Inserto redazionale M.C. Agosto - Dicembre 2015 ANNO LXXVI N. 3 - 2015

REDAZIONE e POSTULAZIONE Istituto Missioni Consolata Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA Tel. 06/393821 Fax 06/3938.2255 E-mail: [email protected] Sito internet: giuseppeallamano.consolata.org EDITORIALE 3 POSTULATORE ATTUALITÀ P. GOTTARDO PASQUALETTI [email protected] Suor Irene Stefani beata 4 Brevi cenni biografici 5 REDATTORE Fama di santità 6 P. FRANCESCO PAVESE Eventi centrali della beatificazione 8 [email protected] La festa non è finita 11 Distribuzione gratuita. Suor Irene Parola di Dio 11 Il bollettino non ha Suor Irene e il beato Allamano 12 quota d’abbonamento Titoli attribuiti a Suor Irene 14 ma è sostenuto “Tutta per Dio per essere tutta per gli altri” 16 con offerte libere dei lettori SPIRITUALITÀ C.C.P. n. 39573001 intestato a: Una sedia per il Fondatore 18 MISSIONI CONSOLATA La benedizione del Padre 19 Viale delle Mura Aurelie, 11-13 STUDI 00165 ROMA Espressioni caratteristiche dell’Allamano 20 oppure: c/c N. 33405135 SULLA SCIA intestato a: Ricordi di un ragazzo 22 MISSIONI CONSOLATA O.N.L.U.S. Papa Francesco e i santi sociali 25 Corso Ferrucci, 14 SANTI 10138 TORINO Specificare sempre il motivo Tommaso D’Aquino 26 del versamento. RICONOSCENZA 30

GRAFICA In copertina - Dipinto che ritrae il beato all’età di 49 anni, P. SERGIO FRASSETTO allorché, nella villa di Rivoli (To), prese la decisione di fondare l’Istituto. Il quadro è opera di sr. Geltrude Mariani, delle Suore Francescane Missionarie di Maria. EDITORIALE

Parole del Padre Generale

Cari amici e lettori, diventava pure espressione dell’univer- questo numero di “Giuseppe Allama- salità della Chiesa. no” è dedicato principalmente a deli- Sebbene abbiano vissuto in contesti neare la figura della beata Irene Stefani, lontani e differenti, hanno espresso lo missionaria della Consolata, elevata agli stesso impegno di fedeltà a Cristo e di onori degli altari a Nyeri - - il 23 servizio alle persone più povere e soffe- maggio scorso. renti. A quell’evento ero presente anch’io, La Consolata e i due nuovi Beati, assieme a numerose missionarie e mis- Irene e Romero, sono un ulteriore invi- sionari della Consolata e a una moltitu- to a tutti noi a prendere sul serio il cam- dine di cristiani venuti da tutte le dioce- mino della santità che, come ci ricorda si del Kenya. anche il Papa Francesco: «È fatto di pic- È stata una giornata indimenticabile, coli passi!». in cui abbiamo reso gloria al Signore per Essi trasfondono in noi il loro corag- la santità di vita di questa missionaria, gio, il loro entusiasmo, la loro determi- che fu tra le prime giovani ad accogliere nazione. E Dio sa quanto ne abbiamo l’invito di Giuseppe Allamano a spende- urgente bisogno, in questi tempi di sco- re la vita per la missione, e per i meravi- raggiamento, debolezza e, a volte, addi- gliosi frutti di 100 anni di evangelizza- rittura disperazione. zione in questo paese dell’Africa. In quello stesso giorno, in America Con l’augurio di buona lettura porgo Latina, veniva proclamato beato un a tutti e a ciascuno il mio saluto con la grande vescovo e martire, mons. Oscar promessa di una preghiera alla Madon- Romero. Questi nuovi Beati univano na Consolata. due continenti, quello africano e quello americano, e davano così fondamento P. Stefano Camerlengo, IMC missionario alla loro donazione che Superiore Generale

3 SUOR IRENE ATTUALITÀ STEFANI MISSIONARIA DELLA CONSOLATA BEATA

L’arazzo raffigurante sr. Irene Stefani, mostrato durante il rito della beatificazione.

«Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci Anfo, paese natale di suor Irene. Si ritiene ha colmati di gioia» (Sal 126, 3). che nella celebrazione centrale del 23 mag- Con questo sentimento di gioia si è svol- gio 2015 la partecipazione sia arrivata a tre- ta a Nyeri (Kenya) la beatificazione di suor centomila persone nella spianata della Irene Stefani, missionaria della Consolata. “Dedan Kimathi University of Technology” «Questo è un grande giorno di gioia» ha di Nyeri. detto il card. Njue iniziando la sua omelia, Anche al di fuori delle celebrazioni si è riferendosi all’esortazione della prima lettu- respirato un clima di gioia: strade restaura- ra di Isaia: «Prorompete insieme in canti di te e illuminate, striscioni di “benvenuto”, gioia, perché il Signore ha consolato il suo vestiti, foulards, ombrelli con la figura e frasi popolo». di suor Irene, come: «Amerò la carità più di Straordinaria e commovente è stata la me stessa»; «Tutta per Gesù niente per me»; partecipazione alle celebrazioni: i fanciulli «La sua vita una luce». Così, immagini e con le loro danze, il coro di seicento perso- scritte riferite a Irene adornavano case, ne provenienti da diverse parti della dioce- automobili, pullman. Persino le bottigliette si, la viva e spontanea esultanza di vescovi, di acqua portavano cartoncini richiamanti sacerdoti, religiosi, e di tanti laici. Notevole suor Irene. anche la partecipazione di missionari, mis- Giornali, trasmissioni radiofoniche e sionarie e persone di altri paesi dell’Africa, televisive non hanno mai cessato di infor- e rappresentanti dell’America Latina e del- mare sulla preparazione della beatificazione l’Europa. Un buon numero è pervenuto dal e il suo significato, e poi sulla sua realizza- Piemonte e da , in particolare da zione. Costantemente riferivano anche

4 testimonianze di persone anziane che ave- Chiesa: è stata la prima beatificazione cele- ATTUALITÀ vano conosciuto suor Irene e di altre che brata in Africa. E per le missionarie e i mis- avevano ricevuto un aiuto dalla sua inter- sionari della Consolata si è aggiunto l’entu- cessione, evidenziando la continuità della siasmo per il fatto che suor Irene è la prima sua presenza. Alla grande gioia ha contri- a essere proclamata Beata dopo il loro Fon- buito anche la novità di questo evento di datore, il beato Giuseppe Allamano. Brevi cenni biograf ici Suor Irene Stefani nacque a Anfo (Bre- mie e il servizio di inesperti infermieri, scia) il 22 agosto 1891. Fin da giovane lasciavano libero spazio alla morte. dimostrò uno spiccato impegno di vita cri- Suor Irene Stefani passò per gli ospedali stiana e apostolica che la indusse, nel giu- militari di Voi in Kenya, e di Kilwa Kiwinje, gno 1911, a entrare nell’Istituto delle Suore Lindi, Dar-es-Salaam in Tanzania. In deso- Missionarie della Consolata. Il 29 gennaio lati capannoni venivano ammassati migliaia 1914 emise la professione religiosa e il 29 di uomini dalle piaghe maleodoranti. Suor dicembre dello stesso anno partì per il Irene, ancora giovanissima, manifestò un Kenya. indomabile coraggio, grande carità e dedi- Dopo le prime esperienze di vita missio- zione, sempre con gentilezza e volto sorri- naria nel Vicariato Apostolico di Nyeri, il 20 dente. Si mise a servirli, curarli e nutrirli nel agosto 1916, suor Irene partì per il servizio corpo e nello spirito. Si riservò la cura dei sanitario negli ospedali militari per i porta- malati più gravi, piagati e intrattabili, con tori indigeni, i Cariers Corp, arruolati forza- straordinaria forza d’animo, pazienza e cari- tamente. Sottoposti a fatiche immani, a tà. Accorreva a ogni chiamata, anche not- marce spossanti, moltissimi di loro cadeva- turna. no lungo i sentieri, morivano nella steppa o Terminata la guerra, ritornò a Nyeri, si trascinavano in uno degli improvvisati come assistente delle prime aspiranti locali ospedali militari dove lo scarso cibo, la alla vita religiosa, e dal 1920 passò alla Mis- carenza di medicinali, le infezioni, le epide- sione “Madonna della Provvidenza” di

La lunga processione di cardinali, vescovi e sacerdoti che hanno concelebrato la messa della beatificazione di suor Irene Stefani.

5 Gikondi, dove rimase fino alla morte. Con convinzione: «Non è stata la malattia a por- incondizionata dedizione si prodigò nelle tarla alla morte; l’ha uccisa l’amore». attività pastorali: insegnamento scolastico, Nel 1930, alcuni eventi riguardanti l’I- catechismo, visite ai villaggi. Accorreva sol- stituto, il Vescovo e lo stesso Vicariato, la lecita al letto dei malati e moribondi e nelle convinsero che le altre sorelle erano più capanne di quanti avevano bisogno di utili di lei. L’unica cosa che sentiva di poter aiuto. Di fronte alle necessità degli altri non fare era di offrire la sua vita. Lo fece per il

ATTUALITÀ sapeva resistere: un moto interiore la spin- bene della missione e dell’Istituto, dopo geva a soccorrere le persone in difficoltà. Di aver ottenuto il permesso dalla superiora lei si ricorda che era in continuo movimen- suor Ferdinanda Gatti. to dal mattino alla sera; sempre pronta, Il 20 ottobre cominciò a sentirsi male, «correva con qualunque tempo», «quando ma volle ugualmente accorrere nella capan- sapeva che c’era qualche ammalato, andava na di un moribondo, malato di peste, il in fretta alla sua casa». maestro Julius Ngare, che in precedenza l’a- Altrettanto travolgente era la sua ansia di veva offesa, mettendo in cattiva luce il suo annunciare Cristo. In tutte le occasioni insegnamento nella scuola per prenderne il sapeva far conoscere il Signore e il suo Van- posto. Si fermò lungamente con lui, lo gelo, esortare a migliorare la propria con- abbracciò, ne respirò l’alito che probabil- dotta di vita nella fedeltà ai propri impegni. mente la infettò. Infatti, da allora il suo Si spense il 31 ottobre 1930. Coloro che stato di salute peggiorò fino a portarla alla erano stati da lei beneficati affermarono con morte, a 39 anni. Fama di santità Suor Irene lasciò una vasta fama di san- Torino negli anni 1984-1988. Il 2 aprile tità, rimasta sempre viva, anche a distanza 2011 si ebbe il decreto sulla eroicità delle di anni. Per cui fu possibile avviare la causa sue virtù. di beatificazione e canonizzazione con due È stato quindi preso in considerazione il inchieste canoniche nelle diocesi di Nyeri e miracolo attribuito alla sua intercessione. Si

A destra: Il sepolcro con l’urna contenente i resti di suor Irene nella Chiesa del Mathari. Sotto: il fonte battesimale della chiesa di Nipepe (Mozambico) dove è avvenuto il miracolo della moltiplicazione dell’acqua.

