Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare
0.0.0 PREMESSA...... 3 0.1.0 IL QUADRO NORMATIIVO REGIIONALE: EVOLUZIIONE E PROSPETTIIVE ...... 3 0.2.0 IL PUC NELL’ATTUALE QUADRO NORMATIIVO REGIIONALE...... 5 CAPO I ANALISI E QUADRO CONOSCITIVO...... 7 A.0 – INQUADRAMENTO E GENERALIITÀ...... 7 A.0.1 Inquadramento territoriale – Analisi del contesto ...... 7 A.0.2 Sistema della mobilità ...... 8 A..0..2..1 - Liivellllo dii iinttegraziione con lle diiverse modalliittà dii ttrasportto urbano ...... 10 A..0..2..2 - Presttaziionii iinffrasttrutttturallii da garanttiire ...... 11 A.0.3 – Uso e assetto del territorio – Cenni storici...... 11 A.0.4 Patrimonio storico architettonico ...... 17 A.1 – QUADRO CONOSCIITIIVO NORMATIIVO ...... 25 A.1.1 Corredo urbanistico attuale ...... 25 A.1.2 Vincoli derivanti da norme ambientali – Vincoli beni culturali Rispetti Altri vincoli...... 26 A..1..2..1 - Viincollii paesiisttiicii œ ex 431//85...... 26 A..1..2..2 - Viincollii benii culltturallii...... 27 A..1..2..3 - Viincollii ambiienttallii...... 27 A..1..2..4 -Riispettttii...... 27 A..1..2..5 - Allttrii viincollii...... 27 A.2 – QUADRO CONOSCIITIIVO AMBIIENTALE...... 28 A.2.1 – Il Rischio sismico e geologico...... 28 A..2..1..1 œ Riischiio siismiico e cllassiiffiicaziione siismiica...... 28 A.2.2 – Autorità di Bacino – Piano di Bacino – Piani Stralcio ...... 31 Tav 1:: Piiano Sttrallciio Assetttto IIdrogeollogiico ...... 34 A.2.3 – Il Piano di Tutela delle Acque ...... 36 A.2.4 Rischio Alluvioni...... 37 A..2..4..1.. IIll Piiano dii Gesttiione dell Riischiio dii Alllluviione...... 37 A.2.5 – Progetto pilota torrente Salzola...... 41 A.3 PIIANIIFIICAZIIONE DII COORDIINAMENTO TERRIITORIIALE...... 44 A.3.1 Il Piano Territoriale Regionale (PTR)...... 44 A..3..1..1 - Gllii Ambiienttii IInsediiattiivii (AII) dell PTR...... 45 A..3..1..2 - II Siisttemii Terriittoriiallii dii Sviilluppo (STS) dell PTR...... 47 A..3..1..3 - II Campii Terriittoriiallii Compllessii (CTC) dell PTR...... 48 A..3..1..4 œ Le sttrattegiie dell PTR...... 50 A.3.2 Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) ...... 55 A..3..2..1 - Siisttema IInsediiattiivo e Sttoriico Culltturalle ...... 57 A..3..2..2 - Siisttema Natturalliisttiico e Ambiienttalle dellllo Spaziio Ruralle Apertto...... 62 A..3..2..3 - Rette Ecollogiica::Schema dii Assetttto Sttrattegiico œ Sttrutttturalle...... 63 A..3..2..4 - Aree agriicolle e fforesttallii dii iintteresse sttrattegiico ...... 65 A..3..2..5 - Siisttema delllla Mobiilliittà,, delllle IInffrasttrutttture e deii Serviizii alllla Produziione ...... 66 A..3..2..6 - IIll siisttema produttttiivo...... 67 A.3.3 PSR 2007 2013 ...... 69 A.4 ANALIISII DEII DATII DEMOGRAFIICII...... 74 A.4.1 Andamento demografico comunale...... 74 A.4.2 Distribuzione della popolazione sul territorio...... 75 A.4.3 Analisi della struttura familiare e andamento del numero di famiglie...... 76 A.5 SIISTEMA IINSEDIIATIIVO E PATRIIMONIIO ABIITATIIVO ...... 77 A.5.1 Distribuzione, dotazione e titolo di godimento delle abitazioni ...... 77 A.5.2 Abitazioni non occupate da residenti o vuote ...... 79 A.5.3 Rapporto Vani/Stanze...... 79 A.5.4 Abitazioni occupate da residenti: grado di utilizzo ...... 80
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A.6 CARTA UNIICA DEL TERRIITORIIO (VIINCOLII, TUTELE E VULNERABIILIITÀ)...... 81 CAPO II DOCUMENTO STRATEGICO...... 82 B.2.0 TRASFORMABIILIITÀ AMBIIENTALE ED IINSEDIIATIIVA ...... 85 B.2.1 La Carta della Trasformabilità ambientale e insediativa...... 85 B.2.2 Principi e criteri perequativi e compensativi ...... 87
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0.0.0 PREMESSA
0.1.0 IL QUADRO NORMATIIVO REGIIONALE: EVOLUZIIONE E PROSPETTIIVE Ad oltre ventidue anni dalla prima legge urbanistica regionale (la L.R. n.14/82), la Regione Campania nel 2004 ha rivisitato profondamente la disciplina di competenza, anche in conseguenza della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. La L.R. n.16/2004 (“Norme sul governo del territorio”) ha quindi visto un primo periodo di applicazione durante il quale, a fronte di principi e procedure fortemente innovativi, mancavano adeguate indicazioni di metodo e prassi. A tale carenza la Regione ha inteso rimediare, in un certo qual modo, con una serie di direttive e norme tecniche approvate con delibere di G.R. n.627/2005, n.635/2005 e n.834/2007. In particolare, con l’ultima delle predette delibere, assunta quasi tre anni dopo l’entrata in vigore della L.R. n.16/2004, venivano emanate le —Norme tecniche e direttive riguardanti gli elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, generale ed attuativa“. Tuttavia, dette disposizioni non hanno avuto “lunga vita”. Infatti, dopo le modifiche “minori” alla L.R. n.16/2004 introdotte dalle LL.RR. 15/2005, 1/2007 ed 1/2008, la Regione ha rivisitato in maniera decisamente più profonda il quadro normativo regionale in materia di “governo del territorio”, introducendo ulteriori e più sostanziali innovazioni con la L.R. n.1/2011. L’innovazione più incisiva alla L.R. n.16/2004 è stata sicuramente l’introduzione dell’art.43 bis, che rinvia ad un regolamento di attuazione la disciplina dei procedimenti di formazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica e di altri strumenti ed istituti connessi (accordi di programma, piani settoriali regionali, comparti edificatori, ecc…). Il Regolamento di Attuazione della L.R. n.16/2004 (R.R. n.5/2011) è stato quindi emanato il 4 agosto 2011 e pubblicato sul BURC n.53 dell’8 agosto 2011, ossia dopo quasi sette anni dalla promulgazione della legge originaria. Nel gennaio 2012, poi, l’AGC n.16 della Regione Campania ha rilasciato un —Manuale operativo del Regolamento“, contenente indicazioni di carattere operativo sull’applicazione delle norme procedimentali introdotte dal Regolamento, nell’intento di definire —un glossario condiviso tra gli operatori, che consenta alle Amministrazioni di esercitare la propria attività di pianificazione, adottando un linguaggio comune e omogenei parametri di riferimento“. Ciò malgrado, a tutt’oggi, a dieci anni dalla L.R. n.16/2004 e a tre anni dal Regolamento di attuazione, ancora non si è pervenuti ad una precisa ed univoca codificazione né sotto il profilo contenutistico, né sotto quello procedurale. Quanto innanzi si verifica principalmente in conseguenza delle incoerenze tuttora sussistenti tra la Legge e il Regolamento.
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In particolare, la prima stabilisce all’art.3, co.3, che —La pianificazione provinciale e comunale si attua mediante: a) disposizioni strutturali, con validità a tempo indeterminato …. b) disposizioni programmatiche tese a definire gli interventi … in archi temporali limitati, correlati alla programmazione finanziaria dei bilanci annuali e pluriennali delle amministrazioni interessate“, senza esplicitare in modo chiaro la struttura progettuale degli strumenti di pianificazione, diversamente dalle Leggi urbanistiche di altre Regioni che sanciscono in modo chiaro l’autonomia tra la parte strutturale e la parte programmatica, con le rispettive diverse valenze e procedure. Nel contempo, il Regolamento stabilisce all’art.9 che —Tutti i piani disciplinati dalla legge regionale n.16/2004 si compongono del piano strutturale, a tempo indeterminato, e del piano programmatico, a termine …“, riportando per ciascuno dei suddetti due “piani” una precisa e distinta definizione dei rispettivi contenuti. Quanto innanzi sembra sanare la lacunosità dell’art.3 della L.R. n.16/2004, chiarendo la distinta natura e portata del piano strutturale (disposizioni strutturali) e del piano programmatico (disposizioni programmatiche). Tuttavia all’art.3 lo stesso Regolamento disciplina il procedimento di formazione e pubblicazione dei piani senza accennare alla distinzione tra piano strutturale e piano programmatico di cui al succitato art.9, dando così adito a diverse interpretazioni che rinvigoriscono l’incertezza applicativa. Inoltre, l’art.25 della L.R. n.16/2004 definisce gli Atti di Programmazione degli Interventi (API) come una elaborazione autonoma e successiva al PUC (cfr. art.25, co.1: —…in conformità alle previsioni del Puc e senza modificarne i contenuti“), ancorché da approvare —… per la prima volta contestualmente all‘approvazione del Puc“ (cfr. art.25, co.7), assunto che gli comunque gli API (assimilati ai “programmi pluriennali di attuazione”) vanno coordinati con i bilanci pluriennali e con la programmazione triennale delle OO.PP. dei Comuni, assumendo quindi una portata temporale limitata. Nel mentre, l’art.9, co.7, del Regolamento prevede che —Il piano programmatico/operativo del PUC … contiene altresì gli atti di programmazione degli interventi di cui all‘articolo 25 della legge regionale n.16/2004“, cosicché non risulta chiaro come possa un PUC, se interpretato come strumento urbanistico unitario ed unico, contenere al suo interno un elemento (gli API) che, da un lato, ha una portata temporale limitata e verosimilmente ancora più ristretta di quella del —piano programmatico“ e, dall’altro, deve essere obbligatoriamente conforme allo stesso PUC che lo contiene, che diviene così al tempo stesso un piano a tempo indeterminato ma anche a tempo determinato, un piano flessibile ma anche immutabile se non con una defatigante procedura di variante. Le incertezze, come può evincersi da quanto finora illustrato, sono molte e ad oggi risultano aggravate dalla Ordinanza del TAR di Napoli depositata il 14/05/2014, che in merito alla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 43 bis della L.R. n.16/2004 (ai sensi del quale è stato emanato il Regolamento di Attuazione n.5/2011), sollevata dal Comune di Napoli, ha disposto l’immediata trasmissione degli atti alla
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Corte Costituzionale per le valutazioni di competenza. Si opera, pertanto, in un contesto di incertezza e finanche di palpabile precarietà, tanto è vero che la questione è già oggetto di dibattito tra la Regione e gli organismi professionali della materia. Ad ogni modo, ad oggi il processo di formazione del piano deve necessariamente seguire il modulo contenutistico e procedurale tuttora in vigore, come di seguito riepilogato con la sistematicità resa possibile dalle circostanze appena illustrate.
