La rassegna stampa diOblique febbraio 2014

Per gentile concessione della casa editrice 66thand2nd, pubblichiamo l‘incipit del romanzo di Scholastique Mukasonga Nostra Signora del Nilo, nelle librerie dal 20 febbraio

Non c’è liceo migliore del Nostra Signora del Nilo. sua potenza, la dinastia espanderà il suo dominio. Non ce ne sono neanche di più alti. 2500 metri, Sanno perfettamente quanto valgono, le ragazze del annunciano fi eri i professori bianchi. 2493, corregge liceo Nostra Signora del Nilo. suor Lydwine, la professoressa di geografi a. «Siamo Il liceo è vicinissimo al Nilo. O meglio, alla sorgente. così vicini al cielo» sussurra la madre superiora Per andarci, si prende un cammino sassoso che segue giungendo le mani. la linea delle creste. Si arriva così a un terrapieno Poiché l’anno scolastico coincide con la stagione dove stazionano le rare Land Rover dei turisti che delle piogge, il liceo si trova spesso tra le nuvole. si avventurano fi n là. Un cartello indica: sorgente Qualche volta, ma assai di rado, c’è una schiarita. del nilo –› 200 m. Un sentiero scosceso conduce Allora, giù in fondo, si intravede il grande lago come a un ammasso di detriti da cui sgorga tra due rocce una pozzanghera di luce livida. un esile ruscelletto. L’acqua della sorgente viene Il liceo è per le femmine. Loro, i maschi, restano giù trattenuta in un bacino cementato, dopodiché nella capitale. È per le ragazze che il liceo l’hanno una minuscola cascata la riversa in un rigagnolo costruito così in alto, così distante, per tenerle indefi nito di cui si perde subito traccia tra le erbe lontane, per proteggerle dal male, dalle tentazioni del versante e sotto le felci arborescenti della valle. della grande città. Perché le signorine del liceo sono A destra della sorgente, hanno eretto una piramide destinate a un bel matrimonio. Ci devono arrivare che reca l’iscrizione: sorgente del nilo. missione vergini, se non rimangono incinte prima. Vergini è di cock, 1924. Non è molto alta la piramide: le meglio. Il matrimonio è una cosa seria. Le convittrici ragazze del liceo toccano senza diffi coltà la punta del liceo sono fi glie di ministri, di militari d’alto sbrecciata, dicono che porta fortuna. Ma non è per rango, di uomini d’aff ari, di ricchi commercianti. Il la piramide che le liceali vanno alla sorgente. Non ci matrimonio delle loro fi glie è un fatto politico. Le vanno in gita, ci vanno in pellegrinaggio. La statua ragazze ne vanno fi ere, sanno perfettamente quanto di Nostra Signora del Nilo si trova tra le grosse valgono. Sono lontani i tempi in cui contava solo la rocce a strapiombo sulla sorgente, sotto una baracca bellezza. di lamiera. Non è proprio una grotta. Sullo zoccolo, In dote, le famiglie non avranno solo mucche hanno inciso: nostra signora del nilo, 1953. È o boccali di birra tradizionali, ma anche valigie stato il monsignor vicario apostolico che ha deciso traboccanti di banconote, un cospicuo conto in banca di erigerla. Il re aveva ottenuto dal sommo pontefi ce alla Belgolaise di Nairobi o di Bruxelles. Grazie a di consacrare il paese a Cristo Re. Il vescovo ha loro, la famiglia si arricchirà, il clan consoliderà la voluto consacrare il Nilo alla Vergine.

rrs_feb14.indds_feb14.indd 1 111/03/20141/03/2014 009:01:149:01:14 Scholastique Mukasonga Nostra Signora del Nilo 66thand2nd, collana Bazar, pp 210, euro 16

Arrivano a bordo di portentose Range Rover, Mercedes e jeep militari, arrivano la domenica pomeriggio, a ottobre, quando la stagione delle piogge sta per cominciare, arrivano al liceo Nostra Signora del Nilo che svetta nel cielo in tutta la sua fierezza, non lontano dalla sorgente del Grande fiume dove si erge la statua della Madonna nera. Ad accoglierle ci sono le suore, la madre superiora, il cappellano, le guardie comunali e il sindaco, e un immancabile stuolo di curiosi. Siamo a Nyaminombe, Ruanda, nei primi anni Settanta, e ad arrivare sono le allieve, figlie di ministri, uomini d’affari e ricchi commercianti – Gloriosa, Frida, Goretti, Godelive, Immaculée e tante altre, le ragazze destinate a diventare un modello per tutte le donne del paese. Ma ci sono anche Veronica e Virginia, due delle giovani tutsi ammesse in virtù della quota etnica, un mi- sero dieci percento che sembra un’elemosina degli hutu, il popolo maggioritario. Inizia così un nuovo anno scolastico, scandito da lezioni e pasti in comune, da pene e momenti di buonumore, e da preghiere, canti e pellegrinaggi alla statua di Nostra Signora del Nilo. Ma l’atmosfera di virginale ordine cela crepe minacciose, occulta la fosca lussuria del cappellano e l’astiosa impudenza di alcune allieve che sfocia in odio razziale, e niente rimarrà intatto di quel breve anno segnato dalla pioggia incessante. Con una scrittura avvolgente e ingannevolmente semplice, Mukasonga delinea un microcosmo femminile al tempo stesso puro e velenoso, in cui si riflettono le tensioni che agitano un paese nel suo desolante cammino verso il genocidio del 1994.

Scholastique Mukasonga è nata in Ruanda nel 1956. Di etnia tutsi, nel 1973 è stata costretta a fuggire prima in Burundi poi in Francia per sfuggire alle persecuzioni degli hutu. Nel 1992 si è stabilita in Normandia, dove vive tutt’ora, scampando così al genocidio del 1994 in cui hanno perso la vita ventisette membri della sua famiglia, tra cui la madre. Nel 2006 ha pubblicato per Gallimard Inyenzi ou les Cafards, un’autobiografi a scritta per sé stessa, «per non dimenticare». Nel 2008, sempre per Gallimard, ha pubblicato un omaggio alla madre Stefania, La femme aux pieds nus, con cui ha vinto il Prix Seligmann. La raccolta di racconti intitolata L’Iguifou: Nouvel- les rwandaises ha segnato il passaggio a una prosa più poetica e venata di umorismo, ma è con Nostra Signora del Nilo che l’autrice aff erma di aver fi nalmente smesso i panni della «vittima» o della «sopravvissuta». «È solo adesso che la qualità letteraria della mia prosa è stata riconosciuta. Mi sento una scrittrice a tutti gli eff etti».

rrs_feb14.indds_feb14.indd 2 111/03/20141/03/2014 009:01:289:01:28 «Sono per la libertà di non fare un cazzo». | Valentino Zeichen

– Pasquale Coccia, «Da Fitzgerald a DeLillo, la letteratura sportiva non è di serie b» Alias del manifesto, primo febbraio 2014 5 – Corrado Stajano, «Il capitale umano di Volponi» La Lettura del Corriere della Sera, 2 febbraio 2014 8 – Paolo Ercolani, «Lo Zibaldone è come un blog» il manifesto, 5 febbraio 2014 12 – Massimo Rizzante, «Juan Villoro: “Io, la letteratura, Bolaño e il calcio che tiene in pugno il mio umore”» la Repubblica, 6 febbraio 2014 14 – Alessandro Zuccari, «Bonus libri, sogno di carta» Avvenire, 7 febbraio 2014 16 – Luca Serianni, «Scrivere bene signifi ca leggere bene» L’Indice dei libri del mese online, 9 febbraio 2014 17 – Massimiliano Parente, «Quel Bacon spietato che non andava giù ai conformisti» il Giornale, 9 febbraio 2014 19 – Tim Parks, «Si scrive per competere» Il Sole 24 Ore, 9 febbraio 2014 21 – William T. Vollmann, «Il giorno in cui ho scoperto di essere un terrorista» la Repubblica, 9 febbraio 2014 23 – Rosario Amato, «L’ingiustizia culturale. Cresce il diavario economico e libri, arte, teatro…» la Repubblica, 10 febbraio 2014 28 – Riccardo Falcinelli, «Disegnare un giornale… dai titoli rossi» pagina99, 11 febbraio 2014 30 – Ginevra Bompiani, «La delusione per i bonus libri. Siamo un paese qualunque» Corriere della Sera, 12 febbraio 2014 33 – Antonio Gnoli, «Valentino Zeichen: “Sono un poeta grazie alla mia matrigna…”» la Repubblica, 16 febbraio 2014 34 – Paolo Di Stefano, «Crescono i “pubblici” (e i recensori)» La Lettura del Corriere della Sera, 16 febbraio 2014 38 – Cristiano De Majo, «I segreti di Harmony» Rivista Studio, 18 febbraio 2014 41 – Francesco Romanetti, «Il giallo poliziesco che (forse) Borges non ha mai scritto» Il Mattino, 19 febbraio 2014 44

rrs_feb14.indds_feb14.indd 3 111/03/20141/03/2014 009:01:289:01:28 – Nicola Lagioia, «Roma, l’età dell’oro dell’editotria rimasta ferma agli anni Novanta» la Repubblica, 19 febbraio 2014 45 – Sandro Veronesi, «Lo scrittore “serve and volley”» minima&moralia, 21 febbraio 2014 46 – Alessandra Farkas, «Chandler, capitolo 13. Perciò scrivo» La Lettura del Corriere della Sera, 26 febbraio 2014 49 – Matteo Bordone, «C’era una volta Bollati, l’uomo che non era Einaudi» la Repubblica, 26 febbraio 2014 52 – Mattia Ferraresi, «Nativi cartacei» Il Foglio, 26 febbraio 2014 54 – Eugenio Cau, «Amazon schianta il mercato dell’editoria, ma si perde di fronte al romanticismo del libro» Il Foglio, 26 febbraio 2014 56 – Massiliano Parente, «Da Carver a Williams, così nasce un “caso”» il Giornale, 27 febbraio 2014 58 – Livia Manera, «Doctorow: dai corsi di scrittura il rischio di autori senz’anima» Corriere della Sera, 28 febbraio 2014 60 – Antonello Guerrera, «Mio marito Stoner. “Vi racconto chi era davvero John Williams”» la Repubblica, 28 febbraio 2014 62

Raccolta di articoli pubblicati da quotidiani, periodici e siti internet tra il primo e il 28 febbraio 2014. Impaginazione a cura di Oblique Studio.

rrs_feb14.indds_feb14.indd 4 111/03/20141/03/2014 009:01:289:01:28 Da Fitzgerald a DeLillo, la letteratura sportiva non è di serie B

Storie e leggende sportive: la sfi da della casa editrice fondata da Isabella Ferretti insieme al marito Tomaso Cenci

Pasquale Coccia, Alias del manifesto, primo febbraio 2014

Una carriera reddi ti zia, quella di due giovani avvocati vera boccata d’ossigeno per tutti coloro che amano lo che lasciano l’Italia, forma tasi negli studi di avvocati sport. Una scommessa rischiosa, che premia una pic- di Londra e di New York. Si specia liz zano sui diritti cola e conso li data casa editrice la 66thand2nd. Isabella d’autore e il copyrigth, ma soprattutto si appassio nano Ferretti, che insieme al marito Tomaso Cenci ha fon- ai libri e fondano una casa editrice, che pubblica una dato la casa editrice, spiega anche perché gli scrittori interes sante e ragionata collana di romanzi di sport di italiani aff ermati, al contra rio di quelli anglosas soni, autori anglosas soni. Una collana che attraverso lo sport non si cimentano con il tema dello sport nei loro ro- presenta le contrad di zioni del nostro tempo, dall’inte- manzi. Intanto antici piamo alcuni titoli in uscita nel grazione alla discrimi na zione razziale, dalla corru zione 2014 da Pan tani era un dio nel decimo anni versa rio del mondo sportivo marcio e privo di valori ai fi gli della morte del Pirata a Suite 200. L’ultima notte di Ayr- della classe operaia, che attraverso lo sport cercano il ton Senna dedicato al campione di formula 1, fi no a Un riscatto sociale. Storie ben raccon tate che nel pano- giorno tri ste così felice biogra fi a romanzata del calcia tore rama edito riale del Bar Sport Italia, dedito unica mente brasi liano SÓcrates, autore di una gestione politico alle biogra fi e di famosi calcia tori, rappre sen tano una sportiva del Corinthians. , di Rodge Glass ,

Voglio la testa di Ryan Giggs la testa di Ryan Voglio La copertina dell'ultimo romanzo della collana Attese La copertina dell'ultimo romanzo della collana

rrs_feb14.indds_feb14.indd 5 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Come nasce la casa editrice? sportiva. Inoltre, quando incontrano il pub blico sono Sul fi nire degli anni Novanta io e Tomaso Cenci sia- sem pre dispo ni bili, dopo le presen ta zioni chiac chie- mo andati a lavorare a Londra in uno studio legale, rano con chiunque, rispondono a ogni sorta di do- che si occupava di copyright e diritti d’autore, poi manda. In Ita lia abbiamo chie sto ad alcuni scrit tori ci siamo trasfe riti a New York. Il mondo cul turale aff er mati di cimentarsi con il romanzo sportivo, ma londi nese e newyor chese, così diverso dal nostro, lo con si de rano un genere let te ra rio di serie B, non ha pro fonda mente segnato la nostra vita. Nel 2004, accettano di spor carsi le mani. Gli scrit tori ita liani cono sciuti, si sen ti reb bero retrocessi se accettas sero di trattare il tema dello sport nei loro romanzi. Negli scritti di DeLillo la com plessità dello sport è molto «In Inghil terra e negli Usa gli scrittori hanno evi dente, in Italia vorremmo uno come lui, ma non una diversa cul tura spor tiva, tutti hanno pra ti- cato sport, vivono la sfi da narra tiva come una vi sarà mai un Don DeLillo del romanzo spor tivo. sfi da perso nale, sono molto attenti alla descri- Quest’anno pub bli che remo i rac conti di Fitzge rald zione dei par tico lari, per ché hanno vissuto in dedi cati a vari sport. Sono racconti a capi toli, ognu- prima per sona l’esperienza sportiva.» no dedicato a uno sport, dai quali emerge con chia- rezza l’idea fi tzge ral diana dello sport come vita, lo sport inteso come amalgama della vita.

quando siamo tornati in Italia, abbiamo deciso di I giovani scrittori dovrebbero essere meno schizzinosi? abbando nare la nostra profes sione perché ave vamo Ci man dano mano scritti che ver tono solo sul cal cio, capito che la nostra vita era tra i libri e deciso di but- le cui temati che sono molto spesso vol gari, nes suno tarci a capo fi tto in que sta avven tura fon dando nel si cimenta in ten ta tivi nar ra tivi che riguardano altri 2008 la casa editrice 66thand2nd, il nome della stra- sport come il nuoto, la gin na stica arti stica, la pal la- da dove vivevamo a New York. volo. Per alcuni lo sport è un modo facile per essere pubblicati. Quali sono state le vostre prime pubblicazioni? Abbiamo ini ziato con la col lana Attese, vole vamo Per ché avete deciso di dare vita a una collana sportiva? una produ zione «attesiana», il primo libro è sta- La lette ratura spor tiva consente di rag giun gere un to Shoeless Joe di Patrick Kin sella, che parla di base- pub blico diverso per età e for ma zione e con sente di ball cui è seguito Hurri cane di James Hir sch, che aff ron tare temi che altri generi di libri diffi cil mente narra di un pugile sospet tato di aver ammaz zato riu sci rebbero a solle ci tare. Heartland di Anthony tre bian chi nel New Jesey, scelte che hanno come Cartw right, pubbli cato nel 2013, narra di un match comune denomi na tore la lotta al raz zi smo. Que sto tra una squadra locale inglese e una di musulmani, libro per noi ha rap pre sen tato una pie tra miliare, che diventa occasione di scon tro all’interno di una abbiamo scelto di favo rire la pub bli ca zione di una società smarrita di fronte alla pace sociale. Il libro di let te ra tura di integra zione, quella anglosas sone. Una Ema nuele Tonon I circuiti celesti da noi pubbli cato scelta rischiosa, che sta dando i suoi frutti. recen temente su Simon celli, riguarda il pro blema della sicurezza. Sono temi che la lette ra tura spor tiva Perché privi le giate autori stranieri? ti consente di aff ron tare con facilità. In Inghilterra e negli Usa gli scrittori hanno una di- versa cul tura spor tiva, tutti hanno pra ticato sport, Siete stati dei precur sori in questo àmbito? vivono la sfi da narra tiva come una sfi da perso nale, Non spetta a noi dirlo, grazie al nostro vissuto nella sono molto attenti alla descrizione dei par ti colari, cultura anglosas sone sin dall’esordio di 66thand2nd perché hanno vissuto in prima persona l’esperienza non è mai mancata l’attenzione allo sport, un àmbito

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 6 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

che può fungere da stimolo per la lette ra tura. Certo Tutto questo ci costa sacri fi ci, soprattutto sul pia- gli autori anglosas soni trattano lo sport con grande no eco nomico. Quando abbiamo avuto l’idea della attenzione, curano tutti i parti co lari, spesso, come nel casa editrice e deciso di rinunciare alla nostra sicura caso di Anthony Cartw right, sono nati e vissuti nei e remune rata carriera di avvocati, mandando all’aria posti che descrivono, suo nonno era uno che faceva i master che avevamo fatto, ci hanno detto di tutto, il pugile, e Cartw right mi ha detto che si vendeva gli che eravamo folli e incoscienti. La scelta di pubbli- incontri di boxe per dare da mangiare ai fi gli e man- care certi autori avviene in maniera ponde rata, non dare avanti la famiglia. possiamo permet terci di sbagliare. Gli scrittori di ro- manzi di sport che pubbli chiamo non sempre sono Chi sono i vostri lettori? conosciuti in Italia, questo rappre senta un rischio non Lo zoc colo duro è rap pre sen tato dagli appassio nati da poco rispetto alle grandi case editrici, che possono di sport e sono persone avanti nell’età, però un li- anche permet tersi di sbagliare. L’intuito e il coraggio bro come La partita perfetta di Michael Shaara, alle ci premiano, come nel caso di Salva tore Scibona, il fi ere del libro ci viene chiesto esclusi va mente dagli suo agente ha cercato di vendere alle grandi case edi- ado le scenti. Il libro La strada del coraggio, scritto dai trici italiane i diritti del romanzo La fi ne ma tutti han- fra telli McCon non, sulla vita di Gino Bartali e il suo no rifi u tato, noi invece li abbiamo comprati, subito aiuto dato agli ebrei durante le leggi raz ziali, è stato dopo Scibona è stato inserito dal New Yorker nell’e- letto maggior mente da let tori anziani, ma ha fi nito lenco dei primi venti scrittori under 40, e tutti i nostri per interes sare anche un pub blico di let tori tra i 30 princi pali editori si sono preci pi tati a chiedere se i di- e i 50 anni, come se fosse un romanzo cult. E’ stato ritti fossero ancora liberi. In questo caso siamo stati un testo divul gativo, che ha svelato un lato nasco- coraggiosi e lungi mi ranti. Per fortuna io e mio marito sto di Bartali. La prossima setti mana uscirà un libro Tomaso Cenci, siamo comple men tari, lui è la parte di Marco Pasto nesi su Pan tani, parla del cam pione emotiva della casa editrice, io quella organiz za tiva. vis suto e raccon tato dalla gente comune. Bartali Inoltre, tutti gli autori stranieri e italiani con i quali e Pantani attraver sano la storia del Novecento, sep- abbiamo avuto contatti per la pubbli ca zione dei loro pur da angola zioni diverse, sono entrambi dei per- libri di sport, si sono dimostrati fi no in fondo dei veri so naggi epici. sportivi in tutti i sensi, hanno sempre colla bo rato fi no all’ultimo, manife stando un sorpren dente spirito di In tempi di crisi e di igno ranza dila gante, vale la pena squadra. Noi crediamo nella forza dei libri, ma è an- fare gli editori e inve stire nei romanzi di sport? che così che si vince.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 7 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Il capitale umano di Volponi

Il letterato con la cultura dell’artigiano, aperto al mondo, dolcemente nevrotico

Corrado Stajano, La Lettura del Corriere della Sera, 2 febbraio 2014

Nel suo studio lucente non incuteva soggezione Il suo desiderio di rinnovare la gran macchina dell’u- al giovane giornalista che lo incontrava per la pri- niverso lo fa sembrare un povero matto più che un ma volta quell’alto dirigente dell’Olivetti di Ivrea. uomo che chiede giustizia. Fino a che punto Anteo Sembrava un compagno di scuola, uno di quelli che Crocioni è il ritratto dello scrittore? Come doman- arrivavano dalla campagna dopo gli altri perché il darglielo nella timidezza di allora? Quel ribelle rap- treno era sempre in ritardo. Sorrideva, là dentro, tra presenta la salvazione del mondo? Che ruolo poteva i vetri e gli specchi, Paolo Volponi, con la sua testa giocare la fabbrica dalla faccia bella creata da Adria- contadina simile a un cubo, i capelli tagliati corti, gli no Olivetti, grande maestro di Volponi, industriale e occhi tondi, un buco nel mento, sorridente, del tutto uomo anomalo di vivida intelligenza, uno che vedeva diverso nel vestire, anche allora, più di quarant’anni l’industria al di là dell’indice dei profi tti? fa, dai manager acchittati, fi guriamoci dai fi nanzieri Volponi faceva dei disegnetti nervosi su un foglio e e dagli uomini di potere di oggi. dal suo sguardo si capiva che voleva parlare subito, Lo studio dell’avvocato Volponi, direttore dei ser- impaziente. Sì, era convinto che i ribelli fossero il vizi sociali e culturali della Olivetti, era al primo lievito della terra, gli unici a possedere la forza e il piano del palazzo della direzione. Ci si arrivava da coraggio di protestare, al contrario dei più che non una scala di marmo, una gigantesca chiocciola che osano neppure criticare ciò che di orribile si trovano conduceva a una cupola rivestita da un mosaico di davanti agli occhi e subiscono tutto, impauriti, im- cristalli sfaccettati. Si vedeva guardando in su, sem- piccati alla carriera, al guadagno, al successo. È la brava un padiglione delle meraviglie o anche la spe- nevrosi la coscienza critica del mondo, la salvatrice. cola di un astronomo. I ribelli dei suoi romanzi erano uomini liberi proprio Parlava con semplicità, Volponi, con infi nita natu- perché nevrotici, mi disse di furia, come liberato da ralezza. Dovevo fargli un’intervista sul suo romanzo un peso. La macchina mondiale, appena uscito, la storia di un In un’avvertenza in esergo a quel romanzo l’auto- fi losofo contadino dei dintorni di Urbino, un auto- re confi dava ai lettori che le idee del protagonista didatta, uno spostato, autore di un trattato sulla ge- erano del signor P.M.V., l’inventore del famoso nesi e la palingenesi del mondo, con l’ambizione di trattato sulla salvezza del mondo. Era sembrata una redimere gli uomini, di spronarli a ribellarsi alle isti- trovata, un artifi cio letterario. Quel P.M.V. assomi- tuzioni invecchiate a causa delle incessanti scoperte gliava troppo, infatti, al nome e al cognome di Paolo della scienza, vuote cornici di un mondo inesistente. Volponi, soltanto con una M. in più. Paolo Maria Anteo Crocioni, il protagonista del romanzo, è al Volponi? bando della società, perseguitato dalle loro eccellen- Chiesi allo scrittore di svelarmi il mistero. L’uomo ze, dai preti, dai governanti, dai padroni, dai giudici. del trattato esisteva veramente, era un marchigiano

rrs_feb14.indds_feb14.indd 8 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

che viveva in Piemonte e la sua idea degli uomini lungo le vecchie mura, il nonno, poi il padre, posse- costruiti come macchine aveva fatto da molla al suo devano non lontano un’antica fornace di mattoni. Il lavoro. lanciatore di giavellotto, il suo romanzo più autobio- Anteo Crocioni lesse il mio articolo e ne fu soddi- grafi co, racconta della cava di argilla, sulla sponda sfatto. Era in prigione a Fermo, nelle Marche, non bassa e destra del Metauro, racconta il mestiere del ricordo per quale piccolo reato. Si chiamava Pietro vasaio, gli orci pronti per la cottura. Maria Vallasciani, P.M.V. Mi scrisse, mi mandò Urbino, dove nacque il 6 febbraio di novant’anni fa, il suo trattato, era voglioso di discuterne. Ottenni era la patria dell’infanzia e della giovinezza da cui, l’autorizzazione a fargli visita, ma non ce ne fu biso- come i personaggi di Čechov e anche di Fellini, bi- gno, uscì quasi subito dal carcere e ci incontrammo sognava a un certo momento della vita fuggire nel a Ivrea una sera a cena con Volponi. mondo. Era il posto della pittura amata, dell’ombra I due si assomigliavano davvero come gocce d’acqua. di Federico di Montefeltro, del Palazzo Ducale e Lo stesso volto, lo stesso modo di parlare. Mentre della Storia, anche se da cinquecento anni si era fer- Vallasciani mangiava una bistecca e beveva volentie- mata, come soleva dire Paolo. ri del buon vino delle Langhe, mi venne il dubbio di Le radici dei suoi amori erano tutte interrate nella vivere dentro un’allucinazione. Sedevo a tavola con città natale, la natura, la campagna, certi simboli il diavolo salito in collina a bere il dolcetto d’Alba? della civiltà contadina, le ragioni del confl itto tra Era uno dei geniali inventori che popolano il mon- città e campagna, il potere e l’uomo e anche la vita do. L’universo, secondo lui, non era altro che una semplice, chiacchierare in piazza con gli uomini e grandissima macchina con gli uomini dentro che con le donne che si conoscono da una vita. Si era hanno la funzione di anima pensante. Pietro Maria laureato in Giurisprudenza, il primo a studiare in Vallasciani, nato quarant’anni prima a Grottazzoli- famiglia, collaborava a riviste importanti come Of- na, in provincia di Ascoli Piceno, dalla vita inquieta fi cina, fondata da Leonetti, Pasolini e Roversi, ma e tribolata, aveva inondato il mondo con quel suo non si considerava un letterato, non era mai stato trattato, l’aveva inviato alle università, alle acca- uno studente modello, alla scuola aveva preferito il demie delle scienze, ai professori di cibernetica in gioco con i compagni del rione San Polo, era già Italia, negli Stati Uniti, altrove. Qualcuno gli aveva allora amico degli sbandati, dei fi gli di nessuno, dato retta, l’Università di Bristol, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, poi tutto era andato a monte e P.M.V. si era sentito vittima del fato. Ero io adesso l’ultima speranza. Mi scrisse per «Le radici dei suoi amori erano tutte interrate qualche anno delle raccomandate espresso gonfi e di nella città natale, la natura, la campagna, certi fogli protocollo di quelli che si usavano e forse si simboli della civiltà contadina, le ragioni usano ancora a scuola per i compiti in classe. Mi del confl itto tra città e campagna, il potere mandava disegni, aggiunte, codicilli. Non si stanca- e l’uomo e anche la vita semplice» va di illustrarmi la sua macchina creatrice del mon- do, appassionato, ossessivo. Ho conservato le sue lettere in una scatola. In cantina. Paolo era un uomo dolce e insieme furioso, tenero e del mondo dei lumpen d’epoca, passava ore nelle nevrotico, un ossimoro vivente. Diventammo amici, botteghe dei falegnami e dove si ferravano i caval- da quella prima volta che lo incontrai a Ivrea fi no li. Confessava di aver letto poco, Anna Karenina, al termine doloroso della vita, nel 1994. Andammo Delitto e castigo, Oblomov, I Malavoglia. Era stato spesso, nei decenni, in giro per le strade delle città, Pasolini, molti anni dopo, a mettergli in mano dei Milano, Roma, Torino. A Urbino la sua casa era libri, a spiegargli come doveva leggerli. Amava lo

