Torino Cecilia Bartoli mezzosoprano Auditorium Giovanni Agnelli Il Giardino Armonico Lingotto Giovanni Antonini direttore

Venerdì 24.IX.2010 ore 21 Sacrificium La scuola dei castrati MITO SettembreMusica Quarta edizione È un progetto di

Realizzato da

Con il sostegno di

I Partner del Festival

partner istituzionale

Sponsor

Media partner

Sponsor tecnici

Il Festival MITO compensa le emissioni di CO2

tramite il rimboschimento di aree con la creazione e tutela di verdi cittadine a Torino e attraverso foreste in crescita nel Parco Rio progetti di riduzione dei gas serra Vallone in Provincia di Milano, realizzati in paesi in via di sviluppo. e in Madagascar. Sacrificium

Nicola Porpora (1686-1768)

Sinfonia da Meride e Selinunte (1726)* Allegro

Come nave aria di Siface da Siface (1725)*

Riccardo Broschi (1698 ca-1756)

Chi non sente al mio dolore aria di Epitide da Merope (1732)*

Nicola Porpora

Ouverture da Germanico in Germania (1732)* [Allegro] – Adagio – [Allegro]

Parto, ti lascio, o cara aria di Arminio da Germanico in Germania

Francesco Maria Veracini (1690-1768)

Ouverture n. 6 in sol minore Allegro

Leonardo Vinci (1696 ca-1730)

Cervo in bosco aria di Climaco da Medo (1728)*

Leonardo Leo (1694-1744)

Qual farfalla aria di Decio da Zenobia in Palmira (1725)*

Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino Francesco Araja (1709-1770?)

Cadrò, ma qual si mira aria di da Berenice (1734)*

Nicola Porpora

Usignolo sventurato aria di Siface da Siface (1725)*

Carl Heinrich Graun (1703 ca-1759)

Misero pargoletto aria di Timante da Demofoonte (1746)*

Giuseppe Sammartini (1695-1750)

Concerto in fa maggiore per flauto diritto, archi e basso continuo Allegro assai

Antonio Caldara (1670 ca-1736)

Quel buon pastor aria di Abel dal “componimento sacro” La morte d’Abel (1732)*

Nicola Porpora

Ouverture dalle cantate Gedeone (1737)* (Adagio – Spiritoso andante) e Perdono, amata Nice (1746)* (Allegro)

Leonardo Vinci

Quanto invidio la sorte… Chi vive amante recitativo e aria di Erissena da Alessandro nelle Indie (1730)*

Nicola Porpora

Nobil onda aria di Adelaide da Adelaide (1723)*

* A cura di Martin Heimgartner Cecilia Bartoli, mezzosoprano Giovanni Antonini, direttore

Costumi di Agostino Cavalca

Il Giardino Armonico violini primi Stefano Barneschi Fabrizio Cipriani Judith Huber Liana Mosca violini secondi Marco Bianchi Francesco Colletti Ayako Matsunaga Maria Cristina Vasi viole Renato Burchese Carlo de Martini violoncelli Paolo Beschi Elena Russo contrabbasso Giancarlo De Frenza flauto Marco Brolli oboi Emiliano Rodolfi Magdalena Karolak corni Johannes Hinterholzer Edward Deskur fagotto Alberto Guerra liuto Luca Pianca clavicembalo e organo Sergio Ciomei Come nave da Siface () Atto secondo, scena IV

Siface Come nave in mezzo all’onde Si confonde il tuo pensiero; Non temer che il buon nocchiero Il cammin t’insegnerà.

Basterà per tuo conforto L’amor mio nella procella; La tua guida, la tua stella, Il tuo porto egli sarà.

Chi non sente al mio dolore da Merope (Apostolo Zeno & Domenico Lalli, Torino, 1732) Atto primo, scena XIII

Epitide Chi non sente al mio dolore Qualche affano dentro al core Vada pur tra foschi orrori Tra le valli a sospirar.

Il mio bene, il padre, il regno Mi ha rapito fato indegno. Sommi Dei, se giusti siete Fin ponete al mio penar.

Parto, ti lascio, o cara da Germanico in Germania (Nicolò Coluzzi) Atto secondo, scena VIII

Arminio Parto, ti lascio, o cara, Ma nel partire io sento Troppo crudel tormento. Non sarà tanto amara La pena del morir.

