4VJNPOUJWFOUPTJ Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lí, o giovani, col pensiero, perché lí è nata la nostra Costituzione. Piero Calamandrei Ai caduti per la libertà, ai giovani che vogliono sapere, a chi ama la montagna, agli amici scomparsi del Gruppo Operativo Volontario Sentieri della Resistenza Bresciana e agli indimenticati sostenitori Sam Quilleri e Sandro Molinari del Comando Brigata Fiamme Verdi “Dieci Giornate”. Testi e coordinamento Realizzatori dei sentieri (1982-2004) Aldo Giacomini Per la tracciatura e la segnaletica: Gruppo Operativo Volontario Sentieri Resistenza Bresciana (36 volon- Editing tari, già citati nelle precedenti edizioni). Gli ultimi effet- tivi: Aldo e Stefano Giacomini, Mauro Zanoni, Alberto Francesco Lonati Maggini, Guglielmo Benini, Guerino Bertelli, Gian con la collaborazione di Franco Ognibene, Alida Boninsegna, Giorgio Maggi, Liuba Zanardini Umberto Bertini. Gli ultimi collaboratori: Apollonio Fer- rari †, Luigi Cotti Piccinelli, Andrea Pedretti, Ruggero Consulenza tecnico-storica dei sentieri Lorenzini, Matteo Galbassini †, Giovan Battista Mot- Aldo Giacomini tinelli, Bortolo Rodondi, Tarcisio e Luigi Bertoli, Umberto Giovini, Valerio Bottarelli, Renzo Piccinato, Ermes Gatti Guerino Berneri . Per la manutenzione dal 2001 al 2004: Sottosezione Cai Cartografia , Gruppi di Protezione civile, Antincedio Aldo Giacomini boschivo, Difesa ambiente e soccorso. Ana di: Mura, Treviso Bresciano, , , , Nave, Francesco Lonati , , , , , Sonico, Cevo, Valle di Saviore, Saviore dell’A- Fotografie damello, , , , , Berzo Infe- Aldo e Stefano Giacomini riore, , , . Alberto Maggini Finanziatori dell’opera Guerino Bertelli Dal 1982 al 1990. I Volontari del Gruppo e privati, Sezione Cai , Comunità Montana Valle Sabbia, Progetto grafico Istituto Culturale Folonari (Fondazione CAB), Comuni Francesco Lonati territorialmente interessati ai primi sentieri. Anche a Aldo Giacomini per la pubblicazione della 1 edizione del libro-guida. Dal 1991 al 1998. I Volontari del Gruppo e privati, Racconti e fatti d’arme: Sezione Cai Brescia e Associazioni Partigiani e Fiam- me Verdi di Brescia, Comuni di Treviso Bresciano e Giuseppe Biati , di Brescia per la pubblicazione Giuseppe Facchi † della 2a edizione del libro-guida. Pietro Gerola † Dal 1999 al 2000. I Volontari del Gruppo e privati. Aldo Giacomini Dal 2001 al 2004. I Volontari del Gruppo e privati, Vera Zappia Comuni di , Brione, Corteno Golgi e partico- larmente l’Amministrazione Provinciale di Brescia Poesie e dediche (Assessorato Sport e Tempo libero) anche per la pub- blicazione della 3a edizione del libro-guida. Francesco Bertoli † Aldo Giacomini Tali Sorez (13 anni, Israele) Anonimo (A. G.)

Le descrizioni riguardanti l’ambiente sono tratte dai Le dediche ai sentieri della Resistenza (poesie) che cor- piú ampi testi già pubblicati nel volume Sui monti ven- redano i percorsi escursionistici sono il frutto dello stato tosi, Editoriale Ramperto, 1991, 1a ed. (esaurito) e sono d’animo degli autori – protagonisti di quelle lontane opera di: Patrizia Albertini, Alfredo Bonomi, Ferdinando vicende – che le hanno improvvisate, suggerite dai Baruzzi †, Giuseppe Biati, Laura Baruzzi, Silvana Boz- ricordi, mentre ripercorrevano quei sentieri. zetti, Franco Fenaroli, Alessandra Manni, Fausta Tonni, Nunzia Vallini, Vera Zappia.

In copertina: Dal mare di nebbia ripreso dalla Corna Blacca emerge “l’iceberg” del Dosso Alto. Spunta, a destra, Cima Cal- doline; sullo sfondo le montagne del Trentino e del Vero- nese. Sui monti ventosi Itinerari escursionistici sui sentieri della Resistenza bresciana

III edizione

Provincia di Brescia Comune di Brescia Comunità Montana di Valle Sabbia Comunità Montana di Valle Trompia Comunità Montana di Valle Camonica Comunità Montana del Sebino bresciano Club Alpino Italiano - Sezione di Brescia Associazione Fiamme Verdi - Brescia Associazione Nazionale Partigiani d’Italia - Brescia Gruppo Operativo Volontario Sentieri della Resistenza Bresciana .FNPSJBTUPSJDBFTPMJEBSJFUË MPTUFTTPUFBUSPMBNPOUBHOB

-JOJ[JBUJWB QSPQPTUBBMM0/6EBM(PWFSOPJUBMJBOPOFM EJJTUJUVJSFVOBHJPSOBUBEFEJDBUB BMMBNPOUBHOB GVBDDPMUBTVCJUPDPOFOUVTJBTNP TJBEBJSFTQPOTBCJMJEJRVFTUBHSBOEF0SHBOJ[[B [JPOFNPOEJBMF TJBEBJEJSFUUJJOUFSFTTBUJ DJPÒJNPOUBOBSJ %PQPTPMJEVFBOOJ MBSJTQPTUBEFMMF[POFEJNPOUBHOBTJEJTUJOHVFQFSFOUVTJBTNPFQBSUFDJQB[JP OFTQPOUBOFBBMMFNBOJGFTUB[JPOJF TPQSBUUVUUP QFSPSJHJOBMJUËOFMQSPQPSSFTUPSJFFEJOJ[JBUJWFEB JOTFSJSFOFMMFNBOJGFTUB[JPOJVċDJBMJ %BMMB[POBEJ#SFTDJBTFOFEJTUJOHVPOPEVFEJQBSUJDPMBSFTJHOJmDBUPNPSBMFQFSDIÏVOJTDPOPJM HSBOEFWBMPSFEFMMBNFNPSJBTUPSJDBBMEPOPQSF[JPTPEFMMBTPMJEBSJFUË *MUFBUSPÒMPTUFTTPMBNPOUBHOBDPOJTVPJQSPCMFNJBUBWJDJ MBTVBHFOUFHFOFSPTBFMBTVBTUPSJB *M (SVQQP 0QFSBUJWP 7PMPOUBSJPEFJ i4FOUJFSJ EFMMB 3FTJTUFO[B CSFTDJBOBw IB SBDDPMUP JO VOB QVCCMJDB[JPOFBOOJEJMBWPSPBQQBTTJPOBUPQSPGVTPOFMSFDVQFSPEFHMJBOUJDIJTFOUJFSJEFMMBMPUUB QBSUJHJBOBTVMMBNPOUBHOF "MMJNQFHOPDPODSFUPEJDIJIBTJTUFNBUPDPOMBGPS[BEFMMBCSBDDJBRVFJTJUJQSFHOJEJTUPSJB TJÒ VOJUPJMTBQJFOUFMBWPSPEJDIJIBTBQVUPUFTTFSFVOBTBQJFOUFCBTFEPDVNFOUBMFQFSDIJOPOTBP OPOSJDPSEBQJá*WBMPSJEFMMBSFTJTUFO[B QJáDIFEBMMFQBSPMF FNFSHPOPEBMMPTQJSJUPEFMQSPHFUUP DIFSFOEFGSVJCJMJRVFJTFOUJFSJBUVUUJ DPOTFOUFOEPRVJOEJVOBQSFTBEJDPOUBUUPBODIFmTJDBDPO RVFJHJPSOJFRVFJWBMPSJ TPQSBUUVUUPBCFOFmDJPEFMMFHJPWBOJHFOFSB[JPOJ

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*M1SFTJEFOUF 0O(JBDPNP4BOUJOJ e l’abbiamo fatta», dicono con orgogliosa soddisfazione i volontari del «C Gruppo Operativo Volontario dei Sentieri della Resistenza Bresciana, della Sezione del Cai di Brescia, dell’Associazione Provinciale Fiamme Verdi e del Comitato provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. «Ce l’abbiamo fatta». Lo dicono uomini semplici dalla caparbietà “monta- gnina” e dalla tenacia “partigiana” nel momento della consegna ai Bresciani del patrimonio storico che, in oltre due decenni di duro lavoro, hanno pre- servato dall’abbandono e dall’oblio: 23 itinerari dislocati nelle zone d’opera- zione delle varie Brigate partigiane, ripristinati e dotati di segnaletica, per una lunghezza complessiva di quasi cinquecento chilometri che, dalla pia- nura alle montagne accolsero, tra il 1943 e il 1945, i passi della “meglio gio- ventú” combattente per il riscatto della Patria. L’intero complesso dei sentieri costituisce ora l’imponente Museo Naturale Storico della Resistenza bresciana. Affidato alle cure delle Pubbliche Istitu- zioni (Comuni territorialmente interessati, Comunità Montane, Provincia), ci si augura diventi motivo di testimonianza storica per gli studenti e i loro insegnanti e di attrattiva escursionistica per gli amici della montagna, che sui suoi percorsi scopriranno, oltre agli evidenti richiami patriottici resi- stenziali, anche interessi naturalistici di straordinario rilievo. L’opera di tracciamento, disboscamento, manutenzione e installazione della segnaletica durata ventidue anni, ha impegnato a fondo i volontari del Gruppo che vi hanno profuso innumerevoli ore lavorative, interminabili scar- pinate, consistenti personali contributi finaziari, integrati saltuariamente dalla generosità di privati, Enti, Associazioni e Pubbliche amministrazioni. Fra queste ultime un posto di spicco spetta alla Provincia di Brescia che ha consentito di concludere felicemente l’impresa, altrimenti destinata a rima- nere incompiuta; per questo il Gruppo rivolge un caloroso ringraziamento

7 alla sensibilità del Presidente Alberto Cavalli e degli assessori Valerio Pri- gnachi e Alessandro Sala. I volontari e i collaboratori del Gruppo, certi di aver compiuto il loro dovere nella realizzazione di quest’opera significativa che ricorda i tribolati ma gloriosi anni della riconquista delle libertà, desiderano offrire agli escursio- nisti che vorranno ripercorrere le orme dei partigiani questa semplice rifles- sione:

“Sui sentieri nascosti Dignitosa, solenne dei monti ventosi, pur se afflitta e in pianto negli sperduti casolari Brescia libera delle alpestri contrade, placava l’odio perdonando. nelle barbare prigioni di una Brescia dolente, Oggi ricorda ai suoi figli tra le nebbie il prezzo della libertà di fradice marcite pagato col sangue dei ribelli uomini nuovi e coraggiosi caduti con onore e dignità”. lottavano per la libertà.

Con morte e rovina non riuscirono a domarli né il servo fascista né il tronfio invasore nazista.

Per il Gruppo Operativo Volontario dei Sentieri della Resistenza Bresciana Aldo Giacomini

8 tinerari fra montagne, boschi, valli, radure, fiumi e torrenti battuti dai I nostri partigiani fra il 1943 e il 1945. Sentieri costellati di malghe e cascine, testimoni di combattimenti tra i “ribelli per amore” e i nazifascisti. Insieme formano il “Museo naturale storico della Resistenza bresciana” e rinnovano il filo della memoria per intere generazioni. Un’opera davvero straordinaria e mastodontica, che ha visto la laboriosità del Gruppo Operativo Volontario Sentieri della Resistenza Bresciana raggiungere un traguardo altamente signi- ficativo. Il progetto rischiava di rimanere incompiuto se non fosse interve- nuta la Provincia, con lo stanziamento di risorse considerevoli per ripristi- nare e valorizzare i ventitré percorsi, coinvolgendo nel contempo molte altre realtà locali. Non solo un lavoro di ricostruzione e sistemazione degli itinerari, dunque, attorno ai cinquecento chilometri che “ripercorrono” un capitolo della nostra storia cosí importante. Ora si svelano cime, passi, crinali, riposte località attraverso le quali gli escur- sionisti potranno camminare in punta di piedi, con la mente rivolta alle bellezze naturali delle nostre montagne, senza trascurare di imprimere nel cuore segni e testimonianze del passato, riscoprendo l’intimità e la vicinanza con la montagna nella quale si riflette il desiderio di sentirsi liberi. Un contatto cosí ravvicinato non può che essere benefico; riflettere su ciò che è stato, non può che rinvigorire i valori che sostengono la nostra società. La pubblicazione della terza edizione del libro fa compendio di un inestima- bile patrimonio qual è quello sentieristico bresciano dedicato alla Resistenza. Un modo per esprimere coralmente riconoscenza a quanti hanno scelto la vocazione del volontariato e la difesa del territorio per tramandare storia e memoria. La Provincia di Brescia ha voluto essere parte attiva di un’inizia- tiva che vanta un iter ventennale di assiduo lavoro per costruire un progetto

9 unico in Italia. Con questo libro-guida si apre il cammino del Museo a cielo aperto che potrà raccontare, attraverso il maestoso scenario delle valli e dei monti, i terribili mesi di lotta partigiana, su una terra amica ma aspra, dove i “sentieri” erano tracciati solo nei cuori.

Alberto Cavalli Presidente della Provincia di Brescia

10 a terza edizione del volume “Sui monti ventosi”, preziosa guida ai sen- L tieri della Resistenza bresciana, era da tempo attesa dagli escursionisti e non solo. Ora, grazie al lavoro svolto con intelligenza e concretezza dal Gruppo Operativo Volontario, il volume vede la luce in veste editoriale rin- novata e, soprattutto, primo strumento del nuovo Museo Naturale Storico della Resistenza Bresciana: sentieri che si snodano entro il maestoso scena- rio delle valli e delle montagne bresciane, nelle zone in cui operarono le bri- gate partigiane, fra panorami di straordinaria bellezza e luoghi del ricordo e della memoria di sacrifici inauditi. Percorsi in cui, allora come oggi, è pos- sibile vivere l’austerità della montagna, nella commozione intensa innanzi ad un tramonto mozzafiato, ad una solare aurora, al cippo che testimonia un gesto eroico, all’erba arrossata dal sangue di uomini e donne caduti per la libertà. Sentieri, dunque, che richiedono agli escursionisti impegno, rispetto, consa- pevolezza. Percorsi che esigono la capacità di assaporare le sensazioni che solo la montagna sa donare a chi sa viverla con l’umiltà che deriva dalla cognizione di appartenere ad un disegno maestoso che ci trascende, a chi sa viverla con l’umiltà che chiede di condividere e rinnovare la gioia di questa esperienza. Ma, pure, la disposizione a ripercorrere i sentieri dello spirito che mosse i partigiani a scegliere la via dei monti, sentendone il respiro, avvicinando- ne i medesimi sentimenti. Evocandone una vita che è stata, verrebbe da dire, percorsa in assoluta coerenza, attraverso svolgimenti drammatici che hanno segnato la conquista della democrazia. Viottoli, mulattiere, sterrati su cui camminare senza fretta superficiale o ansia sbrigativa, quasi a decifrare le parole e i pensieri, i messaggi della vita, a leggerne, senza artificio o infingimento, la piú intima verità riscat-

11 tata nella Resistenza dall’idea generosa di giustizia e libertà, nella confer- ma – austera ed umile – di una ribellione vissuta alla luce di vincolanti coe- renze, di una pratica alimentata da forti istanze etiche, da una libera scel- ta della coscienza. Questi sentieri ancora oggi riecheggiano vicende gloriose, e consentono, nella gioiosa camminata fra amici o nella fatica di attraversamenti piú impegnativi, di rifarsi ai valori spirituali che la montagna porta in sé, habitat ideale per la serenità interiore di ciascuno, atta a scrutare, nella solitudine che illimpidisce o nell’amicizia che rafforza e rassicura, le pro- fondità dell’animo. Ogni escursionista potrà allora meditare – passo dopo passo – ciò che rap- presentò la Resistenza, quella lotta di liberazione che su questi sentieri costruí la propria via verso il riscatto dal nazifascismo, in una sfida quoti- diana per affermare i diritti di tutti, di verità umane non divisibili né nego- ziabili, di principi e valori universali e, come tali, appartenenti ad ogni uomo ed ogni donna. Valori e testimonianze che si intrecciano oggi, per chi camminerà lungo i Sentieri della Resistenza Bresciana, con l’aspirazione alla pace, le tensioni verso la democrazia, le aspettative per una società riconciliata e solidale. Temi e speranze mai dimesse, vissute allora come oggi anche lungo questi sentieri, per un Paese piú progredito e civile. Con passo leggero, ma deciso, per comprendere la necessità delle scelte quo- tidiane, per non dimenticare disillusioni brucianti mai completamente leni- te, per rammemorare l’umanisssimo compianto per i caduti, i cui visi e le cui voci riecheggiano per sempre, ad ogni passo, ad ogni curva di questi sentieri che portano simbolicamente il loro nome.

Paolo Corsini Sindaco di Brescia

12 a Provincia di Brescia è orgogliosa delle sue montagne, delle sue valla- L te, dei suoi boschi dove si intrecciano con i valori insiti ai luoghi, le tra- dizioni e la storia che appartengono alla memoria della nostra gente bre- sciana. È proprio su queste montagne che si snodano innumerevoli sentie- ri, tra i quali è possibile ripercorrere il passato, riscoprire le nostre radici, rileggere pagine di storia attraverso luoghi dove, piú di cinquant’anni fa, sono state difese la libertà e la democrazia. Cinquecento chilometri di rete di sentieri escursionistici che si sviluppano altalenanti attraverso la Valle Camonica, la Valle Trompia, la Valle Sabbia, il Sebino e il Fiume Oglio. Cime, passi, forcelli e crinali. Escursioni che sanno di memoria e di ricordi, da percorrere con lo sguardo rivolto alle bellezze della natura circostante ma anche alla ricchezza di testi- monianze ed ai segni indelebili del passato. Salvaguardare questo prezioso patrimonio che è appartenuto ai predecessori è stato l’obiettivo della Pro - vincia di Brescia che con il proprio intervento istituzionale ha inteso affian- care il Gruppo Operativo Volontario della Resistenza Bresciana per con- servare, tramandare e far amare ai giovani ed alle future generazioni questi “luoghi della memoria”, senza dimenticare l’alto prezzo pagato per la libertà. La terza edizione del libro “Sui monti ventosi” è testimonianza di continui- tà e di conferma di questi valori. Un grazie sentito ad Aldo Giacomini per la sua insostituibile fede ed instan- cabile vitalità, ad Ermes Gatti ed un particolare ringraziamento per i valo- ri umani che ho appreso sin dalla giovane età dal capitano Tomaso Bertoli “Tarzan”.

Alessandro Sala Assessore allo Sport, Tempo libero, Volontariato della Provincia di Brescia

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15 Essere riusciti, grazie alla sinergia che il Gruppo Operativo Volontario dei Sentieri della Resistenza Bresciana ha creato con il territorio, con le Comu - nità montane, i Comuni, la Provincia, con enti e associazioni, a riportare “in vita” i ventitré percorsi che si snodano in quel pezzo d’Italia cosí pregno di storia, è un obiettivo importante e che testimonia inoltre la capacità, da parte degli enti locali bresciani, di lavorare insieme per valorizzare e pro- muovere il nostro territorio. Il Museo Naturale Storico della Resistenza bresciana può ormai dirsi com- pletato, e secondo le piú moderne concezioni museali, toccato, respirato, per- corso in assoluta libertà da cittadini e turisti. L’operazione di cui questa opera editoriale è testimonianza acquista inoltre un valore che trascende i confini nazionali per diventare messaggio di pace che parte dalle nostre montagne per arrivare ai luoghi piú sperduti del globo. Dal Caucaso ai Balcani, dall’Irak all’Hindu Kush, dal Kashmir al Tibet all’Afganistan, le montagne sono state e sono tuttora teatri di sangui- nosi conflitti. Il messaggio che questo libro vuole trasmettere va esattamente nel senso opposto, comunicando una montagna che, nota per essere stata scenario di guerra, diventa luogo di pace, di memoria, di fratellanza.

Valerio Prignachi V. Presidente dell’Unione Nazionale Comuni e Comunità Enti Montani

16 l hissà quante sono le ragazze che hanno percorso i sentieri della CResistenza… ragazze di ogni età, amiche, fidanzate, sorelle, spose e mamme. Da sempre, nella letteratura sulla Resistenza, il ruolo della donna è stato definito ancillare, un ruolo secondario, di supporto, di assistenza, ma pur sempre tanto prezioso. Anche per poter adempiere ai compiti piú modesti e marginali, era necessario lasciare le rassicuranti mura domestiche ed avviarsi sui sentieri della libertà. Una categoria particolare fu quella delle staffette che a tutte le ore del giorno e della notte, con coraggio e con costan- za, si dedicarono al compito di portare ai partigiani sparsi ovunque in pic- coli gruppi sui nostri monti, ordini, notizie, vettovaglie, medicinali e rifor- nimenti di ogni genere. Alcune di esse furono anche incaricate di recuperare armi e munizioni, tanto difficili da trovare, quanto preziose per i nostri partigiani. La partecipazione delle donne non fu quasi mai armata, tranne alcuni eroici esempi di donne combattenti, esse vissero la loro lotta per la liber- tà con altruismo e spirito di sacrificio, maturando attraverso l’esperienza ed i contatti con i partigiani, una nuova e importante coscienza politica. Il loro impegno fu al di sopra di ogni ideologia politica, il piú delle volte non furono loro a decidere con quale formazione collaborare, ma si uni- rono a quelle che operavano nella zona. Come scrive tanta letteratura sulla Resistenza, furono portatrici di valo- ri profondissimi, umani, civili e religiosi e nella lotta per quella libertà che hanno efficacemente contribuito a strappare alla dittatura non conobbero né odio né vendetta, realizzando pienamente l’espressione di Teresio Olivelli “ribelli per amore”. Una lapide con una figura luminosa di donna, Maria Morandini, illustra

17 il sentiero n. 19 della Brigata Fiamme Verdi Lorenzini, a Bienno in Val Grigna. Vi sono scolpite queste parole

“salita su questi monti per recare a noi, partigiani delle Fiamme Verdi, notizia dell’agguato, cadeva mitragliata dai Tedeschi”.

Ci auguriamo che il ricordo di queste donne insieme a quello dei nostri partigiani, rimanga profondamente inciso nei cuori di coloro che percor- rono i sentieri di questo magnifico “Museo Naturale Storico della Resisten - za Bresciana”.

Gruppo Donne della Resistenza Bresciana

18 a fede, la costanza e la cocciutaggine degli Amici del Gruppo Operativo L Volontario Sentieri della Resistenza Bresciana hanno vinto contro tutti gli ostacoli, le difficoltà umane e meteorologiche e sono riusciti a portare a termine il loro progetto che, all’inizio sembrava quasi irrealizzabile. Dando uno sguardo alla cartina riepilogativa, si rimane sbigottiti della com- plessità dell’opera portata a termine. Ciò che è stato realizzato assume un valore altissimo. Si è partiti con l’in- tenzione di creare qualcosa che riuscisse a coniugare il ricordo dei Caduti della Resistenza con la natura che, in qualche modo li aveva ospitati durante una lotta che il passare del tempo non deve cancellare. La memoria del loro sacrificio oggi dimostra che l’opera dei Sentieri resti- tuisce alla natura tutta la riconoscenza che “l’uomo” deve ad essa. I percorsi non sono casuali, ma ricalcano le vie percorse dai Partigiani di allora, ne riscoprono l’intimità ed il valore di sentirsi amici della natura. Nella natura si riflette il grande desiderio di sentirsi liberi, di godere dei suoi insostituibili benefici. Ecco che la memoria dei Caduti, scelti per l’intitolazione dei sentieri, si allarga a tutti i nostri Compagni che sulle montagne hanno lasciato la loro vita ed il loro sangue è diventato parte integrante del terreno. LaValli Bresciane sono ormai completate. Non sono monumenti ma semplici sentieri che richiamano gli uomini a ricordare le vicende della nostra storia e, nello stesso tempo, a riflettere che storia e natura possono diventare un connubio positivo per la vita. Memoria per tanti giovani, da entrambe le parti, entrambi vittime di una tra- gica vicenda storica, che ci deve ammonire che al mondo non ci può essere posto per “uomini superiori” e nemmeno per “uomini della provvidenza”. Un contatto cosí ravvicinato con la natura non può che far bene a tutti, adulti

19 e ragazzi. Parlare e riflettere su ciò che è stato e che vogliamo non succeda piú. Dall’estremità delle nostre montagne alla campagna racchiusa dal fiume Oglio con la bellissima pista ciclabile, i sentieri costituiscono, inoltre, il Museo Naturale Storico della Resistenza Bresciana. È un enorme patrimonio che ora passa alle Istituzioni per favorire il tempo libero dei cittadini e turisti e, soprattutto, dei giovani. Avrà bisogno di molti Amici per essere mantenuto e ospitale. Le nostre Comnità Montane avranno un ruolo fondamentale, i nostri Comuni pure, tutti coloro che hanno scelto la vocazione del volontariato e la difesa del territorio, ricordino questo lavoro che è costato tanti sacrifici. Sarà il modo migliore per esprimere riconoscenza a quel gruppo di volontari che hanno dedicato tutto il loro tempo libero a questa meritoria realizzazione. Tengo per ultimo, ma non a caso, un grande riconoscente grazie all’Ammi- nistrazione Provinciale nella persona del Presidente arch. Alberto Cavalli, ai sui dinamici Assessori Alessandro Sala e Valerio Prignachi, un riconosci- mento particolare al Sindaco di Brescia prof. Paolo Corsini, ai Presidenti delle Comunità Montane ed ai Sindaci dei Comuni territorialmente interessati all’o- pera sempre sensibili alle richieste del Gruppo dei Volontari.

Ermes Gatti Club Alpino Italiano Sezione di Brescia Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Associazione Provinciale Fiamme Verdi

20 Motivazione della Medaglia d’argento al Valor militare concessa alla Città di Brescia per la lotta di Liberazione

NELLA LOTTA DI LIBERAZIONE LA CITTÀ DI BRESCIA PRODIGAVA CON GENEROSA LARGHEZZA IL SANGUE DEI SUOI FIGLI MIGLIORI E CON IL FIERO E TENACE CONTEGNO DEGLI ABITANTI DELLA CITTÀ E DELLA PROVINCIA SOSTENEVA VALIDAMENTE LA RESISTENZA CONTRO L’INVASORE.

MEMORABILI E DURI GLI SCONTRI COMBATTUTI NELLE VALLI E MIRABILI TRA TUTTI QUELLI DEL PASSO DEL MORTIROLO E QUELLI DELLE VALLI TROMPIA E SABBIA.

NEI GIORNI DELLA INSURREZIONE GENERALE, LIBERATASI CON FULMINEA AZIONE DALL’OCCUPAZIONE NEMICA, LA POPOLAZIONE BRESCIANA OSAVA CHIUDERE LE SUE STRADE ALLE COLONNE TEDESCHE IN RITIRATA E CON SANGUINOSI COMBATTIMENTI CAUSAVA GRAVI DANNI AL NEMICO E PROVOCAVA LA CATTURA DI MIGLIAIA DI PRIGIONIERI.

Brescia e sua provincia, settembre 1943 - aprile 1945

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1 - Sentiero del “Corno Barzo”

L’ambiente avara pastorizia e di misera fienagione Il Corno Barzo, tra l’alta Valle Trom - nei quasi impraticabili accessi (se - pia e l’alta Valle Sabbia, costituisce il gaboi). Piú in basso, i Casinelli di Paio loro spartiacque naturale. Fratture, che Alto, oltre che ricovero di animali e talora spezzano le pareti, testimoniano pastori, furono anche, durante l’ultima la dinamica del sollevamento alpino; le guerra, sede di gruppi operativi parti- naturali energie profuse hanno provo- giani. cato spostamenti delle masse rocciose. Il Corno, geologicamente, è tutto di A nord-est i fitti strati di calcari del dolomia calcare, mentre dal lato meteo- Dosso Alto si alternano ai sottili livelli rologico presenta, con Cima Caldoline, di marne, fortemente inclinati; a sud dei fenomeni rilevanti, come quello di Cima Caldoline e piú a ovest la Corna fare scudo alle nebbie estive che l’in- Blacca, bellissima cima dolomitica, ne vestono da una delle due vallate, rima- definiscono la naturale corona. nendo quasi sempre terso dall’altro ver- Il Corno, con i suoi 1848 m di altitu- sante. dine, non è inaccessibile; offre una inte- Oltre agli aspetti geologici, offre ca- ressante escursione che, per quanto ratterizzazioni floristiche e faunistiche breve, è sempre accattivante e in alcuni rilevanti. Con Cima Caldoline, è il cuore punti impegnativa. di una zona talmente ricca di esemplari È chiamato, nel dialetto valtrum- da rappresentare forse la piú interes- plino, «Cornú de Barzò»: dalla cima, sante isola botanica del Bresciano. In- verso la Valle Trompia, offre la vista di cantevoli ciuffi di variegati colori si pos- due ampie radure nel mezzo di una sono ammirare (nel giusto periodo severa pineta, nelle quali trovano sede delle singole fioriture) incastonati nelle le malghe Zerle e Barzò. rupi e nelle verdi radure. È un terreno Il versante sud del monte è costi- adatto allo sviluppo della flora che pre- tuito da masse rocciose e scoscesi dilige l’ambiente calcareo come proprio pendii, fra il verde interrompersi delle naturale habitat. macchie contorte dei mughi: la stessa Può capitare di incontrare qualche zona, valsabbina, è stata terreno di animale che, impaurito, fuggirà tra i

23 Comune di 1 - Sentiero del “Corno Barzo” Tempo medio di percorrenza: ore 1 Lunghezza: km 3 circa

Legenda Tracciato del sentiero Strade principali Sentieri Fiume, torrente Luogo di partenza Direzione consigliata Giogo del Maniva Cima, monte 1664 Chiesa, cappella Rifugio

S. COLOMBANO 987 Fiume Mella Per Collio

Dosso Alto Malga Barzo 2064 1473 Malga Zerle Valle Trompia 1477 Corno Barzo 1848 Valico Dosso Alto

Malga Dosso Alto 1658

Sella di Paio 1739

Passo Portole 1726

Cima Caldoline Sentiero per Pezzeda Capanna 1842 Tita Secchi Sentiero del Centenario 1740 Sabbia Casinello Paio Alto 1550 Valle Vaiale cespugli e le rocce, di osservare il vol- Il sentiero teggiare di grandi uccelli anche rapaci, Il percorso di questo unico sen- di sentire il cinguettío dei piú piccoli, tiero si snoda generalmente sul filo di scoprire orme e tane, di sobbalzare di cresta, ricalcando, in buona parte, al lento fruscío di una serpe in ritirata, le tracce dei cacciatori, con inerpi- di osservare gli insetti sui fiori. Sono gli abitanti della montagna qui ancora 1 Segnaletica tricolore dei “Sentieri presenti . della Resistenza bresciana” a Passo Nel luogo, essendo stato dichiarato Portole.

zona di protezione ambientale e oasi di cate impegnative seppur brevi, pas- rifugio, è assolutamente vietata la ca c - sando tra strapiombanti spuntoni di cia a tutte le specie animali, compresa roccia e alte vegetazioni di mughi, in la raccolta di chiocciole e l’asportazione mezzo alle quali sono stati ricavati o distruzione di nidi di formica rufa; la passaggi in sospensione. Sui tratti raccolta dei fiori è limitata alle specie e erbosi la traccia è stata ridisegnata, quantità stabilite dalle norme regionali. con facili passaggi e gradinate ad ampio respiro, al sicuro da possibili franamenti, almeno nelle stagioni tra l’inoltrata primavera e l’incipiente

25 autunno. Questo panoramico sen- È sconsigliabile percorrerlo in vista tiero invita l’escursionista ad affron- di temporali o di nebbia fitta, come tarlo gradualmente, poiché le sue interromperlo per divallare; in tal caso difficoltà si presentano in progres- le alternative si presenterebbero peri- sione. colose su ambedue i versanti. È ottimale intraprenderlo dal Passo Portole (m 1726) e ultimarlo sulla La Valle della Berga vista dal Cor- no Barzo. Sullo sfondo il gruppo mulattiera proveniente da Pezzeda, del Tremalzo e il Monte Baldo. pervenendo, al punto di partenza, a

Non è attrezzato, essendo l’uso delle usufruire dell’appoggio della Capanna mani necessario solo in qualche tratto Tita Secchi; la sottostante cappella considerato alpinisticamente neanche alpina offre invece un motivo di racco- mezzo grado di difficoltà. Non occor- glimento e di riflessione. rono particolari attrezzature se non Il percorso, ricavato col criterio quelle di un bastone o di una piccozza escursionistico-ecologico, ha lo scopo per sorreggersi in alcuni passaggi gra- di obbligare a un passaggio sicuro e dinati, in ripida discesa, per non sci- facilmente agibile. Permette inoltre di volare o come supporto nelle brevi non disturbare e danneggiare, con salite. inconsulti attraversamenti, le zone di

26 habitat della selvaggina stanziale e le La sua realizzazione, già concertata macchie di flora protetta. tra assidui alpinisti e vecchi parti- Il sentiero è dislocato quasi intera- giani, è stata compiuta per intero tra mente nel territorio del comune di il 1983 e il 1985 da un partigiano coa- Lavenone, tranne il breve tratto ini- diuvato dal figlio. Essi hanno entram- bi inteso onorare cosí la memoria rispettivamente del padre coman - Il sentiero sotto i roccioni del Corno Barzo. dante e del nonno partigiano, nonché appassionato alpinista e sciatore. Il sentiero è dedicato a lui, Giovanni Giacomini (Kappa), capo partigiano della Brigata Fiamme Verdi “Dieci Giornate”. La targa con la dedica, posta sotto un roccione lungo il sentiero, cosí re - cita:

Padre che mi fosti amico nello svago, fratello nelle vicissitudini, compagno nella fede, comandante nella lotta per conquistar la libertà; a Te, mio maestro di vita, nella montagna testimone dei nostri intenti per un miglior avvenire, tuo figlio riconoscente consacra perennemente questa sublime fatica. ziale, confinante con il comune di Bago- lino e, sulla cresta spartiacque, con il comune di Collio Valtrompia. La sua segnaletica su rocce, tronchi 1 Per una piú ampia conoscenza dell’argomento si con- e appositi paletti, è rosso-bianco-verde, siglia la consultazione dei numerosi testi di botanica e come sono i colori della bandiera ita- specialmente – per quanto riguarda la Valle Sabbia – Ugo Vaglia, Storia della Valle Sabbia, vol. III, Geroldi, liana, comune a tutta la serie degli iti- 1964; Arturo Crescini, Fiori delle valli bresciane, Ed. nerari escursionistici sui sentieri della Giornale di Brescia, 1982; Felice Mazzi, Fauna supe- riore in Valle Sabbia, Tip. Vestonese, 1977; Franco Resistenza bresciana segnalati sulle Fenaroli, Camminando sul sentiero 3V, Ecoedizioni, montagne della provincia. , 1989.

27 La storica fotografia del 16 gennaio 1916 (in alto) ritrae una pattuglia di alpini sciatori della Val Dogna (Carnia). Il primo a sinistra sdraiato è il bresciano Giovanni Giacomini, sciatore scelto e guida alpina militare, ferito sul Piave e pluridecorato. Fervente difensore dell’etica alpinistica e strenuo antifascista, fu capo partigiano della Brigata Fiamme Verdi Dieci Giornate. A lui è dedi- cato il sentiero n. 1 del Corno Barzo. Sul verso della fotografia, una scritta autografa del mede- simo Giovanni Giacomini.

28 2 - Sentiero “7a Brigata Matteotti”

L’ambiente nicazione, senza una partecipazione Il sentiero VII Brigata Matteotti è attiva o particolari influenze. situato nel comune di Provaglio Val Le nove frazioni che formano Pro- Sabbia. Il borgo piú che un nucleo abi- vaglio Val Sabbia solo recentemente tato circoscritto indica una vasta zona sono state riunite in un unico comune; comprendente varie frazioni. La prima parte del toponimo sembra derivare Cesane di Provaglio Val Sab bia. Il cippo che ricorda l’eccidio di dieci dalla voce “proda”, traducibile in “mar- partigiani della Brigata Matteotti gine - orlo”, derivante a sua volta dal fucilati il 5 marzo 1945. latino “prora”, prua di nave, o dal ger- manico “proth”, estremità. Infatti il ter- ritorio comunale si estende sulla sponda di un terrazzo pianeggiante lungo lo spartiacque fra la valletta del Trinolo e quella del Reaclino. La felice posizione di Provaglio, perennemente esposto al sole, ha sug- gerito anche un’altra etimologia, cioè dal greco “pros-elio”, davanti al sole. Mancano documenti che attestino l’esatta origine del paese e gli sviluppi successivi; pare che fin dai tempi piú antichi e anche in epoca romana i suoi monti fossero sfruttati per l’estrazione di minerali argentiferi e rame. Nei secoli successivi la comunità provagliense seguí le sorti della Valle, passando da una dominazione all’altra, e, data la posizione geografica che la escludeva dalle principali vie di comu-

29 Comune di 2 - Sentiero “7a Brigata Matteotti” Tempo medio di percorrenza: ore 6,30 Lunghezza: km 20 circa

Legenda Tracciato del sentiero Variante del sentiero Strade principali Sentieri Luogo di partenza Direzione consigliata Cima, monte Ristoro Telefono Chiesa Cippo o monumento

M. Colmo 1003 Nolsera

Ponevalle Sentiero per Treviso Bresciano 950 M. Tresegno Pozze 1000 900 Giogo 930 Coste di Arveaco M. Castello Monumento al Partigiano Dosso 1070 Dallera PIEVE 725 MARZAGO CEDESSANO ARVENINO Passo 663 730 d. Gioiello 1053 La gamba M. Besum TORBIACO ARVEACO 1115 Madonna CESANE 817 del Ronchino 518 Prat de Ruca 920

MASTANICO Valle Sabbia Valle

PROVAGLIO VAL SABBIA

Per infatti, prima del 1928, anno della alberate e faggeti di alto fusto, spianate fusione, esistevano due comunità: Pro- e mulattiere, in mezzo a frutteti e ca - vaglio di Sopra, comprendente le fra- stagni, prati, coltivazioni e naturalmen- zioni Arveaco e Livrio, e Provaglio di te anche centri abitati. Sotto, comprendente Cedessano, Mar- Luogo adatto al parcheggio dell’au- tomobile è il vialetto che conduce alla Da un punto panoramico del sen- chiesetta della Madonna del Ronchino, tiero, la vista sul Lago d’Idro. A destra, Trebbio di Treviso Bre- a Cesane, dove sorge anche il monu- sciano. mento che ricorda i dieci martiri della

zago, Mastanico, Cesane, Barnico, Ar- VII Brigata Matteotti. venino e Torbiaco. È consigliabile intraprendere il sen- tiero da questa località (m 518) e percor- Il sentiero rerlo in senso orario, guadagnando subito Si tratta di una buona camminata il maggior dislivello di tutto il tragitto (di lungo un percorso molto facile, agibile circa m 460) prima di aggirare a nord la anche d’inverno se non c’è troppa neve cima del monte Colmo (m 1003) prove- e caratterizzato da uno stupendo pano- nendo dal Dosso Dallera (m 725). rama, attraverso costoni di roccia, Oltrepassato il monte Colmo si pro- boschi, crinali e radure, su stradine segue per lungo tratto su un falsopiano

31 a una quota media di m 950 e, sfiorando legno ricavata in un grosso tronco, le cime del Tresegno, del No gle, del opera di Emilio Lorandi di ). Manduver e del Castello, si passa tra le Tale opera è posta a ricordo del com- suggestive località di Nolsera, Pone- battimento avvenuto nella zona ai primi valle, Pozze e Giogo (Zuf), per lo piú di marzo 1945, sostenuto da un gruppo abitate solo durante la bella stagione di partigiani della VII Brigata Matteotti e costituite da vecchie cascine, fienili e roccoli, adibiti rispettivamente ad atti- La chiesetta del Partigiano sulla vità silvo-pastorali e ad appostamenti vetta del Monte Besum.

fissi di caccia condotti tradizionalmente contro i nazifascisti, conclusosi pur- da montanari locali, consenzienti a dare troppo col sacrificio del comandante libero passaggio. Domenico Signori e con la cattura di Tale tragitto si snoda in buona parte altri nove eroici partigiani trucidati a a cavallo dello spartiacque che divide Cesane dopo atroci torture. la valle del Provagliese a sud da quella Da qui si sale al monte Besum (m del Gorgone nell’anfiteatro di Treviso 1115), dove svetta austera la bella chie- Bresciano a nord, giungendo cosí al setta alpina del Partigiano, punto di passo del Gioiello (m 1030), dove sorge osservazione panoramico sulla Val De - il monumento al partigiano (scultura in gagna.

