La Citta' E' Quieta… Ombre Parlano
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Carlo Cannella LA CITTA’ E’ QUIETA… OMBRE PARLANO IO 11 1977 13 GLI ALTRI 17 TELEBOYS 21 SHINO 27 IL FLUSSO ELETTRICO 37 L’OLTRAGGIO 43 NO GESTAPO 49 DICTATRISTA 55 BELLADONNA 63 UN RECORD MONDIALE 65 UN GRAZIE 67 MAXIMUM ROCK’N’ROLL 69 PREAVVISATI... MA NON PREMUNITI 73 ESTREMO ATTO D’AMORE 77 LA VOLGARITA’ DEL SUCCESSO 85 SULLE TRACCE DEI DICTATRISTA 87 STIGE 91 L’ULTIMA VOLTA AL VIRUS 95 GODDAM CHURCH 99 PEOPLE OF THE PIT 103 NO-FRILLS STYLE 107 LASCIA O RADDOPPIA? 113 UNITI NELL’ABBRACCIO 117 MACELLO 123 GLI ADDII 127 LA FINE DEGLI STIGE 131 AFFLUENTE 135 DONNA, PARA IL CULO! 139 AGNOSTIC FRONT 141 UFO DIKTATORZ 145 CAZZI MOSCI E ALTRE STORIE 149 SLAPSHOT 153 L’ANNO DEGLI AFFLUENTE 155 DALLA DREAM MACHINE A VERI SUONI DELLA LIBERTA’ 159 CIAO 169 Per contatti: Carlo Cannella - [email protected] Lasciate che vi presenti la mia stupida piccola band. E’ duro da capire. Suoniamo anche se sappiamo che non verrà nessuno. Accenderemo i nostri Marshall di seconda mano, stupidi piccoli amplificatori che paghiamo con i nostri stupidi piccoli lavori. Il tipo al bar dice che siamo ok, gli ricordiamo un po’ i Green Day, ma siamo una stupida piccola band e non c’è molto da dire. Forse ci vedremo un giorno in qualche locale vuoto, noi facciamo un disco all’anno che tanto nessuno ascolta. Ogni anno ci distruggiamo un po’. Ci sciogliamo quando il batterista ci lascia. Quando lo convinciamo a fare ancora un concerto, ci lascia il bassista e ci sciogliamo di nuovo. Non riusciamo ad essere normali e non sappiamo cosa fare delle nostre stupide piccole vite. Non abbiamo nulla da provare e meno male, perché siamo una stupida piccola band. Siamo sempre in giro. Smontiamo tutta la roba nel nostro stupido piccolo furgone, suoniamo qualche pezzo e poi la rimontiamo di nuovo. I nostri amici sono tutti occupati a farsi i soldi col punk rock. Loro incidono i dischi live all’Hollywood Bowl, noi attacchiamo i volantini ai pali del telefono. Nessuno capisce come facciamo a continuare a suonare, senza nessuno che ci venga a vedere. Ma noi tiriamo avanti suonando le nostre stupide piccole canzoni, perché siamo una stupida piccola band. Ecco, una stupida piccola band. Dumb Little Band, Stupida Piccola Band – THE MR T EXPERIENCE 9 IO Guardami. Sono una pozzanghera melmosa nella pancia di mia madre. Lei è una donna semplice e dai modi gentili. Sta cercando di rendersi degna di me. Esprime la sua felicità con gioiosi discorsi sul significato della maternità, dell’educazione, del sentirsi utili. In certi momenti pensa lucidamente che mi dedicherà la sua vita. Ma la creatura che porta in grembo è una canaglia, una testa di cazzo. Ha assunto una posizione obliqua nell’utero, forse per morire, forse per ucciderla. Allora la povera donna cerca conforto in prolungate lamentazioni, acuti sibili che scuotono l’aria e hanno il potere di stremarla. Mio padre non può aiutarla, non sa usare le parole. Ha ormai dimenticato le belle frasi che in gioventù hanno caratterizzato il suo periodo di mistica pazzia. Ma è pur sempre un cavatore di tempra forte. Ha mani ruvide, la pelle grinzosa come corteccia d’albero, gli occhi rossi irretiti dalla polvere. Per far coraggio alle donne gli restano i baci e il vino, e la mamma sceglie il vino. Si scola un mucchio di bottiglie, le conseguenze sono terribili. Animato da un furioso gorgoglio l’alcool raggiunge il mio cervello, alterandomi per sempre i meccanismi della ragione e dando forma a una creatura capace di fare cose orribili. Andiamo avanti. Adesso ho dieci anni. Sono un bimbetto malinconico, gracile e malaticcio, ossessionato dalle ombre e da oscuri presentimenti. Leggo i meravigliosi libri di Wilhelm Reich: Il coito e i sessi, Il tic come equivalente della masturbazione, tutta roba così, migliaia di fervide pagine scritte con le scintille negli occhi. La notte faccio degli strani sogni. La mia bocca s’appiccica alle cosce delle donne e ne succhia l’anima. Allora divento un essere mostruoso, con la pancia enorme e l’alito puzzolente. E c’è dell’altro: mani 11 tremanti, capelli scarruffati, mancanza di ogni esigenza, una predisposizione alla pigrizia che mi priva di forze. A volte mi sveglio con il sorriso sulle labbra, la mente un attimo sgombra dalle tecniche per il raggiungimento dell’orgasmo, come paralizzato da un insopprimibile desiderio di restarmene a poltrire sotto le coperte. Non voglio fare niente, non voglio pensare a niente. Desidero far esplodere i pensieri nel nulla, questo sì, dimenticarmi di me stesso per l’eternità. Ma è solo un istante, perché poi il respiro torna a farsi affannoso, l’aria irrespirabile. Ho perso le illusioni delle fiabe, questa è la verità. E la vita bisogna affrontarla con lo spirito di un condottiero antico, questa è un’altra verità, altrimenti si rischia di fare la stessa fine di tutti quegli sbandati che imperversano nelle strade urlando slogan contro gli imprenditori e la polizia, senza un’educazione, senza un briciolo di prospettiva storica, senza alcun rispetto per la convivenza civile. Eppure devo ammettere che ho un interesse chiaramente intellettuale per le dottrine libertarie e il rifiuto dell’autorità. 