Perfide, stelle ingrate, Se non volete, oh Dio, Aver di me pietade, Non date all’idol mio Sì barbaro martir. Cervo in bosco da Medo (Carlo Innocenzio Frugoni) Atto primo, scena XIII

Climaco Cervo in bosco se l’impiaga Dardo rapido e mortale, Varca il colle, cerca il fonte, Dalla valle al prato va.

Trova alfin mentre divaga Erba, onor d’aprico monte, Che gustata l’empio strale Dal suo fianco cader fà.

Qual farfalla da Zenobia in Palmira (Apostolo Zeno & Pietro Pariati) Atto secondo, scena VII

Decio Qual farfalla innamorata Va girando intorno al lume La speranza del mio core.

E bruciandosi le piume Nella cuna sventurata Ha il feretro ove sen more.

Cadrò, ma qual si mira da Berenice (Antonio Salvi)

Demetrio Cadrò, ma qual si mira Parte cader dal monte Della sassosa fronte Che quant’a lei s’oppone Urta, fracassa e seco Precipitando va.

E se non resta oppresso Dalla fatal ruina, Sente da lunge anch’esso Attonito ‘l pastore Lo strepito del colpo Ch’impallidir lo fa. Usignolo sventurato da Siface (Pietro Metastasio) Atto secondo, scena XIV

Siface Usignolo sventurato, Che desia fuggir la morte, Va cantando e del suo fato Così piange il rio tenor.

Sembro lieto anch’io sul trono Pur la sorte è a me tiranna, Pure invidio il bel soggiorno D’una povera capanna Al felice affittator.

Misero pargoletto da Demofoonte (Pietro Metastasio) Atto terzo, scena IV

Timante Misero pargoletto, Il tuo destin non sai. Ah, non gli dite mai, Qual era il genitor.

Come in un punto, oh Dio, Tutto cambiò d’aspetto; Voi foste il mio diletto, Voi siete il mio terror.

Quel buon pastor da La morte d’Abel (Pietro Metastasio) Parte prima

Abel Quel buon pastor son io, Che tanto il gregge apprezza Che per la sua salvezza Offre se stesso ancor.

Conosco ad una ad una Le mie dilette agnelle E riconoscon quelle Il tenero pastor. Quanto invidio la sorte da Alessandro nelle Indie (Pietro Metastasio) Atto primo, scena IV

Erissena Quanto invidio la sorte delle greche donzelle! Almen fra loro fossi nata anch’io. Ah, già per lui fra gli amorosi affanni dunque vive Erissena?... No!... M’inganno.

Chi vive amante, sai che delira. Spesso si lagna, sempre sospira, Nè d’altro parla che di morir.

Io non m’affanno, non mi querelo, Giammai tiranno non chiamo il cielo. Dunque il mio core d’amor non pena O pur l’amore non è martir.

Nobil onda da Adelaide (Antonio Salvi)

Adelaide Nobil onda, Chiara figlia d’alto monte, Più ch’è stretta e prigioniera, Più gioconda scherza in fonte, Più leggiera all’aure va.

Tal quest’alma, Più che oppressa dalla sorte, Spiegherà più in alto il volo E la palma d’esser forte Dal suo duolo acquisterà.

© Decca Music Group 2009

Fonti: Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Montecassino Bibliothèque du Conservatoire Royal de Bruxelles Conservatorio San Pietro a Majella, Napoli Gesellschaft der Musikfreunde, Wien Manuscript 80 in the Library of the Royal Academy of Music, London Manuscript 81 in the Library of the Royal Academy of Music, London Musikhandschriftenabteilung der Staats- und Universitätsbibliothek Hamburg Musiksammlung der Österreichischen Nationalbibliothek, Wien Staatsbibliothek zu Berlin, Preußischer Kulturbesitz/Musikabteilung mit Mendelssohn-Archiv La scuola dei castrati

L’era dei castrati è fra le più cangianti e grandiose nella storia della musica euro- pea. Raramente è stata raggiunta una tale compiutezza a livello di sensualità e splendore, forma e contenuto, poesia e musica; in particolare, resta ineguagliata la perfezione del virtuosismo canoro conquistata nel periodo aureo del barocco. La leggendaria maestria dei castrati irradia ancora oggi il suo bagliore attraverso i tempi e giustifica, malgrado il grande sacrificio umano sulla quale essa si basa, un rinnovato approfondimento di questa straordinaria epoca. Per oltre 200 anni nelle metropoli europee della musica sarebbe stato inconcepibi- le rinunciare al virtuosismo degli onnipresenti castrati: cioè di uomini che in età prepuberale erano stati sottoposti a un’operazione che li aveva privati della propria identità sessuale, dell’equilibrio spirituale e di una vita che potesse scorrere su bina- ri preordinati; tutto questo allo scopo di plasmare questi fanciulli mutilati fino a farne degli strumenti musicali di inaudita bellezza.

