La rassegna stampa diOblique ottobre 2016

La rassegna stampa del mese si apre con La fiammella editoriale di Laura Senserini

Ho deciso di occuparmi di editoria per caso, invita- per niente e che non c’ero molto portata così optai ta da una studentessa incontrata a un’assemblea di per una delle due alternative che avevo di fronte e donne all’università (era il mitico ’77) a entrare in un scelsi l’editoria (l’altra era la gestione di un grande gruppo che voleva creare una casa editrice all’interno campeggio a Giannella, cosa che, con gran diverti- della facoltà di Lettere della Sapienza. Stavo per lau- mento, avevo già fatto per due anni di seguito). rearmi e non sapevo bene cosa avrei voluto fare da La cooperativa – che creammo approfittando del- grande, sperimentai l’insegnamento (quattro mesi le agevolazioni dovute alla Legge 285 per l’occu- alla scuola media dell’Isola del Giglio con tanto di pazione giovanile – andò a regime nel ’79, quando soggiorno obbligato), constatai che non mi piaceva affittammo dei locali a San Lorenzo, comprammo

rs_ott16.indd 1 03/11/2016 16:16:34 macchinari e attrezzatura varia e prendemmo con- qualche mese) e infine alla Fazi Editore, dove lavoro tatto con i docenti della facoltà. Fu allora che ci po- tuttora a distanza di ventun anni. nemmo seriamente il problema della nostra forma- In Fazi, per via della mia ormai più che decennale zione, perché eravamo tutti neolaureati o studenti di esperienza nel settore, ebbi immediatamente un ruo- facoltà umanistiche e sapevamo ben poco di stampa lo di senior e, essendo la casa editrice ancora una re- e editoria. Decidemmo perciò di farci le ossa sul altà operativa molto piccola (eravamo in cinque com- campo (all’epoca non esistevano né scuole né ma- presa la segretaria tuttofare), mi trovai subito a gestire ster di editoria), contattando librai, editori romani, tutta l’attività redazionale e produttiva nonché a oc- grafici, stampatori. Numerose sono state le giornate cuparmi direttamente della formazione della giovane che abbiamo passato a discutere dell’universo mon- redattrice assunta insieme a me, di grande cultura e do dell’editoria (nella fattispecie quella universita- altrettanto grande volontà ma di scarsa esperienza. ria), a partecipare a incontri politici e non, numerose Ebbi così il mio primo ruolo di mentore, mio malgra- le notti trascorse a rifare lavori sbagliati (volevamo do, ma devo dire che, in un rapporto gomito a gomi- produrci da soli i nostri libri, per coniugare il lavo- to in cui mandavamo avanti collegialmente la nostra ro manuale con quello intellettuale – erano siffatti «macchina» e in cui la gerarchia era dovuta solo all’au- tempi –, e quindi avevamo pensato a una tipogra- torevolezza della conoscenza, la cosa ha funzionato, fia interna come anche a una piccola libreria dove io sono riuscita a trasmettere a lei e agli altri quanto vendevamo, oltre agli altri testi universitari, anche i sapevo (il mio know-how si dice in gergo manage- nostri). Insomma, siamo stati degli autodidatti che riale), e lei, imparando, ha insegnato qualcosa anche hanno imparato ciò che serviva per l’attività che vo- a me, sicuramente a rafforzare e strutturare meglio levano intraprendere osservando e studiando quello il tutto. Questa esperienza, peraltro, ha consolidato che facevano gli altri e lavorando fianco a fianco con il mio convincimento di quanto nel lavoro redazio- professionisti. Ognuno di noi si è occupato di un nale (ma è la stessa cosa in ogni genere di attività) settore ed è riuscito a svilupparlo più o meno bene, sia molto importante il lavoro di squadra, ragion per affinando nel tempo le proprie competenze, anche cui ho sempre discusso apertamente insieme ai miei se le cose non sono state certamente rose e fiori, redattori dei problemi che dovevamo affrontare nel anzi, visto il periodo buio (gli anni Ottanta) in cui quotidiano, e nel caso dovessimo prendere qualche abbiamo poi operato. Certo però tutto questo ci è decisione importante l’abbiamo fatto collegialmente, servito sia a livello collettivo che individuale, riprova in una dialettica che non è mai venuta meno e che ne è che, una volta andata in crisi la cooperativa, la è stata per tutti un importante elemento di crescita. maggior parte ha continuato a lavorare nel settore, chi come libraio, chi come redattore editoriale, chi come giornalista, chi come tipografo. Negli anni la casa editrice si è ingrandita, accoglien- do nuove figure professionali, in particolare nuovi redattori, ma anche stagisti, soprattutto provenienti Quando nel ’91 ho lasciato la cooperativa e ho spe- da scuole o master di editoria. dito il mio curriculum a praticamente a tutte le case Mi sono perciò trovata di fronte al problema di editrici romane, ho immediatamente avuto due-tre come fare in modo che chiunque approdasse da noi proposte di lavoro. Accettai l’offerta della Newton potesse utilizzare proficuamente (per sé e per la casa Compton, dopodiché, stufa dell’ambiente e del cli- editrice) il suo tempo e fin dall’inizio mi sono atte- ma che vi si respirava, ho collaborato per un anno nuta a un principio che ancor oggi reputo basilare: con la Jouvence (occupandomi in particolare di una qualsiasi nuovo redattore o stagista mettesse piede collana di letteratura araba), quindi ho lavorato come nella redazione veniva messo nella gabbia dei leoni, free-lance per poi approdare prima alla Fanucci (solo veniva cioè coinvolto nell’intero processo lavorativo

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di un libro (controllo della traduzione, redazione particolare, aver creato un ambiente accogliente di del testo, editing, correzione di bozze, stesura di confronto e di completa inclusione e partecipazio- schede, bandelle e copertinari, grafica), in un con- ne ha fatto sì che, con poche eccezioni, i nuovi re- fronto costante su tutti gli aspetti del medesimo e dattori, come gli stagisti, siano stati ricettivi e ben divenendo a tutti gli effetti partecipe della vita della disposti e si siano affezionati a tutti noi. Non è un casa editrice. Ovviamente questo significava dare caso, infatti, che la maggior parte degli interni o dei delle responsabilità e saggiare quanto la new entry collaboratori che lavorano con la Fazi Editore venga fosse in grado di sopportarle e di gestirle, nonché da esperienze di stage con noi e che tutti quelli che di dimostrare quanto fosse veramente in grado di negli anni hanno più o meno a lungo soggiornato in fare, ma è stata sicuramente una bella palestra per casa editrice abbiano mantenuto un rapporto con gli chiunque ci abbia incontrato sul suo cammino. ex colleghi e abbiano ritenuto questa loro esperienza Certo, non sempre le cose sono andate in modo po- determinante per la loro formazione. sitivo, ci sono stati dei casi di protervia da parte di alcuni riguardo alle proprie (errate) convinzioni e inossidabilità a quanto si cercava di trasmettere che Per quanto mi riguarda, che dire? Da che ho scelto non solo hanno fatto perdere tempo ma ci hanno scientemente di non voler fare l’insegnante mi sono anche costretti talvolta a rifare in toto dei lavori. C’è trovata comunque a dover insegnare. È stato uno da dire però che in generale questo tipo di atteg- sberleffo del destino ma tutto sommato è un ruolo giamento, sebbene all’inizio risulti un po’ spiazzante che non mi è dispiaciuto e non mi dispiace svolge- perché le responsabilità pesano non poco, è servito re, anche quando mi capita di farlo al di fuori della a inquadrare subito i nuovi venuti all’interno della realtà della casa editrice, per esempio in corsi e ma- redazione e della casa editrice e a far sperimentare ster legati alla traduzione o all’editoria oppure nelle loro a tutto tondo il lavoro editoriale. scuole, come è successo in questi ultimi anni. Se questo ha spesso significato un appesantimento Eppoi, visto quanto è difficile farlo bene, tanto di del nostro lavoro prima che i nuovi arrivati si ren- cappello a chi l’insegnante, nell’ambito scolastico e dessero abbastanza autonomi da essere fattivamente non, lo fa di mestiere, mestiere difficile e spesso mi- di aiuto, è però sempre stato un piacere ogni volta sconosciuto che ha però come contropartita la sod- che il coinvolgimento è stato reale e abbiamo potu- disfazione di aver acceso qualche fiammella qua e là to appurare che ci sono stati dei veri progressi. In e, nel dare, aver ricevuto di sicuro qualcosa.

Laura Senserini, laureata in Lettere all’università Sapienza di Roma, ha sempre operato nel settore dell’edi- toria collaborando nel tempo con numerose case editrici. Lavora come caporedattore nella Fazi Editore fin dalla sua fondazione occupandosi di tutte le collane. Immagine di copertina: © Tano D’Amico.

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rs_ott16.indd 3 03/11/2016 16:16:34 rs_ott16.indd 4 03/11/2016 16:16:34 «La storia è nei tumuli.» Don DeLillo

≠ Le super scuole Mara Accettura, «D» di «», primo ottobre 2016 9 ≠ Anne Sexton scappa, il demone la ripiglia Roberto Galaverni, «la Lettura» del «», 2 ottobre 2016 12 ≠ Elena Ferrante, le «tracce» dell’autrice ritrovata Claudio Gatti, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 2 ottobre 2016 15 ≠ Gli editori di e/o, Sandra Ozzola e Sandro Ferri, rispondono al giornalista Claudio Gatti sull’identità di Elena Ferrante 21 ≠ Lasciate a Ferrante il diritto all’assenza Michele Serra, «la Repubblica», 4 ottobre 2016 22 ≠ Scoop giornalistico o gossip? Parla Claudio Gatti, autore dell’inchiesta su Elena Ferrante Antonio Prudenzano, «Il Libraio», 4 ottobre 2016 24 ≠ Rabbia o euforia, il mondo si divide su Elena Ferrante Stefania Parmeggiani, «la Repubblica», 5 ottobre 2016 27 ≠ Una, due, quante Ferrante Paolo Di Stefano, «Corriere della Sera», 6 ottobre 2016 29 ≠ Giovani scrittori non rivelate il vostro nome , «», 6 ottobre 2016 32 ≠ Dopo la vita ci aspetta la vita Francesca Borrelli, «il manifesto», 7 ottobre 2016 33 ≠ La vegetariana che viene da Seul Elisabetta Muritti, «D» di «la Repubblica», 8 ottobre 2016 36 ≠ Don DeLillo, cioè l’America Francesco Longo, «pagina99», 8 ottobre 2016 40 ≠ Archeologia del volgare Matteo Motolese, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 9 ottobre 2016 42 ≠ Il sesso me lo imparo sul web Caterina Bonvicini, «l’Espresso», 9 ottobre 2016 44 ≠ Nei romanzi di possiamo leggere il nostro futuro , «Internazionale», 9 ottobre 2016 48 ≠ Il feuilleton al tempo del binge-watching Valentina Pisanty, «il manifesto», 9 ottobre 2016 56

rs_ott16.indd 5 03/11/2016 16:16:34 ≠ Intervista a Cattedrale, l’Osservatorio sul racconto altrianimali.it, 10 ottobre 2016 59 ≠ Ritroviamo la bussola, basta scontri di civiltà Renato Minore, «Il Messaggero», 10 ottobre 2016 65 ≠ Lo studio statistico richiama in causa Starnone Alessia Rastelli, «Corriere della Sera», 12 ottobre 2016 67 ≠ «La sua canzone è poesia.» E il Nobel va a Bob Dylan , «Corriere della Sera», 13 ottobre 2016 68 ≠ Lo stupore e il sarcasmo degli scrittori: «Canzoni e letteratura sono cose diverse». Alessia Rastelli, «Corriere della Sera», 14 ottobre 2016 71 ≠ Libri, film e musica on line. «Compro ma non è mio.» Filippo Santelli, «la Repubblica», 15 ottobre 2016 73 ≠ Native advertising, la pubblicità che sembra giornalismo Lelio Simi, «pagina99», 15 ottobre 2016 75 ≠ Sem, arriva un nuovo editore. E s’affida all’Olimpo di Fellini Cristina Taglietti, «Corriere della Sera», 16 ottobre 2016 78 ≠ Elena Ferrante, ironie e ipocrisie Claudio Gatti, «Il Sole 24 Ore», 16 ottobre 2016 80 ≠ Ridere con gli umili e i battuti Daniela Marcheschi, «Il Sole 24 Ore», 16 ottobre 2016 83 ≠ Il Nobel on the road Antonello Guerrera, «la domenica» di «la Repubblica», 16 ottobre 2016 86 ≠ Piccoli lettori crescono Peter Usborne, «Il Sole 24 Ore», 16 ottobre 2016 89 ≠ Ginevra Bompiani: «Le seconde possibilità esistono solo nella scrittura». Simonetta Fiori, «la Repubblica», 17 ottobre 2016 91 ≠ Elio Vittorini e la Gentile Signora. Le lettere a Lucia Rodocanachi Paolo Di Stefano, «Corriere della Sera», 17 ottobre 2016 94 ≠ Come sta cambiando il panorama dell’editoria italiana? Antonio Prudenzano, «Il Libraio», 18 ottobre 2016 97 ≠ Il riscatto dell’italiano, dai fornelli agli atenei Valeria Strambi, «la Repubblica», 19 ottobre 2016 102

rs_ott16.indd 6 03/11/2016 16:16:34 ≠ Francoforte a fumetti. È boom di graphic novel Raffaella De Santis, «la Repubblica», 20 ottobre 2016 104 ≠ L’uomo che non sapeva di essere Fitzgerald Marco Cicala, «il venerdì» di «la Repubblica», 21 ottobre 2016 106 ≠ Occhi dolci e lezioni di ipocrisia Giorgio Montefoschi, «Corriere della Sera», 22 ottobre 2016 109 ≠ Le signore Hemingway Costanza Rizzacasa d’Orsogna, «Io Donna» del «Corriere della Sera», 22 ottobre 2016 111 ≠ Ma perché gli antichi inventarono i miti? Mario Ricciardi, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 23 ottobre 2016 113 ≠ Geniale o blasfemo, divide il papa di Sorrentino con ascolti record Antonio Dipollina, «la Repubblica», 23 ottobre 2016 115 ≠ Afroamericano in vena di ironia sceglie il ghetto Luca Briasco, «il manifesto», 23 ottobre 2016 117 ≠ Intervista a Han Kang Alcide Pierantozzi, rivistasudio.com, 25 ottobre 2016 119 ≠ Chi Sylvia Plath, 22 ottobre 1959 121 ≠ Coniugare una fresatrice all’imperfetto Davide Dalmas, «L’Indice dei libri del mese», ottobre 2016 122 ≠ Un’altra lingua per raccontare casa Giorgio Amitrano, «la Lettura» del «Corriere della Sera», 30 ottobre 2016 125 ≠ Generosità di un avido lettore Harvey Sachs, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 30 ottobre 2016 127

Raccolta di articoli pubblicati da quotidiani, periodici e siti internet tra il primo e il 31 ottobre 2016. Impaginazione a cura di

rs_ott16.indd 7 03/11/2016 16:16:34 rs_ott16.indd 8 03/11/2016 16:16:34 Le super scuole

Tecnologia, democrazia, creatività. Dall’Olanda alla Germania al Giappone, sono i princìpi della nuova istruzione. Pensata per i nativi digitali e per il mondo che abiteranno

Mara Accettura, «D» di «la Repubblica», primo ottobre 2016

Intorno a un tavolo basso e rotondo, un gruppo di La tecnologia permette di creare delle classi non bambini di età diverse, la maggior parte scalzi, sta suddivise per età ma per competenza: «Se un bambi- facendo lezione di matematica. L’insegnante è se- no di sei anni riesce molto bene in matematica per- duta con loro e spiega. Dopo un po’ si alzano e van- ché deve stare con dei coetanei?» chiede de Hond. no a prendere i loro iPad per completare il compito, «Si annoierebbe. In quelle ore starà con scolari più alcuni si risiedono al tavolo, altri si sdraiano su un grandi.» Un’altra caratteristica è che l’insegnamento divano, insolitamente tranquilli e concentrati per è penalizzato. Ogni sei settimane l’alunno discute essere alle elementari. con un coach e i genitori a che punto è e che cosa La Steve Jobs School (nessuna affiliazione con Apple) vorrebbe studiare. Se è immaturo per la scrittura ma è nata a Amsterdam nel 2013 e in soli tre anni il suo è portato per la lettura, per un determinato perio- modello è stato adottato da altre trenta scuole in Olan- do si concentrerà su quella e poi, più naturalmen- da e una in Sudafrica. È considerata una delle spe- te, recupererà la scrittura. I genitori a casa possono rimentazioni didattiche più innovative del mondo e seguire sull’iPad i progressi del figlio. Il curriculum non solo perché ha adottato il tablet come strumen- è uguale a quello di qualsiasi altra scuola, dice de to principale dell’insegnamento. La sua missione è Hond, alla fine gli esami sono sempre quelli, solo ridefinire i parametri dell’istruzione in un mondo che si insegna in modo un po’ più creativo e inte- che cambia sempre più velocemente. «Qualche anno ressante. Se mettiamo in dubbio questa dipendenza fa dovendo iscrivere la mia ultima figlia a scuola ho dai gadget che, tra le altre cose, danneggia la me- visitato quella già frequentata dagli altri figli negli moria, risponde: «Lei toglierebbe a un falegname un anni Ottanta» racconta Maurice de Hond, fonda- martello? La tecnologia è utile. Bisogna parlare un tore. «Non era cambiato nulla. Perché? E che cosa linguaggio adatto ai bambini. Nella mia esperienza poteva insegnare di nuovo a una bambina che già a la maggior parte di chi soffre di deficit di attenzione due anni smanettava sull’iPad?» de Hond ha messo non ha un disturbo. È solo annoiata perché la scuola su un team di educatori e ha studiato una scuola ad è lontana dalla vita». hoc per i nativi digitali dove l’intero programma è de Hond non è l’unico a rendersi conto dei limiti del concepito per il tablet che i bambini usano per metà sistema tradizionale. Le scuole Montessori, Steiner del tempo dedicato allo studio. Per esempio impa- e Sudbury hanno elaborato da anni sistemi ad hoc. rano i rudimenti della programmazione – in sostan- «Le scuole tradizionali sono autoritarie e promuo- za, logica – prima di leggere e fanno compiti stile vono la competitività invece della collaborazione. I videogiochi, terminando gli step nel tempo che gli bambini non sono rispettati come membri indipen- è più congeniale. Le risposte esatte li fanno salire di denti di una società democratica. Pensiamo solo a livello. tutte quelle ore passate seduti fermi nei banchi: una

rs_ott16.indd 9 03/11/2016 16:16:34 violazione dei diritti umani» dice Marko Koskinen, «Se portiamo avanti un sistema educativo che sop- educatore finlandese formato secondo i princìpi prime l’individualità, l’immaginazione e la creatività, della Sudbury e inventore della Knowledge Con- non sorprendiamoci se poi abbiamo quel risultato» structors, sistema on line di home schooling. In più, dice. Peccato che il mondo per cui è stata concepita con la loro definizione ristretta dell’intelligenza, che quella scuola non esista più. I lavori ripetitivi sono glorifica chi ha successo nelle materie accademiche, delegati alla robotica. E le lauree, così inflazionate, ammazzano la creatività. non garantiscono più un posto di lavoro. La società Il problema non è nuovo. Nelle sue famose confe- contemporanea infatti richiede competenze diverse. renze per Ted, l’educatore Ken Robinson (autore «Quella di cercare e filtrare le informazioni e quella di Fuori di testa. Perché la scuola uccide la creatività, di trovare soluzioni a dei problemi» dice de Hond. Erickson) fa notare come il nostro modello scolasti- «Adattabilità ai cambiamenti e creatività nel genera- co sia nato in età industriale e modellato sulle fabbri- re nuove idee» dice Robinson. «L’istruzione dovreb- che. La campanella, i banchi uno accanto all’altro, i be mettere in grado gli studenti di capire il mondo in posti assegnati, il sistema dei test, tutto ha lo scopo cui vivono e i loro talenti, in modo da formare indi- di produrre in modo efficiente individui standardiz- vidui soddisfatti e cittadini attivi e compassionevoli.» zati, a scapito della capacità che hanno tutti i bam- Molte scuole nel mondo hanno raccolto la sfida, ri- bini di produrre idee originali che hanno un valore. fiutando l’approccio tradizionale. In Germania, la

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Evangelische Schule Berlin Zentrum è una delle più associazione e vita privata. Non c’è nessun motivo riconosciute. Non ci sono voti fino a quindici anni, per trattare i bambini in modo diverso» dice il fon- né materie obbligatorie (tranne tedesco, matemati- datore, Ramin Farhangi. Ad alcuni il sistema sem- ca, inglese e social studies). I ragazzi decidono au- brerà folle. Inaspettatamente, «l’80 percento degli tonomamente quando fare gli esami. Per misurarne studenti usciti dal sistema Sudbury va in università lo spirito di iniziativa, la capacità organizzativa e il anche esclusive come Harvard» riprende Farhangi. senso di responsabilità gli educatori affidano loro Un caso eccellente è quello di Laura Poitras che alla progetti da realizzare e un budget. Sudbury ha imparato a leggere a tredici anni perché A Copenaghen nell’Ørestad Gymnasium non ci tutto quello che le interessava fare era fotografare. sono aule. Più di un migliaio di alunni seguono Questo non le ha impedito di laurearsi e vincere un classi (anche virtuali) in un open space suddiviso Oscar col documentario Citizenfour sulla vicenda di in zone di apprendimento che dovrebbero stimola- Edward Snowden. re il senso di comunità e la flessibilità di pensiero. Tutte sono ancora realtà piccole e sperimentali. A New York, alla Blue School, nata dal Blue Man «Considerate alternative perché si basano sull’ap- Group, gruppo di genitori che lavorano nel mondo prendimento personalizzato, il senso di comunità, del teatro, le ultime scoperte sul cervello vengono le attività extracurricolari, i sostegni all’insegnamen- incorporate nella pedagogia in modo che i bambini to. Se queste realtà fossero ovunque non ci sarebbe abbiano sin da piccoli consapevolezza e linguaggio bisogno di istruzione alternativa» dice Robinson, per le proprie emozioni. Anche la Blue School lavo- ricordando che l’istruzione ha luogo nelle aule e ra molto su abilità sociali e organizzative, per esem- non nei ministeri e bisogna riportarla alle persone pio se si decide con i bambini di fare una visita a un in modo da farle prosperare. Lui è convinto che museo, viene delegato a loro il compito di organiz- il cambiamento stia prendendo slancio. Perché? zarla: dove andare a seconda di quello che vogliono «Il contesto in cui viviamo rende necessario che apprendere, come arrivarci, cosa fare prima e dopo questi diversi approcci vengano compresi in pieno la visita. e applicati su larga scale. Le tecnologie rendono A Parigi l’École Dynamique, costola della Sudbu- possibile personalizzare l’istruzione. Infine in mol- ry, non ha un vero curriculum: permette ai bambini te parti del mondo cresce in modo spontaneo la di fare quello che vogliono accompagnandoli nella sensazione che sia arrivato il momento di dare una scoperta dei propri talenti in modo da raggiunge- scossa tellurica al modo in cui pensiamo e prati- re l’eccellenza. «I filosofi della Rivoluzione francese chiamo l’educazione.» Per la scuola la rivoluzione hanno garantito agli adulti libertà di azione, parola, è appena iniziata.

«La campanella, i banchi uno accanto all’altro, i posti assegnati, il sistema dei test, tutto ha lo scopo di produrre in modo efficiente individui standardizzati, a scapito della capacità che hanno tutti i bambini di produrre idee originali che hanno un valore.»

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rs_ott16.indd 11 03/11/2016 16:16:34 Anne Sexton scappa, il demone la ripiglia

Un’antologia propone l’opera dell’autrice segnata dal disagio psichico che ha contribuito a ridefinire stile e tematiche nella produzione nordamericana. Le sue metafore restano indomabili

Roberto Galaverni, «la Lettura» del «Corriere della Sera», 2 ottobre 2016

Uno dei gerghi poetici più invasivi della poesia italia- espressivo – a Amelia Rosselli, Sylvia Plath, Anne na degli ultimi anni, declinato perlopiù al femminile, Sexton, per esempio – ci si accorge subito come quel- è quello legato alla retorica del corpo, delle pulsioni la stessa legge poetica siano state assolutamente ca- profonde, del dolore e, per converso, alla negazione paci di riconoscerla, di metterla non solo alla prova implicita di qualsiasi componente intellettuale, sto- ma a frutto, di trasformarla in un’arma di poesia e, rica o culturale. Di questi gerghi ne esistono parec- insomma, in un’opportunità per definire al meglio sé chi altri, ovviamente, spesso non meno pervicaci e stesse e il proprio difficile, tormentato ma sicuramen- diffusi. Dunque non si tratta affatto di un problema te ricco e complesso rapporto con la vita. E proprio legato al femminile o al maschile ma di una questio- della Sexton è in uscita in questi giorni per Crocetti ne estetica, e più specificamente poetica. Quando un Editore una corposa antologia, La zavorra dell’eterno, privilegio di verità viene concesso a priori a una certa ben curata e tradotta da Cristina Gamberi, a cui va materia di poesia – in questo caso alle percezioni e anche il merito di un’introduzione molto equilibrata. alle ferite della dimensione fisica e psichica – anziché Quando si tratta di proporre al meglio un poeta ama- in una presunta autenticità si finisce infallibilmente to, capita spesso di sorvolare su ombre e lacune even- per sfociare nei luoghi comuni e nei cliché, cioè ap- tuali. Ma in questo caso la curatrice non sottace i rischi punto in un linguaggio poetico arbitrario, preconfe- che inevitabilmente porta con sé una poesia concepi- zionato e, come tale, infinitamente riproducibile. In ta fin dall’origine come ausilio terapeutico, medica- realtà, non esiste argomento, per quanto sacrosanto mento, come strada verso una possibile guarigione dal punto di vista storico o esistenziale, capace di per da una malattia psichica che rende impraticabile la sé di legittimazione poetica, vale a dire di assicurare vita: una a dir poco esplosiva necessità di portare alla quell’aumento di vitalità della significazione che alla luce i viluppi personali più nascosti e arroventati, la poesia sempre si richiede. È una legge dura, anzi du- ricerca dell’immediatezza del dire che scivola talora rissima, ma è certo una legge. in una specie di diarismo in presa diretta, il caratte- Eppure, se si guarda indietro alle esponenti più re ossessivo, costretto dei temi, che può a sua volta conclamate di questa specie di vasto orientamento irrigidirsi in uno schema culturale e ideologico. Ma

«Ho bussato sulla mia stessa testa; era di vetro, una scodella rovesciata.»

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«Sono stata vittima del sogno americano. Volevo solo vivere, sposarmi e avere figli. Pensavo che l’incubo, le visioni, i demoni sarebbero svaniti se avessi avuto in me tanto amore da sopprimerli.»

è poi altrettanto vero che senza questi stessi rischi ospedaliera». L’instabilità mentale, i ricoveri nell’o- ed eccessi, senza questo suo estremismo del dire, la spedale psichiatrico, il rapporto col medico, le cure, i Sexton non avrebbe avuto la forza, diciamo così, di farmaci, i tentativi di suicidio, gli incubi, le ossessio- tirare il colpo, contribuendo forse più di ogni altro ni, le ferite della mente, il confronto con le figure del a una nuova definizione del baricentro della poesia padre e ancor più della madre, l’infanzia, l’educazione nordamericana in nome di una pronuncia più urgen- costrittiva, le paure, i crolli emotivi, il desiderio della te, intima, coinvolta, drammatica, personale. vita, le pulsioni di morte, il sogno di essere altra o Del resto, per sentirlo appieno questo suo colpo, è altro – di questo parla anzitutto la Sexton, dapprima necessario pensare agli Usa degli anni Cinquanta. La ricorrendo, come fosse un tutt’uno con la regressione Sexton era nata nel 1928 nelle vicinanze di Boston, verso l’infanzia, alla rima e ai modi della filastrocca: da una famiglia piuttosto agiata del New England. «La mia pillola per dormire è bianca. / È una splendi- Ed è lei stessa a chiarire bene verso quale tipo di da perla; / mi libra lontano da me stessa, / la mia pelle esistenza fosse stata indirizzata. «Sono stata vittima punzecchiata estranea / come uno straccio di stoffa. del sogno americano. Volevo solo vivere, sposarmi e / Voglio ignorare il letto. / Sono biancheria su uno avere figli. Pensavo che l’incubo, le visioni, i demoni scaffale. / Che gli altri si lamentino in segreto; / che sarebbero svaniti se avessi avuto in me tanto amore tutte le farfalle smarrite / vadano a casa». da sopprimerli. Facevo l’impossibile per condurre In un brevissimo giro d’anni brucerà molte espe- una vita tradizionale; per questo ero stata educata rienze, esistenziali e insieme espressive. Eppure e questo mio marito voleva da me.» Così si com- l’impressione che si riceve guardando di scorcio l’in- prende anche a quale incredibile pressione, a conti tera vicenda poetica della Sexton (che morirà suicida fatti fin troppo grande, la Sexton avesse sottoposto nel 1974) è di una fuga ogni volta mancata, di un il discorso poetico, tra richieste di chiarezza e libera- continuo risucchio e di una redenzione impossibile, zione, attese salvifiche e miraggi di rinascita. tanto meno poetica. Il grande successo di pubblico Le prime raccolte costituiscono pietre miliari della e i riconoscimenti critici nel corso degli anni Ses- cosiddetta «poesia confessionale», accanto a quel- santa, le cattedre universitarie, l’approfondimento le di Robert Lowell e della Plath. Nel libro d’esor- del rapporto tra poesia e l’inconscio, l’affinamento dio, Al manicomio e (parziale) ritorno (To Bedlam and tecnico e stilistico, la padronanza sempre maggiore Part Way Back) (1960), i motivi della Sexton sono in delle proprie immagini, la consapevolezza e l’impe- pratica già tutti presenti. In seguito, infatti, potran- gno storico-civili, legati anzitutto all’emancipazione no cambiare le procedure espressive e della rappre- femminile, il raggiungimento della maturità fisica e sentazione ma non l’immaginario poetico, ammesso artistica, le visioni mistiche, non varranno in nessun che così si possa davvero chiamare, che fin da subito modo a indebolire la potenza oscura di quel «dio appare dato una volta per sempre. Se si pensa che selvaggio», come l’ha chiamato Al Alvarez, che ha in inglese bedlam significa «caos» ma anche «mani- tormentato la sua esistenza e nutrito i suoi versi. comio», si può dire che, con qualche anticipo sulla La vitalità della sua poesia, del resto, sta soprattutto Rosselli, la Sexton abbia iniziato qui la propria «serie nel carattere indomabile dei suoi principali nuclei

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rs_ott16.indd 13 03/11/2016 16:16:34 «Sono uscita, una strega posseduta che anela l’aria nera, resa audace dalla notte; sognando malefici, ho eseguito il mio compito sorvolando le case, luce dopo luce: figura solitaria, con dodici dita, folle.»

metaforici: la bambina, la strega, l’autorità, il nero, quanto si sforzi di avere ragione del proprio demo- il bianco, il rosso, il corpo ferito, la colpa, la pu- ne semplicemente raccontandolo, oppure oggetti- rezza. Nel suo gioco poetico qualcosa resta sempre vandolo nei grandi archetipi della fiaba, o ancora fuori controllo. Se Lowell si espone ma anche si riconoscendolo nella storia pubblica e civile, è co- trincera nelle sue diaboliche architetture formali, se stretta costantemente a portarlo con sé e a fronteg- la Plath, un po’ come aveva fatto al massimo grado giarlo. In fondo, di tutti i poeti confessionali è la la Cvetaeva, raggiunge d’imperio frequenze o altez- più colpevole e insieme la più innocente. «Anne, za che la portano anche al di là del dolore, la Sexton Anne, / sul tuo asino scappa via, / scappa da questo in qualche misura ci si trova sempre in mezzo. Per triste albergo.»

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rs_ott16.indd 14 03/11/2016 16:16:34 Elena Ferrante, le «tracce» dell’autrice ritrovata

Documenti, riscontri, diritti d’autore: ecco le prove che ci inducono a identificare la scrittrice napoletana in Anita Raja

Claudio Gatti, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 2 ottobre 2016

«Non domandatemi chi sono… è una morale da di Ferrante, per la quale da anni lavora come tra- stato civile. Regna sui nostri documenti. Ci lasci al- duttrice dal tedesco. Per un breve periodo è stata meno liberi quando si tratta di scrivere» affermò Mi- anche coordinatrice della Collana degli azzurri, una chel Foucault quasi cinquant’anni fa. E per quasi un collana che, nella sua brevissima esistenza negli anni quarto di secolo anche l’autrice della tetralogia napo- Novanta, secondo la responsabile dell’ufficio stam- letana di L’amica geniale ha rigettato quella morale pa di edizioni e/o, ha pubblicato «un totale di tre o celandosi dietro allo pseudonimo di Elena Ferrante. quattro libri, tra cui il primo romanzo di Ferrante». Di lei, dunque, non sono mai state pubblicate foto. La responsabile stampa ha spiegato che Raja è una Né è mai stato stabilito chi sia veramente. Come semplice traduttrice freelance e «assolutamente non riporta la quarta di copertina di ogni suo libro, si una dipendente» della casa editrice. Questo ruolo non sa solo che «è nata a Napoli». Allo stesso tempo potrebbe mai spiegare i compensi pagati nell’ultimo Ferrante ha saputo parlare molto di sé, concedendo paio di anni da edizioni e/o a Raja, che dalla nostra innumerevoli interviste mediate dalla casa editrice e inchiesta risulta essere stata la principale beneficiaria scrivendo un volume sedicentemente autobiografi- del successo commerciale dei libri di Ferrante. co, La frantumaglia. Un’analisi dei redditi registrati da edizioni e/o e da Un’inchiesta condotta da «Il Sole 24 Ore» e pubbli- Anita Raja negli ultimi anni, quelli del boom del- cata oggi anche dal quotidiano tedesco «Frankfur- la tetralogia di L’amica geniale, è illuminante. Nel ter Allgemeine Zeitung», dal sito di giornalismo 2014 il bilancio di edizioni e/o Srl riporta ricavi per investigativo francese Mediapart e da quello della 3.087.314 euro, con un aumento di oltre il 65% sul rivista americana «The New York Review of Books» 2013. Nell’anno successivo, il 2015, il balzo è ancora fa ora emergere evidenze «documentali» che danno più significativo: i bilanci si chiudono a 7.615.203 un contributo senza precedenti all’opera d’identifi- euro, pressappoco il 150% in più rispetto al 2014. cazione della misteriosa scrittrice. Lo stesso trend in forte ascesa è replicato dai com- Anziché su un’immaginaria figlia di una sarta na- pensi che ci risultano essere stati pagati da edizioni poletana, come si presenta l’autrice in La frantuma- e/o a Raja. Abbiamo infatti appurato che nel 2014 glia, le prove da noi raccolte puntano il dito su Anita sono aumentati di quasi il 50%, mentre nel 2015 Raja, traduttrice residente a Roma la cui madre era hanno fatto un ulteriore balzo di oltre il 150%. un’ebrea di origine polacca prima sfuggita all’Olo- Il compenso totale pagato l’anno scorso da edizioni causto e poi trasferitasi a Napoli. e/o a Raja è arrivato a superare di oltre sette volte il Sposata con lo scrittore napoletano Domenico compenso del 2010, quando il successo dei suoi libri Starnone, Raja ha da tempo uno stretto rapporto era ancora circoscritto all’Italia e ancora non era sta- di collaborazione con edizioni e/o, la casa editrice to pubblicato il primo volume della tetralogia.

rs_ott16.indd 15 03/11/2016 16:16:34 Questo balzo, di cui non ci risulta abbia beneficiato Per i dovuti riscontri, «Il Sole 24 Ore» ha lasciato alcun altro dipendente, scrittore o collaboratore di messaggi al cellulare di e del edizioni e/o, non può essere giustificato da un incre- fratello di Anita Raja elencando le prove trovate e le mento della mole di lavoro di traduttrice, notoria- conclusioni a cui siamo giunti. Ma la traduttrice non mente pagato poco. La spiegazione più logica è che ha mai risposto o accettato il contraddittorio. sia dovuto al successo dei libri di Ferrante. Anche Anche Sandra Ozzola e Sandro Ferri, i due com- perché i compensi del 2014 e 2015 appaiono coin- proprietari di e/o, hanno respinto il confronto. In cidere proprio con le somme generate dai diritti di una breve conversazione telefonica, Ferri è stato pe- autore. rentorio: «Se mi dice che fa un articolo in cui fa delle A confutare la tesi che i libri siano stati scritti da rivelazioni, io le dico subito che non le possiamo né Raja a quattro mani con il marito Domenico Star- dare i nostri dati né io le posso rispondere. […] Noi none è il fatto che quest’ultimo non ci risulta aver siamo abbastanza seccati da questa violazione del- ottenuto retribuzioni equivalenti da parte della casa la privacy, nostra e di Ferrante, e se l’articolo è in editrice di Sandro Ferri e Sandra Ozzola (anche se quella direzione le dico che mi dispiace ma noi non non si può certamente escludere che Starnone abbia possiamo collaborare». dato un rilevante contributo intellettuale). Certo è che da ventiquattro anni, da quando cioè Da visure catastali abbiamo poi appreso che nel ha pubblicato il suo primo libro, Ferrante si cela 2000, dopo il successo del film ispirato al primo ro- dietro un nome studiato a tavolino in evidente manzo di Ferrante per la regia di Mario Martone, omaggio a . E da allora, con la com- L’amore molesto, Anita Raja ha acquistato, da sola plicità della sua casa editrice, più o meno controvo- e non con il marito, un appartamento di sette vani glia, l’autrice ha partecipato a questo gioco mediati- in una zona nobile di Roma e nel 2001 ha poi com- co sfamando la vorace curiosità di giornalisti, critici prato una piccola casa di campagna in un paesino e lettori, prima con informazioni sporadiche e poi della Toscana noto per essere frequentato dall’élite con un epistolario pubblicato su impulso dei suoi giornalistico-letteraria italiana. editori. A sollecitarlo era stata una lettera aperta Ma come abbiamo detto, da un punto di vista dei in cui Sandra Ozzola osservava che la curiosità dei risultati economici, i libri di Ferrante hanno preso il lettori «meriterebbe forse una risposta più genera- volo solo dopo i successi registrati molto più recen- le. Non solo per placare quanti si perdono nelle temente nei mercati in lingua inglese, in particolare ipotesi più arzigogolate sulla tua reale identità, ma quello americano, dove e/o pubblica tramite una sua anche per un sano desiderio dei tuoi lettori di co- sussidiaria. Ed è quindi significativo che quattro mesi noscerti meglio». fa, nel giugno scorso, Domenico Starnone risulti aver Era nata così La frantumaglia, unica opera non fic- comprato un altro appartamento a Roma a pochi pas- tion pubblicata da Ferrante nel 2003 e di cui è appe- si da quello intestato a sua moglie. Si tratta di un- na uscita in Italia un’edizione aggiornata. In quelle dici vani e mezzo per un totale di 227 metri quadri pagine i lettori avevano appreso che la scrittrice ha all’ultimo piano di un’elegante palazzina dei primi del tre sorelle, che la madre era una sarta napoletana in- Novecento in una delle strade più belle di Roma il cui cline a esprimersi «nel suo dialetto», e che lei aveva valore di mercato si aggira tra 1,2 e 2 milioni. vissuto a Napoli fin quando non ne era «scappata Il fatto che l’appartamento sia intestato a Starnone via» avendo trovato lavoro altrove. ovviamente non significa che il denaro utilizzato sia Nessuno di questi dettagli corrisponde alla vita di suo e non di sua moglie perché, come noto, in re- Anita Raja. Come la madre di Elsa Morante, la sua gime di separazione dei beni quando un coniuge ha era infatti un’insegnante, non una sarta. E non era già una casa intestata conviene sempre che la secon- affatto napoletana. Ebrea (come la madre di Moran- da sia intestata all’altro. te) era nata a Worms, in Germania, da una famiglia

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emigrata dalla Polonia e parlava italiano con un evi- dente accento teutonico […]. In più Raja non ha so- relle, solo un fratello minore, e a Napoli è nata ma «Io non odio affatto le bugie, ha passato solo i primi tre anni di vita. In realtà è nella vita le trovo salutari e vi ricorro cresciuta e ha sempre vissuto a Roma. Ma in La frantumaglia, Ferrante aveva avvertito i quando capita per schermare lettori. Non una, bensì due volte. «Io non odio af- la mia persona.» fatto le bugie, nella vita le trovo salutari e vi ricorro quando capita per schermare la mia persona» aveva scritto. E, poco più avanti, aveva aggiunto: «Italo sostenuto di avere (e che comunque solo parte del Calvino nel 1964 scriveva a una studiosa che chie- vasto mondo dei lettori e dei critici le hanno rico- deva informazioni personali: “Mi chieda pure quel nosciuto): quello di scomparire dietro ai suoi testi che vuol sapere e glielo dirò. Ma non le dirò mai e lasciare che essi vivessero e si diffondessero senza la verità. Di questo può star sicura”. Questo passo autore. Anzi, si può dire che abbia lanciato una sorta mi è sempre piaciuto e almeno parzialmente l’ho di guanto di sfida a critici e giornalisti. fatto mio». Finora a cimentarsi nella ricerca dell’identità della Mentendo – o meglio, annunciando che qua e creatrice di Lila e Lenù sono stati critici letterari, là avrebbe mentito – a nostro giudizio la scrittri- che hanno usato metodi di ricerca filologica e lette- ce ha però compromesso il diritto che ha sempre ratura comparata. Convenzionali e no. Una decina

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rs_ott16.indd 17 03/11/2016 16:16:34 di anni orsono, su richiesta dell’italianista Luigi Biblioteca europea di Roma. Per quel che riguarda Galella, un team di fisici e matematici dell’univer- il collegamento con la Scuola Normale di Pisa, ab- sità Sapienza di Roma diretto da Vittorio Loreto biamo scoperto che a essere stata normalista è stata aveva per esempio usato un programma da loro ela- sua figlia, Viola Starnone (seguendo le orme della borato per analizzare i primi libri di Ferrante. Arri- madre ha tradotto libri dal tedesco per edizioni e/o). varono alla conclusione che c’era un’alta probabilità Veniamo ora all’analisi dei testi. Dopo aver tradotto che fossero stati scritti da Domenico Starnone, da autori del calibro di Franz Kafka e Hans Magnus allora inserito nella lista dei «possibili Ferrante». Enzensberger, Raja si è specializzata nella traduzio- Con lui in quell’elenco c’è anche sua moglie Anita ne di scrittrici della Germania dell’Est. In un artico- Raja, da tempo segnalata da Dagospia («lo sanno lo da lei pubblicato su «Noi Donne», storica rivista anche i sassi che Elena Ferrante è Anita Raja» ha del movimento femminista italiano per la quale in scritto). Ma anche gli stessi comproprietari di e/o, Storia della bambina perduta pubblica un pezzo an- Sandro Ferri e Sandra Ozzola. E poi gli scrittori che Lenù (altra coincidenza), manifesta la sua am- Goffredo Fofi, Erri De Luca, Fabrizia Ramondino mirazione per una narrativa in grado di produrre e svariati altri, inclusa la sua traduttrice americana «un corpo sociale femminile emancipato e perciò Ann Goldstein. Ultima arrivata è la professoressa capace di […] esprimere voci che sintetizzano nar- Marcella Marmo, ordinaria di Storia contempora- rativamente questa capacità di autoriflessione». Il nea all’università Federico II di Napoli, identificata riferimento è a Helga Schubert, Helga Königsdorf, sul «Corriere della Sera» dal dantista Marco Santa- Maxie Wander, Sarah Kirsch, ma soprattutto a gata sulla base di paralleli linguistici, ambientazioni . e i rapporti con la Normale di Pisa, frequentata da Nel corso degli anni, con quest’ultima scrittrice Lenù, la protagonista della tetralogia, e dalla pro- Raja aveva stabilito un rapporto estremamente pro- fessoressa Marmo. fondo: «Ho conosciuto Christa Wolf nel 1984, co- Ma nessuna di queste ipotesi è stata finora sostenu- noscenza che negli anni si è trasformata in amicizia ta da prove concrete come quelle da noi trovate. Gli […]. Per me questo è stato molto istruttivo […]. Il elementi di evidenza contabile non sono tra l’altro suo lavoro di verbalizzazione ha agito sul mio più gli unici che abbiamo identificato. A questi se ne povero e comune lavoro di accoglienza nella mia aggiungono infatti svariati altri. Cominciamo dai lingua, e lo ha potenziato, costringendomi a vie che nomi. Quello di Elena, che la scrittrice ha scelto non mi sarebbe mai venuto in mente di tentare». per il proprio pseudonimo e ha attribuito alla voce L’italianista della New York University Rebecca narrante della tetralogia (Elena Greco, detta Lenù), Falkoff è convinta che il legame tra Raja e Wolf era il nome di una zia molto amata di Raja, sorella confermi che dietro allo pseudonimo di Ferrante si di suo padre Renato. Poi c’è Nino, nome dato al nasconde la traduttrice di edizioni e/o. «Dal punto grande amore di Lenù, che è il nome con cui viene di vista tematico le opere di Ferrante si incrociano chiamato in famiglia Domenico Starnone. considerevolmente con quelle di Wolf. La tetralo- Ci sono poi le coincidenze. In L’amica geniale si sot- gia di Ferrante inizia con la scomparsa di Lila e Ri- tolinea l’importanza avuta dalla biblioteca rionale flessioni su Christa T., della Wolf, racconta la storia nella crescita culturale di Lila: «Mi mostrò fiera- di una donna che ricostruisce le tracce di un’amica mente tutte le tessere che aveva, quattro: una sua, perduta. Si pensi poi a Medea e Cassandra, due ri- una intestata a Rino, una a suo padre e una a sua visitazioni di Wolf di testi classici, e al fatto che madre. Con ciascuna prendeva un libro in prestito, anche I giorni dell’abbandono di Ferrante si ispira ai così da averne quattro tutti insieme». In Italia il va- miti di Medea e Didone, mentre, con la sua perico- lore delle biblioteche pubbliche è raramente apprez- losa preveggenza, Lila ricorda la figura di Cassan- zato. Ma Anita Raja è stata per anni direttrice della dra. Nel descrivere il suo rapporto di apprendistato

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letterario con Wolf, che divenne per lei una madre Wolf, scrittrice che ha fortemente influenzato sia simbolica, Raja spiega che traducendo le parole di marito che moglie. A dirlo sono loro stessi. In un ar- Wolf ha trovato il coraggio e il linguaggio per osare ticolo pubblicato su «Il Mattino» il 18 marzo 2009, quello che altrimenti non avrebbe osato. Può darsi Raja e Starnone scrivono: «Ogni libro di Christa che che si riferisse alle traduzioni, ma credo piuttosto ho tradotto in italiano è diventato, tra noi due, per che alludesse alla sua decisione di pubblicare i suoi mesi, oggetto di discussione, un’occasione per riflet- scritti». tere, per apprendere. Non era solo passione lette- L’influenza di Wolf, morta nel 2011, spiega anche raria, voglia di venire a capo di un testo complesso. come mai il programma del professor Loreto, il fi- Christa ci ha sedotto». sico della Sapienza, abbia individuato legami tra i Abbiamo pensato di chiedere aiuto a Jana Simon, testi di Ferrante e quelli di Starnone. Con tutta pro- nipote della scrittrice tedesca, giornalista del setti- babilità il loro comune denominatore è stata Christa manale «Die Zeit» e autrice di un libro sulla nonna.

