NUMERO 275 in edizione telematica 11 dicembre 2019 IRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

SPIRIDON/2

ovvero gli imbrogli nello sport

Dal fondo di un cassetto spunta la copia di un documento redatto e sottoscritto dall'avvocato Giulio Gradilone, uomo e professionista d'irreprensibile dirittura, all'epoca dei fatti molto noto negli ambienti sportivi della Capitale, in particolare nel mondo del rugby e dell'atletica e molto partecipe delle attività promozionali e organizzative del Centro Universitario Sportivo. Il documento reca la data del 3 luglio 1998, ma fa riferimento ad episodio accaduto nel precedente mese di giugno, nell'immediata vigilia delle fasi finali della Coppa del Mondo di calcio. Si tratta di un'auto-denuncia di Gradilone presentata con procedura d'urgenza, con il pagamento di un totale di 34.675 lire per diritti di notifica e tasse erariali,all'Ufficio Unico della Corte di Appello, relativamente all'ipotesi di imbrogli verificatisi in occasione della Coppa ospitata in Francia. Con l'Italia eliminata agli ottavi di finale, sconfitta ai calci di rigore dalla Francia, l'evento si chiuse con l'affermazione della nazionale transalpina dinanzi a Brasile, Croazia e Paesi Bassi. La denuncia non ebbe seguito. Tempo dopo, copresidente del Comitato organizzatore, Michel Platini dichiarerà "giocavamo in casa, tanto valeva approfittarne: non ci si rompe le scatole per sei anni ad organizzare la Coppa se non si fa qualche piccolo imbroglio".

Ecco il testo dell'ATTO DI COMUNICAZIONE

Io sottoscritto GRADILONE Giulio, res.te in Roma, via Barberini 86

Premesso

- che il giorno 8.6.98 ho viaggiato sul treno EC n. 10 in partenza alle 16,10 da Milano Centrale e diretto in Francia; - che raggiunto il vagone ristorante per sorbire un caffè, in quel luogo, tra gli altri,vi erano due persone di civile condizione, che parlavano fittamente in inglese, uno dei due con un accento; - che conosco la lingua inglese, avendo vissuto negli Stati Uniti; - che nel corso della conversazione, più volte, ho sentito pronunciare le seguenti parole: "Football, Graft, Kickback, country, world cup"; - che i due si sono reciprocamente scambiati indicazioni al fine di danneggiare la nazionale italiana di calcio e favorire quella francese; - che è emerso che il torneo sarà ispirato dal principio di giocare tutti contro l'Italia; - che l'intenzione generale, secondo i due, è quella comunque di impedire che l'Italia conquisti il titolo, come il Brasile, intossicando anche i giocatori; - che Shakespeare nel Re Lear atto prima scena quarta fa dire a Kent: Nor tripped neither, you base foot-ball player". Poiché quanto precede ha destato in me preoccupata sorpresa lo COMUNICO ad ogni buon fine a Giulio Gradilone, via Barberini 86, Roma, per dare precisa memoria, con data certa agli eventi tutti sopra narrati.

Roma, 11.6.1998. Giulio Gradilone

SPIRIDON /3

fuori tema

Due notizie nel giro di poche ore. Da Losanna, le agenzie davano conto di come il Tribunale Federale svizzero avesse respinto la richiesta inoltrata dai legali di Alex Schwazer per la sospensione della squalifica,comminata dal Tribunale Arbitrale dello Sport fino al 2024, con il pretesto di una presunta manipolazione delle provette utilizzate in uno dei controlli antidoping. Da un'aula giudiziaria di Bolzano, in sede di appello – senza, opportuno precisarlo, che alcun tipo di risarcimento potrà rimarginare le ferite causate dall'ignoranza e dalla malafede dei più – la sentenza che ha reso giustizia alle coscienze di tre persone oneste,Giuseppe Fischetto, Pierluigi Fiorella e , dopo otto anni di un inferno processuale gettato in pasto dalla gran parte di un mondo dell'informazione raramente scoperto nelle sue intollerabili irresponsabilità. Da corollario alla conclusione di una delle storie più insultanti registrate nella storia dello sport italiano, due vicende di minor conto, e purtuttavia significative. Indecenti. In pari misura. Primo d'essi, nel tempo, l'avvertimento pronunciato dall'Ordine dei Giornalisti avverso Fabio Carini – già bersaglio della sospensione, più ridicola che irritante,comminata dalla Corte di appello federale – colpevole a suo tempo di aver annunciato l'esclusione dalla Trieste Running di atleti africani 'spesso vittima di manager senza scrupoli' e da quel momento additato quale razzista e fatto oggetto di un linciaggio filisteo degno della peggiore suburra. Il secondo, aver premiato a Mantova, tra gli eredi di , sotto l'occhio distratto della dirigenza federale locale e centrale, , che gli accesi di mente ricorderanno bloccato nel 1993 alla vigilia della partenza per i Mondiali di Stoccarda e squalificato per doping:difficile inventarsi un insulto peggiore, nella ricorrenza del cinquantenario della sua scomparsa, alla nobile figura del più grande atleta italiano. D'altra parte, e le cronache ne fanno testo, resuscitare squalificati è dalle nostre parti prassi molto frequentata. Due esempi su tutti, estratti di peso dall'Arma, mortificata nella sua fedeltà nei secoli:Alex Schwazer, sempre lui, protagonista, lui e il suo compare – gratificato dal Comitato olimpico nazionale italiano di imbarazzanti guide rosse (vero, Mornati…)e di non irrilevanti indennità finanziarie da aggiungere alla pensione da maestro di sport – e quell' che abbigliato dei colori dell'Uisp saltella senza vergogna, credo ancora con la divisa dei CC.,da una località all'altra d'Abruzzo razziando vittorie e scorte di arrosti cin in barba alle due squalifiche del 2006 e del 2008. Ancora da corollario – tratte da quanto da un anno circa accade dalle parti di un Foro Italico sempre più vittima di muri e di separati in casa dal momento in cui apparve all'orizzonte quell'imbarazzante istituto che reca il curioso titolo di Sport e Salute – le decisioni partorite dal direttorio presieduto e amministrato in forza di delega dall'ing. Rocco Sabelli, il quale, oltre sottoscrivere comunicazioni in cui si definisce <>, sembra poco curare anche quelle modeste e pur tuttavia protocollari ritualità burocratiche che suggeriscono a qualsiasi mittente di ingentilire la ruvidità di un messaggio con l'aggiunta di un innocente e gratuito 'cordiale'. Per i semplici e non compromessi osservatori che seguono da tempi immemori storie, successi e cadute del movimento sportivo nazionale, leggendo alcuni fogli elaborati dal nuovo consesso 'allocato' al Foro Italico con paratie stagne posizionate da un corridoio all'altro, sembra, ci si passi l'ingiuria, che quel consesso, sostenuto inizialmente dall'archimandrita, che non è un insulto, Giancarlo Giorgetti, sia giunto nell'edificio di Del Debbio totalmente ignorante della materia. E con tutta la violenza che politici di altre epoche, ben più addottrinati e pure consapevoli dei rischi cui sarebbero probabilmente incorsi, evitarono di applicare. [email protected]

