuariale. Seb- bene, infatti, gli indizi a suffragio di questa ipotesi siano al momento ancora molto labili, appare verosimile che già prima del III-II secolo, quando è documentato il deposito votivo costituito dai bronzetti con- servati al Museo Archeologico di Firenze (cfr. infra), l’area sommitale di Radicofani si configurasse come un luogo dalla duplice valenza sa- crale e strategica. Lo stesso santuario di età classica di Seggiano 45, sul versante nord-occidentale del Monte Amiata, sembra confermare la funzione di controllo del territorio e della viabilità svolto dai siti a ca- rattere cultuale localizzati in questa zona periferica dell’agro Chiusino, ai confini con le città costiere di Vetulonia e Roselle, da un lato, e quelle dell’interno come Vulci e Volsinii, dall’altro 46. Fig. 9. Olla in ceramica grezza

Fig. 10. Tipologia delle Unità Topografiche databili all’età orientalizzante e arcaica Fig. 11. Anfora da trasporto etrusca dipinta babile che la situazione di età ellenistica, con una predominanza della L’età classica cerealicoltura sulle colture arboree, rispecchi una tradizione di vec- L’indagine di superficie non ha individuato nessun sito databile al- chia data diffusa su tutto il territorio etrusco. D’altro canto, è pro- l’età classica. La scarsità di tracce riferibili a questo periodo, all’interno prio tra la fase finale dell’orientalizzante e la piena età arcaica che si di progetti di archeologia dei paesaggi, appare ormai un elemento dif- affermano in modo stabile le produzioni vitivinicola e olearia, il cui fuso 47. Il V secolo, definito spesso come un secolo di crisi, è spesso surplus fu oggetto di esportazioni sistematiche 41. Questo tipo di con- caratterizzato dalla soluzione dei conflitti dell’età precedente 48. In duzione mista della terra ben si adatterebbe alla situazione del terri- torio indagato, dove il concentrarsi dei pochi siti presso le valli flu- 43 VILUCCHI, 1998, p. 139. viali o sui rilievi meno impervi sembra testimoniare un’ampia diffu- 44 VILUCCHI, 1998, p. 139. sione delle attività agricole, oltre a quelle pastorali. Contempora- 45 Ciacci ipotizza che il santuario sia nato alla fine dell’età arcaica, quando Chiusi e neamente all’introduzione delle colture arboree della vite e dell’olivo Roselle, in seguito all’avvenuta configurazione urbana, ridefiniscono i territori di ap- viene definitivamente abbandonato il sistema di coltivazione per partenenza (CIACCI, 1996, p. 155). 46 “campi d’erba” a favore della rotazione bi-triennale del maggese, già Cfr. pp. 184-185. 47 Per quanto riguarda il progetto di Carta Archeologica della Provincia di Siena si ampiamente diffusa in Grecia 42. veda: per il Chianti Senese, VALENTI, 1995, p. 396; per il Monte Amiata, CIACCI, Un discorso a parte merita, infine, l’area limitrofa all’odierno abitato 1996, p. 157; per la Val d’Elsa, CIACCI, 1999, p. 305; per , NARDINI, 2001, di Radicofani. Tracce di frequentazione attribuibili all’età arcaica pro- p. 140; per , CAMPANA, 2001, p. 282; per Pienza, FELICI, 2004, p. 305. vengono infatti dalla sommità del cono vulcanico. Nel corso degli scavi 48 L’idea di crisi nasce in primo luogo proprio dalla documentazione archeologica, che appare in questo periodo meno ricca e abbondante rispetto all’età arcaica. Il feno- meno, a ben guardare, riguarda principalmente le aree più sviluppate del Sud ed è im- putabile, oltre che a fattori esterni (le guerre persiane, alle numerose turbolenze etni- 41 CRISTOFANI, 1985c, pp. 137-138; CRISTOFANI, 1981b, pp. 177-182; FORNI, 1989. che nell’intera penisola), a una diffusa involuzione oligarchica (TORELLI, 1981, 42 SERENI, 1961, pp. 35-39. Più in generale si veda GIULIERINI, 2002. p. 183). Questo ceto dominante appare caratterizzato da quella che, in ambito greco,

178

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale particolare, il conflitto tra campagna e città appare risolto a favore di valle dell’Astrone 53, caratterizzata da rilievi più dolci ed estese terre questa ultima, come testimonia l’abbandono dei principali palazzi di coltivabili, oltre che dalla maggiore vicinanza al centro urbano di età arcaica 49, e la forte ristrutturazione territoriali di molte città 50. Chiusi, che riveste comunque una incontestabile funzione di fulcro Nel Chiusino la situazione appare, in qualche modo, in contro ten- della concentrazione urbana. La presenza del maggiore asse viario del- denza. Il territorio si presenta ancora caratterizzato da nuclei di una l’Etruria interna transitante proprio per la Val di Chiana deve svolto certa rilevanza, come Chianciano, Sarteano, Castelluccio di Pienza, una ulteriore funzione di attrazione per il popolamento della porzione Città della Pieve, Castiglion del Lago 51. A Chianciano, la necropoli più occidentale del territorio che, nelle sue aree più periferiche come della Pedata non da segni di recessione 52, mentre nel Sarteanese si as- Radicofani, Pienza e le pendici orientali dell’Amiata non appare quasi siste a un evidente fenomeno di spostamento degli abitati verso la documentato. La presenza a Seggiano di un santuario databile, sulla base degli scarsi elementi noti, proprio all’età classica sembrerebbe 54 è stato definita “tesaurizzazione nascosta”, da un accumulo non esibito, cioè, di ric- suggerire una funzione di marker territoriale svolta dalla struttura . chezze (MUSTI, 1981, pp. 95-96). Significative a questo proposito appaiono il rifiuto dello strumento monetario o la diminuzione dell’uso della scrittura (TORELLI, 1981, L’età ellenistica p. 185 ; CATALLI, 2000, pp. 89-92). 49 Alla fine del VI secolo, quasi contemporaneamente sia Murlo che Acquarossa sono A fronte dei pochi siti sicuramente databili all’età orientalizzante e abbandonati (per Acquarossa si veda RYSTEDT, 1985, pp. 41-42; per Murlo si veda arcaica, la ricognizione ha messo in luce 20 UT di probabile età el- NIELSEN-PHILIPS, 1985, pp. 64-69; CIACCI, 2001). 50 Si pensi a Vulci, che amplia in suo dominio verso la valle del Fiora a spese della So- lenistica. La datazione proposta all’interno delle scheda di UT (“età vana arcaica e di Poggio Buco (BIANCHI BANDINELLI, 1929, pp. 18-19; COLONNA, ellenistico-repubblicana”) rende ragione della difficoltà di indicare 1977; MAGGIANI, 1985; PERKINS, 2002b, pp. 79-89; MAGGIANI, 2003, pp. 90-91; un puntuale inquadramento cronologico per questi siti, che sono ca- BARTOLONI, 1972; MOSCATI, 1985; CELUZZA, 1993, pp. 204, 205, 207), o a Roselle, ratterizzati dalla mancanza di elementi diagnostici. Si è quindi, ipo- che conquista definitivamente parte dell’entroterra, facendosi forse promotrice della teticamente, inserito in questa categoria temporale tutti quei siti che, distruzione di palazzo di Murlo (TORELLI, 1981, p. 188; BOCCI PACINI, 1981, p. 120). 51 RASTRELLI, 2000c, pp. 119-125; PAOLUCCI, 2000b, p. 148; PAOLUCCI, 2002, p. 266. 53 MINETTI, 1997b, p. 26. 52 PAOLUCCI-RASTRELLI, 1999; RASTRELLI, 2000c, p. 125. 54 CIACCI, 1996, pp. 155-157.

Fig. 12. Le Unità Topografiche databili all’età ellenistico-repubblicana

179

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale pur in assenza di elementi cronologici affidabili, erano però empiri- camente analoghi ad altri databili in maniera attendibile. Non si esclude, pertanto, che alcune delle Unità Topografiche che qui si presentano possano rivelarsi, in seguito a indagini di tipo stratigra- fico, più recenti (tarda età repubblicana). In questa fase l’occupazione del territorio sembra farsi più diffusa ri- spetto ai periodi precedenti: oltre alle valli fluviali, sono sede di stan- ziamenti stabili anche alcuni piccoli rilievi localizzati all’interno del territorio. In molti casi la vicinanza a corsi d’acqua di discrete di- mensioni, unitamente alla disponibilità di terreni non impervi e quindi facilmente arabili, deve essere considerata la motivazione principale di questa scelta insediativa. Anche il resto del Chiusino, d’altro canto, si presenta in età elleni- stica caratterizzato da un notevole incremento degli abitati rurali, 55 spesso di ridotte dimensioni . Le principali cause di questo feno- Fig. 13. Tipologia dei siti di età ellenistico-repubblicana meno vanno ricercate, da un lato, in un notevole incremento demo- grafico, dall’altro, nei moti libertari diffusi in tutta l’Etruria setten- ritorio. L’assenza di rinvenimenti in prossimità del corso del fiume trionale interna che portarono all’affrancamento di buona parte della Paglia potrebbero essere imputabili all’elevato grado di edificazione classe servile e alla parcellizzazione della terra 56. Allo stato attuale della zona – sede della principale area “industriale” del versante delle ricerche, è difficile stabilire se le strutture abitative di dimen- orientale del Monte Amiata –, per quanto non si possa escludere, in sioni maggiori possano essere considerate proprietà di questa nuova questa fase, una predominanza del percorso interno che lambiva le classe di liberi o se, più probabilmente, siano da considerare appan- pendici del cono vulcanico. La presenza del santuario proprio in naggio dei contadini di origine non servile che anche in precedenza questa zona, d’altro canto, sembra un elemento in grado di poter at- possedevano piccoli appezzamenti. La stessa area amiatina, scarsa- trarre il popolamento e la viabilità principale. È noto come tutti i mente abitata nelle fasi precedenti, appare adesso più densamente santuari, in generale, fossero sede di operazioni di carattere econo- popolata, per quanto probabilmente gestita, almeno nel settore mico. In essi, infatti, si gestivano le eventuali proprietà del dio e si nord-occidentale, da alcune famiglie aristocratiche 57. produceva spesso la maggior parte degli ex voto offerti dai fedeli. An- Tracce di frequentazione del massiccio di Radicofani sono ampia- che in assenza di questi due elementi, una certa rilevanza aveva la mente testimoniate dal rinvenimento di una consistente stipe vo- fornitura di animali per i sacrifici, oltre alle attività derivanti dal- tiva e di un’olla cineraria iscritta databili al III-II secolo a.C. Sta- l’afflusso di fedeli 60. bilire le connessioni tra i diversi ritrovamenti è, al momento, molto Altre tracce di occupazione del territorio derivano da alcuni fossili problematico. La presenza di un’area santuariale non farebbe esclu- linguistici tramandati dai documenti dell’abbazia di San Salvatore al dere, per sua natura, l’esistenza di un piccolo nucleo abitativo lo- Monte Amiata e dalla cartografia moderna. Si tratta di pochissimi calizzato intorno al cono vulcanico. Per quanto non siano note toponimi riconducibili ad andronimici etruschi, alcuni dei quali at- tracce archeologiche che confermino questa ipotesi, non si può co- testati anche in brevi iscrizioni sepolcrali di età ellenistica 61. In due munque escluderla in modo definitivo 58. Nulla vieta, d’altro canto, di immaginare che l’olla cineraria possa essere la testimo- nianza di una piccola area sepolcrale, forse da mettere in relazione 60 59 COLONNA, 1985b, p. 25. con il villaggio ubicato in località Le Caselle . 61 Il toponimo Bitena, attestato nella cartografia moderna nella forma Vitena (in cor- Più in dettaglio, il comprensorio comunale di Radicofani appare ca- rispondenza di due poderi, entrambi in stato di abbandono, a sud di Contignano, sul ratterizzato da piccole strutture abitative a destinazione unifami- versante che domina il corso del fiume Orcia) richiama l’andronimico etrusco Vetna, liare, talvolta raggruppate a formare modesti villaggi, e da tracce di Vetina, dal quale può essere derivata la forma *Vetena (PIERI, 1969, p. 47). Il gentili- frequentazione e sfruttamento agricolo del territorio. Ancora una zio è documentato all’interno di alcune brevi iscrizioni funerarie, impresse su tegole sepolcrali o ossuari in pietra o terracotta, provenienti dai territori di Chiusi e di Pe- volta, la viabilità appare un elemento non secondario nella deter- rugia (CIE nn. 970, 1132, 1576, 1946, 2179, 2331, 2671, 3047, 4185), redatte tra- minazione delle aree insediative. Buona parte delle Unità Topogra- mite l’impiego dell’alfabeto recente. La provenienza delle iscrizioni appare piuttosto fiche individuate, infatti, sono dislocate nelle principali valli fluviali interessante: oltre a una epigrafe proveniente dal territorio di Perugia e cinque da zone e lungo lo spartiacque che attraversa in senso nord-sud l’intero ter- non meglio precisate di quello di Chiusi, ve ne sono una proveniente da Cetona e un’altra rinvenuta presso Le Foci (in entrambi i casi, quindi, a breve distanza dal ter- ritorio comunale di Radicofani). Il gentilizio sembra aver conosciuto una certa diffu- 55 A Sarteano nascono nuovi insediamenti in aree mai occupate in precedenza, men- sione anche in età romana. Sono infatti attestati, nel periodo imperiale, due membri tre la zona di Solaia-Macchiapiana mostra segni di una evidente fioritura (MINETTI, della gens Vetina, entrambi di origine volterrana, o presunta tale (si veda Prosopo- 1997b, pp. 27-28). Una situazione analoga è riscontrabile a Chianciano, dove la vi- graphia, 1978, nn. 310, 311). Nel CDA è menzionato come Bitena e Bittena (nn. 6a, talità dell’area è testimoniata, oltre che dalle numerose abitazioni rurali e dalle necro- anno 747; 263, anno 1027; 272, anno 1036; 283, anno, 1066; 361, anno, 1094). poli, anche dalla presenza di più santuari (PAOLUCCI, 1997b, pp. 18-21). A Pienza le Il toponimo Mussona, noto soltanto dai documenti del Codex Diplomaticus Amiati- recenti indagini di superficie hanno consentito di individuare numerosi siti agricoli nus, è riconducibile al gentilizio etrusco Musu, Mus’u– unia, attestato poi nelle forme di piccole e medie dimensioni (FELICI, 2004, pp. 305-308). In generale sul Chiusino latine Musonius, Musenus –ienus –idius (PIERI, 1969, p. 29). A livello epigrafico sol- si veda RASTRELLI, 2000d, pp. 181-184. tanto due sono le iscrizioni in cui compare questo gentilizio. Si tratta di due urnette 56 CRISTOFANI, 1977, pp. 77-78; RIX, 1977. in pietra, su cui è incisa una breve formula onomastica, provenienti da Tarquinia 57 CIACCI, 1996, pp. 159-160. (CIE, 5546, 5547). Un C. Musonius Rufus, proveniente da Volterra, è documentato 58Per un esempio di oppido localizzato nell’area di tangenza tra Chiusi e Roselle si in età romana (Prosopographia, 1978, n. 753). Nel CDA è attestato nelle gorme Mus- veda DONATI, 2001. sona, Massona, Mosona, Mossone, Mussona, Mossona, Muxona, Muxone (n. 6a, anno 59 UT 145, 147, 149. 747; 6, anni 749-756; 134, anno 853?; 212, anno 996; 263, anno 1027; 272, anno

180

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 14. Toponimi di origine etrusca casi le pergamene del monastero amiatino si sono dimostrate estre- toponimi appartenenti allo strato linguistico etrusco viene a raffor- mamente preziose, tramandando dei nomi di luogo che, in seguito zare l’idea di una occupazione del territorio più intensa di quanto la ai fenomeni di incastellamento e di abbandono dei villaggi altome- labilità dell’evidenza di superficie effettivamente documenti. La dif- dievali, sono poi andati dimenticati 62. Non è agevole stabilire se il fusione in area chiusina di alcuni dei gentilizi da cui i toponimi di- processo di identificazione di un luogo con un andronimico indichi scendono sembrerebbe inoltre confermare i legami tra Radicofani e semplicemente la dimora o piuttosto, cosa che appare più probabile, il resto dell’agro 63. la proprietà. In ogni caso, la pur ridotta presenza, a Radicofani, di Il rinvenimento di frammenti di dolia, in buona parte delle Unità Topografiche, sembra indicare una ampia diffusione delle attività agricole, oltre che di quelle pastorali, principalmente indiziate dagli 1036; 277, anno 1046; 281, anno 1064; 283, anno 1066; 310, anno 1084; 315, anno scarsi pesi da telaio rinvenuti 64. È comunque molto probabile che il 1085; 319, anno 1094). Il toponimo Offena, documentato dal CDA, è collegato all’etrusco da Pieri a causa territorio di Radicofani fosse inserito all’interno dei principali per- della presenza della doppia spirante f e della terminazione in –na, pur non essendo al corsi a breve e medio raggio riguardanti la pratica della transumanza. momento noto alcun gentilizio cui ricondurlo. In latino sono invece documentati gli Il Monte Amiata, infatti, dovette costituire in età etrusca e romana andronimici Ofinius e Offonius (PIERI, 1969, p. 29). Un unico Ofonius è noto all’in- la principale meta, insieme al Cetona, degli spostamenti stagionali terno del panorama dei gentilizi latini: si tratta del noto Tigellino, prefetto del preto- legati all’allevamento transumante, che conosce proprio a partire dal- rio sotto Nerone, che sappiamo essere figlio di un agrigentino non altrimenti cono- 65 sciuto (Prosopographia, 1978, n. 91). È attestato nel CDA come Offena, Ofena, Of- l’età post-annibalica un incremento e una razionalizzazione . La di- fina, Offine (nn. 15, anno 765; 198, anno 937; 200, anno 962; 212, anno 996; 215, slocazione, infine, di alcuni siti in aree più interne e più elevate del intorno al Mille; 221, anno 1027; 272, anno 1036). territorio potrebbe suggerire uno sfruttamento delle risorse boschive. Il toponimo Ponano, attestato nel Codex Diplomaticus Amiatinus e nella cartografia La raccolta in superficie ha evidenziato anche una discreta quantità di moderna (corrisponde a un podere disabitato non lontano dalle sorgenti del torrente frammenti di incannicciato, che, se paragonata allo scarso numero di Rigo), è riconducibile al gentilizio etrusco Apunas –uni, da cui è discesa la forma *App- – laterizi, lascia supporre che le strutture abitative di età ellenistica non Aponanu. In latino ha dato luogo all’andronimico App- Aponius (PIERI, 1969, p. 48). In ambito etrusco il gentilizio Apunas è attestato a Volterra, nell’agro perugino, a Tar- fossero poi molto dissimili da quelle dei periodi precedenti. Il perdu- quinia, a Tuscania e a Cerveteri, in località Banditaccia (CIE nn. 104, 3669, 4152, rare di strutture di tipo capannicolo, del resto, s’inserisce bene in un 5439, 5688, 6066). In età romana sono noti sette personaggi aventi il gentilizio Apo- quadro economico e sociale di sostanziale povertà e cantonalità. Il fa- nius, dei quali però si ignorano le origini (Prosopographia, 1978, nn. 932-938; si veda moso passo di Livio 66, relativo all’avanzata di Quinto Fabio Rulliano anche la voce Apponius/Aponius in Thesaurus, 1900, pp. 293-294). È attestato nel CDA come Ponano, Ponano, Punanu (nn. 201, anno 962; 210, anno 995; 230, anno in Etruria, mostra una campagna popolata da una classe di semiliberi, 1009; 296, anno 1075; 297, anno 1075). alle dipendenze dell’aristocrazia locale. Probabilmente anche il tenore L’idronimo Socenna, infine, indica tuttora un affluente di sinistra del fiume Paglia. È riconducibile al gentilizio Sucnei, Zuchna – nei, poi trasformatosi in latino in So- cennius (PIERI, 1969, p. 39). L’andronimico etrusco è documentato in cinque iscri- 63 Si veda nota 49. In età romana, ad esempio, quasi tutte le famiglie cui apparten- zioni, di cui due provengono dall’abitato di Chiusi, due provenienti dall’agro Chiu- gono i magistrati cittadini risultano ben inserite all’interno dell’agro Chiusino me- sino e una da , nel comune di (CIE nn. 414, 1194, 1195, 2248, diante una o più epigrafi sepolcrali sparse nel territorio, che testimoniano loro radi- 2249). Si tratta anche in questo caso di brevi iscrizioni, recanti semplici formule ono- camento nei terreni agrari circostanti, presupposto fondamentale per potersi candi- mastiche, incise su urnette in pietra o tegole sepolcrali e redatte tramite l’uso dell’al- dare alle cariche pubbliche (PACK, 1988, p. 33). fabeto recente. Nel CDA è attestato un casale Saucine (n. 46, anno 796). A proposito 64 Nel vicino comune di Abbadia San Salvatore il numero di questo tipo di manufatti del toponimo Socenna si veda la nota 8 a p. 129. appare molto superiore. Le quote della zona, la presenza di versanti fortemente ac- Un ultima osservazione merita l’idronimo Orcia, ricondotto da Pieri, sulla scorta di clivi, unitamente alla diffusa presenza di pesi, potrebbero testimoniare forse una mag- Schulze (SCHULZE, 1904, n. 364), a un gentilizio latino Orcius (PIERI, 1969, p. 77). giore diffusione della pastorizia (FIRMATI-MENICONI, 1996, pp. 96-97). Alessio, invece, ha ipotizzato un’origine preromana, ricollegando il nome all’etrusco 65 Per la transumanza nei secoli della romanizzazione si veda PASQUINUCCI, 1979; urc (corrispondente al latino orca, urceus) col significato di “acqua”, “ruscello” (ALES- GIARDINA, 1989, pp. 91-97; TOYNBEE, 1983, pp. 345-358. SIO, 1958, p. 89). Data la difficoltà di definire l’etimologia del termine si è preferito 66 Liv., IX, 36, 12-13: “Postero die luce prima iuga Ciminii montis tenebat; inde con- non inserirlo all’interno della tabella e della carta riguardanti i toponimi di Radicofani. templatus opulenta Etruriae arva milites emittit. Ingenti iam abacta preda tumultua- 62 I toponimi Offena e Mussona, infatti, non sono altrimenti documentati. Il Codex riae agrestium Etruscorum cohortes, repente a principibus regionis eius concitatae, Diplomaticus Amiatinus, inoltre, riporta anche il nome di un casale indicato come Romanis occurrunt adeo incompositae ut vindices praedarum prope ipsi praedae fue- Saucine, probabilmente in riferimento all’area limitrofa al corso del torrente Socenna rint. Caesis fugatisque his, late depopulato agro Victor Romanus opulentusque rerum (CDA, I, n. 46). omnium copia in castra rediit”. Siamo negli anni 310-308 a.C.

181

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Siti di età ellenistico-repubblicana:

casa 1

casa / tomba frequentazione santuario

villaggio

Siti noti: abitato

abitazione

necropoli

santuario

1-3. Poggio Villanova - 4-5. Tribbioli - 6. Solaia 7. Aiola - 8. Costolaiola - 9. Le Tombe 10. Casella - 11. Camposervoli 12. Poggio Cencio - 13. Molino Burburigo

confini comunali

0369 km

Fig. 15. Il popolamento in età ellenistica di vita di molti contadini liberi non doveva essere molto dissimile da sebbene difficilmente quantificabile. Le aree di tangenza tra i terri- quello dei servi facenti parte della cosiddetta familia rustica. In gene- tori delle varie città sembrano presentare tutte un livello economico rale, le dimensioni delle abitazioni appaiono molto ridotte, in base bassissimo, all’interno del quale l’unica prospettiva di miglioramento alla norma per cui ogni dimora ospitava un solo nucleo insediativo, è spesso affidata alla possibilità di accesso al matrimonio con fami- costituito da padre, madre, figli ed, eventualmente, servi 67. glie di ceto medio, reso possibile dall’indebolimento generale della La vistosa differenza di prosperità tra l’area periurbana di Chiusi e i società e dal conseguente livellamento delle fortune 69. Le urnette fit- comprensori di Chianciano e Sarteano, da un lato, e la periferia ter- tili chiusine rappresentano l’immagine più diretta di questa realtà ru- ritoriale 68, dall’altro, non deve sorprendere più di tanto. Si tratta, in- rale, tramite la raffigurazione del combattimento dell’eroe con l’ara- fatti, di un fenomeno estremamente diffuso su tutto il suolo etrusco, tro o del fratricidio di Eteocle e Polinice, immagini evocanti la difesa contadina della terra e le sanguinose lotte civili 70. 67 CAMPOREALE, 1986, pp. 264-266. 68 Radicofani, San Quirico d’Orcia, Abbadia San Salvatore, , San Ca- sciano dei Bagni e, in direzione opposta, Gioiella e , presso il Lago Trasimeno. I paesaggi sacri Un caso esemplare a questo proposito proviene dal territorio vulcente, dove all’inizio Il ritrovamento di gran lunga più significativo effettuato all’interno degli anni Novanta è stata scavata una abitazione databile tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. Si tratta di una struttura di ridotte dimensioni (almeno nell’im- del territorio comunale di Radicofani è rappresentato dalla nota stipe pianto originario, poi ampliata, forse per ospitare più di un nucleo familiare) realiz- votiva attualmente conservata presso il Museo Archeologico di Fi- zata con un elevato in pietra e una copertura in laterizi. Gli indicatori paleobotanici renze. Si tratta di 12 bronzetti, tre appliques in terracotta e alcune mo- e la presenza esclusiva di ceramica prodotta in ambito regionale hanno fatto pensare nete acquistati nel 1898 dal museo fiorentino presso l’antiquario a una economia di pura sussistenza (PERKINS, 2002b, pp. 86-89, con bibliografia). Il quadro insediativo della Valle dell’Albegna, alla vigilia della conquista romana, si pre- sentava quindi caratterizzato da una evidente dicotomia tra i centri urbani (sedi delle 69 RIX, 1977, p. 73; HARRIS, 1977, p. 61. élites) e gli insediamenti rurali, occupati da una classe di contadini relativamente po- 70 CRISTOFANI, 1979, p. 123; TORELLI, 1981, pp. 155-153; TORELLI, 1985b, pp. veri (PERKINS, 2002b, p. 89). 309-310.