32 Si ridiscende ancora al monumento ture se non quelle di normale escur- e poi, a sinistra, ai Prat de Ruca (Se - sionismo, con viveri nello zaino. reno di Sopra, m 920), dove ogni pri- Questo sentiero racchiude ideal- mavera si radunano, con una solenne mente l’inizio e l’epilogo di un infausto cerimonia sul Besum, le associazioni ma glorioso periodo, durante il quale, dei combattenti, degli escursionisti e della Resistenza della Valle Sabbia. Da Dal Passo del Gioiello la vista qui inizia la riposante discesa a Cesane spazia dal Provaglese alla Conca per strade e mulattiere, attraverso le d’Oro

frazioni di Arveaco, Arvenino, Cedes- a partire dal settembre 1943, iniziarono sano, Pieve e Marzago, dove, ogni tanto, a Cesane i primi movimenti di ribelli si può trovare ristoro pres so trattorie alla macchia; questi, sul sentiero “della e bar con telefono. Gamba”, trovarono per molti mesi la Nel caso di interruzione della gita, scappatoia alle insidiose puntate fa - per maltempo o altri motivi, due dival- sciste. Qui essi condivisero – nascosti lamenti su strade, a tratti sterrate, col- nei fienili del Colem de Proai fino ai legano Nolsere a Cedessano e Giogo Zuf – con i montanari polenta, formag - (Zuf) ad Arveaco. gio e fatiche, rendendosi utili nel taglio Non occorrono particolari attrezza- e nel trasporto della legna.

33 Al sentiero “VII Brigata Matteotti”

Vecchio sentiero, che in passato fosti nei tuoi dirupi, aspro cammino di fatiche e memorande gesta, testimone a martirii e fucilazioni, oggi, dalle tue agili balze estendi pace e gioia, che con le tue genti canti alle nuove generazioni.

Un incontro

Una domenica di metà maggio del 1985, di buonora, ero in cammino lungo il sentiero “della Gamba”, che s’inerpica da Cesane sul monte Colmo, per individuarvi un percorso escursionistico degno della titolazione alla VII Brigata Matteotti, che nella zona aveva operato negli anni della Resistenza. Nonostante fossero trascorsi 41 anni da quando, nella mia giovinezza difficile, sbandato e ribelle, mi ero trovato per alcuni mesi a vivere in questi stessi luoghi, ritenevo di potervi riconoscere ancora i sentieri montani che allora tante volte avevo percorsi. Ma non avevo fatto i conti con il progresso. Poco prima del Dosso Dallera riconobbi, sebbene ormai ristrutturato come casa di soggiorno, il vecchio fienile nel quale piú volte con i com- pagni avevo trovato precario rifugio. Purtroppo, nei dintorni di quella ormai insignificante costruzione, molti sentieri si erano inerbiti o non esistevano piú; perciò avevo deciso, quella mattina, d’imboccare l’unico rimasto fra alcune poste di caccia. Ma questo, dopo breve tratto, moriva su una strada sterrata nuova. Ne cercai allora un altro, che sapevo ben marcato nel bosco: lo seguii, ma mi ritrovai, dopo poco, sulla strada recente, addirittura asfaltata, che porta a Cedessano. Ciononostante, nella speranza di recuperare subito il bandolo perduto dei miei sentieri giovanili, la imboccai e la percorsi in un suo tratto molto ripido, lungo il quale un omaccione, in sella a una motoretta, mi superò salutandomi allegro con uno squillante «ciao Vittorio». Evidentemente mi aveva scam- biato per un altro. Al culmine della salita l’omaccione, fermata la moto- retta, stette con fare compiacente in attesa che lo raggiungessi. Accor-

34 tosi ben presto dello scambio di persona, volle scusarsi, dando inizio cosí a una conversazione tanto generica quanto cordiale. Diceva, fra le altre cose, d’essere diretto al suo capanno di caccia, mentre io, desi- deroso invece di informazioni, spiegavo il motivo della mia solitaria gita. Durante l’estemporaneo colloquio, l’ascolto reciproco delle nostre voci e l’osservazione dei nostri sguardi sempre piú straniti dovettero suscitare nel- l’animo d’entrambi vaghe sensazioni d’ansiosa curiosità. C’incamminammo, dunque, lentamente l’uno a fianco dell’altro, parlando di cose senz’impor- tanza, del piú e del meno, ponendoci tuttavia alcune velate domande inda- gatrici. Gli dissi che avevo conosciuto quei luoghi in tempo di guerra; che vi avevo passato del tempo in compagnia di due amici di città, sbandati e disertori quanto me, e che qui avevo conosciuto un tale mai piú rivisto, un certo Gidio, alpino e disertore pure lui, che aveva un fucile ’91 lungo. A quelle parole, l’omaccione, d’improvviso vivamente colpito, sussultò: con gli occhi sbarrati e le braccia aperte a croce, si mise a gridare con quanto fiato aveva «sono io, sono io». Colti dall’inattesa e forte emozione, stretti in un grande abbraccio rotolammo per terra chiamandoci ripetu- tamente per nome, sbigottiti e increduli d’esserci ritrovati e riconosciuti. I ricordi, in piena impetuosa, riaffiorarono precisi nella nostra mente: rievocammo i giorni, le notti lunghe, il freddo, la fame, le fughe precipi- tose col cuore in gola lungo il sentiero “della Gamba”, quando insidiose giungevano le puntate dei fascisti del presidio di . Come quella – avvenuta di domenica – quando con giovanile baldanza facevamo, ricam- biati, l’occhiolino alle ragazze della Messa alta di nascosto dal parroco. Il medesimo parroco a cui, proprio noi due, avevamo una notte recapitato un messaggio per intimargli di cessare gli inviti perentori che, nelle pre- diche, rivolgeva ai renitenti alla leva e ai disertori a consegnarsi ai fascisti. Con i fatti ricordammo i molti compagni scomparsi, come l’Ippolito Boschi di Barghe, caduto – ancora agli approcci con la ribellione, a Salò nel marzo del ’45 – nell’impeto generoso di un’azione armata per libe- rare un compagno ferito in mano ai fascisti. All’inizio del ’44 io cambiai zona; Gidio, invece, reclutato nella divi- sione Monterosa, presto disertò, tornando fra i partigiani nel Piacentino. Le nostre vite avevano cosí preso strade diverse, quella dell’uno all’altro sconosciuta, tortuose come i sentieri dei monti che vanno, vanno infini- tamente lontano, ma che in un punto segnato dal destino si ritrovano. Raggiungemmo cosí, passo dopo passo, il paese, ciascuno narrando la storia della propria primavera, non senza una punta d’orgoglio. Aldo Giacomini

35 Le contrade di Provaglio Val Sabbia addobbate per la tradizionale festività dell’Assunta.

36 3 - Sentiero “122a Brigata Garibaldi”

L’ambiente Il sentiero Il sentiero “122a Brigata Garibaldi” Si tratta di una gita escursionistica è situato nel comune di Marcheno di che partendo dai 372 m di altitudine di Valle Trompia. Marcheno e, precisamente, dal monu- «Marcheno – scrive Piotti già nel lon- mento che ricorda i 18 caduti della 122a tano 1913 – è senza dubbio una delle Brigata Garibaldi, conduce in vetta alla plaghe piú belle, variate e feconde del- Corna del Sonclino (m 1352) che è la la Valtrompia superiore, circondato da quota piú alta del percorso. Sotto i suoi numerosi faggi, da prati verdeggianti, spuntoni è avvenuta la leggendaria bat- da pingui campi, da vigneti, da casta- taglia, sostenuta il 19 aprile 1945 da gneti e da folti boschi». meno di cento partigiani, per lo piú gio- Nota questa in perfetto accordo con vanissimi e scarsamente armati, contro quella di Giovanni da Lezze che, nel preponderanti forze nazifasciste che, 1609, descrive i locali abitanti attenti a salite da cinque versanti, accerchiando «lavor nei boschi, et nelle terre, et fan- l’intera zona, erano decise ad annientare no anco dei broccami minuti». uno dei fulcri piú importanti della Resi- Si dà per certo che a Marcheno, fin stenza nel Bresciano. dal XIV secolo, prosperasse, in modo Il sentiero percorre tutte le località particolare, la fabbricazione degli ac - dove si sono svolti gli episodi salienti ciarini a pietra, esportati in tutto il mon- della cruenta battaglia, in un anfiteatro do allora conosciuto. quasi selvaggio. L’occhio, spaziando tra L’oggi propone una situazione note- i dirupi, può solo immaginare con quali volmente diversa; bando ai “prati ver- e quante difficoltà i garibaldini della 122a deggianti”. Marcheno costituisce un Brigata abbiano sostenuto lo scontro ricco agglomerato industriale, dove il proveniente da tutte le direzioni, prima lavoro e la fatica dell’uomo concorrono di potersi aprire un varco verso Lodrino a dare notevole ricchezza alla già ricca e sfuggire all’accerchiamento, dopo aver e conosciuta in tutto il mondo Valle inflitto ai nazifascisti notevoli perdite. Trompia. Altri garibaldini, invece, isolati dallo sganciamento e rimasti senza munizioni

37 Comune Marcheno a 3 - Sentiero “122 Brigata Garibaldi” Per Collio Tempo medio di percorrenza: ore 7,30 Lunghezza: km 21 circa

Legenda Tracciato del sentiero Variante del sentiero Strade principali Luogo di partenza

Direzione consigliata BROZZO Cima, monte Ristoro Trompia Telefono Chiesa

Cippo o monumento per Brozzo Fiume Mella Lembrio Albereto Strada 611 Piai MARCHENO 589 Valle372 Torrente

Parte 393 Per Gardone V. T.

Mella Fiume 592 Stalla Portico 1016 Fonte Sentiero per Lodrino 477 Casina Vandeno Navezzole Vandeno 702 832 Passata Torrente Vallazzo 1185

Piralonga Casa Crostelle 1108 1152 Grassi 952 Cippo Tesa Guizzi Buco 1171

Punta Sentiero per LumezzaneQuattro Comuni Chiesetta 1321 S. Emiliano

Corna Chiesetta Sonclino Campo del Gallo 1352 1290 o con armi guaste, non riuscirono a met- tiero 362, passando nei pressi di tersi in salvo; divallarono e risalirono un’altra fonte d’acqua e si arriva alla impervi canaloni e costoni dove, esausti località Buco (m 1182), nel cui casinello e alcuni già feriti, vennero catturati dalle aveva sede il comando della Brigata. retrovie nemiche e fucilati, dopo orrende Un centinaio di metri prima, su una pic- sevizie. C’è da rabbrividire pensando che sulla zona, investita dagli incendi La stele che ricorda la battaglia del provocati dagli scoppi, infuriavano le Sonclino del 19 aprile 1945, nella fiamme rinvigorite da venti sfavorevoli quale caddero diciotto partigiani. ai “ribelli” . Il periodo ideale per compiere la gita è tra aprile e novembre o, perlomeno, in periodi senza eccessivo inneva- mento, per evitare difficoltà e pericoli. Alla partenza, cosí come all’arrivo, c’è uno spazioso autoparcheggio, dal quale, zaino in spalla, ci si dirige verso la frazione Parte, dove alla via Benetti, si imbocca la comoda mulattiera della caratteristica Val Vandeno che si risa - le gradatamente sulla destra orogra- fica dell’omonimo, serpeggiante tor- rente, fino a giungere nei pressi della cascina Vandeno. Piú o meno a metà di questo tratto, una fonte d’acqua offre la possibilità di dissetarsi e di provve- dere al rifornimento. Dalla sinistra della cascina (m 702), con ampio semicerchio, a tratti sco- sceso, si giunge sulla sella della vasta zona erbosa dei Grassi (m 952). Una “digressione”, di poco piú di mezz’ora cola cresta a sinistra, presso un tra andata e ritorno, porta alla chiesa capanno di recente costruzione, c’è la di S. Emiliano attraverso il sentiero 360 croce che indica il luogo dove cadde che si diparte sulla destra, mentre il eroicamente la medaglia d’argento al nostro itinerario normale riprende sulla valore, appena ventenne e vice coman- sinistra col sentiero 362, che si lascia dante della Brigata, Giuseppe Gheda; dopo una breve salita per passare alla mentre un centinaio di metri piú avanti, cascina Piralonga (m 1108) che fu su uno spiazzo sovrastante un roccolo accampamento di un distaccamento di con casinello c’è il cippo che ricorda la garibaldini. Ci si riporta ancora sul sen- battaglia.

39 Dal Buco, il sentiero 362 prosegue Su falsopiano si transita dalla casa verso il Sonclino; lo si riprende con un Crostelle, di recente costruzione, e si brevissimo traverso a destra del cippo giunge alla Passata Vallazzo (m 1185), e in circa mezz’ora si giunge in vetta dove, lasciato il sentiero 3V che pro- alla sua Corna a godere di un vasto segue per Lodrino, si va in tutta discesa panorama, dopo essere passati a fianco alla cascina Navezzole (m 832), altro del “punto di confluenza” dei territori dei quattro comuni (Lumezzane, Sarez- La cascina Piralonga, sede di un zo, Marcheno, Casto) e dello stabile del distaccamento di partigiani. Sonclino (m 1322), punto di appoggio per gli uomini della Brigata per l’oriz- zonte di osservazione dominante la Val Gobbia. Tranne qualche tratto in falsopiano, fin qui l’itinerario è tutto in salita, mentre ora si delinea quasi tutto in discesa fino a Marcheno, meno alcuni brevi tratti pia- neggianti e uno che, in dolce salita, da Lembrio conduce al Soccolo, passando da Piai su strada in parte cementata. Scesi dalla cima del Sonclino, l’e- scursione prosegue su falsopiano ver- so est, fino alla suggestiva chiesetta eretta dai valligiani locali al Campo del Gallo (m 1290), dove sono ricordati al- tri sei garibaldini ivi fucilati. Poco al di sotto di questa località una strada in terra battuta scende a Lumez- zane. Ritornando presso la punta dei quattro comuni (nelle vicinanze si diparte il sentiero 365 che scende ad accampamento garibaldino, passando Alone di Casto, lungo il quale caddero dapprima dalla cosidetta stalla-portico, altri tre garibaldini) e, lasciato il sen- nella quale transita il sentiero. Poi, tiero 362, si scende alla Tesa Guizzi (m sempre in discesa fino ai 592 m di alti- 1171) percorrendo il sentiero 3V, per tudine nel letto del caratteristico tor- incontrare la variante bassa prove- rente Lembrio, che si percorre scaval- niente dal cippo-Buco. Anche questa candolo piú volte e lasciandolo a quota località fu sede di un distaccamento; 472, ci si immette in una spianata; vicino una lapide ricorda altri due caduti in a una sbarra si gira a sinistra per affron- combattimento. tare l’ultima salita.

40 Dopo Piai-Soccolo (m 641), si per- un’ultima lapide altri sei caduti; si viene alla stupenda località Albereto giunge cosí al parcheggio auto e al (m 611); con un riposante finale, attra- ristoro della Casa del Popolo. verso comode mulattiere e prati, su A chi intenda, con piú abbreviata strada asfaltata che, passando a ridosso gita, visitare solamente i luoghi essen- del cimitero di Marcheno, ci ri corda con zialmente storici di questo itinerario, consigliamo di recarsi in automobile a Un tratto di sentiero in una sugge- Lumezzane sulla strada a fondo ce- stiva immagine au tunnale. mentato che sale verso l’Osservatorio

41 astronomico Serafino Zani. Parcheg- desidera, può percorrere in andata e giato l’automezzo negli ampi piazzali, ritorno il breve tratto fino alla chiesetta un buon sentiero (n. 362) conduce in 35 di Campo del Gallo. Poi, dal punto di minuti alla località Grassi. Da qui ci si confluenza dei “quattro comuni” si rag- immette sul normale sentiero della giunge la Tesa Guizzi, pervenendo cosí “122a Brigata Garibaldi” proveniente da alla pianeggiante variante che porta dal Marcheno che prosegue, unitamente al Monumentino, sulla via del ritorno, al 362, per Piralonga-Buco-Monumen- parcheggio. Ore 3/5 a seconda delle tino-Corna del Sonclino. Da qui, chi lo opportunità prescelte.

Ai Caduti del Sonclino

Alcuni, col viso ancor fanciullo ma già uomini di fede nell’ideale, accorsero con spirito garibaldino da dove arduo fu il ritornare. Su ogni rupe furon prodi in battaglia finché avvinghiati da inumana orda, restaron su questo sentiero a indicare l’Italia della Vittoria.

Perché ribelli

Tra i diciassette ribelli catturati nei pochi varchi obbligati che le fiamme dell’immenso incendio appiccato dai fascisti avevano lasciato come uniche vie di fuga ai partigiani della 122a Brigata Garibaldi sor- presa dall’accerchiamento di straripanti forze nazifasciste sul Sonclino, c’era anche un ragazzino poco piú che quindicenne. Si chiamava Cesare Pattarini: morí trucidato come tutti gli altri suoi compagni, senza che la sua giovane età ispirasse nei carnefici che lo fucilarono il piú pic- colo barlume d’umana pietà. Egli non fu tuttavia l’unico esempio di ribelle-ragazzino, anche se cer- tamente la sua figura è da ricordare come una fra le piú giovani della Resistenza bresciana. Di ribelli-ragazzini ce n’erano infatti in tutte le for- mazioni partigiane, spinti a partecipare alla lotta da un irrefrenabile desi- derio di libertà, il cui fuoco ardeva segreto nei loro cuori; fuoco alimen- tato da tradizioni familiari e dalla reazione alle imposizioni che la plumbea mano fascista esercitava sui giovani piú sensibili; rifiutando d’aderire al

42 ridicolo e arrogante avanguardismo mussoliniano, ne furono vittime. Erano, in genere, figli di socialisti o di antifascisti dichiarati e schedati, sempre pubblicamente additati al disprezzo dei coetanei, dei compagni di scuola, dei conoscenti; derisi, discriminati, umiliati senza alcuna colpa che non fosse quella d’un modo di pensare diverso da quello previsto dalle rozze direttive fasciste. Su chi dissentiva, o solo tentennava, incombeva la punizione, espressa nella forma piú rivoltante come lo schiaffeggiamento, talora seguito da tre giorni di prigione da scontarsi in Castello. A non pochi di loro era inibito l’accesso alle scuole del regno, se non dopo atto di sotto- missione al fascismo dell’intera famiglia d’appartenenza. Queste dolorose, ripugnanti esperienze erano le chiavi piú efficaci e sicure per aprire gli animi dei giovani alla determinazione d’intra- prendere la segreta strada della montagna e del ribellismo. Fu cosí che molti di loro, anche adolescenti come Cesare, si fecero partigiani, pur sapendo che la montagna avrebbe loro riservato notti insonni, freddo indicibile, fame, fatiche, dolore e che la morte sarebbe stata loro com- pagna fedele fino al giorno, desiderato ma incerto, della riconquistata libertà. Aldo Giacomini

“Bocia”, 16 anni e “Pino”, 17 anni, ribelli della Brigata Perlasca.

43 La chiesetta al Campo del Gallo (sopra) e il ristrutturato casinetto della Tesa Guizzi. Vi sono murate le lapidi in ricordo rispettivamente di sei e di due partigiani caduti nel combattimento del Sonclino.

44 4 - Sentiero “Emiliano Rinaldini (Emi) Mario Pellizzari (Fabio)”

L’ambiente scia, che fece costruire un forno per il Il sentiero Emiliano Rinaldini- ferro, un mulino, una segheria. Inizia Mario Pellizzari è interamente situato cosí l’attività del ferro, destinata ad nel comune di . Il nome di avere un notevole sviluppo nei secoli questa località non indica un agglome- seguenti. rato specifico, ma una serie di piccoli Nel 1427 la Pertica passa sotto il nuclei urbani, Belprato, Livemmo, dominio di Venezia che concede una Odeno, Lavino, Navono e Noffo che, dal parziale autonomia e vari privilegi. Le 1928, formano un’unica entità ammini- attività preminenti sono ancora il taglio strativa, posta in una suggestiva vallata del bosco, l’allevamento bovino e ovino collaterale della Valle Sabbia. e fino al 1847 l’industria del ferro. Pertica Alta è raggiungibile da Noz- Tra i beni culturali di Pertica Alta za di Vestone, dalla Valle Trompia at - spiccano ben diciannove chiese sparse traverso , dalla Pertica sul suo territorio che rappresentano un Bassa e da Mura. patrimonio non indifferente di cultura È una terra ricca di prati e boschi. e di tradizione. Il nucleo originario dell’abitato viene Oltre alle chiese, le varie borgate fatto risalire al Neolitico: reperti di conservano numerosi affreschi murali questo periodo sono conservati al Mu- e interessanti esempi di costruzioni dei seo archeologico di Valle Sabbia di secoli XV, XVI, XVII con eleganti por- e all’Università di Birmin- tali in pietra, dotati di stemmi nobiliari gham. Per avere altre testimonianze bi- sulle chiavi di volta. sogna arrivare al XII secolo: risalgono infatti al 1210 i primi documenti, rela- Il sentiero tivi ad accordi sull’uso dei boschi e Sebbene questa escursione la si possa delle malghe e alle delimitazioni dei intraprendere anche dalle altre tre loca- confini fra i vari centri. Zona ad eco- lità di confluenza (Odeno, Belprato e S. nomia prettamente agro-silvo-pasto- Rocco) è consigliabile iniziarla da Li- rale, quindi, fino all’insediamento di un vemmo (m 900), poiché tale avvío impe- tal Lanfranco Alberghini, guelfo di Bre- gna gradualmente l’escursionista.

45 Comune di Pertica Alta 4 - Sentiero “Emiliano Rinaldini (Emi) - Mario Pellizzari (Fabio)” Tempo medio di percorrenza: ore 5,30 Lunghezza: km 18 circa

Legenda Tracciato del sentiero Variante del sentiero Strade principali Strade sterrate Luogo di partenza Direzione consigliata Ristoro Telefono Seneghe Chiesa FORNO D’ONO Cippo o monumento Passo del Lasso 1175 Case di Sar Cippo “Fabio” AVENONE Ronchi 1142

Malaeghe 1053 Cascina di Valsorda 1178

1148 Bastoncino LAVINO ODENO 1015 924 per Marmentino Ronco 1005 LIVEMMO 900 S. Rocco 941 Bar Pineta 1040 NAVONO Passello Barbaine 1045 935 Casine Monumento sacrario Porta della Brigata Fiamme Verdi 970 “Giacomo Perlasca” Zovo S. Trinità 950 NOFFO Strada per Mura

BELPRATO 800 S. Bernardo per Nozza 762 Cippo “Emi” Dato che non presenta alcuna diffi- e imboccata la vecchia mulattiera, si è coltà alpinistica, è adatto tanto a comi- costretti, dopo circa mezzo chilometro, tive organizzate quanto a gruppi fami- a proseguire ancora per un tratto su liari e a singoli escursionisti di diverse strada asfaltata per riprendere a sinistra capacità, anche perché consente va- la mulattiera che, passando dall’edicola rianti di rientro in caso di forzata inter- ruzione. Belprato di Pertica Alta, in amena Lasciato il paese, ci si incammina posizione, domina la media Valle verso est sulla strada asfaltata per Per- Sabbia.

tica Bassa e la si segue fino al quadrivio della SS. Trinità, giunge a Belprato. di S. Rocco, dove si devia a destra sulla Un centinaio di metri oltre il paese stradina che anticamente era la mulat- si prende per una stradina cementata e tiera per Belprato. Poco distante da una per lungo tratto ombreggiata tra l’alter- “santella” sorge, meritevole di una visita, narsi di piccole salite e brevi discese. la chiesetta-santuario di Barbaíne, In mezzo al bosco, dopo circa un chi- accanto alla quale il monumento- lometro, sorge l’oratorio di S. Bernardo sacrario della Brigata Perlasca fa da (m 762). Da qui, con andata e ritorno in modesto ma suggestivo monito. pochi minuti, ci si può recare in visita Ritornati nei pressi della “santella” al cippo che sorge sul luogo dove Emi-

47 liano Rinaldini fu trucidato dai nazifa- a sud, nella quale, sotto la sovrastante scisti il 10 febbraio 1945. Corna di Mura (Savallo), è tracciato un Dallo spiazzo a fianco della chiesetta altro sentiero dedicato alla memoria di di S. Bernardo, inizia la prima salita sette partigiani caduti nella zona. che, attraverso un magnifico bosco, Si prosegue su una stradina in terra porta allo Zovo (Zuf, m 950) e dove si gode la vasta panoramica che accom- Dalla località Zuf di Belprato, l’a- pagnerà quasi tutto il tragitto, tra Per- bitato di Ono Degno dominato dal- tica Bassa a nord e la Valle del Tovere l’imponente Corna Blacca.

48 battuta fino al fienile Porta (m 970) con mentata e asfaltata, dal ristoro Pineta un lieve divallamento su un piccolo si giunge di nuovo al quadrivio di S. tratto cementato che collega Belprato, Rocco (m 941). Qui, obliquamente a per inerpicarsi a destra, con comodo destra, si riprende la stradina che gira sentiero sulla sommità della folta pineta verso il Ronco dove si apre completa- mente il paesaggio su , dominato dalla Corna Blacca. Prose- Il Passo del Termine, confine con la Valle Trompia, e i nuclei abitati di guendo verso Bastoncino (m 1015), pas- Noffo, Lavino, Navono e Odeno. sando nei pressi di una casa-fienile, ci

di Passello (m 1045). Da qui, usciti dalla si inoltra in un’altra abetaia in direzione pineta, si attraversa una radura prativa dei Dossi di Valsorda dove, al culmine scendendo alla stalla di Casine per giun- di una radura a forma di selletta, si gere poi, attraverso un’altro bosco di diparte in discesa la seconda variante pini, al ristoro Pineta (m 1010). Si con divallamento su Livemmo. segnala a coloro che vogliano evitare la Dai Dossi di Valsorda, invertendo salita al Passello, la comoda stradina quasi del tutto la direzione di marcia, si che dal fienile Porta conduce alla stalla infila a destra il sentiero che, attraverso di Ca sine. un secolare bosco di abeti e faggi, Sempre su strada sterrata, poi ce- sbuca alla casci na Valsorda (m 1178),

49 una delle poche malghe ancora attive parteciparono con grande trasporto alle nella zona. vicende resistenziali, di cui ancora oggi La strada in terra battuta, passando ricordano i fatti con acuta sensibilità. nel mezzo di vivai forestali, dopo aver Superato Odeno su strada asfaltata superato il bivio della va riante con- si perviene a Livemmo (m 900), centro giungente Seneghe al sentiero Brigata di spicco della Pertica, sede comunale, con negozi, trattorie, bar. Il monte Pezzolina e la Corna Blac- ca visti dal grande faggio di Ca- sine.

Perlasca (utile per un eventuale rientro ad Avenone), giunge allo spiazzo del Las (Passo del Lasso, m 1175). Qui è posta la lapide in ricordo di Mario Pel- lizzari, caduto in combattimento il 5 set- tembre 1944 sul monte Visone. Un tratto in costante discesa attraverso i Ruc (Ronchi m 1142) porta a Odeno (m 924), il piú piccolo centro della Pertica. Gli abitanti di questo ameno borgo

50 A Emiliano Rinaldini Emi! Assai lungo e irto fu il sentier del tuo martirio, sotto lo stil degli aguzzini che nel loro vile andare ti resero il cammin come un calvario. Tu l’affrontasti, come sapeva Fiamma Verde e insanguinasti, ribelle per amore, quel sentier sublimato dal tuo diario.

A Mario Pellizzari Fabio! Le nostre genti ancora guardano a te, che t’immolasti per la Libertà. Fabio! In nome del sacrificio che tu affrontasti, i tuoi compagni di allora fedeli ti son nella continuità.

Il sacrificio dell’eroe

Era una di quelle maledette giornate di un gelido febbraio. Bisognava passarlo in fretta, questo mese, perché le avvisaglie della fine di una sempre piú cruenta guerra sembravano, e si speravano, vicine. Terso e freddo il cielo, dopo la ghiacciata notturna. La neve, vec- chia di qualche giorno, era diventata, sulla strada, dura e refrattaria alle suole slabbrate dei pochi passanti, stelliforme e luccicante sugli sco- scesi pendii. Qua e là, a breve intermittenza, qualche folata di un ven- ticello mattutino, leggero, impercettibile, s’incuneava tra i vicoli deserti del paese. Fuori, una bianca coltre ricopriva tutto, disturbata dal sonnolento avviarsi dei comignoli ai tepori di lente, grigiastre volute di fumo. C’era la guerra; e con la guerra la paura; e con la paura l’incontrarsi mattinale dei fuggevoli sguardi, desolatamente espressivi, di quelli rimasti a mantenere in vita bestie e persone. Nessuna novità o troppe novità susseguenti. Quel giorno i vecchi, silen-

51 ziosi e atterriti, avevano saputo dell’ultimo rastrellamento repubblichino. I ribelli, presi di soprassalto, non avevano potuto opporre valida resi- stenza. Emi era stato catturato e portato a valle, per l’interrogatorio e la tortura. Bisognava, con la delazione sconfiggere le sparute schiere dei “ribelli”, poiché la montagna, seppur nella nuda morsa invernale, li manteneva nei suoi inaccessibili anfratti. Le sperdute cascine della montagna, abitate alcune, altre abbando- nate, fornivano il ricovero alle brigate ribelli. Nell’interminabile silenzio della montagna si seguivano tutti gli avve- nimenti cittadini e valligiani. Staf- fette per ogni dove; bimbi, furbe- scamente addestrati; donne, al - tret tanto scaltrite dalle contingen - ze, portavano cibo e dispacci. Di tanto in tanto il manipolo ribelle scendeva dalla Corna Blacca e s’intrufolava nell’abitato. C’era poco da dividere: un sorso caldo di caffé d’orzo, due fette di polenta, croste di formaggio; poi bastava lo scambio di poche sil- labe o il lampo degli occhi a schiu- dere una impercettibile tenace alleanza. Il montanaro, inoltre, la ribellione se la porta nel sangue: cosí l’accordo diventava inscindi- bile. Quella notte, a Odeno di Pertica Alta, i ribelli si erano fermati nelle case, nelle stalle; dormire al caldo ogni tanto faceva bene. La cano- Il santuario di Barbaine con il sacrario dei caduti della Brigata nica, poi, era il luogo ideale per Perlasca il loro incontro. Strategie nuove, situazioni emergenti, importanti valutazioni erano da discutere, assu- mere, rendere operative. S’era fatta l’alba dai rosei bagliori mutevoli. A un tratto il grido stroz- zato della sentinella, ad allertare tutti. Bisognava uscire dall’accerchiamento mortale. Fuori i comandi impe- riosi, mascellari, imponevano l’incondizionata resa.

52 Improvvisi crepitii di mitra per distogliere l’attenzione del nemico e coprirne il tumulto: Emi s’era trascinato addosso il grosso; un tenta- tivo di corsa veloce tra casa e casa, vicolo e vicolo, angolo e angolo; la muta, incontrollata, rabbiosa di sangue, gli era addosso; i suoi compagni in fuga, liberi dall’abile, generosa mossa. Legate le mani dietro la schiena all’ostaggio, la colonna repubblichina s’era incamminata da Odeno, attraverso Mura, fino a Idro, sede del comando valligiano. Interrogatori, minacce, torture non avevano por- tato alcun esito. Bisognava riportare il prigioniero sui monti, obbligarlo a svelare nomi e nascondigli, dopo estenuanti marce. Ma nulla. Ripassò Emi, nelle contrade di montagna; lo condussero, sballottan- dolo, fra casa e casa, vicolo e vicolo; solo il pervicace silenzio. Da dietro le finestre delle sgretolate casupole, segreti pianti di donne, sguardi perduti di vecchi, sgranati occhi di bambini, inseguivano la triste sorte dell’eroe. Poi, in località S. Bernardo di Belprato, la barbara ucci- sione. Il tepore del sole di una mattina precocemente primaverile aveva por- tato i ragazzi del paese nel bosco: legna per riscaldarsi e strame per gli animali erano urgenti necessità per una economia contadina che la guerra aveva ancor piú immiserito. Si incominciava a lavorare di lena; a tratti la neve disciolta aveva dis- coperto ramaglie e foglie secche. Si facevano le gare, perché la svel- tezza felina è una dote dei giovani montanari. La vittoria permetteva al vincitore di irridere al vinto e di dimostrare a tutti le proprie abilità. Ma, subito, l’imprevista, dolorosa scoperta. Il corpo di Emi giaceva lí, ai bordi della dissestata stradicciola, insanguinato, inerte. Una fuga generale e, poi, l’avviso agli anziani. Fu ricomposto nella sala mortuaria del piccolo cimitero montano, vegliato, di giorno, dai vecchi montanari; di notte, dalle scolte ribelli. Nelle sue tasche le straordinarie cose della sua quotidianità: nocciole, corona del rosario, Imitazione di Cristo. Tutto era impregnato del suo rosso sangue d’eroe.

Giuseppe Biati

53 Autunno in Pertica Alta con il Guglielmo già innevato.

Le chiesette di S. Bernardo (a sinistra) e di S. Rocco (sotto) e l’aspetto autunnale di un sen- tiero della Resistenza.