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rs_ott16.indd 19 03/11/2016 16:16:34 Ma quando le abbiamo detto di voler parlare dell’in- napoletana risale a prima della pubblicazione di L’a- fluenza di Wolf su Ferrante, ci ha risposto con un more molesto, quando scrisse una lettera aperta a suoi breve sms: «Sfortunatamente non posso dire nien- editori dicendo: «Io sarò lo scrittore meno costoso te». E quando abbiamo insistito nel volerle parlare della casa editrice. Vi risparmierò perfino la mia ci ha detto: «Mi piacerebbe molto, ma il fatto è che presenza». non ho niente da dire. Il primo libro della Ferrante In un’epoca di ricerca della notorietà a ogni costo, la sarà pubblicato in Germania solo a settembre». La scrittrice chiedeva che non si sapesse nulla della sua cosa pareva strana. E ci è stato facile appurare che, vita privata. Una scelta a nostro giudizio dettata da nonostante il primo libro della tetralogia sia in usci- due fattori ben più nobili del «mercantilismo» di cui ta solo adesso, tre libri precedenti sono stati pubbli- è stata accusata in alcuni circoli intellettuali italiani. cati a partire da oltre un decennio fa. Il primo era di natura caratteriale: «Ero spaventata Ancora più problematico era il resto del messaggio: dal pensiero di uscire dal mio guscio e la timidezza ha «Naturalmente so della sua ammirazione per Christa prevalso». Il secondo riteniamo sia invece stato frutto Wolf, ma non so dire della sua influenza perché la di una convinzione letteraria basata sulle idee formu- mia famiglia non conosce i libri di Ferrante». Insom- late alla fine degli anni Sessanta da Michel Foucault ma, la stessa persona che diceva di non saper nulla su (e prima di lui da Roland Barthes): «Credo che i libri, Ferrante, diceva di sapere invece della sua ammira- una volta scritti, non abbiano bisogno dei loro autori» zione per la nonna. Curioso, perché nelle numero- ha scritto Ferrante. se interviste concesse nel corso degli anni, Ferrante Nel saggio Che cos’è un autore? Foucault aveva pro- ha nominato svariate autrici e pensatrici femministe posto una nuova categoria letteraria, quella del- da lei stimate e alle quale ritiene di essere debitrice, la «funzione-autore», che si sostituisse al soggetto ma non ha mai citato Christa Wolf. Probabilmen- scrivente in quanto individuo. Come una scoperta te perché avrebbe fornito un chiaro indizio sulla sua scientifica, a suo parere un’opera doveva essere vali- identità. data e apprezzata a prescindere dall’autore, in modo Quando abbiamo chiesto dove Simon avesse senti- che il linguaggio potesse affermarsi libero dal suo to parlare dell’ammirazione che la Ferrante nutriva creatore. Era la risposta novecentesca all’approccio per sua nonna, la giornalista tedesca, che fino a quel del secolo precedente in base al quale un’opera lette- momento era stata sempre puntuale nelle risposte, si raria veniva studiata per scoprire l’individualità na- è data latitante, non rispondendo a nessuna delle ri- scosta dell’autore. petute richieste elettroniche di spiegazione di quella Un quarto di secolo fa l’autrice di L’amica geniale ha che evidentemente era stata una sua gaffe accidentale. optato per la via di Foucault. Forse si potrebbe pro- La scelta dello pseudonimato da parte della scrittrice vare ora una via di mezzo.

«Credo che i libri, una volta scritti, non abbiano bisogno dei loro autori.»

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rs_ott16.indd 20 03/11/2016 16:16:34 Gli editori di e/o, Sandra Ozzola e Sandro Ferri, rispondono all’inchiesta del giornalista Claudio Gatti sull’identità di Elena Ferrante

Disgusta vedere una grande autrice italiana, amata e celebrata nel nostro paese e nel mondo, trattata alla stregua di un criminale. Di quale reato si è mac- chiata per giustificare una simile invasione nella sua vita? A quale superiore interesse pubblico rispon- derebbe l’inchiesta portata avanti dal giornalista Claudio Gatti e pubblicata contemporaneamente in quattro paesi? Molto inchiostro è stato versato facendo illazioni sull’identità di Elena Ferrante invece di approfondi- re la sua opera, e purtroppo molto ancora se ne ver- serà. Almeno fintanto che certi giornalisti riterran- no che il gossip e il pettegolezzo siano più impor- tanti dell’opera dell’autrice. Questo almeno è quello che si evince dal silenzio con cui il domenicale di «Il Sole 24 Ore» accoglie da un lustro l’opera di Elena Ferrante, silenzio rotto solo poche settimane fa con un taglio basso di Goffredo Fofi. Un’opera, quella dell’autrice, che, giova ricordarlo, viene letta e amata da milioni di persone nel mondo, che proprio mentre scriviamo queste righe, sui social, esprimono un’enorme solidarietà nei confronti di Elena Ferrante. A questi lettori, e alla nostra autri- ce, va tutto il nostro impegno quotidiano e la nostra gratitudine.

«Di quale reato si è macchiata per giustificare una simile invasione nella sua vita?»

rs_ott16.indd 21 03/11/2016 16:16:34 Lasciate a Ferrante il diritto all’assenza

Vanno fortissimo il dietro le quinte, il gossip. Figuriamoci poter rivelare il vero nome di uno dei più importanti scrittori italiani; e più letti nel mondo

Michele Serra, «la Repubblica», 4 ottobre 2016

A proposito del disvelamento dell’identità di Elena di «Il Sole 24 Ore» e del suo inserto di cultura. Fa- Ferrante è stato già detto da più parti che il meto- cendo presente, in un breve comunicato, il «silenzio do investigativo follow the money, evidentemente con cui il domenicale accoglie da almeno un lustro molto intrusivo, si addice a un malavitoso o a un l’opera di Elena Ferrante, silenzio rotto solo poche evasore fiscale. La latitanza fisica di un autore è, al settimane fa con un taglio basso di Goffredo Fofi». cospetto dell’opinione pubblica, altrettanto grave e Al netto di eventuali malumori di un piccolo editore perseguibile? che si sente trascurato da un grande giornale, signi- A giudicare dai molti attestati di solidarietà che i fica che lo stesso quotidiano che pubblica, nel suo lettori di Ferrante indirizzano al suo editore, e da- inserto letterario, un’inchiesta sensazionale sull’iden- gli umori che si raccolgono in queste ore sul web tità di Ferrante è accusato di avere ignorato la sua e di persona, l’opinione pubblica è invece, nel me- opera, e proprio negli anni di maggiore successo. rito della vicenda, perlomeno divisa. Mi annovero Le scelte editoriali, ovviamente, sono libere e in- tra quelli che ci sono rimasti male. Un poco perché tangibili (almeno quanto dovrebbe esserlo il diritto il diritto all’assenza è, nella società presenzialista, all’anonimato). Ma ne discende che anche in que- uno dei più precari e dei più violati: dunque dei più sto caso il testo, ovvero i libri di Elena Ferrante, ammirevoli. Un poco perché lo smascheramento di ha avuto molto meno rilievo del contesto, ovvero il Ferrante mi sembra perfettamente coerente con un giallo del suo nome anagrafico. Dico anche in que- processo di svalutazione del testo, e di sopravvaluta- sto caso perché la tendenza è generale e dilagante, e zione del contesto, che è uno dei grandi mali cultu- non risparmia nessuno. Vanno fortissimo il dietro rali della società mediatica. le quinte, il gossip, bene che vada la registrazione (o A dare un nome e un cognome (completo di visure la costruzione?) di polemiche d’ambiente o i rendi- catastali: le prove del reato) a Elena Ferrante non conti preoccupati della eterna crisi dell’editoria. Fi- è stata una testata di gossip. È stato un pool gior- guriamoci poter rivelare il vero nome di uno dei più nalistico prestigioso, l’inserto culturale di «Il Sole importanti scrittori italiani; e più letti nel mondo. 24 Ore» e la «New York Review of Books» tra gli Quanto ai libri, il famoso tramonto della critica è altri, anzi prima degli altri e con maggiore respon- (anche) un eccellente pretesto per parlarne sempre sabilità editoriale, in quanto «tecnicamente» vocati meno per ciò che i libri sono – scrittura allo stato alla materia letteraria. Ma in una nota diffusa nelle puro – e sempre di più come casi o come pezzi di ore immediatamente successive alla pubblicazione ricambio utili da spendere nel dibattito sociopoliti- dell’inchiesta, l’editore di Ferrante (edizioni e/o) co. I libri, bene che vada, come sintomi di tendenze contrapponeva, diciamo così, alla visura catastale a sociali o mode culturali; male che vada, come molto carico della sua autrice una visura editoriale a carico trascurabile pretesto per parlare di tutt’altre cose.

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Fortunatamente il pubblico, almeno in questo caso, ai blogger non sfugge niente, vedi, lo sapevo io, la- se la cava benissimo da solo. Ferrante ha milioni di vora nel dorato mondo dell’editoria, è una della ca- lettori, con una battuta (e per far capire che non si sta, ha la casa in Toscana, piove sul bagnato, è nel tratta di una polemica aziendalista) più di «Il Sole giro giusto, il marito è scrittore, per questo ha avuto 24 Ore» e di «la Repubblica» messi insieme. E ave- tanto successo… E io che mi ero illuso che potesse re milioni di lettori, se non è una garanzia di qualità essere una parrucchiera, o una suora, o un portan- (esistono anche best seller molto brutti) è però garan- tino dell’ospedale… Invece è una traduttrice dal te- zia di lettura. Di un rapporto diretto, non interme- desco, si sa quanto potere hanno, già in partenza, diato, con chi legge quello che hai scritto. Vuol dire i traduttori dal tedesco. E chi ci assicura che tutta che quei libri, ovvero quelle parole e solo quelle, sono questa baraonda sul nome non sia una montatura stati molto letti, e in qualche modo messi in salvo da pubblicitaria per vendere ancora più copie e compe- ogni lettore a suo modo: per un lettore, esattamente rarsi una seconda casa in Toscana? come per uno scrittore, un libro è solo le parole che La ricaduta meno prevedibile è invece che anche io, lo compongono. L’inesistenza dell’autore nel caso di nel mio piccolo, sono dispiaciuto di non poter fare Ferrante (ma penso anche alla disperata e paradigma- più congetture poetiche sulla vera identità, e appunto tica fuga dai media di Salinger) non è percepita come pensarla anche io parrucchiera o suora o portanti- un problema dai suoi lettori. Per essere lettore, così no dell’ospedale. Era più interessante il silenzio, il come per essere scrittore, basta l’esistenza del libro. non nome, la non faccia, le non fotografie. Ho già Ps Tra le ricadute della rivelazione, la più prevedibi- nostalgia di Elena Ferrante innominata. Continuerò le è il solito piccolo florilegio di commenti risentiti, sempre a non nominarla.

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rs_ott16.indd 23 03/11/2016 16:16:35 Scoop giornalistico o gossip? Parla Claudio Gatti, autore dell’inchiesta su Elena Ferrante

Antonio Prudenzano, «Il Libraio», 4 ottobre 2016

Non è certo la prima volta che si parla dell’identità da scrittori e addetti ai lavori (con pochissime ec- di Elena Ferrante, ed è normale che accada. È una cezioni), ma non è il primo sull’argomento: pochi delle scrittrici contemporanee più amate, dagli Usa mesi fa, ad esempio, «la Lettura» del «Corriere della all’Italia, passando per la Germania: è inevitabile Sera» aveva dato ampio spazio all’inchiesta, in quel che la sua misteriosa identità interessi e attragga i caso non legata a documenti finanziari e contratti media e i giornalisti, non potrebbe essere altrimenti. immobiliari, ma a spunti letterari e autobiografici, Piaccia o meno, il giornalismo si occupa anche di di Marco Santagata. questioni frivole, che non cambiano il mondo. È Soprattutto in questo caso, si è però aperto un dibat- così da secoli. È invece meno scontato, ma molto tito sul giornalismo: il metodo di Gatti è deontologi- evidente a una rapida analisi dei commenti dei suoi camente corretto? Si tratta di uno scoop giornalistico lettori in rete ogni volta che vengono pubblicati arti- o di gossip? È stata violata la privacy di Anita Raja coli sul tema, che ai non addetti ai lavori che amano e Domenico Starnone? La scrittrice è stata «trattata i libri della Ferrante importa poco della sua identità: come un criminale»? E ancora: è giusto continuare solitamente i lettori scrivono di amare le sue storie, ad andare a caccia dell’identità della Ferrante? Per- e si dicono poco interessati a chi si nasconde dietro ché non rispettare la scelta dell’anonimato? allo pseudonimo. Un passaggio dell’articolo di Gatti, in particolare, Allo stesso tempo, non si può negare che una parte viene criticato. Quello in cui il giornalista, citan- del successo dell’autrice di L’amica geniale sia legato al do l’ultimo libro della Ferrante, scrive che «si può mistero sulla sua identità: si chiama marketing, anche dire che (la scrittrice, Ndr) abbia lanciato una sorta se involontario e subito. di guanto di sfida a critici e giornalisti». Loredana Tutte le volte che spuntano nuove ipotesi sull’iden- Lipperini sul suo blog ha parlato di «uno dei più tità di Elena Ferrante, dalla casa editrice e/o giungo- grandi autogol giornalistici cui abbia mai assistito». no reazioni di stizza. In questo caso, l’editore Sandro «Rivista Studio» si è chiesta: e adesso? La discus- Ferri interpellato da «la Repubblica» ha commentato sione è aperta anche negli Stati Uniti, in Inghilterra così la discussa inchiesta firmata da Claudio Gatti e in altri paesi: dal «New Yorker» al «Guardian», i e pubblicata dalla «Domenica» di «Il Sole 24 Ore»: commenti sono numerosi. «Trovo disgustoso il giornalismo che indaga nella L’inchiesta di Claudio Gatti è assolutamente legitti- privacy e tratta le scrittrici come camorriste […]. È ma, così come è legittimo criticarla. È importante di- un assedio senza tregua, una mancanza di rispetto battere dei limiti che il giornalismo dovrebbe porsi e nei confronti di una persona che non vuole apparire». della salvaguardia dell’anonimato in un’èra dominata L’articolo di Gatti, pubblicato in contemporanea dall’apparenza, dalla mancanza di privacy e dall’on- anche dal tedesco «Frankfurter Allgemeine Zei- nipresenza sui social network. Allo stesso tempo, tung», dal sito francese Mediapart e da quello della il giornalismo non può che essere libero. Anche di «New York Times Review of Books», è stato at- sfiorare il gossip, se si parla di un personaggio di rile- taccato duramente sia dai lettori della Ferrante sia vanza pubblica. Anche di non piacere a una parte dei

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lettori, che lo considerano morboso o sbagliato nei mistero di nessun peso a quelle storie non si sono toni. Anche di essere autoreferenziale o poco utile. mai appassionate. Non si rendono conto costoro che Fatta questa premessa e letti tanti commenti, in mas- la loro reazione così appassionata per la mia inchiesta sima parte critici nei suoi confronti, e tentando di sulla Ferrante è la prova provata che è solo questo dare il giusto peso ai problemi, abbiamo dato la parola tipo di articoli che li interessa? Che ironia! all’autore dell’inchiesta, l’inviato del «Sole» Gatti, che nel frattempo ha detto la sua anche sul suo giornale. Com’è nata l’inchiesta? Dalla mia lettura dei quattro volumi della tetralogia Molti scrittori hanno criticato il suo articolo. Il collet- di L’amica geniale. E dal fatto che negli ultimi due tivo Wu Ming, ad esempio, ha scritto: «Intelligenza anni a New York, dove vivo, le persone che cono- collettiva e capacità di fare inchiesta non sarebbe me- scono mi hanno fatto quasi solo una domanda: chi è glio usarle contro il potere anziché per sapere chi è Elena Elena Ferrante? Ferrante?». Erri De Luca ha fatto notare: «Questa sor- ta di indagini patrimoniali farebbero bene a svolgerle Sono arrivate critiche anche al tono del suo articolo, con- per stanare gli evasori invece degli autori. Credo che siderato accusatorio: era questo il suo intento? se si vuole scrivere mantenendo l’anonimato di fronte Non avevo alcun intento accusatorio né riesco a leg- al pubblico se ne ha tutto il diritto». gere nelle mie parole quel tono. Ho solo cercato di ha sottolineato: «La tristezza di andare a frugare nei spiegare in dettaglio, ma senza scendere in partico- movimenti economici delle persone per dimostrare chi è lari, come sono arrivato a concludere che Anita Raja Elena Ferrante la chiamate ancora giornalismo?». Si è Elena Ferrante. aspettava tutti questi attacchi? Vorrei far notare a tutti coloro che mi hanno critica- Lei ha avuto informazioni sui compensi che Anita Raja to per aver sprecato il mio tempo su un tema che non avrebbe ottenuto da e/o da una fonte anonima. Premes- lo meritava l’ironia data dalla straordinaria passione so che mai a un giornalista vanno poste domande rela- dimostrata dalla loro reazione. Sarebbe piaciuto an- tive alle sue fonti, pensa che il suo metodo sia stato de- che a me che la stessa passione fosse stata dimostra- ontologicamente corretto? Molti sostengono che sia stata ta per molte altre delle mie inchieste. Per esempio violata la privacy della scrittrice. quella in cui ho descritto l’extraordinary rendition Ho adottato il metodo più tradizionale del giorna- di un cittadino italiano, quella in cui ho rivelato chi lismo investigativo, quello di follow the money, se- controlla il traffico di esseri umani dall’Africa all’Eu- guire i soldi. Per quel che riguarda la violazione del- ropa, quella in cui ho parlato delle tangenti pagate da la privacy, la prima a violare la privacy di Elena Fer- società multinazionali in Algeria e Nigeria o quella rante è stata… Elena Ferrante. Lo ha fatto fornendo in cui spiegavo come una società usata dalla Cia ha ai suoi fan informazioni assolutamente non vere in fornito supporto logistico ad aerei turchi e qatarini La frantumaglia, perdipiù su richiesta di quegli stes- che portavano armi a islamisti in Libia e Siria. Avrei si editori che oggi mi attaccano per aver fornito, in- molto voluto. Ma le stesse persone che ora mi at- vece, informazioni vere. Informazioni che, peraltro, taccano per aver sprecato il mio tempo dietro a un non sminuiscono in alcun modo la qualità dei libri,

«Ho solo cercato di spiegare in dettaglio, ma senza scendere in particolari, come sono arrivato a concludere che Anita Raja è Elena Ferrante.»

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rs_ott16.indd 25 03/11/2016 16:16:35 né tantomeno impediranno all’autrice di continuare la scrittrice ha tre sorelle, che la madre era una sar- a scriverne degli altri e ai fan di continuare ad amar- ta napoletana incline a esprimersi «nel suo dialetto», li. Sapendo però chi li ha veramente partoriti, la sua e che lei aveva vissuto a Napoli fin quando non ne storia e il suo milieu culturale. era «scappata via» avendo trovato lavoro altrove. La mia inchiesta ha dimostrato però che niente di tutto Non crede che Elena Ferrante abbia il diritto di difen- questo corrisponde alla vita personale della scrittrice. dere il suo anonimato? In quanto autrice di libri divenuti best seller in tut- In gran parte dei casi, i lettori della Ferrante commen- to il mondo, Elena Ferrante è ormai un importante tano le notizie sulla sua identità, compresa la sua in- personaggio pubblico. Anzi si può dire che sia at- chiesta, scrivendo che di chi si nasconde dietro lo pseu- tualmente la più nota italiana al mondo. Milioni di donimo a loro importa poco, contano i libri. Anche negli suoi lettori avevano dunque un legittimo desiderio Stati Uniti, dove lei lavora, ci sono reazioni simili da di sapere qualcosa circa la persona dietro l’opera. A parte di scrittori e lettori. I commenti di diverse testate sostenere questo non sono stato però io. Sono stati autorevoli sono critici nei confronti del suo articolo. la stessa autrice e i suoi editori, che hanno pubbli- Faccio fatica a immaginare come un’opera d’arte camente riconosciuto come sano questo desiderio. possa essere rovinata da una conoscenza più appro- In una lettera aperta all’autrice, Sandra Ozzola ave- fondita della vita della persona che l’ha creata. Sem- va infatti sostenuto che la curiosità dei suoi lettori mai ritengo sia sempre stato vero il contrario. […] avrebbe meritato «una risposta più generale, al di là delle interviste ai giornali, non solo per placare Qual è la sua opinione sui libri della scrittrice? quanti si perdono nelle ipotesi più inverosimili sulla Credo sia una grande scrittrice, che ha la rara dote tua vera identità, ma anche da un sano desiderio da di saper combinare spessore letterario e leggibilità. parte dei tuoi lettori […] di conoscerti meglio». Era nata così La frantumaglia, il saggio sedicentemente Ci sarà una nuova puntata dell’inchiesta? autobiografico dal quale i lettori hanno appreso che Non vedo cosa altro sia rimasto da rivelare…

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rs_ott16.indd 26 03/11/2016 16:16:35 Rabbia o euforia, il mondo si divide su Elena Ferrante

Da «The New Yorker» che accusa l’inchiesta sull’identità dell’autrice a «The Times» che ragiona sull’impossibilità dell’anonimato

Stefania Parmeggiani, «la Repubblica», 5 ottobre 2016

«Un giornalismo invasivo che rovista nell’immon- «bizzarra e offensiva» di una collaborazione di Raja dizia.» «Una scoperta positiva che riafferma attra- con il marito Domenico Starnone: «Come se la per- verso l’identità della scrittrice il potere dell’appro- duta anonimità l’avesse resa ora vulnerabile all’accu- priazione culturale.» Mentre su Amazon le vendi- sa di non essere in grado di scrivere i suoi libri sen- te dei libri sono aumentate, il mondo letterario è za appoggiarsi creativamente a un uomo». Articoli stato sconvolto dall’inchiesta di «Il Sole 24 Ore» come questi da giorni rimbalzano sui profili social che seguendo la vecchia tecnica del follow the mo- degli scrittori. Non solo quelli italiani (Wu Ming, ney ha identificato Elena Ferrante in Anita Raja, Carlotto, De Cataldo, De Giovanni, Murgia, Erri traduttrice di sessantatré anni. Non solo molti let- De Luca), ma anche molti stranieri, da Neil Gai- tori, sia in Italia che all’estero, hanno reagito con man a Joyce Carol Oates, da Amitav Ghosh a Jojo rabbia sui social, ma anche tanti critici e scrittori Moyes che ha notato come «le autrici non vengo- si sono schierati in difesa del diritto all’anonimato. no osservate attraverso le loro idee, ma attraverso le Accusano l’autore dell’inchiesta, il giornalista Clau- loro esperienze». dio Gatti, di non avere rispettato la privacy della Sul lato opposto della barricata «The Times», se- Ferrante. «Libération» definisce l’inchiesta «un’ef- condo cui ai tempi di internet è impossibile mante- frazione rozza e malsana» e «The Guardian» attacca nere a lungo l’anonimato. Condividono gli scrittori la «terribile violazione» del diritto di non sapere, Rose Tremain e Lionel Shriver. «The New York perpetrata prima di tutto nei confronti dei lettori. Times», intervenuto nel dibattito con un editoriale Il giorno prima lo stesso quotidiano aveva definito del poeta e critico letterario Adam Kirsch, giudica il giornalista un «idiotic bin rummager», ovvero uno la rivelazione positiva sebbene ottenuta con un ap- che rovista nell’immondizia. proccio «più adatto a un’inchiesta criminale che alla Marlon James, vincitore del Booker Prize, va giù an- critica letteraria». Kirsch ricorda come nelle ultime cora più pesante, chiedendosi «a che tipo di persona settimane il mondo letterario sia andato in conflitto possa interessare questa m…?». Secondo il «Finan- sull’idea dell’appropriazione culturale, «cioè sull’i- cial Times» centra il punto: è stato confuso il diritto dea che uno scrittore abbia il diritto di racconta- di conoscere l’identità di una scrittrice famosa con il re storie su persone che non siano sé stesse». Raja bisogno di conoscerla. Senza contare che gli accer- «raccontando la storia di povere ragazze napoletane tamenti sulle proprietà e sulle entrate economiche come Lila e Elena, ha rivendicato il diritto di im- sono «il tipo di controllo che ci si aspetta che i gior- maginare le vite di gente diversa da sé stessa». An- nalisti riservino ai boss mafiosi, agli oligarchi e ai che se non ha vissuto in un quartiere degradato di politici corrotti». «The New Yorker» definisce Gatti Napoli ha potuto scrivere libri nei quali milioni di «un pedante gonfiato» e sottolinea l’affermazione persone si sono identificate, «libri sul femminismo

rs_ott16.indd 27 03/11/2016 16:16:35 e il patriarcato, la povertà e la violenza, l’educazione che nulla di umano sia alieno ad alcuno di noi, che e l’ambizione». Ed è questo «il paradosso della let- tutti abbiamo il potere d’immaginarci alla maniera teratura, che è anche la gloria dell’umanesimo: l’idea nostra nelle vite di altri».

«The Times» «The New Yorker» Il quotidiano britannico difende l’inchiesta sull’iden- La storica rivista attacca l’inchiesta sul patrimonio tità di Elena Ferrante pubblicata da «Il Sole 24 Ore»: di Anita Raja: «Se solo qualcuno avesse avuto lo «Mantenere a lungo l’anonimato ai tempi del web è stesso interesse per le dichiarazioni dei redditi di un’operazione impossibile». Donald Trump…».

«The New York Times» «Financial Times» Il quotidiano americano è intervenuto con un arti- Secondo il quotidiano economico gli accertamen- colo del critico Adam Kirsch: «La rivelazione del- ti fatti sono «il tipo di controllo che i lettori si l’identità di Ferrante è positiva, ma la rabbia dei aspettano per i boss mafiosi, gli oligarchi e i politici lettori è comprensibile». corrotti».

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rs_ott16.indd 28 03/11/2016 16:16:35 Una, due, quante Ferrante

Se indagini patrimoniali sull’autrice fittizia portano a Anita Raja, il dantista Marco Santagata rilancia: le mani sono di più persone

Paolo Di Stefano, «Corriere della Sera», 6 ottobre 2016

Dunque, ricapitoliamo con calma. Dopo tanti so- esempio quelli individuati nel marzo scorso, su «la spetti sull’identità di Elena Ferrante, raffronti sti- Lettura», dall’italianista Marco Santagata a propo- listici, analisi quantitative, piste biografiche, un’in- sito della storica napoletana Marcella Marmo, sulla chiesta di Claudio Gatti, pubblicata domenica scorsa base di spie interne della tetralogia (incongruenze, su «Il Sole 24 Ore» – in contemporanea con la «New lapsus, indizi topografici), riconducibili alla presen- York Review of Books», «Frankfurter Allgemeine» e za della protagonista Elena Greco alla Normale di la francese «Mediapost» –, ha analizzato la contabi- Pisa. Non mancano poi coincidenze stilistiche tra lità di Anita Raja registrando un picco di incassi in la scrittura della Marmo e quella ferrantiana. Il che coincidenza con l’uscita dei fortunati romanzi della conduce a un’ipotesi più complessa e interessante, e serie di L’amica geniale. Il nome della Raja – che oltre cioè che dietro il nome dell’autrice si celi un gruppo a essere traduttrice di Christa Wolf per e/o ha anche di «amici», una sorta di collettivo Wu Ming blinda- diretto la collana in cui nel 1992 uscì il primo ro- tissimo, magari formatosi negli anni. manzo della Ferrante – era già ampiamente circolato Ora, ovviamente, dopo l’indagine di Gatti, è ri- negli anni scorsi (con quelli del marito Domenico emersa la polemica ricorrente, con l’aggiunta di Starnone e di altri) e adesso, piaccia o no il metodo invettive contro un tipo di indagine che si spin- utilizzato, l’attribuzione diventa molto attendibile. geva oltre i testi (il conto in banca, l’acquisto di Nella notte di martedì 4 ottobre, un tweet firma- case…) con metodi auspicabili se applicati non a to da Anita Raja sembrava chiudere la vicenda con uno scrittore ma a un boss della mafia o a un po- un’ammissione («lo confermo. Sono Elena Ferran- litico corrotto. Ma la questione di fondo resta: è te»), ma si trattava di un falso. Idiozie social. Resta il legittimo violare la privacy di un autore che vuole fatto però che le analisi stilistiche, tematiche e quelle rigorosamente rimanere dietro le quinte e affidare matematiche hanno sempre portato ad avvicinare sé stesso solo alle proprie opere letterarie? No, non è Ferrante a Starnone. La scorsa settimana, peraltro, legittimo per i più, i tanti che (sorprendentemen- il linguista Michele Cortelazzo, su «Il Piccolo», dava te) restano fedeli a un’idea «sacrale» di letteratura notizia di una ricerca accademica condotta a Padova risalente ai formalismi esasperati anni Sessanta, da un gruppo di studiosi e presentata in agosto al secondo cui la personalità anagrafica o biografica congresso dell’Associazione internazionale di lingui- dell’autore non deve interferire nella lettura del te- stica quantitativa (Iqla), da cui ancora una volta ap- sto: il testo vale per sé e parla da sé, conta poco chi pariva chiara, su un corpus di cento romanzi apparsi l’abbia scritto. Tra questi, anche Salman Rushdie, negli ultimi trent’anni, l’affinità Ferrante-Starnone. che solidarizza enfaticamente con Ferrante-Raja: Dunque? L’ipotesi più logica è la collaborazione tra «Io sono Elena Ferrante nello spirito di Io sono i due coniugi. Ma senza buttar via altri indizi. Per Spartaco».

rs_ott16.indd 29 03/11/2016 16:16:35 Altri invece, ritenendo la Ferrante una figura pub- topo? E perché questo gioco dovrebbe finire di esse- blica che si mette in gioco nello spazio letterario, re un gioco ogni volta che qualcuno osi oltrepassare e perdipiù ormai con best seller internazionali, i confini definiti dall’editore e dall’autrice? Ricorda considerano lecito cercare di stanarne l’identità: in Santagata: «L’anonimato a scopo di marketing è un ogni attività pubblica (e la letteratura lo è) il di- fenomeno vecchio: anch’io l’ho praticato anni fa con ritto di nascondersi deve fare i conti con il diritto un romanzo politico. Il mistero ebbe i suoi effetti opposto dello smascheramento. Marco Santagata di vendita. Nel caso della Ferrante, all’inizio non è un dantista che ha lavorato anche sulla biogra- poteva esserci questa intenzione, perché il nome fia dell’Alighieri con l’intento di gettare una nuova non cambiava di una virgola le sorti del libro: pro- luce sulla lettura della Commedia, dunque non può babilmente si trattò di una scelta suggerita da ra- che sostenere la necessità di mettere in relazione gioni private. Con il successo e poi con il boom le opere con la vita: «L’idea che il testo parli da internazionale quella scelta è diventata obbligata, sé, nella critica, è superata da quarant’anni: le due al punto da fare prigionieri del loro stesso gioco componenti del testo e della vita vanno intrecciate l’editore e l’autrice o gli autori: attraverso una se- e dunque mi pare molto vecchia l’opinione di chi rie di elementi biografici, perlopiù falsi, hanno do- si appella all’autonomia dell’opera». A dirla tutta, vuto dare una presunta consistenza reale a quello pare che ci sia anche una buona dose di ipocrisia che in origine era un modo per nascondere il vero in un’epoca in cui il presenzialismo narcisistico si autore».

«L’idea che il testo parli da sé, nella critica, è superata da quarant’anni: le due componenti del testo e della vita vanno intrecciate e dunque mi pare molto vecchia l’opinione di chi si appella all’autonomia dell’opera.»

impone nettamente sulla scrittura coinvolgendo Insomma, il gioco è sfuggito di mano? «Sì, hanno anche quegli intellettuali che adesso gridano allo dovuto creare un autore con una realtà fittizia per scandalo dell’intrusione. Senza dimenticare che la il bisogno di avvalorare l’esistenza di Elena Ferran- Ferrante non è mai stata né Salinger né Pynchon, te, con tanto di presunti figli, sorelle eccetera.» La che hanno fatto della riservatezza una condizione frantumaglia è l’opera che, uscita poche settimane fa rigorosissima. in una nuova edizione, contiene le riflessioni della L’autrice di L’amore molesto, al contrario, non ha Ferrante sulla sua letteratura e le parche notizie su di evitato di solleticare la curiosità (anche pettego- sé che ha voluto elargire negli anni. «Diciamo che le la) dei suoi lettori, disseminando interviste con tracce autobiografiche, evidentemente false, sono un piccole rivelazioni autobiografiche, persino deci- romanzo nel romanzo» afferma Santagata «e tutti i dendo di partecipare, in absentia, al premio Strega discorsi sulla riservatezza finiscono per difendere la l’anno scorso. Un’ambiguità di fondo. Ed è anche privacy di una persona inesistente». accaduto che la casa editrice, con il suo inevita- E veniamo alla mano, o alle mani, che hanno ver- bile consenso, sollecitasse ai giornali interviste gato i vari romanzi firmati Elena Ferrante: già nel promozionali (ovviamente schermate dalla me- passaggio dal romanzo d’esordio a I giorni dell’ab- diazione editoriale) in coincidenza con l’uscita dei bandono qualcuno notò un notevole scarto stilistico suoi romanzi: che tipo di riservatezza o di ritrosia che mise in sospetto sull’identità univoca dell’au- è questa? Non è piuttosto un gioco del gatto con il tore. A proposito delle nuove rivelazioni, Santagata

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insiste sulla sua ricognizione di marzo: «L’identikit di un pezzo di vita della protagonista di L’amica ge- niale, Elena Greco, corrisponde a Marcella Marmo, «La Ferrante non è mai stata la storica napoletana e moglie di Guido Sacerdoti, il nipote di : ci sono elementi di straordina- né Salinger né Pynchon, che hanno ria evidenza. Altrove potrebbero esserci altre corri- fatto della riservatezza una spondenze, magari con persone diverse e magari tutte condizione rigorosissima.» riconducibili a un comune ambiente lucano sempre legato, in qualche modo, alla figura di Levi». Va detto che la stessa Raja non è estranea a questi circoli. l’indagine di Gatti secondo me non è risolutiva. A Ma nessuno può escludere che Elena Ferrante abbia parte il fatto che le tracce finanziarie non sono tali captato o addirittura raccolto la storia pisana della da dare una certezza unilaterale, bisognerebbe stu- Marmo per riportarla nel suo romanzo. Che ne dice diare bene i vari libri e capire se sono frutto della Santagata? «Ci sono spie, omissioni e tic linguistici stessa mano: non solo i primi rispetto agli ultimi, inequivocabili che non possono dipendere da una ma anche all’interno della tetralogia. Io ho il dub- fonte, semmai si tratterebbe di una fonte talmen- bio che, oltre a Raja e Starnone, ci siano forme di te vicina da sovrapporsi quasi all’autore. Dunque, collaborazione, difficili da definire, tra più persone.»

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rs_ott16.indd 31 03/11/2016 16:16:35 Giovani scrittori non rivelate il vostro nome

Il caso Ferrante

Ferdinando Camon, «La Stampa», 6 ottobre 2016

Un buon consiglio da dare a uno scrittore esordiente risolveva i suoi problemi sessuali… Come puzzava è di adottare un nome falso e nascondere quello vero così tanto, che se andava a trovar amici all’ora di per tutta la vita. Un’opera non può circolare spedita- pranzo quelli smettevano di mangiare. La conoscen- mente se deve trascinarsi dietro l’autore. Solo le ope- za di questi dettagli non mi serve per capire L’Infi- re anonime arrivano in fondo alla strada, le altre ven- nito o A Silvia, anzi m’intralcia. Voglio dire: se non gono continuamente bloccate da parenti, conoscenti, sapessi quegli aneddoti, quei versi li capirei meglio. amici e nemici. Finché si fa sera, e non ripartono più. Ingenuo come un bambino nel maneggiar denaro era L’ho scritto molti anni fa, quando il caso Elena Fer- il Foscolo, ma quando leggo I Sepolcri devo sgombrar rante non era ancora nato. Lo penso ancor oggi, a mag- la mente da questo ricordo. Ottieri beveva i profu- gior ragione. mi di sua moglie, perché era assuefatto all’alcol e i Tra l’uomo reale e l’uomo che scrive libri non c’è iden- profumi contengono alcol. Lo rivela il suo analista, tità. E non è vero che se non conosci l’identità non Cesare Musatti. Non c’è peggior vizio che quello di puoi capire quello che scrive. Noi leggiamo l’Iliade e consultare un analista per scoprire la vita segreta di l’Odissea ma non conosciamo l’identità di Omero, uno scrittore. Non c’è identità tra l’uomo che scrive non sappiamo nemmeno se è esistito, se ha scrit- e l’uomo che va in analisi. Se ci fosse identità, non to tutt’e due i libri o uno solo o parti di uno. Non andrebbe in analisi. Dopo La ciociara, la vita di Mo- sappiamo in quale epoca è vissuto, perché le forme ravia diventò un martirio. Come quella di Bassani costituzionali dell’Odissea sono troppo diverse da dopo i Finzi Contini. Come quella di Pasolini dopo quelle dell’Iliade, e ci pare difficile che questa diver- Ragazzi di vita. Lo scrittore che scrive sotto pseu- sità sia maturata nell’arco di una vita. Le opere di donimo scrive in sincerità e verità. È libero perché Elena Ferrante rivelano che chi le ha scritte è una è sconosciuto. Gli scrittori che scrivono col proprio donna e conosce così bene Napoli da far supporre nome e cognome sono schiavi della famiglia, dei pa- che ci sia nata e ci viva dentro. Sapere chi è, cosa fa, renti, del quartiere, degli amici… Sono ricattabili. dove fa la spesa, cosa compra, cosa mangia, se ha un Sul contratto di un esordiente l’editore dovrebbe marito, tutto questo è sviante rispetto alla conoscen- chiedere: «Come vuoi essere chiamato?», come si fa za delle sue opere. Ci sono aneddoti su Leopardi che col papa appena eletto. Quello è il suo nome. L’altro mi disturba conoscere. Come non si lavava… Come non c’è più.

«Non c’è peggior vizio che quello di consultare un analista per scoprire la vita segreta di uno scrittore.»

rs_ott16.indd 32 03/11/2016 16:16:35 Dopo la vita ci aspetta la vita

In uscita l’ultimo Don DeLillo, Zero K per Einaudi

Francesca Borrelli, «il manifesto», 7 ottobre 2016

Né gli elementi della trama né le vibrazioni della Dopo avere investito di un’aura sacrale due emble- lingua bastano a rendere conto della tensione che si mi del capitalismo avanzato, le armi e la spazzatu- sprigiona da ogni romanzo di Don DeLillo, il quale ra, destinati a venire seppelliti nell’underworld di sembra via via imporre – a sé stesso prima e al lettore rifugi antiatomici o in discariche sotterranee, ora poi – un ampliamento della grammatica della co- DeLillo tenta una teologia della tecnica, che per- noscenza capace di estendere i limiti del plausibile, metta «di morire un po’ per poi vivere in eterno». forzare la legittimità delle nostre percezioni, mette- Il miraggio nietzschiano del superuomo trova nel re in dubbio la fenomenologia del reale, accogliere la programma Convergence una nuova incarnazione: concretezza di fatti proiettati in un futuro anterio- «“Noi vogliamo ampliare i confini di ciò che signi- re, lasciando tuttavia che i personaggi rimangano fica essere umani – ampliarli per poi superarli,” dice ancorati a vite ordinarie, soffrano bisogni comuni, una delle guide incaricate di illustrare il progetto ma soprattutto condividano le paure e il senso del “la morte è una creazione culturale, non una rigida pericolo che invadono le nostre vite quotidiane. determinazione di ciò che è umanamente inevitabi- Ed è proprio in questo contrasto tra l’immanente le”». Perciò, per accogliere la tecnologia che renderà e il trascendente che si gioca parte del fascino dei possibile il risveglio alla vita, è stato edificato, in romanzi di DeLillo, non pochi dei quali sigillati da una regione compresa tra il Kirghizistan e il Ka- un titolo non a caso allusivo di uno stadio terminale: zakistan, un conglomerato di edifici che sembrano End Zone, Point Omega, Underworld, e ora Zero K sorgere dal deserto come una visione, una delle tan- (Einaudi, ottima traduzione di Federica Aceto) una te cui DeLillo ispira i suoi libri. Molto in profon- sigla che nella realtà della fisica sta per la più bassa dità, al termine di una serie di livelli numerati, una temperatura raggiungibile, mentre nella finzione del nuova regione dell’underworld ospita enormi ca- romanzo è il marchio dei cosiddetti «messaggeri», mere sepolcrali dove sono conservati i corpi conge- quelli che scelgono di affidarsi alla criogenesi, ovve- lati, un luogo che il monaco preposto a confortare ro al congelamento del loro corpo, prima che esso i morituri descrive come «al riparo dalla fine stessa venga alterato dalla malattia. del mondo.» Tra questi c’è Ross Lockhart, un uomo che ha accu- Incontri, progetti, apparizioni, luoghi fisici e men- mulato ricchezze stratosferiche analizzando il profit tali, tutto è filtrato dallo scetticismo di Jeffrey impact dei disastri naturali, e ora è fra i principali Lockhart, figlio di Ross e voce narrante, che viene finanziatori del progetto Convergence, la «fusio- invitato dal padre a raggiungerlo alla vigilia del suo ne, respiro dopo respiro, della fine e del principio». drammatico distacco dalla seconda amatissima mo- Morte e rinascita si saldano in quella che Ross de- glie Artis, trentaquattrenne devastata dalle conse- scrive come una «tecnologia basata sulla fede. Ecco guenze della sclerosi multipla, ora in attesa di venire cos’è […]. Un altro dio. Non tanto diverso, alla fine, sottoposta a criogenesi finché la tecnologia non sarà da alcune nostre divinità del passato. Solo che… in grado di riparare i suoi organi malati e restituirla questo è vero, mantiene le promesse». a una nuova vita.

rs_ott16.indd 33 03/11/2016 16:16:35 «“Sarebbero venuti a prenderla” si tormenta Jeff. riandare al ricordo della madre, alla inquadratura “L’avrebbero portata in un ascensore e poi giù in del suo capezzale il giorno della morte, quando sul- uno dei cosiddetti livelli numerati. Lei sarebbe mor- la soglia della stanza sostava come una apparizione ta, per induzione chimica, in una camera sotterranea la vecchia amica appoggiata al suo bastone. Sembra con la temperatura sotto lo zero, tramite procedure che quella immagine funzioni per Jeff come un ag- precisissime guidate da un delirio collettivo, dalla gancio alla concretezza della vita, un antidoto affet- superstizione, dall’arroganza, dall’autoinganno.”» tivo al distacco dalla ragione. Ed è perciò che vor- Ma Artis non la vede così: saranno gli artifici della rebbe vincere la riluttanza del padre a pronunciare tecnica – crede – a conferirle una inedita autentici- il nome della madre, quel nome che lui si ostina a tà: «Rinascerò in una realtà più profonda e più vera. non ricordare perché associato a una presenza ormai Linee di luce brillante, la pienezza di tutte le cose vaga, semmai ostile, allontanata «quando il matri- materiali, un oggetto sacro». monio morì». Torna, anche in questo romanzo, la coincidenza tra Sempre, nei romanzi di DeLillo, personaggi smar- deriva del senso e approdo religioso, come se ciò che riti cercano di saldarsi alla vita nominando ad alta esorbita i confini della ragione non potesse che veni- voce gli oggetti che li circondano: così Nick, il pro- re accolto da un atto di fede: quella di DeLillo è la tagonista di Underworld, insegue la padronanza del vocazione laica a una forma di misticismo, ciò che linguaggio per riscattarsi dal delitto commesso; e Mr giustifica, anche, il suo insistito ricorso all’arte come Tuttle – la misteriosa presenza nella casa della body veicolo per la trasfigurazione del banale. I lunghi artist – rende incerta la sua appartenenza al reale corridoi silenziosi che Jeff percorre nella sua visita proprio perché incapace di nominare gli oggetti più al progetto Convergence mostrano chiuse porte co- banali. Anche i nomi, per DeLillo così importanti lorate, mentre sulle pareti vengono proiettati video da costituire il titolo di un suo romanzo dell’82, sono apocalittici: «“Era l’arte che accompagna le ultime associazioni di lettere che devono rendere conto del- cose,” riflette Jeff “semplice, onirica e delirante. Tu la fisionomia del personaggio, suonare come suona il sei morto, questo diceva”». suo carattere, assecondarne la tempra, non stridere Ma il figlio di Ross Lockhart, un nome che si sco- con le sue inclinazioni. prirà inventato, abita il mondo modesto della con- Un capitolo intitolato alla moglie di Ross, Artis cretezza quotidiana, e ad essa tornerà: una parentesi Martineau, interrompe l’andamento narrativo per del romanzo lo descrive a New York, insieme alla sommare frammenti di un monologo interiore alter- sua compagna e al figlio Stak da lei adottato. Ge- nati a una voce fuori campo, fornendo a DeLillo il sti quotidiani, interni senza pretese, e un costante luogo narrativo dove fare precipitare alcuni tra i suoi

«Le case degli altri mi facevano paura. A volta, dopo la scuola, un amico mi convinceva ad andare a fare i compiti da lui. Rimanevo sconvolto nel vedere come vivevano le persone, gli altri, quelli che non erano me. Non sapevo come comportarmi davanti a quell’intimità appiccicosa, alla risciacquatura dei piatti, ai manici delle padelle che spuntavano dai lavandini. Volevo provare curiosità, divertimento, indifferenza, un senso di superiorità?»

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«Passando davanti a un bagno: una calza femminile poggiata su un portasciugamano, flaconcini di pillole sul davanzale, alcuni aperti, altri rovesciati, una pantofola da bambino nella vasca da bagno. Tutto questo mi faceva venire voglia di scappare a nascondermi, un po’ anche dalla mia stessa schifiltosità. Le camere con i letti sfatti, i calzini a terra, la vecchia in camicia da notte, scalza, una vita intera raccolta su una poltrona accanto a un letto, il corpo curvo e la faccia bofonchiante. Chi era quella gente, minuto dopo minuto, anno dopo anno? Mi veniva voglia di tornare a casa e non uscire più.»

temi più ricorrenti: il ripiegarsi sulle proprie parole da soli”». E così, Ross non si limita a finanziare il saggiandone la consistenza sonora prima ancora che progetto che assicurerà una nuova vita alla amata semantica, la concezione del tempo mutuata quasi Artis, ma non tollerando di separarsi da lei quando letteralmente da Agostino, filosofo presente fin da il suo corpo verrà congelato, intende seguirla. Poi Americana, il suo primo romanzo; e, ancora, la di- ci ripensa e torna alla vita di sempre, ma alla fine lo stinzione tra avere un corpo e essere un corpo, cara strazio vince sia i deboli echi della sua ragione sia all’antropologia di Plessner, autore tuttavia ragione- l’indignato scetticismo del figlio Jeff: Ross tornerà volmente estraneo allo scrittore americano. in quel deserto dove stanno «costruendo il futuro», e Anche Eric Packer, il miliardario protagonista di consegnerà il suo corpo sano alla criogenesi, mentre Cosmopolis, avrebbe voluto trascendere i limiti del i filologi che lavorano per Convergence vagheggia- suo corpo e guadagnare una sorta di immortalità no la messa a punto di una lingua avanzata, che sarà attraverso le chance della tecnologia, trasferendosi insegnata ad alcuni e impiantata in altri, una lingua in un brano musicale o in un dato di pura informa- «che ci permetterà di esprimere cose che ora non zione. Ma qui il progetto cambia scala e coinvolge il siamo in grado di esprimere, di vedere cose che ora futuro dell’umanità, o almeno di coloro che potran- non siamo in grado di vedere, di vedere noi stessi no permetterselo: «Tutti vogliono possedere la fine e gli altri in modi che mirano a unirci, ad ampliare del mondo» recita la prima riga di questo romanzo ogni possibilità». Non quelle del romanzo, tuttavia, inquietante, magnificamente costruito e attraversato già ontologicamente illimitate, come anche questo da notevoli bagliori linguistici, ma solo «“gli uomi- ultimo lavoro di DeLillo – né fantascienza né disto- ni che si sono fatti da soli” riflette Jeff “si disfano pia – dimostra.