182

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 18. I presunti muri in opera poligonale segnalati da Neppi Modona (da Vilucchi, 1998, p. 140)

Fig. 16. Il Bosco Isabella zona, al fine di realizzare il parco, ebbero ufficialmente inizio nel 1901 in seguito al forte interesse di Luchini al problema del rimboschi- mento e della valorizzazione delle aree verdi 73, sebbene alcuni scassi fossero già stati eseguiti in precedenza, ancora senza una accurata pia- nificazione, facendo probabilmente sì che venissero alla luce i bron- zetti poi pervenuti nelle mani di Gabrielli. L’ipotesi, al momento non suffragata da prove inconfutabili, appare comunque degna di consi- derazione anche grazie alla segnalazione di Neppi Modona circa la presenza di muri “etruschi” all’interno del Bosco Isabella 74. Mal- grado, infatti, le strutture da lui indicate si siano rivelate, a una più at- tenta analisi, moderne, appare comunque significativa l’osservazione dall’autore circa la “frequenza con cui si rinvengono nei pressi idoletti e altri bronzi votivi etruschi” 75. La zona del Bosco Isabella sembra dunque essere, con ogni probabilità, l’area di provenienza della stipe. I 12 bronzetti conservati consistono in quattro figure maschili stanti, una figura femminile stante, sei figure di offerenti e un cavallino. Bentz, che ha catalogato il deposito, sottolinea l’omogeneità stilistica delle statuette, tutte inquadrabili nel III secolo a.C., a eccezione di una figura di offerente con corona, che sembrerebbe leggermente più tarda 76. Lo studioso, inoltre, sottolinea il carattere dionisiaco del de- posito, tramite l’identificazione di uno dei bronzetti con Fufluns- Dionysos, mentre Ciacci ipotizza l’esistenza nella zona di un culto delle acque, di tipo ctonio, indiziato da un bronzetto di Lare (oltre che dalla presenza nell’area in questione di sorgenti) 77.

baldino, poi deputato e senatore del Regno) iniziò alla fine dell’Ottocento a operare Fig. 17. Localizzazione del Bosco Isabella nell’area dell’attuale Bosco Isabella per realizzare il parco. L’opera si collega con gli ideali liberali della famiglia Luchini, in base ai quali il bosco è concepito come un luogo svincolato dai legami creati dall’uomo. Nella realizzazione del parco i Luchini usarono Carlo Gabrielli. Dall’atto di vendita si apprende che la stipe doveva dunque la massima attenzione nel rispettare l’andamento del terreno e delle preesi- essere in origine ben più consistente: si parla infatti di 92 idoletti, di stenze architettoniche (MANGIAVACCHI-PACINI, 1993, pp. 11-20). Nel 1902, in parti- cui 18 recanti una piccola base in calcare. Quanto al luogo del rinve- colare, Isabella scoprì una costruzione rettangolare (di 16 x 6 metri) realizzata in bloc- nimento, è sommariamente indicata la proprietà di una tale marchesa chi di pietra grossolanamente squadrati. Neppi Modona, che prese visione della strut- Landucci, di cui, però, non sembra esistere traccia nell’Archivio di tura poco tempo dopo, ipotizzò che si trattasse di un edificio etrusco. Silvia Vilucchi 71 esclude però che il rudere possa essere realmente antico (VILUCCHI, 1998, p. 145). In- Stato di Siena, così come negli archivi locali . La notevole assonanza dagini di tipo stratigrafico nella zona potrebbero definitivamente fugare ogni dubbio tra i due cognomi, lascerebbe supporre che possa in realtà trattarsi di circa la natura e la cronologia della struttura. Isabella Andreucci, moglie di Odoardo Luchini e proprietaria, in- 73 MANGIAVACCHI-PACINI, 1993, p. 12. sieme al marito, di una estesa area posta a ovest dell’abitato di Radi- 74 Vedi nota 64. 75 cofani (il cosiddetto Bosco Isabella) 72. Sappiamo che i lavori nella NEPPI MODONA, 1928, pp. 290-291. È possibile che lo studioso avesse avuto noti- zia, in occasione della sua visita, del rinvenimento dei bronzetti proprio dai proprietari. 76 Bentz suggerisce una datazione al II secolo a.C., sebbene la mancanza di confronti 71 Alcune recenti ricerche sono state effettuate da Silvia Vilucchi in occasione della pub- puntuali possa indurre a considerare il bronzetto come un prototipo di III secolo blicazione del volume dedicato al restauro della rocca (VILUCCHI, 1998, pp. 144-145). (BENTZ, 1992, p. 65, n. 8). 72 I Luchini sono stati, negli ultimi due secoli, la famiglia più illustre di Radicofani. 77 BENTZ, 1992, p. 65, n. 8; CIACCI, 1996, pp. 158-159. Sull’evoluzione del culto di Odoardo (avvocato civilista e docente di diritto amministrativo a Firenze, attivo gari- Fufluns in ambito etrusco si veda MARTELLI-CRISTOFANI, 1978; Sul suo carattere cto-

183

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 20. Le appliques in terracotta della votiva di Radicofani (da VILUCCHI, 1998, p. 137)

recante una cetra (Nerone?) e testa imperiale non riconoscibile – sono collocabili tra la fine del I secolo a.C. e il I d.C.82 L’interpretazione della stipe come traccia inequivocabile della presenza di un santuario nella zona è ormai da tempo accettata. Altrettanto pa- lese appare la funzione di controllo e organizzazione/gestione del ter- ritorio svolta dal santuario in questa area periferica del Chiusino 83. La zona, del resto, presenta molte delle caratteristiche tipiche dei luo- ghi sacri nell’antichità. Essa è costituita da un rilievo di tipo mon- tuoso dalla conformazione insolita, visibile da molti chilometri di di- stanza, dalla presenza di boschi – probabilmente già presenti in an- tico – e da numerose sorgenti, di cui due localizzate immediatamente a ovest del Bosco Isabella (una piccola fonte e la Fontana Grande, monumentalizzata dai Medici nel corso del Cinquecento) 84. Purtroppo, nel caso di Radicofani, l’assenza di strutture impedisce di cogliere la vera natura del santuario, obbligando, come in altri casi 85, ad argomentazioni generali prive di solide basi documentarie. Interessante appare la localizzazione, sul versante orientale e set- tentrionale del Monte Amiata di altri due santuari di età etrusca: Fig. 19. I bronzetti della stipe votiva di Radicofani (da BENTZ, 1992, pp.) quello ubicato presso Poggio alle Bandite, nel comune di Seg- giano, e quello recentemente documentato al disotto dell’abba- zia di San Salvatore (nel comune di Abbadia San Salvatore). Il Per quanto riguarda le tre appliques, esse rappresentano due testine primo, indiziato dal rinvenimento di due antefisse fittili databili di negroidi con capigliatura arricciata e corona fogliata e una testina alla metà del V secolo a.C. e riconducibili a prototipi di produ- femminile con capigliatura ricadente in due lunghi riccioli ai lati del zione chiusina di età classica 86, appare fortemente caratterizzato collo, diadema semilunato e collana con pendenti a goccia 78. Alcuni da una funzione di definizione e tutela della frontiera politica tra confronti formali, come sottolinea Bentz, provengono dalle tombe Chiusi e Roselle 87. ellenistiche di Viterbo, Tuscania, Vulci e Tarquinia 79, mentre la pic- cola testa femminile, più in dettaglio, si presenta estremamente si- 82 VILUCCHI, 1998, p. 144. 80 mile a tre appliques conservate a Bettolle . Paolucci, che ha catalo- 83 RASTRELLI, 1992, pp. 306-307, 135; CIACCI, 1996, p. 159. gato questi ultimi reperti, ipotizza che essi fossero fissati su dei sup- 84 Le sorgenti sono tra i luoghi sacri per eccellenza. È famosa l’affermazione di Servio, porti perduti tramite dei piccoli chiodi inseriti nei tre fori presenti per cui “nullus enim fons non sacer” (Servio, 7. 84). Numerosi sono gli esempi di culti delle acque associati a fonti. Tra tutti si pensi ai santuari di Fonte Veneziana, presso sulla superficie, mentre Ciacci immagina un loro impiego come Arezzo, e di Marzabotto, databili il primo all’ultimo trentennio del VI secolo, il se- 81 oscilla . condo ai decenni a cavallo tra il VI e il V secolo (EDLUND, 1987, pp. 68-69). Nel Chiu- Le monete rinvenute insieme ai bronzetti e alle mascherine, coprono sino un culto delle acque è chiaramente attestato nel territorio di Chianciano, presso invece un arco cronologico più lungo. Soltanto due assi in bronzo le Acque Sillane (PAOLUCCI, 1997b, pp. 19-20), presso i Foculi (RASTRELLI, 1993b; con testa di Giano e prora di nave, risultano coevi al deposito e si da- RASTRELLI, 1993c) e, con ogni probabilità, in località Acquasanta (PAOLUCCI, 1997b, p. 21). Vicino a Chiusi, da località Montevenere, proviene una lamina in bronzo con tano al III-II secolo a.C., mentre gli altri reperti leggibili – un asse in dedica alle ninfe Ogulnie (CIL, XI, 2097; il toponimo indicherebbe una connessione bronzo con testa di Augusto giovane, un asse in bronzo con figura con Turan/Afrodite; RASTRELLI, 2000d, p. 178). Nel comune di Sarteano è nota una struttura santuariale posta in località Costalaiola, anch’essa riferita a un culto salutifero nio PAILLER, 1989; MASSA PAIRAULT-PAILLER, 1979; Dyonisos, 1991. Fufluns è rap- connesso con le acque (MINETTI, 1997A, p. 27), mentre da proviene presentato sul fegato di Piacenza vicino a Selvans, divinità preposta alla tutela delle una iscrizione dedicatoria alle Ninfe databile all’età romana (CIL, XI, 2595; BIANCHI pratiche pastorali e dei boschi (sul fegato si veda TORELLI, 2000a, p. 285, con biblio- BANDINELLI, 1927, p 24; per una rilettura si veda FIRMATI, 1996, pp. 174-175; da ul- grafia). Un altro santuario con evidenti caratteristiche silvo-pastorali all’interno del timo CAMBI, 2001). Sul culto delle acque in Etruria, v. PRAYON, 1993. territorio Chiusino è situato in località Casa al Vento, non lontano dal valico della 85 Si pensi alla nota stipe di Brolio: il rinvenimento di un cospicuo numero di bron- Foce (MINETTI, 1994). zetti votivi immediatamente al di sotto della collina di Brolio ha fatto pensare alla pre- 78 BENTZ, 1992, p. 67. senza di un santuario rurale, connesso probabilmente con il culto delle acque (a poche 79 BENTZ, 1992, p. 67. centinaia di metri si colloca il corso del Clanis). In generale si veda ROMUALDI, 1981. 80 PAOLUCCI, 1996, p. 113, fig. 100; VILUCCHI, 1998, p. 143. 86 CRISTOFANI, 1976, p. 180. 81 PAOLUCCI, 1996, p. 113; CIACCI, 1996, p. 159. 87 CIACCI, 1996, pp. 155-156.

184

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale La presenza di santuari connotati da una forte valenza politica presso i confini territoriali delle città è un fattore molto diffuso nell’antichità, non soltanto all’interno del mondo etrusco 92. Ol- tre all’evidente valenza politica, non si può escludere anche una importante funzione economica svolta dai santuari in questione. Sappiamo infatti che il Monte Amiata si collocava, fin da epoca preistorica, al centro dei percorsi di transumanza a breve e medio raggio che collegavano la costa tirrenica ai pascoli estivi appenni- nici 93. Questi percorsi, che attraversavano territori di comunità distinte, erano puntualmente disegnati all’interno della geografia locale 94. È possibile che i santuari amiatini svolgessero una fun- zione di tutela dei tratturi comuni e delle aree destinate al pascolo, e di composizione di eventuali controversie circa l’occupazione abusiva di terreni pubblici e privati 95, offrendo, al tempo stesso, un luogo di culto per i pastori transumanti. Alcuni studi condotti nel Sannio hanno dimostrato come i santuari extraurbani rive- stissero un ruolo importante nel controllo dei distretti agrari com- prendenti ampie aree pascolive 96. Se si considera poi che in età tardorepubblicana i percorsi destinati al transito degli animali, chiamati calles, costituivano addirittura una provincia, non sem- bra privo di fondamento ipotizzare una loro regolamentazione già

92 Nel mondo magnogreca sono presenti dei casi di strutture santuariali dall’evidente funzione di controllo dei confini. Esse sono spesso localizzate presso le foci dei fiumi che fungono da limite tra due o più territori, siano essi occupati da greci o indigeni (in generale di veda EDLUND, 1987, pp. 128-129). L’impianto di santuari extraur- Fig. 21. I principali santuari citati nel testo bani, di fatto, rappresentava il modo più frequentemente impiegato dalle città ma- gnogreche per ampliare gradualmente le aree direttamente soggette al loro controllo Presso l’odierno abitato di Abbadia San Salvatore, all’interno della e sfruttamento (GRECO, 1996, p. 233). All’interno del territorio di Chiusi una fun- struttura abbaziale, gli scavi condotti dall’Università di Siena nei zione di tutela del confine orientale poteva essere svolto dai santuari localizzati intorno primi anni Novanta e ripresi nel corso del 2003 hanno portato al- al Lago Trasimeno. In particolare le testimonianze relative a Castiglion del Lago sono l’individuazione di materiale databile al periodo arcaico88, ricondu- state collegate al culto della dea CEL (COLONNA, 1976-1977). Un altro esempio di organizzazione sacra di uno spazio di tangenza – tra Volsini e Vulci – è costituito dai cibile, forse, a un edificio santuariale su cui, nel corso dell’alto Me- santuari ubicati presso le sponde del Lago di Bolsena (ACCONCIA, 2000; BERLINGÒ- 89 dioevo, sarà edificata la chiesa di San Salvatore . D’ATRI, 2003). La presenza di tre luoghi di culto localizzati a pochi chilometri di Per un esempio di creazione ed evoluzione dei confini di una città etrusca si veda ZIF- distanza gli uni dagli altri, sulle pendici del Monte Amiata e sulla FERERO, 1995 (dove, alla fine dell’orientalizzante, si ipotizza la nascita di una fron- sommità del Monte di Radicofani lascia intravedere uno spazio tiera a barriera interrotta in relazione ai territori di Caere e Tarquinia). 93 Sull’area amiatina in generale si veda la nota 15. Le fonti antiche non menzio- geografico organizzato e puntualmente controllato, all’interno del nano mai l’Etruria settentrionale a proposito del fenomeno della transumanza. Al- quale dovevano esistere una o più comunità locali deputate alla sua cune notizie relative all’, dove era molto diffuso l’allevamento di bovini gestione, come già ipotizzato da Ciacci a proposito del santuario di (Colum., 7, 2, 1; Plin., Nat. Hist., 11, 241), o alla Liguria, celebre per la produ- Seggiano 90. L’esistenza di tali comunità, non ancora individuate, zione della lana (Strab., 5, 1, 12; 4, 6, 2; Plin., Nat. Hist., 8, 73, 191), lascino co- appare comunque inconfutabile, a testimonianza di una presenza munque immaginare una certa diffusione delle pratiche di allevamento e transu- manza anche nella zona in questione. Appare interessante anche un passo del De insediativa, se non massiccia certamente rilevante, anche in zone Bello Civili in cui si sostiene che i Domizi Enobarbi disponevano nell’ager Cosanus così lontane dalle realtà urbane. di un elevato numero di pastori (da cui discende, ovviamente, un ancor più elevato La realizzazione di viewshed relative ai tre centri conferma la loro numero di capi di bestiame; Caes., b. c., 1, 56). Non è da escludere che almeno parte importanza strategica nel controllo delle principali vie di penetra- di queste greggi o mandrie si spostasse stagionalmente verso le aree appenniniche zione, da ovest e da sud, all’interno del territorio Chiusino. Mal- transitando lungo le pendici del Monte Amiata o verso il Monte Amiata stesso. 94 Emblematico a questo proposito è un celebre passo di Varrone, nel quale l’autore grado, infatti, piccole variazioni dell’effettiva visibilità del territo- paragona i pascoli distanti a due ceste appese a un giogo, rappresentante i tratturi pub- rio, derivanti dal tasso di erosione dei suoli e dalla presenza/assenza blici (“Cum inter haec bina loca, ut iugum continet sirpiculos, sic calles publicae di- di boschi con alberi ad alto fusto, appare comunque notevole la stantes pastiones”; Varr., de r.r., 2, 2, 9). porzione di territorio visivamente collegata ai tre santuari 91. 95 Livio documenta multe ingenti a danno di pastori, che avevano commesso abusi nell’ager publicus, negli anni 296-293 a.C. (Liv., 10, 23, 13; 10, 47, 7). Un esempio illustre è fornito dalla Pro Cluentio di Cicerone, dove l’oratore racconta 88 Si tratta di alcuni frammenti di ceramica etrusco-corinzia e ceramica a figure nere uno scontro avvenuto tra i vilici del suo cliente ad alcuni pastori presso alcune rinvenuti all’interno di uno strato con evidenti tracce di combustione in associazione calles probabilmente in relazione alla grande transumanza tra la Sabina e l’Apulia e semi carbonizzati (CAMBI-DALLAI, 2000, pp. 193-200; CAMBI, 2000b; CAMBI, 2001, (pro Cluent., 161). Sugli scontri tra agricoltori e pastori si veda anche SALMON, pp. 114-115). A essi vanno aggiunti un altro frammento di ceramica a figure nere pro- 1967, pp. 68-70. Nel corso dei secoli l’attività pastorale e di transumanza acqui- veniente da un’area limitrofa a quella dei materiali sopra descritti e un frammento di stò sempre più carattere di brigantaggio, tanto che nel IV secolo d.C. si arrivò a italo-geometrica rinvenuto all’interno del riempimento di una sepoltura trecentesca. vietare l’uso dei cavalli ai pastori (PASQUINUCCI, 1979, pp. 157-158). Una iscri- 89 CAMBI-DALLAI, 2000; CAMBI, 2000b, CAMBI, 2001. zione proveniente dall’area di Biferno testimonia i soprusi dei pastori transumanti 90 CIACCI, 1996, pp. 155-156. che sconfinavano spesso nelle terre limitrofe ai tratturi (CIL, IX, 2628; TOYNBEE, 91 Si ringraziano Giancarlo Macchi e Federico Salzotti per i preziosi consigli relativa- 1969, p. 293). mente a questo tipo di analisi spaziale. Cfr. pp. 60-61. 96 LA REGINA, 1970, p. 196; BARKER et alii, 1978.

185

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale La Foce - Tolle Radicofani Abbadia San Salvatore Poggio delle Bandite

aree visibili da Radicofani

aree visibili da Abbadia San Salvatore

aree visibili da Poggio delle Bandite (Seggiano)

idrografia principali

percorso di raccordo tra Orcia e Astrone

Confini comunali

0369 km

Fig. 22. La visibilità del territorio dai santuari di Radicofani, Poggio delle Bandite (Seggiano), Abbadia San Salvatore in età etrusca 97. Più difficile è stabilire se i santuari svolgessero La viabilità in età etrusca una funzione, oltre che di tutela, di esazione di eventuali pedaggi. Ben poco è noto circa la viabilità in Etruria prima della conquista ro- Nella tarda età repubblicana sappiamo che le calles o le viae publi- mana. L’area interessata da questa ricerca non fa eccezione. Essa ap- cae erano liberamente percorribili da greggi, dietro pagamento pare, come si è visto, sostanzialmente marginale dal punto di vista sia della sciptura, ovvero la tassa per l’occupazione dei pascoli 98. È pos- politico che economico. Il principale asse di penetrazione, in dire- sibile dunque che anche nel mondo etrusco il transito degli animali zione nord-sud, dell’Etruria interna era infatti costituito dai corsi del non fosse soggetto a tassazione, non comportando quindi entrate Tevere e del Clanis 101. Non è un caso che le due principali città etru- dirette per i santuari rurali deputati al controllo del territorio. In sche orientali, Chiusi e Volsinii, siano sorte lungo questo tracciato. forma indiretta, invece, il passaggio di un discreto numero di pa- Sicuramente i percorsi pre-protostorici furono riutilizzati, in epoche stori 99 deve aver comunque determinato un aumento dei fre- più recenti, dagli Etruschi, anche in considerazione della sostanziale quentatori dei luoghi di culto, con conseguente incremento delle continuità di vita di molti insediamenti dall’età del bronzo a quella attività, anche economiche, connesse alla ricezione dei fedeli 100. etrusca 102. È possibile che molti di questi tracciati siano rimasti, al- meno fino alla conquista romana, poco più che dei tratturi e delle 97 L’istituzione della provincia avvenne probabilmente nel corso del III secolo a.C., piste di non sempre facile percorrenza 103. con lo scopo primario di organizzare l’ager publicus recentemente acquisito nel San- Malgrado la penuria di conoscenze, è comunque possibile indivi- nio e in Apulia in seguito alla guerra pirrica. L’istituzione era anche di grande impor- duare almeno due tracciati viari che, fin dall’antichità, attraversa- tanza strategica: essa consentiva infatti di controllare ampie zone limitrofe ai tratturi, normalmente abitate da numerosi schiavi pastori che, in virtù del loro stesso lavoro, vano la Val di Paglia e la Val d’Orcia. Il primo, avente direzione erano normalmente armati (sulla questione si veda PASQUINUCCI, 1979, pp. 140-141, nord-sud, collegava il Chiusino con l’Etruria meridionale, lam- con bibliografia). bendo il lato orientale dell’Amiata fino alla confluenza con il Te- 98 Questa tassa riguardava i medi e grandi proprietari, le cui greggi superavano di so- vere 104. Il secondo, orientato in senso trasversale est-ovest, met- lito i limiti stabiliti (10 capi di bestiame grosso e un numero variabile di bestiame mi- nuto), tutelando così i piccoli allevatori. Sulla scriptura e sull’ager scriptuarius si veda PASQUINUCCI, 1979, pp. 134-140; PASQUINUCCI, 2002, pp. 205-206. 99 Varrone, nel De re rustica, sostiene che il numero dei pastori, pur variando a se- 101 CRISTOFANI, 1985d, p. 16. conda dei proprietari, si aggirava in un rapporto di uno ogni 80-100 pecore (Varr., 102 Come osserva Cristofani, infatti, nel IX secolo a.C., quando ha inizio il processo 2, 2, 20; 2, 10, 10-11). Egli, nello specifico, dice di disporre di un pastore ogni 70 di concentrazione del popolamento nelle aree in cui sorgeranno le future città etru- capi, Attico ogni 80 (Var., 2, 10, 11). Un gregge di grandi proporzioni poteva rag- sche, la scelta di luoghi elevati è da relazionare anche all’esigenza di controllare le vie giungere i 1000 esemplari, Varrone ad esempio ne possedeva 700, Attico 800 (Var., di comunicazione allora in uso (CRISTOFANI, 1985d, p. 15). 2, 10, 11). Ai pastori, nella transumanza, talvolta si accompagnavano schiave che li 103 Sicuramente la regione non offriva strade facilmente percorribili da parte di eser- aiutavano e provvedevano alla preparazione dei cibi (Var., 2, 10, 6-8). Anche ipo- citi. Coarelli vede tra la strutturazione della viabilità in Italia e la colonizzazione di IV- tizzando un traffico relativamente ridotto, caratterizzato magari da greggi di medie III secolo a.C. un diretto rapporto di dipendenza, considerandoli fenomeni contem- dimensioni, si sarebbero trovati a transitare nell’area amiatina (due volte all’anno) poranei e tra loro collegati (COARELLI, 1988). diverse decine di persone, forse addirittura qualche centinaio. 104 Per i percorsi nella zona di Radicofani si veda VILUCCHI, 1998, pp. 138-139; 100 Si veda p. 180. FIRMATI, 1996, p. 171.

186

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale teva in collegamento Chiusi con la costa tirrenica tramite il corso dell’Astrone, il valico de La foce, le valli dell’Orcia e dell’Om- brone. È probabilmente tramite quest’ultimo tracciato che i pro- dotti vulcenti, tra cui anfore da trasporto, o di importazione greca, come la ceramica corinzia o greco-orientale e alcune anfore SOS di fabbrica ateniese, raggiunsero Chiusi nel corso dell’età orienta- lizzante 105. Nei secoli successivi forse la mole delle merci in tran- sito aumentò ulteriormente, a giudicare dal consistente numero di ceramica attica, sia a vernice nera che rossa, e di anfore samie rin- venuto nel Chiusino 106. Nella direzione opposta, ma in misura decisamente inferiore, erano veicolati a Vulci skyphoi a cilindretto e prodotti in avorio 107. Oltre a questi due tracciati, di più lunga percorrenza, ce n’era cer- tamente un terzo che, passando per Sarteano e sfiorando le pen- dici del Monte Cetona, raccordava Chiusi con l’Amiata 108. Tale percorso attraversava trasversalmente tutto l’attuale territorio di Radicofani. Dopo aver valicato infatti il corso del torrente Astrone, esso si dirigeva verso i bassi rilievi che separano le sor- genti dell’Orcia da quelle del Rigo (dove tutt’oggi transita una strada vicinale) e, oltrepassatoli, raggiungeva il cono vulcanico di- rigendosi verso il fondovalle del Paglia e del Formone 109. È evi- dente che la formazione di quest’asse viario va posta in relazione alla forte attrattiva esercitata dalle risorse di legname e dalle mi- niere di cinabro del Monte Amiata 110. Dall’analisi della distribuzione dei siti di età etrusca, soprattutto di quelli di probabile età ellenistica, sembra probabile che il per- corso transitante per Le Conie e diretto verso il corso del For- mone proseguisse anche in direzione nord, in modo non dissimile dalla attuale strada provinciale 18, transitante sui rilievi che co- stituiscono lo spartiacque tra Formone e Orcia 111. Un altro trac- ciato, forse poco più di un sentiero, doveva invece correre paral- lelamente al corso del torrente Socenna (magari secondo l’anda- mento della attuale via vicinale dei Marmi, posta sui primi rilievi a est del corso d’acqua), come testimonierebbe la presenza di più Fig. 23. La viabilità in età etrusca abitazioni nelle immediate vicinanze. Questo percorso, evidente- mente a uso solo locale, metteva invece in comunicazione Radi- cofani con le comunità poste nella parte più settentrionale del voli 112. È forse tramite questo percorso che sono transitate le de- territorio di Sarteano. Un ulteriore sentiero, infine, transitava im- cine di vasi attici documentate nelle necropoli di Fallerini e Val- mediatamente a ovest di Poggio Casano e si dirigeva all’interno lone, di pertinenza del centro di Camposervoli 113. del territorio comunale di San Casciano in direzione del Monte In generale, per tutto il III secolo a.C., il percorso transitante per la Cetona, alle cui pendici prosperava la comunità di Camposer- valle del Paglia, che acquisterà sempre maggiore importanza fino a di- ventare il principale asse viario dell’intera area 114, rimase di seconda-

105 Per una sintesi sul commercio tra Chiusi e Vulci si veda RASTRELLI, 200b, pp. 76-80. ria importanza, collegando semplicemente i piccoli nuclei rurali pre- 106 In particolare, in questo periodo il livello di acculturazione delle aristocrazie di senti nella zona con i centri di controllo delle aristocrazie agrarie. Chiusi sembra crescere notevolmente: tra le importazioni di ceramica a figure nere, infatti, bisogna ricordare anche il celebre vaso François e il cratere di Ergotimos e Klei- Lucia Botarelli tias (per le importazioni nel corso dell’età arcaica e classica si veda RASTRELLI, 2000c, pp. 116, 124-125). In generale, v. PARIBENI, 1993. 107 CAMPOREALE, 1974, pp. 121-125. Per un aggiornamento si veda RASTRELLI, 2000c, p. 78, con particolare riferimento alla nota 77, con bibliografia. 108 VILUCCHI, 1998, pp. 138-139. 109 Silvia Vilucchi sottolinea come, nell’area immediatamente a est delle sorgenti di Orcia e Rigo siano presenti, fin da epoca protostorica, numerosi insediamenti da col- legare, in qualche modo, proprio alla presenza del percorso viario (VILUCCHI, 1998, pp. 138-139). È lungo questo percorso che si colloca, a poca distanza dal corso del Formone, il rinvenimento di un’anfora etrusca di età arcaica (vedi pp. 177). 110 Per lo sfruttamento delle risorse boschive e minerarie dell’Amiata in età etrusca si veda CIACCI, 1996, pp. 153, 160-161, con bibliografia. 111 Il sentiero poteva proseguire poi lungo il corso dell’Orcia, raccordandosi con l’asse viario che transitava per La Foce, in direzione nord, e con la comunità corrispondente 112 Per Camposervoli si veda p. 177. alla necropoli di Solaia/Macchipiana (Castiglioncello del Trinoro?). Per le necropoli 113 RASTRELLI, 1998, pp. 352-356. nel territorio di Sarteano si veda p. 174. 114 Per la nel Medioevo si veda p. 232.

187

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale IL PERIODO ROMANO Così come per il periodo etrusco, anche per quello romano il terri- torio comunale di Radicofani si caratterizzava, all’inizio della rico- gnizione archeologica, per la presenza di pochi siti di scarsa rilevanza. Erano note, infatti, soltanto le modeste tracce di frequentazione del- l’area sommitale del cono vulcanico in età alto e medioimperiale, la fattoria (all’epoca ancora in corso di scavo da parte della Soprinten- denza ai Beni Archeologici della Toscana) ubicata presso Poggio Grillo, non lontano da Contignano, e alcune Unità Topografiche in- dividuate nel corso delle ricerche di superficie svolte alla fine degli anni Ottanta nel comprensorio di Abbadia San Salvatore e in alcune aree limitrofe 115. La ricognizione ha consentito di documentare un numero consi- stente di nuovi siti databili al periodo romano. Buona parte di essi Fig. 25. Grafico tutti siti romani sono riconducibili alle fasi tardorepubblicana e altoimperiale, men- tre soltanto un numero esiguo di UT appare collocabile nell’arco di l’aspetto provinciale, in cui i sistemi romani di conduzione della terra tempo compreso tra gli inizi del II e il V secolo d.C. La maggiore dif- era solo parzialmente diffuso 118. ficoltà nella creazione di una scansione cronologica delle evidenze è In generale, tutto l’agro Chiusino documenta, tra il II e il I secolo stata rappresentata dall’elevato numero di siti privi di materiale dia- a.C., una sorta di parcellizzazione del terreno coltivabile, gestito da gnostico, per i quali non si è potuto far altro che indicare una gene- contadini liberi i cui gentilizi rivelano spesso un’origine servile 119. rica fase di vita di età romana. Queste Unità Topografiche compari- Questa parcellizzazione può aver in qualche modo imitato il modello ranno, pertanto, all’interno delle carte rappresentanti il popolamento delle assegnazioni coloniali, che prevedevano in Etruria lotti di 5-10 dei due periodi più ricchi di presenze, quello tardorepubblicano e iugeri 120. I grandi squilibri del II secolo a.C., primi tra tutti la grave quello altoimperiale. sollevazione di schiavi del 196 e il movimento di rivolta celato sotto le sembianze di riti dionisiaci del decennio successivo, contribuirono L’età tardorepubblicana fortemente alla trasformazione almeno parziale operata dalle oligar- chie settentrionali della arcaica struttura della servitus 121. Le vaste di- Nella tarda età repubblicana il territorio comunale di Radicofani non stese controllate da Chiusi, Perugia e Volterra proprio in questa fase sembra presentare evidenti cesure, a livello insediativo, rispetto al pe- si popolano infatti di numerosissimi insediamenti di piccole dimen- riodo precedente. Le aree oggetto di occupazione e sfruttamento sioni 122. A Chiusi, in particolare, a differenza di Perugia, questa agricolo rimangono sostanzialmente le stesse dell’età ellenistica. An- nuova classe non sembra intrecciare rapporti con i ceti dominanti che il numero dei siti, se si escludono quelli genericamente datati al- 123, sebbene l’aristocrazia locale dimostri comunque evidenti segni di 116 l’età ellenistico-repubblicana , permane quasi invariato. Il processo cedimento, come testimonia la tendenza all’abbandono delle più ti- di romanizzazione della zona appare quindi caratterizzato, così come piche forme di magnificenza a favore di più modeste sepolture 124. in buona parte dell’Etruria settentrionale interna, da una sostanziale continuità politica e, in certa misura, culturale 117. Ancora nella se- 118 TORELLI, 1981, p. 266. conda metà del II secolo a.C., e agli inizi del successivo, l’Etruria set- 119 Si tratta di gentilizi derivati da prenomi correnti in età ellenistica o da nomi indi- tentrionale presentava infatti una struttura economica e sociale dal- viduali di varia origine (RIX, 1977, pp. 65-66). 120 A Cosa, per esempio, la centuriazione fu realizzata con lotti non inferiori agli 8 iu- geri, forse anche di 16 (CELUZZA, 1984; CELUZZA, 2002a, p. 106). A Saturnia, fon- data nel 183 a.C., le assegnazioni prevedevano 10 iugeri a focolare, almeno nella zona orientale (FENTRESS-JACQUES, 2002). 115 Si veda pp. 20-24 e la tabella riportata a figura 24. 121 Sugli episodi, entrambi narrati da Livio (Liv., XXXIII, 36, 1-3; Liv., XXXIX, 8- 116 Una ventina di siti sono stati datati a un ampio arco cronologico (“età ellenistico- 19) si veda HARRIS, 1971, pp. 109-110; PAILLER, 1988. repubblicana”) a causa della scarsità di materiale diagnostico al loro interno. Non si 122 CARANDINI, 1994, pp. 167-174; TERRENATO, 1998, pp. 96-98; CAMBI, 1993, pp. può pertanto escludere che alcuni di essi siano in realtà databili alla tarda età repub- 229-238; CAMBI, 2000, pp. 27-32. blicana (cfr. pp. 179-180). 123 RIX, 1977, pp. 65-66. 117 In generale si veda HARRIS, 1971, TORELLI, 1981, pp. 251-278. 124 RASTRELLI, 2000d, p. 172.

