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La rassegna stampa diOblique dal primo al 31 agosto 2009

«...quella che Dostoevskij chiamava la “sfrontatezza dell’ingenuità” è ormai la sfrontatezza dell’ignoranza elevata a sistema»

Massimiliano Parente

– Luigi Mascheroni, «Il caso Zia Mame» il Giornale, primo agosto 2009 3 – Daria Galateria, «Gallimard, la fabbrica di capolavori che disse no a Proust» , 2 agosto 2009 6 – Nadia Fusini, «I miracoli della traduzione» la Repubblica, 5 agosto 2009 9 – Mario Desiati, «Uomini sull’orlo di una crisi di panico» la Repubblica, 7 agosto 2009 11 – Stefania Vitulli, «Bestseller in provetta» il Giornale, 8 agosto 2009 13 – Leonardo Coen, «Samizdat, il dissenso è un tam-tam di carta» la Repubblica, 9 agosto 2009 16 – Dave Eggers a colloquio con Paolo Pontoniere, «Travolto da Katrina» L’espresso, 7 luglio 2009 18 – Antonio Gnoli, «Lo scrittore inadatto» la Repubblica, 13 agosto 2009 20 – Francesco Borgonovo, «Penne in crisi. La società letteraria è morta. Evviva» Libero, 15 agosto 2009 23 – Ranieri Polese, «La ragazza che adottò la Beat Generation» , 19 agosto 2009 25 – Luca Brioschi, «Stelle americane» il manifesto, 19 agosto 2009 30 rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 2

a colloquio con Angiola Codacci-Pisanelli, «Liberi di leggere» L’espresso, 20 agosto 2009 34 – Walter Pedullà, «Grandi racconti, piccoli romanzi» Il Messaggero, 24 agosto 2009 36 – , «Calvino aveva previsto tutto. E sbagliato tutto» , 24 agosto 2009 38 – Massimiliano Parente, «Scrittori nani demoliscono i giganti» Libero, 25 agosto 2009 40 – Alessandro Bassini, «Dalla Svezia non solo gialli» il manifesto, 26 agosto 2009 42 – a colloquio con Nello Ajello, «Casa Bompiani» L’espresso, 28 agosto 2009 45 – , «I fantasmi di David, quasi un’autobiografia» Corriere della Sera, 30 agosto 2009 48 rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 3

IL CASO ZIA MAME Luigi Mascheroni, il Giornale, primo agosto 2009

Il bestseller dell’estate è un déjà vu. Ma Adelphi non lo dice

sistono due luoghi comuni, ormai inestirpa- no e allevato dall’eccentrica e irresistibile zia bili, fioriti nel giardino delle edizioni Mame in un lungo foxtrot di avventure, party, E Adelphi. Il primo: «Le copertine sono amori, fortune e disgrazie…). molto raffinate». Il secondo: «L’importante è Bene. L’editore Adelphi lo ha (ri)pubblicato non dire mai che si tratta di una riedizione». un paio di mesi fa, (ri)tradotto e curato dal Non dire mai che si tratta di una riedizione in «numero due» di casa Calasso, Matteo Codignola fondo è poco più che un vezzo, un po’ come le (autore anche di una puntuale e informatissima belle signore – alle quali si perdona tutto – che si postfazione sull’autore americano e le vicende dimenticano uno o due anni sulla carta di identi- camp del libro, diventato presto un’icona gay). tà. Nulla di illegale né di immorale. Umane Comunque, in poche settimane Zia Mame è debolezze, curiosità editoriali. diventato il libro del momento, recensito, osan- Particolarmente interessanti, però, se a rubare nato, vendutissimo: lenzuolata di su sull’età è il libro del momento, il caso letterario Repubblica, passante su Tuttolibri di Masolino dell’estate, la rivelazione 2009. Ossia Zia Mame, D’Amico, paginone sul Corriere della Sera con un romanzo divertentissimo, folle, surreale e pezzo di Giorgio Montefoschi e intervista a «fuori tempo», prima rifiutato da 19 editori e poi … il quale, mentre il libro uscito negli Stati Uniti nel 1955 con un successo schizzava in cima alle classifiche, rifletteva sulla straordinario: vendette di botto due milioni di «stranezza» di un caso editoriale vecchio di 50 copie, rimase per due anni nella classifica dei anni e fuori dai «canoni del Blockbuster». dieci titoli più venduti pubblicata dal New York Insomma, una vera scoperta Adelphi. Un best- Times, ispirò una commedia culto interpretata seller, ma dalla copertina molto raffinata. da Rosalind (Rozz) Russell, il più costoso non- L’importante però è non dire mai che si tratta musical mai prodotto a Broadway ma anche uno di una riedizione. Il libro in due mesi è stato dei dieci maggiori incassi di tutti i tempi. recensito da tutta la stampa italiana – e anche da L’autore del romanzo è Patrick Dennis, nome parecchi siti e blog letterari – ma nessuno si è d’arte dello scrittore Edward Everett Tanner III, accorto e/o detto che Zia Mame fu pubblicato nato nel 1921 e morto nel 1976, personaggio la (per altro con grandissimo successo, come ricor- cui vita e carriera avventurosa contribuirono non da nonna Mascheroni in Garavaglia, la quale poco a trasformare in leggenda il suo libro (il spero – magari tardi – mi lascerà in eredità la sua quale, per inciso, racconta la «formazione» di un copia) da Bompiani nel 1956. Su e-bay si trova ragazzino di undici anni, dall’America degli anni una copia del libro – il titolo era La zia Mame – Venti a quella degli anni Cinquanta, rimasto orfa- e su maremagnum ne vendono due. Il romanzo, rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 4

Oblique Studio

la cui traduzione era firmata dal leggendario che si tratta di una ripubblicazione? In quanta di Henry Furst e da Orsola Nemi (pseudonimo di copertina, o in una nota al libro, o nella po- Flora Vezzani, poetessa, scrittrice e grandissima stfazione, perché non citare, oltre all’edizione traduttrice scomparsa nel 1985), venne ristampa- originale americana, anche la prima traduzione to più volte fino al ’66, prima di passare a Gar- italiana? zanti che lo ripropose nel ’74 con la stessa tradu- Si tratta di un’informazione utile – crediamo – zione. Mentre Bompiani, forte del successo della per il lettore. Quello di tacere sui precedenti di un «prima parte», nel ’60 pubblicò anche il seguito libro è un malcostume editoriale di cui Zia Mame (Intorno al mondo con Zia Mame, traduzione di rappresenta solo il caso più eclatante, non certo Orsola Nemi e Henry Furst). Titolo della cui l’unico, e non certo solo da parte di Adelphi. prossima (ri)pubblicazione da parte di Adelphi Glissare sulle precedenti edizioni – ci chiediamo – non dubitiamo. è una scelta editoriale, una strategia, o solo una Lo ripetiamo: il libro è splendido, e l’intelli- dimenticanza? La nostra è una curiosità giornali- genza da parte di Adelphi nel ripescarlo è indub- stica, niente di più. Alla quale abbiamo chiesto di bia. Un’operazione editoriale e insieme culturale rispondere al diretto interessato. Il quale, gentil- di rilievo. Però, ci chiediamo, perché non dire mente, ci ha risposto. Qui accanto.

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Al lettore interessa il libro, non la data di stampa Matteo Codignola, direttore editoriale Adelphi

aro Mascheroni, la questione è molto sem- qualcuno, che non conoscevi. Contrariamente plice, e tenterò di esporla in modo ancora alle apparenze (e a molte critiche) consideriamo C più semplice. In alcune circostanze questo atteggiamento il più trasparente e onesto Adelphi cita doverosamente le edizioni originali possibile. E forse anche il più utile. delle opere che riprende. Chi apre un celebre Da lettore, se vedo che Einaudi ripubblica un «caso letterario» della fine degli anni Settanta, le clamoroso bestseller degli anni Cinquanta, I rac- Sette Storie Gotiche di Karen Blixen, troverà ad conti di Peyton Place, non mi interessa affatto esempio l’indicazione molto precisa del fatto che sapere quante copie ne avesse tirato e venduto, o la (magnifica) traduzione italiana di Alessandra anche solo chi fosse, l’editore originale. Mi inte- Scalero è, con minimi ritocchi, la stessa uscita ressa invece, e molto, sapere perché un importan- nella Medusa di Mondadori nel 1936. Di norma, te editore molto attento al contemporaneo mi tuttavia, noi non indichiamo le precedenti edizio- invita a rileggere un libro di sessant’anni fa, come ni, o i precedenti editori, dei libri che pubblichia- fosse scritto oggi. Queste sono le notizie che cer- mo. Come può immaginare, non si tratta di una co sulle bandelle, e sono anche quelle che quasi dimenticanza, o di un’omissione, ma di una scel- sempre ci trovo (mentre fortunatamente quasi ta consapevole. mai mi vengono comunicati pagine, prezzo e logo La nostra idea – certo criticabile come qualsia- di stampa della prima edizione). si altra, e criticata con una certa ricorrenza – è Quanto a Zia Mame, che sarebbe il caso di infatti che se uno spende quasi tutto il tempo, e specie, può essere che le traduzioni di Bompiani una parte del (poco) denaro di cui dispone, a tro- e Garzanti abbiano dato al libro, negli anni vare un testo, e poi a tradurlo, editarlo, curarlo (il Cinquanta e Sessanta, una sua risonanza (era risultato non cambia se a ciascuno di questi verbi un’altra epoca, ma qualche eco di un titolo da tre si premette la particella ri-) poi può sostenere con milioni di copie negli Stati Uniti doveva aver rag- qualche verosimiglianza di offrire al lettore un giunto anche l’Italia vagamente postprandiale di libro nuovo. Questo è vero in generale, ma lo è in allora): però, non ne è rimasta traccia. A tutti particolare per una casa editrice come la nostra, quelli cui ho parlato del libro mentre lo stavo che ha la forma, ormai quasi estinta , di un catalo- facendo – e nella stragrande maggioranza si trat- go – di un luogo cioè dove ogni titolo prende un tava di persone informate sui fatti – né l’autore né senso particolare (oltre a quelli che già contiene) il titolo dicevano qualcosa. Nulla, zero: il vuoto per essere preceduto e seguito da altri, e ad altri assoluto, e tutt’al più lo svogliato proponimento utilmente accostabile. È tutto qui, ma non è poco. di controllare su Wikipedia (che a Patrick Dennis Quando pubblichiamo – ripubblichiamo, se dedica peraltro poche righe). preferisce, ma ripeto che la distinzione, in edito- Bene, in una situazione di questo tipo cosa ria, è quasi sprovvista di significato – Maugham, aveva senso, ricordare a i lettori che qualche loro o Nabokov, o Simenon, o Burroughs (o Sciascia, nonno con Zia Mame si era divertito (sotto le o Manganelli, o Ortese) non pretendiamo ovvia- coperte, data l’insofferenza dell’Italia di allora mente di essere i primi a farlo. Al contrario, quel- per qualsiasi forma di leggerezza), o proporgli di lo che diciamo ai nostro lettore – non particolar- leggerlo come fosse la prima volta? mente interessato a questioni di sprint – è, Per noi è una domanda retorica, anche se grossomodo, guarda meglio questo scrittore, capiamo benissimo – come spero capirà dalla guardalo fuori dalla vicenda, anche editoriale, lunghezza di questa risposta – che possa non che ha avuto fin qui, e forse scoprirai qualcosa, o esserlo per altri.

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Gallimard La fabbrica di capolavori che disse no a Proust Daria Galateria, la Repubblica, 2 agosto 2009

soldi, a Gaston Gallimard, venivano dal bout «Da trent’anni che lo conosco, non mi ha mai du sein, un capezzolo in caucciù ad uso delle invitato a colazione», deplorava Gide, anima e I nutrici, inventato e commercializzato dal coscienza della rivista e delle edizioni, che nonno, che poi aveva reso Parigi ville lumière Gaston stimava senza alcuna simpatia. A volte illuminandola con lampioni a olio; quando erano mi sedevo nel suo studio a ora di pranzo, e insi- apparsi i fanali a gas, la fortuna della famiglia era stevo pesantemente che ero solo e non sapevo già fatta. Cent’anni fa, sei personaggi in cerca di dove andare: niente». Anche Proust si lamente- rivista, trentenni al traino del condottiero André rà, in una dedica di Guermantes: «Caro Gaston, Gide, avevano fondato la N. R. F. – Nouvelle sarebbe così bello passare delle serate insieme. Revue Française –, che sarà la “rosa dei venti” Ma voi non prendete mai l’iniziativa. E io mi della letteratura francese del Novecento (è il suo blocco davanti al telefono, che allontana come ai laboratorio: non a caso, una delle sue primissime tempi in cui mi rifiutavate Swann» (Archivi sedi fu la cucina di un appartamento borghese). Gallimard, e in mostra a settembre a Caen, En La rivista aveva due anni, quando decise di crea- toutes lettres. Centenaire de la N. R. F.). A con- re una casa editrice. Ci voleva un finanziatore: gli trobilanciare la preponderanza di Gide – «è occhi di quei fini letterati si posarono appunto su troppo intelligente, in continuazione, e senza Gaston Gallimard. mai riprender fiato» – Gallimard costituisce il Gaston, per quegli austeri intellettuali, aveva comitato di lettura, destinato a diventare un un grosso difetto: abitava sulla rive droite – la mito. riva destra della Senna, coi suoi calfé e i teatri di Il mistero circonda i protagonisti e le riunioni Boulevard, troppo allegra e reazionaria per i del martedì pomeriggio. I lettori, in poltrona e Sorbonagres della riva sinistra. Gaston con la affondati nei manoscritti, sono a semicerchio famiglia abitava in effetti al 79 di rue Saint- davanti alle scrivanie di Gaston e del fratello Lazare, un palazzo tappezzato di nove Corot, associato, Raymond, che tacciono. Ogni mano- sette Delacroix, otto Daumier, e poi Cèzanne, scritto è affidato a due, tre, fino a cinque lettori. Fragonard, Goya, un Greco, e i Renoir (un «Buona misura, per una casa editrice che ha rifiu- amico) a decine; il padre di Gaston, Paul, nella tato Proust e Céline», ride Roger Grenier, che del vita ha essenzialmente collezionato quadri e libri comitato fa parte da mezzo secolo. «Ma sono antichi. Però, a venticinque anni, Gaston ha per pareri puramente consultivi, è Gallimard – la buona letteratura fiuto e una specie di golosità: Antoine, ora – che decide: è una monarchia». I sarà lui l’editore della N. R. F., rivista e casa edi- voti vanno da uno a quattro: con uno si è pubbli- trice, che prenderà poi, dal 27 luglio 1919, no- cati – l’asterisco indica che il lettore non cambie- vant’anni fa, il suo nome, Gallimard. rà opinione. Ci sono le sfumature, i tre-quattro, rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 7

Rassegna stampa, agosto 2009

che invitano a sfrondare. «Mondani e straricchi, (612 pagine, 25 euro, tutto da Gallimard) in favo- oziosi assoluti!… pederasti… alcolizzati… qual- re della sperimentazione di nuovi narratori. che assassino» li descrive in Nord, con la consue- La casa editrice di Gaston intanto cresceva e si ta verve, Céline. «Comitato di lettura! Tutti stret- moltiplicava. Proust e Céline recuperati, Eluard, tamente incapaci! E questi giudicano!… Tutta la Artaud, Breton, Saint-Exupéry, Simenon, Mal- vita! E parlano inglese… e kirghiso!». Il raux, Giono, Sartre, Vian, Camus, Prévert il riferimento è probabilmente a Jean Paulhan, spe- poeta, Cioran il moralista, il ladro Jean Genet: il cialista di poesia malgascia. panorama delle lettere francesi si delinea, grazie Paulhan, l’eminenza grigia delle lettere france- alla volontà e la passione di Gaston. Spesso l’im- si dal 1925 fino agli anni Sessanta, nero e bello presa è pericolosa: duelli, minacce di morte asse- come un gitano, imprendibile, discreto, indul- diano lui e i gallimardeux. Un duro, Le Breton gente per ironia e dandismo, dal minuscolo stu- (Rififi), posa una pistola sul tavolo prima di diolo da cui dirige la N. R. F. impone a tutti di discutere i contratti. Essere pubblicati da bisbigliare come in chiesa. Durante la guerra Gallimard, in effetti, è una questione di vita o di cederà la rivista al fascista Drieu, ma un giorno la morte. E poi ci sono i lutti dei collaboratori più sua segretaria, Dominique Aury, gli portò quat- cari a Gaston: il brillante Roger Nimier, che si tro numeri di una pubblicazione clandestina uccide sulla Aston-Martin che l’editore gli aveva della Resistenza, le Lettres françaises; Paulhan la regalato, e l’incidente in cui il nipote preferito, ringraziò molto. La Aurynon sapeva che aveva Michel, muore contro un albero con Camus portato di nascosto la rivista al suo fondatore. (Sartre impedisce che pubblichino il manoscritto Amante per una vita di Paulhan, e per venticin- che Camus aveva con sé). que anni unica donna del comitato di lettura, la Intanto gli studi della rue Sebastian Bottin si Aury, intorno ai novant’anni – una vita da auste- dividono e risuddividono, i piani si sfalsano con i ra signora delle lettere sempre in tailleur scuro, palazzi attigui: «Ma bene!», borbotta un giorno tratti scialbi, straordinariamente pallida e capelli Gaston, «abbiamo messo l’ascensore, e non si tirati – avrebbe confessato al New Yorker di ferma al mio piano»; in effetti, riceveva al secon- essere l’autrice di quella fantasia di dipendenza do piano e mezzo. Più cerimonioso, il figlio masochista, fanatica ascesi dell’amore, algida e Claude avrà uno studio a piano terra, vasto ed scabrosa, che è L’histoire d’O. elegante. I nazisti consideravano Paulhan «il terzo Nessuno più lo usa e i cerimoniali cambiano: uomo più potente di Francia»; il nazista Gerhard scompare il “bicchiere”dopo le riunioni del Heller della Propaganda Staffel lo stimava; e comitato di lettura, che si rarefanno, come i quando fu denunciato alla Gestapo lo avvisò: coquetèles (Queneau) nel favoloso giardino di «Tra due ore verranno a prendervi». Paulhan rose stretto, in fondo alla casa editrice, tra i palaz- scappò per i tetti. Drieu si suicidò. Alla zo di Saint-Germain, che non vedranno più Liberazione, la rivista subì una quarantena di Simone de Beauvoir e Queneau stesi nell’erba, dieci anni, poi ripartì, sempre con Paulhan e i persi nell’ebbrezza. suoi modi felpati («Languida Anemone», lo chia- Le Clézio, Kundera, Tournier, Modiano, mava Céline), continuando nel suo ruolo di apri- Philippe Forest, Jonathan Littell. Ora c’è pista: Butor, Char, Robbe-Grillet. Antoine, il figlio di Claude, a mantenere nella Ora, con Bertrand Visage e poi Michel famiglia una casa editrice che ha fatto la storia Braudeau, la N. R. F. ha perso la sezione critica. culturale del Novecento. Dodicimila libri del ca- Già L’Esprit N. R. F. a cura di Pierre Hebey, e talogo sono già in rete; per il centenario della ora L’oeil de la N. R. F., curato da Louis casa, nel 2019, ci saranno tutti. «Fare l’editore è Chevaillier la antologizzano; ma è Alban Cerisier un mestiere da giardiniere», dice Antoine, «ci che firma una definitiva Histoire de la N. R. F. vuole tempo».