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 9 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 sport, era un grande tifoso di Coppi e del Bologna, la Volponi», come la chiamavano le monache, c’è lo squadrone che tremare il mondo fa. L’acrobatico la chiesa della Compagnia della buona morte dove Pascutti era il suo idolo. sono esposte le mummie di 12 uomini e di 6 don- La scuola l’aveva frequentata fuori della scuola. Ma ne, morti nel Seicento, che i turisti possono vedere, quando Adriano Olivetti, curioso della sua radice angosciati o ammirati per la buona conservazione artigiana, l’aveva interrogato per un’ora e mezzo, dei corpi nudi. Non è un’immagine serena – «Vieni aveva subito capito che quel poeta visionario sapeva dolce morte» –, uno spettacolo macabro, piuttosto, che rassomiglia in piccolo a quello orripilante delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo. Chissà se per Paolo – non gliel’ho mai chiesto – anche quello I suoi libri, forse dimenticati, dovrebbero essere rappresentava per lui un reperto visivo del secolo invece breviari per il nostro incerto presente. prediletto nella sua aff annosa ricerca pittorica, il Scrittore di grandi passioni, ha mantenuto secolo del Caravaggio e di Guido Reni che secon- intatto il suo rispetto per l’uomo, il suo desiderio do il giudizio di un critico che lo conosceva bene, di giustizia sociale, la sua fede nella letteratura. Massimo Raff aeli, nutriva coi suoi lampi corruschi, tra luci e ombre, anche i suoi grandi romanzi, Cor- porale, per esempio. Accompagnavo Paolo nei suoi giri antiquari, a Roma bene che cosa è il lavoro, la fatica di chi lo fa, sapeva in via del Babuino e in via dei Coronari, a Milano dov’è la miseria e qual è il modo per estirparla dalla in corso Matteotti, in via Sant’Andrea, in corso Ma- vita dell’uomo: l’aveva imparato da ragazzo di strada genta e anche nei mercatini delle pulci. Non si face- rimandato ogni anno in più materie, anche se poi, a va mancare certe aste. A Londra acquistò 11 quadri: ottobre, riusciva sempre a cavarsela. Volponi fu as- «Non ti domandi come potrò pagarli?» scrisse a un sunto, andò a lavorare nel 1950 all’Unrra Casas di amico. «Anzi chi li pagherà? La mia sfrenata inco- cui Olivetti era il presidente. Un’esperienza nodale. scienza da sola non basta. Ma il gusto di scoprire e Trasformato in sociologo, in economista, fu invia- di battere da Sotheby’s o Christie’s è vertiginoso». to nel Sud per capire lo stato di quelle regioni, in I quadri erano per lui una droga. Le nostre passeg- Abruzzo, in Calabria, in Sicilia e poi a Matera dove giate prima di sera non erano mai noiose, certe volte conobbe Carlo Levi e Rocco Scotellaro, incontri spassose. Aveva gli occhi acuti, vedeva quel che gli per lui decisivi, diceva. Erano anni di speranza, nel altri non vedevano, gli bastava lo spicchio di un di- nome di un’Italia che doveva nascere e non nacque, pinto in una vetrina per capire. Se sul nostro cam- a partire proprio dal Mezzogiorno con il suo carico mino compariva una bella donna, Paolo dimentica- di dolore e di morte. va le arti fi gurative, guardava, riguardava, si voltava Nel 1956 approdò alla Olivetti di Ivrea, si occupava di nuovo a riguardare impudico, poi, sconsolato, degli asili, delle colonie, delle case, dell’assistenza levava le braccia al cielo. Il suo cruccio era sempre lo medica, della mensa, abitava sulla collina, si sposò stesso. Chi potrà godere di quell’inestimabile bene? allora con Giovina Jannello, donna di grande intelli- Corporale anch’esso come il suo famoso romanzo. genza, il puntello della sua vita, che dal 1956 fu l’as- La sua casa, a Milano, dava sul Parco Sempione e sistente personale, prestigiosa e colta, di Adriano. sembrava un museo. Aveva raccolto lì dentro i suoi La sorella minore di Paolo, Maria Luisa, era la preziosi dipinti, tredici tavole e tele, tra il Trecento e madre badessa delle Clarisse di Urbania, una don- il Seicento, che donò nel 1991 alla Galleria naziona- na energica che, come in una novella trecentesca, le delle Marche dedicando la collezione al giovane aveva dato del fi lo da torcere anche ai frati di un fi glio Roberto morto tragicamente in un incidente vicino monastero. Non lontano dal convento «del- aereo a Cuba due anni prima. La moglie Giovina e

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 1010 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

la fi glia Caterina hanno donato poi, nel 2003, altre Il suo ultimo gran libro, Le mosche del capitale, dedi- otto tele secentesche. Opere tutte di alto livello ar- cato a Adriano, «maestro dell’industria mondiale», tistico, Guercino, Gentileschi, Ribera, Guido Reni, esce nel maggio 1989. Nel romanzo, Bruto Sarac- Salvator Rosa, Battistello Caracciolo. cini è un Paolo mascherato, Donna Fulgenzia è Sembra che da quei quadri, in mostra ora al Palazzo Giovanni Agnelli, Nasàpeti è Bruno Visentini, il Ducale di Urbino, spuntino vive le fi gure dei suoi presidente della Olivetti che l’aveva costretto ad an- Albino Saluggia, Anteo Crocioni, Gerolamo Aspri, darsene dall’azienda dopo averlo nominato ammi- vittime del Seicento manzoniano, ribelli di oggi, nistratore delegato. Ma le sue pagine, più che una nostri contemporanei. vendetta, sono una cruda allegoria di un universo Paolo parlava malvolentieri degli ultimi eventi della industriale devastato e avido, specchio di tante spe- vita che gli erano costati dolore, scoramento, de- ranze fallite. lusione, pena: dall’esclusione dall’amata Olivetti, Paolo Volponi è stato un uomo integro del Nove- al licenziamento dalla Fondazione Agnelli dopo la cento. I suoi libri, forse dimenticati, dovrebbero es- dichiarazione di voto per il Pci nel 1975. Parlava sere invece breviari per il nostro incerto presente. raramente, tra il drammatico e il burlesco, com’era Scrittore di grandi passioni, ha mantenuto intatto nel suo stile, anche della sua vita politica che aveva il suo rispetto per l’uomo, il suo desiderio di giusti- sentito come un dovere civile, senatore indipenden- zia sociale, la sua fede nella letteratura, «uno degli te dal 1983 nelle liste del Pci per due legislature, poi strumenti», mi disse una volta, «il più grande forse, deputato di Rifondazione comunista, dal 1992 alle di comprensione del mondo». Ha conservato, fi no dimissioni, gravemente ammalato, un anno prima alla fi ne, nonostante tutto, aff etto e anche un po’ di della morte il 23 agosto 1994. speranza per l’umile Italia. Non si è mai arreso.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 1111 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Lo Zibaldone è come un blog

Incontro con Richard Dixon, uno dei sette traduttori dello «Zibaldone» di Giacomo Leopardi in inglese, un’impresa culturale straordinaria. Per la prima volta, quel diario di pensieri sparsi potrà essere letto integralmente in lingua anglosassone

Paolo Ercolani, il manifesto, 5 febbraio 2014

Si narra che un giorno si presentò a Recanati un non sarebbe stato possi bile arri vare a una pub bli- pic colo gruppo di ebrei, con i quali nessuno del- ca zione così riu scita senza la visione dei curatori, la citta dina marchigiana riuscì a interlo quire fat- Michael Caesar di Birmin gham Univer sity, Fran- ta eccezione per Giacomo Leopardi, che discusse co D’Intino dell’Università La Sapienza di Roma ama bil mente e fl uida mente con loro parlando un e l’impegno di una casa editrice come Farrar per fetto ebraico. Peraltro una delle sei lingue che Straus e Giroux nella persona di Jonathan Galassi, il grande poeta par lava cor ren te mente già a 17 lui stesso traduttore dei Canti di Leopardi pub- anni. Un episo dio que sto, che da solo riesce a ren- bli cati recente mente da Penguin Books. Il pro- dere l’idea della straordi na ria cul tura del perso nag- getto è nato nel 1998 con la fon da zione del Leo- gio, fornito di un’erudizione ampia mente rifusa in pardi Centre di Birmin gham in colla bo ra zione quell’opera incredi bil mente ricca e complessa che con il Cen tro studi leo par diani di Reca nati e poi è lo Zibal done. successivamente la crea zione di un comi tato scien- Ne par liamo con Richard Dixon, già tradut tore in ti fi co con numerosi consu lenti nelle diversis sime inglese di Umberto Eco e Roberto Calasso, uno dei mate rie trattate nello Zibaldone , dal campo lingui- sette tradut tori della straordi na ria impresa cul tu rale stico e fi lo lo gico (non soltanto le lin gue euro pee, che vede, per la prima volta inte gral mente, ripro- il greco, latino, ebraico ma anche san scrito, mon- dotto in inglese lo Zibaldone di Leopardi. Dixon golo, tibetano, cinese) alla fi lo so fi a, musi co lo gia, presen terà a Cagli (vicino a Urbino) il suo lavoro, sto ria classica, medievale e moderna, giuri spru- nell’àmbito di un incon tro orga niz zato dall’associa- denza, scienza. Eravamo sette tradut tori, ma non zione Contem pora neo, venerdì pros simo (ore 18) sarebbe stato possi bile por tare l’impresa a buon presso il Polo cul turale di eccel lenza, sito nel palaz- fi ne senza l’impronta decisiva dei due autore voli zo Berardi Mochi Zamperoli. cura tori. Quindi, più che parlare di «silenzio», di- rei che il tempo era maturo. La tradu zione integrale dello Zibaldone arriva dopo più di un secolo di silen zio del mondo anglosas sone su Sono non poche le diffi coltà che si incon trano nel tra- Leopardi. Quali sono state le motiva zioni che vi hanno durre uno scrit tore che si esprime nella lin gua roman tica spinto a compiere un’operazione di portata storica? e immagi ni fi ca per eccellenza, in una lin gua più ana li- Quat tro mi la due cento cin quan ta sei pagine sono tica e semanti ca mente rigida come l’inglese… tante. È stato un lavoro enorme, non soltanto per Leopardi scrive con una fl uidità e scorre vo lezza il numero di pagine da tra durre ma per gli argo- impressio nanti. Qualche volta, mentre traduci, senti menti trattati. Soprattutto, per un’impresa così veramente la sua voce. E in quel momento (quando signi fi ca tiva, ci voleva la guida giusta. Credo che le cose vanno bene) ogni altra con side ra zione viene

rrs_feb14.indds_feb14.indd 1212 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

dimenti cata. C’è stata la diffi coltà di dover tradurre Voglio rispondere con tre brevis sime citazioni del- un testo con altri sei tradut tori, e la voce che sen- lo Zibal done. Per esempio: «L’abuso e la disubbi- tivo io non era necessa ria mente uguale a quella dienza alla legge, non può essere impe dita da nes- che senti vano i miei colle ghi. Abbiamo lavorato suna legge» (31 agosto 1820). Oppure: «L’uomo in diversi paesi fra le due sponde dell’Atlantico e, era più felice prima che dopo il Cri stia ne simo» (18 quindi, le occa sioni di tro varci tutti insieme sono dicem bre 1820). O ancora: «Non v’è quasi altra state pochissime. Ma siamo riusciti a costruire un verità assoluta se non che Tutto è relativo. Questa approccio unita rio e a tracciare alcune linee guida dev’esser la base di tutta la meta fi sica» (22 dicem bre da seguire con l’aiuto anche del nostro «vocabo la- 1820). L’idea che mi sono fatto è che questo ra- rietto», un glossa rio di parole proble ma ti che con gazzo venti duenne recana tese aveva poco a che fare le soluzioni che abbiamo scelto di comune accor- con il mondo del suo tempo. Nessuna sorpresa che do. A tra du zione fi nita, abbiamo lavorato con gli è stato osannato dai suoi contem po ra nei per la sua edi tor, per rendere la traduzione stili sti ca mente poe sia, sublime ancora oggi, e invece bastonato per omogenea. la sua prosa. Questa raccolta di appunti, nascosta in una baule per cinquant’anni dopo la sua morte, Che idea si è fatto di que sto grande capo la voro dell’Ot- e pub bli cata per la prima volta cento anni dopo la tocento? Un’opera frammen ta ria e quindi dispersiva, sua nascita nel 1898, non era stata pen sata per la come ritengono alcuni, o si possono scorgere degli ele- pub bli ca zione. Certe pagine sono, e sono sempre menti strutturali? state, diffi cili da leggere. Ma sfoglian dole, trovi in Credo che tutti i tradut tori pre fe ri scano evi tare do- ogni pagina, quasi per caso, qualche piccolo o gran- mande che riguar dano la qua lità del testo ori ginale, de gioiello. forse per ché nel processo di tradu zione diven tiamo così intima mente coinvolti con il testo stesso che Non pochi recensori inglesi e ameri cani, non senza un non siamo più in grado di giu di carlo. Ora che sono certo azzardo «postmo der ni sta», hanno parlato dello pas sati tre anni da quando ho con se gnato la mia Zibal done come di un’opera talmente moderna nella parte della tradu zione, rie sco a leggere il testo qua- sua struttura, da far pensare al primo iperte sto fi lo so- si come un lettore normale, e mi rendo conto che, sì fi co dell’età moderna. Quasi un blog ante litte ram? Pare certo, è un lavoro fram men ta rio, è un lavoro che ti accetta bile tale interpretazione? porta di qua e là, ma ha una ori gi na lità spaven tosa, Sì, pro prio così. Ma non voglio creare un’idea sba- e man mano che leggi, trovi anche una continuità, gliata. La nostra tradu zione rimane fedele al testo gra zie anche ai rimandi ad altre pagine che abbiamo ori gi nale, con tutto ciò che comporta. Abbiamo inserito lungo tutto il testo. In par ti co lar modo sono pre fe rito, ad esempio, non spezzare le frasi mol- rima sto colpito dal paralle li smo che si scorge fra il to lunghe, utiliz zando sì una prosa moderna ma pes si mi smo di Leopardi e la conce zione buddi sta evi tando ogni tipo di gergo di oggi, che potrebbe secondo cui la feli cità è un’esperienza passeg gera, sem brare goff o al let tore di domani. Detto questo, per cui la soff e renza presente nel mondo va medi- la forma frammen ta ria dello Zibal done, con il cam- tata ed elaborata, nel tenta tivo di riuscire a superarla bia mento con ti nuo di argo menti, lo fa asso migliare (idea che attirò su Leo pardi la critica impie tosa del a quello che oggi potrebbe essere un blog. E poi, in Nie tzsche nichilista, ndr). quasi ogni pagina, ci sono riferi menti che ti con- du cono verso altre pagine in modo che la lettura Lei ha tradotto Eco, Calasso. Adesso Leo pardi, che per non avviene in maniera lineare, come per un libro, molti versi è un mae stro asso luto della cul tura let te ra ria ma cir co lare, come quando si naviga in rete, clic- e fi loso fi ca italiana. Cosa possiamo dire riguardo un’e- cando da pagina a pagina e seguendo l’argomento ventuale attualità del pensiero di questo «mostro sacro»? che interessa.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 1313 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Juan Villoro: «Io, la letteratura, Bolaño e il calcio che tiene in pugno il mio umore»

Parla lo scrittore e giornalista messicano, uscito da poco in Italia con «Chiamate da Amsterdam» e «La piramide»

Massimo Rizzante, la Repubblica, 6 febbraio 2014

Juan Villoro (1956) è uno scrittore e giornalista mes- esistenziale. Credo tuttavia che ci sia qualcosa di sicano fra i più originali della sua generazione (pre- comune tra le due opere: in entrambe viene co- mio Herralde nel 2004 con il romanzo El testigo). Da struito un ambiente immaginario affi nché la vita poco sono usciti da noi Chiamate da Amsterdam (tra- sia possibile. In entrambi i romanzi ho cercato di duzione di Enrico Passoni, Ponte alle Grazie 2013) e esplorare la seduzione delle relazioni immaginarie. il suo ultimo romanzo pubblicato in italiano con il ti- tolo La piramide (traduzione di Maria Cristina Secci, Da molti anni frequenta l’America Latina, gli Stati Gran Vía). In questi giorni è in Europa. Di stanza a Uniti e l’Europa e le loro letterature. So che è stato amico Barcellona, dopo una breve tappa a Parigi, è giunto in di Bolaño e di Daniel Sada, di cui è uscito di recente in Italia, a Trento, invitato dal Dipartimento di Lettere Italia il suo capolavoro, Quasi mai (Del Vecchio edito- e Filosofi a dell’università. re). In che modo questi due scrittori hanno segnato la sua Villoro, oltre alla letteratura, fi n da ragazzo ha avuto esistenza e la sua opera? due altre passioni: il rock e il calcio. L’hanno delusa o la Daniel e Roberto sono stati per me dei grandi amici. ispirano ancora? Ho voluto loro molto bene e la loro morte prematu- Conservo una certa passione per il rock perché ho ra è diffi cile da accettare. Daniel era un conoscitore una fi glia di tredici anni che sta scoprendo ogni tipo formidabile della poesia e della retorica. Inoltre, era di gruppi musicali, sia nuovi sia della mia epoca, che un ottimo scacchista. Con lui ho discusso per ore e è quella del «tardo periodo classico» (Pink Floyd, ore di letteratura, anche se ciò che scrivevamo era Led Zeppelin). Talvolta mi occupo ancora di mu- molto diverso. Il suo stile è volontariamente den- sica, ma il rock non è una passione così forte come so, barocco, vicino a quello di scrittori cubani come il calcio, che ogni domenica, puntualmente, decide Lezama Lima e Carpentier. Sono stato molte volte del mio umore. complice di Roberto Bolaño, sia in Messico agli inizi degli anni Settanta, sia a Barcellona nei primi anni Nelle due opere tradotte ora in Italia si nota tutta la sua di questo secolo. Quel che scrivo è più vicino ai temi varietà di stili… di Roberto, anche se la sua letteratura, in particolare Chiamate da Amsterdam è un breve romanzo ma- i suoi due immensi romanzi, è molto più torrenziale linconico sulla fi ne di un amore e sulla possibilità della mia e possiede un altro tipo di tensione prosa- di riviverlo attraverso l’immaginazione. La pira- stica (Bolaño diceva che scrivevo romanzi come se mide è un romanzo pungente e aspro sui danni che fossero dei racconti, e questo lo stancava moltissi- la specie umana si autoinfl igge allo scopo di di- mo… Lui che poteva scrivere opere di più di 700 vertirsi, un’esplorazione delle possibilità ricreative pagine!). È diffi cile sottrarsi del tutto alle letterature della paura e dell’eccitazione per vincere la noia degli altri paesi. A diciotto anni leggevo Moravia,

rrs_feb14.indds_feb14.indd 1414 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

Pessoa, Ginzburg, Calvino, Vittorini e Pasolini, ma veder impresse le parole di un testo che ancora non anche Borges, Onetti, Cortázar, Rulfo… E c’erano esisteva… Senza questo secondo incidente agli oc- anche i nordamericani, da Faulkner a , chi non avrei mai scritto romanzi. passando per Carver. L’immaginazione annulla le frontiere geografi che delle letterature. Posso essere Oggi lei in Messico è un giornalista molto attivo. Una solo uno scrittore messicano, ma alcune cose che volta ha defi nito la cronaca giornalistica come «l’ornito- scopro nel mio paese le devo spesso a un autore giap- rinco» della prosa. Perché? ponese o a un cineasta russo. La cronaca è un genere molto duttile e infl uenza- to da molti altri generi. Un giorno ho pensato che Dal 1981 al 1984 si ritrovò a Berlino Est come attaché la sua mascotte dovesse essere l’ornitorinco perché culturale dell’ambasciata messicana. Che cosa ricorda? questo animale sembra il prodotto di vari anima- Il Messico ha una lunga tradizione di scrittori attivi li senza però essere nessuno di loro. La cronaca è nelle fi la della diplomazia(fra gli altri Octavio Paz e qualcosa di simile: possiede elementi del racconto, Carlos Fuentes). Per tre anni ho potuto vivere nella del reportage, dell’autobiografi a, del saggio… ma è Berlino divisa, lamentarmi della burocrazia sociali- un genere a parte. Le grandi cronache sono lettera- sta, provare entusiasmo per il rinnovamento politi- tura scritta sotto pressione. Racconto di un naufrago co che già allora batteva qualche colpo e rendermi di Márquez è importante quanto i romanzi migliori. conto che la diplomazia non faceva per me. Quando tornai in Messico cominciai a guadagnarmi la vita Come giornalista qual è il suo sguardo sull’attuale situa- come giornalista, cosa che faccio tuttora. zione politica del Messico? Secondo le cifre uffi ciali, nella guerra contro il nar- Il suo primo romanzo, El disparo deargón, uscì nel cotraffi co lanciata dal presidente Calderón abbiamo 1991. Nel corso degli anni Ottanta, tuttavia, si era avuto tra il 2006 e il 2012 ottantamila morti e tren- dedicato soprattutto al giornalismo, al racconto e alla tamila desaparecidos. Il Messico si è trasformato in letteratura per bambini. Come avvenne il passaggio al un paese violento e il più insicuro per i giornalisti. romanzo? Calderón non ha cercato di creare consenso né in Tutto cominciò a Barcellona quando presi un colpo parlamento né nel suo partito. La sua è stata una a un occhio e andai alla Clinica Barraquer, un edifi - guerra presidenziale che ha distrutto il tessuto socia- cio misterioso, costruito come un quadro di Escher: le. Il disastro del presente ha portato la destra al suc- piani a scacchiera, colonne di marmo nero, simboli cesso. Molti hanno provato nostalgia per la politica egizi… Barraquer si dedicava alla visione. In en- del passato. La realtà non è cambiata, ma è cambiata trambi i sensi: come fenomeno ottico e come espe- la sua percezione, che è già qualcosa. rienza trascendentale. Rimasi molto impressionato dalla sua fi gura e pensai a un suo possibile allievo, Ho letto alcuni suoi articoli dove critica i nuovi media Antonio Suárez. La mia idea era quella di raccontare digitali e i social network come agenti di una civiltà la storia di un oftalmologo che sta diventando cieco, dell’equivoco e dell’oblio. Che cosa la preoccupa soprat- ma che ha creato una confraternita di discepoli do- tutto? tati di tale acutezza visiva da trasformarsi nell’esten- Mi preoccupa la perdita della vita privata. Prima, sione dei suoi occhi. Il racconto si chiamava La vista se volevi, potevi abbronzarti nudo nel tuo terrazzo, de Suárez. Stavo per fi nirlo quando ritornai a Barcel- oggi se lo fai, grazie a Google Earth, diventi un esi- lona e questa volta mi entrò nell’occhio un pezzetto bizionista globale. C’è gente che si è suicidata per di metallo. Andai di nuovo alla Clinica Barraquer. come è stata messa alla berlina in Facebook o in Entrando capitò qualcosa di suggestivo: la storia che YouTube. I social network sono strumenti formi- avevo in mente cominciò a espandersi… Fu come dabili, ma noi non dominiamo ancora i loro codici.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 1515 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Bonus libri, sogno di carta Alessandro Zaccuri, Avvenire, 7 febbraio 2014

Sembra ieri, invece era il 13 dicembre. Sono passati detrarre il 19 percento sui testi scolastici e univer- due mesi scarsi, ma tanto è bastato per mettere a sitari, purché acquistati mediante un voucher desti- repentaglio, se non a cancellare defi nitivamente, il nato alle famiglie con reddito basso. Complicato? «bonus libri» che, tra annunci uffi ciali e tweet molto Complicatissimo, a sentire i librai, perché lo sconto più che uffi ciosi, era stato presentato come una del- viene anticipato subito e riassorbito solo a distan- le novità più signifi cative per i contribuenti all’in- za di tempo, con il meccanismo delle detrazioni. terno del decreto Destinazione Italia. Meccanismo Non è una questione meramente tecnica. L’annun- semplice, ma incoraggiante: tu compri libri e, fi no a cio del «bonus libri» andava nella direzione di una un massimo di 2.000 euro all’anno, puoi detrarre il ritrovata dignità della cultura e nel clima turbolen- 19 percento della spesa dalla dichiarazione dei red- to di dicembre (i Forconi scatenati, ricordate?) ave- diti. Bene, bravi. Perfi no gli incontentabili dell’U- va assunto una valenza politica, qualcosa di simile nione Europea si erano proclamati soddisfatti. E alla lotta del sapere contro la barbarie. Bene, bravi i lettori – in particolare i cosiddetti «lettori forti», e anche bis. Peccato che manchi la copertura fi nan- quelli che sanno quanto valgono 2000 euro di libri ziaria. E che lo si scopra solo ora. I lettori forti, che – apparivano commossi, inteneriti, quasi increduli. tra una pagina e l’altra qualcosa del mondo fi nisco- Adesso il decreto arriva in Parlamento e quel «qua- no per capirlo, sono abbastanza perplessi. Che non si» si rivela superfl uo. Nel testo in discussione, in- sarebbe stato facile se l’erano immaginati, infatti. fatti, il «bonus libri» è stato modifi cato in «bonus li- Erano un po’ scettici, ma da qui a sentirsi dire che brai», secondo un’effi cace sintesi che circola in rete. non c’è più niente da fare, è stato bello sognare… A A benefi ciarne non sono più i lettori, ma gli eserci- meno che, con uno scatto d’orgoglio, non si faccia zi commerciali (le librerie, appunto) che potranno ancora in tempo a mantenere la promessa.

rrs_feb14.indds_feb14.indd 1616 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Scrivere bene signifi ca leggere bene Luca Serianni, L’Indice dei libri del mese (online), 9 febbraio 2014