0.2.0 IL PUC NELL’ATTUALE QUADRO NORMATIIVO REGIIONALE L’attività di pianificazione urbanistica comunale (come anche quella provinciale), nel sistema delineato dalla L.R. n.16/2004 (Norme sul governo del territorio), si esplica mediante (cfr. art.3, comma 3): a) disposizioni strutturali, con validità a tempo indeterminato, tese a individuare le linee fondamentali della trasformazione a lungo termine del territorio, in considerazione dei valori naturali, ambientali e storico- culturali, dell‘esigenza di difesa del suolo, dei rischi derivanti da calamità naturali, dell‘articolazione delle reti infrastrutturali e dei sistemi di mobilità; b) disposizioni programmatiche, tese a definire gli interventi di trasformazione fisica e funzionale del territorio in archi temporali limitati, correlati alla programmazione finanziaria dei bilanci annuali e pluriennali delle amministrazioni interessate. Il —Regolamento di attuazione per il Governo del Territorio“ del 04.08.2011, n.5, pubblicato sul BURC n.53 del 08.08.2011, all’art.9 ha definito i termini di attuazione del succitato art.3, stabilendo che: —Tutti i piani disciplinati dalla legge regionale n.16/2004 si compongono del piano strutturale, a tempo indeterminato, e del piano programmatico, a termine, come previsto all‘articolo 3 della L.R. n.16/2004“.
Inoltre, il Regolamento n.5/2011 introduce lo strumento del PIIANO PRELIIMIINARE che, unitamente al
RAPPORTO AMBIIENTALE PRELIIMIINARE (cfr. Regolam. n.5/2011 art.2, co.4; art.3, co.1; art.7, co.2), costituisce la base di partenza per le attività di consultazione, condivisione e partecipazione che dovranno portare alla definizione di un quadro pianificatorio comunale “sostenibile” non solo sotto il profilo “ambientale”, ma anche sotto il profilo “sociale”. Il “Manuale operativo del Regolamento”, nell’intento di esplicitare le procedure di formazione degli strumenti di Governo del Territorio previsti dalla L.R.16/04, prevede che il Comune, in qualità di proponente, elabora il PIIANO PRELIIMIINARE del PUC, composto da indicazioni strutturali e da un documento strategico. Il Preliminare, insieme ad un “Rapporto Preliminare sui possibili effetti ambientali significativi dell’attuazione del PUC”, diventano quindi il “corpus” per l’avvio delle procedure contestuali di VAS e di Pianificazione, base per l’Auditing con le Associazioni e con i soggetti pubblici interessati e base per la consultazione con gli SCA (Soggetti con competenze ambientali). Alla luce di quanto esposto, il Piano Preliminare è un documento di ipotesi sul nuovo PUC, basato su un
RELAZIONE Pag. 5 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare quadro conoscitivo di prima approssimazione e contente un complesso di obiettivi strategici preliminari; un documento “informale”, non esaustivo né prescrittivo, fatto per suscitare la discussione intorno alle ipotesi in esso rappresentate. In altre parole, lo scopo del Piano Preliminare è di stimolare, sin dalle fasi iniziali della redazione del Piano, la partecipazione di cittadini, Enti ed organizzazioni affinché questi, quali soggetti che concretamente vivono e operano sul territorio, possano fornire informazioni e contributi utili a definire un quadro conoscitivo e programmatico condiviso per il territorio. Contemporaneamente, ulteriori contributi, in tal senso, potranno essere forniti dai soggetti con competenze ambientali (SCA) ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. . Pertanto appare evidente che, dopo la fase preliminare, il momento partecipativo e la consultazione degli SCA, il Piano Strutturale potrà avere contenuti anche sensibilmente diversi da quelli del Piano Preliminare.
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CAPO I ANALISI E QUADRO CONOSCITIVO
A.0 – INQUADRAMENTO E GENERALIITÀ
A.0.1 - Inquadramento territoriale œ Analisi del contesto Situata dai 276 ai 553 m. s.l.m.(con un’altitudine del centro abitato di 294 mt s.l.m.), di superficie territoriale pari a 8,53 kmq. in provincia di Avellino, e sviluppatasi intorno allo specus Martyrum (IV sec.) e al castello di Truppoaldo da cui prese il nome (X sec.), la città di Atripalda vanta una storia millenaria che affonda le sue radici nella città di Abellinum della quale cospicue testimonianze vengono alla luce in località Civita. Contigua al comune di Avellino, Atripalda dista dal centro del capoluogo di Provincia circa 4 Km e confina, inoltre, con i comuni di Aiello del Sabato, Avellino, Cesinali, Manocalzati, San Potito Ultra, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico. L’intero ambito territoriale di Atripalda si caratterizza per la presenza di importanti attrattori, tra i quali, oltre la città capoluogo di Avellino e l’importante svincolo autostradale di Avellino Est, si ricorda il polo industriale della zona A.S.I. di Pianodardine. Dal punto di vista morfologico, il territorio è caratterizzato da una conca pedemontana alle pendici del Monte Partenio, tanto da essere ricompresa nella Regione Agraria n.8 – Colline di Avellino. Il sistema insediativo comunale è costituito oltre che dal centro capoluogo, contiguo all’abitato di Avellino ed ai centri di Faenzera Pastenaca del Comune di Manocalzati e Macchie del Comune di San Potito Ultra, dalla località San Vincenzo, contigua al Centro Sabina del Comune di Aiello del Sabato ed al centro Cesinali del comune omonimo, e dalla Località Alvanite. Il campo rurale aperto è interessato da nuclei e aggregati prevalentemente residenziali sviluppati lungo la viabilità locale (strade provinciali), così come evidenziato anche dallo stesso documento preliminare del PTCP della Provincia di Avellino nella Carta della naturalità (tavola 1.1.1b) . Sotto il profilo ambientale naturalistico il territorio è caratterizzato dalla presenza di un articolato reticolo idrografico definito dal Fiume Sabato e dai torrenti Salzola e Fenestrelle, dalla presenza di numerose aree boscate e mosaici agricoli di grana minuta, a tratti in condizioni di notevole frammentazione ecologica per la presenza del reticolo infrastrutturale, di nuclei ed aggregati insediativi e di manufatti minori. Di particolare interesse risulta essere il Parco Pubblico. Ad ovest il territorio comunale si caratterizza per la predominanza di una copertura a boschi di latifoglie, per la presenza di terreni utilizzati a pascolo naturale o pascolo non utilizzato, nonché per sistemi colturali complessi. Sul declivio di una ridente collina con clima particolarmente asciutto e soleggiato si estende il verde lussureggiante del Parco di S. Gregorio Pietramara che domina tutta la valle del Sabato. Lassù, secondo un’antica tradizione, era presente un tempio romano, il leggendario Atrio di Pallade, da cui sarebbe derivato il nome di Atripalda, e tutt’ora, in zona Pietramara, si individuano i resti di un acquedotto
RELAZIONE Pag. 7 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare romano. Scipione Bellabona, nel ´600 parlò dell'esistenza di un bosco paludoso, "atra palus", e di un fiume che lo costeggiava, il Salzola. Al suo interno sono presenti quattro antiche case coloniche dirute ed alcuni pozzi per attingere l’acqua sorgiva, di cui uno particolarmente antico, ricoperto di edere e numerose liane, che testimoniano sia la straordinaria ricchezza di acque che la bellezza selvaggia dei luoghi. Le piante arboree più diffuse nel parco sono pino strobo, pino eccelsoe pino insigne, mentre accanto alle case coloniche si ritrovano alberi da frutto ed arbusti pregiati (mortelle); dovunque il terreno è ricoperto di edere e fragole di bosco. Indicatore Fonte Unità di misura Valore Superficie ISTAT Kmq 8,53 Pop. Residente (31.12.2013) ISTAT Ab 11.029 Densità (31.12.2013) Ab/Kmq 1.293 Altitudine del centro ISTAT m. 294 Altitudine minima ISTAT m. 276 Altitudine massima ISTAT m. 553
Il progetto di Piano, pertanto, non potrà prescindere da tali caratterizzazioni fondamentali del territorio, meglio dettagliate di seguito.
A.0.2 - Sistema della mobilità L’ambito territoriale così definito è servito da alcune importanti infrastrutture di comunicazione quali, in primis, il raccordo autostradale Avellino Salerno che assicura i collegamenti verso sud (Autostrada A3/ Napoli – Reggio Calabria) e che, in particolare, collega il capoluogo irpino con il polo universitario dell’Università di Salerno presso Fisciano, a pochi metri dall’uscita omonima del raccordo, ed il casello autostradale Avellino Est della A16/ Napoli Bari che garantisce i collegamenti tra il versante tirrenico e quello adriatico del paese, nonchè i collegamenti con le zone dell’Alta Irpinia dal lato orientale e col napoletano dal lato occidentale. Il territorio è inoltre servito dalla Circumvallazione Sud di Avellino o Variante, una sorta di tangenziale sud del capoluogo irpino, in comune con il tratto finale della SS7 bis che collega il casello di Avellino Ovest dell’A16 con la SS 7 presso il casello di Avellino Est dell’autostrada A16. Questa strada, in particolare nei momenti di festa cittadina o in occasione del mercato, offre un ottimo collegamento tra la zona periferica di Atripalda con l'altra parte della città, oltre che con l'autostrada. La S.P.24, detta anche Tufarole – Aiello, garantisce i collegamenti con i comuni contermini dell’area urbana meridionale di Avellino ed il collegamento con la Strada dei Due Principati S.S. 88 che collega Salerno, Avellino e Benevento terminando presso Morcone nell’area beneventana ed attraversando l’avellinese prima e la Valle dell’Irno poi per terminare a Salerno. la S.P. 162 collega Atripalda con il serinese, la S.P. 61 con Manocalzati, Montefalcione e la Strada
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Nazionale delle Puglie S.S. 7. Inoltre la città è servita dalla vicinissima stazione ferroviaria di Avellino, ai confini comunali, che la collega a Benevento e Salerno e la collegava alle aree dell’alta Irpinia attraverso la ormai disattivata storica ferrovia Avellino – Rocchetta Sant’Antonio. Numerosi sono anche i collegamenti della mobilità urbana che la collegano ad Avellino ed alla sua area urbana. Il Comune di Atripalda si inserisce, secondo la classificazione posta in essere nel PTR ex L.13/08, nel Campo Territoriale Complesso n. 4 Area Interprovinciale Caserta – Benevento Avellino, contesto territoriale che si colloca al centro della parte settentrionale del territorio regionale, in un’area intermedia tra le province di Benevento e di Avellino. I collegamenti stradali extraregionali che si dipartono da questo campo sono l’autostrada A16 (attraverso il raccordo “Castel del Lago Benevento” tra l’A16 e la tangenziale di Benevento), la SS 88 “dei due principati” e la SS 212 (direzione Molise), la SS 369 e la SS 90 bis “delle Puglie” (direzione Foggia). Le linee ferroviarie a servizio di quest’area sono cinque: la Cancello Benevento, la Caserta Benevento, la
Benevento Foggia, la Benevento Avellino e la Benevento Campobasso. Gli interventi infrastrutturali previsti consentono il perfezionamento del sistema della mobilità mediante la chiusura della maglia autostradale tra i capoluoghi di Provincia della Campania, il collegamento del territorio compreso tra Caserta e Benevento alle aree costiere ed alla rete autostradale nazionale e il miglioramento delle condizioni di accessibilità delle aree interne della provincia di Benevento e di Avellino.
Dette previsioni di interconnessione tra le aree interessate e le reti nazionali, incrociandosi con alcune componenti strutturali della rete ecologica e del sistema dei valori paesistici ed ambientali, dovranno
RELAZIONE Pag. 9 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare essere attuate attraverso interventi per i quali siano valutati con attenzione gli impatti in termini di sistema. A livello locale un intervento programmato è l’asse attrezzato Pianodardine – Valle Caudina, infrastruttura stradale volta a collegare gli agglomerati ASI di Pianodardine (Avellino) con quelli della Valle Caudina (Cervinara), nell’ambito delle aree industriali del Consorzio ASI della Provincia di Avellino. L’asse, attraversando territori a cavallo tra le province di Avellino e di Benevento alla base del Partenio, di grande valore agricolo (produzione vitivinicola di grande qualità, come ad es. le aree del Tufo) e paesaggistico, collegherà l’area di Pianodardine (Avellino) con il Comune di Airola, collegandosi poi con la Strada Fondovalle Isclero, passando per i comuni di Roccabascerana, S. Martino Valle Caudina e Cervinara.