54 5 - Sentiero “Caduti per la libertà di Mura, Nasego, Stecle di Noffo”

L’ambiente Fra i tanti elementi che caratteriz- Il sentiero Caduti per la libertà è zano il vario paesaggio di Mura, il situato prevalentemente nel comune di prato, intervallato dalle siepi, è il segno Mura e, in parte, nella zona che fa da piú evidente e tipico di antichi confini. confine con Pertica Alta e piú precisa- Il bosco che so vrasta il paese, arric- mente con la frazione di Noffo. chito da un rigoglio so sottobosco, è Vi si può giungere sia dalla Valle com posto da casta gni frammisti a Trompia, superati Lodrino e Auro di roveri, frassini, ace ri, noccioli, su su fino Casto, o da Marmentino, via Noffo, sia al dominio di faggi, larici, e abeti. dalla Valle Sabbia provenendo dallo Nell’aprico panorama di Mura un stesso Noffo o dal fondovalle, dopo aver posto di spicco occupano i fienili sparsi superato Nozza e Casto. nei prati, patrimonio culturale testi- Adagiata sulle pendici della Corna di mone dell’interazione fra l’opera del- Savallo, l’imponente mole costituita da l’uomo e le risorse del suolo, riscon- una massa di dolomia grigiastra trabile nella semplicità dei materiali alquanto tormentata, che conferisce un usati per la costruzione. aspetto particolare e suggestivo all’am- Anche le viuzze dei piccoli borghi biente circostante, Mura, in origine, che costituiscono Mura (Posico, Olsa- doveva essere locus romano munito di no, Veriano, Olsenago) riportano le ve- solido fortilizio ubicato nella zona alta stigia di un passato glorioso, dove an- del paese, ancor oggi chiamata Castello. tiche famiglie ostentavano abitazioni Tutto l’agglomerato urbano di Mura architettonicamente pregevoli e talvol - è ottimamente esposto al sole, quasi un ta raffinate. nastro parallelo alla strada che attra- versa longitudinalmente il paese, al di Il sentiero là del quale il centro abitato appare for- Dall’accogliente Mura e ritorno il mato da aggregazioni spontanee, la - sentiero, che si snoda per circa 18 km sciate alla legge della necessità e del con 820 metri di dislivello complessivo, caso, ma che bene si armonizza con la richiede sei ore e mezza di cammino natura circostante. (per tranquilli escursionisti con brevi

55 Comune di Mura 5 - Sentiero “Caduti per la libertà di Mura, Nasego, Stecle di Noffo” Tempo medio di percorrenza: ore 5,30 Lunghezza: km 18 circa

Legenda Tracciato del sentiero Strade principali Strade sterrate Fiume, torrente NOFFO Luogo di partenza 825 Direzione consigliata LIVEMMO Cima, monte Ristoro Telefono Cippo o monumento Lapide, targa Rifugio Croci Cippo 832 Raffaele Botti Forno fusorio Plassabino Stecle 893 Strada Nof Torrente fo - Mura Lago di Bongi Tovere

Bongi 631 Vaso 1062 Prato Quadro 833

Monte Palo Casina Cea 1461 1095

Valle Cea Tremosera Corna di Savallo Nasego 1302 1288 Targa Corna di Mura Mario Donegani 1434

Rifugio Nasego MURA 687

Strada per Casto soste); il percorso, a tratti mediamente scarpata del Chiese; Paolo Maglia e Pietro impegnativo, in altri riposante, offre bei Albertini, catturati, furono invece fucilati paesaggi in suggestive zone di boschi e a Brescia il 16 settembre 1944 dopo sof- radure, toccando cascine e pascoli, ferte peripezie insieme con altri quattro affacciandosi su alture pa noramiche e partigiani; erano tutti Fiam me Verdi delle toccando luoghi cari alla Re sistenza Brigate Perlasca e Margheriti. bresciana. La sua titolazione allude ai Si parte, dunque, dalla piazza del caduti di due formazioni partigiane, alla municipio di Mura (m 687), dove è con- cui attività bellica Mura contribuí con la sigliabile rifornirsi presso bar e negozi

partecipazione di molti suoi abitanti, che La Corna di Mura. Alle sue pendici subirono anche le rappresaglie nazifa- si adagia l’omonimo paese. sciste, come l’incendio (21 agosto 1944) delle case e dei fienili delle famiglie Fiori di provviste, poiché altri punti di pos- e Flegoni. In quel rogo furono gettati i sibile ristoro s’incontrano solo in loca- corpi di due partigiani feriti gravemente lità Nasego nell’accogliente rifugio in uno scontro e fatti prigionieri; si tratta degli “Amici di Nasego” e al laghetto di di Bruno Bonetti e di Mario Giupponi. Bongi in prossimità dell’arrivo. Bruno Dancelli, invece, ferito e catturato, Seguendo la segnaletica tricolore ci fu trucidato a Lavenone e buttato in una s’incammina verso Tremosera su age-

57 vole stradina che, passando sopra Pra - sacrificio. Donegani, antifascista di vec- to Quadro, s’inoltra tra abetaie e fag- chia data, era sopravvissuto – benché geti fino alla casci na Vaso (m 1062), gravemente ferito – all’eccidio di Piazza dove è opportuna una breve sosta. Rovetta a Brescia nel novembre 1943. A questo punto il tracciato si iner- Il vicino rifugio Nasego invita a una pica su un crinale, per deviare poi a piacevole sosta. Da questa località sono destra su un sentierino che in falso- Mura e le sue frazioni adagiate piano sbocca sul trivio della diroccata sotto la Corna di Mura viste dai cascina Cea (m 1095), davanti alla qua- pressi di Belprato

le sgorga una polla d’acqua fresca, a cui facilmente raggiungibili in meno di si può attingere. mezz’ora tra andata e ritorno due bel- Un facile sentiero porta a Nasego (m lissime cime: una a est e l’altra a ovest: 1302), dove ci si affaccia su una stu- si tratta della Corna di Mu ra (m 1436), penda radura di vecchio pascolo con detta anche di Savallo, e del Mon te Palo cascina, in parte diroccata, incendiata (m 1461), due vette che offrono una sin- dai nazifascisti il 26 ottobre 1944; nel golare visione pa no ramica. rogo vi gettarono morente Mario Done- Si ritorna poi, in discesa, sul percorso gani, partigiano della 122a Garibaldi. che riconduce alla cascina Cea, dalla Una targa infissa nel muro ricorda il suo quale ci si immette nell’omonima valle e,

58 attraverso la vecchia mulattiera percor- defluisce a fondo valle sfociando nel piú ribile dai fuoristrada, si giunge a quota ampio torrente Nozza. 780 circa dove nasce il torrente Tovere Successivamente, imboccata una car- che dà il nome alla valletta e alimenta il rareccia in salita, si perviene alla loca- laghetto di Bongi e che – parte in con- lità Stecle (m 893) dove, al limitare di dotta forzata e parte in letto naturale – un frutteto, nei pressi della casa di sini- stra, si trova la lapide che ricorda Raf- Uno stupendo faggeto lungo il sen- a tiero. faele Botti, un partigiano della 122 Gari- baldi che, braccato dai cani in un agguato tesogli dai nazifascisti, fu tru- cidato il 19 ottobre 1944. Poco piú avanti il tragitto, dopo una inversione di marcia sulla destra, s’i- noltra lungo un sentierino in discesa che, costeggiando tre caseggiati, porta in località Croci (m 832). Oltrepassata una strada asfaltata e una singolare santella, prosegue sulla stradina ster- rata che, semipianeggiante, s’inoltra nel bosco fino alla località Plassabino, dalla quale il sentiero in discesa sbuca sulla mulattiera congiungente Livemmo a Mura (*vedi cartina. Da qui, con mez- z’ora di cammino tra andata e ritorno, si può risalire questa mulat- tiera per visitare il sito archeologi- camente valorizzato di un antico for - no fusorio) che, passando per il lago di Bongi, sfocia poi sulla ombreggiata strada asfaltata per Mura, in leggera salita con finale addolcito da un tratto pianeggiante.

La cascina Nasego parzialmente ricostruita. I fascisti la incendia- rono gettando mo rente nel rogo il partigiano Mario Donegani.

59 Ai Caduti di Mura Noi che vi abbiam visti ad affrontar la morte, nel rogo delle nostre case e della fucilazion la sorte. Incitaste, viva l’Italia libera e ne riportiam virtú, quel vostro immenso grido lo ricordiam quassú.

A Mario Donegani Dalla città ribelle dove non fu doma la tua ferita, dalla canaglia delirante perché eri antifascista. Salisti quell’erto sentiero a combatter con la vita, quel fuoco distruggitore che non domò il tuo pensiero.

A Raffaele Botti I tuoi nobili sentimenti son scolpiti con la tua sorte, nella mente di noi vecchi e dei giovani di spirito forte. A diciott’anni, tra una schiera, bandito ti tessero e tra i vili a morte, ma su questo sentier la tua bandiera la imbracciano i giovani dell’Italia vera.

Il gioco del “rebélo”

Verso la fine del febbraio ’45, in un meriggio che, pur freddo per la presenza di vecchia neve nelle zone d’ombra, già presagiva la prima- vera, tre partigiani scendevano circospetti dalla montagna che li aveva ospitati nel lungo inverno per dirigersi verso un paesetto della Valle Sabbia. Erano diretti nella casa fidata d’una famiglia amica per assumervi

60 informazioni utili a valutare una possibile nuova dislocazione nella zona del loro gruppo combattente. Contavano anche di raccogliere, per i com- pagni in attesa, quel po’ di viveri di cui avevano urgente necessità, al tempo stesso pregustando il piatto caldo che gli amici al paese avreb- bero certo diviso con loro. Giunti in prossimità delle prime case si fermarono in attesa del calar della notte; nessuno, infatti doveva notare la loro presenza, né i cani Il laghetto di Bongi fra Mura e la udire i loro passi nei pochi metri di Pertica Alta.

61 viottolo selciato che avrebbero percorsi con i loro scarpú brocacc (ca- rusí), talmente consunti da stare attaccati ai piedi solo grazie alla mise- ricordia di provvidenziali fili di ferro. Era l’ora del rientro degli uomini, sfiancati dal peso della legna e dello strame, al paese dopo la giornata nel bosco e nei fienili. La plaga, in quel periodo, era tornata relativamente tranquilla: gli scherani fascisti, forse paghi della cattura di alcuni conniventi col movimento partigiano e dell’uccisione di Emiliano Rinaldini, il “ribelle per amore”, avevano rivolto le loro attenzioni ad altre zone, riservando a questa sporadiche puntate ogni volta che spie prezzolate fornivano loro qualche indizio. Bisognava perciò stare sempre all’erta. Celate le armi in luogo sicuro, in attesa che le ombre si facessero piú dense e protettive, al riparo di una siepe i tre osservavano il movi- mento consueto che in quell’ora serale anima la vita dei paesi di mon- tagna: l’affaccendarsi tra stalla e fontana per l’abbeverata delle bestie, il rifornimento d’acqua per la notte, il riordino della legnaia. Notarono che sulla piazzetta alcuni bambini vocianti si agitavano tra corse rumorose di zoccoletti, di volta in volta concentrandosi a gruppo o fuggendo sparpagliati, lanciandosi l’un l’altro grida perentorie e squillanti. In quel vocío argentino percepirono, ripetuta e gridata, la parola rebélo. Incuriositi, vi prestarono maggior attenzione, tirando un sospiro orgoglioso e soddisfatto quando intuirono che quel suono lanciato dai bimbi impugnanti un bastone a mo’ di fucile, era l’essenza stessa del loro divertimento. Giocavano, infatti, “ai ribelli”, ingaggiando una incruenta battaglia contro fascisti e tedeschi, assumendo nel con- tempo sui loro volti congestionati dalla corsa, espressioni tese, preoc- cupate, attente, partecipi di un meccanismo fantastico che, sgorgando dal loro cuore, andava oltre il gioco stesso. Vi imprimevano l’espressi- vità piú volte letta negli sguardi dei genitori, riservando la loro simpatia, ingenua ma già determinata, ai partigiani e il disprezzo agli avversari. La penombra della sera, poco a poco, lasciò il posto all’oscurità; le attività quiete del paese andarono cessando: i bambini riguadagnarono le loro case, gli uomini spensero i lumi nelle stalle e il silenzio avvolse le case prossime al sonno. Solo allora i tre partigiani si mossero con cautela, portando a termine la loro missione e riprendendo poi – non visti – il sentiero della montagna.

Aldo Giacomini

62 6 - Sentiero “Brigata Giustizia e Libertà – Barnaba”

L’ambiente monte Guglielmo e il lago. Il sentiero Brigata Giustizia e Li- bertà “Barnaba” s’inerpica sui monti Il sentiero prospicienti la sponda orientale del Le zone descritte videro all’opera la lago d’Iseo, dall’alto dei quali si domina Brigata partigiana Giustizia e Libertà un vasto scenario; incomparabile nella “Barnaba”; essa si spostò e fu attiva in sua bellezza, al centro del lago emerge vari pe riodi e a piccoli gruppi anche in dalle acque Montisola, la piú grande Val Trom pia, in Val Camonica e perfino isola dei laghi europei. nelle valli di Scalve e Cavallina. Il sen- La sponda orientale (bresciana) del tiero intitolato a questa brigata co pre lago si presenta molto varia; da Iseo a la zona nella quale essa si costituí ed Marone il paesaggio è sereno, con flora esercitò la sua azione. La maggioranza tipicamente lacustre, ricco di vigneti, degli uomini che entrarono a farne par - frutteti, oliveti e fiori; piú in alto, ma te era del resto gente del posto che, sempre sotto le arrotondate dorsali dei mobilitatasi già l’8 settembre 1943, par- monti, primeggiano freschi boschi di tecipò, il 9 novembre dello stesso anno, castagni e roveri. alla battaglia di Croce di Marone, la Ai piedi del monte Rodondone, il prima della Resistenza in terra bre- centro di Sulzano – da dove si può rag- sciana. I suoi caduti, molti dei quali giungere la dirimpettaia Peschiera morirono nei campi di sterminio na zisti Maraglio di Montisola – è costituito da dove furono deportati dopo la cattura, strette viuzze fra case con loggiati; gra- sono ricordati con il monumento eretto ziose stradicciole portano alle nume- sul panoramico Dosso della Ro vere, nei rose frazioni sul monte. pressi della località Nistisino; qui c’era Anche Sale Marasino, ai piedi della una delle piú importanti basi di appo- Punta Almana, con le sue sparse fra- stamento, dalla quale transitavano zioni, è centro turistico rilevante. Poco decine di ex prigionieri alleati diretti in oltre Sale si trova Marone, antico nucleo Svizzera. rac colto intorno alla sua settecentesca La camminata, non molto impegna- parrocchiale, adagiato fra le pendici del tiva, si svolge in un continuo belvedere

63 Comuni di Sulzano, Sale Marasino, Marone, Zone 6 - Sentiero “Brigata Giustizia e Libertà Barnaba” Tempo medio di percorrenza: ore 10,30 Lunghezza: km 31 circa ZONE

alle Inzino Per Monte Guglielmo

Per V

CISLANO Croce di Marone MARONE 1164

Sessere 1140

Stalla di Spino Fontanazzo 1077 1185 Spino Forcella di Sale 1110 Gottola SALE 950 MARASINO Olo 705 Noase 800 P.ta Almana 1390

Portole Dosso Pelato 550 1283

Bretten Legenda Lago d’Iseo 672 Pezzolo (Pastina) Tracciato del sentiero 815 Dazze 705 Variante Strade principali Strade sterrate

Clogne Sentieri 650 SULZANO Gole Luogo di partenza 950 Direzione consigliata

Noemi Cima, monte

Croci Ristoro 615 Telefono Simano S. Maria Per Iseo 620 del Giogo Cippo o monumento 940 Nistisino Chiesa 615 Casa Alpini Rifugio 968

Monumento ai Caduti sul lago d’Iseo; nel corso dei suoi 31 km comodi parcheggi e pure facilmente circa, offre cinque punti di ristoro: quat - raggiungibili, in discesa, quando, in tro raggiungibili con normali auto- caso di necessità, ci si trovi nella parte mezzi, uno con fuoristrada. Si tratta di alta dell’itinerario: da Pezzolo (Pastina) Nistisino e S. Maria del Giogo da Pola- si può raggiungere, infatti, Nistisino veno-Zuadello e da Sulzano; Portole da attraverso Dazze-Clogne, mentre Por- Sale Marasino; Croce di Marone dalla tole è raggiungibile passando per Bret- valle dell’Opol o da Cislano di Zone-Val ten. Questa dislocazione di varian ti è di Gasso; Pezzolo (Pastina) da Portole stata appositamente predisposta al fine

(quest’ultimo con fuoristrada). Da un punto panoramico del sen- tiero, la veduta del basso Lago Si può intraprendere l’escursione d’Iseo con Sulzano e Peschiera partendo da una qualsiasi di queste Maraglio di Montisola località e, per chi vuole compierla in una giornata (con arco di luce molto di permettere a chiunque di compiere ampio), camminando 10-12 ore, con l’intera escursione anche in piú riprese. brevi soste nei punti di ristoro. Si parte, dunque, da Nistisino (m Il percorso consigliato è quello che 615) nei pressi della locale trattoria (la prevede partenza e arrivo dalle località ricostruita Osteria dell’Alpino, distrutta di Nistisino o di Portole, dotate di dai nazifascisti la notte di S. Lucia 1944)

65 e ci s’incammina seguendo la segnale- a Pezzolo (Pastina). Da Dazze, su fal- tica tricolore su strada asfaltata fino al sopiano in leggera discesa, girando trivio della santella di Croci (m 615). Da verso sinistra, si giunge al cascinale qui s’imbocca a destra la stra da, per un Bretten (m 672) e, ancora sulla mulat- tratto acciottolata, per S. Maria del tiera a tratti acciottolata e poi sterrata, Giogo, ma che si abbandona nei pressi della panoramica ex trattoria Noemi. Veduta dell’alto Lago d’Iseo con Sale Marasino e Carzano di Mon- Su stradina sterrata ci si inoltra poi tisola. nella vasta spianata di Clogne, in fondo

alla quale si aggira, a monte, l’ultimo si perviene a Portole (m. 560). Dalla cascinale per imboccare il sentierino trattoria si gode uno stupendo pano- che, pianeggiante, rasenta il verdeg- rama. Dall’antistante piazzale si risale giante prato. Si entra poi nel bosco la strada acciottolata, inizialmente ce- attraverso un agevole sentiero legger- mentata, semicarrozzabile, che acco- mente in salita, fino a immettersi sulla stando alcuni cascinali ristrutturati, mulattiera che, deviando a sinistra, dopo il bivio per Pezzolo (Pa stina), por - porta al pianoro di Dazze (m 705), nei ta a Olo (m 705). In questa località il 9 cui pressi si diparte, a destra, la varian- novembre 1943 i nazifascisti incendia- te che, attraverso il Forsone, conduce rono la casina nella quale fu ucciso il

66 partigiano sudamericano Zambo che dove, verso destra, prosegue la strada proteggeva la ritirata dei compagni che, addolcita da qualche tornante ce - reduci da un’azione di prelevamento di mentato, porta alle stalle di Fontanazzo materiale di casermaggio da una zona (m 1185), il punto piú elevato del per- a lago. Dalla santella della Madonna col corso. Da qui, avendo di fronte il monte Bambino, dove una targa ne ricorda l’o- locausto, si prosegue su mulattiera Croce di Marone. Il cippo che ri- corda la prima battaglia parti- acciottolata che, ormai divenuta ripida, giana avvenuta il 9 novembre 1943 consente il transito ai soli fuoristrada. contro forze nazifasciste.

Giunti a un trivio segnalato, si devia a Guglielmo, si gode d’una magnifica ve- sinistra. A questo punto, l’acciottolato duta pano ramica. si inerpica ancora, con qualche tratto Si scende poi a Sessere (m 1140). Con cementato. Superata la cascina Noase circa mezzo chilometro di strada in lieve (m 800) e la santella della Gottola (m pendenza si perviene al monumento di 950) si sbuca, dopo impegnativa salita, Croce di Marone (m 1165), eretto in sullo spiazzo della Forcella di Sale (m ricordo della battaglia del 9 novem bre 1110). In leggera discesa, transitando 1943. Sulla sinistra si può osservare la davanti al gruppo di casolari di Spino, cascina, ora ricostruita, sulla cui facciata si raggiunge la stalla di Spino (m 1077), una targa rende onore al sacrificio dello

67 slavo Gaio Costis, perito nel rogo della do al prato, la variante che scende a stessa, e di Giovanni Brena, fucilato e poi Dazze. Noi giriamo invece a sinistra per bruciato lí vicino. Nel combattimento, oltre attraversare, in leggera salita, una vasta a due sudafricani, caddero il bresciano radura poi, sulla destra, ci inoltriamo nel Ame deo Drera, il bergamasco Firmo bosco su un lungo e a tratti scosceso Zanotti e l’iseano Angelo Delle Donne. sentierino. Si passa cosí davanti a un Furono invece catturati e in seguito fuci- cascinale semiabbandonato e, dopo aver lati a Brescia Umberto Bonsi di Lumez- attraversato il sottostante prato, si zane, Angelo Pietro Corini di Villa Car- ritorna nel bosco fino a Gole (m 905). cina e Nadir Gambetti di Brescia. Aggirata la recinzione di due case, ra- A destra del monumento c’è un acco- sentando quella a monte, si supera una gliente rifugio, anch’esso ricostruito sbarra, dove inizia una stradina sterrata sulle rovine del vecchio cascinale che i che, in breve, giunge al bivio della vec- nazifascisti avevano distrutto perché chia cascina Gole, base di partigiani, ospitava una base di partigiani. posta vicino alla località Spiedo. Si ritorna quindi a Sessere, dove si A destra, inizialmente in discesa, prende, a destra, un sentierino nel bo- sempre su strada sterrata (dapprima sco che, passando dalla stalla di Spino, cementata), si raggiunge la strada a - prosegue verso la Forcella di Sale. Da sfal tata che, a sinistra, in salita, con- qui è possibile recarsi a S. Maria del duce in pochi minuti al rifugio S. Maria Giogo attraverso il sentiero 3V alto, che del Giogo (m 940), uno dei fulcri della percorre tutte le creste e i dorsali guerra partigiana. Sul cocuzzolo, poco (Almana, Rodondone e Spiedo) sca- distante (m 968), c’è la chiesetta monu- valcando il ristoro di Pezzolo. mento e accanto ad essa la casa degli Dalla Forcella di Sale, ripercorrendo Alpini di . la strada fatta in salita, passando per Dallo spiazzo sottostante il rifugio, Gottola e Noase, si ritorna al trivio del una mulattiera in discesa porta in poco quale ora s’imbocca il ramo di sinistra piú di mezz’ora a Nistisino, punto di che conduce all’osteria di Pezzolo (Pa- partenza e arrivo del nostro percorso. stina, m 815). La sosta, dal sapore fami- liare, è d’obbligo. Da Croce di Marone a Pezzolo il sen- tiero coincide con la variante bassa del sentiero 3V che ora, a sinistra, punta verso Croce di Pezzolo. La nostra direzione prosegue invece per la stradina in falsopiano che, oltre- A destra: la casina Spilla Brognöla passata una casa e un cascinale, svolta tra S. Onofrio e il Palosso. Fu pri- a destra e poi, in fondo ai prati, a sini- mitivo “covo” di ribelli ed ex pri- gionieri stranieri che formarono la stra fino ad una seconda cascina; dal- Brigata Giustizia e Libertà Bar- l’antistante sentierino si diparte, in fon - naba.

68 Il sentiero “Giustizia e Libertà – Barnaba”

Ampia è la vista nel calar sul lago, da questo sentiero che conduce alla Croce,1 or da quassú, coi capelli grigi, divago, a tanto tempo fa, quand’ero giovane e forte. Me ne andavo sfuggendo l’oppressore, ex soldato con l’arma di tanta vetustà, con quei che caddero e coi compagni d’onore a riscattar Giustizia e Libertà.

1 Croce di Marone;

La prima squadra d’azione “Giustizia e Libertà - Barnaba”

Barnaba era un ex prigioniero russo che aveva fraternizzato con i partigiani locali; dopo la battaglia di Croce di Marone di lui non si seppe piú nulla. In sua memoria venne costituita la prima squadra d’azione operante nel territorio sebino che, con pochissimi appoggi finanziari, si mise all’opera, compiendo diverse azioni sabotatrici. Furono le Fiamme

69 Verdi a sostenere i primi componenti di questo gruppo con l’invio di armi e modeste somme di denaro, che vi confluivano tramite staffette, con quelle inviate dagli operai e impiegati della ex Franchi e Gregorini. Il gruppo aveva come piano operativo il sabotaggio. Fra i suoi com- ponenti c’era un esperto in esplosivi che sapeva costruire bombe a scoppio ritardato da piazzare nei luoghi strategici. Fu cosí che salta- rono in aria tralicci elettrici a Bornato e Borgonato e, simultaneamente, sei a Inzino di Gardone Valtrompia. Ma il battaglione di fascisti della X Mas di Borghese e la famige- rata Legione Tagliamento, aiutati dalla sempre presente delazione, riu- scirono a limitare, con efferati rastrellamenti, l’azione della brigata par- tigiana; alcuni componenti della “Barnaba” furono catturati e mandati a morire nei lager di Mauthausen. La brigata provvedeva anche ad accompagnare gli ex prigionieri alleati verso l’allora ospitale Svizzera. L’osteria di Nistisino era un buon punto di partenza per tali opera- zioni e per spedizioni punitive contro i delatori. Nel gennaio 1945, per un nonnulla è fallito l’assalto alla caserma dei militi della Tagliamento a Marone. La località Gole fu in seguito la nuova base operativa della brigata “Barnaba”. Qui arrivavano armi, munizioni e vettovaglie perfino dalle caserme fasciste, acquistate con la connivenza degli stessi militi. Queste intese, si rivelarono molto utili nei momenti della insurrezione, evitando inutili spargimenti di sangue. Nella notte fra il 24 e il 25 aprile 1945 i partigiani, attestati a nord di Sulzano, fecero capitolare, piú con la ragione che con le armi la X Mas fascista. A Sulzano, numerosi militari tedeschi e fascisti, a bordo di alcuni auto- carri, si arresero consegnando armi, munizioni, vettovaglie, muli e car- riarmati. Nel pomeriggio del 27 aprile, dopo breve fuoco partigiano, una grossa colonna corazzata fu lasciata passare; sarà poi annientata dal- l’aviazione alleata. Il comandante della Brigata Giustizia e Libertà “Barnaba” nel suo rap- porto alla fine delle ostilità cosí scriveva: «Si chiude cosí la battaglia del Sebino con i seguenti risultati: 1700 prigionieri, 32 autocarri, magaz- zini imponenti della X Mas, un carroarmato, 3 cannoni, 25 mitragliere pesanti, 170 quadrupedi e un’infinità di armi leggere, munizioni e vet- tovagliamento». Sventola finalmente il fazzoletto della Giustizia e Libertà.

Gigi Pradella

70 7 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Ermanno Margheriti”

L’ambiente nuclei isolati, mentre Tizio e Piazza, con Il sentiero Brigata Ermanno Mar- lo sviluppo urbanistico maturato nei gheriti è situato, in gran parte, nel secoli, formano un unico nucleo. comune di Collio Val Trompia. La prima comunità a sorgere fu Collio è località turistica la cui odier- quella di Memmo. Romano sarebbe il na ricettività non ha nulla da invidiare nome che deriverebbe da Memmius. Il a quella dei primi anni del Novecento, villaggio sarebbe stato fondato da tribú quando il ministro bresciano (e val- romane provenienti dalla Val Camo- trum plino) Giuseppe Zanardelli amava nica. soggiornarvi. Tizio e Ivino hanno un impianto Le purissime acque, unitamente alle regolare, lineare, che segue le curve di balsamiche arie dovute alle estese pi- livello del terreno, mentre Piazza è un nete dei monti circostanti, rendono la agglomerato di case sparse intorno a località ricercata e am bita. un crocevia tra la strada di valle che, Nel passato, la storia del paese, non proveniente da si allunga fino solo quella dovuta al durissimo ed este- alle pendici del Maniva e la strada di nuante lavoro delle miniere, è stata pro- fondo della valle del Bavorgo. diga di fatti, di costume, di arte. S. Colombano è un centro isolato Vi è nella gente un non so che di posto alla confluenza di due valli con gradita presenza, tale da rendere Col- insediamenti sparsi lungo le due diret- lio simpatico ai forestieri. La politica vi trici fluviali. è di casa, radicale nelle scelte, genuina A seguito dell’incendio che distrusse nelle interpretazioni, salace nei motti. molte case e le chie se di Collio (23 Tutti, o quasi, vi stanno bene e cu - marzo 1619), gli abitanti del paese si ra no, seppur con le millenarie pratiche rifugiarono e si stabilirono a S. Colom- di montanari, i loro affari. bano, che col tempo prese forma di Il paese fin dal 1500, risultava diviso borgo vero e proprio. nelle frazioni di Memmo, Tizio, Ivino, Oltre l’abitato di S. Colombano, la Piazza e S. Colombano. strada sale al Passo Maniva; qui bel- Memmo, Ivino e S. Colombano sono lezza naturale e attrezzature turistiche

71 Comune di Collio Val Trompia 7 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Ermanno Margheriti” Tempo medio di percorrenza: ore 8 Lunghezza: km 25 circa

Per Passo Crocedomini Legenda Tracciato del sentiero Variante Strade principali Sentieri Fiume, torrente Luogo di partenza Direzione consigliata Cima, monte Ristoro Giogo del Maniva Telefono 1664 Cippo o monumento Rifugio Trompia

Dosso Alto Valle Bocafol 2064 1016

Fonte S. COLOMBANO COLLIO Busana 987 Valico Dosso Alto 834 Dalaidi Paghera Bondegno 1240 957 Malga Zerle 1477 Malga Dosso Alto Pantaghino 1658 1151 Malga Barzò 1473 Corno Barzo 1848 Passo Portole Casina C. Blacca 1726 Roccolo Roccolo Cero 1288 Capanna Crispe 1429 Tita Secchi 1323 Sella di Paio 1685 1740 Pezzeda Sera Pezzeda Mattina Casinello Paio Alto Cima Caldoline 1615 1550 1842 Passo Passo di Prael Corna Blacca di Pezzeda Mattina 1710 1613 2005

Sent. per M. Ario Sabbia

Valle Vaiale danno vita a un notevole polo sciistico. Lasciati dunque i mezzi di trasposto nel parcheggio della località Busana (m Il sentiero 890) tra Collio e S. Colombano, si parte Il sentiero Brigata Fiamme Verdi in senso antiorario per affrontare la Ermanno Margheriti si snoda quasi prima metà del percorso che, tranne interamente su aspre mulattiere tra qualche falsopiano, è tutta in salita. abetaie, boschi di mughi, radure di malghe e costoni rocciosi, toccando la Cascine di Pezzeda Sera, basi par- quota piú elevata degli itinerari escur- tigiane della “Margheriti”.

sionistici della Resistenza bresciana Attraversato il ponte sul fiume Mel- sulla vetta della Corna Blacca. la, ci si incammina su una ex mulattiera Molti sono stati i luoghi sparsi nel- che gradatamente porta alla casa- l’alta Valtrompia dove, a gruppi e in cascina di Pantaghino (m 1151) per pro- vari periodi, la Brigata Margheriti ha seguire con ampio semicerchio attra- operato. Suoi uomini si installarono verso una superba pineta fino a rag- anche negli anfratti e nelle grotte della giungere il roccolo Crispe (m 1323). Corna Blacca dove – non è leggenda – Questo, al tempo della Resistenza, pre- alcuni vissero facendosi fisicamente sidiato generalmente dal gruppo di S. selvaggi. Colombano, fu per la Brigata Marghe-

73 riti una importante base di collega- ci dell’Alpe Pezzeda”) e Blachí 2. mento tra il fondovalle e la principale È opportuno ricordare il compianto sede delle Pezzede. Ora è stazione Silvano Cinelli (qui deceduto il 28 intermedia degli impianti di risalita da agosto 1981), animatore del sentiero 3V, Collio ed è dotata di due bar. che lo concepí anche come omaggio alla Alla sinistra del Pantaghino pro- Resistenza; si prosegue, dunque, in fal- segue la variante per il Passo Pezzeda Mattina; invece poco dopo l’inizio della Cascine di Pezzeda Mattina, sede “normale” che lo aggira sulla destra, si del comando della “Margheriti”

diparte la “direttissima” per il Roccolo sopiano verso Pezzeda Mattina, le cui Crispe (non segnalata). cascine furono le roccaforti di concen- Da qui, prima nella pineta e poi sui tramento della “Margheriti” oltre che prati d’alpeggio (canalone sciabile) si sede del comando della brigata. raggiunge su buon sentiero Pezzeda Dal Passo di Pezzeda Mattina (m Sera dove, all’epoca dei fatti bellici, c’e- 1613), con un percorso comune ai sen- rano le malghe Pezzeda di Sotto e Pez- tieri 3V e Brigata Perlasca che si snoda zeda di Sopra (m 1615). Oggi vi si tro- per un tratto sul versante valsabbino, vano due confortevoli punti di ristoro: si perviene al Passo di Prael (m 1710); i rifugi Larice (sede storica degli “Ami- a un evidente bivio, chi non intenda

74 affrontare la Corna Blacca potrà im boc- 1685) si costeggiano le pareti del care la “variante bassa” (segnalata) che Corno Barzo; poco dopo, sul nostro si ricongiunge al percorso normale in percorso confluisce anche il Sentiero località Monti di Paio; chi invece del Corno Barzo. intende proseguire sul percorso nor- Il sovrastante Passo Portole (m 1726) male, inizierà poco dopo, a ridosso è punto d’incontro anche col Sentiero della diroccata cascina Sacú (base di comando della Brigata Perlasca dislo- Il cippo di vetta della Corna Blacca cata in questo settore), l’ascesa alla ricorda i caduti della “Margheriti” Corna Blacca fra ripidi pendii e pinna- coli di roccia. Con uno strappo, tra cenge, canaloni e incombenti pareti, si giunge sul costone triumplino, dal quale in breve si arriva in vetta (m 2005). Lassú c’è il cippo della Brigata Margheriti in me - moria dei suoi dodici Caduti, idealmen- te accumunati nel ricordo, anche se mo- rti in luoghi diversi: in combattimento, fucilati o impiccati dopo la cattura. Il sacrificio di questi uomini, tra i quali un giovane russo, è esaltato da atti di autentico eroismo avvenuti nei duris- simi scontri con i nazifascisti. Proseguendo in cresta, ci si può sof- fermare sul suo spazioso cocuzzolo, dove, per opera del Gev Vestone (ora sottosezione del Cai) è stato posto l’al- tare e la croce a ricordo del cappellano militare don Giuseppe Bonomini. Du- ran te la sosta lo sguardo può spaziare su un’incomparabile veduta delle Valli dei Mughi e del Centenario del Cai Bre- Trompia e Sabbia. scia. La visita alla vicina Cappella Alpina Ci si appresta al ritorno; scendendo e l’ospitalità offerta dalla adiacente Ca- la ripida pala nord e infilando poi al - panna Tita Secchi (m 1740), sono motivo cuni canali rocciosi, si giunge ad una per un’altra piacevole sosta. selletta, dalla quale il sentiero di de - Imboccata poi la mulattiera che con- stra, attraverso i Monti di Paio, con- duce al valico Dosso Alto, la si abban- duce sulla comoda mulattiera con- dona alla prima selletta prativa a sini- giungente Pezzeda al Valico Dosso stra per scendere su buon sentiero in Alto. Dalla selletta prativa di Paio (m mezzo ai mughi nei pressi di malga

75 Zerle (m 1477), dalla cui radura, imboc- si attraversa la piazza, si può osservare cato a sinistra un sentiero, ci s’inoltra la caratteristica cappella, ricavata a mo’ in una estesa abetaia, giungendo cosí a di grotta, dedicata a S. Barbara, pro- malga Barzò (m 1473). tettrice dei minatori. Dal fondo del sottostante prato il Una strada secondaria, che corre a sentiero, a tratti in ripida di scesa, porta ridosso della statale, conduce fino alla alle case di Paghera (m 1239), dove una località Dalaidi: ancora duecento metri comoda stradina raggiunge la località e, presso la Busana, si conclude il lungo Bocafol (m 1016). La leggera discesa, sentiero a ricordo di una gloriosa Bri- toccando l’abitato di Bondegno (m 957), gata partigiana. porta a S. Colombano (m 929). Mentre

A Ermanno Margheriti

Del tuo fulgido esempio ricordiam su queste rupi, che per noi ci fui maestro quando ci facemmo lupi.

Libertà tu anelavi e cosí fummo del tuo pensiero, quanto allor non eravamo ignavi ti dedichiam questo sentiero.

Il sacrificio di Gaetano Castiglione e compagni

«Ci chiediamo se saranno riusciti a sganciarsi formulando diverse ipo- tesi». La realtà purtroppo sarà molto triste. Gaetano, aprendo il fuoco, attira su di sé la reazione del nemico. Appostato nella cavità di una roccia domi- nante la zona, si tiene al riparo dai micidiali colpi dei mortai tedeschi. I suoi compagni sono caduti crivellati dalle mitragliatrici o squarciati dei colpi di mortaio, (Fausto Delaidi, Wassilli, Alfredo Negrin, Augusto Vecchi). Al calar delle tenebre recupera le armi e le munizioni dei compagni caduti. Riprende la furia tedesca e Gaetano, esauriti i caricatori del suo Breda e le munizioni dei mitra e dei moschetti, sgancia le bombe a mano, quindi impugna la pistola. Inceppatasi la sola arma rimasta, esce dalla sua trincea e la lancia come sfida verso gli assalitori, avventandosi su di loro con il coltello da caccia, impegnandoli in una furibonda lotta corpo a corpo. Ferito piú volte, è fatto prigioniero. I nemici che non si limitano alle

76 risa e allo scherno con cui avevano dato inizio al suo lungo martirio, lo bastonano, lo torturano, gli strappano unghie e capelli, gli scottano i piedi, ma l’eroico, generoso figlio della Sicilia non cede, nessun segreto uscirà dalla sua bocca sanguinante e ormai quasi priva di denti. È l’otto settembre. Con il corpo straziato viene impiccato ad un ippo- castano sul viale principale del paese. Ai boia che sghignazzando gli chiedono: «Saresti ancora ribelle?», con la voce che gli strozza la gola risponde: «Sempre» e con queste parole sulle labbra si spegne. Sul suo corpo pendente dal capestro i tedeschi, quale ultima infamia, pongono un cartello con la scritta «Bandito, questa è la tua fine». Il suo giovane volto di martire non si altera nella morte, è là, cereo, il capo reclinato sulla spalla, la lunga barba e i capelli leggermente mossi dal venticello settembrino. È là, simbolo dell’Italia calpestata. Ignoti pon- gono un altro cartello con la scritta «Novello Battisti». Mani pietose di donne ricompongono i resti dei nostri caduti e danno loro sepoltura senza esequie, poiché cosí vogliono i rastrellatori. Lassú sulla montagna, inorridiscono davanti al raccapricciante spet- tacolo del capitano Wassilli con il ventre squarciato e gli intestini avvolti intorno al collo. Esempio di raffinata barbarie teutonico-fascista. Gaetano resterà appeso 24 ore a quell’albero, che i fascisti, poi, s’af- frettarono a tagliare per togliere al paese la testimonianza della vergogna! Il suo corpo poi, caricato su una carriola, sarà trasportato al cimi- tero come si trattasse di un cane. Piero Gerola

Nebbie in Alta Val Trom pia. Al cen- tro emerge il Cor- none di Blumone. Sullo sfon do, in- nevati, l’Adamel- lo, il Corno Ca ven- to e il Caré Alto.