Per far rivivere questo mondo sonoro agli ascoltatori di oggi, bisogna ricorrere all’espe- diente del travestimento, lasciando che gli interpreti si calino nelle vesti musicali dei castrati. È così che vari esponenti del vivace panorama della musica antica, come pure diversi controtenori, hanno proposto importanti documenti riguardanti alcuni di questi personaggi (tra gli altri Senesino e Carestini). Anche le voci femminili stanno scopren- do il repertorio di questi artisti che cantavano nel registro di soprano e contralto, a para- dossale conferma dell’opinione già allora predominante che le cantanti, con le loro potenzialità, erano perfettamente in grado di fare concorrenza ai più grandi castrati: «Credevo ad esempio che nessuna cantante del mondo avrebbe potuto eguagliare con la sua voce Farinelli o Caffarelli; ed ecco sbocciare e risplendere davanti a me in tutta la sua sontuosa bellezza la smentita vivente a tutto ciò» (Wilhelm Heinse, 1795).

Fino ad ora mancava tuttavia un resoconto completo che ripercorresse l’epopea dei castrati con suoni, parole e immagini. Per rappresentare questo fenomeno culturale e storico nella sua completezza abbiamo eletto a modello Napoli e la sua cultura musi- cale incommensurabilmente ricca. Grazie alla propria situazione storica, demografi- ca e culturale, verso la fine del Seicento questa città diventò il centro del mondo musi- cale occidentale, la vera capitale europea della musica, il cui prestigio si protrasse fino a Settecento inoltrato. La figura centrale di questo fenomeno è il compositore, insegnante di composizione, maestro di canto e impresario napoletano Nicola Porpora (1686-1768), che ben pre- sto si guadagnò la fama di educatore della voce più importante del Settecento: “premier maître de chant de l’univers”. Porpora conquistò questa celebrità grazie ai suoi allie- vi di canto: Farinelli, Caffarelli, Salimbeni, Appiani e Porporino, un illustre quintetto nel quale figurano i più celebri castrati di tutti i tempi. Inoltre Porpora fu insegnante del grande librettista Pietro Metastasio, come pure in una certa misura dei composi- tori Johann Adolf Hasse e Joseph Haydn.

Dal repertorio comprendente diverse centinaia di lavori composti per i rampolli della “scuola dei castrati” di Porpora (opere, cantate e musiche sacre) è stato sele- zionato un florilegio rappresentativo e variopinto di arie. Lo stupendo virtuosismo, l’approfondimento del piano, i dilatati melismi, le infinite parate di colorature, le tecniche di respirazione e fraseggio da far scoppiare i polmoni, l’estensione vocale che spazia dal registro di contralto al mezzosoprano fino al soprano: sono aspetti che rendono queste arie fra i pezzi più impegnativi mai composti per la voce umana. Con la loro multiformità che abbraccia tutti gli affetti barocchi, esse crea- no il sottofondo sonoro grazie al quale i nostri sensi possono rivivere quest’epoca scomparsa in tutto il suo fasto e il suo splendore. Francesco Araja Di modeste origini napoletane, ben presto si distinse per le sue doti di composito- re. Nel 1730 venne rappresentata la sua prima grande opera: Berenice, nelle cui repliche veneziane del 1734 Farinelli e Caffarelli interpretarono i ruoli principali. Nel 1734 a Milano venne rappresentata per la prima volta La forza dell’amore e del- l’odio: nel 1736 questa fu la prima messa in scena in Russia. L’impera- trice Anna conferì ad Araja l’incarico di compositore di corte; da allora fino al 1762, salvo qualche interruzione, egli lavorò a San Pietroburgo. Lì scrisse la prima opera in russo interpretata da cantanti russi: Tsefal i Prokris (Cefalo e Procri, 1755), su testo del famoso poeta Sumarokov. Nel 1762 si ritirò a Bologna. Di Araja sono state rintracciate almeno cinque opere rappresentate per la prima volta in Italia e undici in Russia, come pure alcuni oratori e qualche cantata, ma ben poco si sa riguardo a dove si trovi gran parte della sua produzione.

