presenta

una coproduzione RTI Martinelli Film Company Int.

in associazione con Giuseppe Marra Communications S.p.A.

Martinelli Film Company Int. presenta

un film di Renzo Martinelli

Andrea Iaia Anna Valle nel ruolo della moglie

Paolo Seganti Burt Young Paul Sorvino Bruno Bilotta Eleonora Martinelli Nino Benvenuti Joe Capalbo e con Antonio Cupo nel ruolo di Max Baer e con la partecipazione di Kasia Smutniak nel ruolo di Emilia Tersini e con F. Murray Abraham

CANALE 5 LUNEDÌ 15 E MARTEDÌ 16 DICEMBRE 2008 IN PRIMA SERATA

CREDITI NON CONTRATTUALI

CAST ARTISTICO

Primo Carnera ANDREA IAIA

Pina Cavacic ANNA VALLE

Eudeline PAOLO SEGANTI

Lou Soresi BURT YOUNG

Ledudal PAUL SORVINO

Leon See F. MURRAY ABRAHAM

Emilia Tersini KASIA SMUTNIAK

Giovanna ELEONORA MARTINELLI

Max Baer ANTONIO CUPO

Proprietario Night STEFANO MEGLIO

Paul Journèe BRUNO BILOTTA

Allenatore M. Baer NINO BENVENUTI

Billy Duffy JOE CAPALBO

Arbitro Dononvan CARLO DI BLASI

Zia Atonia LUCREZIA MAIER

Zio Anselmo FLORIN BUSUIOC

Angelo ALEXANDRU PAVEL

Agente FBI PAOLO GINOCCHIO

Sante NICOLAE URS

Mamma Giovanna ADRIANA SCHIOPU

Secondo RAZVAN OPREA

Joseph K. VLAD RADESCU

Matrigna AURA CLARASU

Dikson MIHAI DINVALE

Fouquette ILIE PETRICA

De la Plata FIORENTI EMANOIL

Carnera 8 anni RUSU MIHNEA

Bambine in Braccio a Carnera LUDOVICA TANCREDI MARTINELLI BENEDETTA LAZZARI

CREDITI NON CONTRATTUALI

SCHEDA TECNICA

Consulenza Casting LUCA CONFORTINI STUDIO KOYAANISQUATSI

Fotografia SAVERIO GUARNA

Scenografia ROSSELLA GUARNA

Costumi SILVIA NEBIOLO MASSIMO CANTINI PARRINI

Fonico in Presa Diretta MARIUS CONSTANTIN

Sound Design PAOLO AMICI (STUDIO 16)

Organizzatore Post Produzione FRANCO CASELLATO

Fonico di Mixage ANGELO RAGUSEO (A.I.F.M.)

Effetti Visivi Digitali EDI EFFETTI DIGITALI ITALIANI

Musiche di PIVIO & ALDO DE SCALZI

Montaggio OSVALDO BARGERO (A.M.C.)

Soggetto di RENZO MARTINELLI

Sceneggiatura RENZO MARTINELLI GIUSEPPE MARRA

Collaborazione alla Sceneggiatura ALESSANDRO GASSMAN Consulente GIOVANNA CARNERA per FONDAZIONE CARNERA

Consulente Storico GIULIANA V. FANTUZ

Organizzatore Generale RICCARDO PINTUS

Produttori Esecutivi RENZO MARTINELLI GIUSEPPE MARRA

Delegato alla Produzione RTI TINA PELLEGRINO

Story Editor RTI ELENA SANSONETTI

Produttore RTI ALFONSO COMETTI

Un Film Prodotto e Diretto da RENZO MARTINELLI

Formato MINISERIE TV 2X100

Network CANALE 5

Programmazione LUNEDÌ 15 E MARTEDÌ 16 DICEMBRE 2008 IN PRIMA SERATA

Responsabile Comunicazione Fiction LAURA MARCHESE

Ufficio Stampa Mediaset EDOARDO FRANCHI 335/1029705

CREDITI NON CONTRATTUALI

“Ho preso tanti pugni nella mia vita. Veramente tanti… Ma lo rifarei. Perché tutti i pugni che ho preso sono serviti a far studiare i miei figli…” (Primo Carnera)

Sinossi

Anni 30. Un gigante di oltre due metri di statura diventa una delle più sorprendenti leggende della storia dello sport. Il suo nome è Primo Carnera, ma tutto il mondo lo conosce come “La Montagna che cammina”. Nato a Sequals, un piccolo paese del Friuli, nel 1906, Carnera emigra giovanissimo in Francia, a Le Mans, per poter sopravvivere alla miseria che opprime l’Italia di quegli anni. Qui viene notato dal proprietario di un circo, Paul Ledudal (Paul Sorvino) che lo convince a trasformarsi in “Juan Lo Spagnolo, il terrore di Guadalajara” e ad esibirsi come attrazione. Nel corso delle sue peregrinazioni, il circo di Ledudal arriva ad Arcachon, un paese nel sud della Francia. Qui vive l’ex campione francese dei pesi massimi, Paul Journée. È lui a notare il gigante e a segnalarlo al più famoso manager di boxe di quei tempi: Léon Sée (F. Murray Abraham). Sotto la guida esperta e spregiudicata di Sée, Carnera realizza un sogno ritenuto impossibile: nel 1933, al Madison Square Garden di New York, la “Montagna che cammina” sconfigge Jack Sharkey e conquista il titolo mondiale dei pesi massimi. La storia che noi raccontiamo è la storia di un gigante che credeva fortemente in alcuni valori: la sacralità della famiglia, l’attaccamento alla propria terra e alle proprie radici, la capacità di sacrificare se stessi perché i propri figli possano avere un avvenire migliore, la forza di volontà nell’inseguire un sogno ritenuto impossibile, la consapevolezza che una sconfitta è tale solo se si rimane a terra. Non è sconfitta quando ci si rialza e si riprende a combattere. Il film sulla “Montagna che Cammina” rappresenta la più gigantesca operazione di post-produzione mai effettuata in Europa: 1500 inquadrature digitali e 20 mesi di lavoro al computer per ricostruire le grandi arene del passato: la Wagram Hall di Parigi, la Royal Albert Hall di Londra, il Madison Square Garden e il Garden Bowl di New York, cui si aggiunge un complesso lavoro di “crowd replication” (moltiplicazione di folla) mai effettuato prima in Italia, che ha consentito la creazione di folle composte da migliaia di persone.

Intervista a Renzo Martinelli (a cura di Francesco Ruggeri)

Il tuo cinema fa rima con sfida. Dopo quella vinta con “Il mercante di pietre”, cos’è successo? Sì, il ‘challenge’ è iscritto nel mio dna. Non posso fare a meno di pormi obiettivi sempre nuovi e stimolanti. Al momento dell’uscita del film in sala stavo già lavorando ad un progetto mastodontico su un avvenimento storico fondamentale per capire il mondo arabo e il suo rapporto con l’Occidente. Mi riferisco alla battaglia di Vienna del 1683 in cui l’esercito arabo, nel tentativo di conquistare Vienna, venne decimato da quello cristiano. Il titolo sarebbe stato e sarà “September Eleven”. Poi le cose sono cambiate…

E Carnera ha bussato alle porte del tuo cinema… Esatto. In realtà era da tempo che avrei voluto dedicare un film a questa straordinaria figura d’uomo e di pugile. A quel punto ho accantonato momentaneamente il progetto di “September Eleven” per concentrarmi esclusivamente su quel vecchio sogno.

