IL MESSAGGERO 4 GIUGNO

Da operaio a ministro artefice della ricostruzione addio a TOROS di Anna Buttazzoni UDINE «Il presente e il passato sono dei mezzi. Il fine è il futuro». Ha attraversato 95 anni Mario Toros allungando lo sguardo verso il futuro, attento a dare seguito con i gesti alle sue parole. Toros si è spento ieri, all'ospedale di Udine dov'era ricoverato da venerdì notte. Politico di rango, spigoloso per necessità, faceva di rispetto e autorevolezza i suoi tratti distintivi. Lo chiamavano "il senatore" ma Toros non se ne vantava, ricordando le sue origini umili. Lui che era passato da operaio in fabbrica a 14 anni al ministero del Lavoro. Democristiano da sempre «e lo sono ancora», ha detto fino all'ultimo. Rimasto vedovo, la moglie Alice è mancata nel 2004, lascia due figlie, Carla e Franca, dalle quali ha avuto cinque nipoti. Ma Toros era anche, orgogliosamente, quattro volte bisnonno.Nato a Pagnacco (il padre Francesco era gastaldo dei conti del Torso), il 9 dicembre 1922, trasferitosi subito con la famiglia a Feletto, l'ex ministro difende le origini contadine e la sua formazione (scuole professionali, Azione cattolica, Acli, Sindacati liberi) da autodidatta. A 14 anni entra come operaio alle Officine Bertoli, dove è rimasto per alcuni anni. «Un'esperienza che mi ha insegnato molto», diceva. Toros si confronta con la religione e l'Azione Cattolica. Dopo la scissione, nel 1948, della corrente cattolica delle Acli e dei gruppi democristiani guidati da Giulio Pastore, nel 1950 Toros fu tra i fondatori della Cisl. Ma è stato anche testimone della Resistenza, partecipando alla lotta di liberazione nelle file della Brigata Osoppo-Friuli.Toros fece strada partendo da "Forze Nuove", la corrente di Donat Cattin, che in Friuli aveva un'enclave forte. Sotto la sua guida crebbe una classe politica capace di far emergere personalità come Adriano Biasutti e Vinicio Turello. Il primo impegno amministrativo vede Toros protagonista nel Dopoguerra, da consigliere comunale a Tavagnacco e poi a Manzano. Il debutto politico arriva invece negli anni '50, come consigliere e assessore della "grande Provincia" di Udine che comprendeva ancora Pordenone. Poi il salto. Nel '58 fa ingresso alla Camera, confermato nel '63 e nel '68. Nel 1972 il passaggio al Senato, dove resta fino al 1987 (in tutto sette legislature). Toros è stato sottosegretario al Lavoro e alla Previdenza sociale con i presidenti del Consiglio Mariano Rumor, e e per due volte ministro senza portafoglio con delega alle Regioni e per altre due a capo del dicastero del Lavoro, con . Ma Toros è stato anche protagonista della Ricostruzione post-terremoto. Nei suoi racconti, lucidi, si sentiva l'orgoglio di quanto era riuscito a fare. «La sera del terremoto, 6 maggio 1976, a mezzanotte - raccontava - mi telefonò , allora ministro dell'Interno, convocandomi per la mattina dopo a Palazzo Chigi, assieme al presidente della Regione, Antonio Comelli, che era già in viaggio per raggiungere Roma. Posso dire che già in quella storica riunione nacque il modello Friuli, ancora oggi giustamente esaltato. "Facciamo un decreto per ricostruzione e sviluppo", propose Moro. E nacque l'idea del commissario straordinario e della valorizzazione dell'Autonomia locale con un rapporto diretto tra Regione e Comuni, eliminando la burocrazia. Ci chiesero: ve la sentite? E non avemmo esitazioni. Tutti i nostri rappresentanti hanno lavorato bene». Anche la nascita dell'Università di Udine, fondata nel 1978, lo vide impegnato assieme agli altri parlamentari friulani, in prima fila, fin dalla costituzione della commissione dei 30 chiamata a dare un parere per l'avvio dell'ateneo. Prima di lasciare il Parlamento l'ex ministro ha allargato il suo sguardo sul mondo, assumendo per oltre vent'anni, dal 1982 al 2003, la presidenza dell'Ente Friuli nel mondo, di cui fu presidente onorario e del quale aveva seguito l'attività fin dalla nascita, nel 1951, avendo fatto parte dei precedenti direttivi presieduti da Tiziano Tessitori e poi da Ottavio Valerio. A cavallo degli anni '60 e '70 Toros fu chiamato a presiedere alla Fao, nel palazzo dell'Onu, per conto del governo italiano, la prima Conferenza mondiale degli italiani nel mondo. E parlando dell'Italia gli uscì una battuta piuttosto personale, che citava spesso: «Amate questa Italia, credete in questa giovane democrazia dove è possibile che un operaio diventi ministro del lavoro». Toros era anche presidente onorario dell'Unaie, Unione delle associazioni di immigranti ed emigranti, della quale fu fondatore oltre cinquant'anni fa e primo presidente.I suoi estimatori tracciano anche la personalità del Toros "privato", quello bravo a conciliare politica e famiglia. Sposò Alice nel 1949. E scelse il 18 aprile '49 anche come festa a un anno dopo la storica vittoria della Dc. Lei era figlia di un socialista, «bella e di grande personalità», e anche a lei doveva il fatto di riuscire a far politica. Fino a pochi anni fa non era inusuale incontrare l'ex ministro nella zona di piazza San Giacomo, nel celebre "triangolo di osterie" caro allo politica. Era lì che Toros si intratteneva con gli amici, come Piergiorgio Bressani e Giuseppe Tonutti. Nel maggio 2012 accolse all'aeroporto di Rivolto l'allora Capo dello Stato, , quando venne in regione per la commemorazione di Porzûs. Ma raggiungere le malghe non fu possibile e Napolitano, su suggerimento dell'ex ministro, tenne la cerimonia a Faedis. Toros manifestava stima anche verso Sandro Pertini, «uno di noi - diceva -, un italiano tra gli italiani». Non amava, invece, parlare dei «giorni duri» dell'assassinio Moro. Guardava al futuro Toros.