Hanno avuto ampia risonanza mediatica i recenti dati ecc. Francesco Sabatini tempo fa commentava un della rilevazione internazionale Ocse-Pisa (2012) sul- esercizio assegnato a un’alunna quattordicenne: che le competenze dei quindicenni in matematica, scien- complemento è «dalla fi nestra» in «Dalla mia fi ne- ze e lettura, ossia la capacità di comprendere un testo stra vedo il mare»? L’alunna risponde: «stato in luo- («literacy skills»), eff ettuando le necessarie inferenze. go»; no, corregge la professoressa: «moto da luogo». L’Italia segna un certo miglioramento rispetto alle Sabatini osserva ironicamente: e perché non «moto indagini precedenti, ma si colloca pur sempre al di a luogo»? «Un po’ di ottica elementare ci dice che è sotto della media. Per la lettura il livello è 490, rispet- l’immagine del mare che viene verso di me, colpisce to alla media di 496, lontanissimi da Giappone (538) la mia retina e arriva al mio cervello…». o Finlandia (524); né ci si può consolare col fatto che Va ripensata la vetusta pratica del tema, che resiste la Svezia, sorprendentemente, sia ancora più indietro nonostante le critiche siano antiche. Benissimo che (483). In realtà a preoccupare non sono tanto i valori bambini e pre-adolescenti continuino a eff ondere il medi, quanto i persistenti, drammatici, dislivelli, non proprio vissuto e a dare libero sfogo alla propria fan- solo tra Nord e Sud (la Calabria è a 434), ma anche tasia; ma gli adolescenti dovrebbero cimentarsi con tra i vari tipi di scuola: se i liceali del Nordest sono a testi strutturati secondo le necessità di un discorso 569, gli studenti dei professionali dell’estremo Mez- articolato e oggettivo. A partire dall’ottima pratica zogiorno e delle isole sono a 376. del riassunto, che si può graduare a seconda del tipo La comprensione di un testo scritto nella propria di testo e che può essere utilmente perseguita anche lingua non è solo una competenza richiesta dalla nelle superiori. Riassumere un testo signifi ca capi- carriera scolastica: è un requisito di cittadinanza re che cosa dice il testo di partenza, gerarchizzarne consapevole, che riguarda l’intera massa degli ado- le informazioni salienti, realizzare un elaborato in lescenti e che dunque non ricade solo sulle spalle forma corretta ed effi cace in un’estensione data. Il degli insegnanti di lettere, ma interpella la società tema, inteso come rifl essione critica su un argomen- nel suo insieme. Come e dove intervenire? Non si to d’interesse generale, dovrebbe essere semmai il può dire che le ore dedicate alla lingua siano po- punto d’arrivo del percorso, non certo un punto di che; oltretutto, con la riforma del 2010 le ore di partenza: che senso ha chiedere a un quindicenne italiano sono state portate a quattro in tutto l’arco di scrivere qualcosa sull’inquinamento, sull’immi- degli istituti tecnici e professionali. Il punto è che grazione, sulla pace nel Medio Oriente? Il rischio le ore sono mal distribuite e soprattutto che i con- (anzi: la certezza) è che anche lo studente più pro- tenuti sono scarsamente funzionali alla padronanza mettente chiacchieri a vuoto, come fanno gli adul- della lingua scritta. Mal distribuite, visto che nella ti sotto l’ombrellone o in fi la alle Poste; tutti e tre scuola media (o secondaria di primo grado, come questi argomenti richiederebbero un’informazione oggi si chiama) si studiano cose che saranno ripetute specifi ca e documentata, fondata su discipline di- nel biennio delle superiori. Poco funzionali perché verse: dalla chimica alla statistica, alla demografi a, l’accertamento è fondato prevalentemente su eserci- alla sociologia. zi di riconoscimento, come se si dovesse stilare un C’è una categoria di scriventi professionali che è abi- regesto catastale: «sottolinea una volta le preposizio- tuata a riassumere e rielaborare notizie, senza rinun- ni proprie e due volte quelle improprie», «distingui ciare a interpretarle criticamente: sono i giornalisti, il complemento di unione e quello di compagnia» ivi compresi gli accademici che collaborano come

rrs_feb14.indds_feb14.indd 1717 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 editorialisti ai grandi quotidiani, coniugando una col quale, dopo aver confutato argomenti presentati preparazione specialistica con la capacità di rivolgersi come fallaci, se ne introduce uno giudicato fondato o al largo pubblico. I loro articoli off rono un’eccellen- comunque accettabile: «Gli ospedali dormitorio sono te palestra di italiano argomentativo e danno anche il segnale più evidente che la fragilità delle persone occasione di toccare rilevanti temi del presente, dalla non può essere gestita in pronto soccorso, ma prima geopolitica alla bioetica, sui quali è indispensabile che dell’arrivo in ospedale, potenziando e sburocratizzando un ragazzo maturi una sua opinione. Del resto, esiste semmai la medicina di famiglia» (dichiarazione di un già dal 2000 la meritoria iniziativa «Il quotidiano in dirigente sanitario torinese; La Stampa, marzo 2013). classe», per abituare all’interpretazione critica delle O a «addirittura», per potenziare un concetto, sottoli- notizie. Soff ermarsi su uno di questi articoli permet- neandone l’importanza, la gravità o l’eccesso: «Intorno te di attivare un circolo virtuoso, dalla comprensio- alla nostra Costituzione si sta sviluppando un confron- ne allo smontaggio e alla produzione del testo. Non to confuso ed animoso: a Roma si è addirittura svolta bisogna aver paura di partire da esercizi elementa- una vivace manifestazione per salvare la Costituzione» ri, quelli messi a frutto dalla didattica di una lingua (Ugo De Siervo, La Stampa, ottobre 2013). straniera, come il cloze, ossia la cancellazione di una Ho lasciato da parte, intenzionalmente, il testo lette- parola in una frase. Per un parlante nativo è molto rario, che tanta parte occupa dell’ora di italiano. Non facile, certo, restituire le preposizioni omesse in una certo perché non sia convinto che la padronanza lin- frasetta come «vado x Bari, dove mia zia abita y mol- guistica si educhi anche al contatto della grande let- ti anni» (x = «a», y = «da»; scuola primaria). Meno teratura, ma perché ritengo che sottoporre una poe- ovvio scegliere il connettivo richiesto dalla logica del sia o una novella a un esercizio linguistico (e sia pure discorso, in una frase come questa: «L’estate poi non una consegna elementare: «fa’ il riassunto scritto») c’era neppur bisogno della candela, x si poteva star comprometta il piacere della lettura nel futuro adul- sull’uscio sotto il lampione» (che cosa scegliere tra to e rischi di essere anche controproducente sul piano «quando», «fi nché», «giacché», «mentre»? il rapporto dell’interpretazione. Davvero Rosso Malpelo, poniamo, tra le due proposizioni non è temporale, ma causale: si esaurisce negli avvenimenti raccontati e non implica, dunque «giacché»; scuola media). Ancora più impe- invece, un paradossale ribaltamento tra quel che Verga gnativo aff rontare il lessico astratto. In un articolo dice («un ragazzo malizioso e cattivo» ecc.) e quel che sulla frattura nord-sud lo storico e politologo Marco invece il lettore coglie, sviluppando un’inevitabile em- Meriggi scrive che, per i viaggiatori stranieri nel pri- patia col personaggio? E chi saprebbe fare un riassunto mo Ottocento, il Mezzogiorno «signifi cava il contra- dell’Infi nito di Leopardi? Il testo letterario è per sua rio della modernità: il luogo di rappresentazione di natura plurivoco e non si presta a essere frammenta- un x alimentato dall’esuberanza di una natura estrema to in contenuti elementari; ferma restando, si capisce, e dal fascino promanante dalle civiltà antiche». Per la necessità di comprenderne la lettera, anche alla luce x proponiamo quattro risposte: esotismo (quella giu- della storia della lingua. sta), erotismo, etnocentrismo, eclettismo; i tre distrattori Scrivere bene implica leggere bene. Non solo ren- hanno una somiglianza fonica con «esotismo», ma dendosi conto del signifi cato superfi ciale di un te- non bisogna cadere nel trabocchetto: sono tutte pa- sto, ma cogliendone le inferenze e le connotazioni role che un diciottenne scolarizzato (non solo liceale) espressive (un arcaismo o una forma letterariamente dovrebbe conoscere, individuando con un po’ di ri- marcata possono assumere un’intenzione ironica) e fl essione l’unica pertinente nel contesto. in generale attivando tutte le conoscenze culturali La prosa di taglio saggistico-divulgativo off re anche necessarie, via via più complesse quanto più ci allon- un buon campionario di risorse per articolare e rende- taniamo dall’infanzia e ci avviciniamo all’età adulta. re più effi cace un’argomentazione, non solo quanto a È un processo tutt’altro che facile: anche oggi il luo- esordio e conclusione. Pensiamo all’uso di «semmai», go d’elezione in cui deve svolgersi è la scuola.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 1818 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Quel Bacon spietato che non andava giù ai critici conformisti

In «Trittico» Jonathan Littell analizza l’opera del grande pittore. Per il quale ogni immagine è una rappresentazione della morte

Massimiliano Parente, il Giornale, 9 febbraio 2013

Uno dei vizi più comuni della critica marxista era in- per cadere nel luogo comune c’erano perfi no per lui. terpretare le opere solo in base al loro signifi cato poli- Autore delle Benevole, uno straordinario romanzo tico, ideologico, sociale. A Kafka, per comprenderlo, sul nazismo (talmente bello che in Italia lo stronca- si appiccicò l’etichetta di profeta dei campi di con- rono in molti), il suo ultimo libro è uno splendido centramento, a Nietzsche (e perfi no a Sade), quella saggio su Francis Bacon, intitolato Trittico e pubbli- di ispiratore di Hitler. Immaginateli ospiti in un talk cato da Einaudi (pp 152, euro 23). show dei nostri: «Signor Kafka, lei che ha scritto Il Se al posto di Littell ci fosse stata Lilli Gruber, processo, cosa ne pensa del processo Ruby?». A Flau- avrebbe chiesto a Bacon se si era ispirato ai cam- bert, a Joyce, a Beckett, né la Gruber né Formigli né pi di concentramento. Se Littell andasse da Lilli Santoro saprebbero cosa chiedere, anzi non li invite- Gruber, gli verrebbe chiesto se ha deciso di scri- rebbero neppure. vere un saggio su Bacon per la medesima ragione. Questo per dire che Jonathan Littell non è uno D’altra parte molti critici d’arte, dal secondo dopo- scrittore sprovveduto, non un critico trombone, non guerra in poi, sono caduti nella trappola ideologi- un marxista né conservatore, eppure i presupposti ca, quindi perché non doveva caderci Littell, colui

rrs_feb14.indds_feb14.indd 1919 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 che è riuscito a raccontare il nazismo dal punto di ture cubiche o in bilico su strani piedistalli, a queste vista di un nazista? fi gure soff erenti inghiottite nel nero della pittura, a Invece Littell sa che un genio è tale quanto meno è quelle bocche sproporzionate, urlanti, a quei volti sociologico, contingente, quanto più riesce a essere senza occhi, e vedere tutto ciò come la prefi gura- universale, e Bacon rappresenta in pittura come pochi zione di una tragedia storica specifi ca è non capirne altri l’immagine della tragedia del corpo umano, l’e- l’importanza, è ridurre l’arte a illustrazione, a dida- sperienza più devastante che un organismo pensante scalia della cronaca. Se poi ci si mettono i fi losofi , possa vivere, la coscienza del dolore e della morte. «La peggio ancora. Quei mostri siamo noi, chiunque di vera immagine è sempre un’immagine di morte; lo si noi, basta guardarli, basta comprendere il senso di vede chiaramente nella fotografi a, che tra le sue pri- un respiro. me funzioni aveva quella di fornire alle famiglie im- Sebbene l’artista, odiato per anni dalla critica per- magini dei loro defunti». Littell cita anche Godard, benista americana (la quale preferiva il più innocuo che a sua volta cita Blanchot: «L’immagine, capace espressionismo astratto), fosse ben abituato ai frain- di negare il nulla, è anche lo sguardo del nulla su di tendimenti e al disprezzo, se ne fregava. «Il modo in noi». Avrebbe potuto felicemente inserire il Roland cui la gente guarda al mio lavoro non è un problema Barthes del meraviglioso La camera chiara, nel quale mio, è un problema loro». E aveva ragione. I campio- spiega perché ogni fotografi a rappresenta la morte. ni delle visioni consolatorie ci sono sempre stati, e i Quanto a Bacon, aff ermava di non dipingere carne dipinti di Bacon erano troppo «inquietanti, distorti, viva, ma carne macellata. C’entra con Auschwitz sinistri» per essere digeriti facilmente dai guardiani quanto con qualsiasi reparto d’ospedale, o con l’alzar- del vitalismo giulivo e impegnato. Altrimenti non sa- si dal letto la mattina e guardare la realtà al di là delle rebbe stato Bacon, ma un Guttuso qualsiasi, oppure illusioni di salvezza, collettive e individuali. un Beato Angelico fuori tempo massimo. «Francis Bacon era un uomo disperatamente consa- Così Littell ripercorre l’opera di Bacon con uno pevole della futilità di tutte le imprese umane» scri- sguardo lucido, analitico, narrativamente appassio- ve Littell. «Della fragilità della carne, di quanto le nato, evitando facili sovrainterpretazioni, riportan- più intense emozioni degli uomini siano fuggevoli e dola all’elementarità della sua grandezza universale. effi mere, dell’infernale violenza che impregna ogni Per cui nemmeno le «crocifi ssioni» di Bacon c’en- fi bra della vita quotidiana». Lo stesso Bacon proferì trano con il cristianesimo: il protagonista, l’oggetto, una frase che suona beckettiana: «Il semplice fatto di è sempre il corpo, il soggetto la pittura che lo scarni- essere nato è una cosa di estrema ferocia». Potrebbe fi ca, lo denuda, ne mostra l’aspetto esistenzialmente averla detta Giacomo Leopardi, perché si sa: è fune- terrifi cante. Eppure, anche qui, un giornalista, un sto a chi nasce il dì natale. Lilli Gruber francese, non si trattenne dal chiedere E quindi trovarsi di fronte ai freaks di Bacon, ai cor- a Bacon se credesse in Dio. E Bacon rispose: «No! pi deformi che si contorcono sotto inquietanti strut- Perché mi fa una domanda così stupida?».

«Francis Bacon era un uomo disperatamente consapevole della futilità di tutte le imprese umane» scrive Littell. «Della fragilità della carne, di quanto le più intense emozioni degli uomini siano fuggevoli e effi mere, dell’infernale violenza che impregna ogni fi bra della vita quotidiana.»

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 2020 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 Si scrive per competere

Essere vincenti è la vera ossessione degli scrittori, anche quando veicolano le emozioni, le idee, i progetti più nobili

Tim Parks, Il Sole 24 Ore, 9 febbraio 2014

Uno dei grandi misteri della vita di uno scrittore è la seller e, in generale, la popolarità». Della notte in cui trasformazione che avviene nel passaggio da roman- gli fu tributato il prestigioso premio Booker, Rush- ziere inedito a edito. Se cercate un caso da manuale, die ricorda soprattutto il suo piacere nell’aprire la guardate la carriera di . Eccolo in «bella copia omaggio rilegata in pelle, con l’ex libris un’intervista del 2005: «Molti in quella generazione all’interno che diceva vincitore». si erano già fatti strada come scrittori. Mi sorpas- È questo il fi lo conduttore. Leggendo i romanzi di savano sfrecciando. Ian McEwan, Julian Barnes, Rushdie si scopre che i protagonisti, come il loro Kazuo Ishiguro, Bruce Chatwin. Era un momento creatore, sono tutti intrappolati in lotte in cui si vin- straordinario per la letteratura inglese, e io ero quel- ce e si perde. Allo stesso tempo, la lingua sempre lo che restava sulla linea di partenza». crepitante di Rushdie, piena di giochi di parole e È una gara. Procuratevi una copia del memoir di di erudizione, stabilisce subito una gerarchia in cui Rushdie, Joseph Anton (pseudonimo che allinea a dominare è lo scrittore, mentre il lettore è ridotto Rushdie con Joseph Conrad e Anton Čechov) e a una supina ammirazione oppure, in caso contra- troverete che ogni rapporto, con compagni di rio, è infastidito. Queste sono le uniche due risposte scuola, ragazze e mogli, altri scrittori e infi ne an- possibili. Più volte in Joseph Anton Rushdie si dice che con l’ayatollah Khomeini che lo condannò a sorpreso di avere tanti nemici. Forse perché rende morte, è visto in termini di vincere e perdere. Al chiarissimo quanto è importante per lui essere e ap- cuore di queste lotte, almeno inizialmente, c’è «il parire vincente. non riuscire a pubblicare con successo». È questa Su questo, ahimè, ha ragione. Nessuno è tratta- la gara delle gare. La pubblicazione. Alla fi ne, Ru- to con più suffi cienza dell’autore inedito. Ricordo shdie decide che questo fallimento è legato a un ancora una conversazione al capezzale di mio pa- problema identitario e «lentamente, dalla sua po- dre morente, in cui il medico gli chiese che cosa sizione ignominiosa sul fondo del barile letterario, facessero i suoi tre fi gli. Quando arrivò al giovane iniziò a capire…». Timothy e disse che stava scrivendo un romanzo e Parte per l’India per raff orzare il lato indiano della voleva diventare uno scrittore, la dottoressa, ignara sua identità, convinto che questo l’aiuterà a diventa- del fatto che io stessi entrando nella camera, disse di re uno scrittore di successo; poi elabora «un progetto non preoccuparsi, avrei presto cambiato idea. Anni gigantesco, di quelli che o la va o la spacca» in cui dopo, la stessa donna mi strinse la mano piena di «il fallimento era molto più probabile del successo». rispetto, congratulandosi per la mia carriera. Non Dopo la pubblicazione di I fi gli della mezzanotte, aveva letto i miei libri. «accaddero molte cose che non aveva neanche mai Perché abbiamo questa riverenza acritica verso gli osato sognare, i premi, l’ingresso nella lista dei best scrittori editi? E, questione ancora più interessante,

rrs_feb14.indds_feb14.indd 2121 111/03/20141/03/2014 009:01:299:01:29 quale eff etto produce sull’autore e sulla sua opera il lo fa, solo ironicamente, a mo’ di battuta, la feroce passaggio dalla derisione alla riverenza? ambizione che governa la sua scrittura, e con questa Ogni anno insegno scrittura creativa a qualche stu- la presunzione di un’insuperabile gerarchia tra scrit- dente inglese che viene in Italia per un programma tore e lettore, tale che il primo è infi nitamente più di scambio internazionale. L’urgente necessità, per importante, e anzi in qualche modo più reale, del come la vedono loro, di pubblicare appena possibi- secondo. le, colora tutto quello che scrivono. Spesso lasciano Cerchiamo di inquadrare meglio la faccenda. Quanti cadere progetti interessanti perché si sentono obbli- criteri ci sono per giudicare una persona? Non molti. gati a scrivere qualcosa di più «pubblicabile». Dispe- Brutalmente, possiamo ritenerla buona o cattiva, co- ratamente ambiziosi, si pongono delle scadenze, poi raggiosa o codarda, appartenente al nostro gruppo di si sentono dei falliti quando non le rispettano. pari o meno, talentuosa o priva di talento, vincente Ma conosciamo tutti le pene degli aspiranti. Si o perdente. Naturalmente, ciascuno di questi criteri parla meno invece del fatto che la stessa mentalità ha le sue sfumature e sottocategorie, ma di base la si- alimenta ancora il mondo della narrativa dall’altra tuazione è questa. Allora, se mi si chiedesse qual è il parte della barricata. Perché arriva il giorno, forse, criterio dominante oggi, direi quest’ultimo. Ciò che in cui l’aspirante viene pubblicato. Arriva la famosa conta è vincere, è il volume delle vendite, la celebri- telefonata. Un attimo e tutto è cambiato. Improvvi- tà, world domination, come dicono gli americani. Ma samente tutti ti ascoltano con attenzione, ti invitano non bisogna mai ammettere che il valore principale è sul palco ai festival letterari, vogliono che tu parli questo. Anzi, proprio per vincere occorre professare con saggezza e solennità del tuo prossimo romanzo altre virtù e parlare d’altro. In Joseph Anton Rushdie o che pontifi chi sul futuro del romanzo in generale, sbandiera il vessillo della libertà di parola – vi sembra o persino sul futuro della civiltà. giusto, si chiede a un certo punto, che la Th atcher sia Ai neofi ti tutto questo non dispiacerà. Mi ha sempre libera di organizzare la presentazione del suo libro e stupito la rapidità e la spietatezza con cui i giovani io, per via dei costi della sicurezza, no? Non è detto romanzieri tagliano i ponti con la comunità di aspi- che questa sia ipocrisia. Può stare a cuore questo o ranti frustrati. Dopo anni di paventato oblio, il ro- quel problema o forma d’arte, ma sotto sotto quello manziere edito ora sente che il successo era inevita- che più conta è vincere. bile, ha sempre saputo di essere uno degli eletti. Nel La domanda rimane: perché la gente ha una tale giro di qualche settimana, sul suo sito web appaiono considerazione per gli autori, anche quando non li messaggi che scoraggiano gli aspiranti dall’inviargli legge? Perché accorre in massa ai festival letterari, i loro manoscritti. Ora vive in un’altra dimensione. mentre le vendite di libri crollano? Forse è perché Il tempo è prezioso. Serve un altro libro. Certo del- la riverenza e l’ammirazione sono emozioni che ci la propria vocazione, si mette all’opera. In men che attraggono; amiamo provarle, se troviamo qualcuno non si dica, diventerà esattamente quello che il pub- che davvero le meriti. Politici e militari non sono blico gli chiede di diventare: una persona a parte, più adatti. Gli sportivi non hanno la giusta gravitas. che produce quella cosa speciale che è la letteratura; In questo senso è un sollievo trovare un eroe lette- un artista. rario, qualcuno che sia talentuoso quanto nobile, e Il che cambia tutto. Il matrimonio, per esempio. che non sembri primariamente interessato ad avere Una moglie inedita è una cosa, una edita un’altra. più successo di noi. Alice Munro, con le sue infi nite Il rapporto con i fi gli ne è condizionato. Ci si ritro- cronache tristi di gente che non è riuscita a raggiun- va un nuovo circolo di amici. Eppure, se nel tempo gere i propri obiettivi, ha colto nel segno. Esplo- l’autore esplora e si adatta alla posizione che la so- rando il senso di fallimento provato da tanti in un cietà così generosamente gli riconosce, c’è una cosa mondo sempre più competitivo, ha vinto il premio che non deve mai fare. Non deve ammettere, o, se più ambito in assoluto, il Nobel.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 2222 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 William T. Vollmann: «Il giorno in cui ho scoperto di essere un terrorista»

L’Fbi iniziò a spiarlo nel ’95 e non ha ancora smesso. Uno scrittore americano racconta come è facile diventare l’eterno sospettato

William T. Vollmann, la Repubblica, 9 febbraio 2014

Rimarreste stupiti se veniste a sapere di essere so- William T. Vollman. Basato su segnalazione di un spettati di terrorismo? Forse ricorderete quell’am- cittadino. Le indagini hanno appurato che Vollman, bientalista fanatico, Unabomber. Rabbioso, spietato, scrittore di professione, ha viaggiato molto: i dati certo di essere nel giusto, intelligente ma fatalmente disponibili sui suoi viaggi, tuttavia, non lo elimina- incapace di mantenere il senso delle proporzioni e di no dalla lista dei possibili indiziati». distinguere. Ripugnante. Le sue lettere bomba ot- «Basato sulla segnalazione di un cittadino»: sì, sono tennero come unico risultato quello di creare paura, stato denunciato da un mio concittadino, una per- dolore, odio. Quando lo catturarono, fui tutt’altro sona che ha esposto la propria tesi sottoponendo al- che dispiaciuto. l’Fbi, fra le altre cose, cinque dei miei libri. Chi potrà Bene. In seguito a un mio ricorso un giorno ho fi - essere stato questo patriota? Come disse Steinbeck: nalmente ricevuto il mio fascicolo Fbi (due faldoni «Il desiderio e la voglia di spiare, denunciare, mi- di carte messe alla rinfusa, più un mucchio di dupli- nacciare e punire non sono una tendenza america- cati) e ho scoperto di essere stato l’indiziato nume- na, ma un ragguardevole numero di americani ne è ro S-2047 proprio per il caso Unabomber: «S-2047 aff etto». Questo tizio, che d’ora in poi chiamerò lo

rrs_feb14.indds_feb14.indd 2323 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 Spione, dev’essersi dato molto da fare, consideran- fatta. Indossa occhiali scuri; io a volte indossavo oc- do che «ha creato un “fascicolo” su vollmann che chiali da sole. ha consegnato agli investigatori e che consiste in 27 E ora sentite un po’ cosa dice un informatore, presu- allegati qui acclusi». mibilmente lo Spione: «Suggerisce che vollmann Inizialmente, non ho paura ad ammetterlo, ero ha un desiderio di morte [?] Quando aveva nove elettrizzato per il fatto di avere qualcosa di nuovo anni, la sorella più piccola di vollmann (sei anni) da riferire ai miei amici. Nessun altro della nostra sarebbe annegata in una pozza nel cortile di casa, cerchia era mai stato scambiato per Unabomber. Le nel New Hampshire, mentre lui era incaricato di loro espressioni di stupore solleticavano la mia va- sorvegliarla. Il senso di colpa originato da quell’e- nità, quasi fi nivo per credere di essere qualcuno di pisodio potrebbe aver avuto un eff etto profondo su importante. Di lì a poco però ho cominciato a sen- vollmann». In un’altra versione, raccontano così tirmi off eso, e quando ho scoperto che mi tenevano la mia storia: «Era un ragazzino debole e timido, sotto osservazione da anni, che avevano addirittura tormentato dai bulli, che forse ora si sta prenden- messo sotto sorveglianza la mia casa, mi sono sen- do la sua rivincita». Si sottolinea anche che avevo tito – come dice la gente quando gli entra un ladro frequentato il Deep Springs, un college esclusivo, e – violato. che mi ero diplomato summa cum laude alla Cornell. Perché lo Spione è andato a denunciarmi, e perché Di qui il commento di New Haven: «Individui così hanno speso i soldi dei contribuenti per tenermi sot- brillanti sono capaci quasi di qualsiasi cosa, anche to sorveglianza da allora? Perché una persona il cui di rimanere nell’ombra per diciassette anni». Questa nome è stato cancellato, o lo Spione stesso o il fun- osservazione mi ha riempito d’orgoglio, come anche zionario dell’Fbi di New Haven (New Haven d’ora la seguente: «A detta di tutti, vollmann è straor- in poi nel testo, ndr) da cui andò a spiff erare i suoi dinariamente intelligente e dotato di un ego smisu- segreti «ha sottolineato che le tematiche anticrescita rato». Altro materiale per i testi promozionali per il e antiprogresso sono una costante in tutto il lavoro mio prossimo libro, per gentile concessione di New di vollmann». Haven: «Gode a immergersi nel lato sordido dell’e- Questa mi giungeva nuova. sistenza. Avrebbe fatto largo uso di droghe (crack). Nei miei romanzi storici su amerindi ed europei Sarebbe in possesso di numerose armi e di un lan- certamente ho espresso la mia tristezza per la vio- ciafi amme». (Mi piacerebbe possedere un lancia- lazione dei trattati e il genocidio, ma questo signi- fi amme). «La natura meticolosa di vollman, come fi ca essere «antiprogresso»? Lo Spione mi ha de- descritto in precedenza, è coerente con la manifat- nunciato alle autorità sulla base del contenuto dei tura e l’aspetto esterno degli ordigni di una-bom. miei romanzi e racconti (nessuna delle mie opere Diversi testimoni hanno commentato che i pacchi di saggistica compare fra i testi prodotti): in prati- di una-bom apparivano “impeccabili”, “troppo belli ca, era una questione di critica letteraria. Ma l’Fbi per aprirli”». E adesso il gran fi nale: «Quante sfi de aveva anche un altro elemento plausibile contro di rimangono per william t. vollmann? Attentati, me, o almeno così pensavano: «Anche se l’aspetto esplosivi seriali, forse? Come strumento per cambia- di vollmann varia negli anni, New Haven nota re il mondo?». E così, l’11 maggio 1995, aprirono un una forte somiglianza fi sica con gli identikit di fascicolo indiziario tutto per me. unabomber». Se assomigliavo a come doveva es- Ci sono delle volte che New Haven prende le fattez- sere secondo loro Unabomber, dovevano osservar- ze di uno zio benevolo, specialmente nel mio perio- mi molto attentamente. do Unabomber; mi sta abbastanza simpatico, come Quanto fosse forte questa somiglianza, lascio a voi quando si meraviglia di tutte le esperienze che ho giudicare. Mi radevo solo quando mi andava; e nel fatto nella mia (allora) breve vita. In altri momenti, famoso identikit, anche Unabomber ha la barba non però, scava nelle mie tragedie private in un modo