SPIRIDON/ 4

IL DOVERE COMPIUTO Prendo lo spunto dalla recente fantastica celebrazione di sport e cultura, tra passato e futuro, voluta dalla Sezione Romana dell’Unione Nazionale Veterani Sportivi, intitolata a Marcello Garroni. Cosa vi devo dire, lo so che il tema della nostalgia è ricorrente tra di noi, che forse non è vero che si stava meglio quando si stava peggio, che si corre il rischio di apparire scontati e scaduti come lo yogurt dimenticato nel frigo, quando si racconta di profumi e colori irripetibili dell’atmosfera irreale, che regnava nel tempo della sconfitta e della vittoria, quando dal fascio littorio si passò con un amen alla stella repubblicana e l’impalcatura dello sport, una delle realtà nazionali più importanti, efficienti e strutturate, andò sbilenca, finì fuori Costituzione e dai programmi educativi, almeno per le “elementari”, oggi “primarie”, perché il retaggio dell’Opera Balilla era troppo ingombrante ed il pregiudizio un sentimento incomprimibile, anche a costo di farsi del male. Così quando Onesti, prima Commissario liquidatore e poi coraggioso e provvido Presidente di un Ente fascistizzato com’era il CONI, dovette rimettere in sesto quel che era rimasto del vecchio per provvedere al nuovo, raccolse intorno a se una squadra di uomini esperti, seppure reduci. Uno di questi, che lui conosceva bene, era proprio il nostro Marcello Garroni, già quattrocentista e ottocentista degli anni trenta, ma soprattutto ex Segretario del GUF, dunque con una importante esperienza nello sport universitario. Era il 1949 e l’ex direttore di Roma Fascista, rivista dove nel ’41 Carlo Lizzani aveva esordito come critico cinematografico, faceva ritorno a Roma, da Milano, dove si era traferito dopo l’8 settembre del 1943, per lavorare alle Assicurazioni d’Italia. Nel quarantanove io avevo otto anni e il Foro Mussolini era ancora nuovo di pacca, di libero accesso e rispettato, decisamente più di oggi, Foro Italico, ammalorato e sovraccarico di imbarazzanti superfetazioni. Ancora ho nelle orecchie le note ritornanti de La bella biondina e di Gira gira l’elica, che mio padre canticchiava, segnalando il suo buonumore e le scampanellate del mio amico Tonino Ferro, figlio di Guglielmo, ex astista “ terza serie” del GUF e ginnasta della Borgio Prati, amico appunto di Marcello Garroni e mio iniziatore all’amore per l’atletica. Fu così che dalla inaugurazione dell’Olimpico nel ’53, sino ai Giochi Olimpici, non persi un appuntamento con il mio futuro e con il mio presente di uomo di sport a tutto tondo. Ma quanti sono, se non una quantità innumerevole coloro che hanno potuto cogliere il benefico refolo di vento scaturente dal Palazzo H in quegli anni cinquanta e sessanta, che hanno segnato la storia del nostro costume e la rinascita italica nel suo complesso, in tempi da record. Il titolo del Rapporto sui XVII Giochi, IL DOVERE COMPIUTO, redatto con Romolo Giacomini, pilastro del Corriere dello Sport e mio primo Segretario di Redazione, la dice lunga sul modo di pensare di Marcello Garroni, che preferiva stare un passo indietro nella forma, ma uno avanti nella sostanza. Vice Segretario Generale del CONI, Segretario Generale dei Giochi di Roma 1960, ha lasciato l’impronta in tutte le cose di cui si è occupato, da Capo Delegazione alle Olimpiadi di Melbourne, passando per e poi nelle scelte caratterizzanti i XVII Giochi, come quelle di rendere simboli indelebili dell’Evento la Basilica di Massenzio e l’Arco di Costantino. Soltanto a leggere la sintesi del lavoro svolto con mezzi diversi dagli attuali, facilitati dalla tecnologia avanzata, c’è da farsi venire l’orticaria. Quella mole impressionante di lavoro fu alla base di un risultato che ci restituì in un colpo solo le credenziali di grande Paese, tanto che sia per i successivi appuntamenti “pentacerchiati”, a Tokio e Città del Messico, gli fu chiesta la consulenza organizzativa, cui in parte non si sottrasse. E poi, chi si dimentica della sinergia avviata con le Forze Armate, delle sua idee per la super staffetta 100X1000, per i Giochi della Gioventù, per la Scuola Nazionale dello Sport, con un panel scientifico degno della più grande università e con discenti che avrebbero continuato con massima perizia a tessere la storia gloriosa del nostro sport e non solo… Garroni, che ieri abbiamo citato come il Gladiatore di nome Marcello, manifestava la sua intima vena goliarda inforcando la sua bici da bersagliere per incontrare Giulio Onesti da un’ala all’altra del Palazzo, della magia inventata da Del Debbio (dove l’imbarazzante affresco di Luigi Montanarini, nel Salone, era coperto da un enorme drappo verde, la foglia di fico del Comitato Olimpico, che sarebbe stata tolta dal Ministro per i Beni Culturali, Walter Veltroni, soltanto nel 1996) e magari sopportando con l’aiuto di Amos Matteucci le irritualità dei “cussini” guidati da Lojacono e Nebiolo ad un tiro di schioppo, in via Filippo Corridoni. Era laureato in economia e commercio e forse l’essenzialità che ne derivava si sposava con il suo modo di operare, salvo riemergere, come un fiume carsico, la sua tendenziale geniale sregolatezza, quella che con il prof. Antonio Dal Monte, avrebbe portato ad un aureo periodo di sperimentazioni e invenzioni al Centro dell’Acquacetosa, che anche per questo avrebbero visto lo sport italiano divenire forte riferimento internazionale. Però, per Marcello Garroni, come per tanti altri straordinari dirigenti, a cominciare da Lando Ferretti, di onore al merito ancora poco si vede… Insomma, è possibile che si cada sempre sugli stereotipi conclamati e non si abbia il coraggio e la capacità di scavare nella memoria e recuperare valenze, elementi utili per meglio capire da dove e come veniamo per avere idee più chiare, se non certezze, per le scelte da fare nel presente e nel divenire, per obiettivi futuri non opinabili? Alla fine, nel 1981, tra ottobre e dicembre, Garroni ed Onesti volarono in Borea a 48 giorni l’uno dall’altro, decisamente troppo presto, a settantadue e sessantanove anni, ma nella certezza di aver dato comunque tutto senza trattenere nulla, salvo poche testimonianze onuste di vera gloria, quelle messe in mostra sabato scorso all’Auditorium Vittorio Pozzo: le Chiavi di Roma Olimpica, il Collare Olimpico, il Capitello simbolo dei XVII Giochi, una Foto con i Presidenti Andreotti ed Onesti, raccolte di francobolli, buste ed annulli ufficiali ed al posto d’onore i due poderosi volumi del Rapporto sull’impresa di Roma 1960, appunto IL DOVERE COMPIUTO. Ruggero Alcanterini

SPIRIDON/5

Le strane scelte della Iaaf

La IAAF ha deciso di premiare come migliore atleta dell’anno (ed è la seconda stagione consecutiva) Eilud Kipchoge. Al di là dei suoi meriti la decisione si presta a commenti contraddittori perché sono stati ignorati campioni e primatisti mondiali di Doha per far convergere il favore mediatico sull’autore di una migliore prestazione sulla maratona che di regolare ha avuto ben poco. Intendiamoci, sicuramente il premiato è il migliore e più veloce maratoneta del momento ma con questo riconoscimento l’ente che presiede l’atletica mondiale è come se avesse approvato le modalità di una gara artificiale in cui la celebrazione dello sponsor doveva portare in carrozza il vincitore all’attesa performance sotto le due ore, assolutamente irripetibile in una prova normale. Circuito piatto come una palla di biliardo, temperatura ideale, stuolo di lepri a disposizione per consentirgli di mantenere un ritmo uniforme, scarpe a forma di banana, naturalmente griffate Nike del peso innaturale di 199 grammi, puntatore laser a decretare il ritmo e a punire ogni eventuale rallentamento dei battistrada. Intuite la macroscopica combinazione di fattori positivi che hanno portato al conseguimento dell’exploit. Eticamente è come se la IAAF desse il via libera ad analoghi tentativi del genere o esaltasse oltre ogni misura il 26’38”” della migliore prestazione mondiale su strada nei 10 chilometri di Cheptegei. Perché non tornare a favorire allora grandi prestazioni in altura, a Città del Messico od al Sestriere; prove di getto del peso in discesa (ne sappiamo qualcosa noi italiani), salti allungati (e anche qui siamo maestri!). Forse abbiamo esagerato ma si potevano prendere in considerazione altri atleti nel rispetto di una deontologia di giudizio che ormai appare obsoleta rispetto alle leggi del marketing e delle spettacolarizzazione dell’evento. Un risvolto positivo comunque c’è Kipchoge ha promesso di partecipare alla maratona olimpica dei Giochi di Tokyo. Dunque si tornerà probabilmente a un confronto tra i migliori anche se il calendario degli africani è sempre ispirato alla ricerca del miglior profitto con impegni ravvicinati in ragione del miglior incasso contrattuale. Si assiste con soddisfazione anche al tentativo di repulisti nella discussa atletica kenyana, un Paese messo nel mirino dalla WADA che ha pescato 138 atleti positivi nel doping (in gran parte nel fondo maschile e femminile) dal 2004 al 2018. Tanti finti eroi smascherati. La riforma è più che garantista perché la giustizia ordinaria punirà addirittura con il carcere gli effrattori della norma. Innaturalmente quella attuale prevede fino a tre anni di carcere per gli allenatori colpevoli di aver infranto le norme antidoping ma nemmeno un giorno di reclusione per gli atleti dopati. Con il nuovo provvedimento si ristabilirà la parità legislativa tra gli uni e gli altri. In campo italiano il trittico azzurro di maratonete over ha complessivamente fallito la prova di qualificazione olimpica. Anni, acciacchi e logorio non giovano per il momento alla causa di Straneo, Incerti e Bertone. Il mondo va veloce mentre il movimento azzurro fa molta fatica sulla distanza più lunga. Il campionato italiano di maratona ha proposto vincitori onorevoli ma tempi che ci vergogniamo di riportare perché in clamoroso ritardo con la storia. Intanto Tortu mette a frutto il contratto con la Fastweb con una grandinata di ospitate che speriamo non gli facciano perdere il senso della realtà. L’ingresso in una finale mondiale deve essere un punto di partenza e non certo d’arrivo. Intravediamo nelle sue dichiarazioni un’apertura a un pieno impegno sui 200. Crediamo che quello sia il suo futuro più competitivo, naturalmente senza trascurare l’impegno sulla distanza breve dove le maggiori chance sono per il quartetto veloce. Una scelta dettata da un’analisi della concorrenza, dai suoi limiti allo start, da leve lunghe che possono essere nobilitate tecnicamente da una grande curva, si quasi alla Berruti (meno alto, più magro).

