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Scarica L'intero Numero In Ricerche di S/Confine DIRETTORE RESPONSABILE Luigi Allegri REDAZIONE Alberto Salarelli, Marco Scotti, Francesca Zanella COMITATO SCIENTIFICO Luigi Allegri, Gloria Bianchino, Arturo Calzona, Roberto Campari, Cristina Casero, Arnaldo Ganda, Roberta Gandolfi, Elisa Grignani, Alberto Salarelli, Vanja Strukelj, Francesca Zanella Periodico registrato presso il Tribunale di Parma, aut. n. 13 del 10 maggio 2010. ISSN: 2038-8411 © 2010 – Dipartimento dei Beni Culturali e dello Spettacolo, Università di Parma. Luigi Allegri Editoriale Un’altra rivista? Sì, un’altra rivista. Non perché manchino gli spazi per la pubblicazione dei propri lavori, ma proprio perché tanti e forse troppi ce ne sono. Spazi che a noi sembrano spesso non adeguati, per varie ragioni. Perché luoghi di ospitalità indifferenziata, senza una precisa identità culturale. Oppure, al contrario, perché spazi troppo identitari e chiusi ad ogni interferenza. Questa rivista, allora, vuole proprio muoversi nello spazio che c’è tra queste due polarità, tra l’angustia di un’identità troppo stretta che rischia di togliere ogni respiro e lo spazio vasto e neutro dei non luoghi. Ricerche di S/Confine abbiamo voluto che si chiamasse la rivista, con un’operazione apparentemente contraddittoria ma che bene definisce la nostra identità. Stabilire dei campi di operazione, con dei confini, dei perimetri che li delimitino, e poi oltrepassare quei confini, smarginare gli spazi e scavalcare le frontiere. Perché non si riflette abbastanza, ci pare, sul fatto che il confine è sì una linea di demarcazione che separa uno spazio da un altro, un’identità da un’altra, ma al contempo è anche il punto esatto del contatto possibile tra questi spazi e queste identità. Ed è proprio lì che vogliamo collocarci, nel luogo d’incontro tra diverse discipline, nel luogo in cui i saperi di incontrano, si confrontano e si arricchiscono reciprocamente. Perché se c’è un dato unificante nella multiformità della cultura contemporanea è proprio quello dello sconfinamento e della contaminazione. La spazio fisico e istituzionale in cui questo avviene è il Dipartimento dei Beni culturali e dello spettacolo dell’Università di Parma. Uno spazio che è già di per sé multidisciplinare e interdisciplinare, perché ospita studiosi di discipline artistiche, di estetica applicata alle arti, di cinema, di teatro, di fotografia, di conservazione dei beni artistici, di biblioteconomia e bibliografia, di archivistica tradizionale ed elettronica. Visto da qui, il mondo – quello della cultura, ovviamente – è già un universo s/confinato e s/confinante. La rivista darà conto di questi confini e di questi sconfinamenti. Ricerche di S/Confine, vol. I, n. 1 (2010) – www.ricerchedisconfine.info I Ricerche di S/Confine è una rivista che nasce dentro un Dipartimento, ma non è una rivista di Dipartimento. Perché sarà aperta anche a contributi esterni e perché pretende di uscire (di sconfinare appunto) dall’ambito strettamente accademico per diventare luogo d’incontro di studiosi che ne condividano gli scopi e l’impostazione. Naturalmente guarderà con particolare attenzione ai lavori dei ricercatori, dei dottori di ricerca e dei dottorandi, comunque degli studiosi giovani, perché soprattutto lì sta il senso di una rivista come la nostra. La periodicità della rivista sarà annuale. E ogni numero avrà un tema in qualche misura unificante. Il tema che accomuna gli undici saggi di questa prima uscita è quello del potere, affrontato con approcci diversi e indagato in settori differenti, dal teatro al cinema, dall’arte contemporanea all’architettura, dall’arte medievale alla bibliografia. Campi e metodi di ricerca e di analisi diversi, strade che partono da lontano ma confluiscono tutte come in una grande piazza, luogo delle Ricerche di S/Confine . La luce della città usata come elemento mistificante specie nella rappresentazioni della guerra, il volume-monstre di venticinque chili regalato da Berlusconi ai grandi della terra in occasione del G8 a L’Aquila come segno evidente e ponderoso di grandezza, il congresso artistico e l’esposizione del 1870 per costruire una immagine di Parma, non più capitale, le decorazioni come strumento di comunicazione politica della Casa del Fascio di Como, il potere delle immagini e le immagini del potere nell’ Histoire(s) du cinéma di Jean-Luc Godard, la scultura futurista come immagine del potere fascista, la valenza di contestazione ideologica dell’arte italiana degli ultimi decenni, la figura di Egisto come immagine del potere nelle riscritture novecentesche del mito di Elettra, un testo sull’attentato a Mussolini come esempio di drammaturgia anarchica di opposizione al fascismo, l’immagine del potere di Cristo nella rappresentazione dell’ Arma Christi tra Medioevo e Rinascimento, l’analisi di un crocefisso ligneo come immagine identitaria di una comunità medievale. Tutto questo, alla fine, parla del potere, dei suoi modi e delle sue forme. Nessuna pretesa di esaustività, naturalmente. Ma è l’inizio di un percorso. Senza limiti e senza confini. II