Fig. 24. I siti noti di età romana

188

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 26. Le Unità Topografiche databili alla tarda età repubblicana

Al tempo stesso, la crescita del numero delle persone che trovano ac- cesso a una sepoltura formale, evinta dallo studio delle necropoli di questo periodo, è indizio di una società vivace e in mutamento 125. Il territorio comunale di Radicofani, per quanto non caratterizzato dalla presenza di necropoli, sembra comunque subire in qualche mi- sura gli effetti dei grandi mutamenti che avvengono nelle altre aree del Chiusino. La cultura materiale, ancora improntata a una notevole semplicità, denota maggiori contatti con le zone circostanti, come sembrerebbe suggerire la presenza di ceramica a vernice nera ricon- ducibile, per quanto riguarda almeno i pochi tipi identificabili, a pro- duzioni di ambito locale. È possibile, infatti, individuare nelle fornaci situate nelle zone immediatamente a est di Chiusi i centri produttivi cui far risalire la ceramica a vernice nera proveniente da Radico- 126 fani . Certamente la ridotta quantità di frammenti pertinenti a que- Fig. 27. Tipologia delle Unità Topografiche databili alla tarda età repubblicana sta classe appare piuttosto sorprendente se paragonata alla coeva si- tuazione delle zone limitrofe. Si potrebbe forse immaginare che essa lettura agevole, sembra comunque di poter ricondurre il segno pre- venisse considerata una sorta di merce pregiata da parte degli abitanti sente a una piccola “zeta”, riconducibile a un gentilizio piuttosto dif- locali, affrancati magari proprio in questo periodo. Interessante, a fuso nella zona come Zuchna, Zuchnei. Si tratta di un andronimico questo proposito, appare la presenza di una piccola lettera iscritta sul attestato in cinque brevi iscrizioni funerarie provenienti in due casi da fondo di una coppa a vernice nera proveniente da una casa di medie Chiusi, in altri due dal territorio Chiusino e in un caso da Bettole 127, dimensioni localizzata a poca distanza dal corso del fiume Orcia. Per che faceva forse già parte del territorio di Arezzo ma che ebbe sicura- quanto la forte usura superficiale del frammento non consenta una mente intensi contatti anche quello di Chiusi 128. Il gentilizio è inol-

125 Molti cinerari recano l’iscrizione lautni, liberti cioè, o la raffigurazione del mito 127 CIE, 414, 1194, 1195, 2248, 2249. Le iscrizioni sono tutte incise su urnette in dell’eroe che combatte con l’aratro, a conferma del profondo coinvolgimento di pietra o tegole sepolcrali e recano delle semplici formule onomastiche, redatte tramite Chiusi al fenomeno della liberazione dei servi (CRISTOFANI, 1971; RASTRELLI, l’uso di lettere dell’alfabeto recente. 2000d, pp. 172-173). 128 Bettolle sorge su di una collina in posizione strategica a poca distanza dal corso del 126 I tipi identificati trovano tutti confronti con le produzioni della fornace di Mar- Clanis. I corredi delle tombe note nella zona testimoniano infatti frequenti e facili rap- cianella (cfr. pp. 128-129). I dati di scavo della fornace sono stati recentemente editi: porti con Chiusi, grazie al rinvenimento di vasi in bucchero decorati a stampo di pro- PUCCI-MASCIONE, 2003. duzione chiusina (PAOLUCCI, 1996, pp. 136-137, con bibliografia).

189

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 28. Fondo di coppa in ceramica a vernice nera iscritto tre documentato proprio all’interno del territorio comunale di Radi- cofani dal fossile linguistico Socenna, oggi un idronimo che designa un torrente immissario del fiume Orcia 129. A ogni modo, la presenza di una lettera redatta con alfabeto etrusco a indicare un gentilizio an- ch’esso etrusco appare indicativa della tendenza, riscontrata anche in altre zone dell’Etruria, al conservatorismo linguistico 130. L’assenza di elementi sicuramente databili all’inoltrato I secolo a.C. potrebbe confermare il brusco calo demografico e insediativo che si registra in buona parte dell’Etruria settentrionale in seguito ai vio- lenti scontri tra mariani e sillani 131. In tutto il territorio di Chiusi, così come nel resto dell’Etruria set- tentrionale, a partire dagli anni Settanta del I secolo a.C. la maglia Fig. 29. Localizzazione delle principali fornaci che producevano ceramica a ver- dell’insediamento si fa sensibilmente più rada. Se all’inizio del se- nice nera colo, infatti, l’agro Chiusino appare ancora caratterizzato da un’alta densità insediativa, riconducibile soprattutto ad abitazioni di ridotte dimensioni, a partire da questo momento i siti si fanno molto meno numerosi e, al tempo stesso, più consistenti. All’interno del territo- 129 Si veda la nota 61. rio, infatti, la parziale diminuzione della popolazione rurale sembra 130 Per l’impiego di formule onomastiche etrusche in ambito Chiusino si veda PACK, aver portato, in molti casi, a un accorpamento della piccola pro- 1988, pp. 12-23. 131 prietà, a vantaggio delle fattorie di medie dimensioni e delle prime È noto che buona parte dell’Etruria settentrionale, in occasione dello scontro tra 132 le partes di Mario e Silla, scelsero di schierarsi dalla parte del primo. Torelli individua ville . molteplici ragioni: da un lato c’erano i rapporti di tipo clientelare che Mario e molti I dati provenienti dalla ricognizione effettuata nel comune di Ab- uomini a lui vicini avevano stretto con molte famiglie dell’Etruria settentrionale, dal- badia San Salvatore sembrano confermare questa tendenza. In par- l’altro alcuni capi mariani erano di origine etrusca (si pensi a C. Carrinate, di Vol- ticolare, il concentrarsi di tutti i siti repubblicani nel fondovalle, con terra, o a M. Peperna, di Perugia). Non mancavano, del resto, motivazioni economi- una maggiore presenza nell’area compresa tra il corso del fiume Pa- che: i produttori etruschi, infatti, non erano inseriti nel sistema di sfruttamento co- loniale, lamentando gravi danni soprattutto per i piccoli proprietari. Per un glia e del torrente Minestrone (area che costituisce il principale ter- approfondimento sulla questione si veda TORELLI, 1981, pp. 270-275. Tra l’83 e l’82 razzo alluvionale della zona), sembra testimoniare un notevole in- buona parte dell’Etruria settentrionale, quindi, fu teatro di combattimenti e stragi, cremento demografico e una crescente richiesta di terreni da colti- che interessarono soprattutto le città di Chiusi, Volterra, Populonia e Vetulonia. A vare 133. È molto probabile che il percorso viario che attraversava in Populonia, in particolare, i recenti scavi condotti dal Dipartimento di Archeologia e senso nord-sud la zona valliva abbia esercitato una notevole attra- Storia delle Arti dell’Università di Siena hanno evidenziato tracce di abbandono dei zione sugli abitanti locali, che vedevano in essa la possibilità di esi- principali edifici e delle strade nel periodo successivo all’80 a.C. (MASCIONE, 2003, p. 43). Le vendette sillane si esplicarono sotto forma di confische, uccisioni e penalità tare eventuali surplus derivanti dalla produzione agricola. Il tracciato nel diritto di cittadinanza. Furono poi completate da una serie di deduzioni coloniali. che lambiva il cono vulcanico di Radicofani era comunque ancora A Chiusi, in particolare, venne dedotta una colonia che portò a una distinzione del corpo civico in Clusini veteres e Clusini novi (Plinio il Vecchio, Nat. Hist., III, 51). Il vuoto senatorio registrato per città come Chiusi sembra forse imputabile ai violenti 132 MINETTI, 1997c, pp. 29-30; PAOLUCCI, 1988a, p. 104; PAOLUCCI, 1997c, p. 22. sovvertimenti messi in atto da Silla (per Chiusi si veda PACK, 1988). 133 FIRMATI, 1996, pp. 166-168.

190

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Siti di età repubblicana: casa 1 casa 2 casa / tomba frequentazione santuario ?

Siti noti di età repubblicana: capanna casa 1 villaggio

frequentazione fornace strada

confini comunali

0369 km

Fig. 30. Il popolamento nella tarda età repubblicana attivo, a giudicare dalla puntuale occupazione delle aree più pros- perficie di alcuni frammenti di cocciopesto deporrebbe a favore di una sime 134. certa perizia tecnica nella realizzazione di alcune delle strutture più Per quanto riguarda il territorio di Radicofani la tipologia abitativa, se grandi (sebbene presentino quasi tutte anche una ulteriore fase di vita paragonata al periodo precedente, appare caratterizzata da strutture più nella prima età imperiale, impedendo di stabilire con certezza l’arco cro- solide, con le pareti in alcuni casi realizzate tramite uno zoccolo in pie- nologico in cui questo tipo di pavimento fu in uso). Nel caso della fat- tra e la copertura costantemente in laterizi, forse prodotti dalle due for- toria di Poggio Bacherina, ad esempio, l’unico ambiente pavimentato naci per ceramica localizzate presso i corsi del fiume Paglia e del torrente in cocciopesto era destinato all’attività di pigiatura dell’uva, come testi- Formone 135. Le dimensioni, spesso accresciute, lasciano immaginare monierebbe il ritrovamento al suo interno di una vasca a forma di in alcuni casi un’articolazione interna in più vani 136. La presenza in su- scarpa 137. Una notevole distribuzione di impianti di viti pompeiane nel territorio è testimoniato dalle fonti letterarie 138, dalle quali si apprende

134 UT nn. 31, 35, 39, 150, 153. 135 Si veda CAMBI, 1996a, nn. UT Rad, 58 e UT Rad 7. altro insediamento oggetto di indagini stratigrafiche è situato presso Giardino Vec- 136 Un esempio di struttura rurale scavata all’interno del territorio comunale di Ra- chio, nel territorio di Vulci. Esso presenta una estensione notevole (ben 500 metri dicofani proviene da Poggio Grillo (si veda BARBIERI, in questo volume). Un inse- quadrati) e una maggiore articolazione interna, tanto da poter essere difficilmente diamento databile tra i decenni centrali del II e gli inizi del I secolo a.C. è stato sca- paragonato alle evidenze di superficie individuate a Radicofani (per quanto l’area oc- vato non lontano da Chianciano, presso Poggio Bacherina. La struttura è costituita cupata dalla struttura a scavo ultimato si è rivelata quasi il doppio della superficie in- da un’ampia corte aperta dalla quale si accedeva ad ambienti dalle dimensioni più teressata dallo spargimento documentato nel corso della ricognizione; CAMBI, 2002, contenute. Le pareti erano realizzate in opus craticium e il tetto in laterizi. Il ritrova- pp. 142-144). mento di numerosi dolia, alcuni dei quali contenti residui di vinacce, sembra testi- 137 PAOLUCCI, 1992, pp. 35-37. moniare una intensa produzione vinicola (PAOLUCCI, 1992a; PAOLUCCI, 1993). Un 138 Plinio il Vecchio, Nat. Hist., XIV, 38.

191

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Confini comunali

Fig. 31. Il popolamento nella tarda età repubblicana (siti sicuramente databili all’età repubblicana e siti genericamente databili al periodo romano)

192

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 32. Le UT di generica età romana

193

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale una altrettanto ampia diffusione dei cereali minori, come il farro, qualitati- vamente poco pregiato ma di facile coltivazione, che poteva raggiungere in questi terreni anche 26 libbre per moggio 139. Venivano coltivati, poi, cereali di maggior pregio, come la si- ligo, che prediligeva terreni più bassi e umidi, e dalla quale si potevano rica- vare fino a sei sestari per moggio 140. Un ruolo non secondario deve aver svolto anche l’attività della pastorizia. L’allevamento di ovini e caprini con- sentiva, infatti, di disporre di latte, formaggi, carne, pelli e lana, la più importante fibra impiegata per la rea- lizzazione di abiti nell’antichità 141. Appare probabile che nel periodo estivo avesse luogo una transumanza a breve raggio verso i pascoli montani dell’Amiata e del Cetona. Effettuare un calcolo, anche appros- simativo, della popolazione che vi- veva all’interno dei moderni limiti amministrativi di Radicofani non ap- pare semplice. L’elevato grado di ero- sione del suolo, infatti, ha fortemente deteriorato i depositi archeologici, determinandone forse in molti casi la totale cancellazione. Se si prendono in esame i siti databili al periodo tar- dorepubblicano e si considerano le “case 1” a destinazione unifamiliare e le “case 2” a destinazione bifamiliare, si ottiene una popolazione di circa 130 persone 142. A queste possono es- sere aggiunte altre 230 persone riferi- bili alle Unità Topografiche datate genericamente all’età romana 143, per un totale di 360 individui. Calcoli basati su campioni statisticamente molto più rappresentativi hanno di- mostrato come, di norma, una rico-

139 Plinio il Vecchio, Nat. Hist., XVIII, 7. 140 PACK, 1988, p. 24, con bibliografia. 141 PASQUINUCCI, 1979, p. 89. 142 Calcolando per ogni nucleo familiare, o fo- colare, una media di cinque persone si ottiene una popolazione di 125 persone, cui potreb- bero essere aggiunte altre 5 se si interpreta la “casa/tomba” individuata come abitazione. Se si considera, invece, una “casa 2” a destina- zione trifamiliare la cifra sale a 175. 143 Le UT aventi generica datazione all’età ro- mana sono costituite da 26 “case 1”, 1 “casa 2” e 17 “case/tombe”. Applicando gli stessi parametri di calcolo (5 persone a nucleo fa- miliare) impiegati per i siti tardorepubblicani, si ottiene una popolazione di 230 persone. Considerando le “case 2” a destinazione trifa- Fig. 33. Distribuzione spaziale dei siti di età repubblicana e romana generica miliare si sale a 235.

194

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale gnizione di superficie porti all’individuazione di una percentuale dei siti realmente esistiti del 20-33% (in un rapporto, quindi, tra dato di origine e dato acquisito che varia tra un quinto e un terzo) 144. Ap- plicando questo modello al territorio di Radicofani si otterrebbe, in modo approssimativo, una popolazione effettiva compresa tra 1060 (nel caso di un 33% di siti individuati) e 1750 (nel caso di un 20% di siti individuati) individui. Per quanto questo dato debba essere considerato soltanto indicativo, perché paragonato a territori inten- samente colonizzati di cui era noto il numero di coloni dedotti 145, appare comunque un elemento interessante. D’altro canto, la maglia insediativa molto ampia riscontrata a Radi- cofani sembrerebbe deporre a favore di una considerevole perdita dell’evidenza archeologica. Se si considera, infatti, che l’appezza- Fig. 34. Tipologia dei siti di generica età romana mento di terra minimo indispensabile al sostentamento di una fa- miglia era almeno di 7 iugeri – ma che più facilmente oscillava in- di questa classe, alcuni dei quali ubicati nel comune di , 149 torno ai 10 146 – il nostro territorio, a una analisi di tipo topografico, a circa quaranta chilometri di distanza in linea d’aria , la ridotta non appare intensivamente sfruttato dal punto di vista agricolo 147. quantità proveniente dalla ricerca di superficie appare ancora più si- Anche limitando l’indagine alle aree pianeggianti, alla dorsale che at- gnificativa. Così come per la ceramica a vernice nera, infatti, essa è pre- traversa il territorio in senso nord-sud (e che offre una lunga striscia sente soltanto nel caso delle strutture di dimensioni maggiori, soprat- di terra dalla pendenza quasi irrilevante) e ai versanti meno acclivi, tutto se localizzate nelle valli del Paglia e del Formone. Si potrebbe im- la distribuzione degli insediamenti e delle probabili aree da essi col- maginare, forse, che la sigillata italica, in transito verso i mercati delle tivate e gestite a pascolo lascia ampie aree vuote. Al tempo stesso la città costiere dell’Etruria settentrionale (lungo il percorso costituito da presenza di ampie aree non sfruttate sembra indiziare un’attività pa- Orcia e Ombrone), venisse acquistata soltanto dalle poche famiglie che storale intensa, magari associata a una diffusa economia di selva. vivevano al di sopra della soglia della pura sussistenza. Le strutture più piccole erano probabilmente realizzate in opera a gra- ticcio, molto economica e di veloce realizzazione, o, al massimo, in mat- L’età altoimperiale toni crudi; la copertura era sicuramente in tegole. Le abitazioni di mag- Il territorio di Radicofani si caratterizza tra la fine del I secolo a.C. e gli giori dimensioni dovevano apparire più curate: in molte di esse, infatti, inizi del II d.C. per una sostanziale continuità di vita rispetto al pe- sono stati rinvenuti spezzoni di pavimenti in cocciopesto e una discreta riodo precedente. Le strutture di dimensioni più grandi non sembrano quantità di pietre, probabilmente impiegate per creare uno zoccolo in interessate da cambiamenti, mentre alcune delle più piccole vengono materiale non deperibile su cui impostare l’alzato, isolandolo così dal- 150 ampliate o abbandonate a favore di abitazioni di nuova costruzione, l’umidità del terreno . Se si considera che l’arrivo dei mattoni cotti a 151 sempre interpretabili come edifici rurali a destinazione bi-trifamiliare Roma data all’inoltrato I secolo a.C. , non è da escludere che nella (casa 2) 148. Le aree occupate di preferenza sono ancora le principali zona di Radicofani non siano stati mai impiegati. Dal II secolo, però, i valli fluviali, lo spartiacque che attraversa il territorio in senso nord- sintomi di crisi all’interno del territorio si fanno alquanto vistosi, fa- sud, i rilievi meno elevati. La cultura materiale si presenta ancora molto cendo dubitare che questo tipo di laterizio sia mai stato effettivamente povera: tra la ceramica prevalgono di gran lunga le produzioni non ri- impiegato nell’area in questione. La presenza esclusiva di tegole e coppi vestite, mentre la terra sigillata italica – che rappresenta per questo pe- sembrerebbe confermare questa ipotesi, anche se i frammenti più mi- riodo il principale fossile guida – appare scarsamente attestata. Se si nuti sono difficilmente riconducibili alla forma originaria. tiene conto della relativa vicinanza dei principali centri di produzione Il rinvenimento di una discreta quantità di pietre da macina depone a favore di una intensa attività agricola legata alla produzione e al con- 144 CAMBI, 2002, p. 140. sumo di cereali. Una conferma proviene dai Medicamina faciei di Ovi- 145 L’ager Cosanus non può essere, infatti, paragonato al territorio di Radicofani, dio, in cui l’autore allude all’uso fatto del semen Tuscum per truccarsi 152, quanto a intensità dell’occupazione e dello sfruttamento agricolo. Inoltre, le fonti par- o dagli Xenia di Marziale, dove è ironicamente consigliato di riempire lano di 5000-6000 coloni, fornendo un punto di partenza fondamentale su cui ba- le olle della plebe con la polenta, fatta a base di spelta chiusina 153. Il sare i calcoli di tipo demografico (CAMBI, 2002, p. 140). 146 AMPOLO, 1980, pp. 27-29. I calcoli realizzati da Ampolo si riferiscono al Latium Ve- prevalere, poi, dei frammenti di dolia rispetto a quelli appartenenti ad tus. Malgrado la differenza geografica, cronologica e sociale, le evidenti forme di attarda- mento economico di un territorio marginale come quello di Radicofani potrebbero es- 149 PUCCI, 1992; PUCCI-MASCIONE, 1993. sere in qualche modo trovare un lontano paragone con il contesto studiato da Ampolo. 150 Strutture di ridotte dimensioni caratterizzate da una evidente povertà costruttiva 147 In fig. 33, si è realizzato degli areali di superficie di 10 iugeri (25.233,4 mq) in- sono documentate anche nell’Etruria meridionale: a monte Forco, nell’ager Capenas, torno alle “case 1” e di 25 iugeri (63083,5 mq) nel caso delle “case 2”. Le “case/tombe” la British School at Rome scavò nei primi anni Sessanta un piccolo edificio rettango- sono state, anche in questo caso, assimilate a strutture abitative unifamiliari. La forma lare (di soli 11 x 5 metri) privo di divisioni interne, con pareti realizzate in opera re- circolare degli areali è stata dettata dall’esigenza di non direzionarli nello spazio, for- ticolata. La struttura è sta utilizzata come abitazione tra la metà del I secolo a.C. e i zando eccessivamente la ricostruzione. primi decenni del I secolo d.C. (JONES, 1963; POTTER, 1985, pp. 137-138). 148 Fenomeni analoghi sono riscontrabili in altre zone dell’Etruria settentrionale. Per 151 Vitruvio, che scrive tra il 40 e il 32 a.C., non fa menzione dei mattoni cotti, che il Senese si veda: VALENTI, 1995, pp. 398-400, a proposito del Chianti; FIRMATI, pur esistevano già nell’Italia meridionale. A Pompei, ad esempio, le più antiche testi- 1996, pp. 169-171, sulla situazione amiatina con particolare riferimento ad Abbadia monianze dell’utilizzo di questo tipo di laterizio datano all’età sillana (ADAM, 1984, San Salvatore; CAMPANA, 2001, pp. 299-300, il comune di Murlo; FELICI, 2004, pp. pp. 64-65). A Roma si può datare l’inizio del loro impiego nella seconda metà del I se- 309-313, per Pienza. Diversa appare la situazione della Val d’Elsa, dove la maglia del colo a.C. (COARELLI, 2000, p. 91). popolamento si fa sensibilmente più rada (VALENTI, 1999, pp. 312-136), e di Chiu- 152 Ovidio, Medic. faciei, 65. Il poemetto è verosimilmente comparso nei primissimi sdino, dove la ricognizione non ha quasi individuato emergenze di età romana (NAR- anni del I secolo d.C. (GUASTELLA, 1995a, pp. 625-626). DINI, 2001, pp. 144-145). Una tendenza simile è riscontrata anche in alcune aree del- 153 Marziale, Epigr. XIII, 8. Gli Xenia sono stati composti tra l’84 e l’85 d.C. (GUA- l’Etruria meridionale (per l’ager Cosanus si veda FENTRESS, 2002, p. 182). STELLA, 1995b, p. 259).

195

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 35. Le UT databili all’età altoimperiale

lare una chiara e inequivocabile tipologia degli insediamenti e una ricostruzione dell’evoluzione del paesaggio agrario 155. In generale si ha l’impressione di un territorio piuttosto florido, in cui una fiorente agricoltura costituisce la base economica della città romana, come sembrano testimoniare alcuni piccoli gruppi di iscrizioni rinvenuti in più zone dell’agro 156. È stato ipotizzato che si tratti di contadini

155 Nel territorio di sono note alcune ville, di preferenza situate in zone molto fertili e nelle vicinanze dei principali tracciati stradali. Probabilmente la villa di Poggio all’Abate derivò dal riadattamento di una grande fattoria di età elleni- stica, che occupava una collina isolata a poca distanza da una sorgente di acqua pota- bile. Una struttura analoga è stata rinvenuta in località Montato (PAOLUCCI, 1988a, p. 107). Resti imponenti dell’impianto di una villa si conservano in località Camerelle, dove è tuttora visibile una monumentale cisterna, connessa a un notevole impianto Fig. 36. Tipologia dei siti databili all’età altoimperiale idraulico. La villa doveva svilupparsi non lontano dalla struttura, a breve distanza dal tracciato della via Cassia (PAOLUCCI, 1992b; MASCI, 1992). Le tracce di occupazione di queste ville non sembrano oltrepassare il II secolo d.C., a eccezione di quella situata anfore può essere un elemento fortemente indiziante di un’economia presso le Camerelle, che era ancora abitata nel corso del V secolo. L’importanza del- di pura sussistenza, in cui le importazioni di merci dall’esterno appaiono l’insediamento è testimoniata anche dall’edificazione della più antica pieve del territo- rarissime. Il rinvenimento di un orlo attribuibile a una anfora Haltern rio, dedicata ai santi Cosma e Damiano (PAOLUCCI, 1988a, p. 107; PAOLUCCI, 1997c, 70, destinata al commercio del defrutum della Baetica, costituisce un’ec- pp. 22-23). Dal comune di Sarteano si conoscono tracce di frequentazione degli im- cezione 154. È forse possibile immaginare che l’anfora, giunta in Etru- pianti termali in località Colombaiolo e nei pressi della cosiddetta Peschiera Giannini. Di entrambe le località si ignora la cronologia dell’abbandono (MINETTI, 1997c, pp. ria con il suo contenuto originale, sia stata successivamente riutilizzata 29-30). Lo sfruttamento delle acque salutari è attestato anche presso Bagni San Filippo, in ambito regionale per trasportare prodotti locali, giungendo così nella dove, non lontano dalla struttura termale, è venuta in luce una necropoli databile tra zona di Radicofani. il I e il IV secolo, a testimonianza dell’esistenza di un piccolo insediamento (CON- Purtroppo i dati provenienti dal resto dell’agro Chiusino, sebbene TORNI, 1988, pp. 9-10). Un’iscrizione dedicatoria alle Ninfe, rinvenuta presso Bagno non scarsissimi ma quasi sempre inerenti edifici di grandi dimensioni Vignoni, nel Comune di San Quirico d’Orcia, attesta anch’essa l’utilizzo delle acque sulfuree (CIL XI, 2595; CA 121; p. 25; PISTOI, 1997, pp. 13, 66). Di recente si è vo- che hanno restituito resti monumentali, non consentono di formu- luto mettere in relazione quest’epigrafe con un’altra proveniente da Montelaterone, sul versante occidentale del Monte Amiata. La dedica a Iuppiter Optimus Maximus ha in- 154 Il contenitore è stato rinvenuto presso Le Conie (UT 31) in associazione ad alcuni dotto a considerare l’intera montagna come un santuario a cielo aperto, un nemus. Nel frammenti di laterizi. Purtroppo le pessime condizioni di visibilità hanno impedito che mondo romano, peraltro, l’associazione delle Ninfe con Giove Ottimo Massimo è ben venisse recuperato altro materiale archeologico. Anfore Haltern 70 sono documentate documentata (FIRMATI, 1996, pp. 174-175; in generale si veda CAMBI, 2002). nell’ager Cosanus nella prima metà del I secolo d.C. (CELUZZA, 2002b, p. 201). 156 PACK, 1988, pp. 24-25.

196

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Siti di età altoimperiale:

casa 1

casa 2

villaggio

frequentazione

Siti noti di età altoimperiale: capanna

casa 1

villaggio

frequentazione fornace strada

confini comunali

03 69 km

Fig. 37. I paesaggi di età altoimperiale liberi o liberti, che, forse insieme a schiavi, gestivano ampi possedi- di Saena Iulia, la strada fosse stata lastricata, conformemente ai ca- menti in mano a pochi proprietari 157. ratteri delle viae publicae 158. La ricognizione condotta nel comune di Abbadia San Salvatore ha Il territorio comunale di Pienza presenta una situazione analoga ma fornito dei dati interessanti. I pochi abitati databili con certezza al- più variegata: i complessi medio-grandi, interpretati talora come l’età imperiale sono tutti concentrati sul fondovalle, e più precisa- ville, fattorie, abitati e generiche aree insediative, appaiono predo- mente nelle immediate vicinanze del corso del Paglia. Alle capanne minanti rispetto alle strutture più piccole 159. o semplici case, predominanti nel periodo precedente, si sostitui- scono villaggi o abitazioni comunque più complesse. Gli unici siti La media e tarda età imperiale. che hanno restituito frammenti di sigillate sono tutti ubicati in que- st’area, a testimonianza della relativa vivacità dei flussi commerciali A partire dagli inizi del II secolo d.C. la maglia insediativa di Ra- che interessavano la strada. La vicinanza reciproca di questi insedia- dicofani mostra inequivocabili segni di cambiamento. Il numero menti mal si concilia con il solo sfruttamento agricolo dei terrazza- dei siti decresce in maniera molto vistosa, fino quasi a scomparire. menti fluviali, e suggerisce piuttosto l’idea di un’economia basata sul commercio e sulla fornitura di servizi per i viaggiatori, come taber- nae o stazioni di posta. Alcuni basoli stradali rinvenuti lungo tutta la 158 FIRMATI, 1996, pp. 169-174. è possibile cogliere una relazione tra il crescere del- l’importanza della percorso transitante per la Val di Paglia e il progressivo impalu- Val di Paglia, del resto, lasciano immaginare che, dopo la fondazione damento della Val di Chiana, che ebbe inizio probabilmente già in età altoimperiale (TACITO, Ann., I, 79; un accenno, più vago, anche in STRABONE, V, 2, 9). 157 PACK, 1988, pp. 24-25. 159 FELICI, 2004, pp. 309-313.