«Ho bisogno di una finestra per guardare fuori. È questo il mio limite.»

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rs_ott16.indd 35 03/11/2016 16:16:35 La vegetariana che viene da Seul

Han Kang era una scrittrice di nicchia. Oggi è la diva di una narrativa coreana sempre più sulla cresta dell’onda: grazie a un’eroina che cerca la purezza rinunciando a tutto

Elisabetta Muritti, «D» di «la Repubblica», 8 ottobre 2016

Yeong-hye è una casalinga né bella né brutta, dove viscere atrofizzate, esofagi addestrati a chiudersi la metti sta. Un marito più insignificante di lei l’ha all’altezza dell’ugola, emorragie gastriche. La vege- sposata per questo: Yeong-hye cucina bene, parla tariana è un piccolo romanzo coreano elegantissimo poco, legge molto, le sue esperienze sentimentali e tremendo, perverso e pacificato, che ha appena non sono mai andate oltre quel coniuge poco consi- vinto il britannico Man Booker International Prize derato in ufficio e altrettanto poco dotato dal punto 2016 battendo la favorita Elena Ferrante e il premio di vista genitale. Ma Yeong-hye dorme male. Ha Nobel Orhan Pamuk ed è stato incluso tra i più bei gli incubi, sogna di avere la bocca piena di sangue e libri dell’anno dalla rivista «Time». Han Kang, una poltiglia cruda. Decide di non mangiare più carne. minuta e volitiva poetessa e insegnante di scrittura E si sottrae al sesso, perché puzza di corpi uccisi. Il creativa che vive vicino a Seul con un figlio adole- marito la stupra. Il padre le forza le labbra sigillate scente, l’ha scritto e riscritto per anni, assemblando con un boccone di maiale in agrodolce, lei si taglia le tre cesellatissimi racconti brevi. vene di un polso. Finisce in manicomio. In Corea La vegetariana è uscito nel 2007, provo- Secondo atto: Yeong-hye è mollata dal marito e va cando più sconcerto che vendite. In Occidente in- a vivere con la sorella, il cognato e il loro bambi- vece è approdato l’anno scorso grazie all’innamora- no. Il cognato è un videoartista pazzo di desiderio: mento cocciuto di Deborah Smith, una sconosciuta quel corpo che aspira a sciogliersi nella natura, e a studentessa inglese che oggi si ritrova, grazie al Man farsi pioggia e sole, lo eccita. Glielo dipinge di fiori Booker Prize, a essere una delle traduttrici più am- bellissimi, tenta di filmarla mentre fa l’amore con mirate al mondo. Nonché la talent scout di un’autri- un uomo decorato allo stesso modo. Finirà che sarà ce di nicchia avviata a trasformarsi in una macchina lui, ugualmente ricoperto di corolle e pistilli fallici, a da guerra della K-lit, la moda dei romanzi coreani sostituirsi all’attore. La moglie li scopre, tentano en- contemporanei, per niente esotici e così soavemente trambi il suicidio e Yeong-hye finisce un’altra volta sgradevoli e dark. Tradotto in ventisei lingue, ita- in manicomio. E lì non mangia più niente. Finché liano compreso (per Adelphi), La vegetariana è di- non la legano a un letto, trascorre le giornate a te- ventata la scorsa primavera best seller di ritorno in sta in giù, vuole mettere radici, diventare un albero. patria e libro di culto nel mondo, dove, secondo dati Solo la sorella e il nipotino Ji-woo le restano vicino. forniti dall’agente della scrittrice, ha finora venduto E nel suo lento scivolare verso una morte che sente circa un milione di copie. come l’ingresso agognato verso una purezza senza Han Kang, quarantacinque anni di cui più di trenta più sopraffazioni, inflitte e subite, a noi lettori non passati a leggere, scrivere, studiare e cercare di soprav- è risparmiato nulla. Sondini nasogastrici, ipertricosi vivere in una famiglia di intellettuali incoraggianti ma da anomalie neuroendocrine, piaghe da decubito, sprovvisti di mezzi, è una signora che con garbo si

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«Ho mangiato troppa carne. Le vite degli animali che ho divorato si sono tutte piantate lì. Il sangue e la carne, tutti quei corpi macellati sono sparpagliati in ogni angolo del mio organismo.»

confessa sopraffatta da quello che le è successo. Dice prima italiana: perché a lei servono tempo e tranquil- che a lei le ventimila copie che La vegetariana era riu- lità, e non ama rinunciare alle risposte soppesate fino scita a vendere in nove anni, prima del Man Booker, allo spasimo, studiate apposta per le domande che potevano bastare. Tanto più che il regista connazio- le piacciono. Quelle che non le piacciono le ignora nale Lim Woo-Seong ne aveva tratto un film sospe- senza infingimenti, dicendosi speranzosa di non aver so tra body horror e body art che a lei non era del causato seccature professionali all’interlocutore. Nel tutto piaciuto, ma che al Sundance Film Festival del caso, poi, che una domanda e una risposta abbiano 2010 aveva stuzzicato i critici internazionali che ado- trovato improvvisamente una loro armoniosa corri- rano gli psicodrammi sontuosamente confezionati. spondenza e necessità, Han Kang ringrazia con paca- Anche se le si è stravolta l’esistenza, Han Kang re- to sollievo, augurando reciproci momenti di serenità sta irreprensibile. La sua Vegetariana la sta portando e altre occasioni di profondità e introspezione. in giro per l’Occidente (alcuni mesi all’University of Iowa International Writing Program le hanno rega- L’incipit del romanzo è: «Prima che mia moglie diven- lato, allora era ventottenne, un inglese lentissimo ma tasse vegetariana, l’avevo sempre considerata del tutto implacabilmente esatto); ultimamente è stata in Ger- insignificante». Ma è così eccentrico essere vegetariani, mania. Tuttavia, se può dettare le sue condizioni, le nel suo paese? interviste preferisce farle via mail, anche questa, la sua In Corea non si consuma così tanta carne come in Occidente. Noi coreani mangiamo tanto tofu, che è un formaggio di soia, e moltissime altre verdure. Quindi non è frequente che qualcuno si profes- si vegetariano anche se lo è, perché nel caso basta astenersi da alcune pietanze. Ogni pasto coreano è comunque ricchissimo di alimenti vegetali, anche quando prevede una portata di carne. Dire in Corea «io sono un vegetariano» è dunque una dichiarazio- ne clamorosa.

Il vegetarianesimo è allora una metafora della rinun- cia alla quotidianità? A un matrimonio convenzionale? Alla violenza della vita? Direi che per Yeong-hye è semplicemente la strada da percorrere per sottrarsi all’onnipresente violen- za umana. Il suo rifiuto di ingerire carne aspira a un’innocenza perseguita con perfezionismo. Tanto più che poi rinuncia a qualsiasi nutrimento che non sia l’acqua, perché sente che sta trasformandosi in una pianta. Lei non vuole più fare parte della razza

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rs_ott16.indd 37 03/11/2016 16:16:35 umana. Sta tentando disperatamente di salvarsi, ma nuovo era, a suo modo, molto buddhista. E comun- nel farlo paradossalmente si avvicina sempre più alla que anche quando ero buddhista non ero religiosa: morte. il buddhismo era una filosofia che dava struttura ai miei pensieri. Posso dire che una parte di me è an- Lei ha confessato di essere stata vegetariana. Quanto ha cora buddhista. influito nella scrittura di questo romanzo? Lo sono stata per alcuni anni. Perfettamente consa- Sostentamento e perpetuazione della specie sono irrime- pevole che chi tentava di convincermi a mangiare diabilmente violenti? C’è orrore nella sua rappresenta- carne in fondo aveva ottime ragioni per farlo. Queste zione della dieta carnivora, del sesso… persone volevano solo essere gentili. Peccato che la Per vivere dobbiamo mangiare. Cibarci di esseri vi- loro gentilezza a volte fosse un po’ comica… posso venti, non pietre o cristalli. Dobbiamo essere vio- dire che quest’esperienza mi ha costretto a riflettere lenti per metterci in salvo. Per Yeong-hye questa su molte cose, ma che non ha niente a che fare con consapevolezza è il cuore della sua agonia. Piuttosto il mio libro. Così come quest’ultimo non è lo spec- che accettare tale violenza pervasiva, lei sceglie di chio fedele della società e delle famiglie coreane. diventare una pianta, l’unico essere capace di vivere Molte situazioni le ho dovute esasperare esisten- senza ferire alcunché. A un certo punto per lei vita e zialmente. E in questo sì, l’essere stata vegetariana morte non hanno più senso, come non ce l’ha più il mi è stato di aiuto. Ha aggiunto uno spessore su cui sostentarsi. Lei vuole solo salvarsi. lavorare. Lei ci costringe a interrogarci sulla solitudine di una Da ragazza è stata buddhista. Le è stato di aiuto nel persona costretta a rapportarsi agli altri. È possibile una concepire «La vegetariana»? Che cosa l’ha convinta, or- vita buona all’interno di una famiglia, di un matrimo- mai trentenne, a rinunciare al buddhismo? nio? La si può inseguire, questa bontà, senza immolarsi, Se sei buddhista stai molto attenta a non fare del e senza aspirare a diventare dei vegetali? male agli altri, animali inclusi. I monaci e le mo- Certo, nell’universo del mio romanzo tutti i personag- nache non mangiano carne. E avevo smesso di gi sono alienati e soli. Ma In-hye, la sorella maggiore, mangiarla anch’io, sotto l’influsso di questi esem- tenta di capire Yeon-hye, e di soffrire con lei. Ecco, io pi virtuosi. Non volevo ferire nessun essere viven- penso che l’abilità umana più preziosa sia la capacità te, cercavo di essere una persona migliore. Ma a di provare il dolore altrui. Nella scena finale In-hye, trent’anni mi sono ammalata e mi sono confrontata voce narrante della terza parte, la più importante, più realisticamente con il mio corpo e la mia mor- fissa immobile il finestrino dell’ambulanza come per talità. Quand’è malata la gente tende a rifugiarsi avere una risposta. Anche il mio romanzo cerca una nella religione, io no. Da malata io volevo un paio risposta. E non la dà. Cerca di capire se è possibile di occhi nuovi, e schietti, per guardare il mondo. vivere con innocenza. E abbracciare un mondo dove Se oggi ci ripenso, capisco che la stessa decisione violenza e bellezza sono mescolate assieme. Senza di pretendere occhi nuovi per guardare un mondo voler convincere nessuno a diventare una pianta.

«Che cosa ho fatto in quel granaio? Mi sono ficcata in bocca quella massa cruda e rossa, l’ho sentita premere contro le gengive e il palato, molle e scivolosa di sangue cremisi.»

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Alla fine è sempre il corpo, il campo di battaglia delle urla silenziosa. Ma se ci si limita a questo aspetto, donne… si perdono tutte le altre domande su cosa significhi Nel mio libro il corpo è l’ultimo rifugio di Yeong-hye. essere umani. Un corpo desiderato, forzato, picchiato dalle persone vicine. Ma non credo d’aver scritto sulla ribellione Essere madre le ha dettato il rapporto più tenero, quello femminile. Il romanzo ha molti livelli, parla della vio- tra In-hye e Ji-woo, unico maschio non violento del libro? lenza umana e della possibilità di rifiutarla, della defi- Ciò che scrivo non rispecchia mai quello che mi è nizione di pazzia e normalità, della difficoltà di capire accaduto. Anche se la maternità ha dato un senso a gli altri. E, certo, anche della voce delle donne, che tutta la mia vita privata.

© Nobuyoshi Araki

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rs_ott16.indd 39 03/11/2016 16:16:35 Don DeLillo, cioè l’America

Zero K, il nuovo grande romanzo di un autore capace di avvertire i cambiamenti nell’aria. Foster Wallace, Franzen, Eggers, Smith, Amis non sarebbero stati gli stessi senza di lui

Francesco Longo, «pagina99», 8 ottobre 2016

Tutte le storie che racconta Don DeLillo hanno a si alternano ai sentimenti di Jeffrey. Anche la gran- che fare con la morte. Nel suo sedicesimo e ultimo dezza di Zero K sta nell’equilibrio tra la portata del romanzo Zero K (Einaudi, traduzione di Federica tema – la paura di invecchiare e il terrore della mor- Aceto) la morte è vinta. Già i due protagonisti di te che caratterizza oggi le società – e le abitudini di Rumore bianco (1985), moglie e marito, si interro- un figlio cresciuto senza il padre: «Quando lui se ne gavano ossessivamente su chi dei due sarebbe morto andò, io decisi di accogliere l’idea di essere stato ab- prima e il romanzo culminava con l’invenzione del bandonato, o semiabbandonato. Io e mia madre ci farmaco Dylar, una pasticca che attenua la paura di capivamo e ci fidavamo l’uno dell’altra. Ci trasferim- morire. Nel romanzo sull’omicidio Kennedy, Libra mo nel Queens, in un appartamento al pianoterra (1988), una frase rivelatoria valeva come chiave per senza giardino. La cosa andava bene a tutti e due. interpretare tutta la sua produzione: «Le trame pos- Mi lasciai ricrescere i capelli sulla testa rasata da abo- siedono una logica. C’è una tendenza, nelle trame, rigeno. Andavamo insieme a passeggiare. Chi è che a evolvere in direzione della morte». In quella oc- fa una cosa del genere, quale madre e quale figlio casione sosteneva cioè che la morte è «insita nella adolescente, negli Stati Uniti d’America?». Ad ac- natura di ogni trama. Nelle trame di narrativa come comunare Jeffrey a molti altri personaggi delilliani è in quelle di uomini armati». Sarà che tutte le trame la sua mania per il linguaggio. Medita sulle parole, portano alla morte, ma i suoi libri sono permeati da attribuisce nomi, rimugina sulle definizioni: «Mia riflessioni legate alla fine del mondo, a ciò che ci madre aveva un rullo per togliere i pelucchi dai vesti- sarà dopo questa vita, ammantando la sua letteratu- ti. Non so perché quell’oggetto mi affascinasse tan- ra di una coltre metafisica, religiosa, splendidamen- to. Guardavo mia madre che guidava quell’aggeggio te sacra. A emanare sacralità possono però essere i sulla schiena del suo cappotto di panno. Provavo a prodotti sugli scaffali dei supermercati, un filmato in definire la parola rullo senza sbirciare sul dizionario». bianco e nero, il flusso di dati offerti dalla tecnolo- Forse la crioconservazione funziona anche con i gia. A proposito di Underworld parlò di una «teolo- personaggi. Jeffrey Lockhart allora non è altro che gia delle armi e dei rifiuti». Nick Shay di Underworld, resuscitato. Nick Shay In Zero K, una sede fantascientifica e segreta nel de- è la figura più autobiografica della sua narrativa. Il serto del Kazakistan ospita esperimenti per conser- padre di Nick, allibratore di New York, scompare vare i corpi finché il giorno in cui le malattie saran- quando lui è piccolo. Nick è malinconico, introver- no battute le persone potranno tornare a vivere: per so, profondo, nostalgico della sua adolescenza nel sempre. Ross Lockhart, finanziatore del progetto, ha Bronx. DeLillo, nato nel Bronx, è schivo, riservato, condotto lì suo figlio Jeffrey. Le previsioni su come non possiede un telefono cellulare, continua a scri- si risveglierà questa nuova umanità crioconservata vere a macchina, non rilascia dichiarazioni eclatanti.

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Dopo una stagione lunga di romanzi memorabili, I di cristallo in cui leggere il domani. Spesso con toni nomi (1982), Rumore bianco e Libra, culminata con apocalittici, DeLillo avverte i cambiamenti nell’aria e Underworld, la sua narrativa non ha sempre brillato, ne annuncia l’arrivo. Fin dai primi libri, la sua lette- prova ne erano Body Art (2001), Cosmopolis (2003), ratura è attirata dal punto di contatto tra la storia e le L’uomo che cade (2007) e Punto Omega (2010). Ma passioni dei singoli. «Sono i desideri collettivi a fare ora DeLillo è tornato. Con una trama potente, e con la storia» scriveva nel suo capolavoro di novecento il sole che scende sulla sua Manhattan. Aveva ragio- pagine, Underworld, in cui seguiva le vicende di una ne Joshua Ferris su «The New York Times», quando mitica pallina da baseball per raccontare mezzo se- scrisse: «Non leggo un romanzo di DeLillo per la colo di vita americana. I suoi mondi letterari abbrac- trama, per i personaggi o per l’ambientazione. Leg- ciano eventi epocali – la Guerra fredda, la morte di go un romanzo di DeLillo per le sue frasi». Parole e Kennedy, la caduta delle Torri gemelle – e l’intimità frasi che hanno incantato critici come Harold Blo- inquieta delle persone. DeLillo ha raccontato ansie e om e ogni lettore: «Quando venni a sapere la verità desideri della cultura statunitense come nessun altro sul nome di mio padre ero in vacanza. Frequentavo scrittore e di fatto sarebbe inconcepibile disegnare un grande college del Midwest dove le camicie, i una mappa della recente letteratura americana sen- maglioni, i jeans, i pantaloncini e le gonne di tutti za collocarlo al centro. In occasione dei venticinque gli studenti che sfilavano da un posto all’altro tende- anni dal suo illuminante romanzo Rumore bianco (del vano a fondersi nelle assolate domeniche di football 1985), sul «Los Angeles Times» Richard Rayner in una sola fascia intensa viola e dorata mentre ri- scrisse che senza quel testo non esisterebbero, o non empivamo lo stadio e ballonzolando sui sedili aspet- sarebbero esistiti nello stesso modo, scrittori come tavamo di essere ripresi dalla televisione per poterci David Foster Wallace, Jonathan Lethem, Jonathan alzare, sbracciarci e urlare». Franzen, Dave Eggers, Martin Amis, Zadie Smith L’America ha ancora bisogno di essere raccontata da e Richard Powers. Ovvero gli scrittori più validi e DeLillo. Ogni suo romanzo riesce a essere uno spec- acuti della generazione successiva a quella di Philip chio in cui la società si riflette e insieme una sfera Roth, Thomas Pynchon, Cormac McCarthy.

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rs_ott16.indd 41 03/11/2016 16:16:36 Archeologia del volgare

Cinquecento anni fa si stampava la prima grammatica italiana. L’«esploratore» era il giurista Giovan Francesco Fortunio

Matteo Motolese, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 9 ottobre 2016

Non so se anche voi siate stati colpiti dal regalo che ancora più profonda: per la prima volta, si faceva Mark Zuckerberg ha fatto a Renzi nel corso della strada l’idea di serialità, di produzione automatica. sua visita in Italia: un pezzo del server originale su Tutto questo aveva una forte ricaduta anche sulla cui è stato creato facebook. Incorniciato, sotto vetro, percezione della lingua. La riproduzione meccanica con tanto di didascalia. È difficile dire se tra cin- di un foglio in migliaia di copie stimolava un bisogno quecento anni si guarderà a quel frammento come a di omogeneità in precedenza sconosciuto. E dunque qualcosa che ha segnato una svolta nel nostro modo un’esigenza di regole certe, il più possibile condivise. di stare al mondo: tenere i contatti con le persone, Ma mentre il latino era fondato su una grammatica percepire la globalità. Speriamo di no. Non sempre tramandata da secoli, niente di simile esisteva per il gli inizi delle trasformazioni che contano sono net- volgare. Non c’erano vocabolari né altri strumenti tamente riconoscibili. normativi. Solo la letteratura costituiva un argine alla C’è però qualcosa di emozionante nell’osservare continua mutevolezza degli usi locali. pezzi che rimandano a momenti in cui è iniziato un È questo il contesto in cui va inserito questo piccolo determinato tipo di futuro. È questa la sensazione libretto uscito mezzo millennio fa, intitolato sem- che si prova anche prendendo in mano una delle co- plicemente Regole grammaticali della volgar lingua. pie che ancora sopravvivono della prima grammati- L’autore era un giurista friulano di nome Giovan ca stampata in Italia. Se ne conoscono una trentina Francesco Fortunio, di cui abbiamo poche notizie. di esemplari in tutto il mondo. Provengono da una Sappiamo che morì, forse suicida, un anno dopo la piccola tipografia di Ancona che, cinquecento anni pubblicazione: il suo corpo fu trovato ai piedi del fa, li ha messi sotto il torchio. Era il settembre 1516. palazzo pretorio di Ancona, città di cui era luogote- L’Italia era allora nel pieno di quello che oggi chia- nente, precipitato da una finestra. miamo Rinascimento: a Roma, Raffaello affrescava Il suo tentativo di descrivere le regole del volgare gli ambienti della curia papale; Ariosto, a Ferrara, non era una novità in assoluto: già a metà Quattro- aveva appena pubblicato l’Orlando furioso. A meno cento, Leon Battista Alberti aveva stilato una de- di un secolo dalla sua invenzione, la stampa a carat- scrizione grammaticale della lingua in uso a Firenze. teri mobili era ormai diventata un’industria: migliaia Ma il testo di Alberti era rimasto privo di una rea- di copie venivano impresse ogni mese a Venezia; in le circolazione ed era nato su presupposti del tutto nessun’altra città d’Europa si produceva un numero diversi. Non si trattava di un manuale come quello così alto di libri. pubblicato da Fortunio: non aveva la medesima fi- La stampa aveva portato una rivoluzione nel modo di nalità pratica e didattica. condividere la cultura scritta. All’innovazione mate- È questo il motivo per cui osservare questo piccolo riale, come spesso accade, era seguita una mutazione libretto vuol dire guardare l’inizio di qualcosa che

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ha trasformato in modo profondo il nostro rapporto tipico di ogni esplorazione di terre incognite: dubbi, con la lingua. Il frontespizio è di un’eleganza estre- incertezze, errori. ma: il titolo, isolato nel bianco della pagina, è inci- L’idea di fondare una descrizione del volgare sul so su due righe in caratteri maiuscoli, senza alcun modello degli autori risulterà, com’è noto, vincente. fregio o figura; anche il testo che segue ha una sua Di lì a una decina d’anni, le Prose della volgar lingua innegabile grazia: è stampato utilizzando l’ormai di Pietro Bembo certificheranno in modo definiti- celebre corsivo introdotto da Aldo Manuzio poco vo la superiorità della lingua letteraria del Trecento più di un decennio prima. Non si tratta solo di un rispetto agli usi contemporanei, spazzando via ogni vezzo grafico ma di una scelta che rimanda a qual- proposta teorica alternativa. Per secoli, la letteratura cosa di sostanziale. Nelle prime pagine, Fortunio diventerà il modello di riferimento della lingua. Sarà racconta infatti di aver iniziato a pensare alla sua il Novecento ad archiviare in modo definitivo questa opera mentre leggeva in gioventù proprio i testi di impostazione. Non così l’idea di una lingua regola- Petrarca e di Dante pubblicati da Aldo ai primi del ta, con un’ortografia stabile e usi omogenei, che il Cinquecento, nel tentativo di imparare – lui setten- libretto di Fortunio aveva reso, per la prima volta, trionale – il fiorentino. Ricorda lo studio di quella visibile a tutti. lingua distante dal suo volgare nativo ma anche la sua capacità di cogliere – come stelle in una notte serena – usi regolari e ricorrenti nella scrittura de- L’edizione di riferimento delle Regole di Fortunio è gli autori più amati. Di lì l’intuizione di provare a quella a cura di Brian Richardson (Padova, Ante- organizzarli in un libro, sul modello dei grammatici nore, 1999). Chi volesse sfogliare una copia cinque- latini. Un passaggio che richiedeva, al tempo, una centesca della grammatica (la ristampa del 1545 da capacità di astrazione non comune e una notevole parte degli eredi di Aldo Manuzio) lo può fare at- intraprendenza: non c’è pagina di questa grammati- traverso il portale della Bayerische Staatsbibliothek ca che non trasmetta quel senso di incertezza che è di Monaco.

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rs_ott16.indd 43 03/11/2016 16:16:36 Il sesso me lo imparo sul web

Né scuola né famiglia. Non lo insegna nessuno. E gli adolescenti fanno da sé. Su internet: tra chat, webcam e siti per adulti

Caterina Bonvicini, «l’Espresso», 9 ottobre 2016

I ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati. Subito a un altro, che un giorno le ha postate su facebook, parlano a valanga, se qualcuno si interessa al loro taggando il fidanzato ufficiale». mondo, difficilissimo. Capita il caso di cronaca e ci Ancora più insidiosi sono i siti di incontri. Se si par- mettiamo sull’attenti: una diciassettenne, a Rimini, la un po’ con i ragazzi, si scopre che vanno forte i viene fatta ubriacare, viene violentata nel bagno di rapporti virtuali con sconosciuti. «Pericolosissimi,» un locale e l’amica, invece di difenderla, fa un video. commenta Sabrynex, diciassettenne diventata famo- A noi sembra un crimine, invece è la loro quotidia- sa su Wattpad (che ora pubblica per Rizzoli) «perché nità. A Palermo, raccontano dei sedicenni, girava la spesso gli incontri vengono registrati». E racconta satira di un tutorial: come avere rapporti orali con che sono focolai di prostituzione: «Ci sono ragazze due ragazze contemporaneamente. Il video, diffuso disposte a spogliarsi davanti a una webcam in cambio su WhatsApp, ha raggiunto persino i genitori degli di una ricarica telefonica». Spiega che questo succede interessati in Cina. «E questo ha scatenato un effet- perché c’è «un grande scollamento fra la vita reale e to domino,» spiegano «dopo tutti si sentivano auto- quella virtuale». I suoi coetanei magari sono timidi e rizzati a spedire in giro foto delle loro ex nude». E impacciati nei rapporti reali, ma on line si trasforma- quali conseguenze ci sono state per le due ragazze? no. «Dallo schermo ti senti protetto» dice. «Nessuna,» rispondono «una si è fidanzata e l’altra Usano Lovoo, Chatroulette, Omegle, dove non ti continua a fare queste cose». Il sexting è la normalità. devi nemmeno registrare (una chat anonima fra due persone, You e Stranger), e persino Tinder. «In so- Lezioni a luci rosse stanza hai davanti solo dei genitali,» spiega un se- Non a caso Snapchat è un social molto usato dai dicenne «non vedi neanche le facce. Molte ragazze ragazzi (tanto che Instagram adesso cerca di copiare entrano per curiosità, oscurando la webcam. Almeno la formula). Alcuni scelgono addirittura Telegram, all’inizio». come i jihadisti, perché sfugge alla polizia postale. Insomma la generazione YouPorn, che impara tutto A forza di ripetere che la memoria in rete è eterna, quello che c’è da imparare dalla rete, a un certo pun- ormai si fidano di più dell’effimero, della foto che to non si accontenta più di guardare. Ci mettono un dopo ventiquattro ore scompare. Se qualcuno fa lo attimo e diventano loro gli attori. E tutto è organiz- screen e salva la tua immagine, ti arriva una noti- zato perché possano farlo. fica e questo basta a rassicurarli. Il problema è che «Si guarda YouPorn solo in prima e seconda media,» quando un rapporto finisce, la foto resta in mano a spiega un quattordicenne «poi è considerato supera- una persona magari molto arrabbiata. «A una mia to». Il primo video glielo ha fatto vedere una com- amica è capitato,» racconta una sedicenne «aveva un pagna di classe («le ragazze sono le più spigliate e ragazzo ma si faceva delle foto nuda e le mandava anche le più sboccate») e descrive la sessualizzazione

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precoce delle coetanee. «Cominciano con i rapporti orali intorno ai dodici e tredici anni,» racconta «poi «La generazione YouPorn, intorno ai quindici passano ai rapporti completi». che impara tutto quello che c’è Insomma, l’educazione poco sentimentale – perché il sesso è vissuto a parte, sempre a distanza dal sen- da imparare dalla rete, a un certo timento – per loro è un fai da te selvaggio, un passa- punto non si accontenta parola fra amici davanti a uno smartphone. più di guardare.» La scuola che non c’è Del resto, la scuola su questo fronte li ha comple- agisce, fondando un immaginario collettivo. Persino tamente abbandonati. L’educazione sessuale è ob- le fanfiction, genere letterario di moda fra le adole- bligatoria in tutti i paesi Ue tranne Bulgaria, Cipro, scenti, in cui una ragazzina immagina la sua storia Polonia, Romania e Italia. In Svezia si insegna dal d’amore con un personaggio famoso, uno youtuber o 1955. Da noi, invece, si fanno proposte di legge per il cantante preferito, sono pornografiche. Veri e pro- introdurre la materia nelle scuole dal 1975, ma ven- pri sogni erotici in pubblico. gono tutte puntualmente bocciate. «Internet non va demonizzato, è solo uno strumento Leggendo studi internazionali sul tema in riviste che bisogna saper utilizzare. Gli adolescenti non sono specializzate, ci si accorge che i risultati delle ri- maturi da un punto di vista neurologico, sono por- cerche fatte attraverso focus group sono tutti mol- tati all’agire e solo dopo a riflettere, quando le con- to simili. Il problema è globale. E la risposta alla seguenze sono ormai incontrollabili» spiega Ema- domanda «da dove trai le tue informazioni in ma- nuela Confalonieri, docente di Psicologia delle svi- teria sessuale?» è uguale dappertutto. «Su internet» luppo alla Cattolica di Milano, che ha organizzato rispondono i giovanissimi. Gli studi sottolineano diversi focus group nelle scuole italiane. E racconta anche la lucidità dei campioni, perché i ragazzi non che questa autoeducazione selvaggia ha portato a un negano che il loro rapporto col sesso sia condizio- aumento non tanto delle gravidanze indesiderate, nato da questa formazione. Il loro immaginario ha quanto della richiesta della pillola del giorno dopo ormai l’imprinting di YouPorn: ragazze magrissime e soprattutto un incremento delle malattie sessuali con un petto enorme, maschi con genitali immensi, trasmissibili. tutti rigorosamente depilati, orgasmi dimostrativi, rapporti anali obbligatori. C’è molta frustrazione Orfani digitali davanti a questi modelli, e tanta ansia da prestazio- Se la scuola non se ne occupa, allora tocca ai geni- ne e qui, studi scientifici e voci di ragazzi concorda- tori. Lo spiega bene il libro di Alberto Pellai, ricer- no. Te lo dicono anche loro, candidamente. Quella è catore del dipartimento di Scienze biomediche alla fiction, non saremo mai così. Intanto però la fiction Statale di Milano, Tutto troppo presto. L’educazione sessuale dei nostri figli nell’èra di internet (De Agosti- ni). Parla di undicenni dipendenti da YouPorn, di «Internet non va demonizzato, ragazzine ricattate da adescatori on line, di sexting è solo uno strumento che bisogna e altre pericolose abitudini dei nativi digitali. «La scoperta di materiale pornografico in rete avviene saper utilizzare. Gli adolescenti entro la terza media nel settanta percento dei casi» non sono maturi da un punto spiega Pellai. «Il problema è la distanza fra quel- di vista neurologico.» lo che fanno i ragazzi e la percezione che ne han- no i genitori. Il sessanta percento è convinto che il proprio figlio non guarderebbe mai un video su

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rs_ott16.indd 45 03/11/2016 16:16:36 YouPorn. Invece. Durante l’adolescenza, i genitori conoscenze. Un paradosso». Spiega che il sexting è conservano un presidio sulla vita reale dei loro figli così diffuso perché le ragazze si fidano delle chat ma non su quella virtuale. Tanti nostri figli sono private, senza capire quanto sono pericolose. «Le orfani nella loro vita on line.» chat private ti fanno sentire al sicuro. I ragaz- Naturalmente il rischio pedofilia è aumentato. Non zi usano tutto in privato: chat di WhatsApp o di basta più accertarsi che i ragazzi non frequentino facebook, direct di Instagram. E pensano che sia persone sbagliate, ormai in rete possono essere av- davvero privato quello che invece privato non è. vicinati da chiunque, nella loro stanza, a un passo La delusione è dietro l’angolo» dice. E quando lei dai genitori. racconta del primo ragazzo che l’ha lasciata, le ri- «In una ricerca di Save the Children» racconta «il spondono: «Ti ha mollata perché non avevi fatto cinquanta percento degli adulti dichiara di avere l’amore con lui». Lo considerano un dovere sociale. avuto contatti on line con un minorenne scono- E YouTube? In realtà, si scopre che è il canale più sciuto. Nella vita reale abbiamo dei codici di pro- controllato di tutti, e dunque il più casto e il meno tezione che agiscono in automatico, ma nella vita frequentato per scoprire il sesso: un po’ per tutte le virtuale ci comportiamo tutti come adolescenti, sponsorizzazioni, un po’ per la politica del marchio. perdiamo il senso del confine. Perché nell’on line Di sesso sulla piattaforma web si tende a non parlare; è fortemente sollecitata la parte emotiva dell’indi- e non lo fanno neanche i vlogger più seguiti, investiti viduo, che sta nell’amigdala e nell’ippocampo, che di autorità e di responsabilità. Al massimo, come ha è la parte del cervello più sviluppata negli adole- fatto Cleo Toms (vlogger dai sedici milioni di segua- scenti, appunto. La parte cognitiva, invece, la parte ci), si prestano come testimonial per una campagna dei lobi frontali, nei ragazzi è ancora un cantiere correttissima sulla contraccezione. La rete trasgres- aperto. Per questo fanno le cose senza pensare alle siva, in cui i ragazzi si tuffano senza esitare, e dove conseguenze e sono tanto vulnerabili. Insomma, nascono immaginari e linguaggi, è altrove. un genitore deve diventare il lobo frontale di suo Come spiegano i ragazzi. Perché è la lingua a creare figlio, se vuole proteggerlo». i miti, anche i più terribili. Per esempio, il mito delle duemila. «Sei una duemila» dicono. «Sei una putta- Le (nuove) parole per dirlo na.» La società si è evoluta in modo troppo eccitato, Nadia Tempest, vlogger di culto fra gli adolescenti, loro hanno cercato una sintesi, come potevano. E le ha ventinove anni, non è una nativa digitale, ma sintesi hanno una loro irrevocabile crudeltà. I quat- conosce a fondo il suo pubblico. E nota tante cose. tordicenni hanno alzato la soglia, destinata a salire Per esempio che sulla sessualità sanno tutto, ma sempre: «Sei una Duemiladue» dicono. Se sei nata che l’informazione vera manca: «Il ciclo mestruale nell’anno sbagliato e sei una ragazza seria, per farti per loro è ancora un tabù,» dice «non ne parlano un complimento, ti spostano nel millennio prece- nemmeno con i genitori. Allora mi sono inventa- dente: «Ma tu sei un Novantanove mancato, dài». ta un nome per sdoganarlo: lo chiamo Fausto. C’è Grazie. Povere Duemila, che mondo complicato progresso a livello di spigliatezza ma regresso nelle hanno intorno.

«Il problema è la distanza fra quello che fanno i ragazzi e la percezione che ne hanno i genitori. Il sessanta percento è convinto che il proprio figlio non guarderebbe mai un video su YouPorn.»

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Ribelli senza smartphone che altro difficile: non c’è cosa più insidiosa, in let- Ha ventotto anni la scrittrice dell’anno, ma in ter- teratura, che parlare di adolescenti e di sesso. Con mini letterari potrebbe averne quaranta o sessanta, l’adolescenza si cade spesso nella fiaba, o nella sem- poco importa: Emma Cline è una grande e basta, plificazione. E quando si parla di sesso, se non si è e la grandezza non ha mai età. La garanzia di du- davvero bravi, si precipita nel cattivo gusto. Le sue rata di questa voce non ce la dà l’idea forte del suo ragazze invece sono enigmatiche, sfuggenti, mondi primo romanzo, Le ragazze (traduzione di Martina impossibili da afferrare, persino nella loro banali- Testa, Einaudi Stile libero), che richiama il caso di tà. E tutte le loro perversioni diventano purissime Sharon Tate, parla di sesso e di adolescenti. Sareb- perché dietro c’è un occhio delicato, che le capisce, be troppo facile. La vera bellezza sta sotto, in ogni guarda e vive con empatia. Il romanzo è ambientato pagina, umilmente nei dettagli. È una scrittrice nel ’69, lontano dall’epoca degli smartphone e dei che non ha paura di raccontare l’umanità con i suoi social, eppure nessuno fin qui ha mai raccontato così sudori e i suoi umori. Impietosamente, però senza bene le ragazze di oggi («sembrava che quelle ragaz- mai giudicare, nemmeno chi fa parte di una setta ze dai capelli lunghi scivolassero sopra tutto ciò che e per amore (o per plagio: confine sottile, tragico) le circondava, figure tragiche e isolate. Una famiglia arriva a uccidere. L’idea forte del romanzo era più reale in esilio»).

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rs_ott16.indd 47 03/11/2016 16:16:36 Nei romanzi di Marilynne Robinson possiamo leggere il nostro futuro

Nicola Lagioia, «Internazionale», 9 ottobre 2016

«Com’è nato il personaggio di Lila?» chiesi a Ma- «Ventiquattro anni tra un romanzo e l’altro è ve- rilynne Robinson. ramente troppo. Eppure quel periodo fu molto Era un radioso pomeriggio di maggio a Torino, e importante per me…» disse Marilynne Robinson noi ci trovavamo all’ultimo piano di un albergo ul- sporgendosi in avanti. tramoderno nei pressi del Lingotto. Le enormi ve- Mi guardava con i suoi occhi azzurri, la lunga chioma trate di cristallo guardavano verso Rivoli e Aviglia- di capelli bianchi, la camiciona jeans che le dava l’a- na. Pur essendo le vette tutt’altro che imbiancate, la spetto di una nativa americana, e in quel momento, luce, come capita a volte in quella città, dava idea nonostante il rispetto che provavo per lei, anzi pro- di poter venire amplificata a dismisura dalla cintura prio a causa del rispetto e dell’enorme ammirazio- delle Alpi. Non eravamo soli. Intorno a noi c’erano ne a cui ero stato indotto dalla lettura dei suoi libri, due cameraman, un regista, un produttore esecuti- in anticipo sulla certificazione di un mio personale vo, qualche giornalista, molti curiosi e ancora più fallimento, qualche secondo prima cioè che un altro cavi elettrici sparsi lungo il pavimento. componente della troupe mostrasse l’inconfondibile «Guardi,» rispose Marilynne Robinson «quel perso- gesto della mano aperta e chiusa a pugno – «strin- naggio compariva già in Gilead, il mio secondo ro- gi. Spicciati. Concludi!» – riuscii a pensare in modo manzo, anche se non aveva lo spazio che gli ho dato freddo: «Merda, è tutto così terribilmente sbagliato». nel libro che porta il suo nome. Forse per i lettori di Questo articolo vuole essere un omaggio a una del- Gilead non era evidente, ma io sentivo la sua presen- le più grandi scrittrici americane viventi nonché un za in modo intenso già da allora. Lila. Era qualcosa sentito invito a leggerla, specie in Italia, dov’è poco di profondo in me». conosciuta. Come forse si è intuito, è anche un gesto «Che libri leggeva da bambina?» riparatorio. Ma a questo ci arriveremo. Dirò prima «Oh, la mia scuola era davvero piccola. Una scuola che Marilynne Robinson è qualcosa di più di una molto perbene, ma io mi annoiavo. Poi un bel giorno scrittrice dal talento invidiabile. scoprii la biblioteca. Lì cambiò tutto. Mi ritrovai per Leggendo e rileggendo i suoi libri ho più volte pensa- le mani Moby Dick, e i libri di Charles Dickens…» to – spaventandomi un po’, come accade quando pro- Il produttore esecutivo fece uno strano segno con la viamo a prendere sul serio una nostra sensazione in mano. Cercai di non distrarmi. odore di iperbole – che la loro autrice fosse una delle «Tra un suo libro pubblicato e l’altro passano sem- cinque o sei persone al mondo attualmente più capaci pre molti anni,» dissi «addirittura più di venti tra di spostare l’arte del romanzo oltre i confini entro cui il suo primo romanzo, Housekeeping, e quello suc- si riteneva fosse costretto, con lo stupefacente risulta- cessivo. Tenendo conto del livello della sua scrit- to di offrire al tempo in cui viviamo una possibilità. tura, mi sembra tempo ottimamente investito. Mi Caso quasi unico, nei libri di Marilynne Robinson si chiedevo tuttavia se in questi lunghi intervalli tra intravede il futuro. Per futuro non intendo certa vec- una pubblicazione e l’altra lei scrive di continuo o si chia paccottiglia orwelliana o peggio ancora apoca- prende delle lunghe pause». littica. Dopo Stanley Kubrick e Cormac McCarthy,

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«Un’altra estate a Gilead. Gilead, che realizzava il suo sogno di monotonia, di sonnolenza. Com’era possibile che qualcuno volesse vivere qui? Quella era la domanda che si ponevano l’un l’altro, quando il padre non li poteva sentire, quando tornavano dal college, o dal mondo. Per quale motivo qualcuno si sarebber fermato qui?»

immaginare la fine del mondo può risultare un eser- dalla bellezza del romanzo, tanto da voler incontrare cizio di pigrizia. I libri di Robinson, con sottigliezza la sua autrice. Cosa che è riuscito a fare anni dopo. rara, suggeriscono al contrario un possibile futuro che valga la pena di essere vissuto, e lo fanno mo- Umanesimo religioso strando e nascondendo la dimensione dello spirito a Nel corso di quell’intervista ormai celebre, Robin- cui potremmo accedere se avessimo la meglio su una son e Obama com’è prevedibile non parlano solo serie di ostacoli interiori che rappresentano la nostra di letteratura ma anche di politica, e anche di re- vera dannazione. Tutto questo, nel 2016, grazie a ligione. Il momento forse più interessante è quan- un continuo, irrituale, paziente, faticoso, mai banale do Marilynne Robinson dice che la democrazia si e mai risolto dialogo con il Nuovo Testamento e con fonda idealmente sulla fiducia che gli esseri umani la storia degli Stati Uniti. ripongono in altri esseri umani, nell’aspettativa che In un’epoca in cui la religione presta il fianco di con- le persone agiscano per il bene e non per il male. E tinuo alla violenza e al populismo, alcuni dei roman- poiché, per come la vede lei, gli esseri umani sono zi più complessi, sfuggenti e profondi tra quelli scrit- immagini di Dio, meritando ciascuno il rispetto che ti nell’ultimo decennio attingono misteriosamente la si deve a chi porta in sé l’amore del creatore, la de- loro forza dal cuore del cristianesimo. Li ha appunto mocrazia diventa la logica, inevitabile conseguenza scritti Marilynne Robinson. I loro titoli sono Gilead, di questo tipo di umanesimo religioso portato al suo Home, Lila, e sono stati pubblicati in un arco tempo- più alto livello. Se ci si pensa, siamo al ribaltamento rale che va dal 2004 al 2014. A dire la verità il primo di ogni idea di stato confessionale utilizzando pro- romanzo di questa autrice si intitola Housekeeping e prio la leva di un pensiero religioso. fu pubblicato nel lontano 1980. È però la cosiddetta Per tradizione, la letteratura statunitense ha intratte- trilogia di Gilead ad aver imposto la sua voce. nuto con la Bibbia rapporti più saldi rispetto a quel- Marilynne Robinson è nata nel 1943 a Sandpoint, la europea. Quando Friedrich Nietzsche scrive Così nell’Idaho. Vive da anni nello Iowa, dove insegna parlò Zarathustra, Herman Melville è ancora attivo. scrittura creativa. Ha vinto il Pulitzer nel 2005 gra- E quando William Faulkner è alle prese con Assalon- zie a Gilead ma è dal settembre del 2015 che la sua ne, Assalonne!, in Francia viene dato alle stampe per la fama ha superato la cerchia neanche così ristretta di prima volta Le 120 giornate di Sodoma del Marchese de chi ama la letteratura. Sade. Nella seconda metà del Novecento, negli Stati Il merito è di Barack Obama. È successo che il Uniti ci sono state scrittrici cristiane come Flannery presidente degli Stati Uniti ha intervistato la sua O’Connor, e scrittori legati alla tradizione religiosa scrittrice preferita per «The New York Review of ebraica come Isaac Singer, ma, come ovunque in Oc- Books». Obama aveva letto Gilead durante i tem- cidente, si è diffusa naturalmente una letteratura laica pi morti di una lontana campagna elettorale, spo- che guardava alla religione come un contesto dal qua- standosi da una città all’altra. Era rimasto stupefatto le emanciparsi per diventare individui compiuti, per

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rs_ott16.indd 49 03/11/2016 16:16:36 non soccombere sotto lo schiacciasassi della stupidità reverendo racconta al figlio i motivi che portarono in nome di Dio. In questo, gli ebrei di seconda e ter- suo padre e suo nonno a scontrarsi duramente anni za generazione sono stati dei maestri, e Philip Roth prima. Anche il padre e il nonno di John Ames era- probabilmente più di tutti. Come biasimare del resto no reverendi, entrambi schierati con gli abolizioni- l’alter ego di Roth, Nathan Zuckerman, costretto a sti durante la guerra di secessione. A differenza del barcamenarsi tra il bigottismo, il conformismo non- primo, il vecchio reverendo era però convinto che, ché la crudeltà gratuita che le comunità religiose san- a mali estremi, ricorrere alla violenza fosse giusto, e no evocare tanto bene intorno a sé? debellare lo schiavismo spargendo sangue tra i con- Può allora sorprendere che nel Ventunesimo secolo, federati un male eventualmente necessario. Su que- abituati a immaginare la religione negli Stati Uniti sto, tra padre e figlio – racconta John al figlio adulto come il gasolio che alimenta l’isteria di certi falchi re- del futuro – si creò un conflitto insanabile. pubblicani, una scrittrice maneggi la materia in modo Se chi sta dalla parte della ragione usa i mezzi sbaglia- tanto raffinato e insieme tanto sorprendentemente ti diventa colpevole quanto il suo avversario? Quan- nuovo, portando il suo discorso su territori diversi. te volte il male lastrica il percorso delle nostre buone I tre romanzi più noti di Marilynne Robinson – tra- intenzioni senza che ce ne rendiamo conto? dotti superbamente in italiano da Eva Kampmann Non è l’unico dubbio sollevato in Gilead. Le angosce – sono ambientati nell’immaginaria cittadina di Gi- di John Ames riguardano ancora più il tempo davan- lead, nell’Iowa. Qui, le vicende della famiglia del re- ti a sé, specie quello in cui lui non ci sarà più. Sarà verendo congregazionalista John Ames si intreccia- così difficile, per suo figlio, crescere senza un padre a no con quelle della famiglia di Robert Boughton, re- fargli da guida? Questo bambino, tra l’altro, osserva- verendo presbiteriano. Il primo capitolo della trilogia to da un genitore ormai debole e anziano, non corre è Gilead. Si tratta della lunga lettera che John Ames, qualche rischio già da ora? Il pericolo, a ben guarda- al quale resta poco da vivere, scrive all’unico figlio, re, viene forse dalla famiglia dell’amico fraterno di avuto in tarda età da Lila, la sua seconda moglie. Il John, Robert Boughton. Il figlio di Robert, Jack, è figlio di John e Lila è ancora un bambino, non avrà una specie di sbandato che, dopo anni di assenza, più di cinque o sei anni. torna a casa dei genitori. Jack comincia a frequen- Dunque, è come se leggessimo con gli occhi del fu- tare anche casa di John, gioca con il suo bambino, turo e al tempo stesso ascoltassimo, al presente, la si intrattiene un po’ troppo a chiacchierare con Lila, voce di un defunto: la lettera di un padre al proprio tanto che il reverendo Ames arriva a temere che, ap- figlio adulto che il destinatario sarà in grado di com- profittando della sua malattia, o addirittura della sua prendere, e potrà dissigillare, quando il mittente non morte, Jack arrivi a prendere il suo posto. ci sarà più. Il secondo capitolo della trilogia, Home, si incentra proprio sulla figura di Jack, chiaramente modellata Un conflitto insanabile sulla parabola del figliol prodigo per come può at- Quello di John Ames è un atto di amore, e una tecchire in un contesto moderno. confessione privata, e un sofferto sermone su come Infine Lila, il romanzo di cui parlavo direttamente cercare di stare al mondo in maniera dignitosa. Il con Marilynne Robinson a Torino. È la storia della

«Forse sto scoprendo che non sono così buono come credevo. Ora che mi manca la forza... la pazienza logora tantissimo. E anche la speranza.»

