RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO PUBBLICO ISSNS0557-1464 Annoslxvsfasc.S2S-S2015
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RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO PUBBLICO ISSN 0557-1464 Anno LXV Fasc. 2 - 2015 Carlo Fusaro PER UNA STORIA DELLE RIFORME ISTITUZIONALI (1948- 2015) Estratto MilanoS•SGiuffrè Editore articoli PER UNA STORIA DELLE RIFORME ISTITUZIONALI (1948-2015) (*) CARLO FUSARO SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Le riforme istituzionali fino all’istituzione dei refe- rendum e delle regioni: correttivi urgenti, razionalizzazione, attuazione della Costituzione (1948-1970). — 2.1. Dall’approvazione della Costituzione al falli- mento della legge elettorale con premio del 1953. — 2.2. La via politica al rafforzamento delle istituzioni, resistenze e tentativi presidenzialisti. La piccola riforma del Parlamento. — 3. Le riforme istituzionali della Costituzione attuata, fino all’avvio della transizione (1970-1992). — 3.1. La centralità del Parlamento e la solidarietà nazionale: ai limiti della strategia di allargamento della base demo- cratica del paese (1970-1979). — 3.2. La riscoperta del problema istituzionale e del principio maggioritario: le riforme possibili del pentapartito o del maggioritarismo di funzionamento (1979-1988). — 3.3. Dalle riforme possibili alla crisi del sistema politico del ’48 e la strategia referendaria: verso il maggioritarismo di composi- zione (1988-1994). — 4. Le riforme istituzionali nel secondo sistema politico fino alla Terza bicamerale (1994-1999). — 5. Le riforme istituzionali a maggioranza del bipolarismo alternante (1999-2006). — 6. Le riforme istituzionali del bipolarismo in crisi fino al tentativo di rilancio della politica (2006-2015). — 6.1. La legislatura breve e il rilancio della via parlamentare alla riforma. — 6.2. Le riforme bloccate, gli ultimi referendum e l’implosione della XVI legislatura. — 6.3. La legislatura tripolare e le riforme obbligate dalle larghe intese alla piccola intesa. — 7. Conclusioni. — Bibliografie. — Cronotabella. 1. La seduta dell’Assemblea costituente per l’approvazione della Costituzione si tenne il 22 dicembre 1947: si votò a scrutinio segreto, e la maggioranza fu larga (quattrocentocinquantatre «sì» su cinquecen- toquindici votanti, sessantadue «no»). Umberto Terracini, presidente, in un discorso breve, seguito a quello più lungo del relatore Meuccio Ruini, tracciò il sintetico bilancio di un iter durato meno di un anno e mezzo: alla Costituzione, l’Assemblea aveva dedicato centosettanta (*) Questo saggio è dedicato alla memoria di Roberto Ruffilli (1937-1988). 432 CARLO FUSARO sedute, nelle quali erano stati esaminati milleseicentotredici emenda- menti (in tutto!), di cui votati settecento. Le votazioni segrete erano state centonove; circa millecento gli interventi (meno di sei a seduta) (1). Il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi pronunciò poche parole cerimoniali. Vittorio Emanuele Orlando, il decano, in- tervenne pure brevemente, ringraziando, il capo dello Stato provviso- rio Enrico De Nicola e Terracini. Non ci furono dichiarazioni di voto. Di quei centotrentanove articoli, ne rimangono oggi centotrenta- quattro (2). Le leggi di revisione sono state quindici ed hanno inciso su ventotto articoli (a parte i cinque abrogati), in alcuni casi più volte (3). Le prime leggi di revisione furono approvate nel 1963, quindici anni dopo; una nel 1967; quattro in due anni fra il 1989 e il 1993; altre cinque fra il 1999 e il 2001; infine, altre tre nel 2003, 2007 e 2012. Circa un quarto del testo, dunque, non è più quello. A veder meglio, meno del sei per cento della prima parte ha conosciuto modifiche; oltre il trentacinque per cento della seconda parte. Il grosso delle modifiche, quantitativamente parlando, ha riguardato il titolo V, integralmente cambiato a seguito delle due revisioni del 1999 e del 2001. Gli atti parlamentari, con la sola parziale eccezione della prima legislatura (1948-1953), documentano una costante attività di iniziativa in materia di revisione costituzionale: quasi esclusivamente puntuale nelle prime cinque legislature (fino a metà anni Settanta), via via più ampia e organica in seguito, in particolare a partire dalla IX legislatura (1983-1987) (4): essa cresce esponenzialmente dalla XI (1992-1994), per raggiungere un picco nella XIII (1996-2001), con un totale di cinquecentosessantaquattro progetti fra Camera e Senato. Numerosi i progetti di revisione promossi dal governo, a partire da quelli in materia di bicameralismo della II e III legislatura (nel 1957 e nel 1958), sfociati nella revisione del 1963. Si registra poi come un vuoto dopo la IV legislatura (1963-1968), fino in pratica alla XIII (1996-2001): da (1) Riporto questi dati perché credo debbano apparire stupefacenti se raffrontati alle prassi più recenti in voga in Parlamento (e non certo solo nella