197

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale confini comunali

036 9 km

capanna

casa 1 casa 2 villaggio

casa / tomba

frequentazione fornace strada

siti di età altoimperiale siti noti di età altoimperiale siti di generica età romana

Fig. 38. I paesaggi di età altoimperiale e generica età romana

198

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 39. I prediali attestati nel territorio di Radicofani

Oltre alle tracce di frequentazione dell’area successivamente oc- cupata dalla rocca e dal borgo 160, soltanto due sono i siti che hanno restituito ceramica databile ai secoli II-III d.C. 161. Il primo è localizzato sui rilievi prospicienti il corso del torrente Formone (UT 146), il secondo si trova a poca distanza dalla strada moderna che collega Ponte a Rigo e Radicofani (UT 161). È possibile che altre tracce di occupazione o semplice frequentazione della zona riferibili a questo periodo siano state obliterate dalle più tarde fasi di vita dei villaggi e dei complessi medio-grandi di età tardoantica. In quest’ottica la quasi totale assenza del principale fossile guida per l’età medioimperiale, la terra sigillata africana, ha sicuramente contribuito nel creare una immagine di estrema rarefazione del popolamento. Tracce dell’esistenza, nella zona di Radicofani, di tenute di grandi dimensioni potrebbero essere ravvisate in alcuni fossili topono- mastici, come i prediali Perignano, Contignano, Pigacciano e San- sano 162. Soltanto le ultime due località, però, hanno restituito materiali romani 163 all’interno di unità topografiche interpretate come semplice frequentazione. È probabile che a Perignano, Con- Fig. 40. Localizzazione dei prediali tignano, ed eventualmente a Reggiano, le tracce delle più antiche frequentazioni siano state obliterate in seguito alla costruzione dei castelli che ciascuna di queste località ospitò in seguito. cause di questo inesorabile cambiamento degli assetti delle campagne Nel resto del Chiusino la situazione, per quanto ancora non puntual- sono da ricercare, da un lato, nel vistoso calo demografico che si veri- mente studiata, appare analoga. Le ville documentate nel territorio di ficò nella seconda metà del II secolo d.C. in seguito al diffondersi della Chianciano Terme scompaiano tutte, con una sola eccezione, nel cosiddetta “peste antonina”, dall’altro, nel crescente fiscalismo cui i 166 corso del II secolo 164, lasciando il paesaggio agrario in lenta, ma ine- contadini furono sottoposti proprio a partire da questo periodo . Il vitabile, evoluzione verso il latifondo. Una tendenza simile è riscon- diminuire della popolazione in ambito rurale determinò poi l’aumento trabile anche nei territori di Pienza e Abbadia San Salvatore 165. Le dei terreni facenti parte del patrimonio imperiale, ponendo le basi per il nascere delle cosiddette massae fundorum 167. A giudicare dalle fonti letterarie e dall’evidenza archeologica proveniente dall’intera Etruria, 160 VILUCCHI, 1998, pp. 145-146. Si tratta di un gruppo di otto monete, di cui una lo spopolamento delle campagne dovette essere generalizzato e di am- databile al III secolo d.C. (le altre sette sono invece databili al IV). plissima portata 168. La progressiva chiusura dei circuiti commerciali 161 Vedi Catalogo delle Unità Topografiche nn. 146, 161. 162 Più dubbia appare l’origine del toponimo Reggiano, da Pieri ricondotto al gen- del Mediterraneo determinò inoltre una forte pressione sulle econo- tilizio latino Regius (che avrebbe poi dato origine alla forma *Regianu; PIERI, 1969, mie regionali, finendo di fatto per legare alla terra i contadini anche da p. 128). Potrebbe anche discendere, infatti, dalla presenza nella zona di proprietà un punto di vista giuridico 169, per quanto non si possa parlare di veri regie di epoca altomedievale, dal momento che il luogo appare attestato in questa e propri vincoli al suolo prima dell’età dioclezianea 170. I rivolgimenti forma già nell’VIII secolo d.C., in alcuni documenti del CDA. Per quanto riguarda gli altri toponimi sono fatti discendere dall’andronimico Acontius e Acontius, per quanto riguarda Contignano (PIERI, 1969, p. 89), Perennius, per quanto riguarda 166 MARCONE, 2002a, pp. 53-54, con bibliografia. Perignano (PIERI, 1969, p. 124), Picacius e Pacatius, per quanto riguarda Pigac- 167 MARCONE, 2002b, p. 346. ciano (PIERI, 1969, p. 124), Sentius, per quanto concerne infine Senzano (PIERI, 168 Celebre è l’iniziativa di Pertinace, del 193 d.C., che, per tentare di arginare il fe- 1969, p. 131). nomeno, assicurava il diritto di proprietà a tutti coloro che avrebbero coltivato ter- 163 I materiali provenienti da Piacciano, in particolare, sono genericamente databili reni abbandonati o incolti, venendo esonerati dal pagamento dei tributi per ben dieci all’età romana, trattandosi di pochissime pareti di ceramiche acrome, mentre quelli anni (ERODIANO II, 4, 6). In generale si veda CARANDINI, 1986, pp. 5-7; CAMBI, rinvenuti in località Sansano non sembrano datare oltre il I secolo d.C. 1993, p. 230-243; VERA, 1994, pp. 244-247; LO CASCIO, 1991; LO CASCIO, 2002. 164 PAOLUCCI, 1988a, p. 106. 169 MARCONE, 2002b. 165 FIRMATI, 1996; FELICI, 2002, pp. 314-319. 170 LO CASCIO, 2002, p. 307.

199

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Siti di età medioimperiale:

casa 2

frequentazione

Siti noti di età medioimperiale:

abitazione

confini comunali

0369 km

Fig. 41. Il popolamento nella media età imperiale militari del III secolo e gli altri scoppi epidemici che si verificarono in In età tardoantica il territorio di Radicofani appare popolato da un ri- questo periodo determinarono il definitivo radicamento dei cambia- dotto numero di abitazioni, di piccole e medie dimensioni. La pre- menti avvenuti nel corso del secolo precedente 171. In ambito urbano senza di villaggi, che costituiscono in questo periodo la forma inse- la realtà appare più variegata: nel caso di Chiusi, ad esempio, a par- diativa più tipica, appare limitata soltanto al fondovalle del fiume Pa- tire dalla fine del II secolo d.C. le testimonianze epigrafiche inerenti glia. I principali fossili guida per questo periodo sono costituiti dalle a dediche a personaggi imperiali iniziano a farsi consistenti 172, la- più tarde forme di terra sigillata africana (come i tipi Hayes 61 e 91) sciando ipotizzare una certa vivacità economica e culturale 173. e dalle loro imitazioni in ceramica comune. I dati provenienti dalla ricognizione effettuata nel comune di Abbadia San Salvatore ap- paiono confermare questa tendenza. Dopo il definitivo declino dei ti- 171 LO CASCIO, 2002, p. 307. pici paesaggi rurali romani, articolati nelle aree periferiche e montane 172 La serie delle dediche imperiali sicuramente databili prende inizio con una base principalmente per abitazioni sparse, riemergono gli antichi paesaggi marmorea iscritta nel 194 d.C. in onore dell’imperatore Settimio Severo, continua 174 con un frammento di travertino attribuibile a una iscrizione onoraria di Gordiano III, dei pagi . La scarsità dei ritrovamenti archeologici induce a pensare posta nel 239 d.C., e si protrae fino alla seconda meta del III secolo d.C., quando, tra che la presenza umana, a partire dal V secolo d.C., doveva essersi ri- gli anni 270 e 275 l’ordo Clusinorum, fregiandosi del titolo orgoglioso di sp[l]endidis- dotta a ben poca cosa. La popolazione residua risiedeva principal- simus, ebbe motivo di onorare la moglie dell’imperatore Aureliano, Ulpia Severina (PACK, 1988, pp. 35-44). 173 PACK, 1988, pp. 69-71. 174 FIRMATI, 1996; CAMBI, 1993.

200

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Siti di età tardonatica:

casa 1

casa 2

frequentazione

Siti di IV - metà VII secolo d.C.:

casa 1

casa 2

villaggio

Siti noti di età tardonatica:

abitazione

villaggio

confini comunali

0369 km

Fig. 42. Il popolamento nella tarda antichità mente nei villaggi sul fondovalle, dove, peraltro, il traffico viario do- nel quale tutte le terre sono messe a disposizione, dopo il raccolto, del veva essere notevolmente ridotto, seppur non del tutto cessato 175. pascolo promiscuo delle greggi 176. Non occorre sottolineare come una Nel corso della tarda antichità, il tradizionale sistema dell’alternanza simile gestione comunitaria, o parzialmente comunitaria, della terra biennale maggese-grano viene sempre più frequentemente degra- ben si sposasse con il nuovo assetto del popolamento. Oltre all’ampia dando verso un sistema di campi d’erba, in cui molto spesso si vede diffusione dell’allevamento di ovicaprini, già molto praticato nei pe- seguire a un anno di maggese e a uno di coltura granaria, uno o più riodi precedenti, anche l’economia della selva deve aver giocato un anni di riposo a pascolo. Questa estensione del saltus determina dun- ruolo fondamentale in un’area montana come quella amiatina. È noto que il passaggio da un regime di campi chiusi a uno di campi aperti, che i boschi fornivano materie prime fondamentali, quali legname, pece e resina (sempre più importanti all’interno dell’economia tar- doantica della zona in seguito alla presumibile scomparsa delle fornaci 175 CAMBI, 1996b. Diverso appare il quadro del Senese: nelle aree collinari più pros- per ceramica localizzate lungo il corso del Paglia) e, soprattutto, offri- sime al nucleo urbano di Siena, che era ancora un centro di consumo vivace, si loca- vano ampie possibilità di praticare l’allevamento suino 177. Le ghiande, lizzano le ville, probabilmente attratte dalla presenza del mercato cittadino. Sui rilievi più elevati, invece, si situano le abitazioni rurali di varie dimensioni. La generale as- senza dei villaggi richiama la situazione della agro Cosano, con poche ville superstiti 176 SERENI, 1961, pp. 65-66. attorno alla città, e di quello rosellano, con case sparse nell’interno (CAMBI et alii, 177 TRAINA, 2002, pp. 239-242. I suini infatti fornivano un ampio apporto proteico 1994; VALENTI, 1995). a un costo di produzione relativamente basso (PASQUINUCCI, 2002, pp. 162-163).

201

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 43. Le UT databili alla media età imperiale

Fig. 44. Le UT databili alla tarda antichità del resto, potevano essere impiegate, in caso di anni di carestie, anche Nella media e tarda età imperiale il traffico di uomini e merci lungo per l’alimentazione degli uomini 178. Una risorsa non secondaria do- il percorso della futura Francigena aumenta ulteriormente, anche gra- veva apparire anche la caccia di cinghiali, caprioli e lepri, mentre un zie al pessimo stato in cui versava il tratto della Via Cassia che colle- carattere marcatamente più marginale avevano la raccolta di miele sel- gava Bolsena con Chiusi. Gli interventi di rettifica, intrapresi nel vatico e piante officinali 179. corso del IV secolo d.C., infatti, non sembra che abbiamo ottenuto i risultati sperati 182, mentre la Val di Chiana era probabilmente già in- teressata da estesi focolai di malaria 183. Appare interessante che molte LA VIABILITÀ IN ETÀ ROMANA delle strutture di maggiori dimensioni localizzate nell’area limitrofa a In età romana la principale viabilità all’interno dell’attuale territorio Radicofani si situino proprio lungo i corsi del Formone e del Paglia. comunale di Radicofani rimane quasi invariata rispetto al periodo La presenza della strada, infatti, offriva la possibilità di esitare i sur- tardoetrusco. Le principali valli fluviali e i più significativi spartiac- plus alimentari derivanti dalla produzione agricola e, al tempo stesso, que rimangono le direttrici preferenziali fino alla tarda antichità. Sol- di integrare quest’ultima con la fornitura di servizi per i viaggiatori 184. tanto la microviabilità conosce probabilmente un incremento e una Come sottolinea Firmati, si tratta ormai di un percorso caratterizzato maggiore articolazione in seguito al consistente aumento del numero da una grande facilità e velocità di percorrenza, al tempo stesso causa dei siti, che, a partire dal II secolo a.C., si dislocano pressoché sul- ed effetto dell’intensità della frequentazione che lo coinvolge 185. l’intero territorio. Più in dettaglio, all’interno del territorio comunale di Radicofani, In questo periodo il tracciato che transitava nelle valli del Formone oltre ai probabili percorsi già indicati per l’età etrusca, appare pos- e del Paglia acquista maggiore importanza. La ricognizione con- sibile che la rete viaria che potremmo definire “di servizio” si infit- dotta nella zona alla fine degli anni Ottanta ha mostrato come na- tisse, al fine di collegare i villaggi e le grandi fattorie tra loro. È pro- scano nuove realtà insediative o si sviluppino quelle già esistenti. babile che essa sfruttasse alcune delle odierne strade vicinali, che, Firmati, sulla base del materiale raccolto, ha sottolineato il carattere sulla base della cartografia storica e della presenza di tracce di pa- di sovraregionalità degli scambi in cui l’alta Val di Paglia inizia a es- vimentazione in pietra, appaiono tutte caratterizzate da una rela- sere coinvolta, ipotizzando la presenza di una via publica, che met- tiva antichità. Se si considera, infatti, che molti degli insediamenti teva in comunicazione Roma e Saena Iulia 180. Il rinvenimento, poi, di età basso medievale si dislocano, in conseguenza della partico- di basoli stradali sembrerebbe confermare che si trattasse di una strada lastricata di una certa rilevanza, le cui tracce sono ancora in 182 HARRIS, 1965, pp. 116, 123. parte visibili dallo studio delle foto aeree 181. 183 SZABÒ, 1989, pp. 292-293. L’abbandono del percorso in epoca longobarda è im- putabile anche a ragioni di tipo squisitamente politico: da Firenze, una delle tappe 178 Plinio ricorda come, in certe aree appenniniche, si preparasse pane realizzato con principali della Via Cassia, si dipartivano infatti arterie che conducevano tutte in ter- una sorta di farina di ghiande (Plinio, Nat. Hist., XVI, 15). ritorio bizantino, e quindi nemico (STOPANI, 1993, pp. 11-18, STOPANI, 1995, p. 7; 179 TRAINA, 2002, p. 243. STOPANI, 1998, pp. 5-8). 180 FIRMATI, 1996, pp. 165-175. 184 FIRMATI, 1996, p. 171. 181 CAMBI-DE TOMMASO, 1988, pp. 471-479. 185 FIRMATI, 1996, p. 171.

202

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Valenti, sia la caoticità della distribuzione insediativa, sia l’assenza di progettualità 188 e ben si presta a descrivere decenni caratterizzati da grande instabilità del governo centrale, declino demografico nelle campagne e infuriare di guerre, carestie e epidemie 189. Il territorio di Radicofani si presenta in questo periodo popolato da un esiguo numero di modeste abitazioni, che rioccupano per lo più le maggiori strutture abitative del periodo precedente. Così come in buona parte del resto della Toscana 190, anche nel versante orientale del Monte Amiata al paesaggio dei pagi tardoantichi suc- cede un paesaggio di tipo caotico, all’interno del quale non sono ravvisabili né articolazioni gerarchiche tra i siti né tentativi siste- matici di controllo del territorio.

Fig. 46. Distribuzione cronologica delle Unità Topografiche di età medievale

Se si prendono in esame anche i siti con datazione generica tra il IV e il VII secolo d.C. in totale sono soltanto sette le strutture abitative che caratterizzano il comprensorio di Radicofani e le sue immediate vicinanze. Si tratta di semplici case costituite da elevato in materiale verosimilmente deperibile e copertura in laterizi. Soltanto nel caso dell’abitazione situata tra Palazzuolo e Poggio Bianco, nel comune di Sarteano, l’evidenza archeologica sembra suggerire una struttura di dimensioni medio-grandi 191. In questo caso, però, l’ampio arco Fig. 45. La principale viabilità in età romana cronologico fornito dal materiale ceramico raccolto – che va gene- ricamente dal IV al VI secolo – inficia ogni tentativo di ulteriore lare geomorfologia del territorio, in corrispondenza delle ree più analisi interpretativa del sito. densamente abitate anche in età romana, appare verosimile che i Appare significativo che, mentre le abitazioni di età medio e tar- percorsi in uso durante i secoli finali del Medioevo non fossero par- doimperiale si dislocano ancora lungo i principali assi viari – come il ticolarmente diversi delle epoche etrusca e romana. diverticolo della Via Cassia lungo i fondovalle del Paglia e del For- Lucia Botarelli mone o il percorso che ricalca lo spartiacque avente senso nord-sud che transita ai piedi di Radicofani – o sui primi rilievi presso i mag- giori corsi d’acqua, gli unici due siti sicuramente databili al VI-VII se- 186 ILPERIODO MEDIEVALE colo d.C. sono situati in una zona più marginale dal punto di vista degli scambi. È proprio in questo periodo, infatti, che alcuni dei prin- cipali assi viari dell’Etruria cessano di funzionare, a causa del pro- Il periodo caotico (VI-metà-VII secolo d.C.) gressivo impaludamento di certe aree, dell’abbandono di buona parte Il periodo compreso tra il VI e la metà del VII secolo d.C. è spesso delle stazioni di posta, dell’imperversare della guerra greco-gotica 192. definito, per quanto riguarda i contesti rurali toscani, “età del caos” 187 o “periodo caotico” . Il termine caotico definisce, come sottolinea 188 VALENTI, 2004, p. 69. 189 WICKHAM, 1983, p. 41; WICKHAM, 1998; VALENTI, 2004, p. 49. 190 Per una sintesi si veda VALENTI, 2004, pp. 69-81. 186 I testi che compongo questa sezione sono di Lucia Botarelli e Anna Caprasecca. In 191 Si veda la scheda n. 124 del catalogo delle Unità Topografiche. particolare le parti afferenti al territorio di Radicofani sono di Lucia Botarelli, men- 192 In particolare per la Via Cassia e il percorso di età romana della futura Via Fran- tre quelle relative al più ampio contesto amiatino sono di Anna Caprasecca. cigena si veda infra, pp. 202-203, 217-218, 231-232. Per una sintesi del popolamento 187 CAMBI et alii, 1994, p. 202. Per un’attenta analisi della problematica si veda VA- in relazione alla viabilità dell’Etruria interna a partire dalla tarda antichità si veda LENTI, 2004, pp. 65-77. CAMBI, 1993, pp. 233-240.

203

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Siti di VI - metà VII secolo d.C.:

casa 1

Siti di IV - metà VII secolo d.C.:

casacasa 1 1

casacasa 2 2

villaggiovillaggio

Siti noti di IV - metà VI secolo d.C.:

abitazione

villaggio

confini comunali

0369 km

Fig. 47. Localizzazione delle UT databili al periodo caotico

I caratteri della ceramica diffusa su scala regionale riflettono la ra- cenziore è costituito da una imitazione in acroma grezza della refazione del popolamento rurale, la diminuzione della domanda, scodella tipo Hayes 105 prodotta in sigillata africana 196, mentre il decadimento e più in generale la scomparsa di organizzazioni per quanto riguarda la casa ubicata in località Palazzetta l’unico aziendali, l’interrompersi del collegamento con i mercati urbani, elemento datante è un orlo di pentola in ceramica comune che il collasso dell’economia monetaria nelle campagne 193. In conco- trova precisi confronti con contesti databili per al VI-VII se- mitanza, almeno a partire dall’inoltrato VI secolo, le importazioni colo 197. di ceramica vascolare – oltre che di derrate alimentari non locali Questi scarni dati sembrano suggerire un notevole calo demogra- testimoniate dalle produzioni anforarie orientali – sono ormai fico e una forte riduzione delle terre coltivate. I nuclei insediativi sporadiche, mentre i centri produttivi decadono 194. individuati, costituiti da semplici case di modeste dimensioni, ap- Per quanto i rinvenimenti di Radicofani non costituiscano in al- paiono piuttosto distanziati gli uni dagli altri, lasciando immagi- cun modo un campione statisticamente rilevante, anche all’in- nare ampie porzioni di territorio ormai totalmente incolte. Lo terno delle due Unità Topografiche databili tra il VI e la metà del sfruttamento delle risorse boschive e una sempre più ampia pratica VII secolo rinvenute, non compaiono che ceramiche comuni di dell’allevamento a scapito delle più tradizionali pratiche agricole, probabile produzione locale. Per la struttura abitativa situata in in primis quella dei cereali superiori, appaiono adesso la risorsa Pian dei Mori 195, in particolare, l’elemento con datazione re- principale per il sostentamento della popolazione 198.

193 FRANCOVICH-VALENTI, 1997; VALENTI, 1999, p. 322; VALENTI, 2004, p. 47. 196 Tav. 10.4. Come gli autori sottolineano, la distribuzione di manufatti ceramici diviene sempre 197 Tav. 9.7. più locale, i campionari tipologici vengono semplificati e le importazioni conoscono 198 In questo periodo, in continuità con l’età tardoantica e i secoli VIII-X, lo sfrutta- una drastica riduzione, fino al loro definitivo cessare. mento delle risorse boschive e l’allevamento di suini e, in misura probabilmente mi- 194 VALENTI, 2004, p. 49. nore di ovini e caprini, appare predominante rispetto alla pratica della cerealicoltura 195 Vedi catalogo delle Unità Topografiche: UT 93. (CORTONESI, 2002, pp. 83-87).

204

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 48. Le Unità Topografiche databili al periodo caotico

Le strutture abitative caratterizzanti questo periodo sono assimilabili quindi, risultano finora documentate soltanto dalle testimonianze a misere capanne di ridottissime dimensioni, con elevati in terra e archivistiche, costituite dalle pergamene del Codex Diplomaticus tetto a uno spiovente (stramineo o in laterizi) 199. Amiatinus, e da scarsi fossili toponomastici. Una situazione analoga appare riscontrabile nei territori immediata- Il problema della “invisibilità” dell’alto Medioevo tramite i tradizio- mente limitrofi, come Abbadia San Salvatore, dove non sono state nali metodi di indagine di superficie è ormai un assunto generaliz- riscontrate tracce di insediamenti databili a questo periodo 200, o zato e riconosciuto. La causa principale della scomparsa delle tracce Pienza, che ha restituito alcuni siti di varia natura collocabili crono- materiali di molti insediamenti databili tra la metà del VII e il IX-X logicamente tra IV e VI secolo 201. Di particolare interesse è la pre- secolo è da ricercare spesso nelle successive vicende edilizie di questi senza, immediatamente a est del corso dell’Orcia a poche centinaia siti. I processi di incastellamento, da un lato, e il perdurare dell’oc- di metri dal limite amministrativo con il comune di Radicofani, di cupazione delle stesse aree da parte dei nuclei di villaggio giunti fino due strutture localizzate su Poggio Villanova e presso il podere Trib- ai nostri giorni, dall’altro, hanno determinato, in molti casi, l’ero- bioli e interpretate come abitazioni realizzate con uno zoccolo in pie- sione o l’obliterazione delle fasi di vita altomedievali 206. tra e copertura in laterizi 202. La totale assenza di elementi appartenenti alla cultura materiale rife- Questa situazione non contrasta con il quadro offerto dal resto del ribili a questa fase, del resto, rende molto problematica l’ipotesi di Senese, dove la distribuzione insediativa nelle campagne si presenta una diffusione del popolamento sparso nell’area in questione, con- a maglie larghe e articolata per case sparse senza alcuna intenzione di trastando con il quadro emerso dall’analisi del fondo diplomatico progettualità 203. Anche nelle aree costiere, come la valle dell’Albe- dell’abbazia di San Salvatore 207. È possibile ipotizzare, come sostiene gna, a partire dal VI secolo d.C. si ha una inversione di tendenza ri- Francovich, che gli assetti delle campagne delineati dagli storici ri- spetto al secolo precedente, quando è attestata una notevole vivacità flettano piuttosto una disomogeneità delle definizioni utilizzate dalle commerciale e mercantile 204. fonti altomedievali che non una effettiva varietà delle strutture del popolamento 208. La terminologia impiegata, infatti, atta a descrivere Alto Medioevo (seconda metà VII-X secolo d.C.) rapporti giuridici privati, non appare adeguata per estrapolare detta- gliate ed esatte informazioni circa il quadro insediativo 209. La ricognizione nel territorio comunale di Radicofani non ha por- tato all’individuazione di alcun sito databile tra la metà del VII e la a carenza di siti altomedievali emersi in seguito a indagini di superficie, è stata ri- 205 fine del X secolo d.C. . Le fasi di vita altomedievali della zona, scontrata anche in altre zone della provincia di Siena (VALENTI, 1995a; CAMBI, 1996a; VALENTI, 1999; NARDINI, 2001; CAMPANA, 2001; FELICI, 2004). 206 VALENTI, 2004, pp. 11-15. 199 Le due strutture scavate nel Chianti senese e a Siena, in contesto urbano, hanno 207 Sulla base della documentazione di San Salvatore, infatti, sia Wickham che Va- una superficie di circa 20 mq (per la capanna di Siena di veda BOLDRINI-PARENTI, quero Piñeiro sostengono l’esistenza, nell’area amiatina e orciana, di forme di po- 1991; per quella situata in località san Quirico, nel comune di Castelnuovo Berar- polamento sparso costituite da case isolate (WICKHAM, 1989, pp. 110-111; VA- denga, si veda VALENTI, 1995, sito n. 121, IV, 32, pp. 360-361). QUERO PIÑEIRO, 1990, p. 23). L’impossibilità di rintracciare, tramite ricognizione 200 CAMBI, 1996b, pp. 192-193. di superficie, qualsiasi traccia materiale a esse riferibile sembra però deporre a fa- 201 FELICI, 2004, pp. 314-319. vore di una diversa lettura dei documenti del monastero. Non appare sufficiente, 202 FELICI, 2004, UT 168.3 e 172.2. infatti, a spiegare un simile vuoto di presenze archeologicamente documentabili fare 203 VALENTI, 1995a, pp. 401-405; VALENTI, 1999, pp. 318-322; NARDINI, 2001, ricorso alla deperibilità del materiale da costruzione impiegato (principalmente le- pp. 146-149; CAMPANA, 2001, pp. 305-306. Le uniche, parziali eccezioni, vanno in- gno e incannicciato, e più raramente pietre non lavorate) e all’ampia diffusione di dividuate nella probabile presenza di una ristretta élite gota nella Val d’Elsa (VALENTI, recipienti in materiali di origine vegetale. Allo stesso modo, i fenomeni di erosione 1999, p. 320) o a Murlo, dove, in località , già tra la fine del VI e gli dei depositi archeologici, per quanto sicuramente presenti, non possono da soli aver inizi del VII secolo d.C. sembra fare la sua comparsa un nucleo insediativo in certa asportato completamente ogni traccia altomedievale (tanto più operando una sele- misura accentrato (CAMPANA, 2001, pp. 304-305). zione di tipo diacronico: a Radicofani, dove il tasso di erosione, come si è detto nel 204 A partire dal VI d.C. le indagini di superficie condotte nella zona hanno dimo- primo capitolo, è addirittura di 500-1000 volte maggiore rispetto alla media na- strato una netta inversione di tendenza, con una preponderanza delle produzioni lo- zionale, sono state comunque rinvenute strutture abitative in materiale deperibile cali sulle imitazioni (CAMBI, 2002, p. 239). databili all’età del Bronzo o al periodo orientalizzante). Più in generale, sulla que- 205 L’unica eccezione è costituita dal sito di Radicofani, dove, alla metà degli anni No- stione si veda VALENTI, 2004, pp. 126-129. vanta, sono state individuate alcune tracce di frequentazione databili tra IX e XI se- 208 FRANCOVICH, 2004, pp. XIII, XIX-XXII. colo d.C. (ROSSI-RONCAGLIA, 1998, pp. 155-157). Una situazione analoga, quanto 209 FRANCOVICH, 2004, pp. XIII, XIX-XX.