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Il senso di Gaston per la battuta Roger Grenier, la Repubblica, 2 agosto 2009

Roger Grenier è nato nel 1919, quando la N. R. F. diventa Gallimard. È entrato nella casa editrice mezzo secolo fa. Alla Liberazione ha partecipato alla presa dell’Hotel de Ville, e ha lavorato a Combat con Albert Camus. La sua vasta opera di romanziere e saggista è stata coronata dal Grand Prix de l’Académie. Il suo ultimo libro, Instantanés (Gallimard, 200 pagine, 14,50 euro), presenta vari ritratti di amici, tra cui quello di Gaston Gallimard, di cui qui pubblichiamo una sintesi

aston Gallimard andava pazzo per la lette- che aveva espiato la sua pena. Kessel chiese a ratura (per essere esatti, aveva tre passio- Gaston Gallimard se poteva trovargli un lavoro. G ni: la letteratura, le donne e le macchine. Gaston ne fece… il contabile della casa editrice. Non dirò in che ordine). Personaggio riservato a Non si sapeva del resto che cosa avesse fatto forza di essere discreto, finisce così per essere leg- Gruault per meritare i lavori forzati. Un crimine gendario. Ne risentiva anche il suo modo di vesti- passionale, dicevano alcuni. Altri che, durante la re. Il suo sarto rifaceva continuamente i due stes- Prima guerra mondiale aveva pensato di vendere i si abiti, uno blu e uno grigio. Sola fantasia, per piani della Tour Eiffel ai tedeschi. così dire, tutti i giorni e in ogni circostanza, por- Kessel fece un terribile scherzo all’ex galeotto. tava il papillon […]. Gruault aveva appena lasciato l’ufficio. Kessel, che Caso vuole che il mio ufficio fosse di fronte al era un colosso ed era accompagnato da un altro suo, il che facilitava i nostri incontri. Mi chiede: forzuto, portò via la cassaforte del contabile e scese «Ha mai avuto un’esperienza omosessuale?». a nasconderla in cantina. Gruault rischiò di uscire Rimango un po’ interdetto. Rispondo: «No». Poi, pazzo. Sempre la paura, per chi ha avuto guai con per non restare indietro, aggiungo: «E lei?».«Io, la giustizia, di essere accusato. Un settimanale rac- sì». E comincia a raccontare: «Ero molto giovane. contò un giorno, per fare lo spiritoso, la storia del Avevo l’abitudine di fermarmi in un passaggio forzato contabile. Gruault pensava che nessuno del quartiere dell’Opera, perché c’era un negozio conoscesse il suo segreto. Voleva uccidersi. di intimo e, in vetrina, un ritratto di donna che mi Trovandosi faccia a faccia con Michel Leiris, che emozionava. Un giorno, mentre lo guardavo, un aveva appena pubblicato L’Afrique fantôme, gli uomo baffuto mi si è avvicinato e mi ha fatto confidò: «Anch’ io sono stato nelle colonie» […]. delle proposte. Sono scappato a gambe levate. Negli ultimi tempi, Gaston Gallimard si diver- Ho corso fino a casa, a rue Saint-Lazare. Qualche tiva a praticare un gioco al massacro che riduceva tempo dopo, a teatro, mi presentano un signore a nulla tutto il catalogo dell’illustre casa editrice in cui riconosco l’uomo del passaggio. Era che aveva consacrato la vita a edificare. Si dedica- Georges Feydeau […]. va a questa demolizione con particolare piacere La libertà di spirito di Gaston Gallimard pote- quando veniva a trovarlo il suo vecchio amico va spingersi fino alla provocazione. Albert Emmanuel Berl. Li ho sentiti una volta conclude- Londres e Joseph Kessel, nel corso di un reporta- re così: «Proust, si può dire di lui quello che si ge sulla Cayenna, si erano impietositi di un forza- vuole, ma c’è una cosa che non gli si può negare. to. Riportarono in Francia quel galeotto, Gruault, Aveva una salute di ferro!».

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I miracoli della traduzione Nadia Fusini, la Repubblica, 5 agosto 2009 Quando il genio di Garboli creò l’Amleto sbagliato

Cesare Garboli con i fronte a chi traduce, l’ammirazione spes- una creazione linguistica che rispetto alla lingua so prende il senso dello stupore: il tal dei inglese è unica. L’Amleto è un assoluto àpax. D tali, come sa bene il tedesco! o l’inglese! o Capite? È una scoperta lapalissiana, ma insisto: il greco! Ma che significa “sapere” una lingua che non basta sapere l’inglese per scrivere Amleto. non è la nostra? Certo, la lingua familiare, mater- Bisogna essere Shakespeare. Come non basta na, la sappiamo quasi senza prenderne coscienza, sapere l’inglese per tradurlo. Sa l’inglese e spesso malgrado a scuola ci insegnino gramma- Garboli? Sa l’inglese come sa il francese? No. tica e sintassi, continuiamo a intrattenere con essa Eppure, traduce Shakespeare. Non è un miraco- una confidenza innocente, ingenua. Mentre con la lo? Sì, è un miracolo. Ma una buona traduzione è lingua estranea, che impariamo, la relazione è sempre un miracolo. Ci vuole la “grazia”, e la gra- sempre “riflessiva”, e il possesso rimane precario, zia cade dall’alto non per meriti, né conoscenze, proprio perché insidiato dalla coscienza che quel- né metodo. la lingua non ci appartiene. La “mitica” traduzione dell’Amleto di In più, quando ci si trovi di fronte a un feno- Shakespeare, opera di Cesare Garboli, uscita da Ei- meno di scrittore come Shakespeare, non solo ci naudi per le amorevoli e devote cure di Laura ritroviamo in una lingua estranea – l’inglese Desideri e Carlo Cecchi (pagg. 223, euro 18), tra- elisabettiano, che non è affatto l’inglese che ci suda di grazia. Cesare Garboli non aveva pubblica- serve a viaggiare per il mondo – ma di fronte a to quella traduzione in vita, gli era bastato sentirla rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 10

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sulle labbra di Carlo Cecchi e dei suoi attori. Ma, a porzione, dramma. Va avanti a sussulti, e tenta – quanto ci raccontano i due curatori, negli ultimi il corsivo è di Eliot – di assorbire materiali estra- anni aveva vinto la riluttanza, ed ecco, la tradu- nei alla struttura propriamente drammatica; le zione è ora a disposizione nostra. Non v’è testo a lettere, i racconti… Che ci stanno a fare in una fronte, ed è giusto così. Chi legge questa traduzio- tragedia le troppe interruzioni che spezzano il ne non andrà a confrontarla con il testo originario, registro propriamente drammatico? A teatro l’a- si lascerà cullare dalla cantabilità dell’endecasillabo zione deve accadere ora e qui in scena. Qui inve- garboliano, quasi scivolando nell’incantamento di ce non ci sono che ritardi. Per non parlare della una lingua moderna, ma non troppo; senz’altro lunga, interminabile pausa che si prende l’eroe musicale. E così facendo incontrerà un nuovo prin- rispetto all’ordine dello Spettro: vendicami. Dice: cipe danese, mercuriale, spiritoso, una creatura che sì, subito, e poi si mette a divagare. Parla di tea- nasce come un dono che il Garboli drammaturg fa tro, si diverte con gli attori, fa il matto, uccide all’amico attore. Tutto ruota in realtà intorno a un Polonio, e così via… Non solo: il principe conti- aggettivo che compare nella traduzione di Garboli nua ad attaccare la forma stessa in cui sta, che alla pagina 118: l’aggettivo è svogliato. non è più una tragedia… Che c’entrano i becchi- Se come c’è un ombelico del sogno, c’è un ni in una tragedia? ombelico della traduzione, è qui che tutto si anno- Pur nella giustezza dell’osservazione, però, da: all’atto terzo, scena quarta. Eliot fraintende: la non-perfezione non è il difet- Amleto è nel boudoir della regina, sta insul- to di Amleto, è l’essenza del dramma. In questo tando con evidente gusto la madre spaventata, senso, il “mezzo disastro” dello spettacolo di quando ricompare lo Spettro. Amleto si sente in Cecchi era profondamente “amletico”. A me che colpa, e anticipa il rimprovero: torni, dice al vidi e sentii Amleto quella sera, apparve un prin- padre, «per sgridare il tuo svogliato eroe», che cipe svogliato straordinariamente seducente. E invece di passare all’atto, si perde nelle parole, mi fu chiaro: Garboli aveva tradotto per Cecchi, nelle fantasie, nelle congetture. Insomma, invece Cecchi traduceva per noi spettatori uno di agire, perde tempo. Nel testo inglese Amleto Shakespeare già beckettiano. Nella conflagrazio- si definisce esattamente tardy son; che non è ne dei tempi assistevamo al miracolo di un’antici- l’equivalente di eroe svogliato, ma piuttosto si- pazione che si svelava in tutta la sua potenza. gnifica figlio lento, tardo. Amleto è in effetti in Grazie a una traduzione. ritardo sull’azione promessa. È pesante, il suo La questione del possesso e della proprietà è passo. Si potrebbe addirittura “interpretare” la questione fondamentale della traduzione – lo quel tardy con negligente, indolente. O con svo- riconosceva Franco Volpi, in un saggio pubblica- gliato, appunto. Traduzione-interpretazione to su queste pagine il 7 luglio, in occasione della geniale, che illumina una disposizione già bec- cerimonia pubblica di commiato dal bravo stu- kettiana dell’eroe – non più uomo d’azione. Ma dioso troppo presto scomparso. E offriva l’imma- accidioso, piuttosto. Malinconico con gusto. Già gine del traduttore come pontefice; lui diceva Belacqua. “costruttore di ponti”, “mediatore”. In tale posi- Ecco, io ero lì, a Spoleto, la sera del 30 giugno zione, io credo, si dovette mettere Garboli quan- 1989, quando l’Amleto di Garboli andò in scena do accettò di tradurre Amleto per Cecchi. Lo con Carlo Cecchi nella parte di Amleto. Fu una fece per lui. Traghettò quel testo complesso per- serata memorabile. Non perché lo spettacolo ché l’amico potesse tenerlo sulle labbra. Dirlo. fosse perfetto, anzi, non lo era affatto. Nella sua Recitarlo. Augurandosi, credo, che nel rimando premessa Cecchi addirittura parla di “mezzo infinito della traduzione intertestuale, interse- disastro”. Ma del resto, l’Amleto di Shakespeare, miotica, cui ci obbliga il nostro rapporto coi clas- in qualsiasi edizione lo si prenda, sia che si segua sici, nel plissé delle sue pieghe, potesse nascon- l’edizione in-quarto, o quella in-folio, o quella dersi e apparire un nuovo Amleto. mescolata, non è affatto un testo perfetto. Lo Il miracolo – che Cecchi assecondò nell’incar- notò T.S. Eliot, che aveva naso fino: non ha pro- nazione teatrale – è questo.

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Uomini sull’orlo di una crisi di panico Mario Desiati, la Repubblica, 7 agosto 2009

Se i romanzi svelano le paure maschili

e ho contati una dozzina. Erano di mezza Mal di testa, vertigini e mal di stomaco sono età, avevano addosso le grisaglie impiega- per le donne i sintomi della paura di volare, per N tizie e l’aria imbarazzata di chi aspetta ed gli uomini invece tensioni muscolari, difficoltà è in un posto non molto grande senza poter far respiratorie e traspirazioni. Spulciando un rap- nulla se non leggere riviste vecchie e sgualcite. porto sul panico da volo si legge testualmente che Nello slang odierno vengono definiti “gli appani- «alle donne riesce più facile ammettere le proprie cati”. Ho iniziato mentalmente a scrivere questo paure». pezzo dentro una sala d’attesa. Secondo piano di E gli uomini? Scrive in uno studio medico sulla Nomentana a Roma. Presentimento (Nottetempo): «Passata la crisi Non mi interessava parlare con il medico, ma (di panico) non valeva la pena di affrontarne le volevo guardare chi c’era. Era un normale psico- ragioni. In realtà nulla era mai così importante da terapeuta specializzato in crisi di ansia e attacchi giustificare un’indagine. Dovevo farmela passare di panico. da solo». Seduti ad aspettare solo uomini. In questo frammento c’è tutto il ragionamen- Da qualche anno si diffondono le associazioni to di chi tenta di rimuovere questo sentimento contro il panico. Gli iscritti sono centinaia, un contemporaneo. Il libro di Canobbio è uscito nel fenomeno nel quale la letteratura novecentesca e 2007, sei anni dopo le Torri Gemelle, evento sot- fine ottocentesca ha sguazzato. Agorafobie, clau- tocute alla storia raccontata e ambientata nel strofobie, paura di volare. Questa ultima paura è 2001, un fatto che sarà dirimente nel finale. Si la più diffusa tra le sindromi di panico. Alcune tratta di una guida alle nevrosi di un uomo compagnie aeree hanno anche inaugurato una moderno, c’è il panico da volo, ma anche il pani- serie di seminari per curare il disturbo. Nella sala co da traghetto, e un continuo senso di inadegua- d’attesa metà delle persone erano lì per una clau- tezza, quello di non essere a volte all’altezza strofobia di viaggio (volo, ma anche treno e nave). neanche delle proprie paure. Canobbio, scrittore rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 12

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e editor Einaudi, più volte autoironicamente si Mario è un tipico antieroe moderno, ci sono definisce scrittore e editore part time, fino a giun- alcuni aspetti eccessivi, ma quell’eccesso serve a gere inevitabilmente alla constatazione: «Ho rendere evidente il tema; Mario ha paura di attacchi di panico part time». C’è un’altra “i” rispondere a propria madre, una donna risentita accanto all’inadeguatezza dell’uomo “appanica- e piena di fantasmi, acida arcinemica dell’accidia to” ed è l’irritabilità verso tutto quello che è del figlio. Un figlio succube delle sue debolezze, fuori il proprio io. Un’irritabilità che in breve che per stare bene arriva a un alcolismo omeopa- volge alla rabbia e all’odio. Quando il reverendo tico o le dieci gocce ansiolitiche prescritte dal Knox dieci anni prima di Orson Welles nel 1926 medico-cerusico, un Mario impotente che non condusse la sua trasmissione radiofonica tra- riesce a mettere in pratica le proprie fantasie ero- smessa dagli studi di Edimburgo della Bbc, tiche che hanno come destinatario un travestito Broadcasting from Barricades, simulò la crona- chiamato Tosca. Mario è anche titubante nel ca dell’assalto ai palazzi governativi britannici di rivolgersi ad Alda, una donna che lo seduce e che un fantomatico Movimento per l’Abolizione diventerà nel corso del romanzo sua moglie. delle Code a Teatro, la prima reazione popolare Todde, attraverso il rapporto del protagonista fu un assalto alle sedi dei sindacati e dei partiti di del suo libro con l’altro sesso, ci racconta qual è la sinistra poiché era il periodo del pericolo rosso. nevrosi più potente del contemporaneo, ossia la Il panico è l’anello tra la paura e la rabbia. Un paura verso il diverso, una paura che però non pro- passaggio importante di questo processo lo si duce fuga, bensì panico. Questa paura inizia tra i può leggere in Dieci gocce dello scrittore sardo generi, uomini che temono le donne, eterosessuali Giorgio Todde. Uscito da pochissimo per che temono omosessuali, e da lì inizia la scala che Frassinelli, il romanzo supera il personaggio che porta a tutti i generi di paura verso l’altro. Il risul- ha reso noto Todde, l’imbalsamatore Efisio tato è il panico che porta alla cosiddetta “accettabi- Marini; il protagonista di Dieci gocce si chiama le tossicodipendenza borghese” (alcool, ansiolitici), Mario, ha un nome ordinario, un lavoro ordina- come la chiamava il protagonista di Trainspotting. rio, una vita ordinaria, una famiglia che divente- A pagina 78 Todde fa dire a Mario durante l’amo- rà ordinaria come la doppia vita con l’amante re con Alda: «Le sue cose, quelle schifose venivano Mariannina, altrettanto e drammaticamente or- fuori nonostante l’amore…». “Nonostante l’amo- dinaria. Eppure in questa ordinarietà trionfa un re” è la locuzione di questo male moderno in cui dato comune, il panico. Mario è circondato da alla paura si contrappone l’impotenza dei senti- persone spaventate e lui lo è più di tutti. Il pani- menti e allora l’impotenza di amare. Conseguenze co produce paura, ma anche sintomi fisici, quel- impressionanti le traccia Canobbio nel finale di li che Mario tenta di curare con l’alcol bianco Presentimento quando racconta come la dramma- (tre ditali in orari precisi nell’arco della giornata) tizzazione delle proprie paure interne sia uno spet- oppure con gli ansiolitici. Non ha molti obiettivi tacolo affascinante per chi sta male, trovarsi in nella vita, sopravvive e basta, un verbo che il nar- mezzo a milioni di persone prese dal panico dopo ratore usa spesso è spegnere; a 39 anni non ha in- l’attentato dell’11 settembre mimetizzò per qual- tenzione di fare figli e mettere al mondo un bam- che ora la paura del narratore: «Dicono che in bino che potrebbe assomigliarli soprattutto tempo di guerra i nevrotici non si notano». Chi nell’infelicità. vuol dominare sa da dove può cominciare.

«Il panico è l’anello tra la paura e la rabbia»

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Bestseller in provetta Gli scrittori superstar? Costruiti con lo stampino Altro che belle trame e passaparola: si sfonda adulando i critici e obbedendo (di nascosto) al marketing

Stefania Vitulli, il Giornale, 8 agosto 2009

utti negano. Non si crea uno scrittore dal Oggi, in edicola: per descrivere il Collega nulla. Non si può costruire un bestseller a Antonio Scurati, lo Scrittore , neo- T tavolino. Il successo è un’eccezione, «frutto vincitore dello Strega, si sfoga con Vanity Fair. di un’alchimia ignota tra il lettore e il libro». Scurati sarebbe «un vero caso mediatico: la Tutti scrollano il capo, in prima battuta. Ma costruzione di un intellettuale e di un autore pop appena si scava un poco di più, gli appartenenti a attraverso una strategia propagandistica e pub- quel che resta della società letteraria lasciano tra- blicitaria che va avanti da anni». Fatta, secondo pelare il Grande Segreto: il sistema c’è. Diventare Scarpa, con la direzione di una collana Bompiani, scrittori di successo, in maniera indipendente una cattedra allo Iulm, la collaborazione con pre- dalla qualità di ciò che si scrive, è possibile. stigiose testate. Vediamo come ci si è arrivati in tre possibili pas- «Si fa confusione tra produzione e creazione saggi, distanti un ventennio l’uno dall’altro. delle merci» ci spiega Marco Vigevani, una gran- Potrebbe essere il 1965, libreria Milano Libri. de carriera di editor alle spalle, oggi agente lette- Si presenta una guida della città, relatori Camilla rario, tra gli altri, di Scurati. «L’Italia non è un Cederna e . Terminata l’incom- Paese di scrittori costruiti a tavolino, ma di pro- benza, «Nino» sale sulla sua Triumph Spider vinciali – nel senso migliore della parola – isolati. verde bottiglia e s’allontana, in direzione Vienna. La società letteraria in Italia è esistita solo a ca- Lo Scrittore era anche questo: un’icona dello Stile, vallo degli anni Cinquanta e Sessanta, poi solo l’air du temps riassunta in uno slancio cosmopoli- alcune figure di mediazione, come Grazia ta, l’audacia intellettuale incarnata nella scelta di Cherchi o Goffredo Fofi. Non vedo salotti che un oggetto immortale come la giusta auto sportiva. contino a parte lo Strega, occasioni di rilievo per Vent’anni dopo, più o meno. New York, un uno scrittore». Anche Vigevani però ammette le party editoriale per uno scrittore arrogante. Il li- tecniche di seduzione: «Rimane il patronage: bro non l’ha letto nessuno, ma lo hanno sfogliato scrittori “presentati” da scrittori. Un manoscritto tutti: «Come fanno sempre gli intellettuali di “garantito” da , Alessandro Ba- New York che, prima di guardare la pagina di ricco o dallo stesso Scurati oggi vale grande cre- apertura di un romanzo, esaminano la fotografia dito presso qualsiasi agente o editor». dell’autore, la quarta di copertina per vedere chi Negli Stati Uniti la scrittura è diventata un altro abbia scritto la presentazione, guardano la mestiere come un altro, che dunque necessita di dedica, controllano i ringraziamenti». Così David agevolazioni digitali. Il Marshall Plan Writing Leavitt nel romanzo autobiografico Martin Bau- Novel Software, ad esempio, per poco più di man descriveva negli anni Ottanta i nuovi riti cento dollari permette di sfornare in pochi giorni della macchina da soldi dell’editoria, dove il un bestseller: basta inserire protagonista, antago- Marketing sconfiggeva lo Stile. nista, genere, un breve soggetto, e il pc elabora, rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 14