A.0.2.1 Livello di integrazione con le diverse modalità di trasporto urbano La mobilità urbana all’interno del territorio comunale e con il centro di Avellino è garantita da diverse linee di autobus, che viaggiano verso il capoluogo. La mobilità ed il trasporto nel comune di Atripalda è per lo più caratterizzato dalla tipologia su gomma, l’asse di maggior interesse è la SS7 che segna i collegamenti con Lioni, verso sud, ed Ariano Irpino verso nord, oltreché con tutti gli altri vari comuni dell’Alta Irpinia. Altre forme di mobilità riguardano quella su rotaia, data la vicinanza e perciò, facilmente raggiungibile, la stazione della FS sita nel comune confinante di Avellino a ridosso del confine comunale con Atripalda. E’ da sottolineare, infine, che in seguito all’Accordo di Reciprocità è stato redatto il Piano Strategico di Avellino che prevede la realizzazione di un sistema di metropolitana leggera che collega tutto l’hinterland avellinese da ovest, Monteforte Irpino, ad est, Atripalda.
ACCORDO DI RECIPROCITÀ SISTEMA INTERCOMUNALE AVELLINESE TAV N.5 MOBILITÀ SOSTENIBILE DI PERSONE E MERCI
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A.0.2.2 Prestazioni infrastrutturali da garantire I collegamenti interni principali del tessuto urbano di Atripalda sono caratterizzati, in senso ovest – est, dall’asse di via Appia – via Roma che segna la dorsale strutturale del sistema della mobilità che attraversa poi lo stesso nucleo storico e continua sino al limite comunale con via Pianodardine, verso Manocalzati, e via Fiume che la interseca e definisce il lungo Sabato nella parte meridionale. Altro asse urbano di collegamento veloce in grado di bypassare il centro abitato è sicuramente la S.S. 7 bis Circumvallazione Sud di Avellino, di cui si prevede già nel P.T.C.P. di Avellino, per il tratto ricadente nel territorio di Atripalda, un adeguamento con sistemazione autostradale delle carreggiate. Su questo sistema della mobilità principale, al fine di garantire una maggiore percorribilità del tessuto urbano, con un effetto di decongestione, al contempo, del centro storico e dell’immediato ambito urbano, si è programmato di intervenire sia potenziando il sistema della mobilità esistente, con un ammodernamento della viabilità principale ed intercomunale, e sia valorizzando le risorse esistenti sul territorio, di tipo naturalistico e archeologico, con interventi di mobilità leggera lungo le aste fluviali del Fenestrelle e del Sabato, attraverso i resti dell’antica Abellinum, e con la previsione di piste ciclabili che coinvolgono i progetti della Rete Cy.Ron.Med.
Viia F..Tedesco Viia Atriipallda Viia Piianodardiine SS.7 bis
Via Roma
Via Appia
Via Fiume
A.0.3 œ Uso e assetto del territorio œ Cenni storici La storia di Atripalda è ricca di fascino, generosa di eventi eccezionali e di uomini leggendari. Fondata, secondo le ipotesi fantasiose di antichi scrittori, da Sabatio, pronipote di Noè, il quale avrebbe dato il nome di Sabathia al primo insediamento umano che trovò vita lungo la vasta fascia di terra bagnata, ieri come oggi, dal corso fluviale del “Sabato”, così denominato proprio in omaggio al discendente di Noè,
RELAZIONE Pag. 11 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare la primitiva città di Atripalda ospitò, sul pianoro tufaceo che da nord ovest domina l’attuale centro abitato, l’antica città irpino romana di Abellinum, localizzata presso la località Civita, dove insisteva l'insediamento hirpino, sulla riva sinistra del fiume Sabato, divenuta poi colonia romana per volontà di Silla nell’82 a.C., poco dopo le riforme agrarie promosse dai Gracchi. Dai reperti archeologici ritrovati in tale sito è possibile dedurre la presenza di un altro insediamento precedente, risalente fino all’età del Bronzo, popolato probabilmente dai Sabatini, considerati i grandi antenati degli Atripaldesi, ai quali successivamente si sostituirono gli Hirpini, tribù appartenente al popolo sannita. Successivamente alla sanquinosa battaglia di Aquilonia, che concluse le guerre sannitiche (343 292 a.C.), la città fu espugnata dai Romani che da allora, fino alla guerra sociale (91 89 a.C.), la inquadrarono come civita foederata, tenuta a prestazioni e tributi allo stato romano, ma dotata dei propri antichi ordinamenti e di ampia autonomia amministrativa. In seguito alla guerra sociale ed alla guerra civile tra Mario e Silla (86 82 a.C. ), vinta da Silla contrariamente allo schieramento irpino, il territorio fu organizzato secondo la forma delle colonie di Pompei, Nola, Abella ed Aeclanum. Ci fu così il definitivo insediamento della stirpe romana, formata prevalentemente da milites lassi, trapiantati da Silla tra le mura di Civita, che modificarono il territorio dal punto di vista etnico, culturale ed economico. Civita fu anche il rifugio di ex legionari dell'imperatore Augusto che, come racconta Plinio, sostenne l'annessione di Abellinum all'Apulia.
Abellinum
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In epoca successiva tra il 220 ed il 230 d.C. giunsero nell'antica città di Silla i veterani dell'imperatore Alessandro Severo provenienti dall'Asia Minore. In questo vorticoso avvicendamento di popoli e di tradizioni, non tutta la primitiva gente sabatina abbandonò la terra di origine: molti indigeni, nel corso dei decenni, furono inesorabilmente assorbiti dagli Abellinati dai quali appresero la lingua latina e con i quali conobbero momenti di splendore e di grandezza. La città romana si sovrappose e inglobò il preesistente centro urbano; il vasto pianoro tufaceo a forma quadrangolare fu cinto da poderose mure difensive ed il centro urbano fu impostato su una struttura geometrica e razionale. Attraversato da due strade maggiori (cardo e decumano) che lo suddividevano in quattro quadrati che s’incrociavano nella piazza del foro, quattro porte sorgevano allo sbocco di queste strade che uscivano dalla città e continuavano attraverso l’area suburbana dirigendosi rispettivamente a Nuceria, Beneventum e nell’alta valle del Calore. Crisi economiche (III e IV secolo d.C.), violenti terremoti (346 d.C.), disastrose eruzioni vulcaniche (476 d.C.), invasioni di territori nel corso della guerra tra Goti e Bizantini (535 555 d.C.) e la penetrazione sull'intero territorio della penisola dei Longobardi a partire dalla Pasqua del 568 d.C. spinsero fuori dalle mura di Abellinum la colonia romana che si trasferì laddove oggi sorge l’odierna Avellino.
Atripalda dal Medioevo al XIX sec.
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Mentre sulla sponda sinistra del Sabato l’Abellinum sillana si spense dopo secoli di vita intensamente vissuti, come testimoniano le scoperte archeologiche resti di sepolcreto, di anfiteatro, di edifici termali, di strade, sulla sponda opposta, il re longobardo Truppoaldo Racco, intorno all’anno Mille, riuscì ad ottenere il riconoscimento di autonomia per la popolazione sparsa nella zona, distaccandola amministrativamente dalla vicina Avellino longobarda, segnando, così la nascita di Tripalda. Il re edificò la sua fortezza e la chiesa di San Pietro in cima ad un’altura che sovrasta la cittadina irpina; dal castello scendeva una via pubblica che raggiungeva la chiesa paleocristiana di Sant’Ippolisto ove sorgerà un borgo murato, zona attualmente chiamata Capo La Torre; il principale nucleo intorno a cui si accorperà Atripalda sarà quello tra le chiese di Sant’Ippolisto Santa Maria – Archi. Atripalda nel corso degli anni, conobbe, oltre al dominio dei Longobardi, anche quello degli Svevi, Angioni, Aragonesi, Francesi, Spagnoli, Saraceni e Greci. Feudo dei Capece (Marino e Corrado nell'ottobre del 1254 guidarono re Manfredi nella sua fuga verso Lucera e lo ospitarono per una notte nel castello di Atripalda) e quindi degli Orsini e dei Monfort, la città registrò fin dal XIV sec. un notevole sviluppo economico che ne favorì l'espansione urbanistica e acuì i motivi di attrito con la vicina Avellino. Nell’epoca feudale la città della riva del Sabato, siamo nel 1502, divenne dominio della regina Giovanna d’Aragona, nipote del re spagnolo Ferdinando il Cattolico. A distanza di dieci anni fu ceduta per 25.000 ducati a don Alfonso Castriota, primo marchese di Atripalda dal 1513. Nel 1559 il “feudo Tripalda” fu acquistato per 60.200 ducati dal nobile finanziere genovese Giacomo Pallavicini Basadonna e fu proprio in quegli anni che i cittadini vollero una “strada dentro la terra” per imporre un pedaggio a quanti dai paesi limitrofi raggiungevano il capoluogo. Con il dominio dei Caracciolo, dal 1564 al 1806, epoca in cui venne abolita la feudalità, la cittadina irpina visse un periodo di grande splendore. Essi vi fissarono la propria dimora in un imponente palazzo, edificato verso la fine del XVI secolo al di sopra di Capo La Torre, del quale ancora oggi si ammirano le poderose strutture tardo rinascimentali e uno stupendo parco, e nel 1581, passando anche Avellino sotto il dominio dei Caracciolo, si andò esaurendo la vecchia rivalità tra le due città. Mentre nel 1585 la chiesa di S. Ippolisto, sorta sin dal XII sec. sullo specus Martyrum, si guadagnava la sospirata autonomia dal clero Avellinese, i Caracciolo, con una programmazione rivoluzionaria seppero incentivare le risorse dell’intera valle bagnata dal Sabato, dando particolare impulso alle attività economiche (potenziando la dogana e sviluppando le filande, la lavorazione del rame, della carta e soprattutto della lana, e l’industria del ferro) e alla vita culturale (sostenendo con illuminato mecenatismo l'Accademia degli Incerti). Tra la fine del XVI e il XVIII sec. la città assunse l'assetto urbanistico che avrebbe conservato fino alla seconda metà dell'ottocento: importante fu la costruzione, nella seconda metà del XVI sec., della nuova
