Processo Andreotti
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Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, sentenza n.49691/2004 (Presidente: G. M. Cosentino; Relatore: M. Massera) Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2004. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri: 1) Dott. Giuseppe M. Cosentino Presidente 2) Dott. Antonio Morgigni Consigliere 3) Dott. Francesco De Chiara Consigliere 4) Dott. Maurizio Massera Consigliere Rel. Est. 5) Dott. Carla Podo Consigliere Ha pronunciato la seguente SENTENZA Sui ricorsi proposti dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Palermo e da Andreotti Giulio, nato a Roma il 14.1.1919, avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo in data 2.5.2003. Visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi. Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Massera. Udito il Procuratore Generale in persona del dottor Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi. Udito il difensore della parte civile Comune di Palermo, avv. Salvatore Modica, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del P.G. e il rigetto del ricorso dell'imputato, con condanna del medesimo al risarcimento dei danni e alle spese; in subordine per l'applicazione della prescrizione con rinvio del processo al giudice civile. Uditi i difensori dell'imputato, avv. Giulia Bongiorno, che ha concluso per il rigetto del ricorso del P.G. e l'accoglimento del ricorso dell'imputato e avv. Franco Carlo Coppi, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste o non è preveduto dalla legge come reato, con rigetto del ricorso del P.G.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1- L'ipotesi accusatoria Con decreto emesso il 2 marzo 1995, il Giudice per le Indagini Preliminari, su conforme richiesta del P.M., disponeva il giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo nei confronti di Giulio Andreotti perché rispondesse delle seguenti imputazioni: 1 a)del reato di cui all'art. 416 c.p., per avere messo a disposizione dell'associazione per delinquere denominata Cosa Nostra, per la tutela degli interessi e per il raggiungimento degli scopi criminali della stessa, l'influenza e il potere derivanti dalla sua posizione di esponente di vertice di una corrente politica, nonché dalle relazioni intessute nel corso della sua attività; partecipando in questo modo al mantenimento, al rafforzamento e all'espansione dell'associazione medesima; E cosi ad esempio: - partecipando personalmente ad incontri con esponenti anche di vertice di Cosa Nostra, nel corso dei quali venivano discusse condotte funzionali agli interessi dell'organizzazione (in particolare, gli incontri svoltisi in Palermo e in altre località della Sicilia nel 1979 e nel 1980); - intrattenendo inoltre rapporti continuativi con l'associazione per delinquere tramite altri soggetti, alcuni dei quali aventi posizioni di rilevante influenza politica in Sicilia (in particolare l'on.le Salvo Lima e i cugini Antonino Salvo e Ignazio Salvo); - rafforzando la potenzialità criminale dell'organizzazione, in quanto, tra l'altro, determinava nei capi di Cosa Nostra e in altri suoi aderenti la consapevolezza della disponibilità di esso Andreotti a porre in essere (in varie forme e modi, anche mediati) condotte volte ad influenzare, a vantaggio dell'associazione per delinquere, individui operanti in istituzioni giudiziarie e in altri settori dello Stato; Con le aggravanti di cui all'art. 416 commi 4 e 5 c.p., essendo Cosa Nostra un'associazione armata, composta da più di dieci persone; Reato commesso in Palermo (luogo di costituzione e centro operativo dell'associazione per delinquere denominata Cosa Nostra) e in altre località, da epoca imprecisata fino al 28 settembre 1982; b) del reato di cui all'art. 416 bis c.p., per avere messo a disposizione dell'associazione mafiosa denominata Cosa Nostra, per la tutela degli interessi e per il raggiungimento degli scopi criminali della stessa, l'influenza e il potere derivanti dalla sua posizione di esponente di vertice di una corrente politica, nonché dalle relazioni intessute nel corso della sua attività; partecipando in questo modo al mantenimento, al rafforzamento e all'espansione dell'associazione medesima. E cosi ad esempio: - partecipando personalmente ad incontri con esponenti anche di vertice di Cosa Nostra, nel corso dei quali venivano discusse condotte funzionali agli interessi dell'organizzazione (in particolare, l'incontro svoltosi a Palermo con il latitante Salvatore Riina e con Salvo Lima e Ignazio Salvo); - intrattenendo inoltre rapporti continuativi con l'associazione mafiosa tramite altri soggetti, alcuni dei quali aventi posizioni di rilevante influenza politica in Sicilia (in particolare l'on.le Salvo Lima e i cugini