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proprio come nel racconto Lo scrittore automa- inviti in tivù. E lo scrittore che ambisce al successo tico di Roald Dahl, appena ripubblicato da non rifiuta niente, neanche di vegliare la salma di Guanda: «In effetti alcuni bestseller fanno pensa- Costanzo». Fatto il culto, trovati i sacerdoti, di cui re di essere stati scritti da un software» commen- lo scrittore fa nomi e cognomi: «Appare dal nien- ta Filippo La Porta, critico letterario e scrittore. te l’esordiente di successo, la promessa che manca- «Avrei dei dubbi perfino sul Nome della rosa, va. La scrittura in questi casi è un accessorio insi- perfetto romanzo-videogame. Per chi crede nella gnificante. Anzi può essere solo d’impaccio, come letteratura come conoscenza e rivelazione è dura nel caso di Scurati, che è tanto incisivo in tivù ammettere che un software potrebbe ingannare. quanto imbarazzante nei romanzi. Ma l’immagine Ma è possibile». può fagocitare anche il talento autentico, come nel La teoria di How I became a famous novelist caso di Busi. Quanto ad Arbasino, il culto di sé di Steven Hely, uno degli autori del David Letter- stesso ne ha fatto poco più che un cicisbeo. Ripete man Show, appena uscito negli Usa, è che il da 40 anni lo stesso articolo». bestseller si costruisce, come il Lego. Romanzo del «Può capitare il “mirabile caso” che muove mese di Amazon in luglio, si prende gioco dell’in- l’elefantiaca macchina di un grande editore» passa tero establishment letterario americano, svelando al sodo Camilla Baresani, scrittrice e critica gastro- come diventare scrittore di successo sia sin troppo nomico. Sono in cerca del bestseller dell’anno e il facile. Esistono formule per ogni genere letterario, supercapo dei capi crede in te, come è stato per da apprendere e applicare. Titolo da parafrasarsi Piperno e Giordano. In mancanza di ciò, l’unica tra quelli in classifica del NYT: «Cumino. La spe- arma vincente possibile è la tetragona volontà, la zia che ha cambiato il mondo», «Il Club degli furia militaresca di occupazione». Baresani ha Investigatori di Jane Austen», «I Saggi Cavalieri messo a punto il suo Occidente dei principianti, della Tromba Oscura». Trama semplice, tipo «Un ovvero come “accreditarsi” se non si è capaci di poliziotto di New York scopre che alcuni ebrei creare bestseller come Vitali ma si coltivino «pre- hassidici hanno ritrovato l’11° comandamento che tese letterarie»: «Fare pastetta. Frequentare la si credeva perduto. E il destino del mondo cambia redazione di Nuovi Argomenti. Proporsi ogni due per sempre». Claim pubblicitario forte, come «Il minuti come maitre-à-penser di qualsiasi str… con colore del sangue è il nuovo rosa». un’idea polemica che però non ferisca quelli che ti «Se esistesse una formula per il romanzo di suc- fanno comodo. Lagnarsi d’incarnare la figura del- cesso non si capisce perché gli editori pubbliche- l’intellettuale isolato dal sistema. Presenziare e rebbero invece romanzi che per la gran parte non soprattutto organizzare convegni in cui invitare vendono una copia», ribatte Gaetano Cappelli, scrittori e critici». Insomma, una faticaccia. «Se i che con La vedova, il santo e il segreto del pacche- nostri ormai non più giovani autori raccontassero ro estremo (Marsilio) era tra i finalisti dell’ultimo la storia della propria ascesa, ne verrebbero fuori Strega. «I lettori amano un libro a prescindere da delle testimonianze piccanti» chiude il critico e ogni costosissima campagna pubblicitaria o dalle saggista Giuseppe Scaraffia. «L’egemonia della solite marchette sui giornali». Ma scava scava sinistra che ha devastato la cultura italiana è finita anche lui estrae le regole auree: «Una ben ma non è ancora stata sostituita da nulla. Spuntano congegnata strategia editoriale sostenuta da fre- cauti tentativi di abiura, come i complimenti di Ba- quentazioni adeguate può far in modo che il pro- ricco a Berlusconi». E l’esteta ci regala i nuovi prio lavoro non passi inosservato anche se lo meri- canoni dello Scrittore: «Deve sembrare essersi terebbe» prosegue. «Così che c’è di meglio che appena alzato dal letto dopo avere dormito vesti- partecipare a una delle mille cene con donne sepa- to. I colori scuri restano una garanzia di artisticità, rate da uomini potenti, bellezze che ti frequenta- come il linguaggio approssimativo, infarcito di no, critici d’arte e artisti, ammanicatissimi dandy citazioni dialettali. Nessuno giura più sui romanzi che conoscono a loro volta produttori cinemato- di Veltroni o sui film di Moretti. Come dicevano grafici, conduttori televisivi, editor, direttori di Fruttero e Lucentini, il cretino sta annusando giornale? Da quel momento in poi fioccano gli l’aria per capire dove va il vento».

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VI RACCONTO COME SI FABBRICA LO SCRITTORE DI SUCCESSO Pietrangelo Buttafuoco Io, facciamo ad esempio, lavoro alla Mondadori di il dogma è dogma: la cultura è quella degli altri. Qui, Roma, in via Sicilia, dove – due piani sotto al mio per dirla al modo del Selvaggio (la rivista di Maccari ufficio – c’è la redazione di Nuovi Argomenti. e Longanesi), «è obbligatorio sputare». Questa, per capirci, è la fornace da dove vengono Certo, io, facciamo ad esempio, non sono mai fuori i grandi successi editoriali. Da qui è venuto voluto andare da Daria Bignardi, evito accurata- fuori . Dall’angusta stanzuccia mente i posti giusti, non sono mai andato al pre- ricavata nel sotterraneo – di questo si tratta – è mio Strega, non sarò mai un amico della sbucato con Le peggiori inten- Domenica, ma se non faccio parte della società let- zioni. E perfino Paolo Giordano, l’autore de La soli- teraria c’è anche un motivo stronzo: mi tengo alla tudine dei numeri primi, deve venire da lì, non larga dei morti. Prendiamo ancora ad esempio ricordo bene, ma ad ogni modo è stato avvistato Scurati: è formidabile quando scrive i suoi pezzi dalla combriccola. Nella rivista che fu il peccato sulla Stampa. Formidabile è tutta quella scrittura d’orgoglio di e che ancora oggi è che si sporca col giornalismo. Non ha senso fare appannaggio di Van Straten, l’elegante guru messo ciripiripì con la scrittura di nel Cda della Rai, fino a qualche giorno fa ci ha quando la più potente letteratura contemporanea lavorato Mario Desiati, oggi direttore editoriale in Italia la fa Francesco Merlo sui giornali senza il della più glamourosa casa editrice, la Fandango. bisogno di scrivere romanzi. Un articolo di Paolo Io, facciamo ad esempio, li conosco tutti e di Rumiz sotterra mille pagine di Ascanio Celestini. alcuni tra loro sono amico. Non posso vantare certo Un reportage di Peppino Sottile spiega la mafia familiarità con i loro vegliardi padrini, né Van come mai tutti i Montalbano messi in fila. Straten, né tanto meno Goffredo Fofi, anzi, sono Ma c’è il motivo stronzo. Con Desiati, per dire, che sicuro che dall’alto della loro morale non apprezza- non è un morto, scherziamo facendo credere a tutti no il fatto che i ragazzi possano incontrarsi con me che nel suo contratto con Fandango abbia messo per le scale ma io, facciamo ad esempio, bene o una clausola: «Gli è concesso prendere un caffè con male ci vivo a latere con questa fabbrica del succes- taluni impresentabili». Nell’elenco, facciamo ad so. Ho perfino pubblicato romanzi, due, con Monda- esempio, ci sono io e tanti dolori di stomaco vengo- dori, ho perfino fatto buone e buonissime vendite no alle mummie dotte quando Desiati, fregandosene, ma di una cosa sono certo: sebbene sia a tutti gli si fa intervistare nientemeno che dal Secolo effetti uno «scrittore», pubblico infatti i miei roman- d’Italia. Io, facciamo ad esempio, che ho avuto le zi nella collana Sis (scrittori italiani e stranieri), non mie esperienze sul campo – con tanto di povero appartengo alla celebrata società letteraria. Io, fac- infelice, uno scrittore, fuggito dalla foto del ciamo ad esempio, ho di mio un difetto: sono un Campiello per non stare accanto a me – l’unica rego- impresentabile. Perfino il comune di Roma, pur am- la certa della fabbrica del successo l’ho individuata ministrato dalla «canea de destra», dovendo dimo- nell’appartenenza. Solo chi appartiene al dogma può strare di saper stare a tavola non mi invita in una sperare di guadagnare in visibilità, in chiacchiera e in qualsiasi casa della letteratura o delle lettere o tele- credito. Nel senso dell’accreditarsi presso chi di dove- grammi che dir si voglia. Non c’è mai una Mantova, re. Quando altri più titolati di me, facciamo ad esem- un Fabio Fazio, una libreria a Gaeta o un patronage pio, arrivano per trafficare in Nuovi Argomenti, me li per me e quando Antonio Scurati, vero guerriero, guardo bene. Tutti questi che si sono visti commina- m’invitò a Milano a un incontro di scrittori, ebbe a ti i recenti premi, facciamo ad esempio, il Tiziano fronteggiare i latrati dei cosiddetti critici: quattro Scarpa o le vincitrici del Campiello, quelle che hanno citrulli che grondano sussiego e conformismo dalle scalzato perfino Carlo Fruttero, ecco: fanno molto cosiddette pagine culturali. Dio ce ne scampi dalle glamour. Ecco, magari finirà che finirà tutto questo pagine culturali: si legge di letteratura con la stessa mondo. Ci si dimentica che il successo smagliante di passione con cui i concessionari Fiat parlano di una Andrea Vitali cammina con gambe proprie, è vero Duna. Beata questa pagina da dove mi state leggen- che Vitali è sputacchiato dal sussiego di tutte queste do perché è fatta da impresentabili tali e quali a me, pere cotte e, infatti, ci chiediamo: si aprirà mai un nessuno si osi di cogliermi in contraddizione perché dibattito sulle opere sbocciate nel meraviglioso lago?

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Samizdat Il dissenso è un tam-tam di carta Opere letterarie proibite, documenti sulla repressione, analisi politiche controcorrente: questi testi underground circolavano tra gli studenti e l’intellighenzia ribelle al regime sovietico grazie a una rudimentale rete editoriale “fatta a mano”

Leonardo Coen, la Repubblica, 9 agosto 2009

nalisi del samizdat”. Non è il titolo di una quattrocento studi e articoli su questioni econo- « mostra. E neanche quello di un saggio. E miche, politiche e filosofiche nei quali, da vari A però la mostra esiste: nel senso che il Cen- punti di vista, viene criticata l’esperienza storica tro Sakharov di Mosca ha allestito una esposizio- dell’Urss; viene revisionata la politica interna ed ne dedicata allo sterminato e tempestoso mare esterna del Pcus; vengono proposti vari pro- dell’editoria clandestina nell’epoca sovietica grammi per attività di opposizione». Proprio qui (samizdat significa letteralmente “edito in pro- sta l’essenza del successo che ebbero i samizadt: prio”). Si chiama, con un pizzico di ironia, la capacità di creare un’opinione sotterranea di Samizdat. Made in Urss (chiude il 30 agosto) e in opposizione al regime, maturata dopo il una delle bacheche è esposta la prima pagina dat- Ventesimo Congresso del Pcus, quello che liqui- tiloscritta di un rapporto del Kgb protocollato dò il culto della personalità di Stalin e aprì l’epo- col numero 3461-a, indirizzato al Comitato cen- ca (breve) del “disgelo”. trale del Pcus e dedicato al fenomeno di queste Sulle pareti del locale che ospita l’esposizione pubblicazioni «a mano»: «Un’analisi del cosid- campeggiano novantasei foto ritratti dei dissiden- detto samizdat che si sta diffondendo tra i circo- ti più famosi, da Aleksandr Solgenitsyn a Andrej li degli intellettuali e degli studenti mostra che Siniayskij. C’è il poeta Evgenij Evtushenko, e negli ultimi anni ha subito dei cambiamenti qua- ancora ecco Anna Achmatova, Venedikt Erofeev, litativi», è l’allarmato incipit. Il documento porta Josif Brodskij, Evgenija Ginsburg, Natalia Gor- la data 21 dicembre 1970. In alto a destra si legge banevskaja… I samizdat prosperano a tal punto che è «segreto». A sinistra ci sono otto firme. che il Comitato centrale è costretto a indagare Difficile decifrarle, così, su due piedi. Salvo l’ul- sulle ragioni che ne alimentano la produzione tima, quella di Viktor Grishin, al tempo segreta- incessante e inarrestabile, nonostante la feroce rio del Comitato del partito comunista di Mosca repressione. e quindi, automaticamente membro del Comitato centrale del Pcus. I servizi segreti spiegano che La fronda dentro il Pcus «se cinque anni fa erano in circolazione soprat- Molti di questi documenti – scrive il relatore del tutto opere letterarie, ideologicamente sbagliate, Kgb – e molte delle idee che appaiono in questi attualmente hanno maggiore diffusione i docu- fogli clandestini «sono presi in prestito dalle piatta- menti programmatici politici». forme politiche dei dirigenti jugoslavi, dei seguaci di Dubcek e di alcuni partiti comunisti occidentali. Gli infiltrati del Kgb Per esempio, nell’articolo intitolato Riguardo alcu- Interessante è scoprire come il Kgb avesse ottimi ne correnti politiche e sociali nel nostro Paese, fir- informatori dentro la dissidenza. Infatti si segna- mato da Roy Medvedev, famoso per la sua opera la che «a partire dal 1965 sono comparsi più di antisociale, si giunge alla conclusione che nella rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 17

Rassegna stampa, agosto 2009

società sovietica siano comparsi dei nuovi partiti e gioco sottile, quindi, legava l’intellighenzia del- delle nuove correnti ideologiche. In questo artico- l’opposizione e l’ala liberale del Pcus. lo si afferma che all’interno del Pcus vi siano delle In questi anni di intrecci oscuri e ancora poco forze che si pronuncerebbero contro il “conserva- studiati, i samizdat cambiano volto. Diventano torismo”; che esisterebbero e si pronuncerebbero sempre più veicoli di controinformazione, affron- per un risoluto smascheramento di tutti i delitti del tano tematiche come quelle legate ai diritti umani periodo del culto della personalità, per una pulizia e alla libertà di coscienza: ecco in vetrina i testi all’interno dell’apparato statale dei burocrati dog- battuti a macchina della Dichiarazione universale matici e carrieristi». dei diritti umani del 1948, mai diffusa in Urss; le Accanto a questo foglio, ce n’è un altro in cui opere di Ivan Rijn, un filosofo emigrato all’estero sempre il Kgb – addirittura il suo presidente e oggi molto amato da Putin, che sviscerano i Vladimir Semiciasnij – l’8 giugno 1966 riferisce nodi della politica e della religione, argomento che «adesso circola una raccolta di tutti i mate- tabù. Nascondere la verità storica è un delitto riali relativi al processo Siniayslcij-Daniel (due nei confronti del popolo è la copertina di un dissidenti accusati di attività antisovietica per- pamphlet del 1967 firmato da P. Grigorienko: i ché avevano pubblicato in Occidente opere sati- riferimenti sono alle rivolte del 1953 nella riche contro l’Urss, ndr) preparata dalla casa Germania Est, all’Ungheria del 1956, alla editrice Letteratura politica. Questi fatti sono Primavera di Praga. Non a caso le pareti della stati possibili grazie alla negligenza di alcune mostra sono coperte anche dalle foto di quegli case editrici». Succedeva che certe pubblicazio- avvenimenti che si alternano con le immagini ni fossero autorizzate inizialmente, poi d’im- della misera vita quotidiana sovietica. provviso vietate, come fu nel caso di Il Maestro e Margherita. Negli anni Sessanta il capolavoro A macchia d’olio di Mikhail Bulgakov apparve sulla rivista Ludmila Vasilovskaja, curatrice della mostra, Moskva. Dopodiché, per più di due decenni, la spiega che quando ha ideato questo «progetto» censura ne impedì la diffusione. Ma quelle pagi- capiva benissimo quanto sarebbe stato difficile ne furono ricopiate e dattilografate in centinaia «abbracciare una cosa inabbracciabile», perché il di copie. Una di queste è esposta accanto ad samizdat era diventato come una macchia d’olio altri libri “illegali”, come Tutto scorre di Vassilj allargata fino ai punti più sconosciuti dell’impero Grossmann, il grande autore di Vita e destino; sovietico, era il termometro del malcontento, o Il Dottor Zivago, che circolava in fogli battu- delle illusioni perdute. ti a macchina a spazio uno, per risparmiare la Sentimenti magistralmente descritti nella let- carta. tera a Stalin di Fjodor Raskolnikhov, un diploma- Si prova emozione nel vedere 1984 di George tico sovietico richiamato in patria nel 1938, Orwell ridotto alla grandezza di un mazzo di all’epoca delle “purghe”, che scelse di rimanere carte, fotografato pagina dopo pagina da un’edi- in Francia e morì a Nizza l’anno dopo. «Lei mi ha zione di “S.P.”, riservato a “uso di servizio” e messo fuorilegge» scrisse al tiranno. «In questo cioè alla nomenclatura e agli archivi segreti. Del modo mi ha ragguagliato sulla situazione dei libro di Orwell, gli apparatchik tirarono duecen- diritti dei cittadini sotto il suo domino, anch’esso to esemplari. Qualcuno se ne procurò uno. Era fuorilegge. Rispondo con lo stesso metodo. Le questa la catena del samizdat. Funzionava come restituisco il mio biglietto d’ingresso nel regno un tam-tam. Il Kgb spesso riusciva a infilare nella del socialismo da lei costruito e rompo con il suo rete qualche suo uomo. Tuttavia, nello stesso regime. Il socialismo costruito da lei e dai suoi tempo, all’interno dei servizi esisteva una fronda, architetti, sotto il quale non si trova altro posto che probabilmente diffondeva i libri proibiti dal che dietro le sbarre, non ha a che fare con il vero Comitato centrale. Per quale motivo? Perché i socialismo, altrettanto lontano come la prepo- dirigenti più consapevoli del Kgb si rendevano tenza della sua dittatura personale che nulla ha a conto che l’Urss era sull’orlo del collasso. Un che fare con la dittatura del proletariato».

