Caramitti Buon-Ladrone 2017.Pdf

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Caramitti Buon-Ladrone 2017.Pdf SANCTORUM . SCRITTURE , PRATICHE , IMMAGINI 1 collana diretta da Alessandra Bartolomei Romagnoli, Tommaso Caliò, Luigi Canetti, Umberto Longo, Raimondo Michetti, Francesca Sbardella, Elena Zocca L’immaginario devoto tra mafie e antimafie Riti, culti e santi a cura di Tommaso Caliò e Lucia Ceci viella Copyright © 2017 - Viella s.r.l. Tutti i diritti riservati Prima edizione: febbraio 2017 ISBN 978-88-6728-516-7 viella libreria editrice via delle Alpi, 32 I-00198 ROMA tel. 06 84 17 758 fax 06 85 35 39 60 www.viella.it Indice TOMMA S O CALIÒ , LUCIA CECI Introduzione 9 PIETRO GRA ss O Come può un mafioso dichiararsi cristiano? 13 LUIGI CIOTTI Da don Sturzo a papa Francesco. La Chiesa di fronte alla questione mafiosa 17 MANOELA PATTI Compari di san Giovanni. Matrimoni e battesimi nella mafia dell’agro palermitano negli anni Venti 29 GIANLUCA FULVETTI Sicilia inizio anni Sessanta. I frati di Mazzarino, la mafia, la Chiesa 43 RO ss ELLA MERLINO «Papi, cupole e mandarini tardivi». Religiosità e identità nelle parole del boss Michele Greco 61 GIORGIO ADAMO Il rapporto tra gerarchie ecclesiastiche e devozione popolare in Calabria. Un resoconto etnografico e qualche considerazione 83 RO ss ANA BARCELLONA , TERE S A SARDELLA La festa di Sant’Agata tra devozione popolare, strumentalizzazioni criminali, ambiguità istituzionali e impegno civile (2008-2014) 99 6 L’immaginario devoto tra mafie e antimafie DE B ORAH PUCCIO -DEN Di sangue e d’inchiostro. Vincolo mafioso e religiosità 119 ERNE S TO DI RIENZO Ritualità, verbalità, simbolismo: note sugli archetipi iniziatici dell’affiliazione mafiosa 137 ALE ss ANDRA DINO Religione, mafie, Chiese: un rapporto controverso tra devozione e secolarizzazione 145 MARCELLO RAVVEDUTO Ritualità e immaginario civile del movimento antimafia 169 ANTONIO BAGLIO , VINCENZO SCHIRRIPA Santi laici e apostoli civili nel profondo Sud: le premesse dell’agiografia antimafia 195 CHARLOTTE MOGE Eroe, uomo, santo? Il paradosso della memoria di Giovanni Falcone 219 VALENTINA CICILIOT I martiri della lotta alla mafia nell’insegnamento di Giovanni Paolo II 233 MARIO TORCIVIA L’uccisione in odium fidei di don Puglisi 245 TAMARA COLACICCO Il clero napoletano tra collaborazione e lotta alla camorra 257 DAVIDE DAINE S E La “scomunica” ai mafiosi del 21 giugno 2014 tra filologia e storia 269 DIEGO GAVINI Mafia and Funerals. Representations, Stereotypes and Identity. The U.S. Case 287 Indice 7 MARIO CARAMITTI Il buon ladrone in salsa russa: gesti e riti che salvano l’anima 311 MA ss IMO DE GIU S EPPE Devozione nel Messico rivoluzionario tra banditismo, criminalità e movimenti di resistenza indigena 323 FA B RIZIO LORU ss O Dal Messico al mondo: il lungo viaggio della Santa Muerte 345 Summaries 365 TOMMA S O CALIÒ , LUCIA CECI Introduzione All’indomani dell’annuncio della beatificazione di don Pino Puglisi, il 30 giugno 2012, il giornalista Francesco Merlo sottolineava a ragione come tale decisione da parte della Chiesa di Roma fosse «il primo vero tentativo di contrapporre all’universo del mafioso devoto quello dell’antimafioso devoto. Ecco perché è stato ucciso: stava togliendo alla mafia la sua ragione sociale e cioè il territorio, i suoi miti, le sue processioni, i suoi santi, la sua religione».1 Marcare anche con un riconoscimento ecclesiastico il “martirio per mafia”, sanzionare gli stigmi che definiscono