Pietro Braido, Per Una Storia Dell'educazione Giovanile Nell'oratorio
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ISTITUTO STORICO SALESIANO – ROMA STUDI – 30 ISTITUTO STORICO SALESIANO – ROMA STUDI – 30 Pietro Braido Per una storia dell’educazione giovanile nell’oratorio dell’Italia contemporanea L’esperienza salesiana Introduzione di PAOLO ALFIERI Revisione del testo a cura di STANISŁAW ZIMNIAK LAS – ROMA Il disegno sulla copertina è di don Thomas George Savari SDB. © 2018 by LAS - Libreria Ateneo Salesiano Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma ISBN 88-213-1320-2 Tipolito: Istituto Salesiano Pio XI - 00181 Roma - Via Umbertide, 11 Tel. 06.78.27.819 - 06.78.48.123 - E-mail: [email protected] Finito di stampare: giugno 2018 Tutta la terra è piena della tua gloria La gloria di Do è l’uomo vivente … Fa’ che io viva o Signore, fa’ che creda al potere del tuo amore! San Ireneo PREFAZIONE Don Bosco è stato, nel Novecento, un vero segno e portatore dell’amore di Dio per i giovani poveri ed abbandonati dell’Oratorio di Valdocco (Torino), per oltre quarant’anni. Il suo amore per i giovani era un amore potente e vivificante. Col passare degli anni il suo oratorio festivo divenne un modello di ciò che il suo vero cuore oratoriano poteva realizzare a favore dei giovani. Da ricercatore costante della volontà di Dio –i suoi sogni potrebbero essere interpretati come il risultato della sua “ossessione” di fare la volontà di Dio – seppe anche leggere i segni dei tempi. Di fatto, era aperto a tutto ciò che assicurasse il bene totale e non solo religioso e morale, dei giovani, ad maiorem dei gloriam. Quindi cercò di fare del suo oratorio un ambiente adatto a sviluppare tutti i loro talenti nascosti, di farli vivere felicemente su questa terra e renderli degni del cielo. Per don Bosco non c’era alcuna dicotomia tra i due aspetti. Lo stesso scopo del suo oratorio, come di tutte le sue altre imprese, era la formazione di buoni cristiani ed onesti cittadini, l’educazione integrale dei giovani. Dopo la morte di don Bosco, la Congregazione salesiana, preoccupata di essere fedele al fondatore, lo imitò in un modo piuttosto letterale e ripetitivo, ral- lentando così in qualche modo la sua creatività, che pure era la sua caratteristica più distintiva. Tuttavia, non mancarono sia “voci creative” che ritenevano impor- tante un’apertura positiva alla cultura contemporanea, sia dei “periodi creativi” nei quali i Salesiani si mostrarono pronti ad accogliere dal mondo “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode”, per raggiungere i propri obiettivi educativi. Ad esempio ai tempi del V Congresso Nazionale degli Oratori Festivi e delle Scuole di Religione (Torino, 17-18 maggio 1911), che riconobbe in don Bosco “il fondatore incontrastato” dell’oratorio festivo moderno con progetto di grande respiro “e non limitato ad un solo annuncio di un programma religioso e morale”, i Salesiani vennero incontro alle inedite esigenze dei giovani, impegnandosi a creare un ambiente oratoriano in cui essi potevano ricevere “una formazione socio-culturale abbastanza aggiornata, essere accompa- gnati nei loro percorsi di lavoro, trovare le opportunità di svago e di incontro con i loro coetanei per trascorrere in modo attivo il tempo libero”. Ciononostante c’erano sempre inviti alla cautela da parte del vertice della Congregazione che insisteva ad esempio sulla vigilanza nell’uso di cinema e stampa, mentre ribadiva la centralità delle pratiche di pietà e dell’istruzione religiosa. 6 Prefazione Il periodo di grande apertura al mondo dei giovani in continua evoluzione non durò a lungo e sarebbe cambiato soprattutto durante il primo conflitto mondiale e il dopo-guerra. Una certa mentalità di chiusura verso il mondo esterno si diffuse anche durante il ventennio fascista, quando la Congregazione tese a ripiegarsi su sé stessa, attenta a guardare più ad intra che ad extra, onde evitare il pericolo di “tradire l’eredità del fondatore”. La difficile situazione politica del momento e la necessità di non urtare la sensibilità dei governanti, con il rischio di compromettere le proprie opere ed il proprio metodo educativo, sembrarono giustificare tale op- zione. Va anche aggiunto a questo proposito che la canonizzazione di don Bosco nel 1934, che lo rese noto nella Chiesa universale come “il modello” da imitare nel- l’educazione cristiana dei giovani, favorì ulteriormente la legittimazione della ormai evidente tendenza di essere rigorosamente fedeli al Santo Fondatore. Anche durante la seconda guerra mondiale e dopo la guerra il Rettor mag- giore don Pietro Ricaldone continuò a parlare di una “pedagogia del Vangelo”, di cui don Bosco era stato un esemplare interprete nel suo essere “catechista nato” e addirittura “psicologo del tutto straordinario”: asserzioni che lo stesso don Braido considera una “sopravalutazione” attivistica di don Bosco. Si ripresenta così un ripiegamento dell’oratorio al suo interno, con la sua finalizzazione strettamente catechistico-religiosa e una sostanziale autoreferenzialità, pur in presenza di una società e di un mondo giovanile in forte cambiamento. Contemporaneamente