Ricerche di S/Confine, vol. I, n. 1 (2010) – www.ricerchedisconfine.info Laura Saporiti Il potere dello stemma araldico dell’ Arma Christi Abstract Il saggio propone un’ampia disamina dell’iconografia e del significato assunto dall’immagine delle Armi di Cristo nella tipologia illustrativa racchiusa entro scudo, ovvero nella variante propriamente araldica dello stemma. Accanto alle funzioni apotropaiche e indulgenziali desunte dal culto religioso associato all’ Arma Christi nel tardo Medioevo, si disvelano così le peculiari finalità nobiliari di identificazione dello status sociale del fedele in quanto milite cristiano, prossimo di Cristo e della sua genealogia, che in ultima analisi consentivano un’abbreviazione del percorso escatologico di ricongiungimento a Dio dopo la morte attraverso il purgatorio. L’articolo nasce in origine come ricerca nell’ambito del terzo anno di Corso in Araldica e Scienze Documentarie dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano nel settembre 2008. The paper presents a wide analysis of the iconography and the meaning of the image of the Arms of Crist in the illustrative tipology enclosed into a shield, that is the properly heraldic variant of blason. Next to the apotropaic and indulgential functions derived from the religious cult connected to the Arma Christi in late Middle Ages, the article also shows the peculiar nobiliar purposes of identification of the faithful’s social status as christian soldier, neighbour in Christ and in His genealogy, which in the end allowed an abridgment of the escathological journey of reunification with God after death and through purgatory. This work was originally written as final essay of the third year of the Course in Heraldry and Documentary Sciences of the Italian Heraldic and Genealogical Institute in september 2008. Premessa Arma Christi : l’iconografia degli Strumenti della Passione e la metonimia illustrativa con le Cinque Piaghe L’espressione Arma Christi , che significa letteralmente “armi di Cristo”, indica propriamente l’immagine degli Strumenti della Passione del Signore - ossia la croce, la corona di spine, i chiodi, la colonna della flagellazione, la lancia, i flagelli e altri ancora - intesi come emblemi del suo tormento terreno; ma in senso traslato individua anche l’iconografia delle Cinque Piaghe - ovvero le ferite al costato, nelle Ricerche di S/Confine, vol. I, n. 1 (2010) – www.ricerchedisconfine.info 3 mani e nei piedi - intese per metonimia come i segni della sua sofferenza (Mâle 1925, pp. 104-106). Sin dai primi secoli del Medioevo e per tutta l’epoca moderna questi elementi sono intesi come armi non solo in senso letterario e concreto, in quanto cioè strumenti di offesa carnale, ma sono armi soprattutto in senso spirituale, quali mezzi intercessori di salvezza, poiché attraverso di essi il Cristo ha dato la propria vita per riscattare quella degli uomini tutti dal peccato e in cui l’umanità può quindi cercare rifugio, consolazione e aiuto contro le tentazioni terrene. Come ricorda San Paolo: [i]n realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio (2Cor 10: 3-5). Essi sono tuttavia armi anche in senso araldico, in quanto, soprattutto tra XIV e XVI secolo, si presentano entro scudi in disposizione para-araldica in combinazione variabile fra loro, trasformandosi in veri e propri stemmi che rimandano a Cristo e alla genealogia della Sacra Famiglia da cui proviene, in parallelo con i blasoni nobiliari e gentilizi. Come ogni re terreno possedeva uno stemma con rimandi simbolici alle proprie conquiste materiali e alla propria posizione sociale, così in passato si ritenne appropriato per il Re dei cieli portare le armi con gli emblemi della propria vittoria terrena e spirituale, ossia i simboli sublimati della sua sofferenza carnale. Le funzioni che lo stemma portava con sé sono quindi individuabili in primo luogo in una valenza identificatrice, la quale cioè suggeriva l’appartenenza a una dinastia, in un valore informativo dello status , che rendeva esplicito il grado di lignaggio, e in una finalità apotropaica, o protettiva. L’ Arma Christi non solo onorava il Signore con un blasone araldico di riconoscimento e identificazione riconoscibile da chiunque, ma dava forma concreta a un culto che crebbe d’importanza e popolarità in maniera esponenziale durante il tardo Medioevo, per raggiungere il suo culmine nel XV secolo. L’immaginario iconografico dell’ Arma Christi associato al culto della Passione ha una lunga tradizione che affonda le sue radici nel IX secolo, come mostrano le illustrazioni del Salterio di Utrecht dell’830 a.C. circa (Utrecht, Universiteitsbibliotheek, Ms. Bibl. Rhenotraiectinae I Nr. 32, c. 12 r), assumendo valenza talvolta meramente simbolica, se non addirittura astratta, come quando si mostrano ad esempio le sole Piaghe del Cristo senza alcun riferimento alle membra fisiche che le recavano, come nel caso delle cinque croci che ancora oggi vengono tracciate dal sacerdote durante la cerimonia di consacrazione di un nuovo altare o 4 Ricerche di S/Confine, vol.
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