Daniele Poto

SPIRIDON/6

Animula vagula, blandula... … scelti da Frasca

Un'isola. Con un isolano pars costruens di nome Bruno D'Alessio. Come l'alaese Antonello Baltolu. Come l'incrocio di virtù atletiche proposto per decenni, nell'Arena di Luigi Canonica, dalla Riccardi di Renato Tammaro prima che accidie, ingordigia di mercati e disinteressi istituzionali cancellassero dal calendario la più aristocratica organizzazione italiana. Tutti o quasi, prima di chiamare alle armi amici e volontari, uniti dalla necessità di garantirsi pranzo e cena e pane e salame avanti di affrontare immancabili gravosità finanziarie. Dell'Amatrice-Configno si conosce l'attenzione di un padre nobile qual è Vanni Lòriga, solito aprire il suo personale vangelo atletico con i nomi di Ercole Tudoni e di Oscar Barletta. Si conosce meno, ma è solo apparenza, quell'anima onnicomprensiva che risponde al nome di Giorgio Lo Giudice, il giovane che un giorno vide inizialmente con stupore, e poi con un attaccamento che scorrere di stagioni e contrarietà di vita mai avrebbero intaccato, l'operazione socioculturale messa in piedi nella Roma degli anni Cinquanta da un tessitore di statistiche sceso da Torino, con abiti sgualciti e scarpe malmesse, individuato dagli intuiti incrociati di Pasquale Stassano e e convocato urgentemente il 7 maggio 1951 da un telegramma firmato Bruno Zauli. Della scuola di Alfredo Berra, Giorgio è stato allievo insuperato. Sicuramente, il più generoso. Dal programma della 34^ edizione dell'Amatrice- Configno, 20 agosto 2011.

Tutto solo per me, dunque, il paesaggio! Avrei avuto ormai tutto il tempo per ritornare, pensavo, alla superficie, e nelle profondità di quell'immenso fogliame, di quell'oceano di rosso, di giallo marmoreo, di venature fiammeggianti, magnifiche senza dubbio per quanti amano la natura. Io proprio non l'amavo. La poesia dei tropici mi disgustava. Il mio sguardo, il mio pensiero su quell'insieme mi davano la nausea come il tonno. S'ha un bel dire, ma sarà sempre un paese per zanzare e pantere. A ognuno il proprio posto. Dopo aver disegnato, con passi incerti, qualche cerchio nei dintorni, dovetti rientrare abbattendomi sulla cuccia e starmene immobile a causa del sole. Sempre lui. Tutto tace, tutto ha paura di bruciare di giorno, basta un nonnulla perché erbe, bestie e uomini siano già bollenti. L'apoplessia quotidiana. Da Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline (Courbevoie 1894-Meudn 1961), Dall'Oglio editore, Milano 1933.

Era entrata in Federazione diciassettenne. Ne è uscita all'aprirsi del terzo millennio, consumata da una malattia che in cinque mesi ne ha decretato, a 72 anni, la fine. Per cinquantatré stagioni Marisa Pianegiani è stata la prima ad entrare negli uffici federali e l'ultima, a tarda sera, ad uscirne. Immutabile la sua presenza al tavolo di lavoro, in una babele di carte e protocolli di cui solo lei conosceva l'origine, e soprattutto l'epilogo. Inesorabile la fedeltà al suo elenco di buoni e di cattivi. Aveva condiviso l'epoca artigianale della vecchia Fidal con il nucleo storico della struttura federale composto da Giulia Volpi, Franco Palmieri, Rossana Allegrucci, Milena Raimondi, Fernanda Ferri. Ѐspesso esercizio retorico ricordare come con la scomparsa fisica di una persona venga in pratica a chiudersi un'epoca. Custode per oltre mezzo secolo dell'Istituzione Atletica, Marisa Pianegiani fa eccezione. Da Spiridon Italia, maggio 2001.

Ad Alice Springs conobbi un russo che stava facendo la mappa dei luoghi sacri degli aborigeni. Si chiamava ArkadyVolchok. Era cittadino australiano e aveva trentatré anni…. La faccia un po' piatta, il sorriso gentile, attraversava i luminosi spazi australiani con la disinvoltura dei suoi antenati erranti. Aveva capelli folti e lisci, color paglia, e le labbra spaccate dal sole, ma non le serrava nell'espressione grintosa di tanti australiani dell'outback, e non si mangiava le parole. Arrotava la erre in un modo molto russo. Ti accorgevi quanto erano grandi le sue ossa soltanto se gli andavi vicino... Possedeva ben poco, a parte un clavicembalo e uno scaffale di libri. Nel bush era un camminatore instancabile. Prendeva una borraccia e quattro cose da mangiare e se ne partiva per giri di cento miglia sui Rangers. Tornato a casa, al riparo dal caldo e dalla luce, tirava le tende e suonava al clavicembalo Buxtehude e Bach. Le loro progressioni ordinate, diceva, si intonavano ai profili del paesaggio dell'Australia centrale. Da Le vie dei canti di Bruce Chatwin (Sheffield 1940-Nizza 1989), Biblioteca Superpocket, Milano 1987.

SPIRIDON/7

validità sociale di Don Bosco

«Si conservi per memoria»

Sappiamo quanto Don Bosco amasse i suoi allievi; terminato il curricolo educativo non li dimenticava, li seguiva, li aiutava, li invitava, li accoglieva, li incoraggiava, li orientava ancora, li ammoniva se fosse il caso, si preoccupava del loro bene soprattutto spirituale. «Vedo – disse loro in uno dei numerosi incontri – che molti di voi hanno già la testa calva, i capelli incanutiti e la fronte solcata da rughe. Non siete più quei ragazzi che io amavo tanto; ma sento che ora vi amo ancora più d’una volta, perché colla vostra presenza mi assicurate che stan saldi nel vostro cuore quei principi di nostra santa religione che io vi ho insegnati e che questi sono la guida della vostra vita. E poi vi amo ancora di più, perché mi fate vedere che il vostro cuore è sempre per Don Bosco... (e vi dico) che sono tutto vostro nel fare e nel pensare, in ogni mia azione. Voi eravate un piccolo gregge: questo è cresciuto, cresciuto molto, ma si moltiplicherà ancora. Voi sarete luce che risplende in mezzo al mondo, e col vostro esempio insegnerete agli altri come si debba fare il bene e detestare e fuggire il male. Sono certo che voi continuerete ad essere la consolazione di Don Bosco». Il brano, tratto dalle Memorie Biografiche (volume XVII, pagg. 173-174), è uno dei motivi per cui ci piace tornare alla storia salesiana, confrontandola con la realtà attuale per cavarne quel tanto di profezia che apra verso il futuro. Durante la seconda guerra di indipendenza, nel 1859, giunsero a Torino e in Piemonte i soldati francesi, in un numero eccezionale, tale da creare grossi problemi di approvvigionamenti alimentari. Per garantire loro il pane, i panificatori torinesi si videro vietare la fabbricazione di pani speciali, a cui la popolazione locale era abituata, in particolare i grissini. Ne nacquero proteste, anche vivaci, riprese in alcune caratteristiche vignette umoristiche dei vari Forattini dell’epoca, come Casimiro Teja (con lo pseudonimo "Puff" collaborò dal 1856 con la rivista satirica il Pasquino. A lui si deve la celebre frase “Piove, governo ladro!”, apparsa in un Pasquino del 1861 in occasione di una manifestazione di mazziniani andata a monte a causa della pioggia). Le norme, abbastanza severe, imponevano la produzione dello stesso tipo di pane, quello che consentiva la maggior produzione. Tempi duri, ma non tutti rispettavano l’impegno. Il 27 maggio 1859 gli agenti del Comune di Torino si trovarono a disporre di ben 200 preziose razioni di pane, di cui 110 sequestrate a due panificatori, Gilli e Ferrero, e 90 trovate abbandonate nel quartiere “già macelli di Monviso”, probabilmente perché di tipo diverso da quello permesso. Erano razioni di un certo peso, superiori quasi certamente ai settecento grammi. Dovendole collocare senza sprechi, il Comune decise di donare le razioni di pane in questo modo: 60 al Cottolengo, 50 agli Artigianelli, 50 a Don Bosco e 40, “i più infimi”, a coloro che lo avevano trovato e che dovevano trasportarlo. Esistono le ricevute firmate rispettivamente dal Tasca per gli Artigianelli, dall’Anglesio per il Cottolengo e da don Alasonatti, prefetto, per Don Bosco. L’episodio è limitato ma molto significativo; dimostra il riconoscimento della validità sociale delle opere religiose interessate. Anche la ripartizione è avvincente. Si può affermare come l’opera di Don Bosco debba essere considerata soprattutto per la sua incidenza nel “civile”, pienamente corrispondente alle necessità del tempo in cui fu creata. Si seppero allora cogliere i segni dei tempi, a dimostrazione di come i responsabili amministrativi della città e del Governo avessero compreso la validità sociale dell’azione intrapresa da Don Bosco e quindi cercassero di facilitarla, senza lasciarsi coinvolgere in contrasti di tipo ideologico. Nella Torino della seconda metà dell’Ottocento Don Bosco si rese presto conto che ai giovani mancava una cosa essenziale: una casa ed una famiglia dove rientrare alla fine della giornata. Da quella intuizione trasformò l’oratorio in una casa che accoglie, in un cortile per incontrarsi, in una scuola che avvia alla vita. Non vi è quasi amministrazione che non si sia rivolta a lui per segnalare giovani. Nell’archivio salesiano sono conservate molte lettere di presentazione: su di esse Don Bosco annotava l’opportunità: «si conservi per memoria». Pierluigi Lazzarini Exallievo e Storico di Don Bosco