Riccardo Broschi Compositore e fratello maggiore di Carlo Broschi, nacque e studiò a Napoli. Fra il 1728 e il 1735 compose le sue opere eroiche, nelle quali spesso si esibiva il fratel- lo minore in ruoli costruiti in modo molto brillante, come in Idaspe (Venezia, 1730) e Merope (Torino, 1732). Nel 1734, a Londra per , il pasticcio basato sull’opera di Hasse, scrisse per Farinelli una delle sue più famose arie di baule, Son qual nave. Dopo un breve ingaggio come compositore di corte a Stoccarda, tornò a Napoli, dove fu un compositore poco richiesto. Alla fine, per intercessione del fra- tello, ottenne diversi impieghi, fra i quali quello di amministratore del vino della città. Dal 1740 fino alla morte visse con Farinelli a Madrid, ma si sa poco delle atti- vità che svolse in Spagna: pare che alla fine si dedicò alla carriera diplomatica e fu nominato commissario della guerra e della marina.

Antonio Caldara Uno dei compositori più prolifici della sua generazione. Importanti tappe della sua carriera furono Venezia, sua città natale, dove da libero professionista svolse le atti- vità di compositore, cantante, violista e violoncellista; poi Mantova, che lo vide maestro di cappella dei Gonzaga, e Roma, dove ricoprì la stessa carica per il mar- chese Ruspoli. Dal 1716 fino alla morte fu poi vicemaestro di cappella a Vienna, dove dovette attenersi alle indicazioni artistiche e contenutistiche dell’imperatore Carlo IV. Per primo musicò parecchi famosi libretti nati dalla riforma dei poeti di corte Zeno e Metastasio. Di Caldara restano catalogate almeno 20 opere teatrali gio- vanili e 35 del periodo viennese; a queste si aggiungono oltre 40 oratori, numero- se composizioni sacre e musica da camera. Meno note sono le opere composte a Vienna fra il 1731 e il 1732 per il giovane Farinelli e dal 1733 per Salimbeni. Le arie di Caldara si distinguono spesso per la ricchezza delle voci di accompagna- mento. Le opere scritte per le occasioni ufficiali della corte viennese risultano più pesanti e meno originali di quelle del periodo giovanile in Italia o di alcune com- poste per il carnevale viennese e per l’arcivescovo di Salisburgo.

Carl Heinrich Graun Fratello minore del compositore di musica orchestrale e da camera Johann Gottlieb Graun. Accanto a Hasse fu il principale sostenitore dell’opera italiana in Germania. Dapprima fu cantante a Dresda (membro del coro della Kreuzschule) e a Braun- schweig, dove ben presto da semplice tenore diventò maestro di cappella. Il suo stile deve tutto all’opera seria napoletana, che si concentrava in particolare sulla voce e ne metteva in luce il virtuosismo. Per la corte di Braunschweig scrisse sei opere (alcune in tedesco), anche in occasione del matrimonio del principe ereditario Federico, il quale portò con sé i fratelli Graun prima a Rheinsberg e, dopo l’ascesa al trono, a Berlino. Carl Heinrich fu maestro di cappella di Prussia e nei decenni successivi la figura più importante della vita operistica berlinese. Sempre sotto- messo al severo diktat del re, scrisse 27 grandi opere per Berlino, alle quali re Fede- rico talvolta contribuì fornendo i libretti o qualche aria. Ciò valse a Graun accuse di subordinazione, oltre che di scarsa fantasia e voglia di sperimentare. Apprezzata fu invece la sua capacità di esprimere con schiettezza la commozione e la tenerezza.

Leonardo Leo Poliedrico, originale compositore e pedagogo nato nei pressi di Brindisi. Trascorse gran parte della sua vita a Napoli, dove fu anche eseguita per la prima volta gran parte delle oltre 50 opere da lui composte. La sua rapida carriera iniziò presto, quando divenne successore di Scarlatti alla corte del viceré. Dal 1725, nel settore dell’opera seria, furono suoi potenti rivali Hasse e Vinci. Dopo la partenza di Hasse da Napoli e la morte precoce di Vinci nel 1730, Leo diventò tuttavia una figura di spicco in questa città. Oltre a occuparsi di opera seria, egli fu anche un importante esponente della commedia musicale napoletana. Nell’opera Zenobia in Palmira (1725), ad esempio, i due generi risultano persino mescolati. Nell’opera seria Leo utilizza volentieri brani d’insieme come duetti, terzetti e dal 1742 anche i cori. La sua musica strumentale, ma soprattutto i suoi pezzi sacri (paragonabili per impor- tanza a quelli di Palestrina) e i suoi scritti teorici (fra i quali quelli su contrappunto e cantus firmus), esercitarono una grande influenza sulle generazioni future. Negli anni, anche numerosi studenti di canto approfittarono dei suoi insegnamenti.