77 Cosí equipaggiati e armati i par- tigiani combattevano e morivano per la libertà (ribelli della Brigata Perlasca).

78 8 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Giacomo Perlasca”

L’ambiente abitata da tribú celtiche e molti topo- La Pertica Bassa è costituita da nimi del suo territorio hanno remini- quattro nuclei abitati: Forno d’Ono, che scenze preromane. Il cristianesimo sub- è sede comunale, Avenone con la pic- entrò dopo il secolo VI poi, con l’av- cola frazione di Spessio, Ono Degno vento dei Longobardi e dei Franchi, con quella di Beata Vergine e Levran- cominciarono a organizzarsi alcuni ge. Quest’ultimo è stato interamente cen tri religiosi. ricostruito su un ridente poggio dopo il In quegli anni di lenta emancipazione forzato abbandono dell’antico abitato a religiosa si andò via via delineando seguito dello smottamento del 1959. anche un’organizzazione civile e ammi- Vi si giunge per strada carrozzabile nistrativa, con la regolamentazione dei da Vestone e dalla Pertica Alta e su beni dei vari paesi uniti in una comune strada semicarrozzabile da Presegno- economia. Bisenzio. Forno d’Ono diventerà la piccola Chi si reca in Pertica Bassa può capitale della Pertica Bassa e tale re - gustare lo splendido scenario paesag- sterà anche sotto il dominio di Ve nezia gistico dominato dalla Corna Blacca, sino all’avvento di quello austri aco nel “regina” delle montagne valsabbine, 1814. Dal 1300 Forno diventò anche uno rimanendo impressionato dalla nobiltà dei piú importanti centri per la lavora- delle linee di alcune dimore, ma ancor zione del ferro. piú dalla quantità di chiese e dalla loro Lunghe colonne di muli e di asini imponenza: eleganti nelle forme archi- portavano il minerale grezzo dalle mi - tettoniche, racchiudono le opere di niere di Collio attraverso il passo di molti artisti locali dei secoli scorsi. Pezzeda; poi, il forno fusorio e le nume- Le vicende storiche di Pertica Bas - rose fucine provvedevano alla sua tra- sa dall’epoca romana fino alla prima sformazione in metallo e quindi in metà dell’Ottocento hanno visto i bor - attrezzi e in armi ricercate. ghi che la componevano legati fra loro Forno, durante la Guerra di Libera- con vincoli amministrativi, compreso zione, fu un importante centro di smi- Presegno. La Pertica fu anticamente stamento per la Brigata Perlasca; ora

79 Comuni di Pertica Bassa e Lavenone 8 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Giacomo Perlasca” Tempo medio di percorrenza: ore 9+5 Lunghezza: km 24+16 circa

Legenda Tracciato del sentiero Variante Trompia Pezzeda Strade principali Sera Sentieri Valle Fiume, torrente Corno Barzo per il Maniva 1848 Luogo di partenza Passo della Berga M. Pezzolina Direzione consigliata Sella di Paio Passo Portole Passo 1797 1685 per Baremone Pezzeda 1726 Cima, monte Mattina 1613 Capanna Ristoro Prael Tita Secchi 1710 1740 Telefono C. Caldoline Cima Zerna Baret 1480 Cippo o monumento 1580 Casinello 1842 Corna di Paio Alto Chiesa Blacca 1550 Sacú 2005 Rifugio 1640

Frondine Vaiale Tigaldine 1420 950 1765

La Cagna Malga 1190 Malga Gardo Selva 1205

Degnone 1315 PRESEGNO Torr. 1000 Glera Amici miei Passo Croce Torr. 1219 FORNO Sar D’ONO 507 Dase ONO DEGNO Torr. Abbioccolo 837 777 BISENZIO 1062 BEATA Zenofer VERGINE 752 Val le La Passata per Lavenone 1064

per Vestone per per Levrange AVENONE 775 per Pertica Alta Sabbia custodisce con giusto merito il Museo di Vestone; furono gente capace di tener della Resistenza valsabbina. duro, pur coscien te di pagare a caro prezzo le rappresaglie nazifa sciste; non Il sentiero c’è contrada o casolare, in fatti, che non Il sentiero è uno dei piú impegnativi sia stato messo a dura prova. della serie degli Itinerari escursioni- Sebbene questa escursione si snodi stici dedicati alla Resistenza bre- sciana essendo lungo ben 40 km circa, Nella valle del torrente Degnone, suddiviso in due tappe. Forno d’Ono e la Corna Blacca. Tale lunghezza racchiude solo la zona centrale della dislocazione della Brigata Perlasca che, come fu per la 122a Garibaldi col simbolico sentiero al Sonclino, in realtà svolse la sua attività in piú vasta cerchia. Il percorso riguarda quindi solo i luoghi d’accampamento dei vari gruppi della brigata che, benché sottoposti a vicissitudini di varia natura, non so- stennero veri e propri combattimenti du rante i rastrellamenti nazifascisti. Sul sentiero si incontrano solo due luoghi dove vi furono dei caduti: il Casi- nello di Paio Alto, dove venne barbara- mente trucidato, inerme e già ferito, Amerigo Bagozzi e Presegno dove me - desima sorte toccò a Giovanni Garzoni. Ma trentuno furono i morti della Bri- gata Perlasca, tutti accomunati nel ri- cordo dal monumento-sacrario di Bar- baine. Anche gli altri ventinove, fucilati in seguito a cattura, subito uccisi sul nei territori di due comuni – Pertica luogo o morti in scontri cruenti sono qui Bassa e Lavenone – è opportuno intra- onorati. Compresi quelli che perirono prenderla da Forno d’Ono (m 507). nei campi di prigionia in Germania, e La prima tappa di circa 24 km in quelli che caddero nei combattimenti otto-nove ore di cammino porta alla insurrezionali in valle. capanna Tita Secchi alle Caldoline. La Grande fu la partecipazione alla vita parte finale ricalca l’itinerario seguito di questa brigata dei valligiani,che s’im- dai partigiani della Perlasca quando pegnarono anche a tener nascosti molti accompagnavano i prigionieri alleati ex prigionieri stranieri fuggiti dal campo che, attraverso il Passo Maniva, la Val -

81 le della Grigna e Bienno, venivano av - verso sinistra il decli vio erboso della viati in Svizzera. malga per inoltrarsi su un nuovo sen- Si inbocca dunque la vecchia mulat- tiero in un at traente bosco al termine del tiera che conduce ad Avenone-Villa (m quale, per scoscese radure, si raggiunge 775); attraversata la piazza, si segue una la malga Baret (m 1580) finendo cosí, stradina semicarozzabile che, passando con un ul teriore sforzo, al passo di Pez- per Dase (m 837), porta alle case di Sar (m 985); a destra si gira su Saneghe (m La diroccata “casina” Sacú fu sede 980); da qui, una lunga stradina forestale del comando della “Perlasca”

aggira a sinistra e guada il torrente zeda Mattina (m 1613). Proseguendo a Glera. Qui la strada finisce; s’imbocca est in falsopiano su un tratto che è il sentiero a destra e si supera la diroc- comune ai sentieri Brigata Margheriti cata cascina La Cagna (m 1190); si va e 3V provenienti da Pezzeda Sera, si per breve tratto in ripida salita, poi si giunge al passo di Prael (m 1710), dal prosegue sopra i ghiaioni del Tigaldine quale ha inizio la “variante bassa” per fino alla meravigliosa zona di Frondine, chi non ritenesse di “aggredire” la Cor- attraversan do faggeti e verdi spianate na Blacca. fino alla malga omonima. Si è ora a quo- Con qualche saliscendi tra spuntoni ta 1420 m. Si percorre diagonalmente di roccia si passa un centinaio di metri

82 sopra la cascina Sacú, oggi diroccata, lano militare, alpino e alpinista, don ma durante la guerra sede provvisoria Giuseppe Bonomini. del comando Brigata Perlasca. Si scende poi per il ripido costone Ora si sale lungo i contrafforti della nord (la cosiddetta “Pala”) e, dopo al- Corna Blacca. Tra cenge, canaloni ed incombenti pareti si aggira il costone Il Casinello di Paio Alto, sede del occidentale nel versante tri umplino, dal Gruppo S2 della Brigata Perlasca. Qui fu ucciso il partigiano Ame- quale, dopo una breve disce sa e un’ul- rigo Bagozzi. A destra il diroccato tima salita, si arriva sul crinale che, a stallo-ovile.

cavaliere delle due valli, porta alla vetta cuni canali rocciosi, si sfocia a mezza (m 2005), la quota piú elevata dell’in- costa sul sentiero dei Monti di Paio, do - tera escursione. Incomparabile appare ve ci si ricongiunge alla “variante bas- il panorama sulla valle del Degnone e sa”, sulla bella mulattiera che, costeg- sull’alta Valtrompia. Sulla prima balza giando le verticali pareti del Corno Bar- della vetta un cippo marmoreo ricorda zo, conduce al Passo Portole (m 1726), i dodici caduti della Brigata Margheriti, dove ha termine la prima tappa. Pochi mentre sulla seconda un altare e una metri sopra la suggestiva Cappella croce, posti dal Gev Vestone (ora sot- Alpina, si raggiunge la Capanna Tita tosezione del Cai), ricordano il cappel- Secchi, a strapiombo sull’affascinante

83 scenario dal dolomitico aspetto. Qui si na, che dalla conca della malga Dos so può pernottare. Al to e passo della Berga conduce a Va- A nord-est, divisa da uno spuntone iale, m 950) si percorre a ritroso la mu - di roccia, si apre in basso la conca della lattiera, sulla quale si è camminato per malga Dosso Alto, dove il 26 agosto circa 300 m, e si infila il sentiero che 1944, furono catturati i partigiani Luigi Ragazzo e Pierino: l’uno subí la fucila- Gli alpestri paesetti di Bisenzio e Presegno, incorniciati dalla Corna zione assieme a Tita Secchi, l’altro, con- Blacca, dal Corno Barzo, da Cima dannato alla deportazione in Germania, Caldoline e dal Dosso Alto.

riuscí invece ad evadere. scende al Casinello di Paio Alto – detto Per affrontare il rimanente tratto di anche “solitario” (m 1550) – sulla cui percorso non sarà necessaria una leva- facciata una lapide ricorda Amerigo Ba - taccia, poiché, tranne i 300 m di dislivello gozzi. Qui, in quel fatidico 26 agosto, in salita che dividono Vaiale dal passo furono catturati altri due partigiani che della Croce, si possono coprire in circa 5 non riuscirono ad evitare l’accerchia- ore i 16 km quasi tutti in discesa che mento nazifascista durante un rastrel- concludono la seconda tappa. lamento: si chiamavano Balilla, poi de - Dal passo Portole (dove è anche se- portato in Germania, ed Hermann, un gnalata la variante facoltativa della Zer - tedesco unitosi ai partigiani, del quale

84 si ignora la sorte. Piú a valle, lo stesso variante in terra battuta che, toccando destino toccò a Tita Secchi, fucilato a le località Zenofer (Zen) e Passata, rag- Brescia il 16 settembre con altri cinque giunge la frazione Beata Vergine di Ono partigiani delle Brigate Perlasca e Mar- Degno. Il nostro sentiero, invece, dalla gheriti. stessa strada nei pressi di una santella Si procede ancora a ritroso per una gira a destra per inoltrarsi nel bosco fino cinquantina di metri e ci si immette sul sentiero che, passando sotto il casone- Passo delle Portole, la cappella stalla semidistrutto, conduce in ripida dedicata ai Caduti discesa alla cascina di Paio (m 1245); di qui, su ottimo sentiero, si sbuca sulla stradina che attraversa tutta la vasta conca di Vaiale. La variante della Zerna confluisce anch’essa su questa strada 200 metri piú a est. Da questo punto, scostandosi dal sentiero, è possibile, in 15 minuti, raggiungere l’albergo Piccole Dolomiti bresciane, collegato alla carrozzabile proveniente da Lavenone e Presegno. Ora si prende a destra passando a ridosso di alcune cascine e dove ter- mina la strada (sbarra); imboccata la vecchia mulattiera a sinistra, in un magnifico bosco e poi su prati, si arriva al caratteristico paesino di Presegno (m 1000). Nella piazzetta della fontana alle caratteristiche cinque cascine di Piaz- si trova il punto di ristoro “Al Basta rel”. zole (m 1230) da dove, deviando a sini- In questo grazioso borgo trovò sede stra tra alti faggi prima e bassa vegeta- in vari periodi il comando della Brigata. zione poi, sale all’aperta radura del passo Nativo di questo luogo, il partigiano Croce (m 1250). Da qui, in discesa attra- Giovanni Garzoni fu catturato ferito e verso una vasta abetaia, si giunge all’o- poi freddato il 6 febbraio 1945. spitale rifugio “Amici miei” (m 950), dove Attraverso una confortevole strada ci si può concedere una meritata sosta. si raggiunge la pittoresca Bisenzio (m Ora, su strada asfaltata e sempre in 1062), caposaldo partigiano; come Pre- discesa (il primo tratto si può evitare segno, conserva pregevoli opere archi- imboccando una scorciatoia), si giunge tettoniche e artistiche. Ambedue i bor- a Ono Degno (m 777) dove non mancano ghi sono frazioni del comune di La- punti di ristoro, per calare infine a For- venone. no d’Ono percorrendo la vecchia mulat- Poco oltre il paesetto muove un’altra tiera o la strada asfaltata.

85 A Giacomo Perlasca

Piú non fosti ad animar la lotta, che di stimolo fu per noi riscossa. Or siam con te ad indicare perché allor eravam tutt’uno, a conquistar quell’ideale siamo morti in trentuno.

L’”argagn”1

Io, a differenza dei miei fratelli, forse anche perché sono piú giovane, non sono andato in Africa e neppure in Spagna. Non sono stato in Albania o in Grecia e neppure in Jugoslavia. Non sono stato scelto per invadere la Russia. Stavo in attesa di altri eventi, in un grande deposito scavato nella roccia della polveriera di Rocca d’Anfo, sul lago d’Idro. Si stava bene, la guerra era lontana, ma nel tardo settembre 1943 ho notato strane cose. La robusta porta che mi teneva rinchiuso si aprí. Udii dei richiami e dei sussurri. Non erano i soliti custodi. Era gente strana con strani atteggiamenti. Mi hanno strappato dal deposito senza tanti riguardi. Mi hanno girato a destra, a sinistra, in alto, in basso. La notte era buia e mi venne il capogiro. Quando ripresi conoscenza mi trovai L’ «argagn» conservato nel Museo davanti a una baita fra gli abeti. Mi della Resistenza di Forno d’Ono

86 nutrirono di pallottole. Soldati non ve n’erano; nessuno vestiva uguale all’altro. Chissà dove mi avevano portato! Non c’era una base fissa. Si salivano montagne fra mulattiere e canaloni. Quando spuntava l’alba, a volte ero fuori da una grotta rivolto a est; altre volte a ovest, sul bal- latoio di un fienile. In tante notti piovose o di brina sono stato messo in posizione nei pressi di una gola o in prossimità di una strada. A volte dopo una discesa a scivoloni sulla neve gelata, sfuggivo dalle loro mani e sentivo imprecare: «Argàgn, d’on argàgn!», ma subito dopo ero ripu- lito e curato. Erano in molti che mi portavano a spalle. All’inizio erano mani liscie o callose. Col tempo, però, divennero tutte uguali. Quando controllavano la mia efficienza, ricevevo insulti, «L’è ‘n’argàgn!», però le pallottole erano del 1914 e di marca diversa. Mi hanno puntato molte volte su soldati in movimento, ma sempre in casi di estrema necessità. Con la mia voce grossa incutevo spavento, ma non ho mai ucciso nessuno, neppure chi portava i mostruosi elmi delle SS. Di campane ne ho sentite suonare molte, dall’annuncio dell’Ave Maria ai cori festosi della domenica, ma il suono delle campane della chiesa di S. Lorenzo di Presegno sarà per me indimenticabile. Alla fine di aprile 1945, a Nozza di Vestone, dopo la resa della potente colonna delle SS tedesche, i ragazzi delle Fiamme Verdi della Brigata Perlasca – Gruppo S3 – mi alzarono in alto inneggiando: viva l’Italia, viva la Libertà! Pino Facchi † (1) Ferrovecchio, arnese superato

Nella tana con la volpe

Durante una bufera di neve, un partigiano delle Fiamme Verdi, sor- preso da un attacco tedesco, rimase isolato e braccato. La neve che cadeva sempre piú fitta coprí le sue tracce. Cercò di arrampicarsi, come poteva, a quattro zampe, sfruttando ogni sporgenza, fra le rocce di un canale, quando sentí un fruscío; si alzò di scatto e vide una volpe: non era la prima volta che ne vedeva in quella impervia zona. La volpe, dopo un breve sguardo, se ne andò, rasente il terreno. Il partigiano la chiamò: «Fermati, volpe, non aver paura di me». Lei si allontanò ancora piú in fretta. Il terreno era ormai tutto coperto di neve e il vento diventava

87 sempre piú gelido. Il partigiano si sentiva appiccicati addosso i suoi miseri panni e, istintivamente, chiamò piú forte: «Fermati, volpe, accom- pagnami alla tua tana!». In basso, intanto si sentiva il fragore degli spari. Sfruttando, al meglio, la conformazione del terreno che evidenziava le orme, si accorse che anche la volpe era passata in quel luogo. Con la neve anche la nebbia oscurava quel giorno. Il partigiano, trovandosi davanti pareti di roccia, le aggirò dal basso e, vedendo che vi si aprivano cunicoli, strisciò dentro a uno di questi. La grotta era buia, il vento non si sentiva piú e il clima era mite. Sentí un rumore di terriccio che franava, frugò fra le tasche della camicia e tirò fuori la scatola degli zolfanelli ancora abbastanza asciutta; ne accese uno e, sul fondo di un cunicolo piú piccolo, vide la volpe che, raggomitolata, mostrava i suoi denti bianchi. Lui pensò di rassicurarla: «Vedi, volpe, io porto il fucile, ma non sparo mai; sono come te, mi ritiro sempre, piú in fretta che posso, solo cosí salvero la mia “pelliccia”». Da una tasca della giacca, il partigiano tirò fuori un pezzo di pane nero e un pezzo di cotica di maiale in salamoia e, con cautela, ne depose un po’ nei pressi della volpe. Questa, piena di paura e di sospetto, pensava: «Che indecenza! All’uomo non bastano i lacci, le tagliole e ogni sorta di veleni, osa introdursi anche nella mia tana e fare uso del mio giaciglio». Al partigiano sembrava di capire cosa la volpe pen- sasse e le si rivolse cosí: «Non aver paura, tornerà il sereno e col sereno il sole e io me ne andrò sulla montagna, ritroverò i miei compagni e can- terò, e altri ancora si uniranno a noi ed i nostri canti formeranno un coro grande e sarà il coro della Libertà. Pino Facchi †

La Pertica Bassa con Avenone e Ono Degno.

88 9 - Sentiero “Tranquillo Bianchi e dei Caduti lumezzanesi per la libertà”

L’ambiente (Tronco A) che fino ad allora non era altro che Percorrendo la strada statale del zona di pascolo e piccolo allevamento Caffaro, lasciato alle spalle il colle di S. – una modesta attività manifatturiera Eusebio, si entra nella “Conca d’Oro”: che, favorita dall’abbondanza di acque, cosí viene denominato il lembo di ter- nel secolo successivo si sviluppò con- ritorio che occupa la Valle Sabbia sentendo al paese di diventare un note- centro-occidentale. Sulla sinistra, all’al- vole centro produttivo. tezza di Cà de Odol (Casa d’), si Ma il patrimonio storico di snodano una serie di curve d’asfalto che non è solo di carattere economico-indu- portano ad Agnosine. Il nucleo centrale striale. Si trovano, radicate ancor oggi, del territorio di questo paese è costi- le tradizioni e numerosi scorci pittore- tuito dai centri di Renzana, Treb bio e schi che riportano alla memoria i tempi Villa posti su un’unica direttrice e, piú degli avi. Né mancano luoghi di inte- lontano, dalle sparse frazioni di Bin- resse artistico e paesaggistico. zago, Casale e S. Andrea. Andando verso Lumezzane, si incon - Agnosine confina a nord con ; tra l’antichissimo abitato di Casale, che a nord-est con Preseglie; a est con Odo - forse fu un presidio militare longo- lo; a sud-est con Vallio; a sud-ovest con bardo, nei cui pressi, sopra un dosso, e la valle del Garza ed infine a sorge il santuario di S. Giorgio, meta di ovest con Lumezzane. Il nome del pellegrinaggi. paese non ha etimologia sicura. Verso Bione, a circa un chilometro Anche se Agnosine fu probabilmente dal centro di Agnosine, vi è la frazione di origine antica, il suo nome appare di S. Andrea, piccolo borgo che propo - nella storia bresciana solo dopo l’XI ne scorci vivi di un lontano passato. secolo, come Agnoseno. Si dovette Opposta ad Agnosine vi è la frazione attendere il governo visconteo perché di Binzago che si raggiunge di - il paese assumesse una propria fisio- rettamente dalla statale del Caffaro nomia comunale e nel 1385 venne asse- imboccando, in località Camere ai piedi gnato alla quadra di Valle Sabbia. Nel delle coste di S. Eusebio, una strada XV secolo prese corpo ad Agnosine – secondaria a sinistra.

89 Comuni di Agnosine e Lumezzane 9 - Sentiero “Tranquillo Bianchi e dei Caduti per la Libertà di Lumezzane” Legenda Tempo medio di percorrenza: ore 12 (6+6) Tracciato del sentiero Lunghezza: km 36 circa (18+18) Variante Sentiero 3V Strade principali Sentieri Fiume, torrente Direzione consigliata Cima, monte Ristoro Telefono Cippo o monumento Chiesa Lapide, targa Luogo di partenza

M. Prealba Dos Pelat Madonna 3V 1270 dell’Acqua Salto 1136 per Bione 705 Passata della Crocetta Passo 1056 della S. ANDREA AGNOSINE Brocca TRONCO “B” M. Coca 1163 1077 Passatina Dosso Giallo Dos de Rocca 1080 Santella Cascinale 1015 VILLA M. Scipione Mora Rio Bondalio per Lumezzane 892 Campi Boni CASALE TREBBIO 770 620 S. Giorgio

Levertino RENZANA MOSNIGA 765

Roccolo TRONCO “A” Madonna Cristo Bertone delle dei Monti 775 Calchere 720 Cornisello 536 LUMEZZANE 765 M. Cler Gabbiole Roccolo 780 786 748

Rio Serpendolo

Percorso Sentier

BINZAGO Versci 625 683 per Colle S. Eusebio

o 3V Il sentiero i collegamenti e i rifornimenti. Sul luo- Il sentiero Tranquillo Bianchi e go del suo sacrificio, poco oltre la par- Caduti per la Libertà lumezzanesi per- rocchiale di Binzago (m 625), una la- corre i territori di due comuni: Agnosine pide lo ricorda. nel versante sabbino e Lumezzane in Per chi proviene da Brescia, questo quello triumplino della Val Gobbia. è il punto dal quale si consiglia di in - Il suo tragitto di 36 km non presenta traprendere l’escursione. Seguendo la difficoltà di rilievo ed è percorribile, nel suo itinerario completo, in 10-12 ore. Tut- Uno scorcio del pittoresco Binzago. tavia, data la sua particolare disloca- zione, è stato diviso in due tronchi; quindi l’escursione si può compiere anche in due tappe. Ogni tronco, lungo 18 km, richiede un cammino di 5-6 ore. Punto d’incontro dei due tronchi è la località Gabbiole, aggirando la quale, s’incontra una casa ricostruita ove è murata la lapide che ricorda lo scontro a fuoco del 13 maggio 1944 tra uno stremato gruppo di partigiani – in prevalenza russi – e uno di rastrellatori fa scisti, che da una notte teneva in stato d’assedio i “ribelli”. Due morti e due feriti tra i fascisti, un ferito tra i partigiani furono le perdite del com- battimento. Il primo tronco (A), attraversa quat - tro frazioni del comune di Agnosine: Binzago, Trebbio, S. Andrea, Ca sale e sfiora Renzana e Villa. Tranquillo Bianchi, il partigiano cui il sentiero è dedicato, era un socialista di Lumezzane; ignaro del precedente segnaletica tricolore, si raggiunge su scontro a fuoco, fu sorpreso dai fascisti comode stradine e sentieri con dolci mentre recava rifornimenti ai com- dislivelli tra boschi e verdi pianori la pagni; bastonato, fu costretto a portare suggestiva chiesetta della Ma don na a spalla i corpi dei due militi fascisti delle Calchere (m 540). fino a Binzago. Fu trucidato il giorno Da qui una strada pianeggiante per- seguente dopo crudeli sevizie. L’intero corre fino al cimitero il lato nord del cammino di questo sentiero fu da lui monte Cler sovrastante Agnosine . Si percorso molte volte, poiché gli era imbocca poi sulla sinistra un sentiero stato assegnato il compito di garantire che, dopo un primo tratto in leggera

91 salita, s’inoltra in falsopiano in una val- cresta del monte poi, scendendo verso letta che si aggira tutta fino a prendere, destra a rasentare due appostamenti di sulla destra, un ripido sentiero in caccia, si perviene alla balconata della discesa che scavalca il Rio Bondalio e chiesetta-oratorio di S. Giorgio (m 635). giunge sulla strada che porta alla parte Continuando in discesa, si raggiunge la alta di Trebbio (m 475). Dopo circa 300 strada per Lumezzane, sulla quale ci si metri di strada asfaltata, giunti presso mantiene per breve tratto fino a Casale alcune case, a sinistra si imbocca un (m 620). Qui si imbocca una strada fore- sentiero nel bosco che termina sulla stale che si segue – prima in falsopiano provinciale Lumezzane-Odolo, al di là poi in salita a nord del roccolo “Bertú” – della quale una bella mulattiera tra fag- fino ad aggirare la località Gabbiole (m geti, passando dalla santella Mora (m 786) prendendo cosí la direzione del 582, luogo di “grazie” per antiche cre- ritorno. Passando ora a sud del roccolo denze locali), conduce in località S. “Bertú”, si devia a sinistra della “pas- Andrea (m 550). sata” del Viglio e, imboccando una con- Chi intende abbreviare il cammino fortevole stradina che fiancheggia il può evitare S. Andrea e la salita al monte Cornisello e il Dosso Fontane si Moncaldo imboccando una breve va- giunge a Binzago. riante in salita che conduce diretta- mente a S. Giorgio. Ma riprendiamo il nostro sentiero: La descrizione dell’ambiente nel quale gravita il attraversato l’armonioso abitato di S. secondo tronco del sentiero “Tranquillo Bianchi”, cioè Andrea, nei pressi della chiesa si im - la valle del Gobbia e Lumezzane, territori che, per l’ur- banizzazione e gli insediamenti industriali che li carat- bocca una stradina che, all’inizio cemen- terizzano, presentano aspetti molto complessi che esu- tata, prosegue via via in terra battuta lano dagli obiettivi di questo libro, sono stati voluta- mente omessi. Chi volesse approfondirli potrebbe pro- diventando poi sentiero che sale lungo ficuamente attingere ad altre fonti bibliografiche. Qui ci il versante meridionale del Moncaldo si limita a segnalare il “pezzo” di Patrizia Albertini La valle del lavoro, apparso nella I edizione di Sui monti fino a quota 750 circa. Si per corre la ventosi, 1991, Editoriale Ramperto.

A Tranquillo Bianchi

Tranquillo, te ne andavi col cuor solerte a recar per le montagne la tua generosità.

Ma ti colsero, fratricidi, quei che nulla seppero dalle tue labbra il prezzo della Libertà.

92 Il sentiero (tronco B) consigliabile lasciare gli automezzi. Vi Il secondo tratto dell’escursione si si giunge sia dalla Valle Trompia sia snoda in una zona piú selvaggia, nella dalla Valle Sabbia. Il percorso, che fino quale mancano punti di ristoro, ma alla località Cascinale (m 850) coincide dove comunque non è difficile trovare con quello del 3V, s’inoltra, oltrepas-

Il cippo che ricorda il partigiano La chiesetta del Passo Cavallo, lumezzanese Tranquillo Bianchi, dedicata al Cristo dei monti ucciso dai fascisti.

buona accoglienza presso le numerose sato un bivio nel bosco, su un sentie- case agricole, di caccia o di vacanza. rino che sbuca in una stradina da per- Al passo della Brocca una lapide correre fino nelle vicinanze di una ricorda la cattura e la fucilazione (16 casa-roccolo. Qui, a sinistra della casa, ottobre 1944) dei lumezzanesi Narcisio un altro sentiero in salita conduce alla Ghidini e Giovanni Faustino Zu bani, Passatina del Dosso Giallo (m 1080) partigiani della 122a Brigata Garibaldi. dove è gradevole fare una sosta. Si La seconda tappa muove dal passo riparte e, scavalcato il sentiero 3V, ci del Cavallo (m 720) nei pressi della si inerpica diritti sul costone per circa chiesetta del Cristo dei Monti, dove è una cinquantina di metri, per scendere

93 poi, tra roccette e vegetazione, in un 1270), la quota piú elevata dell’escur- canalone a sinistra sotto scoscese pareti sione. Sulla vetta, dove si erge la croce di dolomia che, nella stagione propizia, metallica posta dal Gam e dagli alpini of frono una flora variegata e multiforme di Bione, si gode un’ampia e suggestiva simile a quella che si osserva tra la panoramica. Corna Blacca e il Baremone. Questo è il tratto piú impegnativo del percor so: è La chiesetta della “Madonna delle necessaria una certa attenzione. Lenta- Calchere” con il caratteristico cam- mente, con qual che saliscendi, facen do panile isolato.

attenzione alla rada segnaletica, si Da qui in avanti, tranne che per bre- giunge al passo della Brocca (m 1163), vissimi tratti in leggera salita, il cam- dove c’è una lapide che ricorda i caduti mino si snoda tutto in cresta e in disce- Ghidini e Zubani. A destra, dopo una sa fino a Gabbiole. Superato il Dos Pe- brusca inversione di marcia, si pro- lat (m 1136), si transita presso la “pas- segue, prima a fianco e poi sulla cresta sata” della Crocetta (m 1056) e dopo le in salita fino alla punta Camoghera (m cime di Carné si perviene al monte 1225); da qui, una ripida disce sa porta Coca (m 1077) e al Dos de Roca (m al piccolo passo (m 1196) dal quale 1015). Un avvallamento conduce al muove la salita al monte Prealba (m monte Scipione (m 892), dal cui dosso

94 si scende a Gabbiole (m 786); aggi- È d’obbligo in questa zona ricordare rando il cocuzzolo, si costeggia la casa anche gli altri partigiani lumezzanesi dove una lapide ricorda la battaglia che, pur se caduti altrove, hanno ini- avvenuta in quel luogo. zialmente militato su queste montagne: Aggirata Gabbiole, ci si inoltra sulla Tranquillo Bianchi, fucilato a Binzago;

Riflessi autunnali lungo il sentiero Verso il Monte Prealba n. 9 “Tranquillo Bianchi”.

vecchia mulattiera ora trasformata in Gian Carlo Brugnolotti, fucilato a Mi- strada, che in continuo saliscendi porta lano; Angelo Ghidini, fucilato a Cimmo; verso il Levertino (m 765) per prendere Bernardo Moretti, fucilato ai Grassi del poi un sentiero nel bosco che, aggi- Sonclino; Carlo Biagio Gnali, deceduto rando tutta una vallata, in lieve salita in seguito a sevizie dei nazifascisti; porta fino ai Campi Boni (m 770). Attra- Umberto Bonsi, tra i primi fucilati a versata questa località, si giunge sulla Brescia dopo la cattura seguita alla strada asfaltata già percorsa in salita prima battaglia partigiana di Croce di all’inizio della camminata e lungo la Marone (novembre 1943); Giuseppe quale si scende al Cristo dei Monti. Medaglia, fucilato a Monza; Ulis se

95 Marelli, deportato in un lager te des co paesani che militarono nella Resistenza dove morí di stenti; il valoroso Giu- in terra straniera. Gli internati Silvio seppe Verginella, tra i primi coman- Bonomi e Battista Zani, della Divisione danti della 122a Brigata Garibaldi, tru- Aqui; il primo fucilato dai tedeschi a cidato dai fascisti nei pressi della Pieve Cefalonia, il secondo morto in Grecia in di Lumezzane. seguito a ferite infertegli dai tedeschi. Accanto a questi prodi combattenti sono senza dubbio da ricordare i com-

Ai Caduti lumezzanesi per la libertà

Tutti accomunati ritroviamo col pensiero, i figli Caduti nostri ricordati nel sentiero.

Possente il nostro grido di Pace e Libertà; dal vostro sacrificio ispiriam l’umanità.

La battaglia di Gabbiole

Sulle montagne di Agnosine e di Lumezzane, nel maggio 1944 era presente un gruppo di ex militari alleati, per lo piú russi, con qualche italiano. Si ricorda un certo Alberto di . Il 13 maggio questo gruppo eterogeneo e armato, stremato da una lunga e faticosa marcia attraverso terreni impervi, giunse in località Gabbiole di Agnosine. Non parve vero a questi uomini braccati di tro- vare disabitato il “cascinotto” da caccia di Gabbiole, che sorgeva sul ciglio di una ripida vallata ricoperta di fitta boscaglia. Era quasi notte; gli uomini vi si rifugiarono, sprangando l’unica porta e si addormenta- rono pesantemente, senza preoccuparsi di porre una sentinella di guardia. Il gruppo era stato, evidentemente, già individuato e seguito dai fascisti. Nella stessa notte un plotone di ventun militi comandati da un

96 ufficiale circondò il “casino” gridando: «figli di cani, siamo repubblicani» (testimonianza di Michele Ivanoff). Dall’interno, dopo ripetuti richiami, qualcuno rispose in lingua russa. Fu quello l’inizio, da parte dei fascisti, di una fitta sparatoria contro la porta, finestra e muri della cascina, diventata un fortilizio ermeticamente chiuso. Dal di dentro, attraverso la finestra con inferriate, nessuno sparava. L’unica via di salvezza per gli assediati era la porta, che si apriva sul breve piano spazzato dalle raffiche fasciste. Dopo alcune ore di tale situazione, verso l’alba, quando ancora le ombre della notte si confondevano col primo chiarore, gli assediati – dopo aver deciso concordemente il comportamento – tentarono il tutto per tutto per uscire da quella trappola. Stefano, un russo atletico, con una pedata spalancò la porta, dando inizio a un fitto rosario di scariche di mitra contro i fascisti per coprire i compagni che, dietro di lui, sgattaiolavano velocemente. I fascisti, sorpresi da quel fuoco rabbioso, improvviso e violento, per- dettero, nel primo disorientamento, una manciata di secondi. Ciò per- mise l’operazione salvezza. Solo Nicolino, un ragazzo russo, steso a terra poco fuori dalla porta, gemeva e invocava aiuto per una ferita che gli immobilizzava la gamba. In un battibaleno i compagni lo sollevarono e, sempre coperti dal mitra crepitante di Stefano, portarono il compagno in salvo dileguan- dosi verso la vallata. I fascisti, che in un primo momento si erano dis- persi, ritornarono sul posto quando capirono che non c’era piú alcun pericolo. I russi intanto – che coi moschetti avevano improvvisato una barella per trasportare il compagno ferito – si diressero da fondovalle alle Coste di Lumezzane, sostando successivamente nella cascina “del Buco”, oltre la Corna del Sonclino, dove trovarono la provvisoria ospitalità della famiglia Paterlini. Giuseppe Biati

97 Sopra: tramonto. A si- nistra: nuvole a “ca- volfiore” dietro il Mon - te Zingla. In basso a sinistra: prime spruz- zate di neve tra media Val Camonica e alta Val Sabbia con un incendio boschivo in Val Caffaro. In basso a destra: la pozza ghiac - ciata di Malga Spina in Baremone.

98 10 - Sentiero della “Libertà e dei Caduti trevigiani”

L’ambiente al daino, al , allo stambecco, Il sentiero della Libertà e dei Ca duti animali che vivevano numerosi sui Trevigiani si snoda sul territorio comu- monti della Fobbia. nale di Treviso Bresciano; con vari Dopo il dominio di Venezia, Treviso punti di appoggio e di ristoro, at- passò sotto quello napoleonico e poi traverso località attraenti con boschi, austriaco. Nel 1526 il paese vide il pas- praterie e pinete, si offre alla portata di saggio dei Lanzichenecchi, che profa- tutti. narono la chiesa e bruciarono alcune Treviso Bresciano pare abbia logica case. etimologia dal latino Tres Vici, cioè tre Con lo spostamento dei confini d’I- villaggi; infatti, vari documenti danno talia alla Val del Caffaro e alla Val come costituenti la località fin dall’an- Vestino, il Trevigiano divenne zona tichità le tre frazioni di Vico, Trebbio militare di prima linea (1915); il forte di e Facchetti, quest’ultima cosí denomi- Valledrane, costruito fra il 1912 e il nata, perché costituita da famiglie, tutte 1914, fu concepito per contrastare dello stesso cognome. quello austriaco di Lardaro. Ma la denominazione piú antica del I principali nuclei urbani del comu- paese era Cacis – derivante dal termine ne, Trebbio (sede comunale), Vi co e longobardo gaz – che significa bosco. Facchetti, sorgono nel versante orien- Un’etimologia forse piú leggendaria tale della Valle Sabbia in una conca attribuisce la denominazione del paese verdeggiante di prati soleggiati e pro- ad attrezzi in legno che venivano pro- fumate pinete. La località, ben esposta dotti quassú: le cassöle. al sole e protetta dai venti, gode di un Elemento predominante del terri- clima piuttosto mite con modeste oscil- torio trevigiano è l’estensione dei lazioni di temperatura e bassa grada- boschi: questa doveva essere una sua zione di umidità; è il motivo per cui Tre- caratteristica già nel X - XV secolo, viso è stato considerato, con le strut- dato che si prestava bene come riserva ture di Valledrane, centro climatico di caccia; frequenti, infatti, erano in assai interessante. Per strada carroz- quei tempi le battute di caccia all’orso, zabile vi si giunge da Vestone, da Idro,

99 Comune di Treviso Bresciano 10 - Sentiero della “Libertà e dei Caduti trevigiani” Tempo medio di percorrenza: ore 12 Lunghezza: km 36 circa

Legenda Tracciato del sentiero Variante Strade principali Luogo di partenza Sentieri Fiume, torrente Direzione consigliata Cima, monte Carampello Ristoro Fienile 1037 Fobbia di Treviso Telefono Malga Fobbia

Chiesa Ardec Passo del Cavallino per Capovall 1050 della Fobbia 1090 Cavacca 1100 per Cocca Ve Forte Valledrane per Idro e M. Manos 831 Perlong per Vestone Roccolo Tormini Val Grande1017 Ex caserma Tratti pericolosi attrezzati con Ancisa corde fisse 1048 Piei Carpeneè Ruffo M. Curma S. Liberale 755 882 F. Rondaione 761 Roccoli M. Bastia Madonna delle Roane 707 La Cocca 936 928 751

Dos de Mes TREBBIO VICO Santellone 731 681 730 M. Basiolo M. Puttola 975 gone Cima ENO Torrente Gor occato525 Fontana Calda

Mulino dir Cima Giavarina 978

Fienile Baregol Tratti pericolosi 650 M. Gallo 1136 Fienile Valle Scura 710

Passo del Cul DEGAGNA 973

per per Provaglio V.S. da attraverso il Cavallino può essere percorso nelle lunghe gior- della Fobbia e da Vobarno attraverso nate estive in 10-12 ore. È intersecato la Val Degagna. da ben undici varianti segnalate che, oltre ad agevolare eventuali forzati Il sentiero rientri, consentono di raggiungere con Il sentiero della Libertà e dei Cadu- facilità i centri abitati, nonché di effet- ti trevigiani, a differenza degli altri iti- nerari escursionistici dedicati alla Resi- Trebbio, sede comunale di Treviso stenza bresciana, non ricorda partico- Bresciano.

lari fatti d’arme, sanguinosi scontri o tuare la gita a piú riprese. caduti partigiani. Vuole essere un L’escursione si può intraprendere in omaggio alla gente di Treviso Bre- senso orario da una delle due frazioni, sciano che, schierata dalla parte giusta Trebbio (m 681) o Vico (m730); da nella lotta per la conquista della libertà, ambedue le località una variante con- era “partigiana”, “ribelle” per antono- giunge le due frazioni a La Cocca (m masia; con grave rischio e pericolo 751), dove sorge la bella croce in legno della vita aveva aiutato, gli sbandati posta dagli alpini. Qui ha inizio la Val prima, i gruppi partigiani poi. Grande, con la sorgente “Acqua Buna” Il tracciato primario, di circa 36 km, la località Carpeneè e il roccolo Tor-

101 mini (m 1017); una variante da qui con- tiera pianeggiante che attraversa tutta duce al Rondaione. la bella conca prativa di Ardec e, pas- Si prosegue su una stradina in salita sando a ridosso dell’omonimo fienile, ci (sbarra per veicoli) e, oltrepassata una si inoltra nel bosco fino nei pressi del casa rurale, si prende il sentiero nel fienile Carampello (m 1037) dopo aver bosco che sbuca presso il roccolo An- cisa (m 1048), dove un’altra variante si La chiesetta di S. Liberale a Piei sul congiunge piú a valle alla precedente. sentiero escursionistico dedicato ai Da Ancisa si prende la vecchia mulat- “Caduti trevigiani”.