SPIRIDON/8

La prima Coppa Italia della sua storia, il raggiungimento dei 150 titoli vinti. Successi nazionali ed internazionali, dagli otto titoli italiani vinti alle medaglie conquistate ai Mondiali di Yokohama. Con la soddisfazione di aver raggiunto l’obiettivo anche là dove tradizionalmente la società non ha mai particolarmente brillato. Traguardi ottenuti grazie all’abnegazione ed allo spirito di sacrificio delle atlete ma anche al lavoro programmato della società. Un connubio vincente che Bracco Atletica porta avanti da anni. Nel corso della festa sociale tenutasi sabato a Palazzo Lombardia in presenza dell’Assessore allo Sport di Regione Lombardia Martina Cambiaghi, Bracco Atletica ha premiato le sue atlete. Sia quelle che hanno vinto un titolo, sia quelle che hanno dimostrato disponibilità, tenacia e generosità. Perché, se i titoli contano, sono le doti umane a fare la differenza, nello sport come nella vita. L’orgoglio e la commozione del presidente Franco Angelotti nella intervista che segue. Grande gioia per tutti ma entusiasmo all’ennesima soprattutto per il presidente Franco Angeletti che con determinazione ha saputo guidare il club, autentico simbolo dell’atletica nazionale, in posizioni di rilievo nel rispetto d’una tradizione che ha radici lontane. “E’ stato un anno straordinario, un bilancio estremamente positivo – ha dichiarato con legittimo orgoglio Franco Angelotti – Otto titoli italiani vinti, indoor e non. Tra questi il 150° titolo della nostra storia. Alcuni successi sono stati particolarmente emozionanti per la storia personale della protagonista o perché si tratta della prima competizione vinta dalla nostra società. Altre ci hanno gratificato per il lavoro programmato negli anni. E poi la partecipazione delle nostre atlete ai campionati europei, nonché la presenza di sette di loro nel giro della Nazionale. Per questo ringrazio tutte le nostre 250 atlete e la cinquantina di persone che, con ruoli diversi, gravitano attorno alla società“ “Tante le note positive dietro i successi conseguiti quest’anno. A cominciare dalla vittoria della Coppa Italia, la prima volta per Bracco Atletica. Senza dubbio la vittoria più importante. Un successo che ha interrotto il dominio, fino a quest’anno incontrastato, delle società militari. Non posso non citare i successi nella corsa campestre, frutto di un lavoro programmato negli ultimi cinque anni. Un successo fortemente voluto da quando abbiamo cominciato a costruire una squadra che potesse competere in una disciplina per noi tradizionalmente ostica. Oggi possiamo dire di aver colmato questa lacuna” “Dietro i traguardi della società – ha sottolineato Franco Angelotti – si celano sempre gli sforzi e i sacrifici delle atlete che li hanno conseguiti. Perché si tratta anche di successi individuali. La prova di Giancarla Trevisan nella staffetta è stata senza dubbio quella più emozionante. La sua medaglia di bronzo ai Mondiali di Yokohama è giunta inaspettata, proprio per questo è risultatala più bella. Anche dal punto di vista tecnico. Ci ha letteralmente commosso. E poi c’è Lidia Barcella, il cui spirito di abnegazione le ha consentito di impegnare il poco tempo libero che il lavoro le consente negli allenamenti. E conseguire un risultato così straordinario, sua la firma al 150° titolo della nostra storia” “Vittorie frutto non solo di capacità tecniche e lavoro programmato – ha evidenziato Angelotti – Lo sport fornisce una metodica di lavoro, responsabilizza, insegna anche delle sconfitte. Ma servono doti umane, le uniche che permettono di fare la differenza. Per questo motivo abbiamo voluto dare un riconoscimento a tutte le ragazze che con il loro comportamento sono state un esempio per tutti noi. Tra le altre, le azzurre Valentina Trapletti, Lidia Barcella, Luisa Sinigaglia, Laura Pellicoro e Alessia Brunetti. A Martina Lorenzetto è stato consegnato il Premio Tenacia per essere tornata a gareggiare dopo un anno di inattività, Alice Colonetti ha ricevuto il Premio Generosità per la sua illimitata disponibilità. Una menzione speciale a Flavia Battaglia che a distanza di un anno è mezzo dalla maternità è tornata per dare il suo personale contributo alla società. Un esempio di fedeltà che ci inorgoglisce. Evidentemente negli anni abbiamo lavorato bene“ Concludendo “Da diciannove anni promuoviamo l’atletica a Milano, diamo risposta alla voglia di fare atletica dei milanesi, Una voglia altissima frustrata dalla carenza di impianti. Insufficienti per numero, inadeguati per agibilità. Un problema atavico, al quale si può porre rimedio solo con una strategia di medio-lungo periodo. Solo così si possono rendere fruibili le strutture già esistenti e costruirne di nuove, come la piscina olimpionica. Bracco Atletica dal canto suo continua a insistere sulla necessità di utilizzare i mini impianti scolastici, là dove si può trasmettere l’impatto sociale dello sport. In attesa che qualcosa cambi”

SPIRIDON/9

“UNA VITA AL CINQUANTA PER CENTO” Il nostro collega Daniele Poto ha scritto quello che non sarà il suo ultimo libro ma che s’inserisce in una lunga serie di pubblicazioni. “Una vita al cinquanta per cento” (Ensemble editore, 164 pagine) è la storia (vera) di una donna colpita da una rara malattia neurodegenerativa, la malattia di Huntington o meglio dall’annuncio della stessa perché dopo 19 anni il morbo non si è ancora manifestato. Il romanzo memoir è l’avvicinamento percettivo a una condizione di disagio paragonabile a quella dei malati di Parkinson. Tra i patemi della voce narrante la mancata comunicazione al figlio di questo status. La malattia di Huntington si trasmette geneticamente e tutti componenti di un ceppo familiare hanno 50% probabilità per cento di risultare positivi o negativi al test di sintomaticità. Si calcola che 5.000-6000 persone siano afflitte in Italia da questa corea. La principale ricercatrice sul campo delle cause di questo morbo è la senatrice Elena Cattaneo. Il libro è anche una fotografia sullo stato della sanità italiana, un tempo fiore all’occhiello di una nazione e ora palesemente in difficoltà nel progressivo smantellamento del welfare. Eppure il Paese invecchia ed avrebbe bisogno di un sostegno assistenziale consistente, anche nel difficile campo delle malattie rare. Il libro è richiedibile scontato all’autore ([email protected]) oltre che acquistabile nelle librerie e sulle principali piattaforme librarie.