205

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 49. I siti altomedievali situati nel comune di Radicofani citati nel CDA

206

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 50. I siti altomedievali situati nel comune di Radicofani citati nel CDA

207

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Le sortes non vengono definite nei loro singoli confini ma semplice- vabili, infatti, la non univocità di significati riscontrabile all’interno mente ubicate nel territorio con riferimento al distretto civile o, più della documentazione di San Salvatore obbliga alla cautela nell’ana- precisamente, al territorio di pertinenza dei vari centri demici rurali. lisi della distribuzione del popolamento del territorio di Radicofani. Il definire l’ubicazione per loci, fundi e vici è una pratica che si diffonde soprattutto nella Padania a partire dal IX secolo probabilmente in re- Seconda metà VII-VIII secolo d.C. Tra la metà del VII e l’inoltrato lazione all’apporto culturale germanico nei confronti della gestione e VIII secolo l’attuale territorio comunale di Radicofani doveva essere strutturazione dello spazio 210. caratterizzato dalla presenza di alcuni nuclei insediativi di una certa L’insediamento longobardo aveva soppiantato il rigido ordine cata- rilevanza demica e di una ben definita identità culturale collettiva se, stale romano, con un assetto decentrato e disomogeneo che ridava va- al momento dell’assegnazione di beni e persone a San Salvatore, essi lore ai vici e le cui basi giuridiche erano legate ai rapporti personali e possedevano già un nome 216. Questi centri, definiti principalmente diretti degli uomini con gli altri uomini e con la terra. casalia dalle fonti documentarie e interpretati da Wickham come in- A una chiarificazione catastale dello spazio viene preferita una rete di sediamenti aperti 217, non hanno lasciato tracce materiali di sé, ob- punti e personaggi a cui fare riferimento. I documenti non sono che bligandoci a tentare di enucleare la loro natura sulla base soltanto supporti tecnici di un catasto vivente, mezzi per meglio ricordare o delle scarne indicazioni del Codex Diplomaticus Amiatinus. Vaquero definire. Il territorio viene delimitato con zone conosciute e ricono- Piñeiro, all’interno del suo contributo dedicato alla Val d’Orcia in scibili. La tensione conoscitiva è in direzione di una microtoponimia età altomedievale, ha sottolineato come, trattandosi di una struttura che definisca ogni singola realtà produttiva 211. Va inoltre ricordato socio-economica ancora in formazione, non sia chiaro se il termine che nell’alto Medioevo il confine non rappresenta esclusivamente il casale designi la circoscrizione di un vero e proprio villaggio agricolo limite di proprietà ma, vista anche l’ambigua realtà giuridica, regola o si limiti a segnalare piccole frazioni di case più o meno contigue e semplicemente lo sfruttamento e l’uso del territorio delimitato. È però ancorate a un punto fisso 218. In particolare, sostiene l’autore, appare vero che ci si muove verso una concentrazione curtense dei beni, cor- innegabile che già nell’VIII secolo d.C., esso manifesti chiaramente relata all’espansione politica ed economica dei grandi enti ecclesiastici un carattere frammentario della proprietà 219. La ripartizione delle dell’alto Medioevo. terre del casale tra liberi proprietari terrieri e conduttori dipendenti I recenti scavi condotti su quasi quaranta siti incastellati della To- da una signoria, laica o religiosa, corrisponderebbe fisicamente a una scana hanno messo in luce, in una percentuale che potremmo defi- organizzazione particellare, tesa a raggruppare i coltivi di ogni nucleo nire statisticamente rilevante, fasi di occupazione degli stessi luoghi familiare all’interno di un più ampio contesto unitario, quello del ca- in età altomedievale, concorrendo così a dimostrare una preferenza, sale. Questo modello, pur non dando vita a un’azienda fondiaria tra VII-VIII e X secolo, per l’insediamento di tipo accentrato 212. compatta, garantirebbe l’autosufficienza alimentare dell’intero vil- Dopo il collasso del sistema insediativo romano, infatti, le indagini laggio, che può quindi presentarsi all’apparenza non omogeneo e ri- archeologiche di superficie non evidenziano un diffuso e capillare gorosamente strutturato. Il prodotto finale, sempre secondo Va- popolamento sparso fino ai secoli finali del Medioevo. Le difficoltà quero Piñeiro, sarebbe un insediamento di tipo alveolare, in cui la economiche determinate dal tracollo del sistema infrastrutturale ro- contiguità delle case e delle coltivazioni intensive concorrerebbe a de- mano, che facilitava l’approvvigionamento di materie prime e la finire l’unità fisica e l’identità collettiva del gruppo 220. commercializzazione dei surplus alimentari (oltre che la circolazione Le indagini archeologiche condotte in alcuni contesti toscani negli di beni di lusso), insieme all’insicurezza politico-militare, determi- ultimi decenni hanno mostrato una realtà insediativa di VII-metà narono una tendenza all’aggregazione della popolazione rurale in nu- VIII secolo ancora fluida, in cui le strutture comunitarie risultano in clei demici di una certa consistenza, all’interno dei quali i legami di parte deboli – se paragonate a quelle dell’azienda curtense dei secoli solidarietà comunitaria garantivano una produttività agricola suffi- successivi – pur esistendo una pianificazione degli spazi determinata ciente per la sussistenza dell’intero gruppo 213. e forse una forma di prelievo fiscale 221. Malgrado, infatti, questi cen- La realizzazione di scavi sistematici all’interno di alcuni siti fortificati tri si presentino spesso semplicemente come una serie di piccole del versante orientale del monte Amiata 214 potrebbe offrire, grazie strutture rurali ravvicinate, l’apparente casualità della loro disloca- alla straordinaria ricchezza del fondo diplomatico amiatino, l’occa- zione trova una sua ragion d’essere in seno all’organizzazione strut- sione di un più diretto confronto tra le fonti documentarie e quelle turale degli spazi disponibili per ogni nucleo familiare. Si tratta, archeologiche, procurando magari una ulteriore chiave di lettura per quindi, di insediamenti compatti organizzati intorno a uno spazio le numerose definizioni delle tipologie insediative fornite dai docu- menti altomedievali 215. In assenza di tracce archeologicamente rile- 216 Si tratta di Mussona, Casano, Clemenzano, Offena, Gello (WICKHAM, 1989, pp. 113-114, con bibliografia). In particolare sembra che, pur essendo situati al di 210 BOGNETTI, 1968, pp. 68-69; CASTAGNETTI, 1979, pp. 272-275. fuori del grande blocco di terra pubblica che andava dalla vetta dell’Amiata alla 211 LAGAZZI, 1988, pp. 24-26. cima di Radicofani, molti di essi furono caratterizzati da un tipo di proprietà fram- 212 Per una sintesi si veda FRANCOVICH-HODGES, 2003, pp.; VALENTI, 2004, p. 14. mentata, che mescolava all’interno dello stesso insediamento un assetto privato 213 FRANCOVICH, 2004, p. XIV. (forse ancora su piccola scala) con uno pubblico, documentato dal fondo di San 214 L’unico scavo condotto all’interno di un sito incasellato del comune di Radicofani Salvatore. Terra fiscale è attestata a Mussona (CDA, I, n. 6), Clemenzano (CDA, I, è stato diretto dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana alla metà de- n.175), Offena (CDA, I, n. 198). gli anni Novanta in seno all’ampio progetto di restauro della rocca di Radicofani. Gli 217 WICKHAM,1989, p. 113. ampi rimaneggiamenti effettuati, però, tra la fine del Medioevo e la prima età mo- 218 “Per assegnare a un grappolo di case l’attributo di villaggio non è indispensabile derna hanno pesantemente compromesso la stratigrafia altomedievale, così come che queste formino un nucleo compatto, devono unicamente insistere su uno spazio quella di età protostorica e classica (ROSSI-RONCAGLIA, 1998). Sullo scavo di Radi- che dal di fuori venga riconosciuto come dotato di una certa unità o coesione interna”; cofani si veda anche il recente intervento di Valenti (VALENTI, 2004, p. 47). VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 19. 215 Sull’importanza delle fonti archeologiche per la piena comprensione delle 219 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 20. fonti documentarie: FRANCOVICH, 1998, pp. 13-20; FARINELLI, 2000, pp. 13-20; 220 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 21. FRANCOVICH-GINATEMPO, 2000, pp. 7-24. 221 VALENTI, 2004, p. 92.

208

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale que delle proprietà, è descritto come privato e su piccola scala, pun- teggiato da una fitta maglia di casalia, dislocati al di sotto dei seicento metri di quota 225. Gli insediamenti noti all’interno dell’attuale ter- ritorio comunale di Radicofani, alla metà dell’VIII secolo, sembrano collocarsi tutti all’interno di quest’ultimo gruppo di terre. In parti- colare i casalia posti più a settentrione potrebbero aver gravitato al- ternativamente nella sfera di influenza delle diocesi di Siena e Arezzo 226, mentre quelli situati a est e a sud del futuro castello di Ra- dicofani ebbero verosimilmente come punto di riferimento le sedi diocesane di Chiusi e 227. La fondazione di San Salvatore, citato per la prima volta in un do- cumento incontestabile del 762 d.C.228, venne a rompere questi as- setti. Il monastero fu dotato infatti di buona parte del blocco di terra pubblica, fino a quel momento amministrato dalla curtis regia di Chiusi, senza diventare però un punto di riferimento politico im- portante, per gli abitati della zona, prima degli inizi del IX secolo 229. L’indagine di superficie non ha consentito di individuare nessuno dei siti citati nei documenti di San Salvatore. Per quanto riguarda gli insediamenti di localizzazione certa è possibile ipotizzare che le fasi di vita altomedievali siano state obliterate da strutture successive, come i poderi moderni che in molti casi hanno conservato i topo- nimi ricordati nel CDA. È questo il caso, probabilmente, dei casalia di Agello e Bitena, situati rispettivamente a est e a nord di Radico- fani. In tutte e due le località, infatti, la ricognizione, per quanto ri- petuta più volte a maglie strettissime (in alcuni casi con una distanza tra i ricognitori di un solo metro), non ha evidenziato alcuna traccia sicuramente riferibile all’Alto Medioevo. Presso Poggio Gello, dove la portata dell’insediamento in epoca etrusca e romana appare tutto sommato limitata, sono state individuate abitazioni e tracce di fre- quentazione genericamente databili al periodo medievale. Purtroppo l’assenza di materiale diagnostico in superficie non ha consentito di precisare con maggiore dettaglio l’arco cronologico delle strutture, che potrebbero forse essere riferite alle fasi di vita di XI secolo testi- moniate dai documenti amiatini 230. In assenza di ulteriori indagini questa ipotesi rimane comunque da comprovare. Fig. 51. I siti citati dal CDA nella seconda metà dell’VIII secolo Per quanto riguarda Bitena, la coincidenza toponomastica con due aperto, soggetti a consuetudini che regolano gli spazi agrari sfruttati poderi moderni che recano entrambi il nome di Vitena – situati a dalla comunità 222. Dietro a queste prime forme organizzate di vil- poca distanza gli uni dagli altri – non lascia spazio a dubbi circa la laggi, sono talora da immaginare aristocrazie prive di strategie pro- sua localizzazione. Nell’area limitrofa la ricognizione non ha però gettuali di tipo economico, interessate molto spesso alla semplice evidenziato tracce di frequentazioni di età romana tali da far sup- produzione per autoconsumo 223. In altri casi, invece, l’assenza di porre una continuità di vita tra i casalini citati nel CDA e even- precisi indicatori di differenziazione sociale ed economica potreb- tuali insediamenti precedenti 231. Va però osservato che l’elevato bero deporre a favore di una relativa autonomia di comunità rurali tasso di erosione della zona, che ha generato una lunga serie di formatesi per soddisfare le esigenze di famiglie contadine proprieta- profondi calanchi, può aver fortemente condizionato le ricerche rie della terra 224. di superficie. Per quanto attiene al versante orientale del monte Amiata, stando al- l’analisi di Wickham, nell’VIII secolo sarebbero esistiti due diversi assetti della proprietà: il primo appare costituito da un blocco di terra sona, Casano, Clemenzano, Offena, Gello, Boceno (WICKHAM, 1989, pp. 113-114). pubblica, soltanto in piccola parte coltivata, che si estendeva fra la 226 L’area si colloca probabilmente all’interno dello scenario delle dispute delle due cima della montagna e Radicofani e includeva buona parte dell’alta diocesi per il possesso di alcune pievi: Cosona, Citigliano, Fabbrica, Camprena e Fe- Val di Paglia, il secondo, in cui si ipotizza che il fisco avesse comun- roniano (l’attuale ), attualmente facenti parte dei comuni di Torrita e Pienza (VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 15, con bibliografia). 227 Il loro centro politico, fino alla fondazione di San Salvatore, fu dunque la Val di 222 VALENTI, 2004, pp. 92-93. Chiana VAQUERO PIÑEIRO, 1990 p. 14; WICKHAM, 1989, p. 114. 223 VALENTI, 2004, p. 93. 228 Nel documento non è menzionato alcun patrocinio, si può immaginare che il mo- 224 È questo il caso di Scarlino e (FRANCOVICH, 1985, pp. 20-32; VALENTI, nastero fosse ancora in costruzione e la chiesa non fosse stata ancora consacrata 1996, pp. 363-372; per una sintesi VALENTI, 2004, pp. 88-89), a differenza della Val (KURZE, 1989a, pp. 39-40). Buona parte dei terreni di cui fu dotata l’abbazia era co- d’Elsa, dove sono attestati per questo periodo centri di popolamento sorti per inizia- stituita da foresta vergine (KURZE, 1989, pp. 40-41). tiva aristocratica (VALENTI, 1999, pp. 306-308). Più in generale, WICKHAM, 1998, 229 WICKHAM, 1989, p. 115. pp. 153-170; WICKHAM, 1999, pp. 15-16. 230 L’ultima menzione di Agello, citato come corte, data al 1082 (CDA, II, n. 308). 225 È fatto riferimento a San Filippo, Lardoniano, Spargaria, Comeiano, Forcole, Mus- 231 Nel 747 si parla di “casalinis et terris cum silvis” (CDA, I, n. 6).

209

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Un’alta densità insediativa in età tardoetrusca e romana caratterizza tuttora, per quanto in buona parte crollata, una chiesetta absi- invece l’attuale Pian dei Mori, immediatamente a sud del quale si data 242. può verosimilmente collocare il casale di Offena 232. In quest’area Di difficile collocazione spaziale risultano anche i “duo casalia qui le ricerche di superficie hanno portato all’individuazione di una vocatur Reodola maiore et Reodola minore” e il casale denominato delle due strutture sicuramente databili al periodo caotico. Per Erminula (o Herminula) 243. L’associazione con Mussona e con il quanto l’assenza di un toponimo puntuale ancora documentato in fosso Cannita – da identificare sicuramente con l’odierno fosso età moderna impedisca di localizzare con esattezza l’area occupata Canneta, immissario del torrente Formone – lascia immaginare dal casale altomedievale, non sembra comunque casuale la presenza che fossero situati tutti nella porzione settentrionale del comune di nella zona di un’abitazione cronologicamente così vicina alla prima Radicofani. Nella zona, sia sui rilievi prospicienti il fiume Paglia attestazione documentaria di Offena (765 d.C.) 233. che il Formone, si situano alcuni siti databili all’età tardoantica, di Più a nord, nell’area compresa tra Le Conie e Contignano si colloca, cui uno potrebbe aver conosciuto una fase di vita anche durante il invece, Mussona. Descritta come una corte con terreni sparsi, è lo- periodo caotico 244. calizzata da Wickham in fondo ai pendii a est del crinale del futuro Concludendo si può dunque osservare come, nella seconda metà del- castello di Reggiano 234. La ricognizione, per quanto non abbia in- l’VIII secolo, la documentazione di San Salvatore presenti, nella por- dividuato tracce materiali sicuramente riferibili al periodo altome- zione di territorio compresa all’interno degli attuali confini comunali dievale, sembra aver fatto luce sulla esatta posizione della curtis. Sap- di Radicofani, otto insediamenti definiti secondo le seguenti catego- piamo infatti che alla fine dell’XI secolo i monaci di San Salvatore rie: curtis, casale, casalino, casa, monasterium. Benché la ricognizione ottennero dagli Aldobrandeschi, nella persona del conte Ranieri, di archeologica non abbia consentito di individuare alcuna traccia di edificare un castello presso Mussona 235. Wickham, sulla base della queste strutture, appare comunque interessante la coincidenza topo- totale assenza di ulteriori riferimenti al castello nei documenti suc- grafica tra esse e le aree popolate in età tardoantica e durante il cosid- cessivi, nonché di elementi strutturali a esso riferibili, ipotizza che, detto periodo caotico. Si potrebbe quindi ipotizzare che gli stanzia- così come nel caso di Serra de Ruga, nessuna struttura fortificata menti citati dal CDA costituiscano in qualche modo l’esito del po- fosse stata realmente costruita 236. Nel corso della campagna del polamento tardoantico, secondo modalità che potranno essere 1999 la ricognizione ha portato all’individuazione, in località Ca- chiarite soltanto in seguito a indagini di tipo stratigrafico. stellare, poco a sud di Reggiano, di alcuni lacerti murari, di note- vole spessore, realizzati tramite l’impiego di grossi blocchi di tra- Il contesto amiatino. Nel versante occidentale, l’assenza di una ri- chite legati con malta. La tecnica muraria e la presenza di un topo- cerca sistematica su tutto il territorio, non permette di giungere a nimo così trasparente lasciano ipotizzare, con un buon margine di un’analisi dettagliata del popolamento. Tuttavia i dati positivi sicurezza, che il castello – probabilmente mai ultimato – di Mussona della verifica delle anomalie da foto aerea 245 consentono di for- possa essere situato con esattezza in corrispondenza del moderno mulare alcune ipotesi sull’evoluzione dei singoli insediamenti. podere Castellare. Ne discenderebbe che anche la curtis altomedie- Ovviamente, trattandosi di un campione numericamente ridotto, vale di Mussona si trovasse nello stesso luogo 237. soltanto ulteriori indagini di superficie potranno confermare que- Il monastero di Clemenzano, ricordato a partire dal IX secolo sta linea di lettura. A riprova di quanto emerge per il comune di come curtis, crea invece seri problemi di localizzazione spaziale. Radicofani è da rilevare la coincidenza topografica di alcuni inse- Citato nell’810 accanto a Casano 238, e più tardi, nel 995 e 1075, diamenti citati nel CDA a metà dell’VIII con aree insediative oc- vicino a Ponano 239, nel 1009 infine è strettamente associato a Cor- cupate durante la tarda antichità e il periodo caotico. Un elemento vaia 240, situata per l’appunto in una posizione intermedia tra i sul quale riflettere è rappresentato dall’evoluzione documentaria due. Wickham, pertanto, propone una sua approssimativa collo- di questi stessi insediamenti per i secoli successivi che non trova cazione all’interno del triangolo avente come vertici le località re- analoghi riscontri dal punto di vista archeologico. Per quanto ri- canti i toponimi Casano, Ponano, Corvaia 241. Nell’area è presente guarda il contesto insediativo possiamo rilevare, in questi casi, una un edificio moderno che potrebbe, in qualche misura, aver con- tendenza a scegliere luoghi generalmente pianeggianti, posti in servato traccia dell’oratorio di Clemenzano dedicato a San Qui- aree marginali e alle pendici del monte e già precedentemente pra- rico: si tratta del podere Madonna delle Vigne (in linea d’aria a ticati, seguendo probabilmente un modello precostituito nel pe- metà strada tra Poggio Casano e La Palazzina), dove si conserva riodo tardoantico.

232 Offena era probabilmente localizzata a sud dell’attuale Pian dei Mori, sulla base 242 L’edificio presenta, a una prima analisi, murature di età moderna. A causa della della descrizione duecentesca dei confini delle Rocchette di Radicofani (WICKHAM, presenza di numerosi roveti non è stato possibile visitare l’interno dell’edificio e pren- 1989, p. 123, nota 51). Potrebbe corrispondere all’attuale podere Sansano, che si si- dere visione dell’eventuale materiale interno. tua nella zona indicata e conserva il toponimo del vicino castello, ora allo stato di ru- 243 Interessante appare l’origine del termine: Pieri lo riconduce infatti, sulla scorta di dere, posto in località Rochette. Förstemann, all’andronimico di origine germanica Hermann (PIERI, 1969, p. 154, 233 All’interno dell’Unità Topografica 93 è stata rinvenuta una imitazione in acroma con bibliografia). grezza di una scodella tipo Hayes 105, databile fino alla metà del VII secolo d.C. La 244 Si vedano le UT nn. 40, 59, 61, 114, 161. L’UT 114 risulta genericamente data- prima attestazione del casale di Offena risale al 765 d.C. (CDA, I, n. 15). bile al IV-VII secolo d.C. 234 WICKHAM, 1989, p. 124, nota 52. 245 Vengono presentati i dati più rilevanti, tenendo conto del tipo di ricerca, limi- 235 CDA, II, n. 310, anno 1084. tata alla sola verifica puntuale delle anomalie registrate nel corso della tesi di laurea 236 WICKHAM, 1989, p. 128. della scrivente ( Foto interpretazione del comprensorio amiatino. Tesi di laurea in 237 Si veda la scheda del catalogo delle Unità Topografiche n. 42. Archeologia Medievale, discussa il 9-03-2003). Parallelamente Stella Menci e Teresa 238 CDA, I, n. 70. Cavallo svolgevano indagini di superficie per i comuni di Casteldelpiano e Arcidosso. 239 CDA, II, nn. 210, 296, 297. Cfr. Teresa Cavallo: Paesaggi amiatini nel Medioevo. Il caso di Casteldelpiano (GR); 240 CDA, II, n. 229. Stella Menci: Ricognizione di superficie: territorio comunale di Arcidosso e Santa 241 WICKHAM, 1989, p. 114. Fiora (GR).

210

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 52. I siti altomedievali situati nel comune di Casteldelpiano citati nel CDA

211

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale La situazione del versante occidentale ebbe uno sviluppo storico ben la presenza di nuclei demici ben organizzati e strutturati per tutto diverso, rispetto alla parte orientale. Nell’VIII secolo, la proprietà l’Alto Medioevo. monastica, si estendeva sopra gli 800 m., cioè il limite della coltiva- zione. Il blocco coltivabile più importante era rappresentato dalla Val IX-X secolo d.C. - Nel IX secolo si assiste, nell’area amiatina e del- di Paglia 246. I primi riferimenti scritti associabili a precise località l’alta Val d’Orcia, a una vera e propria impresa colonizzatrice, che compaiono nel 738 247 in un atto, relativo alla vendita di un vigneto rinveste un carattere di particolare incisività sin dalla prima metà del in località Cellule. Il contratto viene stilato presso Massa Mustiba la secolo. Si tratta, secondo Vaquero Piñeiro, dei primi passi di una Mustia dei documenti successivi, attualmente identificabile con po- modesta, ma senza dubbio diffusa, azione di bonifica 255. Si tratta di dere la Pieve (comune di Casteldelpiano). La località è citata come un movimento di espansione, testimoniato da nuovi toponimi, che Mustia, Mostia, Mustiba, Mustiua. La curticella di Mustia viene ci- si propaga su ogni versante del monte, compresa la Val di Paglia, tata nuovamente dall’853 all’896. Nel 903 e nel 915 figura come ca- dove la pressione dell’uomo sullo spazio coltivato è ben rappresen- sale 248. Nel 962 è citata come curte. In un privilegio di Corrado II tato da una “terra lavorativa” di 20 moggi per campo, a differenza, (1027) 249 viene confermato a San Salvatore il possesso della “curte ad esempio, dell’alta Val d’Orcia, dove la media è di soli 3 moggi 256. de Mustia cum castro Monte Nigro” al quale da questo momento in Questo processo di disboscamento e di installazione di comunità ru- poi verrà associata. Una chiesa di Santa Maria di Mustia è citata nel- rali nelle aree boschive, già indiziato a partire dalla metà dell’VIII se- l’elenco delle chiese battesimali confermate al vescovo di chiusi da colo, determina un diverso assetto insediativo nell’alta Val di Paglia, Celestino III 250. La chiesa è inoltre ricordata nelle decime di fine lasciando supporre che l’aumento del numero degli insediamenti do- Duecento e dei primi del Trecento e nel 1532, figura con il titolo di cumentati possa discendere da un incremento demografico 257. pieve di Santa Mustiola fuori Monte Nero. Kurze identifica il luogo A partire dagli inizi del IX secolo l’abbazia ricevette alcune impor- presso podere la Pieve 251, a circa due chilometri a sud di Montenero, tanti donazioni, ubicate dall’altra parte della collina di Radicofani: il Pecci descrive la chiesa ancor esistente con un solo altare e la tri- si tratta del monastero privato di San Quirico in Clemenzano 258 e buna semicircolare 252. Attualmente, presso podere la Pieve è ancora di un gruppo di terre vicino a Gello. Questo riconoscimento del- visibile la pianta con navata unica e l’abside semicircolare. l’importanza di San Salvatore da parte dei proprietari locali deter- La foto aerea ha evidenziato una grande traccia di umidità sul ter- minò lo spostamento del reticolato politico ed economico verso reno arato, posta a sud-est della chiesa tuttora identificabile. Durante ovest, a danno del predominio esercitato fino a quel momento la verifica sono state riconosciute tre aree con media concentrazione dalla diocesi di Chiusi. La possibilità stessa di un tale spostamento di ceramica. Purtroppo l’elevato degrado dei materiali, non permette nell’area amiatina sottintende come tutta la zona fosse politica- una datazione certa. Unico elemento indicativo è rappresentato da mente ed economicamente marginale e, dunque, più suscettibile di un frammento di parete con ingobbio rosso genericamente inqua- cambiamenti rispetto ad altre zone più ricche, ove i rapporti poli- drabile tra la tarda età romana e il periodo caotico 253. Un altro caso tici ed economici erano stabiliti più solidamente 259. interessante è quello di località Santa Croce (comune di Casteldel- Agli inizi del IX secolo nei documenti amiatini fa la sua comparsa il piano) a 270 metri di altitudine, non lontano dalla confluenza tra il casale Casano, mentre, grosso modo alla metà del X, una struttura torrente Ente e il fiume Orcia. L’attuale edificio religioso e la docu- analoga appare attestata presso Ponano, non lontano dalla precedente mentazione rivelano una frequentazione durante i secoli XIII e XIV 260. In particolare, Ponano è verisimilmente collocabile in corrispon- mentre, a circa 100 m di distanza, in corrispondenza di una traccia denza dell’attuale podere omonimo, mentre Casano si situa in un area circolare sul terreno arato, è stato rilevato un ampio spargimento di più ampia, in cui compaiono – con lo stesso toponimo – due abita- ceramica associabile a contesti di fine V-VII secolo d. C.254. L’esi- zioni moderne e un poggio. In entrambi i casi la ricognizione non ha stenza di una sporadica presenza genericamente riconducibile all’e- portato all’individuazione di tracce materiali databili all’alto Me- poca etrusco-romana, localizzata un centinaio di metri più in basso, dioevo. Appare comunque interessante il fatto che a poche centinaia lascia pensare a un’occupazione di aree collinari già relativamente fre- di metri dall’odierno podere Ponano siano state individuate tre strut- quentate forse al solo scopo di sfruttamento agricolo, o forse, in pros- ture abitative (due di piccole e una di medie dimensioni) databili al- simità delle vie di comunicazione. I siti di Mustia e Santa Croce, non l’età tardoantica, con la possibilità, per una di esse, di una continuità restituiscono più ceramica fino al XIV secolo, nonostante, almeno di vita anche durante il periodo caotico 261. Il luogo, già frequentato nel primo caso, la documentazione d’archivio sembrerebbe indicare nel corso del periodo orientalizzante e arcaico, si configura come una sorta di villaggio aperto a partire almeno dall’età ellenistica, mante- 246 Cfr. supra. nendo questo suo carattere di consistente nucleo demico per tutta 247 Altra attestazione del 796 sembra riferirsi sempre alla stessa area compresa tra Mu- l’età romana. Il casale altomedievale sembrerebbe dunque il risultato stia e Montenero. Si tratta di Saucine, citato come casale. Cfr. CDA, I n. 46. ultimo di una plurisecolare tradizione insediativa nell’area 262. Un 248 KURZE 1985, pp. 17-24; CDA, I n. 3, 46, 132, 146, 176, 178, 184, 189. CDA, II n. 200, 212. caso analogo è rappresentato da Casano: anche in quest’area (dove si 249 CDA, II n. 263 e nel 1194 “curte de Mustia cum toto castro Montis Nigri et tota eius curia et districtu” in CDA, II n. 361. 250 CAPPELLETTI, 1844-1870, XVII, p. 588. 255 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 16. 251 CDA, III, pp. 290-291. 256 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 17. 252 GABRIELLI 1990, p. 126. 257 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 18. 253 Si fa riferimento a frammenti di ceramica a copertura di colore tendente all’ocra, 258 CDA, I, nn. 47, 66, 70, 74, 101. associabile a un periodo genericamente compreso tra l’inizio del V e la fine del VII se- 259 Per la verità, la capitale diocesana sarà, d’ora in avanti, effettivamente tagliata fuori colo d.C.; FRANCOVICH-VALENTI 1997, pp. 143-165. dall’avere un’influenza significativa a occidente del Monte Cetona e dell’alta Val d’Or- 254 Tra i reperti ceramici segnaliamo frammenti di forme non definibili relative cia (WICKHAM, 1989, p. 116). alla ceramica a copertura rossa di fine V-VII secolo d. C. La copertura è poco 260 Per Casano si veda CDA, I, nn. 70, 80; per Ponano CDA, II, n. 201. compatta, di colore tendente all’arancio o al grigio chiaro per cotture eccessive; 261 Si vedano le schede di Unità Topografica n. 120, 121, 124. Cfr. FRANCOVICH-VALENTI 1997, pp. 143-165, ibidem. 262 Si vedano le schede di Unità Topografica nn. 118-124.

212

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 53. I siti di IX secolo citati dal CDA Fig. 54. I siti di X secolo citati dal CDA situano alcuni poderi moderni, oltre a edifici non databili conservati zione dell’abbazia, si elencano tra i possedimenti ricevuti dal mona- soltanto in pianta o per poche decine di centimetri in elevato) la ri- stero nella zona a sud di Contignano i casalia di Bittena, Erminula, cognizione non ha portato all’individuazione di tracce altomedievali, Reodola maiori, Roedola minore e la corte di Mussona. Questa distri- mentre molto abbondanti sono risultate le abitazioni di età tardoe- buzione dell’insediamento risulterà invariata un secolo dopo trusca e romana. Proprio in questo lasso di tempo tutta l’area si con- (nell’853, per l’esattezza), per dimostrarsi invece profondamente mo- figura, infatti, come una delle più densamente insediate all’interno del dificata alla fine del X secolo, quando, in un privilegio di Ottone III, territorio comunale 263. Reodola e Herminula (la Erminulae del 747) sono associate a Cannita In assenza di scavi stratigrafici non è possibile delineare l’evoluzione per indicare delle semplici terre di pertinenza della curtem de Mu- strutturale dei siti attestati dal fondo diplomatico di San Salvatore, se siona 266. non in maniera approssimativa, basandosi esclusivamente sulle scarne Questa trasformazione dei casalia in veri e propri villaggi curtensi, descrizioni notarili del fondo stesso. Appare probabile, comunque, caratterizzati da una accresciuta popolazione, una diversificazione che anche in questa zona della Toscana meridionale si sia verificata delle attività lavorative e un notevole sviluppo delle pratiche agricole, una evoluzione verso veri e propri centri di gestione del lavoro, come deve essere riconosciuta come il frutto della stabilizzazione delle ari- le recenti indagini archeologiche hanno ampiamente documentato in stocrazie locali, che si affermano definitivamente sulla popolazione numerosi insediamenti dislocati tra le province di Siena, Grosseto e rurale consolidando i propri patrimoni 267. La presenza di una fami- Livorno 264. Depone a favore di questa ipotesi la trasformazione, che glia di lambardi attestata dal CDA già nei primi decenni dell’XI se- è possibile cogliere dall’analisi comparativa di alcuni atti giuridici di colo a Reggiano (incastellato prima del 1028) 268, poco a nord di San Salvatore, della curte di Mussona 265. Nel 747, nell’atto di fonda-

266 Pochi decenni più tardi, nel 1027, anche Bitena è indicata semplicemente come 263 Si vedano le schede di Unità Topografica nn. 125-138. terra soggetta alla gestione di Mussona (CDA, II, n. 263). Per un commento si veda 264 Per una dettagliata esemplificazione si veda VALENTI, 2004, pp. 100-115. VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 32. 265 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 32, con riferimento a CDA, I, nn. 6, 134; CDA, II, 267 VALENTI, 2004, p. 129. n. 212. 268 CDA, II, nn. 265, 266.