6 tratta della moltiplicazione dell’acqua del Irene siamo salvi»; «Lei ci ha ascoltati e aiu- ATTUALITÀ fonte battesimale, di cui si servirono i cate- tati»; «È stata madre Irene a fare il miraco- chisti di varie parrocchie della diocesi di lo». Lichinga (Mozambico), riuniti per un Fu, quindi, avviato nella diocesi di incontro formativo. A causa della bellige- Lichinga, il 18-26 luglio 2011, il processo ranza tra le due fazioni Frelimo e Renamo, su questo evento ritenuto miracoloso. Furo- che seminavano devastazioni, violenza e no interpellati 31 testimoni e due periti tec- morte, rimasero segregati nella chiesa di nici. Fu anche chiesta un’indagine suppleti- Nipepe assieme a molta gente del paese. Si va per approfondire le circostanze dell’asse- trattò di circa 270 persone, tra cui molti dio e per interpellare alcuni assedianti sul- bambini, che rimasero chiuse nella chiesa l’eventuale rifornimento di cibo e di acqua nel periodo più caldo dell’anno, dal 10 al dall’esterno. 13 gennaio 1989. Trasmessa a Roma, la documentazione Non vi era nessuna possibilità di rifor- fu esaminata dai periti, dai teologi, e infine nirsi di acqua e il catechista Bernardo diede dai cardinali e vescovi del Dicastero dei il permesso di servirsi di quella del battiste- Santi. In tutti i passaggi non vi fu alcun ro, che essi non avrebbero mai avuto l’ardi- parere negativo o incerto. Si ritenne che re di toccare. Il fonte battesimale era stato «non vi è alcuna spiegazione naturale e scavato in un tronco di albero, con nume- plausibile di questo fenomeno». Tanto più rose crepe, per cui perdeva molta acqua. che «non ci fu razionalizzazione né alcuna Secondo i tecnici non dovevano esserci più economia nell’uso dell’acqua, anzi, al con- di quattro, al massimo sei litri di acqua, del trario, ci fu dispersione di acqua caduta da tutto insufficienti per tante persone. tutte le parti intorno al fonte». Si ritenne, Fu invocata suor Irene e si ebbe acqua quindi, scientificamente inspiegabile la sufficiente per tutti e non solo per bere, ma moltiplicazione dell’acqua e miracoloso per rinfrescarsi e anche per lavare una bam- quanto avvenne per intercessione della bina nata in quella circostanza e chiamata venerabile suor Irene Stefani (decreto del Irene. I testimoni continuano a ripetere 12 giugno 2014). Così, con l’approvazione ancora oggi: «Per intercessione di suor del Papa si aprì la strada alla beatificazione.

La veglia di preghiera nella chiesa di Gikondi.

7 ATTUALITÀ

Eventi centrali della beatif icazione La data della beatificazione di suor Irene Toccante fu la testimonianza di tre per- Stefani fu fissata al 23 maggio 2015. La sua sone anziane di Gikondi, che manifestarono realizzazione fu programmata su tre giorni il loro ricordo di suor Irene, il suo impegno successivi, dal 22 al 24 maggio. di carità e di evangelizzazione. Alle loro parole aggiunsero anche imprevisti canti, 22 maggio. In preparazione della beati- da lei imparati, e ripetuti con voce vivace ficazione vi fu una veglia nella parrocchia di nonostante l’età, suscitando un caloroso Gikondi, nella quale suor Irene aveva eser- entusiasmo. cittato il suo ministero negli ultimi dieci anni della sua vita. Da essa si ebbero gran 23 maggio. Fin dal primo albeggiare le parte dei testimoni oculari che avevano strade dirette alla “Dedan Kimathi Univer- constatato la sua attività e avevano «toccato sity of Technology” di Nyeri incominciaro- il suo cuore» come essi stessi dissero. Per no a brulicare di gente per la partecipazio- questo si riservò una particolare attenzione ne alla beatificazione, iniziata alle 10 del a questa parrocchia, le fu destinato il drap- mattino e durata cinque ore. Si sarebbero po con l’icona di Irene beata e il suo reli- poi stimati 300 mila partecipanti, tra cui quiario, esposti e venerati appena procla- molti ragazzi, una corale di 600 cantori pro- mata la beatificazione. venienti da varie parti della diocesi. Nella veglia si intercalarono preghiere, canti e varie presentazioni: dei Superiori Con il Nunzio Apostolico del Kenya, Generali delle missionarie e dei missionari mons. Balvo Charles Daniel, vi furono una della Consolata; di don Rutilio Nabacino, trentina di vescovi provenienti da Kenya, che portò i saluti e la partecipazione dei cri- Mozambico, Tanzania, Colombia, Italia, stiani di Anfo; di padre Giuseppe Frizzi, il oltre a quelli della Consolata, insieme ai missionario della Consolata che aveva pro- loro confratelli e alla miriade di suore mis- posto di invocare suor Irene nella situazio- sionarie della Consolata e di altri istituti. ne pericolosissima in cui erano i catechisti e Vi parteciparono anche le alte cariche altre persone segregate nella chiesa di Nipe- dello Stato: il Presidente della Repubblica pe in Mozambico; di padre Gottardo Pas- Uhuru Kenyatta; il suo vice William Rutu, il qualetti, postulatore della causa. Presidente precedente Emilio Mwai Kibaki.

8 A sinistra: uno scorcio dell’assemblea dei par- tecipanti al rito della beatificazione. ATTUALITÀ

A destra: il palco dell’altare e dei vescovi concelebranti.

Il Presidente esortò a interrogarsi di fronte la reliquia della Beata, che sarebbe poi stata al servizio umile e intenso di suor Irene, e a collocata nella chiesa parrocchiale di chiedersi che cosa potesse fare ognuno dei Gikondi. E, dopo il ringraziamento espres- presenti per aiutare e servire i fratelli e so al Papa tramite il suo rappresentante, il sorelle in necessità. card. Pengo, la celebrazione della Messa Il card. John Njue, arcivescovo di Nairo- proseguì con i nuovi testi liturgici della bi, presiedette la celebrazione, mentre il Beata. card. Pengo, arcivescovo di Dar- es-Salaam (Tanzania), rappresentò il Papa 24 maggio. Come sempre, dopo la bea- Francesco. A lui mons. Peter Kairo, arcive- tificazione si celebrò la Messa di ringrazia- scovo metropolita di Nyeri, chiese che fosse mento per il dono ricevuto. A questo, per la iscritta tra i Beati la venerabile suor Irene beata Irene fu aggiunta la traslazione dei Stefani, che esercitò prevalentemente l’atti- suoi resti mortali dalla parrocchia del vità missionaria, morì e fu sepolta nella sua Mathari alla Cattedrale della Consolata di arcidiocesi. Nyeri. Nel 1995 ne era stata compiuta l’e- sumazione dal cimitero della missione di Quindi, il card. Pengo lesse la parte della Nyeri-Mathari. Era stato in quella occasione Lettera Apostolica di Papa Francesco, del che si erano trovati i famosi “scarponi”, 13 maggio 2015, nella quale aveva procla- spesso raffigurati nella presentazione della mato che Irene Stefani, missionaria della beata Irene, e alcuni frammenti del corpo, Consolata: «Annunciatrice indefessa del Van- inseriti in una cassetta collocata nella chie- gelo di salvezza, testimone della divina carità e sa parrocchiale, meta di frequenti visite di del valore salvifico del Battesimo, d’ora in poi fedeli per invocare la sua intercessione. Con sia chiamata Beata, e la sua festa, nei luoghi e la beatificazione fu decisa la sua traslazione secondo le regole stabilite dal diritto, sia cele- nella chiesa cattedrale di Nyeri. brata ogni anno il 31 ottobre, giorno della sua Il 21 maggio 2015 era stata prelevata nascita al cielo». l’urna dal sarcofago, con un grande afflusso di fedeli che si era prolungato nei giorni Subito fu scoperto il drappo con la raffi- seguenti, di giorno e di notte. Al primo gurazione della beata Irene, acclamata con mattino del 24 maggio iniziò la traslazione grande entusiasmo. Fu il momento più dal Mathari alla Mary’s school di Nyeri, commovente e gioioso della celebrazione. che con il suo spazio consentì di celebrare Quindi, fu portata dalla Superiora Generale la Messa, presieduta dall’arcivescovo mons.

9 Peter Kairo, con la partecipazione di una cosa, avendo cura dei deboli, dei malati, decina di vescovi, molti sacerdoti e migliaia degli emarginati e di quelli che sono lonta- di fedeli. Una grande folla percorse a piedi ni. Lei ci ispiri, Signore, a spargere il profu- i nove chilometri di strada attraverso le tipi- mo del tuo amore e della tua felicità. La che colline del Kikuyu. L’urna con i resti nostra madre, Maria Consolata, ci guidi nel mortali della Beata fu scortata dai militari portare consolazione e pienezza di vita

ATTUALITÀ della “British Army” con i loro cavalli. sempre e ovunque. Amen». Un caloroso saluto fu dato ai pronipoti e Mons. Peter Kairo nell’omelia espresse il parenti della beata Irene e al pittore che ringraziamento per quanti avevano coope- aveva dipinto l’apprezzato arazzo della bea- rato alla vita della beata Irene, a partire dai tificazione. Fu ricordato anche mons. Elio genitori e famigliari fino a coloro che si Greselin, vescovo di Lichinga, assente per erano adoperati per il riconoscimento e la infermità, che aveva avviato il processo per divulgazione della sua santità, e causa di il riconoscimento dell’evento ritenuto mira- beatificazione. coloso e poi approvato. E concluse: «Laici, genitori, giovani, Dopo la celebrazione riprese la proces- bambini, cristiani, preti e religiosi, chiedia- sione con una innumerevole folla in cam- mo oggi a suor Irene di pregare per noi per- mino e altrettanta ai bordi delle strade, per ché possiamo vivere la nostra vocazione in portare alla cattedrale l’urna della beata fedeltà come laici, come cristiani, come Irene. Fu deposta sotto un altare in vetro, in suore e preti guidati dall’amore per Dio e una cappella a fianco del presbiterio, per il prossimo. Possa la beata Irene, ange- davanti a una ammirevole statua della Con- lo di carità, aiutarci ad amare te, sopra ogni solata.

In alto: danze gioiose in onore della nuova Beata. A destra: il card. P. Pengo, arcivescovo di Dar Es Salaam (Tanzania), delegato pontificio alla beatificazione, e il card. J. Njue, arcivescovo di Nairobi (Kenya), che ha presieduto la celebrazione.