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Regia strada delle Puglie, che potenziò la vocazione commerciale di Atripalda, e della strada Santa Maria; in particolare la strada S. Maria, dove si erge la omonima chiesa annessa al convento dei PP. Domenicani (XII XVIII sec.) si arricchì di palazzi gentilizi e al di la’ del fiume Sabato fu costruito il convento e la chiesa di S. Giovanni Battista (fine XVI sec.). Nel passaggio dal Regno di Napoli al Regno delle Due Sicilie anche la cittadina irpina fu inglobata nella suddivisione amministrativa del Principato Ultra. Nel corso del XIX sec. Atripalda si sviluppò oltre il fiume Sabato, sulla riva sinistra, verso il largo mercato, dove confluiscono le principali strade della città e dove, a partire dal 1885, fu edificata una nuova Dogana oggi adibita a museo, costituita da una grande sala centrale a padiglione, sorretta da una spettacolare struttura lignea di eccezionale ardimento e suggestione. Gravemente danneggiata dal sisma del 23 novembre 1980, la città di Atripalda ha registrato negli ultimi anni un notevole incremento demografico, e potenziato ulteriormente la sua antica vocazione commerciale, determinata sin dal passato dalla sua felice posizione geografica, quale punto di transito obbligato per il passaggio dal napoletano o salernitano verso l’alta Irpinia e la Puglia, e naturale, in quanto situata in una conca ricca di acque e vicina a vaste estensioni boschive. In tal modo poterono svilupparsi l’industria molinatoria, quella delle gualcherie e delle ferriere, le quali potevano usufruire sia di energia idraulica che di abbondante legna per alimentare le forge. Il mercato di Atripalda era ritenuto uno dei più importanti di tutto il Regno di Napoli (successivamente Regno delle Due Sicilie), grazie alla sfarinatura dei grani ed alla costruzione nella seconda metà del XVI secolo della nuova Regia strada delle Puglie. Complessi di notevole importanza per il rifornimento cerealicolo, furono infatti le dogane di Atripalda ed Avellino. Il grano, prima di essere caricato sui carri, veniva infatti sfarinato nella provincia avellinese, ed in particolare nei molti mulini posto lungo il Calore ed il Sabato. Nella sola Atripalda all’epoca erano in funzione 10 mulini. Un nuovo rilancio dello sviluppo urbano di Atripalda si registra a partire dagli anni ’60 dello scorso secolo. La struttura della cittadina in quegli anni appare simile agli inizi del Novecento, il centro urbano rivela l’antica organizzazione insediativa a nucleo, dalla quale protendono due principali direttrici di espansione: via Appia verso sud ovest e via Manfredi verso Pianodardine. Il grande polo di piazza Umberto I, il centro storico alla destra del Sabato e le suddette direttrici di espansione appaiono grosso modo intatte, non essendovi affiancati e sovrapposti all’antica struttura urbana edifici di nuova costruzione. Nel 1956 in comune viene dotato di Programma di Fabbricazione. A partire dagli anni ’70 si concretizza l’espansione urbana della cittadina, con la nascita di veri e propri quartieri e nuovi agglomerati, invece del previsto sviluppo lineare indicato nel citato Programma di Fabbricazione lungo le direttrici di via Appia e via Pianodardine. Il primo quartiere a svilupparsi fu quello compreso tra piazza Leopoldo Cassese, Cupa S.Nicola e via
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Maddalena, dove nel periodo che va dal 1963 al 1974 furono realizzati ben diciotto fabbricati. Poi c’è il quartiere in località Civita, dove furono costruiti nove fabbricati, bloccato nella sua espansione dal provvedimento di vincolo della Soprintendenza per i Beni Culturali, per i ritrovamenti archeologici nell’area dell’antica Abellinum. Nello stesso periodo nascevano i quartieri di via Circumvallazione e Via Appia. Per via Appia il P.d.F. prevedeva due distinte zone di sviluppo per abitazioni civili e insediamenti per piccola e media industria, una che andava fino al passaggio a livello comprendendo via Ferrovia e via Cesinali, e l’altra che comprendeva via Tufarole e contrada Novesoldi; essa sarà teatro, nel tempo, di diverse operazioni di fantasia burocratica che permetteranno l’edificazione del primo edificio di 6 piani, alto più di 21 mt. posto come limite dal Regolamento Edilizio, e la nascita di un intero quartiere per 90.000 mc. Anche il prolungamento di Via Fiume verso la piana di via Tiratore era una prospettiva di ampliamento del centro urbano, ma esso fu realizzato in maniera inopportuna, con una strada stretta e con tanti fabbricati posti in fila senza la creazione di spazi pubblici per parcheggi e verde. Parimenti in via Manfredi si attuerà la scelta inopportuna di ubicare due complessi di edilizia scolastica. Le zone di via Pianodardine, via S.Lorenzo, via Spineta e via Fellitto (quest’ultima area destinata a verde agricolo di rispetto secondo il Piano Regolatore della zona ASI) furono caratterizzate da una notevole edificazione. Anche il centro storico ottocentesco non fu salvo da interventi di trasformazione urbanistica, uno dei quali si attuò attraverso la realizzazione di un edificio ai piedi della collina di San Pasquale. La fame di alloggi di quegli anni, dovuta al boom economico, venne soddisfatta anche con la realizzazione del PEEP sui due lati di via Cesinali, già interessata dalla crescita del tessuto edilizio. Nasceranno anche nuclei semi rurali, come quello di contrada Novesoldi. Nel 1978 verrà avviata la redazione del Piano Regolatore Generale che, in linea generale, non prevedrà interventi espansivi, ma solo interventi di completamento di limitate aree già urbanizzate, quali, in particolare, contrada Spagnola e Novesoldi, e di riqualificazione del centro edificato consolidato. I caratteri ambientali del centro storico, già sviliti dal diffuso degrado dovuto alla sua emarginazione rispetto alle zone più vitali della città, sono stati successivamente compromessi dalla devastazione del terremoto del 1980 ed, ulteriormente, dalle successive demolizioni e ricostruzioni per niente tutelanti dei valori storico –architettonici preesistenti. Gli ultimi interventi di espansione urbana si avranno con l’approvazione dei Programmi di Edilizia Economica e Popolare in località Alvanite, per 303 alloggi e circa 1200 stanze e in via Cesinali, per la ricostruzione di alloggi fuori sito ex L. 219/81, per effetto della variante al P.R.G. adottata con delibera del C.C. del 1985, con l’approvazione dell’intervento dell’IACP per la realizzazione di ulteriori 100 alloggi in località Tiratore, per effetto di un’ulteriore variante al P.R.G. del 1986, e con l’approvazione di due ulteriori PEEP per la ricostruzione di alloggi fuori sito, uno in contrada Ischia e l’altro in contrada Spagnola, per
Pag. 16 RELAZIONE Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare effetto di un’ulteriore variante al P.R.G. degli anni ’90. Ma l’estensione urbana è evidente anche nelle zone rurali, con sensibili concentrazioni lungo alcune direttrici privilegiate, quali via Serino, a sud est, e via Tavernola Giacchi,a sud ovest; ad ovest, in particolare, si va addensando il nucleo esterno di contrada Novesoldi. Infine, con la rielaborazione del P.R.G. degli anni ’90, si recepiva, sostanzialmente, la situazione urbanistica creatasi e, con una ri disciplina dell’uso del territorio. Fonte: Mutascio Sabina - Lettura geografica del processo di con urbanizzazione œ ed. Il Papavero
Espansione post dopoguerra ad oggi
c/da Spagnola via Cesinali
via Tiratore via Appia
c/da Novesoldi c/da Alvanite
A.0.4 - Patrimonio storico-architettonico Alquanto cospicuo era, fino al sisma del 23 novembre 1980, il patrimonio storico artistico di Atripalda, nonostante il degrado e l'abbandono in cui, in genere, versava. Pesantissimo è stato, però, il bilancio del sisma, con la perdita dell'intero quartiere di Capo La Torre, dalla caratteristica struttura urbanistica medioevale. Fortunatamente una completa ed accurata documentazione dell'intero patrimonio artistico atripaldese era stata tuttavia compiuta, soltanto pochi mesi prima del terremoto, dal locale "Centro di studi storici", che ne aveva realizzato un prezioso documentario filmato. Abbastanza ricco e variegato è il patrimonio architettonico di interesse pubblico presente sul territorio, anche se non sono moltissime le testimonianze di tecniche costruttive tipicamente locali a causa della
RELAZIONE Pag. 17 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare ricostruzione post sisma del 1980 e dell’incremento demografico che si è avuto nell’ultimo cinquantennio, che ha portato Atripalda nella conurbazione della città di Avellino, inglobando nel tessuto consolidato e moderno anche edifici di pregio.
Parco Archeologico dell‘Antica Abellinum Tra le emergenze architettoniche troviamo i resti dell’antica città di Abellinum che occupano l’attuale pianoro della “Civita“, a nord ovest dell’odierna Atripalda, sulla riva sinistra del fiume Sabato. Prima della conquista romana la Valle del Sabato fu abitata dalla tribù sannitica degli Hirpini, cui doveva appartenere il gruppo degli Abellinates, identificati come gli abitanti di Abellinum in età sannitica. La collina della Civita ha restituito materiali votivi che possono far ipotizzare l’uso della collina come “area sacra”, fortificata da una cinta muraria di tipo sannitico, che attesta l’esistenza di un luogo di aggregazione degli Abellinates rispetto ai villaggi della valle. In età romana venne fondata la città vera e propria che nel toponimo conservò la sua discendenza sannitica. In età augustea la colonia visse il periodo del suo massimo splendore con la costruzione del complesso delle mura e degli edifici pubblici, quali l’anfiteatro e le terme, nonché la costruzione del grande acquedotto romano del Serino. Per l’età che segue scarse sono le informazioni sulla vita del centro: con il terremoto del 346 d.C. le condizioni di vita dell’antico centro divengono difficili, e con la guerra greco gotica (535 555 d.C.) si assiste ad un graduale abbandono sino alla conquista longobarda, a partire dalla fine del VI sec. d.C. Il perimetro urbano dell’antica Abellinum, la cui estensione è di circa 25 ettari, era delimitato da una cinta muraria di oltre due chilometri e mezzo, di cui restano significative rovine, risalenti al I secolo a.C. Nonostante la vastità e l'importanza di questo sito archeologico, soltanto nel 1962 63, dopo scavi e rinvenimenti occasionali, ci si rese conto della sua rilevanza, durante i lavori di costruzione dell'autostrada A16 Napoli Bari e della superstrada Avellino Salerno. I lavori, che tagliarono il centro abitato romano nel lato nord del perimetro urbano, portarono alla luce un cospicuo e ben
Abellinum conservato edificio pubblico di vaste dimensioni, nel quale fu rinvenuto uno splendido mosaico di età imperiale, oggi conservato presso il Museo Irpino. Nel 1967 68 scavi regolari vennero condotti nella “cupa della Maddalena", area della necropoli extraurbana, nel corso dei quali vennero scoperti alcuni mausolei funerari ed
Ruderi della basilica paleocristiana alcuni edifici attigui di culto.
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Già nel 1881, in quella stessa zona, durante i lavori per la costruzione della via per la stazione ferroviaria, era stata rinvenuta una singolarissima tomba a camera sotterranea in travertino in stile orientaleggiante, che fu studiata dall'insigne archeologo Antonio Sogliano. Successivamente rinterrata, oggi l'importantissima tomba a camera non è più visibile e se ne ignora la sorte. Convento di San Giovanni Battista
Destino addirittura peggiore è toccato ai monumenti funerari portati alla luce nel 1967 68, al cui loro posto oggi, inspiegabilmente, sorge un moderno edificio. L'area della cupa della Maddalena, cioè dell'antica necropoli extraurbana, che fiancheggiava la strada per Nuceria, è stata, infatti, quella della Civita più interessata da fenomeni di speculazione edilizia. Complesso religioso della SS. Annunziata
Tra il 1970 ed il 1972 sono stati edificati nell’ area archeologica, addirittura al di là delle mura urbiche della città romana, ben 11.200 mc. di costruzioni, che sarebbero divenuti molti di più se non fosse intervenuto, sia pur tardivamente, il vincolo della Soprintendenza per i beni archeologici. Integre si conservano, invece, le imponenti mura urbiche di
Abellinum sul lato sud est della cupa della Maddalena. Chiesa di Santo Ippolisto
La stessa Soprintendenza ha recentemente promosso degli scavi all'interno dell'area urbana di Abellinum, alle spalle del convento di San Pasquale. Cospicui sono stati i risultati di tali indagini, tra i quali ricordiamo la scoperta della più antica cerchia murata della città e di una villa patrizia di età repubblicana. Recenti scavi nei pressi della cinta muraria dell’antica Abellinum hanno messo in luce cospicui avanzi di un tronco del Fontis Augustei Aquaeductus, che provvedeva al rifornimento idrico di Abellinum e Beneventum e che utilizzava le sorgenti Urciuoli.
