PORTA VERCELLINA

Col nome di Porta Vercellina sono state designate, nel tempo, tre porte della città di Milano, ricavate rispettivamente all'interno del perimetro romano, medievale e spagnolo sulla direttrice che conduce a

Porta nelle MURA ROMANE

Sita nell'attuale via Meravigli, all'angolo con via San Giovanni sul Muro, eretta nel I secolo e ricavata nelle mura romane.

Fu chiamata Novarium , poi Vercellina

Era situata a una delle due estremità del decumano, il quale dipartiva dal foro romano di Milano (che era situato all'incrocio tra il cardo e il decumano all'incirca nei pressi dell'attuale piazza San Sepolcro).

Con maggiore precisione era situata nel luogo dove oggi si trova l'incrocio tra la moderna via Santa Maria alla Porta (toponimo che ricorda l'antica esistenza della porta, e che all'epoca era un tratto del decumano) e l'attuale via Meravigli, all'altezza della via San Giovanni sul Muro, probabilmente nel luogo dove in seguito sorse la chiesa di Santa Maria alla Porta.

Storia

Costruita durante il periodo repubblicano dell'epoca romana, era ricavata nella cinta delle mura romane di Milano. Venne fatta presumibilmente erigere, insieme alle mura, da Cesare dopo l'assunzione di Mediolanum al rango di municipium nell'anno 49 a.C., oppure in seguito da Ottaviano.

Fu demolita, insieme alle relative mura e alle altre porte romane, durante l'assedio di Milano del 1162, che fu opera di Federico Barbarossa. Altra importante azione di guerra che subì la porta fu l'assedio di Milano del 538- 539, che fu perpetrato da Regno ostrogoto. Entrambi gli assedi portarono alla distruzione di gran parte della città.

Descrizione

Porta Vercellina era situata dove ora è presente la chiesa di Santa Maria alla Porta, la cui denominazione è legata alla presenza di questa porta. Da Porta Vercellina dipartivano la via delle Gallie, che conduceva verso Augusta Prætoria (Aosta) passando da Novaria (Novara e che portava poi in Gallia

1 Transalpina, e la via Gallica, arteria stradale che collegava Mediolanum a Augusta Taurinorum (Torino) passando da Vercellae (Vercelli, da cui il nome della porta. Dall'altro lato della porta, entro le mura cittadine, si trovava il decumano.

Nei pressi di Porta Vercellina, seguendo il decumano, sorgevano il palazzo imperiale romano di Milano, il teatro romano di Milano e il circo romano di Milano, mentre poco oltre ad essa, al di fuori delle mura cittadine, lungo la sopracitata arteria stradale, erano situati il mausoleo imperiale di San Vittore al Corpo e la basilica martyrum (che esiste ancora oggi: ha poi cambiato nome in "basilica di Sant'Ambrogio"). Da Porta Vercellina il decumano di Mediolanum conduceva all'altro lato delle mura cittadine dov'era presente, diametralmente opposta a Porta Vercellina, .

Porta nelle MURA MEDIEVALI

Sita nell'attuale corso Magenta, all'angolo con via Carducci, eretta nel XII secolo e ricavata nelle mura medievali.

La Porta Vercellina medievale era quindi in corrispondenza di largo Paolo d’Ancona.

Storia

Entro l'XI secolo Milano aveva riacquistato un solido ruolo urbano e, nel contesto delle crescenti rivendicazioni territoriali e comunali, provvide, a partire dal 1155, al consolidamento della cinta muraria: con i mezzi a disposizione venne realizzata la cosiddetta "cinta dei terraggi" (perché costituita da un terrapieno), nel cui impianto la Porta Vercellina venne sicuramente conservata.

Con la costruzione, nel 1171, del nuovo impianto murario, successivo alle devastazioni del Barbarossa, all'originale impianto difensivo venne aggiunto un largo fossato, già lontano a descrivere un cerchio di maggiore ampiezza attorno alla città. Su di esso vennero poi edificate nuove mura, mentre il fossato venne utilizzato per la costruzione della fossa del naviglio (attuale cerchia dei navigli). In quella fase Porta Vercellina venne anch'essa avanzata verso ovest, sino all'altezza dell'attuale Via Carducci (ex ramo del Naviglio chiamato di S. Girolamo), tra la Basilica di Sant'Ambrogio a sud e il Castello a nord.

2 La porta venne dotata di ponte levatoio, mentre il Naviglio di S. Girolamo venne reso navigabile sotto Filippo Maria Visconti, nel tardo XV secolo. In quest'epoca la costruzione del , che occupava la sede dell'antica Porta Giovia, costrinse una quota di traffico a deviare sulle vicine Porta (a nord) e Porta Vercellina (a sud), incrementandone il ruolo commerciale.