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Travolto da Katrina Dave Eggers a colloquio con Paolo Pontoniere, L’espresso, 12 agosto 2009 Un immigrato siriano rimane a New Orleans durante l’uragano. Per una forma di coraggiosa resistenza civile. Ma viene arrestato. Ora uno scrittore di culto ne racconta la storia vera in un libro choc

bdulrahman Zeitoun è un uomo quieto, Siamo dunque nel 2005. Su New Orleans si un immigrato di origini siriane, che sta abbatte l’uragano Katrina. Kathy, la moglie di A vivendo il suo sogno americano. Abita a Abdulrahman, e i bambini cercano rifugio a casa New Orleans, sposato con una statunitense; di sua sorella che vive a Baton Rouge. Abdu- casa stile middle class con cane e giardino; lrahman decide invece di rimanere. La sua è una quattro figli con barbecue domenicale; alla resistenza civile: vuole tenere d’occhio la casa, testa di un’azienda che va benissimo. Il signor non vuole abbandonare la città che gli è cara e i Zeitoun è felice e appagato. Ma ecco che, come suoi abitanti. Si procura una canoa e va in giro sal- Josef K., il protagonista di Il processo di Kafka, vando quelli che sono rimasti bloccati sui tetti il signor Zeitoun viene arrestato senza alcun delle case, dà da mangiare agli animali abbando- motivo plausibile, e gettato in una segreta pri- nati dai loro proprietari nella fretta della fuga. Si gione. Ma a differenza di Josef K., personaggio prende cura di proprietà altrui. Abdulrahman è inventato, Abdulrahman Zeitoun esiste davve- felice di sentirsi utile e di aiutare gli altri. È un ro. E anche la sua disavventura è vera. E ora, la tipico eroe per caso, senza ragione apparente. Il sua storia è stata raccontata in Zeitoun, un libro lettore del libro impara presto ad amarlo, ad ap- appena pubblicato negli States, scritto da un prezzare i suoi modi calmi, la sua umiltà e genero- autore di culto, Dave Eggers, e molto elogiato sità. Poi, all’improvviso, l’arresto. Gli impedisco- dalla critica. no di vedere un avvocato, si rifiutano di rivelargli rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 19

Rassegna stampa, agosto 2009

i capi d’accusa e anche di fargli fare quella telefo- Mailer, a Il canto del boia, il libro con cui vinse il nata che spetta di diritto a tutti quelli che vengo- Pulitzer alla fine degli anni Settanta. Mailer era no arrestati in America. Ci vuole la telefonata sus- non solo uno scrittore dalla voce narrativa poten- surrata di un prete (anonimo) che ha avuto modo tissima, ma anche un grande giornalista. Io lo di incontrare Abdulrahman in prigione, per stabi- sapevo già negli anni in cui studiavo all’università. lire che è ancora vivo. Ma se il lettore si aspetta Mailer si interessò alla storia di Gary Gilmore, un che la chiamata possa aver tranquillizzato la fami- uomo che aveva ucciso due persone nello Utah e glia, si sbaglia. Consapevoli della sorte che può più tardi venne giustiziato. Il testo che ha scritto è toccare ai prigionieri sospettati di esseri terroristi secco, essenziale, senza neanche una parola super- islamici, i famigliari di Zeitoun sono ancora più flua, senza un aggettivo fuori luogo messo per spaventati. In questo libro, che per la critica ame- abbellire una frase. Mailer, che era un maestro ricana ha il grande merito di unire in una sola della parola, in quel libro sparisce come scrittore, trama narrativa due aspetti vergognosi dell’era per dare voce ad altri, per farsi strumento altrui. È Bush (la gestione delle conseguenze dell’uragano tato quello il modello per Zeitoun. Scrivendo Katrina e la paranoia di un complotto islamico), questo libro mi ero reso conto che il mio stile di Eggers non inventa niente e racconta le vicende narratore (che qualcuno dice essere fiorito) non con gli occhi della famiglia Zeitoun. L’espresso era necessario, che la storia si raccontava invece ha intervistato lo scrittore che ha destinato i pro- da sola, attraverso la voce dei protagonisti». venti di questa sua opera a un’organizzazione per la difesa dei diritti civili. Alcuni giornali l’hanno criticata perché, contra- riamente a quello che avrebbe fatto un giornali- Signor Eggers. Come nasce l’idea del libro? sta, lei non s’è preso la briga di intervistare fon- «Noi di McSweeney’s, la mia rivista, avevamo ti indipendenti sulla storia di Zeitoun. pubblicato nel 2005 una serie di racconti, storie «Chi l’ha scritto ha dovuto poi rettificare. Ho par- vere, da tutto il mondo, sulla violazione dei diritti lato con molte persone, compresi i due poliziotti civili. Insomma, abbiamo trovato gusto nella che arrestarono Abdulrahman. Sono stato nella narrazione riportata e non inventata da scrittore. prigione dove fu detenuto e ho intervistato altri Così, pochi giorni dopo Katrina decidemmo di carcerati. Ho visto i suoi vicini di casa, i suoi amici, spedire un gruppo di intervistatori a New Orleans. la pubblica accusa, fondamentalmente tutti quelli Il loro compito era cercare storie. Ne risultò che sono stati coinvolti dalla storia. Sono stati tre un’antologia, Voices from the storm. Ma una anni di ricerca intensa. I fatti sono verificabili». delle storie, quella dei Zeitoun, mi colpì particolar- mente. Così andai a New Orleans. Incontrai Dice che vuol far parlare gli altri. Che voleva li- Abdulrahman e la moglie Kathy. Scoprii una fami- mitare le emozioni. Eppure molti hanno notato glia modello. E una storia che parlava di molte come la sua voce lirica emerga con grande forza cose che mi interessano: i diritti civili, gli immigra- in questo libro. ti, il funzionamento della giustizia». «Mi fa piacere. Ripeto, i fatti sono verificabili. E aggiungo: le emozioni, certamente no. Quelle Un anno fa ha pubblicato Erano solo ragazzi in appartengono a Abdulrahman e alla sua famiglia: cammino. Autobiografia di Valentino Achak eventualmente ai lettori del mio libro, se sono Deng (Mondadori), la vicenda di un ragazzo riuscito a trasmetterle bene. Rimango convinto etiope in un campo profughi nel Sudan. Ora che questa è una storia ridotta all’osso, e che non Zeitoun. Ha appena parlato del gusto di pub- volevo suscitare emozioni per accostamento blicare storie vere e non inventate. Da noi Rober- metaforico, ma solo sulla base dei fatti. Le mie to Saviano ha avuto successo con Gomorra. Sta preferenze, il mio stile, le mie pulsioni non entra- nascendo un nuovo genere letterario? no in ballo per niente. Ho rimosso la mia voce dal «No. Questo genere esiste da anni. E ha un padre libro. Lo stile narrativo della famiglia Zeitoun rie- nobile. Io infatti mi sono ispirato a Norman sce a sfuggire alla mia contaminazione».

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Lo scrittore inadatto Antonio Gnoli, la Repubblica, 13 agosto 2009

Piperno: perché rinvio il mio romanzo

l nuovo romanzo di Alessandro Piperno – Si scrive a queste condizioni? molto atteso dopo l’esordio folgorante di Con «Non le sto suggerendo regole estetiche. Sto solo I le peggiori intenzioni – si chiamerà pro- dicendo che tutto quello che a me piace in campo babilmente Gli inseparabili. Il libro, che sarebbe narrativo deve avere quella voce lì. Arrivo ad dovuto uscire alla fine di quest’anno, come uno aggiungere che preferisco la voce di Scott dei titoli forti di Mondadori, slitterà. C’è molta Fitzgerald in Crack-Up a quella in Il Grande sofferenza e rabbia nel modo in cui Piperno ci Gatsby». ragguaglia: sui dubbi che ha, sul bisogno di pren- dersi tutto il tempo necessario per rifinire e por- Ammetterà che ci sono stati grandi esordi lette- tare a termine la sua seconda prova letteraria. rari di scrittori molto giovani. Sembra Antigone che difende il diritto del cuore, «Certo. Basta andarsi a spulciare le storie lettera- mentre dall’altra parte c’è Creonte che rivendica rie: Gli Indifferenti di Moravia, I Buddenbrook le leggi della città, ossia un editore che ha fretta di Mann, Il giovane Holden di Salinger. Però…» di chiudere una partita che non risponde solo ai dettami della creatività, ma anche a quelli del Però? conto economico. «Sono come dei grandi afflati di vitalità, ma anco- Guardo Piperno che mi siede di fronte. Ha ra acerbi, incapaci di dare il senso di una vita una mano libera, mentre l’altra stringe una pipa: compiuta. Quando nella Recherche, Bergotte sta la brandisce, la agita, la strizza, la strangola. Ed è morendo e continua a bere litri di Champagne, come se ogni volta denunciasse uno stato d’ani- Proust ha un commento bellissimo: Bergotte mo, il passaggio di un pensiero improvviso: leg- aveva ormai raggiunto la frivolezza dei morituri. gero, angosciante, insolente. Comincia parlando Ecco, per scrivere un romanzo bisogna avere di letteratura. Confessa: «Da un punto di vista quello stato d’animo, quella voce lì». del gusto letterario mi ritengo un omosessuale gerontofilo. Nel senso che a me piacciono, salvo Lei dà moltissima importanza a queste elabora- alcune splendide eccezioni, solo scrittori maschi zioni del lutto. che hanno superato abbondantemente i cinquan- «Il romanzo è anche un’elaborazione del lutto: è t’anni». esperienza fatta di sporcizia e sparizione».

E a cosa lega questa predilezione? La critica ha visto nel suo esordio molte analogie «Alla convinzione che il romanzo, più di altre con lo stile di Philip Roth. Si riconosce? discipline, è un genere sporco, legato al disfa- «La mia narrativa, per quel poco che si è cimento dell’esistenza. Un poeta, un rockettaro, espressa, è debitrice verso molti scrittori. C’è un matematico sono più creativi a vent’anni; un anche Roth naturalmente. Ma trovo grottesco narratore per diventare grande deve avviarsi ai che io venga paragonato a lui che rappresenta sessant’anni; deve aver perso i genitori, e vissuto un pezzo di storia della letteratura americana, una vita per cui ogni qualvolta si gira in dietro mentre io tutt’al più ho scritto un romanzo scorge desolazione e macerie». brillante». rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 21

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Non si ama come scrittore? atroce. Credo che lo sforzo titanico, muscolare, «Ho sempre convissuto con una forte sensazione per scrivere il primo romanzo sia nato da questo di mediocrità. Ed è lo stato d’animo che proba- stato di frustrazione». bilmente sta rallentando la pubblicazione del mio secondo romanzo». E ora la frustrazione è tornata? «Ha l’andamento ciclotimico. Vivo in un’oscilla- Riesce a spiegare che cosa è esattamente questa zione continua tra entusiasmo e sensazione di fal- mediocrità che prova? limento. La verità è che il discrimine che divide la «È la sensazione che mi assedia costantemente di cazzata pretenziosa dal libro eccellente a volte è essere inadatto alla bisogna. Lo dico senza nessun minimo. Ci sono capolavori che hanno rischiato vezzo di autocompatimento. Sul mio lavoro di di diventare delle ambiziose puttanate». scrittore sono pieno di dubbi. Noto, viceversa, che la maggior parte dei miei colleghi prendono Qualche esempio? molto sul serio sé stessi e poco seriamente quello «Tutti i romanzi di idee rischiano il pretenzioso. che fanno. Perché altrimenti certi libri non li ve- Il Doctor Faustus, La montagna incantata, dremmo in circolazione». L’uomo senza qualità, per citare i primi esempi che mi vengono in mente. Però poi si sente che Questa sua resistenza psicologica ha un’origine? sotto hanno il fuoco della vita». «Quando non avevo ancora trent’anni immagina- vo che nella vita dovessi fare solo lo scrittore. E in quali non lo avverte? Non mi interessava altro. Poi venne la crisi: la «In Autodafé di Elias Canetti». classica sindrome di Salieri. Pensavo cioè di esse- re provvisto dal cielo del dono di capire la bellez- Pensa sia un romanzo mancato? za, ma di non saperla produrre. È un supplizio «Penso che sia un grande libro, ma non un grande rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 22

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romanzo. Un altro caso analogo è La morte di parte qualche patetico tentativo di imitazione, è Virgilio di Hermann Broch. Personalmente ho la nulla». sensazione che nell’era più feconda del romanzo novecentesco, cioè nella fase del modernismo E il suo nuovo romanzo che cosa è, cosa racconta? degli anni Venti, gli scrittori si fossero persuasi che «Ho costruito una storia attraverso alcuni archeti- era auspicabile scrivere romanzi che rompessero pi che sono poi le grandi leggi che dominano da con il pubblico. Più erano difficili e sofisticati, più sempre la nostra vita. Nel caso specifico racconto erano inaccessibili e complessi e più erano il legame particolarmente drammatico tra due fra- considerati dei grandi romanzi». telli. È una storia in cui risuonano gli echi contem- poranei: gli anni Ottanta, la guerra del 2006 in E lei condivide? Israele, vicenda nella quale, per ragioni di origine, «È una questione di età. A vent’anni avevo lo mi sento fortemente implicato. Però, quello che snobismo per leggere e apprezzare quella roba. mi auguro è di aver conservato un atteggiamento Oggi dico che quegli scrittori stanno una spanna equanime, senza condanne né indignazione. In sotto Stendhal. Credo che aver frequentato il fondo, gli scrittori che amo di più sono quelli di romanzo americano abbia contribuito a farmi cui non riesco a capire il colore politico». provare un rispetto maggiore per il pubblico». Il romanzo è slittato. Ha idea di quando farlo uscire? E per il mercato naturalmente. «Quando sentirò che è pronto. Bisogna resistere «Perché no? Sono convinto che anche il bestsel- agli editori. Vale anche per i miei colleghi: dob- ler più degradato intercetti qualcosa di autentico, biamo scrivere buoni libri e gli editori smerciarli. corrisponda a un bisogno del pubblico. La riusci- Quando le due forze trovano un compromesso, si ta di un romanzo spesso dipende se sa interpreta- arriva al disastro artistico». re lo spirito del tempo». Non è che Piperno teme il giudizio del pubblico E oggi, che ne è del romanzo italiano, cosa interpreta? e della critica? «Ho la sensazione che ci troviamo in una fase «Venendo da un exploit che ha suscitato entusia- eclettica. È banale dirlo, ma probabilmente le smo è evidente che il timore esiste. Al tempo stes- future storie della letteratura ricorderanno que- so mi dico anche che non devo pensare a quello sto periodo come gli anni di Gomorra, il libro che gli altri pensano. Soprattutto non credo a quel- più importante e rappresentativo che sia stato lo che pensano e dicono gli editori. Ci sono que- scritto. Allo stesso tempo, l’influenza che ha avu- stioni che non hanno niente a che vedere con la to sul contesto della narrativa contemporanea, a qualità del romanzo e vorrei che restassero fuori».

«Un poeta, un rockettaro, un matematico sono più creativi a vent’anni; un narratore per diventare grande deve avviarsi ai sessant’anni; deve aver perso i genitori, e vissuto una vita per cui ogni qualvolta si gira in dietro scorge desolazione e macerie»

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PENNE IN CRISI LA SOCIETÀ LETTERARIA È MORTA EVVIVA Francesco Borgonovo, Libero, 15 agosto 2009

Goffredo Fofi si dispera: il pubblico legge solo bestseller, la critica svanisce, tutto è dominato dalla tivù. Meglio, non dovremo più sorbirci impegnati e militanti

opo le baruffe tra Tiziano Scarpa e dirige riviste come Lo Straniero ma non è un Antonio Scurati – rispettivamente primo e giornalista; teorizza sulla letteratura ma non è un D secondo classificato al premio Strega – al accademico; scrive libri ma non è uno scrittore, grido di «buffone di corte!», dopo i piagnistei di quindi è l’intellettuale perfetto) – rimpiange gli Alessandro Piperno che si lamenta di non riusci- anni gloriosi della Dolce Vita Culturale di casa re a scrivere un secondo romanzo all’altezza del nostra. Oggi, infatti, «sono saltate tutte le funzio- bestseller d’esordio Con le peggiori intenzioni, ni di mediazione: la critica, in primo luogo, ma mancava solo Goffredo Fa a suonare le campane anche i giornali. Non ci sono più riviste. Nessuno a morto. si dedica alla formazione di un pubblico, nessuno Ieri, dalle colonne di Repubblica, tuonavano si preoccupa di orientarlo, se non per indirizzar- le trombe del giudizio. Secondo Fofi «quel com- lo verso i fenomeni di consumo». E dove sta il plesso di istituzioni, uomini e idee che possiamo colpevole di questo disastro? Chi ha fatto terra definire una società letteraria» (definizione del- bruciata di tutte le risorse culturali di casa l’intervistatore Francesco Erbani) non esiste nostra? Ma ovviamente il capitalismo maledetto, più. «Certamente è esistita», ha spiegato il buon mercato spietato e assassino. Goffredo. «Era compatta, regolata da solidi Attualmente, secondo Fofi, prevalgono «l’in- meccanismi di potere. A Roma c’erano il cinema dividualismo o il finto individualismo», l’editoria e la tivù, a Milano l’industria editoriale, a Tori- è dominata da una dirigenza che «chiede bestsel- no l’Einaudi. È durata fino agli ultimi anni ler» e da editor che «premono sugli autori» per- Settanta, ma già negli anni Ottanta il panorama ché «vorrebbero trasformarli in sceneggiatori di era diverso». fiction». Una volta, invece, teorizza Goffredo roteando il bastone come un caro nonno al bar, Educare i lettori e indirizzarli «i bestseller erano La Storia di Elsa Morante Fofi – il cui mestiere non è ben chiaro (fonda e oppure Se una notte d’inverno un viaggiatore di rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 24

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Italo Calvino». Ai bei tempi «ci sforzavamo di Che brutti i romanzi d’intrattenimento fare da ponte fra i vecchi (da Bobbio alla E se compra i “bestseller” (come quelli di Andrea Morante, da Bilenchi, Zanzotto e quelli dei Vitali) o la deprecabile “letteratura d’in- Quaderni piacentini) e i giovani». Ora invece trattenimento” (così un tempo si bollavano gli dominano televisione («una piaga») e pubblicità scritti di , Leo Malet e altri) è perché ovvero i due cavalieri dell’Apocalisse del libero libri del genere tengono ancora conto dei lettori, mercato. non si riferiscono solo ai critici illuminati. «C’è Il pensiero di Goffredo è ben approfondito l’accademia, ma la critica militante si è eclissata», nel suo ultimo volume, La vocazione minoritaria come dice Fofi? Magari. Finalmente dalle pagine (un’altra intervista, questa volta a cura di Oreste dei giornali scomparirebbero tutti i recensori Pivetta, Laterza editore). Dove racconta che (con cattedra universitaria incorporata, tipo aveva ragione Jean-Luc Godard quando «definì Massimo Onofri) che incensano la nuova epica la pubblicità come il fascismo del nostro tempo». italiana dei Wu Ming e disprezzano lo studio di Insomma, la tirata di Fofi si iscrive perfetta- carte, manoscritti e grandi classici. mente nel genere letterario di recente creazione Il mercato editoriale è monopolizzato dagli definibile come “lamento estivo dell’intellettua- editor dei grandi gruppi? Bene. Perché, guarda le”. Il quale prevede lunghe requisitorie sullo caso, negli ultimi anni sono stati proprio stato dell’arte, nelle quali si dimostra come il capi- Mondadori, Einaudi e simili a pubblicare autori tale abbia distrutto la cultura (rileggetevi, se il di grande valore e (in teoria) limitato potenziale coraggio non vi manca, le interviste di Scarpa e commerciale come William Vollmann o Richard Scurati), si precisa che non si è compromessi col Powers o Jonathan Littell. Mentre le tanto lodate potere e con le mafiette culturali (anche se poi si “piccole case editrici” continuano a rovistare nel- vanno a ritirare fior fiore di premi Strega e si trova l’ombelico dei salotti romani, a promuovere auto- spazio su tutti i quotidiani prestigiosi) e si conclu- ri impegnati fuori tempo massimo. Quelli che, su de rifilando qualche mazzata ai rivali più in vista. consiglio di Fofi, scrivono di ciò che vedono fuo- Fofi, nello specifico, se la prende con la genera- ri dalla finestra (chissà che cosa sbircia Cormac zione di Tiziano Scarpa, sostenendo che «è stata McCarthy dalla sua). Gli stessi che spadroneg- travolta dal culto del postmoderno» e pascola in giano sul web o nelle poche riviste letterarie un mondo letterario dove «il narcisismo diffuso rimaste. alimenta le baruffe tra servi» (cioè: secondo Uno scrittore di talento come Antonio Scurati, Tiziano Scarpa è un buffone di (ammirato dallo stesso Fofi) esce per Einaudi. Le corte. Secondo Fofi, Scarpa e Scurati sono servi). oltre mille pagine dei Canti del caos di Antonio Il fatto è che se la “società letteraria” fosse Moresco le ha stampate Mondadori e il libro ha morta davvero ci sarebbe da stappare lo champa- raggiunto l’incredibile traguardo della seconda gne. Non esistono intellettuali capaci di formare edizione. E pensare che Fofi, quando Moresco – il pubblico, di educarlo? Evviva. Il pubblico si allora romanziere “sepolto” – si faceva in quattro educa da solo e se sceglie di guardare il Dottor per fargli avere i suoi manoscritti, non gli rispon- House invece di leggere De Cataldo è perché le deva nemmeno al telefono. Questa società lette- serie tivù sono più belle della maggior parte dei raria è morta? Ce ne faremo una ragione e guar- nuovi romanzi italiani. deremo la tivù. «Il mercato editoriale è monopolizzato dagli editor dei grandi gruppi? Bene. Perché, guarda caso, negli ultimi anni sono stati proprio Mondadori, Einaudi e simili a pubblicare autori di grande valore e (in teoria) limitato potenziale commerciale come William Vollmann o Richard Powers o Jonathan Littell»

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La ragazza che adottò la Beat Generation Ranieri Polese, Corriere della Sera, 19 agosto 2009 Da Hemingway ai minimalisti, portò l’America in Italia. Fu la «sorella maggiore» di Kerouac, Corso, Ginsberg