LA FAMIGLIA «Arrivava al cuore delle persone» Voleva essere circondato dalla famiglia, dalle figlie Carla e Franca e dai cinque nipoti. Così è stato. Così se n'è andato il padre, il nonno, Mario Toros. «Si è spento serenamente - racconta la figlia Carla -, era stanco, sapeva che la fine era arrivata. Ha chiesto di vedere i nipoti e loro sono stati con lui, giorno e notte». L'ex ministro si era sentito male venerdì notte ed era ricoverato in ospedale a Udine, dov'è spirato. Tenuto per mano dai nipoti, dai figli di Carla - Paolo, Marco e Enrico - e di Franca - Francesco e Federico. «Aveva volontà e coraggio. È sempre stato molto impegnato, eppure sempre presente. Mi diceva: "La perfezione non è di questo mondo". È stato un grande padre e mi mancherà molto. La sua - aggiunge Carla - è stata una vita piena e lui è stato un uomo fortunato». Il ritratto privato di Toros è nelle parole del nipote Paolo, 38 anni. «Era meraviglioso, un generatore d'amore incredibile. Aveva carisma, sensibilità e una capacità pazzesca di arrivare al cuore delle persone». Sospira Paolo quando racconta cosa gli ha insegnato il nonno: «A vivere». «Mi chiamava "ninin" e poi aggiungeva: volontà, volontà, volontà. Non c'era una dimensione pubblica e una privata. Gli interessavano le persone e le loro storie - aggiunge Paolo -, si ricordava dei problemi di chi si era rivolto a lui 50 anni fa, ricordava le facce e come aveva cercato di aiutarli. E in casa erano quelli i nostri argomenti di conversazione. Mi ha trasmesso la gratitudine, il rispetto, la volontà. È stato un maestro di vita», chiude Paolo. I funerali di Mario Toros saranno celebrati a Feletto, ma la data non è ancora fissata.

le testimonianze

Fedriga: un esempio cui ispirarsi Agrusti: se ne va un padre della Patria UDINE Dagli amministratori di oggi agli amici che hanno mosso con lui i primi passi nella Dc. Dagli "avversari" politici agli imprenditori. Il tributo a Mario Toros è unanime, a un uomo legato alla sua terra, esempio da seguire.«Pochi politici come lui hanno inciso così tanto nella storia della nostra regione. Con la sua scomparsa finisce una pagina di storia che dovrà restare sempre aperta, perché il suo impegno e la sua passione politica rappresentano un grande esempio di competenza e di amore per la propria terra», ha detto il governatore Massimiliano Fedriga. Che cita l'ex ministro come modello cui ispirarsi. «Piango - sono le parole del vicepresidente Fvg, Riccardo Riccardi - la scomparsa di una delle figure più nobili e autorevoli dello scenario politico regionale del '900, una voce saggia e competente che ancora oggi avevo il privilegio di poter ascoltare. Ricorderò in maniera indelebile la sua lezione alla quale ispirarsi nei momenti difficili. Adesso rimane solo un silenzio che lascia un vuoto incolmabile». Parla di un uomo «che ha portato lustro al Friuli e al Paese», il consigliere regionale di Open-Sinistra Fvg, Furio Honsell. «Se oggi il Friuli ha un suo peso è anche grazie a uomini come lui, che hanno gestito gli anni del boom economico senza mai trascurare i lavoratori», chiude Honsell. Il capogruppo in Consiglio regionale del Pd, Sergio Bolzonello, racconta Toros come esempio e guida per intere generazioni di politici e amministratori. «Con la sua scomparsa la regione e il Paese perdono uno dei più alti testimoni di quella politica che è stata capace di portare importanti cambiamenti attraverso le lotte per la libertà e il progresso sociale», afferma il dem. Salvatore Spitaleri, segretario regionale del Pd, sprona: «In tempi in cui è difficile tracciare confini e individuare rotte, l'esempio anche personale di Mario Toros non vada perduto e aiuti la politica di oggi a muoversi sulla strada del concretezza, del contegno e dell'ascolto». Sandra Savino, deputata e coordinatrice Fvg di Forza Italia, saluta «l'eleganza del sorriso e la capacità di ascolto» di Toros. «La vita ci riserva incontri con uomini straordinari, che con umiltà e determinazione sono stati dei costruttori della nazione e che, con il loro esempio, devono continuare a essere una guida per le generazioni future», dice Savino.È commosso Michelangelo Agrusti, presidente di Unindustria Pordenone. «Toros è stato il maestro politico di molti di noi. Era un uomo di straordinaria intelligenza ed energia e di una enorme umanità. Se n'è andato uno dei padri della patria friulana, al quale dobbiamo molto, soprattutto in un tempo in cui si sono smarriti ideali e valori. Un uomo - aggiunge Agrusti - venuto da classi sociali umili, radici che non ha mai perso, e che ha saputo mantenete un legame straordinario con la sua gente». Addolorato Giovanni Fantoni. «Il Friuli perde un grande saggio, una persona che si è trovata ad affrontare una tensione sociale acuta, capace però di non ignorare mai le regole dell'economia, le esigenze delle imprese e dei lavoratori, compito che portò avanti con grande equilibrio. Negli ultimi vent'anni - afferma Fantoni - è stato sempre un riferimento molto significativo per quei politici che hanno voluto attingere alla sua esperienza e alla sua saggezza. Era autorevole e carismatico, lo dimostrò negli anni della ricostruzione, quando consolidò anche il rapporto con mio padre Marco». Parla da amico il sindaco di Udine, Pietro Fontanini. «Toros è stato un grande uomo della politica friulana. Anche in questi ultimi tempi - afferma Fontanini - era un piacere confrontarsi con lui, era in grado di offrire sempre spunti interessanti e aveva una visione molto lucida della politica che continuava a seguire con passione». Ferruccio Saro dice di lui: «È stato un uomo capace di leggere gli scenari economici e politici, un leader che ho sempre rispettato». Il presidente della Paritetica, Ivano Strizzolo, ricorda di Toros «l'altissima testimonianza di grandi battaglie politiche per la libertà, per la democrazia e per il progresso umano e sociale». Durante la Resistenza, nella terza brigata Osoppo, il nome di battaglia di Toros era "Abba". Lo ricorda il presidente dell'Apo, Roberto Volpetti: «Il suo consiglio non mancava mai e mi piace ricordare quello spesso ci suggeriva: "Noi dell'Apo dobbiamo sempre stare con i sindaci, perché il sindaco rappresenta la gente, la nostra gente e quindi a essi va il massimo rispetto"».

«Sonego ha ragione». D'accordo Savino. Serracchiani: dall'ex Pd solo astio personale Entrate fiscali, Cecotti chiede un'inchiesta