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seconda moglie di John Ames, la quale molto prima evoluzione interiore di Lila così come avevamo cre- di arrivare a Gilead è stata una bambina abbandona- duto all’improvvisa rivelazione del principe Andrej ta, una vagabonda, una prostituta che impara a non in Guerra e pace quando, ferito in battaglia, misura sé fidarsi di nessuno, e poi, toccata dai sentimenti mos- stesso attraverso l’altezza del cielo sopra Austerlitz. si in lei da John Ames, è costretta a disimparare e Benché parlino di tempi e di luoghi e di personaggi reimparare daccapo. La lotta di Lila consiste in real- che possono sembrarci lontani (quale legame può tà nel comprendere qualcosa che già le apparteneva, esserci tra il reverendo John Ames, seduto nella provvista finalmente della stele di Rosetta necessaria veranda della sua vecchia casa di Gilead, e uno di a decifrare la formula che si portava dentro senza noi mentre scarica la posta sul computer in una cit- saperlo, ovvero la capacità di aprirsi al prossimo, di tà italiana del Ventunesimo secolo?), i romanzi di provare empatia e ricevere comprensione, di fare l’e- Marilynne Robinson ci toccano da vicino, parlano ai sperienza miracolosa di uno scambio autentico con nostri anni molto meglio di tanti libri in apparenza l’altro, fino a sentire sé stessa risuonare nel mondo più legati alla contemporaneità. con una complessità e una bellezza sconosciute. Non c’è pagina nei romanzi di Marilynne Robin- Poiché ci troviamo davanti a romanzi, e a romanzi son che non ponga i suoi protagonisti davanti a una molto belli, scritti benissimo, strutturati narrativa- scelta. In certi casi si tratta di una scelta pratica: fare mente in modo magistrale, non c’è nulla per così o non fare una determinata cosa, con tutte le con- dire di troppo astratto nel racconto di questa ricer- seguenze che ne derivano anche sul piano etico. Ma ca spirituale. È tutto anzi molto concreto, ed è per in altri casi, e sono la maggior parte, proprio per- questo che risulta convincente. Crediamo alla lenta ché si possa arrivare a fare quella scelta in libertà,

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rs_ott16.indd 51 03/11/2016 16:16:36 Marilynne Robinson riesce meravigliosamente a il- scrittore italiano, che a sua volta premia uno scrittore lustrare i crocicchi mentali davanti a cui ci troviamo straniero che considera un maestro. La cerimonia si di continuo anche nel corso di una sola giornata, i svolge al Salone del libro di Torino, che in questa ini- percorsi interiori che riusciamo a padroneggiare ziativa è parte attiva. Nel 2015 Antonio Scurati aveva quando non ne siamo padroneggiati, soccombendo per esempio scelto Emmanuel Carrère. Nel 2014 per esempio alla forza della rabbia, della frustrazio- Niccolò Ammaniti aveva scelto Joe R. Lansdale. Nel ne, dell’invidia, della gelosia. 2016 Michela Murgia, con mia grande gioia, aveva Al tempo stesso Marilynne Robinson ci illustra – con deciso che il premio Mondello per il miglior autore l’accuratezza che potrebbe avere una sonda medica straniero sarebbe andato a Marilynne Robinson. esplorando l’evoluzione visibile, per così dire este- Come ho già detto, i fan italiani di Marilynne Ro- riore, della nostra fisiologia – il superamento di un binson sono davvero pochi. Pochissimi, se paragona- ostacolo interiore oltre il quale si spalancano territori ti all’importanza dell’autrice – inserita non a caso da emotivi inediti, calpestando i quali riconosciamo in «Time» nella lista delle cento persone più influenti noi una forza, un’energia, una sapienza e insieme una al mondo nel 2016. È un po’ come aver letto Sotto il leggerezza del mondo insospettati. Il che, ovviamen- vulcano o Lo straniero prima di quasi tutte le persone te, non ci impedirà di sbagliare di nuovo alla prossi- che fanno parte della tua comunità di riferimento. ma occasione. Una fortuna, certo, ma anche un po’ una dannazio- ne se si ha il carattere del sottoscritto. Perché: cosa Letteratura e coscienza succede quando scopriamo qualcosa di meraviglioso Siamo nel campo dell’etica? Siamo nel regno del- che quasi tutti ignorano? Due le possibilità: tenere il la metafisica? O magari si tratta anche di psicolo- segreto per sé, o divulgarlo il più possibile. Mi fregio gia: Marilynne Robinson fa incontrare idealmente di militare da anni nel secondo partito. Caso volle, in nell’Iowa sant’Agostino e Sigmund Freud? E se quel periodo, che la televisione pubblica mi chiedes- fosse invece, il suo, un tentativo di spingere l’inda- se di condurre una trasmissione dal Salone del libro. gine letteraria dentro il funzionamento della mente, Io, che avevo rifiutato la proposta quando mi era sta- o nei meccanismi di formazione della coscienza? ta fatta – non volevo aggiungere un altro impegno Marilynne Robinson si muove sul territorio delle ai tanti che avevo –, cambiai subito idea non appena neuroscienze usando paradossalmente come sponda seppi che a Torino, proprio al Salone, ci sarebbe sta- le scritture? O magari accade proprio il contrario… ta Marilynne Robinson. Quale mezzo migliore della Ero impegnato a farmi queste domande quando si è tv, mi dissi, per far conoscere questa grande scrittrice presentata l’occasione di incontrare chi le aveva su- a un pubblico più vasto? scitate. Era successo che Marilynne Robinson sareb- E qui caddi in uno dei tranelli mentali che i libri be venuta in Italia, cosa che in effetti ha fatto nella di Robinson illustrano così bene: desiderare qualco- primavera del 2016. Il merito è stato principalmente sa che ci sembra giusto si realizzi, ma perseguire il di Michela Murgia. E anche un po’ del premio Mon- desiderio usando una logica che non gli appartiene. dello. Succede che ogni anno il Mondello sceglie uno Con un certo impegno, e grazie all’intercessione del

«Non c’era modo di abbandonare la colpa, non c’era un modo accettabile per rinnegarla. Di tutti i grovigli e i nodi del risentimento e della disperazione e della paura si doveva avere pietà.»

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«Tu arrivi con addosso l’odore dell’aria della sera, gli occhi scintillanti e le guance e le dita rosa e fredde, troppo bello alla luce delle candele per i miei vecchi occhi. Il freddo ha zittito tutti gli insetti. Il buio sembra obbligarci a parlare piano, come cospiratori cortesi.»

direttore del Salone del libro Ernesto Ferrero, del fossero sensibili gli uomini della televisione. Fonda- premio Mondello, nonché delle case editrici Einau- mentalmente, dissi loro che Ebadi era importante di e Bompiani, riuscimmo a ottenere non solo la di- perché aveva vinto il Nobel e la Robinson perché sponibilità di Marilynne Robinson per un’intervista, aveva vinto il Pulitzer ed era stata intervistata da ma anche quella della premio Nobel per la pace Shi- Obama. «Capite?» ripetevo in modo ormai qua- rin Ebadi. Ora, a mio modesto parere, sia Robinson si molesto «è Obama ad averla intervistata, non il sia Ebadi sono due giganti della contemporaneità. contrario. Non possiamo darle meno di mezz’ora!». Solo al ricordo, arrossisco di vergogna. Ecco l’errore Alla fine del confronto con gli uomini della televisio- Quindi, sempre secondo la mia sindacabilissima ne, mi fu detto che l’intervista a Marilynne Robinson opinione, e visto che sia Ebadi sia Robinson ave- sarebbe durata al massimo cinque minuti, mentre vano dimostrato una disponibilità che spesso non per quella a Ebadi avrei avuto anche sette minuti. appartiene a persone di minor valore, ritenevo che le In questo modo è stata possibile la scena con cui interviste televisive dovessero essere molto lunghe. ho aperto l’articolo che state leggendo. Io che in- Come minimo, venti minuti ognuna. In un mon- tervisto Marilynne Robinson per una manciata di do sensato, anche un’ora per ciascuna. Insomma, minuti, lei che risponde con grande gentilezza, e mi dicevo, la televisione ha a disposizione a costo nulla o quasi dell’importanza dei suoi libri arriva al zero una premio Nobel per la pace nonché una delle telespettatore, con mio grande dispiacere, con mia più grandi scrittrici viventi, e non le intervista per grande frustrazione. un’ora? Magari in montaggio l’intervista sarebbe Ironia della sorte, quella trasmissione televisiva quan- stata ridotta, ma gli archivi, mi dicevo ancora, si sa- do andò in onda piacque a tutti. Piacque agli uomini rebbero arricchiti di lunghe sequenze da mandare in della televisione. Piacque al pubblico. Piacque agli onda alla prima occasione. Certo, sapevo anche che addetti ai lavori. Io invece mi sentivo affranto. la divulgazione culturale può ricevere cittadinanza dalla nostra televisione mentre l’approfondimento La consapevolezza delle cose culturale molto meno. Così, proprio per superare il Sarebbe cambiato qualcosa se avessi difeso la lun- pregiudizio, mi misi a difendere la causa di Robin- ghezza di quella intervista adducendo le ragioni per son e di Ebadi travestendo le mie ragioni con quelle me giuste? Probabilmente no, sul piano pratico. Le che supponevo appartenessero ai miei interlocutori. regole televisive non le faccio certo io, e non sareb- Ecco l’errore. Perché ritenevo che il pubblico ita- be credo giusto le facessi. E tuttavia, il punto non liano, un pubblico più vasto dei semplici addetti ai è questo, come potrebbe dire il personaggio di un lavori, dovesse conoscere Marilynne Robinson? Per romanzo di Marilynne Robinson in uno dei suoi la grandezza dei suoi libri. E perché Ebadi? Per il momenti di maggiore consapevolezza delle cose. coraggio delle sue idee. Invece condussi la mia pic- Il punto non è riuscire a vedere o meno soddisfat- cola battaglia usando le uniche ragioni a cui ritenevo te le proprie richieste. Non è vincere o perdere. O

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rs_ott16.indd 53 03/11/2016 16:16:36 meglio: in questi casi si vince e si perde altrove, den- nonostante i disastri di cui disseminiamo la nostra tro una stanza alla cui soglia non mi ero neanche storia. Se il mondo è pieno di odio ma da qualche dato la pena di bussare. parte c’è la testimonianza del suo opposto, non è in Giunta l’estate, a mano a mano che il giorno del mio quel puntolino luminoso che dovremmo concentrar- incontro con Marilynne Robinson si allontanava ci, non dovremmo provare a infilarci nell’eccezione, senza che questo sbiadisse in me la spiacevole sensa- e usare le nostre energie per allargare questa singo- zione di aver fatto perdere un’occasione a chi non la larità, sottraendo spazio al niente che la circonda? conosceva, quegli stessi libri me li sono riletti ancora una volta. Il mio secondo, o forse terzo, incontro Uno schema interpretativo con Marilynne Robinson. Ho ripreso in mano Lila, Sono di nuovo entrato nella casa del reverendo John sfogliato Home, riletto da capo a fondo Gilead. Li ho Ames e in quella del reverendo Robert Boughton, ho trovati, se possibile, anche più belli di prima. Una seguito ancora una volta il percorso di redenzione di toccante esplorazione dei sentimenti umani. Lila e i fallimenti di Jack, cercando di capire come la Una densa, incompleta, partecipata riflessione sul tradizione letteraria nordamericana e in genere occi- senso della nostra presenza sulla terra. Una fiducia dentale – con l’esattezza delle sue descrizioni, la cura nelle capacità dell’uomo, nonostante i suoi errori, per i dettagli, lo sviluppo di trame e personaggi cre- dibili oggi – possa convivere con i continui richiami alle scritture, con dei riferimenti religiosi sin troppo «In quella casa nulla cambiava, diretti, ben oltre l’allegoria o la parodia che, a partire dalla modernità, sono i canali di comunicazione pri- se non per sbiadire, intaccarsi vilegiata tra narrativa sacra e profana. o consumarsi.» Poi a un certo punto, mentre leggevo, mi è sem- brato di avere una piccola rivelazione, che è anche il modo con cui vorrei concludere questo articolo.

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È possibile che Marilynne Robinson non sarebbe La naturale repulsione che proviamo verso la schia- troppo contenta di ciò che mi è sembrato di vedere vitù non testimonia forse che un superamento ci sia nei suoi libri, a proposito del cristianesimo. O forse stato rispetto ai tempi in cui il problema non era al contrario non le dispiacerebbe affatto. Chi può neanche posto? Non siamo istintivamente portati a dirlo? Se la incontrerò ancora, glielo chiederò. Ciò considerare il Mahatma Gandhi un individuo più che voglio dire è che la religione cristiana, così pre- evoluto di Adolf Hitler? sente in libri come Gilead, Home, Lila, non mi sem- Certo, la nostra storia è piena di discontinuità, e bra chieda al lettore una professione di fede, ma non il Ventunesimo secolo sta insegnando qualcosa sul credo neanche sia il semplice fondale davanti a cui si fascino dei ritorni al passato. Ma cosa accadrà se – sviluppano le vicende narrate. lottando innanzitutto contro una parte di noi stessi La religione cristiana, nei romanzi di Marilynne Ro- – sceglieremo la strada di una progressiva trascen- binson, è piuttosto una griglia, uno schema interpre- denza, o se volete di una progressiva evoluzione? tativo e insieme uno strumentario a cui tutti – atei Che cosa allora troveremmo al di là del nostro at- e credenti, cristiani ed ebrei, musulmani, buddhisti tuale stato di coscienza del mondo? Troveremmo il – possono attingere per provare a evolversi come sin- Dio dei cristiani? La Natura di Spinoza? I Pluriversi goli, e come parte di una comunità. Se una delle no- di Giordano Bruno? Il Nirvana? Il Nulla? Qualcosa stre missioni di specie è il graduale allontanamento che ora non riusciamo a immaginare? dalla violenza originaria, nei romanzi di Robinson le Sicuramente tra le nostre possibilità c’è quella di scritture sono usate come un complesso strumento di aprirci la strada verso dimensioni esistenziali, emoti- emancipazione proprio rispetto a questo tema. ve e spirituali inedite. Provocare simili cambiamenti Non è ovviamente l’unico modo di leggere il Van- appartiene alla storia dell’uomo. E se il Vangelo fosse gelo. Donald Trump è presbiteriano, esattamente uno schema in un certo senso parziale? Me lo sono come presbiteriana è stata a lungo Marilynne Ro- domandato leggendo i libri di Marilynne Robinson. binson prima di aderire alla variante congregazio- Se fosse uno strumento di trascendenza in grado di nalista. Mi sembra chiaro che i due interpretano il portarti in una dimensione più evoluta che non è tut- Vangelo in modo opposto. Da una parte la chiusura, tavia precisamente quella a cui dice di condurti, una dall’altra l’apertura. Il fascino per la violenza, e la dimensione in cui – al posto del Dio biblico, pensabi- liberazione dalla violenza. Il ripiombare nei gorghi le all’inizio del percorso – ci sia qualcosa di non pen- del passato, e la possibilità di un futuro diverso, che sabile prima di averlo raggiunto? Dio è un geroglifico non sia la ciclica ripetizione di ciò che è già stato. che muta a seconda della sapienza dentro gli occhi di chi guarda? Una storia piena di discontinuità Mi rendo conto che queste ultime sono considera- Leggendo i libri di Marilynne Robinson, non mi zioni che un tempo sarebbero state forse in odore sono convinto che il Dio dei cristiani esista. E non mi di eresia. Ma è per dire quali pensieri può smuovere sono convinto neanche che l’aldilà dei cristiani esista. oggi un libro di narrativa. Ma ho ricevuto conferma che il Vangelo può essere È per cercare di spiegare quanto la letteratura del un prodigioso strumento di trascendenza. Non l’uni- Ventunesimo secolo non abbia perso niente della co strumento di trascendenza a nostra disposizione, potenza, dello scandalo, della profondità e della no- ma uno dei più affascinanti, e resistenti. E che cos’è vità che tradizionalmente associamo all’esperienza la trascendenza, nella lunga storia dell’uomo, se non di leggere romanzi. Ed è anche per provare a rac- anche il progressivo liberarsi dal potere della violenza, contarvi il mondo di Marilynne Robinson un po’ dai ricatti dell’istinto di prevaricazione, dall’egoismo meglio di quanto non si riesca a fare con un’inter- e dalla paura? Non siamo in fondo già trascesi rispet- vista di pochi minuti. E per farvi venire la voglia di to agli uomini che praticavano la legge del taglione? leggerla.

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rs_ott16.indd 55 03/11/2016 16:16:36 Il feuilleton al tempo del binge-watching

Universi seriali. Come i personaggi-ideologi di Dostoevskij descritti da Bachtin, che inseguivano le ragioni ultime, i protagonisti delle serie tv amano discettare sui massimi sistemi, a volte in contrasto con eloquenti antagonisti-filosofi

Valentina Pisanty, «il manifesto», 9 ottobre 2016

Da qualche anno è stato coniato il termine «binge- come unico argine a una fruizione sempre più ca- watching» per riferirsi alla visione ininterrotta e salinga e solitaria, gli spettatori si svincolano dalle compulsiva di più episodi di una serie televisiva in cadenze del palinsesto tradizionale, abbassano la so- streaming, sulla falsariga del «binge-eating», una glia di frustrazione dovuta all’attesa tra un episodio forma di bulimia. I tratti distintivi di questo feno- e l’altro, e sviluppano un rapporto morboso con gli meno – come di tutti gli altri comportamenti che in universi seriali in cui si immergono per diverse ore di inglese meritano il prefisso «binge»: -drinking, -da- seguito, rimandando il più possibile il ritorno all’as- ting, -sleeping, -gambling… – sono l’eccesso, la pas- sai più disforica sfera dell’agire quotidiano. sività e la perdita di controllo, una compulsività della I comportamenti relativi al consumo retroagiscono quale non ci si sente, del resto, pienamente responsa- sulla produzione. Man mano che si afferma la pratica bili. Ma la parte meno autoindulgente di sé avverte, della visione in streaming, le serie di ultima genera- ingloba e amplifica la condanna sociale che grava sui zione – Breaking Bad, Game of Thrones, True Detec- comportamenti eccessivi e incontrollati. Almeno se- tive, House of Cards, Homeland, The Walking Dead, condo una vecchia idea di virtù come moderazione, e tante altre – accentuano alcune caratteristiche già compostezza e gestione lungimirante delle energie, sperimentate, seppure in modo meno radicale, in non è bene cadere in balia (farsi agire) da sostanze alcune fiction precedenti:The Sopranos, House, 24, esterne. Di qui il grumo di sentimenti autosvalutanti Dexter, e altre celebrate apripista della cosiddetta da cui scaturisce ogni varietà di dipendenza. «terza Golden Age» televisiva. Diversamente dai Strettamente legato alle nuove forme di distribuzio- vecchi telefilm, la cui struttura era prevalentemen- ne di fiction via cavo o in streaming, e dunque al- te episodica (cioè ogni episodio aveva un inizio, uno l’esplosione seriale che Gianluigi Rossini in Le serie sviluppo e uno scioglimento che riportava tutto più o tv […] ripercorre nelle sue principali tappe storiche, meno alla situazione di partenza), le nuove serie sono il binge-watching è al tempo stesso effetto e causa contrassegnate da frequenti colpi di scena, agnizioni del successo di piattaforme come Hbo, Showtime, e cliffhanger, in una fuga senza fine di peripezie che Netflix e altre che dal 1995, e sempre di più negli non si concludono mai, neppure a fine stagione. ultimissimi anni, inondano il mercato con vecchie La tecnica della serialità continua non è nuova. e nuove serie. Tipica del feuilleton, fa leva sul bisogno umano di L’offerta massiccia genera una domanda crescente completezza narrativa: quella messa in racconto del e modifica i consumi in senso qualitativo, oltre che caos che conferisce ordine al disordine costitutivo quantitativo. Mentre attingono a scorte illimitate e dell’esperienza; quel principio epico primitivo di semigratuite di produzioni televisive scandite in epi- cui, prima degli odierni narratologi, parlava Musil sodi e stagioni, affidandosi al proprio fiacco Super-Io in L’uomo senza qualità («beato colui che può dire

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“allorché”, “prima che” e “dopo che”!»); quel biso- gno irrefrenabile di intendere il post hoc come un «Se i personaggi di Dumas erano propter hoc che, a quanto pare, è prerogativa della specie umana… poco più che figurine bidimensionali, Come i romanzi a puntate, le serie continuative sol- i protagonisti delle nuove serie sono leticano il desiderio di interpretare il mondo ordi- problematici e contorti.» nandolo in una sequenza di eventi concatenati, con soggetti che agiscono in vista di scopi riconoscibili, peripezie che ne rendono difficile il raggiungimen- una parte il fatto di essere psicologicamente ammac- to, programmi e sottoprogrammi narrativi che si cati (da malattie, dipendenze, caratteri impossibili e intersecano polemicamente e, soprattutto, con uno traumi vari), e dall’altra di saper prendere decisioni scioglimento che decreta il successo o l’insuccesso impossibili e di far succedere cose impensabili nel- dei vari soggetti in gioco; e come i romanzi a punta- le situazioni di emergenza che in quei mondi sono te costruiscono trame travolgenti, «a curva sinusoi- all’ordine del giorno. dale» scriveva in Il superuomo di mas- Fini strateghi, moralmente ambigui, lacerati da con- sa, che rimandano all’infinito la fase dello sciogli- traddizioni, eppure capacissimi di agire per sé e per mento. L’effetto cumulativo di questi differimenti è – o contro – gli altri, non si limitano a far succedere l’impossibilità, per chi soggiorna a lungo nei mondi le cose, ma sanno anche perché le cose succedono: delle serie, di rassegnarsi a un ritorno tranquillo nel come i personaggi-ideologi di Dostoevskij descritti mondo reale. Senza chiusura non c’è catarsi, con- da Bachtin, che formulano le proprie idee su di sé e solazione di sapere che così è stato, accettazione sul mondo ricercandone le ragioni ultime, i prota- dell’ineluttabile, elaborazione del senso della fine, e gonisti seriali amano discettare sui massimi sistemi, dunque non c’è rappacificazione con il presente. talvolta in contrasto con antagonisti-filosofi altret- Fin qui il paragone con il feuilleton regge benissi- tanto eloquenti, e non mancano di dispensare afori- mo, salvo per il fatto che in quel caso la scansione smi fulminanti a chiunque li stia ad ascoltare. delle pubblicazioni in puntate quantomeno impone- Last but not least, sono eminentemente mortali. Men- va dei ritmi al consumo. Ma un altro tratto tipico tre negli intrecci tradizionali l’eliminazione di un dei romanzi popolari era il loro massiccio ricorso a personaggio importante solitamente avviene all’ini- stereotipi letterari – l’Eroe Fatale, il Vendicatore, la zio o alla fine, la morte seriale colpisce a pioggia, sen- Belle Dame Sans Merci, la Vergine Prostituta… – za marcare i limiti in entrata o in uscita dell’universo per costruire intrecci consolatori in cui le previsioni narrativo, e dunque senza contribuire ad alcun effetto dei lettori fossero sistematicamente confermate, e di pacificazione o di chiusura retrospettiva del senso. la gratificazione del riconoscimento compensasse la Nei confronti di questi eroi perituri scattano processi frustrazione della serialità infinita. Sotto questo pro- tortuosi di identificazione, segnati dall’attaccamento filo le nuove serie sono l’esatto contrario. ansioso che si prova verso le persone amate a cui si Se i personaggi di Dumas erano poco più che figu- teme un giorno o l’altro di dover sopravvivere. Come rine bidimensionali – magari potentissime e me- è possibile che ci si identifichi con personaggi al con- morabili ma, quanto a complessità psicologica, del tempo così problematici e caduchi (come noi) eppure tutto simili ai supereroi dei fumetti, almeno prima così straordinariamente capaci (diversamente da noi) che anche questi entrassero in crisi – i protagonisti di far fronte ai propri limiti con mirabile spirito di delle nuove serie sono problematici e contorti. Non iniziativa? È nel coacervo di somiglianze e differenze si limitano a incarnare ruoli, non servono solo a far che si annida il principio attivo delle nuove serie. procedere l’azione: sono proprio le loro contraddi- Altra caratteristica: molte serie mettono in scena mon- zioni a generare gli intrecci. In comune hanno da di inospitali, spietati, estranei a qualsiasi contratto

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rs_ott16.indd 57 03/11/2016 16:16:36 sociale. La lotta per la sopravvivenza – tutti contro euforizzante persista, occorre rimandare il ritorno tutti, senza esclusione di colpi, e che vinca il più adat- all’io-qui-e-ora, oppure rientrarci in modo psicoti- to – può ricordare, sia pure in forma iperbolica, alcuni co, alla maniera di Don Chisciotte. tratti del mondo attuale. Nella realtà saremmo inclini Non sarà un caso che, come suggeriscono alcuni re- a scappare da simili contesti sleali, selvaggi e aleatori. centi studi relativi alla incidenza del binge-watching Eppure la spinta propulsiva che induce a ricliccare su sulla depressione (e viceversa), la dipendenza seriale next episode ha moltissimo a che vedere con il fascino entra in circuito con quella forma contemporanea di esercitato da questi mondi rapidi, insidiosi e spaven- depressione che Alain Ehrenberg chiama «la fatica tosamente reattivi: mondi hobbesiani-darwiniani, di- di essere sé stessi», e che all’incirca riguarda l’impos- cono i numerosi popfilosofi che oggi hanno eletto le sibilità di sentirsi all’altezza dei principi di presta- serie a proprio oggetto privilegiato di ricerca. zione, di competitività e di massima efficienza che A cosa si deve la formidabile attrattiva degli uni- la cultura egemone prescrive. Il contrasto tra il Sé versi seriali? Di nuovo entra in gioco una miscela di ideale (rappresentato dagli eroi e dalle eroine sul- identificazioni e di proiezioni discordanti: in quan- lo schermo) e il Sé reale (afflosciato sul divano col to competitivi e insicuri i mondi delle serie sono, sì, dispositivo sulla pancia) in effetti non potrebbe es- simili al nostro, ed è questo vago riconoscimento sere più stridente, come risulta penosamente chiaro che ce li rende stranamente familiari. Ma per altri al termine di una maratona seriale quando, rigettati versi non potrebbero essere più differenti. Difficil- nel proprio mondo, ci si sente svuotati di ogni pro- mente nel mondo reale il groviglio della complessità spettiva esistenziale: what now? si dipana in catene riconoscibili di cause e di effetti, «Sai perché i personaggi delle serie tv hanno delle e difatti molti eventi restano inspiegati, avvolti in vite così interessanti?» chiede un appassionato seria- una nebbia di motivazioni e di responsabilità incer- lista su facebook. Ovvio, «perché loro non guarda- te. Al contrario, le serie districano il garbuglio degli no le serie tv». Torna in mente il «paradosso di Joe eventi in molteplici fili, restituendogli una parvenza Valigetta» con cui, in un famoso saggio del 1990, di perfetta intelligibilità. È come se i moventi, gli David Foster Wallace illustrava la tipica astenia del stratagemmi, le azioni e le reazioni, per intrecciate teledipendente, paralizzato dal richiamo contraddit- che siano, risaltassero con insolito nitore, e questo torio che lo inchioda alla poltrona: in un orecchio consegna allo spettatore competente il pieno con- il dispositivo gli mormora «Joe, Joe, c’è un mondo trollo della situazione, come raramente gli accade in cui la vita è vissuta sul serio, dove nessuno passa nella vita quotidiana. sei ore al giorno a rilassarsi davanti a un mobile»; Proprio perché sono intelligibili, i mondi seriali ap- nell’altro gli dice «Joe, Joe, il tuo unico accesso a quel paiono anche agibili: vedendo Homeland si ha l’im- mondo è la tv». pressione di comprendere finalmente le dinamiche Prolungare il soggiorno negli universi finzionali lì nascoste della politica internazionale e, una volta per lì narcotizza la malinconia del presente e la de- capito cosa sta succedendo, si intuisce anche dove lusione di sé. Ma in qualche recesso della mente si sarebbe possibile intervenire per modificare il corso fa largo la consapevolezza che, come sempre con le degli eventi a proprio vantaggio, ovvero a vantag- dipendenze, la sostanza che si assume in qualità di gio dei personaggi con cui ci si immedesima. Issati balsamo è causa del disagio che allevia. Unica via sulle spalle degli sceneggiatori, allo stesso livello dei di uscita, rivendicare il paradosso come elemento protagonisti, gli spettatori si proiettano così nel ruo- costitutivo della propria identità; dichiararsi orgo- lo attivo che tendenzialmente è loro precluso nella gliosamente dipendenti; riconoscere e condividere vita reale, immaginandosi come soggetti capaci, de- con una moltitudine di altri affini il doppio legame cisionisti e performativi, ovvero capaci di fare cose in cui ci si è avviluppati, e rinascere al mondo come con le parole, in quei mondi. Ma affinché l’illusione serializzati tra serializzati.

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rs_ott16.indd 58 03/11/2016 16:16:36 Intervista a Cattedrale, l’Osservatorio sul racconto

altrianimali.it, 10 ottobre 2016

L’amore per la forma breve accumuna scrittori e let- breve, anche i nostri obiettivi più che a lungo preferi- tori di ogni tipo, ma sembra risentire (almeno in Italia) scono essere a breve termine. Sperare, con un nostro di una sorta di incantesimo editoriale che non le per- articolo, di aver incuriosito un lettore, stimolato uno mette di affermarsi e di vedere sancita la propria digni- scrittore, sensibilizzato un editore. tà. Esiste un universo però, meglio una costellazione, di realtà e di persone che lavorano quotidianamente Cattedrale nasce nel 2014, leggenda vuole da un pome- affinché pregiudizi e giudizi a posteriori sul raccon- riggio al teatro Verdi durante un incontro coi lettori a to vengano sfatati. Cattedrale è una di queste: l’Os- Pordenone. Cosa è cambiato da quell’intuizione di Ros- servatorio dedicato esclusivamente alla forma bre- sella Milone fino a oggi, nel microcosmo del racconto? ve fondato da Rossella Milone (che ne è anche la rossella milone: In realtà l’idea era maturata coordinatrice) e Armando Festa. Una roccaforte e molto tempo prima del teatro Verdi; solo che lì mi una vedetta insieme per avvistare quel che accade sono resa conto di due cose: che i lettori che amano alla short story e stimolarne la crescita in una di- i racconti esistono, e che non c’era una spazio in cui mensione laboratoriale. Se avevate qualche dubbio approfondire e condividerne il dialogo. Da allora è sullo stato del racconto, in questa intervista corale ai cambiato che forse adesso questo spazio c’è. Anzi, fautori del progetto troverete risposte approfondite ce ne sono parecchi. e interessanti. In qualità di Osservatorio, Cattedrale si pone l’obiet- Cos’è il progetto Cattedrale e cosa si intende per Os- tivo di promuovere il racconto soprattutto per quanto servatorio sulla forma breve? E quindi, quali sono gli riguarda il rapporto che si instaura tra scrittori, editori obiettivi a lungo termine di una simile operazione? e lettori dove risiederebbe la radice del problema della armando festa: Cattedrale vuole proteggere, ospi- sottostima assegnata a questa forma. Come si fa a cucire tare, nutrire, curare, coccolare, far riprodurre e salva- tra loro i tre elementi e dare stura alle potenzialità in- re dall’estinzione il racconto breve. In parole povere, site nel racconto? il racconto è per Cattedrale quello che il panda è per alfredo zucchi: I fattori in gioco sono vari, e di il Wwf. Su cosa intendiamo per Osservatorio potrei diverse proporzioni – voglio dire: variabili troppo banalmente risponderti inanellando frasi sull’avere complesse per essere abbracciate dall’occhio di un uno sguardo a trecentosessanta gradi sul mondo del- singolo o di un gruppo, tendenze decennali se non la scrittura breve, sul proporre un punto di vista, sul ancora più durature. Prima ancora di mettere in far aprire gli occhi su una forma letteraria in un certo gioco l’editoria e i lettori, si parte dalla letteratura senso ghettizzata. Ma preferisco rispondere dicendo e dalla pratica della scrittura; anche perché è la va- che l’anagramma di Osservatorio è «oso rovistare», riabile che si lascia più facilmente, se non dominare, che è una buona sintesi della nostra attitudine e di quantomeno abbracciare. Un punto di vista interes- quella che ci piacerebbe avessero i nostri lettori: cer- sante sull’argomento l’ha fornito Nicola Lagioia in care, spulciare, guardare oltre la prima fila dei libri in un’intervista di qualche mese fa: «Perché pubblicate vetrina (solitamente romanzi). Ah, amando la forma più romanzi che racconti a minimum fax?». «Perché

rs_ott16.indd 59 03/11/2016 16:16:36 arrivano più romanzi che racconti.» Si parte, quin- gli orizzonti dei lettori con panoramiche sulla storia di, da un problema generale, ampio – la sottosti- del genere, sui suoi nodi tanto narratologici quanto ma della forma breve – per stringere e cominciare editoriali, su scene dimenticate o meno note dall’edi- a dare risposte concrete. E ancora: il web dovrebbe toria italiana; coinvolgere gli editori nella ricerca di essere il luogo ideale per la circolazione del racconto soluzioni o di spazi e occasioni in cui mettersi a cer- (con tutti i nodi aperti dalla digitalizzazione della carle. Il punto fermo è uno, e non si tratta di archeo- letteratura – per esempio: retribuzione o visibilità?), logia o filologia o archiviazione museale: il racconto eppure sulle riviste generaliste c’è sempre meno spa- è una forma in grado, ancora oggi, di parlare ai let- zio per i racconti, in favore della literary non-fiction. tori e agli scrittori. Basta uscire dal circuito stretta- Qui pare venire fuori un’altra pista: è forse il raccon- mente editoriale e visitare le riviste digitali (i siti e to, per la sua necessaria densità, un esercizio di let- gli account/pagine sui social) per rendersene conto. tura più complesso? Ecco: da quale parte comincia- Tanto per contraddirmi, allora, chiudo con una nota re ad analizzare il cane che si morde la coda? Se gli personale – un mio cruccio altamente soggettivo: scrittori pubblicano sempre meno libri di racconti, e Edgar Allan Poe definisce il racconto dal punto di i lettori ne comprano sempre meno (in favore non vista del lettore e della fruizione; dice, all’incirca, che solo di romanzi, ma anche della literary non-fiction), un racconto è una forma letteraria la cui fruizione per quale motivo un editore dovrebbe imbarcarsi in avviene in una volta sola, senza interruzioni. Si parla, un’avventura editoriale che sembrerebbe destinata a chiaramente, di altri tempi e altri modi. Tuttavia la esiti negativi? L’approccio di Cattedrale, in questo questione infrastrutturale resta: come cambia la fru- senso, è chiaro: il recupero dei maestri e dei capisaldi izione della forma breve per antonomasia (non me della forma breve; la promozione di racconti di gran- ne vogliano i poeti) nell’èra della velocità, del mul- de qualità (classici noti e meno noti, contemporanei titasking e dei dispositivi digitali mobili? C’è modo e persino inediti); il dialogo con editori e con lettori. di trovare nuovi spazi per il racconto attraverso un L’ultimo punto mi pare particolarmente rilevante: in adattamento di carattere tecnologico (per esempio: un problema così complesso, ha poco senso dare ri- adattare le pagine web per rendere la lettura più frui- sposte sommarie, o trarre conclusioni da impressio- bile)? E ancora, se così fosse: è possibile inserire tut- ni altamente soggettive – microeconomiche – e con to questo in un circuito professionale/economico? O poca rilevanza statistica. Ha ancora meno senso pian- invece le forme brevi sono destinate a fare da vetrina, gersi addosso. Si tratta di costruire sinergie: proporre gratis, per altre forme letterarie (come i pop-up store e promuovere esempi di racconti di qualità; allargare delle grandi marche di abbigliamento)?

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«La brevità della forma genera fame ulteriore, curiosità, crescente desiderio. È un ottimo rimedio contro l’inappetenza della fantasia, un’utile ginnastica per l’atrofia dell’immaginazione.»

Si dice che uno dei problemi per lo sviluppo della forma nostrano della forma breve e, in conseguenza al cre- breve sia l’indifferenza del settore editoriale che parte scente interesse dei lettori, qualcosa inizia a smuoversi dall’assunto di base che i racconti non generano grossi tra gli editori che sembrano maggiormente propensi a profitti. Quanto è vero questo dogma e quanto può essere pubblicare raccolte e antologie, grazie anche ad auto- un motivo serio per giustificare la scarsa dedizione? ri – italiani e no – che si sono fatti conoscere proprio debora lambruschini: Personalmente credo che grazie a questa forma o comunque a essa sono parti- l’incidenza della forma breve nel mercato editoriale e colarmente legati, al proliferare di blog, riviste, festi- la sua capacità o meno di generare profitti adeguati val e workshop a essa dedicati. Con il tempo, i mezzi dipenda da diversi fattori, ma non direi che questo in- adeguati e la collaborazione tra lettori e editori, sono cida in modo così significativo sulla produzione stessa convinta che la forma breve possa consolidarsi anche da parte dell’autore. Il problema di fondo, a mio av- nel nostro paese, come già avvenuto per esempio nel viso, è che nel nostro paese manca una vera e propria mondo anglosassone, in cui la short story ha un ruolo cultura del racconto, troppo spesso ancora subordina- di primo piano sia nel mercato editoriale che in àmbi- to al genere egemone, il romanzo, e nei programmi to accademico. scolastici difficilmente lo studio della forma breve trova uno spazio adeguato. Il racconto è terribilmente È possibile esprimere una gerarchia di difficoltà tra la difficile da scrivere e anche da leggere: con la sua bre- stesura di un racconto e quella di un romanzo? vità, la possibilità di sperimentazione linguistica e te- rossella milone: Direi assolutamente di no. Sono matica, si spinge dove il romanzo non osa, destabiliz- due forme narrative diverse ma simili, che hanno zando il lettore, mettendolo alla prova; come ha detto chiaramente la stessa identica difficoltà che appar- M.L. Pratt, laddove il romanzo aspira all’universalità, tiene all’origine di questa forma: la parola, la scrittu- il racconto si concentra invece sul frammento, miran- ra. Solo che le difficoltà sono diverse, profondamen- do a rappresentare quel moment of truth nello spazio te diverse. Lo scrittore di fronte a un romanzo o di breve a tale forma concesso e questo necessita di una fronte a un racconto deve sempre trovare il modo di lettura consapevole, accorta, meno immediata rispetto far emergere una storia, e questa emersione spesso è a quello cui siamo abituati a pensare. Ci si avvicina al complicata. Non c’è alcuna gerarchia tra le due for- racconto, quindi, un po’ timidamente, quasi per caso me, ci sono solo due sguardi, due voci, due metodi, oserei dire, all’inizio con un certo grado di diffidenza due storie diverse. Questa dicotomia tra romanzo e e con la convinzione – difficile da sradicare – che scri- racconto ha fatto molto male al racconto, come for- vere racconti sia solo una fase di passaggio, un primo ma letteraria, ma in realtà lo scrittore quando scri- banco di prova per poi approdare a qualcosa di più ve scrive e basta, che sia romanzo o racconto la sua serio come il romanzo e questo, in qualche misura, scrittura deve ingaggiare una specie di lotta sempre. incide anche nelle scelte editoriali. Una convergenza di più fattori, si diceva, che portano a considerare il Viceversa, al netto dei gusti personali, quali sono i van- racconto come qualcosa da cui sia più difficile rica- taggi e gli svantaggi che si possono trarre dalla lettura vare profitti, almeno nel mercato editoriale italiano. di un racconto? Tuttavia credo che negli ultimi anni sia sempre più alessandro abbate: Mi sembra che la lettura di evidente l’importanza anche nel panorama editoriale racconti eserciti una buona istigazione a insistere,

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rs_ott16.indd 61 03/11/2016 16:16:37 a esigere, a rilanciare la posta; che faciliti una sana Intende colmare dei vuoti: sia di condivisione per chi bulimia letteraria. La brevità della forma genera ama la forma racconto, ma anche per fornire l’oppor- fame ulteriore, curiosità, crescente desiderio. È un tunità di maneggiare uno strumento – quello narra- ottimo rimedio contro l’inappetenza della fantasia, tivo – che possa illuminare una zona poco esplorata un’utile ginnastica per l’atrofia dell’immaginazione, della letteratura. Un laboratorio è un momento di che in questi nostri tempi sono più di uno spau- massima condivisione, e Trenta cartelle vuole essere racchio. A differenza di un romanzo, un racconto questo: una bottega dove si parla di racconti. E dove, non potrà mai saziare. Il che è un bene. Una (buo- soprattutto, cerchiamo di restituire dignità a un gene- na) raccolta di racconti è come una giornata piena re complesso e sofisticato: siamo molto attenti, infatti, di incontri imprevisti, di appuntamenti al buio, di alla qualità letteraria che poi pubblichiamo. Che poi improvvise sortite in angoli mai frequentati prima. tutto ciò fornisca delle competenze o che possa getta- Le ore trascorrono senza dare un attimo di tregua: re un seme per dei futuri narratori, staremo a vedere! bisogna essere pronti a stupirsi, preparati a far- si sorprendere, felici di non chiudersi in casa. Che C’è probabilmente bisogno di risposte di carattere pro- fatica, magari, nel mantenere il passo! Che strano fessionale per soddisfare un’esigenza, quella di assumere senso di disorientamento. Ma quanta poca noia! le competenze di base per scrivere una short story. Ri- Per coloro che in un libro cercano quegli agevoli guardo ciò, come detto, il mondo editoriale è parecchio meccanismi di coinvolgimento prolungato, di len- indietro, ma non sarebbe forse necessaria un’iniezione ta e progressiva immedesimazione coi personaggi e di fiducia da parte delle istituzioni, in primis quella con i fatti narrati, il racconto in genere risulta in- dell’istruzione? E come potrebbe avvenire? sufficiente. Non produce abitudine, consuetudine, giuliana riccio: Tocchi un tasto abbastanza deli- familiarità. Il non detto, l’incognito, la velatura più cato, soprattutto quando, giustamente, tiri in ballo o meno inviolabile, gli sono essenziali. Difficilmen- la scuola. Oggi sembra che la scuola sia chiamata a te si entrerà in confidenza con il prigioniero di Il fare tutto e il contrario di tutto: affettività, empatia, pozzo e il pendolo di Poe, tanto quanto sarà possi- legalità, educazione ambientale, cittadinanza attiva, bile, e indispensabile, con David Copperfield. Ma laboratori di arte, teatro e, perché no, scrittura. La un racconto può lasciare una traccia indelebile pro- scuola è il campo minato dove si scontrano mondi prio perché folgorazione rapida e inattesa; suscitare diversi e aspettative contrastanti e, come spesso ac- un’emozione più partecipata, in quanto imprecisa, cade in queste situazioni, il tutto si concretizza con e dunque vera. Le poche pagine consentono una un niente di fatto, una tendenza all’approssimazione riflessione immediata; reclamano una reazione a che non riesce a innescare nessun processo rivolu- caldo, che spesso sarà più sincera, più istintiva, più zionario, nessun cambiamento di tendenza. Non sto sorprendente. E per questo, più meritevole d’essere. qui a tirare in ballo il discorso sulla formazione pro- fessionale dei docenti che, in Italia, è a dir poco pa- Nel vostro spazio – Osservatorio esordiente – pubblica- radossale, ma è indubbio che gli insegnanti, soprat- te alcuni autori emergenti. In questo senso quanto può tutto quelli di Lettere, sono pressati da una marea di essere importante un’iniziativa come Trenta cartelle, pratiche burocratiche che impedisce loro di esplorare laboratorio dedicato esclusivamente alla scrittura e alla il terreno fertile della scrittura. Quello che spesso lettura di racconti? E quali competenze può conferire a non si sa, o non si dice, è che ai bambini e ai ragazzi uno scrittore emergente? scrivere piace. Mostrano tutti un’innata predisposi- rossella milone: Trenta cartelle è il primo labora- zione al racconto, questo perché la tendenza a veder- torio permanente sul racconto. Nel senso che è uno si e sentirsi protagonisti di una storia sembra essere spazio fisso, con cadenza settimanale, che vuole ra- oggi, più di ieri, un’urgenza dichiarata della condi- dicarsi tra i lettori e gli appassionati nel lungo tempo. zione esistenziale: se non ho nulla da raccontare non

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sono visibile, non esisto per il gruppo. Non è un caso che gli adolescenti vadano quasi tutti pazzi per il rap essendo quello un modo per dire ciò che pensano e «Ai bambini e ai ragazzi piace che nessuno gli fa dire. Perché il vero problema, a scrivere. Mostrano tutti un’innata scuola, non è l’assenza della scrittura, ma la presenza predisposizione al racconto.» solo di un certo tipo di scrittura, quella corretta, dove per corretta intendiamo un tipo di scrittura comoda, ordinata, rispettosa di alcune norme e tematiche che Eppure, leggendo le forme di racconto che mette- spesso annientano le creatività e trasformano un pos- vano in piedi durante gli spazi che creavo per loro, sibile racconto in un mero esercizio. C’è poi da tener si potevano scorgere potenziali sorprendenti. Poi conto di un altro nemico della scrittura a scuola: il però il tempo, l’assenza di tempo, impediva di lavo- tempo. Da insegnante mi sono trovata innumerevoli rare in modo sistematico sulle tecniche di scrittura volte di fronte a ragazzini dal talento indiscutibile. e anche l’esperienza più significativa si riduceva a Non sempre erano i più bravi, anzi, il più delle volte un momento bello, importante, ma scaduto. Forse, erano i «peggiori della classe», quelli che ancora non solo chiamando in causa la possibilità di laboratori sapevano bene quando ci vuole l’acca e quando no. extracurricolari a lungo termine, si potrebbero tentare

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rs_ott16.indd 63 03/11/2016 16:16:37 soluzioni più efficaci ed efficienti. Gli insegnanti do- non perdersi nell’eccessivo dilettantismo? Se no, qual è vrebbero poter avere del tempo altro, oltre a quello l’alternativa per raccogliere questa produzione per così delle lezioni quotidiane, per lavorare specificamente dire «bottom-up»? sulla scrittura. Leggevo, qualche giorno fa, un’affer- debora lambruschini: Senza dubbio l’interesse di mazione di Mozzi: «Non esiste la scrittura creativa, blog e riviste on line nei confronti della forma breve esiste solo la scrittura». È una gran bella verità che può aprire nuove prospettive, sia in termini di diffu- consente di svincolarci anche dalla presunzione che sione tra i lettori che nell’ottica del dibattito critico esista una scrittura di serie A da contrapporre a una intorno al genere. Certo, come per le altre forme, scrittura di serie B. Ecco, la scuola dovrebbe comin- il problema del dilettantismo e di un certo grado di ciare da qui: dal riscoprire e far riscoprire l’impor- superficialità è reale, on line ma anche sui canali più tanza della scrittura come strumento comunicativo tradizionali, ed è una questione delicata con cui è ur- di base perché quello che prima era un’ovvietà, ossia gente confrontarsi. Tuttavia credo che il proliferare di che per dire determinate cose bisogna, appunto, dirle, blog che si occupano in maniera esclusiva o meno di oggi non lo è più e la comunicazione è divenuta so- short story sia un segnale interessante di quel crescen- prattutto dominio del linguaggio iconico. Insegnare te interesse da parte di lettori nei confronti della forma a utilizzare la scrittura per sentirsi protagonisti del- breve cui stiamo assistendo, come dicevo, negli ultimi la propria esistenza, per potersi metacognitivamen- anni. Detto questo, la riflessione critica sul racconto te scoprire potrebbe essere già abbastanza. Non per necessita di strumenti specifici e promuovere tale for- diventare autori di short story, ma sicuramente per ma è un lavoro delicato, in cui risulta fondamentale un poterle apprezzare. Per poterle sentire come forme di adeguato grado di professionalità per aiutare il lettore espressione autentiche e necessarie. a orientarsi e sono dell’idea che proprio il web possa Siamo giunti quindi al problema della visibilità, che è rivelarsi il contesto più adatto a tale scopo. il secondo nodo cruciale, oltre alla generale indifferen- za di grossa parte del mondo editoriale, delle difficoltà In conclusione, secondo la vostra esperienza di osserva- incontrate dalla forma breve in Italia. Se è vero che ci torio specializzato, esistono delle caratteristiche impre- sono stati e ci sono grandi autori di racconti nel nostro scindibili che deve possedere uno scrittore, uno scrittore paese, come Osservatorio, quali sono le prospettive che di racconti? E quali sono le vie che deve perseguire per vedete all’orizzonte? Credete ci sia un gruppo di autori cercare di affermarsi? nuovi, magari giovani, che sono in attesa di sbocciare e rossella milone: Nella scrittura se esiste qualcosa che potrebbero trainare tutto il movimento? di imprescindibile allora è una cosa sbagliata. Nulla armando festa: Come hai appena detto, ci sono lo è, nulla può esserlo. Però, forse, l’unica cosa a cui tanti autori bravi, con uno sguardo lucido e spesso penso se penso a uno scrittore di racconti è al suo feroce sul mondo. Ma non è in un gruppo di nuo- sguardo. Al modo in cui impara a guardare il mondo vi autori che riponiamo le nostre speranze, ma in e a trasformarlo in una storia. È già lì, nello sguardo, uno di nuovi lettori. La parola «leggere» deriva dal che risiede la forma con cui si scriverà quella storia. latino legere che significa «raccogliere». Quindi, un E se uno scrittore sta più attento a cercare le vie per popolo di lettori attivi che vanno alla ricerca e che si affermarsi che alle storie che ha intorno, ha già fallito. chinano loro stessi a raccogliere, piuttosto che limi- Se poi deve esistere una via che porta all’affermazione tarsi ad allungare la mano verso quello che gli viene di narratori di racconti, forse è quella di non scendere offerto. a compromessi quando ti trovi di fronte a un editor o a un editore: i tuoi sono racconti, non romanzi in La costellazione dei blog sul web che si occupano non solo forma di racconto, o storie che potrebbero essere ro- ma anche di racconti può avere un ruolo in questo avan- manzi: sono racconti, punto e basta. Se ci credi tu zamento? Se sì, è necessario un qualche tipo di guida per forse ci crederà pure lui.