Ed anche Giobbe s’incazzò Buon Tempo si spera, il talk condotto da Lucia Ascione, anema e core e caschetto imbiondito, ha ospitato Monsignor Gianfranco Ravasi, l’esegeta delle Sacre Scritture, il Maestro che travalica i millenni e riesuma il Verbo, attualizzandolo. Il 3 dicembre, disabilità sofferente alla ribalta, ecco le riflessioni e le proposte per sostenere gli sventurati e i familiari, anche e soprattutto i bambini e i giovani, portatori di gravissime menomazioni, uditive, visive, cognitive, la moltitudine di bimbi e di bimbe che non solo nelle Afriche sono condannati a morte prematura dalla carestia, e usati come guerrieri, scudi umani, merce per il sesso a pagamento. Giobbe fu devastato dalla desquamazione della pelle e, mentre il malessere lo invadeva e la luce della vita si affievoliva, tre teologi lo esortavano ad espiare per i peccati pregressi. Giobbe si ribellò, malato e povero, pazzo di amore per la vita, angosciato di trascorrere le notti nel letto, rigirandosi o, come nel mio caso, aiutato a cambiare posizione per evitare le piaghe da decubito. Giobbe maledisse la sua nascita, come una bestemmia, Monsignor Ravasi spiegava approfondendo le Scritture, cuspidi di poesia e di metafore, di contrasti, notte e giorno, buio luce, amore e odio, spiegando come Dio accogliesse l’invettiva di Giobbe, e di come la preferisse ai preganti nella Messa domenicale e indifferenti negli altri giorni.A seguire, riaffermando il senso delle sofferenze, cade il ricordo di Nadia Toffa, morta quarantenne stroncata da un tumore, presente in studio la madre che, per i nefasti effetti di un male incurabile, aveva già sofferto in precedenza la scomparsa della giovane sorella, zia di Nadia. Come la mammaMargheritaRebuffoni, Nadia fu credente fino all’ultimo respiro con santissima pazienza e formidabile coraggio, con la beata speranza di brillare tra le stelle del firmamento.Non fate i buoni, questo il libro di Nadia, la iena delle inchieste coraggiose che, di recente, i giornali e i media di 'destra' hanno usato per spargere ‘canigghia’, la polvere della crusca, sul concorso per cattedra universitaria del capo del governo Giuseppe Conte. Pino Clemente

FOTO D’EPOCA Gruppo degli atleti e dirigenti U.S.A. alle Olimpiadi del 1900

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Da Atletica, settimanale della Federazione Italiana di Atletica Leggera, anno XXXIII, 1967.

Ottobre-Novembre-Dicembre. Premiati i Presidenti e gli Insegnanti dei Gruppi Sportivi Scolastici. A seguito di precedenti intese con l'Ispettorato Centrale per l'Educazione fisica e sportiva del Ministero della P.I., la Fidal ha premiato, con medaglia d'oro, i primi 50 Presidenti dei Gruppi sportivi scolastici (30 per i maschili – 20 per i femminili), per l'attività relativa all'anno scolastico 1966-67. Sono stati inoltre premiati con medaglia d'oro Insegnanti di E.F. che hanno preparato e presentato per la prima volta ai Campionati Provinciali Studenteschi giovani che hanno successivamente indossato la maglia azzurra. Premiati Guido Troncone (), Gianfranco Mazzini (Alessandro Scatena), Alda Mattioli Rovaro Brizzi (Grazia Attene), Giovanni Fadda (Fausto De Boni), Franca Torre Perrozzi (), Anna Lia Livi (Daniela Capecchi), Desdemona Zoli Leonardi (Rosaria Sica), Leopoldo Marcotullio (Mario Biagioli), Dionisia Chapman De Leo (Paola Giuli), Alida CrucioliCisotti (Gianna Pasqui), Vera CosaniAuteri (Michela Poggipollini), Carlo Toscano (Fabrizio Virgili), Alessandro Spieghi (Antonio Giancaterino), Anna Laura Garabello Gera (Angela Ramello), Luigi Pesce (Brunello Bertolin), Bruno Marchi (), Umberto Caruso (Roberto Gervasini), Melanio Turra (G. Luigi Garduzzo).

Lusinghieri risultati di due Allievi dell'atletica. Scuola dello Sport: Carabelli e Crosa i migliori. Punteggi negli esami del primo Corso di studi: G. Carabelli (atletica leggera), punti 28.5, G. Crosa (atletica leggera), 28.4, P. Masera (atletica pesante), 28.4, G. Spingardi (canottaggio), 28.3, P. Boscaini (nuoto), 28.2, F. Baldini (atletica leggera), 27.9, G. Russo (pallacanestro), 27.8, G. Zenoni (ciclismo), 27.6, C. Bultrassi (atletica pesante), 27.3, C. Piovan (atletica pesante), 27.2, M. Benigni (canottaggio), 27.1, I. Di Antonio (pallacanestro), 27.1, E. Iaci (pallacanestro), 27.1, G. Gentile (atletica leggera), 27.0, L. Cimnaghi (ginnastica), 27.0, G. Vantaggiato (calcio), 26.9, G. Leali (calcio), 26.5, A. Lavarda (ciclismo), 26.5, R. Veneri (atletica leggera), 26.4, T. Paratore (pallacanestro), 26.1, L. Mica (calcio), 25.9, A. Rosati (ciclismo), 25.8, S. Rossi (pallanuoto), 25.5, G. Vitti (ciclismo), 25.5, M. Giovannini (nuoto), 25.0, a seguire G. Messner, Roberto Contento, A. Caudullo, E. Gregori, R. Iacoponi, C. Devoti, A. Pica, P. Mazzeo, C. Vivio, F. Bruni, A. Pinelli, G. Del Franco, C. Pallara.

Starter a convegno.La Scuola Nazionale di Atletica Leggera <> ha ospitato un Convegno di aggiornamento per Giudici di partenza. Accolti dalla familiare cordialità di Elio Buldrini, Direttore della Scuola e del D. T. Prof. Nicola Placanica, presenti il Segretario Nazionale del G.G.G. Giovanni Diamanti e il Vice Segretario Giuseppe Pazzaia, nel corso del Convegno, a nome dei presenti, Luigi Meschini ha ricordato AlietoBertaccini e Ruggero Maregatti, indimenticabili <> scomparsi.

Credenziali di viaggio. A seguito dell'autorevole e determinante interessamento del CONI le Ferrovie dello Stato hanno concesso, nuovamente, le credenziali di viaggio a favore di Dirigenti, Giudici, Tecnici e Atleti. Le credenziali consentono l'acquisto di biglietti a tariffa ridotta, con lo sconto del 50% sulla tariffa ordinaria.

Lutto. A pochi giorni di distanza dalla triste scomparsa di Giusto Umeck, il 18 novembre, a Torre Boldone, è deceduto l'azzurro Mario Fradegrada, che ricordiamo protagonista nei 10 km. di marcia all'Olimpiade di Parigi del 1924, che si concluse con il trionfo di Ugo Frigerio. Il Fradegrada fu un ottimo marciatore veloce, distinguendosi dal 1920 al 1926 per l'ottimo stile e la gran combattività.

La stagione si chiude con due primati: Cus Roma nella 4x1500 e Gentile nel triplo. La pista in rub-kor dell'Acquacetosa continua a dare soddisfazione agli atleti e agli organizzatori. Il Cus Roma schiera Sacchi, Risi, Troito e Del Buono ed è appoggiato da tre squadre miste, fra cui una composta da Arese, Gervasini, Pozzi e Arcioni. 15'26"8 il nuovo primato, 15'30"8 il precedente delle Fiamme Gialle. Gentile, imprevedibile come nessuno, ha esordito con 16,32, nuovo primato italiano e misura valida per i Giochi olimpici.

Le gare di propaganda.Cosenza, org. Corriere dello Sport. Triathlon delle Gazzelle, Ferrari (Urbe Junior), (100 in 14"0, peso 8,86, alto 1,45). IV leva della staffetta veloce, S. G. Triestina (Babich, Giacomini, Jugovaz, Micalli) 46"2. XXII G. P. mezzofondo (metri 2000), Spinozzi (Falco Azzurro Chieti) 5'56"6. XXI G. P. Pavesi (marcia km. 6) Zagarese (Fiamma Sannita Benevento) 31'10"3.