213

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Mussona e Bitena, sembra suffragare l’ipotesi di una presenza aristo- molto simile all’interno delle varie proprietà. Vaquero Piñeiro, ba- cratica nella zona già in precedenza 269. sandosi sullo studio dei documenti amiatini, ha evidenziato un’arti- In età carolingia il segno tangibile di questo avvenuto cambiamento colazione dello spazio agricolo in funzione del grado di intensività è costituito dalla presenza di una gerarchia interna al villaggio e di delle colture: l’orto appare situato nelle immediate vicinanze dell’a- strutture di coordinamento della produzione 270. L’attestazione, nella bitazione, così come gli alberi da frutto, mentre i campi coltivati a prima metà del IX secolo, di una parte domnicale all’interno del ca- cereali e i vigneti sono di norma più lontani. Al di fuori dell’area col- sale di Agello 271 – da intendersi ora evidentemente come vera e pro- tivata si collocano i pascoli e il bosco 273, che offrivano ampie possi- pria curtis – appare una chiara testimonianza di questo processo. In bilità di soddisfacimento dei fabbisogni alimentari 274. molti altri casi, però, all’interno delle proprietà del monastero è dif- Una situazione in parte diversa è ravvisabile, invece, nell’alta Val di ficile cogliere, sulla base della sola documentazione d’archivio, una Paglia, dove i primi fenomeni di accentramento furono in buona netta distinzione tra dominico e massaricio 272. parte il frutto dell’aumento dell’importanza, e quindi del traffico, In generale, comunque, le pergamene di San Salvatore descrivono, della Via Francigena a partire del IX secolo 275. A conferma della ec- per il IX secolo, un paesaggio agrario piuttosto evoluto, in cui i vari cezionalità degli insediamenti vallivi sta anche la loro diversa deno- elementi che costituiscono l’azienda (se in ogni singolo caso di minazione all’interno della documentazione del monastero, dove il azienda si può parlare) presentano spesso una organizzazione spaziale termine burgo è utilizzato esclusivamente facendo riferimento a essi. Tra le diverse accezioni semantiche che ebbe il termine nel Me- dioevo 276 i casi riguardanti la Val di Paglia si avvicinano al valore del termine come nucleo di popolazione in se stesso. È interessante os- servare come i documentai amiatini specifichino intus burgo, fori o prope, come se esistesse una netta divisione tra gli abitati e la campa- gna che le circondava 277. Soltanto in un secondo momento la pa- rola acquistò il significato di agglomerato esterno a un castello. Que- sti borghi delle valli dell’Orcia e del Paglia non si presentano come realtà diverse o complementari rispetto alla categoria del casale, ma ne rappresentano piuttosto l’evoluzione, derivante da un diverso contesto socioeconomico 278. Di natura difficilmente interpretabile, invece, appare, paradossal- mente, l’unico sito altomedievale dell’intero territorio comunale che è stato oggetto di scavi stratigrafici, Radicofani. Nel corso dei lavori di restauro della rocca, infatti, è stata individuata, nel settore sud- orientale del piazzale, una muratura in conci di pietra vulcanica pog- giante direttamente sulla roccia. Nelle immediate vicinanze erano si- tuate una canaletta con sezione a V e delle estese concavità circolari che, insieme alla presenza di alcuni chicchi di grano carbonizzato, hanno fatto supporre l’esistenza di silos e di un magazzino sulla som- mità 279. Gli scarsi materiali rinvenuti in associazione a queste strut- ture forniscono una datazione generale compresa tra la fine dell’VIII

273 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, pp. 24-27. Interessante una testimonianza relativa al ca- sale Gello, in cui, sotto il termine casalino è riassunta la triplice realtà insediativa ed economica costituita da casa, curte, orto. Si legge: “…omnem paupertatem substantia meam, tam casalino, vinea, prato, terra, silbas, cultum et incultum, de quanto in ca- sale Agelli de mea sorte…” (CDA, I, n. 33, anno 786 d.C.). Il quadro offerto da Va- quero Piñeiro è sostanzialmente concorde con quello generalmente noto per l’alto Medioevo, dove le pratiche agricole conoscono un elevato grado di diversificazione e si articolano in orti, caratterizzati spesso da grandi dimensioni e da un elevato grado di produttività (essendo di norma le uniche aree concimate in modo sistematico), ter- reni coltivati a cereali e vigneti, e, infine, incolti di vario tipo. Molto significativa è anche la quasi totale assenza di riferimenti nel CDA all’olivo, che, richiedendo un alto livello di perizia tecnologica, non era frequentemente coltivato (CDA, I, n. 46; CHIAPPA MAURI, 2002, p. 50). In generale sull’agricoltura in questo periodo si veda la sintesi in MONTANARI, 2002, con bibliografia; sulle aree montane della Toscana durante l’alto Medioevo una analisi in WICKHAM, 1997. 274 Fig. 55. La viabilità in età altomedievale Proprio per questo motivo le aree boschive erano spesso salvaguardate in questo periodo (MONTANARI, 1984, pp. 150-151; ANDREOLLI, 2002, p. 127). 275 Sulla Via Francigena nelle valli del Formone e del Paglia si veda STOPANI-MAM- 269 WICKHAM, 1989, p. 123. BRINI, 1989; CAMBI, 1996b, pp. 188-191, 195-197. 270 VALENTI, 2004, p. 129. 276 SETTIA, 1980, p. 176. Si veda anche la voce “borgo” in BARBERO-FRUGONI, 1994, 271 CDA, I, n. 114 (anno 837 d.C.). pp. 36-37. 272 Il fatto ha fatto ipotizzare una scarsa importanza e una breve durata del fenomeno 277 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, pp. 28-29. (VAQUERO PIÑEIRO, 1990, pp. 24-25). Tra l’VIII e il IX secolo, in Toscana, sono pre- 278 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 29. senti spesso dominici piccoli e frazionati, che di solito non resistettero oltre gli inizi 279 ROSSI-RONCAGLIA, 1998, p. 156. Sullo scavo di Radicofani si veda anche VALENTI, del X secolo (WICKHAM, 1998, p. 210). 2004, p. 47.

214

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale e l’XI secolo 280. Malgrado la presenza di questi elementi, Radicofani scelse luoghi non propriamente coincidenti con i centri ammini- non dovette essere un nucleo demico di una qualche rilevanza fino strativi 284. all’inoltrato XI secolo, come suggeriscono – argomentum ex silentio – Sostanzialmente, nel versante occidentale, sembra prevalere la ten- le pergamene del fondo di San Salvatore. È interessante il fatto che denza a scegliere piccole alture più interne e isolate o in ogni modo Radicofani, diversamente da altri che poi saranno castelli, è citato nei poste ai margini rispetto alle vie di comunicazione, in punti cruciali documenti solo come castello e non come corte cum castello. Potrebbe e in posizioni dominanti il territorio circostante, a quote che si aggi- trattarsi soltanto di un lapsus, ma potrebbe anche confermare l’ipo- rano intorno ai 500-600 metri. Questo tipo d’insediamento trova tesi che Radicofani non fosse ancora un rilevante centro economico conferma anche nella documentazione che ne testimonia l’evolu- o demografico 281. zione demica. Il sito di Case Nuove (Comune di Casteldelpiano) è articolato su due terrazzi. Quello più ampio ospita la chiesa di San Il contesto amiatino. Verso ovest, l’impresa colonizzatrice del mo- Biagio e accanto numerose buche di palo scavate nella roccia trachi- nastero, è definita dall’assegnazione fatta da Ludovico II nell’853, tica locale. Wilhelm Kurze ipotizza l’ubicazione della curtis di Gra- delle curtes di Lamula e Mustia e da un nucleo più modesto: Mon- vilona presso questa zona, a una certa distanza dalla stessa chiesa 285. teccluo. Si trattò di proprietà con mansi sparsi qua e là e non grandi Nel Catasto Leopoldino il toponimo Gravilona sembra riferirsi a estensioni come quelle del versante orientale. Tuttavia, da questo un’area che comprende anche l’attuale chiesa di San Biagio fino a lo- momento in poi, divennero i centri dell’attività monastica nell’area calità Pian di Ballo, posta a nord/ovest 286. La stessa documentazione e, a giudicare dal numero di documenti pervenuti, dovettero essere fa riferimento anche ad altre località poste in stretta relazione con la molto importanti per il monastero. Ma gli stessi testi mostrano curtis: Descaditu 287, Secalari 288, Pacciano289. come molti altri proprietari laici, come pure altre chiese, avevano Le vicende storiche riportano un’occupazione della zona dal IX e un terre nella zona e nelle stesse aree di pertinenza delle curtes abba- probabile abbandono, a causa della nascita dei vicini castelli, nel ziali. San Salvatore non ebbe mai un controllo totale di tutta la corso del XII 290. zona, neppure quando nel XI secolo ottenne porzioni della curtis Le foto aeree evidenziano rilievi dalla morfologia ondulata, accom- Luminiana poiché, nello stesso tempo, stava perdendo il controllo pagnati in genere da tracce nella vegetazione poste sulla sommità. Il di Mustia 282. secondo terrazzo è posto più in alto, separato dal primo, da una pa- Le testimonianze archeologiche, riconducibili ai secoli IX-X, sono rete di roccia vulcanica che forma un baluardo naturale, superabile più consistenti di quanto rilevato per il comune di Radicofani. La solo attraverso uno stretto percorso che conduce alla sommità. Qui corrispondenza diretta tra fonte archivistica ed evidenza archeologica sono stati individuati: un lacerto murario costituito da grandi bloc- sembra ancor più solida che per l’VIII secolo. Nelle figure 52-53 si chi regolari di dubbia datazione e una buca per palificazione simile ad è cercato di seguire l’evoluzione insediativa di alcuni luoghi citati nel altre poste più in basso, associate alla presenza di vasche scavate nella CDA. Viene subito evidenziata la corrispondenza tra evidenze ar- roccia affiorante, forse interpretabili come torchi vinari 291. In pros- cheologiche altomedievali e testimonianze documentarie che prose- simità dell’abitato di Tepolini è visibile una piccola altura rotondeg- guono oltre i secoli VIII-IX. La mancata testimonianza archeologica giante dall’aspetto singolare, ben evidente anche dalla foto aerea e po- si ha soprattutto per i numerosi casalia, loci, vici che non evolvono sta in un punto dominante l’intera vallata del fiume Ente. Si tratta di mai in apparati più complessi 283. Non si vuole con questo genera- un insediamento probabilmente costituito da capanne in materiale lizzare anche perché non tutti gli insediamenti sembrano seguire le deperibile, giacché non sono stati rinvenuti laterizi di copertura. stese regole di comportamento. I dati raccolti nel corso dei sopralluoghi lasciano dubbi sull’esatta Dal X secolo le pergamene descrivono una realtà territoriale carat- coincidenza della chiesa attuale con la curtis di Gravilona e fanno terizzata dagli stessi abitati dei secoli precedenti ma dequalificati a pensare, piuttosto, a una più ampia area, caratterizzata da un elevato livello amministrativo. Alcune realtà insediative non evolvono mai potenziale per la ricerca archeologica, articolata tra il terrazzo più alto in castelli. In questi casi la verifica ha prodotto una maggiore quan- di località Case Nuove e il poggio di Tepolini posto a circa 300 me- tità di dati relativi alle fasi di vita precedenti l’incastellamento. In tri dal primo. realtà, se si considera il perdurare dell’occupazione e l’evoluzione in- sediativa fino ai centri moderni, che ha portato l’erosione o l’obli- terazione delle fasi di vita altomedievali, occorre anche tener pre- 284 VALENTI, 2004, pp. 11-15. senti i rari casi, archeologicamente fortunati, in cui alcuni centri cur- 285 KURZE, 1989, pp. 378. tensi furono semplicemente abbandonati poiché l’incastellamento 286 La località Case Nuove presso l’attuale chiesa di San Biagio è associata con la cur- tis di Gravilona sulla base dei riferimenti documentari e della presenza in loco di un edificio religioso. Cfr. KURZE 1989, pp. 378-386; GABRIELLI, 1990, p. 127. 287 CDA, I, n. 147, nell’865-866. 280 ROSSI-RONCAGLIA, 1998, pp. 155-156. 288 CDA, II n. 286, nel 1070? 281 CDA, II, nn. 292 (anno 1072), 295 (anno 1075). 289 CDA, I, n. 62, nell’808. 282 WICKHAM, 1989, p. 108. 290 Gravilona compare come locus nell’808. Nell’893 è attestato come casale, nel 1076 283 Riportiamo alcuni esempi la cui evidenza archeologica è pressoché inesistente: Cel- e nel 1084 è citato come corte, nel 1081 si ha notizia di soprusi al villaggio di Gravi- lina casale nel 903, CDA, I n. 176 (Comune di Casteldelpiano); Flabiano vicus 808, lona da parte degli Aldobrandeschi. Si parla di imposizioni a prestare servizio per la co- CDA, I n.62 (Comune di Casteldelpiano); Marconiano locus 808, CDA, I n.62 (Co- struzione e la guardia di un castrum situato nella zona e da identificare con Arcidosso mune di Casteldelpiano). e meno probabilmente con Casteldelpiano, documentato solamente nel 1200; Sem- In altri casi, le testimonianze individuate, non sono cronologicamente interessanti o bra che la curtis si mantenesse in vita almeno sino alla prima metà XII secolo. In que- comunque non rapportabili all’entità insediativa descritta dai documenti: Monticlo sto periodo il monastero di San Salvatore edificò una chiesa, il cui possesso gli fu con- (Casale Montecchio 1 Km a nord di Montelaterone comune di Arcidosso), vicus 775, fermato nelle bolle pontificie del 1188 e nel 1198 (ecclesia de Grauilona); Cfr. CDA, CDA, I n. 25; cella de S. Stefani in M. 837-962, CDA, I n. 115, 132, 170, 171, 189, I, n. 147, 169; II n. 216, 299, 309, 352, 370; KURZE, 1989, pp. 378; GABRIELLI, 1990, 190, 198, CDA, II n. 200; curtis 996, 1027 CDA, II 212, 263; Monteautu casale 926 p. 127; WICKHAM, 1989, p. 111; FRANCOVICH et al., 2002. (Casa Montoto 1 Km S di Casteldelpiano, comune di Arcidosso), CDA, I n. 196. 291 CAPRASECCA, 2004, pp. 31-37.

215

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Forse la ceramica precede di almeno uno-due secoli i documenti amia- alla Rocca di Senzano 299, mentre nel 1028 fa la sua comparsa, come tini. Dovette trattarsi di aree non coincidenti con i siti della piena ro- sito fortificato, Reggiano 300. Mentre Sassine e Senzano, in seguito manità, ma forse già precocemente frequentate in età tardo antica 292. definite le Rocchette di Radicofani, sono localizzate a est del paese La riorganizzazione delle campagne e la diffusione della mezzadria po- moderno, nell’area compresa tra il Monte Calcinaio, a sud, Pian dei derale, soprattutto nelle aree vallive a partire dal XIV secolo, portò a Mori, a nord, e Pigacciano, a ovest, Reggiano è localizzato sull’o- un grande sconvolgimento del paesaggio che potrebbe in parte spie- monima collina a metà strada tra Le Conie e Contignano 301. Sas- gare, sebbene non in maniera esaustiva, la scomparsa delle labili tracce sine e Senzano compaiono come nuovi punti di riferimento per la alto medievali. La proprietà terriera prevalentemente cittadina con- curtis monastica di Offena 302, mente Reggiano è fortificato a opera ferì una riorganizzazione delle campagne attraverso la diffusione di di una famiglia della aristocrazia minore, nell’area in cui nei secoli case coloniche. Un sostanzioso assestamento del paesaggio agrario, av- precedenti erano attestate Bitena, Mussona e le due Reodola 303. venne infine nei secoli XV-XVI per mantenere poi un aspetto quasi Molto interessante appare il caso di Offena, che, in modo del tutto inalterato fino al Novecento 293. La strutturazione delle campagne che insolito, sembra aver dato vita a due castelli. Vaquero Piñeiro spiega caratterizzava la Toscana fino a qualche decennio fa costitutiva, in- l’anomalia con il carattere di sostanziale precocità del fenomeno ri- fatti, il punto d’arrivo di una organizzazione che si era andata lenta- spetto alle zone circostanti, malgrado il potenziale demografico del mente formando durante l’età comunale. Sono questi i fattori che casale di Offena, stando ai dati dei secoli VIII-X, non fosse partico- modificarono totalmente e in alcuni casi obliterarono i resti dei pae- larmente elevato 304. saggi dei secoli precedenti. D’altra parte l’aumento delle zone lasciate La nascita di questi centri fortificati si sposa con la più generale incolte o adibite a castagneti da frutto (ciò accade soprattutto nel ver- tendenza dell’intero settore amiatino che, con gli inizi dell’XI se- sante occidentale), divenuti, in alcuni periodi, quasi l’unica fonte di colo – se non addirittura negli ultimi decenni del X 305– è inte- approvvigionamento 294 faranno, da questo momento in poi, la for- ressato dal fenomeno dell’incastellamento. Come sottolinea tuna per la salvaguardia dei molti insediamenti abbandonati. L’au- Wickham, all’origine il processo fu simile a quello del versante oc- mento dei boschi favorirà il formarsi di aree di rispetto in presenza di cidentale della montagna, per quanto più lento e meno com- ruderi e resti sepolti. pleto 306. Ad est, infatti, la maggiore articolazione degli insedia- menti altomedievali, l’esistenza della Francigena e la compresenza I secoli centrali del Medioevo di varie signorie di potere determinarono il crearsi di una situa- zione più complessa. Fino al 1080 circa, il popolamento della zona L’XI secolo si apre, per quanto riguarda l’attuale territorio comu- fu costituito da castelli, centri curtensi e borghi, con una predo- nale di Radicofani, con una quanto mai estesa e consolidata pre- minanza di queste ultime due categorie rispetto alla prima 307. senza di San Salvatore all’interno dei principali insediamenti alto- È probabilmente allo scorcio del secolo che Radicofani venne mas- medievali: Mussona, Reodola maiore, Cannita, Erminula, Clemen- sicciamente fortificato 308, mentre altre curtes vicine, come Clemen- zano e Agello 295. Radicofani, citato per la prima volta in un documento nel 973 296, non doveva essere, come si è appena detto, 299 un rilevante centro demico. CDA, II, 234, 263. 300 CDA, II, 265-266. Dopo la crisi economica del IX secolo, San Salvatore che conosce 301 La loro localizzazione non crea problemi. Reggiano è ubicato sulla omonima col- adesso, grazie all’abate Winizo, un momento di grande splendore, linetta situata a sud di Contignano, immediatamente a est la strada provinciale 18 e che si estrinseca materialmente con la fondazione della nuova strut- a nord del podere Vitena II, a una quota di circa 620 metri. Sul posto non sono visi- tura abbaziale 297, accresce ulteriormente i propri possedimenti. Tra bili murature ancora affioranti, sebbene l’elevata quantità di pietre e di frammenti di di essi compaiono anche Reodola minore e Bittena, a nord, e la Rocca laterizi, oltre che di alcuni frammenti di ceramica vascolare, testimonino inequivoca- 298 bilmente la presenza di un consistente deposito archeologico nel sottosuolo (scheda Saxine, a est . Non è questa l’unica attestazione, in quegli anni, n. 76 del catalogo delle Unità Topografiche). Senzano è localizzato su di uno sperone di un centro incastellato ubicato all’interno dei moderni confini co- di roccia che reca a tutt’oggi il toponimo Rocchette, immediatamente a sud di Pian dei munali di Radicofani. Nel 1007, infatti, si ha il primo riferimento Mori. Circa ottocento metri in linea d’aria in direzione nord/est, a una quota di 460 metri rispetto ai 625 della sommità di Rocchette, si trova un podere chiamato San- sano. Senzano appare uno dei castelli meglio conservati del territorio comunale di Ra- 292 Una datazione certa per questi siti risulta problematica a causa della forte usura del dicofani: sulla sommità di Rocchette, infatti, sono ancora visibili ampie porzioni di materiale raccolto e della mancanza di uno studio approfondito. Tuttavia sulla base di murature conservate per circa un metro di altezza e molti metri di lunghezza (scheda una analisi macroscopica, che comunque necessita di tutte le dovute cautele in attesa n. 139 del catalogo delle Unità Topografiche). Sassine, infine, di cui si è persa ogni di ulteriori approfondimenti, possiamo affermare che il periodo di frequentazione de- traccia del toponimo nella cartografia moderna, è senza dubbio localizzabile presso il gli insediamenti in questione è inquadrabile tra la fine dell’età tardo antica e l’alto Me- podere casa al Treggia, situato immediatamente a est di Pigacciano. Il luogo, che si dioevo con una continuità almeno fino ai secoli centrali. Non sembrano presenti ma- presenta oggi come una collinetta circondata su ogni lato da una sorta di circolo di teriali databili al basso Medioevo. Si ringrazia il dottor Federico Cantini, che, con la grandi blocchi di pietra, non appare, così come Reggiano, posto in una posizione geo- consueta disponibilità, ha visionato la schedatura preliminare del materiale ceramico. grafica dominante. Del castello rimane soltanto un lacerto murario in opera a filaretto 293 STOPANI, 1989 pp. 13-50. inglobato all’interno dell’edificio moderno (scheda n. 91 del catalogo delle Unità To- 294 Grandi problemi esistevano già nel XIII-XIV per la sussistenza della popolazione pografiche). a causa della mancanza di zone adatte alle coltivazioni estese. Le aree coltivate a grano, 302 CDA, 198, 200, 212, 215, 221. La sola Offena sembra, in maniera insolita, aver ad esempio, non erano sufficienti a sfamare la popolazione di Abbadia San Salvatore dato origine a due castelli anziché a uno (WICKHAM, 1989, p. 123). nel 1318. Cfr. PICCINNI, 1989 pp. 194-208. 303 CDA, 263 (anno 1027 d.C., prima attestazione), 280, 291, 301, 308, 318, 361. 295 In un diploma del 996: CDA, II, n. 212; per una più ampia interpretazione del 304 VAQUERO PIÑEIRO, 1990. documento si veda anche KURZE, 1988, pp. 9-10. 305 Nel documento del 973 sono citati come siti in qualche modo fortificati, oltre a 296 CDA, II, n. 203. Radicofani, anche Campliglia e Cininule (probabilmente l’attuale podere Cinille); 297 KURZE, 1989a, pp. 43-45; KURZE, 1989c, pp. 366-370; sugli scavi condotti al- CDA, II, n. 203. l’interno dell’abbazia si veda CAMBI-DALLAI, 2000. 306 WICKHAM, 1989, p. 122. 298 In un documento del 1027: CDA, II, 263, retrodatato a prima del 988 (COLLA- 307 WICKHAM, 1989, pp. 123-124. VINI, 1998, pp. 146-147). 308 WICKHAM, 1989, pp. 122-123.

216

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Secoli centrali del Medioevo

borgo sito fortificato curtis locus sors

Siti di localizzazione certa: Siti di localizzazione incerta:

confini comunali

0369 km

Fig. 56. Il popolamento nei secoli centrali del Medioevo zano o Mussona 309, non furono mai incastellate da San Salvatore. sone che doveva percorrere la strada e dell’effetto che ciò deve aver Lungo le valli del Paglia e del Formone i burgi dei secoli precedenti avuto sull’economia locale, in considerazione del fatto che molte continuarono a prosperare, dimostrando in molti casi anche una de- delle locande dovevano essere presumibilmente rifornite con risorse cisa crescita demografica 310 e caratterizzando in modo sempre più locali. I circa cinquanta dipendenti di San Salvatore residenti a Cal- deciso il popolamento della zona. È la strada, del resto, che funzionò lemala, oppure gli ottantadue di Voltole, devono aver compreso an- come stimolo alla formazione dei villaggi sul fondovalle, determi- che molti contadini che, pur continuando a coltivare i rilievi pro- nando già nell’XI secolo un certo livello di specializzazione econo- spicienti le valli del Paglia e del Formone, si insediarono all’interno mica e ulteriori dissodamenti, anche se i boschi della valle e dei bassi dei borghi per ottenere una vendita più facile del surplus derivante pendii delle colline su ambedue i lati probabilmente non sparirono dalle attività agricole 1312. In questo stesso periodo le attestazioni del del tutto. Gli statuti di Radicofani, ancora nel 1255, mostrano un centro di Muliermala, localizzato da Wickham presso Le Conie, la- notevole interesse per l’economia di selva 311. Tutti questi borghi of- sciano immaginare una crescita dell’importanza del percorso che frono una testimonianza non trascurabile della quantità di percor- lambiva Radicofani 313. Esso si distaccava dalla Francigena all’altezza di Callemala e, dopo essere transitato ai piedi del cono vulcanico, si 314 309 Sull’incastellamento di Mussona si veda WICKHAM, 1989, pp. 125-126, 128 e, al- ricollegava alla strada principale presso il borgo di Fermone . L’o- l’interno di questo contributo, p. 218. 310 La realtà demica di questi centri si rivela in continua crescita, come dimostrano i dati disponibili per Callemala, che agli inizi dell’XI secolo poteva contare non meno 312 WICKHAM, 1989, p. 120. di 200 abitanti (CDA, I, n. 230, dell’anno 1009). 313 La prima attestazione di Muliermala risale al 1016 (CDA, II, n. 248). 311 PIATTOLI, 1935, p. 58. 314 WICKHAM, 1989, p. 118, con particolare riferimento alle note 37-38.

217

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 57. I principali siti databili ai secoli centrali del Medioevo dierna località Le Conie, oggi soggetta a fenomeni di erosione testi- gici delle sue proprietà, tra cui Mussona 316. A partire da questo mo- moniati dall’avanzare di alcuni calanchi, non ha restituito però, mal- mento, la presenza della famiglia comitale all’interno del centro di grado le ripetute ricognizioni, materiali riferibili al Medioevo. Radicofani non è più documentata. Il castello, pervenne per i cinque A partire dai decenni finali dell’XI secolo l’interesse degli Aldobran- deschi per il settore orientale del monte Amiata crebbe sensibil- 316 315 Si trattava di punti strategici sì, ma per il controllo del traffico lungo la Francigena, mente . Paradigmatica è la famosa disputa tra i monaci e i conti e non per la difesa contro gli stessi Aldobrandeschi, che non sarebbero certo giunti Ranieri e Ugo, figli di Ildebrando, conclusasi con la concessione for- lungo la strada (WICKHAM, 1989, p. 126). È interessante come, nella celebre lettera male a San Salvatore del diritto di costruire castelli in punti strate- inviata a Enrico IV, i monaci si lamentassero, tra tutti i soprusi perpetrati dagli Al- dobrandeschi, principalmente dell’obbligo imposto ai contadini di fortificare e di- fendere i castelli, nonché di partecipare ai loro placita. I monaci, infatti, avevano ca- 315 Fino a questo momento, gli Aldobrandeschi furono attivi principalmente a nord pito la minaccia insita nelle munitiones che vedevano costruire intorno al monastero. di Radicofani, in qualità di livellari di San Salvatore per una parte della curtis mona- Gli Aldobrandeschi, però, avevano posseduto castelli molto prima del loro docu- stica di Offena (CDA, II, 215). Sebbene esistano addirittura delle indicazioni di una mentato esercizio di poteri signorili, pertanto si può immaginare che l’incastellamento sorta di patrocinio informale sullo stesso monastero (CDA, II, 215, 255), la famiglia degli inizi dell’XI secolo ebbe poco o nulla a che fare con la localizzazione di tali di- è raramente presente nei documenti, a eccezione del momento di tensione fra essa e ritti. Solo dopo il 1080 d.C., per gli Aldobrandeschi, e il 1130 per il resto dell’aristo- San Salvatore nel 1046 (CDA, II, 277) al quale seguì una conferma delle terre mo- crazia, i castelli portarono a una connotazione signorile e ne ricevettero importanza nastiche da parte di Ildebrando V, dietro imposizione di Enrico III. in conseguenza di ciò (WICKHAM, 1989, p. 125).