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rs_ott16.indd 64 03/11/2016 16:16:37 Ritroviamo la bussola, basta scontri di civiltà

Lo scrittore francese Mathias Énard parla del suo ultimo libro: la storia d’amore tra uno specialista dell’Oriente e una studiosa di quelle terre che è soprattutto il sogno di un avvicinamento con l’Occidente

Renato Minore, «Il Messaggero», 10 ottobre 2016

Mathias Énard è un quarantatreenne professore di evoca guerre, bombardamenti, sgozzamenti, gente arabo che parla sei lingue e vive con la famiglia a Bar- in fuga, morte e distruzione. Bussola è «una boccata cellona, dove ha aperto un ristorante libanese. Oltre di oppio iraniano, una nuvola di ricordi, è una spe- ai suoi dieci romanzi, ha curato un volume su La cuci- cie di oblio, per dimenticare la notte che avanza, la na degli scrittori. Il suo ultimo libro, Bussola, è anche il malattia che progredisce e la cecità che ci invade» suo più fortunato: l’anno scorso ha vinto il Goncourt dice lo scrittore. e ora è pubblicato da e/o, nell’ottima traduzione di Yasmina Melaouah. È la storia d’amore tra Franz, Franz insegue l’idea che l’orientalismo sia un sogno per specialista dell’Oriente, e Sarah, studiosa delle civiltà noi europei. È un’idea che lei condivide? orientali, un amore che dura da anni attraverso Eu- Gli occidentali hanno costruito un Oriente imma- ropa, Iran, Siria e Turchia. Ma è anche la storia di ginario come un sogno. L’immagine condiziona un altro amore tormentato, quello tra l’Occidente e ancora la nostra visione di questa gente. Il sogno ha l’Oriente. E di un sogno (o un fantasma) continua- trasformato la realtà culturale ed è l’inizio di quel- mente rincorso, l’orientalismo come passione, che l’accelerazione avviata dalla globalizzazione. può condurre alla pazzia e alla morte com’è accaduto ai molti che hanno percorso negli ultimi due secoli Il cosmopolitismo sembra essere la soluzione di convi- le strade da Istanbul a Damasco fino a Teheran. In venza con il Medio Oriente che insegue Franz. È anco- apparizioni più o meno effimere, Énard racconta le ra una possibilità? vite appassionate di scrittori, avventurieri, musicisti, Ne abbiamo bisogno. Non necessariamente nella vi- viaggiatrici ammaliati dall’esotismo di luoghi come ta quotidiana, ma è necessaria per la visione dell’al- la Persia o Costantinopoli. E lo racconta a modo tro, per osservare nell’altro una qualità più reale, per suo: sensuale e lirico, storico ed esotico, con umori- scorgere una possibilità al di là della violenza. smo e nostalgia per un mondo perduto, desiderato, mai veramente posseduto, a metà strada tra libro di Fin dalle prime pagine c’è un accenno doloroso al pos- viaggio, romanzo-saggio, rêverie orientalista. E con sibile ritorno a Aleppo o in Siria dopo le prime deva- quel passo anche malinconico per schegge erudite, stazioni. In che cosa si sta trasformando il sogno che le frammenti della memoria, garbuglio di date, luoghi, società europee hanno avuto per secoli? vite e racconti che ricorda l’inimitabile Sebald. Io credo che ora bisogna sognare, bisogna prima «Volevo vedere oltre le fiamme, superare la violen- di tutto mettere fine alla violenza, trovare un nuo- za trasmessa dall’informazione su Medio Oriente e vo equilibrio. Poi possiamo trovare la speranza per Islam» dice ora Énard. Il romanzo attraversa i secoli nuove azioni facendo tesoro di tutti i collegamenti di ma ha i piedi piantati nel presente in cui l’Oriente questi anni con profughi e rifugiati, tutti quelli che

rs_ott16.indd 65 03/11/2016 16:16:37 sono venuti in Europa con le loro culture, le lingue, la Franz sembra considerare la crisi attuale come una fase loro cultura complessiva. La loro storia è assai triste, storica destinata a essere superata, prima o poi. La pen- ma è importante trovare un nuovo rapporto con loro. sa così anche lei? È un momento di questa storia, la storia non è finita Nel romanzo appaiono anche le distruzioni e le uccisioni lì. Certo i luoghi distrutti per sempre non sono sol- dell’Isis. L’idea delle rovine non esclude la realtà delle tanto siti turistici che non si potranno più visitare, macerie? sono una parte della nostra storia che scompare tra la Un progetto letterario è sempre troppo corto per im- polvere delle macerie. Ma il mondo è oggi più glo- barcare ogni cosa. Ho scelto esempi, l’integralismo balizzato, siamo più vicini, credo che questa età di islamico, evocato a tratti, è onnipresente sottotraccia, violenza e di lutti sarà superata. come sono presenti le storture occidentaliste. Io ho parlato poco della guerra civile in Siria per fare vedere Nel romanzo c’è anche qualche accenno a «Danubio». un’altra realtà, un’altra possibilità della storia, mentre Perché questa polemica con Magris? dilaga un folle e iconoclasta sentimento antiocciden- Senza Danubio, non avrei scritto Bussola. Ma a Ma- tale. È un progetto per superare la violenza quotidia- gris interessa più il Danubio tedesco e austriaco, è na trasmessa dall’informazione su Medio Oriente e assente quello turco, islamico, orientale. Un libro è Islam. E restituire un po’ di speranza. il tutto, lascia spazio a tantissimi altri libri.

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rs_ott16.indd 66 03/11/2016 16:16:37 Lo studio statistico richiama in causa Starnone

Una ricerca «stilometrica» della svizzera OrphAnalytics rivela che l’autrice di L’amica geniale e lo scrittore napoletano Starnone sono sovrapponibili

Alessia Rastelli, «Corriere della Sera», 12 ottobre 2016

La scrittrice Jeanette Winterson, tra le ultime, è una (quando L’amica geniale non era ancora uscita) il delle voci che si sono levate in questi giorni contro professor Luigi Galella, basandosi sui primi libri le indagini su chi sia Elena Ferrante, definendole dell’autrice, aveva elencato una serie di coinci- sul «Guardian» frutto di «malizia e sessismo». Al- denze di tipo testuale, tematico e stilistico tra le trove invece, ad esempio in Italia e Francia, il tema due firme. E dopo che nel 2006 Vittorio Loreto, è il diritto o meno a restare nell’anonimato. Mentre docente di Fisica alla Sapienza, aveva conferma- il dibattito continua, prosegue anche l’impegno de- to con un programma matematico la similarità gli addetti ai lavori per svelare l’arcano. Nuove ac- tra i testi dell’autrice-fantasma e dello scrittore, quisizioni, anticipate al «Corriere» e a «Le Temps», anche lui napoletano. «Metodi diversi, una stessa arrivano dalla Svizzera. E vanno nella direzione di risposta,» commenta il fondatore di OrphAna- non considerare definitiva l’identificazione di Elena lytics, Claude-Alain Roten «un segnale forte a livel- Ferrante con la traduttrice Anita Raja, proposta da lo scientifico». Claudio Gatti sulla «Domenica» di «Il Sole 24 Ore» La ricerca svizzera va comunque perfezionata. Del- in base soprattutto a dati di tipo patrimoniale. O, la Ferrante sono stati passati al setaccio L’amore almeno, di arricchire questa tesi, visto che il prin- molesto (1992), I giorni dell’abbandono (2002), La cipale indiziato tornerebbe a essere il marito della figlia oscura (2006), la saga di L’amica genia- Raja, Domenico Starnone, da oltre un decennio tra le (2011-14), il saggio La frantumaglia (tutti edi- i «sospettati». Senza escludere un possibile lavoro ti da e/o). Di Starnone cinque libri disponibili in di squadra, come sostiene anche l’italianista Marco ebook. OrphAnalytics dice di voler proseguire con Santagata, che su «la Lettura» aveva fatto il nome l’intera opera e con i libri degli altri indiziati (an- della professoressa di Storia a Napoli ed ex normali- che se Anita Raja non ha mai pubblicato nulla di sta, Marcella Marmo. suo, e quindi non può essere «misurata»). Finora è A scendere in campo è OrphAnalytics, startup di stato analizzato Erri De Luca, anche lui napoleta- Martigny, nel Canton Vallese, specializzata nel- no, risultando lontano dalla Ferrante: una prova e l’autentificazione con metodo «stilometrico». Una contrario che l’appartenenza regionale, addotta in tecnica statistica che «misura» il testo nelle più passato dallo stesso Starnone, non basta a spiegare piccole unità: dalle lettere alle parole, alla punteg- la sovrapponibilità, almeno stilometrica, tra lui e giatura, identificando quanto ricorrono e come si l’autrice. distribuiscono dentro e tra i vocaboli, dentro e tra La startup non esclude la collaborazione di Starno- le frasi. ne e della moglie Anita Raja. E anche quella dello Ecco allora che l’analisi stilometrica su Elena Fer- scrittore con altri autori, «ma lui sarebbe comun- rante porta a Starnone. Dopo che già nel 2005 que quello principale».

rs_ott16.indd 67 03/11/2016 16:16:37 «La sua canzone è poesia.» E il Nobel va a Bob Dylan

L’Accademia di Stoccolma ha riconosciuto valore letterario universale ai testi composti dal musicista americano per oltre mezzo secolo. Ogni brano è una risposta a ogni momento della vita persona e pubblica

Sandro Veronesi, «Corriere della Sera», 13 ottobre 2016

A metà degli anni Settanta, con l’esplodere del fe- di titoli «rubati» alle sue canzoni. Perciò, per quanto nomeno delle radio libere, mi ritrovai insieme ad illuminata appaia la scelta fatta a Stoccolma (le cro- altri ragazzi a condurre programmi radiofonici. La nache dicono che l’annuncio è stato accolto con un libertà sperimentata in quell’esperienza non l’ho mai boato dal pubblico presente in sala), c’è da chiedersi più conosciuta, e fu origine di un’autentica eruzione perché questo riconoscimento non sia arrivato prima. di idee, in tutti noi, tutti i giorni, di tutti i tipi. La Era il 1996, infatti, quando il professor Gordon Ball maggior parte di quelle idee era abbastanza scaden- del Virginia Military Institute scriveva alla Reale ac- te, ma almeno una era buona: commentare un fatto cademia, di cui era membro, per candidarlo al No- rilevante del giorno con una canzone di Bob Dylan. bel. L’iniziativa trovò l’appoggio di altri professori Era appena uscito Desire, dunque era il 1976: Dylan e letterati, venne riportata dalla stampa di tutto il aveva 35 anni e non era ancora arrivato a metà della mondo, fece abbastanza scalpore, ma alla fine fu sua attuale discografia, eppure, per uno che, come presa per una specie di provocazione. me, sapeva a memoria ogni sua canzone, aveva già Eppure la motivazione con la quale Gordon Ball ac- scritto e cantato versi che, nella propria poetica in- compagnava la proposta sembra il calco originale, determinatezza, suonavano appropriati per tutto. più nobile e articolato, di quella utilizzata il 13 otto- Venivano bruciate le copie di Ultimo tango a Parigi? bre dall’Accademia: «Per l’influenza che le sue can- Idiot Wind. Colpo di stato di Videla in Argentina? zoni e composizioni» scrisse «hanno avuto in tutto Masters of War. I cortei femministi? The Times They il mondo. Egli ha restituito dignità alla tradizione Are a-Changin’. Muore il boss di Cosa nostra Carlo orale. Dagli inizi degli anni Sessanta ha creato, in Gambino? Joey. La nube tossica di Seveso? A Hard parole e musica, un universo illimitato, che ha per- Rain’s a-Gonna Fall. E via e via e via. Funzionava. vaso il globo». Con tutta evidenza Gordon Ball non Quarant’anni dopo l’Accademia di Svezia ha confe- stava provocando, e dopo undici anni, nel 2007, ha rito a Bob Dylan il premio Nobel per la letteratu- pubblicato sulla rivista «Oral Tradition» un saggio ra – «per aver creato» dice la motivazione «nuove intitolato Dylan e il Nobel, nel quale rinnovava la sua espressioni poetiche all’interno della grande tradi- proposta e la argomentava molto seriamente parten- zione della canzone americana»: e se qualcosa suona do dai due criteri indicati dallo statuto per l’attribu- fuori proporzione, qui, non è certo il premio, ma pro- zione del premio, stabiliti da Alfred Nobel stesso: prio la motivazione, invero assai riduttiva. Da oltre avere massima rilevanza in campo idealistico ed es- cinquant’anni l’influenza di Bob Dylan sulla cultura sere di beneficio per l’umanità. Dopodiché si è di- occidentale è incalcolabile, come incalcolabile è il steso in un erudito excursus storico nel quale ricorda numero di opere letterarie, in prosa o in poesia, che la stretta relazione che ha sempre legato insieme la hanno tratto ispirazione dal suo lavoro, o la quantità musica e la poesia, la fondamentale funzione poetica

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svolta dall’oralità, e la uncompromising integrity ri- come Bertrand Russell e Jean-Paul Sartre. Insomma, chiesta al poeta perché la sua opera possa svolgere se vogliamo sprecare tempo, dedichiamolo a giusti- una funzione universale. Alla fine del saggio l’iden- ficare oltre la decisione comunicata il 13 ottobre a tikit del premiato ideale coincideva con il ritratto Stoccolma; se invece vogliamo spenderlo utilmente, di Bob Dylan senza che fosse stata fatta una sola chiediamoci perché l’Accademia di Svezia ha impie- forzatura retorica. Altro che provocazione. gato così tanto a prenderla, e perché alcuni impor- Dovevano tuttavia passare altri nove anni, per un to- tanti scrittori (che possiamo letteralmente definire tale di venti, prima che, il 13 ottobre, l’Accademia «più realisti del re») hanno subito levato gli scudi per recepisse il messaggio e assegnasse il premio a uno protestare. Tra essi colpisce la furia di Irvine Welsh dei suoi più naturali candidati. Nel frattempo l’alloro (Trainspotting, Colla, La vita sessuale delle gemelle sia- è andato ad altri «letterati irregolari»: a Dario Fo nel mesi), che ha parlato di «un premio pieno di nostal- 1997, a Harold Pinter nel 2005, a Svetlana Aleksievič gia mal concepita, strappato dalla prostata rancida di l’anno scorso, così come in precedenza era andato a senili hippie farfuglianti». Immagino che la ragione non letterati come Bertrand Russell (1950) e Win- abbia a che fare con le argomentazioni demolite da ston Churchill (1953). E, sempre nel frattempo, Bob Gordon Ball nove anni fa – la tradizione, i confi- Dylan ha ricevuto il premio Principe delle Asturie ni violati della letteratura eccetera –, ma l’autogol, (2007), il premio Pulitzer (2008), la National Medal in questo caso, risiede nel fatto che la sua protesta of Arts (2009), così come nel 1963 il premio Tom Welsh non l’ha affidata a un saggio o a un articolo di Paine, assegnato in precedenza a due premi Nobel giornale pur precipitosamente scritti, ma a twitter.

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rs_ott16.indd 69 03/11/2016 16:16:37 In effetti sui social media è subito partita una cosa premio a qualcun altro veniva tempestato di richie- che è stata definita dibattito, ma che dibattito non ste di un commento: «Vedete, il premio Nobel non è, tutt’al più è un botta e risposta a base di slogan toglie nulla agli scrittori che non lo vincono». Resta smozzicati che non sono degni né dei propositi di la speranza che, dopo l’assegnazione di questo pre- Alfred Nobel né delle canzoni di Bob Dylan. Volen- mio, molte più persone nel mondo si mettano ad do proprio cercarle, forse esistono delle ragioni serie ascoltare Bob Dylan con attenzione: non più solo il per contestare questa scelta, ma di certo non possono sottofondo di qualche altra occupazione, o il reci- essere espresse in centoquaranta caratteri, né trovarsi piente sonoro di tanti bei ricordi, ma un lunghissi- nei dintorni di una domanda («cosa c’entra Bob Dy- mo filo di parole che in cinquant’anni ha svuotato i lan con la letteratura?») che ha già ricevuto risposta mari e mosso le montagne. un sacco di volte negli ultimi vent’anni. Già, le sue parole. Come quelle raccolte dal critico Certo, ci sono gli altri candidati, quelli che per inglese Christopher Ricks, definito da W.H. Auden quest’anno rimangono a bocca asciutta. C’è la delu- «esattamente il genere di critico che ogni poeta sogna sione dei sostenitori di Philip Roth, di Murakami, di trovare», professore a Oxford e alla Boston Uni- di Joyce Carol Oates, di Adonis, di Don DeLillo, di versity, specialista di T.S. Eliot, Tennyson, Milton, Ngûgiî Wa Thiong’o: tutti scrittori formidabili, con del verso vittoriano e – beh, sì – di Bob Dylan. Nel le carte in regola per ritrovarsi tra i favoriti anche virtuosistico libro intitolato Dylan’s Visions of Sin, in nei prossimi anni. Ma cosa ci sia da protestare è dif- cui analizza i suoi testi in chiave biblica, raccoglie ficile da capire. Viene più facile ricordare le parole una gran quantità di frasi fulminanti pronunciate da di un famosissimo non premio Nobel, Jorge Luis Dylan in disparate occasioni. Una di esse è perfetta Borges, che per molti anni è stato dato per favorito per finire questo articolo: «Non sono le melodie a e quando arrivava l’annuncio dell’assegnazione del essere importanti, gente, sono le parole».

«Gonna change my way of thinking, stripes on your back and on your hands. make myself a different set of rules. stripes on your shoulders, Gonna change my way of thinking, stripes on your back and on your hands. make myself a different set of rules. Swords piercing your side, Gonna put my good foot forward, blood and water flowing through the land. and stop being influenced by fools. Well don’t know which one is worse, So much oppression, doing your own thing or just being cool. Can’t keep track of it no more. Well don’t know which one is worse, So much oppression, doing your own thing or just being cool. can’t keep track of it no more. You remember only about the brass ring, Sons becoming husbands to their mothers, you forget all about the golden rule.» and old men turning young daughters into whores. Stripes on your shoulders, Bob Dylan, Gonna Change my Way of Thinking

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rs_ott16.indd 70 03/11/2016 16:16:37 Lo stupore e il sarcasmo degli scrittori: «Canzoni e letteratura sono cose diverse». Nobel a Bob Dylan. Irvine Welsh: «Decisione nata dalla nostalgia hippie». : «È come dare il Grammy a Marías».

Alessia Rastelli, «Corriere della Sera», 14 ottobre 2016

Il premio Nobel per la letteratura viene assegnato, se- un altro Nobel meno tradizionale e scontato come condo quanto lasciò scritto nel suo testamento l’idea- quello assegnato, nel 1997, a Dario Fo, scompar- tore Alfred Nobel (1833-1896), a chi «nel campo so proprio ieri e finora ultimo italiano a ricevere il della letteratura mondiale si sia maggiormente di- premio. «La situazione è diversa perché» spiega Ba- stinto per le sue opere in una direzione ideale». È le- ricco «per quanto riguarda la scrittura del teatro non cito, dunque, conferirlo a un cantautore? Diversi ho bisogno di sforzarmi tanto per capire che c’entra sono gli scrittori rimasti spiazzati ieri, in varie parti con la letteratura». Ma premiare Bob Dylan, prose- del mondo, all’annuncio che il prestigioso riconosci- gue, «è come se dessero un Grammy a Javier Marías mento era stato dato a Bob Dylan, fino a esternazio- perché c’è una bella musicalità nella sua narrativa». ni di irrisione, polemica, rabbia. Dietro, non solo la Se seguiamo questo ragionamento, conclude, «al- delusione di presunti candidati, ma anche un’antica lora anche gli architetti potrebbero essere consi- domanda: che cos’è letteratura? Solo narrativa, poe- derati poeti». Torna sul Grammy (tra i premi più sia (e, al massimo, testi teatrali), oppure la categoria importanti nella musica) la scrittrice statunitense può allargarsi? Jodi Picoult: «Sono felice per Bob Dylan» dice su Il confine non si espande per Irvine Welsh, lo scritto- twitter «ma questo vuol dire che io potrei vincere re scozzese di Trainspotting, che, con linguaggio co- un Grammy». Critiche anche dalla Francia. «Il No- lorito, prende posizione su twitter: «Sono un fan di bel a Dylan è sconfortante» attacca Pierre Assouli- Bob Dylan ma questo è un premio a base di nostalgia ne, membro dal 2012 del cenacolo letterario dell’A- mal concepita», attribuito da «hippie rimbambiti che cadémie Goncourt, che assegna l’omonimo pre- parlano a vanvera». Consegna ai social il suo disap- mio. «Trovo l’Accademia svedese ridicola, ha deriso punto anche uno dei favoriti della vigilia, il giappone- gli scrittori.» Qualcuno però non la pensa così, e cre- se Murakami Haruki: «Non dispiacerti per te stesso. de che la letteratura possa essere anche altro. Solo gli stronzi lo fanno» scrive, citando dal suo ro- Salman Rushdie racconta che ha passato la giornata manzo Norwegian Wood. Mentre è ironico Jonathan di ieri riascoltando Mr Tambourine Man. «Dylan è Franzen, parlando al «Guardian»: «È un’amara delu- il brillante erede della tradizione dei grandi bardi. sione per chi sperava vincesse il cantante Morrissey». Ottima scelta,» commenta «le frontiere della lette- Dall’Italia interviene Alessandro Baricco: «Dylan è ratura si allargano». Anche Philip Pullman si augura un grandissimo» premette «ma, per quanto mi sfor- che d’ora in poi il Nobel guarderà a un insieme più zi, non riesco a capire che c’entri con la letteratu- ampio di scritture. E il linguista Tullio De Mauro ra». Secondo l’autore, da poco uscito con Il nuovo dice che «è giusto allargare i confini del Nobel dal- Barnum – pubblicato da Feltrinelli, editore italia- la letteratura accademica, patinata, nobile, a quel- no di Dylan –, non regge neppure il paragone con la non meno nobile ma di grande circolazione e

rs_ott16.indd 71 03/11/2016 16:16:37 «Non solo la delusione di presunti candidati, ma anche un’antica domanda: che cos’è letteratura?»

popolarità». Soddisfatti anche diversi autori che con Premiate Bob, era il 1996 – l’appello della Pivano Dylan condividono l’essere americani. E che allar- Quando Dylan fu proposto per il Nobel dal docente gano il focus dalla teoria letteraria all’attualità. Tra americano Gordon Ball, commen- loro Stephen King, che parla di «una grande scelta tò la notizia con entusiasmo sul «Corriere» del 29 in una stagione di fango e tristezza», e Joyce Ca- settembre 1996. Definì il cantautore «un grandissi- rol Oates, che ne approfitta per attaccare Donald mo poeta, un menestrello che ha cantato i mali del Trump. «Bob Dylan è una benvenuta pausa/inter- mondo e li ha rivelati alle coscienze». E concluse: regno che interrompe una cascata di buffonate di «Nessuno, secondo me, merita questo Nobel quanto T…p» dichiara la scrittrice, anche lei via twitter. il nostro Bob Dylan».

«È come se dessero un Grammy a Javier Marías perché c’è una bella musicalità nella sua narrativa.»

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rs_ott16.indd 72 03/11/2016 16:16:37 Libri, film e musica on line. «Compro ma non è mio.»

Gli acquisti in formato digitale non possono essere regalati o rivenduti. In un saggio Usa la «fine della proprietà» nei nostri consumi culturali

Filippo Santelli, «la Repubblica», 15 ottobre 2016

Acquista ora. Il bello del mondo digitale: basta un Tutta colpa di quella parola: licenza. Nata come clic e pochi secondi dopo il brano del momento, rimedio antipirateria, diventata regola con la digi- il libro di cui tutti parlano o il videogioco di culto talizzazione di musica e libri. Ora, spiega Perza- planano sui nostri smartphone, lettori ebook, con- nowski nel suo libro in uscita, La fine della proprietà, sole. Non davvero in nostro possesso però. Perché minaccia di andare oltre: «Il software sarà il cuore di quel libro lo possiamo leggere, possiamo ascoltare elettrodomestici e automobili: le aziende potranno la canzone. Ma a differenza di un volume di car- stabilire che nessuno, a parte loro, ha il diritto di ta o di un cd non li possiamo rivendere, regalare o modificarlo o ripararlo». Il primo caso è già in ar- prestare agli amici, lasciare in eredità a un nipote. chivio: Nest, società di automazione domestica di Di più, chi ce li ha venduti ha la facoltà di entra- proprietà di Google, ha annunciato che chiuderà il re in qualsiasi momento nella nostra libreria (vir- cloud alla base del suo sistema Revolv, trasforman- tuale) e cancellarli. «Le aziende del digitale stanno dolo di colpo in una scatoletta inanimata. E senza cambiando il diritto di proprietà» dice Aaron Per- consentire a terzi di subentrare nello sviluppo. zanowski, professore di Legge all’università Case Un po’ come con la privacy insomma, le società tec- Western di Cleveland. «E noi consumatori non ne nologiche riscrivono in modo sottile le regole. «Il di- siamo consapevoli.» gitale rende astratto, difficile da inquadrare, l’ogget- In verità, sarebbe scritto nei vari contratti di servi- to del diritto» riconosce l’avvocato Domenico Co- zio: «Il prodotto non è venduto, ma dato in licenza», lella, esperto di proprietà intellettuale dello studio per citare quelli del Kindle o di iTunes. Solo che Orsingher Ortu, «e le leggi a tutela del consumatore pochi leggono quelle paginate in legalese. E il bot- sono in ritardo». In Italia il consiglio del notariato tone «acquista» pare messo lì ad arte per confonde- ha provato a riempire il vuoto con un decalogo per re. Perzanowski lo ha mostrato con un esperimen- l’eredità virtuale: con un mandato post mortem si to. Ha creato un negozio virtuale simile a quelli di può consegnare l’accesso ai propri beni digitali a una Amazon, Apple o Netflix e chiesto agli utenti cosa persona di fiducia. Quanto al diritto di rivendere avrebbero potuto fare dei loro acquisti. Nel caso dei un software, nel 2012 la società tedesca usedSoft se libri, il 12% ha risposto che si potevano rivendere, il l’è visto riconoscere, contro il gigante Oracle, dalla 26% lasciare in eredità, la metà prestare, l’86% che corte di giustizia europea: «Oggi commerciamo pro- erano di sua proprietà. Sbagliato, in tutti i casi. E il grammi di seconda mano in tutta Europa, ma solo possesso non è neppure eterno: nel 2009 Amazon per le aziende» dice un portavoce. ha cancellato un’edizione di 1984 di Orwell dai let- Per i privati consumatori, per i loro libri e la loro tori di chi l’aveva «comprato». E lo stesso farà presto musica, è più complesso. Anche perché, si oppon- Sony con un gioco per Xbox, Fitness. gono artisti e editori, l’ebook di seconda mano è

rs_ott16.indd 73 03/11/2016 16:16:37 «La copia fisica ha una funzione arcaica, resiste al tempo e alle censure.»

buono tanto quanto uno nuovo. Anni fa Apple e Sarà l’evoluzione dei consumi a risolvere il problema? Amazon hanno brevettato delle rivendite digitali Il boom dello streaming, da Spotify a Netflix, mostra dell’usato, salvo poi lasciarle nei cassetti. Amazon che ai millennials della proprietà interessa meno, me- concede di prestare un ebook a un amico, ma solo glio l’accesso a una libreria illimitata. Nel frattempo una volta, per quindici giorni. Stamparlo è vietato, però esplodono anche le vendite di vinili: «Il punto» come fotocopiare un libro di carta. Nel 2013 Re- dice Perzanowski «è fare in modo che le opzioni di Digi, rivendita di musica digitale usata, ha perso consumo siano varie e consapevoli». Nel suo esperi- negli Stati Uniti la battaglia legale contro Capitol mento i clienti sono disposti a pagare un extra per la Records, e ha dovuto chiudere. Tom Kabinet, che in classica proprietà, piuttosto che una licenza. Per es- Olanda vuole fare lo stesso con gli ebook, dopo vari sere sicuri che una volta comprato un disco, nessuno attacchi processuali si è inventata uno stratagemma: lo potrà toccare: «La copia fisica ha una funzione un club a cui donare i libri, ricevendo in cambio arcaica, resiste al tempo e alle censure». Chissà se fra buoni per altri volumi. vent’anni i nostri ebook saranno ancora lì.

© Emiliano Ponzi

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rs_ott16.indd 74 03/11/2016 16:16:37 Native advertising, la pubblicità che sembra giornalismo

La stampa ha bisogno dei contenuti sponsorizzati. Alle aziende servono giornalisti e qualità. Così può cadere il muro tra marketing e informazione

Lelio Simi, «pagina99», 15 ottobre 2016

Lo scorso 30 aprile, al momento di lasciare dopo do- pubblicità complessiva sul totale dei media. Biso- dici anni la direzione del «Corriere della Sera», Fer- gna precisare però che dentro il mondo native or- ruccio de Bortoli ha voluto salutare i giornalisti con mai ci sono cose molto diverse tra loro. La Iab, l’as- queste parole: «Il cosiddetto branded content è ri- sociazione delle aziende del settore comunicazione masto fuori dalla redazione. Guardatevene, perché e pubblicità, ha classificato cinque diversi formati è una delle morti possibili del nostro mestiere ed è che rientrano nella categoria, dai contenuti origi- soltanto un modesto palliativo all’agonia degli edi- nali realizzati per un grande brand fino a tutte le tori». Un messaggio netto e forte, rivolto ai giornali- forme di link presenti nei siti o sui motori di ricerca sti del maggiore quotidiano italiano in un momento che rimandano a contenuti creati direttamente da- particolarmente delicato della sua storia, con il pas- gli sponsor. saggio di proprietà alla Cairo Communication che Una sottocategoria del native è appunto quella dei ha chiuso la lunga stagione dell’azionariato diffuso branded content che molto spesso non parlano dei alla guida del gruppo. prodotti dell’azienda che li ha finanziati, ma di Quel messaggio così tranchant diceva però un bel po’ argomenti e tematiche che quella società ha inte- di cose su come anche in Italia si stia vivendo l’inva- resse a promuovere. Questo concetto è stato spie- sione dei contenuti brandizzati e del native adverti- gato bene un paio d’anni fa da Lorenzo Sassoli sing, che stanno cambiando il giornalismo. I branded de Bianchi, proprietario di Valsoia (e presidente content, gli articoli realizzati per uno sponsor e, un dell’Upa, l’associazione che riunisce i maggiori in- po’ come le magliette dei calciatori, con la sua eti- vestitori pubblicitari italiani) in un’intervista a chetta messa sopra, nei giornali sono sempre esistiti. «la Repubblica»: «Io faccio prodotti a base di soia In epoca digitale a rilanciarli sono state le native ad- nella mia vita da imprenditore. Volentieri spon- vertising, letteralmente «pubblicità native», un modo sorizzerei un articolo sul non utilizzo degli ogm. un po’ furbo e ormai abusato dagli addetti ai lavori E questo senza che la mia azienda venga citata. per definire contenuti pubblicitari che non si diffe- Perché sarebbe un tema di sostenibilità legato al renziano, se non in minima parte, da quelli giornali- settore in cui lavoro». stici e sono inseriti direttamente nel flusso di lettura Gli editori dei giornali in questi anni hanno sofferto e fruizione dell’utente. la crisi della pubblicità tradizionale e le loro conces- A circa tre anni dalla loro comparsa anche sul mer- sionarie pubblicitarie hanno visto in queste nuove cato italiano, l’offerta di questa forma di pubblicità forme di finanziamento una delle poche occasioni, è arrivata a generare solo nel digitale investimenti se non l’unica, per proporre ai clienti nuovi prodot- per circa 1,2 miliardi di euro, secondo le stime del ti. Tra l’altro con il grande pregio per gli editori di Politecnico di Milano riferite al 2015: il 16% della poter puntare su una cosa che conoscono bene: la

rs_ott16.indd 75 03/11/2016 16:16:37 creazione di contenuti originali. Il native advertising ha rilanciato così un’idea più vasta di collaborazione tra giornali e sponsor tanto che oggi le concessiona- «Quello che conta veramente rie e le aziende tendono a siglare contratti onnicom- prensivi, con contenuti sponsorizzati che viaggiano per noi non è tanto il rapporto su diversi canali – carta (con inserti e dorsi speciali), tra noi e gli editori digitale, video e piattaforme televisive, radio – e la ma tra noi e i lettori.» creazione di grandi eventi. Quale sia in questo contesto il confine tra giornali- smo e pubblicità è materia di un acceso dibattito. Da Cairo ancora non è chiaro quali strategie adotterà. più parti si invocano chiarezza e trasparenza nell’in- Certo anche da noi un grosso cambio di passo nella teresse dei lettori. Ma se da un lato i giornali hanno realizzazione di questi format c’è già stato. Basta il dovere di spiegare bene ai propri utenti cosa sia confrontare i vecchi pubbliredazionali su carta o le stato pagato direttamente da uno sponsor e cosa no, prime pubblicità native del «Corsera» con un’ope- dall’altra le concessionarie di pubblicità che vendo- razione molto articolata come Il bello dell’Italia no agli inserzionisti gli spazi per il native puntano lanciata dal quotidiano nel dicembre dello scorso molto sulla totale somiglianza di questi contenuti anno. con il resto di ciò che viene pubblicato. I vecchi pubbliredazionali, caratterizzati spesso da «I contenuti native sono perfettamente integrati al- un linguaggio aziendale, hanno lasciato il passo a l’interno del layout di “la Repubblica” garantendo un vero e proprio progetto editoriale che utilizza il un’esperienza omogenea dal punto di vista grafico e cartaceo (anche con tirature speciali fino a un mi- di stile editoriale» leggiamo in una slide di presen- lione di copie), eventi dal vivo, contest sui social e tazione della Manzoni, concessionaria del gruppo un sito continuamente aggiornato – inserito all’in- Espresso, claim che segue il disegno di una zebra su terno di quello del «Corsera» – sul quale campeg- uno sfondo che riprende le strisce del suo mantel- giano in alto, sopra la testata del progetto, i loghi e lo con un effetto vedo-non vedo. Negli ultimi due il nome dei sei grandi sponsor: in tutto e per tutto anni, poi, anche in Italia editori come Rcs e gruppo identico a e perfettamente integrato con il resto 24 Ore hanno dato vita a vere e proprie agenzie del sito del giornale. Ai grandi brand-investitori creative, interne ai gruppi editoriali, dedicate prin- questi nuovi progetti sponsorizzati sembrano pia- cipalmente a realizzare campagne sponsorizzate ad cere molto. alto contenuto giornalistico. Marco Bardazzi ha alle spalle una lunga e soli- Con questo intento, ad esempio, all’inizio del- da carriera giornalistica, è stato corrispondente lo scorso anno Rcs ha lanciato NuMix che ha già dell’Ansa dagli Stati Uniti, caporedattore a «La avuto, in pochi mesi di vita, diversi cambi e rivo- Stampa» e oggi è il capo della comunicazione di luzioni al suo vertice. E con il passaggio di Rcs a Eni, uno dei principali investitori pubblicitari italiani. «L’idea di partecipare come sponsor a Il bello dell’Italia ci è piaciuta subito perché non era «Il native advertising il solito progetto che chiedeva di coinvolgerci per poi relegarci in spazi dei quali i giornali sembra- ha rilanciato un’idea più vasta no vergognarsi» racconta a «pagina99». «Certo, in di collaborazione tra questi casi servono regole precise. Bisogna essere giornali e sponsor.» chiari. Quello che conta veramente per noi non è tanto il rapporto tra noi e gli editori ma tra noi e i lettori. Personalmente anche il termine “branded

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«Non trovo scandaloso che anche una grande firma di un giornale possa fare dei contenuti sponsorizzati.»

redazione giornalistica» per preservare l’integrità di quel muro tra Stato e Chiesa che separa la redazio- ne dal lato marketing. Ma quel muro ha sempre più crepe. «Siamo solo all’inizio,» dice ancora Bardazzi «servo- no regole chiare e massima trasparenza, ma una vol- ta che ci sono non trovo scandaloso che, ad esempio, anche una grande firma di un giornale possa fare dei contenuti sponsorizzati». Per attirare gli investitori pubblicitari i giornali puntano sul valore del proprio marchio, la brand awareness, che è fatta anche e in buona parte delle firme che lavorano per una certa testata. D’altra parte, la sempre maggiore debolezza economica dei quotidiani (il terribile rosso di bilan- cio dell’ultima semestrale del gruppo 24 Ore è solo l’ultimo eclatante esempio) li mette nella condizione di non poter fare altro che giocare la carta branded journalism” non mi piace: giornalismo e branded per cercare nuove fonti di reddito. content sono due cose diverse, anche nel caso in Nel frattempo, le grandi aziende sembrano avere cui a farlo siano dei giornalisti.» le idee chiarissime su che rotta seguire in fatto di I confini però diventano sempre più porosi, perché comunicazione. Anche da noi marchi come Eni, da soli i contenuti non bastano, e le aziende richie- Enel o Coca-Cola si sono organizzati per produr- dono servizi sempre più qualificati. «Servono pro- re da soli i propri branded content realizzando veri fessionalità e competenze diverse, grafiche, edito- e propri progetti editoriali. Assumono giornalisti riali, servono agenzie creative e professionisti con che preferiscono lasciare incarichi di vertice nelle formazione giornalistica ma anche copywriter» redazioni per entrare nei loro staff di pubbliche re- racconta a «pagina99» Francesco Franchi, che ha lazioni. Per il momento hanno ancora bisogno dei organizzato IL Studio dentro il gruppo 24 Ore giornali per raggiungere la visibilità desiderata. Ma prima di passare a «la Repubblica». E qui entra in per quanto? Già oggi facebook e altre piattaforme gioco il problema forse più delicato per i giornali digitali sembrano essere per loro, molto più che i e i giornalisti: chi deve produrre i contenuti per le giornali, partner capaci di attrarre un pubblico ster- aziende? Spesso (ma non sempre) viene aggiunta minato e di fornire servizi e dati preziosi per gli uf- la dicitura «realizzato senza il coinvolgimento della fici marketing.

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rs_ott16.indd 77 03/11/2016 16:16:37 Sem, arriva un nuovo editore. E s’affida all’Olimpo di Fellini

Riccardo Cavallero illustra la realtà fondata a Milano assieme a tre compagni d’avventura: debutto a gennaio con un inedito del regista e altro

Cristina Taglietti, «Corriere della Sera», 16 ottobre 2016

Il laghetto di Segrate sembra molto lontano da que- congruente con l’idea editoriale che sta dietro» sto loft milanese, vicino alla Palazzina Liberty, dove spiega Cavallero, che la crisi dell’editoria l’ha attra- Riccardo Cavallero, fino al gennaio 2015 diretto- versata tutta, dal suo posto di comando nel grande re generale di Mondadori Libri Trade, ricomincia gruppo. «Le conseguenze delle crisi sono di solito la da capo. Dal maggiore gruppo italiano, potenza di contrazione dei costi e le posizioni di comando af- fuoco che ha inglobato Rcs Libri a una piccola casa fidate a chi si occupa di finanza. Scade l’attenzione editrice che manderà in libreria una ventina di titoli sul prodotto e questo porta a trattare gli scrittori da l’anno. Un’avventura che affronta con altre due (ex) fornitori, mentre una casa editrice dovrebbe essere colonne del gruppo di Segrate: Antonio Riccardi, come una grande agenzia teatrale che si occupa di poeta, ex direttore letterario di Mondadori, e Valerio artisti.» È questo che Sem vuole fare. Spiega Ric- Giuntini, che nel gruppo è stato direttore commer- cardi: «Abbiamo capito che il massimo della pro- ciale. La nuova impresa si chiama Società editoriale fessionalità doveva coincidere con il massimo della milanese (Sem) e Cavallero ne è socio al 50% con sartorialità. L’idea è di non pubblicare libri in batte- Mario Rossetti, tra i fondatori di Fastweb e autore ria. Non facciamo collane, ogni libro è un unicum». del libro Io non avevo l’avvocato sull’errore giudizia- Per farlo, spiega Cavallero, bisogna stare un passo rio di cui è stato vittima. indietro. Niente scippi di grandi nomi da Segrate, «La società» spiega Cavallero «è nata a maggio, ma un lavoro fatto di recuperi (anche di autori pub- qualche giorno fa sono stati presentati alla rete di blicati in precedenza da Mondadori, ritenuti validi vendita i primi titoli in uscita a gennaio. Con Mario ma che si sono persi nella quantità dei titoli) e poi Rossetti abbiamo cominciato a parlare del progetto esordi, scoperte. «Una produzione di varia, italiana e circa un anno fa, partendo dall’osservazione di una straniera» dice Cavallero «che va dall’intrattenimento certa staticità del mondo del libro, che non sembra aver percepito il cambiamento del digitale. Credia- mo che ci sia spazio per modalità di lavoro e logiche diverse, per attività più snelle. Siamo un’azienda piccola e ambiziosa che inizia da zero, senza un ca- talogo». «Partiamo dal basement» scherza Riccardi, facendo riferimento alla sede, un seminterrato arre- dato con grande gusto minimal che contiene anche uno spazio per presentazioni e incontri. Il logo è semplice e ricorda il marchio di una fab- brica di inizi Novecento. «È un nome descrittivo,

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puro con una grande attenzione al giallo a testi più accesso a ebook e audiolibro che faremo con Au- sofisticati». I primi due titoli sono una fantasmago- dible di Amazon. È un territorio da aprire e esplo- ria inedita di Federico Fellini, che racconta in modo rare, su cui fare esperimenti, nella consapevolezza pirotecnico la vita degli dèi olimpici, e un thriller che non ci sono ricavi per nessuno nei prossimi tre molto energico, forte, di Piernicola Silvis, questore anni». di Foggia». L’officina di Sem prevede tempi lenti e la scelta dei In arrivo nel 2017 anche due giallisti scozzesi: Mal- collaboratori (redattori, traduttori, eccetera) ad hoc colm Mackay e Thomas Hardy. Poi un romanzo di per ogni libro: «Il mercato» dice Cavallero «sta cam- Tommaso Avati (figlio di Pupi), sceneggiatore che biando molto. Adesso trovi professionalità eccelse esordisce con la storia «delicata e sentimentale» di sul mercato, una volta erano tutte chiuse dentro nel- un ragazzino. E, continua Cavallero, «un romanzo le case editrici. Le concentrazioni hanno generato sulla “donna di Neanderthal”, della canadese Clai- una grande voglia di fare e quindi, paradossalmente, re Cameron, scrittrice mai pubblicata in Europa; anche la nascita di molte piccole imprese. Abbiamo un giallo ambientato nella buona società milanese ritenuto importante affidarci a una macchina distri- di un’esordiente, Sara Kim Fattori, e La stoffa del- butiva e promozionale solida: Messaggerie e Pde le donne della piemontese Laura Calosso. Avremo per essere certi di essere in tutte le librerie». Come anche il nuovo libro di Ottavio Cappellani, Sicilian tutte le case editrici anche Sem si troverà di fronte Comedy, seguito di Sicilian Tragedy, mentre Emilio alla scelta tra il Salone di Torino e la nuova fiera Manfredi, di cui in Mondadori avevamo pubblicato milanese Tempo di libri: «Con gli stand non an- un giallo ambientato in Africa, sta lavorando a un diamo da nessuna parte, non avrebbe senso. Per il progetto straordinario». Tutti i libri di Sem usci- resto stiamo alla finestra, vediamo che programmi ci ranno in tre formati: cartaceo, ebook, audiolibro. sono. Ci interessano di più i festival letterari, sono «Chi acquista il cartaceo» spiega Cavallero «ha già più adatti al nostro progetto».

«Partiamo dall’osservazione di una certa staticità del mondo del libro, che non sembra aver percepito il cambiamento del digitale. Crediamo che ci sia spazio per modalità di lavoro e logiche diverse, per attività più snelle. Siamo un’azienda piccola e ambiziosa che inizia da zero, senza un catalogo.»