SPIRIDON/11

Al Casvegno Roberto Delorenzi firma la doppietta

Una pioggerellina e il fondo particolarmente scivoloso del Parco Casvegno non hanno fermato la carica agonistica dei 500 partenti al cross di Mendrisio, terza tappa della Coppa Ticino FTAL Laube-Greenkey ottimamente organizzata dall’Atletica Mendrisiotto. Sei successi sono andati sia al GA Bellinzona che all’US Capriaschese, la quale ha annoverato la doppietta di Roberto Delorenzi che, reduce dal doppio impegno nei cross di qualifica agli Europei, ha dominato sia il cross lungo che il cross corto. Nella gara principale, sui 4 km si stacca subito un terzetto composto da Delorenzi, Tobia Pezzati (ATM) e Lukas Oehen (GAB). Il capriaschese in costante accelerazione ha progressivamente staccato i vincitori delle prime due prove, per andare a cogliere il secondo successo di giornata. Pezzati ha ceduto solo all’ultimo giro, mentre Oehen ha lasciato la compagnia dei due giovani verso metà gara. Nel corto (2 km), Delorenzi ha sorpreso in volata il leader di coppa Ismail Sebghatullah (SAL), mentre Marco Delorenzi (USC) ha battuto in volata Enea Ratti (GAD) per prendersi il podio, prima di finire quarto nella gara principale davanti a Tommaso Marani e ai primi Master e U20, i quali percorrevano stavolta la stessa distanza. Nella gara femminile, sui 3 km miglior tempo assoluto per Zoe Ranzoni (Virtus), uscita di prepotenza nella seconda parte di gara per vincere tra le U20 davanti a Giorgia Merlani (USC), quarto tempo assoluto, e Cecilia Ferrazzini (Virtus). Paola Stampanoni (GAB) con il secondo tempo di giornata rimane a punteggio pieno nella coppa W20 e coglie il secondo successo piegando la resistenza di Elisa Bertozzi, (USC) al debutto in categoria. Terza W20 Emma Lucchina (Vigor). Una gara molto avvincente la regalano ancora una volta gli U18: Malachia De Marchi (Triunion) detta il ritmo, ma sul finale si fa sorprendere dal duo GAB composto da Filippo Balestra e Giulian Guidon. Mattia Verzaroli regala un’altra vittoria al GAB tra gli U20; con lui sul podio Daniele Romelli (Vigor) e Manuele Ren (USC). Nella gara sui 2 km con U16M e U18W bel testa a testa tra i triatleti Tristan Knupfer (Triunion) e Letizia Martinelli (USC), che vincono le rispettive categorie separati di pochi centesimi. Tra i ragazzi sul podio Nicola Fattorini (ASM) ed Elia Maggetti (Virtus), mentre tra le ragazze Giulia Salvadé (Vigor) e Siria Cariboni (GAB). Tra le U16 vince Gaia Berini (GAB). Nelle categorie veterani rimangono tutti imbattuti: Elia Stampanoni vince di nuovo tra gli M40 precedendo Giuseppe Gioia (GAB) e Gionata Volger (USC). Doppietta USC tra gli M50 con Jonathan Stampanoni e Ralf Mureddu, seguiti da Marco Oberti (RCB); tra le pari età il successo è ancora capriaschese con Lara Zamboni Amaro. Jeannette Bragagnolo (GAB) firma il tris nelle W40 battendo Patrizia Besomi (USC) e Zuleika Carenini. Doppietta RCB tra gli M60, dove vince Gaetano Genovese, mentre Claudio Gennari precede in volata Claudio Brusorio. Tra gli U14 rimangono imbattuti Tosca Del Siro (GAD) e Rahul Sain (USA), mentre le vittorie U12 sono per Gabriele Berini (GAB) e Sara Bomio Pacciorini. In chiusura la SA Lugano (Sebghatullah, Marani, Mesgna) ha vinto la staffetta 3×100 m Città di Mendrisio, battendo la mista formata da Delorenzi, Arini, Delorenzi. Leonida Stampanoni, (pgf)

Nel fango della Capriasca protagonisti i nazionali

Sui prati del frutteto Nava, l’ottima organizzazione dell’US Capriaschese, sostenuta da Raiffeisen e Consulca, ha regalato ai 406 crossisti presenti una gara indimenticabile. Le abbondanti piogge dell’ultimo periodo hanno appesantito notevolmente il percorso, che già offre abbondanti dislivelli. I nazionali di CO targati Ticino hanno nobilitato la seconda tappa della Coppa Ticino FT AL Laube-Greenkey. Elena Roos, che lo scorso anno in queste zone vinse il suo primo titolo europeo, e Tobia Pezzati hanno firmato il successo nelle due categorie élite. I padroni di casa hanno piazzato una cinquina, dominando soprattutto nelle categorie veterani. Triplette per GA Bellinzona e Triunion. Sui 7.5 km della categoria M20 Tobia Pezzati (ATM), reduce da un intenso periodo di allenamento, poco dopo metà gara ha piegato la resistenza di Lukas Oehen (GAB), ancora in fase di preparazione. Nel fango dei prati di casa, per il terzo posto Marco Delorenzi è riuscito a staccare Michele Lardi (SAM) e Tommaso Marani (SAL). Sui 4.5 Km della gara femminile Elena Roos (0’92) ha preso presto il largo per andare a vincere con 50” su Paola Stampanoni (GAB) che, con una grande progressione sul finale, ha sorpassato la vincitrice delle U20 Zoe Ranzoni (VIRTUS), a sua volta accompagnata sul podio da Giorgia Merlani (USC) e Cecilia Ferrazzini (Virtus). Il podio delle attive è completato dalla capriaschese Kalinka Berger. Tra i ragazzi U20 bella vittoria per un ritrovato Mattia Verzaroli (GAB); il capriaschese Manuele Ren nell’ultima parte del percorso rimonta sul capolista di Coppa Ticino Daniele Romelli (Vigor). Tra gli U18 Filippo Balestra (GAB) sul finale riesce a staccare il triathleta Malachia DeMarchi (Triunion); terzo il vincitore dell’esordio Giona Lazzeri (GAD). Tra le ragazze successo per Letizia Martinelli (USC), che ha dominato la gara precedendo Sara e Giulia Salvadé (Vigor). La prima parte di stagione per le categorie U18 e U20 serviva al CT Luca Romerio per selezionare gli atleti che il 15 febbraio andranno con la Selezione Ticino ad Alà dei Sardi (Sardegna). Nel cross corto, una volata intensa ha regalato il secondo successo a Ismail Sebghatullah (SAL) su Marco Maffongelli (Vigor) ed Enea Ratti (GAD). Doppietta Triunion nelle categorie U16: tra i ragazzi Tristan Knupfer ha battuto Elia Maggetti (Virtus) e Gioele De Marco (ASM), mentre Giorgia Astrelli ha dominato la gara femminile davanti a Gaia Berini (GAB) e Zoe Rossi (SAB).

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AVVENTURA AL CONFINE

La vera caccia era cominciata a Praga, dove, in una vetrina polverosa della via Narodni, mi aspettava, massiccio e compatto come una pietra, il catalogo dell'opera mozartiana del barone von Köchel, edizione 1937, che fu mio per 3.000 lire. Poi, fu la volta della biografia beethoveniana dello Schindler, sia pure nell'anastatica del 1930. Portai via da quella libreria tutto quanto potevo, e poi passai nello Stare Mesto, la vecchia città dentro il gomito della Moldava. Tutto, nello stambugio dove entrai, le scansie smaltate, il retrobottega, il vecchio signore con i baffi gialli come il dottor Schweitzer, ch'era stato un conte, ed ora mandava avanti quella baracchetta di vecchie carte per conto dello Stato, tutto pareva uscito dalle pagine di Dickens. Trovai splendidi atlanti, resoconti d'alpinismo di primo Ottocento, fascicoli d'epoca Impero sull'arredamento e i giardini, e perfino la prima edizione della Storia di Roma di Theodor Mommsen. Mi vergogno a dirlo, la pagai 1.000 lire. E poi, le luminose librerie di , silenti e abbandonate, tutte vegliate dal busto di Dante, con meraviglie della storia dell'arte, da noi scomparse. Il Seicento e il Manierismo di Hermann Voss divennero miei quel giorno, con le opere di Eduard Meyer su Cesare e sul Cristianesimo, l'Alessandro del Droysen, il Mozart di Jahn e Abert. Ammucchiavo con furore ingordo, sotto l'occhio atterrito del mio compagno di viaggio, pagavo 2.000 lire per opere che ne valevano cento volte di più… Attraversata l'Ungheria, mi avviavo verso la 'sorella' Romania. Forse alcuni turisti tedeschi ricorderanno la curiosa scena di un miliziano ungherese gesticolante accanto a un'automobile italiana ferma, con a fianco un'intera biblioteca ammucchiata a terra… Sapevo che per ogni acquisto ci vuole una fattura, vero? Risposi che qualcuna ne avevo, ma chissà dove. E poi, avevo comperato quei libri in tanti luoghi diversi, da Pilsen e Praga, da Bratislava e Budapest… Vuotavo il bagagliaio sotto il sole, e mi ripetevo di non perdere la calma. Io ero in svantaggio, ma anche l'altro aveva i suoi problemi, se voleva applicare la sua legge fino in fondo: inventari, rapporti, procedure insolite. Era la prima volta che doveva vedersela con un'automobile piena di libri vecchi, chiaramente non politici, ma di storia, d'arte e di musica, di letteratura e perfino d'alpinismo. Mi astenni dal minacciare improbabili passi diplomatici. L'idea di invocare indulgenze mi pareva vile. Ci guardavamo in silenzio, mentre altre macchine, dirette al Mar Nero, filavano via. L'enormità di quel mucchio, eruttato dal bagagliaio del mio amico Sergio Nanni, mi dava la vergogna di una rapina fallita. Chi non sa che cosa sia la mania dei libri, non legga avanti. Ma chi lo sa, m'intende. Dei grandi naufragi collettivi che sono le guerre e le invasioni, i libri sono i relitti che con più fatica ritrovano dimora e padrone. Ne avevo l'esperienza da quando m'era venuto in mente di cercare libri europei a Kanda, il quartiere dei librai di Tokyo. V'era una libreria, Isseido, la più stupefacente del mondo, antichi e vecchi libri inglesi, francesi e tedeschi, una raccolta di opere italiane e libri d'arte, il Boccaccio di Londra, un blocco di cinquecentine, perfino l'Orazio Lirico di Giorgio Pasquali. Dopo le prime diffidenze, alla mole che s'annunciava dell'acquisto, vennero, di gradino in gradino, l'impiegato, il vice direttore, il direttore; costui fece portare un tavolino e due seggiole, che mi seguirono, scaffale dietro scaffale, lungo i quasi due giorni di cernita, con sopra il tè caldo. Mi ritrovai con una montagna di carta stampata, che poi mi raggiunse, dopo quasi un anno, una volta completate estenuanti procedure di pagamento, per la cortesia dell'ambasciata spagnola…Quell'incidente di frontiera tra Ungheria e Romania finì. Dopo un paio d'ore di guerra fredda, con un cenno disgustato del mio aguzzino: che imbarcassimo quelle mercanzie, e ce ne andassimo alla svelta. Rimisi in ordine i miei tesori con affettuosa fretta, e passammo il breve spazio tra le Repubbliche sorelle. I romeni ci costrinsero a guadare con la macchina una profonda buca scavata nella strada, piena d'acqua, dove affogare chissà quale clandestino appeso tra balestre e spinterogeno. Mi sottoposi al cambio. Il mio amico mi guardò supplichevole. Non discussi, risposi con il tono più umilmente cordiale che riuscii a trovare, non guardai neppure le tabelle delle valute. Cambiammo docili, rapinati con latina e comprensiva gentilezza. Da Naufragi di libri, 1968, tratto da Paesaggio con rovine di Piero Buscaroli (Imola 1930-Bologna 2016), Camunia editrice, Milano 1989.