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 2424 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

che trovo sgradevole. Confesso di essermi sentito qualcosa… Mi è costato centomila dollari avere a molto off eso quando ho letto il suo resoconto sulla che fare con tutti questi avvocati. A un certo punto morte dei miei colleghi in Bosnia, nel 1994: «Subito hanno cominciato daccapo a interrogare tutti quanti dopo l’attacco trascina i corpi dei due corrispondenti su di me. Io ho chiesto: “Ma perché stanno facendo morti per terra e scatta foto esplicite dei cadaveri». questo?”. Il mio avvocato mi ha detto che su di me In realtà tirai fuori i miei amici dall’auto perché spe- avevano speso probabilmente un paio di milioni di ravo che fossero ancora vivi e potessero essere sal- dollari. È venuto fuori che avevano perso il mio fa- vati: dopo pensai che se ci fosse stata un’inchiesta scicolo originale. Perché lo avevano perso? Perché sulla loro morte, per aiutare la «giustizia» o magari mi scagionava». Quand’è che un’indagine legittima per dare pace ai loro cari, delle foto sarebbero state si tramuta in vessazione? Non è successo nel mio utili. (In seguito pubblicai le foto meno macabre fra caso, o perlomeno non ancora. Ma se il fratello di quelle che avevo scattato: ero un corrispondente di Unabomber non lo avesse denunciato, forse non lo guerra, e quello a cui avevo assistito era un atto di avrebbero mai catturato (non era fra gli indiziati). guerra). Sono orgoglioso di aver avuto la presenza Naturalmente lui alla fi ne è stato arrestato, proces- mentale per fare quelle foto, nonostante lo shock e sato e condannato (si dichiarò colpevole nel 1998), il dolore. Dopo aver letto quel passaggio ho provato mentre io sono ancora a piede libero. Ma ciò vuol il desiderio di sedermi a un tavolo con il mio agente dire che «il sistema ha funzionato?». Come scrisse segreto di New Haven, off rirgli da bere e dirgli: «È Steinbeck a proposito del Ku Klux Klan: «Il totem così che è andata in realtà. Per questa volta passi, ma ha certe regole, quasi delle leggi naturali. Dev’esse- cerca di essere più rispettoso con gli altri tuoi indi- re segreto, esclusivo, misterioso, crudele, timoroso, ziati». Ma New Haven aleggia intorno a me come pericoloso e mostruosamente ignorante». A mio pa- un fantasma che infesta il mio telefono e la mia ca- rere questo descrive perfettamente, ancor più che la sella di posta, non si materializza mai in un essere in mentalità dei documenti precedenti, le procedure a carne e ossa al pari mio. cui io e due mie accompagnatrici siamo stati sotto- Unabomber fu catturato nell’aprile del 1996. Più posti alla frontiera di Calexico nel 2002 e nel 2005, di un mese dopo, il 22 maggio 1996 l’uffi cio Fbi di cioè a distanza di anni dalla cattura e condanna di Chicago interruppe le indagini preparatorie su di Unabomber. La prima volta ci trattennero per un me. Signifi ca che ero stato scagionato? O semplice- mente che Chicago con me aveva fi nito? Nel 1990, senza un mandato, l’Fbi aveva fatto irruzione nella casa del fotografo Jock Sturges, sospettato di essere «Il totem ha certe regole, quasi delle leggi in possesso di materiale pedopornografi co. Venti- naturali. Dev’essere segreto, esclusivo, due anni dopo gli ho telefonato. Lui mi ha detto: misterioso, crudele, timoroso, pericoloso e «Mi ricordo un momento, lì nell’aula di giustizia mostruosamente ignorante.» (che è un po’ un ossimoro), quando mi restituiro- no le mie cose, portandole dentro un carrello. Le mie foto erano tutte schiacciate – credo di averne salvata una sola – e il mio computer era distrutto. Io ero incazzatissimo. Il mio avvocato dovette trat- paio d’ore. A uno degli agenti non piaceva la mia tenermi, pretesi di parlare con il procuratore gene- espressione e me lo disse più volte. Gli altri con cui rale. Lui disse: “Di che si lamenta questo tizio? Il avemmo a che fare più che sgarbati erano indiff eren- sistema ha funzionato”. Il sistema ha funzionato, ti, senza sentimenti. Probabilmente erano abituati a va bene, ma il problema è che ne esci distrutto. Gli separare famiglie, far piangere bambini: è così che si incubi, la paranoia ogni volta che le poste perdono guadagnano da vivere. Noi, per loro, non eravamo

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 2525 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 nulla. Quando fi nalmente si procurarono qualche inquietante in questo caso è la data. Unabomber era informazione o altro su di me – all’epoca pensai che stato spedito in galera sei anni prima: a quanto pare fosse l’elenco dei miei andirivieni internazionali, ma l’Fbi continuava a interrogare la gente sul mio con- ora che ho letto il fascicolo dell’Fbi ho un’idea un po’ to. E per cosa potevo essere indiziato nel maggio del più chiara – una poliziotta disse, sgomenta, «sembra 2002? Una possibilità – che stessero valutando mie un romanzo!», facendomi ingenuamente inorgoglire eventuali implicazioni nell’11 settembre – non pos- per tutti i miei viaggi. Quando ci rilasciarono, pen- so escluderla, dato che fra gli altri documenti dell’I- sai che si fosse trattato di un errore in buona fede. ce (stampati alle ore 6.07 del giorno in cui eravamo Nel 2005 furono più sgradevoli. Ci trattennero per stati fermati) trovo un’indicazione che dice: «Il 1° quasi sette ore. Pensavo comunque di essere uscito maggio 2002, l’agente federale speciale [cancellato] anche da quell’episodio scagionato da ogni sospet- ha interrogato DOB», e poi tutto cancellato fi no to. Il mio fascicolo, che include documenti dell’Ice, a «William vollmann». Il numero identifi cativo il servizio di immigrazione e controllo delle fron- dell’inchiesta è cancellato, naturalmente, ma il titolo tiere del governo degli Stati Uniti, racconta però lo hanno lasciato: «inchiesta amerithrax 184». un’altra storia. Il 14 gennaio 2005, il giorno dopo Ero salito di livello: da indiziato per il caso Una- il fermo di sette ore a Calexico, un agente specia- bomber a indiziato per l’antrace. le di El Centro, California, spedì un promemoria Le lettere all’antrace arrivarono poco dopo l’11 a Sacramento, San Diego e San Francisco. Il titolo settembre. Cinque persone morirono e diciasset- era «informazione su attività terroristiche». te si ammalarono. All’epoca un mio amico entrò Osservava che ero stato un «indiziato nel caso Una- quasi nel panico perché le scorte dell’antidoto, la bomber» e dopo un rettangolo di testo cancellato ciprofl oxacina, erano limitate. Voleva procurarsi compariva l’inquietante parentesi «caso pendente». a tutti i costi una bottiglia formato famiglia, per Dal momento che eravamo già stati rilasciati, posso ogni eventualità. Ricordo di aver creduto, come concluderne soltanto che avessero deciso di spiarci i miei vicini, che quelle lettere avvelenate fosse- e vedere che cosa facevamo poi. Dai documenti che ro state spedite da al-Qaida. Evidentemente avrei mi hanno consegnato, nulla sembra indicare che si dovuto sospettare di me stesso. Grazie alla causa fossero resi conto che eravamo due persone innocue che ho intentato sulla base della legge sulla libertà e avessero deciso di chiudere la faccenda. Forse que- d’informazione alla fi ne sono riuscito a ottenere sto spiega il disgusto o la riluttanza del capo della qualche informazione in più sulla faccenda. Ob- stazione di polizia, che all’epoca interpretai come bligato a rispondere da un tribunale, l’Fbi ha ri- semplice arroganza, quando gli porsi la mano: ai mandato fi no all’ultimissimo secondo e poi, come suoi occhi, noi non eravamo per nulla innocenti. Da la Cia, ha presentato istanza di summary judgment quella informazione su attività terroristiche contro di me senza possibilità di appello o di ricor- ho capito che per essere sospettati è suffi ciente esse- so. A diff erenza della Cia, però, l’Fbi non poteva re stati sospettati ingiustamente in passato. semplicemente rifi utarsi di mostrarmi tutti i dati Il promemoria era accompagnato da un foglietto con su Vollmann che aveva accumulato. Il capo della diverse cancellazioni, recante la data del 13 gennaio Sezione divulgazione dei documenti e informazio- 2005, il giorno in cui eravamo stati fermati. Comin- ni della Divisione gestione documenti di Winche- cia a metà frase e cita un libro che ho scritto sui ster, in Virginia, un certo David M. Hardy, che miei viaggi in Afghanistan insieme ai mujaheddin, e viene dalla Marina, è stato costretto a depositare dopo osserva che un’informatrice di sesso femminile una «dichiarazione» di trentanove pagine relativa (il nome è cancellato) ha «dichiarato che vollmann a quello che mi stava nascondendo e perché. Fra l’8 maggio 2002 le ha mostrato una copia di una pa- i pochi dettagli interessanti di questo documen- tente californiana […]». Il resto è cancellato. La cosa to c’era la notizia che anni dopo la denuncia ai

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miei danni presentata dallo Spione, qualche altro «processo con una giuria». Forse ne avrete senti- bravo cittadino aveva telefonato allo show televi- to parlare. Tre aspetti di questa pittoresca proce- sivo America’s Most Wanted per fare lo stesso, e a dura mi sembrano particolarmente signifi cativi: il seguito di quella chiamata «l’Fbi aveva contattato primo è che l’imputato doveva essere giudicato da la persona in questione per ottenere informazioni suoi pari, e non da qualche funzionario misterioso; aggiuntive». Suppongo che la persona interrogata il secondo è che aveva il diritto di guardare in faccia fosse la donna che avevano interpellato riguardo al il suo accusatore, o qualcuno che lo rappresenta- mio libro sull’Afghanistan. va; il terzo è il fermo ammonimento impartito dal Sono abbastanza sicuro di sapere chi sia. Sono de- giudice ai dodici cittadini seduti tra i banchi della luso da lei, avrei pensato che mi conoscesse meglio, giuria: «L’imputato è innocente fi no a che non sia ma la perdono: «Questa fonte ritiene che la calli- dimostrata la sua colpevolezza». Io sono stato ac- grafi a del ricorrente assomiglia a quella contenuta cusato in segreto. Io sono stato spiato. Con ogni nelle lettere all’antrace». In ogni caso anche adesso probabilità lo sono ancora, considerando questa in- mi stanno addosso. O è questo o il servizio posta- teressante ammissione: «Sono state prese in esame le americano è diventato una vera schifezza. Sono 785 pagine di documenti e sono state consegnate anni che le lettere da altri paesi mi arrivano aperte, all’interessato 294 pagine». Non ho avuto nessun e a volte non arrivano proprio. Una volta le copie risarcimento. Certo, io non sono una vittima: non omaggio del mio editore francese sono arrivate con è per me che mi preoccupo, è per l’American Way il dorso di ogni copia tagliato di netto: le ho butta- of Life. Mentre questo articolo va in stampa, gli te nella spazzatura. Una bozza di questo articolo è americani continuano a scuotere la testa di fronte arrivata con la busta aperta e richiusa con lo scotch. alle nuove rivelazioni sulla diff usione dei metodi di Non sono un indiziato particolarmente facile da data mining e la generalizzazione quasi universale sorvegliare, ho scoperto. Rebecca Jeschke, direttrice delle intercettazioni telefoniche. delle relazioni con i media della Electronic Fron- Se qualcuno mi dimostrerà in modo accurato e det- tier Foundation, un’organizzazione con sede a San tagliato perché era necessario che venissi tenuto Francisco che si batte per la tutela della privacy, una sotto sorveglianza, forse per il resto della mia vita volta mi disse: «La mia idea è che ci sono molti meno potrei riuscire ad accettare queste invasioni della dati in circolazione su di te che su altre persone. Se pensi alla scia di dati che ti lasci dietro nel mondo, se non usi una carta di credito e non hai un cellulare ne fai di strada». Eppure sono già diversi anni che «Una volta che sei stato indiziato sento vari rumorini ed echi al telefono, cosa che non e sei nel sistema, non ne esci più. mi era mai capitata negli Stati Uniti, mentre mi era Ogni volta che c’è un’inchiesta sul terrorismo, capitata a Belgrado, Kabul, Bagdad. Certo, questi il tuo nome salterà fuori.» fenomeni potrebbero essere dovuti unicamente al degrado delle linee di telefonia fi ssa. È possibile. Ma come mi ha spiegato un investigatore privato: «Una volta che sei stato indiziato e sei nel sistema, non ne esci più. Ogni volta che c’è un’inchiesta sul mia privacy in nome del bene comune. Lo scopo terrorismo, il tuo nome salterà fuori». presunto di questa sorveglianza è proteggere noi, Quando è arrivato il mio fascicolo dell’Fbi, invece e le nostre libertà, dai terroristi. Quello che resta di essere inorridito ho avvertito semplicemente un incerto, perché segreto, è quanto pericolosi siano deprimente senso di spossatezza. C’era un tempo al momento i terroristi, e in che misura si possano in cui credevamo in un certo concetto chiamato minare i diritti e le libertà per salvarci da costoro.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 2727 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 L’ingiustizia culturale. Cresce il divario economico e libri, arte, teatro non sono più per tutti

Studi Aie e Istat lo confermano: la crisi italiana ha gravi ricadute anche sui consumi «intellettuali». Si spende sempre meno per mostre e cinema. E a leggere sono sempre più i ricchi. Gli altri restano esclusi.

Rosario Amato, la Repubblica, 10 febbraio 2104

Non potersi permettere neanche una settimana di Secondo l’ultima indagine della Banca d’Italia, il ferie, o un pasto proteico ogni due giorni, non poter 10 percento delle famiglie più abbienti nel nostro riscaldare la casa, dover fare a meno del televisore a paese possiede il 46,6 percento della ricchezza net- colori o del frigorifero: questa è deprivazione mate- ta familiare totale; nel 2010 si fermava al 45,7 per- riale, e secondo l’Istat riguarda in misura «severa» il cento. La concentrazione della ricchezza, misurata 14,5 percento degli italiani. Ma c’è un’altra depriva- secondo l’indice di Gini, è al 64 percento: pochi zione: non potersi permettere di leggere un libro, o anni fa, nel 2008, era al 60,7 percento. L’aumento di andare a una mostra, o a teatro. Quasi un italiano della disuguaglianza ha ricadute dirette e gravi sui su due tra chi non ha letto neanche un libro nell’ul- consumi culturali, spiega Luciana Quattrociocchi, timo anno dichiara di avere risorse economiche li- dirigente del servizio Struttura e dinamica sociale mitate. Una percentuale del 47,8, in crescita rispet- dell’Istat: «Concentrazione del reddito e spesa per to al 45,8 del 2012. Aumenta leggermente anche la consumi culturali delle famiglie presentano una re- quota dei «non lettori» in seria diffi coltà economica, lazione inversa: in altri termini, quando la ricchezza che passa dal 9 percento del 2012 al 9,6. Dati che è detenuta pressoché completamente da poche per- fanno pensare che il calo consistente della quota dei sone, devastante è la ricaduta sui livelli di spesa per lettori, che secondo l’ultimo report Istat nel 2013 consumi culturali delle famiglie, che di conseguenza scende dal 46 al 43 percento (calo confermato anche diminuiscono. Se, in generale, la spesa media men- dai dati Aie: secondo l’Associazione degli editori nel sile per famiglia nel 2012, pari a 2419 euro, registra 2013 c’è stata una riduzione di quasi due milioni di una diminuzione, in valori correnti, del 2,8 percento lettori) sia dovuto anche alle diffi coltà economiche, rispetto al 2011, nello stesso arco temporale la spesa e che il rischio di povertà o di esclusione sociale relativa al tempo libero e alla cultura registra una (che riguarda ormai il 29,9 percento degli italiani) diminuzione ancora più sostenuta, pari al 5,4 per- sia anche un rischio di esclusione culturale. Una si- cento. In particolare, le famiglie limitano la spesa tuazione fi glia anche della «polverizzazione del ceto proprio per cinema, teatro, giornali, riviste, libri». medio», osserva Alex Turrini, direttore del corso Risultato, a leggere sono soprattutto le persone ab- di laurea in Economics and Management in Arts, bienti, o che comunque non soff rono per problemi Culture, Media and Entertainment dell’università economici. Il 57,9 percento di chi nel 2013 ha letto Bocconi: «Con la polarizzazione tra i tanto ricchi e almeno un libro dichiara di godere di risorse econo- i tanto poveri, si riscontra anche un allontanamento miche «ottime o adeguate», quasi due lettori su tre. Il dei poveri dai consumi culturali alti, e un maggiore 35,4 percento dichiara risorse «scarse» e appena il 6 consumo da parte dei ceti più abbienti. Un fenome- percento dichiara di avere risorse «assolutamente in- no che si sta verifi cando anche in Italia». suffi cienti». E i lettori «forti», cioè quelli che leggono

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almeno 12 libri l’anno (e che secondo i dati Aie nel con valori prossimi o inferiori al 6 percento, Litua- 2013 calano dell’11,4 percento, 650 mila in meno), nia, Grecia, Bulgaria e Romania. All’estremo oppo- sono in condizioni economiche anche migliori: il sto un nutrito gruppo di paesi, tra cui quelli nordici 65,6 percento ha risorse “ottime o adeguate”, il 28,5 e il Regno Unito, la cui spesa destinata a consumi percento dichiara risorse «scarse», solo il 5,4 percen- culturali supera nel 2010 il 10 percento». to è povero. Il 37,5 percento delle persone di 6 anni e più nel Rispetto a dati di questo tipo, è diffi cile aff ermare 2013 non ha partecipato ad alcun evento culturale: che la scarsità dei lettori in Italia sia dovuta al di- si tratta del valore più elevato dal 2008, anno di de- sinteresse. Certo, ci sono barriere culturali, ma an- fl agrazione della crisi economica. Le riduzioni più che queste sono spesso collegate al reddito. I librai consistenti, con percentuali a due cifre, riguardano sono in soff erenza, e da tempo chiedono un inter- però soprattutto lo sparuto drappello dei lettori con vento pubblico. Nell’ultimo report Istat sulla lettura diffi coltà economiche. Tra il 2008 e il 2013 si è ri- dei libri, il 35,3 percento degli editori indica come dotta del 9,1 percento la quota dei lettori di «7 o principale ostacolo alla lettura proprio l’inadegua- più libri con risorse economiche insuffi cienti» che tezza delle politiche pubbliche di incentivazione dichiara di andare a teatro; è calata del 14,8 per- all’acquisto dei libri, oltre al basso livello culturale cento la frequentazione del cinema, del 7,7 percento della popolazione e alla mancanza di effi caci poli- quella dei concerti di musica classica, del 5 percento tiche scolastiche. La risposta del governo, annun- quella degli altri concerti, dell’8,9 percento la lettura ciata da tempo, si è concretizzata nel bonus libro, dei quotidiani. uno sconto fi scale del 19 percento inserito a dicem- Tra le pieghe del report Istat emerge anche un’altra bre nel decreto Destinazione Italia. La conclusione considerazione. Se «la mancata frequentazione dei della vicenda è nota: il governo a fi ne gennaio si è libri risulta correlata con l’esclusione da altre forme accorto che i fondi non sono suffi cienti, e in sede di partecipazione e fruizione culturale», questo vale di conversione del dl ha ripiegato su un più mode- anche per i fi gli dei non lettori. Perché a leggere in sto buono sconto da distribuire agli studenti delle Italia sono soprattutto i fi gli dei lettori: la scuola in- scuole superiori con un reddito familiare sotto i 25 cide, ma evidentemente non abbastanza. Tra i ragaz- mila euro. I librai recupereranno lo sconto con un zi di 6-14 anni legge il 75 percento di chi ha madre credito d’imposta, soluzione certo non gradita agli esercenti, che lamentano molti mancati rimborsi per i buoni libro scolastici. «Concentrazione del reddito e spesa per consumi L’aumento della povertà e della disuguaglianza non culturali delle famiglie presentano una relazione si rifl ette solo sulla riduzione dell’acquisto e della inversa: in altri termini, quando la ricchezza è lettura dei libri, ma anche sulle altre attività cultura- detenuta pressoché completamente da poche li. Per esempio va a teatro almeno una volta l’anno persone, devastante è la ricaduta sui livelli di il 31,8 percento dei lettori, ma solo l’8,6 percento di spesa per consumi culturali delle famiglie, che di chi non legge neanche un libro l’anno. Una situazio- conseguenza diminuiscono.» ne che si è aggravata con la crisi, e che ci allontana dalla maggior parte dei paesi europei: «Il confronto internazionale» rileva Luciana Quattrociocchi «mo- e padre lettori e solo il 35,4 percento di coloro che stra per l’anno 2010 come la quota di spesa delle hanno entrambi i genitori non lettori. C’è persino famiglie italiane destinata a consumi culturali (7,2 una stretta correlazione tra il numero dei libri tenuti percento) sia decisamente inferiore a quella media in casa e la lettura. Senza interventi adeguati, l’esclu- dei paesi Ue (8,9 percento). Insieme a noi si collo- sione culturale può dunque diventare una maledizio- cano nella parte più bassa della graduatoria europea, ne che si tramanda di padre in fi glio.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 2929 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 Disegnare un giornale… dai titoli rossi

Inventare carta, web, app e gadget, ovvero disegnare non il layout del quotidiano ma il brand. Senza ornamenti e con caratteri che rimandano alla nascita dei quotidiani di massa

Riccardo Falcinelli, pagina99, 11 febbraio 2014

Un nuovo quotidiano questa carta». Già dalle prime riunioni il formato fu Negli ultimi anni il dibattito sulla morte della carta ha chiaro: sarebbe stato il «berliner», comodo, maneg- animato le discussioni sul futuro dell’editoria. Eppure gevole, per intenderci quello di Repubblica e della la domanda cruciale pare essere un’altra: cosa chie- Stampa. Quanto a me: avevo in mente un tono «alto», diamo più in generale alla lettura? Compriamo tablet come quello della miglior editoria classica, ma con un e reader, ma per leggere cosa? Nel pieno di questa uso del colore decisamente più libero. Tavolozza da querelle tra antichi spaventati e moderni forsennati, usare però come indicatore e non come orpello. Il un pomeriggio di circa un anno fa vengo convoca- tutto in sinergia con i grandi spazi fotografi ci e con to da Emanuele Bevilacqua che vuole parlarmi di un quelli vuoti. Perché, come recita un vecchio adagio progetto spregiudicato: un nuovo quotidiano. Onli- degli addetti ai lavori: «Il bianco fa rivista». ne (certo), responsive su tablet e su iPhone (ovvio), ma pure di carta. E con lo sguardo di chi ha rubato Come si disegna un giornale l’intera fabbrica di marmellata mi porge un copia del La mia prima reazione è stata di dubbio e un po’ Financial Times e mi fa: «Un quotidiano di carta, di di panico: un quotidiano non l’avevo mai disegnato.

rrs_feb14.indds_feb14.indd 3030 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

Ma i dubbi si sono presto sciolti, un po’ per ambi- a noi paiono necessità strutturali) sarà visto, tra cin- zione (quando mai mi ricapiterà?) un po’ perché Be- quant’anni, come un’iconografi a precisa: lo stile in- vilacqua mi fa subito tranquillizzare da due veterani ternettiano della prima ora, specie nelle sue varianti della macchina editoriale (Cesare Coppoli e Gianni glossy, stondate e gelatinose. Sapevo che pagina99 Fotia), che mi spiegano come va tenuto il timone. avrebbe avuto pezzi lunghi, anche di 7000 battute se E così si parte. Per un mese il computer neppure fosse servito. Avevamo allora bisogno di molti pa- l’ho acceso. Mi sono messo a studiare la letteratu- ratesti: titoli lunghi, discorsivi, catenacci articolati ra sull’argomento. Ma non era lo stile che cercavo simili a quelli usati nelle riviste ma che ti portano (quello ce lo avevo in testa). Cercavo la risposta alla dentro la storia. E poi molti strilli più piccoli, an- domanda vera: che cosa chiediamo, oggi, alla let- che con dati, numeri, quantità che interrompessero tura? Sparso in un quaderno trovo un mio appunto il colonnaggio informando e invogliando a leggere il di qualche anno fa: è di John Bell, editore inglese pezzo lungo. Gli strilli non come semplici riassun- che a inizio Ottocento proclama: «L’unità di lettura ti: li avremmo usati come tweet. O almeno questa del mondo moderno è il paragrafo breve». Capisco era l’ambizione. Si è trattato di un lavoro di gruppo che non si deve imitare il digitale dal punto di vista con domande fi tte e trasversali: ogni volta che un formale ma concettuale. Una voce di wikipedia, un elemento ci convinceva sulla carta ci chiedevamo se blog o un sito web hanno in comune la parcellizza- avrebbe funzionato anche sul web e viceversa. Un zione del testo: piccoli blocchi tra cui saltelliamo. box che appariva perfetto online – perché ordinava E se non può esistere un’usabilità perfetta (perché bene i concetti – lo riportavamo sulla pagina fi sica. ognuno esplora lo spazio come gli pare), allo stes- Un catenaccio lungo che dava eleganza alla carta lo so tempo quei piccoli blocchetti possono diventare portavamo sul web, dove improvvisamente dava au- puntelli con cui guidare il lettore. torevolezza alla navigazione.

Dal layout al brand La scelta dei caratteri Serviva una formula che tenesse insieme il tono Dal punto di vista del design volevo una cosa classi- delle pagine sfogliate con il ritmo di quelle «scrol- ca, fatta di niente (niente ornamenti, nessun delit- late». In questo ero però avvantaggiato. Se infatti to), in aperta controtendenza coll’ipertrofi smo visivo non potevo competere con la potenza di fuoco dei grandi giornali, avevo però il privilegio di parti- re da zero, di poter disegnare l’architettura fi no al Per un mese il computer neppure l’ho acceso. dettaglio più piccolo. I quotidiani nazionali, in- Mi sono messo a studiare la letteratura fatti, avendo progettato il web quando la carta era sull’argomento. Ma non era lo stile che cercavo già disegnata, si ritrovano con siti che spesso non (quello ce lo avevo in testa). Cercavo la risposta c’entrano nulla grafi camente (e logicamente) con alla domanda vera: che cosa chiediamo, oggi, le pagine di carta. Questo era il nodo: inventare alla lettura? carta, web, app e gadget, ovvero disegnare non il layout del quotidiano ma il brand. Un’immagine compatta e riconoscibile in ogni singolo pezzo, con una manciata di regole visive che tenessero insieme dei concorrenti. Solo due caratteri tipografi ci in vari i diversi supporti. pesi e stili e foto grandi e grandissime da usare come Non volevo imitare il mondo digitale sul fronte sti- contenuto e non come decorazione. Non potendo – listico: niente come le idiosincrasie grafi che diven- per ragioni di costi e di tempi – commissionare una ta, col tempo, datato. Anche l’uso di box, di elenchi font ad hoc, scelgo una delle mie preferite, il Mil- puntati, di menu a tendina, di icone cliccabili (che ler di Matthew Carter: carattere solido, effi ciente,

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 3131 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 con aste corte e occhio grande che si legge bene nei là della citazione chic, ho scelto il minuscolo per una corpi piccoli e con colonne strette. È uno dei cosi- sua virtù pratica: il minuscolo impone infatti ai titoli detti «Scotch Roman», ispirato ai caratteri creati a un tono continuo, a nastro, facendoli apparire come Edimburgo da Richard Austin (che tra l’altro aveva frammenti di un discorso più ampio. E rimanda così lavorato anche per il John Bell sopra citato). Insom- al web dove tutto è stralcio e dove, ogni giorno di ma la quintessenza del «piombo» vittoriano: l’epoca più, tendiamo a scrivere senza interruzioni. in cui nasce il quotidiano di massa. Per il web pen- so subito al Georgia, sempre disegnato da Carter, Dire, non decorare forse la miglior font graziata per lettura a schermo: Il tutto è stato progettato in un corpo a corpo con ha molti punti in comune col Miller e mi permet- Stefano Vittori per la parte web e Aldo Federico te così di mantenere un’aria di famiglia. Però, una Moro per la carta. Stefano, con cui lavoro da or- volta messo in pagina, il Miller risulta elegante ma mai sette anni, è uno dei pochissimi che capisce le troppo ottocentesco. Così – ispirato in parte dalla logiche della navigazione come faccende strutturali carta color salmone – decido di colorare i titoli, di e non decorative: ha preso le linee guida che ave- rosso. Ma non un rosso vivace, un tono «decantato»: vo buttato giù e ci ha costruito una cattedrale dove un merlot. I giornalisti accolgono con entusiasmo ciascun pezzo è gemello del giornale cartaceo senza l’idea: faremo un quotidiano dai «titoli rossi». Nella esserne una replica. Come per gli architetti moder- grafi ca del Novecento i movimenti progressisti pro- nisti, per Stefano il «bello» è la conseguenza di un posero di eliminare le lettere maiuscole: per abolire problema ben impostato. le gerarchie anche nell’alfabeto. Si trattava di una Aldo, che ha disegnato e declinato tutte le pagine proposta ingenua che ha però avuto una fortissima mastro, è, prima che grafi co, un lettore forte e sep- eco. facebook è scritto tutto minuscolo per signifi ca- pur giovanissimo ha la testa del redattore consape- re giovinezza e confi denza. chanel è scritto invece vole, o meglio: è uno che fa redazione con i mezzi maiuscolo per essere autorevole e un po’ irraggiun- della grafi ca. In un mondo dove tutti si riempiono gibile. Quest’idea mi è subito sembrata giusta per i la bocca di creatività sono l’esempio più bello di una titoli di pagina99, un giornale che mette al centro generazione giovane che si concentra sui contenuti e del discorso le dinamiche sociali. Ma in verità, al di che usa la grafi ca non per decorare ma per dire.