Che non corrisponde poi soltanto alla storia di un pugile punto e basta.. No, affatto. La molla che mi ha spinto a mettermi sulle tracce di Carnera è stata quella di narrare la storia esemplare di un uomo che non si è mai tirato indietro di fronte a nulla. Un uomo cresciuto in condizioni difficili, ma forte di un coraggio e di una caparbietà fenomenali.

Un uomo che, come recita la didascalia che apre il film, ha ammesso di aver preso tanti pugni per garantire ai figli un avvenire sicuro… Carnera era esattamente questo. Una persona attaccata ai valori, un tenerissimo padre di famiglia e un marito affettuoso. Boxava per vivere, per mantenere la famiglia. E per far sì che i figli non crescessero tra le privazioni che aveva vissuto lui. Insomma, un vero uomo.

Di quelli che il tuo cinema in fondo ha sempre raccontato... Il mio cinema nasce da un’esigenza etica, morale. Quella di riflettere su certi temi, riaprendo anche questioni delicate e offrendo al contempo ai giovani modelli precisi di comportamento. Ecco, davanti al progetto di raccontare Carnera, ho pensato soprattutto ai ragazzi di oggi. Avevo voglia di raccontare loro cosa significhi reagire ai colpi della vita e mantenere sempre una dirittura precisa.

Come ha reagito la famiglia di Carnera alla notizia del film? I suoi due figli, Umberto e Giovanna, sono stati entusiasti. Anche perché l’illustre precedente cinematografico legato in qualche modo al padre fu “Il colosso d’argilla” in cui Carnera non ne usciva fuori un granchè bene. All’uscita del film fece infatti causa alla Columbia, sicuro del fatto che il pugile protagonista del racconto (colluso tra le altre cose con la mafia) fosse ispirato a lui. Insomma, ho avvertito il bisogno di raccontarla giusta una volta per tutte. Riabilitando un uomo che forse aveva il torto di fidarsi troppo degli altri. Tanto da essere imbrogliato per ben due volte consecutive dai suoi manager. Ma, di certo, nulla a che vedere con mafia o cose simili.

Come hai trovato l’interprete giusto? E’ stata una vera impresa. Le mie richieste erano precise e forse impossibili: volevo un gigante alto più di due metri che parlasse bene inglese e che sapesse boxare almeno un po’. La ricerca è andata avanti per diverso tempo, fin quando non ho perso ogni speranza. Il mio Carnera non l’avevo ancora trovato e il tempo stringeva più che mai. A quel punto le riprese hanno cominciato a subire un bel po’di ritardo. Un giorno poi mi si presenta Andrea Iaia che aveva saputo dal giornale del casting ancora in corso. Appena l’ho visto, mi è scoccata la scintilla. Nino Benvenuti (mio consulente sul set), dopo averlo provinato, mi ha detto: “Vai ad accendere un lume alla Madonna di Loreto: è lui!” A quel punto il più era fatto. Anche perché tutto il resto del cast era già formato.

Con l’eccezione di Alessandro Gassman… Purtroppo sì. Alessandro, affezionatosi subito al progetto sulla vita del pugile più amato da suo padre Vittorio, mi chiese subito di collaborare alla sceneggiatura. Sono stato felice della proposta e ci siamo messi a lavorare insieme al testo. La mia intenzione era poi quella di affidargli la parte di Eudeline, ma lo slittamento delle riprese è andato a coincidere con impegni che aveva precedentemente preso col teatro. Così la parte è andata al bravo Paolo Seganti.

Arriviamo così al film. Che inizia con l’infanzia del campione… Sì, l’arco narrativo preso in esame parte dal Carnera bambino e dalle condizioni di ristrettezza economica in cui ha versato durante l’infanzia. Tutto questo per far risaltare al meglio i successivi cambiamenti che affrontò rimanendo però sempre lo stesso. Ho scelto di concentrarmi particolarmente su questa fase, raccontando come un uomo normale diventò nel giro di poco tempo un vero e proprio mito. La scelta di chiudere il film sul suo ritorno in Italia ha un significato preciso. L’ultimo match che si vede nel film infatti è quello a dir poco epico in cui Carnera si batte contro Bauer. Un combattimento che ha fatto storia perché Carnera, pur andando a tappeto ben dieci volte, ha finito il match in piedi. Ecco, volevo che quest’ultimo incontro fosse una sintesi potente del coraggio infinito di quest’uomo.

Rispetto ai tuoi film precedenti, lo stile trasuda classicismo e massima sobrietà. Uno stacco netto rispetto alle arditezze sperimentali di film come “Piazza delle cinque lune”. Perché questo cambiamento? In film come “Piazza delle cinque lune” e “Vajont” l’esigenza era quella di esprimere un certo disagio, un’irrequietezza latente. Ho quindi adoperato un linguaggio filmico ricco di inquadrature oblique, spesso non in asse rispetto ai personaggi. Per “Carnera” è cambiato tutto. Ho avvertito il desiderio di rifarmi in un certo senso al cinema americano degli anni Trenta. Un cinema classico per l’appunto, lineare, con la macchina da presa ‘in bolla’, perfettamente allineata ai personaggi.

Eppure non hai rinunciato ai vezzi tipici di tutto il tuo cinema. Espedienti formali che fanno di te uno dei registi italiani più ‘avanti’ in senso tecnico. Uno sperimentatore… Una delle sequenze che mi sono divertito di più a progettare è stata quella del matrimonio di Carnera. Ho utilizzato il filmino autentico delle nozze per poi sostituire il vero Carnera e consorte con Andrea Iaia e Anna Valle. Un’operazione tecnica precisa che mira a restituire allo spettatore un forte senso di autenticità. Lo stesso procedimento l’ho usato manipolando il filmato d’epoca in cui Carnera riceve una targa dalle mani di Mussolini. Insomma, ho cercato di sottolineare al meglio la potenza del racconto, unendola ad un’attenzione precisa alla forma. D’altronde non è una novità per me. La ‘questione tecnica’ mi ha sempre appassionato, sin dai miei esordi.

Anche in questo nel panorama del cinema italiano odierno sei una mosca bianca… Molti miei colleghi snobbano tutto ciò che abbia a che vedere con gli aspetti più tecnici della regia. Io invece, seguendo la tradizione di grandi artisti come Rembrandt e Vermeer che andavano espressamente alla ricerca della materia prima su cui poi avrebbero lavorato, voglio seguire la mia produzione in ogni suo aspetto. Qualche anno fa mi sono fatto costruire a Los Angeles quattro diverse macchine da presa che conservo gelosamente e che in Europa ho soltanto io. E’ per questo che sui miei set non ho mai delegato il direttore della fotografia per scegliere gli obiettivi o i filtri. Non so fare altrimenti. Correrei il rischio di non sentirlo più mio il film…

Un film di boxe nel cinema italiano è cosa anomala. Come ti sei posto nei confronti del genere? Non ho esperienza diretta di combattimenti, non sono mai salito su un ring, quindi, prima ancora di iniziare le riprese, ho deciso di farmi affiancare da due che la sanno molto lunga in merito: il grande Nino Benvenuti e Alessandro Spinelli, campione italiano di kickboxing. Sono stati i miei numi tutelari sul set. A quel punto ho avuto la possibilità di realizzare in pieno il mio scopo. Quello di girare incontri di boxe assolutamente realistici, ricalcati al millesimo sugli originali che videro protagonista Carnera.

Vuoi dire che ogni match che si vede nel film è ripreso pari passo dall’originale? Assolutamente sì. Benvenuti e Spinelli sono stati vicini a Iaia, mostrandogli mosse e disposizione del corpo sul ring. Io invece, con l’ausilio di ben tre macchine da presa e i filmati originali davanti, ho riprodotto senza nessuna omissione o aggiunta tutti i movimenti dei pugili originali. Nulla di inventato quindi. Spero che questo scrupolo filologico venga apprezzato dagli amanti del pugilato.