102 superato dal basso il fienile Fobbia di a una vecchia caser ma e al serbatoio di Treviso. Tra questi due fienili un’altra Ruf, dove si diparte in salita la va riante variante – su strada – conduce in salita già citata di Cavacca-Perlonc-Ruffo. alla località Cavacca dove vi sono due Dalla Madonna di Roane (chiesetta trattorie; da qui si può prendere la sul poggio dirimpettaio al monte Zin- variante che, passando da malga Ruffo (punto di ap poggio e ristoro) conduce sulla strada della Val Degagna. La chiesetta della “Madonna di Roane”, una balconata sulla Val Da Carampello invece, si prosegue Degagna.

per la malga Fob bia, sita in una vasta gla) si prende ora il sentiero che, inol- radura erbosa che si attraversa per iner- trandosi in un fitto bosco, conduce al picarsi poi a destra a prendere il sen- Santellone (m 875). Qui s’incrocia la tiero che sbuca sulla strada asfaltata che strada asfaltata Treviso Bresciano- conduce al passo Cavallino della Fobbia Eno di Degagna, che può eventual- (m 1090) dove c”è un’altra trattoria. mente servire come variante di rien - Qui si effettua il giro di boa e si per- tro a Vico attraverso il Rondaione. corre in discesa la strada della Val Dal Santellone, proseguendo inizial- Degagna fino al bivio della Madonna mente su stradetta poi su sentiero quasi delle Roane (m 928), passando davanti interamente in cresta e con minimi dis-

103 livelli, si percorrono la cima Onés (m Coste del Diavolo, conduce al fieniletto 901), il monte Puttola (m 975), il monte di Baregol (m 650). La facile mulattiera, Porre (m 976) e la cima Giavarina (m proseguendo sulla destra, diventa “va - 978) dalla quale si divalla attraver- riante” per rientrare a Trebbio. sando facili ghiaioni, risaliti i quali, ci si Da Baregol, dunque, si procede sul trova sulle falde del solitario monte sentiero che affianca il ruscello e quin- di lo attraversa diventando stradina Il vecchio forte di Valledrane risa- che, passando presso alcuni fienili con- lente alla guerra 1915-’18 duce fino ai ruderi pericolanti del Vec- chio Mulino (m 525). In quest’ultimo tratto altre due “va - rianti” di rientro conducono a Treb bio. Dal Mulino, con una salita inzial- mente un po’ impegnativa attraverso boschi e abetaie, si raggiunge il roccolo Dos de Mes (m 731) poi, su strada car- rareccia, si sbuca nei pressi della chie- setta seicentesca di S. Liberale (m 761, posta sull’imbocco delle strade per Tre- viso, Valledrane, Vestone). Nei pressi c’è (località Piei) un punto Gallo, che si aggira a est fino al passo di ristoro. Da qui si procede verso l’ex del Cul (m 973)1. sanatorio ed il forte di Valledrane (m Per chi volesse invece salire a go - 831) da dove il sentiero riprende, in dere l’ampia panoramica del monte direzione nord-est, attraverso boschi e Gallo, una trentina di minuti di cam- pianori, schiudendo a tratti la magni- mino prima del Passo del Cul si im- fica panoramica del lago d’Idro. Si pro- bocca l’apposita variante che, giunta segue cosí fino ai fienili di Porto sulla in vetta, poi scende dal costone sud a vecchia mulattiera per Lavenone, che superare il cosiddetto “Vecchio rico- sbuca sulla strada asfaltata. vero” per ricongiungersi nuovamente Piú avanti (ai Roccoli, m 707) la al sentiero primario presso il passo del strada scende a Idro e, nella direzione Cul. opposta, a Trebbio. Dai Roccoli, con una Subito dopo il passo, alcuni metri breve salita si va in direzione di casa sulla destra, un comodo sentiero, dap- Gaia e, alla prima curva si procede dirit - prima in falsopiano e poi in discesa, ti sulla stradina che termina, poco dopo, porta nella Val Bondo passando nei all’altezza di una sbarra. Poco prima di pressi di un’am pia radura con fienile questa si deve imboccare a destra il sen- (detto di Val Scura). Da qui si pren de la tiero nel bosco sul versante settentrio- mulattiera che, costeggiando un chia- nale del monte Curma per giungere, ro ru scello che lambisce le scoscese facilitati nell’attraversamento di alcuni

104 1 ghiaioni da 100 metri di cordina metal- Si segnala che alla fine della risalita dopo l’attra- versamento dei ghiaioni di Cima Giavarina, il sentiero lica fissa, al luogo di partenza. perviene su uno spuntone a strapiombo sul versante opposto. Qui è bene, per prudenza, non sostare. Poco oltre, alle falde Nord-Est del monte Gallo, ci sono tre brevi tratti (alcune decine di metri) di sentiero a mezzacosta su pen dio erboso molto scosceso e scivo- loso; pure qui si raccomanda di procedere con prudenza mantenendosi al centro del sentiero; benché escursioni- Lungo il sentiero. S’intravede, a sticamente facili, questi tratti possono nascondere sinistra, la cima del Monte Pizzoc- qualche insidia a chi cammini sbadatamente; sono co - colo e, di fronte, i monti Spino e munque segnalati sulla cartina di pagina…94. Mamera.

A Treviso Bresciano Eppure fu, che le tue contrade fossero asilo a noi ribelli dalle madri e padri tuoi. Coi loro figli dispersi o prigionieri, nei tuoi fienili seppero animar quella Libertà di cui oggi andiamo fieri.

105 Quella prima neve del 1944

Sibilava, gelido, un vento fastidioso e penetrante. La polvere, confusa alle ultime foglie autunnali, ti rigava la faccia, portata a velocità; qualche granello tentava di infiltrarsi, pervicace, nei nostri occhi cisposi, per la lunga vita alla macchia e sguarniti, per poter camminare. Col dorso della mano, violaceo dal freddo, a malapena riuscivi a cancellarteli via. Il cielo, prima d’un azzurro lucido, ora s’era incupito, terminando di ricevere l’ultima cinerea luce da dietro gli sparsi nuvoloni che man mano avanzavano, s’ingrossavano, coprivano tutto. In lontananza, si intravvedevano, tenui, i bagliori delle casupole delle contrade travigiane: pochi dapprima, numerosi poi col cadere, su uomini e bestie, assieme alla sera, del silenzio. Ci avviciniamo con la cautela furtiva delle volpi. I tempi, scanditi da una lunga guerra, non aiutavano i ribelli sui monti. Pochi giorni prima i partigiani del Gruppo Mobile della Brigata X Giornate erano stati inseguiti dalle raffiche tedesche di micidiali machine-pistole nei pressi della Cavacca, per aver danneggiato, in azione di sabotaggio, attrezzature e materiale di casermaggio nei can- tieri Todt di Capovalle. La notizia s’era diffusa; se ne parlava in paese e fuori. Dappertutto la paura faceva capolino, entrava nelle case, si dipin- geva sui volti di anziani e bambini, di donne e giovinette, serpeggiava in ogni riposto angolo. Non mancavano le gesta di coraggio dei parti- giani. L’azione condotta al forte di Valledrane dalla Brigata Perlasca col prelievo di sei militi fascisti del locale presidio e col loro rilascio, spogli, però, di scarpe, armi e divise, aveva rincuorato e infuso segretamente coraggio. Il vento, ora, era cessato: il freddo non era piú cosí pungente. Bianche falde s’appoggiavano quasi timidamente sul terreno scosceso, sulle grige case, sui nudi alberi. Pian piano la neve avrebbe ricoperto tutto del suo candido manto. Sostiamo pensierosi per decidere il da farsi. Poi, attratti dal chiarore della cascina vicina, fuori da occhi indiscreti e magari tra- ditori, decidiamo di fermarci. Si bussa, tremebondi, alla porta, una, due, tre volte. I nostri sguardi, incrociandosi, s’interrogano, in un simultaneo desiderio di concessa ospitalità. La porta si apre di un palmo, cigolando sui cardini. Ci accolgono, sospettosi, due anziani genitori, inarcati dalla dura fatica, tristi nei volti. Poche parole, poi, il sospetto vien meno, l’accenno è al sorriso, tirato, sincero. Ci intendiamo subito, quasi fos- simo figli.

106 Da molto tempo non avevano notizie sulla sorte del loro figlio alpino. Ci veniva il nodo alla gola, mentre l’attempata madre, col pianto som- messo, evocando di tanto in tanto la figura del figlio, si adoperava nel porgerci quanto piú poteva. Il padre, con cadenzate domande, ci intrat- teneva nell’intento di saperne quanto piú, di come e quando sarebbe finita questa maledettissima, assurda guerra; si interessava ai nostri racconti, manifestava positive aspettative in base a cose che, di preciso, non potevamo sapere nemmeno noi. Seguí un breve, ma ristoratore sonno fra le rustiche pareti della stalla, sul fieno, prossimo pasto alle bestie. L’umido calore bovino, reso ami- cale, ti pervadeva tutto col suo gradito tepore, rendendo piú sonnolento il risveglio. L’ora, ancora buia, di governare la stalla era per noi quella di sgattaiolare via. Una ciotola di latte appena munto e una fetta di polenta nel tascapane furono il commiato, silenzioso e commosso, nel- l’intesa che quella notte doveva rimanere segreta. Avevamo potuto ricambiare a tanta generosità almeno con il conforto di una rinnovata speranza nel ritorno del figlio. Il rammarico era di averli forse soltanto illusi. Scivolammo via sulla fresca, rosata neve.

(Giuseppe Biati, dalla viva voce dei protagonisti)

107

11 - Sentiero “Gruppo Sella Lorenzini”

L’ambiente Angolo nel 1928. Prima, furono entrambi Il sentiero Gruppo Sella-Lorenzini comuni autonomi. si snoda ai margini occidentali della Circa a metà strada fra i due centri, bassa Valcamonica nel comune di An- negli anni Cinquanta è sorto lo stabili- golo Terme, precisamente nei territori mento termale “Fonte di S. Silvestro”, delle frazioni Mazzunno e Terzano. Da la cui attività ha dato nuova fisionomia queste località si parte per intrapren- al territorio, annoverando Angolo Ter- dere l’intera escursione; da Prave, in- me tra le stazioni termali piú rinomate vece, può partire chi intende limitare del Bresciano. l’escursione alla sola parte alta del per- corso. Il sentiero A Mazzunno e Terzano si giunge sia Il sentiero “Gruppo Sella Loren- dalla Val Camonica sia dalla Val di zini” deriva il suo nome dalla forma- Scalve, mentre a Prave, oltre che dalla zione partigiana costituita a Sella di Val di Scalve attraverso Palline, si può Polaveno nel novembre 1943; dopo il arrivare anche da Borno passando da trasferimento della formazione in Valle Cro ce di Salven. di Scalve, ai primi di dicembre del 1943 Mazzunno vanta origini antichissime. e la dispersione che seguí al combatti- Fu nodo viario di notevole importanza mento dell’8 dicembre nella innevata per i romani che, attraverso la strada zona di S. Giovanni-Guccione-Prato- di Prave raggiungevano la Val di Scalve lungo, la denominazione fu comple tata e Borno. Vi avevano costruito un ponte in “Gruppo Sella-Lorenzini”, in omag - che fu completamente distrutto dalla gio al suo comandante. furia del Gleno nel 1923, come pure una Questo gruppo avrebbe dovuto as- fucina e un mulino antichissimi. sumere il nome di Battaglione Fiamme Terzano, roccaforte romana di difesa Verdi Valcamonica. Il suo organico ini- e controllo dei nemici, fu una stazione di ziale (circa trenta uomini ai quali si rifornimento strategica al confine tra la erano aggiunti tre ex prigionieri – due Val Camonica e la Val di Scalve. Con inglesi e un greco-cipriota –), nono- Mazzunno fu annesso al comune di stante la tenace resistenza, non riuscí

109 Comune di 11 - Sentiero “Gruppo Sella Lorenzini” Tempo medio di percorrenza: ore 7 Lunghezza: km 21 circa

Croce di Salven PALLINE BORNO

per Dezzo

Prave 1153 1500

S. Bartolomeo Pratolungo 1167 M. Ghigozzo 1599 1478 Malga Guccione Casa Braga Val di Scalve Lazer 1427 1300

Dosso di Serf 1440 Feit 1200

Colle S. Giovanni 902 1179

M. Altissimo Fornaci 1703 578 Büs de la póra

Fiume Dezzo Legenda Dazze 450 Tracciato del sentiero Póra Variante Strade principali Srade per fuoristrada MAZZUNNO Luogo di partenza 391 Fiume, torrente TERZANO 427 Direzione consigliata per Boario Terme Cima, monte Ristoro ANGOLO TERME Telefono 412 Chiesa Monumento ad avere la meglio sul 63° battaglione stiti. Riusciti miracolosamente a sgan- M “Tagliamento”, un reparto specializ- ciarsi, continueranno a lottare unendosi zato in guerriglia antipartigiana. Cin - chi alle Fiamme Verdi del Mortirolo, chi que partigiani caddero sul campo a ai garibaldini della 122a Brigata in Valle Pratolungo: Alessandro Cavalli di Bre- Trompia. Quanto ai due inglesi aggre- scia, Mario Voltolini di , due gati, di loro non si ebbero piú notizie

Il vecchio “Rifugio S. Giovanni” fu La chiesetta di S. Giovanni, ardita accampamento partigiano. balconata sull’omonima valle

ex prigionieri russi Ivan e Stefano e l’ex precise, anche se si presume si siano carabiniere triestino Enrico Stefanic. mossi verso la Svizzera. Triste sorte Armando Pollastrelli di Roma, paraliz- toccò alla maggioranza dei diciannove zato dalle ferite e arrestato nel sana- prigionieri. Dopo due giorni di sevizie torio di Croce di Salven, fu in se guito e torture nelle prigioni della Casa del incarcerato e condannato; altri sedici Fascio di Darfo prima e del Castello di uomini, alcuni feriti, furono catturati Brescia poi, il 31 dicembre 1943, uno nella zona di combattimento, mentre pseudo processo di due ore del Tribu- tre caddero nelle mani del nemico a nale speciale fascista li condannò alla Boario. Soltanto quattro furono i super- fucilazione. All’alba del 1 gennaio 1944,

111 fu eseguita la fucilazione del coman- campo di lavoro di Boscochiesanuova dante colon nel lo Ferruccio Lorenzini di in provincia di Verona, riusciranno a Pegogna ga (Mantova), di Giuseppe fuggire e a unirsi di nuovo ai partigiani. Paolo Bonas soli di Nembro (Bergamo), Il grafico (p. 110) mostra, suddiviso in di René Re nault di origine francese e tre tronchi, il percorso principale. Il di Costantinus Jorghu di origine greco- cipriota. Dal Dosso di Serf, il Cimone di Altri sei partigiani, condannati dai 10 Bagozza e la Concarena. ai 20 anni di carcere, riusciranno a eva-

dere durante il bombardamento che si primo, in salita, con un dislivello di circa abbattè su Brescia il 13 luglio 1944, e 1050 m, conduce al dosso di Serf; il a riprendere la lotta sulle montagne. secondo, prima in falsopiano e poi in Tra essi c’era il vicecomandante del discesa, copre circa metà del tragitto tra Gruppo Sella-Lorenzini, Giuseppe Ghe - il Dosso di Serf e Prave; il terzo, infine, da (in seguito vicecomandante della in discesa fino all’ultimo tratto pianeg- 122a Brigata Garibaldi), che perse la giante, ri torna al punto di partenza. L’in- vita nella battaglia del monte Sonclino, tero itinerario, sprovvisto di punti di il 19 aprile 1945. ristoro, è percorribile con un buon passo Altri otto – tutti giovanissimi – dal in circa 7 ore con alcu ne brevi soste.

112 L’escursione può iniziare da Maz- linconia e di protezione, percorrendo zunno (m 391) o da Terzano (m 427) at - una ex mulattiera in salita, dopo alcuni traverso la Val di S. Giovanni. tornanti e un tratto piú dolce, si giunge Da Mazzunno, per accorciare il giro in località S. Giovanni (m 1160). Qui, tra è possibile immettersi nella Val di S. Gio- case di soggiorno dall’architettura ru- vanni attraverso la prima variante circa 400 m a destra sulla stradina per Dazze, La cascina Pratolungo con il mo- numento che ricorda lo scontro fino a giungere in prossimità di una san- dell’8 dicembre 1943 nella quale tella, dove si riprende il normale per- caddero cinque partigiani.

corso proveniente da Terzano. stica e cascine montane, vi è anche l’ex Dalla santella ci si avvia, dunque, tra rifugio Chini, che durante la Resistenza incombenti pareti rocciose e scoscesi fu ostello dei partigiani del Gruppo costoni, risalendo gradatamente la ca- Sella-Lorenzini. Il proprietario del rifu- ratteristica Val di S. Giovanni, solcata gio, aiutato da alcuni coraggiosi, si ado- dal l’omonimo e tortuoso torrente che si però piú di ogni altro per il trasporto deve attraversare piú di una volta. Su- delle salme dei caduti, mentre il parroco perato “èl büs dé la póra” (il buco della di Mazzunno don Giovanni Tempini di paura), dove una statuetta della Ma- Toline (1881-1972), contrariamente alle donna induce un senso insieme di ma - imposizioni dei fascisti, arrischiando la

113 vita provvide a una cristiana sepoltura fondo del pianoro, verso sud-ovest, nel cimitero del paese. un’altra variante scende a Lazer lungo Dal rifugio Chini, una breve variante un sentierino a tratti pericoloso; da qui a destra consente la visita all’austera comodamente si può raggiungere Pra- chiesetta di S. Giovanni (m 1179) posta ve attraverso Lazer e casa Braga. su un dosso a strapiombo che offre una Dopo malga Pratolungo, attraverso suggestiva visione panoramica. Il nostro un ampio dosso si tocca la quota piú alta tracciato, invece, risale fino a un bi vio del tragitto (m 1500 circa); passando a dal quale, verso sinistra, si diparte la ridosso del lato nord del monte Ghi- variante per Lazer (m 1300), cro cevia gozzo, inizia, verso sinistra, la discesa della rete di varianti; verso destra pro- che porta a Prave, un piccolo agglome- segue il normale itinerario diretto al rato di case agricole e di soggiorno dosso di Serf (m 1445), dal quale, nei dominato dalla chiesetta di S. Barto- pressi della pista di sci che scende dal lomeo (m 1167). Da questa località, ser- monte Altissimo, si domina la valle di vita dalla strada carreggiabile prove- Borno; di fronte si gode la vista del niente dal bivio di Palline, si può ammi- gruppo del S. Fermo-Moren-Pizzo Ca - rare l’orobico anfiteatro che va dal mi no-Cimone di Ba gozza-Concarena. monte Pora alla Presolana, dal Ferrante Su falsopiano, inoltrandosi in una stu- al Vigna Vaga e dal Recastello al Gleno. penda abetaia, si raggiunge in breve la In questa stessa zona il gruppo Sel - bella conca della moderna malga Guc- la-Lorenzini si riforní di provviste e il vi - cione (m 1427), nei pressi della quale fu cecomandante Gheda riuscí a catturare, catturato con altri due partigiani il dopo averli disarmati, due militi forestali comandante colonnello Lorenzini. fascisti, che in se guito, furono lasciati A sinistra una ulteriore variante per- liberi. Piú tardi, saranno proprio costoro mette, attraverso un sentiero inizial- a condurre sulle tracce dei partigiani lo mente ripido e tortuoso, un eventuale spietato 63° Battaglione M. “Taglia- ritorno a S. Giovanni. Proprio lungo que - mento”, provocando il fatale rastrella- sto tratto avvenne un cru ento scontro a mento che costerà la vita a mol ti “ribelli”. fuoco: i fascisti, saliti da S. Giovanni, sub- Nei pressi della chiesetta di S. Bar- irono due morti ed alcuni feriti. In tolomeo un’ennesima variante, sempre seguito, il piccolo gruppo di partigiani in direzione La zer e casa Braga-Feit, protagonista dello scontro, mentre a porta ai piedi delle cosiddette Corne dei fatica tentava di orientarsi nella nebbia, Pagani dove sono ancora visibili, espo - venne catturato come gli altri. ste a sud, tracce d’abitazioni primitive L’escursione ora, tra radure e pinete a guisa di palafitte. in spazi molto aperti, procede verso la Dalla stessa chiesetta di S. Barto- malga Pratolungo dove in un’ampia di- lomeo, dopo aver superato alcuni fieni - stesa erbosa si erge l’omonima cascina li, sempre in discesa, si torna a percor- (m 1478), davanti alla quale c’è il monu- rere la ex mulattiera, oggi frequentata mento che ricorda il fatto d’arme. Sul da trattori e fuoristrada. Dopo la sua

114 prima parte ombreggiata da faggi e Si ritiene opportuno segnalare una abeti si continua lungo un viottolo gros- bella e interessante escursione che si solanamente acciottolato, su cui s’af- svolge nella parte piú settentrionale del facciano alcune santelle. In meno di due percorso de scritto, il cui tracciato tocca ore, costeggiando le cascine Prede e Prave-Pratolungo-Guccione-Dosso di Colle (m 900 circa), si raggiun ge il tratto Serf-S. Giovanni-Lazer-Prave, percori- finale Fornaci-Dazze-Mazzunno. Per bile in circa quattro ore). giungere a Terzano ci sono ancora alcuni minuti di strada asfaltata. La Presolana vista da Prave.

115 Al Gruppo Sella Lorenzini

Mulinar di celesti cristalli, fredde brume mattutine, in proditorio agguato gli sciacalli dissacran il dí immacolato.1

Arrossa il bianco manto nel generoso impeto il sangue innocente di chi vuol la Libertà.

1 8 dicembre, giorno dell’Immacolata

Il combattimento di Pratolungo

Lassú, ove l’occhio del pellegrino può spaziare indefesso tra il verde dei pini e dei castagni, che maestosi conservano la suggestione dei doni della natura cosí prodigiosamente diffusi: il verde dei pini, che esplode dopo la pioggia, il cupo colore delle montagne che svettano al caldo e cristallino sole, disartico- landosi tra aguzze e brumose cime. Un tratturo abbandonato, di dif- ficile percorso, ricoperto ormai dal fogliame che lentamente si depo- sita durante il ciclo delle stagioni, rinnova il suggestivo spettacolo di verde e di rigogliosi frutti. Qui, il tardo autunno del 1943 ha offerto alla memoria uno scenario di violenza e di sangue: il sentiero di Pratolungo si raggiunge risa- lendo l’erta scoscesa del monte S. Giovanni di Terzano o ripercor- rendo la strada che dall’abitato di

Sentiero Gruppo Sella Lorenzini: in gita a Lazer - Feit

116 Mazzunno costeggia prati verdeggianti e cascine abbandonate. Lungo il sassoso percorso qualche “santella” eretta dagli umili con- tadini, che hanno voluto lasciare segni di amore e di fede nell’espletare il duro lavoro dei campi. La zona resta una delle aree piú salvaguardate delle nostre montagne, dove abbondano ancora i faggi e i pini rigogliosi che fanno ombra e danno frescura al passeggero, che ancora apprezza la salubrità e il Verso Pratolungo: la Corna di S. silenzio delle selve odorose di rodo- Fermo.

dendri e genziane. Dove ancora possono scorrazzare le agili lepri e i lesti caprioli, nidificare i grassi fagiani. I funghi spuntano a macchie tra i folti cespugli e le secolari radici degli alberi. In questo anfiteatro di verde e di silenzio, rotto da qualche passante che si avventura tra i dirupi, i crostoni delle sponde ricoperte da cespugli di carpino, un simbolo suggella la sacralità dei luoghi, campo di gloria e di eroismo. Al di sopra della chiesetta di S. Giovanni, in località Guccione di Darfo,

117 è stata collocata una croce di acciaio, offerta dalla popolazione a ricordo dei martiri della libertà di Pratolungo. Malgrado il progresso civile e l’impulso economico apportato al paese di Angolo, dopo le tristi vicende belliche dell’ultimo dopoguerra, quando molti concittadini col loro sacrificio e la fermezza negli ideali di libertà consegnarono alle future generazioni una patria economicamente piú solida e politicamente piú libera, è rimasto vivo nella memoria degli anziani delle comunità di Mazzunno e Terzano il contributo di sacrificio e di sangue pagato per la causa della democrazia. Sui sentieri della Resistenza. Prave di Mazzunno, Pratolungo, S. Giovanni di Terzano sono tappe di una lunga storia di “ribelli per amore”, scritta nell’animo di chi è stato protagonista o ha assistito impotente alla vicenda di quei giorni, partecipando e vivendo le difficoltà del momento, con spirito di abnegazione e a rischio della propria vita. Sapranno le nuove generazioni leggere queste pagine di cronaca bresciana, apprezzarne il mes- saggio, difenderne gli ideali?

Vera Zappia

118 12 - Sentiero “Brigata Giustizia e Libertà Montesuello”

I monti e le valli circostanti sabotaggio che innescarono anche cru - furono zona di operazioni della Brigata ente rappresaglie fasciste con vittime Giustizia e Libertà “Montesuello”; tale civili. La zona, attraversata da molti unità, composta perlopiú da valligiani sentieri che ricalcano i nascosti passi locali, subí rastrellamenti, sostenne dei partigiani, già ben segnalati dal Cai scontri e condusse coraggiose azioni di locale, non ha richiesto la creazione di alcun specifico tracciato. È parso op - I monti di Bagolino nella Valle del Caffaro: Cornone di Blumone e portuno dedicare tutti quelli esistenti Bruffione. nella zona alla Brigata che vi operò.

119 Tramonto sul monte Setteventi (sopra); la pozza ghiacciata del Dosso Alto (sotto).

120 13 - Sentiero “Ribelli della Val Degagna”

Nei territori compresi tra Lago di Verdi Perlasca e nella 122a Brigata Garda e Valle Sabbia, si costituirono Garibaldi. Per la vicinanza con la vari gruppi di partigiani autonomi chia- Repubblica fascista di Salò, subirono mati “Ribelli della Val Degagna” che in frequenti rastrellamenti e azioni di rap- seguito furono inquadrati nella 7a Bri- presaglia. Anche in questa zona si è gata Matteotti, nella Brigata Fiamme ritenuto di non tracciare alcun percorso tricolore, essendovi già sovrabbondanti La Val Degagna con i monti Spino, Marmera, Forametto e Pizzocolo; al i sentieri ben segnalati dalla Sezione centro il paesino di Eno. salodiana del Club Alpino Italiano.

121

14 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Dieci Giornate”

L’ambiente che operavano esclusivamente in Il sentiero che dalla località Dosso montagna, era basato su un certo nu - del Brüch (sulla strada che da Mura- mero di gruppi d’uomini il cui compito, tello sale alle Cavrelle) percorre a per la singolarità della situazione all’in- mezza costa il fianco nord-ovest della terno della quale dovevano muoversi, cresta Maddalena Denno Salena e risultava particolarmente ri schio so a giunge nei pressi del passo di S. Vito causa della vicinanza di importanti è intitolato alla Brigata Dieci Giornate. comandi fascisti e tedeschi e sistenti in Il territorio, boscoso e vario, è quan- città. to mai suggestivo: sia che lo si percor- Il “Gruppo mobile” della Dieci Gior- ra in primavera, estate, autunno o in- nate – composto da sette giovani pro- verno, offre all’escursionista tutta una venienti da precedenti esperienze “ri- gamma di ambienti naturali ad un tem - bellistiche” e i cui sentimenti, anche per po familiari e sorprendenti. tradizione familiare, erano notoriamen - Pace e solitudine vi regnano sovrani te antifascisti – aveva compiti non solo nonostante la vicinanza della città e della di collegamento con altri gruppi, ma laboriosa valle del Garza, che il folto anche di eseguire sabotaggi, azioni bosco cela alla vista di chi lo percorre. d’appoggio a chi si trovasse in difficoltà Come dal sentiero il bosco nasconde o colpi di mano per liberare partigiani la sottostante valle e la città, cosí il suo prigionieri dei fascisti: a loro era ri- percorso risulta invisibile a chi, con chiesta audacia, decisione, rapidità, qua - qualche interesse, intendesse indivi- lità che il Gruppo mobile possedeva al duarlo da Brescia, , Nave. Pro- massimo livello. Le sue azioni, im- prio per questo motivo le Fiamme Ver - provvise, veloci, spesso perfino bef- di della “Dieci Giornate” lo scelsero per farde, sorprendevano i fascisti indu- i loro andirivieni clandestini tendenti cendoli a credere che il numero dei a collegare fra loro pianura, città e valli, componenti il gruppo fosse di gran lun- i luoghi cioè dove agivano i partigiani. ga superiore alla realtà. L’organico della “Dieci Giornate”, Fra i componenti del Gruppo mobile infatti, a differenza delle altre brigate c’era anche Pietro Marcoli (Pigmeo) che

123 Comuni di Brescia e Nave 14 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Dieci Giornate” Tempo medio di percorrenza: ore 2,15 Lunghezza: km 9 circa

Legenda 3V Tracciato del sentiero Sentiero 3V Strade principali Pozza Direzione consigliata del Sarisí 740 Luogo di partenza Cima, monte Cascina Nicolini 704 Rifugio

Cippo S. GALLO Chiesa Ristoro Telefono

M. Salena 862 per Muratello di Nave Cascina Bianchini

M. Denno 854 3V Trinità

Dos del Brüch 790

M. Maddalena Grillo 874

Chiesetta S. Maria Maddalena

Cavrelle per

3V per Brescia in tempi piú tranquilli, ma con lo stesso spiazzo consente la sosta per alcune entusiasmo d’allora, contribuí a tracciare automobili; vi è ben visibile il pannello i sentieri sui quali aveva combattuto. In planimetrico del sentiero. particolare questo che si sta descri- Imboccato il sentiero n° 11 (della rete vendo, che lo vide piú volte passare fur- dei sentieri della Maddalena) dopo solo tivo tra i boschi della Maddalena nelle una ventina di metri si entra nel bellis- simo bosco; l’andamento altimetrico è L’agevole sentiero nel bosco del ver- pressoché pianeggiante con lievi e pia- sante Ovest della Maddalena cevoli andulazioni. Dopo circa dieci minuti di cammino, alcuni profondi cra- teri circolari, ormai colmi di vegetazione, che il sentiero aggira, indicano il punto di caduta di alcune bombe sganciate da una fortezza vo lante in avaria; altri sono sparsi, poco dopo nel bosco oltre il mar- gine del sentiero. In meno di mezz’ora si raggiunge il primo dei tre successivi appostamenti di caccia distanti tra loro circa 10 minuti di marcia. I loro dintorni, ben tenuti e curati, devono indurre l’escur- sionista – nel periodo di caccia – alla prudenza nell’accesso. Il secondo capanno è posto alla quota piú alta del- l’intero percorso (m 847), un dislivello veramente modesto che testimonia della comodità della passeggiata, quan - to mai gradevole e rilassante nelle afo- se giornate estive. Piú oltre, il sentiero s’inoltra in una zona di bosco particolarmente inselva- notti freddissime di quegli inverni, è tichita; nella stagione della fioritura, vi dedicato anche alla sua memoria. si potranno ammirare – ma non Il sentiero, ad andamento anulare cogliere – numerosi esemplari di giglio molto allungato, prende avvio – come martagone e profumatissimi cespi di già si è accennato – dal Dosso del ciclamini. Brüch (m 790); vi si arriva comodamen - Proseguendo per un’altra mezz’ora te con l’automobile salendo da Mu- in leggera discesa, si giunge sul sen- ratello (Nave), o dal ristorante Grillo tiero 3V e lo si segue fino alla caratte- alle Cavrelle per chi sale alla Madda- ristica Pozza del Sarisí (m 740) punto lena dalla città. Un piccolo ma comodo estremo del percorso; qui si trova an -

125 che il cosiddetto Buco del Capriolo, una lena, Nave e Conche, con la Val Sabbia, cavità naturale che sprofonda vertical- attraverso il “Senter bandit” e il passo mente nella montagna per oltre set- di S. Eusebio, con il Garda, attraverso tanta metri; rappresenta pertanto un l’altopiano di Cariadeghe. pericolo per chi non ne conoscesse la L’itineario volge ora a sinistra lungo presenza; per questo, il Gruppo Grotte una stradina in terra battuta; la abban- Allegretti del Museo di Scienze Natu- rali di Brescia lo ha opportunamente La Pozza del Sarisí, punto estremo cintato. Pare che il toponimo della ca- del sentiero.

vità abbia avuto origini dalla acciden- dona al suo terzo tornante per riimmet- tale prigionia di un capriolo rimasto tersi nel bosco e di lí a poco giungere alla impigliato nelle ramaglie secche che amena cascina Nicolini – detta anche celavano l’insidoso ingresso al poz zo; Fratta Braschina – (m 704) dove, se le si dice che in quell’occasione il grazioso condizioni atmosferiche lo richiedessero, animale sia stato salvato dagli sforzi di si potrà trovare rifugio sotto il porti- alcuni volonterosi montanari. chetto o in un piccolo locale sempre Da qui si dipartivano i collegamenti aperto messo gentilmente a disposi- che i partigiani tenevano allacciati con zione. Altimetricamente ci si trova alla la Val Trompia, attraverso la Val Sa - quota piú bassa dell’intero percorso.

126 Ora, dunque, a ridosso della cascina, il sentiero sale leggermente, ma ben presto torna pianeggiante e sempre al riparo del bosco fitto di fronde; chi è attento potrà notare, a un certo punto, sul margine del sentiero una pietra che porta incisa la sigla CN, forse il vecchio cippo di confine comunale. Piú avanti, L’amena cascina Nicolini, detta ma non di molto, il sentiero sbuca sulla “Fratta Braschina”.

stradina di accesso alla ex cascina Bian- chini (detta Pasotti): la si percorre per poco, per immettersi poi a sinistra sul sentiero n° 11 (della rete dei sentieri della Maddalena) e seguirlo fino alla sua confluenza con la strada di Mu ratello. Basterà seguirne il nastro asfaltato in direzione Maddalena per ritrovarsi, dopo circa mezzo chilometro, al Dosso del Brüch, cioè al punto di partenza.

127 “Brigata Fiamme Verdi Dieci Giornate”

Notti di luna chiara sul ghiacciato sentiero, giorni di tormenta smorzata dal bosco.

Nella baita di frasche coi carbonai vegliavamo pensando alla Libertà.

La storia di Bill, cane partigiano

Faceva molto freddo, in quell’inverno di guerra. I partigiani del Gruppo Mobile della Brigata Dieci Giornate erano stremati dai continui spostamenti cui erano costretti dalla caccia che i tedeschi e i loro servi fascisti davano loro. Le poche ore di riposo, nel cuore della notte, spesso venivano con- sumate alla ricerca di un poco di tepore che la porta scardinata di un rifugio di carbonai non riusciva ad assicurare. Ai brividi da gelo, che gli indumenti umidi non placavano, spesso si sommavano quelli procurati dalla fame, dal pensiero dei propri cari, dall’ansia di una possibile imbo- scata. Ma c’era fra loro una presenza amica, a suo modo rassicurante: era quella di Bill, il volpino dal pelo fulvo che avvertiva con la sua istinti- vità animalesca l’avvicinarsi del pericolo. Fosse esso rappresentato da fascisti e tedeschi (gente in divisa, insomma) o da cani e muli – ani- mali questi che non aveva affatto in simpatia – il suo piccolo corpo sche- letrico dava con anticipo segni evidenti di inquietudine amplificati da un guaire sommesso che rivelava il pericolo. Gli uomini, resi duri dagli eventi, esacerbati nell’animo dalle prove cui erano continuamente sottoposti, sentivano per quel fragile ma intel- ligente animale una grandissima “affezione”. Spesso se lo tiravano in grembo: con la scusa di una carezza gli carpivano un poco di calore per le mani rattrappite dal freddo. Gli gettavano volentieri qualche boccone di pane nero e le croste del formaggio. Bill guaiva contento. Cosí il vol- pino tutto pelle e ossa campava e prestava il suo servizio ai partigiani.

128 Una mattina, proveniente dalla Corna Longa sopra Casarole di Caino, il gruppo era giunto al Roccolo Lucchi vicino a Costalunga. Albeggiava. Gli uomini aspettavano l’arrivo di una staffetta che, unitamente alle tute da lavoro, avrebbe recato istruzioni circa l’azione di sabotaggio prevista per il giorno seguente in una fabbrica d’armi della città. Nell’attesa alcuni Questo è Bobi, il cagnolino che nel stettero di vedetta, altri si recarono in 1985 accompagnò numerose volte i tracciatori del sentiero “Brigata val Fontanelle a rifornirsi d’acqua, altri Perlasca”. Sembra rievocare la a far provvista di legna da arde re. memoria di Bill, cane partigiano.