si estese a tutta la Congregazione un forte invito a valorizzare la primigenia intui- zione educativa di don Bosco di trovarsi sempre in mezzo ai giovani. Una vera e propria svolta oratoriana avrà luogo solo con il Capitolo gene rale XIX del 1965 che si radunò nel “clima pentecostale” del Concilio Vaticano II ed avviò i lavori tenendo in mente l’invito di papa Paolo VI di lavorare nell’ottica di una “sagace aderenza dei tempi”. Il Capitolo generale lanciò un appello ad uti- lizzare con equilibrio, ma in modo più deciso rispetto al passato, “ogni apporto valido delle scienze pastorali, pedagogiche e sociologiche” e, in consonanza con i documenti sull’educazione del Concilio Vaticano II, a promuovere lo sviluppo integrale dei giovani, tenendo conto dei loro vissuti e delle loro necessità personali e sociali. Il nuovo Rettor maggiore, don Luigi Ricceri, riferendosi alla gioventù come “quarto stato nella società” puntò su decisi interventi socio-educativi nei confron- ti dei giovani oratoriani. L’oratorio, definito “la matrice, la sintesi, la cifra rias- suntiva delle geniali creazioni apostoliche di don Bosco”, ritornò prepotentemen- te ad essere luogo di integrale formazione educativa dei giovani. Tale visione dell’oratorio farà un ulteriore passo avanti con il Rettor mag- giore don Egidio Viganò il quale indicò l’elemento specifico della carità pastorale di don Bosco nel suo “cuore oratoriano” e nella sua “intelligenza pedagogica”. La svolta si ebbe soprattutto nel corso del Capitolo generale XXII del 1984 che rinnovò e promulgò le Costituzioni e i Regolamenti Generali della Società di San Francesco di Sales. Così da allora l’oratorio delle origini è considerato come Prefazione 7 modello apostolico di riferimento in tutti gli ambienti in cui i Salesiani si trovano a svolgere la loro missione. Con tale cambio di prospettiva si potrebbe dire che l’esigenza salesiana di essere fedeli a don Bosco era ritornata al suo punto di partenza: essere pienamente aperti alle diverse esigenze dei giovani in una società in evoluzione e di non limi- tarsi ad uno scopo puramente religioso-morale. In altre parole, un ritorno all’ap- proccio tipico di don Bosco il quale puntava ad una formazione integrale dei gio- vani. La fedeltà all’eredità da lui lasciata è stata la sfida che i Salesiani hanno af- frontato per quasi un secolo dopo la sua scomparsa. E don Pietro Braido, studioso salesiano noto per le sue pubblicazioni storiche e pedagogiche, ha tracciato, in modo eccellente, sulla base delle fonti disponibili, quelle a stampa, la storia di questo impegno dei Salesiani in ambito oratoriano. Il volume Per una storia del- l’educazione giovanile nell’oratorio dell’Italia contemporanea – l’esperienza salesiana, che raccoglie i saggi pubblicati su quattro numeri delle “Ricerche Sto- riche Salesiane” (RSS) negli anni 2005 e 2006, è un’altra prova della sua versati- lità accademica e della sua capacità di contestualizzare gli sviluppi particolarmente nei campi dell’educazione e pedagogia. La ricerca salesiana di don Braido è arricchita da un’introduzione ben artico- lata di Paolo Alfieri, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che la colloca nel contesto di una società e di una chiesa in Italia in forte evolu- zione nella prima metà del secolo XX, nella quale diverse ideologie gareggiano a conquistare “l’anima dei giovani”. Tuttavia, lo studio sulla politica seguita dalla Congregazione Salesiana al riguardo degli oratori salesiani in Italia condotta da don Braido –dalla morte di don Bosco agli anni postconciliari – non può essere considerato esaustivo. Una storia degli oratori, redatta con documenti ufficiali, con le fonti a stampa, va com- pletata prendendo in considerazione anche il vissuto oratoriano tanto degli educa- tori che degli educandi. E questo perché i contesti sincronici e diacronici sono stati evidentemente diversi lungo gli anni considerati e lungo l’intera penisola italiana. Vale a dire che vari direttori degli oratori, come ad esempio don Giuseppe Pavia a Torino, don Luigi Borghino a Sondrio, don Giuseppe Gangi a Caserta ed altri han- no goduto di spazi di libertà in cui potevano esercitare la loro creatività, pur nella fedeltà alle direttive dei superiori. Monografie locali, ben condotte, potranno con- tribuire ad arricchire la conoscenza del fenomeno oratoriano salesiano (ed eccle- siale in genere), che sembra essere trascurato anche dalla storiografia nazionale. Il presente volume è pubblicato dall’Istituto Storico Salesiano (ISS) come se- gno di affetto e stima per la persona di don Braido, suo primo direttore, deceduto all’età di 95 anni l’11 novembre 2014. Don Braido è stato associato all’Istituto Sto- rico Salesiano sin dai suoi inizi ed il decennio del suo direttorato (1982-1992), può essere considerato determinante per l’orientamento ed organizzazione strutturale dell’Istituto stesso. 8 Prefazione Congratulazioni sono dovute a don Francesco Motto, successore di don Braido come direttore dell’ISS per aver proposto e pianificato il volume, e a don Stanisław Zimniak, attuale segretario di coordinamento dell’ISS, per aver seguito il lavoro con meticolosa attenzione.