A proposito del cast: ormai possiamo definire F. Murray Abraham come il tuo attore feticcio per eccellenza… Murray, oltre ad essere un grandissimo professionista, è anche un mio caro amico. Quando gli propongo una parte in un film, non legge nemmeno più la sceneggiatura. Si limita a chiedermi quando e dove. Il cast di “Carnera” è comunque molto ricco. Si pensi fra gli altri a Paul Sorvino e a Burt Young. Quest’ultimo mi ha fatto una gran tenerezza. E’un po’affaticato dagli anni, ma sul set riesce comunque sempre a trovare la grinta di un tempo. Sta al regista coccolarlo e dargli sicurezza.

E non finisce qui. Perché fra i tanti nomi che compongono il cast ce n’è uno particolare… Sì, è vero, si tratta di Giovanna, la figlia di Carnera. Le ho chiesto se le andasse di interpretare la maestra di Carnera. E lei, emozionatissima, mi ha dato il suo ok. Ora aspetto con una certa trepidazione il momento in cui si rivedrà sul grande schermo.

Che tipo di reazioni stai raccogliendo in giro? L’attesa è grande, anche perché ancora mancava un film che raccontasse la vera storia di questo pugile straordinario. La prima mondiale si terrà al Madison Square Garden di New York, proprio dove Carnera vinse il titolo mondiale dei pesi massimi. Sarà un grande evento a cui parteciperanno personaggi del calibro di Mike Tyson…

CENNI BIOGRAFICI

Primo Carnera

Primo Carnera nasce a Sequals, piccolo centro di montagna del Friuli non lontano da Pordenone, il 25 ottobre del 1906, da una famiglia poverissima, sostenuta a fatica dal lavoro del padre, un ceramista andato a cercare fortuna in Germania. Primo impressiona sin dalla nascita: ben 8 kg di peso. Arrivato a dieci anni d’età è alto già quasi come un adulto. Nel 1914 allo scoppio della guerra il padre va a combattere al fronte e alla famiglia, rimasta senza un reddito, tocca chiedere addirittura l’elemosina. L’infanzia del futuro campione si consuma così. Arrivato a diciotto ann,i per non gravare più sulla già disastrata economia familiare, Carnera emigra in Francia dove viene accolto dagli zii. Ed è qui che inizia a saltare da un lavoro all’altro, diventando nel giro di poco un bravo carpentiere. Ma il destino ha in serbo altri progetti per lui. Un giorno, infatti, lo zio, confidando sul suo fisico ‘bestiale’ (più di due metri di statura per 120 kg di peso), gli procura un incontro di boxe. Gli esiti non sono quelli sperati, ma la fortuna assume le fattezze del responsabile di un circo che nota il gigante friulano e non ci pensa due volte ad ingaggiarlo come lottatore. Le esibizioni di Primo (ribattezzato nel frattempo, ‘Juan lo spagnolo’) vanno avanti per tre anni. L’incontro casuale con l’ex campione dei pesi massimi, il francese Paul Journèe, che vede in lui le potenzialità di un grande pugile, catapulta Carnera sul ring. Dopo qualche tempo Journée lo presenta a Lèon See, uno dei manager più accreditati del periodo. Dopo qualche incontro costruitogli addosso per rodarlo appieno, Lèon lo fa esordire a Parigi il 12 ottobre del 1928. Carnera si batte contro Leon Sibilo e vince per k.o al secondo round. Non è che l’inizio di una lunga serie d’incontri in cui Primo mette in mostra tutte le sue qualità, accumulando ben quindici vittorie per k.o e una sconfitta per squalifica. Nel 1932 subisce due sconfitte di seguito (una contro Stanley Preda, l’altra contro Larry Gains) e scopre che il manager, Lèon See, si è appropriato di tutti i suoi risparmi, dilapidandoli in investimenti sbagliati. Torna così in Italia, ma si tratta di una pausa momentanea. Ben presto infatti viene riportato in America da Luigi Soresi che diventa il suo nuovo manager e che gli procurerà la possibilità di battersi per il titolo mondiale dei pesi massimi. Ma il 10 febbraio del 1933 accade l’irreparabile. Nel match contro Ernie Schaaf, Carnera colpisce tanto forte l’avversario da causargli un’emorragia cerebrale che lo porterà poco dopo alla morte. Il senso di colpa è insopportabile e Primo decide di ritirarsi dalla boxe, ma gli amici e la famiglia insistono affinché torni sul ring. La decisione dunque è presa e Carnera, dopo mesi di duro allenamento, si batte per il titolo dei pesi massimi. E’ il 29 giugno del 1933, l’arena è quella del Madison Square Garden di New York, mai così gremito di folla. Non c’è storia e Carnera manda agevolmente a tappeto il suo avversario, Jack Sharkey. Il nuovo campione del mondo è lui. Benito Mussolini non tarda a manifestare al campione tutta la sua stima, trasformandolo nel simbolo di un Italia solida e vincente. Intanto per gli americani è diventato ‘The Ambling Alp’ (La montagna che cammina). Dopo qualche tempo Carnera difende per ben due volte il titolo (prima contro Uzcudum, poi contro Tommy Loughran), ma quando arriva il momento di incrociare i guantoni contro un altro gigante, Harry Bauer, non può far altro che capitolare. Inizia così il lungo crepuscolo del campione che comincia ad inanellare una lunga serie di sconfitte che vanno a coincidere con seri problemi di salute. Gli viene infatti diagnosticato il diabete e tolto un rene. Di ritirarsi però Carnera non ne vuole sapere. Il 13 marzo del 1939 si sposa con un’amica d’infanzia, Pina Kovacic, e dopo qualche anno diventa padre di due bambini, Umberto e Giovanna Maria. All’indomani della caduta del fascismo, decide di tornare in Italia dove però l’attendono le ire dei partigiani che non gli perdonano d’essere stato un simpatizzante, nonché collaboratore, di Mussolini. Ad attendere Carnera c’è solo un mesto viale del tramonto: dopo aver vinto due incontri, perde i successivi e dopo il match contro Luigi Musina, decide di ritirarsi. Uno come lui però lontano dal ring non sa stare. Decide così di reinventarsi una carriera nel ‘catch’ dove nel giro di qualche anno diventa campione e beniamino indiscusso delle folle. Dopo aver prestato la sua presenza al cinema in poco più di dieci film (fra cui “Ercole e la regina di Lidi”), apre infine un ristorante e un negozio di liquori. La sua fine? Si avvicina quando scopre d’essere malato di cerrosi epatica. Capendo di avere i mesi contati, torna nella natia Sequals dove muore il 29 giugno del 1967. Esattamente il giorno del trentesimo anniversario della conquista del titolo dei pesi massimi. Uno scherzo del destino. Ma lui è già diventato leggenda.

BIOGRAFIE DEGLI ATTORI

Andrea Iaia Diplomato al Centro Internazionale Cinema e Teatro Duse Studio diretto da Francesca De Sapio e Vito Vinci. Laboratori sul lavoro dell'attore con le tecniche di S. Meisner, M. Cecov, P. Brook e improvvisazione diretti da F. De Sapio. Seminari di recitazione metodo Stanislavskj-Strasberg con i membri dell'Actors Studio: M. Margotta, G. Perruccio. Esperto di arti marziali e body-building.