Con questi ultimi, spintisi fino al Casí del Termen, stava Bill. Intenti com’erano nel lavoro e impediti alla vista dalla conformazione del terreno, s’avvidero – troppo tardi però per fuggire – dell’apparire di una colonna di muli e di fascisti diretti in Maddalena. Anche Bill, quella volta, si fece cogliere di sorpresa. Gli uomini si buttarono a terra. Il volpino fu tratte- nuto sotto il corpo di uno di loro che, per impedirgli ogni reazione istin- tiva che avrebbe tradito la presenza dei ribelli, gli serrava il muso con la mano. Per gli uomini del gruppo, immobili a terra, ma coperti alla vista dei

129 fascisti, passarono alcuni interminabili minuti. La colonna, lenta, sfilò loro davanti mentre nei loro petti si scatenava il tumulto. Quando l’ul- timo mulo e l’ultimo fascista scomparvero nel bosco, gli uomini, stre- mati, si rialzarono con un prolungato sospiro di sollievo: nella mano di uno di loro stava inanimato il cagnolino; stavolta, Bill aveva reso ai com- pagni l’ultimo servigio. Il partigiano che lo teneva tra le mani guardandolo sbigottito se lo infilò di fretta nella giubba e corse con il compagno ad allertare quelli rimasti di vedetta al roccolo; vi lasciarono nascosto un uomo, perché avvertisse del pericolo la staffetta che non doveva essere ormai lon- tana, e scesero a cercar rifugio in val Fontanelle. Qui, in una piccola buca, seppellirono Bill, cane partigiano, non il suo ricordo. Giuseppe Biati dalla viva voce dei protagonisti

Segnaletica informativa del sentiero n. 14 “Brigata Fiamme Verdi Dieci Giornate” sul Monte Mad- dalena.

130 15 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Tarzan”

L’ambiente teristici muri di ciottoli; e infine per il Il sentiero n. 15 - Brigata Fiamme ricordo dei partigiani che durante la Verdi “Tarzan” è l’unico, tra quelli Resistenza in questi luoghi si batterono descritti, che disegna il proprio per- per la libertà. corso in ambiente esclusivamente di pianura. Lo si può seguire a piedi, ma Il percorso può risultare anche divertente percor- L’andamento del sentiero n. 15 è del rerlo in bicicletta; infatti il tracciato da tutto lineare; percorribile indifferente- Palazzolo a Urago d’Oglio coincide con mente nei due sensi, non presenta la pista ciclabile recentemente allestita. alcuna difficoltà altimetrica: solo Dal punto di vista naturalistico e pae- qualche breve saliscendi tra dislivelli saggistico è molto suggestivo, perché veramente minimi, il resto è pianeg- affianca per quasi tutta la sua lun- giante, tanto che la differenza di quota ghezza la sponda sinistra dell’Oglio, dei suoi due estremi (Urago d’Oglio e regalando in ogni stagione vi sioni Palazzolo) è inferiore ai 30 metri sui 15 seducenti e di varia bellezza. La pre- chilometri dell’intera sua lunghezza. senza del maggior fiume della pro- Chi è abituato ai panorami montani, vincia, storico elemento di confine tra muovendosi in ambiente di pianura Bresciano a est e Bergamasca a ovest, prova sensazioni nuove: la presenza di rende il tragitto interessante per molti un cielo immenso e a 360 gradi, la motivi: per l’esistenza dell’area protetta visione di un panorama schiacciato su del Parco dell’Oglio che consente la un orizzonte circolare nel quale i filari visione di un’avifauna acquatica rile- d’alberi d’alto fusto appaiono a distanza vante; per l’abbondanza e l’utilità del- come cortine da cui emergono i cam- l’acqua, documentata anche dalla pre- panili delle chiese e i profili bassi dei senza di mulini, opere di derivazione, centri abitati, l’emergere sullo sfondo, canali, seriole e rogge, le cui acque ren- a nord, delle Pralpi lontane sono tutti dono ricca e fertile la pianura; per gli elementi che amplificano a dismisura antichi cascinali dalle tradizionali strut- la grandiosità degli spazi. ture, alcuni dei quali mostrano i carat- Il nostro “sentiero-pista ciclabile”

131 Comuni di Palazzolo - - Urago d’Oglio 15 - Sentiero ciclopedonabile “Brigata Fiamme Verdi Tarzan” Tempo medio di percorrenza a piedi: ore 3 Lunghezza: km 15 circa

Legenda Tracciato del sentiero Itinerario ciclabile -Pontoglio-Brescia Strade principali PARATICO Autostrada Ferrovie

Luogo di partenza Fiume Oglio CAPRIOLO Autostrada Milano – Bergamo – Brescia – Venezia Chiesa, cappella Ristoro

TELGATE

Fiume Oglio PALOSCO PALAZZOLO Lido dei Poveri Ferrovia COLOGNE Lecco – Bergamo – Brescia

PONTOGLIO

COCCAGLIO

S. Obizio

CIVIDATE AL PIANO SS 11 CHIARI

Ferrovia Milano - Brescia – Venezia

URAGO D’OGLIO SS 11

SS 11 Milano - Brescia nel suo andamento sinuoso e vario fian- della tecnica, governati da un solo cheggia grandi cascinali con aie asso- uomo, mentre i computer dettano i ritmi late circondate da porticati per il depo- di vita in stalle e porcilaie linde, quasi sito di attrezzi e di grandi macchine asettiche, in guisa di laboratori. agricole, graziose e moderne abitazioni, All’occhio dell’escursionista attento pittoresche rustiche architetture, stalle agli aspetti naturalistici non sfugge la e silos per il foraggio che testimoniano di una agricoltura e di una zootecnia Cividate al Piano visto dalla avanzatissime neanche lontane parenti sponda bresciana dell’Oglio.

dell’atmosfera da “Albero degli zoccoli” presenza nelle zone umide e nelle lame che ancora permeava queste contrade dell’Oglio di uccelli acquatici, aironi, negli anni dell’ultima guerra. Da allora garzette, germani, folaghe e di una molto è cambiato, sia nella geografia vegetazione arborea molto varia che dei luoghi, sia nei costumi degli abi- annovera ontani, pioppi, salici, gelsi, tanti. Alla zappa e alla vanga di migliaia platani, né la sapiente opera dell’uomo di salariati disseminati nei campi ad che ha rimodellato il paesaggio arric- accudire la terra per interminabili gior- chendolo di opere idrauliche straordi- nate di sudato lavoro, si sono sostituiti narie per complessità ed efficienza. mastodontici macchinari, meraviglie

133 Note storiche guimento o mantenere contatti con i Camminando in questo ambiente partigiani della sponda bergamasca e tanto vario è facile ritornare con la per concordare con loro strategie che mente ai tempi della Resistenza. Infatti non provocassero rappresaglie contro questo sentiero racchiude idealmente la popolazione. in sé i numerosi percorsi segreti bat- tuti dai gruppi partigiani della Brigata Le rive boscose dell’Oglio in loca- lità “Lido dei poveri” a Pontoglio, Fiamme Verdi “Tarzan” qua e là dis- luogo di ritrovo partigiano e di locati, che se ne servivano per i loro guado.

spostamenti tra boscaglie di rovi, La zona già allora era attraversata da lungo le rive dei fossi, tra i campi di importanti vie di comunicazione stradali mais, per collegare i nascondigli, por- e ferroviarie con numerosi ponti presi- tarvi ordini, organizzare sabotaggi, diati dai nazifascisti che, su indicazione recuperare armi e munizioni, arri- delle immancabili spie, non lesinavano schiando audaci colpi di mano contro rastrellamenti in ogni dove in cerca di caserme e distaccamenti fascisti. sabotatori. Numerosi furono i trasbordi clande- A differenza delle formazioni par- stini con zattere di fortuna, di qua e di tigiane di montagna, quelle di pianura là dell’Oglio per scampare a un inse- non disponevano di punti d’osserva-

134 zione sopraelevati, sicuri e atti a pre- colonna fascista in fuga, furono colti di venire attacchi improvvisi. L’osserva- sorpresa da un micidiale fuoco radente, zione dei movimenti era perciò piú dif- a cui non poterono rispondere per la ficile, delicata, gli osservatòri molto ricattatoria minaccia dei fascisti di precari e facilmente accerchiabili; si usare come scudi alcuni ostaggi tra i doveva perciò sfruttare al meglio la quali un bambino di dieci anni con il presenza di macchie boscose – allora suo papà. A quello scontro altri ne piú estese delle odierne – ingegnan- dosi a inventare tecniche di soprav- Il ponte sul fiume Oglio a Pontoglio

vivenza “alla Tarzan”, nome poi seguirono; come quello con la famige- assunto dalla Brigata in onore di rata colonna Farinacci, noto sangui- quello di “battaglia” del suo valoroso nario gerarca fascista cremonese che, comandante. tentando il ricongiungimento con Mus- Il 25 aprile 1945 la Brigata liberava solini in fuga verso la Svizzera, sbara- Pontoglio dai nazifascisti. Alcuni suoi gliava ogni ostacolo con disumani nuclei, accorsi la sera dello stesso metodi. giorno a dar manforte a gruppi di par- Nelle due giornate del 25 e 26 aprile tigiani e insorti di , Chiari e Coc- 1945, diciannove giovani vite di com- caglio impegnati a bloccare una battenti della Brigata Fiamme Verdi

135 “Tarzan” (dodici di Pontoglio, cinque di libertà, condotta sempre con umana Chiari, due di ) costituirono il responsabilità verso le popolazioni doloroso tributo di sangue versato in della zona. una lotta ardimentosa e leale per la

Pontoglio e le Prealpi bergamasche (sopra); la targa in memoria del comandante “Tarzan” sul sentiero n. 15 (sotto).

136 16 - Sentiero “Ribelli bovegnesi e della Garotta”

Alla cascina Garotta convergevano i deflagrò la sera del 15 agosto ’44 con “ribelli” bovegnesi che agivano nelle l’eccidio di quindici inermi cittadini di zone di Costa, Ludizzo, in Val Sorda, a Bovegno. Altri nuclei di ribelli si tro- Zovato, al Passo del Cavalletto e al vavano al Muffetto, nelle valli di Sarle Vesigno, svolgendo azioni di sabotag - e di Zerle, finché il movimento si orga- gio e di disarmo. La rabbia nazifascista nizzò in Brigate vere e proprie. I sen- tieri battuti dai partigiani sono già ben Monte e malga Vesigno verso la Garotta. Sullo sfondo il Guglielmo rappresentati tra quelli ottimamente e il Colle di S. Zeno. segnalati dal Cai di Bovegno.

137 Sopra: ultimi raggi sul Dosso Alto; sotto: dal mare di nebbia emerge nel tramonto il Monte Guglielmo

138 17 - Sentiero “Caduto Ugo Ziliani”

Il sentiero della Resistenza proget- gesta dei partigiani e la Fiamma Verde tato tra il Colle di S. Zeno e la Valle Ugo Ziliani (Domenico) che organizzò Palotto, si sarebbe sovrapposto per e comandò i primi gruppi ribelli ope- lunghi tratti, ai molti segnalati in loco ranti nella zona. Ricoverato in una baita dal Cai di . Ad essi pertanto fungente da infermeria, il 12 aprile ’45, lasciamo il compito di ricordare le alla resa preferí la morte affrontando i nazifascisti con l’arma in pugno. Meritò La località Sarisine, sopra Fraine (frazione di Pisogne), dove cadde la Croce di guerra al valor militare alla Ugo Ziliani. memoria.

139 L’Alto Lago d’Iseo 18 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Antonio Lorenzetti”

L’ambiente del torrente Re, sorretti da profonda Il sentiero n. 18 Brigata Fiamme religiosità, edificarono sul dosso domi- Verdi Antonio Lorenzetti si trova nella nante il paese, il Santuario detto della Bassa Valcamonica, poco oltre il limite Madonna del Monte, ricostruito in settentrionale del Sebino, sulla sinistra forme barocche nel 1752 e tuttora molto orografica dell’Oglio. Il suo tracciato si frequentato. svolge quasi del tutto nel territorio Una certa curiosità suscitano nei comunale di Gianico e solo per una pic- forestieri i cognomi dei gianichesi, tutti cola parte sconfina in quello di Artogne. derivati da pochi antichi casati e dei L’abitato di Gianico si caratterizza quali le famiglie del paese vanno fiere: per la sua bella e aperta posizione Cotti, Cotti-Cottini, Cotti-Piccinelli, pedemontana a ridosso dell’antica via Cotti-Cometti, Cotti-Comettini. Valeriana (cioè, che conduce in valle); sviluppatosi nei secoli scorsi con la Il sentiero lavorazione del ferro, vide il fiorire di Gianico, e in particolare la sua fucine e forni fusori, favoriti dall’ab- piazza municipale (m 285), è il luogo di bondante produzione di carbone da partenza e d’arrivo dell’escursione. Da legna, ricavato nei suoi boschi con l’an- qui si segue la segnaletica tricolore che, tico metodo del “poiàt”. Il suo territorio attraversata la parte piú elevata del si estende in altitudine dai 285 metri paese, indica di immettersi nella larga della piazza del Municipio (Piazza degli strada acciottolata in leggera salita che Alpini) a poco oltre i 2000 metri dello porta al bivio del Santuario della spartiacque con la Valtrompia, com- Madonna del Monte (m 375). Poco oltre, prendendo fasce vegetazionali con- il percorso prosegue sulla ristretta stra- traddistinte dalla presenza di castagni, dina con carreggiate asfaltate che s’i- faggi, carpini, betulle, abeti e larici fino noltra nell’assai bello e fitto bosco; la a sconfinare negli alti pascoli del Cre- sua pendenza, notevole, fa guadagnare stoso e del Muffetto. rapidamente quota, impegnando gam- Nel 1536 gli abitanti di Gianico, per be e polmoni fino al Pra’ del Larice (m scongiurare le frequenti esondazioni 1250): un dislivello di 1000 metri che

141 Comuni di Gianico - Artogne 18 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Lorenzetti” Tempo medio di percorrenza: ore 6 circa Lunghezza: km 18 circa

Legenda per Rifugio Alpini Gianico Tracciato del sentiero Malga Strade principali 1250 Campellio 1550 Strade sterrate Luogo di partenza Direzione consigliata Serbatoio 1480 Chiesa, cappella Pra’ di Larice 1275

950 Area picnic

Pra’ di Roncazzo Altui 1040 66 0

Pra’ del Bosco 1060 N

Vallone Vedetta Albere 950

Madonna di Gianico

GIANICO 285 PIAZZE 650 per Artogne

arfo

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pe Valle Camonica gratifica di un panoramico spiazzo e Rifugio Alpini di Gianico. offre la sorpresa di una bella pozza e di Dalla Cascina Campellio, sulla cui una fontana di limpida acqua fresca. facciata è infissa una lapide dedicata a Chi abbia esaurito le energie può con- tre partigiani, inizia la strada del cludere qui la gita, riposare e pensare alla via del ritorno che descriveremo La cascina di Malga Campellio (m piú avanti (*). 1550) rappresenta il punto piú ele- vato della gita. Sulla sua facciata Chi intende invece proseguire e sta la lapide che ricorda i tre par- completare l’escursione, imboccherà tigiani ivi uccisi.

un sentiero in leggera ascesa che, inol- ritorno che si intraprende ripercor- trandosi nell’abetaia a mezza costa, rendo il cammino prima compiuto fino giungerà al bivio posto sotto un evi- al serbatoio dell’acqua. Tornati sulla dente serbatoio d’acqua (m 1480). La stradina dalla quale eravamo giunti, la segnaletica indica la possibilità, con un percorreremo non nel verso contrario ulteriore percorso di andata e ritorno, dal quale eravamo arrivati, ma in modo di raggiungere Cascina Campellio (m da descrivere un anello che si chiuderà 1545) e, oltre (ma ci vogliono ancora a Pra’ del Larice. Qui si incontra una 50 minuti di cammino) la località Bas- strada cementata che, raggiunta la vi - sinaletto (m 1800), dove si trova il cina “casa-colonia”, la supera e, attra-

143 versati prati e boschi, raggiunge una imboccheremo un sentiero inizial- vasta area di picnic; oltre questa, supe- mente prativo che, in ripida discesa, rati due bivi (fare attenzione alla entra nel bosco e ne esce sui declivi segnaletica!), la stradina si immette in sovrastanti Gianico; oltrepassata una un ripido valloncello al cui termine, lapide in ricordo di un partigiano dopo alcune case ex fienili, attraversa caduto il 4 novembre 1944, entreremo le località Pra’ di Roncazzo e Pra’ di Bosco, per entrare nuovamente nel Pascolo primaverile a Pra’ di bosco. Piú avanti il sentiero sbuca di Larice.

nuovo sulla stradina sterrata con fondo alla fine in paese. a tratti acciottolato e poi del tutto asfal- tata fino al bivio per la località Albere Note storiche (m 950). Attraversata l’aia della casa Anche questo sentiero è stato testi- di Albere, il percorso devia su un sen- mone, negli anni della Resistenza, tiero-tratturo che, superata la località della tragica vicenda del riscatto della Ronchei (ci sono due case-fienili), in Patria oppressa dal nazifascismo. breve ci porterà alla frazione Piazze di Ancor oggi riporta all’escursionista Artogne (m 680); passando sotto la meno distratto, l’eco e il respiro degli chiesa di Piazze e girando a destra, uomini che vi seppero tenacemente

144 ricercare a costo della vita le tracce Fiamma Verde dall’autunno del 1943. della libertà perduta. Quegli uomini Ferito a una gamba durante un’imbo- erano i “ribelli” della Brigata Fiamme scata tesa a un plotone tedesco, veniva Verdi Antonio Lorenzetti: ricordati «catturato, barbaramente seviziato e nelle lapidi murate nei luoghi del mar- tirio come Gian Battista Pedersoli, Gia- Veduta invernale della media Valle como Marioli, Antonio Cotti-Cottini a Camonica: si distinguono, da sini- stra, il Cimon della Bagozza, la Malga Campellio, come Marco Spatti Concarena e, in fondo, il sotto- tra Piazze e Gianico, come quelli i cui gruppo del Baitone e l’Adamello.

nomi stanno incisi sui monumenti nelle poi fucilato [il 28 luglio 1944] davanti piazze dei paesi, quelli i cui cippi senza alla casa del fascio di Darfo…», come memoria giacciono divelti per far posto riferisce il foglio clandestino “Il a case e strade o travolti delle frane e Ribelle”. Meritò la medaglia di bronzo soffocati dall’incuria della boscaglia. al valore militare alla memoria asse- Sette furono i caduti della Resi- gnata con la seguente motivazione: stenza di Artogne, quattro quelli di «Giovane combattente della Libertà Piazze, vittime della rappresaglia. Fra nazionale dal nazifascismo, già distin- loro brilla la figura di Antonio Loren- tosi per l’entusiastica dedizione e per zetti, giovane artognese nato nel ’25, il coraggioso comportamento. Durante

145 una azione a fuoco contro il nemico e prode fino all’estremo sacrificio. dopo strenuo combattimento, cadeva Affrontò serenamente la morte che gli ferito in mani tedesche. Nonostante la veniva barbaramente inferta dal gravità delle ferite veniva brutalmente nemico». seviziato per strappargli informazioni sul movimento partigiano, ma nulla rivelava, fedele alla causa della Patria Dalla località Albere una panora- e della Libertà che aveva servito da mica sull’Alto Sebino

146 19 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Ferruccio Lorenzini”

L’ambiente dalla via di scorrimento veloce del traf- Tutto il percorso del sentiero 19 è fico camuno, a Bienno convergono le compreso nel territorio comunale di acque della valle di Campolaro, attinte Bienno e si snoda su entrambi i ver- dal Frerone e dal Crocedomini (che santi della Val Grigna, articolata e bel- significa “incrocio dei dominii), e quelle lissima convalle della Valcamonica a del torrente Grigna provenienti dal Cre- sinistra dell’Oglio. Le acque del tor- stoso e dai laghetti di Ravenola. rente Grigna scorrenti entro gole Nel suo territorio l’attività agricola strette, precipiti e profonde, nei secoli montana di fienagione, pastorizia e trascorsi hanno fatto girare le pesanti pascolo è da molto scemata, solo mar- macine per la molitura della segale e ginalmente esercitata per passione da delle castagne e dato movimento ai pochi proprietari, cosí come quella magli delle locali fucine, dove abilissimi casearia nelle malghe; resiste invece, artigiani forgiavano “ferrarezze”, cioè perché piú remunerativa, l’attività fore- vomeri, vanghe, badili, zappe e anche stale che dalle abetaie ricava legnami armi bianche destinate al consumo da costruzione. Come avvenuto anche locale e ai mercati nazionali ed esteri. altrove, il progresso ha tramutato i È proprio qui nei mulini e soprattutto montanari in lavoratori e tecnici per le nelle fucine che è nata, si è sviluppata industrie di fondovalle. Le antiche e e consolidata la tradizionale industrio- rinomate fucine, gradatamente abban- sità della gente biennese. donate con i loro complicati e inge- Al paese, che ha un notevole im - gnosissimi meccanismi, sono diventate pianto urbanistico-architettonico con testimonianze di culture del lavoro torri e case signorili, e possiede un d’altri tempi e trasformate in interes- ricco patrimonio artistico conservato santi musei etnografici. nelle sue chiese, si può giungere sia proveniendo da , attraverso Berzo Il sentiero inferiore, sia da Breno. Collocato in Dall’ampio parcheggio del Dosso di posizione sopraelevata rispetto alla Bienno (m 458) si parte in senso antio- media valle e leggermente decentrato rario seguendo la strada asfaltata fino

147 Comuni di Bienno - Berzo Inferioree 19 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Lorenzini” Tempo medio di percorrenza: ore 7 circa Lunghezza: km 22 circa

BIENNO

Parcheggio 458

BERZO 600 INFERIORE Val Grigna PRESTINE per Passo Crocedomini S.Statale 345

Novalino Torrente Grigna880

Lapide Caduti 950 Moiette

900 Santel di Paraís 1025

Ponte Ponte della Singla Malga Tambusine 1045 Faisecco 950 1050 Ponte Sesa 1200 Silter Faisecco 1220 Legenda Ponte di Berto Tracciato del sentiero Variante

Strade principali Malga Val Bresciana Luogo di partenza 1425 Direzione consigliata

Lapide per Malga V di Campolungo

ecchia 1365 ( 1420

) all’imbocco di una stradina forestale Imboccando invece il braccio destro che si segue fino a Moiette (m 698) e del bivio, il sentiero 19 prosegue in oltre, dove sul Ponte della Singla (m salita fino alla diroccata Malga Fai- 1045) si valica il Torrente Bonina, tri- secco - silter (m 1220) e, superatala, butario del Grigna. Superatolo, si pren- giunge al Ponte di Berto (m 1435) che de a sinistra la stradina che affianca una condotta d’acqua, e la si segue pas- Le lapidi in memoria dei parti- sando da Malga Faisecco (m 1042); giani Giovanni Nodari e Maria dopo una galleria si giunge a un bivio: Morandini

il suo braccio sinistro (variante) con- scavalca un confluente del Grigna. sente di dimezzare il percorso della Deviando a destra, il sentiero con gita, di attraversare sul Ponte Tambu- alcuni tornanti giunge al cosiddetto sine (m 960) gli orridi del Grigna, di “tracciolino” a ridosso della Malga Val percorrere un tratto piano ma stra- Bresciana (m 1424); fattosi pianeg- piombante e protetto da una sicura rin- giante, affianca per buon tratto un’altra ghiera metallica attiguo a una condotta, condotta d’acqua. Giunto poi nei pressi di percorrere tre brevi gallerie per sbu- di una bella spianata, con percorso care, infine, sulla strada asfaltata del semicircolare verso sinistra attraversa ritorno a Bienno. il Torrente Grigna su un

149 predisposto in sostituzione di quello in do il Vocabolario Toponomastico del pietra non piú agibile, che in breve Gnaga, caverna o cavità in cui i man- porta alla Cascina Vecchia (m 1427), driani serbano il latte e i suoi prodotti. punto piú elevato dell’escursione. “Silter de la bóca”, come recita il Voca- Chi lo desidera può da qui raggiun- bolario Bresciano Toscano del 1759, sta per «Palato. La parte superiore di dentro, e quasi cielo della bocca». Il ponte di Sesa sul torrente Tra- vagnolo, affluente di sinistra del Dalla Cascina Vecchia la strada del Grigna. ritorno è tutta in discesa tranne una brevissima salitella oltre il Ponte di Sesa (m 1204) che scavalca il Torrente Travagnolo; da qui la strada è tutta asfaltata fino a Bienno; toccherà il San - tel de Paraís (m 1025) e piú oltre pas- serà nel punto di convergenza con la variante di Tambusine precedente- mente citata. Vi si trovano due lapidi dedicate alla staffetta partigiana Maria Morandini e alla Fiamma Verde Gio- vanni Nodari.

Note storiche Quella della Brigata Fiamme Verdi Ferruccio Lorenzini fu una storia molto simile a quella delle altre unità operanti in Valcamonica. La sua attività militare era volta principalmente ad azioni di sabotaggio, di recupero armi, ad audaci colpi di mano contro i presidi nazifa- scisti, nonché ad azioni di sgancia- mento dai rastrellamenti per non coin- gere, in meno di un’ora di cammino tra volgere popolazioni o singoli montanari andata e ritorno, il vecchio silter di in rappresaglie. Campolungo (m 1477) con una pianeg- Numerosi sono gli episodi che si giante stradina forestale che attraversa potrebbero raccontare accaduti nella una stupenda abetaia (pecceta). Nei vallata del Grigna e in quelle limitrofe pressi si può visitare una dismessa dove non mancavano le spie e le imbo- miniera di rame facente parte del Parco scate erano sempre in agguato, gene- Archeominerario Regionale dell’Alta rando spesso sparatorie per defilarsi. Val Grigna. Fra i luoghi maggiormente legati ai Una curiosità: silter significa, secon- ricordi dei partigiani è importante

150 citare la Baita Cerreto di Valentino e nato nel 1919, iscritto all’Azione Catto- Teresa Fostinelli: fu luogo di convegno lica, fu tra i primi animatori dei gruppi e ristoro di partigiani oltre che di smi- ribelli in montagna cui tuttavia non poté stamento di prigionieri alleati, di ebrei mai unirsi, perché affetto da un’invali- e di ricercati politici avviati in Svizzera. dità permanente. Ricercato dai fascisti, Abbiamo accennato, nella descrizione del percorso, al bivio dopo il Santel de La Cascina vecchia di Campolungo Paraís; vi si trovano due lapidi: una (m 1430). È la quota piú alta del dedicata a Maria Morandini, eroica percorso.

staffetta partigiana mitragliata dai nazi- si trasferí a Brescia appoggiandosi fascisti mentre accorreva ad avvertire all’Oratorio della Pace, finché il 30 set- i partigiani di un improvviso rastrella- tembre del ’44, arrestato dalle SS tede- mento; l’altra a Giovanni Nodari che, sche, fu sottoposto a snervanti interro- colpito in combattimento e rotolato sul gatori e torture senza rivelare alcunché bordo del Torrente Grigna, venne ritro- potesse nuocere alla causa del movi- vato solo dopo molti anni. Tra gli altri mento clandestino. Inviato al campo di caduti della Brigata risalta la figura del concentramento di Bolzano, fu poi biennese Luigi Ercoli, medaglia di deportato a Mauthausen e infine tra- Bronzo al valor militare “alla memoria”; sferito al campo di sterminio di Melk,

151 dove morí il 15 gennaio 1945. Verdi in Valcamonica. L’8 dicembre del Altra limpida figura di partigiano fu ’43, durante un trasferimento, il suo fu quella del mantovano di origini bien- gruppo fu attaccato dagli uomini della nesi Ferruccio Lorenzini. Partecipò alla Legione Tagliamento in seguito alla guerra di Libia conseguendo una pro- delazione di due militi fascisti che, due mozione per meriti di guerra e durante giorni prima, avevano avuto da lui salva

Il ponte di Tambusine sul torrente Il ponte romano sul Grigna poco Grigna. prima della Cascina Vecchia.

quella del 1915-’18 al comando del 207° la vita. Cinque furono i partigiani caduti Battaglione Fanteria, ferito, fu insignito nell’agguato e uno ferito gravemente. di medaglia d’Argento e di Bronzo al Catturato, o forse arresosi per evitare merito di guerra. L’8 settembre ’43 era altro spargimento di sangue, il colon- colonnello della Riserva, ma non esitò nello Lorenzini subí botte e torture a a entrare nella Resistenza bresciana. A Darfo e a Brescia dove, il 31 dicembre, Sella di Polaveno prese il comando di venne fucilato con altri tre suoi parti- un cospicuo numero di ribelli che tra- giani. sferí per monti a S. Giovanni di Terzano (Angolo): fu il primo nucleo di Fiamme

152 20 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Giacomo Cappellini”

L’ambiente e della non ancora disvelata cultura dei A chi percorre la media Valle Camo- “pitoti” fiorita ai loro piedi. nica non può sfuggire l’attrattiva di quei È in questo contesto paesaggistico due poli panoramici che sono il Pizzo che il sentiero n. 20 svolge il suo per- Badile e la Concarena; posti su una corso nei territori comunali di Lozio, linea perfettamente trasversale alla Lòsine e Cerveno attraverso boschi, valle che li separa, rivaleggiano in prati, e coltivi distesi sulle propaggini altezza, il primo di circa cento metri piú orientali della Concarena, toccando abi- basso della seconda, pur essendo tra tati antichi, rustiche architetture, chiese loro in tutto differenti: nel colore e nel- monumentali, espressioni artistiche di l’origine delle loro rocce: grigi magmi grande significato come il “Santuario spremuti dalla profondità della terra delle Cappelle” a cui è collegata la cele- cristallizzatisi 40 miloni di anni fa, brazione, a cadenza decennale, della quelle del Badile; bianchi sedimenti Santa Crus de Servé, sacro corteo in emersi dal “mar della Tetide”, quelle costume tra le vie del paese e nei campi della Concarena. Opposti nella loro col- circostanti, che coinvolge valligiani e locazione geografica: l’uno a est, irro- richiama forestieri in grande numero. rato dal rosso del tramonto; l’altra a ovest, splendente nel sole del mattino. Il percorso Il primo, maschio, con la sua bella pala Uno sguardo alla “cartina” del nostro “di badile” solidamente piantata dentro sentiero basta a dare l’idea che il per- un massiccio contrafforte; la seconda, correrlo richiede buon allenamento, civettuola ammaliatrice di sguardi, non tanto per i dislivelli da superare – slanciata e flessuosa. E, tuttavia, cosí invero abbastanza modesti –, ma per la legati nella loro separatezza fisica, da sua lunghezza di circa ventidue chilo- costituire l’uno lo specchio rovesciato metri. Lo si può intraprendere indiffe- dell’altra; una sorta di emblematico rentemente nei due sensi e il luogo contrario, luce e ombra, ipotetica scin- della partenza può essere scelto a pia- tilla generatrice dell’arcano culto del cimento in uno dei tre paesi toccati. Noi sole, regolatore del giorno e della notte, lo descriveremo affrontandolo in senso

153 Comuni di Cerveno, Lozio, Losine 20 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi G. Cappellini”

Tempo medio di percorrenza: ore 7 circa per - Aprica -Tonale Lunghezza: km 22 circa

Valle Camonica

Santella della Madonna CERVENO 450 510 per Breno - Brescia

Fiume Oglio Legenda Sendini 600 Tracciato del sentiero LOSINE 370 Variante del sentiero Monumento ai Caduti Strade principali Fiume, torrente Luogo di partenza 945 Direzione di marcia Rifugio

Chiesa, cappella Crespalone Dosso Croce Monumento 850

Sentiero per Landrinai Concarena Rifugio Concarena 1265

Cima della Bacchetta 2549 1115

Cave di pietra 1080

Sommaprada Lavéno Sucinva 975 839

di Lozio per Villa LOZIO antiorario (di un anello si tratta) par- vallato da brevissime salitelle. Abbiamo tendo dalla parte piú elevata di Cer- fin qui percorso il primo terzo del veno; qui la predisposta segnaletica tri- nostro cammino. Chi volesse abbre- colore indica d’imboccare una stradina viare il chilometraggio rinunciando al in media pendenza che tocca dapprima la località Sendini (m 600), dove ci sono La Concarena, ai cui piedi passa il una decina di cippi in memoria dei sentiero n. 20. Sotto, il Pizzo Badile camuno visto dal sacrario dei ca - caduti della Brigata Fiamme Verdi duti della “Brigata Fiamme Verdi “Giacomo Cappellini”, e poi, dopo aver Cappellini” di Sendini.

raggiuto alcune case-fienili, attraver- sato torrentelli e goduto la frescura del bosco, arriva al non sempre aperto Rifugio Concarena (m 1265), dal quale si gode uno splendido panorama al - pino, nel quale spicca il caratteristico profilo dell’Adamello. Dal Rifugio Concarena in poi il per- corso è quasi tutto in discesa, eccet- tuato qualche tratto in falsopiano inter-

155 156 A pag. 156, sopra: veduta invernale e pervenendo infine a Làveno, rustica dell’Adamello dal Rifugio Conca- rena. Sotto: la conca che accoglie la frazioncina con fontana e ligneo croci- frazione Villa di Lozio con la Cima fisso, a pochi passi dal quale c’è la targa Moren, il Pizzo Camino e il Monte che segnala il luogo della cattura del- Susino. l’eroico comandante partigiano Gia- secondo terzo della gita, può divallare La frazione Laveno di Lozio dove scendendo a quota 1115 (variante) per fu ferito e catturato Giacomo Cap- immettersi direttamente nel terzo e pellini.

ultimo tratto del percorso che, attra- como Cappellini. verso Lósine, riconduce a Cerveno. Abbandonato Làveno, si prosegue Ma la nostra descrizione prosegue verso le “Cave di pietra” da dove la oltre il Rifugio Concarena. La strada, in strada, fattasi sentiero, porta ad inter- discesa, attraversa abetaie, macchie di secare, a quota 1115, la variante dianzi bosco ceduo, supera case e fienili, rega- citata proveniente direttamente dal lando anche una stupenda vista su Villa Rifugio Concarena. Si prosegue poi di Lozio adagiata nell’anfiteatro di Cima verso la località Crespalone (m 850), un Moren, Pizzo Camino, Monte Susino, piccolo gruppo di case e fienili circon- Monte Vai Piane, Cimon della Bagozza, dati da faggi secolari, superata la quale

157 si giunge in breve a Lòsine, di cui si può di Brescia, dove lungamente subí inter- apprezzare il singolare e antico rogatori e torture. Condannato dal Tri- impianto urbanistico e dove si può bunale Speciale fascista, fu fucilato il 24 gustare l’assaggio – caso unico in Valle marzo nella cosiddetta “Fossa dei Mar- – dell’ottimo vino prodotto nei terraz- tiri”. Gli fu conferita la medaglia d’oro al zamenti circostanti. Si prosegue infine valor militare “alla memoria” con la tra campi coltivati fino alla “Santella seguente motivazione: «Modesto mae- della Madonna”. I passi, ormai un po’ stro elementare in un villaggio valli- stanchi, ricondurranno con lieve salita giano, all’inizio della lotta contro l’op- fino all’abitato di Cerveno. pressione nazifascista organizzava una delle prime formazioni partigiane di Note storiche Valle Camonica con cui per diciassette Durante la Resistenza numerosi mesi divise i rischi e le durezze della furono i giovani del luogo che si nasco- lotta. In un’imboscata tesa dal nemico, sero sui monti dando vita a formazioni fece scudo di se stesso ad un partigiano, di Fiamme Verdi operanti tra Cerveno, attirando su di sé la reazione avversaria. Lòsine e la Valle di Lozio al comando di Ferito al viso e alla spalla, cessò di far Giacomo Cappellini. Dopo la fucilazione fuoco quando la sua arma si inceppò; del loro comandante (24 marzo 1945), catturato, sopportò per due mesi duro furono riunite in una vera e propria Bri- carcere e continue, inumane sevizie, gata che in suo onore ne assunse il chiuso nel suo sdegnoso silenzio. Sordo nome. Impegnata in vari combattimenti alle lusinghe di aver salva la vita se e scontri con i fascisti, subí rastrella- avesse indotto i suoi uomini alla resa, ad menti registrando numerosi morti, oggi ogni tortura che il nemico rabbioso gli ricordati nei cippi eretti sullo sbalzo di infliggeva, rispondeva sorridendo che i Sendini lungo l’itinerario n. 20. partigiani esalavano l’ultimo respiro gri- Il comandante Cappellini nacque a dando Viva l’Italia». Cerveno il 24 gennaio 1909, dove pure L’edicola della Madonna tra Lòsine risiedeva. Insegnante elementare, genie- e Cerveno dedicata ai partigiani re del “Battaglione chimico”, l’otto set- della Brigata “Cappellini”. tembre del 1943 lo colse a Verona da dove, sfuggendo alla cattura tedesca, ritornò in Valle Camonica aderendo subito alla Resistenza ed entrando a far parte della Divisione Fiamme Verdi “Tito Speri”. Per le sue capacità e per il suo coraggio fu punto di riferimento importante per i resistenti camuni. Ferito in combattimento a Làveno con- tro forze nazifasciste il 21 gennaio 1945, veniva catturato e rinchiuso nel Castello

158 21 - Sentiero “54a Brigata Garibaldi Bortolo Belotti”

L’ambiente Alle spalle dei due paesi, sui versanti Siamo nella media Valle Camonica, meridionali del Piz di Olda e del Pian in particolare nel settore sud-occiden- della Regina, tra prati, fienili, pinete e tale del Gruppo dell’Adamello, proprio malghe fino al limite dei pascoli, si svi- dove l’Oglio, superato , è luppa il percorso del sentiero n. 21 dal costretto da un’orografia tormentata a cui punto piú elevato, Malga Corte (m descrivere una brusca “S” tra versanti 1816), si gode un panorama assai scoscesi di monti che, solo dopo Sel- ampio. lero, si dischiuderanno in una vallata Gli abitanti della Valle di Saviore, fattasi nuovamente ampia e ariosa. Pro- fino a qualche decennio fa, erano dediti prio nel punto piú stretto della “S”, a alle tipiche attività agricole e silvo- , il fiume riceve, in sinistra pastorali della montagna o lavoravano orografica, le acque del Poia, torrente come tecnici e operai nel controllo e che percorre la Val di Saviore recando nella manutenzione delle centrali elet- i sciolti umori adamellini di Salarno, di triche a valle e dei bacini artificiali in Adamé e del bacino dell’Arno. La Val quota. Recentemente, considerate le Saviore, con la sua complessa struttura potenzialità dei luoghi, i loro interessi di convalli, cime, acque, è un paradiso economici si sono spostati nel settore paesaggistico di grande bellezza. Acco- turistico. Sono sorti alberghi, pensioni, glie i due Comuni di Cevo (con le fra- bar, negozi, ristoranti, seconde case, zioni di Andrista e Frésine) e di Saviore impianti sportivi a cui parallelamente (con Ponte, Valle e Isola) adagiati su un si sono affiancate attività artigianali di balcone naturale, dal quale la vista supporto. In questo contesto va men- spazia a ovest sui monti della Valca- zionata, anche se marginale, l’antica monica e delle contigue Orobie (Con- attività turistico-alpinistica delle guide carena, Cimon della Bagozza, Culvecla, alpine risalente agli anni ’70 dell’Otto- Torsolazzo, Palone), e a sud sui monti cento, quando il generale Brehm di - Colombé, Cime di Barbignaga, Sablu- resse la prima ascensione italiana all’A- nera, Frisozzo, Re di Castello e la fra- damello attraverso il passo Salarno, stagliata cresta della Sega d’Arno. avvalendosi dell’esperienza di Andrea