Nicola Porpora Celebre compositore e insegnante. Furono suoi allievi cinque dei più famosi castra- ti dell’epoca (Farinelli, Caffarelli, Salimbeni, Appiani, Porporino) ma anche Meta- stasio e per un breve periodo Hasse. Per tutta la vita il carismatico Porpora restò legato a loro in veste di amico, compositore e impresario, paterno ma tirannico. A Dresda fu insegnante della principessa Maria Antonia Walpurgis, musicista e com- positrice di grande talento, e a Vienna di Joseph Haydn. Porpora compì i propri studi al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo nella nativa Napoli, città presso la cui corte fu rappresentata nel 1708 la sua prima opera: L’Agrippina. Inizialmente compose poche opere a distanza di due o tre anni l’una dall’altra per Napoli, Vien- na e Roma, mentre per le occasioni festive della famiglia imperiale austriaca scris- se le serenate Angelica (1720) e Gli orti esperidi (1721), entrambe su versi di Meta- stasio e con il giovane Farinelli come interprete. Dal 1715 al 1721 Porpora insegnò inoltre al Conservatorio di Sant’Onofrio. A partire dal 1720 la sua popolarità di compositore operistico crebbe tanto rapidamente, che alla fine le ormai frequenti prime rappresentazioni di sue opere a Roma venivano messe in cartellone in diret- ta concorrenza con le nuove composizioni del rivale Leonardo Vinci. Dal 1726 al 1733 Porpora fu anche insegnante all’Ospedale degli Incurabili di Venezia. Nel 1733 un gruppo di inglesi facoltosi lo ingaggiò a Londra per sfidare con la nuova “Opera of the Nobility” la compagnia operistica di Händel, sostenuta dal re. A Lon- dra nacquero cinque opere, tre pastiches, un oratorio, alcune cantate e numerose altre composizioni per una splendida compagnia che, oltre a Senesino e alla Cuzzo- ni sottratti a Händel, dal 1734 si avvalse anche dell’ormai popolarissimo Farinelli. Ma già nel 1737 Porpora tornò a Venezia, dove all’Ospedale degli Incurabili sostituì il maestro di cappella Hasse che era assente. Dal 1738 per tre anni scarsi insegnò al Conservatorio di Santa Maria di Loreto a Napoli, poi per breve tempo di nuovo a Venezia all’Ospedale della Pietà e all’Ospedaletto. Dal 1747 al 1751 lavorò come insegnante di musica e maestro di cappella a Dresda, dove ancora una volta Hasse era il suo superiore. Intorno al 1752 si trasferì a Vienna, dove però, nonostante la benevolenza di Metastasio e del – lontano – Farinelli, non visse nel lusso. Nel 1760 tornò a Napoli e dovette accettare i vecchi impieghi al Conservatorio di Santa Maria di Loreto e al Sant’Onofrio, ai quali tuttavia ben presto rinunciò. Una revisione della sua opera Il trionfo di Camilla per il Teatro San Carlo non ebbe successo. Por- pora morì il 3 marzo 1768 povero e dimenticato, come succedeva a quei tempi a molti compositori longevi (ad esempio Vivaldi). Porpora viene ricordato più in qualità di grande insegnante che di compositore. Oltre a un approfondimento di tutte le materie musicali, egli trasmetteva una soli- da tecnica canora. Leggendaria rimase la pagina di esercizi semplicissimi che pare assegnò a Caffarelli come unico compito per sei anni. Sono inoltre giunti fino a noi anche esempi di solfeggi e cantate scritti per i suoi allievi. In contrasto con quanto prevedeva tra l’altro la tradizione di Bologna, Porpora attribuiva la massima impor- tanza alla ricerca della vera espressione delle parole e di una pronuncia che ne enfa- tizzasse il significato. Si dice che egli mirasse a «commuovere l’ascoltatore invece che a sorprenderlo» (Hawkins, 1776). La sua splendida musica operistica testimonia infatti come riuscisse a valorizzare al massimo il virtuosismo dei suoi protetti.