modelli di santità cattolica significa non solo ridisegnare il confine tra legalità e illegalità all’interno di una Chiesa che si è dimostrata nel tempo permeabile all’ideologia mafiosa, ma anche tentare di conquistare alle organizzazioni criminali porzioni di religiosità. Strappare i santi alla mafia. Il volume nasce dalla convinzione che l’immaginario devozionale cat- tolico rappresenti un terreno di scontro da parte di due realtà contrapposte: le organizzazioni criminali e il variegato mondo impegnato nella lotta alla mafia. Si tratta di soggetti che attingono a culture profondamente diverse e che, proprio per questo, mirano ad occupare una posizione egemonica an- che sul piano dell’immaginario devozionale, categoria volutamente gene- rica all’interno della quale si collocano le feste patronali, i rituali criminali, la promozione di modelli di santità, i battesimi, i funerali, le nuove cano- nizzazioni. D’altro canto, nella prospettiva qui proposta, l’immaginario de- vozionale si muove su un campo più vasto di quello strettamente canonico intrecciandosi con la formazione di modelli e riti di carattere civile.2 1. F. Merlo, I santi da strappare alla mafia, in «La Repubblica», 30 giugno 2012. 2. L’analisi delle intersezioni tra devozione cattolica e religione civile può ormai con- tare su una robusta mole di studi. Si rimanda, tra tutti, anche a E. Gentile, Le religioni della 10 Tommaso Caliò, Lucia Ceci Le due direttive possono sembrare arbitrariamente accostate. Da una parte la «mafia devota», per citare il fondamentale volume di Alessandra Dino, utilizza nei propri rituali immagini sacre, tappezza di santini i propri covi, controlla le feste patronali, impone inchini davanti alle case dei boss, consolida la propria rete criminale mediante battesimi e matrimoni.3 Sul crinale opposto l’antimafia celebra i propri martiri in sede religio- sa, produce letteratura agiografica, promuove processi di canonizzazione. Inoltre, in sede civile, sviluppa inediti rituali, organizza pellegrinaggi, crea spazi sacri all’interno di una tradizione che attinge stilemi alla narrativa resistenziale e prima ancora risorgimentale in una sovrapposizione tra la figura del santo martire e quella dell’eroe.4 Tali slittamenti, negli ultimi decenni, sono stati favoriti dal pur incer- to affermarsi, all’indomani della visita di Giovanni Paolo II in Sicilia nel maggio del 1993, della categoria del martire in odium iustitiae,5 ma anche, nel tornante degli anni Novanta, dalla incapacità delle istituzioni e dei me- dia di proporre virtù civili nettamente distinte dalla sfera religiosa.6 È sulla base dell’ipotesi qui riassunta che i testi raccolti in questo vo- lume acquistano unità tematica nonché, crediamo, un tratto essenziale di originalità che nasce dal confronto tra ambiti di ricerca rimasti, con poche eccezioni, ancora separati. Un ulteriore scenario di comparazione è offerto dall’avvio di un’analisi dei rapporti tra pratiche religiose e malavita orga- nizzata nelle realtà messicana, russa e statunitense. Si tratta di contributi elaborati da autori che vengono, nella maggior parte dei casi, da formazioni culturali diverse e utilizzano categorie inter- pretative non sempre uniformi: storici, agiografi, antropologi, sociologi, etnomusicologi. Essi dimostrano, nondimeno, una seria volontà di apertura interdisciplinare e di confronto, animata da una speciale miscela di interes- politica, Roma-Bari 2001; Shrines and Pilgrimage in the Modern World. New Itineraries into the Sacred, a cura di P.J. Margry, Amsterdam 2008; Faith without Borders. The Cu- rious Category of the Saint, a cura di F. Meltzer, J. Elsner, numero monografico di «Critical Inquiry», 35/3 (2009). 