218

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale sesti, infatti, nelle mani di San Salvatore, al più tardi nel 1145 d.C. 317, mentre la sesta parte fu ceduta dal conte Manente I di Chiusi al Vescovo di Siena nel 1139 318. In generale, il prodotto dei rapporti intercorsi alla fine dell’XI secolo tra San Salvatore e gli Aldobrandeschi determinò, da un lato, la per- dita monastica di alcuni suoi territori a ovest e a sud, e la cessione dei diritti signorili su altri, dall’altro una notevole crescita del potere mo- nastico nell’alta Val di Paglia e sulla stessa Radicofani. Si può dun- que immaginare, sulla scorta di Wickham, che gli Aldobrandeschi donarono intenzionalmente il castello, e di conseguenza il controllo della Francigena, all’abbazia. Non sembra casuale che i castelli di Mussona e Serra di Ruga non siano mai stati costruiti o ultimati 319. Per l’XI secolo Wickham sottolinea l’importante assenza di coltiva- tori proprietari terrieri, essendo i soli possessori laici documentati per lo più aristocratici, grandi o piccoli 320. Tra di essi bisogna ricordare i cosiddetti lambardi di Reggiano, Callemala e Senzano 321. Si tratta di famiglie dell’aristocrazia minore, benestanti e con contadini di- pendenti, per quanto caratterizzate da situazioni patrimoniali e in- sediative diverse. I lambardi di Callemala e Rocca di Senzano, infatti, furono in gran parte livellari di terra monastica, quelli di Reggiano proprietari di terra allodiale 322. E ancora i lambardi di Reggiano e Senzano abitarono in castelli, mentre quelli di Callemala non arri- varono mai a fortificare il borgo 323. Allo stesso modo, i nuclei forti- ficati di Senzano e Sassine si presentano piuttosto come la manife- stazione dei diritti signorili che come centri demici di una qualche rilevanza, a differenza forse di Reggiano, dove la documentazione sembra suggerire la presenza di una comunità più consistente 324. Per quanto riguarda il XII secolo la documentazione di san Salvatore si fa estremamente rarefatta, almeno a partire dagli anni Trenta, la- sciando intravedere soltanto le vicende fondamentali di questo pe- riodo. Come ha sottolineato Wickham, il dato di maggiore interesse appare costituito dalla crescita dell’importanza dei diritti signorili, che si estrinsecavano in forme coercitive esercitate dall’aristocrazia sugli abitanti dei centri incastellati, ben più che sulle rimanenti curtes aperte

317 CDA, II, nn. 337, 338. Fig. 58. Le strutture religiose attestate nei secoli centrali del Medioevo 318 La ritirata degli Aldobrandeschi da Radicofani è l’aspetto più importante di tutta questa serie di cambiamenti, soprattutto a causa dell’importanza strategica del castello, 325. In seguito al ripiegamento degli Aldobrandeschi nel versante oc- in grado di controllare la Via Francigena. Addirittura, alla fine del XIII secolo, ve- diamo che la Francigena stessa è il confine del territorio posseduto dalla famiglia verso cidentale del monte Amiata, l’alta Val di Paglia gravitava ormai inte- 326 est, e non più una risorsa che pretende di controllare. La sole terre escluse dal contado ramente nell’orbita di San Salvatore, così come Radicofani , che, aldobrandesco nella zona sono i territori di San Salvatore, in effetti più protetti che grazie alla sua naturale posizione di dominio sul paesaggio circostante minacciati dagli Aldobrandeschi. Per un più ampio commento sulle vicende di que- e sulla Francigena, acquistò sempre maggiore importanza. Una con- sti anni si veda MARROCCHI, in questo volume. ferma è fornita dai ripetuti tentativi da parte di forze estranee, come 319 CDA, II, 310. Anche la nota dorsale apposta al documento fa, però, riferimento a un castello di Mussona. Wickham non la consideri una prova della costruzione del la Repubblica di Siena, l’impero e il Papato, di controllare il castello, castello (WICKHAM, 1989, p. 128). che, nel 1153, sarà ceduto per metà dalla stessa abbazia a papa Euge- 327 320 WICKHAM, 1989, pp. 128-129. nio III in locazione perpetua . L’interesse da parte di Roma per la 321 Cominciano a essere chiamati lambardi a partire dagli anni Settanta del secolo. Il ter- tutela di Radicofani è chiaramente documentata dagli immediati in- mine indica, in Toscana, il livello più basso dell’aristocrazia. Le origini di queste famiglie terventi di fortificazione fatti intraprendere da Adriano IV e dalla rior- sono oscure. Il massimo che si può dire, osserva ancora Wickham, è che il lento processo di cristallizzazione che creò, ovunque nell’Italia centro-settentrionale, un’aristocrazia mi- nore di milites o lambardi interessò in questa zona soprattutto queste quattro famiglie: 326 WICKHAM, 1989, p. 131. anche se non sappiamo cosa fossero all’inizio dell’XI secolo, alla fine erano divenuti no- 327 In seguito agli eventi del 1145, quando la Repubblica di Siena tentò di impos- bili. Su tutta la questione si veda WICKHAM, 1989, pp. 128-129, con bibliografia. sessarsi di Radicofani, i Senesi stessi stabilirono che l’abate avrebbe detenuto per 322 Interessante constatare che i livellari monastici di Rocca di Senzano si appropriarono, conto del Vescovo e del “Popolo” di Siena la sesta parte del castello di Radicofani secondo un tipico comportamento “aristocratico”, anche a Gello di altra terra mona- ricevuto dal conte Manente di Pepone. Era una soluzione manifestamente provvi- stica, “quas diabolus per longum tempus per fraudem et per malum ingenium nobis re- soria, che mentre riconosceva ai Senesi la sovranità politica e la proprietà formale tinere fecit”, come constatarono nel 1082 quando la restituirono (CDA, II, n. 308). della sesta parte del castello, ne associava all’abbazia il possesso materiale (VER- 323 WICKHAM, 1989, pp. 128-129. DIANI BANDI, 1926, pp. 36-37; CDA, II, nn. 337, 338, 341-346, 361, 364; CAM- 324 MARROCCHI, in questo volume, p. 41, con bibliografia. MAROSANO-PASSERI, 1984, pp. 143-144; WICKHAM, 1989, p. 131; ASCHERI, 1998, 325 WICKHAM, 1989, pp. 130-131. In generale sulle signorie rurali si veda WICKHAM, p. 73). In realtà, il fatto stesso che San Salvatore fosse un’abbazia imperiale poneva 1996, con particolare riferimento, per la zona amiatina e maremmana alle pp. 348- l’intervento papale in Radicofani in concorrenza con gli interessi degli imperatori, 349, 359-361. come sottolinea Kurze (KURZE, 1989d, pp. 402-403).

219

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 59. La visibilità tra i centri fortificati durante i secoli centrali del Medioevo ganizzazione dell’intero impianto difensivo voluta, nel 1198, da In- dicare dal silenzio delle fonti documentarie e dai due tentativi di ri- nocenzo II 328. costruzione che interessarono Senzano nel 1205 e poi nel 1248 329. L’accresciuta importanza del castello determinò, nel corso del Due- La notevole crescita dell’importanza di Radicofani determinò anche cento, il totale assorbimento degli altri centri documentati nel pe- un ulteriore rafforzamento del percorso transitante ai piedi di Radi- riodo precedente. Reggiano non è più attestato a partire dal 1085 cofani, che nel 1191 è ricordato per la prima volta come stazione stra- (così come la chiesa intitolata a Sant’Andrea), mentre le due rocchette dale a sé 330. La stessa Callemala, pur conservando una certa impor- di Sassine e Senzano furono abbandonate nel corso del secolo, a giu- tanza, già nel 1153 era di fatto sotto il controllo di Radicofani, che semplificò molto la viabilità della zona, polarizzando al suo interno 328 Innocenzo III, inoltre pose un proprio castellano a Radicofani. I castellani erano delle figure particolari, dal duplice carattere di appaltatori e pubblici ufficiali a un 329 tempo. La riscossione dei proventi, infatti, attribuiva alla castellaneria un preciso va- L’iniziativa del 1205 non andò evidentemente a buon fine se nel 1248 essa fu repli- lore economico: la carica era assegnata mediante vendita, anzi proprio la sua vendita cata. Per la seconda si può immaginare una sorte analoga: è noto infatti che nel 1369 costituiva una delle voci di entrata della tesoreria provinciale. Quella di Radicofani, l’abbazia diede ordine che le due rocchette, o quanto meno quella di Senzano, fossero ad esempio, fu venduta per 78 lire di denari paparini nel 1305 e raggiunse i 70 fiorini demolite (CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 147; WICKHAM, 1989, p. 132). San Sal- nel 1350 (LANCONELLI, 1990, p. 272). A Radicofani i proventi di alcuni beni dema- vatore ebbe la capacità di attrarre nel nuovo centro le principali famiglie aristocratiche niali, come l’erbatico dei pascoli camerali e il passagium, potevano non essere com- della zona. I legami clientelari e militari si stavano rafforzando, secondo un processo già presi nella castellaneria e venivano venduti direttamente dal tesoriere (LANCONELLI, cominciato dal 1080 con gli Aldobrandeschi e che continuò e si stabilizzò sotto i mo- 1998, pp. 100-101). Radicofani venne così a costituire il punto di confine del Patri- naci. Questo rafforzamento fece di Radicofani un centro gradito anche ai piccoli nobili monio si San Pietro in Tuscia, in seguito all’accordo di Neuss, del 1201, con il quale di altri castelli. Fu con ogni probabilità questo spostamento dell’élite locale che indusse l’imperatore Ottone IV riconosceva le nuove frontiere raggiunte dal dominio tem- gli altri abitanti della zona a trasferirsi nel nuovo centro (WICKHAM, 1989, p. 132). 330 porale della Chiesa (CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 144). WICKHAM, 1989, p. 134, con bibliografia.

220

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 60. I siti databili alla generica età medievale buona parte della popolazione che risiedeva nei borghi della Val di Secondo Kurze, nonostante gli sforzi e la zelante politica di Winizo Paglia 331. verso i sovrani, la mossa di Ottone I aveva destabilizzato l’equilibrio La ricognizione ha confermato questa situazione. Dall’indagine di del controllo territoriale amiatino, e aveva dato avvio alla crescita di superficie, infatti, sono emerse soltanto labili tracce di frequenta- nuovi organismi di controllo. La supremazia politica del monastero zione localizzate a poca distanza da Radicofani a dal presunto borgo di San Salvatore, perduta con gli Ottoni, non fu più recuperata sia di Muliermala 332. Interessante appare il concentrarsi di alcune Unità per le scelte politiche dei sovrani successivi sia per le famiglie nobili Topografiche, genericamente databili al Medioevo, intorno a Pog- della zona, che acquistarono un’influenza sempre maggiore. gio Gello, presso le sorgenti del fiume Orcia e del torrente Rigo 333. Wickham sostiene che il numero dei castelli che compaiono sull’A- È possibile che esse rappresentino delle abitazioni riferibili alla curtis miata tra l’inizio del XI e il XIII, sia legato a tre fattori essenziali quali di Agello, o, quanto meno, le aree più direttamente soggette a sfrut- la protezione della proprietà, l’affermazione del potere politico sulla tamento agricolo da parte della piccola comunità 334. popolazione e la riorganizzazione dell’economia di una determinata regione. La visione del fenomeno sotto quest’aspetto lascia pensare Il contesto amiatino. La riorganizzazione dei beni monastici fatta da soprattutto a esigenze di carattere difensivo nella formazione dei ca- Ottone I, portò a un disordine nella distribuzione delle proprietà a di- stelli amiatini. Rilevante il fatto che i diritti signorili documentati scapito di San Salvatore e a favore dei potentati locali. A due soli anni dalle fonti siano riferiti, almeno fino al 1131, alla sola famiglia degli di distanza dall’emanazione del primo diploma, l’imperatore sottrasse Aldobrandeschi. 336 Nella cartula possesionis del 1046, Ildebrando V al monastero i beni più strettamente legati all’Amiata come la chiesa di conferma all’abate Teuzone le proprietà “ingiustamente tenute”. Tra Santo Stefano con la curtis di Monticlu presso Montelaterone; la curtis i vari beni figurano nell’elenco: il castello di Montenero e di Mon- di Lamula e quella di Mustia, oltre alla curtis di Offena nel territorio di telaterone, le cose e le terre di Mustia, Luminiana, Campusona, Fa- Radicofani e riconfermò quelli più lontani come la curtis di San Laz- biano, Cellena e Paterno; Plano, Albineta, Mussona più vicine al- zaro in Siena, alcuni mulini e una taverna in Acquapendente, i territori l’abbazia. Su queste terre il conte aveva posto i propri gastaldi e servi attorno al lago di Bolsena, quelli presso Tarquinia, i monti dell’Uccel- ministeriales sostituendosi ai funzionari pubblici nella riscossione delle lina e Campagnatico. In realtà l’intento era di mettere nelle mani del esazioni delle terre fiscali 337. La querela del 1081 concernente l’atto monastero il controllo delle strade da Siena allo Stato della Chiesa. Il degli Aldobrandeschi di prendere a servizio la gente di Gravilona per tentativo fallì proprio perché vennero a mancare le basi solide costituite le loro milizie (“custodias et clausuras”), nel momento in cui veniva dalle terre immediatamente confinanti con l’abbazia. Ottone III, gra- costituito un castrum, situato nella zona e da identificare con Ca- zie anche al marchese Ugo di Tuscia, seguì una linea politica favorevole steldelpiano o con Arcidosso 338, è la chiara testimonianza dei primi agli enti religiosi della bassa Toscana. Purtroppo la morte prematura tentativi di incastellamento 339. Dal documento comunque si evince dell’imperatore e l’incoronazione di Arduino d’Ivrea portarono a nuove non un vero spostamento della popolazione ma un reclutamento perdite di beni e al capovolgimento della situazione. 335 della forza lavoro a discapito del monastero, permettendo comun-

331 Probabilmente l’attrazione esercitata dal castello, come sostiene Wickham, fu par- tivo fallì proprio perché vennero a mancare le basi solide di potere costituite dalle terre ticolarmente forte anche per la famiglia di lambardi di Callemala. È possibile, quindi, immediatamente confinanti. Ottone III, grazie anche al marchese Ugo di Tuscia, se- che i lambardi di Callemala abbiano potuto esigere che anche gli abitanti agricoli si guì una linea politica favorevole agli enti religiosi della bassa Toscana. Purtroppo la adattassero al lento movimento del traffico stradale verso il tratto superiore. Tale com- morte prematura dell’imperatore e l’incoronazione di Arduino d’Ivrea portarono a portamento è probabilmente da ritenere valido anche per i burgi di Voltole, Burgorico, nuove perdite di beni e al capovolgimento della situazione. KURZE 1989, pp. 367-368. Fermone e Muliermala, tutti rimpiazzati da Radicofani (WICKHAM, 1989, p. 135). 336 WICKHAM, 1989, pp. 104-105. 332 Si veda le schede del catalogo delle Unità Topografiche nn. 9, 17, 26. 337 NANNI, 1999, pp. 47-48; CDA, II, n. 277. 333 UT nn. 77, 78, 80. 338 WICKHAM, 1989, p. 111; COLLAVINI 1998, pp. 134, 136, 172. 334 Gello è citato come curtis per l’ultima volta nel 1082 (CDA, II, n. 308). Per le UT 339 Nel documento i monaci benedettini descrivono con estremo puntiglio il cattivo si vedano le schede nn. 77, 78, 80. 335 Nell’anno 962, alla sua prima discesa in Italia, Ottone I aveva riconfermato i beni comportamento dei fratelli Ugo e Ranieri. Appare chiaro come il disegno degli Al- del monastero già affidati dai sovrani precedenti, cedendo alle lagnanze dell’abate che dobrandeschi riguardi non solo il patronato sulle terre monastiche ma sostituirsi al- denunciava una situazione di crisi a causa delle prepotenze di “uomini malvagi” che li l’abbazia nel controllo del monte Amiata. Oltre a Gravilona vengono menzionati casi avevano defraudati dei loro beni. Il documento venne rilasciato in Reggiano, quindi analoghi di territori detenuti senza diritto e di costrizioni della popolazione delle ville abbastanza vicino al monastero dove l’imperatore era di passaggio. Due anni dopo, e dei casalia al servizio militare. Ranieri ad esempio costringeva la popolazione delle forse per provvedere alla riorganizzazione di tutta la Toscana, l’imperatore emanò da villule di Plano e San Cassiano al servizio militare presso Castel Marino. Si menziona Lucca un altro diploma per San Salvatore. In realtà l’intento era quello di mettere nelle anche il castello di Radicofani detenuto impropriamente senza alcun diritto legale per- mani del monastero il controllo delle strade da Siena allo Stato della Chiesa. Il tenta- ché proprietà dell’abbazia.; KURZE, 1989e, pp. 378-386.

221

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale que agli abitanti di Gravilona di risiedere sempre nello stesso genze a carattere insediativo poste in zone non lontane dagli stessi ca- luogo 340. Come è oramai dimostrato il processo di incastellamento stelli sembrerebbe mettere in evidenza come la prima fase di incastel- non fu un fenomeno “monolitico”, e occorre quindi pensare agli in- lamento nella Toscana meridionale permise la coesistenza di forme sediamenti fortificati come al risultato dei due processi separati d’in- insediative alternative al castello forse già ben organizzate dall’alto Me- castellamento e accentramento, non sempre necessariamente imme- dioevo 350. Occorre considerare che non tutti i castelli si posiziona- diati e inscindibilmente legati. Questo non esclude la presenza di un rono sulle aziende curtensi, ma occuparono aree precedentemente controllo sulla popolazione presente nelle aree di pertinenza 341. Tra poco frequentate e relativamente importanti a livello amministrativo, la fine del X e durante tutto l’XI secolo, seguendo la tendenza della consentendo la coesistenza di alcuni agglomerati demici almeno fino Toscana meridionale, compaiono i primi castelli: Montelaterone nel al XII secolo. La presenza di elementi datanti che non oltrepassano i 1004 342, Montenero nel 1015 castellare poi castello nel 1027 343, secoli centrali del Medioevo, nel già citato insediamento di Gravilona, Potentino nel 1042 344, e Castel Marino 345 e Selvena 346 nel 1081. (Case Nuove-Tepolini) potrebbe costituire un ulteriore elemento di Verso la fine dell’XI secolo l’abbazia progetta la realizzazione di al- conferma. cuni “castra” nelle proprie terre a confine con Radicofani. Nel 1084 I castelli documentati a partire dal XII secolo sono Arcidosso 351, Seg- e nel 1087 il conte Ranieri concedette il diritto a San Salvatore di giano 352, Stribugliano 353. Nel XIII secolo, Casteldelpiano 354, Santa costruire castelli in punti strategici confinanti con le sue proprietà. Fiora 355, Castel di Badia 356, Montegiovi 357, Piancastagnaio 358. In Si trattava dei castelli di Mussona e Serra de Ruga, situati ai margini realtà la sola documentazione amiatina non sembra sufficiente a rico- settentrionali e meridionali del territorio abbaziale e sovrastanti la struirne con una certa sistematicità l’evoluzione insediativa. Solo dagli Via Francigena. La concessione avvenne secondo Wickham, dietro ultimi anni del XII secolo è possibile avere fonti complete ed esaustive, il pagamento di ingenti riscatti e comunque avvenne in modo quasi basti pensare alle registrazioni dei pagamenti delle imposte del 1278 o sprezzante, in quanto la funzione difensiva di castelli in una tale po- ancora alle tavole delle possessioni del 1320 sulle quali vengono ri- sizione era praticamente inconsistente. Il castello di “Serra de Ruga” portati: numero, dimensioni e distribuzione di tutti i centri abitati. I non sarebbe mai stato effettivamente eretto, ciò è provato dall’as- fenomeni di accentramento insediativo che si collocano tra la seconda senza di riferimenti nella documentazione successiva e la costruzione metà del XII secolo e il XIII nella Toscana meridionale vengono defi- stessa del castello, sarebbe divenuta superflua in seguito al migliora- niti come “secondo incastellamento”. Questa nuova trasformazione mento dei rapporti tra gli Aldobrandeschi e i monaci.347 Nel 1108, portò sostanzialmente alla creazione di rilevanti centri di popolamento la famiglia comitale cedette anche metà dei castelli di Marino e Bo- con l’ampliamento dei castelli di prima fase o con l’edificazione di vil- ceno, tutta la villa di Albinita e metà dei diritti su Piancastagnaio e laggi fortificati ex novo 359. San Cassiano. Non conosciamo l’entità delle conseguenze che ne de- Alcuni castelli come Boceno 1108 360, Aspretulo 1216 361 e Castel della rivarono ma Boceno ad esempio, cessò di esistere come castello. In Pertica, forse castello già nel 1160 362, presentano una documentazione questo contesto, la presenza nel territorio di Radicofani di tanti pic- piuttosto lacunosa quando non del tutto assente per la fase di primo in- coli siti fortificati in un’area abbastanza ristretta, è indice di centri castellamento e, nei secoli successivi (XII-XIII), risultano già in stato con vocazione difensiva a controllo del territorio, più che di agglo- di abbandono a causa dell’attrazione demica esercitata dai grandi ca- merati demici con funzioni economiche o con differenziazioni so- stelli vicini. ciali interne. Ricordiamo a tal proposito le due Rocchette di Saxina Lo studio delle foto aeree ha permesso l’individuazione di anomalie ben e di Senzano (XI secolo), lo stesso Reggiano (sebbene citato solo nel definite costituite da rilievi morfologicamente uniformi, coperti da bo- 1028) e altri siti ancora, anche non fortificati, come Callemala, dove sco fitto la cui sommità è sempre interessata dalla presenza di una trac- sappiamo attestata una famiglia di lambardi. Da aggiungere anche cia regolare. I castelli di Marino e Aspretulo si trovano entro il comune Mussona e Serra de Ruga, i progettati castelli di San Salvatore mai realizzati 348. del fondovalle. Compaiono nei documenti altri borghi all’inizi dell’XI, tra questi ricor- diamo, Le Briccole cioè Abricula, a nord, verso la Val d’Orcia e il torrente Formone, Lo sviluppo dei due versanti non fu esattamente omogeneo. La mag- Muliermala, forse l’attuale podere Le Conie, Callemala, Sce Petir in Pail attuale Voltole gior frammentarietà presente in alcune aree del versante orientale già e Voltolino, Burgurico, Richoburgo verso l’attuale Mulino Burburigo. Questi insedia- nei secoli precedenti, con una rete di casalia e curticelle portò a un’e- menti sorgono tutti lungo la Via Francigena a testimonianza che vi era un cospicuo svi- voluzione del frazionamento della proprietà relativa, non solo alla no- luppo dei coltivi e di proprietà, già nell’XI secolo. In base a quanto riportano i docu- menti del 991, vengono citati 82 dipendenti per Sce Petir Pail e 50 per Callemala. biltà, ma anche ad altri proprietari minori. Wickham ne identifica al- 350 349 FRANCOVICH-HODGES, 1989. meno dieci . L’individuazione nel versante occidentale, di emer- 351 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, pp. 17-18, n. 2.1; WICKHAM, 1989, p. 109; CDA, I n. 141. 340 WICKHAM, 1989, pp. 104-105. 352 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 181, n. 57.1; WICKHAM, 1989, pp. 131-135; 341 FRANCOVICH, 1995 pp. 397-406. FARINELLI-GIORGI, 1998, p. 237. 342 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 18, n. 2.2; NANNI 1999, pp. 18-19, 54-56; 353 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, pp. 18-19, n. 2.3; FRANCOVICH et alii, 2002, p. 44; CDA, I nn. 129, 132, 190; CDA, II, n. 221. CDA, I, n. 149. 343 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, pp. 33-34, n. 8.3; CDA, I, n. 176; CDA, II, n. 354 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 33, n. 8.1; FRANCOVICH et alii, 2002, p. 44; 243, 263 CDA, I n. 167. 344 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 182-183, n. 57.2; WICKHAM, 1989, pp. 101- 355 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 175, n. 53.1; FRANCOVICH et alii, 2002, p. 44; 112; WICKHAM, 1989, pp. 112-136 CDA, I, n. 309, 321. 345 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 126-127, n. 39.3; CDA, II n. 309 356 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 17, n. 1; WICKHAM, 1989, pp. 131-133. 346 AMMAROSANO ASSERI RANCOVICH C -P , 1984, p. 34, n. 9.3; F et al., 2002, pp. 43- 357 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 33, n. 8.2. 44; CDA, II n. 309 358 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 126, n. 39.1; WICKHAM, 1989, pp. 131-135; 347 WICKHAM, 1989, PP. 126-128 FARINELLI-GIORGI, 1992, pp. 157-263, nota 47; CDA, II, n. 330, 361. 348 Cfr. supra 359 FARINELLI-GIORGI,1992, pp. 157-263. 349 Wickham distingue i piccoli casalia con pochi abitanti, a San Salvatore e Albinita e 360 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 126, n. 39.2; CDA, II, n. 330. fra Callemala e l’abbazia, dalle villae più consistenti, situate presso Piancastagnaio e San 361 CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, pp. 126-127, n. 39.3. Cassiano. Senza dubbio i nuclei demografici maggiori erano rappresentati dai borghi 362 CAMBI 1996, nn. ass 17-19, pp. 62-64.

222

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale di Piancastagnaio presso l’attuale “Riserva dei Rocconi”. Si tratta di due Il basso Medioevo e il Medioevo finale rilievi impervi che si fronteggiano a circa 500 metri di distanza l’uno dall’altro. La prima notizia della silva de Asperetulo risale a una dona- Agli inizi del XIII secolo il controllo di Radicofani da parte del Pa- zione del 1108 al monastero di San Salvatore. “Aspretuli cum sua cu- pato è minacciato dalle truppe imperiali, che, nel 1210 riuscirono a ria et districtu” figura nel 1216 e nel 1274 con la spartizione della con- occupare il castello. Tornato nel 1221 al Patrimonio di San Pietro, tea aldobrandesca. In un documento del 1275 il castellum Aspretuli viene Radicofani fu progressivamente svincolato dai diritti signorili che il descritto come “nunc inhabitatum” ma continua a comparire nelle spar- monastero di San Salvatore esercitava su di esso, al fine di consoli- 367 tizioni della contea almeno fino ai primi anni del XIV secolo. Agli inizi dare il dominio pontificio . La perdita di potere da parte dell’ab- del Novecento esisteva una cappella del Roccone con un altare dedi- bazia, però, non determinò automaticamente una più facile situa- cato a San Francesco. L’anomalia morfologica di circa 1 ettaro di su- zione all’interno del centro, dove la componente comunale andava perficie sembra suggerire la presenza di strutture interrate. La verifica a crescendo in importanza. Le aspirazioni all’autonomia del comune terra ha evidenziato, sulla sommità, due costruzioni di forma quadran- vennero comunque frenate dal Papato, che riuscì a mantenere gli ob- golare, costruite con pietrame locale e legato con abbondante malta. blighi di natura fiscale e politica di Radicofani 368. Gli statuti del Una delle due costruzioni ha una superficie di circa 20 mq e si trova 1255 testimoniano un ampio margine di autonomia, a conferma sulla parte più alta. Presenta una muratura con un nucleo interno co- dell’esistenza di una comunità vivace che dimostrò spesso aperta- stituito da pietrame informe legato con molta malta e un rivestimento mente la propria ostilità allo Stato della Chiesa 369. In questo conte- nel paramento esterno con conci di pietra rettangolari e ben squadrati. sto si inseriscono anche i ripetuti tentativi di Orvieto e Siena di con- I dati archeologici non sembrano mostrare tracce rilevanti di cinte trollare il castello 370. In particolare, a partire dalla metà del secolo, murarie, ma è intuibile, dall’andamento del terreno, la presenza di Radicofani si trovò più volte coinvolto nelle vicende interne della Re- una fortificazione o in ogni modo di un baluardo difensivo che sfrutta pubblica, fino a divenire per qualche tempo ricovero di molti fuo- anche la naturale impraticabilità dei versanti. Simile la situazione riusciti ghibellini, tra i quali la tradizione annovera Ghino di presso Monte Penna (comune di Castell’Azzara), un castello con un’e- Tacco 371. In questo clima di tensioni si inserisce, nei primissimi anni voluzione documentaria analoga ad Aspretulo, poiché è citato nei do- del Trecento, la vicenda della guerra condotta da Guido di Montfort cumenti dai primi anni del 1200 e nel 1414 è già un fortilizio ab- e Margherita Aldobrandeschi contro il Papato e i comuni guelfi di bandonato 363. Il muro di cinta descrive intorno alla sommità del pog- Siena e Orvieto (1301-1302), conclusasi con la sconfitta dello schie- gio una linea a L. Il fianco che rimane scoperto non necessita di una ramento ghibellino e il ritorno di Radicofani nell’ambito della so- difesa poiché un baratro di circa 80-100 metri di dislivello crea un vranità papale. Il castello rimase così, per circa cinquanta anni, al di ostacolo invalicabile. La tecnica costruttiva del muro di difesa é di me- fuori dei conflitti che caratterizzarono la Toscana nella pria metà del diocre qualità in blocchi di pietra locale di grosse dimensioni, non XIV secolo, come sembrano confermare i documenti risalenti a que- squadrati e disposti in modo disordinato, assente l’uso di malta. Del sti decenni, dove sono menzionati soltanto lavori di manuten- borgo sono rimaste scarse tracce murarie. La parte sommitale è occu- zione 372. Questo stato di cose venne modificato in seguito a un pata da un cumulo di macerie costituito da pietre sommariamente nuovo intervento di Siena, che riuscì, grazie anche all’appoggio della squadrate di media grandezza, malta e scarsissimi frammenti di late- locale famiglia dei Del Guasta, a ottenere nel 1352 un formale atto rizi, che lasciano supporre l’esistenza di una struttura 364. di sottomissione di Radicofani, fortemente contestato, com’è ovvio, L’anomalia di Castel Marino è costituita da un colle di circa 6 ettari dalla Chiesa. Della situazione approfittarono i Salimbeni che, in di superficie sulla cui sommità è presente una traccia riferibile a una virtù del sostegno del Papato al fine di indebolire la Repubblica, af- struttura di circa 59 mq. La verifica ha riscontrato la presenza di una fermarono una signoria su Radicofani 373. La presenza, nel XIV se- torre quadrata di circa 5 metri. di lato in corrispondenza dell’ano- malia. La messa in opera è molto solida. Si tratta, infatti, di una mu- 367 LANCONELLI, 1990, pp. 274-275. Fu soprattutto il rafforzamento della sovranità ratura di circa 1 metro. di spessore realizzata con molta malta. All’e- pontificia seguito alla fine della dinastia sveva che fece sì che il processo di estromis- sione del patrimonio amiatino conoscesse un impulso decisivo. A questo proposito sterno i filari sono costituiti da pietre sommariamente squadrate di appaiono paradigmatiche le vicende legate al possesso di alcuni mulini e terreni di- media grandezza, mentre all’interno ci sono file più regolari ben la- slocati nella va di Paglia. I mulini passarono, per la metà, alla castellaneria di Radico- vorate costituite da pietre rettangolari di circa 30-35 cm di altezza e fani nel 1256, così come alcuni terratici posti nelle immediate vicinanze. La Lanco- di lunghezza variabile. Non è comprensibile se, la presenza di grandi nelli considera il processo di estromissione di San salvatore concluso già negli anni mucchi di spietramento disposti intorno al rudere della torre tuttora Settanta del secolo (LANCONELLI, 1990, pp. 276-278). 368 Appare interessante il fatto che Radicofani fosse probabilmente esentato dal paga- visibile, possa suggerire l’esistenza di annessi o abitazioni. In questo mento dell’imposta più importante all’interno del sistema fiscale dello Stato della caso la cronologia dei documenti abbraccia un periodo un po’ più Chiesa, quella basata sui fuochi (LANCONELLI, 1990, p. 280). ampio: dal 1081 365 al 1303 366. Probabilmente, come accade anche 369 Paradigmatico è il caso della ribellione del 1284, che portò all’uccisione e al feri- per i numerosi castelli del comune di Radicofani si trattò di centri con mento di alcuni soldati e alla liberazione di alcuni ostaggi pisani detenuti nella rocca (LANCONELLI, 1990, pp. 281-282). Sugli statuti di Radicofani si veda PIATTOLI, 1935; funzione di protezione e controllo, più che di concentrazione della ASCHERI, 1998, p. 74. popolazione. 370 LANCONELLI, 1990, pp. 282-285; CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 144. 371 Le vicende relative a appaiono nella realtà piuttosto confuse e oscure. Un ruolo importante nella creazione del mito relativo al personaggio, e dell’usuale colle- 363 FRANCOVICH et alii, 2002, pp. 37-39. gamento Ghino-Radicofani, è ricoperto dai racconti di Dante e Boccaccio (Purgatorio, 364 FRANCOVICH et alii, 2002, pp. 37-45. VI, 13 s.; Decameron, X, 2). Su Ghino di tacco si veda CARDINI, 1990, con bibliografia. 365 Si veda la nota n. 5. 372 Si parla esclusivamente di rifacimenti di tetti, scale e delle sovrastrutture difensive 366 Il castello, assente nella divisione della contea aldobrandesca del 1216, torna a es- in legno (LANCONELLI, 1998a, pp. 91-92.). sere menzionato nel patrimonio familiare del 1274. Figura infine nella bolla del 1303 373 Il passaggio di Radicofani da terra immediate subiecta a quella in cui l’esercizio con cui papa Bonifacio VIII rivendicò le terre concesse in feudo dalla Chiesa di Roma della sovranità veniva affidato a esponenti di famiglie legate alla Chiesa romana da agli avi di Margherita Aldobrandeschi (CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 144, n. 39.3; rapporti di alleanza e fedeltà è giustificato dal diminuire dell’importanza strategica CDA, II, n. 309). di Radicofani e del controllo da esso esercitato sulla Francigena (LANCONELLI,