Si è spenta ieri, in una clinica privata di Milano, . Nata a Genova, aveva compiuto 92 anni il 18 luglio. Scrittrice, traduttrice e giornalista per il Corriere, fece conoscere all’Italia la grande narrative americana. «Sapevo che non ce l’avrebbe fatta e sono contenta di esserle stata vicina in questi ultimi giorni» ha detto Dori Ghezzi, che le era accanto insieme a Enrico Rotelli. «Solo poche settimane fa avevamo cantato ancora Bocca di rosa». Da un mese aveva consegnato a Bompiani la seconda parte dei Diari. I funerali verranno celebrati venerdì alle 11 a Genova, nella basilica di Santa Maria Assunta di Carignano, da don Andrea Gallo. Ieri anche il presidente Napolitano ha espresso il suo cordoglio.

a cartolina era arrivata da Cortina. Ernest to che ero stata fermata dai tedeschi. Mi tenne a Hemingway in persona la voleva conoscere lungo abbracciata. Forse mi faceva la corte. Ma io L e la invitava a raggiungerlo. Era il 1948, a queste cose non ci pensavo proprio. Certo, era Fernanda Pivano aveva già tradotto l’Antologia alto, grande, bellissimo. Forse saremmo potuti di Spoon River di Edgar Lee Masters e in quei finire a letto, e invece niente. Che stupida ero». E mesi stava lavorando su Addio alle armi di He- tutte le volte che ripeteva il racconto, Nanda si mingway. Lui, «Papa», come lo chiamavano dava uno schiaffo in testa. quelli che lo conoscevano, era in Italia. Dopo aver resistito al fascino di Hemingway, Arrivato con la moglie Mary Welsh, lo scritto- la Nanda sarebbe pure passata indenne attraver- re americano stava a Venezia, un po’ per rivedere so la frequentazione dei poeti e scrittori della i luoghi dell’altra guerra, dove si era trovato come Beat Generation. Mai nemmeno uno spinello, autista della Croce rossa nella primavera del 1918, diceva, niente alcol, funghi e peyote, Lsd e tutto un po’ per andare a sparare alle anatre in laguna. il resto, nemmeno a pensarci. Quando era arriva- Grandi bevute all’Hany’s Bar dell’amico Cipriani, ta per la prima volta in America nel 1956, aveva battute di caccia sui barchini, poi ogni tanto una subito capito la novità rappresentata da questi fuga a Cortina d’Ampezzo. Fernanda Pivano, cercatori di nuovi stati di coscienza. Che sapeva- Nanda per tutti, amava molto raccontare quell’in- no modulare prose e versi sui battiti del be-bop, contro. «Lì per lì non ci avevo creduto, poi mi il jazz esistenzialista di Charlie Parker, si metteva- convinsero che era vero quell’invito. Presi il treno, no sulla strada per dilatare i confini dell’immagi- da Torino a Cortina fu un viaggio interminabile, nario, aiutati in questo dal pesanti sussidi degli arrivai la sera tardi. Mi presentai all’albergo, Papa allucinogeni. Per loro – Jack Kerouac, Allen era ancora a tavola con degli amici. Mi vide, si Ginsberg, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti alzò, mi venne incontro e mi abbracciò. Mi chie- – Nanda fu una sorta di affettuosa sorella mag- se: “Che cosa ti hanno fatto i nazi?”. Aveva sapu- giore, una vice-madre saggia e comprensiva. Fu rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 26

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lei a tradurre i loro libri, a battersi perché opere Profeti del pacifismo anni Sessanta, padri come Sulla strada e Urlo fossero pubblicate da della contestazione contro l’intervento militare noi. Ai poeti, soprattutto, aveva dedicato i suoi americano nel Vietnam, Ginsberg e gli altri le sforzi maggiori, componendo l’antologia Poesia regalarono un senso dell’impegno globale scono- degli ultimi americani (Feltrinelli) con cui si sciuto in Italia. Tanto da indurla ad avvicinarsi offriva ai lettori italiani un tesoro di novità. Li sempre di più alle posizioni dei radicali. ospitava nella sua casa a Milano quando passava- Sognava, con loro, la rivoluzione dei fiori: nel no di qua (Nanda era ancora sposata con l’archi- 1993, ripubblicando l’antologia L’altra America tetto Ettore Sottsass), li aiutava, si faceva spiega- (Arcana) uscita originariamente nel 1971 da re il senso e le allusioni della loro lingua da Lerici, ricordava la fine del sogno, il rapido cam- iniziati. Il tutto però senza mai passare al consu- biamento all’indomani del Sessantotto, e si chie- mo della roba, serbandosi saggia e in ordine, deva dov’erano finiti i fiori. senza pregiudizi. In una futura intervista televisi- Sempre a fianco di Ginsberg nelle sue nu- va con Kerouac realizzata per la Rai, la vediamo merose tournèe italiane (sul palco, con un trian- chiedere allo scrittore: «Jack, dimmi, ma perché golo battuto ritmicamente, sono in molti a ricor- non sei felice?» E lui, gonfio di alcol, gli occhi darla mentre salmodiava «Use dope, don’t opachi, ormai avviato alla fine, non sa darle nes- smoke», lei che non sapeva nemmeno come si suna risposta. rolla uno spinello), Nanda negli anni Settanta Cresciuta nella Torino antifascista (nella sua comincia a trovarsi spiazzata da un’industria cul- decisione di studiare letteratura americana fu turale inguaribilmente conformista. decisiva l’influenza di ), Nanda Le sue splendide traduzioni (Masters, He- scopriva nei suoi amici americani una lezione di mingway, Francis Scott Fitzgerald e i Beat natu- politica molto meno ideologica di quella che si ralmente) erano dei longsellers. Ma per il resto usava da noi. veniva guardata con crescente indifferenza.

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Comincia da lì un nuovo viaggio, alla ricerca di come Ligabue, Jovanotti e Morgan dei nuovi pubblici, nuovi auditori. Vennero così i Bluvertigo (noto fra l’altro per una storia con festival di poesia, la sala fumata del Macondo a l’attrice Asia Argento). Sul palco dei concerti Milano, il locale intitolato al luogo mitico di rock o nei video, ecco dunque Nanda, felice e Gabriel Garcia Marquez. Dei dibattiti accademi- divertita, come una volta quando accompagnava ci, degli incarichi universitari o editoriali, a lei Ginsberg. L’entusiasmo era lo stesso, e nono- non importava nulla. Fra Milano e Roma, con stante l’età e gli acciacchi, la passione c’era anco- frequenti viaggi in America sempre in cerca del ra, intatta e fresca. nuovo, Nanda prova a scrivere romanzi. Ma so- Fra le tante cose che ci lascia, forse il bene più prattutto si dedica al giornalismo, intervistando prezioso è l’immenso archivio, raccolto in una per il Corriere della Sera scrittori e protagonisti Fondazione sponsorizzata da Benetton. Ci sono della cultura statunitense. È così che negli anni lettere, cartoline, carte, testimonianze di oltre Ottanta conosce e fa conoscere una nuova cova- cinquant’anni di storia e letteratura americana. ta di scrittori, i Minimalisti: David Leavitt, Brett Oggi quel patrimonio immenso è un oggetto di Easton Ellis, Susan Minot e soprattutto l’adorato studio imprescindibile per chi si occupa degli Jay McInerney. E ancora una volta Nanda è per anni in cui Nanda fu protagonista. Ma tante loro consigliera, amica, compagna di strada. volte, qualche decennio fa, erano Ginsberg e gli Confidente pure: in mezzo a guai privati e senti- altri che venivano a Milano per frugare tra quelle mentali, McInerney ricorreva spesso a lei. Ma carte e ricostruire momenti ed episodi del passa- tutto questo non bastava. to di cui avevano perso traccia. Lei, Nanda, con- Malattie e problemi economici non la fer- servava tutto. mano. Fra i giovanissimi ritorna la fascinazione Fra le poche cose perdute in un trasloco c’era- per la Beat Generation, e lei si ritrova in prima no tante lettere di Paul Bowles. Quando il film di fila, testimone e protagonista dei bei momenti. Bertolucci Il tè nel deserto lo riportò in auge, Per questo, negli anni Novanta, diviene una figu- Nanda si mise a cercare le cose dello scrittore. ra di culto per le nuove generazioni, un oggetto Invano. L’unica cosa che trovò era una cartolina di venerazione, un indispensabile riferimento. con un isolotto nel Pacifico: Bowles le scriveva Nasce qui l’ultima sorprendente metamorfosi per dire che voleva lasciare la sua residenza della grande Nanda: adesso è la musa dei rockers marocchina di Tangeri e comprarsi quel piccolo italiani delle ultime generazioni, personaggi Paradiso. E Nanda la mostrava felice. rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.40 Pagina 28

Io, uno dei bad boys iscritti da lei nel club dei famosi Jay McInerney, Corriere della Sera, 19 agosto 2009

a prima volta che l’ho incontrata, Fernanda sostenitrice della letteratura americana in Italia Pivano era impegnata a difendere con pas- risaliva a Hemingway. Se allora lo avessi saputo, L sione un romanzo americano. Ero a Palermo sarei stato troppo intimidito per parlarle. Sta di con una delegazione di scrittori che partecipava a fatto che mi prese sottobraccio e mi portò fuori un festival letterario sovietico-americano. Se non per fare una chiacchierata. Disse che voleva sape- sbaglio, l’evento era organizzato dalla sezione ita- re tutto di me. liana del Pen, l’associazione internazionale degli In quegli anni i miei libri non erano ancora scrittori. Eravamo ancora in piena guerra fredda. stati tradotti in italiano e pochissimi dei parte- E immagino che quel convegno si proponesse di cipanti al festival sapevano chi fossi. Il mio primo aprire spiragli di comunicazione culturale tra i romanzo, Le mille luci di New York, stava due imperi nemici. Tra i miei colleghi c’era riscuotendo un grande successo negli Stati Uniti Robert Stone, e c’era anche David Leavitt. I ed era stato acquistato da importanti editori in sovietici erano tutti membri dell’Unione degli Europa, ma i miei agenti non riuscivano a trova- scrittori e tendevano a essere stalinisti inflessibili, re nessuno in Italia che volesse tradurlo. più interessati a criticare il capitalismo che a Conversammo per parecchie ore, mentre occuparsi di letteratura. Per cui passarono quasi sovietici e americani si accapigliavano in un’altra tutto il tempo a criticare Il grande Gatsby perché sala. Discutemmo soprattutto di letteratura ame- il protagonista era ricco, e non cambiarono idea ricana dal modernismo in poi. Parlammo di neanche quando parlammo di ironia e di critica Hemingway, che lei aveva tradotto durante il sociale. Tra il pubblico c’era una persona che con fascismo, quando era vietato. Ero affascinato grande efficacia mise in ridicolo le posizioni del dalla sua padronanza di quello che consideravo partito sovietico – una signora che non avevo mai il filone principale della narrativa americana del visto prima. Venni poi a sapere che aveva tradot- XX secolo. Diversamente dalla maggior parte to Il grande Gatsby e che quindi lo conosceva dei critici, sembrava capire la profonda impor- quanto gli scrittori americani, se non di più. tanza del rock and roll nell’evoluzione del gusto Più tardi Robert Stone me la presentò: si chia- americano contemporaneo e aveva fatto amici- mava Fernanda Pivano. Da quel che ricordo era zia, tra gli altri, con Lou Reed e Bob Dylan. La molto più chic della maggior parte dei noiosi let- misi a parte delle mie letture e delle mie opinio- terati che avevamo intorno, ed era piena di entu- ni su di esse, ricordo di averle parlato del mio siasmo e di energia verbale. Robert, che conosce- amico Bret Easton Ellis, anche lui non ancora va scrittori come Allen Ginsberg e Jack Kerouac, tradotto in italiano. mi informò che Fernanda era una grande amica e Durante quella settimana ci incontrammo an- una sponsor degli scrittori americani della Beat cora diverse volte, a Palermo e poi a Taormina, Generation, e che aveva tradotto in italiano Urlo e passammo insieme gran parte di quelle giorna- e Sulla strada. Era evidente che la considerava te. Avevo perso interesse per il convegno, le una personalità importante, quasi sacra. Solo in discussioni con Fernanda erano molto più sti- seguito appresi che il suo pedigree di principale molanti. Quando giunse il momento di partire, rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 29

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dissi che volevo passare qualche giorno a Roma e lei mi consigliò di andare all’Hotel d’Inghilterra, che era stato l’hotel preferito di Hemingway. Poco dopo essere tornato a New York, ricevetti una telefonata dalla mia agente letteraria. Mi informava che in Italia era improv- visamente scoppiato un grande interesse per il mio libro. La settimana successiva al nostro incontro a Palermo, Fernanda aveva letto Le mille luci di New York e aveva scritto un artico- lo sul Corriere della Sera in cui mi paragonava ad altri noti scrittori americani. Fu grazie alla sua influenza che mi trovai im- provvisamente trasformato in un grande scritto- re americano ancor prima di essere tradotto in italiano (poi fece altrettanto anche per Bret Ea- ston Ellis). Essere adottati da Fernanda fa un po’ paura, è difficile sentirsi degni di far parte del suo panthe- on di giganti letterari. Quel che era forse più notevole in lei era che, a differenza di alcuni grandi critici come Edmund Wilson, apparente- mente incapaci di capire le opere degli scrittori appartenenti a una generazione successiva alla loro, Fernanda ha continuato a leggere, apprez- zare e sponsorizzare le opere dei nuovi e giovani autori anche dopo aver superato la settantina e l’ottantina. La nostra amicizia è rimasta viva negli anni. Siamo stati assieme in molti party, e credo di es- sermi a volte comportato in modo piuttosto «Fu grazie sconveniente, ma Fernanda giudicava male solo alla sua influenza chi scrive male, e io mi consolo pensando che che mi trovai nei molti anni passati a far conoscere i cattivi improvvisamente ragazzi della letteratura americana deve aver visto ben di peggio. Tutti sanno che trasformato in un grande Hemingway cercò di sedurla. Come si potrebbe scrittore americano biasimarlo? Lei mi ripeteva spesso, e non senza ancor prima di essere una nota di rimpianto, di aver rifiutato le sue avance, ma mi piace credere che volesse solo tradotto in italiano essere modesta e discreta, come era nel suo (poi fece altrettanto stile. anche per Bret Easton Ellis)» La sua morte è una grande perdita per la lette- ratura americana, per la cultura italiana e per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di esserle amici. Dubito che vedremo di nuovo critici o let- tori appassionati come Fernanda Pivano.

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Stelle americane Luca Briasco, il manifesto, 19 agosto 2009

La reazione all’11 settembre della narrativa statunitense si è risolta in un ritorno alla solidità della tradizione, tra saghe familiari, intrecci storici, consapevoli tentativi di preservare gli esiti del postmoderno, e l’introduzione di uno sguardo «altro», in grado di sondare ferite recenti e traumatiche

iflettere sulla letteratura americana, sul suo viduali e di una omogeneizzazione del panorama stato di salute e sulle direzioni verso le culturale. Ne è emerso un paese chiuso dentro sé R quali si sta orientando equivale prima di stesso, sordo alla perdita di prestigio e di leader- tutto a cercare di capire e assimilare un decennio ship internazionale (culturale ed economica), difficile e contraddittorio, che si è aperto con una soprattutto incapace di riprendere quell’opera data tanto fatidica quanto extraletteraria. L’11 incessante di ascolto, assimilazione e rielabora- settembre 2001 e i suoi significati culturali vanno zione che – la si voglia o meno sintetizzare nel ben al di là del quadro sociopolitico che l’atten- termine melting pot – ne ha sempre rappresenta- tato al World Trade Center ha sancito e inaugu- to la forza attrattiva. rato al tempo stesso: il crollo delle Torri ha sca- La letteratura americana ha pagato questa vato un vero e proprio abisso nella psiche crisi senza riuscire, come pure era accaduto in collettiva, traducendosi prima di tutto in una altre circostanze – una su tutte: la guerra del profonda crisi della rappresentazione, della paro- Vietnam – a trovare il linguaggio giusto per rac- la, dei modi di racconto. contarla e per invertire il modello narrativo dominante, o per svelarne le falsità. Per quasi Soluzioni pescate dal passato tutto il decennio che si avvia a conclusione, il L’America emersa dall’11 settembre si è rifugiata compito di polemizzare con la vulgata in un modello narrativo unico e rassicurante, nel dell’America di Bush è stato affidato a figure quale il mito della democrazia, la ricodificazione «pubbliche», che trovano nella forma scritta più del nazionalismo, i valori del fondamentalismo di un’occasione per sintetizzare percorsi creativi cristiano sono stati riorganizzati in un nuovo mix, sviluppati all’interno di altri media che non uno costruendo l’immagine di una nazione granitica, spazio privilegiato: Michael Moore e David in grado di rinsaldare la propria identità colletti- Sedaris (quest’ultimo, con un grado molto più va anche al prezzo di una cessione di libertà indi- forte di consapevolezza formale) su tutti. Il rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 31

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romanzo statunitense ha scelto altre vie, molto definitiva l’ingresso di Roth nell’Olimpo dei clas- più indirette, nelle quali al corpo a corpo, allo sici, è testimonianza una serie di romanzi struttu- scontro all’arma bianca con i nuovi conformismi, ralmente perfetti e sorprendentemente armonio- viene preferita la narrazione distesa, la saga fami- si, spesso imperniati su una qualche forma di gliare, la rievocazione nostalgica di un «bel conflitto generazionale, lontani dalla frenesia e tempo andato» da contrapporre ai falsi valori del dalla furibonda inventiva delle opere precedenti presente; o addirittura il romanzo storico, che (due titoli su tutti: Pastorale americana e La proprio in questo inizio millennio ha conosciuto macchia umana). un ritorno di fiamma certamente non casuale. Da questa prospettiva critica, l’autore che Un pessimismo rassicurante segna il vero e proprio spartiacque tra la lettera- La tendenza a sfuggire al confronto diretto con il tura degli anni Novanta e quella che si affaccia presente, e a commentarlo in contrapposizione a affannosamente sulle rovine delle Torri è senza una pienezza a volte immaginata almeno quanto dubbio Philip Roth. Che al fervore di fine millen- reale, è anche la chiave per spiegare il successo nio aveva contribuito attivamente con due dei improvviso di un autore che per anni aveva sim- suoi romanzi più complessi e ambiziosi boleggiato (non meno di Salinger e Pynchon) il (Operazione Shylock e soprattutto Il teatro di mito dell’artista recluso e sdegnosamente in fuga Sabbath), e che subito dopo si è avventurato in dalla notorietà e dalle vendite. Già con la una complessa opera di ricodificazione dei propri Trilogia della frontiera, e ancor più con Non è temi privilegiati, nella quale all’esplorazione un paese per vecchi e La strada, Cormac diretta della scena contemporanea si sovrappone McCarthy ha deliberatamente preso le distanze la rievocazione nostalgica di un tempo e di un dal pessimismo radicale che aveva contraddistin- sistema di valori ormai irrecuperabili. Di questa to la sua prima fase creativa e quelle che restano ricodificazione, che ha peraltro sancito in via forse le sue opere migliori (Il buio fuori, Figlio di McCarthy