Fu abbattuta nel 1549 per la costruzione dei bastioni spagnoli

Dell'antica porta rimane la statua della Madonna con Bambino ora collocata nella vicina chiesa di San Nicolao.

All’interno della cappella dedicata alla Madonna della Misericordia, sopra l’altare marmoreo, risalente al 1833, è conservata una statua marmorea della Madonna col Bambino del 1300 che originariamente si trovava sopra l’arco della Porta Vercellina, una delle porte d’accesso alla città, fatta realizzare e collocare da Azzone Visconti per accogliere i cittadini e i visitatori. La statua venne posta nella chiesa una volta demolita l’antica porta e impreziosita da un benefattore con due coroncine dorate e ingemmate.

Stemma

Porta Vercellina identificava anche uno dei sei sestieri storici in cui era divisa la città, il sestiere aveva uno stemma la cui blasonatura era: troncato di rosso e di argento.

Lo stemma del sestiere non subì modiche nei secoli. L'unica differenza che si trova nelle fonti, è nella posizione dei colori. Lo stemma del sestiere è spaccato, ovvero diviso in due parti uguali da una linea orizzontale, con una parte bianca e una parte rossa. Per quanto concerne la posizione dei colori, Bonvesin de la Riva scrive che:

«[...] In Porta Vercellina sunt clipei rubeo superius, albo inferius dimidiati colore. [...]» (Bonvesin de la Riva)

Descrizioni analoghe sono fornite da Giorgio Giulini e da Serviliano Latuada, mentre Galvano Fiamma e Giacomo Filippo Besta invertono la posizione dei colori. Il Codice Cremosano invece lo descrive come Bonvesin de la Riva, ovvero con la parte superiore rossa e quella inferiore bianca.

Porta nelle MURA SPAGNOLE

3 Sita nell'attuale piazzale Baracca, eretta nel XVII secolo e ricavata nelle mura spagnole..

Fu rinominata Porta Magenta il 26 ottobre 1860

Porta Magenta (già Porta Vercellina fino al 1860) era una delle sei porte principali di Milano, ricavata lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti. Posta a ovest della città, si apriva lungo la strada per Vercelli. Demolita nel 1897 la porta neoclassica del Canonica (1805), sorgeva al centro dell'attuale piazzale Baracca, allo sbocco di corso Magenta.

Storia

La Porta Magenta che si apriva nei Bastioni di Milano sorgeva sullo stesso asse viario (oggi corso Magenta) su cui erano sorte in precedenza le omonime porte di epoca romana (sul tracciato delle Mura romane) e di epoca medievale (sul tracciato delle Mura medievali).

In epoca napoleonica il governo del Regno d'Italia (1805-1814), guidato dal Melzi d'Eril, pianificò un generale rifacimento delle porte di ingresso in Milano, previa demolizione delle porte spagnole ed alberazione dei bastioni. Queste ultime, infatti, avevano funzione militare mentre il nuovo governo desiderava dedicarle a meri caselli daziari, ma di foggia adeguata allo status della capitale del Regno d'Italia. La cinta daziaria di Milano avrebbe, infatti, corrisposto con le mura spagnole.

I progetti vennero affidati ai più prestigiosi progettisti dell'epoca, tutti attivi in Milano: ad esempio Cagnola ebbe il primo progetto per Porta Comasina (realizzata poi dal Moraglia), l'Arco della Pace (a segnare l'antica Porta Giovia) e il completamento di Porta Orientale (iniziata dal Piermarini). Lo Zanoja ebbe .

Porta Vercellina, invece, fu tra le prime ad essere realizzate, in quanto collegata all'ingresso trionfale in Milano di Napoleone, l'8 maggio 1805, che giungeva per esservi incoronato re del Regno italico, il successivo 26 maggio. Il disegno venne affidato al Luigi Canonica, dall'agosto 1797 ‘architetto di Stato' in sostituzione del suo maestro Piermarini.

Canonica innalzò il nuovo manufatto sull'area di piazzale Baracca ed utilizzò i materiali rivenienti dalle demolizioni dei bastioni esterni del Castello, che

4 giacevano abbondanti e poco utilizzati. Erano presenti inoltre anche due caselli daziari, esterni alla cerchia delle mura.

Servì ancora nel 1859 finalmente estromessi gli austriaci per l’entrata trionfale in città – con l’accompagnamento a fanfara della Bella Gigogin- del nipote napoleoneIII e di vittorio emanuele II dopo che sierano dati appuntamento in campagna alla cascina delle Pobbiette ( ) per ristorarsi con un buon vinello lombardo .