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rs_ott16.indd 79 03/11/2016 16:16:37 Elena Ferrante, ironie e ipocrisie

La contraddizione tra l’anonimato, le interviste e La frantumaglia; l’indignazione per il tema di questa inchiesta e non per altri, pur evocati

Claudio Gatti, «Il Sole 24 Ore», 16 ottobre 2016

Sono autore dell’articolo che ha rivelato l’identità di Col tempo mi sono convinto che potevano essere Elena Ferrante, la scrittrice della tetralogia di L’ami- solo due persone: Anita Raja, la traduttrice dal tede- ca geniale. E con la mia inchiesta ho scatenato un sco di edizioni e/o, la casa editrice di L’amica geniale, putiferio etico, giornalistico e letterario. che ritenevo la candidata più probabile perché nella Mi trovo per la prima volta a scrivere un articolo in scrittura vedevo una sensibilità letteraria femminile, prima persona. Per via del tipo di giornalismo che oppure suo marito Domenico Starnone, lo scritto- faccio normalmente scrivo in tutt’altro modo. Cer- re napoletano che con il suo romanzo Lacci aveva cando di mantenere il massimo dell’oggettività e del mostrato segni di una simile sensibilità. Dopo aver distacco, sia critico sia emotivo. Ma in questa vicen- saputo che Ferrante aveva pubblicato un saggio au- da non c’è niente di normale. Dal comportamento tobiografico, La frantumaglia, l’ho comprato e letto dei soggetti che ne sono stati protagonisti alle rea- come si legge la cartina di una caccia al tesoro. Sot- zioni di numerosi lettori sui social media. tolineando e annotando ognuno dei pochi dettagli Per me non è una novità essere bersaglio di accuse che l’autrice dava su di sé e sulla propria famiglia. da parte delle persone di cui scrivo, e ancor più dai Quel libro era nato in seguito a una lettera aperta loro fan. Quindi non posso dire di esser stato colto a Elena Ferrante in cui Sandra Ozzola, la compro- impreparato. Quello a cui non ero preparato è il gra- prietaria di edizioni e/o, parlava del «sano desiderio do d’ironia, ipocrisia e manipolazione dei fatti che dei tuoi lettori di conoscerti meglio». Insomma vo- ha contraddistinto la vicenda. leva fornire alcune, seppur scarne, risposte a quella L’ironia è data innanzitutto dall’evoluzione del mio che veniva riconosciuta come una legittima curiosità rapporto con Elena Ferrante: è nato in quanto let- degli ammiratori che chiedevano di sapere di più tore della tetralogia ed è continuato quando mi sono sull’autrice. trovato strenuo difensore della qualità letteraria dei Ho però immediatamente notato che i pochi detta- suoi libri in discussioni con chi li sminuiva come gli personali concessi ai lettori non corrispondevano «romanzi per americani» rappresentativi di una vi- pienamente né a Raja né a Starnone. Solo allora mi sione neo-romantica, quando non addirittura post- sono imbattuto in un pezzo su Dagospia. «A Roma melodica, di una Napoli da cartolina. lo sanno anche i sassi che la scrittrice che fa im- In quanto giornalista d’inchiesta italiano di base a pazzire i letterati di New York è la sessantaduenne New York mi sono poi trovato subissato dalla stessa traduttrice napoletana Anita Raja» scriveva Roberto domanda: ma tu sai chi è Elena Ferrante? Ho co- D’Agostino. A quel punto ho pensato che non ci fos- minciato così a pormela anch’io, leggendo la miria- se motivo di occuparmi professionalmente dell’iden- de di interviste che la scrittrice aveva concesso alla tità di Ferrante. Perché era già nota. Persino ai sassi stampa di tutto il mondo alla ricerca d’indizi. di Roma!

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«In “Totem e tabù” Freud racconta di una donna che si era imposta di non scrivere il proprio nome. Temeva che qualcuno se ne servisse per impadronirsi della sua personalità. La donna cominciò col rifiuto di scrivere il proprio nome e poi, per estensione, smise di scrivere. Ma devo confessare che la vicenda di quella malattia, quando ne lessi, mi sembrò subito sanamente significativa. Ciò che scelgo di mettere fuori di me non può e non deve diventare una calamita che mi risucchi tutta. Un individuo ha il diritto di tenere separata, se vuole, la sua persona, persino la sua immagine, dagli effetti pubblici del suo operato […]. Non credo che l’autore abbia da aggiungere mai alcunché di decisivo alla sua opera: considero il testo un organismo autosufficiente, che ha in sé, nella sua fattura, tutte le domande e tutte le risposte».

Ma nell’ultimo anno la grancassa mediatica alimen- avevo dovuto trovare il nome della società svizzera tata da edizioni e/o a suon di interviste dell’autrice controllata dal suo portaborse dove erano arrivati i misteriosa ha cominciato a rimbombare sempre più soldi. Nel caso di Ferrante sapevo invece che il pas- nelle mie orecchie. E quando ho scoperto che e/o saggio sarebbe stato diretto e ufficiale. si apprestava a cavalcare l’ondata d’interesse per la E qui viene il secondo elemento d’ironia: una delle scrittrice napoletana lanciando sia in Italia sia negli critiche rivoltemi da alcuni lettori con grande in- Usa una nuova edizione di La frantumaglia, è scat- dignazione è stata quella di essermi occupato di un tata la molla giornalistica. soggetto soft, quale una scrittrice con pseudonimo, A quel punto non si trattava tanto di svelare un mi- con metodi di giornalismo investigativo che avrei stero, bensì una bugia. E c’era un solo modo per ri- dovuto riservare a soggetti ben più hard – dagli uscirci senza timore di essere smentiti: appurare chi amministratori pubblici ai banchieri che spolpano aveva beneficiato del successo commerciale dei libri. contribuenti e risparmiatori. Ma dove era la loro in- Da questo punto di vista sapevo che il mio compi- dignazione quando spiegavo come il tesoriere dell’al- to sarebbe stato più facile del solito. Scoprire come lora governatore della Sicilia Totò Cuffaro ha incas- Roberto Formigoni avrebbe potuto, direttamente o sato milioni all’estero vendendo derivati a orologeria indirettamente, beneficiare dei «buoni sconto» dati- alla sua stessa regione? O scrivevo di Gianni Zonin gli da Saddam Hussein per sostenere la campagna che scarnificava la Popolare di Vicenza? contro l’embargo dell’Onu era stato ben più difficile: Veniamo all’ipocrisia. A partire da quella della casa editrice che per quasi un quarto di secolo ha alimen- tato il circo mediatico intermediando interviste e pubblicando un falso «autoritratto» mentre contem- «Non si trattava tanto di svelare poraneamente chiedeva il rispetto della privacy. un mistero, bensì una bugia.» Alessandro Ferri, comproprietario di edizioni e/o, ha definito «disgustosa» la mia inchiesta, cercando di focalizzare l’attenzione sul fatto che, per svelare

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rs_ott16.indd 81 03/11/2016 16:16:37 il mistero/menzogna – e cioè provare una volta per femminile, con Lenù e Lila che riescono a far fronte tutte che Anita Raja è Elena Ferrante – ho dimo- alle grandi sfide economiche, sociali e culturali di un strato che la traduttrice è stata la principale bene- mondo a loro avverso? ficiaria economica del successo commerciale dei Infine, vorrei soffermarmi sull’ipocrisia che meno libri di Ferrante. Prima della pubblicazione, io ho mi sarei aspettato: quella del giornale più famoso del condiviso quei dati con gli editori chiedendo loro di mondo, «The New York Times», al quale avevo pro- confermare ciò che D’Agostino dava per scontato posto di pubblicare (gratuitamente) la mia inchie- ma loro continuavano a negare. Gli editori hanno sta. In un articolo datato 9 ottobre la giornalista del rifiutato, non dandomi altra scelta se non quella di giornale newyorkese Rachel Donadio ha scritto che mandare in stampa ciò che avevo appurato. Con il ho offerto loro il mio lavoro ma che il «“Times” ne massimo del rispetto possibile (non ho menzionato ha rifiutato la pubblicazione, che avrebbe comporta- né cifre di compensi né indirizzi di case né il nome to il coordinamento con altre testate giornalistiche». del paese toscano in cui Raja ha comprato casa). Ma questa frase è una manipolazione dei fatti, sor- Ma a me interessava chiudere una volta per tutte il prendente per un quotidiano che si erge ad alfiere del- dibattito sull’identità di Elena Ferrante per cercare la correttezza giornalistica. Perché lascia intendere di capire come il suo background familiare e cultu- che il «Times» non aveva condiviso metodi o con- rale potesse aver influenzato i suoi romanzi. I due tenuti della mia inchiesta. Cosa non vera. L’accordo articoli che compongono la mia inchiesta intendeva- è infatti naufragato esclusivamente perché il quoti- no «situare» i romanzi di Ferrante, dare cioè ai testi diano non aveva voluto sottostare alla costrizione di il contesto di esperienze dell’autrice a essi correlato. pubblicare in una data prestabilita con gli altri part- Per questo mi sono documentato sull’influenza avu- ner internazionali. Sul merito dell’inchiesta invece, ta dalla scrittrice tedesca Christa Wolf, e soprattut- il «Times» non ha mai sollevato alcun problema. to ho passato mesi nel ricostruire come la madre di Anzi, era arrivato a chiederne i diritti per il resto Raja, Goldi Petzenbaum, fosse sopravvissuta a tre del mondo, spiegando che intendeva «pubblicare e delle grandi tragedie del ventesimo secolo – nazi- promuovere la storia per massimizzare la sua portata smo, fascismo e Olocausto – emergendo come don- e il suo impatto». na forte e indipendente. E che cosa è la tetralogia Questo ai suoi lettori Donadio ha scelto di non napoletana se non una grande storia di sopravvivenza dirlo.

«A New York mi sono trovato subissato dalla stessa domanda: ma tu sai chi è Elena Ferrante?»

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rs_ott16.indd 82 03/11/2016 16:16:37 Ridere con gli umili e i battuti

Nel discorso del Nobel nel 1997 Dario Fo ringraziava Ruzzante. E Franca Rame con cui ha condiviso le scene e le lotte politiche

Daniela Marcheschi, «Il Sole 24 Ore», 16 ottobre 2016

Sicuramente è stato uno dei suoi spettacoli più ri- scelta di premiare un teatrante, forse più meritevole usciti, ma contrariamente alle sue convinzioni e ai per la sua attività scenica a tutto campo che per la suo gusti, eseguito soltanto davanti a un consesso sola produzioni di testi, ma proprio manifestare il di scienziati e letterati capeggiati addirittura da un suo orgoglio di discendenza da quella schiera di arti- re. La cerimonia di consegna del premio Nobel, il sti comici e popolari, schierati contro tutte le regole 13 ottobre del 1997, viene rovesciata da Dario Fo degli specchiati galatei della letteratura e del teatro in una vera e propria esibizione, realizzata con la più illustre. Un disegno a questo punto mostrava un coscienza di offrire all’augusta sessione una sorta di poeta travolto da un turbine di vento provocato dalla concentrato dei modi e delle idealità di quell’arte per tempestosa notizia del premio dato a una specie di la quale veniva insignito della prestigiosa onorificen- saltimbanco. Ma proseguendo nella sua diverten- za. E dunque, prima di iniziare la sua prolusione Fo te elucubrazione, l’artista milanese ringraziava non mostra dei grandi pannelli da lui dipinti che accom- tanto per sé ma per tutta la categoria alla quale si pagneranno la sua dissertazione, dopodiché, mai sentiva di appartenere. «Sopra tutti, questa sera» tentato, neppure in quella circostanza, dalla retorica dirà «a voi si leva il grazie solenne e fragoroso di uno o dal sussiego, infila una seria di considerazioni gio- straordinario teatrante della mia terra. Sto parlan- cate sul registro del comico e del provocatorio. Con- do di Ruzzante Beolco, il mio più grande maestro tra jogulatores obloquentes intitola il discorso, ripren- insieme a Molière: entrambi attori-autori, entram- dendo una legge di Federico II di Svevia, tutt’altro bi sbeffeggiati dai sommi letterati del loro tempo. che aperto di vedute a dire dell’artista italiano, visto Disprezzati soprattutto perché portavano in scena che, spiegherà: «La legge in questione permetteva a il quotidiano, la gioia e la disperazione della gente tutti i cittadini di insultare i giullari, di bastonarli e, comune, l’ipocrisia e la spocchia dei potenti, la co- se si era un po’ nervosi, anche di ammazzarli senza stante ingiustizia. E soprattutto avevano un difetto rischiare alcun processo con relativa condanna» ag- tremendo: raccontavano queste cose facendo ridere. giungendo per l’illustre uditorio: «Vi avverto subito Il riso non piace al potere». L’autore e interprete te- che questa legge è decaduta e quindi posso conti- atrale chiariva così in maniera definitiva tutto il per- nuare tranquillo». corso della sua vita, rivendicando l’impegno e la pas- Dunque, riferiva Fo, molti suoi amici avevano sione per un teatro che rispondesse a certe semplici commentato: «Il premio più alto va dato senz’altro leggi ormai scomparse dai palcoscenici italiani, un quest’anno ai membri dell’Accademia svedese che teatro che fosse allo stesso tempo divertente ma non hanno avuto il coraggio di assegnare il Nobel a un superficiale, capace di raccontare il presente, teso a giullare!». E utilizzando questo termine l’attore non trasformare l’evento scenico in un momento di presa voleva soltanto limitarsi a sottolineare la coraggiosa di coscienza politica, inventando (o reinventando)

rs_ott16.indd 83 03/11/2016 16:16:37 forme mimiche, gestuali, e verbali di forte impatto, molta gente gli si era fatta intorno, ma tutti gri- puntando a una platea più popolare possibile. «Dal davano «dov’è Franca?». Ci teneva poi a ricordare Ruzzante» ribadiva Fo «ho imparato a liberarmi del- che quel successo era dovuto a un impegno pagato la scrittura letteraria convenzionale e ad esprimermi in modo pesante. «Senza di lei per una vita al mio con parole da masticare, con suoni inconsueti, rit- fianco,» aggiungeva «personalmente non ce l’avrei miche e respiri diversi, fino agli sproloqui folli del mai fatta a meritare questo premio. Insieme abbia- grammelot». E qui Fo svelava quella che è la carat- mo montato e recitato migliaia di spettacoli in te- teristica più sorprendente del suo lavoro, questo an- atri, fabbriche occupate, università in lotta, perfino dare a scandagliare le antiche radici dell’arte comica in chiese sconsacrate, in carceri, in piazza col sole per mettere in campo contemporaneamente inno- e la pioggia, sempre insieme. Abbiamo sopportato vazioni dal carattere sperimentale, ardite soluzioni vessazioni, cariche della polizia, insulti dei benpen- tecniche e formali. L’altra dedica nel momento in santi e le violenze. E soprattutto è lei, Franca, che cui gli veniva conferita la prestigiosa onorificenza ha subito la più atroce delle aggressioni. Lei, più di era per Franca Rame, assente alla cerimonia. «Cre- tutti, sulla sua pelle, ha pagato per la solidarietà che detemi,» aggiungeva «questo premio l’avete proprio davamo agli umili e ai battuti». Impegno, dunque, dato a tutti e due» prendendo da qui lo spunto per coscienza civile, un teatro di agitazione che vuole dar vita a una spiritosa scenetta secondo cui nel parlare, attraverso i suoi strumenti ironici o grotte- momento in cui si era sparsa la notizia del Nobel schi, delle ferite, dei disagi, dei soprusi della realtà

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rs_ott16.indd 84 03/11/2016 16:16:38 La rassegna stampa di Oblique | ottobre 2016

«A che cosa servirà, dove verrà portata questa fantasia, questa vitalità, questo entusiasmo, questo mestiere?»

di oggi e che può trovarsi di fronte persino all’ag- momento del discorso in cui il tono del grande arti- gressione. E proprio perché quell’azione teatrale ha sta si fa serio, con l’amarezza di aver raccontato epi- sempre avuto l’intenzione di lasciare un segno, di sodi clamorosi di violenze e soprusi davanti a grup- trasmettere, anche ai giovani, la possibilità di uno pi di universitari ignari e inconsapevoli, attribuendo sguardo critico e consapevole sulle cose, Fo ripro- però quell’«assenza distratta» all’incapacità dei loro poneva un interrogativo che si era posto insieme docenti. E, sempre pensando ai giovani, il neo pre- alla sua compagna di arte e di vita. «Ma quando mio Nobel chiudeva con una frase che oggi sembra noi insegneremo un mestiere, daremo una carica ef- l’ideale suggello alla sua vita: «Non basta insegnare fervescente di fantasia, poi a che cosa servirà, dove uno stile: bisogna informarli di quello che succede verrà portata questa fantasia, questa vitalità, questo intorno. Loro devono raccontare la loro storia. Un entusiasmo, questo mestiere? A che scopo e ver- teatro, una letteratura, una espressione d’arte che so cosa far proiettare vitalità e fantasia?» È l’unico non parli del proprio tempo è inesistente».

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rs_ott16.indd 85 03/11/2016 16:16:38 Il Nobel on the road

Lawrence Ferlinghetti: Grazie Bob Dylan, hai riscattato chi credeva nei sogni della Beat Generation

Antonello Guerrera, «la domenica» di «la Repubblica», 16 ottobre 2016

«Bravo Bob, bravo» sussurra in un italiano felice della sua italianità, clandestina in gioventù: il suo co- Lawrence Ferlinghetti. Per il grande poeta e scrit- gnome per decenni gli fu dimezzato. La sua famiglia tore americano, che ha vissuto quasi un secolo su si vergognava di essere associata «a chi puzzava di questa terra, «il Nobel di Dylan è il Nobel di una peperoni e cipolla». Tutti i beatniks, dagli anni Cin- generazione. Chi è rimasto di noi dovrebbe esserne quanta in poi, si incontravano da Lawrence. L’ap- fiero. Bob Dylan è la vera, unica eredità della Beat puntamento era nella sua storica libreria e editrice Generation nel Ventunesimo secolo». City Lights, angusto epicentro di una rivoluzione che A novantasette anni, dorati da una rara e toccante ha sconvolto il mondo pubblicando Ginsberg (una lucidità, Ferlinghetti è l’ultimo padre vivente della performance del maledetto Urlo gli costò persino il Beat Generation. La generazione che ha coccolato carcere nel 1957), Burroughs, Kerouac, Kaufman, Bob Dylan, prima che anche lui se ne andasse on Corso, e poi Prévert, Chomsky, Bukowski. Ma non the road, per la sua strada. Dagli anni Sessanta lo Dylan. «Uno dei miei rimpianti più grandi è quello frequentò anche Ferlinghetti quel menestrello del di non essere riuscito a pubblicare Bob. Quanto ho Minnesota: «Una volta eravamo io, Bob Dylan e agognato e sperato di pubblicare in poesia almeno Allen Ginsberg a un café in San Francisco e ci cac- una versione del suo primo album omonimo! Che ciarono perché eravamo troppo bohémien, troppo versi profondi, irraggiungibili! Ma allora, a metà de- matti. Ma non posso definire Dylan un amico, quel- gli anni Sessanta, era già troppo famoso.» lo semmai era Allen Ginsberg. Io non sento Bob da molti anni». E cosa successe? Lawrence Ferlinghetti, in Italia pubblicato da mini- Quando provai a chiedere i diritti, me ne andai con mum fax che di recente ha riproposto il suo capola- la coda tra le gambe. Quei soldi non li avrei mai voro A Coney Island of the Mind, parla dalla sua casa avuti in vita. E comunque aveva già deciso di essere di San Francisco, nel quartiere italiano North Beach. un uomo «song and dance», canto e ballo. «Oramai sono quasi cieco» confessa. Gli sfugge una lacrima: «Dopo il glaucoma, non riesco a leggere più Norman Mailer diceva che «se Dylan è un poeta, io sono niente. Questa è la cosa che mi fa più male, alla mia un giocatore di basket». età. Non può capire quanto». Si sposta dalla sua ca- Che stupidaggini. Bob Dylan è un poeta, prima di mera in soggiorno, a fatica. Ha il fiatone. ogni cosa. Lo è sempre stato. Ha scritto i migliori Non vuole svegliare suo figlio Lorenzo: «Dorme an- poemi surrealisti della nostra generazione. E, grazie cora». Lorenzo, nome italiano, come il suo quartiere, alla musica, è riuscito a far arrivare la poesia dove non come il nipote (Leonardo), come mezza famiglia: il era mai arrivata, neanche con Ginsberg. L’Accade- padre veniva da Chiari, Brescia, e morì sei mesi pri- mia di Svezia ha avuto grande coraggio per una scelta ma che Lawrence nascesse. Adesso, «Ferling» è fiero giusta e doverosa.

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Il Nobel a Bob Dylan è anche il Nobel ai beatniks, a Che ne pensa degli intellettuali oggi? C’è chi dice che Lawrence Ferlinghetti e a un’intera generazione? spesso sono troppo silenti di fronte ai mali del mondo. In un certo senso sì. Anche se noi abbiamo comin- Silenti? Questi dormono proprio! Va bene che la si- ciato negli anni Cinquanta, lui poco dopo. Ma è nistra sta perdendo pezzi giorno dopo giorno. Ma io indubbio che le commistioni tra Beat Generation e vedo solo un grande sonno. quel revival folk aspirato dal primo Dylan si sovrap- ponessero molto rispetto alla stessa intellighenzia Perché, secondo lei? liberal di sinistra. Bob era uno di noi, basti vedere il Oggi gli intellettuali hanno lo stomaco pieno. Han- flusso di coscienza dei suoi primi testi. E, dalla pace no tutto, da subito, soprattutto i più giovani. Quan- alle droghe, dalla psichedelia al buddhismo, ha arti- do arrivai a San Francisco negli anni Cinquanta non colato in maniera irraggiungibile slogan e temi della avevo niente in tasca. E così molti miei colleghi. nostra generazione. Soprattutto negli anni a venire, Avevamo una fame dentro, una tale rabbia, che non è stato il vero padre culturale della hippie generation. potevamo star zitti.

Più di Ginsberg, ponte tra beat e hippie? Lei invece, a novantasette anni, dopo una carriera in- Allen è stato una leggenda, ma non era niente al dimenticabile, cosa fa il giorno? confronto di Bob Dylan. Piangeva mentre ascoltava Niente. Passo tutto il tempo a casa. Sono cieco. le sue canzoni. Non a caso, presto lo capì e anche lui si portò un’armonica dall’India e cominciò a musi- Non va mai nella sua storica libreria? care i versi, persino i Canti dell’innocenza e dell’espe- Ogni tanto. Ma oramai c’è gente straordinaria che ci rienza di William Blake. lavora al posto mio, io non servo più.

Dylan era di origini ebraiche, ha cantato le storie degli Nel secolo scorso sfidavate la censura facendo arrivare ultimi come i neri e il jazz amato dalla Beat Generation dall’Europa i libri proibiti, Bob Dylan fece lo stesso con e ha riportato la questione sociale in primo piano, come «Pasto nudo» di Burroughs nel 1959. Oggi lo stesso mec- fece Steinbeck anni prima. canismo, nell’èra di Amazon e della grande distribuzio- Vero. Poi certo, la musica di Dylan è una storia im- ne, rischia di far chiudere parecchie librerie indipenden- possibile da riassumere in poche righe: partì da Woo- ti, anche la vostra. dy Guthrie e sappiamo dove è andata a finire. Anche Ma noi, City Lights, siamo sopravvissuti. E non il paragone con Steinbeck è azzeccato. Non a caso moriremo mai. Perché la nostra non è solo una li- era uno degli idoli di Dylan, e anche di Jack Kerouac. breria. È una comunità. Quando la inaugurai, nel 1953, decisi di restare aperto fino a notte, sette Qual è secondo lei la canzone più letteraria di Dylan? giorni su sette. Le altre piccole librerie chiudevano Non saprei. Solo Masters of War ne meriterebbe due alle cinque. Loro sono morte, noi no. Quei preda- di Nobel: per la letteratura e per la pace. tori di Amazon non ci avranno mai. Perché non

«Che stupidaggini! Bob Dylan è un poeta, prima di ogni cosa. Lo è sempre stato. Ha scritto i migliori poemi surrealisti della nostra generazione.»

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rs_ott16.indd 87 03/11/2016 16:16:38 «Oggi gli intellettuali hanno lo stomaco pieno. Hanno tutto, da subito, soprattutto i più giovani. Quando arrivai a San Francisco non avevo niente in tasca.»

riusciranno mai a essere come noi. Per esempio, la Stavolta no. Mi turerò il naso con due mani e vote- settimana prossima ci verrà a trovare Ralph Nader rò per Hillary Clinton. Trump è troppo pericoloso e (ex candidato presidente in America, verde, Ndr). rischieremmo davvero una guerra mondiale con lui al comando. Ma, il giorno dopo la vittoria di Clin- A proposito, lei da anarchico e ribelle antisistema, cosa ton, spero che il movimento Occupy occupi la Casa voterà alle elezioni? Sceglierà un altro Nader, i cui voti Bianca stavolta, dopo Wall Street. Questo sistema da sinistra fecero perdere il democratico Gore a favore di politico è insostenibile, crea troppe disuguaglianze. George Bush? Prima o poi, toccherà cambiarlo.

«Citazione Citazione Citazione Citazione Citazione Citazione Citazione Citazione Citazione»

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rs_ott16.indd 88 03/11/2016 16:16:38 Piccoli lettori crescono

Confezionare edizioni casalinghe, non disdegnare gli eroi televisivi, privilegiare il divertimento… Consigli per far amare i libri

Peter Usborne, «Il Sole 24 Ore», 16 ottobre 2016

Nonostante la mia casa editrice pubblichi libri per bambini trovano molto difficile assimilare tanti nomi l’infanzia da quasi cinquant’anni, non sono un mae- e volti tutti in una volta e spesso le serie riescono a stro e non ho mai insegnato a leggere a un bambino. farli sentire più sicuri perché ripropongono sempre Ciò detto, però, sono un padre e un nonno, e visto lo stesso gruppo di personaggi. Quando ero un bam- il lavoro che svolgo e le persone con cui collaboro, ci bino anch’io amavo molto le serie proprio perché vi sono diversi consigli che mi sentirei di dare. ritrovavo sempre gli stessi nomi e gli stessi volti. I genitori devono trasmettere il prima possibile ai Personalmente non ho nulla da ridire a proposito bambini l’idea che i libri sono divertenti e che non dei libri ispirati ai personaggi dei programmi televi- bisogna averne paura. In questo senso la lettura ad sivi e dei film di animazione, soprattutto perché la alta voce è importantissima, soprattutto poco prima produzione cinematografica per bambini oggi sta at- della nanna. Se si ha la possibilità di comprare molti traversando un momento d’oro grazie ai budget di libri per l’infanzia bisognerebbe farlo prima ancora produzione altissimi e alle celebrità che prestano la che il bambino abbia raggiunto l’età scolare. loro voce ai personaggi. È stato inoltre ampiamente dimostrato che più pa- Tantissimi talenti straordinari lavorano nell’àmbito role i bambini conoscono più per loro diventa facile del cinema d’animazione e per questo è un’industria imparare a leggere e per questo i genitori devono che rispetto e apprezzo molto. I personaggi a dispo- parlare con loro il più possibile. sizione dei bambini sono sempre più riconoscibili Molti libri per l’infanzia presenti sul mercato non e questo può essere solo un fattore positivo perché sono particolarmente divertenti ma per un genito- aumenta il successo dei libri da cui sono tratti. re non dovrebbe essere difficile riconoscerli; basta Il percorso di apprendimento della lettura è spesso guardare un libro con attenzione per essere sicuri che lento e difficoltoso e a volte bisogna aiutare i propri piacerà ai propri figli. I bambini amano gli animali, bambini a destreggiarsi con le prime letture scola- soprattutto quelli piccoli, e i mostri di ogni tipo; li stiche, spesso terribilmente noiose e ripetitive. Pur- appassionano le macchine grandi, come i trattori, i troppo la ripetizione è uno degli strumenti più utili principi e le principesse, la magia, gli adulti quan- per l’apprendimento per cui temo che in questo caso do sono buffi, i rompicapi, i labirinti e via dicendo. non si possa far altro che armarsi di pazienza. Hanno idee abbastanza chiare sulle cose che li ap- Sono sempre più convinto che esista un momento in passionano e dovrebbero trovarle nei libri che han- cui scatta la scintilla che ci spinge a leggere. Alcuni no a casa. Se ai vostri bambini piacciono personaggi bambini, compresi i miei nipoti, si rifiutano di im- come Peppa Pig o Geronimo Stilton, incoraggiateli parare a leggere, talvolta per un periodo tanto lungo il più possibile a collezionare e a mostrare con orgo- da destare non poche preoccupazioni, ma non biso- glio i volumi di queste serie. Proprio come gli adulti i gna perdersi d’animo. Molto spesso proprio questi

rs_ott16.indd 89 03/11/2016 16:16:38 bambini rivelano delle improvvise e inaspettate ca- erano davvero terribili, ma il trucco ha funzionato: pacità di lettura. In particolare, uno dei miei nipoti- oggi i miei figli sono entrambi adulti, ma ricordano ni ci ha fatto disperare: pensavamo che non sarebbe ancora molto bene i libri scritti da papà. mai riuscito a imparare ma d’un tratto, nell’arco di Non sottovalutate mai la potenza e l’importanza del due o tre settimane, ha cominciato a leggere vorace- legame tra bambini e genitori e impegnatevi perso- mente di tutto, Shakespeare compreso. nalmente ad aiutare in tutti i modi i bambini ad Anche mio figlio ha avuto qualche difficoltà quando acquisire familiarità con i libri fin dai primi anni. ha cominciato a imparare a leggere e ricordo che per E questo vale non solo per le mamme, ma anche un certo periodo ha cercato di imbrogliarci impa- per i papà. Ecco il segreto per fare appassionare i rando a memoria alcuni dei libri che avevamo a casa. bambini alla lettura. Forse non è un caso che oggi sia un appassionato Peter Usborne ha fondato la Usborne Publishing in editore di splendidi libri di fotografia. Gran Bretagna nel 1973 con l’obiettivo di presentare Nel mondo anglofono una volta esisteva la teoria che una nuova generazione di libri non-fiction divertenti, per imparare a leggere bastasse circondare i bambini coloratissimi e istruttivi. È presente in tutto il mon- di buoni libri e, addirittura, che spesso i piccoli po- do e i suoi volumi vengono tradotti e adattati in 108 tessero riconoscere intere parole pur non conoscen- lingue diverse. In Italia, le Edizioni Usborne, ormai do l’alfabeto. Per fortuna questa scuola di pensiero sulla breccia dal 1995, hanno saputo creare un piccolo oggi ha perso ogni credibilità e nuovi studi hanno paradiso per i più giovani. Soltanto lo scorso anno evidenziato la necessità per i bambini di imparare il sono stati pubblicati più di 170 titoli che si sono ag- prima possibile l’alfabeto fonetico dal momento che giunti a un catalogo che ne comprende quasi 600. l’inglese è una delle lingue con la pronuncia più irre- golare. I bambini italiani, invece, hanno un enorme Cinque semplici consigli vantaggio rispetto a quelli inglesi perché l’italiano, 1. Trasmettere l’idea che leggere è divertente; dal punto di vista fonetico, è una lingua quasi per- 2. Leggere delle fiabe prima della nanna; fettamente regolare, il che sicuramente li aiuta ad 3. Parlare con i bambini il più possibile per ampliare imparare a leggere molto più in fretta. il loro vocabolario; Un metodo che ha dato ottimi risultati con i miei 4. Scegliere libri divertenti e spingerli a collezionare figli era quello di scrivere e illustrare delle storielle delle serie; molto semplici e buffe su carta ripiegata a mo’ di 5. Trasformare il momento della lettura in un’occa- libro che poi regalavo loro con una dedica. I libri sione per stare assieme.

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rs_ott16.indd 90 03/11/2016 16:16:38 Ginevra Bompiani: «Le seconde possibilità esistono solo nella scrittura».

L’editrice si racconta in un libro dal titolo Mela zeta: «Sono i tasti che si usano per tornare indietro quando si sbaglia al computer: magari funzionassero anche nella vita».

Simonetta Fiori, «la Repubblica», 17 ottobre 2016

C’è Ingeborg Bachmann che piange perché non Il suo appare soprattutto un omaggio a un’epoca che si riesce a trovare la casa degli amici. Poco prima è è chiusa. apparso José Bergamín, un passo di flamenco per Racconto degli incontri che mi hanno colpito al commiato. E ancora Gilles Deleuze, accasciato su cuore, lasciandomi però affamata: come se li avessi una sedia nel pianerottolo. L’album di istantanee di mancati. Ginevra Bompiani coglie un’epoca gigantesca e ter- ribile nel tratto terminale. Come un continente che Cosa ha mancato di Elsa Morante? si allontana ogni giorno di più e i suoi protagonisti Sono mancata io. Mi metteva in grande soggezione, stanno sul bordo a salutarci. Ciascuno con il suo così vivevo ritratta in un rapporto di contemplazio- mistero. E più misteriosa di tutti appare l’autrice, ne e ascolto. Con lei non mi sentivo pienamente me. la cui timidezza è rimasta intatta dopo una vita di incontri e di invenzioni con i libri – editrice, scrit- La ritrae molto spigolosa, anche sulla spinta delle anfe- trice, traduttrice, docente universitaria. E figlia del tamine che assumeva. grande Valentino. Poteva essere molto pungente: non esercitava la sua parola affilata nei miei confronti, ma soffrivo lo stes- Un libro di memorie con un titolo tecnologico, «Mela so se lo faceva con gli altri. Del resto anche io ho zeta». Perché? preso delle anfetamine e le ho studiate alla Sorbona: Sono i due tasti del computer che ti permettono di aumentano l’adrenalina e l’aggressività. tornare indietro, di correggere l’ultima parola. Na- turalmente non possono essere usati nella vita, al- Al suo capezzale tratteggia anche Moravia, verso cui trimenti staremmo sempre schiacciati sulla tastiera. però non mostra grande simpatia. Però puoi recuperare alcune cose con la memoria. Era il solo a cui ho sempre dato del lei, tutta la vita. E la scrittura dà agli eventi del passato una seconda Forse anche perché era l’unico tra gli autori Bom- possibilità, quella che Henry James chiama «the se- piani a starsene sulle sue. Mio padre diceva che non cond chance». gli aveva mai offerto un caffè.

«Mi dispiace molto non aver più chiamato Ingeborg Bachman, per una forma di riserbo. Se fosse ora a Roma mi attaccherei al telefono.»

rs_ott16.indd 91 03/11/2016 16:16:38 Con Deleuze a Parigi è stato l’incontro più emozionante. Dovevo chiudere la sfida con lui in modo che potes- Sì, quello che in parte mi ha cambiato la vita. Al- se diventare serenamente il mio modello. cune parole sulla libertà mi sono rimaste incise. C’è una piccola regione di libertà che si può ridurre o Quest’anno ha venduto le sue quote. ingrandire. Fece un esempio molto semplice. Se sto Avevo perso la carica. Ho sempre fatto le cose che studiando, e gli amici mi chiamano per raggiungerli mi piacevano e finché avevo la capacità di inventar- al bar, posso scegliere che cosa fare: se rimango a le. Mi sembrava di non inventare più abbastanza. casa, allargo la mia regione di libertà. Questi suoi incontri sono scritti spesso in prima persona E lei in che modo ha difeso la sua frangetta di libertà? plurale. E quel noi allude a una persona che cita solo con Facendo coincidere parola e pensiero e cercando il nome, Giorgio. sempre di inventare qualcosa di nuovo. Non sempre il noi è riferito a Giorgio Agamben, ma certo è molto presente essendo stato il mio compa- Lei definisce una sera a cena con Deleuze quella più fe- gno per tantissimi anni. Non volevo però coinvol- lice della sua vita. gerlo nel suo ruolo pubblico. Felicità nel senso in cui usa la parola Glenn Gould. Ogni esecuzione richiede infinite prove ma una vol- È sbagliato leggere questo libro anche come un atto ta o due nella vita c’è una esecuzione felice che sem- d’amore verso di lui? bra venire da sé. Quella sera, a casa di amici, tutto È un atto d’amore nei confronti di tutte le persone sembrava perfetto: l’atmosfera, la calma intensa, la che evoco. Ma non mi piace parlare della mia vita conversazione. E io per una volta non mi sentii so- privata. Giorgio ha partecipato a grandissima parte praffatta da paura, ansia, timidezza. di questi incontri, ma non a tutti e non nello stesso modo. Lei accenna spesso a questo suo stato d’animo, come se fosse in affanno rispetto ai personaggi tratteggiati. Un affan- Vi siete conosciuti alla Bompiani? no privo di giustificazione. C’entra qualcosa suo padre? Ma no, eravamo molto giovani quando ci incon- Sicuramente. Non era un padre che infondeva sicu- trammo la prima volta. Vivevo a Parigi e durante un rezza. Con lui c’è stato uno scontro leale che è dura- viaggio a Roma una mia amica volle fare una festa to tutta la vita. A otto anni mi faceva leggere le sue in mio onore. Nominò questo suo amico Agamben: commedie e io le commentavo. Lui aveva una volontà che bel nome, perché non lo invitiamo? La sera stes- molto forte che tendeva a imporre sugli altri. E io sa cominciò la nostra storia. avevo paura ma non amavo le imposizioni. Così sono sempre stata combattuta tra il timore e il desiderio di Insieme faceste una collana per Bompiani. armarmi. Sì, Il Pesanervi, una collana di letteratura fantasti- ca che allora – eravamo a metà degli anni Sessanta Ha fondato la sua casa editrice nottetempo solo dieci – era considerata narrativa di destra. La collana la anni dopo la morte di suo padre. facevo io, ma l’idea era stata di Giorgio. Wilcock

«Non era un padre che infondeva sicurezza. Con lui c’è stato uno scontro leale che è durato tutta la vita.»

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diceva che Ginevra dirigeva Il Pesanervi e Giorgio «Un giorno, parlando con Giorgio dirigeva Ginevra. Manganelli al telefono, sede Si faceva dirigere anche nella vita? principale della nostra amicizia, Diciamo che Giorgio come mio padre ha sempre arrivammo a un punto cruciale. amato dirigere. E io ho sempre amato combattere. «E se Dio fosse il non linguistico?» Il suo Giorgio dovette misurarsi con un altro Giorgio Lui si fermò: «Questa conversazione illustre: Manganelli. deve continuare faccia a faccia». E mi Manganelli era un personaggio molto difficile: bi- diede appuntamento l’indomani alle sognava pranzare a una certa ora, non un secondo più tardi. Tra lui e Agamben c’erano stati problemi sei di sera a casa mia. Come sempre per via di un appartamento, così preferivano evitar- fu puntuale. Come sempre io ero si. Una sera a cena mi ribellai e imposi a ciascuno agitata e lui torvo. Sedette sul divano la presenza dell’altro. Il silenzio era interrotto solo e io di fronte, nella grande sedia dalla mia voce. E mentre correvo tra la sala da pran- zo e la cucina udii Manganelli chiedere gravemente indonesiana con lo schienale a ruota. all’altro Giorgio: «Lei va a caccia signor Giorgio?». Non accadde niente.»

Con Manganelli giocavate a scoprire l’umore dell’altro. Sono molto sensibile agli umori: fin da bambina riconoscevo l’umore di mio padre dall’ascensore. E anche Manganelli era bravo. Un giorno mi disse: «Sei ingiustamente infelice per non assumerti l’in- felicità che ti spetta». Credo volesse dire che uno si crea delle false infelicità per non affrontare quelle vere.

Tranne un signore misterioso, i protagonisti del suo rac- conto non ci sono più. Ho scelto di raccontare gli incontri incompiuti, per- sone a cui non posso più telefonare. Mi dispiace mol- to non aver più chiamato Ingeborg Bachmann, per una forma di riserbo. Se fosse ora a Roma mi attac- cherei al telefono. Ma so che non è vero. Uno cade sempre negli stessi errori.

Perché ci si perde? Per discrezione. Rimbaud dice «per delicatezza». An- che se so che le cose finiscono, qualcosa mi impedi- sce di prenderne atto.

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rs_ott16.indd 93 03/11/2016 16:16:38 Elio Vittorini e la Gentile Signora. Le lettere a Lucia Rodocanachi

Esce per Archinto Si diverte tanto a tradurre?, le lettere di Vittorini alla Rodocanachi, amica di artisti e scrittori, che lo aiutò nei suoi lavori di traduzione: un ruolo decisivo a lungo nascosto

Paolo Di Stefano, «Corriere della Sera», 17 ottobre 2016

C’è una Gentile Signora, nella letteratura italiana, molto il St Mawr di Lawrence a Mondadori». Il alla quale parecchi scrittori devono esseri grati. E tempo stringe, aggiunge il poeta, e Elio deve tra- non sono nomi da poco: Elio Vittorini, Eugenio durre ancora la metà del libro, ovvero 150 pagine: Montale, , il poeta ligure Ca- «Accetterebbe di farle lei, solo letteralmente, a tam- millo Sbarbaro e altri. La Gentile Signora si chiama buro battente?». La Signora accetta e con il roman- Lucia Morpurgo e dopo il matrimonio con il pit- zo di D.H. Lawrence prende avvio una decennale tore Paolo Rodocanachi detto Cian, celebrato nel collaborazione, editorialmente proficua ma ricca di 1930, sarà nota con il cognome del marito. Nata a equivoci e di ambiguità, come dimostra lo scam- Trieste nel 1901, trasferitasi a Genova, figlia di un bio epistolare di cui ora Archinto pubblica la se- imprenditore di coloniali, ottiene il diploma ma- zione vittoriniana, che si estende dal 1933 al 1943 gistrale nel 1920, coltiva le lingue e le letterature (Si diverte tanto a tradurre?, a cura di Anna Chiara straniere (inglese, francese, tedesco e spagnolo), Cavallari e di Edoardo Esposito). È una storia di diventa amica e musa degli artisti liguri, nonché inquietante «negritudine», su cui già si sono con- sodale e corrispondente di scrittori anche dopo es- centrate le attenzioni degli studiosi, a partire da sersi trasferita ad Arenzano: la «casa rossa» tra le Giuseppe Marcenaro (curatore per Adelphi delle agavi, progettata dal marito Cian, sarà, oltre che il lettere gaddiane) e da Franco Contorbia che nel luogo della sua personale malinconia, il crocevia di 2006 curò una raccolta di saggi sulla figura della Ro- raduni (per Santo Stefano e per il lunedì di Pasqua) docanachi, uscita presso la Società editrice fioren- con gli «amici degli anni Trenta» attorno alla torta tina, con un contributo di Adrea Aveto sui rapporti pasqualina preparata dalla cordiale ospite. La fame con Vittorini. di novità letterarie porta Lucia a stabilire contatti L’urgenza, l’ansia di non riuscire a consegnare nei intensi con il fiorentino Gabinetto Vieusseux che tempi stabiliti, gli scambi di libri e di punti di vista dal 1928 è diretto da Montale e la cui biblioteca cir- sugli autori da tradurre, l’andirivieni delle pagine da colante può offrirle in tempi rapidi i suoi oggetti del rivedere, le ripetute raccomandazioni sulla qualità desiderio. letterale delle versioni richieste a Lucia, le precarie È grazie a Montale che Lucia Rodocanachi conosce condizioni economiche del mittente, la speranza che Vittorini, il quale tra il 1929 e il 1930 ha trasloca- l’editore paghi, le promesse di saldare i debiti con to da Siracusa a Firenze, dove frequenta l’ambiente la collaboratrice destinata a rimanere nell’ombra e le della rivista «Solaria» e il giro del caffè letterario continue procrastinazioni dei pagamenti, gli umori delle Giubbe rosse. In una lettera del 9 maggio familiari e i progetti in proprio: sono alcuni dei mo- 1933, Eugenio chiede all’amica se è disponibile tivi che percorrono le lettere. Dunque, si comincia ad aiutare Vittorini che «deve consegnare fra non con Lawrence, che Vittorini non ama («così fumoso

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con tutte le sue insistenze. E così inefficace dopotut- to», addirittura «umido») ma che promette un buon riscontro di pubblico considerato il chiasso prodotto «Anche questo libro è venuto fuori all’estero dallo scandalo di Lady Chatterley (su cui in come mio solo, per inerzia, perché Italia, però, pesa la censura). Il lavoro dietro le quinte della Rodocanachi per- non sono stato capace di avvertire, mette a Vittorini di accettare una quantità di inca- come desideravo, che c’era lei richi (26 libri tradotti dal ’33 al ’49, solo alcuni dei in collaborazione.» quali in autonomia) che altrimenti non riuscirebbe a sostenere da solo. E soprattutto gli consente di procedere con la sicurezza che un «anglofono» au- ai suoi desideri e affidandole traduzioni autonome. todidatta come lui non potrebbe permettersi: sulla «Farsi aiutare» nota Esposito «rientrava – ieri come traduzione quasi parola per parola dell’amica (una oggi – in una pratica moralmente discutibile eppure «prima stesura»), lo scrittore sarebbe intervenuto largamente seguita». A dimostrarlo sono gli analo- con il suo stile. Mentre l’altro promotore italiano ghi trattamenti che la Gentile Signora dovette subi- del «mito americano», , traduceva re anche da Gadda e da Montale, che la definì una in perfetto isolamento affrontando da solo le dif- «Sévigné del nostro secolo». ficoltà che gli poneva la modesta conoscenza lin- Dopo Lawrence numerosi altri autori apparvero in guistica, Vittorini chiede un sostegno: ma, osserva traduzione con la firma di Vittorini per la Medu- Edoardo Esposito nell’introduzione, «peccò non sa mondadoriana: Somerset Maugham, Faulkner, nel farsi aiutare, ma non dichiarando mai né rico- Powys, Saroyan, Steinbeck, Fante e, in altre col- noscendo – al di là del compenso economico – il lezioni o riviste, Poe, Defoe, Wilder, Dickens, nome e l’aiuto di chi gli fu in molti casi essenziale Galsworthy, uno Shakespeare (Tito Andronico) e al- collaboratrice». tri ancora. Non per tutti questi lavori, ma spesso e Il 24 maggio 1935, nel farle pervenire il frutto del volentieri, la mano della negresse fu indispensabile. lavoro comune, e cioè la traduzione appena uscita in Fatto sta che la prassi del contributo non ricono- volume di Il serpente piumato dello stesso Lawren- sciuto portò, come è ampiamente noto, a momenti ce, si sente in dovere di precisare all’amica: «Anche che ancora oggi, rileggendo l’epistolario (purtroppo questo libro è venuto fuori come mio solo, per iner- dimezzato), appaiono imbarazzanti. Il punto più in- zia, perché non sono stato capace di avvertire, come crescioso fu toccato quando l’«indegno amico» (come desideravo, che c’era lei in collaborazione. Ma per soleva definirsi Vittorini nelle fasi in cui l’evasività il terzo ci penserò. Lo metterò in prima pagina che degli impegni non mantenuti gli acuiva il senso di siamo in due ad averlo tradotto. Va bene?». Non colpa), trovandosi senza soldi a Milano, falsificò la andò bene, perché il nome della Rodocanachi rimar- firma per incassare un assegno intestato all’amica. È rà sempre nascosto. E anche sul piano economico le la candida ammissione che lo scrittore fa in una let- cose non andranno affatto lisce, tra ritardi e rinvii. tera del 31 dicembre 1935 per giustificare il suo lun- D’altra parte, è pur vero che il giovane e squattrinato go silenzio: «Scriverle senza narrarle il mio peccato Vittorini faticava parecchio a mantenere a Firenze non mi sembrava naturale; e scriverle narrandoglielo una casa con moglie e figlio (Giusto), cui presto si mi veniva troppo scabroso […]. Ora lei può anche sarebbe aggiunto il secondogenito (Demetrio). E denunciarmi […]. Dinnanzi alla soglia dell’anno quando ne avrà la possibilità, una volta trasferitosi a nuovo alzo, comunque, le mani e faccio voto solen- Milano e approdato alla Bompiani nell’aprile 1939 ne che adempirò entro il suo termine ai miei impe- con un incarico editoriale, riuscirà a stabilire con gni e mi dimostrerò degno di lei nell’amicizia». Si Lucia un rapporto di consulenza, venendo incontro andò oltre, nell’accusare Vittorini di aver sfruttato la

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rs_ott16.indd 95 03/11/2016 16:16:38 Gentile Signora, insinuando che il lavoro realizzato stufo»), il lavorio inquieto ma vivificante sui propri tra il ’40 e il ’41 per la celebre antologia Americana – libri, di cui nelle lettere all’amica-confidente emer- destinata alla Bompiani e caduta sotto le grinfie del- gono spesso i motivi ispiratori anche più segreti: la censura fascista – sia stato farina del generoso sac- «Vorrei tanto riuscire a dire una parola nuova, che co della Rodocanachi: in realtà solo due dei tredici avesse peso in una trasformazione del mondo. Fare brani si giovarono dell’apporto della Rodocanachi (i dell’arte è fare un mondo a sé e di questo non me racconti di Faulkner e di Lardner). ne importa, io voglio influire sul mondo comune, Ci si imbatte poi in notizie di notevole peso nella invece» (28 gennaio 1936). Oppure quando, il 16 biografia vittoriniana, come, nella lettera del 25 ot- aprile 1938, anticipa quel «furore, dico interno fu- tobre 1935, quella relativa all’espulsione «come ereti- rore» con cui si aprirà Conversazione in Sicilia, che co» dal partito fascista per aver espresso la sua «sim- nello stesso mese apparirà per la prima volta nella patia pro governativi» spagnoli e l’antipatia «contro rivista «Letteratura»: «Io non posso più vivere così, la Vandèa degli insorti»: «Che c’entra in Spagna il con gli occhi sbarrati sul mondo, aspettando e spe- fascismo? A così poca distanza di anni dall’asso- rando una salvezza da qualche parte, in qualche lutismo clericale-señoristico il fascismo in Spagna senso. Bisogna che mi decida a diventare una caro- non può essere altro che Vandèa». Va poi segna- gna qualunque, che se ne frega di tutto, non spera lato, nel generale clima di sconforto che affligge il che il mondo sia salvo, non aspetta nulla di buono giovane scrittore costretto a dedicarsi a un’attività […]. Altrimenti sarò sempre in furore, e incapace «da negri» che non lo appaga («sono stufo, stufo, di scrivere una lettera».