Roth

Eugenides Franzen

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Oblique Studio

Dio, Meridiano di sangue), ricorrendo ai moduli anche nella fantasmagoria «storica» delle narrativi consolidati del western, del noir e della Fantastiche avventure di Kavalier e Clay di fantascienza per contrapporre la solidità di valo- Michael Chabon, esiste una evidente, a tratti ri non recuperabili (ma forse per questo ancor esplicita contrapposizione tra un mondo favoloso più «autentici») alla catastrofe e alla deriva mate- e sentimentale, disperso nei meandri della storia rialistica del presente (o del futuro prossimo). e ricreato da personaggi alla deriva nel presente, In questo moto oscillatorio tra nostalgia e e una realtà inaridita o mascherata dietro falsi catastrofismo, i romanzi dell’ultimo McCarthy – miti. Una realtà, soprattutto, che appare «illeggi- non diversamente da quelli dell’ultimo Roth – bile», irreparabilmente opaca, cosicché allo scrit- propongono al lettore un «pessimismo rassicu- tore e all’intellettuale non resta che leggerla attra- rante», assolutamente adatto a tempi di crisi; la verso ciò che essa non è più, o, in alternativa, forma narrativa subisce una corrispondente con- attraverso lo sguardo vergine e ingenuo del bam- trazione, nel momento in cui rinuncia al quadro bino, del folle, dello straniero. complesso, al ritratto collettivo di una nazione, e È questa l’altra via che la nuova letteratura preferisce riprodurne le contraddizioni attraver- americana ha intrapreso per istituire un rapporto so il conflitto tra personaggi (il vecchio sceriffo con la realtà dell’oggi. Ed è la via seguita da Dave Bell e il killer Chigurh in Non è un paese per Eggers nel suo notevole romanzo di esordio vecchi). L’opera struggente di un formidabile genio, pur- Partire da due autori che hanno esordito a troppo rimasto senza seguiti all’altezza, come cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta per anche da Jonathan Safran Foer in Ogni cosa è costruire un quadro della letteratura americana illuminata (il suo libro migliore) e in Molto forte, contemporanea può sembrare contraddittorio, incredibilmente vicino. Si tratta di tre opere – alle ma lo è solo in apparenza. Il ripiegamento di quali merita di essere accostato anche Lowboy di McCarthy e Roth e il loro approdo a forme radi- John Wray, forse l’autore più interessante dell’ul- cate nella tradizione americana li trasforma in tima generazione – nelle quali le grandi ferite veri e propri capifila (più o meno riconosciuti) di remote e recenti della contemporaneità, dall’Olo- quella che si può definire a tutti gli effetti la nar- causto all’11 settembre, al riscaldamento globale, rativa dominante negli Stati Uniti di questo inizio vengono elaborate e portate sulla scena attraverso millennio. I due romanzi forse più importanti di uno sguardo altro, in grado di percepirle, a parti- questi ultimi anni – Le correzioni di Jonathan re da un sistematico straniamento, nei loro ele- Franzen e Middlesex di Jeffrey Eugenides – pre- menti essenziali e più autentici. sentano infatti più di un’analogia con il percorso Nel ricorrere alle due strade del romanzo-saga che ha condotto Roth e McCarthy verso lo status e della Bildung, la nuova narrativa americana sem- di classici contemporanei. Tanto nel caso di bra perseguire un ritorno alle proprie radici pro- Franzen quanto in quello di Eugenides, infatti, la fonde (dunque, all’antica polarità Henry James- forma e i temi trattati, dietro la scintillante patina Mark Twain), abbandonando quella vena più postmoderna, configurano un vero e proprio sperimentale, aperta e coraggiosa che, tra gli anni ritorno della grande narrazione, quando non, Ottanta e i Novanta, aveva animato una generazio- come in Eugenides, del romanzo storico. Ed ne di nuovi, grandi autori, da William Vollmann a entrambi gli autori giungono al loro magnum David Foster Wallace, a Richard Powers. opus partendo da opere imperfette e irrequiete D’altro canto, alla ricerca di una nuova (o (La ventisettesima città per Franzen, Le vergini antica) solidità si accompagna il consapevole suicide per Eugenides), nelle quali alla sperimen- tentativo di preservare le innovazioni del tazione narrativa si accompagnavano diagnosi postmoderno, se non altro attraverso il ricorso ben più distruttive e a diretto contatto con il con- all’ironia, al disincanto, al gioco metanarrativo. temporaneo, tra crisi del modello famigliare e Un tentativo che – proprio quando del postmo- distopia. Nelle Correzioni e in Middlesex, come derno sembra essersi esaurita la spinta critica e

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l’ambizione – si configura come sempre più deci- della Sicurezza degli oggetti, ha esplorato le samente maschile: non è un caso che gli autori patologie dell’America contemporanea a partire citati finora siano tutti uomini, e bianchi (anche dall’istituzione famigliare, con una esattezza di se non necessariamente wasp). sguardo e una innovatività di forme che hanno pochi eguali. Il punto di vista femminile E ancora, quasi a voler proporre un percorso Affidandosi alla solidità della trama e alla cen- inverso e complementare rispetto a quello (essen- tralità dei personaggi e della loro psicologia, gli zialmente centripeto) della narrativa maschile, le eredi dei postmoderni, di Roth e di McCarthy, migliori e più coraggiose scrittrici statunitensi si «invadono» un territorio a lungo affidato alla sono lanciate nell’esplorazione a tutto campo del gelosa custodia delle scrittrici. La narrazione al nuovo (e artefatto) sogno americano, svelandone femminile resta infatti profondamente innervata limiti e menzogne. È quanto ha saputo fare Joyce dentro la tradizione del romanzo di famiglia: Carol Oates, narratrice di inarrivabile eclettismo, con in più un radicamento nei luoghi e nei terri- capace di spaziare tra romanzo di famiglia, giallo, tori che ha indotto spesso la critica a parlare neogotico e saggistica. Il suo Sorella, mio unico (non senza un fondo di sprezzo) di regionali- amore, prendendo le mosse da una tipica fami- smo, quasi a voler trasformare la geografia in glia suburbana americana e raccontandone le «gabbia» e in fattore riduttivo. Eppure, proprio ambizioni smodate e la pubblica caduta, riesce a a partire dal suo radicamento, la narrativa al rivelare la marcescenza, la volgarità e la finzione femminile ha saputo raggiungere una universali- sottesa all’America di Bush meglio di qualunque tà e una profondità di sguardo capace di dire altro romanzo degli ultimi anni. Insieme a E poi sull’America di oggi molto e forse più rispetto siamo arrivati alla fine, romanzo di esordio di alle saghe nostalgiche maschili cui sono andati Joshua Ferris, ritratto collettivo della nuova gene- troppo spesso il plauso e gli allori. È il caso di razione di colletti bianchi davvero notevole per Marylinne Robinson, rimasta per molti anni profondità e innovazione formale, l’ultimo libro l’autrice di un unico, memorabile romanzo, di Oates rappresenta un segnale di ritrovata vita- Housekeeping (ancora in attesa di traduzione), lità e ambizione: bisognerà però attenderne i e poi in grado di superarsi con la splendida ele- seguiti per avere la certezza che il romanzo ame- gia di Gilead; oppure, guardando alle nuove ricano abbia ripreso le armi e possa reclamare generazioni, di A.M. Homes, che nei suoi quel ruolo di laboratorio del nuovo che per tanti romanzi, ma soprattutto nei superbi racconti anni aveva saputo ricoprire.

«L’America emersa dall’11 settembre si è rifugiata in un modello narrativo unico e rassicurante, nel quale il mito della democrazia, la ricodificazione del nazionalismo, i valori del fondamentalismo cristiano sono stati riorganizzati in un nuovo mix, costruendo l’immagine di una nazione granitica, in grado di rinsaldare la propria identità collettiva anche al prezzo di una cessione di libertà individuali e di una omogeneizzazione del panorama culturale»

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Liberi di leggere David Grossman a colloquio con Angiola Codacci-Pisanelli, L’espresso, 20 agosto 2009

Come creare l’abitudine alla lettura dei ragazzi? Partendo subito con testi impegnativi o lasciando invece lo spazio alla fantasia? La testimonianza personale del grande scrittore israeliano

avid Grossman, si sa, è autore di libri David Grossman non crede a una ricetta univer- impegnativi e non brevissimi, anche se sale, valida per ogni bambino: «I maestri devo- D bestseller in tutto il mondo. E basti pen- no essere molto attenti e riuscire a dare delle sare a Vedi alla voce amore e l’ultimo A un cer- indicazioni di lettura che si adattino a ogni sin- biatto assomiglia il mio amore (ambedue golo studente: è un’utopia, lo so, ma è l’utopia Mondadori). Il suo scrittore preferito poi è alla quale dobbiamo tendere». Bruno Schulz, ebreo polacco, morto nel 1942, autore di riferimento di ogni avanguardia lette- Cosa possono fare i professori per costruire i let- raria dal dopoguerra in poi. A Schulz Grossman tori di domani? ha recentemente dedicato un lungo saggio, anti- «Intanto smettere di insegnare la letteratura cipato da L’espresso e pubblicato a luglio da come si tende a fare oggi: non serve insegnare i Einaudi, assieme a una raccolta di racconti dello meccanismi della storia, parlare di metafore, ana- scrittore polacco, con il titolo L’epoca geniale. logie, far fare riassunti. Non è questo che accen- Ma Grossman è anche il massimo autore viven- de l’immaginazione e la scintilla dell’amore per le te di libri per bambini e uno dei pochi autori storie. Eppure è facile: tutti i bambini sono attrat- contemporanei che riescono a fare breccia nelle ti dalle storie, e per attrarli verso i libri bisogna liste dei libri consigliati nelle scuole italiane: ele- leggere una storia. Leggerla con entusiasmo, e mentari (Buonanotte giraffa e Itamar, il caccia- riuscire a coinvolgere i ragazzi in questo entusia- tore di sogni), medie (Ci sono bambini a zig- smo. Bisogna che la classe prenda parte alla lettu- zag), licei (Qualcuno con cui correre). ra: il maestro deve fermarsi, chiedere a chi ascol- L’espresso gli ha chiesto un consiglio e una ta come pensa che si evolverà la storia, quale testimonianza. Il consiglio è: come insegnare ai impressione si è fatto dei vari personaggi. È così bambini l’abitudine alla lettura? La testimo- che si dimostra che leggere è un’avventura unica nianza riguarda invece le sue letture da ragazzo. al mondo». rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 35

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Ma i ragazzi oggi hanno tante avventure, nei portarono alla morte a Treblinka. Kästner era un film, nei videogame… antinazista tedesco. Di Korczak mi piaceva molto «Sì, oggi i libri devono vincere una concorrenza un libro di fantasia in cui si racconta di un bam- fortissima. Film e videogame sono più facili: non bino che diventa re, e che rovesciando le regole richiedono una partecipazione emotiva altrettan- del suo Stato fa comandare i ragazzi e ubbidire to forte. Ma sta al maestro riuscire a suscitare l’in- gli adulti. Di Kästner leggevo Emil e il detective, teresse, accompagnare gli studenti in un viaggio un libro di avventure, sempre con bambini per che richiede pazienza, sì, ma che può risvegliare protagonisti. E parlando di avventure, soprattut- emozioni che altrimenti rimarrebbero sopite per to amavo Jules Verne. Leggevo molto, e pensan- sempre». do a quanto leggevo ho un consiglio semplice da dare su come far leggere i figli: se i ragazzi vedo- E ai suoi figli cosa faceva leggere, quando erano no tanti libri in casa, se vedono l’entusiasmo per bambini? la lettura da parte dei genitori, è quasi inevitabile «Libri per ragazzi che venivano pubblicati in che amino a loro volta leggere». quel periodo in Israele». C’erano libri che venivano considerati non E lei cosa leggeva da ragazzo? adatti? «Soprattutto narrativa per l’infanzia che si legge- «Sì, naturalmente: ma non perché erano troppo va in Israele in quegli anni, gli anni Sessanta, e facili o infantili, anzi. Erano libri “da grandi” che temo in Italia non sono molto conosciuti: i quelli che venivano vietati, allora: ma a me sem- libri di Janusz Korczak, o di Erich Kästner. bra sbagliato, se un ragazzo legge un libro da Korczak era ebreo-polacco, pedagogo tra i più adulti ne ricaverà comunque qualcosa che è adat- famosi prima della Seconda guerra mondiale, era to per lui. Quando ero ragazzo il bibliotecario convinto che la creatività dei bambini andava sti- vicino casa mia faceva di tutto per impedirmi di molata lasciando loro la libertà di esprimersi e di mettere le mani su libri che considerava inadatti gestirsi, senza troppo imposizioni (comprese le alla mia età. Ma io ero furbo: mi abbassavo a ogni letture). Nel ghetto di Varsavia aveva in cura bassezza per corrompere i ragazzi più grandi e degli orfani, assieme a loro andò ai vagoni che convincerli a prenderli in prestito al posto mio». rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 36

Grandi racconti Piccoli romanzi

Walter Pedullà, Il Messaggero, 24 agosto 2009

Due generi letterari, ciascuno con i propri campioni. Ma la qualità non è sempre legata alla lunghezza

l romanzo inglese di quarant’anni fa non era Sono capolavori gaddiani Incendio in via memorabile, ma il titolo sì: Torna, Dio, sei Keplero e La cognizione del dolore, ma volete I perdonato. Il motivo per cui ora e qui lo si mettere? ricorda non è così elevato ma è evidente in super- Chi ha un bel racconto se lo tenga, non provi ficie: c’è qualcuno o qualcosa che è stato di a gonfiarlo per farlo diventare un romanzo. Può recente pubblicamente perdonato. Si tratta del anche volare, ma c’è troppa aria: cosa che di per racconto, componimento narrativo breve, che a sé non dà la leggerezza che, da quando Calvino lungo è stato demonizzato e ora invece viene ne ha fatto un modello della narrativa del No- quasi divinizzato. Più terra terra l’ha canonizzato vecento, ha appesantito ogni teoria della lettera- un sacerdote della critica, che non è giusto nomi- tura. Con metafora pneumologica si rimprovera nare invano, cioè per un discorso che non è bene- ai novellieri (così si chiamavano gli autori finché detto nemmeno dal fervore polemico. Sull’ar- il testo portava la notizia di cui era segretamente gomento è stato già detto tutto, sennonché latore) di non avere abbastanza respiro. Non “repetita juvant”: giova ripetere che non si fa bastano maggiori polmoni per essere un roman- peccato a scrivere racconti. ziere: ci vuole la testa, dono di dio, e la mano Dal calcolo condotto sulla base della narrativa (ognuno è fabbro del proprio destino). Non d’oggi, risulta che tutti aspirano al romanzo ma confonda l’uso del maschile: il termine romanzie- pochi lo sanno scrivere. Invece si scrivono eccel- re comprende naturalmente anche le donne. Che lenti racconti. La conclusione non tarda: scritto- però non fanno follie per i racconti, aprendo così ri, rinunciate al romanzo, dedicatevi al racconto. una questione cui non bastano i polmoni per Costa meno fatica scriverlo e ancor meno legger- rispondere. lo. E come si sa, pochi leggono. Lo sanno gli edi- In verità non è un problema nuovo quello che tori, che hanno ricominciato a pubblicarli. Non è stato sollevato. I novellieri sono ma- rinuncino tuttavia i narratori a scrivere romanzi. nifestamente in condizioni di inferiorità rispetto rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 37

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ai romanzieri, e, messi alle strette, si sono difesi Pagliarani e io curando un’antologia intitolata I ricordando che il Decameron è una raccolta di Maestri del racconto italiano da Dossi agli anni racconti. Ne hanno tuttavia scritti di magnifici Sessanta del Novecento. Da allora si sono prima del Novecento, per non dire del dugente- aggiunti degli autori e dei linguaggi diversi, a la sco Novellino (quando si dice la forza del desti- questione generale è sempre la stessa: è cambiato no) Bandello, Lasca, Basile, Casti, il modo di scrivere i racconti. Fermo restando Nievo, De Marchi, Dossi, Verga, Serao, che tutti i narratori preferirebbero scrivere il D’Annunzio e De Roberto, che ambientò nella romanzo: anche perché hanno mutato idea prima guerra mondiale un capolavoro del narrar rispetto a Moravia, secondo il quale il racconto breve come La paura. Chi ha polmoni e testa lo non ha bisogno di un’ideologia forte, la cui pre- urli in modo che sentano i lettori più sordi: si senza farebbe la differenza e farebbe grandezza. possono scrivere bei racconti, di più o di meno, Giacomo Debenedetti sosteneva che gli italia- in ogni secolo. ni, che nell’Ottocento sul terreno del romanzo Nel Novecento sono autori di meravigliosi non potevano competere con russi, francesi e in- racconti Pirandello, Svevo, Tozzi, Gadda, glesi, lo surrogarono con il melodramma. Ora Savinio, Alvaro, Moravia, Bilenchi, Brancati, però che è morto il melodramma, si può tornare Landolfi (fra parentesi anche Campanile). Mi alla sfida e scrivere grandi romanzi. In Italia nel fermo a dieci perché sarebbe lungo elencare solo Novecento ne sono stati scritti almeno dieci (che, quelli straordinari. Sono tanti i bravi novellieri due o tre per ogni autore, significa almeno venti): che fu scritto oltre cinquant’anni fa un libro per Il fu Mattia Pascal, La coscienza di Zeno, Con dimostrare che in Italia poco allignano i romanzi, gli occhi chiusi, Quer pasticciaccio brutto de via ma vi fiorisce il racconto. Pensate a Pavese, Merulana, Paolo il caldo, Il partigiano Johnny, Buzzati, Bassani, Calvino, Fenoglio, Sciascia, Il Gattopardo, La giornata di uno scrutatore, Ortese, Rea, Rosso, Malerba (nonché Testori). Horcynus Orca, Salto mortale. Parecchi romanzi Ci sono quelli a cui si addice la sola misura del sono stati scritti da altri autori e molti li scrive- romanzo (o quasi): da Bacchelli a Piovene, da ranno i nuovi narratori. Ovviamente non debbo- Vittorini a Silone, da Parise a Volponi, da no essere melodrammatici. Morante a D’Arrigo, da Zavattini a Pizzuto, da Per smetterla con questioni dal risultato scon- Pratolini a Pasolini, da Bianciardi a Mastronardi, tato, qualcuno ha ridotto l’annoso e quasi da Mazzaglia a Cordelli, da Arbasino a Busi. Più millenario problema, invitando a considerare che numerosi quelli che adottano con successo la gli italiani non tollerano più di trenta pagine per doppia misura, secondo le occasioni, l’ispirazione volta, se acutamente pensate e accanitamente e la necessità di dire quanto basta nello spazio di scritte. Perciò parafrasando il dietologo estimato- un racconto. Che può essere lungo quanto un re tenace della mela, un critico di campagna ha romanzo, magari breve. Iniziando San Luigi in proposto questa cura per la narrativa in crisi: “Un casa Brocchi, che è un capolavoro assoluto della racconto al giorno leva medico di torno”. Un narrativa contemporanea, Gadda pensava di melone non è una grossa mela, questa scende dal- scrivere un romanzo. E forse questo è, essendo l’alto, quello striscia per terra, sono due frutti labili i confini fra un racconto lungo e un roman- completamente diversi per sapore e nutrimento. zo breve. Invece la stessa testa, purché fruttosa, aerea per Tutto è così labile quando si discute di generi fantasia e toccando terra con la scrittura, può letterari, tanto più all’interno della narrativa. Da produrre racconti e romanzi. Come è ovvio, sempre facciamo tutti riflessioni non esili sulla secondo le stagioni di sua e nostra vita. Natu- differenza strutturale fra racconto e romanzo. ralmente il risultato non è scontato per nessuno, Quarantacinque anni fa le abbiamo fatte anche nemmeno per Dio.

