Morrissey Non Va in Tour a Dicembre Di Andrea
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“I know it's over and it never really began but in my heart it was so real...” (The Smiths – I Know It's Over) Intro: Morrissey non va in tour a Dicembre di Andrea Gratton Il 16 dicembre 1991 non è una data particolare per l'uomo Steven Patrick Morrissey. O meglio, non è una data particolare per il Morrissey cantante, ex frontman degli Smiths, icona degli anni ottanta, autore di alcune tra le canzoni più belle che il pop-rock ricordi. Il suo ultimo album ( Kill Uncle , uscito il 4 marzo dello stesso anno per la EMI) non è stato un successo e, a discapito di ciò che Morrissey ha sostenuto nelle diverse interviste promozionali, l'impressione generale è che quei “singoli estemporanei”, raccolti e raffazzonati in un LP, abbiano dato il la al “declino tra virgolette” di Morrissey. Declino che, con la sua strana ed arcinota mescola di sfacciataggine ed apatia, lo stesso cantante rubricava in questi termini: E comunque, chissà perché, gli articoli che mi riguardano, elogi o stroncature che siano, non sono mai noiosi. È sempre una lettura piacevole. 1 1 Morrissey, intervista a “New Musical Express”, 18 maggio 1991, in L'importanza di essere Morrissey (a cura di P. A. Woods), Milano, ISBN edizioni, 2010, p. 190. 1 Seminario Tondelli, Undicesima Edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 17 dicembre 2011. Intervento di Andrea Gratton: Morrisey non va in tour a dicembre . Reduce da un decennio di successi, prima con il gruppo mancuniano degli Smiths, poi come solista, grazie al sorprendente album di debutto Viva Hate , agli inizi degli anni '90 Morrissey sembra giunto al capolinea della sua vita artistica. Nessun tour in programma, poche idee per i lavori futuri, la possibilità di un nuovo esilio, americano questa volta, dopo quello (semi-obbligato) londinese. Il 1991 non è affatto un bell'anno per Moz. Il futuro, però, gli riserverà delle sorprese: una nuova vita musicale, una rinascita artistica, il ritorno (questa volta stabile) sulla cresta dell'onda. Questa, però, non è la storia che sto per raccontare. Per lo meno fino ai titoli di coda. Vivere, in fondo, è vivere di similitudini. Di metafore. Le esistenze, a volte, non sono nient'altro se non grandi metafore di loro stesse. «Le metafore sono una cosa pericolosa. Con le metafore è meglio non scherzare. Da una sola metafora può nascere l'amore.» 2. E gli amori non consumati sono certamente gli amori più grandi. Se si tratta di amori artistici, poi, la suggestione si fa superiore. Più che di un amore, però, questa è la storia di un'affinità elettiva zodiacale. Narrata sotto forma di metafora, tra libri, crolli nervosi e canzoni pop. 1. Ultimo domicilio: Mercurio «Quelli della Vergine forse sono un po’ così: un po’ malinconici, un po’ autunnali, solitari, pignoli, pessimi partner e ottimi singoli. Hanno una grande vita interiore che non necessita di mondanità per esprimersi. Nello stesso tempo forse sono fin troppo preda di umor nero, di attacchi di atrabile, insomma di malinconia.» 3. Chi parla così di se stesso è Pier Vittorio 2 M. Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere , Milano, Adelhi, 2007, p. 19. 3 Tondelli 2000, p. 33. 2 Seminario Tondelli, Undicesima Edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 17 dicembre 2011. Intervento di Andrea Gratton: Morrisey non va in tour a dicembre . Tondelli. Appassionato di oroscopi ed astrologia, lo scrittore di Correggio inserisce spesso queste tematiche tanto nelle sue opere (si pensi, ad esempio, ai Biglietti agli amici , in cui unisce i domicili dei pianeti alle tavole angeliche), quanto nelle sue considerazioni personali. Difficile immaginare, quindi, che Tondelli non avesse mai pensato a Mercurio, domicilio astrale del suo segno, ed alle caratteristiche che questo domicilio astrologico comporta. Molte fonti sottolineano come Mercurio in Vergine caratterizzi persone attente, logiche e razionali, che hanno sempre bisogno di conoscere tutto fin nei minimi particolari. La loro mente è ampia, concreta, critica, e dà loro grandi doti di osservazione e di analisi dei risultati, con una tendenza di fondo all'enciclopedismo. Caratteristiche rilevabili in tutta la produzione tondelliana e, in particolare, in quella saggistica e giornalistica; per la quale, a ragione, si può parlare di enciclopedismo. Cos'altro è, infatti, Un weekend postmoderno se non una profonda ed accurata enciclopedia (o Bibbia, che dir si voglia) degli anni '80? Un'eccezionale madeleine per chi quegli anni li ha vissuti in prima persona, ed un indispensabile compendio per chi (come il sottoscritto) è arrivato, anagraficamente parlando, con un decennio di ritardo. Proprio in Un weekend postmoderno , fedeli alla ricerca di quella “vita interiore che non necessita di mondanità per esprimersi”, troviamo la riproposizione di una delle prime e più complete dichiarazioni d'amore che, dalle pagine di Rockstar dove teneva la rubrica “Culture Club”, Tondelli aveva riservato ad un altro artista domiciliato in Mercurio: il sopracitato Morrissey - Moz, leader indiscusso degli Smiths: Il “bel tenebroso” continua a consolarci con la sua voce sensuale, strascicata e maledetta: l'unica un po' perversa che questi primi anni ottanta -obsoleti, invece, di falsetti e 3 Seminario Tondelli, Undicesima Edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 17 dicembre 2011. Intervento di Andrea Gratton: Morrisey non va in tour a dicembre . mezzeseghe- ci abbiano dato. 4 E ancora: A parte la piacevole arditezza delle proposte acustiche degli esordi […] il lato letterario è quello che avvince maggiormente negli Smiths. Un lato letterario che potrebbe lasciare anche perplessi (quel Morrissey fotografato sempre accanto alle stesse edizioni di Oscar Wilde: avrà letto solo quello?), ma che poi emerge dai testi prepotente e ben indirizzato. 