10 ATTUALITÀ La festa non è f inita La preghiera e l’ammirazione per suor quando suor Ferdinanda ne diede l’annun- Irene continua ancora. Arrivano in Kenya e cio con le parole: «È morta una santa», e alla Postulazione richieste di preghiere e di poi nelle testimonianze da essa raccolte materiale per la sua conoscenza, mentre dalle consorelle, dai missionari, famigliari e molti informano su grazie ricevute. Ed è compaesani, dai laici di Gikondi. Le loro normale che sia così, perché i santi sono affermazioni sulla sua santità non sono mai uno stimolo e un grande insegnamento per venute meno. Le hanno conservate, accre- tutti i discepoli di Cristo. Sono il quinto sciute, ribadite ancora a distanza di cin- Vangelo, quello vissuto. La Chiesa fa i santi, quant’anni a suor Gian Paola Mina, in pre- ma ha anche bisogno del loro esempio e parazione della biografia di suor Irene: “Gli aiuto. Lo prova l’entusiasmo suscitato da scarponi della gloria”. Cosa che convinse beatificazioni e canonizzazioni, che sono un anche ad avviare il processo di canonizza- regalo prezioso per la Chiesa e, soprattutto, zione, arrivato ora alla beatificazione. In per la fede. Sono «autentici gioielli umani e questa occasione, molte testimonianze sono spirituali», «un capitale spirituale di inesti- state raccolte nel volume: «Hanno detto di mabile valore per il mondo e per la Chiesa», Lei. Beata Irene Stefani». Un insieme di rac- dice il card. Amato, Prefetto della Congre- conti per la conoscenza della sua vita di gazione dei Santi. missionaria santa che attestano come l’im- E, di santi, ne abbiamo bisogno per non pegno per il riconoscimento della santità fare parte delle persone rassegnate e scon- non sia stato solo di alcuni, ma di tutta la tente. Per non cadere in questo, occorre comunità più direttamente interessata, e si contemplare il volto di Cristo, riconoscibile sia espresso nell’interessamento, nella pre- in quello dei santi. Da qui parte ogni causa ghiera, nella promozione della sua cono- di canonizzazione. Così è stato per suor scenza, nella sollecitazione a richiedere la Irene fin dal momento della sua morte, sua intercessione. Suor Irene, Parola di Dio Per gli Istituti missionari della Consola- di questi modelli di fedeltà ai moti dello ta vi è ancora un altro significato della san- Spirito di Dio». tità di suor Irene. Infatti, fin dall’antichità si è affermato che ogni santo è una parola Valutazione preziosa perché viene da nuova che Dio dice alla Chiesa e all’umani- persone autorevoli che hanno constatato in tà. suor Irene un modello di missionaria della Qual è la parola che Dio dice per mezzo Consolata, come voluta dal suo Fondatore. di suor Irene? È la bellezza dell’incarnazio- Questo avvalora anche testimonianze simili ne perfetta del carisma del Fondatore, il di persone dell’Istituto, come le seguenti: beato Giuseppe Allamano. Suor Irene, è - «Non è difficile scoprire in suor Irene uno specchio delle proposte del Fondatore l’aspetto caratteristico della santità che è ai suoi missionari e missionarie. propria delle missionarie della Consolata, la Lo ha sottolineato anche il Congresso cui imitazione è possibile a tutte, nelle dei Teologi sulla eroicità della vita cristiana, nostre concrete circostanze» (suor Pieran- religiosa, missionaria di suor Irene. L’hanno gela Pulacini). «apprezzata come uno dei frutti maturi del - «Vedo in questa nostra sorella della Fondatore del suo Istituto, il beato Giusep- prima ora, attenta alla voce di Dio e alla for- pe Allamano; ne incarnò il carisma e la spi- mazione del Fondatore, una suora missio- ritualità. naria della Consolata veramente realizzata» Oggi, in particolare, si avverte il bisogno (suor Corona Nicoluzzi).

11 Suor Simona Brambilla, superiora generale delle missionarie della Consolata, assieme ad alcune consorelle, mostra la reliquia della beata sr. Irene Stefani. ATTUALITÀ

Alcuni membri della famiglia Stefani venuti da Anfo (Bs) per partecipare alla beatificazione.

Suor Irene e il beato Allamano Così, la beata suor Irene presenta e pro- ti e dobbiamo essere apostoli e possiamo, pone con la vita quello che il beato Allama- ciascuno nella sua sfera, fare conoscere e no ha avuto in mente per il suo Istituto e a amare Gesù e la sua santa religione. Fortu- cui tanto teneva. Diceva, infatti: «La forma nati quelli che hanno il coraggio di lasciare che dovete prendere nell’Istituto è quella ogni cosa per andare lontano in paesi nei che il Signore mi ispirò e mi ispira... Altri- quali Gesù non è conosciuto». E aggiunge- menti, fra tante mie occupazioni, non mi va: «Il Signore vuole tutti salvi, ma anche sarei addossata ancor questa gravissima per mezzo nostro. Pensiamo a questa della fondazione di sì importante istituzio- volontà di Dio. Non essere apatici, ma avere ne». come Gesù sete di anime». Occorre «spasi- Di conseguenza ribadiva di volere mis- mare che il Signore sia glorificato, sia cono- sionari “di un certo tipo”: quello che lui sciuto! Avere la febbre, il fuoco dell’amore aveva in mente; e suore “diverse”, perché di Dio. Ci vuole fuoco per essere apostoli. missionarie e con lo stile da lui voluto. Essendo né caldi, né freddi, cioè tiepidi, Diceva loro: «Avete l’abito differente dalle non si riuscirà mai a niente. L’uomo vive in altre suore, dovete avere pure una santità quanto è attivo per amor di Dio. Se c’è “diversa”, “eroica”, all’occasione anche amore, c’è zelo; e lo zelo farà sì che non “straordinaria”, e tendere alla perfezione poniamo riserve o indugi nella dedizione di come religiose, come missionarie, e della noi stessi per la salvezza delle anime… Non Consolata». sarà mai missionario chi non arde di questo fuoco divino. Accendiamo dunque in noi lo Questo vale anzitutto per loro, ma anche zelo per la salvezza della anime». per i loro collaboratori e, più in generale, per quanti si impegnano nell’attività missio- Suor Irene visse in pieno questa propo- naria come veri membri della Chiesa che sta. Giunta in Kenya nel gennaio 1915 con per sua natura è missionaria. Per cui, dice- il secondo gruppo di missionarie della Con- va ancora l’Allamano: «Tutti siamo chiama- solata, da poco fondate, impiegò tutte le sue

12 ATTUALITÀ

Sopra: l’enorme processione che ha accompagnato la traslazione dei resti della beata Irene Stefani dalla chiesa del Mathari alla cattedrale di Nyeri (a destra).

energie per far conoscere Gesù e il suo Van- dissimo”, “possedeva il fiore della carità” e gelo a tutte le persone che incontrava, nelle veniva qualificata come: “singolare”, scuole, nei villaggi, nelle capanne, per le “distinta”, “ammirabile”, “squisita”, “pronta, strade. Non perdeva le occasioni di annun- rispettosa, benigna”. ciare il Vangelo o esortare a viverlo con fedeltà. Questo desiderio le bruciava nel Queste testimonianze sono state deposte cuore perché aveva Dio in sé. In occasione nei due processi canonici di Nyeri e Torino, della professione religiosa scrisse: «O Gesù! dai quali viene ora l’affermazione autorevo- Se avessi mille vite le spenderei per te». Da le della sua santità con la beatificazione. Ma questa stretta comunione con Dio scaturi- prima ancora erano state ribadite con la sce la santità tanto raccomandata dal beato stessa intensità quando suor Gian Paola Giuseppe Allamano, che alle sue suore Mina, in preparazione della biografia, fece diceva: «Ricordatevi che l’opera della mis- ripetute ricerche a Gikondi, negli anni sione esige grande santità. Sia impegno di 1954, 1956, 1961, per interpellare le per- tutte farvi sante e subito sante, perché non sone che avevano conosciuto suor Irene. E possiamo salvare anime senza prima farci commentava: «È meravigliosa la freschezza santi». Suor Irene lo ha fatto e la sua beati- dei ricordi che emergono dalle parole degli ficazione sancisce che aveva Dio nel cuore e Africani. Dopo trent’anni [poi quaranta e per questo le veniva spontaneo parlare di cinquanta] parlano di lei con una commo- Dio e accorrere dai malati e bisognosi. Di zione viva, come per una visione chiarissi- fronte alle necessità degli altri non sapeva ma scolpita nel cuore… Fatto meraviglioso, resistere. E si attesta che «era l’amore per tanto più che nessuno di noi tentò mai di Dio a spingerla», e a portarla alla morte. E rinfrescare la memoria della gente a propo- ancora oggi una litania di testimonianze la sito di suor Irene». Impressione suscitata ricordano: “segretaria dei poveri”, “angelo anche, come ho già ricordato, dalle persone di carità”, “buona mamma dei neri”, “piena anziane che hanno parlato e cantato nella di premure per tutti”, “con un amore gran- veglia a Gikondi.

13 Titoli attribuiti a Suor Irene Piace ricordare alcune parole e espres- questa piazza fosse piena di gente e chiede- sioni spesso usate dai testimoni per indica- ste qualcosa di suor Irene non udireste che re «l’intimo sentimento che induceva la una voce: “Suor Irene era buona”. Nessuno Serva di Dio ad agire in un determinato direbbe il contrario» (Consolato Ndoru). ATTUALITÀ modo». Il Tribunale ecclesiastico di Nyeri Un altro ricorda: «Sentivo dire che la sua ne sottolineò il valore e preferì riferirle nella bontà andava aumentando di intensità» lingua kikuyu: (Johana Ndungo). Di qui deriva la convin- - Mwendi Andu: «Colei che vuol bene a zione che è con Dio e merita di essere invo- tutti». cata come santa: «La prego di aiutarmi, per- - Tha: «Colei che ha pietà, tenera mise- ché credo che è in paradiso per la sua ricordia, premura verso gli altri». bontà» (Berarda Murugi Murai). «Suor - Jukò: «Scattante come una molla a Irene era molto buona aiutava tutti; non ogni chiamata»; «andava dappertutto anche c’era un posto dove lei non prestasse le sue lontanissimo, velocemente, da tutti, pagani cure. Ella stette nella mia capanna per un e cristiani, sempre quasi correndo» su e giù lungo tempo; quando ero ammalata veniva per le colline del Kikuyu; «si vedeva che era a vedermi tre volte ogni notte… Suor Irene l’amore per Dio a spingerla». non aveva nessun nemico per la sua gene- - Sister wa: «Suora vera, autentica». rosità e gentilezza, per la sua grande bontà. - Njamba: «Coraggiosa, aveva il corag- Non aveva niente di male, era completa- gio di Dio. Aveva una grande fede». mente buona. Non ho altro da dire perché - Buona: «Suor Irene era molto buona; tutto in lei era buono» (Irene Wanjira). quanto mai buona. Era tanto piena di bontà - Nyaatha: «Madre misericordiosa» che la riversava fuori; era perfettamente parola diventata il titolo comunemente buona» (Irene Wariara Macharia). usato per indicarla, scoperto solamente Quando gli africani dicono che suor dopo la sua morte, quando si riferì che Irene era “buona”, e lo ripetono continua- «molta gente, vicina e lontana dalla missio- mente, equivale ad affermare che era santa, ne la conosceva solo con questo nome: totalmente buona. Un testimone dice: «Se Nyaatha. Suor Irene quando vedeva uno nella sofferenza era presa da compassione e piange- va, cercava di fare tutto quello che poteva per aiu- tarlo. Molti venivano alla missione a confidarle le loro pene, perché lei era la madre di tutti» (Bernard Mugambi). Il Vescovo Gatimo

Era folta la presenza di missionarie della Consolata, giunte da ogni parte del mondo in Kenya per partecipare alla beatificazione di suor Irene Stefani.

14 ATTUALITÀ cercò in vari modi di far comprendere il nelle capanne di chi aveva bisogno di aiuto. significato profondo di questo titolo, che E tutti, anche quando non erano ancora cri- non indica soltanto la carità verso i malati e stiani, percepivano che «era l’amore per Dio quanti si trovavano in necessità, ma il modo a spingerla». di esercitarla. Si impegnava per gli altri con dedizione materna, bei modi, rispetto, deli- L’annuncio del Vangelo, disse ancora il catezza, dolcezza e affabilità, senza fare card. Njue, si concretizza «nella vita del cri- distinzioni. Era la “mamma tutta misericor- stiano. Si realizza quando diamo da man- dia”, la misericordia personificata. giare agli affamati, vestiamo i poveri, ci Per un altro Vescovo di Nyeri, mons. prendiamo cura dei malati e dei bisognosi, Nicodemus Kirima, Nyaatha «è più che un quando serviamo il popolo disumanizzato nome; è un programma, un progetto di vita da ogni sorta di schiavitù e quando aiutia- pienamente e intensamente vissuta. Questa mo a migliorare le condizioni di vita degli missionaria della Consolata era piena di altri. Ciascuno di noi ha la possibilità di fare bontà, amabilità, mitezza e gentilezza, come questo secondo il proprio stato di vita. lo era Cristo e la Beata Vergine Maria. In Quando serviamo i nostri fratelli e sorelle in questo modo divenne donna, madre, crea- umanità serviamo Dio, come infatti si dice: tura di misericordioso amore». “servire l’umanità è servire Dio”. Questo è il - La nostra suora: altro titolo molto lieto annuncio testimoniato da suor Irene. significativo ricordato da Elia Karugo, cate- Quando lei andava gioiosa per le strade del chizzato da suor Irene e divenuto poi suo villaggio, per catechizzare, insegnare, cura- aiutante. Sinteticamente si dice che si era re i malati, fare la segretaria dei poveri aiu- identificata con quelli di Gikondi; era tandoli a comunicare con i propri cari e con diventata una di loro. Questa è una tradi- gli amici, la gente sperimentava l’amore di zione abbondantemente attestata. Suor Gio- Dio. I suoi scarponi di gloria ci ricordano vanna Wambui, delle Suore di Maria Imma- che in verità i piedi del messaggero del colata, che lavorò parecchi anni a Gikondi Lieto Annuncio sono benedetti». dice: «Ebbi modo di vedere che la gente la ricordava molto e diceva parecchie cose su Suor Irene è un tesoro per il Kenya. Si è di lei. Dicevano che non avevano visto fatta promotrice del bene spirituale e anche un’altra suora come lei… era speciale». materiale di questa terra, con l’annuncio del Vangelo e la carità verso i malati, i bisogno- Di affermazioni simili ce ne sono tante. si, i poveri e gli abbandonati. Per questo è Con esse sono indicati vari aspetti del suo ricordata come “loro” suora anche nella essere “speciale”. Eccone ancora alcune: intercessione per tutte le difficoltà e neces- «Andava fuori nei villaggi, insegnando sità. Era l’auspicio di mons. Gatimo all’av- molte cose alla gente e aiutandola»; «Era vio del processo per la verifica della sua più compassionevole, aiutava la gente e si santità, e riaffermato dallo stesso tribunale sacrificava in tante maniere. Si commuove- di Nyeri nell’inviare a Roma i documenti e va quando vedeva persone ammalate»; «Era le testimonianze raccolte: «Siamo convinti unica nel voler bene a tutte le persone in che il riconoscimento della santità di questa ugual modo» (B. Mwaniki). «Era tutta missionaria sia una valida proposta, special- occhi, tutta mani, tutta piedi, tutta cuore, mente a questa giovane Chiesa per cui ha tutta sacrificio, per compiacere e servire il speso la vita, e che cerca modelli a cui ispi- prossimo, non facendo distinzione di car- rarsi per la sua crescita». nagione; essa non era mai stanca, purché Le attestazioni manifestate in occasione tutti stessero comodi» (Rosa Margarino). Di della beatificazione confermano che per la fronte alle necessità degli altri non sapeva gente suor Irene è ancora: «La nostra suora, resistere. Accorreva a ogni ora del giorno e che ci è di esempio e ci aiuta. È la nostra della notte al letto di malati e moribondi, e santa!».

15 «Tutta per Dio per essere tutta per gli altri»

La beatificazione di suor Irene è stata sionaria, in modo totale, senza eccezioni, anche “Festa della Missione”, sottolineando ripensamenti, rimandi. Anche i Periti teolo- che santità e missione sono inseparabili. gi delle Cause dei Santi sono stati colpiti

ATTUALITÀ Questo è un altro principio basilare del dalla constatazione che «non conosceva beato Allamano. Con insistenza egli ripete- limiti nella sua donazione a Dio e alle va: «Noi dovremmo avere per voto di servi- anime». re le missioni anche a costo della vita». Ma Stessa convinzione è ribadita dai testi- per farlo occorre avere il “fuoco” dell’amore moni: per Dio. E aggiungeva ai missionari: «Non - «Nel suo cuore non aveva altro che Dio sarà mai missionario chi non arde di questo e i suoi figli ai quali farlo conoscere». fuoco divino». Ed ecco la conseguenza: - «Viveva per la salvezza delle anime… «L’opera della missione esige grande santità. Il suo comportamento dimostrava che era Non basta una santità mediocre. Vi voglio convinta di essere in Africa prima di tutto e santi e, come missionari, santi in modo soprattutto per annunciare il Signore. Tutto superlativo», perché «le anime si salvano il resto passava in secondo ordine». con la santità. Senza questa non sarete che - «Si era resa vivamente conto che in ombra di missionari». Discorso analogo alle questo consisteva la sua vocazione: lavorare sue missionarie: «Ricordatevi che l’opera instancabilmente, come missionaria, per il della missione esige grande santità. Sia bene delle anime, senza badare a sacrifici, impegno di tutte farvi sante e subito sante, fatiche e a volte anche rifiuti e offese». perché non possiamo salvare anime senza - Il giornale della diocesi: “Wasiomo prima farci santi». Mokinyu”, alla sua morte scrisse: «Non aveva altro pensiero che quello di evange- Suor Irene lo ha fatto. Volle essere «tutta lizzare e di annunciare Cristo». di Gesù» per farlo conoscere. Sono i due obiettivi fondamentali sui quali ha imposta- Con questo anelito, dopo le faticose ore to la sua vita: collegare la più intima unione di scuola, correva velocemente, “volando” con Dio alla più intensa attività missionaria. su e giù per le colline per incontrare la È il binario che la beata Irene ha percorso gente, invitare alla scuola e al catechismo, durante tutta la sua vita: essere santa e mis- curare i malati, soccorrere le partorienti, salvare i bambini abbandonati nella brughiera. Seguiva con amore i suoi ‘figli’ che emigra- vano lontano, a Nairobi, a Mombasa, o dispersi in altri villaggi, intessendo con loro una nutrita corrispondenza, secondo le possibilità di allora. Fece da segretaria tra loro e le

«Tutta per Gesù, niente per me»: tra la folla numerosi erano gli stendardi e gli striscioni riferiti alla nuova Beata.

16 ATTUALITÀ famiglie, esortando a perseverare nella vita gentes” esige missionari santi. Non basta cristiana. Riservava a questo le ore della rinnovare i metodi pastorali» o altre inizia- notte, dopo faticosissime giornate, al flebile tive. «Occorre suscitare un nuovo “ardore lume della lanterna. di santità” fra i missionari e in tutta la comunità cristiana». Giovanni Paolo II Fu fedelissima alla visita giornaliera ai affermò anche che questo è il termometro villaggi: impegno originale dei missionari per valutare la qualità di vita cristiana delle della Consolata, codificato per l’avvio della persone e delle comunità perché «la spinta loro missione in Kenya; e poi fatto proprio missionaria è sempre stata segno di vitalità, anche dalle Missionarie. È il metodo del mentre la sua diminuzione è segno di una contatto personale, che fin dagli inizi del crisi di fede» (Lettera Enciclica “Redempto- cristianesimo favorì la diffusione del Vange- ris Missio”, 2, 90). lo, propagato capillarmente negli incontri con la gente nelle occasioni ordinarie della Nella celebrazione della beatificazione, il vita. Suor Irene contattava tutti quelli che card. Njue concluse così l’omelia: «Noi incontrava senza fare distinzioni: battezzati, abbiamo suor Irene che ha camminato su pagani, vicini e lontani. Tutti le volevano questa nostra terra, qui in Kenya, come un bene e erano recettivi. Da parte sua «parla- nostro modello da imitare… Attraverso la re di Dio le era naturale come il respiro» sua beatificazione anche noi siamo chiama- (Wangiu). ti a divenire santi… La beatificazione di suor Irene è come uno slancio nella promo- Tutto ciò attesta che suor Irene seppe zione di vocazioni e di zelo missionario. È incarnare il principio carismatico del Fon- un invito ad avere più entusiasmo nella datore. Egli esortava a farsi santi e sante proclamazione del Vangelo. È una chiamata «per salvare il maggior numero di anime». alla generosità missionaria, a restituire quel- E suor Irene fece suo questo obiettivo: lo che abbiamo ricevuto gratuitamente pro- «farmi sempre più santa perché sarà in pro- clamando il Vangelo in qualsiasi stagione, porzione della mia santità che potrò coope- incominciando da dove siamo». rare alla salute delle anime». E proprio per È un ulteriore invito a guardare alla la sua santità è stata la “grande evangelizza- beata Irene, per imitarla e pregarla. trice”. P. Gottardo Pasqualetti, IMC Postulatore Questo collegamento indispensabile tra santità e missione è richiama- to anche dal magistero recente della Chiesa. La santità è con- siderata «un presupposto e una condizione del tutto inso- stituibile perché si compia la missione di salvezza della Chiesa». Per cui: «La rinnova- ta spinta verso la Missione “ad

Tre protagonisti della beatificazione di suor Irene: p. Giusepp Frizzi, parroco di Nipepe (Mozambico), testimone del miracolo della moltiplicazione del- l’acqua; p. Gottardo Pasqualetti, postulatore della causa e sr. Simona Brambilla, madre generale delle missionarie della Consolata.

17 SPIRITUALITÀ Una sedia per il Fondatore Anche oggi i missionari e le missionarie della Consolata mantengono con il Padre Fondatore un rapporto di fedeltà molto stretto, perché seguendo il suo spirito hanno una garanzia certa di autenticità del loro servizio apostolico. Un esempio recente è quello di suor Sharon De Blois. Sharon De Blois, giovane statunitense, ria preparazione, nel 1977 divenne missio- infermiera professionale, volle fare un’espe- naria della Consolata. rienza come volontaria nello Yemen, quan- In Kenya lavorò con generosità e si do era in stato di guerra. Nell’ospedale impegnò come insegnante delle studentesse incontrò un medico del Cuam, il quale, infermiere, comunicando loro, oltre alle sentito il suo desiderio di diventare ostetri- nozioni infermieristiche, la sua passione ca, le indicò come luogo ideale il Kenya, che esprimeva in questo motto: «Dio ti ove avrebbe potuto prepararsi e poi opera- ama». re. Vi andò volentieri. Ottenuto il diploma, Purtroppo, presto si ammalò e le fu dia- scelse come volontaria il “Nazareth Hospi- gnosticato un linfocarcinoma ai polmoni. tal” tenuto dalle missionarie della Consola- Mentre stava aspettando di andare in Italia ta. Là incontro suor Leonella Sgorbati, in per ulteriori indagini, le consorelle andava- seguito morta martire in Somalia, di cui è no a trovarla per tenerle compagnia. Andai iniziata la causa di beatificazione, con la anch’io e volli sedermi accanto a lei nella quale strinse una fraterna amicizia. Da lei sedia vicina alla sua. Sorridente mi disse: conobbe il carisma della “consolazione” che «Per favore, accomodati sulla sedia accanto il beato Allamano aveva trasmesso ai suoi alla finestra, perché questa vicino a me è missionari e missionarie. Fece presto ad riservata al Padre Fondatore». Fui commos- entusiasmarsi di questo carisma, perché sa di fronte a tanta semplicità. Lei sola sape- corrispondeva pienamente a va che lì, molto vicino, era sedu- quanto lei sentiva nel cuore e to il Fondatore, mentre noi non desiderava realizzare nella pro- ce ne accorgevamo. Non osai pria vita. Così, dopo la necessa- domandarle che cosa si dicesse- ro, ma compresi perché questa sorella era sempre serena e non si lamentava del suo male. Abbiamo tanto pregato per la sua guarigione. Questo era il suo pensiero sulla vita e sulla morte: «La mia vita è stata veramente un dono e spero di averne dato un pezzetto agli altri lungo il cam- mino. Non importa quanto tempo vivi. Ciò che fa la differenza è l’intensità con cui viviamo e l’attenzione e l’amore che donia- mo agli altri». Il 19 agosto del 2002 sr. Sharon andò in Cielo, accompagnata dal Padre Fondatore. Suor Francesca Romana, MC

Sopra: la poltroncina usata dal Fondatore nelle conferenze alle suore. A lato: suor Sharon De Blois.

18 SPIRITUALITÀ La benedizione del Padre L’Allamano usava terminare i suoi incon- notte venivano altre due sorelle. Il giorno tri individuali o comunitari con i missiona- 15 febbraio, verso le sei di sera, mentre io ri e le missionarie, come pure i suoi scritti, attendevo ad altro nello studio, suor Emilia offrendo la benedizione. Per i figli e le figlie, venne a chiamarmi perché il Padre mi bene- tutti ancora molto giovani, questo gesto del dicesse. Andai e mi inginocchiai presso il padre era motivo di gioia e soprattutto di suo letto. Egli disse: “Vi benedico”. Suor incoraggiamento. Emilia esclamò meravigliata: “Ma, Padre, suor Rita è sola. Perché dice: vi benedico!”. Generalmente terminava le sue lettere Il Fondatore rispose: “E i suoi fratelli?”. con espressioni come queste: «Coraggio, Voleva alludere ai miei due fratelli missio- prega per me e di gran cuore ti benedico»; nari in Africa. Fu l’ultima sua parola, anche «Ti mando sempre la mia benedizione»; se quella stessa sera passarono in molti per «La benedizione della Consolata che vi baciargli la mano: padri, suore e studenti». imparto di cuore vi confermi nei santi pro- positi». Anche quando doveva riprendere La seconda testimonianza è di suor qualcuno per certi atteggiamenti che Paola Rossi, che lo assisteva: «S. E. non approvava, l’Allamano non Mons. Perlo che ogni giorno fu al negava la “solita” benedizione di suo capezzale e che da questo padre. Ecco un esempio molto momento più non lo abbando- significativo: «Ti parlai con nò, presenti tutti i Missionari e amore di padre, e tu accetta il le Suore, chiese all’amato mio scritto con buon animo. Padre morente l’ultima pater- Ti benedico». na benedizione per tutti, vici- ni e lontani. “Padre, gli disse, Anche le conferenze dome- ci sono tutti i Missionari e le nicali quasi sempre si conclu- Suore che domandano la sua devano con parole di benedizio- paterna benedizione allo scopo ne come queste o altre simili: di raggiungere i fini per cui Lei «Pregare molto il Signore che vi dia ha fondato l’Istituto: la propria la sua grazia... e vi dò la benedizione»; santificazione e la salvezza di moltissi- «Là, preghiamo, ed io vi benedico!»; «Io vi me anime”. Il Ven. Padre accennò di sì, dò la mia benedizione, ed il Signore la con- cercò, in uno sforzo supremo, di alzare la fermi per me, per i nuovi sacerdoti, per sacra destra che sempre si era alzata bene- tutti!». Salutando i partenti, spesso li inca- dicente sopra di noi, ma subito la lasciò ricava di comunicare la sua benedizione ai cadere. missionari in Africa: «Dite che preghiamo, Allora Mons. Perlo, in suo nome, impar- viviamo di loro e con loro...; che li benedi- tì su tutti inginocchiati e profondamente co tutti i giorni». commossi, l’ultima benedizione del Padre morente. Poi passammo tutti ad uno ad uno È interessante notare che la benedizione a deporre su quella sacra destra il nostro dell’Allamano fu sempre ritenuta come un affettuoso bacio con le labbra tremanti e gli dono prezioso. Ecco due testimonianze che occhi pieni di lacrime, che ormai più pote- riguardano gli ultimi momenti della sua vamo trattenere». vita: la prima è di suor Rita Maletto, che L’Allamano, anni prima, aveva fatto que- aveva pure due fratelli in missione: «Suor sta promessa: «Dal Cielo, vi benedirò anco- Emilia ed io eravamo di turno per assistere ra di più». il Padre Fondatore durante il giorno. Per la A cura della Redazione

19 STUDI Espressioni caratteristiche nelle lettere dell’Allamano È sempre piacevole e utile rileggere le lettere dell’Allamano, specialmente quelle inviate ai mis- sionari e alle missionarie. In esse si scopre un padre equilibrato e affettuoso, come pure una guida sicura, decisa e un attento educatore. In questa rubrica che iniziamo riportiamo alcune espres- sioni tratte dalle lettere, suddividendole per argomenti. Il suo equilibrio nella direzione Da Torino l’Allamano guidava la vita e Teologo [F. Perlo] crede convenienti». l’attività dei suoi missionari anche in Africa. In missione si sentì subito la necessità di Per i suoi figli questo atteggiamento era una trovare collaboratori locali. L’Allamano era garanzia. Sapendo però che quanti erano pienamente d’accordo, anzi spingeva per- sul posto conoscevano meglio la realtà loca- ché questo progetto si realizzasse presto. Fa le, spesso preferiva affidare al loro giudizio onore a quel drappello di giovani apostoli l’esecuzione delle direttive che impartiva. di avere pensato subito ai catechisti, radu- Ecco qualche esempio. nando dei giovani volenterosi in una specie di collegio per prepararli al loro compito. Appena i primi missionari giunsero in Da Torino l’Allamano diede disposizioni Kenya, l’Allamano li raggiunse con numero- precise su come trattarli, ma non intese si scritti. Intendeva incoraggiarli, come legare le mani ai missionari. Così precisò il pure guidarli, senza però assillarli con suo pensiero a don Gays, il 3 aprile 1903: norme precise e intoccabili. Possiamo dire «Se però così facendo vi alienate affatto che proponeva un ideale di vita e di azione, questi ragazzi, scrivetemi tutto il pro e il lasciando però ai suoi figli la libertà di deci- contro, e vedrò». dere come realizzarlo. Così scriveva al p. Tommaso Gays, assegnato da lui stesso Lo stesso giorno, l’Allamano inviava uno responsabile del gruppo, il 30 luglio 1902, scritto al p. Borda Bossana, giovane missio- quando quei giovani erano arrivati sul nario giunto in Kenya con la seconda spe- posto solo da due mesi: «Nella sua lettera dizione, pochi mesi dopo la prima. Anche a mi dice che dovete fare qualche variante lui assicurava la sua vicinanza, offrendo un alle nostre consuetudini ed all’orario con- paterno incoraggiamento, e lo voleva felice, forme all’esperienza di codesti Padri; fate libero e responsabile negli impegni di ogni quanto stimate meglio nel Signore, dopo giorno da vivere assieme ai suoi compagni aver pregato ed aver conferito insieme voi di missione: «Lei ben capisce come il mio due [lui e don Filippo Perlo]. Ad ogni cuore è con voi per aiutarvi a rendervi santi modo vi sia sempre la sostanza delle nostre missionari. Io non mi lusingo che per quan- regole e soprattutto lo spirito dell’istituzio- to buon volere abbiate, tuttavia verranno i ne. Durante i miei Esercizi a S. Ignazio ho giorni neri ed i momenti di scoraggiamento composto il “Direttorio” richiesto dal rego- inevitabili nella vita umana, particolarmen- lamento. Dopo la necessaria prova, vi man- te del missionario. Attendete alle vostre derò copia del medesimo perché ne osser- comuni devozioni. In queste, per quanto viate ciò che è possibile». E nel settembre sia desiderabile l’uniformità, non siate successivo: «Quanto alle pratiche di comu- schiavi da non ritardarle o farle da soli per nità tenga fermo alla sostanza e come già le accudire i lavori. Io desidero tra voi carità e scrissi faccia i mutamenti che d’accordo col grande tolleranza e spirito di allegrezza».

20 STUDI

Mentre il lavoro missionario prendeva il sapere operare per mano altrui anche con forma sempre più concreta, l’Allamano sen- qualche difetto nell’esito delle opere. [Dopo tiva la necessità di conoscere meglio le avere dato alcuni consigli]. Faccia come situazioni vere nelle quali si trovavano i crede bene non avendo che in mira la glo- suoi figli, che erano ancora all’inizio della ria di Dio». loro esperienza. Era convinto di dovere continuare ad offrire il suo apporto concre- Si potrebbe continuare a riportare esem- to con direttive precise, ma conosceva pure pi su questo tema, anche negli anni succes- il rischio di rimanere al livello teorico, poco sivi. Ho preferito fermarmi a queste espres- utile per lo sviluppo della missione. Aveva sioni dei primi tempi della missione, perché sempre più bisogno di essere informato. indicano come l’Allamano avesse le idee Con don Gays il 18 settembre 1903 insi- chiare fin dall’inizio. Lui aveva la coscienza steva con queste parole: «Mi scriva più di essere la guida scelta da Dio per fondare sovente e più a lungo. In ogni cosa non e guidare l’Istituto, ma era anche convinto dobbiamo che cercare il maggior bene e la che i suoi missionari fossero giovani gloria di Dio; che se talora le mie disposi- responsabili, generosi e capaci di offrire al zioni potrebbero essere migliori, basta che loro Superiore, a Torino, degli ottimi sugge- siano buone in attesa di migliorarle quando rimenti. Si trattò di collaborazione vera tra lo creda, in seguito a ricevere maggiori padre e figli. cognizioni locali. Mi scriva in proposito le P. Francesco Pavese, Imc sue e altrui idee in dettaglio sul tenore di vita interno spirituale e corporale e sulle opere di ministero da incominciare, come scuole, cure mediche, lavori e predicazioni, ecc.». Purtroppo il p. Gays, che risultò un otti- mo missionario fino alla fine della vita, allo- ra non si sentì più in grado di portare avan- ti la responsabilità che l’Allamano gli aveva affidato. Così venne nominato responsabile del gruppo don F. Perlo, giovane molto dotato, dinamico e intraprendente. L’Alla- mano lo conosceva bene, avendolo avuto vicino per anni nel Convitto Ecclesiastico. Il 23 dicembre 1903, gli spedì una lette- ra molto paterna, sia per tranquillizzarlo, perché doveva portare avanti la doppia responsabilità di superiore del gruppo e di amministratore, e sia per invitarlo a riguar- darsi e non volere fare tutto da solo: «Ma in questo [l’abbinamento delle due cariche] io trovo un tratto di Provvidenza, che consiste nell’unità di viste e di azione tanto necessa- ria in principio delle nostre missioni. Lei non si consumi in lavori e viaggi faticosi, ma operi per mezzo di tutti; è da prudente

Al centro: il can. Giacomo Camisassa in visita alle missioni d’Africa. A sinistra: don Gays, primo responsabile dei missionari in Africa.

21 Ricordi di un ragazzo: “Il Signor Rettore” Padre Vladimiro Bazzacco Imc (1911-2002), proveniente da Pederobba, Treviso, entrò nella

SULLA SCIA Casa Madre a Torino, all’età di 13 anni, nel 1924 e così poté conoscere il Fondatore per la dura- ta di «16 mesi e 16 giorni» come lui stesso volle precisare. Compiuti gli studi regolari nei semi- nari dell’Istituto, fu ordinato sacerdote nel 1934 e, tre anni dopo, venne destinato in Etiopia. In missione si impegnò con generosità e vi rimase fino a quando, nel 1943, fu espulso, perché ita- liano, a causa della seconda guerra mondiale. In Italia svolse diverse attività, soprattutto a livello di amministrazione economica. All’età di 70 anni, attratto dai suoi antichi ricordi e saputo che poteva essere ancora utile, rispolverò la lin- gua amarica e ritornò con entusiasmo in Etiopia, dove rimase dal 1981 al 1986. Qui viene riportata parte della sua conversazione tenuta alla comunità dei missionari di Dubli- no, nel febbraio 1981, durante la quale raccontò con semplicità alcuni suoi ricordi sul Fondato- re. Lo stile è stato conservato nella sua semplicità.

«Io ho conosciuto Ci diceva qualche il Fondatore. Io l’ho cosa e ci congedava visto. Ho parlato a sorridente. lui. Lui ha parlato a me. A lui ho letto una Le conferenze. letterina di benvenu- Nella posizione di to. Lui mi ha bene- maestro e di padre, lo detto. Gli ho baciato rivedo ancor ora, la mano sul letto di dopo cinquantasette morte. Ho pregato in anni, seduto in catte- ginocchio davanti alla dra. Era sua abitudi- sua salma assieme alla ne tenere le conferen- folla orante. L’ho ze periodiche alle accompagnato al suore, ai chierici pro- cimitero, come un fessi, ai novizi e, eroe che ha vinto le negli anni preceden- molte batta- glie. Era ti, anche ai ragazzi un santo, è un santo. del Piccolo Semina- rio. Lasciava le occu- Come e quando pazioni di rettore del ho visto il Fondato- santuario e del con- re. Nell’ottobre del 1924 ero già a Torino. vitto e si occupava premurosamente della L’Allamano non lo vidi subito. Ogni sabato sua mansione di padre per la buona cresci- tutto il Piccolo Seminario andava alla Con- ta dei figli. solata. Dopo la visita alla Madonna, si sali- Lo ricordo in una conferenza di un tardo va un grande scalone, si sostava inquadrati pomeriggio tenuta nello studio dei ginna- in un corridoio e si attendeva qualche siali, un grande salone con banchi e catte- minuto in riverente, moderato silenzio. Il dra al fondo. Venne cambiata la sistemazio- “Signor Rettore” usciva dalla sua stanza, ne solita dell’ambiente. Si spostò la cattedra scambiava qualche parola con gli assistenti, al centro del salone con i banchi in riga. Gli poi passava da tutti con caramelle e dolci. eravamo di fronte e di fianco. Tutti poteva-

22 SULLA SCIA SULLA mo sentire bene le sue parole. Attirato dalla mia voce di piccolo strillo- Ci parlava pacato e sereno, con voce ne, il Fondatore si fece vedere con volto franca, senza toni. Era incisivo, assumeva la sorridente da una delle finestre del Convit- figura di un papà tra i figli più che non to. Lo vidi come in un ritratto, incorniciato quella di maestro. Ci teneva desti, nessuno dalla finestra. Non si sporgeva fuori, era pareva distratto. Ricordo di essermi accorto ritto in piedi con chiaro risalto del volto, della sua preoccupazione quando disse reso più evidente dal fondo scuro del vuoto all’incirca queste parole: “Siete in tanti, la retrostante. Mi sorrideva ed approvava con vita è costosa, metto di tasca mia, però se cenni del capo. sarete buoni la Madonna provvederà”. Vacanze a Camerletto. Trascorremmo Il tempietto del cortile. Il vero primo le vacanze estive del 1925 a Camerletto, un incontro personale con il Fondatore lo ebbi castello nel territorio di Casellette, a 18 km. quando gli assistenti, profittando di una sua da Torino. Casellette era un piccolo comu- presenza in Casa Madre, gli fecero visitare la ne ai piedi del monte Musinè, sulla sponda realizzazione di un grazioso tempietto sinistra della Dora Riparia. Il castello, anti- costruito in onore della Madonna. Il tem- ca dipendenza della abbazia della Novalesa, pietto, circondato da aiuole con accanto richiedeva restauri urgenti e modifiche, per una pianta di albicocche, sorgeva a ridosso le quali eravamo tutti impegnati, secondo le del muro che separava il cortile dall’orto. capacità dei singoli. Il lavoro terminava Davanti al tempietto si compivano le devo- sempre in anticipo per l’ora del bagno nella zioni esterne di comunità: mese mariano, Dora. processioni, recita di componimenti e poe- In un pomeriggio di quell’estate, mentre sie mariane. eravamo già di ritorno dal fiume, si sparse Il “Signor Rettore” nel cortile si intrat- la voce: il “Signor Rettore”, arriva il “Signor tenne con gli assistenti. Fu allora che un Rettore!”. Era lui, su una carrozza trainata crocchio di studenti lo circondò e tra costo- da un cavallo, proveniente da Rivoli. Venne ro c’ero anch’io. Mi domandò chi ero, da all’improvviso a farci visita e a vedere il dove venivo. A qualche altro, da lui ben castello. conosciuto, chiedeva notizie dei familiari. Il In un batter d’occhio i più coraggiosi lo suo era un colloquio paterno ricco di sere- incrociarono e s’aggrapparono alla carrozza nità e affabilità; non metteva soggezione, per farsi trainare. Il “Signor Rettore” con il pareva non avesse altra occupazione a cui suo sorridere sembrava compiacersi. Non attendere e metteva interesse al suo dire. ero tra costoro, ma li precedetti di corsa per riporre presto il costumino e mettermi il Piazza Consolata. Il compiacimento del vestito bello, come ci venne suggerito. La Fondatore l’ebbi nella piazza della Consola- visita del Fondatore portò aria di festa. Il ta in occasione della prima numerosa par- grappolo di “apostolini” abbarbicati alla tenza di missionari e suore per la Somalia. carrozza poteva essere motivo di disappro- Era una giornata di festa, con molto movi- vazione, di sgridate. Tutt’altro: solo il coc- mento di persone dentro e attorno al san- chiere dava avvertimenti, mentre l’Allama- tuario: solenne funzione per la consegna no continuava a sorridere con gesti di salu- del crocifisso ai partenti. Il bollettino men- to a tutti. sile “La Consolata” usciva in edizione spe- ciale, formato grande, con molto rilievo per In poco tempo ci trovammo al completo i ritratti dei partenti. Al contatto con il pub- e vestiti ammodo, seduti sul muretto del blico (mentre vendevo il bollettino), impa- cortile che porta alla cappella. Tra il nostro rai allora una delle prime parole piemonte- battimani comparve il “Signor Rettore”. Gli si: “vaire (quanto costa)”? - con la risposta: assistenti lo invitarono a sedere su una sedia “quat sold (quattro soldi)”. a sdraio, quanto di meglio si poteva trovare

23 Padre Vladimiro Bazzacco in Etiopia con un gruppo di donne e bambine. SULLA SCIA

tra le suppellettili di quel vecchio maniero. compiacimento. Ricordo il movimento di cuscini che gli assistenti tentavano di mettergli alla schie- Rivoli e l’uva. Ogni settimana, normal- na, ma lui li rifiutava. Ecco il “Signor Retto- mente al giovedì, si aveva la passeggiata re” al centro del cortile, più in là un ombro- lunga. Bisognava allenarsi in vista delle so ippocastano, poi la cappella attribuita future marce in Africa. La venuta del Fon- all’architetto Juvarra. Tutti noi di fronte a datore fu gradito motivo per restituirgli la lui. Ci vedeva e sorrideva. visita ed avere la passeggiata lunga fino a Momento suggestivo e solenne: il verde Rivoli. Conoscevamo bene la villa del Padre dei prati, il bosco, il gorgheggio degli uccel- Fondatore a Rivoli. Durante l’anno era meta li, l’alta montagna del Musinè con la croce mensile da Torino. massiccia. Era questa la mia occasione. Ci venne data libertà di scegliere l’itine- Eccomi davanti a lui con una letterina tra le rario. Ci dividemmo in tre gruppi: chi pre- mani per dargli il benvenuto e dirgli il feriva passare a monte, chi a valle e chi a nostro grazie e la nostra gioia di trovarci in guado attraverso la Dora. Il mio gruppo, vacanza. La letterina era il tema d’esercizio quello del guado, fu il primo ad entrare svolto in antecedenza in ringraziamento a nella villa del Fondatore. Ci fu subito rac- mons. Filippo Perlo per le vacanze e per il comandato di non far troppo chiasso per- castello. ché il “Signor Rettore” era intento al lavoro Incominciai: “Rev.mo Monsignore”. Ma di tavolino. Quando i tre gruppi furono al qui la risata di alcuni mi sospese e mi con- completo, la raccomandazione di non far fuse. Anche l’assistente, in piedi accanto a chiasso divenne inutile. Ecco allora appari- lui, mi corresse e chiarì l’equivoco. Dovevo re il “Signor Rettore”; ci salutò giulivo, sor- dire: “Rev.mo Signor Rettore”, il quale non ridente. Si intrattenne un tantino con gli sorrise in quel momento, ma attento, ascol- assistenti che ce l’avevano quasi requisito. tava ed osservava. Alla fine della lettura, Però ci fiutò immediatamente. Vide la ebbi il battimani di tutti. Passai poi alla nostra irrequietezza, si avvicinò a noi che riverenza del baciamano con la ricompensa già eravamo interessati a guardare l’orto del suo sorriso, della sua approvazione e dalla parte dell’uva matura. Sembravano