UDINE Incontra alleati l'iniziativa dell'ex senatore Lodovico Sonego che questa mattina presenterà un esposto alla Procura della Corte dei conti contro l'intesa Padoan-Serracchiani sulla revisione delle compartecipazioni fiscali tra Stato e Regione che, secondo l'ex esponente del Pd, ha provocato un danno erariale fino a mezzo miliardo di euro. «È' lo stesso ragionamento - afferma l'ex presidente Sergio Cecotti, candidato del Patto per l'autonomia alle recenti regionali - che facevo io in campagna elettorale. La modifica del sistema finanziario del Fvg, approvato dalla ex-governatrice dopo aver staccato il biglietto per Roma (e già per questo al di sotto di ogni sospetto), veniva presentata dal Pd come a costo zero per lo Stato e a invarianza di gettito per la Regione". Ma se fosse così perché non lasciare tutto come prima? Un suggerimento al Consiglio regionale: istituisca una commisione d'inchiesta sull'accaduto e chiami Sonego in audizione».Ironica la parlamentare di Fi, Sandra Savino: «Per fortuna, ma non diciamolo troppo forte, oggi Serracchiani a Roma si occupa solo di otorinolaringoiatria e i danni sociali che può fare sono limitati. Perché del disastro che ha prodotto in Fvg ne dovremo pagare le conseguenze gravemente. Da mesi Fi sta lanciando l'allarme sulle future entrate del Fvg che rischiano di provocare un disastroso cataclisma per il suo equilibrio finanziario». Per Savino i numeri che Sonego presenterà alla nuova giunta regionale: «Sono arcinoti e confermano, se fosse necessario, una cosa: che troppe nuove leve della politica hanno un livello di preparazione imbarazzante, sono completamente estranee a qualsiasi esperienza amministrativa e, non ultimo, drammaticamente fragili sul piano del rispetto istituzionale».L'ex presidente Serracchiani, però, non ci sta a finire sul banco degli imputati. «I conti della Regione - replica - non sono messi in crisi dalla modifica del regime delle compartecipazioni. L'ex senatore ed ex assessore nutre un astio storico contro la giunta di centrosinistra e contro di me. Non escludo si debba al fatto che la giunta che ho presieduto gli ha negato la possibilità di cumulare il vitalizio di assessore all'indennità di senatore, finché è stato in carica, irritandolo al punto da intentare in merito ben due cause contro la Regione. Abbiamo spiegato - ricorda Serracchiani - con conti e simulazioni alla mano in Consiglio regionale che le modifiche sono state fatte prevedendo l'invarianza finanziaria del gettito. Ma a Sonego, che già mesi or sono aveva provato a insinuare dubbi sul patto con lo Stato, non trova di meglio che rifarsi sotto, chiamando in causa il presidente Fedriga. Non mi stupisco, buona parte degli ultimi anni di Sonego sono stati indirizzati a frustare il lavoro del centrosinistra, mentre si fa fatica a registrare un pigolio nei confronti della destra, di cui in varie occasioni ha assecondato il lavoro».«Sonego - aggiunge la deputata - ha remato contro l'ingresso di Sappada in Fvg, colui che ha teorizzzato che la Regione doveva indebitarsi a go go, quello che pensava di fare un'autostrada solo con i fondi del bilancio regionale e con l'aumento del pedaggio, quello che voleva trapanare il Carso per farci passare la Tav. Ricambio il suo augurio e spero che dopo anni di carriera, finalmente in pieno godimento dei suoi due vitalizi, si occupi d'altro che non sia la politica. Oppure che passi direttamente al centrodestra». Alla Savino risponde che «attaccando Peroni conferma una sguaiataggine già esibita in passato. Quel che ha fatto lei a Roma - conclude Serracchiani - rimane un mistero».

Convegno a Udine sulle strategie per rilanciare il Fvg Rilanciare il Friuli è il tema dell'incontro con l'economista Fulvio Mattioni che si terrà oggi pomeriggio, alle 17, nella Sala Gusmani di Palazzo Antonini a Udine. L'iniziativa rientra nell'ambito del ciclo di appuntamenti promosso dall'ateneo dedicato al futuro della regione. Introdotto dal coordinatore di Cantiere Friuli, Mauro Pascolini, interverranno anche Domenico Tranquilli, già direttore dell'Agenzia del lavoro Fvg, Sergio Bolzonello, capogruppo del Pd ed ex vice presidente della Regione, Massimo Moretuzzo, consigliere regionale nonché Segretario del Patto per l'Autonomia e l'assessore regionale alle Finanze e al Patrimonio Barbara Zilli.Le conclusioni saranno portate dal rettore dell'università di Udine Alberto Felice De Toni.

Fontanini: assumerò 20-30 vigili e avranno l'aiuto di professionisti «Subito le squadre per la sicurezza» di Cristian Rigo Accanto ai vigili ci saranno anche le squadre della sicurezza, professionisti del settore. Il sindaco, Pietro Fontanini è al lavoro per portare avanti una vera e propria rivoluzione sul fronte per la sicurezza, come promesso in campagna elettorale. «La prima mossa - spiega - sarà quella di riportare la polizia locale alle dirette dipendenze del Comune». L'intenzione del primo cittadino è già stata evidenziata all'assemblea dell'Uti Friuli Centrale. E il presidente dell'ente intermedio, Gianluca Maiarelli non ha alzato le barricate, anzi insieme agli altri sindaci ha assicurato che ci sarà la massima collaborazione, in modo da ridurre i tempi. Fontanini conta, quindi, di concludere il passaggio entro tre mesi. Per avviare la procedura serve però una delibera del consiglio comunale che - assicura l'esponente della Lega - «sarà discussa nella prossima seduta». Se tutto va come previsto la polizia locale potrebbe tornare a casa in autunno. Ma non è finita qui. Perché i vigili sono sotto organico. Soltanto nel 2014 gli agenti della polizia locale erano 92, ma il numero è calato di anno in anno: nel 2015 sono diventati 84, nel 2016 77 e adesso ne sono rimasti meno 70. E meno vigili significa inevitabilmente meno controlli. Anche perché non tutti sono impegnati nei servizi esterni. Gli operatori "sulla strada" sono appena 38. Ecco perché Fontanini intende pubblicare un nuovo bando per l'assunzione di almeno 20-30 vigili. La precedente amministrazione aveva provato ad assumerne sei, ma il bando è rimasto bloccato dopo le dimissioni della commissione d'esame. Da più di un anno e mezzo la procedura è congelata e nel frattempo altri vigili hanno lasciato il comando. «Una situazione incredibile - dice Fontanini - e comunque con 6 vigili non si sarebbe risolto nulla». Il primo cittadino intende sfruttare al massimo le opportunità previste dal decreto Minniti in termini di assunzioni ed è intenzionato anche a inserire un criterio per favorire i più giovani. E i vigili non resteranno da soli: saranno affiancati dalle squadre per la sicurezza «sul modello - precisa il sindaco - di quanto fatto a Pordenone». Il sindaco Alessandro Ciriani ha ingaggiato otto steward urbani, professionisti del settore formati ad hoc, con vasta esperienza alle spalle, scelti dagli elenchi degli addetti ai servizi di controllo della Prefettura. Da quando sono in servizio hanno spiegato dal comando dei vigili di Pordenone «svolgono un ruolo di prevenzione e deterrenza sotto la supervisione dei vigili urbani. Pur non potendo rilasciare multe contribuiscono al controllo del territorio come una sorta di "sentinella"». Tra gli obiettivi hanno quello del decoro e della tutela degli spazi pubblici per consentire ai cittadini di vivere in sicurezza, anche quando si passeggia per strada o si va a correre al parco. Di fronte a situazioni pericolose, come per esempio una rissa, gli steward urbani non intervengono direttamente ma sono tenuti a chiamare il numero unico 112 per le emergenze. L'obiettivo di Fontanini, insieme al consigliere delegato Pierluigi Mezzini, è quello di far entrare in funzione le squadre per la sicurezza prima della fine dall'anno. Un altro strumento sul quale il sindaco intende puntare è il Daspo urbano: chi sbaglia sarà subito allontanato dalla città.