Tra i principali elementi presenti nell’area si può citare, Chiesa di Santa Maria del Carmelo all’interno della cinta muraria, sul lato est, l’area interessata dai complessi pubblici: il foro e le terme. Del complesso termale si conservano le tegole tubolari dell’ambiente caldo (calidarium) sul quale poggia la
RELAZIONE Pag. 19 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare ben nota “Torre degli Orefici”. Nella zona nord orientale della Civita è venuto alla luce un importante complesso residenziale delimitato da un decumano maggiore e da un cardo minore. La domus di tipo ellenistico pompeiano ha un ‘estensione di circa 2500 mq ed è appartenuta nel periodo iniziale dell’impero a Marcus Vipsanius primigenius, liberto di Vipsanio Agrippa, genero di Augusto, come attesta il ritrovamento di un sigillo di bronzo. Indagini archeologiche effettuate lungo via San Giovanniello, negli anni Ottanta, hanno portato all’individuazione di un nucleo paleocristiano con parte di una necropoli monumentale più antica, che ha restituito una fitta presenza di tombe disposte su più livelli di sepolture, tra le quali si concentrano, nello strato superiore, i seppellimenti dei cristiani. All’interno della necropoli lo scavo ha rilevato anche diversi avanzi monumentali che si sono configurati come parti di un grandioso edificio a pianta basilicale, con orientamento est ovest, riferibile, per l’impianto e la tipologia delle opere murarie, ai primi decenni del IV secolo d.C. I reperti provenienti da Abellinum (tra i quali singolari monete erotiche) sono oggi esposti al Museo Irpino del capoluogo e alla Dogana dei Grani di Atripalda. Moltissimo rimane ancora da fare per la scoperta, la valorizzazione e la salvaguardia del sito archeologico di Abellinum, che sicuramente può diventare un punto di riferimento turistico e culturale a livello regionale; all’uopo è anche da sottolineare una vicenda giudiziaria che coinvolge il parco archeologico di Abellinum, vicenda che tuttora non vede un epilogo e di cui si possono rimarcare gli ultimi passaggi che di seguito si riportano la sentenza del T.A.R. di Salerno n. 570/11 che, nel maggio 2011, riconsegnava i terreni di via Manfredi ai legittimi proprietari; il successivo sequestro preventivo dell’area archeologica disposto dalla Procura di Avellino per i danni procurati al patrimonio storico architettonico, con l’affidamento della stessa in custodia giudiziaria cautelare alla Soprintendenza per i beni archeologici di
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Avellino; in ultimo, la sospensione, da parte del TAR di Salerno, del decreto di esproprio per pubblica utilità con il quale il Comune di Atripalda sarebbe rientrato in possesso dell’area archeologica posta sotto sequestro. In conclusione è atteso un nuovo provvedimento che possa restituire definitivamente alla collettività questo importante patrimonio storico.
La Dogana dei Grani Realizzata nel 1883, la Dogana dei Grani ha segnato, nella storia Atripalda, lo spostamento del centro direzionale della città sulla sponda sinistra del Sabato. In questo modo l’edificio veniva a rappresentare la continuità dell’importanza di Atripalda nello smercio dei grani provenienti dalla Puglia durante il reame borbonico, simboleggiando la tradizionale dedizione al commercio degli Atripaldesi. All’inizio del ‘900, infatti, la popolazione dei territori circostanti era addirittura divenuta tributaria di Atripalda per quanto riguarda i mercati. Nel corso del tempo l’edificio è diventato contenitore delle più varie funzioni, senza mai trovare una definitiva collocazione nella struttura della città. Ormai trasformata in sede per convegni ed esposizioni la Dogana è diventata, senza dubbio, con il suo orologio, i pinnacoli e il tetto piramidale, il simbolo stesso della città. Nella Dogana è, inoltre, ospitato un antiquarium con i materiali di recupero dell'antica Abellinum, ed un centro di documentazione del beni architettonici e storici della provincia.
Il convento di San Giovanni Battista Oggi denominato di “San Pasquale”, per il culto che i Padri Alcantarini della Provincia di S. Pietro d'Alcantara di Napoli hanno saputo sviluppare verso il santo dell'Eucarestia S. Pasquale Bylon il convento, con l’annessa chiesa, sorge sulla collina sopra il paese, ed è accessibile da una delle due rampe di Piazza Umberto I. La sua costruzione inizia nel 1589 su iniziativa dell’Università di Atripalda e con l’apporto dei duchi Caracciolo, e, in un primo momento, fu destinato ai Padri Conventuali Riformati, frati che vivevano quasi da eremiti. Gran parte del complesso poggia su fondamenta di epoca romana, forse sulle rovine di un tempio pagano, distrutto verso la fine del paganesimo dai primi cristiani. Il 22 aprile 1593 fu deciso, da parte del Comune, l'ampliamento della fabbrica e l'acquisto dell'orto. Dal 1670, con decisione papale, il convento venne assegnato ai Frati Alcantarini Scalzi, la cui devozione verso San Pasquale finì per dare il nuovo nome. Dagli Alcantarini, nel 1689, fu costruito il refettorio. In seguito alle leggi eversive il 7 luglio 1866 la Chiesa, il Convento e il giardino, dal Demanio passarono al Comune e pochi frati vi rimasero per la ufficiatura della Chiesa; il restante Convento divenne Ospedale
RELAZIONE Pag. 21 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare civile e lazzaretto. L'8 maggio 1911 questo Convento passò alla Provincia dei Frati Minori di S. Maria delle Grazie di Benevento. Dal 1928 Padre Beniamino Aversano, già Ministro Provinciale, rilancia il francescanesimo in Atripalda con iniziative sociali e caritative come l’associazione francescana di beneficenza per i poveri e le missioni francescane Labor et Caritas. Nel 1962 il Padre Cherubino Martini completa la costruzione dell’ala conventuale che costeggia il giardino, per uno studentato per i giovani frati. Nel terribile terremoto del 13 novembre 1980 è la sola ala rimasta in piedi, mentre la chiesa ed il convento rovinano. Poi l’intero stabile, con i contributi dello Stato e la generosità dei cittadini viene ristrutturato. Oggi il Convento è sede della Gioventù Francescana di Campania e Basilicata. La chiesa, intitolata a San Giovanni Battista, completata nel 1593, era inizialmente in stile tardo gotico, ma nel 1700, dopo i rovinosi terremoti del 1688 e del 1694, è stata completamente trasformata, assumendo l'attuale stile neoclassico con una navata e sei cappelle laterali. Nel 1699 fu costruita l'abside della Chiesa che fu rinnovata completamente con il contributo della principessa di Avellino D. Antonia Spinola. Nel 1707 fu rifatto il pavimento della Chiesa e nel 1718 fu creata la parte più bella del Convento: le celle e il corridoio che sporgono sulla piazza principale del paese. La Chiesa fu consacrata il 6 ottobre 1850 dal vescovo francescano Mons. Giuseppe Maniscalco. Nel 1930 la chiesa viene abbellita nella volta con le pitture di Raffaele Palazzo Caracciolo Iodice; in precedenza, nel 1772, sulle pareti a lato dell'altare maggiore Vincenzo De Mita aveva dipinto le tele Ecce homo e Mater dolorosa, mentre sull'altare maggiore un San Giovanni Battista. Dello stesso periodo ma di autore sconosciuto sono le 14 tele della Via Crucis. Danneggiata gravemente dal sisma del 1980, il 17 maggio 1995, festa di San Pasquale, con solenne cerimonia presieduta da S.E. mons. Antonio Forte Vescovo di Avellino (francescano), la chiesa viene riaperta al culto. Palazzo Romano
L’attenta opera di restauro ha riportato all’antico splendore sia gli affreschi che le tele. Sugli altari delle cappelle laterali, si trovano le statue di San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio di Padova, San Pasquale Baylon, l’Immacolata Concezione, San Giovan Giuseppe della Croce e un quadro della Madonna di Pompei. Al lato destro dell’abside è stata creata la cappella del Crocifisso, per la preghiera personale, dove si trova Palazzo di Rito anche una recente statua lignea di San Giuseppe Moscati. Caratteristica è anche la cappella di Santa Chiara d’Assisi, alla quale si accede attraverso la sacrestia, che è al lato sinistro dell’abside.
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Il complesso religioso della SS. Annunziata Costituito dalla piccola chiesa, dall’aula del Capitolo, dai locali della Confraternita e dall’ex Ospedale dei poveri camminanti, il complesso religioso della SS. Annunziata sorge nel centro storico di Atripalda, a ridosso del quartiere di Capo la Torre. Le ipotesi sull’antica origine del sacro edificio sono confermate dal ritrovamento, nel corso dei lavori di scavo effettuati per il consolidamento delle fondazioni, di una stele funeraria romana. Il complesso dell’Annunziata, in effetti, è situato in un’area di grandi ritrovamenti archeologici della quale fa parte anche la Chiesa Madre di Atripalda intitolata a S.Ippolisto, e situata a poche centinaia di metri di distanza. L’importanza del sito è confermata anche da un’antica e diffusa tradizione orale che vuole che nella chiesa dell’Annunziata abbia officiato, fra la fine del V e l’inizio del VI secolo D.C., il vescovo Sabino, patrono con Sant’Ippolisto, della città di Atripalda. La presenza, inoltre,di un cimitero cristiano nell’area confermerebbe l’ipotesi di una origine medievale della chiesa. L’annesso “Hospitale dei poveri camminanti” è invece una istituzione caritatevole, risalente al XII secolo, nata dalla necessità di assicurare ricovero ed assistenza ai mendicanti e ai pellegrini diretti nei luoghi santi.
La chiesa di S. Ippolisto Le prime testimonianze storiche risalgono ad alcuni documenti del 1174. Il complesso fu edificato in epoca tardo paleocristiana nel cuore di Atripalda, con il riordino e l’ampliamento del cimitero cristiano, sorto sui resti di una necropoli romana. La chiesa si fonda sullo Specus Martyrum, oggi cripta della chiesa, il più importante esempio di arte paleocristiana di Atripalda, luogo, dove furono sepolti i martiri della città in seguito alla persecuzione di Diocleziano (304 312 d.C.). Infatti nella stessa catacomba e nella cappella del tesoro, sigillate in urne di bronzo dorate e busti, furono seppellite le reliquie di diciannove martiri cristiani, mentre i sepolcri di S. Ippolisto e di S. Sabino (e il suo diacono S. Romolo) si trovano in due cappelle distinte. Il complesso fu elevato a collegiata nel 1598. L’aspetto ottocentesco che si può ammirare oggi tuttavia, è dovuto ai lavori di restauro avvenuti nel 1852. A causa del terremoto del Novembre 1980, la chiesa è stata restaurata nuovamente nel corso degli anni. Un’ampia scalinata precede l’entrata della chiesa, che presenta una facciata in stile romanico a tre portali. Il portale centrale è inquadrato in mezzo a quattro lesene appena in rilievo sul resto della facciata; nella lunetta sovrastante si trova un affresco. Le due porte laterali sono un poco arretrate. Nella parte superiore della facciata si apre un finestrone contornato da due nicchie nelle quali sono allocate le statue in terracotta di S. Sabino e di S. Ippolisto.
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La pianta della chiesa è a croce latina a tre navate. I pilastri della navata centrale sono realizzati in blocchi di pietra calcarea squadrata. Rispetto all’impianto cinquecentesco, la pianta della chiesa presenta un'asimmetria alla presenza del campanile ubicato zona sinistra. Particolarmente rinomato è l’altare in stile barocco, alle cui spalle si trova il “Martirio di San Ippolisto”, un famoso quadro dipinto da Nicola Volpe. Altrettanto importante è l’affresco del XIII secolo il “Martirio del levita Romolo”. Sono presenti nella chiesa molti affreschi di Michele Ricciardi (1728).