CINEMA 2007 "Carnera", di Renzo Martinelli

TEATRO 2000 “La sgarratola”, di P. De Santis 2000 “Il Calapranzi”, di P. De Santis 2002 “Mojo”, di A. Kalinowski 2004 “Uomini e Topi”, di L. Boccia

CORTOMETRAGGI 2000 “100 Metri di Vita”, di F. Casse 2003 “Rapina”, di M. Mizzi 2004 “Cemento”, di L. Boccia

Anna Valle TEATRO Le Troiane, di P. Maccarinelli Oceano Mare, di M. Placido

CINEMA Le Faremo tanto male, di P. Quartullo Sottovento, di S. Vicario Solometro, di M. Cucurnia Miss Take, di F. Cipriano Carnera, di R. Martinelli

CORTI Le Due Bamboline, di A. Ingargiola

FICTION , di G. Capitani Turbo, di A. Bonifacio Giochi di Ruolo, di A. Angeli Tutti per Uno, di V. De Sisti Aeon, di H. Neuhauser Cuore, di M. Zaccaro La Memoria e il perdono, di G. Capitani Per Amore Cincinnati, Exacoustos Giovanni XXIII, di G. Capitani Augustus, di R. Young Soraya, di L. Gasparini Le Stagioni del cuore, di An. Grimaldi Callas & Onassis, di G. Capitani Fratelli di...., di C. Bonivento Fuga per la libertà, di C. Carlei

F.Murray Abraham Attore dalla molteplice personalità è diventato famoso per i suoi ruoli da "cattivo". Murray Abraham è nato il 24 ottobre 1939 a Pittsburgh, in Pennsylvania. La notorietà internazionale gli è arrivata nei panni del perfido e invidioso Salieri nel film "Amadeus", con il quale ha vinto un Oscar. E' stato poi nuovamente un "cattivo", in "Star Trek - L'insurrezione", che gli ha donato com'era prevedibile grande popolarità presso il pubblico più giovane. Attore estremamente impegnato da sempre, Abraham di recente ha interpretato una serie di film che lo hanno portato in giro per il mondo. Tra le sue altre memorabili interpretazioni si ricordano il signore della droga boliviano in "Scarface" (1983) al fianco di Al Pacino, o l'implacabile inquisitore ne "Il nome della rosa" (1986). Il pubblico italiano lo ha apprezzato anche in "La dea dell'amore" di Woody Allen e in "Mimic". Dal 2000 lo ritroviamo ancora in film di grande successo come "Scoprendo Forrester" al fianco di Sean Connery e "I cavalieri che fecero l'impresa" di Pupi Avati.

CINEMA Carnera – The Walking mountain, di R. Martinelli L’inchiesta, di G. Base Il Mercante di pietre, di R. Martinelli La Casa Dei Gerani, di L. Wertmuller Piazza Delle Cinque Lune, di R. Martinelli I Tredici Spettri, di S. Beck I Cavalieri che fecero l’impresa, di P. Avati Scoprendo Forrester, di G. Van Sant La Dea Dell’amore, di W. Allen Last Action Hero, di J.Mc Tiernan Palle In Canna, di G. Quintano L’impero Del Crimine, di M. Kalbernikoff Il Falo’ Delle Vanità, di B. De Palma Un Uomo Innocente, di P. Yates Amadeus, di M. Forman Scarface, di B. De Palma Moses Wine, di J. P. Kagan Tutti Gli Uomini Del Presidente, di A. J. Pakula Il Vizietto Americano, di R. Lester I Ragazzi Irresistibili, di H. Ross Serpico, di S. Lumet Il Nome della Rosa, di J. J. Annaud

ALTRI FILM The Ritz The Sunshine Boys The Prisoner of Second Avenue They Might Be Giants Mimic

TELEVISIONE Kojak All in the Family The Andros Tagerts Michelangelo I promessi sposi Il caso Dozier Stra trek La bibbia

TEATRO (alcuni spettacoli) Sexual Perversity in Chicago, OFF-BROADWAY Legend, BROADWAY The Ritz, BROADWAY Bad Habits, BROAD WAY The Man in the Glass Booth, BROADWAY And Miss Readon Drinks a Little, NATIONAL TOUR WITH SANDY DENNIS Where has Tommy Flowes Gone?, OFF-BROADWAY Scuda Duba, OFF-BROADWAY The Survival of St Joan, OFF-BROADWAY Little Murders, OFF-BROADWAY Adaptation, OFF-BROADWAY

PRINCIPALI PREMI E RICONOSCIMENTI 1984 Premio Oscar e Golden Globe per “Amadeus”, di M. Forman

Kasia Smutniak Nata a Warsawia (Polonia)

CINEMA 2007/08 “Goal 3”, di Andrew Morahan (uscita 2009) “Caos calmo”, di Antonello Grimaldi “Nelle tue mani”, di Peter Del Monte 2006 “Carnera: The Walking Mountain”, di Renzo Martinelli

Antonio Cupo CINEMA Elegy, di Isabella Coixet Carnera-The Walking Mountain, di Renzo Martinelli Hollywood Flies , di Fabio Segatori Clive Barker’s Saint Sinner, di Josh Butler The Lizzie McGuire Movie, di Jim Fall

TELEVISIONE Sabbatical, Insight Films Love Notes (MOW), Lifetime Lost Behind Bars (MOW) , Lifetime Elisa di Rivombrosa, Mediaset The New Monkees (Pilot) ,NBC Black Sash, WB Just Cause, PAX The “L” Word, con Jennifer Beals, Showtime Taken, prodotto da Spielberg, Sci-Fi Special Unit 2, UPN Dark Angel, con Jennifer Alba, FOX The Sausage Factory, MTV Just Deal, NBC Beggars and Choosers , Showtime Andromeda Ice: Beyond Cool, CBC Beggars and Choosers

Paolo Seganti CINEMA Cradle to the grave, di A. Bartkowiak Maried/Unmarried, di P. Noli Kidnap in Rio, di J. Gunler Un Te con Mussolini, di F. Zeffirelli L.A. Confidential, di C. Hanson Still Breathing, di J. Robinson Tutti dicono I Love You, di W. Allen Barzellette, di E. Vanzina L’America in, di P. Timsit Carnera, di R. Martinelli

TEATRO The Courtesan ant the eunuch, New Globe Production Whose life is it anyway, Crosscurrent Theatre Hello out there, Murray Hill Players Sharing, Murray Hill Players Golden Boy, Murray Hill Players True West, Murray Hill Players Danny and the Deep Blue Sea, New Globe Production Equus, Crosscurrent Theatre

FICTION TV As the world turns, CBS Women, Showtime The Nanny, CBS Perversion of Science, HBO Secret Service Guy, FOX Babylon 5, UPN Nash Bridges, CBS Carabi, regia di L. Bava Ultimo, regia di S. Reali Michael Strogoff, regia di F. Costa Sex and Mrs. X, Lifetime Television Largo Winch, Paramount That’s Life, CBS CSI Miami, CBS Ultimo 3, di M. Soavi Le Stagioni del cuore, di A. Grimaldi Ho Sposato un calciatore, di S. Sollima La Figlia di Elisa - Ritorno a Rivombrosa 3, di S. Alleva

Bruno Bilotta CINEMA 2007 Carnera – The Walking Mountaine, di R. Martinelli 2005 Il Mercante Di Pietre, di R. Martinelli 2003 Concorso Di Colpa, di C. Fragasso 2002 Piazza Delle Cinque Lune, di R. Martinelli 2002 The Sin Eater, di B. Helgeland 2002 Titus, di J. Taymor 2001 Vajont, di R. Martinelli 2001 I Banchieri di Dio, di G.Ferrara 1999 Un Uomo Per Bene, di M. Zaccaro 1998 Il Giudice, di R. Tognazzi 1997 Porzus, di R. Martinelli 1997 Fuochi D’artificio, di L. Pieraccioni 1996 Double Team, di Tsui Hark 1992 Pacco Doppio Pacco E Contropaccotto, di N. Loy 1991 18 Anni Tra Una Settimana, di L. Perelli 1988 Demoni 2, di L. Bava 1988 Sette Chili In Sette Giorni, di L.Verdone 1987 Troppo Forte, di C. Verdone