Antonino Salvo e Ignazio Salvo); - rafforzando la potenzialità criminale dell'organizzazione, in quanto, tra l'altro, determinava nei capi di Cosa Nostra e in altri suoi aderenti la consapevolezza della disponibilità di esso Andreotti a porre in essere (in varie forme e modi, anche mediati) condotte volte ad influenzare, a vantaggio dell'associazione mafiosa, individui operanti in istituzioni giudiziarie e in altri settori dello Stato; 2 - rafforzando ancora, e in particolare, la capacità di intimidazione dell'organizzazione, fino al punto da ingenerare uno stato di condizionamento persino in vari collaboratori di giustizia; i quali difatti - pur dopo essersi dissociati da Cosa Nostra e averne rivelato la struttura e le attività delittuose, ivi comprese quelle riferibili ai componenti della "Commissione" - si astenevano tuttavia a lungo dal riferire fatti e circostanze (relativi anche a gravi omicidi, quali ad esempio quelli di Pecorelli, Mattarella, Dalla Chiesa) concernenti rapporti fra Cosa Nostra ed esponenti politici, tra i quali appunto esso Andreotti, per il timore - peraltro esplicitamente manifestato - di poter subire pericolose conseguenze; Con le aggravanti di cui all'art. 416 bis commi 4, 5 e 6 c.p., essendo Cosa Nostra un'associazione armata, volta a commettere delitti, nonché ad assumere e mantenere il controllo di attività economiche, mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa; Reato commesso, a partire dal 29.09.1982, in Palermo (luogo di costituzione e centro operativo dell'associazione mafiosa denominata Cosa Nostra) e in altre località. 2 - Il ragionamento giuridico del Tribunale Premesso che all'imputato erano stati contestati i reati di partecipazione ad associazione per delinquere (per il periodo fino al 28 settembre 1982) e di partecipazione ad associazione di tipo mafioso (per il periodo successivo), il Tribunale, citando ampiamente l'insegnamento di questa Corte, si è soffermato sull'individuazione degli elementi costitutivi di tali delitti, ravvisati, per il primo, nella formazione e nella permanenza di un vincolo associativo continuativo, tra almeno tre persone, allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti, con la predisposizione comune dei mezzi occorrenti per la realizzazione del programma delinquenziale, cioè di una struttura organizzativa idonea e, soprattutto, adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira e con la permanente consapevolezza di ciascun associato di far parte dell'illecito sodalizio e di essere disponibile ad operare per l'attuazione del comune programma criminoso e, per il secondo, nei medesimi elementi con la caratterizzazione ulteriore dell'autonoma forza di intimidazione promanante dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà. Quindi il Tribunale ha affrontato il tema del concorso eventuale nel reato associativo, rilevando che, rispetto all'associazione di tipo mafioso, l'applicazione della figura del concorso eventuale assume particolare importanza con riferimento alle situazioni di "contiguità" all'organizzazione criminale, le quali, rafforzando l'apparato strumentale e agevolando la realizzazione del programma criminoso dell'illecito sodalizio, possono contribuire in misura rilevante ad esporre a pericolo i beni giuridici protetti dalla norma incriminatrice (l'ordine pubblico generale, l'ordine economico, l'ordine democratico, il corretto funzionamento della pubblica amministrazione) e presentano, pertanto, un notevole disvalore. Dopo un excursus con cui ha preso in esame il problema in generale, rilevando che esso si pone soprattutto con riferimento al concorso materiale, non essendo in discussione l'aspetto del concorso morale, il Tribunale ha poi affrontato il tema specifico dell'associazione per delinquere di tipo mafioso, affermando che il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità ha, con persuasive argomentazioni, ritenuto configurabile il concorso eventuale in tale associazione, pur esprimendo vari indirizzi interpretativi sulla identificazione dei casi e sulla definizione dei limiti di operatività di tale ipotesi delittuosa. In definitiva, la tesi del Tribunale è che la fattispecie della partecipazione non è suscettibile di ricomprendere le condotte che si esauriscono in un consapevole contributo causale solo ad alcune attività dell'associazione; simili condotte atipiche sono, invece, sussumibili nel concorso eventuale. 3 Il Tribunale è addivenuto alla delimitazione della rispettiva area di operatività delle fattispecie della partecipatone e del concorso esterno facendo riferimento ai criteri fissati dalla sentenza n. 16 del 1994 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, criteri ritenuti rispondenti alla duplice esigenza di assicurare un'efficace tutela dei beni giuridici