La demolizione (1897)

Nel 1873, con l'accorpamento amministrativo del dei Corpi Santi, le porte di Milano persero la residua funzione di passo daziario.

Nel 1872-79, entro i bastioni, venne edificato l'attiguo carcere di San Vittore, che interrompeva il passeggio sui bastioni di porta Vercellina. Nel 1885 ebbe avvio la demolizione delle mura spagnole a cominciare, proprio, dal tratto compreso tra il Castello e porta Ticinese.

In quella occasione venne abbattuto anche l'arco di porta Vercellina, del quale non resta oggi più traccia.

LE CONTRADE

Le cinque contrade sono della Piscina (chiamata anche del Bocchetto), della Rosa, dei Morigi, della Porta, del Nirone.

Contrada della Piscina

La contrada prende il nome dalla piazzuola della Piscina, su cui convergevano a croce quattro vie. Questo toponimo, che deriva dalla presenza, in antichità, di una grande vasca pubblica, ha dato il nome a una chiesa che sorgeva nei suoi pressi, la già citata chiesa di Santa Maria Segreta, detta anche di "chiesa di Santa Maria alla Piscina".

Altra ipotesi vuole che il termine "piscina" derivi dal nome di un'effige della Beata Vergine che era dipinta sulle pareti della chiesa di Santa Maria Segreta e che era chiamata Beata Vergine della Piscina per la presenza, fin dai tempi più antichi, su una parete di una casa che si trovava di fronte alla chiesa citata, di un'immagine raffigurante la Piscina di Betzaeta.

5 Degna di nota è il vicolo di San Vittore al Teatro (in seguito parte di esso fu chiamato vicolo di Santa Maria Fulcorina. Su un documento dell'epoca il vicolo di San Vittore al Tetro è definito in latino quae dicitur Stabuli, ovvero "che è dedicato allo Stabile", ovvero al teatro), dov'era situata l'omonima e già citata chiesa. Prendevano il nome dalla presenza del teatro romano di Milano, che sorgeva nei suoi pressi, i cui resti sono stati rinvenuti sotto Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana.

Degna di nota è anche via Santa Maria Segreta, che prende il nome dall'omonima chiesa: quest'ultima originava la seconda parte della denominazione da un tempio romano pagano, il secretum (sacello) di Demetra, che sorgeva in quell'area].

Nobile contrada della Rosa

Il nome della contrada deriva dal tipo di coltivazioni un tempo diffuse nei campi della zona: le rose. Quelle della contrada erano infatti rinomate per la loro qualità, in particolar modo per il loro colore e il loro profumo. Altra ipotesi, ritenuta però leggendaria dagli studiosi, narra che la contrada abbia preso il nome dalla già citata chiesa di Santa Maria della Rosa: la leggenda racconta che l'epiteto della Rosa relativo all'edificio di culto sia legato a una rosa particolarmente bella trovata altrove e piantata nel giardino del monastero dal progettista del complesso edilizio, che fu forse il Bramante.

In questa contrada era presente parte del annonario del sestiere di Porta Vercellina. Il centro della contrada era piazza della Rosa, poi scomparsa con le demolizioni avvenute a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la zona intorno alla Biblioteca Ambrosiana e l'area nei pressi della chiesa di Santa Maria della Rosa, che aveva annesso un convento di domenicani.

Nella contrada era presente uno storico panificio che era chiamato prestino della Rosa e che era di proprietà del Banco di Sant'Ambrogio. In epoca romana nella contrada si trovava la zecca di Mediolanum. La presenza di questa struttura ha dato poi il nome a due strade, esistenti ancora oggi: via Moneta e via Zecca Vecchia

CONTRADA DEI MORIGGI

Era originariamente chiamata contrada della Torre dei Moriggi per la presenza di un'importante torre di proprietà di una nota famiglia nobiliare milanese, i Moriggia (famiglia). Esisteva anche una via della Torre dei Morigi, 6 poi diventata via Morigi, che esiste ancora oggi. Questa torre, che è giunta sino a noi con il nome di Torre dei Moriggia, è inglobata nell'omonimo palazzo.

L'antica via della Torre dei Morigi era contraddistinta da due sezioni, la prima, quella verso piazza Mentana, all'epoca semplice slargo, era chiamata anche via San Lorenzo in Città, mentre l'altro tratto, quello verso via Santa Marta (all'epoca via Santa Marta delle Monache), era denominato anche via dei Belgioiosi. I due tratti, insieme a via Vigna e via Gorani, convergevano in un largo, chiamato largo della Torre dei Moriggi.