TELEVISIONE 2008 Il bene e il male, di G. Serafini 2008 La Squadra 2007 Distretto di polizia, di A. Capone 2006 Rome, di A. Poul 2005 Butta la luna, di V. Sindoni 2005 Distretto di polizia, di L. Gaudino 2005 Ris, di A. Sweet 2005 Empire, di K. Manners 2004 Rome, di M. Apted 2004 Carabinieri, di R. Mertes 2004 Sospetti, di L. Perelli 2004 Una famiglia in giallo, di A. Simone 2004 La bambina dalle mani sporche, di R. Martinelli 2004 , di G. Lepre 2003 Distretto di polizia, di M. Vullo 2003 Attenti a quei tre, di R. Izzo 2002 , di T. Aristarco/R. Donna 2001 La Squadra, di G. Leacche 2000 Tequila & Sonetti, di M. Dell’Orso 2000 , di T. Shermann/A. Cane 2000 Una donna per Amico, di A. Manni 1999 Avvocato Porta, di F. Giraldi 1998 Paradiso per tre, di A. Capone 1997 Professione Fantasma, di V. De Sisti 1997 Ama il tuo nemico, di D. Damiani 1996 Il quarto Re, di S. Reali 1995 Occhio di Falco, di V. De Sisti 1995 La signora della Città, di B. Cino 1995 Addio e ritorno, di R. Roberti 1995 Moses, di R. Joung 1994 A che punto è la notte, di N. Loj 1993 Passioni, di F. Costa 1992 L’uomo dei Guanti, di C. Bortone 1992 L’avvoltoio sa attendere, di G. P. Calasso 1991 Capitan Cosmo, di C. Carnei 1990 Cambiamento D’aria, di G. P. Calasso 1990 Piovra 5, di L. Perelli 1989 Gioco di Società, di N. Loj 1989 Fun Jump, di S. Casino 1988 Vincere per Vincere, di S. Casini 1986 Quer pasticciaccio Brutto de Via Merulana, di P. Schivazappa

TEATRO 2005 Carabinieri Si Nasce, di P.Ammendola 2001 Uomini Targati Eva, di P.Ammendola/ N. Pistoia 2000 Uomini Stregati Dalla Luna, di P.Ammendola/ N. Pistoia 1994 Porcile, di F. Tiezzi 1994 Akademie Der Kumste: Porcile, di F. Tiezzi 1993 Troilo E Cressida, di G. Cobelli

Paul Sorvino Nato a Brooklyn (New York) il 13 aprile 1939, Paul Sorvino ha studiato all'American Musical and Dramatic Academy di New York, con l'intenzione di diventare un cantante lirico. L'opera, però, non era alla portata della sua voce. Così, Paul Sorvino ha deciso di dedicarsi al teatro e ha continuato gli studi all'American Academy of Dramatic Arts. Nel 1964, Sorvino debutta a Broadway nel musical 'Bajour' e sette anni dopo è nel cast del film di Jerry Schatzberg Panico a Needle Park (1971), con Al Pacino e Kitty Winn. Negli anni Settanta e Ottanta, Paul Sorvino è nel cast di moltissimi film, ma il pubblico si accorge di lui soltanto nel 1990, grazie al ruolo di Paulie Cicero in Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese e alla sua interpretazione di Lips Manlis in Dick Tracy di Warren Beatty. Nel 1995 impersona Henry Kissinger nel film di Oliver Stone “Gli intrighi del potere – Nixon” e l'anno dopo è con Leonardo DiCaprio in Romeo + Giulietta di William Shakespeare (1996), diretto da Baz Luhrmann. Recentemente, Paul Sorvino è apparso nel film di Tsui Hark Hong Kong - Colpo su colpo (1998) e in Bulworth “Il senatore” (1998), di Warren Beatty.

CINEMA 2004 The Cooler, di Wayne Kramer 2003 Mambo italiano, di Émile Gaudreault 2001 Streghe verso nord, di Giovanni Veronesi 1999 Harlem Aria, di William Jennings 1998 Bulworth, Il senatore, diWarren Beatty 1998 Hong Kong colpo su colpo, di Tsui Hark 1996 Romeo + Giulietta di William Shakespeare, di Baz Luhrmann 1995 Gli intrighi del potere - Nixon, di Oliver Stone 1993 Il socio, di Sydney Pollack 1991 Rocketeer, di Joe Johnston 1990 Dick Tracy, di Warren Beatty 1990 Quei bravi ragazzi, di Martin Scorsese 1986 Un bel pasticcio!, di Blake Edwards 1985 Stuff, il gelato che uccide, di Larry Cohen 1985 Sonno di ghiaccio, di Wes Craven 1985 Turk 182, di Bob Clark 1984 Vita segreta di una madre, di Robert Markowitz 1982 Io, la giuria, di Richard T. Heffron 1981 Reds, di Warren Beatty 1980 Cruising, di William Friedkin 1979 Marito in prova, di Melvin Frank 1979 Il sordomuto, di Frank Perry 1978 Pollice da scasso, di William Friedkin 1978 Ballando lo slow nella grande città, di John G. Avildsen 1978 Una strada chiamata domani, di Robert Mulligan 1977 Bentornato Dio!, di Carl Reiner 1976 Sì, sì... per ora, di Norman Panama 1974 Donne (2), di Paul Bogart 1974 40.000 dollari per non morire, di Karel Reisz 1973 Il giorno del delfino, di Mike Nichols 1973 Un tocco di classe, di Melvin Frank 1971 Panico a Needle Park, di Jerry Schatzberg 1970 Senza un filo di classe, di Carl Reiner

Burt Young

Nato nel Queens, a New York City, il 30 aprile 1940. Il suo atteggiamento sornione e le particolari fattezze del volto, gli fanno interpretare spesso ruoli da mafioso. Ma l'ascesa artistica comincia nel 1976, con il primo episodio della saga di Rocky: il celebre pugile interpretato Silvester Stallone in cui Young recita la parte del cognato Paulie, meritandosi la nomination all'Oscar come Miglior Attore non Protagonista. Partecipa a tutti e cinque i film della serie: 1976, 1979, 1982, 1985, 1990, dando il suo supporto artistico anche alla sceneggiatura e alla regia delle pellicole. Tra i suoi numerosi lavori, qualche interpretazione televisiva in serie di grande successo: da MASH a Miami Vice, da Oltre i Limiti a Walker Texas Rangers. Tra le curiosità, gestisce da anni un ristorante nel Bronx, a New York City.