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Calvino aveva previsto tutto. Antonio Scurati, La Stampa, 24 agosto 2009 E sbagliato tutto

se Calvino avesse previsto tutto? Previsto Eppure, ci pare che la sua profezia si sia in segui- tutto e sbagliato tutto? Correva l’anno to avverata quasi contro sé stessa, uscendo da sé E 1988 quando furono date alle stampe le sei in un mondo uscito di sesto. proposte di per il nuovo millennio. Calvino aveva ben presente che, dedicando le Lo scrittore, scomparso tre anni prima, aveva sue conferenze a leggerezza, rapidità, esattezza, lasciato incompleto il testo delle sei conferenze visibilità, molteplicità, consistenza, stava parlan- che avrebbe dovuto tenere a Harvard se la do di letteratura e non facendo sociologia o, peg- morte non lo avesse colto all’improvviso. Al gio, futurologia. Rifletteva, cioè, su alcuni valori o momento della partenza per gli Stati Uniti, il qualità specificamente letterarie che gli stavano dattiloscritto conteneva cinque dei sei testi pre- particolarmente a cuore, e che avrebbe voluto visti da un indice abbozzato a penna. La sesta fossero ereditate dalla imminente posterità. Ma lezione, dedicata alla «consistenza», non sareb- un’eredità, lo si sa, è più frutto del lavoro degli be mai stata scritta. E forse non per caso. La eredi che non degli avi. E così, oggi, pare proprio consistenza, forse, non poteva essere prospetta- che, nei vent’anni successivi alla sua morte, le sei ta al nuovo millennio. cardinali virtù letterarie tramandate da Calvino, A rileggere oggi quelle pagine testamentarie – una volta ereditate dalla cultura diffusa del oggi che siamo ben dentro la nuova età alla quale nuovo millennio, abbiano finito col divenire vizi le sue proposte dovevano servire da promemoria sociali. Si pensi a quanta banalità si è contrabban- – si è sfiorati dal dubbio che il grande scrittore data sotto la bandiera della rapidità, a quanta ari- avesse previsto tutto. Previsto tutto e sbagliato dità sotto quella dell’esattezza, a quanta cecità tutto. Probabilmente abbagliati da un’illusione sotto quella della visibilità, a quanta inconsi- retrospettiva, siamo portati ad attribuire forza stenza sotto quella della complessità. Soprattutto, profetica allo sguardo rivolto al futuro di quell’in- si pensi a quanta inanità ha trovato un alibi nel- tellettuale eccelso giunto al passo estremo. l’elogio della leggerezza. rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 39

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Ma qui non è solo questione della malintesa tardi, nel 1991, la Cnn trasformerà per la prima eredità intellettuale di Calvino, della sua lezione volta nella storia una guerra atroce in un intratte- usurpata da scrittori traditori. Qui è questione di nimento per famiglie. Da quel momento in poi, un corso storico che, ponendo in opera i valori l’ovidiana «conoscenza del mondo che è letterari del ’900, ma ponendoli fuori posto, dissoluzione della compattezza del mondo», seminandone i semi al di fuori del campo lette- riproposta da Calvino per il nuovo millennio, rario, li trasmuta in disvalori sociali. non condurrà più alla sapienza cosmica riguar- Quando appaiono le Lezioni americane nel dante il trapassare di una forma nell’altra nella giugno del 1988, il vecchio mondo sembra trasci- continuità metamorfica tra tutti i viventi. La dis- narsi stancamente in un climaterio senza fine: la soluzione televisiva della fisicità del mondo, Fiat ha da poco presentato alla stampa la nuova finanche del mondo in guerra, diverrà, invece, un Tipo, Licio Gelli è stato estradato dalla Svizzera, i triste apprendistato all’irrealtà per un’intera socialdemocratici sono stati travolti dall’ennesimo generazione che alla leggerezza della pensosità, scandalo (le «carceri d’oro»), le Brigate rosse celebrata da Calvino, preferirà la leggerezza della hanno fatto la loro ennesima vittima (Roberto frivolezza. Ruffilli), Ciriaco De Mita ha formato un altro Scrivere letteratura è un’operazione di sottra- governo di pentapartito, il socialista Mitterrand è zione di peso, ricordava Calvino al futuro millen- stato confermato all’Eliseo, il Pci ha eletto un nio. Ma anche ridurre la realtà a una pantomima nuovo segretario (Occhetto) e i leader dei due televisiva è operazione di sottrazione di peso. Ha blocchi contrapposti si sono incontrati per firma- prevalso decisamente questa seconda. re un ennesimo accordo di disarmo tra superpo- Certo non lo si può imputare a Calvino. Lui, tenze. Il nuovo millennio non è ancora iniziato. dovendo scegliere un simbolo augurale per il Ma comincerà l’anno successivo. Di lì a pochi nuovo millennio, aveva scelto «l’agile salto mesi crollerà il muro di Berlino e allora la leg- improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla gerezza calviniana dilagherà assumendo il retro- pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gusto amaro di una vittoria che sa di sconfitta. gravità contiene il segreto della leggerezza, men- Il mondo si libererà dai gravami ideologici tre quella che molti credono essere la vitalità dei della guerra fredda ma l’ovidiana «parità essen- tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rom- ziale tra tutto ciò che esiste», tanto cara al bante, appartiene al regno della morte, come un Calvino profeta della leggerezza, declinandosi nel cimitero d’automobili arrugginite». No, non gli si pensiero unico di un ipercapitalismo globale, può imputare la mortifera leggerezza da barzel- diverrà legge di un mondo nel quale, crollata ogni lettieri che è la vitalità del nostro tempo. Calvino gerarchia, ogni spinta progressiva, ogni ordine insegnò fino alla fine, anche dopo la fine, che culturale, l’invidia rimarrà il più potente collante forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligen- sociale: chiunque potrà desiderare di essere za sfuggono alla condanna dell’insostenibile peso chiunque altro e tutti desidereranno di essere una del vivere. Se la leggerezza delle piume sta vin- sola persona, quella inquadrata in primissimo cendo sulla leggerezza dell’allodola, l’equivoco è piano sullo schermo del televisore. Due anni più tutto nostro.

Le Lezioni americane, una profezia capovolta. I valori letterari teorizzati dallo scrittore con il tempo sono diventati disvalori sociali

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Scrittori nani demoliscono i giganti Massimiliano Parente, Libero, 25 agosto 2009

Così i capolavori De Cataldo della letteratura cestina Proust. sono ridotti a Piperno archivia “massimalismo”. Broch e Musil. E la mediocrità regna sovrana

entre negli Stati Uniti un critico come Il movimento di delegittimazione culturale è Harold Bloom denuncia da anni il ormai a briglia sciolta, autori che fino a trent’an- M multiculturalismo livellatore di ogni ni fa sarebbero stati tranquillamente definiti “pa- canone, mentre in Francia si mettono su colossa- raletteratura”, scodellatori di thriller o al massi- li siti filologici dedicati, per esempio, allo studio mo romanzeria Midcult per salottini up to date e di Flaubert, si dibatte per mesi su Le benevole di shaggy-chic, hanno messo insieme le loro forze Jonathan Littell e ci sono autorevoli e vendibili ri- per abbattere ogni eccellenza e ogni canone, e viste come Le Magazine Litteraire, qui la cultu- hanno trovato terreno fertilissimo, già concimato ra del Sessantotto si è consustanziata al nullismo dai bisognini depositati qua e là dalla vacuità televisivo e il “trenta politico” lo si dà solo a chi della critica italiana. non sa più niente, gli altri bocciati. Ho visto la mia amica Barbara Alberti citare Il “massimalismo” Tolstoj a Pomeriggio cinque di Barbara D’Urso e Pasolini aveva torto su molte cose, non sbagliava dalle facce sembrava stessero per chiamare la quando temeva l’omologazione, Nietzsche nel polizia. Non solo stiamo diventando l’ultimo secolo precedente era stato più drastico e più pre- Paese che non abbia una tradizione romanzesca ciso, profetizzando la dittatura culturale degli su cui appoggiarsi e da cui progredire, come schiavi, ossia dei mediocri. È una bella sfilata di osservava Alberto Arbasino ospite a Radio 3 in- moda. C’è quel signore capocultura del Corriere sieme al sottoscritto. Non solo non esistono più Magazine che scriveva «Musil, Joyce e Kafka non valori culturali imprescindibili, non solo critica e hanno più niente da dirci»; c’è quel gruppetto classifiche di vendita vanno di pari passo, ma intorno a Wu Ming, Giuseppe Genna, Carofiglio, quella che Dostoevskij chiamava «la sfrontatezza De Cataldo, Saviano, che teorizzando un’idea di dell’ingenuità» è ormai la sfrontatezza dell’igno- realismo da seconda elementare che cancella ranza elevata a sistema. decenni di progresso artistico, filosofico, psicolo- rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 41

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gico, inventandosi perfino una categoria nuova, “il vogliono inculcargli il valore estetico e di pensie- massimalismo”, per ridurre l’arte a un genere tra i ro de Le Operette morali, de L’uomo senza qua- tanti, per cui Flaubert o Proust, Gadda o D’Arrigo lità, o di Ariosto o Foscolo o di Nietzsche o Va- o Busi sono massimalisti quanto Camilleri o léry o Laclos. Genna sono dei giallisti, ognuno è un genere come Si mandino affanculo i professori puristi e gli un altro, anything goes, complici postmodemismo si risponda: non è il mio mondo, non mi interes- e multiculturalismo e cazzonismi vari. Del resto sa, troppo complicato, io a Manzoni preferisco perfino un tronista oggi si definisce “artista”. C’è leggere Faletti, e si provino a bocciarlo, gli stu- anche chi, tra gli addetti ai lavori, mi ha scritto denti faranno ricorso al Tar e magistrati come De privatamente contestando il mio intervento contro Cataldo gli daranno ragione. È anche la prova la piccolissima idea di letteratura di Roberto che l’arte da noi non è considerata qualcosa di Saviano per dirmi «ogni volta che sento nominare fondamentale e anzi, l’eccellenza deve calcolarsi Proust o Kafka come fai tu provo un senso di fasti- al contrario, un libro più è semplice e d’evasione dio», e non ho potuto non rispondergli chieden- e disimpegnato nell’impegno meglio è, non c’è dogli se per caso stesse citando Goebbels. storia, non c’è progresso, non ci sono maestri se C’è poi il proustiano all’acqua di rose o di non quelli che non impegnino troppo, e pertanto petali di cattleya Alessandro Piperno: sempre su De Cataldo è un maestro, e Piperno insegna, Repubblica, ha serenamente dichiarato che scrit- addirittura, insegnando a rifuggire da «quella tori complessi come Broch o Musil li leggeva a roba là», troppo difficile. vent’anni, poi «quella roba là» non la legge più, ha scoperto il gusto della semplicità e della ven- Gli opinionisti dibilità, pur sentendosi mediocre perché non rie- Non per altro si dice «impara l’arte e mettila da sce a capire se sta scrivendo una cazzata o un parte». Tanto varrebbe dare una cattedra a libro interessante (e qui, su di lui, sono d’accor- Simona Ventura, almeno non scrive e è più simpa- dissimo con lui). Di Proust ha capito «lo snobi- tica, meglio ancora a Patrizia Daddario, hai visto smo», come se di Leopardi si capisse la gobba e mai ci scappi qualcosa. È più o meno lo stesso di Egon Schiele la pedofilia. andazzo regressista per cui, in materia scientifica, Pochi giorni fa, infine, si fa vivo proprio ancora oggi, l’ultimo creazionista rimasto può Giancarlo De Cataldo, confezionatore di bestseller discutere con uno scienziato negando l’evoluzioni- di cassetta (come il divino ha definito lo smo come ormai era impossibile fare già nel 1890, stesso Gomorra, tra l’altro), la Repubblica gli molto prima della scoperta e delle conferme del chiede quale romanzo butterebbe alle ortiche, e lui Dna. Viviamo nell’epoca in cui le opinioni si risponde: «Restituirei tutti i volumi della rispettano sempre e comunque, e ne abbiamo fatto Recherche di Proust. Non è il mio mondo. Farò anche un mestiere ben retribuito: l’opinionista. indignare i puristi ma riporterei tutto indietro A questo punto ci si augura solo che quando senza rimpianti». Sono felici e contenti e possono De Cataldo o Piperno o qualsiasi altro fautore ben dirlo, De Cataldo, come Piperno e come della mediocrità del pensiero avranno bisogno di Goebbels, come Saviano per il quale la letteratura un medico ne trovino uno che abbia della medi- è andare per strada e denunciare cosa si vede, è una cina la loro stessa idea della letteratura, non abbia bella libertà di parola e una bella festa, intorno ai conseguito nessuna specializzazione, non abbia due stregati che si danno giustamente del buffone neppure la laurea, confonda un ascesso al molare 1.0 e del buffone 2.0, tanto nessuno si scandalizza, con un prolasso emorroidario, creda che il dop- e d’altra parte se qualcuno lo facesse sarebbe solo pio cieco sia un parto gemellare di non vedenti, e un “purista”, non uno che distingue un capolavoro ne vada perfino fiero, affermando sfacciatamente da un romanzino a tematica criminale. che, insomma, la medicina non è il suo mondo, Gli studenti di ogni scuola e università, alla perché «il manuale di biologia era così noioso, stregua degli alunni di Amici della De Filippi, l’ho riportato indietro e ho studiato guardando adesso sanno cosa rispondere agli insegnanti che Grey’s Anatomy, tanto è uguale».

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Dalla Svezia non solo gialli Alessandro Bassini, il manifesto, 26 agosto 2009

Mentre il genere poliziesco domina il mercato, la scena culturale è ancora saldamente rappresentata dalla generazione anni Trenta. Ma il fenomeno davvero interessante degli ultimi anni è quello dei giovani scrittori immigrati, che danno voce alla propria identità ibrida in un linguaggio chiamato «blattesvenska», lo svedese contaminato con parole provenienti dall’arabo, dal turco e dallo spagnolo

ino a pochi anni fa, chiunque avesse dovuto saputo sviluppare nella maniera più completa la fare il nome di uno scrittore svedese famoso ricetta del giallo scandinavo (molti e importanti F in tutto il mondo, avrebbe probabilmente sono i contributi anche dalla Norvegia e dalla indicato Astrid Lindgren, l’autrice del libro per Danimarca), i cui punti di forza sono la ragazzi Pippi Calzelunghe. Se la stessa domanda caratterizzazione psicologica dei personaggi, la venisse posta oggi, la risposta sarebbe probabil- ricerca nel passato di vittime e carnefici, il rove- mente Stieg Larsson, il giornalista autore della sciamento dei canoni del giallo classico – trilogia Millennium. Uomini che odiano le donne, per esempio, parte Uomini che odiano le donne, La ragazza che da una originale variazione sul tema della came- giocava col fuoco e La regina dei castelli di carta ra chiusa –, la capacità di creare forte suspense (Marsilio), con le intricate vicende del giornalista anche attraverso trame labirintiche e di restitui- Michael Blomkvvist e della spregiudicata hacker re un’atmosfera misteriosa e ambigua, complice Lisbeth Salander, costituiscono l’esito più inte- un paesaggio cha passa dal freddo della notte ressante di una stagione, quella del giallo scandi- boreale all’esplosione di luce e colore della breve navo, iniziata alla fine degli anni Novanta e già estate nordica. nota in Italia grazie ai romanzi di Hakan Nesser A tutto questo va sommata l’attenzione (Guanda) e di Henning Mankell (Marsilio). costante per i problemi sociali: la trilogia Maestri indiscussi del poliziesco, Nesser e Millennium riflette anche sui malesseri della Mankell elaborano trame complesse e avvincen- nostra società, schiava del guadagno e pronta a ti e affidano le indagini a due personaggi, lo calpestare i più deboli, mentre le indagini del scorbutico VanVeeteren e l’infallibile Walla- commissario Wallander si svolgono spesso sullo nder, la cui meticolosità tutta nordica, unita sfondo di conflitti irrisolti: basti pensare al all’analisi psicologica, risulta determinante per la problema dell’immigrazione trattato in Assassi- soluzione del caso. Insieme a loro, Larsson ha no senza volto (Marsilio) o all’analisi della rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 43

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situazione dei Paesi Baltici nel periodo post- Raramente la letteratura di un paese è stata sovietico raccontata in I cani di Riga (Marsilio). assimilata a un unico genere come quella svedese Accanto a Nesser e Mankell e al travolgente degli ultimi anni. Tuttavia, ridurre il panorama successo di Larsson, vale la pena citare Leif letterario ai soli polizieschi sarebbe una grave G.W. Persson, un altro capofila di questo gene- semplificazione. Se questo genere rappresenta re, che negli ultimi anni ha raggiunto fama spesso (ma non sempre) una forma di letteratura internazionale. Professore di criminologia e di intrattenimento, non mancano nemmeno scrit- consulente dei servizi segreti svedesi, Persson tori «canonici», in grado di misurarsi con altre sceglie un taglio più documentaristico, come te- forme letterarie. , Torgny stimonia il suo ultimo romanzo In caduta libe- Lindgren e Lars Gustafsson rappresentano la ra, come in un sogno (Marsilio), dove la vicen- grande generazione nata negli anni Trenta, che da irrisolta dell’omicidio del primo ministro oggi domina la scena culturale svedese. Per Olov svedese Olaf Palme, alle cui indagini lo stesso Enquist, lo scrittore più celebrato in patria nell’ul- Persson ha lavorato per anni, diventa il fulcro timo decennio, è autore di romanzi, opere teatra- di un racconto nel quale la ricostruzione storica li, sceneggiature e saggi, con particolare predile- si mescola all’invenzione narrativa, in un conti- zione per il genere storico. Scartando la nuo gioco di rimandi fra realtà e finzione. ricostruzione «classica» degli eventi, Enquist si concentra piuttosto sulla vita dei personaggi che Dall’universo femminile di quegli eventi sono stati i fautori. Una storia non Nel paese in cui da più tempo si è combattuto di fatti ma di persone, come testimonia l’affasci- per l’uguaglianza fra i sessi non potevano manca- nante figura di Johann Struensee, il protagonista re le voci femminili: Liza Marklund (Il lupo del Medico di corte (Iperborea), un romanzo che rosso e Il testamento di Nobel, Marsilio) intrec- racconta la breve ma intensa «rivoluzione danese» cia le indagini poliziesche alle vicende private intrapresa dal giovane medico tedesco alla corte della sua eroina, l’ispettrice Annika Bengtzon, di Cristiano VII; o il vibrante ritratto di Blanche sempre alle prese con un difficile ménage familia- Wittman, assistente di Marie Curie, autrice di un re, mentre Camilla Läckberg, scrittrice ancora diario a cui Enquist finge di attingere per raccon- inedita in Italia, ambienta i suoi romanzi nella tare le vicende di cui le due donne sono protago- piccola cittadina di Fjällbacka, mostrando come niste nel Libro di Blanche e Marie (Iperborea). anche sotto la quiete apparente della campagna Enquist si distingue per la scelta di episodi storici svedese si nascondono violenza e soprusi. poco noti e per uno stile enigmatico che scende a Ma il giallo svedese conosce anche altre fondo nell’interiorità dei suoi personaggi. declinazioni. È il caso per esempio di Johan Un altro autore che predilige il genere storico, Ajvide Lindqvist, che nei suoi romanzi si disco- sebbene da una angolazione tutto diversa, è Jan sta dal giallo «classico» e, riprendendo temi cari Guillou, che con la saga del cavaliere Arn alla letteratura gotica come il vampirismo e lo Magnusson (Il templare, Il saladino, La badessa, spiritismo, crea personaggi e situazioni di raffi- tutti editi da Tea) ricrea le atmosfere del medioe- nata psicologia, scavando nelle paure e nei re- vo scandinavo e del tempo delle crociate. Le cessi più profondi della psiche umana. Nel suo avventure del templare svedese Arn sono un rac- secondo romanzo, Lasciami entrare (Marsilio) , conto folcloristico e coinvolgente, dove la libera da cui a stato tratto il film di Tomas Alfredson, creazione dell’autore coinvolge tutto il processo Lindqvist racconta l’amicizia fra il piccolo di descrizione del quadro storico. Oskar, vittima del bullismo dei compagni di Fortemente legato al contesto svedese è inve- scuola, e la bambina-vampiro Eli, descrivendo ce Torgny Lindgren, i cui romanzi sono quasi una storia in cui omicidi e spargimenti di sangue tutti ambientati nella sua regione di nascita, la sono solo il corollario di una ricognizione sul Botnia Occidentale, un vasto territorio scarsa- male e su quella zona d’ombra che esiste in ogni mente popolato vicino al circolo polare. essere umano. Affidandosi ai ricordi dell’infanzia, Lindgren fa