borgo stazione Il sindaco incontra i commercianti «Chiederò al prefetto di convocare un Comitato per la sicurezza per riportare la legalità e la serenità in via Roma e in Borgo, un luogo bellissimo che deve tornare a essere il quartiere delle magnolie». È l'impegno che si è assunto il sindaco Pietro Fontanini dopo l'incontro con alcuni commercianti della zona nei pressi della stazione. «La gente onesta mi ha riferito di una situazione preoccupante con spaccio di droga anche in pieno giorno e noi abbiamo il dovere di intervenire in modo adeguato», spiega il primo cittadino che ha ascoltato fatto visita a residenti e commercianti della zona per ascoltare le loro istanze e la descrizione delle problematiche che vivono giornalmente tra via Roma, via Battistig, via Leopardi, Piazzale della Repubblica e viale Europa Unita. Fra le problematiche emerse anche la prostituzione notturna, le frequenti risse soprattutto all'esterno di alcuni locali, gli schiamazzi, la musica ad alto volume e il traffico intenso. «Dobbiamo contrastare con decisione questi fenomeni e riportare la legalità in tutte le zone di Udine», ha promesso loro il primo cittadino. Fontanini, in attesa di riportare la polizia locale sotto la gestione del Comune ha anche assicurato che chiederà una presenza più capillare nel quartiere alle forze dell'ordine.

3 GIUGNO

L'assessore alle Attività produttive posta la foto che imbarazza il centrodestra Spitaleri (Pd): Fedriga dia una regolata alla sua giunta. Menis (Uil): caduta di stile Fa la spesa nel giorno festivo Bini travolto dalle critiche di Anna Buttazzoni UDINE «E dopo una settimana di fatiche oggi ci si rilassa un po'». Come? Facendo la spesa. È l'assessore alle Attività produttive, Sergio Bini (leader di Progetto Fvg) a condividere il gesto su Fb, con tanto di foto, sorridente, mentre spinge il carrello. Fa tutto da solo Bini. E in attimo riapre la ferita delle aperture festive dei negozi e butta via anni di battaglie contro la deregulation. Battaglie combattute dalla Lega che oggi, con il presidente Massimiliano Fedriga, governa la Regione e che chiede da sempre una regolamentazione più attenta nei confronti dei lavoratori costretti all'impegno in qualunque giorno dell'anno. Ma la sfida è bipartisan, coinvolge, seppur con toni diversi, le forze di centrodestra ma anche quelle di centrosinistra. Tanto che l'ex esecutivo regionale di Debora Serracchiani, su proposta dell'allora assessore alle Attività produttive Sergio Bolzonello, si spese fino ad arrivare all'estremo giudizio della Corte costituzionale per fermare i negozi il primo gennaio, a Pasqua, il lunedì dell'Angelo, il 25 aprile, il primo maggio, il 2 giugno, a Ferragosto, il primo novembre, il 25 e 26 dicembre. Una proposta che venne condivisa in Consiglio regionale ma che la Consulta ha bocciato, mettendo una pietra tombale sugli interventi della Regione nel settore, considerata materia di stretta competenza dello Stato.Bini nel tempo di un post cancella tutto, imbarazza il centrodestra e viene travolto dalle polemiche che infuriano da centrosinistra ai sindacati, fino agli "amici" che gli rispondono su Fb. «Il 2 giugno, festa della Repubblica, l'assessore che deve guidare un settore nevralgico per la nostra regione - commenta il segretario regionale del Pd, Salvatore Spitaleri -, irride tutti i lavoratori e calpesta con strafottenza una giornata simbolo per tutti gli italiani. Forse è il caso che Fedriga inizi subito a dare una regolata alla sua squadra. Un assessore deve sapere che ci sono gesti che assumono un significato politico, e questo è uno di quelli pesanti, perché smentisce anni di lotte per liberare lavoratori e famiglie dall'obbligo del lavoro almeno in alcune grandi festività». Spitaleri chiede quindi all'assessore e a Fedriga se intendano riprendere la battaglia contro la liberalizzazione, forti dell'appoggio di un Governo nazionale amico. «In ogni caso - conclude il leader dem - la giunta regionale non fa una bella figura». Parla di caduta di stile Giacinto Menis, segretario regionale della Uil. «Sosteniamo da sempre l'iniziativa dell'ex giunta di salvaguardare le festività e rimaniamo di quell'idea. La Regione, d'intesa con le altre - sostiene Menis - dovrebbe assumere un'iniziativa perché la liberalizzazione non sia deregulation. Bini avrebbe potuto dimostrare più riserbo e delicatezza astenendosi dal fare la spesa e il post. È una caduta di stile». Diego Marini della Cisl richiama la battaglia della Lega contro le aperture festive e dice: «Non ho parole, la politica dovrebbe dare l'esempio». «Ci muoveremo affinché si superi il problema e continueremo a sollecitare la giunta», garantisce Marini.Su Fb la maggioranza dei commenti è negativa. In molti chiedono conto a Bini della chiusura dei negozi nei giorni di festa e lo bacchettano per la spesa fatta il 2 giugno. L'assessore non risponde.

Il pericolo del ritorno alle urne aveva stoppato i dem. Candidature entro metà luglio e poi le primarie Pd a congresso, nuovo segretario a ottobre