Nella grafi ca del Novecento i movimenti progressisti proposero di eliminare le lettere maiuscole: per abolire le gerarchie anche nell’alfabeto. Si trattava di una proposta ingenua che ha però avuto una fortissima eco.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 3232 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 La delusione per i bonus libri. Siamo un paese qualunque Ginevra Bompiani, Corriere della Sera, 12 febbraio 2014

Il 30 maggio 2013, l’Aie (Associazione italiana edito- fi no a un massimo di duemila euro all’anno, di cui ri) ha rivolto un appello al presidente della Repubbli- mille per i libri in generale e mille per i testi scolastici, ca, al presidente del Consiglio e ai ministri per i Beni legge approvata dal Consiglio dei ministri, annuncia- culturali e ambientali, dell’Istruzione, dell’Università ta dal presidente del Consiglio e defi nita dal ministro e della Ricerca, in cui chiedeva che si potesse sottrar- Bray una «decisione storica». Copertura, 50 milioni re nella dichiarazione dei redditi il 50 percento della (di fondi europei). Era un primo segno, e aveva oltre spesa per l’acquisto di libri. Nel testo faceva presente al valore economico e simbolico, anche quello di ac- la «catastrofe libraria» degli ultimi anni (più del 20 comunare nel libro tutti quelli che lavorano per crear- percento di lettori in meno) e la crisi che subivano lo, produrlo, stamparlo e venderlo. Perché quando un tutte le attività legate al libro. Per convincere i suoi libro si vende, se ne avvantaggiano il lettore, il libraio, interlocutori faceva appello all’interesse dello Stato l’editore, lo stampatore e l’autore, tutti uniti in una per la «salute mentale» dei cittadini e al risvolto eco- catena che in nessun punto si può spezzare (parliamo nomico che un incremento della lettura non potrebbe del libro cartaceo, cui questa legge si riferiva). I lettori non avere. È interessante che non si facesse parola hanno cominciato a tesaurizzare gli scontrini, i librai dell’argomento che dovrebbe per primo aff acciarsi: a organizzarsi. Ma… ma il decreto, che ieri è stato in- l’importanza che riveste la cultura per un paese e la cardinato in commissione Cultura della Camera dei centralità del libro come suo strumento. Forse all’Aie deputati, da oggi è al Senato e deve diventare legge questo argomento è sembrato troppo ovvio perché va- entro il 21 febbraio, è stato depauperato e stravolto: lesse la pena di ricordarlo. Eppure, al di là delle ragio- modifi cata la destinazione dal lettore generico allo ni economiche e dell’importanza della salute mentale studente delle scuole superiori, ridotta la copertura del cittadino, la vera ragione per un simile intervento economica a circa 18 milioni e la detraibilità da due- è proprio che un paese, senza la sua cultura, smette di mila a mille euro, e identifi cato il libro come stru- esistere. Cioè di avere un’identità. Perché questo è un mento scolastico. Infi ne sostituite le persone fi siche paese: la sua lingua, la sua memoria, le sue abitudini, (i lettori) con gli «esercizi commerciali», cioè i librai il suo sguardo sul mondo, la sua capacità di pensare, (per la sola vendita di libri scolastici). Ancora una vol- di raccontare storie e di ascoltarle, insomma la sua ta lo Stato italiano ha mostrato la propria indiff erenza cultura. Un paese che non si prende cura di questo alla cultura, ai cittadini, alla parola data. Tre cose, il aspetto del suo modo di essere è destinato a quel che rispetto delle quali, mi sembra, formerebbe l’onore di possiamo tranquillamente chiamare «barbarie», cioè una classe dirigente. a diventarsi estraneo, straniero, a diventare un «paese qualunque». E non sembra davvero un’esagerazione, guardando lo spettacolo recente del parlamento, e la ridda di insulti e capricci che è diventata la nostra vita politica. Una vita semplicemente e radicalmente in- Perché questo è un paese: la sua lingua, la sua colta. Sembrava, prima di Natale, che questo appello memoria, le sue abitudini, il suo sguardo sul fosse stato accolto, che la lunga noncuranza della po- mondo, la sua capacità di pensare, di raccontare litica italiana verso la cultura si stesse incrinando: il storie e di ascoltarle, insomma la sua cultura. ministro Zanonato aveva proposto una legge che per- metteva di detrarre il 19 percento sui libri acquistati

rrs_feb14.indds_feb14.indd 3333 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 Valentino Zeichen: «Sono poeta grazie alla mia matrigna. Era una musa crudele e involontaria»

Arte, incontri e ricordi familiari di un irregolare della letteratura.

Antonio Gnoli, la Repubblica, 16 febbraio 2014

Nell’universo di Valentino Zeichen non c’è posto per Notevoli quanto? la grazia. Il poeta non è una creatura speciale, ispirata, Arte dell’adattamento. E del bricolage domesti- palpitante. È una persona che prevalentemente vive co. C’è stato un tempo in cui stiravo. Le camicie immersa nel confl itto. Il soldato Zeichen – così viene erano il mio forte. Cadute le ambizioni monda- di presentarlo – imbraccia robusti Kalashnikov e vola ne, non stiro neanche più. Roma mi accetti come su vecchi Spitfi re: strumenti o meglio immagini men- sono. Del resto ci vivo, tranquillamente, da più di tali con cui combatte la sua lotta per la sopravvivenza. mezzo secolo. Mi riceve dritto sulla soglia della sua ormai mitica «baracca», ultimo avamposto di un mondo solo in Dove è nato? apparenza pittoresco. In realtà duro e povero: una A Fiume. Lì ancora si agitano i ricordi improbabili perla di squallore che brilla di opaca grandezza, nel dell’impresa dannunziana. Ebbi un padre legiona- cuore di Roma. Ho letto con ammirazione la rac- rio. E una madre sovrastata da un cattivo destino. colta completa delle sue poesie (in uscita domani I miei si separarono che avevo tre anni. Quando da Mondadori). Non vi ho trovato disagio, dispe- ne avevo sette, Evelina morì di tisi. La vidi l’ulti- razione, infelicità, invocazione. Ma la disciplina del ma volta in una colonia marina. Era già autunno. naufrago che conta i giorni che lo separano dalla Ci prolungavano il soggiorno. Arrivò sorridente con costa: «Non saprà mai quando avvisterà terra, ma i suoi bellissimi denti e un pallore spettrale. Poche è per quella, in funzione di quella che il naufrago si parole. Convenzionali. Poi l’altoparlante avvertì che organizza», commenta Zeichen. le visite stavano per fi nire. Se ne andò promettendo di tornare. Sapevo che fi ngeva. Cosa ama della disciplina? È una domanda che mi inquieta. Che anno era? Il 1945. La guerra era fi nita. Ne cominciò una peg- Perché? giore. Il trasferimento nei campi profughi. Vita da La disciplina fa pensare alla difesa dell’ordine costi- sfollati in una zona non lontana da Trieste. Face- tuito. Io difendo solo me stesso. vamo la fi la per il pane, per le lenzuola, per tutto. Poi fi nimmo a Roma. Come giardiniere del comu- Da chi? ne fornirono a mio padre un alloggio nelle stalle di Dai fantasmi, dai topi, dagli scarafaggi, dai vicini. Villa Borghese. Ho passato lì la mia adolescenza. La disciplina è un esercizio tutt’altro che astratto. Spesso scappavo di casa. Alla fi ne papà e la matrigna Se vuoi sopravvivere, come nel mio caso, bisogna decisero, in accordo con il commissario, di spedirmi sviluppare notevoli capacità organizzative. in un riformatorio.

rrs_feb14.indds_feb14.indd 3434 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

Dove? metterle lo smalto sulle unghie dei piedi. Poi, con In una casa di correzione a Firenze. Quasi tre anni. uno specchietto, controllava il risultato. Era aff etta Studiai da perito chimico. La sveglia alle sei e tren- da una demenza teatrale che mi ipnotizzava. Fu ta. La scuola a Rifredi. Mi salvai grazie alla fornita una musa ostile e involontaria. biblioteca del «collegio». Lessi di tutto. Voracemen- te. Salgari, Tolstoj, Čechov, Balzac. Se sgarravi ti Cosa le ha dato? punivano. Ho imparato, in un ambiente di ragazzi Quel tanto di follia profonda senza la quale non si diffi cili, a sopravvivere. fa poesia.

Come? Finiscono gli anni del riformatorio e torna a Roma. Non pestando i piedi. Vestivamo da galeotti: con Mio padre mi dice: o ti trovi un lavoro o vai via di la divisa a righe. I capelli tagliati quasi a zero. La casa. Mi occupai prima come aiuto tipografo e poi domenica, a messa, i fedeli ci guardavano come fos- come fattorino. Con una bicicletta distribuivo nelle simo dei criminali. parrocchie i vangeli che la tipografi a aveva stampa- to. Credo di non essere mai stato così vicino al sacro E i suoi non vennero a trovarla? come in quel periodo. Poi mi iscrissi a una scuola di Mai. Papà aveva altre priorità: i tuffi , il ballo e le recitazione. Avevo 18 anni. scarpe. Aveva una venerazione per le scarpe, soprat- tutto bicolori. Un sentimento, forse l’unico, che mi Voleva fare l’attore? ha trasmesso. Quanto al ballo ci portava, quasi tutte Frequentai per due anni l’Accademia di Sergei Sha- le domeniche pomeriggio, alla sala Pichetti. Era il rov, un signore scampato ai bolscevichi che applica- solo che ballava. va il metodo Stanislavskij. Forte di tutto quello che avevo letto, cominciai ad amare il teatro. È diffi ci- Voi guardavate? le avere una profonda cognizione di ciò che accade Sì, la matrigna che non faceva che lamentarsi. Mi senza buone letture alle spalle. trascura, diceva. Non si preoccupa se qualcuno mi guarda il culo, aggiungeva. Che uomo è? concludeva E che percezione ebbe? inferocita. Era la metà degli anni Cinquanta. Roma stava cam- biando pelle. Le greggi di pecore erano soppianta- Che uomo era? te dai primi gruppi di turisti americani. Stava per Dovrei detestarlo. Ma fu un uomo che alla fi ne dei esplodere la «Dolce vita». suoi giorni capì il senso della vita. Cioè del suo esi- stere per niente. Si accorse che per tutto il tempo Con che spirito l’aff rontava? aveva pensato solo alla distruzione del suo mondo. Con diffi denza. Frequentavo Villa Strohl Fern dove c’erano i miei amici artisti. Molto meno via Veneto Veniva da lontano. e i suoi caff è frutto di un’acida cordialità letteraria. Ma non andò da nessuna parte. Si accompagnò solo con quella ridicola tomboletta della matrigna. Restavano pur sempre le periferie. Erano un orrore che neanche il comandante Kurtz Non ne ha un gran ricordo. avrebbe potuto tollerare. Non ho mai capito Pasolini Si sbaglia, devo a lei se sono diventato un poeta. e la sua carica di retorica per le borgate. Non ho mai Devo alla sua meticolosa crudeltà il fi orire delle condiviso quel suo tentare di rendere compartecipi gli mie parole. Avrei fatto qualunque cosa per esaudir- altri alla tragedia della sparizione delle lucciole. Sui ne il desiderio. Certe tarde mattine mi obbligava a vantaggi della luce elettrica potrei scrivere un trattato.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 3535 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 Vive in un ambiente che sarebbe piaciuto a Pasolini. Detesto la presunzione dell’intelligenza che molti Non credo che ci avrebbe mai abitato. Occupò, for- hanno a loro insaputa. Un buon inconscio spazza se a sua insaputa, dimore più signorili. I poeti e gli via tutto. Cancella la presunzione. Se sei un imbe- scrittori spesso si ostinano a immaginare un altrove cille viene fuori in maniera evidente. Molto più che comodo ed esotico. se hai talento.

Come defi nirebbe la sua poesia? E lei si riconosce del talento? La mia poesia è senza speranza. Non parlo di mondi Sono gli altri che devono riconoscerlo. Un poeta ri- onirici. Nella mia poesia entra la comicità, l’ironia, schia solo la propria disfatta. Per questo gli occorre la precisione. Ci sento lo zampino della matrigna. E disciplina. E strategia. Penso alla mia poesia come a quindi la diffi denza verso il sentimento. O meglio: una variante della geopolitica. verso la menzogna del sentimento. Esiste una pu- rezza della poesia alla quale sono fedele. Conquista dei mondi? Conoscenza dei mondi. Pensare il mondo è dare del Quale? tu al tempo. Una confi denza che ritrovo solo nelle L’esclusione del cuore. Non mento mai. Il meccani- grandi opere d’arte. La mia poesia si è spesso occu- smo della scrittura può ingannare il lettore, ma non pata d’arte. la sostanza che abita la poesia. Il fascino di sottomettersi al capolavoro? È duro scrivere poesie? Una forma di feticismo. Che ho sviluppato con la Cosa vuol dire duro? Si può scrivere un verso me- lunga frequentazione dei musei. Vi andavo perché raviglioso in trenta secondi. E in perfetta surplace. non avevo nulla da fare o per rimorchiare. Quando Sono un poeta d’occasione. Non di quei miseri soli- svanivano le ragazze, restava il giudizio estetico. tari e ambiziosetti che soff rono e palpitano. La poe- sia mi ha aiutato a procurarmi pranzi e cene. Ha avuto parecchie donne? Non ho mai fatto la corte e sono quasi sempre sta- Alberto Moravia apprezzò i suoi versi. to conquistato. La mia vita sentimentale è stata Ci vedeva il riverbero del suo realismo. Più esatta- un continuo insieme di fughe. Con qualche storia mente defi nì la mia poesia un’eco di Marziale nella più lunga e importante. Ma alla fi ne, come direbbe Roma contemporanea. Fitzgerald, sono decisivi gli estratti conto. Il mio è quasi sempre stato in rosso. Cosa potevo off rire? Insomma, è un poeta epigrammatico. Preferisco defi nirmi occasionale. Meglio soli? Sì, con qualche saltuaria compagnia. Perché? Sono uno svogliato. La mia poesia maschera la mia So che ha una fi glia. pigrizia. Non ho volontà di andare a fondo. Non Nata fuori dal matrimonio. Per caso. E penso non ci l’ho mai avuta. sia modo migliore per nascere. Oggi ha 40 anni e fa la biologa marina in Inghilterra. Teme il suo inconscio? Al contrario! La mia vita è solo inconscio. Non ho Che rapporti intrattiene? niente da nascondere. E poi… Di aff etto e cordialità. Mi rendo conto di essere stato un padre solo per l’anagrafe. Ho applicato le E poi? regole della vecchia scuola di famiglia.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 3636 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

E se ne pente? tradizione, invece, è basata sul diritto dei fatti. Se no No, la cosa che in fondo ho amato di più è stata la il mondo si sfalda, si distrugge. libertà. Nel suo nome avrei fatto qualunque cosa. Ho combattuto solo per essa. So che ci sono regole Ne difende la compattezza? da rispettare. Ma la testa deve essere libera. Anche Difendo le ingiunzioni sulle procedure mentali. La al prezzo di restare poveri. verità è una faccenda seria. Noi abbiamo una scuola, una tradizione. Forse manchiamo di futuro. Le pesa la povertà? Relativamente. Delle volte se non ho da mangiare Come vede il suo? digiuno. Mi convinco che fa parte della mia dieta. Per dirla con un mio verso, sono come quei vecchi Sono un esempio di quella decrescita su cui molti ragazzi che videro nel retrovisore molti coetanei oggi blaterano. Quante inutili parole per dire: con- sparire nell’avvenire. Più si invecchia più il tempo sumate meno, camperete più a lungo. accelera e ti inghiotte. C’è una poesia di Kenneth Patchen: solo da qui a qualche anno l’erba cresce- Come vede la vecchiaia? rà sulle nostre tombe. Siamo a cavallo del divenire. Invecchiare è orrendo. Perdere la propria autonomia Poi, a un tratto, verremo disarcionati . è orrendo. Siamo sempre lì: una questione di libertà. Come si immagina il dopo? Cosa l’ossessiona della libertà? L’aldilà lo penso come un paradiso per ricchi: il nul- Me lo sono chiesto spesso. Non ho risposte leggiadre. la più frivolo che si possa immaginare. Uno, cento, mille Billionaire. Lusso per pochi eletti. Insomma, La dia greve. la solita fregatura. Sono per la libertà di non fare un cazzo. Questa è la verità. Non ho voglia di impegnarmi in niente. È sempre così caustico? Mi sono inventato la poesia d’occasione per lavorare Il sentimentalismo mi off ende. La vera sensibilità poco. La mia conclusione è che la vita o la interpreti è irrisa e derisa. La cosa più terrifi cante è che in- con un pizzico di fantasia o ti adatti al suo spietato dossando delle belle corazze continuiamo a parlare grigiore. di disponibilità, di educazione, di solidarietà senza capire che la sensibilità è morta. Pochi privilegiati Da che parte si mette? possono permettersi questo oscuro sentimento così Dello spietato grigiore, ovviamente. Non puoi eva- poco democratico. dere dalla realtà.

La letteratura lo ha fatto spesso. Quella occidentale è stata grande quando non si è imposta con degli atti arbitrari della fantasia. Fino «Non ho mai capito Pasolini e la sua carica di a quando Kafka interpreta lo «spietato grigiore» è retorica per le borgate. Non ho mai condiviso quel superbo, quando trasforma un uomo in uno scara- suo tentare di rendere compartecipi gli altri alla faggio commette un arbitrio. tragedia della sparizione delle lucciole. Sui vantaggi della luce elettrica potrei scrivere un trattato.» Non è ammissibile? Non è plausibile. Non dico che sia sempre così. Nel mondo islamico delle Mille e una notte, dove tutto è possibile, anche un tappeto può volare. La nostra

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 3737 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 Crescono i «pubblici» (e i recensori)

Le sorti di una professione. Ne discutono uno studioso-militante (Ferroni), un esploratore (Mari) e un agitatore online (Raimo)

Paolo Di Stefano, La Lettura del Corriere della Sera, 16 febbraio 2014

Che sia letterario, musicale, teatrale, cinematografi - scambio di punti di vista. Ma nell’insieme la chiac- co, d’arte, il critico, anche più di altri, deve fare i conti chiera di internet porta all’estremo quell’evaporazio- con i nuovi linguaggi di internet e della blogosfera, ne della critica già in corso per altre cause». dove fi orisce tutti i giorni un popolo di «critici mili- Mari: «Premesso che in materia sono un analfabeta tanti» più o meno improvvisati e dove il passaparola (non uso Facebook o Twitter né so come funziona- emotivo del lettore comune (a volte ben armato) ri- no; non ho un blog né ne frequento), e che la mia esce ad avere un’infl uenza che prima non aveva. La esperienza si limita a quanto amici solerti mi invia- domanda è: in questa situazione, che fi ne ha fatto la no, ho un’impressione contraddittoria. Per un verso recensione tradizionale, quella cui spettava il compito devo constatare che la funzione critica si è estesa a di descrivere un oggetto creativo e di darne un giudi- tante persone intelligenti e sensibili, dalle quali a zio autorevole, anche se a sua volta criticabile? Alla volte arrivano segnalazioni di libri interessanti igno- discussione partecipano uno storico della letteratura e rati dalla stampa, oppure recensioni più profonde di critico militante di lungo corso (Giulio Ferroni); uno quelle prodotte dalla critica uffi ciale. Per un altro dei più visionari e stimati scrittori della generazione verso, però, mi sembra che nell’insieme tutto questo anni Cinquanta (Michele Mari), studioso oltre che concorso di voci (vera e propria «confabulazione») raffi nato recensore-esploratore; infi ne Christian Rai- crei un generale eff etto di «chiacchiera». Inoltre mi mo, narratore quasi quarantenne, intelligente agita- irrita la deresponsabilizzazione implicita nella ripro- tore di acque anche online (minima&moralia). Che duzione (anzi moltiplicazione) meccanica di testi ne dicono della fi oritura critica in rete? apparsi su un sito e poi replicati altrove». Ferroni: «Credo che il web abbia dato luogo a una Raimo: «In generale posso dire che si è creato ne- infl azione gratuita di giudizi ed elucubrazioni in gli ultimi 10 anni, 15-20 se parliamo degli States, ogni direzione: esito ulteriore e tecnologico di feno- un contesto di critica culturale (i blog, i giornali, le meni in atto già prima dell’avvento dell’informatica. riviste online) che ha cercato e poi trovato e poi im- È vero che internet facilita la circolazione di tutte le posto alcuni luoghi di nuova autorevolezza. Questa informazioni possibili; può dare spazio a esperienze autorevolezza è nata da un lavoro che bypassava le ingiustamente trascurate; sembra garantire visibilità gerarchie alle volte baronali («i campi di potere» per a tutti. Ma, a parte il fatto che questa visibilità è dirla con Pierre Bourdieu) dell’accademia e delle re- quasi sempre illusoria, in quella Babele comunica- dazioni dei giornali cartacei, che cercava un rappor- tiva tutto appare effi mero e reversibile, ognuno può to più diretto con i lettori (dibattito non sovradiret- manifestare in totale irresponsabilità i suoi gusti, le to, interazione, sincerità), e che manifestava – nella sue fi ssazioni, i suoi risentimenti, la sua presunzio- evaporazione dell’impegno politico – il bisogno di ne di sé… Ci sono certamente dei blog utili come nuove comunità di riferimento».

rrs_feb14.indds_feb14.indd 3838 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

Pur tuttavia, non è soltanto una questione di canale: il capacità di selezione. Se sulla rete ci sono molte cose, giornale, il web, la tv o altro. Che cosa resta della criti- fare critica vuol dire rimetterle in ordine, dar loro un ca «uffi ciale»? Ha ancora qualche risorsa, ha ancora un senso, ricavarne una visione. Per esempio, Byliner. pubblico? Che cosa si chiede oggi a un recensore? com, che è nato come una specie di motore di ricerca Ferroni: «Si chiede semplicemente (salvo poche ec- del meglio del giornalismo narrativo disponibile sulla cezioni) che la critica letteraria non ci sia. Alla criti- rete. Oppure, quelle che Giuseppe Rizzo ha defi ni- ca che un tempo si chiamava “militante” si chiede un to “interviste Frankenstein” su rivistastudio.com: un sostegno del tutto esteriore ai nuovi libri: e del resto collage ragionato di varie interviste fatte a un autore. si preferisce spesso affi dare questo sostegno, più che Tre, chiedo analisi. In rete si possono leggere pezzi a qualche critico, ad amici dell’autore o a qualche molto lunghi, con molte citazioni, video, brani mu- scrittore di grido a lui vicino. Ne vengono fuori esal- sicali. Prendi il lavoro che fa Alex Ross sulla musica tazioni magniloquenti, in una corsa a moltiplicare classica, o in Italia quello che fa sul calcio Daniele i capolavori… Ma capita anche, all’opposto, che Manusia su ultimouomo.com». si chiedano scatti polemici, stroncature rivolte più all’immagine precostituita del libro e dell’autore, Che diff erenze si riscontrano oggi tra la critica lette- che a reali contenuti, a motivati dissensi. Raramente raria, la critica teatrale, la critica cinematografi ca, la si chiede alla critica di estrarre dai libri un orizzonte critica musicale, la critica d’arte, la critica gastronomica problematico, di interrogare davvero, attraverso di o enologica…? essi, il senso della nostra vita e i caratteri del mondo Ferroni: «Ognuno di questi territori ha caratteri che abbiamo davanti: si chiede solo che riconosca particolari, con orizzonti culturali e istituzionali l’orizzonte del mercato». diversi. Certo, quello della critica letteraria è l’àm- Mari: «Io chiederei una professione di discontinui- bito più aperto e indeterminato, dove tutti pensano tà rispetto alle operazioni di marketing, al “caso” del o pretendono di poter dire la loro, prescindendo miliardesimo esordiente, alle classifi che, all’infl azione dalla necessaria capacità di ascolto. Sembra a tutti televisiva, eccetera. Una critica anche faziosa purché che per dare un giudizio di un libro basti saper- coerente, ma soprattutto una critica storicamen- lo leggere (o magari dargli uno sguardo somma- te consapevole. Perché a un accademico che studia rio), mentre di fronte agli altri territori ci si muove un’opera minore di Foscolo o Gadda si chiede una egregia conoscenza di tutta l’opera foscoliana o gad- diana, mentre a un recensore si riconosce il diritto di «Perché a un accademico che studia un’opera giudicare un testo cosmicamente avulso da un per- minore di Foscolo o Gadda si chiede una corso letterario? Il punto è proprio questo: la critica egregia conoscenza di tutta l’opera foscoliana letteraria è sempre più estemporanea e giornalistica o gaddiana, mentre a un recensore si riconosce (tre quarti di una recensione di solito sono un rias- il diritto di giudicare un testo cosmicamente sunto) e sempre meno saggistica, ragion per cui, con avulso da un percorso letterario?» le debite eccezioni, è più facile trovare “idee” critiche nell’àmbito storiografi co, quello che in passato era vi- sto come momento successivo alla critica». Raimo: «Chiedo tre cose. Uno, la chiarezza, credo. con più cautela, si sa che occorre fare i conti con La cosa a cui tengo di più: l’aspetto educativo per un qualche più vincolante dato tecnico o istituzionale. lettore che si è trovato nell’occhio del ciclone della Davvero intollerabili poi quelle recensioni sempre crisi spaventosa delle grandi agenzie di formazione più diff use che non ti dicono come è fatto il libro, ideale del Novecento. I partiti, i sindacati, la tele- ma parlano di altro. Meglio forse la critica gastro- visione pubblica, e soprattutto l’università. Due, la nomica o enologica…».