5 L'articolo è del 1986 e, come possiamo notare, ciò che colpisce Tondelli non è solamente l'aspetto musicale e l'originalità tematica degli Smiths (per altro ben sottolineati ed evidenziati grazie al loro essere lontani «dalle scheccate di Freddie Mercury, dalla zuccherosità dei Bronski Beat, dalle baracconate Bowie-Iggy Pop, dalla tenebrosità dannata di Lou Reed, dagli inni Gay-Pride di Tom Robbins» 6), piuttosto la vena prettamente letteraria dei testi di Morrissey. Una vena che, se pur inizialmente mitigata dal dubbio amletico “avrà letto solo Oscar Wilde?” (in questa domanda Tondelli sottovalutava l'importanza iconoclastica e talismanica che le opere di Wilde hanno sempre assunto nel Morrissey- pensiero: «Mentre brancolavo nella tarda adolescenza ero piuttosto isolato e Oscar Wilde era diventato ancora più importante[...] Crescendo, l'adorazione aumenta. Non mi separo mai da lui. È quasi una Bibbia. Un rosario da portare sempre con sé» 7), finisce con rivelarsi intima e genuina, fino a spingere Tondelli ad accostarne i testi ai vari Joyce, Musil, Dylan Thomas, Sartre e Lee Masters, puntando soprattutto l'attenzione su un aspetto molto caro allo stesso scrittore correggese: 4 P.V. Tondelli, Un weekend postmoderno , in Opere vol. II (Cronache, saggi, conversazioni) , Milano, Bompiani, 2005, p. 327. 5 Ivi. 6 Ivi. 7 Morrissey, “Smash Hits”, 21 giugno – 4 luglio 1984, in L'importanza di essere Morrissey (a cura di P. A. Woods), Milano, ISBN edizioni, 2010, p. 23. 4 Seminario Tondelli, Undicesima Edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 17 dicembre 2011. Intervento di Andrea Gratton: Morrisey non va in tour a dicembre . quella stagione dell'adolescenza, e della prima giovinezza, avara di piacevolezze e ricca invece di difficoltà, di domande non risolte, di angosce, di struggimenti, di conflitti, di passioni, di intensità autodistruttive, di star male... 8 Tematiche che lo stesso Tondelli aveva trattato nel suo folgorante libro d'esordio, Altri Libertini , nel quale, similmente ai primi album degli Smiths, la novità era rappresentata non solamente dallo stile, bensì dall'aver dato voce ad una fauna di personaggi che non erano ancora riusciti a trovare spazio nelle pagine della letteratura italiana. Un po' ciò che successe a Morrissey con l'introduzione di nuovi argomenti e di un diverso tipo di impegno in quella che, fino ad allora, era pura musica da intrattenimento: la pop music degli anni '80: Troppe popstar non sono di buon esempio. I giovani hanno bisogno di figure di riferimento, per lo meno io, e la musica leggera è l'unica cosa che gli è rimasta. Non leggono libri, non credono ai film. C'è soltanto la musica, e molte popstar offrono modelli vuoti e inutili, oppure si accontentano di essere incomprensibili e misteriosi. Noi non saremo mai incomprensibili, non potremmo mai essere incomprensibili, perché nei miei testi uso un linguaggio essenziale. Parole semplici ma abbastanza forti, spero. 9 Inutile cercare di far passare sottotraccia le analogie tra Tondelli e Morrissey: l'importanza dell'artista come figura di riferimento e sprono (il progetto tondelliano degli Under-25, ed esempio), il valore del messaggio, l'uso di un linguaggio essenziale ma forte, il recupero di una dimensione “pop” (da non confondersi, però, con il significato che questo termine ha 8 P.V. Tondelli, Un weekend postmoderno , in Opere vol. II (Cronache, saggi, conversazioni) , Milano, Bompiani, 2005, p. 328. 9 Morrissey, “Hot press”, 4 maggio 1984, in L'importanza di essere Morrissey (a cura di P. A. Woods), Milano, ISBN edizioni, 2010, p. 46. 5 Seminario Tondelli, Undicesima Edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 17 dicembre 2011. Intervento di Andrea Gratton: Morrisey non va in tour a dicembre . assunto a partire dagli “anni zero”...) capace di arrivare a tutti e di veicolare quelle voci di cui sopra. Non può stupire, quindi, la capacità di Tondelli non solo di comprendere in maniera analitica i testi di Morrissey, quanto più di identificarsi con gli stessi, fino a dar loro una collocazione autonoma nella sua opera letteraria. L'articolo monografico sugli Smiths apparso su “Rockstar”, quindi, svolge ottimamente la prima funzione: quella che potremmo definire ermeneutica, divulgativa. L'aspetto più intimo e personale del rapporto con Morrissey, però, Tondelli lo riserva alle pagine narrative, con esiti del tutto inaspettati.