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Avevo 14 anni nel novembre del 1946. Ho vissuto piu’ altrove che a Fiume ,sono in possesso di due cittadinanze : l’Italiana e l’Americana ma ,piu’ di tutto , sono ...e mi sento Fiumana. Amo l’Italia, l’Italia è la mia patria e all’ America mi ci sono affezionata, dopotutto quest’ultima ci ha dato, a me e mio marito, con le opportunita’ ,i mezzi per ritornare innumerevoli volte non solo in patria, in Italia , ma anche nella città dove siamo nati. Se non fosse per quel giorno tristissimo di Novembre del 1946, mi sembra quasi di non averla mai abbandonata, la mia città. Eravamo la’ durante gli anni bui del governo di Tito, alla caduta del muro di Berlino e, anche dopo ,durante le battaglie per l’indipendenza dalla Jugoslavia...ed ancora...fino a quando Dusan poteva viaggiare. Poi lui è ritornato a casa per sempre ed ora io lo vengo a visitare a Cosala Se i ritorni e le partenze sono state tante attraverso gli anni,quella dell’esodo,per me ed anche per Dusan, è stata la vera partenza e la piu’ dolorosa. I miei figli si sentono quasi a casa ,forse più di me, quando visitano la mia città, loro la conoscono bene nel dopo, a me piace ricordarla nel prima. Quel prima cosi’ ricco di storia, storia vissuta attraverso i racconti dei miei genitori ,dei miei zii e zie e poi quella vissuta da noi,gente dell’epoca mia, durante i tempi spensierati e poi durante i tragici della guerra e quelli paurosi sotto alle bombe. La visita al rifugio antiaereo ,quello vicino a San Vito, mi ha fatto rivivere quest’ultimo periodo. Con la sirena del preallarme eravamo gia’ pronte io e mia sorella, con ombrello e scagnetto...correvamo, bisognava prendere il posto più’ asciutto...tanta era l’acqua che veniva giù dalla roccia sopra a noi e tante le pozzanghere dove dovevamo mettere i piedi. Papa’ correva subito dietro a noi tenendo stretto lo zaino di pelle nera che conteneva tutti i nostri averi. Aveva ancora le mani impastate , stava facendo i dolci che poi si vendevano. La mamma era l’ultima ed arrivava sempre con qualcosa di caldo da mangiare e poi ...c’era sempre qualcosa dentro al forno. Quando ci penso, non ero ancora nata, mi sembra di essere con papà al “fresco al mare”, il vaporetto che attraversava il golfo e raggiungeva Laurana, Ica,Abbazia, in quell’atmosfera magica fatta di musica ,di chiarore di luna e di profumo di mare! Oppure con la zia Peppina, ai balli mascherati o a teatro ad ascoltare le operette, noi siam come le lucciole....brilliamo nelle tenebre... Fiume... “la piccola Vienna” la chiamavano! Oppure con la zia Valeria a combattere per le strade durante il tempo di D’Annunzio e Zanella...s’era pure presa un paio di pallottole,la zia Valeria! Con i miei genitori, seduti al caffè in piazza Dante, ad ascoltare la musica o a passeggiare in corso o in “mololungo” ! E poi ricordo , durante il tempo dell’oscuramento, con papà, davanti alla finestra,seduti al buio, lui con la chitarra ed io a cantare con lui... luna marinara ... l’amore è dolce se non si impara...e la citta’ senza un filo di luce ed il suo golfo, con il mare che brilla sotto l’ immensa luna mai vista cosi’ altrove...e ne ho viste di lune andando in giro per il mondo... Ed ancora, mi vedo con la mamma e Ina, mia sorella, per le scalette del Campo Cellini, o quelle del Trenta Ottobre a ripassare le tabelline, i verbi, le poesie... l’albero a cui tendevi la pargoletta mano... ei fu’ siccome immobile...la mamma non perdeva mai tempo,si doveva studiare anche ...fuori casa!

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E’ un bel componimento ma non è farina del tuo sacco m’aveva detto e un’altra volta, parla Italiano e si arrabbiava la maestra Maria Teresa Grossi, non si dice CO ma QUANDO ... Qualche volta penso: cosa sarei se non fossi di Fiume? Sono di Fiume sempre,ogni attimo della mia giornata, da quando mi sveglio al mattino fin quando,alla sera, poso la testa sul cuscino. Ero di Fiume durante gli anni di battaglia alla Motorola, qui in America ,quando viaggiavo di qua’ e di la’, per le strade sconfinate del Texas o parlavo in Fiuman in Portorico al posto dello spagnolo e poi ad insegnare il nostro dialetto e tutto di Fiume ai miei nipoti e ,piu’ tardi, ai miei pronipoti ed ora, all’ultimo, Ryan: vien cocolo dala bisnona, bati bati le manine,ghiri ghiringaia martin su la paia... Orgogliosa sono, Dario e Daniela, i miei figli, parlano il nostro dialetto come lo parlo io. Sarei vuota, questo amore per la mia città, questa nostalgia di un tempo che non tornerà piu’, fa’ soffrire e tanto ma mi riempie la vita, mi riempie l’anima,senza... non sarei io! Fiumani di oggi,voi che questa citta’ l’avete ereditata, prendetela tutta,prendetela con il suo passato, anche se quel passato forse non vi garba. Ora è la vostra citta’ mantenetene i ricordi, la storia , le sue vicende, sopratutto il suo dialetto Fiuman e non dimenticatevi di noi che ve l’abbiamo lasciata. Vi prego, mantenete tutto non solo per voi ed i vostri figli ma anche per i miei figli ,i miei nipoti ,i miei pronipoti! Altrimenti dove mi troveranno quando io non ci sarò’ piu? Con chi parleranno in Fiuman, questo amato dialetto che ho insegnato loro con fatica? Pensate a noi,andati, che abbiamo perso tutto. Ora questa magnifica citta’, questa perla, la perla del Carnaro, è vostra, vogliatele bene tutta intera ,non soltanto com’è ora ma anche com’era...da sempre! Dopotutto ,nel 2020, sara’ la citta’ della cultura...tutta la sua cultura! Mirella Tainer