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 3939 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 Mari: «Molti anni fa un mio amico regista di tea- dovrebbe celarsi nel corpo a corpo fra critica lettera- tro, Guido De Monticelli, mi disse: “Fortunato te, ria e letteratura». perché anche se ti stroncano o non ti capiscono, il Raimo: «Direi che c’è un rischio comune: quello di tuo libro rimane e potrà difendersi da solo, mentre un diaframma molto sottile rispetto al lavoro di uf- di un mio spettacolo, fi nite le repliche, resteranno fi cio stampa. Mi ricordo un dibattito di vent’anni o solo quelle sciagurate recensioni…”. La prima di- trent’anni fa nella critica musicale anglofona. Se le stinzione, quindi, mi sembra a parte obiecti (per etichette discografi che ti mandano i dischi in antepri- cui un concerto non registrato o una performance ma, ti off rono i concerti, ti spesano le trasferte, come culinaria vanno con il teatro, mentre un fi lm o un fai a essere critico? Questo pericolo per i settori dove quadro vanno con i libri). A parte subiecti, invece, girano più soldi è ancora più evidente. D’altra parte, mi sembra che le diverse specifi cità critiche tendano la critica dal basso, le recensioni dei lettori, l’apertura oggi a confondersi, comprese in contenitori intito- democratica della critica funziona a tal punto che i lati al “tempo libero”: perché è inevitabile anche a produttori la comprano. Amazon acquista Goodre- livello subliminale che, affi ancato a un albergo o a ads, un sito di recensioni, per migliorare i suoi algo- un nuovo tipo di telefonino, il libro, con il discorso ritmi di marketing. È sempre così: se sei sincero e critico che gli compete, venga transitivamente rei- libero, vali di più. E allora ti danno un sacco di soldi, fi cato in termini di “benessere”, con buona pace di e quindi smetti di essere sincero e libero. E nascerà quanto di agonistico e di drammatico, al contrario, qualche altro luogo più sincero e libero».

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 4040 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 I segreti di Harmony

Un po’ di fatti poco conosciuti su una delle collane più di successo in Italia: dalle copertine ai titoli, dalle moltissime collane e sottocollane alla originale strategia di vendita

Cristiano De Majo, Rivista Studio, 18 febbraio 2014

San Valentino. Non ho mai fatto un regalo di San te maggioranze silenziose di questo paese. Mentre Valentino alla mia consorte. Quest’anno volevo farle cercavo di capire quale fosse l’Harmony più adat- un regalo e mi è venuta un’idea brillante, così pop da to da regalare alla mia consorte per San Valentino, sembrare snob: regalarle un Harmony perché non ho raccolto informazioni e, alla fi ne, ho scoperto un ha mai letto un Harmony in vita sua. Neanche io sacco di cose sugli Harmony. Ma non ho più com- ho mai letto un Harmony e, diciamo la verità, tutti prato un Harmony, poi San Valentino è passato. sappiamo cos’è un Harmony senza averne mai letto 1. La prima cosa impressionante del mondo Har- uno in vita, a parte le persone che li leggono. Le per- mony sono i dati di vendita. Nota bene: il cana- sone che comprano gli Harmony sono tantissime. le distributivo di questi libri è un altro rispetto a Tuttavia, vi sarà capitato di conoscere persone che quello dell’editoria tradizionale. Gli Harmony sono hanno letto libri di Fabio Volo o di Paulo Coelho assimilabili alle riviste periodiche, si comprano nel- o di Nicholas Sparks, ma dubito che vi sia capitato le edicole e nei supermercati, non nelle librerie, e di conoscere lettori di Harmony. Sono come quelli questo è uno dei motivi per cui non troveremo mai che votavano Democrazia cristiana, una delle mol- un Harmony nelle classifi che di vendita. L’altro è

rrs_feb14.indds_feb14.indd 4141 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 che il modello di business si basa su una media forte di generi e sottogeneri che fanno spavento: Sha- più che sul bestseller atomico. Harmony produce peshifters, Paranormal, Cowboy per dirne solo tre circa 600 libri all’anno e vende nello stesso periodo tra mille. Ogni estetica ha il suo corrispettivo rosa. 6 milioni di copie, con una media di 10 mila copie 3. E qui veniamo allo spinoso problema per il sot- per titolo. In un’intervista Paola Ronchi, direttrice toscritto in cerca dell’Harmony perfetto per la sua generale di Harlequin Mondadori, ha dichiarato: consorte di comprendere profondamente il signifi - «La durata media di un nostro titolo è un mese, al cato delle collane e delle praticamente infi nite sot- tocollane presenti sul sito Harmony. Per esempio, la collana Passion, che se non ho capito male do- vrebbe essere quella a più alto tasso erotico, esplode In realtà, il modello Harmony sembra nelle sottocollane: Destiny, Temptation, Sensual, avere conquistato in questi anni proprio Passion, Speciale Sylvia Day, Passion Top Edition, l’editoria tradizionale, che ha scommesso su ognuna con una sua descrizione, ma a me, profano iperproduzione di titoli e cicli di vita del libro del rosa, sembrano tutte uguali. Destiny = «Passioni sempre più brevi. travolgenti e giochi di potere in storie d’amore scrit- te nel destino» (ultimo titolo: Sensuali trattative); Temptation = «Un indimenticabile mix di sensua- lità, peccato e fantasia» (ultimo titolo: Nel letto del massimo due: a cadenza pressoché mensile il libro socio); Sensual = «Amore più passione per il tuo pia- viene ritirato dal mercato e sostituito con uno nuo- cere di leggere» (ultimo titolo: Chiedimi ciò che vuoi); vo. Per ciclo produttivo e di vendita siamo più vicini Passion = «Il lato piccante dell’amore» (ultimo tito- agli editori di periodici che agli editori puri». In re- lo: Piume blu). Mi suonavano come descrizioni di altà, il modello Harmony sembra avere conquistato altrettanti sushi set sul menu di un ristorante giap- in questi anni proprio l’editoria tradizionale, che ha ponese. Manca invece, così come del resto nella scommesso su iperproduzione di titoli e cicli di vita consorella nordamericana Harlequin, una collana del libro sempre più brevi. Che Harmony sia da con- romance dichiaratamente gay, sottogenere che vie- siderare da questo punto di vista avanguardistica? ne previsto in forte espansione nei prossimi tempi 2. Per una serie di motivi, non sorprende che l’ebo- e che può vantare in America editori specializzati ok sia considerato una grande possibilità di espan- come Loose Id o Torquere Press. Pare tra l’altro che sione per il genere rosa. Uno che mi viene subito il romance M/M (male/male) sia molto richiesto in mente è l’imbarazzo di un lettore poco più che non solo dai lettori omosessuali, ma anche dalle let- accorto nel mostrare in pubblico (treno, metropo- trici eterosessuali, così come dimostra un sondaggio litana, aereo) il suo guilty pleasure. L’altro può es- pubblicato dalla rivista Romantic Times. sere la sostenibilità di vendere a prezzi molto bas- 4. Allora, lasciamo stare le collane e facciamoci ispi- si testi che nascono da un processo di produzione rare dai titoli e dalle copertine. Scopriamo così che il semi-industriale. Un altro ancora è che i lettori di margine diff erenza tra titolo e titolo o tra copertina Harmony non stabiliscono quel rapporto di tipo e copertina si assottiglia ancora di più. Pur essendo feticistico con l’oggetto libro, essendo soprattutto scolpita nell’immaginario visivo di ogni italiano, non interessati ai suoi meccanismi di intrattenimento. Il avevo mai notato che la grafi ca di copertina di un catalogo in ebook permette infi ne di aggirare il pro- Harmony riproduce sempre, anche se con tratti di- blema della vita breve di ciascuna uscita, ma questo versi, la stessa immagine: un uomo e una donna che si naturalmente vale per ogni catalogo. La navigazio- abbracciano e/o baciano. È praticamente impossibile ne sui siti delle case editrici straniere specializzate trovare una copertina Harmony in cui non vi siano in romance in formato digitale svela poi un universo un uomo e una donna abbracciati, spesso con l’uomo

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 4242 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

che cinge le spalle della donna. Mentre ho trovato pseudonimo: c) A parte quelli della collana storica, una galleria delle copertine ormai vintage illustrate non esistono romanzi Harmony ambientati in Italia da Len Goldberg, fautore del genere frontale. Con i con nomi di personaggi italiani; d) Sono presenti al- titoli si possono fare giochi simpatici, tipo osservare cune scrittrici italiane, la cui provenienza si evince o la ricorrenza di singole parole (amore, passione) in dal nome (che in pochissimi casi viene conservato) o una determinata collezione. Si prenda la parola pas- dalla biografi a. Spesso sono specializzate in romanzi sione nei titoli della collana Romance tra il 2007 e il di carattere storico. Per esempio, Elisabetta Bricca, 2013: Passione bruciante; Prima della passione; Passione che ambienta Sangue Ribelle nel 1677 tra Francia e assoluta; Passione d’artista; Scintille di passione; I colori Inghilterra, dà voce a Satine de Roumier, Baronessa della passione; Passione fuori controllo; Passioni inaspet- di Baume; Lidia Conetti aka Lydia Konecny in De- tate; Passione pericolosa; Opposte passioni; Passione sel- bito d’amore, ambientato in India alla fi ne del xviii vaggia. L’originalità è l’ultima delle preoccupazioni secolo, scrive di Liza che vive da due anni relegata in nella linea editoriale, quello che conta è dare una de- una villa lontano dalla città di Bombay, senza che il ma- fi nizione merceologica che colpisca attraverso l’evo- rito, l’ammiratissimo Harry Dale, Marchese di Teasdale, cazione i bisogni emotivi del lettore. si sia mai degnato di farle neppure una visita. In ogni 5. Infi ne, la cosa più interessante: ho esaminato dalla caso la regola non scritta sembra essere che l’Italia a alla z il lunghissimo elenco degli autori Harmony, del presente non possa innescare la mitopoiesi delle notando alcune inquietanti coincidenze: a) È l’unico passioni. (E questo forse dice in generale qualcosa sul genere di letteratura in cui nomi di Autori e nomi rapporto tra Italia e credibilità romanzesca nel pre- di Personaggi si assomigliano paurosamente in quan- sente); e) Quando poi nella biografi a di un’autrice to a ricercatezza borghese, fi nendo per suonare tutti ho trovato scritto soltanto la seguente frase: «Tra le parecchio falsi o innaturali (indovinello: Sally Went- autrici più amate e lette dal pubblico italiano», ho for- worth è secondo voi il nome di un’autrice o di un’e- temente sospettato che dietro quel nome ci fosse un roina?); b) Non esistono autori uomini se non sotto algoritmo di plot passionali.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 4343 111/03/20141/03/2014 009:01:309:01:30 Il giallo del poliziesco che (forse) Borges non ha mai scritto Francesco Romanetti, Il Mattino, 19 febbraio 2014

È lui o non è lui? È stato lui – il grande Jor- racconto che fa riferimento a un libro immagina- ge Luis Borges, mago del racconto, alchimista rio. Ma è poi nel 1997 che lo scrittore Juan Jaco- della fi nzione e dell’apocrifo – a scrivere L’enig- bo Bajarlìa sostenne senza mezzi termini (e sia ma della calle Arcos, a suo tempo celebrato come pure con fl ebilissimi indizi) che L’enigma della calle «il primo grande romanzo poliziesco argenti- Arcos era stato scritto sotto falso nome dallo stes- no»? O si tratta dell’ennesima bufala editoriale? so Borges. Si scatenò una querelle. I più spernac- Leggere per sapere. Leggere, però, non solo le diatri- chiarono Bajarlìa: Borges, sostennero, non c’en- be scoppiate fra i critici pro o contro la tesi dell’auten- trava un fi co secco con L’enigma della calle Arcos. ticità borgesiana – ma leggere prima di tutto il giallo Ma veniamo al libro e alla sua trama. L’enigma è in questione, L’enigma della calle Arcos, appunto, ora questo: chi ha ucciso Elsa Aviles Galvàn, giovane in uscita (il 21 novembre) in Italia con la piccola moglie di un noto uomo d’aff ari, trovata con la gola e intraprendente casa editrice Nova Delphi (pagg tagliata nella sua camera da letto ermeticamente 256, euro 12), con la traduzione di Ilaria Magnani. chiusa, dove nessuno poteva entrare senza forza- L’umile scrivano che sta vergando questa noticina re la porta? Ma è poi davvero stata uccisa o è solo dice subito come la pensa: 1) nonostante i prepon- suicidio? I colpi di scena si susseguono uno dopo deranti pareri della critica, il giallone di cui par- l’altro. E il bello del romanzo è che è tutto costruito liamo non è aff atto spazzatura da buttare: Borges intorno alle indagini compiute da un giovanissimo o meno; 2) sulla paternità dell’intricato poliziesco cronista del quotidiano Ahora e dagli agguerriti e resta, ed è giusto e gradevole che resti, il mistero. ben più esperti reporter del concorrente El Orden. Il giallo venne pubblicato a puntate, a fi rma di Sauli L’uno sostiene la tesi dell’omicidio, gli altri del sui- Lostal, sul quotidiano argentino Critica nel 1932. cidio. E si danno battaglia a colpi di scoop. Il fatto Dopo il grande successo ottenuto, uscì in volume è che allora – siamo negli anni Trenta – i quotidiani l’anno seguente, nel 1933. Seguì un lungo silen- sfornavano sei edizioni al giorno, dalle 12,30 alle 21 zio di trent’anni. Poi il critico Enrique Anderson (altro che web e informazione in tempo reale!): il Imbert pubblicò un articolo in cui sosteneva che lettore segue quindi l’andamento delle indagini at- Borges si era ispirato a L’enigma della calle Arcos traverso il raff ronto tra gli articoli dei due giornali per il suo (stupendo) L’accostamento ad Almotasim, concorrenti. Lo stile potrà apparire oggi desueto. Perfi no un po’ ingenuo. Ma la suspense è assicurata. Per fi nire: Fernando Sorrentino, tra i massimi cono- scitori di Borges, ritiene assolutamente inconcepi- Ma se Borges avesse voluto ricorrere a uno bile che il grande cieco della letteratura argentina e pseudonimo (come aveva fatto in molti altri mondiale possa aver scritto un romanzo dalla prosa casi), perché non avrebbe dovuto mimetizzarsi tutto sommato approssimativa. Già: ma se Borges dietro una scrittura nazional-popolare, come avesse voluto ricorrere a uno pseudonimo (come richiesto da un poliziesco d’appendice? aveva fatto in molti altri casi), perché non avrebbe dovuto mimetizzarsi dietro una scrittura nazional- popolare, come richiesto da un poliziesco d’appen- dice? Qualcuno dubita che avrebbe saputo farlo? Dunque, su L’enigma resta il giallo.

rrs_feb14.indds_feb14.indd 4444 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Roma, l’età d’oro dell’editoria rimasta ferma agli anni Novanta Nicola Lagioia, la Repubblica, 19 febbraio 2014

Negli ultimi anni Roma ha perso posizioni anche sul piano della sua importanza culturale. Mi limito ad analizzare il fenomeno guardando al settore che co- nosco meglio, editoria e letteratura. Da questo punto di vista la città sconta un paradosso. Da una parte, a livello di iniziative spontanee, c’è grande vitalità. Librerie indipendenti che organizzano serate a tema. Da una parte, librerie indipendenti organizzano serate a tema, reading. Dall'altra, mancano Blog. Reading. Associazioni culturali. Dall’altra, contenitori di peso che tesaurizzino e mancano contenitori di peso che tesaurizzino e mol- moltiplichino le energie in circolo. Avere buoni tiplichino le energie in circolo. Avere buoni muscoli muscoli ma niente biciclette ma niente biciclette. Ottimi piloti e niente motori. Gli anni Novanta, da questo punto di vista, sono stati l’ultimo momento d’oro della Capitale. Se uno come me è potuto venire ad abitarci, è stato anche per questo. Per il fatto che piccoli coraggiosi impren- ditori della carta stampata si fossero lanciati nell’im- presa di creare o rivitalizzare iniziative editoriali. Si chiamavano Alberto Castelvecchi, Sergio Fanucci, Elido Fazi, Sandro Ferri (e/o), Marco Cassini e Da- niele Di Gennaro (minimum fax), Paolo Repetti e (Nottetempo). Per non parlare di riviste come Lo Severino Cesari (i quali per conto di Einaudi aveva- Straniero. Mi scuso per le omissioni, l’elenco sarebbe no creato a Roma Stile Libero), Ginevra Bompiani assai più lungo. E dopo? Dopo è successo pochissimo. E le istituzioni? Ma io mi chiedo anche: e i privati di peso? I grandi impren- ditori? I romani benestanti o facoltosi, insomma, quelli che hanno sempre disertato, che si lamentano di continuo dei mancati primati culturali della città E le istituzioni? Ma io mi chiedo anche: e i ma poi preferiscono rogitare anziché investire? Pos- privati di peso? I grandi imprenditori? I romani sibile che la grande borghesia romana, il generone e benestanti o facoltosi, insomma, quelli che i progressisti pieni di immobili intestati o ereditati, hanno sempre disertato, che si lamentano di i vecchi e nuovi ricchi minimamente sensibili e alfa- continuo dei mancati primati culturali della città betizzati siano così gretti, così privi di orgoglio e di ma poi preferiscono rogitare anziché investire? ambizione, amino così male la propria città e riten- gano di doverle così poco da non mettere la mano al portafogli per dare vita a case editrici che possano competere con quelle del Nord? Se oltre a quello del- le istituzioni si iniziasse a guardare all’immobilismo dei privati allora della palude culturale in cui rischia- mo di impantanarci si capirebbe qualcosa in più.

rrs_feb14.indds_feb14.indd 4545 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Lo scrittore «serve and volley»

Questo articolo è uscito sul portale Treccani in uno speciale sulla punteggiatura a partire dal libro di Francesca Serafi ni, «Questo è il punto», edito da Laterza

Sandro Veronesi, minima&moralia, 21 febbraio 2014

Ogni tanto gli scrittori perdono la brocca. Sì, è così: mento che è un po’ quello che succede nella lingua. prendete l’esempio citato in Questo è il punto. È ri- Non solo in quella italiana. preso da un libro che non ho letto (Domani niente scuola di Andrea Bajani, ndr), quindi non posso dire Un punto verso l’orrido se il brano, contestualizzato, diventa solo esilarante. Per esempio, questa pratica di usare il punto al posto Ma preso da solo è una crisi di nervi in diretta di delle virgole è ormai invalsa dappertutto ed è consi- uno che, siccome gli girano le scatole, se la piglia coi derata addirittura una cifra stilistica, e invece non è puntini: uno sproloquio che come precetto sembra una cifra stilistica: è un impoverimento della tua ci- una roba da neurodeliri. fra stilistica, che diventa cifra stilistica perché, se ci si mette d’accordo ad andare verso l’orrido, alla fi ne Tambureggiamento nella lingua sarà cifra stilistica anche la mancanza di stile totale. Per spiegare perché, vorrei arrivarci usando l’ana- Però è molto facile avere uno stile se i dispositivi che logia col tennis. Lo vedete il tennis adesso com’è: hai da combinare insieme sono due, soltanto due (il poca cosa in confronto a quello che potrebbe esse- punto e la virgola). Si assomiglieranno tutti gli stili, re. Il tennis è fatto di tutto: non soltanto di servi- sempre. Il problema è che la lingua nel corso dei se- zio e dritto, e lunghissimi scambi in diagonale, che coli si è dotata, evolvendo, di una serie di strumenti, sono di una monotonia imbarazzante. È come una anche importandoli da altre lingue, che non ha nes- lingua che non fa più uso – un po’ per le idiosin- sun senso mettere in discussione perché ti stanno crasie personali, ma soprattutto per un vezzo che antipatici. Ma vi rendete conto da un punto di vista diventa vizio o viceversa – di una buona metà degli psichiatrico cosa vuol dire prendersela con un segno strumenti di cui dispone per essere chiara, per essere interpuntivo? «Ah, no, io non sopporto il punto e espressiva, per essere evoluta: e il linguaggio diventa virgola». «Allora te devi andare a farti vedere». Cioè, evoluto quando i dispositivi di cui si serve si evol- già prendersela con le parole non è molto sano. Per vono. Se, da tot che sono, diventano la metà perché esempio, è inutile pigliarsela con l’attimino: te la nessuno fa più uso del punto e virgola, per esempio, devi pigliare con chi lo dice, e nemmeno tanto con io posso anche continuare a usarlo, però è come il chi lo dice, ma con i mandanti di ’st’attimino. Poi è «serve and volley»: una cosa che non fa quasi più quello il problema, sempre. Perché ci sarà il segreto nessuno. Lo fa solo Llodra – che peraltro non è uno di stato pure sull’attimino. dei più dotati e quindi non riesce a imporlo vincen- do – perché quella roba non la insegnano più. Non Il prete congolese analfabeta insegnano ai ragazzini i colpi al volo. Il gioco a rete E comunque, se c’è chi se la piglia coi puntini e col non è insegnato, preferiscono questo tambureggia- punto e virgola – gente che non lo sopporta, gente

rrs_feb14.indds_feb14.indd 4646 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

che sclera solo perché gli dici «guarda che ci sarebbe da neurodeliri – è lì il problema. Come è successo una certa ricchezza» e che ti risponde «no, io questo una volta alla Scuola Holden. Un ragazzo, mentre non lo sopporto» – allora io invece vorrei citare un sto parlando, mi fa una domanda: «Scusi, eh, io lo romanzo, secondo me strepitoso (di cui però non so che non si devono usare gli avverbi, ma se uno dirò il titolo e l’autore, perché spero che l’anno pros- proprio ne deve usare uno…». Ho detto: «Scusa… simo lo pubblicheremo a Fandango ma per corret- che?». «No, io ho studiato, lo so che non si posso- tezza devo dire che non lo abbiamo ancora stabili- no usare, però poi alle volte ci sono le eccezioni, to), dove invece i punti sono tutti amati. È scritto da allora…». Io ho detto: «Scusate tutti. Fermi. Stop» un prete congolese che alterna episodi anche molto e il resto della lezione l’ho passato a farmi raccon- aff ascinanti di esorcismi – perché il protagonista è tare chi gli aveva detto che non si potevano usa- un esorcista – ai ricordi del suo nonno analfabeta nel re gli avverbi (i mandanti!) e poi ho scoperto che Congo. La cosa bella è che questo nonno analfabeta il mandante era : lo scrive lui in On oralmente mette a punto un trattato sulla punteg- writing di non usare gli avverbi. Eh, vedi, Stephen giatura: lui non sa leggere, quindi interpreta tutto King dallo psichiatra mi sa che infatti ci va anche come segni e capisce subito che la scrittura alfabetica per altre ragioni… E qui allora io dico attenzione ai è una cosa e la punteggiatura tutta un’altra. E allora cattivi maestri, che non sono mai i cattivi scrittori comincia a fantasticare sul punto e virgola: «io lo ca- ma sono i grandi scrittori che sbroccano. pisco, l’ho capito lui, il punto e virgola. È infi ngardo però poi alla fi ne è una persona fedele». Insomma Rispettare l’istinto espressivo dell’autore umanizza i punti, e li descrive e fa questo trattato Perché io ho visto Djokovic spaccare la racchetta – che poi il protagonista rievoca – di una profondi- che è esattamente questa roba qua. L’ho visto qui tà, di una ricchezza che solo un analfabeta può fare: a Roma, poi ha vinto la partita ma siccome aveva uno cioè che guarda le fi gure e le fa diventare come perso un set se l’è presa con il suo strumento di la- nelle favole di Gianni Rodari. È molto bello vedere voro, una cosa che teoricamente ti aspetti da un ra- che una persona analfabeta non solo ama tutti i pun- gazzino, che poi però cresce e gli dicono: “pallino, ti come fi gli – non ce n’è uno che gli stia antipatico – non è che perché non le paghi le racchette le puoi ma lo fa oltretutto in un territorio che teoricamente spaccare”. Non si spaccano le racchette e noi non gli è abbastanza ostico. Io preferisco molto di più lui che non i «puristi della domenica», per riprendere un’espressione citata molte volte nel libro di France- sca, o anche i cialtroni della domenica – ci sono pure L’impoverimento è quando scrivono tutti quelli, eh – che, senza essersi mai veramente messi allo stesso modo, e perché poi? Perché ti sta d’accordo per farlo, trascinano piano piano la lingua antipatico il punto e virgola? Quando certe cose in un territorio di non espressività. stanno antipatiche alla maggioranza – ed è, ripeto, una cosa da neurodeliri – è lì il problema. I grandi scrittori che sbroccano Perché io non me la piglio con i messaggini: quella roba è espressiva – a me per esempio le emoticon mi emozionano, mi commuovono – bisogna solo capi- possiamo stare dietro al maestro quando perde la re come «normarle». Non è quello l’impoverimen- brocca. Quando perde la brocca il maestro, raccatti to. L’impoverimento è quando scrivono tutti allo la brocca, e trovi il modo di fargli notare che questa stesso modo, e perché poi? Perché ti sta antipatico cosa non la deve fare. E anche nella lingua i veri il punto e virgola? Quando certe cose stanno anti- danni vengono fatti dall’alto e non dal basso, come patiche alla maggioranza – ed è, ripeto, una cosa l’editor Gordon Lish che ha impoverito la lingua di

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 4747 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Raymond Carver. In cambio gli ha dato il successo pezzi, però ci stanno dietro alla lingua, ai segni di in- ma chissenefrega del successo di Raymond Carver terpunzione, a questa articolazione del discorso che se poi ha impoverito la sua lingua! Gli editor do- va facendosi, e che, via via che si fa, va somigliando vrebbero fare quello che raccomanda Francesca nel a quello di cui parla: come nel caso di D’Avanzo, suo libro: cioè, quando è il caso, tenere per buono come nel caso di tutto il libro di Francesca. La cosa anche l’istinto espressivo dell’autore, e non catalogare bella di Questo è il punto – una delle cose belle – è come errori delle scelte consapevoli. che, quando parla di punto e virgola, Francesca usa il punto e virgola, però senza dirlo: cioè, ce ne ac- Avvicinare la forma al senso corgiamo leggendo, perché sta dando un esempio A me per esempio nei giornali ancora oggi mi cam- pratico di quel che sta dicendo, senza dire «Guardate biano la lineetta singola; ma non ho mai trovato per l’esempio». Fa un po’ come le Bestie di Tozzi, no? fortuna nessuno in una casa editrice che me l’abbia Quando Tozzi descrive le bestie, il suo approccio nei contestata, anche perché se me la contesti, e c’è tem- confronti della bestia e del racconto mima il movi- po di parlarne, io ti sommergo di citazioni di maestri mento della bestia: se parla di un serpente è sinuoso, veri della letteratura anglosassone che l’hanno usata. se parla di una blatta è mezzo nascosto, se parla di In un giornale è diverso, perché non c’è tempo di liti- un cane invece ha un atteggiamento simpatico. Che gare e alla fi ne decide il tipografo. Però non è che sia è quello che fa Francesca nel suo libro, usando nei il giornale quello che deve dare le lezioni di lingua. vari capitoli i punti di cui sta parlando; e che è quello Poi, certo, è encomiabile e ammirevole lo sforzo lin- che fa D’Avanzo e che fanno molti giornalisti bravi. guistico che fanno molti giornalisti come Giuseppe Quelli che usano la lingua e i dispositivi della lingua D’Avanzo – e Francesca fa bene a citarli nel libro per mimare quello che stanno dicendo: avvicinando – che nonostante abbiano poco tempo per scrivere i in questo modo la forma al senso.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 4848 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Chandler, capitolo 13. Perciò scrivo