UDINEA ottobre il Pd avrà un nuovo segretario regionale, designato attraverso le primarie, aperte a tutti. I dem riaprono la fase congressuale, tanto che domani sera il leader regionale, Salvatore Spitaleri, ha radunato la segreteria per approvare il regolamento. Poi, entro il 15 giugno, sarà convocata l'assemblea regionale del partito, chiamata ad aprire ufficialmente la fase congressuale. La strada però è tracciata. E la nuova accelerazione viene da Roma, dove il caos politico e lo spauracchio di un governo tecnico per traghettare il Paese verso nuove elezioni, avevano consigliato ai democratici di stoppare la fase congressuale e aspettare l'evoluzione nazionale. Invece il debutto del governo giallo- verde di , e dunque l'allontanarsi delle urne, porta il Pd verso il rinnovo dei vertici ma soprattutto della proposta politica democratica, perché nella prima parte del 2019 in regione è programmato il rinnovo di 118 consigli comunali, non proprio una tornata amministrativa banale. E poi in maggio sono previste le Europee, altro passaggio stretto per i dem. L'accelerazione, regionale, ma probabilmente anche nazionale, è dunque obbligata.L'iter non è immediato. Le tappe della fase congressuale prenderanno il via domani sera, dalla segreteria convocata da Spitaleri, e poi dall'assemblea regionale entro il 15 giugno. Aperta ufficialmente la stagione del congresso nel Pd sarà tempo di vedere i candidati, raccogliere le firme a loro sostegno - almeno 150 ciascuno - e abbozzare una proposta programmatica. All'interno del partito si ipotizza che quella fase possa terminare entro luglio, quando il Pd potrà quindi svelare i suoi candidati alla segreteria regionale. Da quel momento prenderà il via la presentazione degli aspiranti leader in ogni circolo dem, gruppi che dovranno esprimersi sui candidati. Una tappa che potrebbe tenersi a settembre con quella che tecnicamente i democrats chiamano "convenzione dei circoli", perché dai territori arriverà il primo "verdetto" sul futuro segretario. Concluso il passaggio interno al partito, che porterà anche al rinnovo dei segretari di circolo e dei provinciali, sarà la volta delle primarie, aperte a iscritti e non. Sarà la consultazione a designare il nuovo leader regionale del Pd. E le primarie saranno celebrate entro ottobre, quello è il desiderio.«Veniamo da cinque anni di governo regionale e abbiamo subito alcune sconfitte che richiedono al Pd di rinnovare la propria classe dirigente - afferma Spitaleri - ma soprattutto di cogliere l'occasione per esprimere una nuova capacità di proposta, perché si è esaurita quella di cinque anni alla guida della Regione». Il segretario regionale non si fa illusioni, sa che il sentiero è stretto e in salita. Guarda Spitaleri all'inedito Governo giallo-verde e deve immaginare le contromosse. «L'asse Lega-M5s modifica tutto il quadro politico e deve portare a una nuova forma dell'essere centrosinistra. Dobbiamo - continua il leader dem - capire come portare i temi europei in un evidente contesto di chiusura verso l'Europa. E dobbiamo leggere due parole d'ordine della Lega e dei grillini - protesta e protezione - come lotta al disagio e alle precarietà che devono far parte del mandato del Pd. Finora abbiamo pensato, sbagliando, che la richiesta di sicurezza delle comunità fosse una questione di pancia, non è così. E la soluzione non sarà la risposta giallo-verde. Oggi - conclude Spitaleri - il lavoro che ci attende è dare risposte nuove».Gli aspiranti segretari regionali non mancano. Spitaleri, a meno di clamorosi colpi di scena, passerà la mano. I tre maggiori contendenti restano Cristiano Shaurli, ex assessore regionale e oggi consigliere regionale di opposizione; Paolo Coppola, ex deputato e già esponete della giunta comunale di Udine, che fu guidata da Furio Honsell, e il sindaco di Palmanova Francesco Martines. Ma a non staranno a guardare. Francesco Russo, ex senatore e attuale consigliere regionale, ha lanciato la sua Opa sul partito ma l'impressione è che la partita vera per Russo si giochi a Trieste, città dove ambisce a diventare sindaco. Anche l'Isontino è pronto a battere un colpo e qualcuno scommette sulla candidatura dell'ex assessore provinciale e regionale Sara Vito. Ma gli outsider non mancheranno.(a.bu.)

L'ex senatore Sonego alla Procura della Corte dei Conti: danno fino a mezzo miliardo. «Serracchiani non si occupi più del Fvg» Esposto contro l'intesa Stato-Regione di Maura Delle Case UDINE Doveva essere a saldo zero e invece la modifica dell'articolo 49 dello Statuto di autonomia rischia di costare caro alle casse Fvg. Calcolato a ritroso, sugli anni che vanno dal 2013 al 2016, per i quali sono disponibili i dati contabili, lo svantaggio ha un valore compreso tra i 143,35 e i 534,32 milioni. L'ha calcolato Lodovico Sonego, già senatore di Articolo 1- Mdp, perplesso da subito rispetto agli effetti della riforma. «Perché tanta fatica per ottenere un accordo il cui risultato è zero? L'avevo detto appena trovata l'intesa e lo ribadisco oggi. Lo Stato non si muove certamente per perderci, tantomeno perché nulla cambi». E difatti, secondo Sonego, il cambiamento c'è. Eccome. Peccato che a guadagnarci non sia il Fvg.Ma facciamo un passo indietro. Lo fa anche il parlamentare nelle 18 pagine del suo dossier che domani invierà all'attenzione del presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, del consiglio regionale e pure della procura regionale della Corte dei Conti. «Sono certo dei numeri che espongo ma non sta a me dire se questi costituiscano danno erariale per le casse della Regione. A stabilirlo - afferma Sonego - dovrà essere la magistratura contabile». Val la pena ricordare in cosa consiste la rivoluzione in atto da gennaio di quest'anno sulle compartecipazioni ai tributi erariali. Sono state quasi tutte allineate al ribasso, a 5,91 decimi, in luogo della pluralità di frazioni vigenti al 31 dicembre 2017. Tutte scese (compresa l'Iva che prima valeva 9 decimi) salvo l'Ires (passata da 4,50 decimi a 5,91). Scelta miope secondo Sonego che rileva: «L'Ires (imposta sugli utili delle imprese) risente dei cicli economici e per questo, negli anni, non la si era mai alzata, prediligendo l'Iva, molto meno soggetta ai tumulti economici. Io stesso, nel 2004, in occasione della regionalizzazione del Tpl e del demanio marittimo, avevo scelto di giocare al rialzo la compartecipazione dell'Iva». Non l'amministrazione Serracchiani che Sonego oggi accusa di aver concesso l'intesa a distanza di appena 24 ore dal ricevimento dalla proposta di riforma dell'articolo 49 dal Mef, «senza alcun sostegno analitico né supporto motivazionale». La giunta avrebbe insomma accordato l'intesa (all'unanimità) prendendo per buona la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato che assicurava il saldo zero. Sonego, i numeri li ha pazientemente messi in fila per dimostrare che non solo le nuove compartecipazioni non consentono di recuperare il gap negativo di quelle "storiche" rimodulate al ribasso, ma che a peggiorare ulteriormente i conti è anche il nuovo criterio di calcolo delle compartecipazioni, basato sul maturato e non sul riscosso. Penalizzante per una piccola regione come la nostra che conta molte grandi aziende con tante localizzazioni extra Fvg. Un tesoretto quando il criterio usato per le compartecipazioni era il riscosso, ora non più. Sonego denuncia l'ennesimo danno e accusa Serracchiani di aver compiuto scelte delicate con superficialità, senza il dovuto approfondimento. «Le rivolgo una preghiera - conclude -: non si occupi più di Fvg».