CINEMA Carnera – The Walking Mountain Carlito's Way: The Beginning Downtown: A Street Tale Land of Plenty Shut Up and Kiss Me! Crooked Lines Kiss the Bride The Adventures of Pluto Nash Checkout And She Was The Wager Plan B The Boys of Sunset Ridge Cugini The Day the Ponies Come Back Very Mean Men L'Uomo della fortuna, Blue Moon The Boys Behind the Desk Never Look Back Table One Terra bruciata Mickey Blue Eyes The Florentine Loser Love Cuori in campo One Deadly Road The Deli Red Blooded American Girl II She's So Lovely Kicked in the Head Heaven Before I Die The Undertaker's Wedding Tashunga Berlin '39 Vendetta II: The New Mafia (Donna d'onore 2) Double Deception Excessive Force Alibi perfetto Cattive ragazze Due vite, un destino Bright Angel Vendetta: Secrets of a Mafia Bride (Donna d'onore) Americano rosso Rocky V Backstreet Dreams Diving In Betsy's Wedding Club Fed Wait Until Spring, Bandini () Last Exit to Brooklyn (1989) Blood Red Beverly Hills Brats Going Overboard Medium Rare Back to School Rocky IV A Summer to Remember The Pope of Greenwich Village Over the Brooklyn Bridge Once Upon a Time in America Amityville II: The Possession Rocky III Lookin' to Get Out Blood Beach Murder Can Hurt You Rocky II Convoy Uncle Joe Shannon The Choirboys Twilight's Last Gleaming Rocky Harry and Walter Go to New York Serpico: The Deadly Game The Killer Elite Murph the Surf The Gambler Chinatown Cinderella Liberty Across 110th Street The Gang That Couldn't Shoot Straight Born to Win Carnival of Blood

Joe Capalbo (Giovanni Capalbo) CINEMA

2008 La Strategia Degli Affetti, di D. Fiori 2007 Napoli, Napoli, Napoli, di A. Ferrara 2007 Colpo d’occhio, di S. Rubini 2007 Said, di J. Lefevre 2006 Carnera, di R. Martinelli 2006 Polvere, di M. D’Epiro 2005 Legami di Sangue, di P. Columba 2005 The Counting House, di C.Giudice/P.Marcellini 2005 Il santo, di A. Bellucco 2005 Mary, di Abel Ferrara 2004 Le Valigie di Tulse Louper, di P. Greenway 2003 The Big Question, di F.Cabras 2003 Un gesto di coraggio, di P. M. Benfatti 2003 Sandra Kristoff, di Vito Vinci ‘02/’03 The Passion of Christ, di Mel Gibson 2002 La Casa di Casa di Frontiera, di M. Costa 2002 Bella e Impossibile, di M. Mattolini 2001 I cavalieri ce fecero l’impresa, di P.Avati 2000 Tafanos, di P. Marcellini/C. Giudice 1999 Febbre, di N. Bizzarri 1999 Vuoti a perdere, di M. Costa 1998 Terra bruciata, di F. Segatori 1995 La settima stanza, di M. Matzaros 1991 Max e i miei amici, di M. Scaglione

TELEVISIONE

2008 Il bene e il male, di G. Serafini 2007 Distretto di Polizia, di A. Capone 2007 RIS, di P. Belloni ‘06/’07 La Squadra 8, di L. Ribuoli 2006 La Squadra 7, di L.Ribuoli 2006 Distretto di polizia, di C. Norza 2005 L’amore spezzato, di G. Serafini 2004 Un posto tranquillo 2, di C. Norza 2002 Distretto di Poliazia III , di M. Vullo 2002 ICS, di A.Negrin 1999 Distretto di Polizia I, di R. De Maria 1998 L’ispettore Sarti, di M. Rotondi

TEATRO

2002 Siamo Salvi, di G. Natale 1983 La Sonnambula, di P. Pizzi 1982 La Battaglia di Legnano, di P. Pizzi

Nino Benvenuti Nino Benvenuti nasce a Isola d'Istria, oggi città slovena, il 26 aprile 1938. Il suo nome di battesimo è Giovanni. La sua carriera di pugile lo ha portato ad essere considerato uno dei migliori atleti italiani di sempre nel suo sport e in generale uno degli atleti più amati dal pubblico italiano. Benvenuti scopre presto la passione per la boxe. Nella sua casa di Isola d'Istria riempie un sacco di juta con del granoturco e sferra i primi colpi. Poi percorre ogni volta 30 chilometri in bicicletta per raggiungere la palestra per gli allenamenti a Trieste (siamo all'inizio della sua carriera sportiva). La scalata della categoria dilettanti inizia nel 1956 quando conquista il titolo italiano per i pesi welter; poi arrivano il titolo italiano e quello europeo nella categoria superwelter. Partecipa alle olimpiadi di Roma 1960. Avrebbe dovuto battersi nei pesi superwelter, ma all'ultimo momento per evitare di vedersela con un "cliente difficile" come lo statunitense Wilbert McClure, decide di scendere nei welter: con qualche sacrificio perde 4 chili in pochi giorni. Dapprima elimina il francese Jean Josselin, poi il coreano Kim Soo-Kim (il quale sei anni più tardi gli infliggerà la prima sconfitta da professionista), quindi nei quarti il bulgaro Chicman Mitsev e in semifinale l'inglese Jim Lloyd. In finale incontra il russo Yury Radonyak e conquista l'oro. Benvenuti passa poi alla carriera professionistica. La sua carriera dilettantistica conta 120 incontri di cui solo uno perso. Nel 1965 combatte contro un altro grande campione italiano, Sandro Mazzinghi: in palio c'è la corona mondiale dei superwelter, e sarà Nino Benvenuti a indossarla. Mazzinghi chiede una rivincita e sei mesi dopo il match vede una nuova edizione; Mazzinghi questa volta tiene testa a Benvenuti restituendo colpo su colpo, ma non basterà: Benvenuti vincerà ai punti confermando il titolo mondiale. Passa ai pesi medi e nel 1967 combatte contro Emile Griffith: vince e conquista un nuovo titolo mondiale. Anche in questo caso vi sarà il match-rivincita, che l'italiano perderà. Si arriva così al match-spareggio: è il 4 marzo 1968 quando a New York una gremita folla riempie l'arena del Madison Square Garden. Il campione italiano è sostenuto dai numerosissimi italo-americani accorsi per vederlo combattere. Al quindicesimo e ultimo round Griffith lo colpisce con una testata; Benvenuti risponde con numerosi colpi e vince l'incontro: l'enorme palpabile entusiasmo degli spettatori sommerge il campione facendo di questo evento agonistico un evento storico. L'antagonista americano diverrà poi un caro amico di Benvenuti tanto che sarà padrino alla cresima di uno dei figli. Benvenuti mantiene il titolo fino al giorno 7 novembre 1970, quando al Palazzo dello Sport di Roma viene sconfitto (knock out alla dodicesima ripresa) dall'argentino Carlos Monzon, atleta sottovalutato da tutti alla vigilia dell'incontro. Chiude la carriera a Montecarlo l'8 maggio 1971 nel match di rivincita contro Monzon durante il quale cerca un'improbabile riconquista del titolo. La carriera professionistica di Benvenuti conta un totale di novanta incontri, con ottantadue vittorie, di cui trentacinque per KO, un pareggio e sette sconfitte. Dopo la carriera di pugile tenta quella di attore lavorando per il cinema ("Vivi o preferibilmente morti", 1969 e "Mark il poliziotto spara per primo", 1975) e la tv. L'esperienza non durerà a lungo. Sarà infine commentatore per la Rai. Nel 1996 rinuncia ai beni materiali per diventare un volontario nell'ospizio di Madre Teresa di Calcutta. Dal 2000 Benvenuti inizia a collaborare con Rai International conducendo la trasmissione sportiva "Campioni", affiancato da Cinzia Savi Scarponi. Sposato e separato, Nino Benvenuti è padre di cinque figli. A 40 anni dalla notte mondiale di New York la città di Trieste ha conferito all'istriano Nino Benvenuti la cittadinanza onoraria. Nel 2007 partecipa al film “Carnera – the walking mountaine” (regia: R. Martinelli)

