Ven 24 Ore 21 Bartoli
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Torino Cecilia Bartoli mezzosoprano Auditorium Giovanni Agnelli Il Giardino Armonico Lingotto Giovanni Antonini direttore Venerdì 24.IX.2010 ore 21 Sacrificium La scuola dei castrati MITO SettembreMusica Quarta edizione È un progetto di Realizzato da Con il sostegno di I Partner del Festival partner istituzionale Sponsor Media partner Sponsor tecnici Il Festival MITO compensa le emissioni di CO2 tramite il rimboschimento di aree con la creazione e tutela di verdi cittadine a Torino e attraverso foreste in crescita nel Parco Rio progetti di riduzione dei gas serra Vallone in Provincia di Milano, realizzati in paesi in via di sviluppo. e in Madagascar. Sacrificium Nicola Porpora (1686-1768) Sinfonia da Meride e Selinunte (1726)* Allegro Come nave aria di Siface da Siface (1725)* Riccardo Broschi (1698 ca-1756) Chi non sente al mio dolore aria di Epitide da Merope (1732)* Nicola Porpora Ouverture da Germanico in Germania (1732)* [Allegro] – Adagio – [Allegro] Parto, ti lascio, o cara aria di Arminio da Germanico in Germania Francesco Maria Veracini (1690-1768) Ouverture n. 6 in sol minore Allegro Leonardo Vinci (1696 ca-1730) Cervo in bosco aria di Climaco da Medo (1728)* Leonardo Leo (1694-1744) Qual farfalla aria di Decio da Zenobia in Palmira (1725)* Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino Francesco Araja (1709-1770?) Cadrò, ma qual si mira aria di Demetrio da Berenice (1734)* Nicola Porpora Usignolo sventurato aria di Siface da Siface (1725)* Carl Heinrich Graun (1703 ca-1759) Misero pargoletto aria di Timante da Demofoonte (1746)* Giuseppe Sammartini (1695-1750) Concerto in fa maggiore per flauto diritto, archi e basso continuo Allegro assai Antonio Caldara (1670 ca-1736) Quel buon pastor aria di Abel dal “componimento sacro” La morte d’Abel (1732)* Nicola Porpora Ouverture dalle cantate Gedeone (1737)* (Adagio – Spiritoso andante) e Perdono, amata Nice (1746)* (Allegro) Leonardo Vinci Quanto invidio la sorte… Chi vive amante recitativo e aria di Erissena da Alessandro nelle Indie (1730)* Nicola Porpora Nobil onda aria di Adelaide da Adelaide (1723)* * A cura di Martin Heimgartner Cecilia Bartoli, mezzosoprano Giovanni Antonini, direttore Costumi di Agostino Cavalca Il Giardino Armonico violini primi Stefano Barneschi Fabrizio Cipriani Judith Huber Liana Mosca violini secondi Marco Bianchi Francesco Colletti Ayako Matsunaga Maria Cristina Vasi viole Renato Burchese Carlo de Martini violoncelli Paolo Beschi Elena Russo contrabbasso Giancarlo De Frenza flauto Marco Brolli oboi Emiliano Rodolfi Magdalena Karolak corni Johannes Hinterholzer Edward Deskur fagotto Alberto Guerra liuto Luca Pianca clavicembalo e organo Sergio Ciomei Come nave da Siface (Pietro Metastasio) Atto secondo, scena IV Siface Come nave in mezzo all’onde Si confonde il tuo pensiero; Non temer che il buon nocchiero Il cammin t’insegnerà. Basterà per tuo conforto L’amor mio nella procella; La tua guida, la tua stella, Il tuo porto egli sarà. Chi non sente al mio dolore da Merope (Apostolo Zeno & Domenico Lalli, Torino, 1732) Atto primo, scena XIII Epitide Chi non sente al mio dolore Qualche affano dentro al core Vada pur tra foschi orrori Tra le valli a sospirar. Il mio bene, il padre, il regno Mi ha rapito fato indegno. Sommi Dei, se giusti siete Fin ponete al mio penar. Parto, ti lascio, o cara da Germanico in Germania (Nicolò Coluzzi) Atto secondo, scena VIII Arminio Parto, ti lascio, o cara, Ma nel partire io sento Troppo crudel tormento. Non sarà tanto amara La pena del morir. Perfide, stelle ingrate, Se non volete, oh Dio, Aver di me pietade, Non date all’idol mio Sì barbaro martir. Cervo in bosco da Medo (Carlo Innocenzio Frugoni) Atto primo, scena XIII Climaco Cervo in bosco se l’impiaga Dardo rapido e mortale, Varca il colle, cerca il fonte, Dalla valle al prato va. Trova alfin mentre divaga Erba, onor d’aprico monte, Che gustata l’empio strale Dal suo fianco cader fà. Qual farfalla da Zenobia in Palmira (Apostolo Zeno & Pietro Pariati) Atto secondo, scena VII Decio Qual farfalla innamorata Va girando intorno al lume La speranza del mio core. E bruciandosi le piume Nella cuna sventurata Ha il feretro ove sen more. Cadrò, ma qual si mira da Berenice (Antonio Salvi) Demetrio Cadrò, ma qual si mira Parte cader dal monte Della sassosa fronte Che quant’a lei s’oppone Urta, fracassa e seco Precipitando va. E se non resta oppresso Dalla fatal ruina, Sente da lunge anch’esso Attonito ‘l pastore Lo strepito del colpo Ch’impallidir lo fa. Usignolo sventurato da Siface (Pietro Metastasio) Atto secondo, scena XIV Siface Usignolo sventurato, Che desia fuggir la morte, Va cantando e del suo fato Così piange il rio tenor. Sembro lieto anch’io sul trono Pur la sorte è a me tiranna, Pure invidio il bel soggiorno D’una povera capanna Al felice affittator. Misero pargoletto da Demofoonte (Pietro Metastasio) Atto terzo, scena IV Timante Misero pargoletto, Il tuo destin non sai. Ah, non gli dite mai, Qual era il genitor. Come in un punto, oh Dio, Tutto cambiò d’aspetto; Voi foste