la replica

Peroni: non è vero, l'accordo salvaguarda le nostre entrate UDINE La rimodulazione delle compartecipazioni ai tributi erariali è frutto di lunghi mesi di trattativa tra Stato e Regione. Rispedisce seccamente al mittente ogni accusa di superficialità l'ex assessore alle finanze della Regione Fvg, Francesco Peroni, chiamandosi però fuori dalla polemica politica. Si limita ad affermare che «quanto introdotto con il secondo patto Padoan-Serracchiani è stato detto, esibito e raccontato, non guardando al passato ma al futuro e l'esito delle simulazioni, basate sui dati forniti dalla Ragioneria, è di invarianza del gettito se non addirittura di leggero aumento». Di più, «all'ultimo articolo, il patto - sottolinea Peroni - prevede che sia effettuata una verifica del saldo zero». L'ex assessore lo conferma con forza. «È risultato evidente per tabulas». Dati alla mano. «Verifiche esperite per mesi ci dicono che non c'è alcuna previsione di ammanco, semmai di attivo». Frutto delle compartecipazioni a nuovi tributi introdotte dal patto che vanno ad affiancarsi a quelle "storiche" rimodulate al ribasso riallineando i piatti della bilancia. Peroni rivendica il duro e lungo lavoro realizzato dalla precedente amministrazione regionale con il sostegno puntuale della ragioneria generale. Un lavoro come detto di mesi, «fatto proprio dal Governo - precisa Peroni - che ha trasfuso in legge di bilancio il contenuto del testo elaborato congiuntamente. Se poi, formalmente, vogliamo andare a vedere le date di trasmissione dei documenti dal ministero e quelle di approvazione della giunta facciamolo pure. Potrebbero essere passati anche 10 minuti per quanto mi riguarda» si lascia scappare Peroni venendo per un attimo meno all'intenzione di restare a distanza dalla polemica. La défaillance dura appena un attimo, poi l'ex assessore torna al merito ricordando che il tempo dedicato all'importante partita finanziaria è stato lungo e intenso. «Ricordo infine che per sciogliere ogni dubbio e calmare le acque, avevamo illustrato al consiglio le modifiche dimostrando anche in quella situazione che invarianza finanziaria che ne risultava». (m.d.c.)

Nel primo quadrimestre dell'anno. Male Asui di Udine, Bassa Friulana-Isontina, Alto Friuli. In utile Pordenone e Cro Sanità, profondo rosso da quasi 30 milioni di Elena Del Giudice UDINE Sanità in profondo rosso nel 1° quadrimestre 2018 in Fvg. Il primo rendiconto a fine aprile, con proiezione al 31 dicembre, senza ovviamente interventi correttivi o inversione del trend, lascia intravedere una perdita complessiva stimata che potrebbe raggiungere i 30 milioni di euro. Il dato arriva dalla somma delle previsioni di bilancio di alcune Aziende sanitarie della regione (mancano infatti i valori di Asui Trieste e Burlo, ndr) contenute nel primo report di monitoraggio.L'Asui di Udine, Azienda sanitaria universitaria integrata, indica infatti un risultano negativo a fine anno di -6,15 milioni di euro; la Aas 2 Bassa Friulana-Isontina stima -10,8 milioni; la Aas 3 Alto Friuli si ferma a -7,29 milioni. Segno più invece per Aas 5 Friuli occidentale, che stima un avanzo di esercizio di 48 mila euro, e per il Cro di Aviano, che conta di chiudere a +613 mila euro.Asui UdineNel report del primo quadrimestre, l'Asui Udine segnala, tra le voci di costo che incidono di più sul risultato, i beni sanitari, con «andamento in aumento». Segno più per i prodotti farmaceutici, con quelli in Dpc (distribuzione per conto) «nel quadrimestre presentano un aumento pari all'11% rispetto allo stesso periodo del 2017». La farmaceutica ospedaliera, al netto del costo per farmaci oncologici e onco-ematologici è in linea con 2017 «ma quest'ultimi - spiega l'azienda - presentano un incremento pari a 9%». Per quanto concerne i dispositivi medici «buona parte dello scostamento con il dato di preventivo è dovuto alle attività di laboratorio analisi e microbiologia e virologia del centro hub e dei centri di laboratorio spoke e all'attività di chirurgia robotica presso l'urologia».Aas 2L'Azienda Bassa Friulana-Isontina indica, all'origine dello scostamento, sopratutto il forte incremento alla voce "beni sanitari" legato ai nuovi farmaci ad alto costo. Pesano sul bilancio anche gli acquisti di servizi sanitari e non sanitari.Aas 3Nel bilancio dell'Azienda dell'Alto Friuli pesano i maggiori costi relativi all'ingresso del Comune di Sappada in Fvg, la cui popolazione, per gli aspetti sanitari, fa riferimento alla Aas 3, l'andamento della mobilità sanitaria per ricoveri, e soprattutto i +4,4 milioni di incremento rispetto alle previsioni relativo ai maggiori costi per farmaci ad alto costo.Aas 5La Aas 5 del Friuli occidentale presenta un rendiconto in cui si «espone un risultato di sostanziale equilibrio economico al 31 dicembre 2018, con un risultato positivo stimato in 48.469 euro», si legge nella relazione. L'andamento dei ricavi dell'azienda «risente dell'aumento favorevole dell'attività di ricovero erogata a pazienti statunitensi, per cui è stimata in aumento rispetto all'esercizio precedente». Il trend della spesa per beni sanitari e farmaci è lo stesso in tutta la Regione, ma diversamente dalle altre aziende, in Aas 5 al momento resta "dentro i vincoli", ma si anticipa «il probabile sforamento del costi per i dispositivi medici».CroAnche il Centro di riferimento oncologico di Aviano stima di chiudere in utile, circa 613 mila euro. Un risultato reso possibile da un aumento dell'attività (e di conseguenza dell'attrazione regionale ed extra regionale) che compensa l'incremento dei costi di farmaci e beni sanitari.

2 GIUGNO

La "road map" del presidente: fondamentale discutere di sicurezza e fiscalità Soddisfazione di Lega e M5s. Fratelli d'Italia: da noi opposizione responsabile Fedriga: ottima notizia daremo il via ai confronti di Mattia Pertoldi UDINE Tutto cambia ormai alla velocità della luce, in questa "pazza" Italia uscita dalle Politiche del 4 marzo. Se appena una manciata di giorni fa, quando la figura di Carlo Cottarelli e del suo Governo balneare si stagliava su palazzo Chigi, Massimiliano Fedriga aveva infatti spiegato come per il Fvg si facesse «tutto più duro», adesso per il governatore - con la Lega in cabina di regia - il quadro complessivo, anche per la Regione, è stato capovolto. Si spera in meglio.«La nascita del nuovo Governo - ha detto il presidente - è una notizia positiva non soltanto per il Paese, ma anche per il Fvg. Finalmente potremo disporre di un interlocutore con il quale discutere di fiscalità, patti finanziari e sicurezza. Temi che l'amministrazione regionale considera di primaria importanza ma che, in assenza di un esecutivo nazionale, non potevano che rimanere chiusi nel cassetto dei buoni propositi». Un esecutivo "del cambiamento", dunque, con il Carroccio che - da a Giancarlo Giorgetti, passando per Erika Stefani - ha piazzato i suoi esponenti in ministeri chiave, tanto per l'Italia quanto per il Fvg, e infatti Fedriga lo evidenzia chiaramente. «Sono inoltre particolarmente felice di ritrovare nella squadra di Governo - sostiene - i nomi di persone con le quali ho condiviso un percorso importante e sulle cui capacità e motivazioni non nutro dubbio alcuno. A loro, e a tutti i ministri, vanno gli auguri di buon lavoro».Il governatore sorride, al pari dei suoi compagni di partito come la deputata Vannia Gava. «Meglio di così non sarebbe potuto andare - sostiene -. La Lega ha ottenuto sei ministeri, cinque più il ruolo di sottosegretario a palazzo Chigi, e Salvini, che ha gestito alla perfezione questa fase turbolenta, ha scelto persone molto preparate per i dicasteri e in grado di mantenere quanto abbiamo promesso ai cittadini in campagna elettorale. Adesso rimbocchiamoci le maniche e cominciamo a lavorare a partire da immigrazione e legge Fornero».Riavvolge i nastri della memoria, fino a dove tutto è cominciato, invece, l'onorevole grillina Sabrina De Carlo ricordando su Facebook «un movimento nato grazie alla follia di un comico e di un imprenditore che detestava le ingiustizie e che, senza controllare giornali o televisioni, senza avere una sede e rifiutando 42 milioni di euro di rimborsi elettorali arriva, in poco tempo, al Governo del Paese» oltre a ringraziare «Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio». E se in casa Forza Italia le bocche restano cucite, promettono un'opposizione responsabile gli esponenti locali di Fratelli d'Italia partito che, per qualche ora, ha sperato di entrare al Governo, ma si è scontrato sul veto di . «Non c'è nessuna delusione - dice il deputato udinese Walter Rizzetto -. Adesso ci prepariamo a un'opposizione giusta e seria in Parlamento. Valuteremo i singoli provvedimenti e poi decideremo come votare. Certo mi fa un po' sorridere, sinceramente, l'opposizione di Di Maio al nostro ingresso nell'esecutivo perché, lo ha fatto capire tra le righe, saremmo troppo di destra. Al nuovo ministro ricordo che già nel 1982 Giorgio Almirante disse che l'allora Msi non doveva più dirsi fascista né avere nostalgia di un certo passato, figuriamoci noi nel 2018. E il M5s ha scelto di governare con la Lega che non mi sembra proprio un partito di centrosinistra».Sulla stessa linea d'onda anche Luca Ciriani, senatore pordenonese del partito di Giorgia Meloni. «Francamente credo che Di Maio - sostiene l'ex vicepresidente della Regione - sia stato messo sotto scacco, politicamente, dall'ala del M5s che fa riferimento a Roberto Fico e guarda più a sinistra. Se ci siamo sentiti usati? No. Di fronte a una situazione drammatica per il Paese, che non sembrava trovare una via d'uscita, Meloni ha mostrato grande senso di responsabilità e serietà offrendo l'appoggio di Fratelli d'Italia». Una mano testa rifiutata, però, con il partito mandato quindi in minoranza. «Voglio capire come potranno governare insieme Lega e M5s - conclude Ciriani -. Adesso siamo ancora in luna di miele, ma dall'autunno, quando cominceranno le discussioni sulla legge di Bilancio e si dovrà decidere come anestetizzare l'aumento dell'Iva, credo si apriranno le prime crepe considerato come sul tema il programma grillino sia diverso da quello del centrodestra. Da parte nostra, in ogni caso, assicuriamo un'opposizione responsabile. Voteremo ogni provvedimento di centrodestra senza alcun problema. Sugli altri, invece, ci riserviamo di giudicarne la bontà. Senza alcun preconcetto oppure partigianeria, ma con, sicuramente, più di qualche perplessità».

L'ex rettore di Udine era stata scelta da Cottarelli: «Per me è stato un onore» Compagno e il ministero sfumato

UDINE Ministro dell'Istruzione "in pectore" per qualche giorno, scelta personalmente da Carlo Cottarelli per la sua - ormai tramontata - squadra di Governo prima che M5s e Lega trovassero l'accordo finale in grado di dfare partire il loro "esecutivo del cambiamento". È la storia, molto recente, di Cristiana Compagno, ex rettrice dell'università di Udine e presidente di Mediocredito Fvg, che per un po' è stata, davvero, a un passo dall'entrare al Governo.«Sono stata contattata a inizio settimana - racconta Compagno - direttamente da Cottarelli che, onestamente, non conoscevo personalmente mentre facevo lezione a Pordenone. Mi ha detto che avrebbe voluto affidarmi la guida del ministero dell'Istruzione e dell'Università del Governo tecnico che il presidente della Repubblica aveva intenzione di fare nascere per traghettare il Paese alle elezioni. Ho temporeggiato, ma poi ho accettato e ho preso un treno per Roma. Sono una donna delle istituzioni, al servizio delle istituzioni e sarebbe stato un onore servire, anche se per poco, il mio Paese».Compagno trascorre nella capitale praticamente tutta la settimana. A seconda dei giorni, anzi delle ore, Cottarelli sembra più vicino e poi più lontano a palazzo Chigi fino a quando non diventa una chimera. «Il Governo tecnico sarebbe stata l'extrema ratio per uscire dalla stasi in cui era precipitata l'Italia - spiega l'ex rettrice - perché sarebbe nato senza legittimazione popolare e, molto probabilmente, anche privo del sostegno dei due rami del Parlamento. Sarebbe servito soltanto a portare l'Italia alle urne attraverso una transizione ordinata. Quella del Governo politico è, in assoluto, la soluzione migliore».Un ministero mancato, insomma, per Compagno e a molti questa potrebbe sembrare l'occasione della vita sfumata sul filo di lana. Non però per la docente friulana. «Sono molto onorata e grata a Cottarelli - conclude - e alla presidenza della Repubblica per aver pensato a me come potenziale ministro tecnico. Ma resto volentieri a fare il professore universitario e ai miei ritmi che, dopo gli anni da rettore e poi da presidente di Mediocredito Fvg, avevo ormai perso. Se mi hanno chiesto di entrare nel Governo M5s-Lega? No e comunque sarebbe stato impossibile e non avrei mai accettato. Non essendo schierata da una parte o dall'altra avrei potuto essere parte soltanto di un esecutivo tecnico, mai di un Governo politico».Niente da fare, quindi, per Compagno e nemmeno per il Fvg che ancora una volta resta a bocca asciutta nella composizione di un Governo nazionale. Privo di rappresentanti nell'esecutivo a differenza, ad esempio, del Veneto che si porta a casa tre ministri: Riccardo Fraccaro, Erka Stefani e Lorenzo Fontana. (m.p.)