XVII legislatura). (2) Gli articoli 115, 124, 128, 129, 130 furono stati abrogati dalla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3. (3) Sono stati modificati due volte gli artt. 56, 117, 119, 123, 135. È stato modificato due volte l’art. 57. (4) Va tenuto presente che, fino a quando non furono disciplinati i referendum previsti in Costituzione, le leggi costituzionali e di revisione costituzionale richiesero il quorum altissimo dei due terzi previsto dall’art. 138, comma 2. PER UNA STORIA DELLE RIFORME ISTITUZIONALI 433 allora (fino al 2014) si contano trentasei progetti costituzionali di iniziativa governativa (5). Questi dati meramente quantitativi, natural- mente, nulla dicono in ordine alla qualità delle revisioni proposte. Ma restano significativi. Vi sono però dati più sintomatici, i quali riguardano la progetta- zione di revisioni costituzionali di particolare ambizione, presenti a livello parlamentare — senza soluzione di continuità — a partire dal 1982, cioè da trentatré anni: il censimento delle commissioni parla- mentari (6), dei documenti parlamentari di indirizzo e dei solenni dibattiti — dagli anni Ottanta spesso contestuali in entrambi i rami del Parlamento (7), dei procedimenti legislativi concretamente avviati, di quelli conclusi con l’approvazione almeno in commissione oppure in aula o, addirittura — in un caso, da parte di entrambe le Camere (8); nonché il censimento dei numerosi comitati governativi con funzione istruttoria interna (9), l’elenco dei ministri senza portafogli espressa- (5) Per la precisione: quattro fra 1996 e 2001; dodici fra 2001 e 2006; sei fra 2006 e 2008; sette fra 2008 e 2013 e altrettanti nei primi due anni della XVII legislatura, dal 2013 ad oggi. Ringrazio per i dati relativi alle prime cinque legislature Stefano Tabacchi della Biblioteca della Camera dei deputati. (6)IComitati di studio istituiti alla fine della VIII leg., presieduti dal deputato Roland Riz e dal senatore Francesco Paolo Bonifacio; la Commissione parlamentare per le riforme istituzionali istituita nella IX legislatura, presidente Aldo Bozzi (1983- 1985); la Commissione parlamentare per le riforme istituzionali istituita nella XI legislatura, presidenti prima Ciriaco De Mita, poi Nilde Iotti (1992-1994; la Commis- sione parlamentare per le riforme costituzionali, istituita nella XIII legislatura, presie- duta da Massimo D’Alema (1997-1998). (7) In vista dell’istituzione delle tre bicamerali; in vista dell’approvazione di leggi costituzionali per il procedimento in deroga rispetto all’art. 138 Cost. (nella XI legislatura, 1993, nella XIII, 1997 e nella XVII, 2013); nella X legislatura (18-19 maggio 1988); nella XII (2-3 agosto 1995); nella XVI (24 marzo 2009 alla Camera e 2 dicembre 2009 al Senato); nella XVII (29 maggio 2013). (8)L’iter della miniriforma del bicameralismo (II e III legislatura, 1957-1963); l’iter per una nuova revisione del bicameralismo nella X legislatura (progetto Elia- Labriola, 1989-1991); l’approvazione parlamentare del progetto di revisione presentato dal governo Berlusconi II nella XIV legislatura (2005), poi bocciato dal referendum del 26 giugno 2006; l’approvazione in commissione alla Camera del c.d. progetto Violante, dal nome del presidente della Commissione affari costituzionali nella XV legislatura (2007); l’approvazione da parte del Senato della bozza di revisione del bicameralismo e della forma di governo nella XVI legislatura (2012); l’iter in corso del progetto presentato dal governo Renzi nella XVII legislatura. (9) A partire dal Comitato Speroni del I governo Berlusconi nel 1994; poi la Commissione Maccanico nel governo Prodi I (1996-1998); il Comitato Bossi-Brigandì del governo Berlusconi II (2002-2004); la Commissione sulla legislazione elettorale del 434 CARLO FUSARO mente delegati a seguite la materia di cui qui trattiamo, le riforme istituzionali (10), i documenti e le relazioni da questi prodotte (si veda la Bibliografia): per non parlare dei discorsi programmatici in occasio- ne della presentazione alle Camere di innumerevoli governi variamen- te impegnati a promuovere, sostenere, affiancare progetti di riforme istituzionali (dal c.d. «decalogo» di Giovanni Spadolini nel 1982 al discorso in Senato di Matteo Renzi nel 2014). Quanto in particolare ai ministri per le riforme, se nel primo governo Segni (1955) si registrò la presenza di un ministro delegato alla riforma della pubblica amministrazione e, significativamente, al- l’attuazione della Costituzione (Guido Gonella), dalla X legislatura ad oggi (1987-2015), per ben ventotto anni, su diciannove governi, un ministro ad hoc è mancato solo nei governi Goria, Amato I, Prodi I e Monti. Tutti gli altri hanno avuto un ministro ai problemi istituzionali o alle riforme istituzionali o alle riforme elettorali e istituzionali o alle riforme istituzionali e alla devoluzione o ai rapporti col Parlamento e alle riforme istituzionali