La Chiesa Santa Maria del Carmelo Ubicata in prossimità del largo mercato, al di fuori della città medievale, la chiesa Santa Maria del Carmelo, ora sola ed unica navata, fu realizzata come sede di una frateria laica sin dalla metà del XVII secolo. Essa si presenta semplice nella struttura e sobria nelle decorazioni, adornata esclusivamente da lesene e divisa in due ordini sormontati da un timpano. Nell'ordine superiore si apre una semplice finestra vetrata che consente una fievole illuminazione interna. Affiancata da un campanile a pianta quadrata, anch'esso semplice nelle decorazioni La chiesa, nella sua forma attuale, fu completata nei primi anni del ‘700 e nell’aprile del 1717 fu solennemente aperta al culto. Abbellita con marmi e stucchi nel corso del XVIII secolo, dopo la ricostruzione del 1735 (a seguito del rovinoso terremoto del 1732), si arricchì di un dipinto collocato nel soffitto ligneo e di una pregevole statua di Santa Maria del Carmelo. Eretta a chiesa parrocchiale con decreto vescovile del marzo 1933, fu gravemente danneggiata dal sisma del 23 novembre 1980 e subì il crollo del campanile. Oggi è restituita alla Città, grazie ad un sobrio ed accurato restauro.
La Chiesa San Nicola da Talentino Ubicata presso il convento dei Padri Agostiniani che facevano parte della Congregazione di S. Giovanni a Carbonara, esistente nel territorio atripaldese sotto il nome di San Nicola dal Tolentino, e denominata chiesa di Santa Monica, la chiesa di San Nicola da Talentino è stata di fondata anteriormente al 1779. Dell’annesso convento agostiniano da tempo non avanzano quasi più tracce, e la sua area è oggi occupata dall’edificio delle scuole elementari. La chiesa, che risulta edificata su un antico tempio pagano, è stata gravemente danneggiata dal sisma del 23 Novembre 1980. Dopo il restauro è stata riaperto al culto il 19 Maggio 2010. La Chiesa, interamente in stucco, è composta da una sola navata ed ospita le statue della Vergine Maria, il Cristo del Venerdì Santo, San Nicola da Tolentino, Santa Monica e Santa Rita. Nell’assetto originario vi erano, oltre alla crociera, otto cappelle, e l’altare maggiore presentava un tabernacolo di legno indorato con chiave di ferro, col quadro della Madonna della Consolazione.
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Palazzo Caracciolo Costruito nelle prossimità dei ruderi del Castello Truppoaldo, Palazzo Caracciolo venne edificato intorno al 1564 dalla omonima famiglia feudataria di Atripalda per ospitare la loro vasta corte. L’edificio a pianta rettangolare, ancora integro nella purezza della sua severa linea tardo rinascimentale, si erge su due piani, il secondo dei quali caratterizzato da ampie balconate. All’impianto originario venne aggiunta una seconda porzione e poi una terza, di collegamento tra le prime due. Un vasto parco, arricchito di piante rare, fontane e giochi d'acqua impreziosisce sia il retro che il prospetto principale del palazzo. Il Palazzo, fatto restaurare nel 1787 dal principe Giovanni Caracciolo, venne saccheggiato nel 1799, venduto nel 1806 e dichiarato monumento nazionale il 30 aprile del 1912. Le condizioni dell'edificio sono letteralmente disastrose, essendo la struttura invasa dai rovi e, probabilmente, pericolante. Nel centro storico di Atripalda sono presenti altri due palazzi signorili particolarmente significativi: Palazzo Romano, ubicato a stretto ridosso della piazza centrale, praticamente alle spalle del monumento dei caduti ed a lato della dogana, in posizione nascosta, e preceduto da una piazzetta, e Palazzo di Rito.
A.1 – QUADRO CONOSCIITIIVO NORMATIIVO A.1.1 - Corredo urbanistico attuale La regolamentazione urbanistica dell’intero territorio comunale di Atripalda ad oggi è costituita dal Piano Regolatore Generale approvato con decreto del Presidente della Provincia di Avellino n.1 del 21/01/2002, in vigore dal 02/04/2002 (pubblicazione sul B.U.R.C. n.18 del 02/04/2002). Nel contempo il Comune di Atripalda fruisce di alcuni piani esecutivi, tra cui il Piano di Recupero. Allo stato, l’antecedente urbanistico dell’intero territorio di Atripalda è schematizzabile come segue:
−−− PEEP —ACHILLE GRANDI“ approvato con del.C.C. n.51 del 13.06.1994;
−−− PIANO ATTREZZATURE COMMERCIALI- STRUMENTO D‘INTERVENTO PER L‘APPARATO DISTRIBUTIVO (SIAD) adottato con Delib. di C.C. n. 22 del 07/04/1998;
−−− PIANO DI ZONIZZAZIONE ACUSTICA approvato con Delib. di C.C. n. 22 del 07/04/1998;
−−− REGOLAMENTO EDILIZIO approvato con decreto del Presidente della Provincia di Avellino n.15 del 22/10/2001. In vigore dal 29/10/2001 (pubblicazione sul B.U.R.C. n.57 del 29/10/2001); −−− PIANO REGOLATORE GENERALE approvato con decreto del Presidente della Provincia di Avellino n.1 del 21/01/2002. In vigore dal 02/04/2002 (pubblicazione sul B.U.R.C. n.18 del 02/04/2002);
−−− PIANO ESECUTIVO CONCORDATO VIA SAN LORENZO adottato con delibera C.C. n. 22 del 21/07/2004;
−−− PIANO ESECUTIVO CONCORDATO LOC.SPINETA (VIA PIANODARDINE, DITTA GRUPPO ARGENZIANO S.R.L.) adottato con delibera n. 45 del 16/12/2004;
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−−− PIANO DI EDILIZIA ECONOMICA PUBBLICA (CIA CESINALI) approvato con delibera C.C. n. 30 del 30/09/2010 pubblicato sul B.U.R.C. n. 17 del 21/03/2005;
−−− PIANO DI RECUPERO (RICOSTRUZIONE DI UN FABBRICATO AD INIZIATIVA DEI PRIVATI INTERESSATI) adottato con delibera di C.C. n.57 del 27/04/2007;
−−− PIANO DELLE ANTENNE (LOCALIZZAZIONE DELLE AREE PER INSTALLAZIONE DI IMPIANTI DI TELEFONIA MOBILE) adottato con delibera di C.C. n.36 del 26/11/2008;
−−− VARIANTE PEEP (VIA CESINALI) approvato con del.C.C. n.130 del 15/07/2009;
−−− PIANO DI INSEDIAMENTO PRODUTTIVO P.U.A. AVENTE VALORE DI PIP (INIZIATIVA PUBBLICA) VIA APPIA adottato con delibera n. 6 del 13/01/2010.
A.1.2 - Vincoli derivanti da norme ambientali œ Vincoli beni culturali - Rispetti - Altri vincoli
A.1.2.1 Vincoli paesistici – ex 431/85 Fascia di rispetto ai corsi d’acqua D. Lgs. n° 42 del 22/01/04 - —Codice dei beni culturali e del paesaggio“, art. 142, com. 1, lett. c), c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna. L.R. 14/82 e succ. mod. int. mt. 50 per i fiumi (a quota inferiore mt. 500 s.l.m. e mt. 25 a quota superiore) mt. 10 per i torrenti Obiettivo: tutela del sistema e paesaggio fluviale al fine di preservarlo da distruzione o modifiche che possano recare pregiudizio al valore paesaggistico.
Superfici boscate D.Lgs n° 42 del 22/01/04 - —Codice dei beni culturali e del paesaggio“ - art. 142, com. 1, lett. g) g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227. Obiettivo: tutela dei beni forestali anche attraverso il recupero alla forestazione di terreni nudi, cespugliati o comunque abbandonati e non utilizzabili per altre produzioni agricolo o zootecniche. Il vincolo è finalizzato alla tutela naturalistica, alla protezione idrogeologiche, di ricerca scientifica, di funzione climatica e turistico ricreativa, oltreché produttiva.
Usi civici D. Lgs. n° 42 del 22/01/04 - —Codice dei beni culturali e del paesaggio“, art. 142, com. 1, lett. h) h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici.
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Obiettivo: gli usi civici consistevano nei diritti spettanti ad una collettività organizzata ed insediata su un territorio di trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque e si inquadrava nell’ottica tipica di una economia di sussistenza. Con l’art. 142, lett. h, del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, le zone gravate da usi civici sono diventati beni paesaggistici
A.1.2.2 Vincoli beni culturali – Vincoli archeologici Immobili vincolati D. Lgs. n° 42 del 22/01/04 —Codice dei beni culturali e del paesaggio“, art.10 Obiettivo: tutela finalizzata alla conservazione del patrimonio storico artistico ed archeologico.
A.1.2.3 Vincoli ambientali Sorgenti D.Lgs. n.152 del 03.04.2006 - —Norme in materia ambientale“, art. 94 - Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano.
Obiettivo: protezione delle risorse idriche.
A.1.2.4 Rispetti Fascia di rispetto agli elettrodotti D.M. 29.05.2008 “Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti“ Obiettivo: salvaguardare la salubrità, l’igiene e la sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro. All’interno della fasce di rispetto, ai fini di prevenzione dall’inquinamento elettromagnetico, non è consentito alcuna destinazione di edifici ad uso residenziale, scolastico, sanitario ovvero ad uso che comporti una permanenza dell’uomo non inferiore a quattro ore.
A.1.2.5 Altri vincoli Aree percorse dal fuoco Legge n. 353 del 21/11/2000 - "Legge - quadro in materia di incendi boschivi" Obiettivo: conservazione del patrimonio silvo pastorale e comprende la prevenzione e la difesa dei boschi dagli incendi.
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A.2 – QUADRO CONOSCIITIIVO AMBIIENTALE
A.2.1 œ Il Rischio sismico e geologico
A.2.1.1 – Rischio sismico e classificazione sismica La sismicità indica la frequenza e la forza con cui si manifestano i terremoti, ed è una caratteristica fisica del territorio. Se conosciamo la frequenza e l’energia associate ai terremoti che caratterizzano un territorio, e attribuiamo un valore di probabilità al verificarsi di un evento sismico di una data magnitudo in un certo intervallo di tempo, possiamo definirne la pericolosità sismica. La pericolosità sismica sarà tanto più elevata quanto più probabile sarà il verificarsi di un terremoto di elevata magnitudo, a parità di intervallo di tempo considerato. Le conseguenze di un terremoto dipendono anche dalle caratteristiche di resistenza delle costruzioni alle azioni di una scossa sismica. La predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata si definisce vulnerabilità. Quanto più un edificio è vulnerabile (per tipologia, progettazione inadeguata, scadente qualità dei materiali e modalità di costruzione, scarsa manutenzione), tanto maggiori saranno le conseguenze. Infine, la maggiore o minore presenza di beni esposti al rischio, la possibilità cioè di subire un danno economico, ai beni culturali, la perdita di vite umane, è definita esposizione. Il rischio sismico, determinato dalla combinazione della pericolosità, della vulnerabilità e dell’esposizione, è la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e quantità dei beni esposti). . L’Italia, uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica, ha una pericolosità sismica medio alta (per frequenza e intensità dei fenomeni), una vulnerabilità molto elevata (per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) e un’esposizione altissima (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo). La nostra Penisola è dunque ad elevato rischio sismico, in termini di vittime, danni alle costruzioni e costi diretti e indiretti attesi a seguito di un terremoto. La pericolosità sismica, intesa in senso probabilistico, è lo scuotimento del suolo atteso in un dato sito con una certa probabilità di eccedenza in un dato intervallo di tempo, ovvero la probabilità che un certo valore di scuotimento si verifichi in un dato intervallo di tempo. Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche. Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa severità. I Decreti Ministeriali emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1981 ed il 1984 avevano classificato
Pag. 28 RELAZIONE Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare complessivamente 2.965 comuni italiani su di un totale di 8.102, che corrispondono al 45% della superficie del territorio nazionale, nel quale risiede il 40% della popolazione. Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo. A tal fine è stata pubblicata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003,(GU n.108 dell'8 maggio 2003), con la quale si avviava in Italia un processo per la stima della pericolosità sismica secondo dati, metodi, approcci aggiornati e condivisi e utilizzati a livello internazionale. Il provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (Decreto Legislativo n. 112 del 1998 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 "Testo Unico delle Norme per l’Edilizia”), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.