IN VALTELLINA FRA VIGNETI CANTINA E SALITE Non si sono fatti scoraggiare dalle avverse condizioni meteo che fino alla vigilia avevano minacciato di rovinare la festa - salvo poi, al momento giusto, trasformarsi in una bellissima giornata di sole autunnale - i 2500 trailer provenienti da oltre 30 nazioni che stamattina hanno dato vita all’ennesima edizione record del Valtellina Wine Trail. E hanno fatto molto bene, perché la gara ideata dal campione di corsa in montagna Marco De Gasperi non ha deluso le aspettative, regalando una giornata densa di emozioni e di panorami incredibili, con i suoi percorsi unici al mondo che in buona parte si snodano lungo i terrazzamenti e i muretti a secco dichiarati Patrimonio Immateriale Unesco, e con i suggestivi passaggi all’interno delle cantine dove si producono i migliori vini della Valtellina. Nella prova regina di 42,2 km con 1731 mt D+ partita da Tirano, buona affermazione in campo maschile del 23enne colombiano di Bogotà Gustavo Buitrago, che ha tagliato il traguardo di piazza Garibaldi in 3h19’06”, infliggendo oltre 8’ a Luca Manfredi (3h27’34”), con Moreno Sala terzo in 3h35’40”. Top ten di giornata completata da Pizzatti, Sorteni, Brambilla, Ghisellini, Muller, Pandiani e Schenatti. Nella sfida in rosa, come ampiamente prevedibile, prima piazza per la campionessa di casa Elisa Desco, a conclusione di un’ottima stagione che l'ha vista chiudere 3ª nel ranking di coppa del mondo di skyrunning. Per lei finish line di 3h52’15”. Dietro la campionessa italiana di corsa in montagna gruppo delle migliori completato da Sarah Palfrader (4h13’30”), Lucia Moraschinelli (4h21’51”), Claudia Chmielowska e Cinzia Besseghini. Arrivi con tempi ravvicinati nella Half Trail di 21 km (914 mt. D) che prendeva il via da Chiuro, con la cinquina vincente maschile composta da Filippo Bianchi, vincitore in 1h31’19”, che ha preceduto di pochissimo Cristian Minoggio, fresco campione europeo di skyrunning, specialità ultra, secondo in 1h31’40”, Lorenzo Beltrami (1h32’06”), Alessandro Gelmi e Francesco Leoni. Tra le donne, bissando il successo dello scorso anno, mette tutte in fila l’atleta di casa Elisa Compagnoni in 1h46’10, seguita da Elisa Pallini (1h51’52”) e Maria Dimitra Theocharis (1h55’20”).

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RECENSIONI

Sulle orme imprescindibili di Marco Martini giunge un magnifico lavoro analitico sulla carriera di Adolfo Consolini prodotto da Enzo D'Arcangelo, per lunghe stagioni a capo del Dipartimento di Statistica della Sapienza Università di Roma e inesausto patrocinatore dell'atletica, con non pochi affanni, nel territorio della capitale. Quasi in simultanea, dalla Multiprint romana, per la realizzazione grafica di Olga Yurchenko, ecco le ottantaquattro pagine della rassegna stampa ragionata sui mondiali di Doha coordinate da Mauro Pascolini per conto dell'Associazione Italiana Tecnici di Atletica Leggera.Da Milano, da una famiglia per l'atletica e non solo (Andrea, figlio, capo rubrica, con fatica, dati i tempi, alla Gazzetta), il racconto di una traversata territoriale che ha portato il cuore e le gambe dell'irrequieto Ennio Buongiovanni dal capoluogo lombardo a Voltri: quasi trecento pagine di godibilissima lettura – nate dalla fantasia di uno scrittore e di un poeta, nato spezzino e divenuto milanese, che non finisce di stupire per originalità e versatilità d'impegno – messe in fila a Saluzzo da Fusta editore con il titolo Ci sono gli indiani ma vado avanti lo stesso, divagazioni di una viaggio a piedi da Milano a Voltri. Dal ciclismo, materia e terreno di coltura tra i più aperti, con identici versatilità e trasporto, a storia e leggenda, il Coppi ultimo di Marco Pastonesi, edizioni 66h and 2nd, e Coppi e Bartali di Daniele Marchesini, Il Mulino editore. Presentata da Correre, con un titolod'indiscutibile richiamo e mai fuori moda, la biografia di Jesse Owens, l'uomo che sconfisse Hitler. Controcorrente per tema, in linea con la figura dell'autore, mai scontato nelle sue aperture editoriali e giornalistiche, dalla mano di Daniele Poto nascono le centosessantaquattro pagine diUna vita al cinquanta per cento, Ensemble editore. A pochi mesi di distanza dal successo di Lo sport tradito, da una storia vera e da una riflessione sul morbo di Huntington, terribile patologia neurovegetativa, l'occasione per un'inflessibile denuncia su crisi e cadute della sanità nazionale. Dal rifugio di Navazzo, sponda bresciana del lago di Garda, prossimo arrivo, lo sguardo dritto e l'annata 1946 della calligrafica cifra esistenziale costruita attorno alla storia dei campionati italiani di atletica, iniziata nel lontano 1997 con Cento anni fa, un giorno d'ottobre, storia e cronaca del primo campionato italiano pedestre, e giunta al nono volume. La ricostruzione dei campionati italiani individuali costituisce una delle tante creature nate sotto l'egida eretica dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana 'Bruno Bonomelli', acronimizzato in ASAI, l'impresa umanistica nata dall'idea di Ottavio Castellini all'epoca in cui al giornalista – nato a Milano alle quattro del mattino di un mercoledì di una Settimana Santa ancora imbrattata dalle nefandezze belliche – dalla scrivania prima di via Tevere, e più avanti di via della Camilluccia, competeva la responsabilità della comunicazione federale e il rispetto della tradizione raggiunto attraverso la costante produzione di Atletica, rivista mensile additata, nei decenni

SPIRIDON/16 di vita, come insuperato strumento storico-giornalistico panfederale a partire dal 15 gennaio 1933, anno XI, un numero lire 0,60, copertina dedicata a un Benito Mussolini alla guida di un'Alfa Romeo. L'atto iniziale di un'avventura da cui non s'attendevano né riconoscenze né, tantomeno, prebende, reca una località e una data, Brescia, 1° maggio 1994, e la firma dei fondatori, Claudio Enrico Baldini da Agazzano, Aldo Capanni da Firenze, Ottavio Castellini da Navazzo, Luciano Fracchia da Asti, Augusto Frasca da Roma, Gianni Galeotti da Cadelbosco Sopra, Silvio Garavaglia da Inveruno, Raul Leoni da Roma, Marco Martini da Roma, Rosetta Nulli Bonomelli da Brescia, Roberto Luigi Quercetani da Firenze, primo presidente della squadra e successivamente passato al ruolo di Onorario, Tiziano Strinati da Firenze e Alberto Zanetti Lorenzetti da Corvione di Gambara.Negli anni, talora drammaticamente, la vita ha reclamato i suoi diritti e fatto le sue vittime. Ma l'identità e lo spirito, insieme con l'arrivo di rari iniziati, e la compresenza d'imbarazzanti aridità, restano inalterati nella mente dei sopravvissuti. (A.F.) verso il burrone

La prima legge sull’abolizione degli enti inutili risale al 1956, e nel corso di questi 60 anni sul “vaste programme” si sono cimentati in diversi (Bersani, Calderoli, Monti) senza apprezzabili risultati Gli enti tagliati risorgono sotto altro nome, o vengono prorogati sine die con decreti ministeriali, o ricorrono vittoriosamente al Tar e al Consiglio di Stato, o resuscitano grazie ad emendamenti nascosti nelle leggi più disparate. Il loro elenco completo non è nemmeno disponibile, né si riesce a sapere le loro mansioni precise, a vederne i bilanci, a quantificare gli emolumenti degli addetti. Il Codacons stima in 13 miliardi il costo annuo di questo immane sprechificio: quasi un terzo di manovra economica. E non se ne esce. E’ una forma come un’altra di assistenzialismo non dovuto. Chiamateli come volete quegli stipendi inutili. Rendite di posizione. Privilegi feudali. Parassitismo clientelare. Pensioni anomale. Ci sono legioni di persone in Italia che ricevono ogni 27 del mese un bonifico sul conto corrente, non giustificato da prestazioni (spesso neppure richieste). L’assalto alla diligenza dura da sempre, ma una volta la diligenza correva. Magari con fatica, ma correva lo stesso. Ora la crisi e la globalizzazione l’hanno appesantita, e i cavalli a tirare sono diminuiti. Sono stremati, e presto scoppieranno. Ma intanto la gente continua ad arrampicarsi sull’imperiale. I precari regolarizzati (tra cui presto i 3mila inutili navigator del reddito di cittadinanza), i quota cento, gli immigrati, gli esuberi Ilva, Alitalia, Whirlpool e altri, tutti sul tetto. Ci arrabbiamo quando l’Europa ci fa la ramanzina, ma siamo solo una Grecia più riottosa. [email protected]