223

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 61. Il popolamento nei secoli XIII-XIV colo, della famiglia magnatizia all’interno dell’attuale territorio co- bardi 375, mentre, nel 1443, fu smantellato l’antico tratto della Via munale, del resto, è attestata nel centro di Castelvecchio e, forse, in Francigena transitante per la Val di Paglia e sostituito con un nuovo quello di Perignano. Contignano, invece, sottoposto alla signoria dei tracciato che lambiva il borgo di Radicofani 376. Farnese agli inizi del secolo, era passato nel 1339 sotto il controllo di Alla metà del Quattrocento gli unici due nuclei demici che caratte- Siena, per rimanervi fino al 1379 374. La definitiva sconfitta dei Sa- rizzano il territorio sono gli stessi dell’età moderna: Radicofani e limbeni, agli inizi del secolo successivo, portò infine alla libera sub- Contignano. Perignano venne infatti distrutto nel 1456 dai Senesi missio di Radicofani alla Repubblica (1411), che lasciò però ampi in seguito al tentativo di ribellione di Antonio Petrucci e di altri margini di autonomia alla comunità. Nel 1417 fu intrapresa la co- congiurati, mentre Castelvecchio, sulla scorta di un documento del struzione di una nuova fortezza, sotto la direzione di maestri lom- 1405 che lo cita come castellare, appare forse già spopolato alla fine

1990a, p. 285). Sull’intera vicenda si veda REPETTI, 1845, pp. 39, 211; VERDIANI 375 Cfr. CIAMPOLI, 1998, p. 291. BANDI, 1926, pp. 92-96, 108-115, 134, 170, 229; CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, 376 Sulla questione di veda CHERUBINI, 1974, p. 147. REPETTI, all’interno dell’intro- p. 144; LANCONELLI, 1990a, p. 284). In generale sui Salimbeni e i loro possedi- duzione metodologica al Dizionario, nell’illustrare le varie categorie impiegate sotto- menti in Val d’Orcia si veda CARNIANI, 1995. lineava: “ho indicato per castellare le vestigia di antiche roche, di torri, o di abbando- 374 Sulle vicende dei tre castelli si veda: per Perignano REPETTI, IV, p. 106. nati fortilizi” (REPETTI, I, p. XIII).

224

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 62. I siti databili al basso Medioevo e al Medioevo finale del Trecento 377. La definizione lascia però spazio ad alcune incer- tezze: se, da un lato, non sembra di poter dubitare dell’effettivo dis- sesto delle fortificazioni, dall’altro, non si può escludere con asso- luta certezza una sopravvivenza della comunità in forme diverse. Le fonti, infatti, si presentano spesso ambigue nell’utilizzo del voca- bolo, indicando talvolta un castello distrutto e talvolta un sito ri- dotto a villa, un castello, cioè, cui sono state abbattute le mura 378. Inoltre, il termine Castelvecchio, frequente impiegato per indicare un castello di prima fase in stato di abbandono (a favore, è evidente, di un nuovo centro, spesso fortificato) 379, indurrebbe a immaginare una fase di vita del sito anche nel corso dei secoli centrali del Me- dioevo. In assenza di ulteriori indagini documentarie e archeologi- che questa ipotesi resta comunque da comprovare. Alla luce delle informazioni in nostro possesso, Perignano, Conti- gnano e Castelvecchio, appaiono come castelli di seconda fase, nati Fig. 63. Il popolamento tra XIII e XV secolo probabilmente non molti decenni dopo il declino degli altri centri fortificati assorbiti da Radicofani 380. Appare interessante, in seguito non furono probabilmente mai dei nuclei di popolamento consi- all’analisi del grado di visibilità del territorio, il fatto che questo se- stenti. Castelvecchio, l’unico a comparire nella Tavola delle Pos- condo processo di incastellamento coinvolga l’area non soltanto sessioni del 1318-1320, contava in quegli anni 21 case all’interno 381 geograficamente più lontana dal maggiore nucleo demico, ma an- del castrum e cinque nelle zone rurali limitrofe . Si tratta – è evi- che visivamente non soggetta a esso. dente – da una situazione ben diversa da quella che caratterizzava Significative appaiono pure le dimensioni di questi tre castelli che, il monte Amiata, dove, in quello stesso periodo, il castello di Seg- a giudicare dall’evidenza archeologica e dalle fonti documentarie, giano (anche in questo caso l’unico dell’intero comprensorio mon- tano attestato nella Tavola) poteva contare su ben 194 abitazioni, di cui soltanto quattro situate all’esterno della cinta muraria 382. 377 Nel 1405 è citato come castellare, a indicare probabilmente lo stato di abbandono Dopo l’annessione allo stato senese l’area limitrofa a Radicofani del castello (CAMMAROSANO-PASSERI, 1984, p. 146). appare caratterizzata da una discreta vivacità economica, in buona 378 Sulla questione di veda CHERUBINI, 1974, p. 147. Repetti, all’interno dell’intro- parte legata alla presenza della Via Francigena. La crisi demogra- duzione metodologica al Dizionario, nell’illustrare le varie categorie impiegate sotto- fica che caratterizza il resto del territorio della Repubblica nel lineava: “ho indicato per castellare le vestigia di antiche roche, di torri, o di abbando- nati fortilizi” (REPETTI, I, p. XIII). Quattrocento non sembra sfiorare questa zona, dove, alla metà del 379 Per un’ampia esemplificazione sull’impiego di Castelvecchio in questo senso si veda FARINELLI-GIORGI, 1998. 380 Sui cosiddetti castelli di seconda fase si veda FARINELLI-GIORGI, 1998, FARINELLI- 381 PASSERI-NERI, 1994, p. 9. GIORGI, 2000. 382 PICCINNI, 1989, p. 199.

225

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale secolo, sono attestati oltre mille abitanti, di cui almeno 150 stra- tanto all’autoconsumo 390. È possibile, infatti, che una parte di nieri 383, attratti forse dalle particolari condizioni fiscali di cui go- essa fosse destinata al commercio con i comuni amiatini, che, a deva la comunità. Siena, infatti, dopo l’incorporazione aveva la- giudicare dai documenti e dalle note descrizioni contenute nell’e- sciato a Radicofani ampi margini di autonomia e considerevoli pistolario di papa Piccolomini, avevano territori ricchi di casta- privilegi, come la possibilità di introdurre merci senza pagare dazi, gneti, boschi di latifoglie (principalmente querce, faggi e sugheri) tenere mercati e dare asilo a coloro che erano ricercati per debiti e pascoli 391. Le uniche eccezioni sono costituite da Montelaterone 384. L’analisi dei documenti mostra una economia locale piuttosto e Montegiovi, presso i quali, nel Quattrocento, è documentata diversificata, dove, accanto alle normali pratiche agricole, trovano una intensa pratica della viticoltura 392. I documenti testimoniano posto una fiorente industria del cuoio 385 e le attività connesse con l’acquisto, da parte di alcuni osti e albergatori di Radicofani, di l’afflusso di viaggiatori. Proprio la ricezione di pellegrini e vian- vino prodotto a Montepulciano, a conferma dell’esistenza di un danti doveva costituire una fonte di introiti non secondaria se, mercato non soltanto strettamente locale 393. come si apprende dagli statuti del 1441, gli albergatori che tenta- Sempre dagli statuti del 1441 emergono indizi di pratiche collaterali vano di attrarre all’interno delle proprie strutture i forestieri che che trovavano un’ampia diffusione al fine di integrare le normali pra- già si trovavano davanti ad altre locande erano passibili di multe tiche agricole e di fornire parte dei tessuti impiegati per il vestiario, 386. Il definito spostamento, un anno più tardi, del tracciato della oltre che tele e corde. Nel vietare infatti di impiegare i principali corsi Francigena immediatamente a ovest di Radicofani dovette ulte- d’acqua per la macerazione delle fibre vegetali, vengono citati il lino, riormente ampliare il traffico presso il borgo, a danno delle altre la canapa e la ginestra 394. comunità dell’Amiata, in primo luogo Abbadia, che già alla fine I documenti trecenteschi relativi all’area amiatina indicano una no- del secolo tentò di rivitalizzare il percorso vallivo 387. tevole parcellizzazione della terra, interpretata come sintomo di Sempre negli statuti del medesimo anno, che costituiscono una una società tendenzialmente egualitaria, almeno per quanto ri- insostituibile fonte di informazioni per la ricostruzione della sto- guarda i livelli più bassi 395. Le ridotte dimensioni degli appezza- ria economia del luogo, è dato ampio spazio, nella sezione dedi- menti, spesso insufficienti da soli per il sostentamento di una fa- cata al cosiddetto “danno dato” 388, alla regolamentazione delle miglia, erano integrati con varie pratiche artigianali, che avevano pratiche agricole e pastorali. Ne deriva un paesaggio agrario piut- raggiunto talvolta anche un notevole grado di specializzazione in tosto vario, caratterizzato dalla presenza di ampie aree destinate al seno a una intera comunità, come nel caso della lavorazione del pascolo degli animali (bovini, ovicaprini, suini), impianti di viti cuoio a Radicofani 396. piuttosto estesi e zone deputate alla cerealicoltura. L’assenza di ri- Oltre alle pratiche agricole e artigianali ampia portata ebbe l’alle- ferimenti a oliveti lascia supporre una scarsa incidenza di questo vamento, sia stanziale che transumante. Agli inizi del Trecento tipo di coltura, che, in età antica e medievale, appare caratteriz- questa pratica era svolta, per quanto riguarda l’Amiata e l’alta Val zato da una ridotta produttività a fronte di cospicui investimenti d’Orcia, principalmente da piccoli proprietari secondo un ele- e di un elevato grado di specializzazione tecnologica 389. La pun- mentare modello economico basato sulla conduzione diretta 397. La tualità delle norme tese a regolare l’attività di vendemmia e a tu- maggiore lentezza dell’affermazione, in quest’area, della proprietà telare i proprietari dei vigneti induce invece a immaginare una cittadina e della conseguente gestione mezzadrile, oltre a un più produzione di vino piuttosto abbondante, forse deputata non sol- evidente radicamento dei diritti signorili, comportò infatti la so- pravvivenza di beni comunitativi consistenti 398. Ancora nel Cin- 383 ASCHERI, 1998, pp. 78-79. Il dato appare tanto più significativo se paragonato quecento, soprattutto nel versante occidentale del monte Amiata, a quelli provenienti dalle zone limitrofe: Abbadia San Salvatore, ad esempio, nel 1346 contava una popolazione di circa mille abitanti, ridotti a 200 nel 1405 390 Sul vino in età bassomedievale si veda BALESTRACCI, 1988; ARCHETTI, 1998, (CHERUBINI, 1981, p. 108). Sulla crisi demografica tra XIV e XV secolo in To- con particolare riferimento, per quanto riguarda l’Italia centrosettentrionale, alle scana si veda GINATEMPO, 1988. pp. 93-106. 384 ASCHERI, 1998, p. 78. A tutto ciò va aggiunto forse il più importante vantaggio 391 CHERUBINI, 1974, p. 104, con bibliografia. Sono presenti anche accenni alla vite, politico per i radicofanesi: la possibilità di essere riconosciuto un cittadino originario che dobbiamo però immaginare limitata ai fondovalle e ai rilievi meno elevati. di Siena, in seguito al trasferimento nella città (ASCHERI, 1998, p. 78). 392 La coltivazione della vite è documentata anche a Piancastagnaio, dove ebbe però 385 ASCHERI, 1998, p. 79, con particolare riferimento alla nota 73; un altro impor- minore incidenza sull’economia locale (PICCINNI, 1989, pp. 2002-201). tante centro per la produzione del cuoio era localizzato presso montelaterone, sul ver- 393 PICCINNI, 1990, pp. 51-52. sante occidentale del monte Amiata (PICCINNI, 1989, pp. 206, 209). 394 Nel Medioevo tutte e tre le piante erano impiegate per la produzione di tessuti. La 386 Ai testimoni veniva inoltre assicurata la segretezza circa la loro identità. MAGI, canapa consentiva inoltre di produrre corde e tele di grande robustezza (abbondante- 2004, p. 175; IV, 81. mente impiegata per scopi nautici). Dai processi di lavorazione della canapa si rica- 387 È noto dai documenti che, nel 1484, il comune di Abbadia garantì alcuni privi- vava poi la stoppa e un particolare tipo di legno detto canapolo. Da lino e canapa, in- legi a Sigismondo tedesco, che – già oste a Radicofani – si impegnava ad aprire un al- fine, si ottenevano semi e olio. Le attività di tessitura sono ben documentate in tutta bergo in Val di Paglia (BARBIERI-REDON, pp. 231-239). la zona amiatina: i documenti testimoniano una variegata attività legata alla lavora- 388 Per una breve sintesi sull’organizzazione degli statuti e le principali norme conte- zione di lino, stoppa e lana presso Abbadia, Piancastagnaio, Seggiano, Ponticello (PIC- nute nella sezione del “danno dato”, con particolare riferimento a Radicofani, si veda CINNI, 1989, pp. 206-207). MAGI, 2004, pp. 21-22, 25, 144-187. 395 PICCINNI, 1989, pp. 210-211. 389 Anche nelle aree limitrofe gli accenni alla coltivazione dell’olivo appaiono con- 396 Sempre per il monte Amiata, per il quale conosciamo molti dati, si sa che Monte- tati. A San Quirico, per esempio, nel Trecento sono documentate, in relazione ad laterone era specializzato nella produzione del cuoio, Arcidosso poteva contare su un alcune case sparse, principalmente vigneti e soltanto qualche olivo (CHERUBINI, nutrito gruppo di fabbri, a Piancastagnaio erano attivi molti armaioli e lanaioli, Ab- 1974, p. 103). Nell’Amiata la situazione appare analoga: a Seggiano, nel Tre- badia era specializzata nella salatura del maiale e produceva tessuti di vario tipo, oltre cento, dall’analisi della Tavola delle Possessioni, le piante di olivo appaiono quasi che ferro, a Seggiano infine si lavorava il ferro (PICCINNI, 1989, p. 209-210). inesistenti (PICCINNI, 1989, pp. 201-202). A la presenza dell’olivo 397 PICCINNI, 1990, p. 38. doveva essere molto modesta (CORTONESI, 1990, pp. 207-210). In generale sul- 398 La zona della Val d’Orcia e dell’Amiata conobbero soltanto con molto ritardo il l’olivicoltura nel senese nel tardo Medioevo si veda PINTO, 1979, pp. 261-265. fenomeno di appoderamento che invece interessò la aree più prossime a Siena già a Sulla coltivazione dell’olivo nello stesso periodo una sintesi in MONATANARI, partire dalla seconda metà del Duecento. Sul fenomeno si veda CHERUBINI, 1979, 2002, pp. 49-50. pp. 135-136; PICCINNI, 1990, pp. 39-42.

226

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 65. La viabilità nel tardo Medioevo nell’area amiatina e dell’alta Val d’Orcia, particolarmente diffuso. Non soltanto, infatti, la relativa vicinanza dei pascoli della Maremma Fig. 64. Le strutture religiose attestate nei secoli centrali del Medioevo facilitò molto gli spostamenti stagionali del bestiame dei proprietari, ma essi stessi finirono per costituire una sorta di serbatoio di mano- sono attestati numerosi poderi contadini di piccole dimensioni 399. dopera mobile presso le pianure tirreniche 402. Si trattò, evidente- Più difficile appare individuare il momento di inizio della cessione mente, di un fenomeno di ampia portata, se alcune comunità, tra cui della terra da parte delle signorie laiche e religiose. Ad Abbadia San Contignano, presero provvedimenti per frenare un’eccessiva mobi- Salvatore, nel 1212, il neonato comune ottiene una riduzione delle lità della manodopera 403. Per certo, Radicofani era attraversata da prestazioni d’opera e una conversione in canone monetario di al- un preciso percorso di transumanza, che collegava i pascoli estivi del cuni servitia che risultavano negli accordi ancora dovuti all’abba- Casentino con la Maremma. Gli statuti comunali, che pure forni- zia 400. È possibile che una situazione analoga avesse luogo anche scono una dettagliata casistica dei rimborsi dovuti agli agricoltori in in altri territori storicamente soggetti al monastero, come Radico- caso di danneggiamenti delle colture da parte del bestiame, appaiono fani, dove però la situazione appare complicata dall’appartenenza piuttosto tolleranti nei confronti del transito di greggi e mandrie, al Patrimonio di San Pietro. Gli statuti comunali del 1255 testi- che, sostando nella zona di solito per quattro o cinque giorni, con- moniano comunque a favore, come si è detto, di una notevole vo- tribuivano certamente a vivacizzare l’economia locale 404. lontà di autonomia, che può aver verosimilmente comportato con- I dati provenienti dalla ricognizione sembrano confermare il qua- cessioni di terra dominicale e a reali diritti di durata indefinita, sfo- dro offerto dalle fonti documentarie. Per il XIII e XIV secolo si as- ciati infine nell’effettivo possesso di proprietà immobili 401. siste infatti a un incremento delle case sparse principalmente nel- Il tardivo radicarsi del sistema di conduzione mezzadrie determinò l’area limitrofa a Radicofani, che, in qualità di consistente nucleo anche un lungo prosperare dell’attività di transumanza, che appare, demico, esercitava una forte attrazione sul popolamento rurale. Al- tre abitazioni, invece, si dislocano a poca distanza dal corso del fiume

399 ISAACS, 1979, pp. 388-389. Sul sistema mezzadrile si veda PINTO, 1982, pp. 225- 246; PINTO, 1993, pp. 37-50. Per l’area amiatina e ociana PICCINNI, 1989; GINA- TEMPO, 1989; PICCINNI, 1990; GINATEMPO, 1990. 402 PICCINNI, 1990, p. 46. 400 CAMMAROSANO, 1979, p. 157. 403 PICCINNI, 1990, p. 46. 401 CAMMAROSANO, 1979, p. 212. 404 PICCINNI, 1990, pp. 49-50.

227

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 66. I possedimenti dell’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata e la viabilità proncipale nella prima età moderna (KURZE-PREZZOLINI, 1988, fig. 22)

228

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 67. Visibilità tra i centri fortificati durante il basso Medioevo

Orcia, caratterizzato – com’è noto – da un regime non torrentizio nata nel periodo compreso tra l’inizio di novembre e l’inizio di che poteva garantire disponibilità di acqua in qualsiasi periodo del- aprile 406. l’anno. La zona presenta inoltre terreni scarsamente acclivi e non Un’altra area caratterizzata da una certa densità del popolamento interessati, se non in maniera marginale, da fenomeni erosivi. La vi- si colloca nella porzione sud/ovest dell’attuale territorio comunale, cinanza di alcune UT ai corsi dell’Orcia e del Formone, del resto, in prossimità del fiume Paglia. La ricognizione condotta in que- potrebbe derivare anche dalla presenza di piccoli impianti idraulici, sta zona alla fine degli anni Ottanta dal Dipartimento di Archeo- che proprio a partire dal basso Medioevo cominciano a essere do- logia dell’Università di Siena aveva portato, infatti, all’individua- cumentati per quest’area 405. Gli statuti del 1441, in particolare, zione di alcune strutture abitative dislocate sul fondovalle o sui confermano la presenza di mulini all’interno della corte di Radico- primi rilievi a formare una sorta di villaggio aperto 407. La presenza fani e ne tutelano l’attività, vietando di deviare l’acqua a essi desti- della Via Francigena, oltre a quella di terreni facilmente coltiva- bili, appare la chiave di lettura di questa scelta insediativa. Mal- grado, infatti, l’attrazione esercitata da Radicofani sul percorso 405 Mulini nell’alta Val di Paglia sono documentati a partire dall’alto Medioevo stesso della strada, il tracciato di fondovalle dovette rimane in qual- (MAMBRINI, 1994). Per quanto riguarda la Val d’Orcia la documentazione ne at- testa la presenza dal basso Medioevo (PICCINNI, 1990, p. 47, con bibliografia). Lungo il torrente Formone, infine, i ruderi di un mulino di età moderna sem- brano confermare la possibilità che anche nel corso del Medioevo esistessero nella 406 MAGI, 2004, p. 163, n. 52. zona impianti idraulici. 407 CAMBI, 1996b, pp. 199-202, fig. 265.

229

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 68. Il popolamento durante il Medioevo finale che misura vitale fino alla fine del Medioevo, se ancora nel Quat- moderna 410, aumentano considerevolmente in numero, interes- trocento importanti nuclei di villaggio come Callemala, e forse sando buona parte dell’attuale territorio comunale di Radicofani. Burgorico, continuano a sopravvivere, senza conoscere, a quanto Molto interessante appare la relativa rarefazione dell’insediamento pare, vistose contrazioni 408. intorno al cono vulcanico, imputabile forse a due distinti fattori, In generale, a eccezione dell’area più prossima al borgo di Ra- come una certa contrazione demografica della seconda metà del dicofani e delle principali valli fluviali, il resto del territorio non Trecento e di buona parte del Quattrocento (che può aver con- appare ancora caratterizzato da una capillare diffusione di pic- sentito a quasi tutta la popolazione che gravitava intorno al borgo cole unità contadine. La presenza di boschi doveva essere quindi di risiedere all’interno delle sue mura) e la dispersione di un certo un elemento caratterizzante buona parte della zona, come sem- bra confermare la tutela della cosiddetta economia di selva già all’interno degli statuti del 1255 409. 410 Le UT inquadrate in questo periodo sono caratterizzate dalla presenza di cera- Nel corso del XV secolo la maglia insediativa sembra farsi più mica invetriata da fuoco, databile a partire dal XV secolo (cfr. LUNA, in questo vo- stretta. I siti databili al Medioevo finale, o ai primi secoli dell’età lume). Non si può pertanto escludere che parte di questi siti si possano rivelare, in seguito a indagini di tipo stratigrafico, cronologicamente collocabili nei primi secoli dell’età moderna. Non essendo stato possibile, sulla base dei pochi frammenti di ce- ramica rinvenuti al loro interno, operare una distinzione più precisa, si è deciso co- 408 CAMBI, 1996b, p. 201. munque di rappresentare tutte queste Unità Topografiche nella figura xx, rappre- 409 PIATTOLI, 1935. sentante la distribuzione del popolamento nel XV secolo.

230

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 69. I siti databili tra il XV secolo e l’età moderna

numero di piccoli nuclei contadini nelle campagne, in seguito al tardivo processo di appoderamento della Val d’Orcia, che soltanto nel corso dell’inoltrato XV secolo sembra prendere realmente campo nella zona 411. La presenza di alcune piccole strutture abitative intorno al centro di Contignano testimonia l’avvenuta affermazione del centro sulle campagne circostanti, divenendo da questo momento il nucleo de- mico più importante del settore settentrionale del territorio fino ai giorni nostri. L’assenza di Unità Topografiche nelle aree limitrofe ai castelli di Perignano e Castelvecchio, invece, sembra confermare le notizie documentarie, che descrivono il secondo in stato di dis- sesto già alla fine del Trecento e il primo – che non fu mai un cen- tro molto popoloso – definitivamente abbandonato dopo la distru- zione operata dai Senesi alla metà del secolo 412. Non può inoltre escludere che molti degli attuali poderi presenti, già attestati tutti nel Catasto Leopoldino, abbiano conosciuto una fase di vita proprio nel periodo compreso tra il Quattrocento e i primi secoli dell’età moderna, venendo così ad aumentare il numero dei siti di questo periodo. La continuità di vita di questi ultimi fino ai nostri giorni spiegherebbe così la significativa assenza di abitazioni presso le valli fluviali, di gran lunga migliori dal punto di vista geo- morfologico e idrologico dei versanti collinari. Proprio l’aggravarsi dei fenomeni erosivi tipici di quest’area, insieme al noto calo demo- grafico degli ultimi due secoli, potrebbe infatti aver determinato l’ab- bandono delle case contadine disposte lungo lo spartiacque di Orcia e Formone, a favore degli edifici localizzati più in basso. La dislocazione delle UT databili tra il Medioevo finale e i primi se- coli dell’età moderna, testimonia inoltre una grande vivacità del per- corso viario che da Radicofani conduceva a Contignano, a discapito del tracciato transitante per Perignano e Castelvecchio. L’abban- dono di questi due centri dovette, infatti, determinare anche una

411 PICCINNI, 1990, p. 41, con particolare riferimento alla nota 30. Fig. 70. Localizzazione dei castelli dei Salimbeni in Val d’Orcia 412 Cfr. pp. 225.

231

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale La viabilità appare, dunque, un elemento fondamentale nella de- terminazione dell’assetto insediativo dell’intero territorio. Gli sta- tuti del 1255 e del 1441 di Radicofani, così come quelli del 1504 di Contignano, testimoniano una rigida regolamentazione degli spazi limitrofi alle strade pubbliche, oltre che delle attività di ri- strutturazione del manto stradale 415. Lucia Botarelli, Anna Caprasecca

Fig. 71. La Posta medicea, costruita lungo il percorso della Francigena nel corso del XVI secolo progressiva trasformazione della strada in un semplice sentiero, che conserva tuttora tracce di una pavimentazione in grossi blocchi di pietra irregolari. La presenza lungo questo percorso di una struttura, oggi abbandonata, dal toponimo trasparente come “Riposo” lascia comunque ipotizzare che il percorso fosse stato caratterizzato nei se- coli precedenti da un traffico di una certa consistenza 413. Altre strut- ture destinate al ricovero di viaggiatori e pellegrini, per i secoli XIII e XIV, risultano attestate soltanto a Radicofani, dove i documenti parlano di almeno tre ospedali 414.

413 STOPANI-MAMBRINI, 1989, p. 312. 415 Erano previsti infatti interventi per arenare o lastricare le vie pubbliche (SZABÓ, 1990, 414 Romanico nell’Amiata, 1990, p. 147, nn. 8.18, 8.19. 8.20. Una ulteriore strut- p. 161) così come si davano precise indicazioni circa la distanza da tenere nella costru- tura (definita xenodochio), attestata dai documenti agli inizi del XII secolo, era ubi- zione di edifici lungo questi percorsi (SZABÓ, 1990, p. 160; MAGI, 2004, pp. 70, 184, cata presso Muliermala (Romanico nell’Amiata, 1990, p. 147, n. 8.21). In tutti e tre n. 99). A Contignano, inoltre, si prevedeva che i residenti provvedessero a pulire il tratto i casi la localizzazione delle strutture appare molto problematica, anche se l’odierna di strada posto dinanzi alle loro abitazioni (GIORDANO, 1997, p. 56, n. 42). Sempre a “via dell’ospedale” all’interno del centro storico di Radicofani può suggerire la loca- Contignano gli statuti vietavano di transitare sulle strade pubbliche con aratri, per non lizzazione di almeno una di esse (Romanico nell’Amiata, 1990, p. 147). deteriorare il manto stradale (GIORDANO, 1997, p. 74, n. 27). In generale sulla viabilità nella zona si veda anche MARONI, 1974; STOPANI-MAMBRINI, 1988; STOPANI-MAMBRINI, 1989; SZABÒ, 1992, pp. 235-256; BEZZINI, 1996.

232

© 2004 Nuova Immagine Editrice, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale