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"Luminoso e solo, come se fossi la prima stella della sera, minuscolo e buio, come se fossi l’ultimo uomo del mondo." 1 Dialogo con donna liquida Eri una donna liquida senza consistenza. Ti allargavi con grazia su tele emotive. Rendevi colore l'emozione umida trattenuta. In ogni tuo gesto trovavo le mie parole non ancora trasposte. Un ritratto vivo da osservare con rapido cenno di occhi inespressivi: lo punivo con silenzio e con successive riflessioni. Non lo abbellivo, non lo modificavo. Lo privavo dei numeri e dei desideri. Lo spogliavo dei miei occhi e lo accarezzavo. 2 Mi armavo del tuo pudore timido per scoraggiare l'irruenza della mia parola. Fermavo la passione, quella di un tempo, quella che non hai vissuto, quella che non ti diedi. La notte ribadiva la mia incompletezza come esito di meccaniche rituali. Un pensiero varcava la fantasia ed immaginava un tuo sguardo rubato, senza procedere oltre. Mi piaceva vederlo, ero convinto di sentirlo, l'ho avvertito, so che era per me. Delicato, delicatamente. Erano i soliti microsecondi necessari per una potente magia. Me l'hai dedicato, tu sai quando, tu sai come. 3 Grímsvötn Cenere sospesa in cielo estende il territorio dell'alba. L'aria è ferma senza freschi isterismi di vento. Ombre calme nascono dalle rade lacrime di sole. Il cielo è saturo di grigiore caotico, di grumi annoiati di vapore. Il mio respiro aumenta. Creo condensa, ispessendo la mia sagoma cheta di polvere estrosa. Le gambe cercano pose orizzontali estraniandomi da panorami omogenei. Occhi invaghiti di nero e chiusura, rimuovono i filtri dall'orizzonte emotivo. 4 Nel bianco sbiadiscono il turchese ed i tenui verdi indossati dalla roccia. Mare d'acqua e mare di pietra, si allontanano. Occhi cercano notte nella stagione ibrida, nel tempo incerto, nel tempo morto. Il giorno ferito, sanguina di tramonto nell'invenzione del sogno. La cenere sospesa in un cielo umiliato, non racconta la storia di stelle uccise. Cenere sospesa in cielo, avvolge la notte di buio bianco. Intanto, io, sono posato in me, occhi nella pelle, pelle nella terra e nell'aria. Islanda interiore. Il monologo continua. 5 Sguardi Incido l'aria di volanti occhiate, impavide, non trattenute tra le ciglia. Mi osservo senza che occorrano specchi, senza laghi di cristallo che catturino il mio volto, senza la vanità che si adorna di riflessi e di increspature emotive. Vedo e mi riempio di memoria, di tempo e di luoghi. Apro brecce nelle volte astrali: lambisco di occhi misteri marini e graduali variazioni di blu tra sfregi bianchi di vento, colgo discreto, spaccati familiari. 6 Ritorno con pigra sorpresa al mutare lento della mia pelle nell'annoiato ritroso. Vedo tutto: lo sguardo sfugge sfumato, emigra silenzioso verso panorami nitidi e sporadiche opacità, colpisce altri sguardi o muore nell'orizzonte trafitto dai colori scomposti. Poi troverò deserti, sterminati per occhi che circoscrivono l'infinito. Ci sarà la pace verde del grano incupito dall'ondeggiare, lo smarrimento infinito del mare, l'apoteosi sanguigna del vespro, e luci e chiaroscuri tra palazzi e città, ed ancora luci, sempre più intense ed artificiali, sino ad essere ornamento del rumore di fondo. Il mio sguardo si infrange nel grande occhio di sole. Si chiuderanno i miei occhi macchiati di tramonto. E sarà notte. 7 Sui miei passi Il cammino perdeva i colori. Le gambe strappavano i lembi del paesaggio, come forbici voraci di scenografie di cartone. Il movimento senza scie moriva nei miei passi e continuava in quelli successivi, nella pur breve pressione, nella gravità accelerata del calpestio. Trafiggevo di me il suolo con le falcate verticali, senza lasciare impronte, cercando un abbraccio di vento per farmi sospingere. L'animazione in divenire di una sagoma di carne si interrompeva a scatti, gonfiava i polmoni e ripartiva 8 senza pigrizia statica, senza indugi, disegnando sentieri intuitivi. Si spegne la luce. Si riaccende. I passi raccontano il mio cammino, la polvere sulle mie scarpe, i sassi scalciati, le carte che guarniscono un giardino urbano. Non hanno viso ed occhi, né sorrisi, solo forza e stanchezza a decidere l'inesorabilità del moto. Movimento e stasi, equilibrio. Insisto sui piedi, li raddrizzo, li muovo: punto luoghi, destinazioni, dimentico sudori e polvere nel mio incedere rivestito di sospiri. Ansimante, lungo la via cosparsa di visi, di mani, di gambe e di altri piedi, temo deserti improvvisi, oasi ferme senza brusio. Non finisce la strada sotto le suole: non si illumina d'alba, non viene inghiottita dalla notte. Così mi siedo su di una panchina e tra sole e luna leggo pagine di cielo. 9 Cielo di calce Ci sono le stelle in quel cielo di calce. Astri brillano, trapuntando occhi, scostando lenzuola di buio. Un respiro esile è l'unico vento. Un respiro intenso racconta le memorie dei sensi, come se desse vita alla pressione di dita su pelle. Silenzio grande: contiene segreti piccoli, conserva l'istante, rubandolo al tempo. Resto fermo, immobile, dimenticando il crepuscolo con gioia stanca, spogliato della solitudine antica. Il mare è bianco, il cielo è bianco. 10 Il colore dello spasimo si scioglie negli sguardi, nelle palpebre che si poggiano sul piano soffice come in sequenza rallentata. Sospeso nel firmamento accessibile, siamo io ed il mio brivido. Mi nascondo nel mio silenzio. Ho tutto il tempo. Non più solo. 11 Visi Cesellati dal tempo, i visi cambiano. Scorticati dalla pietra, schiaffeggiati dal vento, i visi cambiano. L'emozione deforma bocche, dilata orbite, corruga le fronti ed i visi cambiano. Parli, racconti, poi ascolti nel tuo silenzio ed i visi cambiano. Iniziano a vivere con una smorfia che secerne lacrime di pianto per sentire l'aria, gli uomini, poi i loro visi cambiano. 12 Gli anni ricoprono di segni i volti, lasciano rughe di sorriso e di dolore affondare nella pelle serena ed i visi cambiano. Racconto di me, dei miei giorni, modulo la voce ricavandola dall'anima, non avverto le stagioni sulla carne e sulla pelle, solo il mio tempo che scandisco con il senso della voce. Il mio viso non cambia. I vostri visi mi raccolgono, sono in ogni parola, sono in ogni brivido, sono in ogni cenno che plasma espressioni ed evoca stupore e sensibili alterazione di colore sul corpo. Il rossore ed il pallore, la calma e la frenesia, la convulsione erotica, l'abbandono tragico, si trasfigurano nella faccia, disegnano linee e curve, raccontano caratteri e storie, si sciolgono, si enfatizzano, continui. Il mio viso non cambia con la parola che mi sussurra nelle orecchie, col respiro che ricevo, con i ricordi di cui sono cosparso. I miei occhi non si macchiano d'odio e non si perdono nell'amore. Annullo i tratti di una mutevole mimica senza tradirmi con le pieghe cutanee scolpite dall'interiorità. Vedo solo l'esterno da cui mi sono escluso. 13 Vi guardo intensamente, così diversi da me, mentre i vostri visi cambiano. 14 Negativo fotografico La materia visiva divenne ricordo. La luce dei giorni perse il respiro, i contorni sfumati di sguardi estesi. Il delirio degli occhi ammutolì nella posa serena di sequenze già catturate. La materia visiva era immobile su sfondo fisso dai colori netti. Moriva senza spasimi nelle opacità del tempo. La natura attorno si sfibrava, sanguinava incolore, perdeva il passato. 15 Il ricordo deturpava i volti, pietoso, a tratti crudele, copriva di sole, copriva di buio sagome scabre, con oscillazioni cromatiche di memorie poco nitide. Un crepuscolo interiore rivestiva i cieli dello sguardo illanguidendo il passato. Invertivo il colore di me: i toni caldi si raffreddavano, la pelle era bruna come fatta d'ombra, le labbra chiuse glacialmente, gli occhi scintillavano di bianco innaturale tra grigi incupiti e venature di blu. Invertivo il colore del cielo, ambra sospesa su mari di petrolio, la roccia si bagnava di sole, larghe macchie di nero sporcavano il giorno con parossismi sporadici. Cieli chimici e terre grigie, con le sfumature sintetiche, raccontavano un futuro interrotto da sguardi malati, senza espressione di immagine. Come se non fosse soltanto un negativo fotografico. 16 Aerei Aerei. Sono solo un sibilo. Non rigano di scie di fuga la notte attraversando prati azzurri spenti. Tagliano deserti astrali fingendosi stelle. Punti rossi nel buio. Nero fitto. Punti rossi nel buio. Nero fitto. Punti mobili frenetici tradiscono gli occhi. 17 Nell'apparente stasi pulsatile raccontano mondi esterni con fantasie ellittiche: polvere di metallo cosparge illusoria il sogno di fughe terrestri. Altri aerei sfiorano l'universo ed inghiottono la continuità del vento. Non mi distrae il pallore banale della solita luna. I miei passi lenti non brillano. Calpesto indifferente il pianeta Terra. Corpi soli si allontanano con moto proprio. 18 Estro Mi impigrivo di volatile estro, appeso alle ali dell’immaginazione, vagando trasognato ed immobile. Il vissuto ed il futuro programmabile si illuminavano di un temporaneo benessere. Il pensiero divagava nei cieli di tessuto, entrando in rotta di collisione con il silenzio marmorizzato, lasciandosi sfiancare da improvvise perplessità e conflitti appena sorti. 19 La parola si tuffava nell’ombra, intrappolata nei quadrati del tempo, nei vortici obbligati dei bisogni e dei doveri. L’estro si annullava nell’ordine, nella forma, rigidamente piegato ad un destino schematico già in corso. Ero la variabile umana, la scintilla di idee sprizzate da pelle e momenti, che tornava alla pace reazionaria dell’inespressività, dell’adeguamento ad un contesto standardizzato. L’intuizione si spegneva per mancanza di oggetti, un cielo rarefatto si avvolgeva e si rimpiccioliva, annegando nella spirale nera astri e puntiformi luminosità. Le scintille non innalzavano impeti di fuoco, non scoccavano dallo stridere di carne e desiderio, il soffio moriva sulle labbra per sputar via la noia. L’umidità rammolliva ardori mentali e virilismi poetici usciti fuori dai binari temporali.