Zona 1 – E’ la zona più pericolosa. Possono verificarsi fortissimi terremoti Zona 2 – In questa zona possono verificarsi forti terremoti Zona 3 – In questa zona possono verificarsi forti terremoti ma rari Zona 4 – E’ la zona meno pericolosa. I terremoti sono rari Questa iniziativa ha portato alla realizzazione della Mappa di Pericolosità Sismica 2004 (MPS04) che descrive la pericolosità sismica attraverso il parametro dell'accelerazione massima attesa con una probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni su suolo rigido e pianeggiante, che è diventata ufficialmente la mappa di riferimento per il territorio nazionale con l'emanazione dell'Ordinanza PCM 3519/2006 (G.U. n.105 dell'11 maggio 2006). Il nuovo studio di pericolosità, allegato all’Ordinanza PCM n. 3519/2006, ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio, introducendo degli intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, da attribuire alle 4 zone sismiche. Suddivisione delle zone sismiche in relazione all‘accelerazione di picco su terreno rigido (OPCM 3519/06)
Accelerazione con probabilità di superamento Zona sismica pari al 10% in 50 anni (ag) 1 ag > 0.25 2 0.15 < ag ≤ 0.25 3 0.05 < ag ≤ 0.15 4 ag ≤ 0.05 A ciascuna zona o sottozone è attribuito un valore di pericolosità di base, espressa in termini di accelerazione massima su suolo rigido (ag).
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Tale valore di pericolosità di base non ha però influenza sulla progettazione. Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), infatti, hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascuna zona – e quindi territorio comunale – precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche. Dal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali. La classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane, pertanto, utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio civile, ecc.). Nel rispetto degli indirizzi e criteri stabiliti a livello nazionale, alcune Regioni hanno classificato il territorio nelle quattro zone proposte, altre Regioni hanno classificato diversamente il proprio territorio, ad esempio adottando solo tre zone (zona 1, 2 e 3) e introducendo, in alcuni casi, delle sottozone per meglio adattare le norme alle caratteristiche di sismicità. La Regione Campania, in base alla Delibera di G.R. n° 5447 del 07.11.2002, che approvava l’aggiornamento della classificazione sismica regionale, ha classificato i comuni campani, ritenuti tutti sismici, in tre zone: − zona di I categoria (di elevata sismicità) – 129 comuni; − zona di II categoria (di madia sismicità) – 360 comuni; − zona di III categoria (di bassa sismicità) – 62 comuni.
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Per la provincia di Avellino, il territorio di Atripalda, in riferimento all’aggiornamento della classificazione sismica di cui alla Delibera di G.R. n°5447 del 07/11/2002, rientra nella classificazione di II categoria, di media sismicità. Nel mentre, in riferimento alla mappa di pericolosità sismica di cui all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20/03/2003 e alla successiva Ordinanza del PCM n° 3519/2006, rientra in zona sismica 2 Zona con pericolosità sismica alta, dove possono verificarsi forti terremoti, con 0.15 < ag ≤ 0.25. Accelerazione con probabilità di Zona sismica superamento pari al 10% in 50 anni (ag) 1 ag >0.25 2 0.15 A.2.2 œ Autorità di Bacino œ Piano di Bacino œ Piani Stralcio Le Autorità di Bacino sono state istituite con La Legge 183/89 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”, con lo scopo di assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di un razionale sviluppo economico e sociale e la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi. A tal fine la Legge 183/89 ripartisce il territorio nazionale in Bacini Idrografici e definisce un nuovo strumento di pianificazione, il Piano di Bacino, la cui elaborazione è affidata a nuovi organi: le Autorità di Bacino Nazionali, Interregionali e Regionali, in grado di superare la frammentarietà delle competenze degli Enti esistenti (Ministeri dell’Ambiente, dei Lavori Pubblici, dei beni Ambientali e Culturali, nonché le Regioni interessate sullo stesso Bacino) ed assicurare il coordinamento di tutte le azioni sul territorio. Le finalità perseguite dalla pianificazione di bacino possono essere così riassunte: difesa, tutela, riqualificazione e governo delle risorse suolo ed acqua e del sistema ambientale connesso. Le funzioni svolte dalle strutture preposte alla pianificazione di bacino, le Autorità di Bacino, e da queste ultime assicurate, consistono nel perseguimento delle succitate finalità. Pertanto, la legge 183/89 identifica nel bacino idrografico l’unità territoriale di riferimento a cui applicare gli strumenti normativi previsti ed, in particolare, il Piano di Bacino, che ha valenza di piano territoriale di settore e coordinamento. Detto Piano, da realizzare per stralci funzionali, è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo, attraverso il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo, alla salvaguardia della qualità delle acque superficiali e sotterranee, all'approvvigionamento, uso e disinquinamento delle stesse, alla RELAZIONE Pag. 31 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare compatibilità ambientale dei sistemi produttivi, alla salvaguardia dell'ambiente naturale ed alla gestione delle risorse nel loro complesso, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato. La legge stabilisce espressamente che alle prescrizioni del Piano di Bacino devono essere adeguati i piani territoriali urbanistici ed i piani paesistici, nonché i piani di risanamento delle acque, i piani per lo smaltimento dei rifiuti, i piani di disinquinamento. Inoltre, le prescrizioni contenute nel Piano di Bacino hanno carattere immediatamente vincolante per le Amministrazioni e gli Enti pubblici, e per i soggetti privati. Data la complessità degli studi e delle analisi per una conoscenza esaustiva del territorio, in riferimento alle problematiche di difesa del suolo e di tutela delle acque, l'art. 12 della Legge 4 dicembre 1993, n. 493, integrando l'art. 17 della L. 183/1989, ha previsto la possibilità di redazione di Piani Stralcio relativi a settori funzionali interrelati rispetto ai contenuti del Piano di Bacino, in grado di coprire i diversi e complessi aspetti della difesa del suolo e della tutela delle acque. Attraverso la Pianificazione di Bacino (Piano di Bacino e Piani Stralcio), l’Autorità di Bacino mira al conseguimento di un duplice obiettivo: - il raggiungimento di un alto valore del “rapporto sicurezza/rischio” nell’ambito di una zonazione territoriale; - l’individuazione degli interventi strutturali e non strutturali. Nel caso specifico, tra le sei Autorità di Bacino Nazionali istituite secondo la Legge183/89 l’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri Garigliano e Volturno è l’Autorità competente per il territorio di Atripalda. L’Autorità si estende per 11.484 kmq (Bacino Liri – Garigliano 5.142 Kmq. e Bacino Volturno 6.342 kmq.), interessando, con un complesso di ben 31 sottobacini idrografici (14 del Bacino Liri – Garigliano e 17 del Bacino Volturno) 4 regioni (Abruzzo,Campania, Lazio, Molise e Puglia), 11 Province (L’Aquila, Benevento, Caserta, Avellino, Salerno, Frosinone, Latina, Roma, Isernia, Campobasso e Foggia), e 450 Comuni di cui 10 appartenenti ad entrambi i Bacini (168 comuni del Bacino Liri – Garigliano e 292 del Bacino Volturno), di cui 37 in Abruzzo, 239 in Campania, 124 nel Lazio, 46 nel Molise e 4 in Puglia. Nel caso di detta Autorità, il Piano di Bacino si articola nei Piani Stralcio di seguito elencati: • Piano Stralcio per l‘Assetto Idrogeologico œ Rischio Idraulico / Difesa dalle Alluvioni (PSAI-Ri); • Piano Stralcio per l‘Assetto Idrogeologico œ Rischio Frana / Difesa Aree in Frana (PSAI-Rf); • Piano Stralcio per il Governo della Risorsa Idrica Superficiale e Sotterranea; • Piano Stralcio per la Tutela Ambientale œ Conservazione zone umide - area pilota Le Mortine (PSTA); • Documento d‘indirizzo ed orientamento per la Pianificazione e la Programmazione della Tutela Ambientale (DIOPPTA); • Piano Stralcio di Erosione Costiera. Pag. 32 RELAZIONE Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare In sede di redazione del PUC di Atripalda sarà di fondamentale importanza il riferimento al Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico – Rischio Frana (PSAI Rf), e ai fenomeni di instabilità classificati dall’Autorità; inoltre l’attività di trasformazione del territorio, che si opererà attraverso le scelte programmatiche del PUC, sarà inevitabilmente rivolta alla “salvaguardia della dinamica evolutiva del contesto fisico naturale ed antropico improntata ad un appropriato uso del territorio”, e ciò in relazione agli indirizzi di tutela ambientale individuati dal DIOPPTA, Documento che, intendendo integrare le politiche attive già poste in essere dall’Autorità con il Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (PSAI Rischio frane Rischio idraulico) e con il Piano Stralcio Protezione della Risorsa Idrica sotterranea e superficiale (quantità e qualità della risorsa acqua), valutando le interazioni più ampie tra le risorse con il sistema ambientale ed antropico, anche in rapporto ai fattori climatici, biochimici, geopedologici, agro forestali e paesaggistici, al fine di considerare olisticamente il complesso ecosistema del bacino idrografico, tiene conto sia della normativa nazionale e sia delle direttive comunitarie in materia di salvaguardia delle risorse naturali. In particolare, la Carta del Piano Stralcio per l‘Assetto Idrogeologico - Rischio Frana (PSAI-Rf), classifica all’interno del territorio di Atriipallda aree A2 ed R2, nonché limitati e puntuali caratterizzazioni di aree A4 ed R3; in particolare si possono osservare: − “Aree a Rischio Elevato-R3”, a nord est del territorio comunale, a confine con San Potito, dove per il livello di rischio presente, sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione della funzionalità delle attività socio economiche e danni rilevanti al patrimonio naturale, così come definito nelle NTA del PSAI. − ”Aree a Rischio Medio-R2“, in varie aree a est del territorio comunale non antropizzato, nelle quali per il livello del rischio presente sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che però non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità e la funzionalità delle attività economiche. Gli interventi ammessi nelle suddette aree sono quelli previsti dal Piano di Bacino e, qualora dovessero sussistere incoerenze tra le previsioni grafiche e normative del PUC e le previsioni del PSAI Rf citato, prevalgono le disposizioni di quest’ultimo. Nella redazione del PUC si dovrà tener conto, pertanto, delle disposizioni di cui al TITOLO II – norme d‘uso del suolo: divieti e prescrizioni: art. 6 (per le Aree classificate R3) e art. 8 (per le aree classificate R2) della normativa d‘attuazione allegata al predetto Piano Stralcio, laddove si richiamano le prescrizioni previste nel D.M.LL.PP. del 11/03/1988 pubblicato sul Supplemento ordinario n°47 della G.U.R.I. n°127 del 01/06/88, e nella Circolare LL.PP. n°3483 del 24/09/88 e successive norme ed istruzioni. RELAZIONE Pag. 33 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare Tav 1: Piano Stralcio Assetto Idrogeologico Pag. 34 RELAZIONE Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare Con riferimento al DIOPPTA, Documento che ha, invece, un carattere di orientamento ed indirizzo non direttamente prescrittivo per la pianificazione ambientale, non definendo, infatti, norme attuative di disciplina d’uso del suolo cui attenersi, ma costituendo un utile —strumento di lettura, interpretazione, attenzione, pianificazione e gestione dell‘ambiente cui riferirsi nell‘attività ordinaria dell‘Autorità e degli altri Enti Territoriali“ al fine di perseguire un uso del territorio ambientalmente più sostenibile, il territorio comunale di Atripalda risulta caratterizzato da un Sistema collinare il cui obiettivo è “Curare la biodiversità”. Sono presenti in tale sistema Ambiti di intervento di riqualificazione urbana per la regolamentazione del rapporto costruito/spazio