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Oblique Studio

rivivere una Svezia rurale lontana nel tempo, politici), questi scrittori raccontano la difficile diversa dal paese progressista e avanzato a cui conquista di un posto nella multietnica società siamo soliti pensare: La ricetta perfetta e Per svedese contemporanea. Non più «immigrati» non saper né leggere né scrivere (Iperborea) come lo erano i genitori, e tuttavia nemmeno narrano le vicende ironiche e surreali di piccoli completamente accettati dal paese in cui sono villaggi sperduti fra le conifere, dove il racconto cresciuti, questi scrittori costruiscono la propria intorno al fuoco costituisce l’unico momento di identità ibrida mescolando elementi del contesto svago per una comunità afflitta della povertà e locale con le proprie origini straniere, e arrivando minacciata dalla tubercolosi. anche a elaborare un linguaggio, chiamato «blat- Se Lindgren rappresenta l’alfiere di una lette- tesvenska», lo svedese degli immigrati, in cui la ratura di provincia, legata ad un paesaggio e alla lingua nazionale viene contaminata con parole sua storia, Lars Gustafsson, classe 1936, è invece provenienti dall’arabo, dal turco e dallo spagnolo lo scrittore svedese più internazionale. Per più di sudamericano. vent’anni professore di filosofia presso l’Uni- versità di Austin, in Texas, Gustafsson vanta una Una sfida del nostro tempo vastissima produzione, solo in parte nota in Alejandro Leiva Wenger, nato in Cile e tra- Italia. I suoi romanzi, spesso in bilico fra narrati- sferitosi in Svezia insieme alla madre all’età di va e speculazione filosofica, si sviluppano su sette armi, è stato il primo, con la sua raccolta di strutture spurie: frammenti di racconti, diari, racconti Till vår ära (A nostra gloria, due dei lettere, da cui emergono storie di (stra)ordinaria quali pubblicati da Mondadori nell’antologia normalità, come conferma Il decano (Iperborea), Nordic Light), a raccontare la realtà dei sobbor- la raccolta di appunti del professore di filosofia ghi degli immigrati di Stoccolma, mostrando co- Spencer C. Spencer, in fuga dal misterioso deca- me anche l’efficiente sistema svedese non sia no di facoltà Paul Chapman, con cui ha stretto un esente da problemi e aporie e dove lo scontro cul- patto diabolico che potrebbe costargli più caro turale è comune a quello di tante altre periferie del previsto. Come negli altri romanzi, non è d’Europa. Dopo di lui, Jonas Hassen Khemiri, tanto la trama ad occupare l’attenzione del letto- nato nel 1978 da padre tunisino e madre svedese, re, quanto i ragionamenti fra le righe, le riflessio- ha costituito un caso editoriale in tutta la Scan- ni accennate, i pensieri lasciati in sospeso. dinavia con il suo primo romanzo Ett öga rött Accanto a questa generazione di «grandi vec- (Un occhio rosso, 2003), interamente scritto nel chi» non mancano nuove tendenze, incarnate da socioletto dei giovani immigrati di seconda gene- giovani scrittori che hanno deciso di uscire dal razione. Il suo romanzo successivo, Una tigre recinto dell’introspezione per raccontare il molto speciale (Montecore), in uscita per mondo in cui vivono, sviluppando un nuovo rea- Guanda, racconta il confronto fra il padre immi- lismo che rivela un paese più complesso e co- grato in Svezia negli anni Settanta, che si è lascia- smopolita di quanto il lettore comune potrebbe to assimilare senza opporre resistenza e quasi aspettarsi. dimenticando le sue radici arabe, e la propria Non stupisce che la corrente più originale esperienza di adolescente svedese «a metà», guar- degli ultimi anni sia rappresentata dalla cosiddet- dato con sospetto e velato razzismo dalla società ta «letteratura degli immigrati». In un paese in in cui a nato e che gli riserva l’appellativo di cui l’11 percento della popolazione ha origine «testanera». Proprio la letteratura di questi gio- straniera e dove si trova Malmö, la città europea vani scrittori è lo specchio della realtà svedese con la più alta percentuale di immigrati musul- degli ultimi anni, e rappresenta il segno più mani, alcuni giovani hanno cominciato a raccon- distinto di un contesto letterario che non si ferma tare la propria esperienza di «generazione zero»: alle inquietudini e alla suspense del giallo, ma nati o cresciuti in Svezia da coppie miste o da dove la tradizione convive accanto alle sperimen- genitori fuggiti da regimi dittatoriali (la Svezia tazioni dei giovani, in un dialogo che cerca di privilegia da vent’anni l’immigrazione di rifugiati rispondere alle sfide del nostro tempo.

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Casa Bompiani Umberto Eco a colloquio con Nello Ajello, L’espresso, 28 agosto 2009 L’editore di Moravia e Vittorini. E il giovane che stava scrivendo Opera aperta. Al lavoro insieme per decenni tra opere monumentali e fumetti. Il ricordo di un grande intellettuale

l presente volume è stato finito di stampare, in più tra i suoi redattori, che in effetti erano solo « per volontà della casa editrice Bompiani, nel- due, Paolo De Benedetti e Sergio Morando. Non I l’estate del 1929». Così si legge in calce so bene come, ma , suo nipote, gli all’opera di Ernesto Vercesi, Don Bosco. È il aveva facto leggere quel mio libretto di parodie primo libro pubblicato dalla casa editrice che era filosofiche, Filosofi in libertà, Bompiani s’era stata appena ideata, ottant’anni fa, da Valentino divertito e aveva voluto conoscermi. E così, anco- Bompiani (1898-1992). Per ripercorrerne la sco- ra in divisa, ho iniziato a lavorare per la casa edi- ria e ricordare il suo fondatore abbiamo interro- trice, a mezzo servizio. A meta del ’59, dopo che gato Umberto Eco, che in quell’azienda editoria- venni congedato, Bompiani mi fece proposte più le avrebbe lavorato per vari decenni. precise. Così, ho dato le dimissioni dalla Rai e sono diventato redattore della casa editrice». Eco, quando sei entrato alla Bompiani? «All’inizio del 1959. Avevo dovuto interrompere Valentino Bompiani aveva allora sessantun anni, il mio lavoro in Rai perché, passati i ventisei anni, e la sua azienda prosperava da un trentennio. non avevo più potuto evirare il servizio militare. Persona assai gradevole, professionalmente veni- Sotto le armi, ero riuscito a farmi destinare a va considerato un innovatore. Almeno due fra le Milano. Avendo una laurea, un paio di occhiali e sue invenzioni sfioravano il mito: l’Americana una macchina da scrivere Olivetti Lettera 22 cioè una collana dedicata ai classici della lettera- (migliore delle Remington scassate dell’esercito), tura statunitense, scelti da Elio Vittorini e con godevo in caserma di molta autorità e libertà e prefazione di Emilio Cecchi, e il Dizionario degli passavo la maggior parte del tempo a casa mia. Autori, delle Opere e dei Personaggi, un’opera di Però ero rimasto senza lo stipendio della Rai e ac- consultazione che aveva riscosso molto con- cettavo lavori vari. Valentino Bompiani s’era senso. Come si comportò, con te, il leggendario accorto, intanto, di avere bisogno di una persona editore? rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 46

Oblique Studio

«In autunno Bompiani mi mandava alla Fiera di poi lui rifaceva tutto con forbici e colla, poi chia- Francoforte, ma da uomo oculato qual era mi mava i collaboratori a discuterne, e ancora dopo aveva fatto il seguente discorso: “Caro Eco, veda ci tornava su. Uno spreco immenso. Ma anche un che facciamo su di lei un investimento, prenda gran divestimento». sul serio questo lavoro e non lo consideri un epi- sodio di passaggio”. Un anno dopo un altro edi- Bompiani ti ha mai intrattenuto su questioni gene- tore mi propose di passare da lui, e mi offriva il rali: di filosofia, che so, di estetica, di politica? doppio di quanto mi dava Bompiani. Ma, ricor- «Era un vecchio aristocratico, credo che fosse dando quel discorso, ho detto di no. Valentino rimasto di sentimenti monarchici. Ma come edito- mi aveva anche avvertito: “Io accetto tutto tranne re era disposto all’avventura. Se ci pensi bene, l’infingardaggine. Capisco che uno venga a dirmi autori come Moravia o Vittorini, nel momento in che domani non viene in ufficio perché vuole fare cui pubblicava, non erano fatti per piacere a un una passeggiata nel bosco, è umano; ma non che pubblico tradizionalista. Negli anni Sessanta usi sotterfugi”. Io, se era necessario, restavo a l’Almanacco Bompiani – ideato e diretto da lavorare anche dopo cena, però al mattino dormi- Morando, ma ci lavoravamo tutti noi – aveva vo e arrivavo in ritardo. Una volta che Bompiani affrontato temi come le politiche d’avanguardia e me lo ha fatto educatamente notare gli ho detto i nuovi aspetti della cultura di massa. Già prima che al mattino andavo sempre a passeggiare in un della guerra la collana Idee Nuove aveva rotto con bosco. Era un gentiluomo e aveva sense of la tradizione crociana pubblicando tutti i pensato- humour. Da quel giorno ho potuto arrivare rego- ri più interessanti delle correnti non-idealistiche, larmente in ritardo». gli esistenzialisti, i neopositivisti. Quando io sono arrivato, ad ispirarla era Enzo Paci. Poi Paci volle Tu eri considerato un intellettuale d’avan- condividere la vicenda del Saggiatore e la collana guardia, polemico verso le figure dominanti è passata a me. Io allora lavoravo con musicisti nella letteratura dell’epoca. Quale accoglienza come Berio e con i giovani poeti e artisti che venne riservata, all’interno di quell’azienda così avrebbero poi costituito il gruppo 63, e avevo vicina a personaggi simbolici della narrativa del pubblicato in giro i miei primi saggi sull’opera dopoguerra – da Moravia a Vittorini, da Alvaro aperta. Bompiani volle fame un libro». a Zavattini – alla tua personalità, lontana dalle tradizioni della casa? Nel volume Caro Bompiani, dedicato alla corri- «La cosa di cui l’editore di via Senato era folle- spondenza fra l’editore e i suoi autori e collabo- mente orgoglioso era il Dizionario. Riteneva, giu- ratori, si può cogliere il senso del tuo contribu- stamente, che fosse un’opera unica nel suo gene- to. Quei messaggi, ad esempio, che inviavi dai re. Gli aveva dedicato più di dieci anni. Era college degli Stati Uniti allo “zio Val” (così chia- riuscito a completarlo “sfollando” i piombi sui mavi il patron di via Senato) erano in genere muletti per sfuggire ai bombardamenti. Era poi scherzosi, ma anche pieni di idee, titoli e propo- naturalmente fiero degli autori che aveva scoper- ste di collane. Lui ti rispondeva in maniera to, a cominciare dal giovane Moravia, o degli altrettanto sorridente. Ma rifletteva sui tuoi con- americani che aveva importato in Italia durante il sigli, che finivano per arricchire il catalogo. fascismo. Ma era anche molto affezionato alla «Sai, di corrispondenza tra Valentino e me ce n’è collana di divulgazione scientifica intitolata poca perché ci vedevamo tutte le mattine. Qui Avventure del pensiero: lì, spaziando in ogni poi ti devo correggere. Io ho deciso di chiamarlo campo del sapere, aveva pubblicato i libri che gli “zio Val” come facevano i suoi nipoti Mauri solo sarebbe piaciuto leggere. Ma nessuno mi toglierà molto tardi, quando lui non possedeva più la casa dalla testa che in fondo lui, Bompiani, pubblica- editrice. Allora, quasi spontaneamente, siamo va libri per il piacere di pasticciare le copertine. passati dal lei al tu. E gli ho chiesto: “Ma ti sei Una copertina Bompiani costava dieci volte quel- mai domandato per quasi vent’anni come io ti la di un altro editore. Prima ci lavorava il grafico, chiamavo?”. Non sapeva rispondere e io gli ho

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spiegato che non lo avevo mai chiamato. Lui mi Quali, fra le persone che lavoravano intorno al dava del lei e mi chiamava Eco. Quando parlava patron di via Senato, ti restano in mente? di me con altri, diceva il dottor Eco”. «Cominciamo con gli amici scomparsi: Sergio Morando, Antonio Porta (o Leo Paolazzi che dir Chiamarlo “Conte Bompiani” sarebbe stato una si voglia), Nani Filippini. Appena arrivato ho tro- soluzione. vato Paolo De Benedetti, detto PDB, che poi «No, non potevo chiamarlo conte perché in casa sarebbe diventato un insigne ebraista ma che al- editrice lo si chiamava dottore, ma non potevo lora si occupava del settore grandi opere. Poi neppure chiamarlo dottore, altrimenti per par Silvana Ottieri e tutta la banda dei Mauri, com- condicio lui avrebbe dovuto dare del dottore a preso Luciano, scomparso anche lui». me. Quindi non l’ho mai chiamato, se non nei messaggi scritti che iniziavano con “appunto per Che rapporti hai intrattenuto con la Bompiani, il dottor Bompiani”. I suoi iniziavano con “ap- in quanto narratore? Ho trovato una lettera punto per il dottor Eco”. Una volta raccontai que- dell’11 marzo 1980, nella quale Valentino, aven- sta storia a Giulio Bollati, che si mise a ridere: per do appena scorso Il nome della rosa, che si anni aveva fatto così anche lui con Giulio Einaudi. accingeva a pubblicare, ne criticava alcune Ma tu accennavi al catalogo della Casa. Io, oltre a parti… continuare Idee Nuove, avevo inaugurato una «Valentino mi ha scritto davvero una lettera collana di antropologia culturale, Uomo e società, bellissima sul Nome della rosa. Mi faceva che mi pareva rispondere alle esigenze del tempo: sostanzialmente due appunti: un inizio faticoso non a caso vi apparivano alcuni dei primi testi e un incendio finale che durava troppo. Ho sullo strutturalismo. Ma poi si erano fatte un ristrutturato l’inizio (aveva ragione lui) e non sacco di altre cose, chi se ne ricorda. Vorrei solo ho toccato l’incendio (avevo ragione io). In citare tre autori attraverso i quali ho dato il mio fondo è andata sempre così per tutto il tempo contributo editoriale alla cultura “alta”: Jules che siamo stati insieme. Facevo le mie passeg- Feiffer, Woody Allen e Quino». giate nel bosco».

Da sinistra: Alberto Mondadori, Nini Bompiani, Arnoldo Mondadori, Valentino Bompiani.

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I fantasmi di David, quasi un’autobiografia

La libertà di sacrificarsi è la capacità per gli altri

i sono due pesci che nuotano e a un certo Wallace e, poco alla volta, si rende conto che egli « punto incontrano un pesce anziano che va non sta citando neanche uno dei Grandi Maestri C nella direzione opposta, fa un cenno di – niente Faulkner, Melville o Chaucer –, e rac- saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?”. I conta invece di pesci e di eschimesi, e sceglie di due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno ambientare il nucleo del suo monologo nel luogo guarda l’altro e fa: “Che cavolo è l’acqua?”». più anti-letterario (un supermercato affollato) nel Immaginate David Foster Wallace – le spalle tempo più anti-letterario (la fine di una stressan- tozze e asimmetriche da ex campione di tennis, la te giornata lavorativa qualunque) possibile, e da bandana bianca a raccogliere i capelli ammorbi- lì lancia ammonimenti sinistri, come «il fatto è diti dal balsamo, di una lunghezza così 80’s e che voi larueandi non avete ancora ben chiaro fuori moda da lasciare intuire una qualche scara- cosa significhi realmente “giorno dopo giorno”». manzia al riguardo –, che sale sul pulpito del «Il segreto consiste nel dare un ruolo di primo Kenyon College, di fronte alle centinaia di occhi piano alla verità nella consapevolezza quotidia- ansiosi dei laureandi dell’A.A. 2005 e dei loro na» dice Foster Wallace, mentre minuscole emi- orgogliosi genitori e fa un respiro profondo, sfere di sudore gli sbocciano sotto l’orlo della emettendo un gradevole odore di menta-da-che- bandana. Dice: «Il genere di libertà davvero wing-gum-per-smettere-di-fumare. Si congratula importante richiede attenzione, consapevolezza, sbrigativamente con gli studenti per l’eccellente disciplina, impegno e la capacità di tenere davve- risultato che stanno per conseguire e poi attacca ro agli altri e di sacrificarsi costantemente per con l’aneddoto dei pesci e con un’altra storiella, loro». Dice: «Questa è l’acqua, questa è l’acqua», di un ateo e di un credente che discutono di Dio è fatta di carrelli della spesa con le ruote sbilen- «nel cuore selvaggio dell’Alaska». Immaginate lo che, di cibi integrali, di cancri devastanti, di sbor- sbigottimento di un tronfio laureando in lettera- nie nelle residenze del campus, di dosi eccessive tura del Kenyon College che ascolta David Foster di marijuana, di persone che ci intralciano e di rs_agosto09.qxp 04/09/2009 17.41 Pagina 49

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altre che amiamo alla follia; «questa è l’acqua», pubblicazione de Il pianeta Trillafon in relazio- imparate a conoscerla, imparate a guardarla, a ne alla Cosa Brutta dice «io non ho uno scilin- sperimentarla senza automatismi. A null’altro vi guagnolo incredibile», viene da domandarsi se, a servirà la cultura se non a questo. quel tempo, fosse consapevole di mentire o se Foster Wallace è coerente. Nella sua vita di davvero non si fosse accorto di possedere lo «sci- scrittore, nei suoi romanzi, racconti, saggi e nelle linguagnolo» più irrefrenabile e sconcertante del prolisse note a piè di pagina – cui si aggiunge ora pianeta Terra. una sorprendente raccolta, Questa è l’acqua Il 12 settembre dell’anno scorso David Foster (Einaudi Stile libero), curata con delicatezza da Wallace si è suicidato con una corda al collo. Un Luca Briasco – David Foster Wallace ha conti- finale risolutivo, per uno che con i finali ha sem- nuamente analizzato l’acqua in cui era immerso, pre litigato. Un gesto di eccessiva concretezza ne ha studiato la composizione chimico-fisica e le che si è frapposto ai miei occhi e le sue pagine e proprietà colligative; ha misurato l’angolo di rifra- non mi lascia leggere in pace. Nei giorni successi- zione della luce e ha usato l’acqua stessa come vi alla morte circolavano due voci, di cui non lente deformante; ha ficcato le mani nei fondali conosco né intendo verificare la fondatezza: 1) melmosi dove si acquattano le bestie e ha pure Foster Wallace era gravemente malato, aveva scoreggiato per vedere salire le bolle, sempre con «qualcosa al sangue» e la sofferenza l’ha stronca- la tesa disperazione di chi sa che sta affogando to. 2) Foster Wallace combatteva da tempo con la eppure continua a giocare, rimpallandosi fra le Cosa Brutta, la depressione, che addomesticava mani il sasso che tiene legato al collo. Nella frase con i farmaci, ma per essere più presente e vicino che segue, sostituite «D.F. Wallace» a alla moglie ha scelto di interrompere le cure e «Solomon», e «la malattia della moglie» a «la pro- non ha resistito. pria malattia» e ve lo dirà lui stesso, con parole Lo ripeto, non so quale sia il livello di assai migliori delle mie: «Solomon ha giocato con verosimiglianza delle due versioni e non mi inte- la malattia della moglie in quel modo frenetico ressa. È lui stesso a dirlo: «Facciamo tante storie che ha di giocare con tutte le cose che lo toccano quando chi ha una “grave depressione” si suici- nel profondo. La prendeva in giro e la torturava». da. […] Errore. Perché, vedete, tutte quelle per- I sei testi di Questa è l’acqua, scritti nell’arco sone a quel punto si sono già uccise, nel senso che di vent’anni, ospitano molti dei fantasmi colorati conta per davvero». Bisogna credergli, perché le di David: la depressione, le malattie sfiguranti parole di uno scrittore come lui contengono più (soprattutto della pelle e degli occhi), le dipen- verità di qualunque sua azione. In ogni caso, io denze (soprattutto da marijuana e da farmaci), le ho scelto la mia versione, fra la 1) e la 2). Ho scel- patologie bizzarre, tipo il pianto-frequente-e-a- to quella umana e umanistica, quella dello scrit- dirotto e il vomito-ricorrente. Il suo pensiero è, tore che esorta i laureandi del Kenyon College a come sempre, rutilante e velocissimo, tenuto a «sacrificarsi costantemente», ho fatto la scelta di bada da una padronanza tecnica impareggiabile: Sophie: «D’ora in poi prenderà solo gli antidolo- a volte le dita che battono sulla tastiera non gli rifici che le evitano di smaniare peggiorando la stanno dietro e allora salta la punteggiatura, le situazione per tutti quanti. Vuole stare con suo subordinate diventano sequenze vermiformi di marito e con sé stessa. Solomon Silverfish ha aiu- parole unite da trattini e i nomi propri acronimi tato Sophie a usare la malattia per capire ciò che da decodificare. Quando il ventenne alla prima lei è e ciò che non è».

Paolo Giordano, Corriere della Sera, 30 agosto 2009

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