159 Comuni di Cevo e Saviore dell’Adamello 21 - Sentiero “54a Brigata Garibaldi Bortolo Belotti” Tempo medio di percorrenza: ore 5,30 circa Lunghezza: km 16 circa

Legenda

sentiero per Pian della Regina - Piz di Olda Tracciato del sentiero Variante del sentiero Strade principali Strade sterrate Fiume, torrente Luogo di partenza Direzione consigliata

Malga Corte 1816 Fienili Musna 1550

Bivio Pratolungo 1700 1450

1290

Fienili Barzaballe 1495 Torrente Coppo Castavello 1260

Gassiola Fienili Tassua 1415

Pradase Dosso Fisso

per Cedegolo SAVIORE DELL’ADAMELLO CEVO 1250 per Fabrez 1150

Strada provinciale n. 6

Valle di Saviore Boldini detto “Barba vedov” e di Pietro Il Gruppo Operativo Volontario, che si Brizzi, entrambi savioresi, e di Dome- era dato il compito di salvaguardare i nico Conti di Cedegolo. percorsi clandestini della lotta di libe- razione e di costituire con essi il Museo Il percorso Naturale Storico della Resistenza bre- Il sentiero n. 21 - 54a Brigata Gari- sciana, intervenne solo successiva- baldi “Bortolo Belotti” presenta un tracciato ad anello, che può essere per- Le cascine di Musna e veduta sulla corso indifferentemente nei due sensi, media Valcamonica

con due punti di partenza e d’arrivo, mente, consigliando alcune varianti collocati rispettivamente a Cevo e migliorative della logica escursioni- Saviore, da sceglersi a giudizio e como- stica, lasciando ai primi tracciatori il dità degli escursionisti e che, in ogni merito del lavoro svolto. caso, risulterà piacevole e appagante. Descriveremo il percorso immagi- Fu tracciato verso la fine degli anni nando di seguirlo in senso orario par- Ottanta dagli ex partigiani locali che tendo da Cevo, precisamente dal piaz- avevano cosí inteso ricordare fatti e zaletto posto cento di metri a nord del vicissitudini di ribelli e di civili valli- parcheggio della località Pineta, dove giani che persero la vita per la libertà. si trova l’evidente segnaletica. Pren-

161 diamo, dunque, per la strada, inizial- al Pian della Regina e al Piz di Olda, mente asfaltata poi acciottolata cemen- straordinari balconi panoramici tra i tata e infine sterrata, che ci porterà, piú grandiosi dell’intera valle Camo- attraverso i Fienili di Musna – una nica. targa di legno ricorda l’eccidio fascista Tornati dunque a Prà long, si pro- ivi perpetrato –, al bivio di Prà Long. segue in leggera discesa fino a imboc- Lungo questo tratto avremo attraver- care, sulla destra, il sentiero che, tra sato abetaie, scavalcato i torrenti Coppo e Musna, costeggiato prati, Veduta sulla Val Paisco

cascinali e percorso un gradevole fal- abetaie e radure, scende in prossimità sopiano godendo magnifiche visioni dei Fienili di Barzaballe e Tassúa, pro- panoramiche. seguendo in discesa fin sulla strada per Dal bivio di Prà long, in circa mez- Malga Fabrezza, che si percorre fino a z’oretta di cammino in andata e ritorno, Saviore, da dove, sulla provinciale, potremo toccare Malga Corte, la quota faremo rientro a Cevo. piú elevata del percorso (m 1816), bel- lissimo punto panoramico e auspicabile Note storiche base d’appoggio agrituristica per chi La 54a Brigata Garibaldi venne inti- voglia da qui accingersi alle escursioni tolata a Bortolo Belotti di Cevo, suo

162 primo caduto (Saviore, 7 maggio 1944). gli stessi fascisti imposero l’alt alla Pochi giorni dopo la morte del Belotti banda per il deciso intervento del si verificò in valle un altro fatto di comando tedesco. sangue: l’eccidio dei Fienili di Musna Meno di due mesi dopo il massacro (19 maggio ’44) opera dalla famigerata ai Fienili Musna, precisamente il 3 “banda Marta”; vi fu trucidata un’intera luglio 1944, Cevo alle tre e mezzo del famiglia, padre, madre, figlia, e un com- paesano presente per caso. La banda Malga Corte (m 1816), punto piú Marta era formata da delinquenti alto del sentiero n. 21

comuni della peggior specie, apposita- mattino fu accerchiata da un batta- mente liberati dalle galere e addestrati glione di fascisti: duemila camicie nere dai fascisti a compiere razzíe e scorri- cercavano di catturarvi 17 partigiani bande a danno della povera gente; della 54a Brigata garibaldina che quella infierivano sui malcapitati uccidendo notte erano scesi in paese per vegliare proditoriamente chi rifiutava informa- la salma di Luigi Monella, 22 anni, zioni sui ribelli, attribuendo poi i loro morto nel tentativo di disarmare le sen- delitti a fantomatici partigiani travestiti tinelle fasciste di guardia alla centrale da fascisti. Tali messinscene si ripete- di Isola. Divampò subito lo scontro; fino rono piú volte in Vallecamonica, finché alle ore sette i 17 partigiani tennero

163 testa alle camicie nere che, per sta- di quei fieri valligiani – cattolici e socia- narli, sequestrate alcune donne nelle listi – si radicarono i sentimenti anti- cascine circostanti, se ne fecero scudo fascisti già covati e spesso coraggio- spingendole innanzi con le baionette samente palesati durante il ventennio, alla schiena. I partigiani, impossibilitati alimentati da una consolidata avver- a sparare, tentarono di disperdersi. I sione verso ogni prepotenza del fascisti entrarono in Cevo lanciando regime, dal quale avevano subíto bombe incendiarie contro le case. Nel angherie, espropri, prigione e confino. rogo 151 case bruciarono completa- mente, 48 furono seriamente lesionate, cinque furono le vittime, 800 i senza- Da sinistra, i monti Re di Castello e Frisozzo con alcune creste del Tre- tetto, 165 le famiglie sinistrate. denus, le Cime Sablunera e Barbi- Dopo questi terribili fatti negli animi gnaga viste da Pra’ Long.

164 22 - Sentiero “Caduto Bortolo Rodondi”

L’ambiente tale, il Canton Ticino e l’Europa. La La Valle Camonica, a Edolo, si bi- valle che lo accoglie fu donata, nel 774, forca: a nord, in direzione di Ponte di da Carlo Magno al celebre monastero Legno; a est, verso il Passo dell’Aprica. benedettino di Tours, che l’amministrò Risalendo quest’ultimo ramo fino a fino al 1026; di quel lontano periodo è circa la metà della sua lunghezza, s’in- rimasta l’eco nel dosso e nella chiesa contra lo sparso paese di Córteno di S. Martino, sopra la quale nel 1425 Golgi, costituito da ben dieci frazioni venne edificata l’attuale parrocchiale di disposte sui due versanti della valle: al Pisogneto dedicata a S. Maria. Corteno “sulif” (quello cioè rivolto a sud), piú subí, tra le molte, anche una breve scosceso, stanno Megno, Doverio, dominazione ungara (X secolo) che vi Ronco e Gàlleno; al “vac” (quello rivolto lasciò in eredità il rinomato “cuz” (cibo a nord), piú dolce, ospita Santicolo, di carne d’agnello cotta e conservata Lombro, Pisogneto, Piazza, S. Antonio nel suo stesso grasso) che, con il sa- e, nei pressi del Passo, S. Pietro all’A- lame “casalino” confezionato dai rino- prica. Nel mezzo scorrono paralleli, con mati norcini (porchér) cortenesi e il andamento ovest-est, la strada statale formaggio Brandet trattato col sangue per la Valtellina e il torrente Ogliolo, di pecora, sono tuttora le specialità tributario, a sud di Edolo, dell’Oglio. della cucina locale, gastronomico deno- A Pisogneto c’è la sede municipale e minatore comune a tutte le frazioni che, un piccolo museo intitolato al Nobel per per altri versi, esprimono invece uno la medicina (1906) Camillo Golgi, illu- spiccato campanilismo evidenziato da stre figlio di questa terra, in onore del usanze e tradizioni particolari, le une quale i cortenesi nel 1956 vollero che il diverse dalle altre. suo nome fosse inglobato nell’attuale toponimo. Il sentiero Corteno Golgi è paese dai costumi Il sentiero n. 22 “Caduto Bortolo e dalle tradizioni molto vivaci, antico Rodondi” si svolge interamente sul ver- punto di transito e di scambi economici sante destro (orog.) della valle e pre- e culturali tra l’alta Lombardia orien- senta il suo avvio a Pisogneto, dove non

165 Comuni di Corteno Golgi 22 - Sentiero “Caduto Bortolo Rodondi” Tempo medio di percorrenza: ore 6 circa Lunghezza: km 19 circa Doverio

Valle di Corteno Ronco Galleno per Edolo

Lombro per Passo dell’Aprica Le Fucine S. Martino Pisogneto Fienili Doen 960 Piazza CORTENO GOLGI Torrente Ogliolo

Fienili Palú 1343 Località 1250 Pradella

Torrente S.Antonio

Valle di S. Antonio

Fienili Pelos 1438 S. Antonio

Castione 1552 Località Cavrinai per Campovecchio

Plaz Torrente Brandet Torrente Fienili Sacco de l’Aerta 1712 Francesconi Legenda 1278 Tracciato del sentiero Brandet Variante del sentiero 1292 Monte Forcella 2070 Strade principali Strade sterrate Rifugio Alpino Fiume, torrente 1303 Luogo di partenza Malga Direzione di marcia Barbione 1960

Rifugio Brandet Valle per Lago di Piccolo Chiesa, cappella Ponte del Gallina 1332 mancano comodi parcheggi ove lasciare nel bosco e raggiungendo la località l’automobile. Lo si può indifferente- Francesconi (m 1280) in Val Brandet. mente percorrere in ambedue i sensi, Qui, attraversato per mezzo di un ponte anche se per logica escursionistica con- sigliamo quello antiorario che descri- Corteno Golgi. A sinistra: monu- viamo. Raggiunta perciò la località mento ai Caduti partigiani Anto- Piazza, sotto il colle di S. Martino (m nio Schivardi e Giovanni Venturini (Tambía). A destra: il monumento 960), seguendo l’evidente segnaletica tri- al Premio Nobel cortenese Camillo colore, s’imbocca la carrareccia che, pas- Golgi.

sando in successione dai fienili Doen, lo scrosciante omonimo torrente, si pro- Palú e Pelos, porta con un ripido balzo segue su strada sterrata lungo la sug- al pianoro di Castione (m 1550). Da qui, gestiva spianata fino al Rifugio Brandet chi desiderasse interrompere o limitare (m 1305), superato il quale, con due la fatica dell’intero percorso, potrebbe brevi salitelle si giunge al Ponte del Gal- imboccare a sinistra una strada forestale lina (m 1335). Attraversato nuovamente (segnalata come variante) e scendere il torrente, si imbocca il sentiero nel direttamente a Pisogneto. Chi intende bosco che, gradatamente in salita, fa invece proseguire, girerà a destra, guadagnare quota fino alla malga Bar- imboccando un bel sentiero in discesa bione (m 1960), da dove si gode uno

167 splendido panorama sulla cresta Monte La storia Palone, Palone di Sopressa, Palone del Questo sentiero è dedicato alla Torsolazzo, Torsoleto, Culvegla, sulla Fiamma Verde Bortolo Rodondi, che lo quale corre l’Alta via n. 7 “Sentiero 4 percorse molte volte durante gli spo- luglio”. Malga Barbione è il punto piú stamenti tra fienili e nascondigli della elevato del percorso che, d’ora in poi, sarà tutto in discesa, dapprima su strada La ristrutturata cascina di Ca- stione presso il bivio della “va- carrareccia tra abetaie e lariceti fino al riante” che riduce la lunghezza del Plaz de l’Aerta (m 1712), e poi, su sen- percorso n. 22.

tiero nel bosco, fino ai fienili di Cavrinai zona per tenere i collegamenti con i par- (m 1530) da dove, nuovamente su car- tigiani della val Brandet. Era nato nel rareccia, prosegue fino ad intersecare 1915 a Corteno dove pure risiedeva. Ser- la variante dianzi accennata (m 1438) gente degli Alpini, fu inviato dapprima proveniente da Castione. Da qui ci si sul fronte occidentale e poi su quelli abbassa ulteriormente passando presso greco-albanese e russo. Nel settembre alcune case-fienili isolate, si attraver- del ’43 si trovava a Corteno e senza sano prati e boschi, fino a sfociare nella incertezze entrò nella Resistenza. Con via 1° Maggio di Pisogneto-Piazza, a Antonio Schivardi e Tino Tognoli co- cento metri dal punto di partenza. stituí il primo gruppo di Ribelli della

168 valle di Corteno, partecipando attiva- artigliere alpino. Il Venturini nel no - mente a numerose operazioni di sabo- vembre del 1943 si impegnò nella Resi- taggio, di recupero armi e di risposta stenza occupandosi del vettovaglia- alle rappresaglie nazifasciste. Cadde a mento e dei servizi logistici delle for- S. Giacomo di Teglio in Valtellina il 29 mazioni delle Fiamme Verdi sui monti agosto 1944 in uno scontro a fuoco, mentre con il suo gruppo compiva un La bellissima Val Brandet. Sullo colpo di mano per il recupero di arma- sfondo le creste percorse dall’Alta menti. Fu decorato con la Croce di via n. 7 e dal Sentiero 4 luglio.

guerra al valor militare alla memoria. camuni. Arrestato dai fascisti della Le - Bortolo Rodondi e il citato Antonio gione Tagliamento con altri tre com- Schivardi non sono però gli unici eroi pagni il 26 febbraio 1945, fu sottoposto cortenesi della Guerra di Liberazione a interrogatori, torture, sevizie subendo partigiana. Tra gli altri spicca la bella la frattura della mascella, scariche elet- figura di Giovanni Venturini (Tambía), triche, ferite alla schiena, lo strappo classe 1916, uomo dotato di profondo delle unghie delle mani e dei piedi, bru- senso del dovere e della solidarietà, ciature alle estremità e, infine, l’evira- invalido di guerra per il congelamento zione. Tenuto in vita con il minimo di dei piedi subíto sul fronte russo come acqua e cibo sperando di farlo parlare,

169 dalla sua bocca tumefatta e sanguinante clandestina locale scagionando i com- i fascisti non riuscirono mai a estrarre pagni di prigionia. Rivestito per dileggio una sola parola compromettente l’atti- con un’uniforme fascista, fu condotto da vità dei compagni ribelli. Si assunse l’in- Corteno a Edolo su un carretto e qui tera responsabilità dell’organizzazione esposto in pubblico. Conscio che la sua fine fosse vicina, ottenne di scrivere l’ul- timo addio alla madre. Venne fucilato a Mú di Edolo insieme con i tre compagni ai quali rivolse fino all’ultimo parole di conforto e di fede nella vittoria e di per- dono verso i suoi aguzzini.

La segnaletica tricolore presso la nuova Malga Barbione (m. 1960), dove si raggiunge la quota piú ele- vata del percorso n. 22. Sotto, gli antichi “baiti” di Malga Barbione.

170 23 - Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Antonio Schivardi - Luigi Tosetti”

L’ambiente con la Valtellina, e quindi la Svizzera, Risalendo l’Alta Valcamonica tra attraverso il passo dell’Aprica. Edolo e Incudine, una bella strada in È, questo, un lembo di territorio destra orografica si stacca dalla statale molto vario dai panorami camuni e val- 42 diretta in rapida ascesa a (m tellinesi che a prati, peccete e ontaneti 1074) e, oltre, fino all’aperta zona di alterna impaludamenti torbosi dove fio- prati e pascoli del Mortirolo. Il topo- risce l’erioforo e alpeggi con moderne nimo di quest’amena località, secondo malghe collegate da strade per la trans- una leggenda, alluderebbe a un antico umanza delle mandrie. Al suo limite scontro armato tra le truppe di Carlo settentrionale corre lo spartiacque tra Magno e gli uomini del duca di Monno, Valcamonica e Valtellina costituente il nel quale sarebbero morti molti con- ramo piú meridionale del Gruppo tendenti. Ma il Gnaga, meno fantasio- Ortles Cevedale che da Cima Sobretta samente, nel suo “Vocabolario topono- in vista di Bormio, passando per la mastico” fa derivare quel nome dalle Pietra Rossa, tocca in successione le “acque morte” dei ristagni sortumosi cime della Val Grande di Vezza, i monti che vi si trovano. Oggi la maggior Serottini, Varadega, Dosso Signeul, ragione di notorietà del luogo è legata Cima Cadí, la Guspessa e il Padrio, per al passaggio del Giro d’Italia, che qui estinguersi all’Aprica. registra uno dei suoi passaggi piú celebri, un poco oscurando, nella mente Il sentiero dei piú giovani e dei piú sbadati, le Anulare, di circa 8 chilometri di lun- vicende belliche che vi si svolsero nei ghezza, è comodamente percorribile in primi mesi del 1945: fu, infatti, teatro di due ore e mezza, superando modesti aspre battaglie tra i partigiani che vi dislivelli e donando suggetivi pano- si erano insediati e i fascisti che ve li rami. È consigliabile percorrerlo in volevano estromettere per avere libera senso orario partendo dalla chiesetta percorrenza sulle vitali vie di comuni- di S. Giacomo (m 1700) a ridosso del- cazione colleganti la Valcamonica con l’omonimo alberghetto dotato di capace la Val d’Adige attraverso il Tonale, e parcheggio.

171 Comuni di Monno - Mazzo di Valtellina 23 - Sentiero “Brigate Fiamme Verdi Legenda Schivardi - Tosetti” Tracciato del sentiero Tempo medio di percorrenza: ore 2,30 circa Strade principali Lunghezza: km 8 circa Luogo di partenza Direzione consigliata Rifugio Alberghetti, trattorie

Valtellina Passo del Chiesa, cappella Mortirolo 1892 Punti di ristoro 1910 Cabina elettrica 1925 Dosso Signeul per Varadega - Pianaccio 1952

Trincee Dosso Signeul Albergo Albergo Belvedere Passo Passerino Foppa 1850 per Mazzo Chiesetta di S. Giacomo

Albergo S. Giacomo 1700

per Monno - Edolo

Valgazzo 1730

per Aprica - Trivigno

Lago del Mortirolo Rifugio Antonioli 1783

Valle del Mortirolo Il suo primo tratto, percorribile su molto battuto dai mortai della divisione pianeggiante stradina sterrata, presto repubblichina Tagliamento. Il sentiero si riduce a sentiero che, con breve percorre tutto il crinale trincerato (m salita, conduce al lago Mortirolo, dove 1925, punto piú elevato del percorso) c’è il rifugio Antonioli (m 1780). Il ton- aggirando il Signeul e sconfinando per deggiante laghetto può essere aggirato o, a piacimento, subito abbandonato per La chiesetta di S. Giacomo al Mor- tirolo con il cippo che ricorda i imboccare la stradicciola sterrata in caduti Partigiani e un tratto del ondulata salita che sfocia, poco prima sentiero trincerato al Dosso Signeul.

del Passo della Foppa, sulla strada breve tratto in territorio valtellinese, asfaltata risalente dal versante valtel- giungendo quindi nella radura del linese. Qui si trovano alcune lapidi che Passo del Mortirolo (m 1892), da dove ricordano i partigiani caduti nelle bat- un comodo sentiero in discesa porta taglie del Mortirolo (22 - 27 febbraio e alla strada asfaltata per la Val Vara- 10 aprile – 14 aprile 1945). Si prende, dega e il Pianaccio, che s’imbocca in a destra, il sentiero che gradatamente direzione sud, per giungere in breve s’inerpica sulle balze del Dosso Signeul all’Albergo alto (Passerino); superatolo (è l’unico breve tratto faticoso), dove in discesa su terreno aperto, si rag- altre lapidi testimoniano che il luogo fu giunge l’albergo Belvedere e, da qui,

173 tra prati e boschi, tagliando i tornanti Tosetti, modenese di Macogno, corag- della strada per Monno, si torna alla giosissimo, era un ex maresciallo dei chiesetta di S. Giacomo. Carabinieri che il 1° luglio del 1944 si uní alle Fiamme Verdi. Morí il 19 marzo Note storiche del ’45 al Mortirolo per lo scoppio for- Chi sono Antonio Schivardi e Luigi tuito di una bomba a mano che teneva Tosetti, i ribelli che diedero il loro nome alle Brigate Fiamme Verdi ope- Il lago del Mortirolo con il Rifugio ranti in Mortirolo? Il primo, Antonio Antonioli.

Schivardi di Corteno, classe 1910, inse- nello zaino, di ritorno da un’azione, gnante, fu comandante del Gruppo nella quale la sua squadra aveva dis- ”Alta Valcamonica”; il 14 agosto 1944 armato tre tedeschi. È medaglia d’ar- sulla strada Edolo-Aprica, vicino alla gento al v. m. “alla memoria”. chiesa di Santicolo, cadde in combatti- mento nel tentativo di catturare ostaggi Due sono le battaglie sostenute dalle con i quali negoziare lo scambio di un Fiamme Verdi al Mortirolo: la prima (22 importante personaggio della Resi- – 27 febbraio 1945) ha avuto inizio stenza milanese. È medaglia d’oro al verso le 9 del mattino con un tentativo v. m. “alla memoria”. Il secondo, Luigi d’accerchiamento del caposaldo parti-

174 giano. Partono le prime raffiche; la ne - lasciando sul terreno numerose armi. ve molto alta rallenta i movimenti dei Nella notte tra il 25 e il 26 le Fiamme fascisti che sono respinti e messi in Verdi scendono a Vezza per un colpo di fuga; alcuni di loro riparano in una mano: piombano nella caserma dei baita, ma vengono snidati con un colpo militi fascisti con bombe a mano e raf- di cannone, arma che essi ignoravano fiche di mitra. essere in mano ai partigiani. Scappano abbandonando i loro morti, i feriti, i Mortirolo. Veduta sul versante moschetti e i mitra. Il giorno successivo camuno: gruppo Aviolo-Baitone.

i partigiani, appena giunti nella conca Il giorno 27 i fascisti, appoggiati da di Guspessa, sono avvertiti che una reparti tedeschi che se ne stanno piú colonna fascista sta risalendo da Cor- defilati con i mortai, salgono dai due teno verso il monte Padrio: la sorpren- versanti valtellinese e camuno. I par- dono e pochi dei suoi componenti fa- tigiani osservano zitti e immobili nelle ranno ritorno in paese. Anche i parti- loro postazioni poi, quando i fascisti giani hanno due morti. Il giorno 24 i sono a tiro, è tutto un improvviso cre- repubblichini ritornano, ma sono nuo- pitare di colpi; anche stavolta gli assa- vamente respinti: devono battere in litori fuggono precipitosamente. precipitosa fuga sul versante di Monno, Un mese e mezzo dopo, il 10 aprile

175 ha inizio la seconda battaglia: duecen- Alberto Martinola, in condizioni dispe- toventi partigiani comandati da Lio- rate; lo curano, ma morirà nel secondo nello Levi Sandri contro duemila nazi- giorno successivo dopo aver sponta- fascisti desiderosi di vendetta e di a - neamente dichiarato per iscritto d’es- prire le vie di fuga versi il Tonale e ver - sere stato curato e rispettato. Per tutto so la Svizzera alle loro colonne ormai in rotta risalenti la Valcamonica. Alle Mortirolo. Veduta sul versante val- tellinese: il monte Masuccio e la sei del mattino da Monno partono i catena montuosa che nasconde il primi colpi di obice tedeschi; il fuoco, gruppo del Bernina.

diretto sul comando partigiano, con- il giorno 11 le Fiamme Verdi sono tenu - tinua ininterrotto fino a mezzogiorno, te sotto i colpi dell’artiglieria. Il giorno quando nel ripiano sottostante com- 12, verso le 11, arriva al comando par- pare la prima pattuglia in avanscoperta. tigiano il parroco di Monno con quattro Sono tre poveri uomini che, giunti a donne del paese, inviato dai fascisti per cento metri dai partigiani nascosti, proporre la resa. All’offerta di scambio sono presi nel fuoco incrociato: due dei prigionieri i fascisti minacciano moriranno, l’altro sarà ferito. La co - pesanti rappresaglie sui paesi della lonna retrostante si dispone al com- zona. Si comincia a sparare, ma i fa- battimento, che durerà fino a sera scisti, nonostante altri tentativi non riu- quan do, protetta dai fumogeni, si riti- sciranno mai a piegare la resistenza rerà. Pattuglie partigiane allora per- delle Fiamme Verdi del Mortirolo che, corrono il campo in cerca di feriti. Vi anzi, il primo maggio scenderanno a trovano un capitano della Tagliamento, Monno dove avranno un ultimo scontro

176 24 - Sentiero “Caduti della Libertà della Valtenesi”

La fittissima antropizzazione con la giungente Comando alleato, cui venne conseguente costruzione di strade, case militarmente deferito il comandante e quartieri subita dalla Valtenesi negli tedesco per l’ignobile comportamento ultimi anni ha impedito la tracciatura tenuto nell’inutile massacro perpetrato di un percorso della Resistenza che a . ricalcasse il paesaggio entro il quale si muovevano negli anni 1943-’45 gli Bedizzole. Il monumento ai Caduti e alle dieci Fiamme Verdi prodito- uomini che un distaccamento della Bri- riamente trucidate dai tedeschi in gata Fiamme Verdi Dieci Giornate fuga il 26 aprile 1945. coordinava in azioni di sabotaggio e di disturbo ai nazifascisti. La virtuale dedicazione del sentiero, progettato ma di fatto irrealizzabile, è quindi rivolta a ricordare un fatto d’arme verificatosi quando ormai le colonne tedesche in rotta tentavano di riguadagnare la via della Germania. Una di queste, sor- presa e bloccata dai partigiani a Bediz- zole, dopo aver concordato la resa, aprí a tradimento un fuoco micidiale sul gruppo di Fiamme Verdi, dieci delle quali rimasero sul terreno. La colonna tedesca, prontamente ripartita, fu poi di nuovo bloccata a Polpenazze dopo un successivo scontro con un altro gruppo di Fiamme Verdi e di insorti che la circondarono lasciandovi un morto e un ferito grave. Una sessantina di tede- schi, fatti prigionieri e rinchiusi nelle scuole, furono consegnati al soprag-

177

25 - Sentiero “3V” (Il sentiero dei ribelli)

L’idea che “generò” il sentiero 3V ha percorso su buone strade, mulattiere e preso la forma di un anello collegante la sentieri, non rinunciando neppure ad città capoluogo con le sue valli, dando alcuni tratti su terreno libero, dove la vita cosí a un interessante compromesso direzione della marcia è affidata unica- tra “sentiero per tutti” e “alta via” di tipo mente alla segnaletica. classico; il 3V è, sotto questo aspetto, un L’intero trekking, che percorre zone sentiero inusuale, che proprio nell’atipi- di bassa e media montagna a quote cità del suo tracciato racchiude la sua comprese tra i 149 metri di Brescia e i ragion d’essere e il suo fascino, rappre- 2214 del monte Colombine, è segnalato sentando una proposta di stuzzicante da strisce bianco-azzurre. Il percorso interesse per tutti coloro che amano la normale è sempre agevole, sicuro, alla montagna e la natura. portata di escursionisti anche modesti, Nato per volontà dei soci di oltre venti purché ben attrezzati, allenati e dotati sodalizi escursionistici, studiato e rea- di una elementare esperienza di mon- lizzato in breve tempo, il 3V è ormai una tagna. Solo brevi tratti esigono atten- realtà sperimentata assurta a simbolo zione e cautela. d’amicizia tra le società alpinistiche bre- Sono state tracciate anche alcune sciane. È dedicato a Silvano Cinelli, alpi- varianti “basse” che, evitando qualche nista-fotografo, che tenne le fila dell’or- salita, sono adatte ai meno allenati; non ganizzazione e dell’esecuzione concreta mancano tuttavia anche varianti “alte”, del sentiero fino ai giorni inaugurali del tecnicamente piú impegnative, per percorso, quando si verificò la sua im - escursionisti esperti. provvisa morte. La dedica a Cinelli non L’intero percorso del 3V è stato sud- è, dunque, un’etichetta artificiosa, ma una diviso in sette tappe; alla fine di cia- doverosa attribuzione di paternità. scuna si trova un confortevole posto d’appoggio; tuttavia, lungo le varie Il percorso tappe, altri punti di ristoro agevolano Il sentiero 3V - Silvano Cinelli si gli escursionisti nella loro fatica. È snoda sui crinali delle valli Trompia, sempre possibile, in caso di stanchezza Sabbia e Camonica, svolgendo il suo o possibili defaillances, divallare, per

179 25 - Sentiero 3V (Sentiero dei ribelli) dedicato a Silvano Cinelli Tempo medio di percorrenza: ore 50 Tappe: 7

Legenda Tracciato del sentiero Strade principali Cima, monte Rifugio Rifugio Alpini M. Crestoso Luogo di partenza di Gianico 2207 Valle Camonica M. Colombine Direzione consigliata 2215 Chiesa Sede di tappa Maniva M. Muffetto 1744 2060 PISOGNE Capanna M. Campione Tita Secchi 1854 COLLIO BOVEGNO C. Caldoline Pezzeda 1843 Rif. Piardi 1620 Corna Blacca ZONE 2006 Vaghezza 1218 M. Guglielmo 1949 MARONE Dosso 765 P.ta Almana Trompia SALE 1391 LODRINO MARASINO GARDONE V.T. Lago d’Iseo S. Maria SULZANO del Giogo M. Dossone 940 1340 Passo del Cavallo ISEO

LUMEZZANE POLAVENO

M. Conche Valle Sabbia Valle 1157

CONCESIO

NAVE

per Bergamo - Milano BRESCIA M. Maddalena 874 Mandolossa interrompere il trekking. loro monti e alle vicende vissutevi du- rante la guerra di liberazione, hanno Il sentiero dei ribelli attribuito al percorso la capacità di Non pochi frequentatori dei monti suscitare anche nei piú giovani pensieri bresciani camminano col pensiero rivol - meditativi su quegli stessi valori morali e civili che li avevano sorretti e per i quali si erano battuti nei diffici frangenti Dalla Maddalena, un’ampia vedu- ta della bassa Valle Trompia. Sullo della lotta partigiana. sfondo, le Orobie innevate. L’intero percorso del 3V è, infatti,

to alla loro giovinezza, ai ricordi che i punteggiato di cippi, lapidi, croci, sem- luoghi attraversati suscitano in loro; plici segni che indicano luoghi salienti sono uomini dai capelli grigi, superstiti di fatti d’arme, di sacrificio, di martirio. di una gioventú che segnò la svolta deci- Percorrere il sentiero 3V, nell’alter- siva nella storia della patria dopo un narza di tratti impegnativi e distensivi, infausto periodo. Anche costoro sono di prati e boschi, di crinali e valli, di fra quelli che hanno accolto con vivo pascoli e di ambienti vari è senza dubbio interesse la realizzazione del sentiero piacevole e interessante; specialmente 3V, non mancando di contribuirvi atti- per chi è sensibile e attento alle manife- vamente. Attaccati affettivamente ai stazioni della natura, che qui hanno un’e-

181 videnza tutta particolare: geologia, flora, e azioni o la semplice presenza dei par- fauna offrono spunti per osservazioni di tigiani. Quello che allora era il sentiero grande interesse. “Santelle”, cappelle dei ribelli, oggi è diventato il sentiero votive, chiesette, santuari sono invece degli escursionisti. occasioni di raccoglimento. Al lungo anello del 3V fanno capo Tutto il percorso del 3V – lo abbiamo già ricordato – ha conosciuto la pre- Salendo al Monte Ario, una veduta sulla malga Campo di Nasso ai senza dei combattenti per la libertà: dai Piani del Bene e sul Monte Tigal- Ronchi di Brescia alla Maddalena, da S. dine.

Vito a Conche, da S. Giorgio al Sonclino, numerosi itinerari secondari prove- dal passo Cavada a Vaghezza, passando nienti dai fondovalle e altri che lo col- da Pezzeda alla Corna Blacca, a Caldo- legano a località d’importanza turistica line, al Maniva, ai crinali di Dasdana- ed escursionistica; sono gli stessi sen- Colombine-Crestoso -Muf fetto, al Ron- tieri che un tempo costituivano la rete deneto, al Bassinale, a Monte Campione, di collegamento fra le zone di compe- al colle di S. Zeno, al Guglielmo, alla for- tenza delle varie formazioni partigiane cella di Sale a S. Maria del Giogo, a Pola- installatesi sul territorio provinciale. veno, al Quarone e di nuovo alla città non c’è luogo che non abbia visto fatti

182 Riflessioni

Non è raro sui monti imbattersi in anonime croci, in cippi recanti una data e un nome: sono segni d’umana pietà che valgono il ricordo d’una vita spezzata. Infissi nella terra da mani amorose di padri, madri, mogli, fidanzate, indicano la fine d’un percorso. Nulla chiedono al pas- sante se non il pensiero fugace d’una prece mormorata a fior di labbra. La rocciosa , impervia cima Cal- Fra le tante che s’incontrano, nu - doline con la capanna Tita Secchi.

merose sono quelle che rievocano partigiani caduti, cosí come altre ricordano i loro avversari. La morte, che non fa scelte politiche, è il confine oltre il quale tutti sono ugualmente vittime. Da questo punto di vista, umana considerazione è dovuta perciò anche a chi, incapa- ce di fare scelte autonome, scomode ma coraggiose, istigato ed esaltato da ideologie perverse e da capi violenti, si trovò, in una guerra tanto crudele quanto assurda, dalla parte del torto, quella negatrice di ogni libertà. Nelle azioni della guerriglia, nell’agguato lo spirito di sopravvivenza,

183 insito nell’animo di ciascun uomo, imponeva di badare prima di tutto alla propria vita, pronti a cogliere l’attimo del sopravvento sul nemico, anche quando questi si concretizzava nel volto di un coetaneo, o addirittura in quello di un compagno di scuola o di lavoro. La guerra è crudele, spe- cialmente nel momento dell’azione, quando l’animo in tumulto è preda del massimo turbamento e ogni fibra del combattente è tesa a sopravvivere.

Verso il monumento al Redentore, Anonime croci sui monti. Sono sull’innevato Monte Guglielmo. segni di umana pietà.

Tuttavia nel partigiano albergavano anche, fermissimi, gli ideali della giu- stizia e della libertà. Erano queste le sue armi migliori, capaci di riscatta- re la violenza della sua azione, che gli davano la forza, la determinazione, ma che nello stesso tempo gli suscitavano la magnanimità di concedere al prigioniero catturato la libertà, se pur dopo averlo disarmato e depre- dato di scarpe e indumenti, necessari alla sua stessa vita nel rigore della montagna. Solo alle spie prezzolate, che tramavano rastrellamenti e rap- presaglie, era riservato il rigore della giustizia partigiana. Molti furono gli episodi d’umana pietà che videro protagonisti i ribel-

184 li e la gente di montagna della quale spesso erano figli: spicca fra gli altri quello d’una madre che, in preghiera dolente nel cimitero di Cevo sulla fossa del figlio caduto, volle deporre fiori e preghiere anche su quella vicina, entro cui giaceva il soldato tedesco ucciso nello stesso scontro. Non è privo di significato, a tal proposito, lo stato d’animo che emer- ge da uno scritto in forma poetica, fors’anche un poco ingenuo, che i vecchi partigiani d’Iseo, per mano d’un anonimo estensore, hanno vo- luto diffondere:

Ti rispetto: rispettami

Io ti rispetto, amico, anche se ti ho combattuto; ti rispetto anche se tu, allora, hai combattuto me. Non c’è odio nell’animo mio e, forse, non c’era neppure allora: in me ed in te. La guerra è finita, lontana, la combattemmo avversi, tu forse costretto senza saperne il perché, senza volerci male, io credo. Io e tu, insieme, di fronte, ostili, con le armi in pugno, pensavamo, insieme, alle nostre case distrutte, alle nostre mamme lontane, ai nostri figli in fiore. Forse, adesso lo sappiamo, ci rispettavamo già allora, pur sparandoci contro: ora sappiamo di piú. Vorremmo vederci, parlarci, stringeci la mano, forte.

La semplice poesiola induce a pensare. Spesso, camminando sui sentieri dei nostri monti, in prossimità delle croci del ricordo, capita di vedere dinanzi ad esse anziani escur- sionisti in sosta pensosa. Qualcuno vi lascia un fiore. Talvolta, invece,

185 avvilisce sentire giovani voci esprimere giudizi sommari, superficiali, ingiusti verso l’una e l’altra parte; il tempo smemoratamente fatuo dei piú disattenti, e le mistificazioni di cui spesso è stata fatta oggetto la Resistenza, non hanno consentito ai giovani di percepire un’idea lim- pida, equilibrata del periodo piú tragico della nostra storia recente; periodo che ha tuttavia il merito, attraverso il sangue dei morti, di aver spalancato all’Italia umiliata la strada della libertà.

Aldo Giacomini

Dal Corno Barzo, la veduta del- l’Alta Valtrompia.

