Cinquanta Sfumature Di Rossobruno

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Cinquanta Sfumature Di Rossobruno La Redazione de “La Nuova Alabarda” presenta il dossier n. 49 CINQUANTA SFUMATURE DI ROSSOBRUNO. di Claudia CERNIGOI Trieste, 2014 1 Il nostro obiettivo era un’Europa estesa fino agli Urali, unita nella differenza dei suoi popoli e terza forza rispetto ai due blocchi imperialisti. Su questi presupposti, il 25 aprile 1960 (…) nacque Avanguardia Nazionale”. (Stefano Delle Chiaie, “L’aquila e il condor”, Sperling & Kupfer 2012, p. 19). INTRODUZIONE. Il fenomeno del cosiddetto “nazimaoismo” non è ancora stato sufficientemente approfondito né dagli storiografi del neofascismo, né dai politici e dai militanti della sinistra. La “simpatia” che certi settori della destra estrema hanno spesso rivolto a contenuti ed associazioni di sinistra è però qualcosa da tenere d’occhio, perché può degenerare in situazioni pericolose per chi milita in certi settori. Già negli anni ‘20 in Germania si sviluppò il movimento dei “nazionalbolscevichi”, che abbracciava problematiche di sinistra con indicazioni nazionaliste (praticamente la posizione di Jean-Marie Le Pen, che ha dichiarato di essere “socialmente a sinistra, economicamente a destra e nazionalista francese”); vagheggiavano, tra l’altro, un’alleanza con l’Unione Sovietica. Furono eliminati dal nazismo, né più né meno che gli oppositori del regime1. Dopo varie peripezie, che narreremo brevemente più avanti, a partire dall’anno 2000 gli eredi di questi nazionalbolscevichi (“comunitaristi” e “comunisti nazionalitari”) hanno iniziato a frequentare ed a cercare contatti con gli ambienti della sinistra antimperialista ed internazionalista, i cui militanti molto spesso, o per non conoscenza, o per pragmatismo, non hanno preso le distanze da loro. Nel dossier “La strategia dei camaleonti” pubblicato nel 2003 avevamo messo in evidenza come l’attività di “solidarietà” internazionalista dei comunitaristi aveva operato una spaccatura nel movimento internazionalista italiano, dato che manifestazioni di solidarietà con il popolo iracheno, aggredito dalla compagine “occidentale” (l’Italia che ripudia la guerra compresa) erano organizzate con l’appoggio di persone e di organizzazioni facenti riferimento a quella che viene definita la galassia rossonera (o rossobruna). Negli anni seguenti la situazione è ulteriormente peggiorata, in quanto le iniziative di solidarietà internazionale con i Paesi giudicati “canaglia” dall’imperialismo sembra essere diventata una peculiarità dei comunitaristi, visto che la sinistra più o meno radicale non pare interessarsi eccessivamente di questi argomenti, con l’eccezione dell’area facente riferimento al Campo antimperialista dell’Umbria che ha continuato la propria collaborazione politica con i rosso bruni. Da tempo infatti nella sinistra ha preso piede quella politica che Fulvio Grimaldi aveva definito dei né né (né con Milošević né con la Nato, né con la Nato né con Assad), cioè una posizione politica equidistante dagli schieramenti, senza tenere conto di quanto i popoli interessati desiderino per la propria terra, e senza approfondire la reale politica dei governi che si decide di non sostenere, nonostante siano sotto attacco imperialista, lasciando in tal modo un vuoto che viene giocoforza riempito da coloro che invece sostengono il diritto dei popoli a non essere aggrediti, senza entrare nel merito delle politiche dei loro governi. Abbiamo pertanto assistito più volte allo stesso copione, quando in seguito all’intervento occidentale di appoggio agli oppositori armati dei governi in carica (Saddam Hussein in Iraq, Muammar Gheddafi in Libia…), le popolazioni di quei Paesi, lungi dall’aver guadagnato in democrazia e libertà, dopo avere subito una guerra di aggressione sono state precipitate in una situazione ben peggiore, sia dal punto di vista dei diritti umani, sia delle garanzie sociali, cosa che non sembra essere servita di lezione a tutte le “anime belle” che in nome di un malinteso atteggiamento di solidarietà a chiunque si ribelli al potere costituito (cosa che, di solito, non viene però considerata positiva quando accade nel proprio Paese), proseguono imperterrite nell’opera di demolizione di ogni governo laico dell’area islamica. Nel contempo i rossobruni, schierandosi contro la politica delle banche e delle multinazionali e denunciando il ruolo di congregazioni come il Bilderberg e la Trilaterale, argomenti spesso snobbati dalle sinistre (forse anche perché diversi esponenti politici di quella che oggi viene presentata come “sinistra” – che vent’anni fa sarebbe stata considerata un centrodestra moderato – come Romano Prodi, Enrico e Gianni Letta, Emma Bonino e molti altri, appartengono a questi centri di potere internazionali) stanno riscuotendo consensi