Nella contrada era situato palazzo Borromeo, che è giunto sino a noi. Per quanto riguarda l'origine del nome della famiglia Morigi, l'ipotesi più accreditata è che derivi dal termine dialettale milanese morigiö, ovvero "topolino", soggetto che è anche rappresentato sullo stemma della contrada.

Contrada della Porta

La contrada prende il nome da Porta Giovia, pusterla, ovvero una porta minore cittadina, posta sul tracciato medievale delle mura di Milano; il varco principale di riferimento di Porta Giovia, di cui quest'ultima era succursale, era Porta Vercellina medievale. Accanto alla contrada, era presente anche un borgo di Porta Giovia: di entrambe abbiamo prove documentate.

Nacque sui resti di una precedente fortificazione risalente al XIV secolo nota come Rocca Giovia, che aveva annessa l'omonima porta. Con l'ampliamento della struttura, Porta Giovia venne assorbita nel complesso edilizio

Degna di nota è l'etimologia del nome di via Meravigli: deriva dalla nobile famiglia milanese dei Meraviglia (sui documenti del XII e del XIII secolo è riportato de Meravellia, Meravillia o Mirabilia). In seguito, su mappe del XVIII secolo, il tratto di via Meravigli tra via Orsole, via Porlzza e via Brisa è chiamato via dei Santi Pietro e Lino (quindi come il nome più recente della sopra menzionata chiesa dei Santi Pietro e Lino).

Altre vie di rilievo appartenenti alla contrada furono via San Vincenzino (ora via Manfredo Camperio), via Porlezza, via San Giovanni al Muro e vicolo San Giovanni al Muro. L'antico nome della prima via citata era via del Maino, dal nome dell'antica e omonima famiglia milanese: anche via Porlezza derivava 7 la denominazione da uno storico e omonimo casato nobiliare della città. Via Porlezza, anticamente, era divisa in due tratti, con il primo che si chiamava via San Vincenzino e che sboccava dell'omonima via sopra menzionata, mentre il secondo tratto era chiamato via delle Lobbie. Via San Giovanni al Muro, anticamente, era invece chiamata via San Giacomo in Porta Vercellina. Vicolo San Giovanni al Muro, un tempo, era invece denominato vicolo del Crocefisso.

Contrada del Nirone

La contrada deriva il suo nome dal Nirone, torrente che nasce a Cesate e che attraversava la contrada. Unendosi a Baranzate con il torrente Guisa il Nirone dà origine al torrente Merlata, che prosegue poi il suo percorso verso sud attraversando Milano. In origine il Nirone non confluiva nel Guisa ma proseguiva il suo percorso giungendo in modo autonomo a Milano, dove seguiva il suo alveo naturale corrispondente al percorso dei moderni Piccolo Sevese, canale Vetra e Vettabbia per poi giungere a San Giuliano Milanese e confluire nel Seveso.

La basilica di dei Santi Nabore e Felice su un'antica stampa

In tempi antichi il Nirone fu deviato nel Guisa-Merlata per aumentare la portata di quest'ultimo nel suo tratto milanese: il tratto a valle della deviazione però non si prosciugò, ma rimase attivo come una roggia, alimentata dai numerosi fontanili e dal reticolo irriguo della zona, prendendo il nome di "roggia civica". Dalla presenza del letto artificiale del Nirone, poi diventato Piccolo Sevese, è derivato il nome di "via Nirone", strada laterale di corso Magenta situata nei pressi di questo canale artificiale.

In origine il nome della contrada era contrada del Nirone di San Francesco: la seconda parte della denominazione è sicuramente posteriore al 1256, 8 quando i frati minori ottennero il permesso di ampliare le loro proprietà con l'acquisizione della già citata basilica dei Santi Nabore e Felice, che avvenne appunto nell'anno citato.

Entro i confini della contrada del Nirone era compreso il cosiddetto Poliandro, ovvero la "zona sacra" di Milano, visto che fin dall'epoca romana l'area era ricca di edifici religiosi: prima dell'avvento del cristianesimo erano infatti molti, nella contrada, i luoghi dedicati al culto pagano. Poi con la diffusione del cristianesimo, nel Poliandro sorsero le sopracitate chiese.

La seconda parte del nome delle due chiese di San Pietro e San Michele richiama il "dosso", ovvero i terrapieni, i cosiddetti "terraggi", delle mura romane di Milano, ampliate nel IX secolo (come prova un diploma del 880 di Carlo il Grosso) verso la basilica di Sant'Ambrogio, che in origine era situata esternamente alle mura cittadine. La chiesa di San Pietro e quella di San Paolo al Dosso, prima dell'allargamento della piazza, che portò alla loro demolizione, erano collegate da una strada che era denominata via di San Pietro al Dosso.

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