12 1977 Nel 1977 prendo coscienza del caos che sovrasta il mondo. Ho la buona abitudine di leggere i giornali, e davvero questo è un periodo in cui ne succedono di tutti i colori. Nell’aria dev’esserci qualcosa che fa salire il sangue al cervello, il mondo sembra un manicomio. Tanto per cominciare i giocatori di rugby hanno rinunciato all’etica della palla ovale e si prendono a morsi come cani. Poi c’è tutta questa gente che stampa fumetti pornografici, un mucchio di porcherie ispirate alle care fiabe dei nonni, Pinocchio, Biancaneve, quella roba lì. Perfino i televisori a colori sembrano animati da una volontà assassina, emettono radiazioni che possono causare forme tumorali della pelle e il rimbambimento cronico degli utenti. Se cerco di capire meglio quello che succede m’impantano nella politica. I radicali hanno presentato alla Camera una mozione sui beni della Chiesa. Alla vigilia del dibattito in aula “noi, e cioè il paese, il suo parlamento, il suo governo”, afferma Silvano Villari in un articolo sul Corriere della Sera, “ignoriamo totalmente la consistenza dei beni ecclesiastici sul nostro territorio, né conosciamo i meccanismi che hanno favorito la loro accumulazione. Nessuna seria indagine è stata mai fatta, né dagli organi dello Stato, né privatamente dagli studiosi: e come si potrà discutere di qualcosa che non si conosce?” Si intuisce però che possa essere imponente. Silvio Pergameno, magistrato alla corte dei conti, calcola che soltanto a Roma la “roba clericale” supera i cinquanta milioni di metri quadrati, un quarto della superficie della capitale. Anche le donne hanno alzato la cresta. Adesso possono esibire il seno in spiaggia, hanno perfino il diritto di abortire. Forse dovremo abituarci a tante cose nuove. A non strabuzzare gli occhi davanti alla minatrice impegnata nell’ultimo traforo alpino, alla siderurgica addetta al controllo di colata, alla tranviera che con il solito gesto di 13 stizza rimette al suo posto il trolley uscito dalla guida. E anche a considerare normale la figura del puericultore, del papà in permesso dall’ufficio per assistere il piccolino a letto con il morbillo. Le femministe esultano con le braccia al cielo, ci mancherebbe altro, loro vogliono rivoltare il mondo, ma poi succede che il mondo s’incazza. Non per niente un’indagine condotta in varie università denuncia un notevole aumento delle infezioni vaginali e vulvari tra le giovani studentesse, e non è mica un caso, perché i medici mettono in relazione queste alterazioni con l’uso della minigonna. Anche il fronte del lavoro comincia a ribollire. Gli imprenditori licenziano gli operai che aderiscono agli scioperi. L’astensione dal lavoro viene giudicata un’autentica ribellione, un ammutinamento non previsto dalle regole della buona educazione. I traditori, accantonati dal processo produttivo, diventano terroristi pronti a rivendicare con orgoglio i delitti più efferati. In nome di che? Della giustizia sociale, si capisce, della redistribuzione delle ricchezze e della lotta antimperialista. Ma qui sparano tutti. I brigatisti rossi, gli estremisti di destra, i collettivi autonomi studenteschi, gli adolescenti con manie di persecuzione, tutti quei professori che omettono di fornire un quadro organico di interpretazione della storia. I poliziotti no, quelli hanno le pistole per farsi belli agli occhi delle donne. A volte ammazzano qualche sovversivo anarchico, ma niente di così grave come invece si ostinano a far credere nelle “case del popolo”, un gesto di solidarietà verso il governo, niente di più. Anche ad Ascoli devi stare attento a dove metti i piedi. E’ un continuo mulinare di pugni nell’aria, agguati, sassaiole. Nei vicoli, nelle piazze, nelle scuole, dappertutto c’è chi si ostina a stringere nel pugno il frutto marcio della verità. Eccheccazzo. I giovani devono pur avere un nemico contro cui scaricare la loro aggressività, ma se mi limito ad elencare in una sintesi certamente imperfetta quello che si è detto su di loro negli ultimi otto mesi, allora sembra che nessuno abbia le idee chiare. In primavera sono “porci con le ali”. In estate salgono alla ribalta i sedicenni disimpegnati, realisti, senza utopie. A settembre, con la riapertura delle scuole, pare di assistere ai funerali 14 dell’attivismo giovanile: studiano, non fanno assemblee, disertano le manifestazioni. Poi basta una circolare “sbagliata” del ministro della pubblica istruzione e nelle università riprende il ’68 o quasi. In Inghilterra è diverso. Sembra che i giovani non siano molto interessati alla politica, ma soltanto ad imbottirsi di droga e a fare casino. Sono bacati nel cervello, e quel che è peggio non c’è modo di farli rinsavire.