in quei movimenti di opposizione di base che sono stati convinti che la destra e la sinistra sono la stessa cosa e che l’antifascismo non è più un valore, riempiendo l’ennesimo vuoto lasciato dalla sinistra radicale che non ha mai avuto il coraggio di tagliare i ponti con quel PD che da sempre ha condotto una politica contraria agli interessi dei lavoratori per osservare i dettami del Fondo Monetario Internazionale, delle banche e delle multinazionali. Cercheremo in questa sede di ricostruire ed analizzare sia la storia e l’evoluzione della destra comunitarista, sia le infiltrazioni e gli strani connubi che nel corso degli ultimi sessant’anni svariati tipi di destre hanno operato con variegati tipi di sinistre. Un contesto nel quale i rossobruni sfumano in altre ambigue colorazioni che vanno dal nero più scuro al rosso più rivoluzionario, e spesso in modo molto poco limpido. Le sfumature attorno alle quali si è sviluppata la strategia della tensione in Italia. PREMESSA. UN’ANALISI POLITICA DAL SITO DI MILITANT2. L’ESTATE DEL ROSSO-BRUNO. Fra nazi-maoismo e comunitarismo Rossobruno è un termine relativamente recente, che va a identificare quelle aree politiche che una volta si sarebbero definite, più sinteticamente e più efficacemente, nazi-maoiste. Nel corso degli anni, soprattutto nei primi anni novanta, il nazimaoismo mandato in pensione dalla fine delle ideologie cambiava definizione ma non sostanza, identificandosi col “comunitarismo”. I rossobruni si mimetizzano molto bene, nascondendo la loro identità politica ben argomentata dietro simbologie e parole d’ordine apparentemente di sinistra. Ma una cosa principalmente caratterizza tutta l’area rossobruna: ogni fenomeno della vita collettiva viene interpretato come episodio di politica internazionale. Nel fare questo, si servono di una determinata materia scientifica, la geopolitica, strumento analitico col quale interpretano ogni fenomeno politico rilevante. (…) In questo scontro globale, il concetto di Stato diviene sinonimo di Nazione, e questo viene assimilato a quello di Popolo. Altra caratteristica peculiare 1 Su questo argomento si veda Marco Rossi, “I fantasmi di Weimar”, Zeroincondotta, 2001, testo al quale faremo spesso riferimento. 2 Da http://www.militant-blog.org/?p=7617. 2 del rossobrunismo è la costante rivendicazione identitaria ed etnicista. Ogni scontro statale si trasforma così in scontro fra nazioni, e cioè in scontro fra popoli. Nel fare questo, il rossobrunismo (e tanta parte della geopolitica), inventano di sana pianta territori e culture assolutamente artificiali, come ad esempio il concetto di “Eurasia”, o “Eurabia”, mitiche regioni accumunate culturalmente dall’opposizione all’egemonia statunitense. Leggiamo questa definizione di Eurasia e dei problemi ad essa sottostanti che ne fa Claudio Mutti, storico nazimaoista ora direttore della rivista omonima Eurasia, la “rivista di studi geopolitici”. Il presupposto della visione eurasiatista è espresso da Mircea Eliade, quando ci ricorda che esiste una “unità fondamentale non solo dell’Europa, ma di tutta l’ecumene che si estende dal Portogallo alla Cina e dalla Scandinavia a Ceylon”. Sul piano geopolitico, a questo concetto corrisponde il progetto di un raccordo tra i “grandi spazi” in cui il continente eurasiatico si articola: quello russo, quello estremo-orientale, quello indiano, quello islamico, quello europeo. Alcuni di questi grandi spazi sono già adesso riuniti intorno ad un “polo” geopolitico (ad esempio la neonata Unione Eurasiatica3), mentre altri sono ancora privi, del tutto o in parte, di unità e di sovranità politica e militare. Quest’ultimo è il caso dell’Europa, la quale, vincolata agli Stati Uniti d’America per mezzo della NATO e governata da classi politiche collaborazioniste, ha saputo esprimere soltanto una precaria unità economica e monetaria. (…) I rossobruni e l’anticapitalismo (…) la loro avversità al capitalismo sembrerebbe avere come obiettivo unicamente il capitalismo statunitense, visto che, al contrario, i capitalismi di tutti gli altri paesi, formalmente nemici degli interessi americani, vengono invece difesi ed esaltati come modelli di sviluppo sovrano da difendere. (…) il capitalismo è identificato con la finanziarizzazione economica, e le problematiche geopolitiche sostanzialmente generate da fattori che turbano lo sviluppo economico “naturale” (a seconda dei casi: le banche, gli ebrei, il fenomeno migratorio, il signoraggio, ecc..). Insomma, quando parlano di “capitalismo” non intendono quello che intendiamo noi, ma una serie di non meglio precisate degenerazioni dello stesso che altererebbero il sistema. Sviscerando alla radice tale retorica, il loro anticapitalismo non risulterebbe altro che un più modesto anti-liberismo. 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