Renzo Martinelli Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere e la specializzazione in cinematografia alla Scuola Superiore di Comunicazioni Sociali dell' Università Cattolica, Renzo Martinelli inizia la sua collaborazione con la Rai TV1, con una sua casa di produzione. Tra il 1979 e il 1984 realizza per la Rai numerose inchieste filmate: sui pregiudizi alimentari degli italiani (4 puntate); sul cinema (4 puntate); sulla resistenza italiana (2 puntate); sul calcio (30 puntate) ecc. Nello stesso periodo realizza videoclip coi cantanti più famosi: Alice, Battiato, Van Halen, Dalla, Tozzi, Pino Daniele, Alan Parson, Rockets, ecc. Tra il 1984 e il 1990 sempre per conto di Rai Uno realizza le sigle televisive più prestigiose: Fantastico, Il Sabato dello Zecchino, Piccoli Fans, Immagina, TV1 Estate, Piacere Rai Uno, ecc. Come regista pubblicitario ha realizzato centinaia di spot che hanno riscosso premi e riconoscimenti ovunque (Carrera Jeans, Ballantine's, Ciaocrem, Sony, Opel Vectra, Birra Dreher, ecc.) Ha realizzato inoltre come regista e produttore oltre cento documentari artistici e turistici: Palazzo Te a Mantova, la Reggia del Gonzaga, Giulio Romano, il Duomo di Milano, i Mestieri Lombardi (10 film sui vecchi mestieri ormai scomparsi), ecc. Sempre come regista e produttore ha realizzato nel 1988 il film ufficiale che ha rappresentato l'Italia alle Olimpiadi di Seul: "WINNERS", un film in 35 mm di 50 minuti sulle discipline individuali, che ha vinto premi in tutto il mondo (1° premio al Festival del film sportivo di Torino, 1°e 2° premio al Festival del film sportivo di Budapest, ecc.) Nel 1993 realizza un lungometraggio ambientato in Sudafrica dal titolo “SARAHSARA'”.E' la storia, realmente accaduta negli anni 60, di una bambina di colore, handicappata, che dimostra una attitudine straordinaria per il nuoto. Questa bambina ha dodici anni, si chiama Sarah, e vuole realizzare un sogno folle: partecipare alla CAPRI-NAPOLI, la gara di nuoto su lunga distanza più massacrante al mondo. Il film è la storia di come Sarah riesce a realizzare questo sogno. Nel 1997 gira in coproduzione con la Videomaura e la Progetto Immagine il lungometraggio dal titolo “PORZUS”, su una strage fratricida tra partigiani accaduta nel Febbraio del 1945. Il film, presentato al Festival Cinematografico di Venezia, è stato giudicato "il caso cinematografico del 1997". Nel 2000 produce e dirige il film lungometraggio dal titolo “VAJONT”, sulla nota tragedia avvenuta nel 1963. Realizzato in Cinemascope e dolby surround extended, con 270 inquadrature digitali, “VAJONT” ha ottenuto riconoscimenti ai maggiori festival e manifestazioni: Globo d'Oro della stampa estera quale miglior regia, David di Donatello come miglior film votato dalle scuole, Grolla d'Oro a St.Vincent come miglior film votato dal pubblico, Nastro d'Argento a Leo Gullotta come miglior attore non protagonista, Premio Fellini, Ciak d'Oro ecc. Nel 2003 esce “PIAZZA DELLE CINQUE LUNE”, che riapre dopo 25 anni il caso Moro. “... un thriller tanto rigoroso da apparire un documento, ricostruisce un finto superotto con la strage di via Fani come non l’avevamo mai vista e manda avanti il racconto mantenendo il vibrato della passione...” (Tullio Kezich , “Corriere della Sera”- 9 Maggio 2003). Nel 2004 scrive e dirige per Rai Fiction “LA BAMBINA DALLE MANI SPORCHE”, una fiction in due puntate tratta dall’omonimo romanzo di Giampaolo Pansa. La storia racconta il conflitto tra onesti e i corrotti, il duello feroce tra mani pulite e tangentismo. All’interno di questo momento storico si inserisce la passione tra un uomo e una donna che scoprono la gioia di innamorarsi a 40 anni. La fiction, andata in onda nel gennaio 2005, ha riscosso un ottimo successo di pubblico. Nel 2005, infine, produce e dirige il film “IL MERCANTE DI PIETRE”, che vede protagonisti Harvey Keitel, F.Murray Abraham, Jane March e Jordi Mollà. Il film esce nelle sale nel 2006 suscitando numerosissime polemiche a causa del tema trattato: il conflitto tra Islam e Occidente.

Renzo Martinelli: cinema scritto nell’acqua (a cura di Francesco Ruggeri)

“Ci sono storie così vere che sembrano favole…” (Sui titoli di testa di “Sarahara”)

Un preludio che sa di sintesi. Cade sui primi rintocchi di “Sarahsarà”, consegnandoci l’inciso caldo e fumante di un cinema che già guarda avanti. Un cinema incapace di scegliere fra realtà e invenzione, cronistoria e fiaba. Un cinema che nasce con l’idea folle di raccontare la vita. Come fosse una lunga, meravigliosa favola. Le bracciate impossibili della piccola protagonista zoppa di “Sarahsarà” impressionano. E creano subbuglio. E poi incantano, esattamente come le favole raccontate davanti al fuoco e perse nella polvere degli anni. Si stagliano sul grande schermo come qualcosa di troppo grande da circoscrivere, da limitare, persino da narrare. Sono il segno preciso di uno sguardo spintosi al di là del mare. Stretto dalla terra, perso nell’acqua, tracciato nell’infinito. E’ il 1994, Renzo Martinelli esordisce alla regia. E lo fa seguendo un tracciato che lo accomuna ad alcuni grandi registi europei/americani come Ridley Scott e Adrian Lyne. Proviene dalla pubblicità. E ha un gusto infallibile nel costruire l’immagine, nel fabbricarla, nell’idearla e nell’organizzarla come serbatoio esplosivo di segni e traiettorie. Già solo l’incipit di “Sarahsara” parla chiarissimo: un uomo rischia di venire investito da un furgone, si mette sulle tracce dell’autista, lo insegue nell’infermeria di un villaggio e cade nello sguardo di una piccola sudafricana di appena tre anni. La futura ragazza che gli cambierà la vita, costringendolo a diventare una persona migliore. Una danza scatenata di vite. Alimentate da una furia poetica che non smette di soffiare sul fuoco e di ballare su un mondo di sconfitti che sanno vincere come nessun altro. Come viverlo dunque il cinema? ‘A bout de souffle’. Fino all’ultimo respiro. Inseguendo Sarah nella sua folle traversata della Capri-Napoli, col fiato in gola e il respiro sempre più eccitato, fremente, appassionato. In bilico fra le asprezze della vita e la magia del sogno da accarezzare tutte le sere, prima di dormire. Il cinema di Martineli rompe subito gli indugi. E inizia ad articolarsi come scommessa, come prova di sopravvivenza. Come avventura. Fuori da ogni regola e aperta ad ogni imprevisto. Cinema apolide, schizzato in orbite lontane, distante mille miglia da sicurezze e luoghi già frequentati. Quello di Martinelli è uno sguardo dannatamente inquieto, incapace di fermarsi e di adattarsi. Un cinema contro le frasi fatte e le verità acquisite. Un universo di parole e sguardi che tagliano trasversalmente storia e società, uomini e donne. Un cinema sperduto nel mondo capace come pochi altri di abitare la distanza. Un regista potentemente herzoghiano.