Giuseppe Sammartini Noto come Sammartini il Londinese, proveniva da una famiglia di musicisti italia- ni di origine francese. Oboista e compositore, tra il 1720 e il 1726 fu membro del- l’orchestra del Teatro Ducale di Milano. Fu proprio nel 1726 che Johann Joachim Quantz, avendo modo di ascoltare il suo talento, lo incluse tra i migliori strumen- tisti del Nord Italia, insieme a virtuosi come Vivaldi. Nel 1727 partì alla volta di Bruxelles e l’anno seguente si stabilì definitivamente a Londra, divenendo oboista del King’s Theatre e svolgendo attività di solista al Haymarket Theatre, alla Hickford’s Room (1732-1744) e a Cambridge. Pur essendo un esponente del baroc- co musicale, le sue composizioni manifestano atteggiamenti galanti che le resero molto gradite ai contemporanei («grandi per scienza, originalità e fuoco», come afferma Charles Burney) e decisamente aperte alle novità. Suoi modelli furono Corelli, Händel, Vivaldi, Geminiani, Locatelli, dai quali assimilò diversi stilemi tec- nici ed espressivi che riversò nei concerti grossi, solistici, sonate a solo o per diver- si strumenti che compongono la sua produzione.

Francesco Maria Veracini Fu compositore e violinista virtuoso, uno dei migliori d’Europa secondo gli storici del tempo. Già nel 1711 era a Francoforte per l’incoronazione di Carlo VI in qualità di esecutore e compositore; in seguito si spostò a Venezia (1712-1713) dove conob- be Tartini; a Londra, dove si esibì come solista alla Hickford’s Room e al King’s Theatre, gareggiando con il rivale Geminiani; a Düsseldorf (1715) al servizio del principe Giovanni Guglielmo. Nel 1717 si trasferì a Dresda, dove si attirò le ostilità dei colleghi, che si videro soppiantati dal violinista italiano: a questi episodi pare debba attribuirsi il tentativo di suicidio che Veracini compì gettandosi da una finestra e che lo rese zoppo. Nel 1723 partecipò alle feste dell’incoronazione di Carlo VI, imperatore di Boemia, a Praga; negli anni successivi visse saltuariamente a Londra, esordendo come operista al King’s Theatre (Adriano in Siria nel 1735, nel 1737, Partenio nel 1738, Rosalinda nel 1744) fino al 1745, quando fece ritorno in Italia, amareggiato per l’incomprensione delle Sonate accademiche, risultate troppo moderne per i contemporanei. Fu un musicista fortemente innova- tore e la sua produzione annovera, oltre alle opere appena citate, oratori, cantate e composizioni strumentali, specialmente per violino, alla cui tecnica diede un forte impulso, come dimostra l’opera didattica Il trionfo della Pratica Musicale o sia il Maestro dell’Arte scientifica (1760), importante documento testimone, fra l’altro, delle generali condizioni della musica del tempo.

Leonardo Vinci Importante compositore di opere che esercitò una grande influenza sulla genera- zione di Pergolesi e Hasse, studiò al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo a Napo- li. Dal 1719 ebbe grande successo con le commedie musicali in dialetto napoleta- no. Al 1722 risale il suo primo successo con un’opera seria: Publio Cornelio Scipione. Da allora in poi fu richiesto a Roma, Venezia e Parma (Medo). Caratteristiche ed esemplari diventarono per forma e orchestrazione le sue grandi arie: Händel ne adottò moltissime nei suoi pastiches. La proficua collaborazione con Metastasio fu interrotta dalla morte precoce di Vinci (le voci dicono che fu avvelenato a causa di una relazione amorosa). Fu grande antagonista di Porpora: per alcuni anni a Roma e Venezia i teatri rivali presentavano contemporaneamente le nuove opere di entrambi i compositori. Celebre fu l’attentato del tabacco, in cui il castrato Berenstadt, soste- nitore di Vinci, durante la prova generale di una nuova opera di Porpora fece cade- re del tabacco in sala, compromettendone così il successo, visto che gli opinionisti presenti non facevano che starnutire. Ma proprio Farinelli collezionò molti succes- si con le opere di Vinci, tanto che incluse alcune sue arie (come Cervo in bosco, da Medo) fra le proprie arie di baule. In Farnace (Roma, 1724) Farinelli cantò il ruolo femminile di Berenice, in Alessandro nelle Indie (Roma, 1730) fu Appiani a inter- pretare quello di Erissena.

