MAFIA Processo Gotha Definitivi due secoli di carcere

Lunedì 12 Novembre 2012 - 19:34 di Riccardo Lo Verso Sentenza definitiva per i padrini della mafia palermitana. La Corte di Cassazione ha inflitto oltre due secoli di carcere a diciotto imputati. Furono tutti arrestati nell'operazione Gotha che nel 2006 decapitò i clan di Pagliarelli, Uditore e San Lorenzo.

PALERMO - Una sfilza di condanne definitive. La Corte di Cassazione archivia con il pugno duro un pezzo di storia giudiziaria palermitana. Quella che poliziotti e magistrati iniziarono a scrivere il 20 giugno del 2006. Era il giorno dell'operazione Gotha. Due mesi dopo l'arresto di , la polizia decapitava i vertici delle famiglie mafiose di Pagliarelli, Uditore e San Lorenzo. Questo l'elenco dei diciotto imputati e le rispettive pene, alcune delle quali in continuazione con altre condanne inflitte in passato: Francesco Bonura (23 anni), Antonio Rotolo (16 anni e 8 mesi), Andrea Adamo (14 anni e 8 mesi), Gaetano Badagliacca (dieci anni e 20 giorni. Per lui i Supremi giudici hanno annullato la condanna e rideterminato la pena. In primo grado aveva avuto 12 anni), Pietro Badagliacca (14 anni 8 mesi), Vincenzo Di Maio (13 anni e 6 mesi), Pietro Di Napoli (18 anni), Tommaso Inzerillo (15 anni e 10 mesi), Alessandro Mannino (11 anni e 9 mesi), Giovanni Marcianò (11 anni e 1 mese), Nunzio Milano (11 anni e 10 mesi), (11 anni e 10 mesi. Era l'unico ai domiciliari per motivi di salute e ritornerà in cella), Francesco Picone (11 anni e 10 mesi), Salvatore Pispicia (11 anni e 6 mesi), Gaetano Sansone (12 anni e 8 mesi), Giovanni Nicoletti (8 anni e 5 mesi), Giuseppe Savoca (5 anni), Carmelo Cancemi (9 anni).

Per mesi i poliziotti intercettarono i summit convocati dal capomafia di Pagliarelli, Nino Rotolo, in un box di lamiera non lontano dalla villa in cui viveva. Lui, ergastolano, era riuscito a farsi concedere gli arresti domiciliari, spacciandosi per malato di ipertensione. Le cimici svelarono che su soffiavano venti di guerra. Rotolo aveva chiesto a Bernardo Provenzano il via libera per ammazzare il suo più grande nemico, l'allora latitante Totuccio Lo Piccolo e il figlio Sandro. Sarebbero stati tutti arrestati nel giro di pochi mesi.

A Palermo comandavano i boss della vecchia mafia, pronti ad armarsi contro i i Lo Piccolo di Tommaso Natale e gli scappati, a cominciare dagli Inzerillo, dalla guerra di mafia degli anni Ottanta. Gente pronta a rientrare in città con il benestare di Lo Piccolo. Ad evitare l'ondata di violenza intervenne il blitz, allora coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai sostituti Roberta Buzzolani, Maurizio de Lucia, Nino Di Matteo, Domenico Gozzo e Michele Prestipino. In cella finirono 52 persone. Per una parte di loro la sentenza oggi è diventata definitiva.

Dall'inchiesta Gotha venne fuori che Cosa nostra restava fedele a se stessa. Alle proprie regole segnate dalla gestione verticistica del potere. Rotolo sapeva che per sbarazzarsi di Lo Piccolo serviva il benestare di Provenzano che, invece, dal canto suo, predicava la pax mafiosa. Una pax che stava stretta al triumvirato composto, oltre che da Rotolo, da Antonino Cinà, il medico di Totò Riina e reggente di San Lorenzo, e dal costruttore Francesco Bonura, capo della famiglia di Uditore.

Da un lato Rotolo e dall'altro , boss in grande ascesa. Forte di un grande esercito il barone di Tommaso Natale diede vita a una scalata inarrestabile. Voleva mettersi a capo di un mandamento unico che dominasse su l'intera città. E non si sarebbe fermato di fronte a nulla. Era pronto alla guerra con Rotolo. Gli arresti del blitz Gotha tolsero di messo il suo più temibile concorrente. Nel 2007 la risposta dello Stato travolse pure i Lo Piccolo, bloccati e arrestati nel covo di Giardinello.