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rs_ott16.indd 96 03/11/2016 16:16:38 Come sta cambiando il panorama dell’editoria italiana?

Intervista a Stefano Mauri

Antonio Prudenzano, «Il Libraio», 18 ottobre 2016

«L’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondado- Cosa accadrà? ri, grazie anche alla mediazione dell’Agcm, per ora Ci sono più o meno quattro editori primari in più e ha vivacizzato il mercato… Il panorama? È molto due gruppi diversamente rinforzati. Certo ci avreb- mosso.» Alla vigilia della fiera di Francoforte, Stefa- be fatto piacere recuperare un marchio fondato dallo no Mauri, presidente e ad di GeMs, parla del pro- zio Val come Bompiani, ma ognuno fa le proprie fondo mutamento in atto nell’editoria italiana. Tra i considerazioni anche in termini di investimento al- temi affrontati nell’intervista, anche il caso Bompia- ternativo. Noi siamo un gruppo atipico. ni, la revisione della legge Levi sugli sconti in libre- ria («che viene aggirata in molti modi perché nes- In che senso? suna autorità di fatto la fa rispettare»), la situazione GeMs è sempre stato indipendente e ha esercitato la del mercato librario, la promozione della lettura, la propria indipendenza rendendo del tutto indipen- «generazione Harry Potter», la «guerra dei Saloni» denti le sue case editrici, sia economicamente che e la nomina del nuovo direttore Lagioia: «Gli edi- intellettualmente, a beneficio della libertà degli au- tori sono persone intellettualmente vivaci e dovete tori e del diritto dei lettori a non essere manipolati. alla loro diversità il pluralismo di cui si può ancora Sono stati pubblicati anche molti libri scomodi che, godere in libreria. Se fossero stati tutti d’accordo mi in parte, hanno contribuito a cambiare il mondo, sarei preoccupato». spero in meglio. Del resto l’indipendenza è un valo- re per il lettore solo se non si soggiace ai poteri forti. La costosa acquisizione di Bompiani da parte di Giunti Un buon saggio di inchiesta, si dice, non ha amici. è l’ultimo effetto della discussa «presa» di Rcs Libri da parte di Mondadori. Rispetto a poco più di un anno fa, Anche GeMs, però, nel corso degli anni è cresciuta con il panorama dell’editoria italiana è mutato. Nel me- delle acquisizioni… dio periodo, quali saranno gli effetti concreti di questi Sì, ma sono responsabili del 20% della nostra cre- cambiamenti? scita. Quando ho cominciato a lavorare qui eravamo L’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori, tredici dipendenti in tutto. Eravamo un medio edi- grazie anche alla mediazione della Agcm, per ora tore che ha comprato o fondato ex novo e rilancia- ha vivacizzato il mercato. Si sono rese indipendenti to, grazie ai propri redditi, marchi nobili. Il resto è Adelphi, Marsilio e poi Bompiani. È nata La nave dovuto alla capacità di chi ancora oggi dirige le case di Teseo. HarperCollins ha rilevato il 100% della editrici di fare una buona ricerca in tutto il mondo joint venture con Mondadori, e adesso sembra che e trovare autori su cui investire e da accompagna- sbarchi nel nostro paese Planeta in joint venture re possibilmente al successo. J.K. Rowling, Wilbur con De Agostini. Da ultimo nasce Sem, fondata da Smith, Luis Sepúlveda, Jonathan Safran Foer, Arun- tre mondadoriani. Il panorama è molto mosso. E a dhati Roy, Clara Sánchez, Glenn Cooper, Ildefonso Francoforte si sentirà. Falcones, Donato Carrisi, Gianni Biondillo, Alessia

rs_ott16.indd 97 03/11/2016 16:16:38 «Non siamo dei nani famelici, ma dei bambini curiosi. Peraltro i nani sono persone come gli editori sono editori, che siano grandi o piccoli. Meritano tutti rispetto.»

Gazzola e quasi tutti gli altri nostri autori erano per i lettori del nostro lavoro intellettuale. Mi spiace del tutto sconosciuti prima che noi li scoprissimo solo per gli autori Bompiani che hanno la backli- e li pubblicassimo. Siamo gli editori di alcuni dei st da una parte e i nuovi progetti da un’altra. Ma giornalisti più apprezzati in libreria: Massimo Gra- la ragione economica ha prevalso e non credo che mellini, Gianluigi Nuzzi, Marco Travaglio, Peter Mondadori, quotata in borsa, potesse fare valutazio- Gomez. Avendo la capacità di individuare dei buo- ni sentimentali. All’origine secondo me è stata av- ni manoscritti e di farli apprezzare dai lettori, oltre ventata la vendita in blocco di Rcs Libri. Rcs avreb- certi limiti preferiamo investire in questo, che è poi be potuto gestire direttamente e più proficuamente il mestiere editoriale, e con i nostri autori, le risorse questo processo. disponibili. Dobbiamo innanzitutto garantire conti- nuità e qualità ad autori e lettori. Lei in queste settimane si gode le vendite record di Har- ry Potter, ma com’è andato finora il mercato librario All’indomani dell’acquisizione di Rizzoli, Gian Arturo italiano in questo 2016? Ferrari, vicepresidente della Mondadori Libri, disse che Nel 2015 il mercato ha cessato di flettere e nel 2016 non erano loro a essere dei giganti, ma gli altri editori a è in crescita. Però una crescita molto diseguale. L’in- essere dei nani. E per di più famelici, dato che molti si sieme di catene e librerie è in pari con l’anno prima, offrivano di acquistare la Bompiani. Si sente un editore l’ecommerce cresce, sia Amazon sia Ibs, e la vendita «nano»? di libri nei supermercati è ancora in flessione. Noi, come abbiamo detto l’anno scorso in occasione del nostro decennale, non siamo dei nani famelici, A proposito di Harry Potter, la casa editrice Salani ha ma dei bambini curiosi. Peraltro i nani sono perso- promosso una ricerca sui lettori italiani della saga. La ne come gli editori sono editori, che siano grandi cosiddetta «generazione Harry Potter» è il motivo di o piccoli. Meritano tutti rispetto. Ma siamo anche speranza nel futuro per gli editori e dei librai? gli orgogliosi custodi dell’opera di Freud, Jung, Ein- Già da qualche anno avevo notato che esiste una stein e gli editori di Dario Fo, che ricordo con com- classe specifica di lettori, tra i venti e i trent’anni, che mozione, di , Kenzaburō Ōe, Javier è in crescita in molti paesi del mondo. È quella che Cercas, Isaac Bashevis Singer, , chiamo la «generazione Harry Potter». Un romanzo Carlo Emilio Gadda. più lungo della Recherche che ha avuto probabilmen- te mezzo miliardo di lettori in tutto il mondo, molti Torniamo alla Bompiani. dei quali avevano dieci anni quando hanno comin- Sono comunque lieto, per certi aspetti, di come è an- ciato a leggere la saga. Un mondo a sé che continua data la vendita. Ha dimostrato che esiste un mercato a produrre frutti. Non solo l’ultimo Harry Potter ma molto vivace, che solo un anno fa sarebbe stato in- anche un bellissimo nuovo film in arrivo a Natale, sospettabile. Dunque, che quello che anche noi ab- Animali fantastici, del quale seguirà un libro sempre biamo costruito in tanti anni ha un enorme valore per Salani. La casa editrice per festeggiare l’ottavo economico, il che è una prova secolare della qualità libro di Harry Potter ha voluto andare più a fondo

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e la ricerca, oltre a confermare che chi ha assaggiato del pluralismo, bisogna individuare degli strumenti il piacere di un buon romanzo in giovane età grazie atti a proteggere le librerie indipendenti, strette tra a Harry Potter oggi legge il doppio di chi non lo ha la crisi e la competizione di catene, ecommerce e, fatto, ha scoperto che il maghetto ha trasmesso ai ormai in minima parte, supermercati. Solo le libre- suoi lettori molti valori positivi con i quali affrontare rie indipendenti possono accompagnare la ricerca la vita: lealtà, amicizia, coraggio, gioco di squadra: di nuove voci, scommettere su giovani scrittori e gli stessi valori che cerchiamo di trasmettere ai ra- aiutare gli editori a rinnovare il panorama letterario gazzi con lo sport. insieme ai lettori. Innanzitutto bisognerebbe chia- rire chi controlla l’applicazione della legge e quali Cambiamo tema e parliamo di regolamentazione degli strumenti ha in mano. La legge viene aggirata in sconti in libreria. A ormai cinque anni dall’applicazio- molti modi oggi perché nessuna autorità di fatto la ne, i librai chiedono una revisione della legge Levi, con fa rispettare. una riduzione degli sconti e controlli severi per il rispet- to delle normative. È d’accordo? Pensa anche lei sia giunto il momento per una nuova Come dicevo, la crescita nel mercato è diseguale. legge sul libro e la lettura? E quali dovrebbero essere i Credo che si debba fare un serio tentativo di ri- pilastri di tale legge? vedere alcuni aspetti della legge Levi, ma che non Il problema della lettura in Italia si intreccia con le sia il momento di intervenire con riduzioni dra- caratteristiche culturali e sociodemografiche della stiche di sconto che danneggerebbero i lettori più popolazione. Credo che la migliore promozione della fragili e la vendita di libri nei supermercati. Tut- lettura sia diffondere la consapevolezza che chi legge tavia, per l’interesse di lungo periodo dei lettori e fa più strada, vive meglio, contribuisce allo sviluppo

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rs_ott16.indd 99 03/11/2016 16:16:38 del proprio paese e della propria vita meglio di chi La «guerra dei Saloni» ha creato forti tensioni tra gli non lo fa, come ha dimostrato la nostra ricerca sulla editori: Tempo di libri, a Milano dal 19 al 23 aprile lettura e la felicità dell’anno passato, e come hanno 2017, sarà la fiera dei grandi gruppi, o ci sarà davvero confermato molti studi sulle correlazioni tra lettura spazio per tutte le realtà editoriali? e sviluppo. E credo che ci vogliano strategie diverse Si sono sentite tante frottole su questa vicenda. Un a seconda dell’età dei non lettori. Sicuramente è im- clima di ambiguità al quale non sono francamen- portante aiutare le biblioteche, che possono essere te abituato. Per questo ho difeso le ragioni di Aie quei punti diffusi sul territorio di mediazione alla anche se, come grande editore, non potevo lamen- lettura per tutti i cittadini. In occasione dell’ultima tarmi del trattamento ricevuto a Torino. I problemi edizione di Bookcity sono rimasto molto colpito da che aveva, però, non li voleva risolvere. Ho cercato una biblioteca situata alla Bovisa, un quartiere peri- di conciliare i due fronti prima, durante e dopo, ma ferico di Milano. non è stato possibile. A Tempo di libri ci saranno i grandi gruppi, ma la nuova fiera è stata voluta so- Cosa l’ha colpita? prattutto da editori di tutte le dimensioni e tutte le Siccome ci sono molti cinesi tra i residenti, il biblio- vocazioni. Fino a prova contraria, l’unica fiera che tecario, affidandosi alla comunità, ha raccolto una per ora Aie organizza si chiama Più libri più liberi, biblioteca di libri in cinese e organizza ogni settima- si svolge a Roma a beneficio dei piccoli editori e i na un momento di lettura con una insegnante per grandi editori non sono nemmeno ammessi. Dire i bambini cinesi. Ci sono anche molti librai indi- quindi che l’Aie non garantisce pluralismo è ridicolo pendenti eroici grazie ai quali interi quartieri si il- e offensivo. luminano, e persino libraie, come le sorelle Pieralice all’Eur, che con la loro libreria sono diventate il ful- Eppure alcuni editori hanno lasciato polemicamente cro di un centro commerciale dove autori come Ken l’associazione… Follett, Wilbur Smith o Ildefonso Falcones vanno Sia lo statuto dell’Aie sia quello della Fabbrica a presentare i loro libri dinanzi a un’enorme platea del libro indicano nel pluralismo e nella tutela dei del quartiere. piccoli editori la loro mission. Tra la logica della politica, dove oggi governa la sinistra e domani la Il governo dovrebbe essere più attento ai problemi della destra o altro, e quella della finanza, improntata al filiera del libro? profitto di breve periodo, esiste uno spazio civile L’attuale governo sta facendo molto più dei pre- che è quello necessario al nostro mestiere, che vuo- cedenti, perché non perde occasione per ricordare, le essere indipendente e lavorare sul lungo periodo, soprattutto ai giovani, e anche con agevolazioni mi- e che GeMs ha sempre difeso. Lì devono abitare rate, l’importanza della cultura e, al suo interno, dei gli editori indipendenti e le istituzioni intelligenti libri e della lettura. Questa è la normalità in molti e aperte collaborano. Ma per fortuna che gli editori paesi nord europei. sono divisi…

Perché dice questo? «È importante aiutare le biblioteche, Gli editori sono persone intellettualmente vivaci e dovete alla loro diversità il pluralismo di cui si può che possono essere quei punti diffusi ancora godere in libreria. Se fossero stati tutti d’ac- sul territorio di mediazione alla cordo mi sarei preoccupato. E poi le informazioni lettura per tutti i cittadini.» circolate su alcuni giornali erano del tutto sbaglia- te. Comunque, noi abbiamo aderito alla proposta maggioritaria. Ora sappiamo che a Milano ci sarà

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una fiera del libro molto articolata, con un comitato organizzatore di tutto rispetto, soprattutto sotto il profilo culturale e qualitativo, scelto da editori indi- «Credo che la migliore promozione pendenti e con l’appoggio anche dei grandi editori, della lettura sia diffondere la che sono tali soprattutto perché hanno nei loro ca- consapevolezza che chi legge taloghi autori importanti. È una buona notizia no? Una città presa a modello anche dal governo, che è fa più strada, vive meglio.» anche il primo luogo di ideazione e produzione e il più grande bacino di lettori del paese, fino a pochi indubbiamente il libro da leggere di questa sta- anni fa concentrata solo su finanza, design e moda gione letteraria. Clara Sánchez nel nuovo romanzo comprende il valore della cultura, si ricorda di es- Garzanti fa rivivere Julián e Sandra, i protagonisti sere la capitale anche dell’editoria e accoglie una del suo più grande successo, Il profumo delle foglie nuova manifestazione per il libro a braccia aperte. di limone, e lo stesso fa Ildefonso Falcones prose- Milano non è una scelta di campanile di Aie, che è guendo la sua saga di Barcellona dopo La cattedrale un’associazione nazionale, è una scelta logica come del mare con Gli eredi della terra, Longanesi, ma con peraltro le associazioni degli altri paesi hanno scelto una densità di eventi, personaggi e dettagli storici Madrid, Londra, New York, Francoforte e Parigi. E ancora maggiore. E poi attendiamo il nuovo roman- Torino, che si stava sedendo, sembra intenzionata a zo di Wilbur Smith, che in Inghilterra ha avuto voti rinnovare la sua formula con energia anche grazie a altissimi dai lettori, un nuovo grande romanzo di questo stimolo. Sapremo più avanti come deciderà Andrea Vitali, il nuovo thriller fascinoso e adrena- di declinare il suo di Salone, a questo punto. Spe- linico di Donato Carrisi e il ritorno di Glenn Coo- rando di non dover sentire più affermazioni poco per alle ambientazioni di La biblioteca dei morti, per gradevoli e ingiustificate nei confronti degli editori Nord, e poi naturalmente tanti altri. Ma è anche e di Aie, e mi pare che sia questo l’intento del nuovo il momento di Alessia Gazzola, la cui Alice è in- direttore, Nicola Lagioia, appena nominato. Intan- terpretata con molta simpatia da Alessandra Ma- to mi sembra una buona soluzione quella di spostare stronardi in prima serata su Rai1. È emozionante il Salone in città almeno la sera, come si farà a Mila- vedere Alice Allevi e gli altri inconfondibili e ori- no. Sono comunque segni di vitalità del libro. ginali personaggi immaginati da Alessia prendere vita e risultare così attuali. Se penso alla saggistica, «La Stampa» ha anticipato i punti salienti del nuovo il libro scritto a quattro mani da Gherardo Colom- statuto in corso di approvazione: come le sembra? bo e Piercamillo Davigo rappresenta la riflessione È un po’ paradossale che, mentre lo statuto apre al- più interessante su vent’anni di dibattito sulla giu- l’ingresso dei ministeri e a una vocazione nazionale stizia e il suo rapporto con il cittadino e la persona. e addirittura cosmopolita, si rimarca però l’obbligo In campo religioso, Garzanti ha pubblicato il libro di organizzare un Salone a Torino, che nel prece- di Benedetto XVI, curato da Peter Seewald. An- dente statuto non era menzionato. Sembra un po’ che nella varia è un buon anno: la Vallardi, dopo il contraddittorio, ma bisognerà vedere il documen- successo di Marie Kondo, ha portato in libreria la to finale. Come ho detto, le informazioni indirette dieta di Valter Longo. Una dieta non per dimagri- sono state spesso fuorvianti su questa vicenda. re, ma per stare bene e vivere a lungo. Quest’estate, prima della pubblicazione, l’hanno provata alcuni Concentriamoci sul gruppo GeMs: Harry Potter a par- colleghi e colleghe che ne hanno avvertito quasi su- te, su quali titoli punta in vista delle vendite natalizie? bito i benefici. Lo abbiamo pubblicato con grande È un Natale straordinario per noi. Il più impor- convinzione. I lettori hanno capito subito che non tante da molti anni. Eccomi di Foer, Guanda, è è la solita moda, ma un libro serio.

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rs_ott16.indd 101 03/11/2016 16:16:38 Il riscatto dell’italiano, dai fornelli agli atenei

La nostra lingua è un successo all’estero, certifica la Crusca. È la preferita dalla pubblicità e aumentano quelli che la studiano

Valeria Strambi, «la Repubblica», 19 ottobre 2016

Una Napoli gustata da Papa John’s Pizza, nel Ken- da parte di chef o gestori di negozi di moda scatti la tucky, promette un sapore più autentico rispetto a curiosità di imparare davvero la lingua,» prosegue quella comprata in un qualsiasi altro fast food ame- D’Achille, che insieme a Giuseppe Patota ha curato ricano. Così come l’ultimo film di Steven Spielberg per l’occasione l’ebook L’italiano e la creatività. Mar- può diventare più avvincente se visto al cinema Ca- chi e costumi, moda e design scaricabile gratuitamente ruso, in Thailandia. Oppure i pantaloni acquistati da fino al 23 ottobre «il fenomeno è ancora piccolo, ma Villa Moda, in Medio Oriente, hanno quel non so è un canale da non sottovalutare». Ma accanto a un che di elegante che manca allo stesso capo presente italiano pop, visto e consumato negli spazi di uno nel negozio a fianco. A fare sempre più la differen- slogan, c’è ancora chi si avvicina alla lingua per ra- za, nell’immaginario degli stranieri, è il dettaglio gioni culturali: «Chi studia la storia dell’arte o la li- italiano. Vero o inventato che sia, un richiamo al rica» spiega D’Achille «non può farlo a prescindere Belpaese è garanzia di qualità e basta a far vendere dall’italiano. Mi è capitato di vedere un documen- di più. Parola di linguisti, pubblicitari, manager d’a- tario in inglese in cui una storica dell’arte commen- zienda ed esponenti del mondo della politica e della tava un manoscritto in italiano: per farlo non basta cultura che si sono ritrovati per due giorni agli Stati un’infarinatura. Mai rinunciare all’approfondimen- generali della lingua italiana nel mondo, conclusi to». E anche il governo sembra credere nella pro- ieri a Firenze. mozione della cultura italiana al di fuori dei confini. «Vestirsi d’italianità serve a essere più credibili,» All’apertura degli Stati generali lo stesso premier conferma Paolo D’Achille, professore di Linguistica Matteo Renzi ha annunciato che cinquanta milioni italiana all’università di Roma Tre e accademico del- previsti nella legge di stabilità sono destinati pro- la Crusca «abbiamo analizzato le insegne commer- prio a rafforzare le scuole d’italiano all’estero. A ri- ciali di 21 paesi del mondo: 339 sono ispirate alla badire il concetto ha pensato ieri il presidente della tradizione enogastronomica italiana e altre 214 alla Repubblica Sergio Mattarella: «Proporre la qualità moda. Anche se non sempre le citazioni sono corret- Italia è la sfida di fronte a noi: proporre cioè l’uma- te. Non penso solo agli errori di ortografia, ma anche nesimo che deriva dalla nostra cultura, dal modo di alla scelta delle corrispondenze. Esistono negozi di vivere, di lavorare. L’italianità parla di umanesimo». abbigliamento chiamati Dolce Vita, ma il riferimen- Veri cultori della lingua o semplici ammirato- to non è al maglione a collo alto, quanto al film di ri, sono sempre di più gli stranieri che scelgono Fellini che porta con sé tutta la magia di un’epoca e di studiare l’italiano. Se nel 2012-2013 erano un di uno stile di vivere». milione e 522000, nel 2014-20105 sono aumenta- Ma l’immagine del nostro paese si ferma a qualche ti di più di 700000 unità raggiungendo quota due insegna in italiano maccheronico? «Può capitare che milioni e 233000. La Germania resta in testa, con

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337553 studenti, seguita da Australia (326291), corso di italiano a distanza gratuito del Wellesley Francia (274582), Stati Uniti (212528) e Egitto College. (124925). In Australia, nel 2016, sono stati inse- Tra le sezioni del sito, c’è anche quella dedicata al- riti corsi d’italiano nei sistemi scolastici locali e il la formazione artistica e per la creatività, una lista governo ha riconosciuto la nostra lingua come par- degli istituti italiani che offrono corsi riconosciu- te del patrimonio ereditato dall’immigrazione del ti nei settori della moda, design, musica, cucina. passato. Agli ultimi posti della lista Bangladesh, «Gli studenti stranieri che studiano negli istituti Bahrein e Repubblica popolare democratica di italiani sono solo il 4 percento,» commenta il vi- Corea, con rispettivamente 10, 15 e 13 studenti. ceministro degli Esteri, Mario Giro «entro il 2018 Per chi vive dall’altra parte del mondo, però, non vorremmo raggiungere l’8». E la chiave per attrarre sempre è semplice studiare l’italiano e il rischio di talenti potrebbe essere proprio quella di insegnare perdersi nei meandri della burocrazia è alto. Dove loro un mestiere. Chi accede al portale non deve seguire i corsi? Come procurarsi un visto? Le ri- far altro che inserire la regione e il settore che gli sposte si trovano sul portale della lingua italiana interessa per avere davanti un mondo: dall’Opificio nel mondo, un database appena attivato che per la delle pietre dure di Firenze, all’Accademia italiana prima volta raccoglie le 1300 cattedre di italiano d’arte di Roma o il Conservatorio Giuseppe Verdi che esistono al mondo con relativi indirizzi, oltre al di Milano.

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rs_ott16.indd 103 03/11/2016 16:16:39 Francoforte a fumetti. È boom di graphic novel

Alla Buchmesse le storie a disegni di attualità al centro delle trattative. Mercato italiano cresciuto del 70 percento. Anche Saviano ne farà una

Raffaella De Santis, «la Repubblica», 20 ottobre 2016

Il graphic novel non solo è entrato di diritto tra gli senza intimismi. Questo spiega anche perché piac- stand di Francoforte, ma conquista spazio, proponen- ciano tanto. Nel rapporto presentato dall’Aie, leg- do libri che parlano del nostro mondo più di quanto a giamo che il graphic novel è cresciuto nell’ultimo volte lo facciano i romanzi classici. Ieri, mentre l’Aie anno del 69,7% . Un’esplosione di offerta inimma- annunciava dati finalmente in ripresa per l’editoria ginabile: i titoli sono passati dai 1800 pubblicati italiana (+0,2% del fatturato e +11,7% delle esporta- nel 2012 a oltre i 2500. Una crescita superiore a zioni), Michele Foschini, direttore editoriale di Bao quella dei romanzi d’amore, che si fermano al 51% Publishing, una delle più importanti case di fumetti d’incremento. Per farsene un’idea, alla Buchmesse italiane, annunciava che realizzerà basta camminare tra gli stand e sfogliare i cataloghi un graphic novel con Asaf Hanuka, autore tra i più dei diritti. S’enfuir. Récit d’un otage di Guy Delisle graffianti della scena attuale, che nel suo blog The è tra le proposte più allettanti dell’editore Dargaud. Realist racconta da Tel Aviv la vita, la guerra, le mille Delisle racconta la storia di un medico di una Ong difficoltà nel tenere insieme la vita familiare e vita so- fatto prigioniero e tenuto in ostaggio nel Caucaso ciale. Che Saviano abbia pensato proprio a Hanuka, per 111 giorni. Negli Stati Uniti è invece uscito da illustratore coinvolto tra l’altro nel bellissimo lungo- poco il reportage di Sarah Glidden in Turchia, Siria metraggio Valzer con Bashir di Ari Folman, non stupi- e Iraq: Rolling Blackouts, edizioni Drawn & Quar- sce. Il libro, che uscirà a novembre del prossimo anno, terly. La casa editrice Glénat arriva a Francoforte racconterà la vita sotto scorta dell’autore di Gomorra. con un libro più che attuale, non ancora uscito ma «Credo che il fumetto abbia un modo molto più di- già al centro di trattative: una madre francese sco- retto di veicolare le emozioni. Saviano non vuole fare pre che suo figlio è partito per arruolarsi nella jihad. un racconto giornalistico, ma emotivo» dice Foschini Titolo secco: L’appel (la chiamata). Mentre gli edi- mentre si aggira nel padiglione italiano. tori di Les Arènes puntano sul secondo volume di Emozioni e realtà, autobiografia e storia collettiva. FranÇois Durpaire e Farid Boudjellal, un ritratto Sono racconti coraggiosi, che inaugurano un nuovo implacabile di Marine Le Pen (La Présidente). Non trend, quello del graphic memoir, del reportage per- è una storia «sociale», ma merita una segnalazio- sonale, in cui la vita individuale si mescola col mondo ne la biografia di Nick Cave edita dai tedeschi di

«Credo che il fumetto abbia un modo molto più diretto di veicolare le emozioni.»

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Carlsen, opera di Reinhard Kleist, acquistata da Bao Publishing. I racconti più belli sono quelli affidati a immagini semplici. L’artista turca Özge Samanci ha realizzato lo scorso anno Dare to Disappoint, edito da Farrar, Straus & Giroux: un libro molto bello, di cui conti- nua a vendere i diritti. Özge vive a Chicago e narra i suoi ricordi di vita a Izmir, la sua città d’origine. Il tema di fondo, affrontato con estrema delicatezza, è il conflitto tra fondamentalismo e fondamentalismo. La guida dei foreign rights dell’editore francese Ca- sterman mostrata a Francoforte è una miniera di pro- poste. La prof et l’arabe di Dominique Laroche è in bianco e nero: vi si narra di un algerino che arriva in Francia negli anni Cinquanta finendo a lavorare in una fabbrica di macchine. Le piano oriental di Zeina Abirached è invece una storia ambientata nel Libano degli anni Sessanta. Tra gli italiani più richiesti conti- nua però a esserci Zerocalcare. Kobane Calling (sem- pre Bao Publishing): uscito ad aprile, sta esaurendo la prima tiratura di centomila copie, e dopo essere già stato venduto in Spagna, Usa, Norvegia e Francia, alla Buchmesse promette di varcare altre frontiere.

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rs_ott16.indd 105 03/11/2016 16:16:39 L’uomo che non sapeva di essere Fitzgerald

L’autore di Tenera è la notte fu tra i grandi del Novecento, ma soffrì sempre di complesso di inferiorità. Un saggio biografico di torna per rendergli giustizia

Marco Cicala, «il venerdì» di «la Repubblica», 21 ottobre 2016

In fatto di romanzieri americani, da ragazzi ci si divi- come Fitzgerald che non era inferiore a nessuno. Ad deva – ma senza troppa animosità – tra hemingwayani esempio fu un bravissimo padre. Vedi le bellissime e fitzgeraldiani. A 86 anni, Pietro Citati, lui, resta ri- lettere alla figlia Scottie. solutamente fitzgeraldiano. Nel 2006, all’autore di Te- nera è la notte dedicò un bel saggio biografico, La mor- Ma allora perché si buttava tanto giù? Forse perché, a te della farfalla, che ora viene riproposto da Adelphi. differenza dell’amico-rivale Hemingway, non aveva «Quando nel 1936» scrive Citati in apertura «Francis fatto la guerra, la prima, e l’autostima virile ne aveva Scott Fitzgerald pubblicò L’incrinatura (The Crack- risentito? Up), i suoi amici, e i suoi nemici, si indignarono pro- Non so se c’entrasse la guerra. Però pensava di non fondissimamente». Ritenevano che in quello scritto, aver fatto abbastanza esperienze. E anche qui sba- raccontando i propri fallimenti, FSF si fosse messo a gliava. Scrittori come Flaubert, Proust o Kafka non nudo oltre ogni tollerabile decenza. Senonché, ricorda avranno fatto più di due o tre grandi esperienze in doverosamente Citati, «la letteratura non ha molto a tutta la loro vita. Il genio non ha bisogno di espe- che fare con la decenza o il decoro». E perciò L’in- rienza perché è in sé stesso esperienza. I geni co- crinatura è un capolavoro. A partire dalla leggendaria noscono la realtà anche se non hanno fatto niente. asserzione d’attacco, che recita: «Naturalmente la vita Fitzgerald aveva perciò tutta l’esperienza necessaria. intera non è che un processo di disgregazione». Si pensi a Tenera è la notte. Difficile immaginare un romanzo che contenga più esperienza. È tra i quat- Citati, la vita non è che un processo di disgregazione? tro o cinque più belli del Novecento. La mia spero di no. Quella di Fitzgerald certamente sì. È libro sull’effimero, lei scrive, e sui pericoli del fascino Beveva di brutto. moderno. Sì, ma se per un Poe o un Baudelaire l’alcol era uno Cesare, Augusto, Ovidio esercitavano fascino. Ma strumento di conoscenza per spingersi oltre la re- il fascino antico non racchiudeva negatività. Quel- altà, Fitzgerald beveva solo per superare il proprio lo moderno invece nasconde qualità distruttive. E complesso di inferiorità. Non si sentiva all’altezza né autodistruttive. come scrittore né come uomo. «La morte della farfalla» sono due biografie al prezzo di Per questo si riconosceva nel Lord Jim di Conrad. una: quella di Scott e quella di Zelda. Fitzgerald non è Lo vedeva come un emblema del fallimento. Ma concepibile senza la moglie? Lord Jim immagina di essere un fallito. Non lo è. Come uomo no. Ma per il romanziere Zelda è solo Fino alla fine riesce a salvare gli altri. Esattamente un frammento di realtà.

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Eppure Scott la invidiava. Si considerava inferiore an- che a lei. Zelda possedeva un’intelligenza naturale della quale «I geni conoscono la realtà anche se Fitzgerald, ancora a torto, pensava di essere privo. Zelda non era colta, ma dotata di un certo gusto non hanno fatto niente. Fitzgerald artistico. Le sue prove letterarie furono molto mo- aveva tutta l’esperienza necessaria.» deste, per non dire pessime.

Quando di notte tornavano a casa più o meno ubriachi, perfetta. Ma Tenera è la notte è infinitamente più si buttavano sul letto e parlavano, parlavano. Chiac- ricco. chieravano fino all’alba. Quelle conversazioni, scrive Scott, «erano qualcosa di essenziale nei nostri rapporti, Lei a che età ha scoperto i grandi americani? un tipo di vicinanza che non raggiungevamo mai nel Verso i quindici anni. Cominciai con Hemingway. mondo ordinario del matrimonio». Tra sperperi, gelosie, tradimenti fu per sempre una storia d’amore come non se Che però non le sta simpatico. ne fabbricano più. Non molto. Nel fondo provava odio e invidia per Grandissima e infelicissima. Da entrambe le parti. Fitzgerald che sapeva essere più bravo di lui. Con Anche a seguito di questo amore, lei finirà pazza. Scott si comportò in modo abbastanza abietto. Co- munque Addio alle armi è un libro davvero molto Come spesso gli infelici, Fitzgerald è capace di momenti bello, il suo migliore. di felicità lancinante. In lui è difficile sciogliere l’infelicità dalla felicità. Gli americani viventi li legge? Eventualmente, chi le Perché l’infelicità lo fa essere felice e la felicità in- piace? felice. La sua vita è un rimando continuo di parti. Non mi incantano. A chi pensa?

Lei lo accosta a Leopardi. Non so, Philip Roth… In entrambi l’infelicità è attraversata da lampi verti- Bah… ginosi di felicità. Ma Leopardi è stato più costante- mente infelice di Fitzgerald. Franzen. Ampiamente sopravvalutato. Che negli anni ruggenti conobbe uno straordinario suc- cesso. Guadagnò un mucchio di quattrini. Corre voce che lei abbia smesso di leggere i contemporanei Moltissimi, specialmente con i racconti. Ma a parti- negli anni Ottanta. Invece continua a tenerli d’occhio… re dalla grande crisi del ’29 tutto si capovolge. Non Qualcuno. La scuola cattolica di è viene più pagato o pochissimo. Per gli uomini degli un ottimo libro. Volevo scriverne ma è così lungo anni Trenta Fitzgerald non è che la personificazione che quando ho finito di leggerlo erano già uscite tut- degli anni Venti o di quella felicità folle che precipitò te le recensioni. nel grande crac. È espressione di un tempo irrepara- bilmente finito. Però proprio nel momento in cui è Scrivere – diceva Fitzgerald – è «nuotare sott’acqua e più disprezzato lui scrive Tenera è la notte, la sua cosa trattenere il respiro». più bella. Fitzgerald non era un grande teorico, ma quello è quanto di più esatto si possa dire del genio artisti- Anche «Gatsby» non scherza. co. Ha a che fare con la sobrietà, il non dire tutto, È chiuso, conciso, «tacitiano», di una concentrazione l’omettere. Non c’è grande scrittore che non abbia

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rs_ott16.indd 107 03/11/2016 16:16:39 omesso. L’omissione è arte. È l’essenza del genio. Da Mondadori ha in uscita un nuovo libro di saggi, Non si può imparare. «Sogni antichi e moderni». Che parla di tutto. Mentre insegnare a scrivere si può? La grande scrittura non si insegna. Si può insegnare Tutto tutto? a scrivere decorosamente. Giobbe, il Cantico dei cantici, il cristianesimo, Ovi- dio, Plutarco, il Medioevo, i vichinghi, la pittura… E E magari a leggere. poi Nerval, Nietzsche, il teologo Dietrich Bonhoeffer. Beh, la critica dovrebbe essere anche un modo per insegnare a leggere… Tanta roba in effetti. Il libro raccoglie, rielaborati, gli interventi dell’ultimo Goethe, Tolstoj, Kafka, Proust, Leopardi… Nei suoi decennio. Dentro ci sono 2500 anni di letteratura. libri più importanti lei si confronta con i grandi autori fino all’immedesimazione. Però pochi anni fa scrisse un Esiste un capolavoro che lei non abbia letto? libro sui Vangeli e Eugenio Scalfari commentò: stavolta Dovrei rileggere la Divina Commedia. Non lo fac- Citati si identifica con Dio… cio da tanto tempo. No, l’idea di autore onnisciente mi è perfettamen- te estranea. Da Proust a Musil, i grandi scrittori del No, intendevo se c’è un grande libro che lei non abbia Novecento sono spesso onniscienti. Io assolutamen- proprio mai letto… te no. Boh, no, non credo che ci sia. Anzi no: non c’è.

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rs_ott16.indd 108 03/11/2016 16:16:39 Occhi dolci e lezioni di ipocrisia

W. Somerset Maugham ci porta con sé in un club della sua Londra: scocca l’ora dei segreti

Giorgio Montefoschi, «Corriere della Sera», 22 ottobre 2016

«L’ipocrisia» leggiamo all’inizio di Lo scheletro nell’ar- ha ben realizzato o non è capace di realizzare in che madio (Adelphi) «è il vizio più difficoltoso e sner- mani si è messo, ce ne è per tutti. vante che un uomo possa coltivare; richiede una vi- Qual è, a ogni modo, il motivo vero dell’invito? Nel- gilanza continua e una rara abnegazione. Non può, la sua infinita presunzione e magnitudine, Roy vor- come l’adulterio o la ghiottoneria, essere praticato nei rebbe che si celebrasse adeguatamente la gloria del ritagli di tempo; è un lavoro a tempo pieno». Per la più importante scrittore inglese, da poco scomparso, medesima ragione, anche lo smascheramento dell’ipo- la cui opera completa è raccolta in ben trentasette crisia è un lavoro a tempo pieno. Poi, quando questo volumi. Costui è Edward Driffield: il re della lette- compito se lo assume uno scrittore cattivissimo e bra- ratura britannica a cavallo fra l’Ottocento e il Nove- vissimo quale è W. Somerset Maugham (che, come cento. Figlio di un fattore, sposato una prima volta giustamente scrive , «a differenza di tanti con la cameriera di un pub, ha scritto una quantità suoi contemporanei, lentamente, ma inesorabilmente, di romanzi tutti ambientati nella contea del Kent, va sempre più occupando il primissimo posto fra gli in cui si parla di contadinotti, vicari, ragazze delu- scrittori inglesi del Novecento»), il risultato può essere se, rubiconde contadine, sullo sfondo della morbida un romanzo formidabile e di grande divertimento. campagna inglese nella quale pascolano le mucche Siamo a Londra, all’inizio degli anni Trenta. Due o anche sullo sfondo di quel mare, che a volte può scrittori, Ashenden e Roy, amici e nemici come po- essere tempestoso e foriero di sciagure, a volte piatto tevano essere lo stesso Maugham all’epoca e Graham e luminoso (soprattutto in agosto), quale è il Mare Greene (se ne dicevano, sorridendo, di tutti i colori), del Nord, il mercato del sabato, la chiesa, le lapidi vanno, dopo molte insistenze da parte di Roy, a co- nel vecchio cimitero. lazione nel club di quest’ultimo in St James’s Street. Allora: vorrebbe lo scrittore Ashenden, che tutti san- Quante volte li abbiamo «letti» e «visti» i club degli no aver conosciuto Driffield fin da ragazzino nel aristocratici inglesi, con il «Times», il brandy squi- villaggio natale, per l’appunto in riva al mare, di sito, il roast beef duro come una suola di scarpe, e la Blackstable, accettare il suggerimento della seconda cenere del lungo sigaro cubano in procinto di preci- moglie di Driffield (stavolta una infermiera, sposata pitare sulle ghette del settimo conte di Lucas addor- dopo che la prima, Rosie la barista, lo ha mollato mentato davanti al caminetto. Ma questo è davvero per un imbroglione), e scrivere la biografia di questo un godimento. Non tanto per il menù (manzo, ca- grande scrittore che solo per insistenza dei paesani strato, agnello; salmone freddo; torta di mele, torta non è stato sepolto nell’angolo delle celebrità della di rabarbaro, torta di ribes), che fa sospirare l’invi- cattedrale di Westminster? tato, Ashenden, che è anche il narratore, al pensiero Ashenden è reticente. È vero, ha conosciuto Drif- degli ottimi ristoranti francesi lì, a due passi; quanto field che gli ha insegnato a andare in bicicletta: que- per la conversazione, fra una portata e l’altra, in cui gli ordigni pericolosissimi che, al loro apparire, fa- si parla di letteratura, di mostre, di Londra, di altri cevano schiacciare le signore terrorizzate contro le scrittori, e, a cominciare dall’incauto Roy che non siepi del sentiero. Ha conosciuto la moglie barista:

rs_ott16.indd 109 03/11/2016 16:16:39 bella, sensuale, allegra, disponibile, giovanile, con «quegli occhi che si posavano su di lui tranquilla- «Scrivo da trentacinque anni, e mente, come se fosse stato non un uomo ma una seggiola o un tavolo, e avevano un sorriso malizioso, non immagini quanti geni fanciullesco». Ma dei romanzi di Driffield non ha conclamati ho visto godere un paio eccessiva stima. Anzi, li trova mesti, ripetitivi, noio- d’ore di gloria e svanire nell’oscurità. si: quasi come quelli di George Meredith o quelli di Henry James (che chissà perché continua a aggirarsi Chissà che fine hanno fatto. Sono attorno ai muri di cinta dei castelli senza riuscire a morti, rinchiusi in manicomio, entrarci, tanto che le battute delle signore sedute per acquattatai in qualche ufficio? il tè le capisce male…). Per non parlare dell’ultimo, Prestano furtivamente i loro libri al terrificante: La coppa della vita. Sicché: no, lui la biografia di quel vecchietto vestito medico e alla zitella in qualche ignoto con i pantaloni alla zuava, sempre con l’aria fra l’at- villaggio? Grandeggiano ancora in tonito e il remissivo, la pipa in bocca, la dentiera, e qualche pensione italiana?» quelle canzoncine popolari orribili che si divertiva a cantare davanti all’amante di sua moglie e al vica- rio, no, non la scriverà affatto. Roy è molto irritato. Shandy e l’Amelia di Fielding, e La fiera della vanità, Scusa – gli domanda – ma quali sono gli scrittori che Madame Bovary, La Certosa di Parma e Anna Kareni- ti piacciono? «Beh,» risponde Ashenden «Tristram na. E Wordsworth e Keats e Verlaine». La colazione non poteva finire peggio. Ma poi, dopo che i due amici si sono separati, tornandosene len- tamente verso casa, costeggiando Green Park nel limpido pomeriggio di giugno, Ashenden ha un ri- pensamento. Va bene – decide –, la biografia non la scrivo e come d’accordo la scriverà Roy, però, tutto sommato, l’invito a fornire qualche ragguaglio sulla vita e sulle avventure dello scrittore Driffield (che, a contea cambiata, dal Kent al Wessex, potrebbe as- somigliare tanto, e tanto ingiustamente, a Thomas Hardy), quello posso pure accettarlo. Comincia, dunque, con un bel salto all’indietro, nella quieta Blackstable delle gite in bicicletta e dei primi tradimenti di Rosie (è lei lo scheletro nell’armadio), il romanzo così divertente, costruito a perfezione: con un salto di anni, un bel passaggio a Londra nei salotti delle dame «scapigliate» benché mature, certe Madame Verdurin francamente un po’ troppo avide e massicce, i quadri di Alma-Tadema e di Watts e gli studi di pittori che dei preraffaeliti non hanno capito nulla, e poi l’innamoramento di Ashenden per Rosie con l’unica scena di sesso (si fa per dire) nell’intera opera di Maugham, la fuga di Rosie, e un finale molto a sorpresa addirittura a New York.

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rs_ott16.indd 110 03/11/2016 16:16:39 Le signore Hemingway

Le seduceva. Le sposava. E poi le tradiva, dopo averne sfruttato la forza ispiratrice (e il capitale). Un libro indaga il rapporto tra lo scrittore premio Nobel e le sue donne. Che hanno qualcosa da dire anche sul «macho» Ernest…

Costanza Rizzacasa d’Orsogna, «Io Donna» del «Corriere della Sera», 22 ottobre 2016

Forse, la chiave di lettura è in una lettera. Che Hadley memoir Festa mobile, di aver ucciso la purezza del Richardson, prima moglie di Ernest Hemingway, suo primo matrimonio. Gli amori di Hemingway si mandò al marito nel maggio del 1926, suggerendo prestano alla fiction perché lui stesso li reimmaginò, d’invitare l’amante di lui, Pauline Pfeiffer, a passare e non a caso dal romanzo di Wood Amazon trarrà l’estate con loro e il piccolo Jack in Costa Azzurra. una miniserie prodotta da Jude Law. Uguale desti- «Che scherzo formidabile sarebbe per tutti» gli scris- no di Hadley toccherà a Fife un decennio dopo, per se «se tu, Fife e io trascorressimo l’estate insieme a mano della Gellhorn, l’irrequieta corrispondente di Juan-les-Pins». Hemingway non se lo fece ripetere guerra che, come Pauline allora, trascorrerà nel ’37 due volte. Si apre così, con quella vacanza infernale alcune settimane a casa Hemingway. «Molto gentile sulla riviera francese, Quando amavamo Hemingway, da parte tua non prendertela per il mio esser diven- il romanzo scritto da Naomi Wood sulle mogli del tata una presenza fissa in casa tua, come una testa celebre scrittore che esce finalmente anche in Italia d’antilope sul muro» scriverà Martha a Pauline. E (per BookMe di De Agostini). possiamo immaginare cosa può essere passato per «Tutto facevano a tre» racconta Wood. «C’erano la testa di quell’altra («se solo quella testa appesa al sempre tre vassoi della colazione, tre costumi da ba- muro fosse la testa di Martha»). «Il cuore di un altro gno, tre gruppi di carte sul tavolo quando il gioco im- è una foresta buia» scriverà Fife al marito quando la provvisamente finiva.» lascia in Florida per seguire con Martha la guerra Quale donna oggi si presterebbe a un ménage del civile in Spagna: l’altra le ruberà la frase per farne il genere? Perché? Fiumi d’inchiostro sono stati versa- titolo di una sua collezione di racconti. ti sul premio Nobel per la letteratura, molto meno Hemingway amava la stabilità del matrimonio, sa- sulle sue quattro moglie. La trentatreenne autrice pere che c’era qualcuno a proteggerlo dal mondo. inglese sostiene che, per capire lo scrittore, bisogna Il grande cacciatore era un uomo insicuro, spesso in guardare alle sue relazioni. «Malgrado la passione cerca di figure materne. Una volta disse a F. Scott per la caccia e il culto del macho,» dice a «Io Donna» Fitzgerald che il paradiso sarebbe stato avere due case «in quarant’anni di carriera Hemingway trascorse in città, una con moglie e figli dove essere monogamo solo sette mesi e mezzo senza il conforto di una mo- e amorevole, l’altra con nove amanti, una per piano. glie, senza una donna neanche un giorno». Voleva Ma se la stessa Gellhorn rivelò come a letto non fosse portare all’altare tutte quelle che si portava a letto. un granché, afflitto da lunghi periodi d’impotenza, C’è Hadley, di sette anni più vecchia, tradiziona- la novità era per lui fondamentale. Ogni nuova mo- lista e generosa, la sua ex migliore amica Pauline, glie si dirà convinta di riuscire a dargli quel cocktail ricca vamp di città. Per tutti sarebbe diventata «il di conforto e eccitazione necessario a redimerlo (ah, diavolo in Dior», e il marito stesso l’accuserà, nel le crocerossine!), ma l’entusiasmo si trasformerà in

rs_ott16.indd 111 03/11/2016 16:16:39 sconcerto. Perché, quando si ubriacava, Hemingway in Africa e l’acquisto di una barca da pesca, oltre a sapeva essere ignobile, come scoprì Gellhorn dopo comprargli la casa a Key West dove scrisse Addio alle averlo sposato nel 1940. «Ti amo, coniglietto,» le armi. Hemingway tradì tutte, e anche molti amici – diceva, e poi «continueranno a leggere i miei libri come Stein, altra figura materna e madrina di Jack molto dopo che i vermi avran finito di divorare il – che lo avevano aiutato a iniziare. tuo cadavere». Una tesi, quella dell’importanza del- Wood, però, non cade in facili tranelli. Le mogli le mogli, condivisa dal biografo americano James non erano certo solo vittime e, per quanto narciso Hutchisson nel volume Ernest Hemingway: A New e violento, Hemingway era una vittima anche lui. Life, uscito negli Stati Uniti a luglio. Che ricorda Delle sue paranoie e depressione maniacale, dell’in- come, in barba alla leggenda per cui si era affrancato capacità di essere felice. «Quando ti ubriachi sei dalla povertà con la scrittura, l’autore trovò nelle pri- una tale barba» gli scrisse una volta Mary Welsh, la me due mogli il sostegno finanziario che gli permise giornalista che per sposarlo lasciò la carriera, accu- di scrivere. Il trust fund di tremila dollari di Hadley dendolo negli anni peggiori e sopportandone la lun- gli diede la possibilità di frequentare James Joyce, ga infatuazione per una diciottenne, e che, dopo il Ezra Pound, Gertrude Stein. E una volta sistema- suicidio di lui, ne rimarrà vedova ufficiale. «Ti amo to, sposò Fife, il cui zio Gus gli finanziò un safari tanto, è ora di smetterla.» Non l’ascolterà mai.