© Decca Music Group 2009 Da oltre due decenni Cecilia Bartoli è indiscutibilmente una delle artiste più im- portanti nel campo della musica classica. I suoi ruoli operistici, i suoi programmi concertistici e i suoi progetti discografici sono sempre attesi con grande entusiasmo e curiosità nel mondo intero: il loro successo è attestato anche dai premi vinti (numerosi Dischi d’oro, quattro Grammy Awards, otto Echo Prize, due Classical Brit Awards, Premio Victoire de la Musique per gli album Vivaldi, Gluck, Salieri e Opera proibita). I suoi progetti hanno contribuito alla rivalutazione e alla riscoperta di autori dimenticati. Non sorprende che tra i primi direttori in assoluto con i quali la Bartoli ha lavorato figurino i nomi di Herbert von Karajan, Daniel Barenboim e Nikolaus Harnoncourt. Questi maestri si sono accorti del suo talento in una fase molto precoce, quando la giovanissima cantante aveva a malapena completato gli studi vocali con i suoi geni- tori nella città natale di Roma. Da allora, l’artista si è esibita con molti altri diret- tori e pianisti di chiara fama e con le orchestre più importanti del mondo. Negli ultimi anni ha iniziato una collaborazione con le principali orchestre spe- cializzate in esecuzioni su strumenti d’epoca (Akademie für Alte Musik, Les Arts Florissants, Concentus Musicus Wien, Freiburger Barockorchester, Il Giardino Armonico, Kammerorchester Basel, Les Musiciens du Louvre, Orchestra La Scintil- la, Orchestra of the Age of Enlightenment). I progetti sviluppati con orchestre (per i quali Cecilia Bartoli ha avuto la piena responsabilità artistica) hanno assunto per lei un’importanza sempre maggiore e hanno raggiunto il punto culminante con i programmi ideati ed eseguiti con l’Orchestra Filarmonica di Vienna. Cecilia Bartoli canta regolarmente nelle più grandi sale da concerto d’Europa, Stati Uniti e Giappone e nei più prestigiosi teatri d’opera e festival quali, ad esempio, Metropolitan di New York, Covent Garden di Londra, Scala di Milano, Opera di Stato di Monaco, Festival di Salisburgo e Opera di Zurigo, dove ha presentato molti dei suoi ruoli operistici per la prima volta. In tempi recenti, ha interpretato Fioril- la nel Turco in Italia di Rossini al Covent Garden e due eroine händeliane, Cleopatra (nel Giulio Cesare con Marc Minkowski) e Semele (con William Christie) a Zurigo. Nella stagione 2007/2008 si è dedicata al primo Ottocento – l’era del Romantici- smo e del belcanto italiano – e in particolare alla Malibran: il 24 marzo 2008 (gior- no del duecentesimo anniversario) la Bartoli ha cantato in tre concerti a Parigi alla Salle Pleyel con Lang Lang, Repin, Fisher e Chung, momenti centrali di una Mara- tona Malibran, mentre in contemporanea veniva trasmesso il video del suo recital di Barcellona su un megaschermo davanti al Municipio. Nel 2009/2010 è ritornata al repertorio barocco, intraprendendo un viaggio a ritro- so nella Napoli del XVIII secolo e nel repertorio quasi sconosciuto dei castrati, cul- minato in una serie di concerti e nell’uscita dell’album Sacrificium. Altro momen- to di spicco di questa stagione è stata la rappresentazione in forma di concerto del Giulio Cesare di Händel alla Salle Pleyel di Parigi, diretta da William Christie con Andreas Scholl e Philippe Jaroussky. Cecilia Bartoli è Cavaliere della Repubblica italiana e Accademico effettivo dell’Ac- cademia di Santa Cecilia di Roma; inoltre le sono stati conferiti i titoli francesi di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres e Officier dans l’Ordre du Mérit, e la Royal Academy of Music di Londra le ha concesso il titolo di Honorary Member. In Spagna ha ricevuto l’importantissima “Medalla de oro al merito de las bellas artes”, in Italia il “Bellini d’oro”, in Germania l’“Händel-Preis 2010”, in Danimarca il pre- stigioso premio “Léonie Sonning” 2010. A novembre le sarà concesso il titolo di “dottore in musica” dell’Università UCD di Dublino. Il Giardino Armonico, formatosi a Milano nel 1985 e diretto da Giovanni Anto- nini, è oggi uno dei più apprezzati e richiesti gruppi musicali specializzati nell’ese- cuzione con strumenti originali. Il repertorio