3. A. Dino, La mafia devota. Chiesa, religione, Cosa Nostra, Roma-Bari 2008. 4. Cfr. A.M. Banti, La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle ori- gini dell’Italia unita, Torino 2000, e T. Caliò, Ai confini dell’agiografia, in «Sanctorum», 8-9 (2011-2012), pp. 101-120. 5. Cfr. Martiri per la giustizia. Testimonianza cristiana fino all’effusione del sangue nella Sicilia di oggi, a cura di S. Barone, Caltanissetta-Roma 1994. 6. Cfr. G. De Luna, La repubblica del dolore. Le memorie di una Italia divisa, Milano 2011, pp. 175-182. Introduzione 11 si scientifici e passioni civili, nella convinzione che lo studio e l’insegna- mento delle scienze umane debbano ancora oggi conservare una funzione civile e politica. Di qui è nata anche l’esigenza di raccogliere nel volume l’indispensabile contributo di personalità fortemente impegnate nel con- trasto alle mafie. Siamo dunque particolarmente grati a don Luigi Ciotti, presidente di Libera e al presidente del Senato Pietro Grasso per avere tro- vato tempo e modo di contribuire a questo lavoro. Esso vede la luce anche grazie al finanziamento “Uncovering Excellence 2014”, bandito dall’Uni- versità di Roma Tor Vergata. PIETRO GRA ss O Come può un mafioso dichiararsi cristiano? Una volta posi a un collaboratore di giustizia che aveva confessato quasi un centinaio di omicidi questa domanda: «come può un mafioso dichiararsi cattolico osservante?». Mi rispose seraficamente: «Signor giu- dice, le giuro sulla testa dei miei figli: non ho mai ucciso nessuno per un mio interesse personale, sono stato sempre comandato». Giustificazioni di questo tipo fanno comprendere come un giuramento di appartenenza pos- sa trasformare un uomo in un automa privo di qualsiasi principio etico, in un soldato in perenne guerra contro una enorme quantità di nemici. Non v’è dubbio che il riconoscimento sociale di volgari assassini come persone di rispetto, di giustizia, d’onore si sia basato, in passato, sulla legittimazione concessa da una Chiesa che, rimasta in silenzio, ha rinunciato a denunciare la violenza della mafia, anche se l’insegnamento di Cristo ripudia la violenza. Perché la Chiesa rinunciò per lunghi decenni alla sua secolare funzione di indirizzo etico, celebrando per i mafiosi e le loro famiglie battesimi, cresime, matrimoni e funerali in pompa magna? Perché non ha usato nei loro confronti l’esecrazione aperta, la scomunica, l’emarginazione dalla comunità dei fedeli, nonostante calpestino quotidia- namente il diritto alla vita? A Palermo negli anni Sessanta, nel momento di maggiore coesione tra mafia, imprenditoria, amministrazione pubblica e politica, il cardinale Ruffi- ni, di fronte alla violenza omicida che riempiva le strade cittadine, continua- va a ripetere nelle sue pastorali che la mafia era una creazione dei comunisti, che la Sicilia non era solo mafia, e che più pericoloso di questa era il comu- nismo, recepito nel suo aspetto ideologico come negazione di Dio. È con il cardinale Pappalardo che comincia la denuncia ferma, aperta, della violenza mafiosa; è con lui che la Chiesa siciliana acquista quella di­ 14 Pietro Grasso gnità che in passato era stata mortificata da un atteggiamento di “complice prudenza”.
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