Amori, passioni e crediti (letterari) di Michael Connelly. «La sorellina è pura poesia. Io sogno di essere Marlowe»

Alessandra Farkas, La Lettura del Corriere della Sera, 26 febbraio 2014

«Non sarei mai diventato uno scrittore se non aves- dirizzi più costosi di Manhattan, Connelly ostenta il si letto il tredicesimo capitolo de La sorellina di look super-casual (pantaloni di felpa e maglietta grigi) Raymond Chandler. Quel capitolo è poesia pura e an- che i newyorchesi snob chiamano «Florida style». E cora oggi, prima di iniziare un romanzo ambientato a invece di promuovere i suoi libri, ha voglia di parlare Los Angeles, devo rileggerlo». Il 57enne maestro della del suo eroe. «In quelle meravigliose pagine del tredi- crime fi ction Michael Connelly apre le porte del suo cesimo capitolo» riprende «Chandler riesce a fondere appartamento con vista mozzafi ato su Central Park in maniera esemplare il carattere di un luogo, la città South a Manhattan (una delle sue tante case, oltre a di Los Angeles, a quello del protagonista, il detective quelle di Los Angeles e Tampa) per parlare del Quin- Philip Marlowe. Fu dopo aver letto il libro che dissi ai to testimone – nelle librerie italiane il 25 febbraio, edito miei genitori: “Voglio fare il giallista, non l’ingegne- da Piemme –, nuova avventura dell’avvocato Mickey re”». Il suo Bosch debutta a marzo nell’episodio pilota Haller con un cammeo del detective Harry Bosch, suo di Amazon.com, dove i suoi libri sono tra i più ven- mentore e fratellastro, protagonista di diciotto best- duti. «Amazon dovrà decidere se trasformarlo in un seller. Sfi dando l’etichetta azzimata di uno degli in- serial che verrà distribuito sul web in America e Gran

rrs_feb14.indds_feb14.indd 4949 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Bretagna. Nel resto del mondo, Italia inclusa, potreb- Come mai nessuno dei suoi romanzi è ambientato in be debuttare già a fi ne anno sul piccolo schermo. Sarà Florida, dove lei vive da quando aveva 12 anni? il pubblico a decidere la sua sorte e fi nora la reazione è Pur essendo patria di grandissimi giallisti, il Sunshi- stata straordinaria, con oltre 4 mila recensioni stellari ne State non m’ispira. M’innamorai di Los Ange- in una sola settimana». les senza mai averci messo piede prima attraverso Chandler, e poi grazie ai tanti libri e fi lm ambientati Pensa che il web sia il futuro della televisione? nella Città degli Angeli negli anni Settanta e Ottan- Ne sono convinto. Come moltissimi americani, ta, come Il lungo addio di . Ancora anch’io guardo la tv online perché è conveniente e oggi sogno di risvegliarmi nei panni di Marlowe. fl essibile. I miei libri hanno già ispirato due fi lm hollywoodiani, Debito di sangue con Clint Eastwood È Marlowe che l’ha spinta a trasferirsi a Los Angeles? e The Lincoln Lawyer con Matthew McConaughey, Nel 1986 fui nominato per il Pulitzer insieme ad ma la web tv è il formato migliore per un personag- altri due giornalisti del Fort Lauderdale News per un gio complesso che continua a crescere. reportage sull’incidente del volo Delta 191. La noti- zia attirò l’attenzione del Los Angeles Times che, l’an- Quando è nata la sua passione per la narrativa poliziesca? no dopo, mi assunse come reporter di nera e per il A 16 anni fui testimone di un crimine che mi portò quale seguii la drammatica vicenda di Rodney King. a contatto con l’aff ascinante mondo dei commissaria- ti di polizia. Un’esperienza che impressionò molto la Si è occupato anche del caso O.J. Simpson? mia giovane psiche, spingendomi ad identifi carmi col Accadde un mese dopo il mio addio uffi ciale al Ti- poliziotto buono. Oltre a Chandler, le mie muse sono mes. Dalla mia casa in cima alla collina godevo di Ross Macdonald, Joseph Wambaugh e i miei genitori. un panorama fantastico della città e ricordo anco- ra come, alla vista degli elicotteri che inseguivano Sono stati loro a incoraggiarla? la Bronco di O.J., mi sentii felice di non essere Papà era un artista mancato. Dopo aver frequentato nei panni del mio successore. Tornai a dedicarmi la prestigiosa University of the Arts di Filadelfi a so- a L’ombra del coyote, il preferito tra i miei libri perché gnava di diventare pittore ma per sfamare la famiglia il primo scritto come autore full time. fu costretto a mettere i sogni nel cassetto. Quando seppe che volevo fare lo scrittore mi ha appoggiato La sua attività di giornalista ha infl uenzato quella di incondizionatamente ma è morto prima che il mio scrittore? primo libro fosse pubblicato. Oggi sarebbe orgo- Il giornalismo mi ha insegnato tutto: l’attenzione glioso e sorpreso del mio successo quanto lo sono per i dialoghi, l’etica del lavoro che ti vieta di ave- io che ho iniziato a scrivere per passione, non certo re insulsi blocchi dello scrivano. Anche oggi scrivo per arricchirmi. Il destino è stato benevolo con me: tutti i giorni e non mi sognerei mai di mettermi a alcuni dei miei 5 fratelli hanno molto più talento di fumare la pipa guardando fuori dalla fi nestra in cer- me ma il mondo non li conosce. ca d’ispirazione. Il mio stile è molto diverso dagli autori col phD in scrittura creativa. Penso alla prosa Che ruolo ha svolto sua madre? straordinaria di Dennis Lehane che scrive romanzi Era un’avida lettrice di gialli che mi ha trasmesso polizieschi ma in maniera ben più forbita e letteraria l’amore per la letteratura hard boiled e fi no alla mor- della mia. Siamo le due facce della stessa medaglia. te fu sempre la prima a leggere i miei libri. Oggi il compito spetta a mia moglie Linda, pilastro della In un articolo per il Corriere della Sera, Lehane ha famiglia. Il prossimo aprile festeggeremo 30 anni di suggerito che lei è il nipote di Chandler, il quale a sua matrimonio. volta è fi glio di Dashiell Hammett.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 5050 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

Non merito un complimento simile. La crime fi ction questo mestiere. Da piccolo ho letto anche Agatha sta vivendo l’età dell’oro e i talenti si sprecano. Penso a Christie e Dashiell Hammett. Will Graham, prota- George Pelecanos, a Lehane e agli sceneggiatori dietro gonista de Il delitto della terza luna di Th omas Harris, show televisivi come Breaking Bad, The Wire, I Sopra- ha avuto un eff etto ipnotico su di me. nos e True Detective. Ci sono scrittori bravissimi ma poco conosciuti come Michael Lister e P.G. Sturges. Per non Perché i romanzi polizieschi sono spesso ambientati nel- parlare delle donne: Gillian Flynn, Patricia Cornwell, le grandi città? Lisa Scottoline, Janet Evanovich, Alafair Burke. Sono il luogo dove confl uiscono disuguaglianze so- ciali, corruzione, crimine e dove sogni infranti e Conosce la letteratura noir del resto del mondo? realizzati coesistono: una miscela potenzialmente Quella made in Italy è straordinaria. Da Carlo Lu- esplosiva. Tutto ciò è ben visibile a Los Angeles, città carelli, autore di Almost Blue, a Giorgio Faletti con collinosa dove si sale e si scende e dove dal paradi- Appunti di un venditore di donne, a Andrea Camilleri so puoi ritrovarti tra le fi amme dell’inferno. Proprio e il suo Ladro di merendine. Se i gialli italiani fosse- come in un quadro di Bosch. All’università passam- ro più tradotti, sfonderebbero in America. Proprio mo settimane a discutere i suoi quadri e quando potei com’è successo agli scandinavi: dopo il trionfo di permettermelo andai a vederli al Museo del Prado di Stieg Larsson adesso è il momento di Jo Nesbø. Gli Madrid e al Palazzo Ducale di Venezia. Chi conosce europei mi attraggono perché non interferiscono col Bosch comprende l’omonimia col mio detective. mio processo creativo. La giornata di Montalbano è diametralmente opposta a quella del mio Bosch e Se Los Angeles è la sua musa perché preferisce guardarla quindi non può infl uenzarmi. Mi chiedo cosa pen- da lontano? sano gli italiani di scrittori anglosassoni che scrivono Ho scelto Tampa affi nché mia fi glia crescesse vici- del Bel Paese come Donna Leon e Michael Dibdin. no ai suoi quattro nonni e perché posso chiudermi in casa a scrivere, lontano dalle distrazioni. Quando Anche Dan Brown ha scritto di Firenze in Inferno. lavoro, copro le fi nestre con tende nere, nascondo gli Non l’ho letto e non lo farò. Le opere di Brown sono orologi e bevo 15 litri di tè freddo alla settimana. Ai come puzzle e i puzzle non mi interessano. Preferi- party ci vanno i romanzieri di fi ction, non quelli di sco libri come Act of War di Jack Cheevers, quello noir come me. Io poi sono un tipo poco festaiolo. su Jfk di Vincent Bugliosi e Lost in Shangri-La di Mitchell Zuckoff . Amo leggere Stephen King che Le donne apprezzano il genere poliziesco quanto gli uomini? frequento quando sverna in Florida. Tra noi non Molto di più. Sugli aerei gli uomini leggono ma- esiste rivalità perché i nostri lettori sono talmente nuali su come fare carriera, le donne romanzi psi- tanti e insaziabili che c’è spazio per tutti. cologici, molti dei quali polizieschi. Le statistiche confermano ciò che vedo viaggiando molto. Che cosa pensa di James Patterson e della sua abitudine di avvalersi di collaboratori per i suoi libri? Eppure la critica spesso snobba il vostro genere. È facile denigrare Patterson ma nessuno è riuscito a Anche se i miei libri continuano ad essere recensiti eguagliare il suo nobile traguardo: avvicinare ai libri dal New York Times e dal Washington Post, ritengo le- milioni di persone che altrimenti non leggerebbero. gittimo che un critico ignori scrittori di successo per dedicarsi a ignoti che hanno bisogno del loro aiuto Chi preferisce tra e Scott Turow? per farsi conoscere. E comunque il pubblico, l’unico Quest’ultimo, perché ama i dettagli quanto me. In che conti davvero, sa bene che la detective fi ction è realtà Turow e Grisham sono entrambi miei maestri, l’unica che rispecchia la realtà contemporanea, of- da loro ho imparato moltissimo ben prima di iniziare frendo uno spaccato dell’America vera di oggi.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 5151 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 C’era una volta Bollati, l’uomo che non era Einaudi

Ritratto dell’editore mentre esce la sua raccolta di saggi dedicati alla letteratura italiana tra Settecento e Ottocento

Alberto Asor Rosa, la Repubblica, 26 febbraio 2014

Giulio Bollati è una delle fi gure più singolari della cultura italiana del secondo Novecento. Questa af- fermazione, per me di solare evidenza, mi tornava in mente leggendo le pagine dell’ultima sua raccolta di saggi, L’invenzione dell’Italia moderna. Leopardi, Manzoni e altre imprese ideali prima dell’Unità, recen- temente propostaci da Bollati Boringhieri (con una prefazione di Alfonso Berardinelli, pagg 224, euro 22). Ma, naturalmente, soprattutto se dovessi rivol- germi a un lettore di oggi alle prime armi, suggerirei di leggere questo volume prima o dopo, o comunque a riscontro, con l’altro suo, curato ab origine dallo stesso autore (1983), e abbastanza recentemente anch’esso ripubblicato, L’italiano. Il carattere nazionale come sto- ria e come invenzione (introduzione di David Bidussa, Einaudi). L’accostamento fra «storia» e «invenzione», come spiega lo stesso autore – e con questo stiamo già nel pieno della ricerca bollatiana – è di origine man- zoniana (ma tornerò più avanti su questo intreccio di temi). Giulio Bollati era un uomo imponente, sia fi sica- mente sia intellettualmente. L’ho conosciuto quando si preparava l’uscita del mio saggio su «La cultura», secondo tomo del quarto volume della monumenta- le Storia d’Italia. Bollati allora (1974-75) era già da tempo il pezzo più grosso della casa editrice Einaudi dopo l’altro Giulio: lo guardavo da una rispettosa di- stanza. Bollati mi dimostrò in quattro e quattr’otto come lui intendesse il lavoro editoriale. Annullate di colpo tutte le distanze, mi chiese se ero d’accordo che fosse lui a preparare l’inserto fotografi co del mio vo- lume. Figuriamoci. Ne nacque così quella galleria di

rrs_feb14.indds_feb14.indd 5252 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

foto eccezionali, tutte dedicate a Torino (non a caso: ordinario geografo Lucio Gambi; e in primis Giulio suo grande odio-amore; ma più amore che odio), che, Bollati). preceduta da una limpida ed effi cace introduzione (e Intorno a «L’italiano» ruotano tutti i saggi che com- con la sapiente collaborazione di Agnese Incisa), spo- pongono i due volumi precedentemente richiamati: stava di per sé l’asse della storia culturale italiana con- sia quelli che lo precedono e lo preparano (le introdu- temporanea dai suoi luoghi più tradizionali (ponia- zioni a La Crestomazia italiana. La prosa di Giacomo mo: Milano, Firenze, Roma) a questo più periferico e Leopardi, 1968, e a Le tragedie di Alessandro Manzoni, al tempo stesso, come dire?, sostanzialmente più cen- 1965), sia quelli che lo seguono e in un certo senso trale. Ebbi esperienza così, d’un colpo solo, del modo lo raff orzano e ulteriormente lo dimostrano (i saggi assolutamente fuori del comune con il quale Bollati su Vittorio Alfi eri e Alessandro Manzoni, 1989) tut- concepiva il discorso culturale: a formare il quale con- ti raccolti, questi, nel volume Bollati Boringhieri, di vergevano in lui, con intuizione straordinariamente cui all’inizio salutavamo l’uscita. In tutti questi casi il moderna, vettori di diversa origine e competenza. Ad discorso si colloca, anche sulla base delle competenze esempio, appunto, la fotografi a. Ricorderò appena, specialistiche dell’autore, in una mobile e fecondissi- accanto all’esperienza precedente, i tomi 1 e 2 del se- ma zona di confi ne fra cultura italiana e cultura fran- condo volume degli Annali della Storia d’Italia, tutti cese. In questo modo si rivela un altro aspetto della dedicati a «L’immagine fotografi ca» (accanto a lui, in personalità bollatiana. L’uomo dell’editoria, il pole- questo caso, un sapientissimo Carlo Bertelli, Einau- mista e moralista, l’originale cultore della ricostruzio- di, 1979), una vera e propria monumentale «storia ne e documentazione fotografi ca, rivela una cultura dell’Italia contemporanea» attraverso i volti, i gesti, di primissimo ordine, ai limiti della raffi natezza fi - i vari modi di atteggiarsi, comportarsi, lavorare e… lologica. L’«italiano» di cui lui parla non è dunque morire, di molteplici italiani ritratti da professionisti, un’astrazione ideologica. È il frutto sapiente di una dilettanti e famigliari. combinazione di fattori psicocaratteriali, culturali e Questo modo preciso, circostanziato, effi cace, e al storicopolitici, gestita con mano sicurissima. tempo stesso allusivo e profondo, di aff rontare i pro- Termino con una considerazione, che forse non pia- pri temi si ritrova nella sua produzione storicosaggi- cerà o piacerà poco sia agli uomini della Einaudi sia stica. Non v’è ombra di dubbio che al centro dei suoi a quelli della Bollati Boringhieri: quanto bisognerà interessi restano dall’inizio alla fi ne, nei vari campi aspettare per vedere raccolti nello stesso volume (se che ha aff rontato, un interrogativo, una domanda: necessario due), con cronologie e apparati bibliogra- com’è fatto, anzi, forse sarebbe più esatto dire, come fi ci, e una scelta delle lettere da lui e a lui inviate, tutti diavolo è fatto quel coso, o quell’insieme di cosi, che i saggi di cui abbiamo qui discorso, e altri ancora qua tradizionalmente si defi nisce «l’italiano»? (e, natural- e là sparsi? La personalità, l’uomo, lo meriterebbero. mente, da qui in poi le domande si devono intendere nel senso più largo: cultura, politica, ideologia, com- portamenti civili e… incivili). Per cui, se si dovesse ricostruire una genealogia del suo pensiero e della sua opera, io non esiterei a considerare da ogni punto di Al centro dei suoi studi ruota sempre vista fondativo il suo saggio, indubitabilmente genia- la stessa domanda cruciale: come è fatto le, «L’italiano», apparso nel 1972 nel primo volume davvero un italiano? della Storia d’Italia Einaudi, questa grande fucina di ricerca e di rinnovamento per la nostra cultura, a sua volta inconfondibilmente denominato «I caratte- ri originali» (impronta francese, certo; ma anche un grande contributo italiano: Romano, Vivanti; lo stra-

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 5353 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Nativi cartacei

Nel mondo dei giornali online ci sono giovani cresciuti sul web che a Brooklyn mettono idee, parole e immagini su riviste di carta. Ma non chiamateli nostalgici

Mattia Ferraresi, Il Foglio, 26 febbraio 2014

È da un pezzo che la conversazione sulla crisi dei stampa del giorno prima non è un modello, né un giornali di carta si è trasformata in un lamento mo- business, e neppure è informazione, dato che arriva nocorde. Si riservano ai giornali e alla loro irrecu- nelle mani del pubblico quando il pesce è già bell’e perabile gloria sospiri rassegnati, come quelli che si incartato e comincia pure a puzzare. Un po’ come dedicano ai fenomeni atmosferici e agli eventi lieti far precipitare sul lettore titoli da prima pagina sulla di un passato che non tornerà mai più. Figure clas- tempesta di neve a New York quando ormai c’è il siche nella cerimonia del lutto per la carta sono i sole e gli uccellini cantano. vecchi che parlano dei giovani: ormai leggono tutto Per capire l’evoluzione di quel modello di giornali- su internet, non hanno la cultura della carta, s’infor- smo il sito da tenere d’occhio, almeno in America, è mano solo su Twitter, non hanno pazienza di leg- newspaperdeathwatch.com, un osservatorio del gior- gere articoli lunghi, non hanno nemmeno una vera nalismo di carta che è un incrocio fra un reparto di libreria in salotto e altri luoghi comuni a scelta, fi no geriatria e l’obitorio. È lì che si tiene il conto di quanti a completare l’immagine stilizzata di questi nativi giornali sono morti dall’inizio della crisi, si tengono digitali, osservati con lo sguardo con cui gli scienzia- sotto osservazione i malati gravi e si traggono consi- ti occidentali guardavano i varani di Komodo. Ma derazioni molto amare. I morti seppelliscano i morti, fra questi strani esseri c’è anche chi, contraddicen- i vivi si cerchino altrove. Per ritrovare segni di fi ducia do la vulgata, si intrattiene ancora con la carta. È nella carta bisogna esplorare le redazioni di certi pe- una specie di analfabetismo internettiano di ritorno, riodici nell’area di intersezione fra politica e lettera- perché il linguaggio primario è quello digitale, dato tura, dove il supporto cartaceo non è soltanto legato ovvio che non necessita di rifl essione, ma la carta è alle esigenze iconografi che, ma talvolta è squisita di- la locutio secundaria che dà supporto e colore e sod- chiarazione d’intenti. L’underground newyorchese è disfazione tattile ai contenuti che meritano di resta- pieno di giornali che aprono invece di chiudere, start re. L’analogia musicale è ovvia: se i formati digitali up che mandano bozze in tipografi a con abbonati che dovevano spazzare via qualunque supporto fi sico, trepidano nell’attesa della loro copia sulla soglia o let- com’è che il vinile è vivo e lotta insieme all’mp4? tori occasionali che si baloccano in certe librerie indi- I nativi hanno con la carta rapporti simili a quelli pendenti con scaff ali ricolmi di riviste meravigliosa- che hanno con i vecchi dischi. Entrambi hanno il mente curate. È il racconto della vitalità di un mondo loro posto nel mondo. Certo, non si parla di pub- che alla carta non vuole rinunciare, nonostante tutti i blicazioni mainstream e corazzate commerciali senza luoghi comuni che si possono ripetere e tutte le gere- idee originali o la forza di certi quotidiani globali. miadi che si possono declamare. Da molto tempo il modello di business dell’informa- Questo mondo s’agita nella sottocultura ma nemmeno zione basato sul riassunto cartaceo della conferenza poi troppo, perché nell’epoca della frammentazione,

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del do it yourself e dell’iperconnettività l’impresa carta- del recensore: meglio esprimerle direttamente le idee, cea non ha necessariamente bisogno di numeri fara- senza usare i libri a guisa di schermo. Un altro aspetto onici per vivere. E così mentre le prefi che piangono di n+1 comune a molte riviste di questo sottobosco in la scomparsa della carta, i ragazzi che sono accusati di fermento è la chiarezza ideologica: «Siamo di sinistra» averla seppellita immancabilmente vi fanno ritorno. Il dice Dayna «con uno spettro che abbraccia nostalgi- tratto comune di queste imprese cartacee è che hanno ci dell’èra Clinton, anime radical e tutte le sfumature l’ambizione, in certi casi la presunzione, di occuparsi nel mezzo». È la nemesi newyorchese di McSweeney’s, di cose se non eterne almeno durature. Scrivono del- pattuglia editoriale e letteraria di San Francisco guida- le idee di oggi e di domani, non dell’evento di ieri, e ta dallo scrittore Dave Eggers, con il quale i ragazzi di contemporaneamente si ripesca dal passato ciò che è n+1 incrociano le penne spesso e volentieri. fatto per durare, come il grande abbeveratoio di pietra Insieme con altre pubblicazioni locali condivido- di Cormac McCarthy, costruito da un uomo che aveva no collaboratori, reading, eventi, piccoli (e non più una promessa dentro al cuore. così piccoli) festival letterari che trovano spazio nel- La redazione della rivista n+1 è un open space inca- le librerie indipendenti che fi occano a Brooklyn, strato in un labirinto che pullula di start up. Diffi cile dove le idee dei nativi digitali circolano su carta. stabilire cosa producano se non si parla la lingua dei Lo spirito di New York si è trasferito da tempo a nativi. È arredato con oggettistica vintage prodotta Brooklyn, lo dice anche Alec Baldwin. Qui nascono locally e spuntano casse di birra per ogni evenienza, ri- riviste che talvolta incapsulano sommovimenti poli- gorosamente marca Brooklyn. Siamo a Dumbo, quar- tici, come Th e New Inquiry e Jacobin (non un covo di tiere di artisti e loft stretto fra il ponte di Brooklyn e conservatori del Sud), riviste nate in àmbito esclu- quello di Manhattan. La silfi de che ci guida si chiama sivamente digitale e poi passate alla carta, percor- Carla Blumenkranz ed è una delle dieci persone che rendo il sentiero dei giornali mainstream in senso lavorano a tempo pieno alla rivista. Un’altra è Dayna inverso. Th e New Inquiry, fondata da una ragazza del Tortorici, che aspetta distrattamente su un divano che New Mexico laureata alla Columbia, ha dedicato un sembra dell’Ikea ma non lo è. n+1 è uno dei pezzi pre- intero numero alla guerra dei droni quando ancora giati di questo rinascimento cartaceo. La rivista è stata sembrava un argomento oscuro e strampalato. fondata nel 2004 da un quadrumvirato di intellettuali La ventiseienne di origini nigeriane Uzoamaka – o aspiranti tali – in cui spicca Chad Harbach, au- Maduka ha fondato lo scorso anno Th e American tore del romanzo L’arte di vivere in difesa (Rizzoli) e Reader, mensile con poche immagini e impagina- ha una diff usione di circa diecimila copie. Esce con zione elegantissima, secondo lo stile senza tempo cadenza quadrimestrale e la qualità della carta al tatto del New Yorker. Th e Brooklyn Rail, diretto dal pitto- e alla vista mette voglia di imparare i segreti perduti re Phong Bui, è un mensile a vocazione artistica che della tipografi a; Dayna e Carla dicono che «il pubblico esce gratuitamente in città. Fra i membri dell’advi- è fedele in modo quasi maniacale» e non c’è bisogno sory board c’è anche . È un ente non pro- di dire che hanno un sito web che viaggia a una velo- fi t che vive di pubblicità, donazioni, eventi e fondi cità completamente diversa. Si occupano di politica, pubblici ottenuti attraverso un rigoroso processo di letteratura, società, arte, idee, con respiro (e pubblico) selezione che premia chi produce contenuti origi- globale e impatto locale. Il grosso del lavoro consiste nali. Grazie a un modello di business simile vive nella selezione: «Curiamo un articolo anche per mesi, anche A Public Space, un gioiello a cadenza quadri- siamo dei perfezionisti, sia dal punto di vista della mestrale prodotto in uno stanzone nel quartiere di lingua sia per quanto riguarda la solidità delle argo- Fort Greene che ha un tono meno hipster di altre mentazioni», spiega Carla. Per anni non hanno avuto redazioni del settore. una sezione di recensione di libri, genere che tende Alla lavorazione di A Public Space partecipano a tempo a essere usato per veicolare surrettiziamente le idee pieno soltanto tre persone. Ashley Martin, un assistant

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 5555 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 editor con occhi scurissimi e una voce che è quasi un Esperienza, questa è la parola che i nativi digitali sussurro, sfoglia un numero della rivista e si ferma su della carta usano più spesso. «C’è un rituale irri- un racconto breve, «uno dei migliori che abbiamo pub- nunciabile nella lettura,» spiega Ashley «nei libri blicato negli ultimi tempi». Racconta di un uomo che questo concetto è piuttosto chiaro, ma anche per i fugge dalla monotonia della sua vita e viene avvelenato giornali che si occupano di idee e letteratura fun- in un bar bevendo da un bicchiere che forse non era ziona allo stesso modo». Non è una forma di no- destinato a lui. Si troverà davanti a un commissario stalgia di un’infanzia cartacea, chi produce riviste della polizia a denunciare un omicidio: lui è la vittima. come queste è nato in una culla digitale. È una A Public Space punta tutto sui racconti come questo e libera dichiarazione di appartenenza culturale per sulla critica letteraria senza intonazioni accademiche. una generazione che un giorno si ritroverà a rac- Tira un migliaio di copie, distribuite esclusivamente contare che ai nostri tempi c’erano solo i giornali per abbonamento a un pubblico ultrafi delizzato che online e noi abbiamo rilanciato la carta dagli scan- non baratterebbe mai l’esperienza della lettura su carta. tinati di Brooklyn.