dell’ensemble, il cui organico varia da tre a trenta musicisti a seconda delle necessità della partitura, si incentra soprat- tutto sulla musica strumentale e vocale del Sei e Settecento. Il Giardino Armonico è regolarmente ospite dei maggiori Festival Internazionali e svolge un’intensa attività concertistica nei più importanti teatri e sale da concerto di tutto il mondo: Concertgebouw di Amsterdam, Wigmore Hall e Barbican Theatre di Londra, Musikverein e Konzerthaus di Vienna, Théâtre des Champs-Elysées e Théâtre du Châtelet di Parigi, Alte Oper di Francoforte, Staatsoper unter den Linden di Berlino, Glinka Hall e Filarmonica di San Pietroburgo, Teatro Bolshoi di Mosca, Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, Auditorio Nacional di Madrid, Oji Hall di Tokyo, Library Congress di Washington, Carnegie Hall e Lincoln Center di New York, Sydney Opera House e Teatro Colón di Buenos Aires, collaborando con solisti di fama inter- nazionale quali Katia e Marielle Labèque, Bernarda Fink, Magdalena Kozˇená, Viktoria Mullova, Christophe Coin, Giuliano Carmignola e molti altri. Il Giardino Armonico ha partecipato a numerose produzioni operistiche e oratori, tra cui L’Orfeo di Monteverdi, La serva padrona di Pergolesi, L’Agrippina, La Resur- rezione, Il Trionfo del Tempo e del Disinganno e Aci, Galatea e Polifemo di Händel. Le sue numerose incisioni di composizioni di Vivaldi – tra le quali spiccano Le Quattro Stagioni – e di altri compositori del Settecento hanno riscosso grande suc- cesso di pubblico e di critica ricevendo prestigiosi riconoscimenti internazionali (premio “Fondazione Cini”, Echo Klassik, Gramophone Award, Caecilia Award, Diapason d’Or, Choc de la Musique, Gran Prix des Discophiles). Nel 2000 Il Giardino Armonico ha iniziato una collaborazione con il mezzosopra- no Cecilia Bartoli: il disco Vivaldi Album, risultato di questo incontro, è stato insi- gnito anche del prestigioso Grammy Award, vendendo oltre un milione di copie in tutto il mondo. Dal 2007 Il Giardino Armonico è in residenza presso il Centro Cultural Miguel Delibes di Valladolid. Giovanni Antonini è membro fondatore dell’ensemble Il Giardino Armonico, che dirige stabilmente dal 1989 e con il quale ha tenuto concerti in tutta Europa, negli Stati Uniti, in Canada, Sud America, Australia, Giappone e Malesia, come direttore e come solista di flauto dolce e flauto traverso barocco. Alla direzione de Il Giardi- no Armonico affianca da diversi anni un’intensa attività come direttore d’orchestra, invitato dalle compagini più prestigiose come l’Orchestra del Teatro alla Scala, la Camerata Academica di Salisburgo, l’Orchestra da Camera di Monaco, la Rund- funksinfonieorchester di Berlino, la Gewandhausorchester Leipzig, la Scottish Chamber Orchestra, la Los Angeles Philharmonic, la Deutsche Kammerphilharmonie Bremen, l’Orchestra of the Age of Enlightenment e molte altre. Nel gennaio 2004 e nel dicembre 2005, su invito di Simon Rattle, ha diretto i Berliner Philharmoniker con un programma di musiche barocche e classiche, riscuotendo grande successo di pubblico e di critica. Nella stagione 2009/2010 Giovanni Anto- nini è stato impegnato a dirigere la City of Birmingham Symphony Orchestra, il Concertgebouw di Amsterdam, la Tonhalle Orchestra a Zurigo, la Camerata Salzburg, la Berner Symphony Orchestra, la Tonkünstlerorchester e l’Orchestra Filarmonica di Radio France; a settembre ha rinnovato la collaborazione con i Berliner Philharmoniker. Collabora stabilmente con la Kammerorchester di Basilea, con la quale sta portan- do a termine il progetto di registrazione dell’integrale delle Sinfonie di Beethoven. In ambito operistico, ha diretto Ascanio in Alba e Le nozze di Figaro di Mozart e Alcina di Händel al Teatro alla Scala, Aci, Galatea e Polifemo di Händel a Vienna, Salisburgo e Salamanca, Il matrimonio segreto di Cimarosa a Bolzano, Trento, Rovigo e Liegi, l’Orfeo di Monteverdi a Milano e Graz, Agrippina di Händel a Graz. Dal 2011 sarà direttore artistico del Festival Mozart della Città di Barcellona.

Se desiderate commentare questo concerto, potete farlo su blog.mitosettembremusica.it o sul sito www.sistemamusica.it