186 26 - Sentiero del “Centenario del Cai Brescia e dei mughi” dedicato a Virginio Quarenghi

L’ambiente capanna (sem pre aperta) intitolata al Seppur dislocato nei territori dei caduto partigiano Tita Secchi, e la sug- Comuni di Lavenone a sud e di Bago- gestiva Cappella alpina, dedicata ai lino a nord questo sentiero non era Caduti, in particolare a quelli delle Bri- annoverato tra quelli normalmente uti- gate Fiamme Ver di “Perlasca” e “Mar- lizzati dagli uomini della Resistenza, gheriti”. perché in quel tempo concretamente Il sentiero di Cima Caldoline è stato non esisteva, se non nei suoi tratti ini- ideato e tracciato in occasione del cen- ziali, frequentati occasionalmente da tenario di fondazione del Cai di Brescia quei partigiani che operavano o transi - e del trentesimo anniversario della Resi- tavano nella zona e che vi sostavano stenza. L’opera, patrocinata dallo stesso trovandovi ideali punti d’osservazione Cai bresciano, ha raggiunto anche lo verso la Val Sabbia e naturali anfratti scopo di offrire agli escursionisti un di riparo. La zona era frequentata spe- diretto contatto con un ambiente alpini- cialmente dal gruppo partigiano “S2 stico eccezionalmente affascinante. Brigata Perlasca” comandato da Tita Si tratta, infatti, di un percorso di Secchi, che dall’agosto ’44 s’era stabi- grande soddisfazione per due motivi: lito nel non distante Casinello di Paio anzitutto, perché offre all’escursionista Alto sotto la Corna Blacca. un am biente dolomitico con espo ste La pur saltuaria frequentazione di cengette, rocce strapiombanti, aerei quegli osservatòri e di quei nascondigli spuntoni e panorami molto va riati; in ci autorizza oggi ad inserire il sentiero secondo luogo perché vi è la presenza tra quelli dedicati alla Resistenza bre- di un naturale giardino botanico, ricco sciana, anche se realizzato completa- di rare e antichissime specie di flora mente solo negli anni 1973-74 da un insubrica, tra cui forme endemiche di gruppo di amici alpinisti comprendente straordinario interesse e bellezza. alcuni ex partigiani. Tale gruppo d’a- Attrezzato con vari tratti di corda fissa mici, che si costituí col nome di “Gruppo nei punti piú esposti, è stato chiamato Alpinistico Amici di Cima Caldoline”, Sentiero del Centenario e dei Mughi. eresse a Pas so Portole l’accogliente

187 Comuni di Bagolino e Lavenone 26 - Sentiero del “Centenario del Cai Brescia e dei mughi” Tempo medio di percorrenza: ore 1,15 Lunghezza: km 3 circa

Legenda Tracciato del sentiero Strade principali Cima, monte Rifugio Luogo di partenza Direzione consigliata Chiesa, cappella

per S. Colombano

per il Maniva Sentiero Brigata Margheriti

Valle Trompia

per il Corno Barzo

Malga Dosso Alto 1598 per Pezzeda Passo della Berga 1527

Passo Portole per Baremone 1726 per Paio Alto e VaialeCappella alpina Capanna Tita Secchi 1740 Cima Caldoline Il Fungo

1842 Sentiero della Zerna della Sentiero

Valle dell’eco Valle Sabbia aiale per V Il percorso commemorativa dedicata all’alpinista Inizia sul retro della Capanna Tita Virginio Quarenghi; qui, in bella esposi- Secchi (m 1740); dopo poche decine di zione sulla Valle di Paio e con la veduta metri, passando sotto lo “sperone della del Corno Barzo e della Corna Blacca, Vipera”, porta a una grotta con Madon- inizia la prima corda fissa che protegge nina. Piú avanti si incontra una targa una cengia pianeggiante che serviva in tempi passati come ricovero alle capre. Cima Caldoline. Cappella alpina e Poco dopo, all’altezza di una piccola Capanna Tita Secchi. gola, inizia il secondo tratto di corda fissa,

189 con passaggio leggermente esposto. Pro- sempre perdendo quota, si gira, addossati seguendo si arriva ad un evidente balcone alla parete, verso un nuovo scorcio sulla panoramico che domina le cosiddette Valle di Paio e di Vaiale; qui, nei giorni “Piccole Dolomiti bresciane”. Dopo due limpidi, l’orizzonte spazia fino al Monte curve a sinistra, si entra in quella che è Pizzoccolo. Il sentiero gira ancora a sini- stata chiamata la “Valletta dell’eco” sovra- stra seguendo gli anfratti di Cima Caldo- stata dalla statuaria rocciosa “Sfin ge” e, line con ampia visuale sulle cime Bare- mone, Meghé, Tombea e Caplone. Il sentiero sulla cengia iniziale. Inizia ora il terzo tratto di corda fissa,

190 al termine del quale si deve risalire per esposto, si tocca il punto piú basso del cinque metri lungo una ripida scarpata percorso; da qui si risale per riguada- che a volte richiede l’uso delle mani. Poco gnare la quota iniziale. oltre, in corrispondenza del quarto tratto Arrivati, passando sotto un ponte di di corda fissa, si accede a una deliziosa roccia, al pilastro detto “il fungo” che se - vallecola, con bella esposizione sui gna la fine di ogni difficoltà, si risale un

Sopra gli strapiombi della “Valletta Il caratteristico monolito del “Fun - dell’eco”. go”. Sullo sfondo, il Dosso Alto.

ghiaioni sottostanti. Dopo circa duecento erto sentiero in mezzo ai mughi fino ad metri si trova il quinto tratto di corda una selletta. Proseguendo in direzione fissa, al cui termine, sulla destra, un pic- ovest attraverso un sentiero pianeg- colo poggio con abete rosso consente una giante e ameno con vista sul Dosso Alto breve e piacevole sosta; il panorama e sui monti del Maniva si perviene alla spazia dai monti sopra il lago d’Idro fino Cappella Alpina e alla Capanna Tita alla pianura padana. Secchi. Proseguendo lungo la vallecola, giun - ti al sesto e ultimo tratto di corda fissa, brevissimo e con passaggio abbastanza

191 Monito della montagna

Abbi massimo rispetto per questo luogo e per tutto ciò che quassù trovi, se tu non l’hai portato con fatica qualcun altro l’ha fatto.

Se tu, essere vivente, non credi in un Essere supremo guardati attorno e pensa se tu saresti in grado di fare tutto ciò che il tuo occhio vede.

Amami e io non ti tradirò. Sii coraggioso e mi vincerai.

Attento a dove poni il piede, per colpa tua qualcun altro piú in basso può lasciarci la vita.

Quassú dimentica chi sei, con persone di differente età usa il Lei, con persone della tua stessa età usa il Tu.

Quassú dimentica il mondo, gli affanni, le tasse e goditi la vera pace.

Quassú dimentica il tuo io, la boria, la cultura, la forza fisica, perché se quassú sei giunto sei in tutto e per tutto uguale agli altri che quassú stanno.

Non credere piccolo uomo, di essere chissà chi, perché prima che tu esistessi io già c’ero e quando tu non esisterai piú, io ancora ci sarò.

Rispetta in me ogni cosa che ti offro di ammirare e ricordati che gli altri dopo di te, hanno il diritto di godere la mia natura e la mia pace.

192 Il Cai e gli uomini della Resistenza

Il Club Alpino Italiano in epoca fascista, ma specialmente nel perio- do bellico, non poteva schierarsi ufficialmente dalla parte degli oppo- sitori del regime; ma moltissimi suoi uomini, da cittadini amanti della montagna – perciò portati ad apprezzare il valore della libertà che le montagne esprimono – simpatizzarono o entrarono direttamente nelle file della Resistenza come combattenti. Erano uomini delle piú diver- se categorie sociali, esperti alpinisti, che operarono in appoggio o addirittura nelle formazioni combattenti. Scelsero per lo piú le forma- zioni operanti in montagna, sia perché di essa conoscevano profonda- mente il territorio, sia perché erano già abituati alle sue durezze da una frequentazione assidua e appassionata. Notevole fu anche l’apporto dato alla Resistenza dalle Guide alpine, che generosamente si prodigarono in numerosissime circostanze, per condurre al sicuro in Svizzera prigionieri alleati, uomini sbandati e prigionieri politici fuggiti dalle prigioni e dai campi di concentramen- to fascisti, guidandoli, fra gli anfratti piú segreti dei monti, al riparo dagli sguardi delle guardie di confine. Anche i rifugi e i bivacchi del Cai – per lo piú incendiati e distrutti dai fascisti per evitare che servissero come basi partigiane – costitui- rono punti d’appoggio importanti per i combattenti, spesso in circo- stanze drammatiche. Gli attuali soci del Club Alpino (figli e nipoti dei partigiani di allo- ra), nutriti dai sentimenti dei padri, hanno con naturalezza ereditato e fatti propri i sentimenti, gli ideali e i valori della Resistenza, che, dive- nuti parte inscindibile del loro bagaglio culturale e morale, rappre- sentano il segno tangibile di una adesione non superficiale, ma pro- fonda e sentita alle vicende che diedero vita alla libertà e alla demo- crazia nel nostro Paese. Aldo Giacomini

193 Il caro nemico

Verso la fine del ’44 noi partigiani entrammo in contatto con alcuni autisti italiani inquadrati nell’organizzazione tedesca Speer, decisi a pas- sare nelle nostre file. Erano, costoro, renitenti alla leva già approdati nelle file partigiane nei paesi d’origine e catturati dai nazifascisti che, pur di salvare la pelle o d’evitare l’internamento in Germania, s’erano adattati, in attesa di piú favorevole occasione, alla militarizzazione tedesca. Il loro reparto – tre autocarri adibiti a trasporti ausiliari – aveva stanza nella caserma Randaccio a Brescia ed era comandato dal sergente Dri- schen. Questi era un uomo sulla cinquantina, probabilmente un inse- gnante, con moglie e quattro figli, di cui uno, militare, dislocato in zona d’operazioni sulla Linea gotica. Un uomo non piú giovane, già provato dalle vicende belliche, che non si faceva alcuna illusione circa l’esito della guerra: desiderava solo – diceva – che finisse al piú presto, per tornare nel suo paese a rivedere i familiari e a ricostruirvi la casa bom- bardata. Presago dell’imminente tracollo, simpatizzava per la nostra causa: d’accordo con i suoi tre autisti italiani, sottraeva parte dei carichi tra- sportati e li smerciava clandestinamente, non solo per fare del sabo- taggio, ma anche per “arrangiarsi”, un’arte, in quei tempi, necessaria e assurta a regola di sopravvivenza. A noi quei contatti interessavano molto per alimentare il rifornimento d’armi, munizioni, viveri e vestiario di cui eravamo sempre carenti. Le cose che essi rubacchiavano qua e là nelle loro trasferte, ci giungevano con una tale facilità e regolarità da meravigliarci sommamente. La con- nivenza s’era, poco per volta, fatta tanto fidata, che la consegna della merce avveniva direttamente in una nostra base nei pressi d’un roccolo sopra Costalunga. Ai primi di febbraio del ’45 il piccolo reparto si trovò talmente com- promesso agli occhi del comando tedesco che due dei tre italiani furono costretti a fuggire, facendo cosí credere d’essere gli unici responsabili delle ruberie. I fuggitivi non ebbero bisogno d’andar tanto lontano: s’u- nirono infatti al nostro gruppo partigiano. Un mese dopo, anche il terzo italiano, d’intesa con il comandante Drischen, fuggí dal reparto por- tandoci in dote addirittura un autocarro, che nascondemmo con cura in un cascinale nella campagna di Nave. I contatti con Drischen, che immaginavamo fosse stato ritenuto

194 responsabile di tutto quanto successo, cessarono di colpo. Certi d’averlo lasciato in guai seri, conoscendo la spietatezza dei tedeschi in frangenti analoghi, ci sentivamo nei suoi confronti colpevoli d’ingratitudine. Passarono alcune angosciose settimane che ci videro vagare sui monti finché, ridiscesi nei pressi della città, ricevemmo da una staffetta la notizia che Drischen desiderava ricontattarci. Restammo perplessi e diffidenti. Perché chiedeva un collegamento? Era una trappola per farci pagare a caro prezzo i guai in cui lo avevamo cacciato? Drischen chiedeva il colloquio con insistenza, un’insistenza che ci sembrò sospetta. Restammo per giorni incerti su che fare. Poi, con cau- tela, azzardammo l’incontro. Il rischio era forte, occorreva prudenza. Con- venuto il luogo e l’ora, delegammo all’incontro uno solo di noi, il terzo disertore che “gli era piú alla mano”. L’incontro, fugace, finalmente ci fu. Drischen vi giunse puntuale; non solo – disse – per salutare i suoi amici partigiani, ma anche per rassicurarli circa la sua sorte – tutto era andato per il meglio, che stessero tranquilli! – e per comunicare che presto avrebbe riabbracciato il suo figliolo soldato in ritirata dal fronte emiliano e che con lui sarebbe tornato a casa. Aprofittava dell’occasione anche per recar loro quattro paia di stivali e alcuni maglioni di cui – ricordava – gli amici italiani avevano bisogno. E partí. Presi da un incredibile groppo, restammo amaramente rammaricati d’aver diffidato di lui. Drischen, sulla via del rientro in Germania, s’attardò nel Veronese in attesa del figlio, con la speranza d’agganciare, insieme con lui, le ultime colonne tedesche in ritirata. E cosí – lo appurammo in seguito – avvenne. Poco oltre Verona però, la colonna alla quale il sergente Drischen s’era unito venne fermata dai partigiani. Nella gran confusione parti- rono alcuni colpi di fucile: uno – assurda beffa di una guerra ormai finita – centrò il cuore generoso di chi la guerra, a suo modo, aveva rifiutata. Cosí Drischen, il buon sergente Drischen, non rivide – come invece aveva a lungo sognato – la moglie adorata e i figli che amava, né mai potè ricostruire la sua casa bombardata.

Aldo Giacomini

195 Dal diario di un partigiano del Gruppo Mobile della Brigata X Giornate

8 maggio 1945. Aria di smobilitazione, aria felice, nonostante quel magone che fati- chiamo a mandare giú per i compagni perduti. Ma si respira la gran- de aria della conquistata Libertà anche se confusa alla desolazione ed al puzzo della guerra che la miseria e le macerie emanano dovunque. Prevale sui dissensi e soprattutto sull’odio per quei disgraziati fascisti che si trovano cosí perdonati. Di buon mattino siamo andati al cimitero a rendere omaggio con l’o- nore delle armi e della bandiera a due nostri compagni Caduti; con un delegato della Croce Rossa cerchiamo l’identità di quello sconosciuto giovane civile che è stato colpito a morte il mattino del 26 aprile nel- l’impeto generoso di affiancarsi al nostro mitragliere per porgergli i caricatori durante il combattimento contro una colonna tedesca. Poi, un salto all’ospedale di via Moretto per fare visita a un compa- gno ferito; siamo delusi di non trovarlo, perché è stato trasportato all’ospedale di per sfollamento. Siamo comunque rassicu- rati dalle suore; sta bene e la scheggia della gamba gli è stata estrat- ta senza difficoltà. Approfittiamo della compiacenza di un fotografo per fare una foto di gruppo, perché un ricordo ci vuole, tanto piú che tre partigiani del gruppo hanno fretta di andarsene alle loro case. Noi di Brescia piú di una capatina alle nostre case già l’abbiamo fatta a riabbracciare le famiglie; loro invece non sanno niente delle loro famiglie, le quali sono altrettanto in apprensione già da mesi. Sono ragazzi rispettivamente di Novara, di Treviso e della provincia di Verona. E poi, per la foto- grafia siamo giusto tutti a posto, sbarbati e riassettati. Ci siamo reca- ti sul Castello a scattarla per una piú simbolica inquadratura. Ultima a fare le spese dei nostri entusiasmi, a suggello del nostro congedo, è stata una pecorella regalataci da un compagno montanaro e che la mamma di uno di noi, che è stata anch’essa incarcerata dalla polizia tedesca perché sorpresa ad ascoltare Radio Londra e sospet- tata collaboratrice con i ribelli, ci ha approntato in un gustoso arrosto con polenta. Nella sua angusta casa abbiamo dovuto accavallarci per starci tutti al lauto pranzo ed è quella stessa casa, sul cui solaio, uno di noi è rimasto nascosto un mese per essere curato dalla polmonite contratta in montagna nell’ultimo inverno.

196 C’è una grande gioia e dei grandi cuori e siccome si è a due passi dal Santuario della Madonna delle Grazie, lei ci ha invitati a seguirla per rendere un grazie alla Madonna che, nella convinta fede religiosa della mamma, ci ha protetto durante la guerra e ci ha fatti ritornare salvi. Castello di Brescia. 8 maggio 1945. La guerra è finita. Con questa unica ed Una cosa svelta, dice, per ricono- emblematica fotografia-ricordo il scenza ad un suo voto, con discre- Gruppo mobile della Brigata Dieci Giornate, con alcuni aggregati della zione e senza armi ad dosso. 122a Garibaldi, volontariamente smo- Ci ha fatto strada e per farle bilita. Tutti a casa.

piacere in chiesa siamo entrati tutti in punta di piedi, per via degli scarponi e stivali chiodati. E difatti alcuni hanno già preso posto negli ultimi banchi dietro di lei, mentre altri rimangono appena dentro la soglia. Poveretta! Senza volerlo l’abbiamo imbrogliata, perché in quel momento è accaduto un fatto che ha fermato alcuni di noi fuori dal gran portale: in chiesa a pregare è restata solo lei. L’assenza degli ulti- mi, soffermatisi incuriositi da un gran trambusto che si avvicinava, ha richiamato fuori anche gli altri. Passavano le jep dei liberatori tra i quali dei soldati neri con le

197 gambe penzoloni dai bordi e tutti “su di spirito”…, mentre la gente gli faceva ala arraffando per terra quanto gettavano: caramelle, cioccola- to e sigarette. Questi soldati, vedendo noi, forse per quel caratteristi- co abbigliamento che ci distingueva, si sono fermati e con tono tra l’i- ronico ed il compassionevole chiamandoci paisà, patriot, ci accenna- vano di avvicinarci mostrando di volerci offrire sigarette. Piú nessuna mano la gente ha proteso per ricevere, quando ha intui- to dal nostro contegno che non era dignitoso assecondare il loro divertimento; affiancati l’un l’altro li osservavamo impalati con tutt’al- tro tono. Sono ripartiti velocemente quando hanno visto che le Camel gettateci sciolte sono finite stritolate sotto i nostri scarponi. Lí per lí la gente ed i ragazzetti sono rimasti sbalorditi del nostro comportamento, ma subito si sono resi conto con poche spiegazioni che il fatto di accettare certe umiliazioni è anche un gesto di sotto- missione, il quale non si addice ad una Brescia che dopotutto è stata liberata dai partigiani e dall’insurrezione popolare e non dagli allea- ti che si atteggiano a liberatori col diritto di truppe di occupazione. Tutto è terminato con un applauso e non ci è rimasto che rientrare in chiesa da una porta per uscirne dall’altra dopo un segno di croce all’acquasantiera per esaudire in parte il desiderio della nostra esem- plare madre. Ma questo pomeriggio non è stato destinato ad essere quello del nostro congedo da terminare allegramente. Una bambina di dieci anni sta morendo e si cerca dappertutto un automezzo per trasportarla dal- l’ospedale di Brescia alla sua casa di Belprato di Pertica Alta in Val Sabbia. È la cuginetta di uno di noi. I medici hanno sentenziato che non c’è piú nulla da fare per salvarla già due giorni fa, quando le Fiamme Verdi della Brigata Perlasca l’avevano portata all’ospedale tremenda- mente ferita dallo scoppio di un ordigno che aveva trovato sul greto del torrente Tovere, abbandonato inesploso. Le schegge penetrate profon- damente nel suo corpicino le hanno dilaniato il ventre. Presso i vari Comandi e Centri di soccorso di automezzi ce ne sono, ma manca la benzina; finché siamo stati rintracciati noi che disponia- mo di un autocarro con carburante a sufficienza. Sul cassone, accanto alla mitragliera da 20 mm ancora montata e tra le cassette dei carica- tori, abbiamo fatto posto alla barella con la bambina morente, ma luci- dissima, ed al suo disperato papà e in alcuni siamo partiti veloci. Superati con decisione tutti i posti di blocco, siamo stati colti dal buio lungo la tortuosa stradina accidentata che si inerpica a Belprato, ma i

198 fari non funzionano e nel bosco il buio è impenetrabile. Per dare rife- rimento all’autista, con un pezzo di lenzuolo bianco sulla schiena uno di noi corre davanti al camion cercando di mantenere il centro della strada mentre gli altri sul cassone tengono sollevata la barella per attutire gli scossoni ed i sobbalzi. La piccola soffre molto ed è uno strazio sentirla tra i lamenti invocare la mamma e chiedere al suo papà se stiamo portandola a casa perché deve morire. Le Fiamme Verdi della Brigata Perlasca l’avevano portata all’ospe- dale con trepidante speranza di salvarla, ora il Gruppo Mobile della Brigata Dieci Giornate la sta mestamente riportando a casa in tempo di esalare l’ultimo respiro. Delicatamente l’hanno abbracciata la mamma, i fratelli e le sorelle che sono in tanti e dopo pochi attimi che è stata deposta nel letto dei genitori, è spirata. L’atroce fine di quella innocente bambina e la desolazione della sua famiglia ci rendono chiare le brutture della guerra che fino a pochi giorni fa non ci avrebbero tanto scomposto, perché ormai siamo rudi veterani abituati a tante sventure e obbrobri, che anche la nostra guer- ra, seppur fatta contro la guerra, ci ha procurato di partecipare ed assistere.

9 maggio 1945. A Brescia smobilitiamo definitivamente, consegnando l’armamento leggero al Comando Piazza, quello pesante al Comando della Divisio - ne Legnano ed il camion alla sorgente Cooperativa Lavoratori OM.

11 maggio 1945. Nel pomeriggio c’è stato il funerale della bambina morta; nel picco- lo cimitero di Belprato la sua bara è stata deposta nella stessa fossa dalla quale, al mattino, è stata tolta quella che conteneva le spoglie del ribelle per amore Emiliano Rinaldini.

Le pagine del diario di un parti- nella sua immediatezza prescinde da giano sopra riprodotte riguardano l’8, rigore sintattico e lessicale, rivelando il 9 e l’11 maggio 1945. Sono passati l’urgenza dell’autore di “buttar giú” i appena quindici giorni dalla libera- fatti di quei giorni, timoroso di per- zione di Brescia. La stesura del testo derne anche il piú piccolo particolare.

199 Le pagine sono state riprodotte non certo per predisporre, come s’usa integralmente, senza apportare cor- oggi, una succulenta e un po’ strava- rezioni, perché riferiscono in modo gante pietanza, ma per poter mettere esemplare e immediato l’accavallarsi sul desco della cena qualcosa, insieme di avvenimenti e circostanze di volta con una fetta di polenta, per attutire in volta gioiose e drammatiche, che la fame d’una famiglia numerosa, ma in quei giorni si susseguivano con non piú povera di altre. impressionante ritmo, segnando la Questo e gli altri episodi si pre- vita della città prostrata. stano a indurre i giovani piú pensosi Le note sono incentrate per lo piú a riflettere e a paragonare le situa- sull’episodio riguardante Pierina zioni e i valori di allora e di oggi; Zani, la bambina ferita e poi deceduta affinché percepiscano lo spirito che in seguito alla deflagrazione di un pervadeva i partigiani e considerino congegno per la pesca di frodo (lo si le difficoltà che costellavano la vita è appurato in seguito) e non, come della gente nel travaglio quotidiano lascia supporre il diario, per lo della sopravvivenza in quella terribile scoppio di un ordigno bellico ine- ma luminosa stagione. E valutino sploso. Il contesto resta comunque quali e quante colpevoli degenerazioni significativo: la bimba, con alcuni coe- la democrazia, cosí sanguinosamente tanei andava cercando lumache, e conquistata, abbia poi subíto.

200 27 - Sentiero “Caduto Francesco Troletti”

L’ambiente Il percorso Il versante sinistro della Valle Camo- Il punto di partenza del sentiero n. nica tra Malonno e Sonico presenta a 27, ben segnalato, si trova vicino all’al- chi percorre la statale n. 42 un aspetto bergo Valmalga (m 1118); lo si imboc- molto vario e pittoresco, cosparso cherà affrontando il tracciato ad anello com’è di piccole frazioni e di sparsi fie- in senso orario; l’avvio è invitante, in nili disseminati tra verdissimi prati, dolce pendenza sfiorando alcuni rustici radure e macchie di ceduo e castagni e la chiesetta di S. Gottardo; ben presto che, a quota piú elevata, cedono spazio si raggiunge la località Boiana (m 1150) alle peccete. Lo percorre, in salita da dove, vicino ad una casa, spicca un Malonno, la strada per Garda, che poco maestoso esemplare di faggio recente- prima della chiesetta di S. Lorenzo mente dichiarato monumento naturali- incrocia quella opposta proveniente da stico protetto. Dopo Boiana la strada Rino di Sonico dando luogo a un qua- tende leggermente a scendere e, poi, di drivio. Imboccando in salita il braccio nuovo a salire toccando dapprima le nord del quadrivio e superata la località Cascine dei Buoi (m 1183) e, piú oltre Dosso Fobbia, dopo alcuni tornanti, tra in una conca prativa, le Cascine Sbriser. boschi di castagni e abeti, si entra nella Ora la strada, percorribile anche in Val Malga dove, poco oltre il ponte Faet “fuoristrada” descrive alcuni tornanti si trova l’albergo Valmalga, base di par- volgendo a sud-est e toccando la sua tenza della gita. quota piú elevata (m 1396) per poi ridi- La Val Malga è un profondo solco scendere lievemente verso Casadecla. granitico che da est s’incunea fin sotto Superata questa località si giunge al l’acrocoro adamellino; nella sua parte cippo con lapide che indica il luogo del- superiore si biforca prendendo il nome l’uccisione del partigiano Francesco di Conca del Baitone a sinistra, e di Troletti e, poco oltre, è possibile, con Val Miller a destra. La parte di Val l’aggiunta di circa un’ora di cammino in Malga interessata dal nostro percorso andata e ritorno, raggiungere la loca- è però quella medio-bassa. lità Montuff (m 1500). Vi si trova un altro faggio di gigantesche dimensioni,

201 Comune di Sonico 27 - Sentiero “Caduto Francesco Troletti” Tempo medio di percorrenza: ore 2,30 circa Lunghezza: km 8 circa

1313 Legenda Cascine Sbriser Tracciato del sentiero Variante Strade pricipali Cascina dei Buoi 1183 Fiume, torrente Luogo di partenza Direzione consigliata Cucchenda 1396 Lapide Ristoro Telefono Chiesa

Torrente Remulo

Val Malga Boiana per Sonico 1150 Casadecla

Lapide del Caduto Francesco Troletti

1350 Montuff

S. Gottardo

Ponte Faeto 1118 Cascina Rampino

Torrente Remulo

1300

per Ponte Guado del Guat 1200 vecchio di oltre 400 anni, come quello guado è superabile, proseguendo paral- di Boiana monumento naturalistico, ma lelamente al torrente, si giunge in sciol- bisognoso di speciali cure botaniche tezza al punto conclusivo del percorso; che gli garantiscano vigore e gli con- se, viceversa, è inaccessibile, si segue servino il primato. la strada asfaltata fino al punto d’arrivo. Il percorso continua linearmente in discesa fino a toccare un tornante della Note storiche Veduta sul Palone e il Piz Tri Cascina Sbriser, all’estremità nord del

strada per il “Ponte del Guat”; qui il sentiero n. 27, fu punto di raccolta tem- sentiero perde quota nel bosco ta - poraneo di gruppi di partigiani – Gari- gliando piú volte il nastro d’asfalto fino baldini e Fiamme Verdi – non ancora a raggiungere un’area attrezzata per definitivamente inquadrati nelle forma- picnic, superata la quale, a sinistra, si zioni di destinazione che in quella zona trova un luogo adatto al guado del tor- continuamente si spostavano per sfug- rente Remulo. Non sempre, però, è pos- gire agli incessanti rastrellamenti con- sibile e opportuno superare l’alveo del dotti dai nazifascisti su indicazione di corso d’acqua: d’inverno per il ghiaccio, zelanti delatori. Si ritiene che proprio d’estate in caso d’esondazione. Se il questi estemporanei spostamenti siano

203 stati fatali a Francesco Troletti, parti- del faggio di Montuff segnalano il luogo giano del di staccamento Valmalga del - dove fu ritrovata la sua salma. la 54a Brigata Garibaldi: mentre rien- La Cascina Sbriser. In basso, l’al- trava alla base dopo aver portato a ter- berghetto Valmalga.

mine un compito che gli era stato affi- dato, fu sorpreso isolato, legato, seviziato e sospinto a bastonate lungo il sentiero perché indicasse nascondigli e movi- menti dei compagni già sganciatisi dal- l’accerchiamento in atto e che peraltro gli erano del tutto ignoti. Finí barbara- mente ucciso, come erano soliti fare i nazifascisti quando i prigionieri, sfiniti dalle botte, non potevano piú reggersi in piedi. La salma, abbandonata nel bosco alla mercè degli animali selvatici, fu ritro- vata da alcuni montanari. Si presume sia morto il 30 giugno 1944. Una lapide e un cippo nel bosco tra Casadecla e il bivio

204 Sopra, il guado sul torrente Remulo; sotto, la passeggiata inaugurale del sentiero n. 27

205 Il maestoso faggio della località Boiana in Val Malga.

206 28 - Sentiero “Caduti Mario Bernardelli e Giuseppe Zatti”

L’ambiente nianza di antiche tradizioni di fede. Il sentiero “Mario Bernardelli - Giu- Un’altra dozzina di piccoli nuclei abitati seppe Zatti” svolge il suo percorso sul sparsi sulle circostanti alture comple- territorio del Comune di Brione e solo tano il panorama urbano di questo in piccola parte su quello di Gussago. sparso paese. Brione, ridente paese delle Prealpi In tutte le sue principali frazioni si bresciane adagiato tra Valle Trompia e trovano negozi di alimentari, bar-trat- Franciacorta, è raggiungibile da piú torie e, perifericamente, alcuni agritu- direzioni: da Brescia (18 chilometri) rismo cui fare riferimento per le neces- passando da Gussago, o percorrendo la sità escursionistiche nella zona. Valle Trompia fino a Ponte Zanano e Fino a pochi decenni fa l’attività qui piegando verso ovest a risalire par- principale dei suoi abitanti era l’agri- zialmente la valle del Gombio; da Iseo coltura montana in tutte le sue forme; attraverso Polaveno; da Ome passando oggi, sotto la spinta del pendolarismo per S. Giovanni di Polaveno. verso le vicine industrie a valle, la cura Il paese, posto a un’altitudine media della terra ha ridotto il suo peso eco- di 600 metri s.l.m., è l’insieme di nume- nomico, riuscendo tuttavia a conser- rose frazioni e nuclei sparsi di case vare alle contrade le caratteristiche di variamente disposti in posizioni aperte una vita agreste tranquilla e salubre. e soleggiate, per lo piú affacciati sulle degradanti colline moreniche francia- Il percorso cortine e, oltre, sulla grande pianura Il percorso ad anello molto allungato padana. Giungendovi da Gussago si di questo sentiero si snoda su strade incontra dapprima l’abitato di Silviane, asfaltate, sterrate, su carrarecce e poi quelli di Gazzane e S. Zenone con comodi sentieri che, nel tempo della l’omonima parrocchiale, la sede muni- guerra partigiana erano solo mulattiere cipale e l’ufficio postale. Piú decentrate e viottoli molto rustici dalle origini sono le frazioni di Aquilini, Barche, antiche, utilizzati dagli abitanti della Riviere, Vesalla, ognuna con una pro- plaga per rifornirsi di legna e carbo- pria chiesetta o cappella a testimo- nella, per il riordino del bosco o per

207 Comuni di Brione e Gussago 28 - Sentiero “M. Bernardelli - G. Zatti” Tempo medio di percorrenza: ore 2,30 circa

Lunghezza: km 10 circa

emone per Gr

795 per S. Giovanni di Polaveno Cà d’enséma

Cugno Silviane BRIONE 641 o 3V

Sentier

820

Aquilini Valle Trompia Valle Uccellanda Magnoli 845

Legenda Monte Magnoli Tracciato del sentiero 877 Sentiero 3V Strade principali Luogo di partenza Direzione consigliata Lapidi Franciacortaper Gussago Sella dell’Oca

per Quarone805 l’antica e tradizionale pratica venatoria. sulla cima). Si prende a destra: siamo Il punto di partenza e d’arrivo del ora sul tratto di sentiero proveniente nostro percorso, indicato con segnale- da Gremone e diretto a sud sul quale si tica tricolore, si trova al margine del consumò il martirio dei partigiani Ber- parcheggio di Silviane; da qui, dopo nardelli e Zatti. Il cammino si svolge su strada sterrata a tratti dal fondo in cemento, dapprima pianeggiante, poi in Uccellanda Magnoli. Veduta della Valgobbia con la soprastante cresta leggera discesa fino al bivio dell’uccel- dal Sonclino al Passo della Brocca. landa Magnoli, una cinquantina di metri

aver fatto rifornimento d’acqua che non dopo la quale, sulla sinistra si imbocca troveremo lungo il tragitto, si prende un sentierino affiancato su ambo i lati per via Cugno raggiungendo, dopo da due muretti a secco che sfocia sul mezzo chilometro, l’incrocio con via percorso del 3V; si prosegue nel bosco, Magnoli. Si prosegue in direzione nord in salita, rasentando due case poste fino al bivio dopo il quarto tornante per proprio sulla cima del monte Magnoli imboccare a sinistra la strada in salita (m. 877); quindi ci si abbassa fino a dal fondo cementato. La si segue fino al immettersi sulla via Magnoli che si per- suo culmine dove c’è un bivio detto corre, giungendo in breve alla Sella del- delle “Cà de ’nséma” (significa: case l’Oca. In questa località c’è una tenuta

209 recintata non accessibile con una gendo dal monte Magnoli e, percor- grande casa al centro in cui sono rendo ora in direzione nord-nord-ovest murate le lapidi che ricordano la fuci- la stessa via Magnoli e toccando nuo- lazione dei partigiani Bernardelli e vamente l’omonimo roccolo, si fa ritor - Zatti. La vista delle lapidi è preclusa al no a Silviane, dove si giunge ripercor- passante, perché poste sul lato na- rendo in senso contrario la strada scosto della casa; l’omaggio al luogo d’avvio che dal paese dirige a Cugno.

Segnaletica a Sella dell’Oca Notizie storiche

del martirio è tuttavia possibile a sco- Dopo la località “Cà de ’nséma” dove laresche e gruppi organizzati dietro il percorso si immette sul sentiero pro- richiesta ai proprietari del fondo e in veniente da Gremone, l’escursionista presenza del personale di servizio della ripercorre, come già accennato, fino alla tenuta. Sella dell’Oca il cammino del martirio Siamo all’estremo sud del percorso: dei partigiani Mario Bernardelli e Giu- non resta che la via del ritorno. Si riper- seppe Zatti, catturati dai fascisti della corrono allora i trecento metri della squadraccia Tognú il 27 ottobre 1944 strada dalla quale siamo provenuti, fino dopo uno scontro con una ventina di al punto in cui vi eravamo sbucati giun- elementi della 122a Brigata Garibaldi,

210 renitenti alla chiamata nazifascista, da alcunché, furono sospinti a calci e basto- poco accampatisi nei pressi della loca- nate – mani legate dietro la schiena e lità Camaldoli. Attaccati dai fascisti, oberati dal peso degli zaini dei fascisti dopo una prima cruenta reazione, per ghignanti – sul sentiero per la Sella del- esaurimento delle munizioni furono l’Oca. Era questo il modo consueto dei repubblichini per strappare la dela- Veduta di Brione con le frazioni di zione ai prigionieri: far loro ripercor- Silviane, Gazzane, S. Zenone. Sullo sfondo: la Franciacorta e il Mon- rere, dopo averli a lungo inutilmente torfano. torturati, i percorsi clandestini per indi-

costretti a disperdersi, lasciando sul ter- viduarvi nascondigli, case e stalle dove reno un morto e un ferito grave che, col- trovavano rifugio i partigiani, brucian- pito agli occhi, diverrà cieco. Tre furono dole, imprigionando o uccidendone i fatti prigionieri: il Bernardelli, lo Zatti e proprietari colpevoli d’aver dato aiuto un terzo partigiano, del quale non si ai ribelli. seppe piú nulla, forse risparmiato Cosí, legati, bastonati, spintonati, perché giovanissimo o perché delatore. Mario Bernardelli e Giuseppe Zatti, Il giorno 29 il Bernardelli e lo Zatti giunti alla Sella dell’Oca, furono truci- che, tradotti in caserma avevano subíto dati. sevizie e interrogatori senza rivelare

211 Dal “Quadrone” di Monte Magnoli, veduta sull’Alta Val Trompia.

212 Indice

1 Sentiero “del Corno Barzo” pagina 23 2 Sentiero “7a Brigata Matteotti” 29 3 Sentiero “122a Brigata Garibaldi” 37 4 Sentiero “Emiliano Rinaldini (Emi) - Mario Pellizzari (Fabio)” 45 5 Sentiero “Caduti per la Libertà di Mura, Nasego, Stecle di Noffo” 55 6 Sentiero “Brigata Giustizia e Libertà Barnaba” 63 7 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Ermanno Margheriti” 71 8 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Giacomo Perlasca” 79 9 Sentiero “Tranquillo Bianchi e dei Caduti lumezzanesi per la libertà” 89 10 Sentiero “Della Libertà e dei Caduti trevigiani” 99 11 Sentiero “Gruppo Sella Lorenzini” 109 12 Sentiero “Brigata Giustizia e Libertà Montesuello” 119 13 Sentiero “Ribelli della Val Degagna” 121 14 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Dieci Giornate” 123 15 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Tarzan” 131 16 Sentiero “Ribelli bovegnesi e della Garotta” 137 17 Sentiero “Caduto Ugo Ziliani” 139 18 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Antonio Lorenzetti” 141 19 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Ferruccio Lorenzini” 147 20 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Giacomo Cappellini” 153 21 Sentiero “Brigata Garibaldi Bortolo Belotti” 159 22 Sentiero “Caduto Bortolo Rodondi” 165 23 Sentiero “Brigata Fiamme Verdi Antonio Schivardi-Luigi Tosetti” 171 24 Sentiero “Caduti della Libertà della Valtenesi” 177 25 Sentiero “3V” (Il sentiero dei Ribelli) 179 26 Sentiero “Del centenario del Cai Brescia e dei mughi” 187 27 Sentiero “Caduto Francesco Troletti” 201 28 Sentiero “Caduti Mario Bernardelli e Giuseppe Zatti” 207

213 La Val Baione tra il Cimon della Bagozza e la Conca- rena. Si scorge in basso la chiesetta di S. Cristina.

Baremone. L’ex forte di Cima Ora.

I laghetti di Ravenola, tri- butari del Torrente Grigna tra il Monte Colombine e il Dosso dei Galli.

214 Dal sentiero n. 19, panora- mica su Borno. Da sinistra: la Presolana, la Corna di S. Fermo, la Cima Moren, il Pizzo Camino e il Monte Susino.

Il lago Moro nelle vicinanze di Angolo Terme.

La “Valletta” di Angolo Ter - me vista dal sentiero n. 18. Da sinistra, il monte Pora, la Presolana e la catena delle Orobie orientali.

215 Finito di stampare nel mese di novembre 2004 presso La Compagnia della Stampa - (Brescia)

ISBN 88-8486-142-X