24 SULLA SCIA SULLA grappoli da terra promessa. Seminario si radunò in cappella per prega- re. Lo vidi voltarsi verso la villa, ci additò Alla sera, dopo cena, tutti ci recammo al una vite dai tralci allungati al muro della Convitto per vedere il Padre morente. villa e disse: “Quest’uva è per il cuoco, non Entrammo in fila nella stanza da letto e, ad toccatela; quella invece - ci indicò le viti dei uno ad uno, gli baciammo la mano. Regna- vari filari che si diramavano verso la strada va un gran silenzio. Il letto era parallelo al - quella è vostra, prendetela. In un baleno muro del corridoio. La mano diafana da noi fu festa di vendemmia, che si esaurì presto. baciata era la sinistra. La fila entrava nello Chi aveva le mani piene, chi ne aveva messo studio dal corridoio, poi si passava nella in tasca, altri addirittura ne avevano riem- camera da letto e, dopo il baciamano, ci pito il berretto. Lui ci guardava compiaciu- ritrovavamo in corridoio per riunirci a rien- to e noi piluccavamo festanti. Ancora oggi, trare all’Istituto, recitando preghiere. 56 anni dopo, ricordo il Fondatore nel vivo di quella scena. Dopo 55 anni, l’evidenza dei fatti ci dice che “anche se è morto, vive”. Vive nelle sue Agonia e morte. L’anno dopo, il 16 feb- opere, negli insegnamenti, nei suoi figli e braio 1926, avvenne la sua morte. Alla vigi- figlie in continuazione. Il Vangelo e la SS. lia di quel giorno ci fu molta agitazione in Consolata sono annunciati nel mondo». Casa Madre. Giunse la voce: “Il Signor Ret- P. Vladimiro Bazzacco, Imc tore” è grave! Tutta la comunità del Piccolo

Papa Francesco a Torino e i santi sociali

In occasione della visita di Papa France- datore, sco a Torino (21-22 giugno), il settimanale che vie- diocesano cattolico “Il nostro Tempo - La ne presentato con queste parole: «Non- Voce del Popolo” uscì in numero speciale ostante le apparenze, anche al beato Giu- “omaggio”, datato 19 Aprile - 24 Giugno seppe Allamano, in quanto fondatore dei 2015, trattando diversi temi connessi con missionari e delle missionarie della Conso- lo speciale evento. Don Giuseppe Tuninetti, lata, spetta di diritto la qualifica di santo a p. 27, scrisse su “Torino e i santi sociali”. sociale, per due ragioni. La prima: il Vange- Il sottotitolo indica il criterio che guidò lo di Gesù di Nazareth, annunciato sia dai l’autore nello stendere il suo pezzo: «Dal missionari e dalle missionarie, costituisce la Cottolengo al Cafasso, dal Murialdo al Fras- più importante e profonda rivoluzione “spi- sati con le loro opere testimoni di carità in rituale e sociale” di tutti i tempi, in parte Italia e nel mondo». L’elenco è completo e realizzata pur sempre in fieri. La seconda: ha tutta l’apparenza di cantare la gloria di all’annuncio gli stessi missionari e missio- una città impegnata da sempre su due fron- narie hanno fatto seguire (o precedere) una ti: quello della fede e quello della promo- splendida fioritura di opere di promozione zione umana. sociale in Africa, nell’America Latina e, Tra gli altri, figura anche il nostro Fon- oggi, anche in Asia». ❏

25 SANTI

Tommaso d’Aquino per farsi santi basta volerlo

Tommaso figlio dei conti d’Aquino nacque nel castello di Roccasecca (Frosinone) circa nel 1225. Serio, studioso e riflessivo fin da piccolo, Tommaso alimentava le ambizioni dei genitori che lo vedevano destinato ad una brillante carriera politica. Deluse, invece, tutta la parentela quando, terminati gli studi filosofici a Napoli, manifestò il proposito di entrare nel giovane e poco apprezzato Ordine dei Domenicani. L’Allamano, nella memoria liturgica del 7 marzo 1916, fece una lunga commemorazione di S. Tommaso, con una specie di profilo spirituale, che merita di essere letto per la sua estrema semplicità: «Diciamo due parole di questo gran Santo. Si dice l’Angelico S. Tommaso per due motivi: primo, per la sua purezza; secondo, per il suo scrivere proprio da angelo, al di sopra di quanto umanamente potessero le creature. Mentre studiava il Signore lo chiamò a entrare nel- l’Ordine dei Predicatori dove è stato accettato. Ma i parenti hanno preso questo fatto come un insulto. E i superiori allora l’hanno mandato a Parigi per sottrarlo a queste miserie. I fratelli gli corsero dietro, e per strada l’hanno preso e l’hanno chiuso in un castello e volevano che depo- nesse l’abito; e fu allora che i parenti usarono anche dei mezzi cattivi e mandarono una perso- na che lo tentasse. Ma c’era il fuoco e S. Tommaso prese un tizzone e le corse dietro. E allora col tizzone fece una croce sulla parete e si inginocchiò a ringraziare il Signore. E così ha vinto i fratelli e quando vennero anche le sorelle è riuscito a metterle sulla via della pietà. A Parigi studiò filosofia e teologia, fu predicatore e scrisse libri straordinari, coma la Somma Teologica. Fu dichiarato dottore della Chiesa! Chi segue gli scritti di S. Tommaso non può sbagliare. E Leone XIII l’ha fatto patrono di tutte le scuole cattoliche. Sapete che il Signore stesso gli ha detto che aveva scritto bene; e come ha fatto a diventare così? Come se l’è meritato? “Hai scritto bene di me Tommaso”. Un “bene” del Signore, vedete, vuol dire “ottimo”! “Che ricompensa deside- ri”? E lui furbo! non è mica stato a domandare delle storie! “Nulla se non te”». S. Tommaso morì a Fossanova (Latina) il 7 marzo 1274. Venne iscritto nell’Albo dei Santi da Papa Giovanni XXII il 18 luglio 1323. Dichiarato Dottore della Chiesa nel 1567 e Patrono delle Scuole Filosofiche e Teologiche nel 1880.

San Tommaso d’Aquino è uno di quei sionari. Su di essi ritornò parecchie volte e personaggi che fanno la parte del leone li approfondì esponendoli con maggiore nelle conferenze dell’Allamano, presentato ampiezza e frequenza. I principali sono: in molto spesso come modello e soprattutto che cosa consiste la perfezione cristiana o come maestro di vita cristiana. Per l’Allama- santità; dove sta la sostanza dell’amore no S. Tommaso è uno di cui ci si può fida- verso Dio; con quali disposizioni e impegno re a occhi chiusi, la cui dottrina «si può si devono studiare le discipline sacre; come seguire con sicurezza». si possono descrivere la natura e i contenu- ti della consacrazione religiosa. Alcuni temi che fanno parte della dottri- na di S. Tommaso vennero individuati dal- Perfezione cristiana o santità. l’Allamano in modo particolare, perché li La proposta di perfezione o santità fu sentiva personalmente e li riteneva più costante nella pedagogia dell’Allamano, dal- attuali come educatore di sacerdoti e mis- l’inizio alla fine della sua attività di educa-

26 SANTI tore. Ispirandosi alle parole di S. Paolo ai Cristiani di Tessalonica: «Avete appreso da noi come com- portarvi in modo da piacere a Dio» (1Ts 4,1), spiegava: «Io faccio mie queste parole e non credo di fare ingiuria a S. Paolo, perché egli le intendeva non solo di sé, ma anche di tutti quelli che l’avrebbe- ro seguito nel ministero di santifi- care le anime; ed io ho il ministero di santificare le vostre anime». Non solo, ma proponeva la santità in vista della missione, con una precedenza assoluta: «Santifichia- mo prima noi e poi gli altri. Uno tanto più sarà santo, tante più anime salverà». Queste proposte così chiare a volte venivano illustrate e anche ampliate con la dottrina di S. Tom- maso. La spiegazione base che più ripeteva con queste o parole analo- ghe è la seguente: «Sentiamo tanto parlar di perfezione, ma sappiamo in che cosa consiste? Ecco S. Tom- maso dice che consiste nell’amore: “La perfezione consiste essenzial- mente nella carità. Quindi quanto più amiamo il Signore tanto più saremo perfetti: la misura della nostra perfezione sarà l’amore”». Ancora una precisazione sintetica: «S. Tommaso dice: “La perfezione della vita cristiana consiste per sé ed essenzialmente nella carità”: amor di Dio e del prossimo. Lo Carlo Crivelli - 1476: san Tommaso d’Aquino. diceva già Nostro Signore nel santo Vangelo: “Ama il Signore tuo Dio... e il tuo vivere la fede, il primo mezzo che l’Allama- prossimo... in questi due precetti sta tutta la no indicava per superarla era appunto que- legge e i profeti”, tutta la santità e la perfe- sto: «“Volere fortemente e sinceramente” - zione; “la pienezza della legge è l’amore”». Non quelle mezze volontà, quelle velleità... Volere risolutamente... è questione di C’è da aggiungere un altro importante volontà. Sapete quel che rispose S. Tomma- aspetto: per farsi santi occorre una volontà so alle sue sorelle che gli domandavano decisa, non una volontà «fiacca, debole, come fare a farsi sante... Si aspettavano non risoluta». Su ciò S. Tommaso era di forse un trattato, ed egli rispose: “Basta valido sostegno. Parlando della “tiepidez- volerlo, voglio farmi santa, gran santa, pre- za”, cioè di quel modo distratto e fiacco di sto santa”».