In viaggio Cartina geografica alla mano. Per capire appieno il cinema del regista bisogna lasciarsi qualcosa alle spalle. E partire per un viaggio assoluto e sconfinato. Di quelli senza meta, ancorati ad una sola, martellante idea: provarsi. Anima e corpo. Senza confini e indugi. Senza remore di nessun tipo. Già “Sarahsarà” pullulava di piccoli meravigliosi punti di fuga come il Sud Africa accarezzato dalla luce calda e suadente della fotografia di Fabio Cianchetti, la cartolina di Capri che campeggia nel garage del piccolo Ciro, le mille vasche di nuoto affrontate dalla piccola protagonista come riscatto di un’infanzia difficile. E poi il mare, quella immensa tavola affrontata nella sfida finale come impresa al di sopra di ogni umana possibilità. “Sarahsarà” raccontava un’umanità in continuo transito, composta da schegge infiammate di memoria e tesa lungo direttrici impazzite. In una delle sequenze più belle del film scorre la sintesi di tutto il cinema che verrà: il futuro allenatore della protagonista scrive un articolo di fuoco in cui invita i membri della commissione sportiva ad inserire in gara Sarah, nonostante il suo handicap. E chiede loro di non toglierle l’acqua. Che vuol dire tante cose insieme. Acqua come libertà, come movimento, come indipendenza, come battaglia per la vita. Renzo Martinelli racconta di uomini e di donne che combattono per l’acqua. E che non si danno per vinti. I morti di “Porzus”, la coraggiosa giornalista di “Vajont”, il giudice in pensione di “Piazza delle cinque lune”, il Carnera del suo ultimo film. Spiriti in lotta contro il proprio tempo e contro limiti, steccati, sbarramenti. Spiriti impregnati d’amore e capaci di sacrificarsi. L’Olmo di “Vajont” resiste fino all’ultimo sulla diga, il Sutherland di “Piazza delle cinque lune” bypassa ogni indugio legato all’età e si rimette sulle tracce dell’’affaire’ Moro, il tenero Jordì Molla de “Il mercante di pietre” poi… Fino al volto tumefatto di Primo Carnera che nell’ultimo incontro del film va a tappeto, si rialza e ricade. Per risorgere nella pelle di un guerriero che finisce in piedi. L’importante non è vincere, ma resistere. Il cinema di Martinelli conosce un solo modo di stare al mondo. Combattere e magari morire. L’unico modo per vivere davvero. Amore e morte. Unite, legate a doppio filo, intessute su fraseggi belli e disperati come promesse non mantenute e memorie strappate dall’orlo dell’oblio. Momento capitale di tutto il cinema del regista? L’incipit di “Vajont”, segnato da una splendida mano rugosa, leggera e pesantissima, che va a posarsi su una lapide. Cinema del contatto mancato, quasi zemeckisiano nel proiettarsi indietro nel tempo, andando a ri/immaginare la struggente storia d’amore fra Olmo e Ancilla. Impossibile definire, etichettare, ingabbiare. In questi anomali e intensissimi oggetti misteriosi del cinema italiano contemporaneo, si avverte la complessità degli strati (denuncia, melò selvaggio, persino documentario) e la dolce violenza di slanci impossibili. Oltre il corpo, oltre l’identità, oltre ogni ragione. Cinema in odore di follia. Quella (herzoghiana, appunto) che spinge Sarah all’ultima bracciata in mare, quella emanata dagli occhi di Sutherland di fronte al filmino segreto del massacro di Via Fani, quello di un mercante di pietre pronto a uscire fuori di sé e ad immolarsi per amore. Contro ogni logica, ogni calcolo. Follia come capacità di rimanere integri quando intorno si consuma lo sfacelo di ogni valore. Follia come sacrosanta e maledetta voglia di fare la cosa giusta. Magari per l’ultima volta. Film denuncia? No. Ma opere testamentarie scritte con la passione di un cineasta che non ha paura di niente e di nessuno. Un uomo di cinema che è stato in grado di rimettere mano al film di denuncia, trasformandolo in puro afflato civile, etico e spettacolare. E svecchiandolo. Teso e diretto come il Rosi di cinquant’anni fa, epico e documentato come nessun altro. Il cinema di Martinelli graffia la sintassi ordinaria del nostro cinema, caricandolo di una tensione morale potente e ineludibile.

Sulle tracce di un mito Con “Carnera” ci si spinge oltre ogni limite. Raccogliendo le scintille proiettate dall’ultimo sguardo disperato e innamorato di Keitel (la sequenza finale de “Il mercante di pietre”, una delle più belle del cinema degli ultimi anni) e trasmettendole all’uomo della strada, quel gigante che, cresciuto nella povertà più assoluta, diventa nel giro di poco tempo un vero e proprio mito. Un film anomalo per il nostro cinema? No, molto di più. Un vero e proprio evento isolato da tutto il resto. Innanzitutto per aver osato raccontare il mondo della boxe, cosa unica nel panorama del cinema italiano. E poi per essersi avventurato in una prodigiosa ricostruzione storica dell’America dei primi del Novecento. Un magistrale film sintesi. Quello con cui Martinelli trova il compendio della sua carriera registica, riuscendo a guardare più avanti di tutti. Più in là di se stesso, addirittura. Oltre la ‘sua’ Africa immortalata in “Sarahsarà”, oltre le montagne insanguinate dai corpi dei vinti di “Porzus”, oltre il disastro di Longarone in “Vajont”… Un italiano in America. Anzi, un italiano capace di raccontare quei primi anni del Novecento coniugando poesia e spettacolo, cronaca e magia, intessendo una ragnatela di riferimenti formidabili alla storia più antica del grande cinema americano. “Carnera- The Walking Mountain” è il film più potentemente leoniano degli ultimi anni.

Fuori i secondi Prendete “Alì e “Million Dollar Baby”. Gli ultimi due grandissimi film di boxe, sulla boxe, nella boxe. Martinelli gli si piazza accanto. E forgia un modo nuovo di concepire il corpo a corpo sul ring. Mann intavolava uno scontro fisico che era anche frammento musicale, Eastwood giocava sulla fisicità rude dello scontro diretto, Martinelli combina classico e sperimentale, inventando un’archeologia del gesto che farà scuola. Ogni incontro ricalcato sull’originale con una perizia quasi chirurgica. E poi la capacità di fondere il cinema della vecchia Hollywood con arditezze sperimentali da pelle d’oca. Le stesse che elettrizzavano gli incontri segreti di “Piazza delle cinque lune”, la macchina da presa a pelo d’acqua di “Vajont”, lo sterminio fratricida di “Porzus”. Un film che è anche un portentoso saggio teorico su un biopic trasformato in danza fantasmatica e luminosa di ombre. Si pensi alla presenza di F. Murray Abraham e al salto di gioia con cui esce di scena, all’intelligenza con cui viene diretto Burt Young (filiazione diretta del manager/cognato di Rocky), alla capacità di far rivivere in ogni personaggio i frammenti più struggenti di tutto il suo cinema. “Carnera” riesuma nel cinema di oggi l’immagine di ieri. E crea sovrimpressioni che sono puri cortocircuiti fra storia, cronaca e genere. Un esperimento di tale portata non poteva che concludersi nell’acqua. Un omaggio ‘cameroniano’ ad un cinema che abolisce prime e seconde classi (si pensi all’imbarazzo con cui Carnera accoglie l’offerta del comandante della nave di spostarsi con la consorte in prima classe) e che continua a scivolare nella liquidità di un oceano che culla e abbraccia. Un’acqua che dà la vita. Un’acqua che non va tolta a nessuno. Quella su cui continua a galleggiare il crocifisso di Vajont. Il grido silenzioso di un regista/filosofo che crede ancora nell’uomo.