aperto in funzione della salvaguardia della risorsa acqua e suolo ed Ambiti di intervento di ricostruzione, tutela e valorizzazione dei corridoi longitudinali fluviali; tanto si evince dalla tavola “C2.V- Progetto della Rete Ambientale del Bacino” del DIOPPTA. Al fine di salvaguardare e valorizzare il sistema ambientale – territoriale di riferimento, tenuto conto delle potenzialità e delle criticità del territorio, ne deriva che tra le principali azioni di salvaguardia, tutela e riqualificazione previste dal Piano Urbanistico vi saranno quelle di seguito riportate: - la cura della biodiversità; - il riequilibrio idrogeologico; - il ripristino ambientale; - il recupero dell‘urbanizzato; - la creazione di presidi di valorizzazione dell‘identità, per la tutela delle risorse e la cura del paesaggio; - ricostruzione della qualità; - il ripristino della biodiversità; - il riequilibrio idrogeologico; - la riqualificazione e il risanamento dell‘urbanizzato; - la tutela delle risorse; - la ricomposizione del paesaggio degradato per la salvaguardia degli spazi rurali; - l‘incentivazione di sviluppi sostenibili; - la riqualificazione dei suoli; - la gestione corretta delle attività antropiche; - la realizzazione di aree verdi. RELAZIONE Pag. 35 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare A.2.3 œ Il Piano di Tutela delle Acque Il Piano di Tutela delle Acque, introdotto dal D.Lgs. 11/05/1999, n.152 Titolo IV artt. 42, 43, 44, costituisce un ulteriore piano stralcio di settore del piano di bacino, ai sensi dell'articolo 17, comma 6 ter, della legge l8 maggio 1989, n. 183, ed è lo strumento di programmazione regionale, soggetto all’acquisizione del parere vincolante dell’Autorità, attraverso il quale realizzare gli obiettivi di tutela quali quantitativa previsti dallo stesso Decreto e dalle successive modifiche ed integrazioni, le cui disposizioni saranno recepite dagli strumenti di pianificazione vigenti in materia. Dalla “Carta degli interscambi idrici sotterranei tra la Regione Campania e le altre Regioni e le diverse Province” non risultano, per il territorio di Atripalda, particolari prescrizioni in merito allo stato ed alla tutela dei corpi idrici sotterranei. Ad ogni buon fine l’indagine sullo stato delle “fonti e sorgenti” presenti nel territorio comunale sarà indagato ad una scala di maggior dettaglio facendo riferimento allo studio geologico allegato al Piano Urbanistico, ai dati sullo studio delle acque “il monitoraggio in Campania 2002-2006” pubblicato dall’ARPAC, e alle successive pubblicazioni sullo stato dell’ambiente. Pag. 36 RELAZIONE Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare A.2.4 - Rischio Alluvioni La Direttiva 2007/60 CE, nell’incipit, recita: —Le alluvioni possono provocare vittime, l‘evacuazione di persone e danni all‘ambiente, compromettere gravemente lo sviluppo economico e mettere in pericolo le attività economiche della Comunità. Alcune attività umane (come la crescita degli insediamenti umani e l‘incremento delle attività economiche nelle pianure alluvionali, nonché la riduzione della naturale capacità di ritenzione idrica del suolo a causa dei suoi vari usi) e i cambiamenti climatici contribuiscono ad aumentarne la probabilità e ad aggravarne gli impatti negativi. Ridurre i rischi di conseguenze negative derivanti dalle alluvioni soprattutto per la vita e la salute umana, l‘ambiente, il patrimonio culturale, l‘attività economica e le infrastrutture, connesse con le alluvioni, è possibile e auspicabile ma, per essere efficaci, le misure per ridurre tali rischi dovrebbero, per quanto possibile, essere coordinate a livello di bacino idrografico.“ A.2.4.1. Il Piano di Gestione del Rischio di Alluvione Con l’emanazione del D.Lgs. n.49 del 2010 relativo a “Attuazione della Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione ed alla gestione dei rischi di alluvioni“ compete alle Autorità di Bacino Distrettuali l’adozione dei PGRA. Questo nuovo strumento normativo riguarda tutti gli aspetti della gestione del rischio di alluvioni, in particolare la prevenzione, la protezione e la preparazione, comprese le previsioni di alluvione e il sistema di allertamento nazionale e tengono conto delle caratteristiche del bacino idrografico o del sottobacino interessato. I piani di gestione possono anche comprendere la promozione di pratiche sostenibili di uso del suolo, il miglioramento delle azioni di ritenzione delle acque, nonché l'inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale. Il predetto D.Lgs. 49/2010, in particolare, tiene conto, oltre alle Direttive comunitarie collegate, anche della vigente normativa nazionale riguardante sia la pianificazione dell'assetto idrogeologico (tra cui il D.Lgs. 152/2006) sia il sistema di Protezione civile relativo al rischio idrogeologico. In base a quanto previsto dal citato D.Lgs. 49/2010 i Piani di Gestione del Rischio di Alluvioni sono predisposti dalle Autorità di Bacino Distrettuali, per la parte di propria competenza, e dalle Regioni in coordinamento tra loro e con il Dipartimento nazionale della Protezione Civile, per la parte relativa al sistema di allertamento per il rischio idraulico ai fini di protezione civile. La norma introduce una serie di adempimenti da compiersi con relative scadenze temporali, così articolate: valutazione preliminare del rischio di alluvioni entro il 22 settembre 2011 (art. 4); aggiornamento e realizzazione delle mappe della pericolosità da alluvione e quelle del rischio di alluvioni entro il 22 giugno 2013 (art. 6); ultimazione e pubblicazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni entro il 22 giugno 2015 (art.7); successivi aggiornamenti (2019, 2021). RELAZIONE Pag. 37 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare I Piani di cui al D.Lgs. 49/2010 devono prevedere misure per la gestione del rischio di alluvioni nelle zone ove possa sussistere un rischio potenziale ritenuto significativo evidenziando, in particolare, la riduzione delle potenziali conseguenze negative per la salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche e sociali, attraverso l'attuazione prioritaria di interventi non strutturali e di azioni per la riduzione della pericolosità. I piani, inoltre, contengono gli elementi indicati nell'Allegato I (sostanzialmente uguale all'Allegato della Direttiva 2007/60/CE). Per la parte relativa al sistema di allertamento, i Piani contengono una sintesi dei contenuti dei Piani Urgenti di Emergenza previsti dall'art.67, co. 5, del D.Lgs. 152/2006, e tengono conto degli aspetti relativi alle attività di: previsione, monitoraggio, sorveglianza e allertamento attraverso la rete dei centri funzionali; presidio territoriale idraulico posto in essere dalle regioni e dalle province; regolazione dei deflussi attuata anche attraverso i piani di laminazione; attivazione dei piani urgenti di emergenza previsti dalla richiamata normativa vigente. Infine l'art.4 del D.Lgs.10 dicembre 2010 n.219, ha attribuito alle Autorità di Bacino di rilievo nazionale ed alle Regioni (ciascuna per la parte di territorio di propria competenza), il compito di provvedere all'adempimento degli obblighi previsti dal decreto legislativo 23 febbraio 2010, n.49. Ai fini della predisposizione degli strumenti di pianificazione le Autorità di Bacino di Rilievo Nazionale svolgono la funzione di coordinamento nell'ambito del distretto idrografico di appartenenza. Dal punto di vista dei contenuti il PGRA, seppur indiscutibilmente —vicino“ ai PSAI, viene considerato un strumento differente, in quanto é predisposto, fatti salvi gli altri Piani eventualmente vigenti, con specifico riferimento alla gestione e, quindi, è da considerare necessariamente uno strumento diverso. Interrogarsi sulla natura di questa diversità costituisce uno fatto importante per non creare confusione di ruolo tra i due Piani che hanno molti punti in comune ma che devono risultare del tutto distinti, senza produrre inutili sovrapposizioni. In merito alle affinità si evidenzia che: • Entrambi i Piani sono basati sulla conoscenza della pericolosità e del rischio da alluvione e la determinazione di questi elementi è stata effettuata, in entrambi i casi, attraverso le stesse indicazioni, vale a dire le disposizioni del DPCM. 29/09/98 che definisce le note quattro classi di rischio e pertanto, a parità di altre condizioni quali il naturale aggiornamento temporale; la base conoscitiva, analisi e perimetrazione, risultante è del tutto equivalente. In merito alle differenze si evidenzia: • La prima è data dall’ambito di applicazione che nel PGRA è molto più esteso in quanto riferita al Distretto idrografico Appennino Meridionale che ha un’estensione di 68.200 km2, nei PAI è riferito ai singoli bacini idrografici di competenza delle AdB; Pag. 38 RELAZIONE Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare • La seconda, di maggior rilievo tra i due strumenti sta nelle finalità. Di fatto i Piani Stralcio, derivati dal Piano di Bacino perseguono la finalità complessiva della mitigazione del rischio, che rappresenta la parola chiave di tutto il processo. Il PGRA, anche attraverso la pericolosità e rischio idraulico, invece è riferito alla gestione del medesimo rischio; • La terza, che deriva dalla seconda, sta nel fatto che i PGRA, in considerazione del risalto alla gestione, sta nell’integrazione sia la pianificazione dell'assetto idrogeologico (tra cui il D.Lgs. 152/2006) in termini di gestione, e sia il sistema di Protezione civile relativo al rischio idrogeologico. Di fatto, i Piani di Gestione del Rischio di Alluvioni sono predisposti dalle Autorità di Bacino Distrettuali, per la parte di propria competenza, e dalle Regioni in coordinamento tra loro e con il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, per la parte relativa al sistema di allertamento per il rischio idraulico ai fini di protezione civile. Nei PAI questi due aspetti sono considerati separati; • L’ultima differenza, legata ai nuovi approcci della pianificazione, è quella relativa al processo di Partecipazione e di Condivisione fra gli Enti chiamati alla valutazione e gestione del rischio alluvione, nonché alla massima informazione delle comunità locali; processo del PGRA che è reso più rilevante ed integrato rispetto a quanto avvenuto nei PAI. La strategia del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni, predisposto dall’Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri Garigliano e Volturno, sul territorio del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, in linea anche con la Direttiva 2000/60/CE e D.lgs. 152/2006 e smi. (di cui al comma 1 dell’art. 9 del D.lgs 49/2010) in ottemperanza alla Direttiva 2007/60/CE ed al D.lgs. 49/2010, è quella di agire con una gestione integrata e sinergica dei rischi di alluvioni al fine di pervenire alla riduzione delle conseguenze negative per la salute umana, per il territorio, per i beni, per l'ambiente, per il patrimonio culturale e per le attività economiche e sociali derivanti dalle stesse alluvioni. E’ in questa logica che il PGRA è da considerare come un tassello funzionale all’ampliamento delle prospettive della politica quadro europea sulle acque, così come del resto affermato nelle considerazioni introduttive della Direttiva 2007/60/CE, la quale stabilendo all’interno dei distretti l’elaborazione dei Piani di Gestione del Rischio di Alluvioni, marca l’attenzione sulle misure di prevenzione, di protezione e di gestione delle emergenze al fine di ridurre i rischi di conseguenze negative derivanti dalle alluvioni soprattutto per la vita e la salute umana, l‘ambiente, il patrimonio culturale, l‘attività economica e le infrastrutture, connesse con le alluvioni. In questa ottica si articolano le finalità specifiche del PGRA: Politiche di gestione integrata per la riduzione del rischio alluvione e la tutela del territorio attraverso un programma organico e sistemico per l'attuazione prioritaria di interventi non strutturali e di azioni per la riduzione della pericolosità (comma 2 art. 7 D.lgs 49/2010) ed il loro organico sviluppo nel tempo; Politiche di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni; Politiche di cura, tutela, risanamento della risorsa suolo; RELAZIONE Pag. 39 Città di Atripalda PUC – Piano Preliminare