Amazon schianta il mercato dell’editoria, ma si perde di fronte al romanticismo del libro Eugenio Cau, Il Foglio, 26 febbraio 2104

Tutto dipende dalla domanda che ci si pone. I lettori ternet, vende a prezzi stracciati e tiranneggia i giganti del New Yorker hanno pensato di aver trovato quella dell’editoria? Secondo Packer la domanda è sbagliata. giusta sulla più grande libreria del mondo, che inciden- Ormai è abbastanza facile capire cosa Amazon intenda talmente è un leviatano della new economy guidato da fare con i giganti dell’editoria: renderli irrilevanti – e lo uno dei capitalisti più ambiziosi degli ultimi decenni, stesso articolo di Packer contiene un elenco dei modi e che incidentalmente più che una libreria è un mo- infi niti con cui Amazon ha brutalizzato le Big Six, le struoso sistema logistico interessato ai libri solo perché sei (oggi cinque, dopo l’unione di Penguin e Random sono dei mattoncini che si inscatolano e si spedisco- House) grandi case editrici americane. Resta da capire no facilmente. L’oggetto della domanda è Amazon, a quale sarà l’eff etto di Amazon su quei mattoncini di porsela è stato George Packer in un articolo che gira carta che si infi lano così bene nelle scatole standard da su decine di pagine. In vent’anni Amazon è passata da spedizione e che ancora costituiscono la base su cui si essere l’utopia commerciale di un ex broker a princi- fonda gran parte della cultura internazionale (e della pale dominatore del mercato del libro – e anche se nel democrazia americana, arriva a dire Packer). Da qui la frattempo è diventata l’«Everything store», come dice domanda: che cosa farà Amazon al libro? Brad Stone, è sempre rimasta soprattutto una libre- Amazon ha ridotto le grandi case editrici (quelle ame- ria. Tra l’una e l’altro momento sono passate diverse ricane, soprattutto) al fantasma di se stesse. Certo, la fasi (promettente emergente, concorrente, minaccia crisi era in corso già da prima, ha a che vedere con la incombente), e sempre quello che tutti si sono chiesti digitalizzazione e va molto oltre la sola Amazon, ma mentre vedevano Amazon conquistare quote di mer- se chiedete a chi lavora dentro l’editoria, il colpevole è cato era: cosa farà Amazon all’industria del libro? – che sempre uno solo, e ha sede a Seattle. Questo sempre succede se la più grande libreria del mondo è su in- che qualcuno risponda. Come racconta Laura Bennett

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su New Republic, l’industria del libro è così spaventata ni e che leggeva i libri per consigliarli ai lettori – una da Jeff Bezos e dalla sua Amazon (che nel tempo ha follia quando basta nutrire una macchina di qualche sviluppato un eccellente armamentario di punizioni milione di dati per ottenere a costo zero informazioni per le case editrici che non rispettano i suoi dettami, infi nitamente più preziose sulle preferenze degli uten- dall’improvvisa sparizione del colpevole dalle ricerche ti. La più grande libreria del mondo non ama i libri, sul sito alla guerra dei prezzi degli ebook) che nessu- non prova per loro nessun interesse. E questo, quando no tranne pochi «dissidenti» se la sente di parlarne, e ci si chiede cosa farà Amazon al libro, potrebbe essere i giornalisti che vogliono fare un’inchiesta su Amazon un elemento preoccupante, specie se la più grande li- si ritrovano a intervistare sempre gli stessi. Lo stesso breria del mondo dovesse diventare anche l’unica. Packer, dopo aver prodotto più di 70 mila battute sul Poi c’è un discorso a parte, che è quello sugli ebook e New Yorker, ha sentito l’esigenza di scrivere un altro sulla digitalizzazione. Il fenomeno è di quelli epocali articolo per il sito del giornale in cui lamentava l’os- e trascende Amazon, è una transizione che avverrà – sessione per la segretezza che vige ad Amazon: se sei per gradi, ma avverrà – indipendentemente dai voleri dentro, meglio non raccontare cosa succede. Tanto più di Jeff Bezos. È una questione di antropologia pri- ora che Amazon sta per farsi editore per davvero, che ma ancora che di business: oggi i bambini piccoli – i attiva servizi di self publishing, che appare sempre più nativi digitali ormai alla seconda o terza generazione interessata a sostituirsi ai player dell’industria del libro – le pagine dei libri cercano di farle scorrere col dito. non solo come distributore e venditore di libri, ma an- Ma Amazon, che nel mercato degli ebook è quasi che come produttore – ruolo che da sempre è pertinen- monopolista (65 percento) ha plasmato ancora una za delle case editrici. volta l’industria a sua immagine. Ha costretto le case Ma c’è una diff erenza enorme tra Amazon e una casa editrici a prezzi ridicolmente bassi, e quando queste si editrice: ad Amazon i libri non interessano. È una que- sono accordate con Apple per alzarli è nata una cau- stione di business anzitutto. Per Amazon, si diceva, i sa strana, in cui il monopolista difende i prezzi bassi libri non hanno un valore intrinseco diff erente da quel- dalla concorrenza. lo di una scatola di surgelati, l’unica diff erenza è che i C’è il digitale ad assediare il libro di carta, c’è la fred- secondi deperiscono, ed è meno conveniente spedirli dezza logistica di Amazon, forse c’è anche la storia. (ma in America Amazon riesce a spedire pure quelli). Fino a poco tempo fa qualunque designer avrebbe Nell’industria del libro Jeff Bezos ha trovato una lunga indicato il libro come una tecnologia quasi perfetta. serie di intermediari e di costi inutili che il suo sistema Trasportabile, facilmente fruibile, quasi indistruttibile: logistico è riuscito a soppiantare, tirando sui prezzi. diffi cile pensare a un metodo di trasmissione culturale Oggi i margini del mercato editoriale non sono mai più effi ciente. Per 500 anni è stato così, negli ultimi stati così bassi, e la colpa è in gran parte di Amazon. 20 sembra essere cambiato tutto, ora il libro di carta è Che non vuole vendere libri, vuole vendere se stessa minacciato, ferito a morte dal digitale, preso in ostag- come infrastruttura universale, e poco importa se senza gio da una banda di ingegneri di Seattle. Ma il libro margini suffi cienti le case editrici non hanno mezzi per vive, cambia, evolve. Dall’America arriva notizia della reinvestire sulle nuove pubblicazioni e sui nuovi auto- resurrezione delle librerie indipendenti, e i profeti del- ri. Ma è anche una questione di cultura. Non è solo la mutazione antropologica, per ora, sono smentiti dai Amazon in quanto business a non essere interessata ai sondaggi. Come racconta il New York Times, più del libri. Gli uomini dentro ad Amazon non leggono – o 60 percento dei giovani americani continua a preferire meglio, si rovinano gli occhi sui report aziendali, ma in il libro cartaceo all’ebook. Amazon schianterà i giganti pochi si tengono tempo per un romanzo. Alle pause dell’editoria e riempirà le nostre case di supporti di let- caff è nessuno chiede agli altri: «Che state leggendo in tura digitale. Ma la carta è dura a morire, soprattutto questi giorni?», e gli algoritmi hanno sostituito quasi conserva quel romanticismo che Amazon dimentica del tutto la striminzita redazione che scriveva recensio- persino nelle pause caff è.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 5757 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Da Carver a Williams, così nasce un «caso»

Bestseller, scoperte, riscoperte: la caccia al libro «di cui tutti parleranno» è sempre aperta. E se poi è una bufala, amen…

Massimiliano Parente, il Giornale, 27 febbraio 2014

Trovare il caso letterario, l’ossessione degli editori. Lampedusa, quello trash i pantaloni di Lara Cardella, I quali da anni, settimanalmente, indicono riunioni quello nobilitato sociologicamente Porci con le ali di apposite: «Allora, avete un caso letterario?». Il con- Lidia Ravera. Secondo caso del caso letterario: si ri- cetto di caso letterario ha almeno due casistiche del pubblica un più o meno grande autore sconosciuto, o caso: nella prima semplicemente un romanzo diven- conosciuto ma di insuccesso, sperando diventi non si sa ta un successo commerciale, e siccome la critica in perché un successo. In genere per ragioni extralettera- Italia non esiste più, diventa anche un caso letterario rie, di restyling grafi co, di botta di culo. Si noti: il caso in senso universale. letterario è sempre legato alla riuscita commerciale, al- Esempio ormai da antologia: Faletti fu incoronato trimenti al massimo diventa «un autore di culto», per «più grande scrittore italiano» col faccione sulla prima ogni editore una perdita. Tranne per Adelphi, Adelphi pagina di Sette del Corriere della Sera, neppure Alber- non perde mai anche quando non vende. Tipo Guido to Arbasino o Aldo Busi avevano mai sperato tanto, Morselli. L’hai letto? No? Sei out. Quanto a Adelphi, in fondo erano scrittori, non casi letterari. Il paradig- se vuole va in classifi ca con la Zia Mame di Patrick De- ma chic per antonomasia è Il gattopardo di Tomasi di nis e pare comunque letteratura altissima.

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In ogni caso, sempre all’interno di questa seconda Arthur Maxley è come un Antoine Roquentin sca- tipologia di caso letterario: Raymond Carver era già raventato a San Francisco tra un cocktail, un dor- storicizzato e pubblicato da Garzanti quando lo sco- miveglia pieno di sogni appiccicosi, e speculazioni prì minimum fax, divenne un caso letterario grazie a sull’infanzia infelice. Il protagonista vi racconta il copertine coloratissime e pop. Una minestra riscal- contorcersi della sua «anima sporca e disordinata» data ma servita meglio, user friendly, in piatti di pla- per centotrenta pagine che sembrano tremila, non stica. Elido Fazi, il rivale overground di Marco Cas- passano mai. Tutto va «addensandosi ai margini sini, non poteva accontentarsi di Melissa P e di Bin della sua coscienza, come un ammasso di nuvole che Laden, e dovette dare altro che cento colpi di spaz- s’addensa e si contorce in un cielo chiaro fi no a rie- zola alla sua redazione per trovare un caso letterario vocare un volto familiare». Sulla quarta di copertina serio. Purtroppo lo trovò, così esplose l’asfi ssiante in compenso s’addensa una splendida frase del New moda di John Fante e dei fan di Fante, i fantini, Yorker (una frase del New Yorker è d’obbligo in ogni peggio ancora dei carverini. Una volta Fazi mi disse caso letterario americano), totalmente condivisibile: di avere per le mani degli irlandesi «meglio di Joyce, «La pulizia della scrittura di Williams è così poco perché Joyce è sopravvalutato», e pronunciava Joyce appariscente e simile alla lucentezza che resiste sui con una smorfi a di disgusto, come se fosse Raff aele pavimenti bruniti di legno massello». Signifi ca che Avanzini della Newton Compton. Il quale di solito potete metterlo sotto la zampa del tavolo ballerino e non fa neppure fi nta di non guardare solo al soldo. tiene bene per decenni, fossi Ikea ne prenderei uno Infatti contrattaccò con il caso letterario dei vampiri stock. Tuttavia, attenzione, non si parla male di un di Lisa Jane Smith e sicuramente pensò: strike. Non caso letterario, specie se americano: anche se non era letteratura? Pensò: stikazzi. In seguito però ha è Adelphi rischiate una brutta fi gura. Lo faccio io pubblicato una nuova traduzione dell’Ulisse, tutta perché tanto sono uno scrittore stronzo, e perché colorata stile minimum, per vedere se gli riusciva di me lo posso permettere. Uffi cialmente si dice così: rilanciare l’Ulisse come un caso letterario e fare di- John Williams è il nuovo Melville delle praterie spetto a Fazi. Avanzini, tra parentesi e tra Parente, è dell’anno scorso, ora il Sartre di San Francisco, me quello che un giorno mi disse: «Joyce? Mica è lette- ne dia subito una copia. E poi anche una margherita ratura, ’a letteratura è Faletti, ’a letteratura deve ven- di bufala e una coca media, grazie. de’». Pronunciando Joyce con una smorfi a schifata, come se fossi Fazi. Infi ne l’ultimo caso letterario fresco fresco è di nuovo targato Fazi, si chiama John Williams. Non è John Fante ma è un John e è pure più fantino di Fante: un americano duro e puro, con Si ripubblica un più o meno grande autore una biografi a da reduce di guerra light, in India e sconosciuto, o conosciuto ma di insuccesso, sperando diventi non si sa perché un successo in Birmania. Prima ci fu Stoner, poi uscì Butcher’s Crossing, un romanzo sulla caccia da alcuni parago- nato a Moby Dick, al posto della balena i bisonti, in realtà una bistecca narrativa né carne né pesce. Però esprimeva bene l’evergreen del bovarismo esotico di americanità da prateria, lo vedrei bene vicino al menù dei fratelli La Bufala. Adesso, emozione, esce il romanzo di esordio di John Williams, stavolta senza bufali, però un’altra bufala. Titolo: Nulla, solo la notte. Magari ci fosse solo la notte, una lagna soporifera anche di giorno:

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 5959 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Doctorow: dai corsi di scrittura il rischio di autori senz’anima

PArla il narratore americano mentre esce «Tutto il tempo del mondo» (Mondadori): «Non insegno a diventare romanzieri ma a leggere i classici»

Livia Manera, Corriere della Sera, 28 febbraio 2014

«Ha in mente quando Philip Roth a 8o anni ha det- dieci anni prima – ero direttore editoriale della Dial to che smetteva di scrive re? Beh, io non ho nessuna Press – o diventavo uno scrittore. E in quel momen- intenzio ne di fare altrettanto!». to mi è piovuto dal cielo un invito a insegnare alla Se la ride Edgar Doctorow, che a ottantatré anni ha University of California, Irvine: un lavoro che mi ap pena pubblicato negli Usa un romanzo straordi- avrebbe permesso di scrivere. Ho messo moglie e nario, Andrew’s Brain, in cui accompagna il lettore bambini in macchina e abbiamo attraversato il pa- nel lucido delirio mentale di un neuroscienziato, at- ese. Era il mio primo incarico di insegnante e nella traverso tali cambiamenti di piani narrativi e sor- mia classe c’era Richard Ford. E ho pensato. Ca- prese, da ri sultare il libro più cerebralmente ardito spita! È facile insegnare! Sono bravi questi studenti! della sua carriera. Il cervello di Andrew sarà pubblica- (Ride). to nel 2015 dalla Mondadori, che intanto manda in libreria in questi giorni una sua raccolta di racconti E poi? dal titolo quasi ironico, in questo contesto – Tutto il Poi ho insegnato a varie riprese: Princeton, Yale, tempo del mondo (traduzione di Carlo Prosperi). Sarah Lawrence College… E ho scoperto che era Se la ride, dunque, Doctorow, anche se è costret- un lavoro che non interferiva con la scrittura perché to a camminare con una stampella perché si è fat- potevo dedicare la mattina ai miei libri e il pomerig- to male giocando a tennis nel campo di un albergo gio a insegnare. della Cinquantasettesima strada a Manhattan, dove mi ha dato appuntamento per un caff è e quattro Tra le università in cui è stato professore, non ha nomi- chiacchiere su un tema di attualità culturale come il nato la New York University (NYU), di cui è da anni la fenomeno dei corsi di scrittura creativa, di cui è un stella più brillante… veterano con quasi mezzo secolo di esperienza. L’i- Questa è una storia buff a. (Sorride). La nyu mi ave- dea è nata quando Richard Ford, in una conversa- va invitato a insegnare solo un corso temporaneo. zione recente, mi ha detto che il primo a insegnargli Poi un giorno mi chiama il presidente dell’università a scrivere è stato E.L. Doctorow. E Ford ha appena e mi dice: abbiamo ricevuto un grosso fi nanziamen- compiuto 70 anni. to per una cattedra nel dipartimento di inglese, a condizione che questa cattedra sia in permanenza Lei, Doctorow, deve essere il professore più di lungo corso affi data a te. E io ho pensato: questo è un errore. del master di «creative writing». Quando ha cominciato? Nessuno scrittore dovrebbe prendere un impegno Ho cominciato nel ’69, quando stavo scrivendo Il li- simile. Ma quando ho cercato di spiegare le mie ra- bro di Daniel e ho capito di essere a un bivio. O con- gioni ho visto che il presidente faceva una faccia di- tinuavo la carriera che avevo intrapreso nell’editoria sperata. Edgar, mi ha detto alla fi ne, tu non capisci:

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se tu muori domani noi continueremo ad avere la Ai vecchi tempi un editore individuava un talento cattedra e i soldi lo stesso. (E scoppia in una risata). e poi doveva mantenerlo in vita per tre anni per- ché producesse qualcosa. Oggi gli editor valutano Che cosa insegna esattamente alla NYU? mano scritti già approvati da insegnanti che spesso Un corso che si chiama «Artigianato della scrittura» sono scrittori aff ermati. E questa è una manna per in cui studiamo opere importanti di epoche e stili l’industria editoriale. E anche un sistema che genera diversi, per insegnare agli studenti come leggono gli grossi profi tti per le università. scrittori. Quest’anno il programma comprende Von Kleist, Kafka, Edgar Allan Poe, Virginia Woolf, Allora tutti ci guadagnano e non ci rimette nessuno? Sebald, Faulkner e Mark Twain. È scioccante sco- No. Un pericolo c’è. Quello principale è che qual- prire quanto poco siano letti questi scrittori. cuno prenderà un diploma, pubblicherà un libro e poi troverà un lavoro in qualche college, dove Ma per anni ha insegnato scrittura creativa. Un’inven- inse gnerà ad altri come lui a diventare scrittori- zione tutta americana… insegnanti. Il che crea una sottocultura che non ha Sì, è una cosa che è nata qui alla fi ne della Seconda niente a che vedere con la vita letteraria, ma ha a che guerra mondiale, per via del GI Bill (una legge che vedere con insegnanti che scrivono, e che insegnano permetteva ai veterani di frequentare l’università gra- ad altre persone a diventare insegnanti che scrivono. tis, ndr). Grazie a questa legge molte persone che non E non c’è niente che si possa fare a riguardo. avrebbero potuto andare all’università hanno avuto invece questa possibilità. Parlo di romanzieri ma an- Il sospetto è anche che questi corsi abbiano creato una che di poeti. E quando un poeta usciva dall’università generazione di scrittori più addomesticata della prece- con un dottorato, aveva la possibilità di trovare un la- dente, con meno grinta, più secchiona… voro insegnando ai giovani poeti in erba. O ai roman- No, su questo non sono d’accordo. Io penso che ci zieri in erba. E cosi l’università americana è diventata siano più veri scrittori trenta o quarantenni oggi, di lo sponsor uffi ciale della letteratura del paese. quanti ce ne fossero quando ho cominciato io. C’è più vivacità, più azione. E più diversità di voci. E Quanto sono utili davvero questi corsi? questo forse perché non c’è una guerra a tenerli in- Molti ragazzi che frequentano i master di scrittu ra creativa non diventeranno mai seriamente scritto ri. Diciamo che su una classe di quindici persone, ne hai due o tre bravi, quattro o cinque che divente- «Diciamo che su una classe di quindici persone, ranno giornalisti, e altri due o tre che avevano solo ne hai due o tre bravi, quattro o cinque che bisogno di una psicoterapia (ride ancora mentre sor- diventeranno giornalisti, e altri due o tre che seggia suo espresso decaff einato). avevano solo bisogno di una psicoterapia.»

Ma non le pare che questo sistema di insegnamento ab- bia cambiato il modo in cui oggi si scrive in America? Sì, nel senso che gli studenti ne escono tecnicamente più intelligenti dei loro predecessori che erano for- sieme. Lei sta pensando alla crema, ai Bellow, Mai- mati dai giornali. Ma sono anche più timidi, meno ler, Styron, Vonnegut e Cheever, che la guerra ha disposti ad abbracciare il mondo intero. E que sto tirato su, in un certo senso. Ma non sa quanti loro a causa della natura accademica della formazione. coetanei oggi sono dimenticati. Aspetti vent’anni e D’altro canto, i master di scrittura creativa sono di- vedrà quanti nomi di questa nostra epoca saranno ventati un modo di fi nanziare l’industria editoriale. ancora in circolazione.

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 6161 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 Mio marito Stoner. «Vi racconto chi era davvero John Williams»

Parla la vedova dell’autore del libro ormai considerato un classico mentre esce in Italia il suo romanzo ancora inedito «Nulla, solo la notte»

Antonello Guerrera, la Repubblica, 28 febbraio 2014

rrs_feb14.indds_feb14.indd 6262 111/03/20141/03/2014 009:01:319:01:31 La rassegna stampa di Oblique | febbraio 2014

Ma che destino bizzarro, quello di John Edward E poi? Williams. Fino a qualche anno fa era uno scrit- E poi è nato l’amore, durato oltre trent’anni. Ho tore in incognito, praticamente sconosciuto. Poi, solo bei ricordi di lui, davvero. Forse troppi. Riusci- grazie alla riabilitazione della New York Review of va a farmi ridere ogni giorno della mia vita. Books nel 2006 e ad abili strategie di marketing, il mondo ha scoperto la sua suadente e spietata nar- Addirittura? A leggere Stoner, storia di un anonimo e rativa. E il suo – bellissimo – Stoner (Fazi editore) triste professore, non si direbbe. è ora uffi cialmente un capolavoro della letteratura E invece sì. Aveva uno humour fulminante. Non ho americana. mai pensato, ma neanche per un istante, che John Incensato da giganti come Ian McEwan, Nick somigliasse a Stoner. Mio marito era molto più Hornby e Bret Easton Ellis, il romanzo è diven- mondano e meno passivo del suo personaggio. tato un clamoroso bestseller internazionale. Di lì, e anche in Italia, sono giunti a cascata gli altri Diffi cile da credere. titoli di Williams, come il romanzo storico Augu- Le dico che è così. John non avrebbe mai raccontato stus (Castelvecchi), la sconfi tta western Butcher’s se stesso nei suoi libri. Semplicemente perché la sua Crossing (Fazi). E adesso, sempre per Fazi, arriva persona lo annoiava. Certo, come lui, William Sto- in libreria il suo ultimo romanzo. Anzi, il primo. ner era nato in campagna ed era un professore uni- Si intitola Nulla, solo la notte. È un’opera aspra, versitario. E sicuramente all’inizio della sua carriera, umbratile, alcolica, ossessionata, ma aff ascinante, in un posto sperduto come era Denver, ha soff erto fi oca eco di Francis Scott Fitzgerald. Il protago- e ha provato una certa solitudine. Ma tutto il resto nista è il giovane Arthur Maxley, un mini dandy non converge. Anzi, mi diceva che il suo vero ro- californiano, asfi ssiato da un amore complicato, manzo autobiografi co fosse Augustus. da un padre a intermittenza, da una lancinante solitudine. E, soprattutto, da un Edipo colossale. Perché? Arthur viene abbagliato, in sogno o incubo, dai Perché ogni tanto amava immaginarsi nei panni di fl ashback, anche perversi, della sua amata madre. un imperatore. Un tormento, fi no alla fi ne. Fine che, come scopri- ranno i lettori, è poi l’incipit esistenziale di Stoner. Un «imperatore» che però, a parte un incidentale Natio- Nonostante conquisti sempre più adepti, comun- nal Book Award nel 1972 – tra l’altro proprio con Au- que, John Williams, morto nel 1994 a 71 anni in gustus – in vita è stato snobbato. una tenue indiff erenza, rimane una fi gura criptica, Ma lui non se ne lamentava mai. Da giovane aveva di cui si sa pochissimo. Così, a vent’anni dalla sua combattuto nella Seconda guerra mondiale, e, a dif- scomparsa, abbiamo raggiunto Nancy Gardner. ferenza di molti suoi compagni, era sopravvissuto. Quarta e ultima moglie dello scrittore, con cui ha Poi era riuscito a scappare dal contado del Texas, condiviso trentacinque anni della sua vita, Nancy noioso, arido e sfi ancante. Ma, nonostante tutto, era è una signora raffi nata ma modesta. Ha 85 anni, comunque diventato un professore stimato, con uno vive a Pueblo, in Colorado. Capelli lattei, indossa stipendio dignitoso, amato da amici e colleghi. Non degli occhiali timidi e intellettuali e ci racconta ha mai soff erto la fama sfuggitagli in vita. quel marito diventato famoso troppo tardi. E, mistero, ne viene fuori una persona molto diver- Ma, proprio per il successo che latitava, Williams non sa dai suoi personaggi, per certi versi ancora più ha mai pensato di abbandonare la letteratura? inaff errabile e enigmatica. «Ci siamo incontrati Ah, certo. Inizialmente, Stoner venne bocciato da nel 1959,» ricorda Nancy «quando io ero una sua ben sei editori. Dopo quella delusione, John ave- studentessa all’Università di Denver, in Texas». va deciso: «Smetto». E diceva sul serio. Questo mi

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rrs_feb14.indds_feb14.indd 6363 111/03/20141/03/2014 009:01:329:01:32 spaventò a morte. Ma poi arrivò la Viking Press, radio. E quando non c’era da volare, si annoiava mol- che decise di pubblicarlo. Poi venne Augustus. to nella sua base. Niente svago, solo giungla e una mangusta che lo andava a trovare ogni giorno. Così E poi Th e Sleep of Reason, il suo ultimo romanzo mai nacque Nulla, solo la notte. completato. Già. Anche per colpa dell’alcolismo. Lo aveva segnato molto la guerra? Assolutamente sì. Anche perché la morte lo sfi orò Beveva molto? più volte. Una volta l’aereo dove viaggiava venne ab- Sì. Per noi tutti, famiglia e amici, è stato molto diffi cile. battuto dai giapponesi: su otto persone dell’equipag- gio si salvarono soltanto tre, tra cui John. Da quel Che idee politiche aveva? momento, e per tutta la vita, ha provato il «rimorso Di centrosinistra. Ma la politica non gli interessava del sopravvissuto». Tanto che, dopo quell’episodio, molto. ha più volte sfi dato la morte nella giungla per recu- perare le medagliette dei compagni morti, affi nché Leggeva molto? le famiglie conoscessero il tragico destino dei loro Moltissimo. Amava soprattutto William Shake- caduti. In guerra, inoltre, contrasse la malaria e una speare, Th omas Hardy, W.B. Yates, Robert Penn malattia legata al tifo. Si salvò grazie ai sulfamidici, Warren. Pensi che da ragazzino, in Texas, vinse un una novità all’epoca. premio di una biblioteca vicino alla sua cittadina na- tale, Clarksville, per esser stato l’utente che aveva E le parlava della morte? consultato più libri in un anno. No, mai. A parte poco prima di andarsene, quando mi ha chiesto cosa avrei fatto in futuro. Io gli ho ri- E come scriveva Williams? Quali erano le sue abitudini? sposto che volevo restare a Fayetteville (in Arkansas, Era uno scrittore calmo, disciplinato, molto meto- dove è morto Williams, ndr). dico. Odiava rivedere, modifi care i suoi testi. In ge- nere, cominciava a scrivere al mattino presto, dopo Come in Stoner, anche in Nulla, solo la notte il rap- aver preso il caff è con me. Scriveva per tre, quattro porto del protagonista con le donne è molto complicato. ore, per produrre una pagina al giorno, a volte anche Cosa ha provato nel leggere Stoner? Ha mai pensato di tre. Poi, a sera, rientrava nel suo studio per altre due, essere una di quelle donne fredde e ciniche? tre ore a pianifi care la scrittura del giorno dopo. E No. Eravamo una bella coppia, altrimenti non sa- poi c’era l’orto. remmo stati insieme per così tanto tempo. E, da quello che ho visto io, John adorava le donne. Prima L’orto? che lo conoscessi, ha avuto sicuramente un periodo Sì, aveva un enorme orto tutto suo, di circa 120 me- diffi cile, anche di ambientamento. Ma lui era un ar- tri quadri. Quando aveva il «blocco dello scrittore», tista. E l’artista trasforma l’esperienza. andava lì e lo curava un po’. Amava il giardinaggio perché per lui era mindless, una cosa meccanica, sen- E che mi dice di sua madre, che nel romanzo è sogno e za sforzi mentali. incubo? Non parlava quasi mai di lei. Mi ha detto solo che Oggi arriva in Italia Nulla, solo la notte. Un libro era una gran lettrice e che aveva avuto una vita mol- scritto mentre Williams era in guerra con l’aviazione to diffi cile dopo la crisi del ’29. Ma, dopo tutto quel americana, in Birmania e India, tra 1942 e 1945. silenzio e la sua morte, ho capito. L’amava così tan- Si arruolò molto giovane, a vent’anni. Nella Secon- to da non riuscire a esprimersi. Era un amore troppo da guerra mondiale venne impiegato come operatore grande per le parole.

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