il mio diletto, Voi siete il mio terror. Quel buon pastor da La morte d’Abel (Pietro Metastasio) Parte prima Abel Quel buon pastor son io, Che tanto il gregge apprezza Che per la sua salvezza Offre se stesso ancor. Conosco ad una ad una Le mie dilette agnelle E riconoscon quelle Il tenero pastor. Quanto invidio la sorte da Alessandro nelle Indie (Pietro Metastasio) Atto primo, scena IV Erissena Quanto invidio la sorte delle greche donzelle! Almen fra loro fossi nata anch’io. Ah, già per lui fra gli amorosi affanni dunque vive Erissena?... No!... M’inganno. Chi vive amante, sai che delira. Spesso si lagna, sempre sospira, Nè d’altro parla che di morir. Io non m’affanno, non mi querelo, Giammai tiranno non chiamo il cielo. Dunque il mio core d’amor non pena O pur l’amore non è martir. Nobil onda da Adelaide (Antonio Salvi) Adelaide Nobil onda, Chiara figlia d’alto monte, Più ch’è stretta e prigioniera, Più gioconda scherza in fonte, Più leggiera all’aure va. Tal quest’alma, Più che oppressa dalla sorte, Spiegherà più in alto il volo E la palma d’esser forte Dal suo duolo acquisterà. © Decca Music Group 2009 Fonti: Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Montecassino Bibliothèque du Conservatoire Royal de Bruxelles Conservatorio San Pietro a Majella, Napoli Gesellschaft der Musikfreunde, Wien Manuscript 80 in the Library of the Royal Academy of Music, London Manuscript 81 in the Library of the Royal Academy of Music, London Musikhandschriftenabteilung der Staats- und Universitätsbibliothek Hamburg Musiksammlung der Österreichischen Nationalbibliothek, Wien Staatsbibliothek zu Berlin, Preußischer Kulturbesitz/Musikabteilung mit Mendelssohn-Archiv La scuola dei castrati L’era dei castrati è fra le più cangianti e grandiose nella storia della musica euro- pea. Raramente è stata raggiunta una tale compiutezza a livello di sensualità e splendore, forma e contenuto, poesia e musica; in particolare, resta ineguagliata la perfezione del virtuosismo canoro conquistata nel periodo aureo del barocco. La leggendaria maestria dei castrati irradia ancora oggi il suo bagliore attraverso i tempi e giustifica, malgrado il grande sacrificio umano sulla quale essa si basa, un rinnovato approfondimento di questa straordinaria epoca. Per oltre 200 anni nelle metropoli europee della musica sarebbe stato inconcepibi- le rinunciare al virtuosismo degli onnipresenti castrati: cioè di uomini che in età prepuberale erano stati sottoposti a un’operazione che li aveva privati della propria identità sessuale, dell’equilibrio spirituale e di una vita che potesse scorrere su bina- ri preordinati; tutto questo allo scopo di plasmare questi fanciulli mutilati fino a farne degli strumenti musicali di inaudita bellezza. Per far rivivere questo mondo sonoro agli ascoltatori di oggi, bisogna ricorrere all’espe- diente del travestimento, lasciando che gli interpreti si calino nelle vesti musicali dei castrati. È così che vari esponenti del vivace panorama della musica antica, come pure diversi controtenori, hanno proposto importanti documenti riguardanti alcuni di questi personaggi (tra gli altri Senesino e Carestini). Anche le voci femminili stanno scopren- do il repertorio di questi artisti che cantavano nel registro di soprano e contralto, a para- dossale conferma dell’opinione già allora predominante che le cantanti, con le loro potenzialità, erano perfettamente in grado di fare concorrenza ai più grandi castrati: «Credevo ad esempio che nessuna cantante del mondo avrebbe potuto eguagliare con la sua voce Farinelli o Caffarelli; ed ecco sbocciare e risplendere davanti a me in tutta la sua sontuosa bellezza la smentita vivente a tutto ciò» (Wilhelm Heinse, 1795). Fino ad ora mancava tuttavia un resoconto completo che ripercorresse l’epopea dei castrati con suoni, parole e immagini. Per rappresentare questo fenomeno culturale e storico nella sua completezza abbiamo eletto a modello Napoli e la sua cultura musi- cale incommensurabilmente ricca. Grazie alla propria situazione storica, demografi- ca e culturale, verso la fine del Seicento questa città diventò il centro del mondo musi- cale occidentale, la vera capitale europea della musica, il cui prestigio si protrasse fino a Settecento inoltrato. La figura centrale di questo fenomeno è il compositore, insegnante di composizione, maestro di canto e impresario napoletano Nicola Porpora (1686-1768), che ben pre- sto si guadagnò la fama di educatore della voce più importante del Settecento: “premier maître de chant de l’univers”. Porpora conquistò questa celebrità grazie ai suoi allie- vi di canto: Farinelli, Caffarelli, Salimbeni, Appiani e Porporino, un illustre quintetto nel quale figurano i più celebri castrati di tutti i tempi. Inoltre Porpora fu insegnante del grande librettista Pietro Metastasio, come pure in una certa misura dei composi- tori Johann Adolf Hasse e Joseph Haydn. Dal repertorio comprendente diverse centinaia di lavori composti per i rampolli della “scuola dei castrati” di Porpora (opere, cantate e musiche sacre) è stato sele- zionato un florilegio rappresentativo e variopinto di arie.