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rs_ott16.indd 112 03/11/2016 16:16:39 Ma perché gli antichi inventarono i miti?

Le avventure di Achille o di Perseo lasciano senza fiato. Ci sono pericoli da affrontare, mostri da sconfiggere, tesori da scoprire. Come in Scooby-Doo, come in Tin Tin o negli Avengers

Mario Ricciardi, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 23 ottobre 2016

«Papà, devo fare una ricerca sul mito.» Mio figlio la scrittura non era molto diffusa e i poeti impara- più grande ha otto anni e frequenta la terza classe vano le storie a memoria. E addirittura prima che della scuola primaria, che nel secolo scorso chiama- la scrittura fosse inventata i racconti esistevano già. vamo elementare. Quest’anno i programmi preve- Anche se a te può sembrare strano, allora non c’era dono l’introduzione di nuove materie, una novità di la televisione. Quindi la sera ci si riuniva davanti cui sembra entusiasta. Per esempio, qualche setti- al focolare per ascoltare episodi mitologici o fiabe mana fa mi ha annunciato che avevano fatto la pri- come quelle composte da Esopo.» ma lezione di storia. «Non si è ancora parlato degli Mettiamo da parte l’autore di fiabe. Anche il suo egiziani» mi ha detto con l’aria un po’ perplessa, ma non è un nome del tutto nuovo per mio figlio. Ne poi mi ha spiegato che questa curiosa omissione era abbiamo lette alcune nel corso degli anni. «Papà, dovuta al fatto che c’erano altre cose di cui occu- ma perché ai greci piacevano i miti?» Rispondo che parsi prima di arrivare alle piramidi. Per esempio i probabilmente si appassionavano ai racconti mito- miti. «Allora, vediamo, forse potremmo comincia- logici perché si tratta di storie avvincenti. Ancora re dal significato della parola “mito”, che viene dal oggi leggere le avventure di Achille o di Perseo lascia greco mythos. In origine questa parola significava senza fiato. Ci sono pericoli da affrontare, mostri da semplicemente “detto”. Poi, col tempo, ha assun- sconfiggere, tesori da scoprire. «Come Scooby-Doo» to il significato di “storia”, “favola” o “racconto”. commenta mio figlio. «Sì,» rispondo «o come Tin Sin dai tempi più remoti i greci, come altri popoli Tin. Anzi, a questo proposito, mi viene in mente che dell’antichità, hanno amato ascoltare poeti che reci- c’è un’altra spiegazione, oltre all’intrattenimento, tavano versi in cui si narrava degli dèi dell’Olimpo, della passione dei greci per i miti. Alcuni miti ser- delle loro avventure, e delle gesta degli eroi. Uno vivano verosimilmente per spiegare eventi che col- dei più famosi tra questi poeti era Omero, l’autore pivano o spaventavano gli antenati dei greci perché dell’Iliade e dell’Odissea. Due poemi in cui si rac- essi non riuscivano a comprenderne la natura. Così, conta la storia della guerra tra i greci e i troiani e poi ad esempio, se vedevano un fulmine che colpiva un il lungo viaggio di ritorno a Itaca, l’isola di cui era albero incenerendolo, essi non riuscivano a trovare re, dell’eroe greco Ulisse.» Sentendo questo nome altra spiegazione di tale prodigio se non l’azione di gli occhi di mio figlio si illuminano. «Mi ricordo qualche essere straordinario. Chi altri se non un dio di Ulisse, è quello del cavallo di legno. Ci hai già potentissimo come Zeus potrebbe scatenare tanta letto la storia. Ma chi era invece Omero?» Rispon- energia riversandola sulla terra?». do che di Omero non sappiamo molto, si dice che «Papà, ma i greci non sapevano che anche Thor può fosse cieco. «Come cieco? E come faceva a scrive- lanciare i fulmini.» Mio figlio è un fan degli Aven- re?» mi interrompe in modo perentorio. «Sai, allora gers e quindi per lui il dio del tuono per eccellenza

rs_ott16.indd 113 03/11/2016 16:16:39 è quello delle saghe nordiche. «Certo, hai ragione, esista. Ma come se ne sono accorti i greci che i miti anche Thor. In effetti, i miti scandinavi hanno di- non erano veri?» verse cose in comune con quelli greci. C’era un fran- Siamo arrivati al punto più difficile: «Alcuni greci cese che si chiamava Dumézil che ha studiato que- non erano soddisfatti delle spiegazioni mitologiche. ste somiglianze. Quando sarai più grande, se vuoi, Uno di loro, che si chiamava Aristotele, l’ha detto potrai leggerlo.» Mio figlio è convinto che il lavo- molto bene. Quando c’è qualcosa che ti stupisce, è ro di suo padre consista nel leggere libri, quindi naturale che tu ti chieda perché. Se non trovi una non presta particolare attenzione a questo francese spiegazione soddisfacente, devi cercare ancora, ten- dal nome buffo. Più interessante gli sembra un’al- tando di individuare le cause di ciò che accade. Così, tra questione: «Papà, ma quindi, secondo i greci, ad esempio, nel caso del fulmine, devi chiederti cos’è Zeus lanciava i fulmini quando era arrabbiato, la scarica, da dove viene l’energia, come si accumula, come Thor?». Rispondo che il tuono era un modo cosa ne provoca il rilascio, perché colpisce la terra». per punire gli uomini che avevano fatto qualcosa di Vorrei dire che inaugurando questa indagine sulle sbagliato, mancando di rispetto al dio. «Ho capi- cause i greci hanno inventato la filosofia, ma mio to papà, ma tu mi hai già spiegato che i supereroi figlio mi previene: «Ho capito papà, potevi dirmelo non esistono, quindi immagino che neanche Zeus subito. C’era bisogno degli scienziati!».

«Quando c’è qualcosa che ti stupisce, è naturale che tu ti chieda perché. Se non trovi una spiegazione soddisfacente, devi cercare ancora.»

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rs_ott16.indd 114 03/11/2016 16:16:39 Geniale o blasfemo, divide il papa di Sorrentino con ascolti record

Quasi un milione di telespettatori per il debutto su Sky della fiction The Young Pope

Antonio Dipollina, «la Repubblica», 23 ottobre 2016

Un gran bel papa. E non solo perché è Jude Law. non sognata bello, di schiena, come mamma l’ha L’arrivo di The Young Pope, serie tv in dieci puntate su fatto, finisce per restare una provocazione in so- Sky, smuove l’ambiente, attira gli entusiasti di Paolo speso e in attesa. Ma per esempio c’è già «Famiglia Sorrentino, innesca mugugni e fa prevedere reazioni Cristiana» che non ci sta, il critico Maurizio Tur- forti via via che il lavoro si diffonderà. Per la parten- rioni descrive il papa-Law («il papa bono» secondo za Sky annuncia risultati corposi, 935000 spettatori i lazzi del web) come «una macchietta che strizza complessivi sui vari canali, repliche comprese, ben l’occhio al pubblico americano». E ancora, pur tra superiori al debutto di Gomorra (e questo magari era lodi per la potenza visiva di Sorrentino, la richie- prevedibile). sta di violare il segreto della confessione è «blasfe- Ma tra avversari, mondo cattolico in senso stretto, mia» e lo sguardo del regista sulle cose di Chiesa detrattori, si avvertono segnali di rivolta. Questo («nemmeno una preghiera in due ore») è «freddo, papa che fuma – fumano tutti in questo Vaticano –, un bluff piuttosto che un flop». E perfino il magni- che tenta di estorcere al cardinale le confessioni degli fico Silvio Orlando viene additato come interprete altri, che parte con il sogno della montagna di ne- macchiettistico, il suo segretario di Stato sarebbe onati in piazza San Marco e, a seguire, il discorso una sorta di «Andreotti del Vomero». Per chiude- – sognato – in piazza San Pietro a base di amo- re chiama a sostegno addirittura Nanni Moretti, il re libero e preservativi, che dice di non credere in cui Habemus Papam, per il critico del settimanale Dio – sarebbe un paradosso, ma si sa come vanno cattolico, aveva pietas e profondità di pensiero che queste cose: e che inoltre appare nella prima scena The Young Pope si sogna.

«Ci siamo dimenticati di masturbarci, di usare contraccettivi, dell’aborto, di celebrare i matrimoni gay, di dare la possibilità ai preti di amarsi e di sposarsi, ci siamo dimenticati di avere rapporti senza scopo di procreazione, e senza sentirci in colpa, di divorziare, di far celebrare la messa alle suore, di fare figli in tutti i modi che la scienza ha scoperto. Ci siamo dimenticati di essere felici.»

rs_ott16.indd 115 03/11/2016 16:16:39 E il paragone con il film di Moretti verrà battuto al luogo comune «i registi del cinema si danno alle parecchio, a occhio, in futuro, pur essendo impa- serie tv». Sorrentino è andato oltre: l’estro del regi- ragonabile il film all’esperimento di serie tv tentato sta (che serve a tutti: agli estimatori, ai detrattori, a dal premio Oscar. Per non dire degli altri esempi Crozza) mette cinema vero giocando alla tv, pren- tv con le vite dei papi in primo piano, su Rai1 il dendosi libertà che si potranno sempre giustificare Wojtyla impersonato da Jon Voight o magari an- con il prodotto ibrido. In un lavoro in cui ci si di- che il papa Luciani, sempre Rai1, va da sé, inter- verte, ci si sorprende e vanno in debito d’ossigeno pretato da Neri Marcorè e altri esempi si potreb- quelli che vorrebbero eccepire. Jude Law non ha bero fare. E che dimostrano quanto in realtà sia bisogno di altre soddisfazioni dalla vita: voler sem- forte lo spariglio proposto da Sorrentino. Per Sky, pre più bene a Silvio Orlando è invece un attimo. in realtà, se c’è da vantarsi è di aver sostenuto una C’è un buon motivo per attendere venerdì prossi- serie che cambia la prospettiva, al momento ferma mo e anche i successivi.

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rs_ott16.indd 116 03/11/2016 16:16:39 Afroamericano in vena di ironia sceglie il ghetto

Attingendo a una tradizione satirica che da Mark Twain passa per Vonnegut e approda a Saunders, Lo schiavista indaga il fallimento della integrazione etnica: da Fazi il quarto romanzo di Paul Beatty

Luca Briasco, «il manifesto», 23 ottobre 2016

Nato nel 1962, coetaneo di David Foster Wallace e trasformarsi in un ghetto per neri e finire cancellata di Jennifer Egan, poeta prestato alla narrativa – cui dalla gentrification. Ed è proprio per ribellarsi con- aveva già regalato tre libri di notevole livello (uno tro l’obliterazione della città in cui è nato che il pro- solo dei quali tradotto in italiano) –, Paul Beatty è tagonista, Bonbon Me – già segnato dall’uccisione andato sempre più consolidandosi, nel corso degli del padre sociologo da parte della polizia –, comin- anni e insieme a Colson Whitehead e John Edgar cia la sua personale guerra contro il governo degli Wideman, come una delle voci più originali e con- Stati Uniti: prima ridisegnando i confini di Dickens vincenti della letteratura afroamericana contempo- con la vernice bianca; poi cercando di reintrodurre ranea. Con il suo quarto romanzo, Lo schiavista, la segregazione razziale – in fondo, non c’è niente proposto – come già Slumberland – da Fazi, nella di meglio dell’apartheid per restaurare un senso di traduzione davvero eccellente di Silvia Castoldi, ha comunità tra gli afroamericani – e ficcandosi così nel ottenuto una vera e propria consacrazione, conse- gigantesco pasticcio che lo porterà davanti alla Cor- guendo il National Book Critics Circle Award e te suprema degli Stati Uniti (dove lo troviamo nel entrando con autorevolezza nella rosa dei finalisti lungo, esilarante prologo del romanzo). Bonbon Me del Man Booker Prize. Chi aveva ancora dubbi sui è un personaggio sui generis: se tenta di farsi strada meriti dell’autore ha dovuto ricredersi: Beatty rap- nella vita non è nel nome di un desiderio di autoaf- presenta l’esempio forse più luminoso della strada fermazione razziale, ma tutt’al più assecondando la che la letteratura afroamericana ha saputo percor- «frenesia edipica di compiacere il padre». Il suo rap- rere negli ultimi anni, liberandosi dall’obbligo del porto con l’identità afroamericana viene formulato realismo e della denuncia sociale, che ne aveva for- con la massima chiarezza in uno dei primi capito- temente limitato lo spettro d’azione, senza peraltro li di Lo schiavista: «Ora, se dipendesse solo da me, rinunciare a parlare – in modo forse ancor più forte non potrebbe importarmene di meno di essere nero. e convincente, e ricorrendo alle armi della satira, del A tutt’oggi quando mi arriva per posta il modulo gioco linguistico, del pastiche, e di un umorismo dell’anagrafe, sotto la voce “razza” barro la casella sfrenato – delle questioni razziali e più in generale “altro” e nello spazio accanto scrivo orgogliosamen- delle disuguaglianze che attanagliano un’America te “californiano”. Naturalmente due mesi dopo un sempre più lontana dal suo sogno. Se in Slumberland impiegato dell’anagrafe si presenta a casa mia, mi dà buona parte della trama si svolgeva in Europa, per un’occhiata e dice: “Razza di sporco negro. In quan- la precisione a Berlino negli anni della caduta del to nero, cos’hai da dire a tua discolpa?”. E in quan- muro, il setting di Lo schiavista è Dickens: una mi- to nero, non ho mai niente da dire a mia discolpa. nuscola cittadina della Los Angeles area fondata nel Quindi ho bisogno di un motto: se lo avessimo, al- secondo Ottocento come comunità agricola, per poi zerei il pugno, lo griderei forte e sbatterei la porta

rs_ott16.indd 117 03/11/2016 16:16:39 in faccia al governo. Ma non ce l’abbiamo. Perciò Perfidia, agli urban riots del 1992, seguiti al brutale borbotto “mi scusi” e scarabocchio le mie iniziali pestaggio di Rodney King da parte della polizia), accanto alla casella con la scritta “nero, afroameri- Bonbon chiarisce la sua visione della storia degli cano, vigliacco”». Questo improbabile antieroe si fa Stati Uniti: l’integrazione etnica – come del resto portatore di un progetto paradossale, una sorta di quella sociale – si è rivelata un autentico fallimento, antiutopia che, pure, ha una sua ragione profonda. e agli afroamericani non resta che l’autoghettizza- Nel decimo capitolo di Lo schiavista, Bonbon mette zione come scelta e paradossale diritto. In un paese in scena, sull’autobus guidato dall’ex amore della sua sconvolto dalla recrudescenza del conflitto razziale vita, Marpessa, la versione invertita di «quel giorno già in corso quando Lo schiavista è stato scritto, e d’inverno nello Stato segregazionista dell’Alabama», che diventa ogni giorno più evidente, Beatty torna in cui Rosa Parks si rifiutò di cedere il posto sull’au- a sfruttare, con maturità ormai piena, le armi e le tobus a un bianco. Incolla sotto i finestrini cartelli tecniche di racconto a lui più congeniali: fonde la a caratteri bianchi e azzurri: posti riservati agli tradizione umoristica afroamericana e quella satiri- anziani, ai disabili e ai bianchi. Passati in ras- ca che da Twain passa per Vonnegut e approda a segna i mille episodi che, nel corso del Novecento, Saunders. E costruisce un edificio narrativo denso di hanno fatto di Los Angeles l’epitome del razzismo riferimenti storici e culturali, a volte quasi sovracca- americano (dall’internamento di massa dei nippoa- rico, ma che sa illuminare, con leggerezza profonda, mericani, evocato recentemente da James Ellroy in i contrasti e gli abissi di una società in declino.

«Sia nell’antica Roma sia nell’America contemporanea, o sei un cittadino o sei uno schiavo. Leone o ebreo. Colpevole o innocente. Comodo o scomodo.»

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rs_ott16.indd 118 03/11/2016 16:16:39 Intervista a Han Kang

È l’autrice del libro del momento, La vegetariana, in libreria per Adelphi, e ci ha detto che i libri non devono spiegare tutto, anzi possono essere malintesi

Alcide Pierantozzi, rivistasudio.com, 25 ottobre 2016

Han Kang, sudcoreana del 1970, è l’autrice del ro- malintesi, anche da parte del lettore. Tutti gli sguar- manzo del momento. Uscito in patria nel 2007, La di in contrasto tra loro falliscono quando vogliono vegetariana ha vinto quest’anno, nella sorpresa ge- dirci la verità su qualcuno o qualcosa. Succede anche nerale, il Man Booker Internetional Prize. Il libro a Yeong-hye, quando smette di mangiare carne. Lo racconta la storia di una donna che prima decide di spazio vuoto di cui parlavo prima è fondamentale af- diventare vegetariana, poi vegana, poi direttamen- finché il lettore resti libero di tracciare il suo perso- te una pianta. È uscito da Adelphi qualche giorno nale volto della protagonista, che non racconta mai fa e non sorprende che le reazioni dei primi lettori in prima persona. Voglio che sia il lettore a decidere italiani siano contrastanti. C’è chi ha avvicinato il quali sono le ragioni per cui Yeong-hye smette di libro a certi film horror orientali per le sue atmosfere mangiare carne e in virtù delle quali spinge fino all’e- raggelanti, chi lo ha accostato ad Antichrist di Lars stremo questa scelta. von Trier, c’è addirittura chi ha smesso di mangiare carne dopo averlo letto. E c’è chi, come il sottoscrit- Anche perché Yeong-hye non è pazza, tutt’altro. Vero? to, nel leggerlo si è soprattutto divertito parecchio. Non è pazza. No, Yeong-hye non è affatto pazza. Se Han Kang potrebbe trovarsi d’accordo con ciascuno mai le sue azioni sono coerenti con i codici dell’uni- di noi. L’abbiamo incontrata in un hotel di Milano verso in cui è sprofondata. In questo senso è anche nel pomeriggio di lunedì 24 ottobre. sin troppo sana di mente, al punto da non poter ac- cettare la violenza del mangiare carne. Ho amato moltissimo il tuo libro perché non spiega le cose fino in fondo. Dalla prima all’ultima pagina è at- L’universo in cui sprofonda è un sogno, una visione not- traversato da un forte senso dell’ignoto. Ti fanno paura turna che le indica la strada… i romanzi che spiegano troppo? Sì, ma nel sogno lei trova solo la motivazione per Sì, perché i libri non devono affatto spiegare tutto. agire come poi agirà. Mi piace lasciare uno spazio vuoto al centro delle mie storie. È anche il motivo per cui non ho volu- Si tratta proprio di un sogno? Tu stessa hai appena ac- to usare un metodo di scrittura tradizionale per La cennato a un secondo universo… vegetariana. Non è un sogno, hai ragione. È un’esperienza ben precisa, e molto concreta, che definisce meglio la sua Tradizionale in che senso? individualità e il suo rapporto con la violenza. La protagonista è sempre vista dagli altri, se ci hai fatto caso, a cominciare dal marito. Il fatto che venga Ma, perdona la domanda, perché mangiare carne do- sempre vista dagli altri la rende soggetta a continui vrebbe essere meno violento del mangiare una pianta?

rs_ott16.indd 119 03/11/2016 16:16:39 È un obiezione da «uomo della strada», la mia, me ne Hai ua bellissima scrittura. Leggera, ma anche carica di rendo conto… terrifiche sfaccettature… È vero, è un problema! Ma vedi, sangue e carne cru- Credo che ogni scrittore ricerchi una sua atmosfera da sono decisamente peggio della verdura. Diciamo specifica. Io ricerco sempre un’intensità sobria, chia- che Yeong-hye fa la cosa meno insopportabile. Fin miamola così. Sai, ho cominciato come poetessa. quando non decide di trasformarsi lei stessa in una Tutti in Corea del Sud abbiamo cominciato come pianta, perché a un certo punto si rende conto pro- poeti… prio di questo, e cioè che per sopravvivere bisogna esercitare violenza. Lei vuole solo ossigeno, e acqua. In che senso? Da noi non esiste una vera e propria tradizione del Ecco, l’hai detto. Lei rinuncia a vivere. Gli uomini do- romanzo. Chi vuole scrivere si cimenta nella poe- vrebbero sentirsi in colpa anche solo nel cogliere un frut- sia o nel racconto breve. Ma mica il racconto alla to da un albero. In fondo, come si permettono Adamo Carver, parlo proprio del bozzetto liricheggiante. I e Eva di allungare la mano? La storia degli uomini è romanzi sono eccezioni. anche la storia della necessità di restituire a Dio quello che hanno preso… È quello che accade a Yeong-hye? Sai perché prima ti facevo riflettere sul senso di colpa? La cosa divertente è come il mio libro venga letto in Perché il mondo in cui hai calato i tuoi personaggi è così modi tra loro opposti in base alla provenienza geo- fortemente religioso, nonostante quella sul vegetariane- grafica dei lettori. Gli inglesi, ad esempio, sentono simo sia perlopiù una battaglia laica. molto la questione del ruolo della donna e tutta la Vedi, io sono stata buddhista e chissà, forse lo sono componente femminista. Invece in Argentina un ancora. Ma non mi considero una persona religiosa. lettore mi ha parlato di sacrificio e di atto di peni- Nel buddhismo esiste questa colpa, la colpa dello tenza, come stai facendo tu adesso. È molto interes- strappare con violenza le cose a madre natura. E a sante, mi piace la tua interpretazione… volte sì, mi sento in colpa anch’io.

«Guarda, sorella, sto facendo la verticale; sul mio corpo crescono le foglie, e dalle mani mi spuntano le radici… Affondo nella terra. Di più, sempre di più, all’infinito… Sì, ho allargato le gambe perché volevo che in mezzo vi sbocciassero dei fiori; le ho divaricate completamente…»

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rs_ott16.indd 120 03/11/2016 16:16:39 Il mese della fioritura è finito. La frutta è raccolta, Oh, la bellezza dell’uso! mangiata o marcita. Io sono solo bocca. Le zucche arancioni non hanno occhi. Ottobre è il mese per riporre le scorte. Queste sale sono piene di donne che si credono uccelli.

Questo capanno è muffoso come un ventre di mummia: Questa è una scuola noiosa. vecchi attrezzi, manici, zanne arrugginite. Sono una radice, un sasso, un bolo di gufo, Mi sento a casa qui fra le teste morte. senza sogni di sorta.

Lasciatemi sedere in un vaso da fiori, Madre, tu sei l’unica bocca i ragni non se ne accorgeranno. di cui vorrei essere lingua. Madre dell’alterità, mangiami. Il mio cuore è un geranio arrestato. Cestino di rifiuti spalancato, ombra delle soglie.

Se solo il vento mi lasciasse in pace i polmoni. Ho detto: devo ricordarmelo questo, sono minuzia. Molosso ammusa i petali. Sbocciano a capo in giù. C’erano fiori così giganti, Crepitano come cespugli di ortensia. bocche rosse e viola, stupende.

Mi confortano le teste in disfacimento I cerchi dei rami di more mi hanno fatto piangere. inchiodate ieri alle travi: Ora mi accendono come una lampadina. internati che non vanno in letargo. Per settimane non ricordo più nulla.

Teste di cavolo: viola verminoso, patina d’argento, fasce di orecchie di mulo, pelli tarmate, ma cuore verde, Sylvia Plath, Chi, 22 ottobre 1959 le venature bianche come lardo. Traduzione di Anna Ravano

rs_ott16.indd 121 03/11/2016 16:16:39 Coniugare una fresatrice all’imperfetto

Natalia Ginzburg: il cammino di una voce che si sperimenta

Davide Dalmas, «L’Indice dei libri del mese», ottobre 2016

Chi legge ascolta una voce, che «Menabò», sulla letteratura che stenta a porsi all’al- arriva prima delle storie raccontate, delle perso- tezza del tempo industriale. Per Ginzburg i primi ne – reali o inventate – o degli ambienti descritti. tentativi di scrittura sull’industria – ben prima dei li- Ora un libro, curato da Domenico Scarpa (Natalia bri di Ottieri o di Volponi – erano «brutti romanzi, e Ginzburg, Un’assenza. Racconti, memorie, cronache. non potevano essere letti da nessuno: né dagli operai, 1933-1988, Einaudi, 2016), si propone di compren- né da altri», perché non le pareva ancora possibile dere meglio e assaporare il formarsi e il cambiare di «scrivere di una fresatrice in un romanzo così come questa voce: le sue diverse modulazioni, comprese le si scrive di un tavolo o di una sedia». stonature o comunque le emissioni considerate più Visibilità, provenienza e genere dei testi raccolti deboli dall’autrice stessa, quelle ritenute non abba- sono molto diversificati, come indica il sottotitolo stanza significative da entrare in un libro. Si intito- necessariamente plurale: prima vengono i racconti, la Un’assenza, perché prende il nome dal primo testo poi – insieme – le memorie e le cronache; una carat- che Natalia (ricorre il centenario della nascita: 14 teristica formale, però, li riunifica, ed è la brevità, un luglio 1916) considerò non puerile, scritto nel luglio criterio certo relativo, ma la cui importanza era ben 1933, a diciassette anni, e pubblicato solo quattro chiara all’autrice di un libro come Cinque romanzi anni dopo, su «Letteratura». brevi. Si potrebbe dire che il libro unisce, nel segno Scopo dichiarato del volume nel suo complesso – e della brevità, storie raccontate da Natalia, la sua sto- non soltanto del saggio del curatore che si intito- ria personale, e come questa ha incontrato la storia. la Vicende di una voce – è «rendere visibile il cammino La storia del Novecento, a partire dalle persecuzioni di un autore che si sperimenta e procede nella scrit- razziali e dalla repressione fascista, segna profonda- tura breve, primo genere di composizione cui affidi il mente l’identità della scrittrice, perfino nel nome. I proprio talento» e quindi «ricostruire la storia di una primi testi sono pubblicati col nome anagrafico: Na- voce che racconta». Per farlo mette insieme testi ben talia Levi, poi col nome coatto (ma scelto in modo noti, inseriti più volte da Natalia Ginzburg nei suoi significativo) Alessandra Tornimparte; infine quello volumi, altri rimasti invece dispersi su riviste o quo- che diventa il suo vero, definitivo: Natalia Ginzburg, tidiani e anche qualche inedito, reperito nel fondo assumendo su di sé la Memoria del marito ucciso. Carocci della Fondazione Primo Conti di Fiesole o Scarpa, che ha già curato diverse edizioni di libri nell’archivio Eredi Ginzburg di Bologna. Ad esem- ginzburghiani, offre qui notizie sui testi molto am- pio, tra gli scritti più dimenticati, e forse inattesi, pie e ricche, citando molti documenti, appunto «per alcuni sono di argomento industriale: cronache di vi- ricomporre la storia di una voce dentro la Storia». site nelle fabbriche torinesi lungo la Dora, denuncia Dei caratteri di questa voce parla anche Giorgio di condizioni di lavoro estremamente nocive e pe- Bertone (Lessico per Natalia. Brevi «voci» per leggere ricolose, e soprattutto un testo del 1952 che rimase l’opera di Natalia Ginzburg, il melangolo, 2015), in inedito ma in qualche modo anticipava le riflessioni un «discorso per scorci»: brevi saggi che partono da che Vittorini proporrà una decina di anni dopo sul citazioni esemplari e temi particolari per cercare di

rs_ott16.indd 122 03/11/2016 16:16:39 La rassegna stampa di Oblique | ottobre 2016

«Uno scrittore quando non ha niente da scrivere è un uomo molto triste. Magari lui è un uomo che lavora, uno che passa le giornate a sgobbare su un lavoro qualunque. Un lavoro non da scrittore.»

raggiungere sempre l’essenza dell’opera complessiva. nell’immediato dopoguerra, non avrà però un peso I più interessanti sono quelli che la avvicinano in- decisivo nel percorso successivo: dopo la fine dell’ap- dividuando caratteri stilistici decisivi, come la pre- prendistato, la sua misura narrativa principale sarà valenza dell’imperfetto: «Un tempo usato e persino quella del romanzo breve. È però molto interessante consapevolmente abusato per fissare la ripetizione riconoscere qui una netta svolta nell’ambientazione e la continuità memoriale», che giostrato insieme ai e nel linguaggio. Nei primi racconti dominano gli verba dicendi forma quella «cautela morale dell’autore interni borghesi: i protagonisti si muovono tra ville, nei confronti degli eroi e di sé stesso». o ancora, l’az- servitù, automobili; spesso sono bambini o ragazzi; zeccato riconoscimento di una figura retorica come i nomi propri sono ben in vista ma scarse risultano emblema dell’intera opera di Ginzburg: la «sillessi», le indicazioni sul preciso luogo e tempo della nar- intesa in senso ampio come il congiungimento, la razione, che solitamente illumina brevi momenti, «connessione tra due campi oggettuali o figurativi, episodi rivelatori di una condizione di vita, di un che sono anche due livelli semantici e ideologici». sentimento, di un aspetto delle relazioni tra i perso- Come quando, in Lessico famigliare, la dichiarazio- naggi. Nei racconti scritti durante e dopo l’esperien- ne di guerra alla Francia di Mussolini e la partenza za abruzzese del confino con i figli e il marito Leone della balia sono detti con lo stesso tono e occupano «internato civile di guerra», come nel Carlo Levi di lo stesso spazio: per cui «lo scambio tra riflessione Cristo si è fermato a Eboli, si avverte invece la scoper- sulla propria individuale esperienza e il giudizio sul ta di un mondo oltre Torino, fuori dalla città, dalle mondo si rafforzano e si elidono a vicenda». famiglie borghesi; l’incontro con la dimensione del Tornando a Un’assenza, si troveranno gli esordi, paese, della campagna, del popolo, della povertà. Un finora mai documentati così attentamente, con la ruolo fondamentale di cerniera può essere affidato ricostruzione di tutte le vicende che hanno porta- in questo percorso a Mio marito (scritto nel 1941 a to alle prime pubblicazioni, che – un altro caso di Pizzoli e pubblicato nel 1942), dove sono compre- «sillessi»? – vedono quasi affiancarsi una rivistina senti l’interno borghese, le difficili relazioni all’in- manoscritta redatta con l’amica Bianca Debene- terno della famiglia e un mondo diverso, popolare detti, «Il Gallo», e uno dei periodici più importanti dove contano molto anche gli esterni; e l’impatto tra della letteratura italiana del Novecento come «Sola- i due ambienti è fatalmente tragico. ria», dove compare la prima pubblicazione ufficia- Il cambiamento è anche di scrittura, come la stessa le, I bambini (1934). La forma del racconto, molto Natalia avverte nell’importante Discorso sulle donne importante in questi esordi e ancora significativa (1948) e già qualche anno prima nelle lettere scritte

«Ma quando torna a casa sua la sera e non ha niente da scrivere, si trova con un pugno di cenere in mano. Si vergogna e gli pare d’aver perso il tempo. Si vergogna e si mette a pensare: Io perché sono uno scrittore?»

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rs_ott16.indd 123 03/11/2016 16:16:39 a Silvio Micheli: la volontà è di non scrivere più con del libro (Fiore gentile) è un ricordo del 1948 scritto «belle frasi ben studiate e girate bene». In realtà, an- quarant’anni più tardi per «l’Unità», rievocando il che in seguito le frasi saranno ben studiate e ben «giornale parlato» realizzato, per la campagna elet- girate, ma la ricerca del proprio stile porta ad ab- torale del Fronte popolare, con Pavese, Balbo, Cal- bandonare quello che viene sentito come un ecces- vino e Antonicelli. so di correttezza «scritta», a favore di una maggiore In alcuni casi si crea quasi spontaneamente un for- aderenza all’oralità, con predominio ad esempio di te legame tra le due parti del libro, come tra il già ripetizioni e anacoluti. citato La paura (1965): precisi ricordi della fase fi- Il percorso cronologico inizia più tardi nella seconda nale dell’internamento, con la paura costante tra l’8 parte, dove testi tratti da Le piccole virtù o da Mai settembre e il primo novembre 1943, e il racconto devi domandarmi sono affiancati a scritti pubblicati Passaggio di tedeschi a Erra, di vent’anni precedente, su vari periodici, scelti per costruire «l’autobiografia dove alla memoria personale si aggiungevano per- più attendibile di Natalia Ginzburg»: una storia di sonaggi e vicende paesani, in uno sguardo collettivo sé mai scritta integralmente ma sempre per fram- dal sapore quasi verghiano. O ancora tra i due testi menti, e a molti anni di distanza. Ad esempio, la più struggenti: il racconto La madre (1948) e Esta- fuga dal confino di Pizzoli il primo novembre 1943, te (1946), la memoria che più tocca i terribili mesi per raggiungere il marito a Roma, sarà raccontata successivi alla morte del primo marito. Un’assenza, solo vent’anni dopo in La paura. E la forbice tem- alla fine, anche se mai troppo esibita, rimane sempre porale si allarga fino agli ultimi anni: l’ultimo pezzo anche quella di Leone.

«Le mani di uno scrittore non sono mani come quelle degli altri uomini. Sono mani illogiche e disordinate, inabili per tante cose. Mani che al mattino battagliano con una stringa da scarpe, senza riuscire a legar bene il nodo. Infine si spazientano e strappano la stringa. Mani che quando devono far le valige se bisogna partire indugiano maldestre sugli oggetti e non concludono niente. Mani che Dio ha creato soltanto per scrivere. E così è lo scrittore, che Dio ha creato soltanto per scrivere, e vale proprio poco in tutto il resto. Allora, quando non ha niente da scrivere, è un vero disastro. Si vergogna delle sue mani e di tutto sé stesso.»

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rs_ott16.indd 124 03/11/2016 16:16:39 Un’altra lingua per raccontare casa

A ventisette anni Aki Shimazaki ha lasciato il Giappone per il Canada, a quaranta ha cominciato a imparare il francese con il quale a quarantaquattro ha scritto cinque romanzi sulla patria d’origine. Una lezione (di stile) sulla lontananza

Giorgio Amitrano, «la Lettura» del «Corriere della Sera», 30 ottobre 2016

Aki Shimazaki fa parte di quella categoria di scrit- origini giapponesi, ma – si direbbe – per ritrovarle tori che riescono a trovare la propria cifra espressiva ed enfatizzarle. scrivendo in una lingua che non è la loro. Il feno- Coloro che criticano Murakami Haruki giudican- meno non è nuovo, ma negli ultimi decenni è au- dolo (erroneamente) indistinguibile da qualsiasi mentato e oggi non vi è letteratura che non si nutra scrittore occidentale, accoglieranno con piacere un di voci straniere, a volte perfettamente fuse con la esempio di scrittura squisitamente nipponica, alme- lingua di adozione, in altri casi dotate di un timbro no secondo un’immagine forse datata del Giappone. leggermente dissonante che però può aggiungere un Il fatto però che questa tardiva fioritura del japonisme elemento di fascino. sia stata prodotta in francese rende il senso della scel- Il giapponese, sebbene considerato tra le lingue più ta di Shimazaki più problematico, oltre che molto difficili, esercita attrazione su alcuni autori stranie- più interessante. Nessuno scrittore giapponese con- ri che, forse stimolati dalla sfida di avventurarsi in temporaneo di cui io sia a conoscenza usa oggi la un cammino particolarmente impervio, la scelgono scrittura con uno stile così modellato su quello dei come lingua elettiva per i loro libri. D’altra parte an- classici della letteratura giapponese moderna. che i giapponesi a volte scelgono di scrivere in un In Il peso dei segreti (Feltrinelli, composto da una altro idioma. Gli esempi più noti sono quelli di Ta- sequenza di cinque romanzi brevi usciti separata- wada Yoko e Sekiguchi Ryoko. Entrambe le scrittri- mente) il fraseggio di Shimazaki, formato da un ci non hanno sacrificato del tutto la propria lingua, susseguirsi lieve ma serrato di frasi brevi, nitide e che alternano con il tedesco (Tawada) e il francese chiare, eppure a volte offuscate da improvvise ellis- (Sekiguchi). si in cui le situazioni o i pensieri dei personaggi si Il caso di Shimazaki però, rispetto alle sue colle- caricano di ambiguità, esprime una vocazione alla ghe, è più singolare e suscita maggiori interrogativi. letteratura che si rifà a una tradizione giapponese Nata e vissuta in Giappone, si è trasferita in Cana- ma non appartiene al presente (anche se la storia, da a ventisette anni ma ha cominciato a studiare il che inizia negli anni Venti, arriva ai giorni nostri). francese molto più tardi, intorno ai quaranta. Il suo L’arte di accordare le vicende alle sottili variazioni primo romanzo in questa lingua è apparso quattro della natura e alle sue epifanie di bellezza richiama anni dopo. Che in un periodo così breve Shimazaki alla mente Kawabata Yasunari, mentre l’empatia nei abbia raggiunto una padronanza del francese tale da confronti dei personaggi, con il loro carico di falli- lanciarsi nella scrittura di una lunga serie di romanzi menti e dolori, ricorda Dazai Osamu. Le loro om- è un dato insolito. Ma ancora di più colpisce che bre si allungano sulle pagine, fondendosi e raggiun- abbia abbandonato la sua lingua d’origine, adottan- gendo un’armonia che mai si era realizzata prima done una nuova, non per allontanarsi dalla proprie tra questi autori così distanti tra loro. Un’armonia

rs_ott16.indd 125 03/11/2016 16:16:39 che fa pensare all’episodio giapponese di Se una not- i rapporti familiari e sentimentali, anche quando te d’inverno un viaggiatore, in cui era animati da stima e affetto, non riescano a sottrarsi riuscito a unire nel segno dell’erotismo i divergenti all’ombra delle menzogne. punti di vista di Kawabata e Tanizaki Junichiro. La letteratura di ogni tempo e luogo si nutre da sem- È strano, di fronte a un libro denso di emozioni e pre di segreti, rivelazioni e agnizioni, e anche per gli di storie, soffermarsi prima di tutto sulla ricercatezza altri veicoli di finzione, dal cinema alla televisione dello stile, ma ciò dipende dal fatto che l’estetica è in delle fiction, i segreti sono un espediente narrativo di primo piano rispetto a una materia narrativa densa insuperabile efficacia. Ma ho pensato spesso che in ma dosata con cura, e somministrata al lettore come Giappone, dove la reticenza è un codice di compor- un farmaco a lento rilascio. Il libro racchiude un in- tamento e la riservatezza una regola di educazione, i tero ciclo romanzesco formato da cinque romanzi segreti assumono un ruolo particolare. brevi, un’unica storia che si apre su una rivelazione, È significativo che il peso dei segreti che incombe di quelle che di solito rappresentano il culmine o la sui personaggi del libro non si faccia più lieve o tra- conclusione di un racconto, e che qui invece è posta scurabile nemmeno sotto lo scoppio delle bombe all’inizio. atomiche che a pochi giorni di distanza l’una dall’al- Procedendo nella lettura, si capisce che ci troviamo tra deflagrano su Hiroshima e Nagasaki. Potrebbe di fronte a un ingranaggio narrativo implacabile le sembrare poco credibile che una tragedia così im- cui ruote dentate sono i segreti. Sono le bugie e le mensa non distragga i personaggi dai loro drammi omissioni a mettere in moto l’assedio che progres- individuali, eppure il fatto che le persone si attacchi- sivamente imprigiona il lettore. Il graduale disvela- no con ostinazione ai propri destini, e che la vicenda mento della verità, come in due capolavori del gene- acquisti significato soltanto quando incrocia la loro re, Il buon soldato di Ford Madox Ford o, per restare storia personale, è forse la verità più importante che in territorio nipponico, Il fucile da caccia di Inoue emerge dalla fitta rete di bugie che è l’anima e il cuo- Yasushi, nel fare chiarezza finisce per rivelare come re del libro.

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rs_ott16.indd 126 03/11/2016 16:16:40 Generosità di un avido lettore

Robert Gottlieb scoprì talenti come Bradbury e Cheever e Nobel come Naipaul e Morrison: in Avid Reader si racconta con il solito understatement

Harvey Sachs, «Domenica» di «Il Sole 24 Ore», 30 ottobre 2016

L’espressione inglese «avid reader» (lettore accanito o di manoscritti alla Simon & Schuster; in seguito ne appassionato) si adopera spesso come risposta alla do- diventò uno dei redattori principali, poi direttore manda: «Quali sono i tuoi hobby?». «Sono un lettore editoriale. Nel 1967 passò alla Knopf, una delle case accanito.» Invece, come titolo del nuovo libro di me- editrici più prestigiose in assoluto, e la diresse per morie di Robert Gottlieb, verosimilmente il maggior vent’anni. Decideva quali libri pubblicare e lavora- redattore vivente di libri anglofoni, Avid Reader suo- va direttamente su molti dei manoscritti. Oltre ai na come un gigantesco understatement autoironico. sunnominati autori, molte celebrità dell’epoca – tra Gottlieb, newyorkese, classe 1931, è stato diret- queste, Lauren Bacall, Margot Fonteyn, Katharine tore, prima della casa editrice Simon & Schuster, Hepburn, Liv Ullmann e Gloria Vanderbilt – si re- poi della Alfred A. Knopf e infine del settimanale cavano da lui per aiuto con le loro autobiografie. La «The New Yorker», e ha fatto da levatrice per de- Knopf sotto la sua guida guadagnava bene, ma pro- cine di scrittori, di cui un elenco molto riassunti- prio per quello Gottlieb – come diversi altri editori vo deve per forza includere Bruno Bettelheim, Ray dell’epoca – credeva che certi libri di grande valore Bradbury, Anthony Burgess, John Cheever, Micha- culturale dovessero essere pubblicati anche se non el Crichton, Roald Dahl, Antonia Fraser, Joseph «rendevano», che una parte dei guadagni dai best Heller, Elia Kazan, John le Carré, Jessica Mitford, seller doveva essere usata per sovvenzionare quelli Edna O’Brien, Salman Rushdie, John Updike e mirati a un lettorato più ristretto. quattro laureati Nobel: , Toni Morri- L’atteggiamento di Gottlieb come redattore asso- son, Alice Munro e V.S. Naipaul. migliava a quello di Maria Callas come interprete Gottlieb, figlio unico di un avvocato e di una mae- musicale: secondo lei, un cantante non deve cerca- stra elementare, racconta che spesso durante i pasti re di diventare il personaggio che rappresenta, deve ognuno dei tre membri della famiglia leggeva il libro invece assorbire il ruolo finché questo lo penetri to- che lo interessava in quel momento, e «soltanto più talmente. Ecco, Gottlieb cercava di «soccombere» tardi mi son reso conto che questa situazione non era a un manoscritto promettente ma in qualche modo normale». Vivevano a pochi passi dal Central Park, difettoso per poter capire dall’interno del testo ciò ma il giovane Bobby era contento di stare nella sua che impediva all’autore di arrivare a una piena rea- camera a leggere Waugh, Orwell, Faulkner, Balzac, lizzazione delle proprie intenzioni. Dickens, Hardy, Twain e Austen. Dopo gli studi alla Nel 1987 Gottlieb fu chiamato dall’editore S.I. New- Columbia University e poi a Cambridge in Inghilter- house a dirigere il celeberrimo settimanale culturale ra, tornò a New York, con una moglie e un bambino, «The New Yorker», sostituendo l’ottantenne Wil- e cercava lavoro, convinto di non saper fare nulla. liam Shawn, che lo dirigeva sin dal 1952. Fu uno A ventiquattro anni però, fu assunto come lettore scandalo, perché Shawn non voleva andarsene e

rs_ott16.indd 127 03/11/2016 16:16:40 alcuni tra i suoi scrittori storici si ribellarono al cam- del testo. Io ero ancora giovane, mentre lui era il biamento. Ma le acque si calmarono presto, Gottlieb più famoso direttore editoriale americano, tuttavia si dimostrò un capitano eccellente, mantenendo la andava lui a fare fotocopie per me e a prendere pani- qualità editoriale della rivista sia con vecchi che con ni e bibite per entrambi; l’atmosfera era totalmente nuovi collaboratori (tra questi ultimi: Margaret At- rilassata. Più tardi, Gottlieb accettò un paio di pezzi wood, Julian Barnes, Joan Didion, Jamaica Kincaid lunghissimi che avevo sottoposto al «New Yorker», e Susan Sontag) e riducendo nel contempo le perdite e anche lì, non era possibile prendere un appunta- economiche annuali. Dopo cinque anni però, New- mento per parlare con Bob (come tutti lo chiama- house decise di dare al «New Yorker» un’immagine vano): si entrava direttamente nel suo ufficio, la cui più à la page e sostituì Gottlieb con l’allora direttrice porta era sempre aperta per tutti. della rivista «Vanity Fair» Tina Brown. Gottlieb, al Fin dalla gioventù Gottlieb è stato un fan appas- quale Newhouse dette una pensione da favola, tornò sionato del balletto, e per molti anni faceva parte, alla Knopf, senza posizione dirigenziale, che non vo- da volontario, dell’amministrazione della New York leva più, ma come redattore free-lance per libri come City Ballet di George Balanchine, aiutando soprat- l’autobiografia dell’ex presidente Bill Clinton. tutto con la programmazione delle complicatissime Gottlieb ha sempre preso molto sul serio il suo la- stagioni del complesso. Adesso, a ottantacinque voro ma non sé stesso, per cui il tono di Avid Reader anni compiuti, Gottlieb, con la seconda moglie, è vivace e spigliato. Racconta di amicizie con tanti l’attrice Maria Tucci (figlia dello scrittore italo-rus- autori e le loro famiglie, ma anche di battibecchi e so-americano Niccolò Tucci), dedica tempo ai figli disaccordi con altri, descrivendo vizi e virtù di tutti e nipoti, pur essendo sempre indaffarato, non solo sempre con umorismo, raramente per rivendicare le come redattore ma anche come autore: negli ultimi proprie scelte. anni ha scritto libri su Balanchine, Sarah Bernhardt, Per trasparenza: ammetto di aver lavorato perso- i figli di Charles Dickens e diversi altri soggetti. nalmente con Gottlieb su un libro Knopf nei primi Gottlieb conclude Avid Reader con un commento, anni Ottanta. Non si usavano ancora i computer, e tipico di lui, sulla vecchiaia: «Può darsi che la fine siccome la scadenza di pubblicazione si avvicinava sarà dura, ma forse il destino mi sarà gentile e mi ci sedevamo per terra nel suo ufficio, con fogli stesi permetterà almeno di continuare per un po’ a legge- dappertutto, tagliando e incollando frasi e paragrafi re». Glielo auguriamo!

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