27 SANTI

Amore di Dio. Di conseguenza, si servì della dottrina di Quando parlava dell’amore di Dio l’Alla- S. Tommaso per spiegare in che cosa consi- mano si soffermava più lungamente, o ste realmente l’amore reciproco tra Dio e quasi esclusivamente, a spiegare come deve ogni persona: «La carità, come dice S. Tom- essere la nostra risposta all’amore che Dio maso, è un’amicizia tra Dio e l’uomo, quin- ha per noi. Ciò è più che comprensibile se di deve avere tutti i caratteri della vera ami- si tiene conto che parlava a dei giovani. cizia». E commentava: «La carità verso Dio Questo amore per l’Allamano non solo consiste nella volontà, e non nel sentimen- doveva avere il primo posto nel cuore dei to; si può amare assai e non sentire od suoi missionari e missionarie, ma doveva anche provare ripugnanza; e si può molto pure essere espresso nella vita concreta. sentire e piangere di tenerezza, e non Diceva alle missionarie: «Abbiamo un amare». cuore così piccolo che non possiamo far Questa concezione così realistica della delle divisioni tra Dio e la creatura! Non nostra risposta all’amore di Dio faceva parte basta offrirgli il cuore, ma la testa con i suoi della personalità e anche dell’esperienza pensieri; bisogna amarlo con ardore, vivaci- dell’Allamano. In occasione della memoria tà. Il grado del nostro amor di Dio si cono- liturgica di S. Teresa d’Avila, il 15 ottobre sce dalle nostre opere». Il discorso sul 1916, il discorso sull’amore era logico: «Il “cuore così piccolo” ritornerà altre volte, carattere della Santa fu l’amore; e di essa perché l’Allamano insisteva sulla totalità del può dirsi come dell’antica S. Maddalena dono di sé a Dio. “amò molto”. Ora che cosa importa il vero amore? E qui voglio farvi osservare che generalmente quando parliamo di amore andiamo un po’ alla leggera. Quando sen- tiamo il cuore tenero, pieno... ci pare di amare; ma non è questo l’amore vero che dobbiamo portare a Nostro Signore; non è tutto qui. Ecco che cosa dice S. Tommaso del vero amor di Dio: “L’amore fa sopporta- re le difficoltà con coraggio; l’amore fa ope- rare, lavorare senza posa; l’amore inteneri- sce”. Questa è la definizione dell’amore, che non consiste solo in sentimenti, si può esse- re freddi come il ghiaccio, eppure amare il Signore». Studio della scienza sacra. Per l’Allamano lo studio delle scienze sacre era indispensabile per un missionario, sia sacerdote che fratello coadiutore, come pure per le missionarie. Ciò che diceva vale indubbiamente anche per i cristiani che intendono vivere con consapevolezza e serietà la propria fede. Le sue conversazioni sullo studio di temi spirituali erano pratiche ed efficaci. Per lui la dottrina di S. Tomma-

Chiesa dei domenicani di Friesach - 2011: san Tommaso e papa Urbano V e il dogma della transustanziazione.

28 SANTI so era un punto di riferimento sicuro. Lo Consacrazione e voti religiosi. disse chiaramente ai suoi giovani che stu- Riportiamo alcuni pensieri anche su diavano filosofia e teologia in un incontro questo particolare aspetto, perché quanto tutto incentrato sullo studio, all’inizio di un l’Allamano affermava vale non solo per i anno scolastico: «Se volete approfondire le consacrati nella vita religiosa, ma anche in stesse materie servitevi di autori classici, modo analogo per ogni cristiano. Anzitutto approvati dalla Chiesa, come S. Tommaso e in che cosa veramente consiste la “perfezio- il Suarez per la filosofia e teologia, e S. ne religiosa”: «Come tutti i teologi insegna- Alfonso per la morale»; «Chi segue gli scrit- no con S. Tommaso, il religioso [e quindi ti di S. Tommaso non può sbagliare». anche ogni cristiano] è tenuto non già ad essere perfetto, perché il termine della per- Tuttavia, riguardo lo studio della scienza fezione è lo stesso Dio, come spiega il Van- sacra, l’Allamano poneva alcune priorità. gelo: “Siate perfetti come il Padre vostro Per lui non era sufficiente studiare, ma celeste è perfetto” (Mt 5,48), termine infini- occorreva essere illuminati dalla fede e for- to che giammai potremo raggiungere; bensì tificati dalla preghiera; in più, mantenersi in nel tendere continuamente alla perfezione: un clima interiore di profonda umiltà. impegno di progredire sempre nelle vie del Sosteneva, anzitutto, che la preghiera, per Signore». chi vuole progredire nella conoscenza dei Inoltre, l’invito di Gesù al così detto gio- misteri cristiani, precede lo studio: «Ricor- vane ricco: «Se vuoi essere perfetto va, date che S. Tommaso affermava di aver vendi quello che hai e dallo ai poveri, poi imparato più dal Crocifisso che dai libri»; vieni e seguimi» (Mt 19,21), è rivolto a «S. Tommaso non si metteva mai a studiare tutti, ma non è vincolante in modo da o a insegnare senza pregare». annullare la libertà individuale. La risposta del singolo individuo è affidata alla sua Inoltre, i veri maestri sono persone coscienza: «S. Tommaso dice chiaro che umili: «I più grandi ingegni, come S. Tom- quell’invito rivolto dal Signore a quel giova- maso, ebbero neppure la tentazione di insu- ne è da considerarsi come rivolto a tutti”. perbirsi; solo quelli che ne hanno poco si Questo invito è dato a tutti; però: “Se vuoi credono qualche cosa. S. Tommaso che essere perfetto... se vuoi”». aveva tanta sapienza non si insuperbì mai P. Francesco Pavese, Imc perché egli capiva che tutto aveva da Dio. Se fosse stato superbo non avrebbe avuto tanta scienza». Alle missionarie spiegava: «S. Tommaso d’Aquino non era più ten- tato di superbia, benché fosse un grande ingegno. Egli pensava così: “se sapessi poco, potrei dire che è cosa mia, ma il sapere tanto è impossibile che venga da me”».

Le spoglie di S. Tommaso d'Aquino sono conservate nella chiesa domenicana detta “Les Jacobins” a Tolosa (Francia). La reliquia della mano destra, invece, si trova a Salerno, nella chiesa di San Domenico, la reliquia del suo cranio si trova custodita e venerata nella Basilica Cattedrale di Pri- verno mentre la costola è venerata nella Basilica Cattedrale di Aquino.

29 RICONOSCENZA

DAL CIELO FARÒ, FARÒ La promessa dell’Allamano «Dal Cielo farò, farò», pronunciata con voce flebile sul letto di morte alla suora che lo assisteva, si è sempre realizzata e continua a realizzarsi anche ai nostri giorni. Quando si prega con fiducia per sua intercessione, se ciò che si richiede è conforme alla volontà di Dio, certamente si ottiene. Nella preghiera di richiesta, però, occorre fiducia e adesione a quanto Dio vuole per ognuno di noi. Dio, che è Padre, sa di che cosa abbiamo bisogno, prima ancora che glielo chiediamo. L’Allamano stesso, durante la sua vita, seguì questa via di fiducia e di adesione. Quan- do pregava per ottenere un miracolo per intercessione dello zio Giuseppe Cafasso, veden- do che non si intravvedevano risposte dal Cielo, uscì in questa espressione, che diceva tutta la tenacia della sua fede: «Se è una grazia spirituale, o anche temporale ma non con- traria al bene dell’anima nostra, bisogna battere, insistere. Bussiamo alla porta; se non ci viene aperto, bussiamo più forte; se ciò non basta, rompiamo la porta! È Nostro Signore stesso che c’insegna a far così, nella parabola di quel tale che andò ad importunare l’ami- co nottetempo, finché ebbe il pane che desiderava». A sentire molti testimoni, l’Allamano fu un “intercessore” anche quando viveva su que- sta terra. Ecco quattro testimonianze, tre del secolo scorso e una attuale, di questa carat- teristica “speciale” dell’Allamano.

30 RICONOSCENZA

SARÒ IL TUO SECONDO ANGELO CUSTODE Fratel Luigi Falda, uno dei primi quattro Missionari della Consolata partiti per il Kenya nel 1902, raccontò che in certe domeniche si recava alla Consolata a tenere compagnia all’Allamano già anziano. Era dispiaciuto di non essere stato capace di valorizzare tutta la ricchezza di quella esperienza. Un giorno disse: «Che dal Cielo (l’Allamano) mi perdoni, continui la sua benevolenza e mantenga la promessa fattami: “Quando sarò lassù, verrò a farti da secondo angelo custode”. Non mancherà certo alla sua parola».

TESTIMONIANZA DEL 31 GENNAIO 1933 Il canonico Pietro Marchino, che era seminarista quando l’Allamano svolgeva l’ufficio di direttore spirituale nel seminario metropolitano, rilasciò questa testimonianza: «Io stimo l’Allamano e lo credo un santo e ne ho una prova. Era l’anno 1879, il 20 aprile, e fui chiamato ad andare a vedere una mia zia, sorella di mio padre, gravemente inferma. Ritornato in seminario, la sera, dopo la ricreazione, mentre noi seminaristi andavamo in cappella per le orazioni, l’Allamano era lì davanti alla porta che ci aspettava. Mi venne in mente di raccomandargli mia zia. Egli mi disse di avere grande fede e promise che l’a- vrebbe raccomandata e benedetta nella santa Messa del mattino seguente. Il 30 aprile corsi a vedere mia zia e con grande meraviglia, la trovai fuori pericolo e dopo due giorni guari- ta perfettamente. Da allora ebbi sempre grande fede nella sua benedizione e, ogni volta che potevo avvi- cinarmi al can. Allamano, gli raccomandavo che si ricordasse di me e che mi benedicesse sempre nella santa Messa. Lui mi rispondeva. “Sta tranquillo, che ti benedico”. Devo dire che ho sentito sempre benefici effetti».

TESTIMONIANZA DEL 13 AGOSTO 1967 Il p. Lorenzo Sales, missionario molto affezionato all’Allamano, di cui scrisse la prima biografia, fece questa confidenza: «Mio fratello Giuseppino era al sanatorio: gli avevano già asportato un polmone e gli avevano tolto anche delle costole, ed era in fin di vita. Gli avevo già preso l’ambulanza della Croce Rossa, perché la mamma lo voleva a casa, vivo o morto. Mi venne un’ispirazione; gli dissi: “Guarda, cominciamo ancora una novena all’Allamano”. E il giorno dopo stava bene e poi per 25 anni ha fatto il professore».

TESTIMONIANZA DEL 18 FEBBRAIO 2015 Una signora che si firma semplicemente “Mamma Isabella”, alcuni mesi fa, inviò all’uf- ficio della Postulazione un semplice biglietto con queste parole: «Sono la madre di un gio- vane di 34 anni, di nome Roberto. Desidero segnalare una grazia ottenuta dal beato Alla- mano. Ho fatto la novena al Beato fino al 16 febbraio, giorno della sua festa. Il giorno 14 mio figlio ha ricevuto una chiamata da una grande ditta di Torino. Così, molto contento, ha iniziato il lavoro. Questo era il dono che avevo chiesto al Beato. Anche se il lavoro è diverso dal campo della sua specializzazione universitaria in radiologia medica, tuttavia siamo ugualmente contenti e riconoscenti. Prego sempre il beato Allamano di continuare a vigilare su mio figlio».

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