Incontro a Roma del governatore con Serracchiani Primo incontro ufficiale, dopo le elezioni del 29 aprile, tra il nuovo presidente della Regione Massimiliano Fedriga e l'ex governatrice Debora Serracchiani. A Roma, alla presenza anche dell'ex ministro - e attuale capogruppo Pd alla Camera - Graziano Delrio e al vicepresidente di Montecitorio Ettore Rosato, Fedriga e Serracchiani hanno discusso delle principali tematiche sul tavolo del Fvg nei rapporti con lo Stato: dai patti finanziari siglati dal centrosinistra con Roma negli ultimi anni, al tema delle compartecipazioni al destino dell'Autonomia.

il carroccio

Pittoni in corsa per diventare sottosegretario all'Istruzione UDINE Il tam-tam romano sostiene che il senatore Mario Pittoni - presidente regionale della Lega e responsabile federale del Carroccio per quanto riguarda la scuola - potrebbe presto entrare al Governo. Non, come aveva sostenuto qualcuno nel recente passato, da ministro dell'Istruzione - ruolo assegnato all'ex provveditore Marco Bussetti - bensì come sottosegretario, per quanto allo stesso dicastero.«Vedremo, ma io certamente non sono alla ricerca di poltrone» si limita a commentare il senatore friulano. Attenzione, però, perché le voci, in questo senso, sono doppie. Se qualcuna, infatti, descrive Pittoni come possibile sottosegretario, ce ne sono altre che lo metteno in pole position per la presidenza a palazzo Madama della Commissione che si occupa delle materie legate all'Istruzione.Pittoni, molto vicino a Roberto Calderoli all'interno del partito, è alla sua seconda legislatura a Roma, sempre al Senato, dopo quella datata 2008-2013. Negli ultimi cinque anni, invece, l'esponente del Carroccio è stato, nei fatti, l'unico rappresentante delle Lega all'opposizione in Comune a Udine. Nonostante l'elezione in Senato il 4 marzo, inoltre, Pittoni si è ricandidato, lo scorso 29 aprile, a palazzo D'Aronco venendo rieletto. Tutti, o quasi, si aspettavano una corsa di bandiera, legata al possibile traino elettorale di un politico già conosciuto e con alle spalle l'esperienza dei cinque anni tra i banchi della minoranza. Quasi tutti, anche all'interno del Carroccio, erano convinti, in altre parole, che, una volta eletto in Comune, Pittoni si sarebbe dimesso - lasciando spazio a qualche volto nuovo della Lega - per concentrarsi sul Senato. Così non è stato perché Pittoni ha sostenuto di voler completare il lavoro svolto all'opposizione e di non vedere nessuno, tra gli eletti, in grado di sostituirlo. Scelta lecita, per quanto discutibile, ci mancherebbe. Ma certamente il discorso cambierebbe se entrasse al Governo. In quel caso sarebbe quantomai difficile - oltre che politicamente incomprensibile - fare collimare il ruolo apicale nell'esecutivo nazionale con le discussioni in Consiglio comunale. (m.p.)

Presidio ieri a Pordenone a sostegno di Mattarella. Oggi i dem udinesi con l'Anpi Monito Pd: unità attorno alla Carta

PORDENONE I giorni delle manifestazioni di piazza dai grandi numeri sembrano lontane. Sembrano più i "giorni dell'abbandono" per il Partito democratico che, nel segno della difesa della Costituzione e del presidente della Repubblica, ieri sera era in piazzetta Cavour a Pordenone con bandiere, Tricolore e volantini nel segno della Repubblica. C'erano Sergio Bolzonello e Chiara Da Giau a rappresentare il consiglio regionale - assente Nicola Conficoni, presente l'ex consigliere Armando Zecchinon -, il presidente dell'assemblea provinciale Ivo Lot, che supplisce anche al vuoto lasciato dalle dimissioni dell'ex segretario Cescutti, consiglieri e militanti di Maniago, Spilimbergo, Cordenons e Porcia, non pervenuti gli eletti di Pordenone. «Oggi dovremmo essere di più qui, queste cose dobbiamo dircele apertamente» ha usato la consueta schiettezza Annamaria Poggioli. Pochi i discorsi a microfono. Ivo Lot ha parlato di Europa di pace di cui l'Italia è stata fondatrice: «Il confronto democratico passa attraverso il rispetto delle istituzioni, a garanzia di un interesse pubblico. Purtroppo in questi tre mesi si è consumato teatrino della politica: alcuni politici si sono comportati come bulli prepotenti in un parco giochi per bambini». E per l'Anpi Mattarella «è un esempio per la tutela della nostra democrazia». Applausi. «Tutti quanti abbiamo avuto di sollievo istantaneo nel momento in cui abbiamo appreso che il governo si sarebbe fatto. Ma non dobbiamo abbassare la guardia perché questo governo detto del cambiamento, in realtà è pericoloso per le cose in cui noi crediamo e per le quali abbiamo lavorato per risollevare l'Italia - ha argomentato Chiara Da Giau -. Dobbiamo capire che il centrosinistra non è finito, ma deve ritrovare la forza e l'entusiasmo per gridare i valori e i diritti nei quali crediamo. Avremo davanti giorni difficili. Ne abbiamo già avuto uno col primo atto della Regione che ha scelto di uscire dalla rete contro le discriminazioni. Ci saranno giorni bui, ma abbiamo la luce dei valori per affrontarli». Il Pd della provincia di Udine, invece, ha deciso di aderire alla manifestazione organizzata dall'Anpi, oggi alle 17 nella sede dell'associazione, in via Brigata Re a Udine, per un brindisi augurale «di speranza e di fiducia nel futuro democratico delle nostre istituzioni». (m.mi.)

IL PICCOLO 4 GIUGNO

Giovedì la discussione sul programma illustrato da Fedriga: l'uscita della nuova giunta dalla rete antidiscriminazioni appesantisce la lista dei temi su cui si annuncia bagarre Lo scontro sui diritti dei gay avvelena il "pre dibattito" di Marco Ballico TRIESTE Uti, sanità e migranti erano le questioni annunciate per scaldare l'aula. Ma, dopo l'uscita della Regione da Re.a.dy, la Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, pure i diritti divideranno i gruppi in Consiglio, giovedì prossimo, giorno del dibattito sul programma di governo presentato da Massimiliano Fedriga. «Noi, sui diritti, non arretriamo di un centimetro», premette infatti Sergio Bolzonello, capogruppo del Pd. «Non si tratta di arretrare, ma di comprendere che le scelte operative sono diverse», ribatte Mauro Bordin, leader del gruppo più numeroso, quello della Lega. Il clima, come previsto, è già caldo. Perché a centrosinistra nessuno si aspettava un atto così simbolico e immediato a segnare il cambio di giunta. E Bolzonello, che pure è pronto a dare battaglia anche sulle annunciate controriforme in materia di enti locali e servizio sanitario regionale, parte proprio dalla vicenda della Rete: «Tra i primi, preoccupanti atti della giunta, metto in testa l'uscita da Re.a.dy. Noi, su queste tematiche, non molleremo. Come una buona opposizione sa fare, non faremo sconti, ma non avremo preconcetti. Sui diritti, mi pare purtroppo che non si tratti più di preconcetti, ma di certezze». Secca la replica di Bordin: «Uscire da Re.a.dy non significa cancellare, ma neanche diminuire l'attenzione verso i diritti delle persone. E, per questo, non si capisce perché ogni volta parta il balletto dell'altra parte, con tanto di accuse di oscurantismo e fascismo, quando invece ci troviamo semplicemente davanti ad una giunta che procede su una strada diversa senza penalizzare nessuno». Più in generale, Bolzonello ritorna alle criticità già sollevate la scorsa settimana alla presentazione del programma: «Siamo rimasti perplessi per aver ascoltato una sfilata di titoli all'interno di una quasi totale assenza di contenuti. Dopo la campagna elettorale - prosegue il capogruppo dem - sarebbe stato opportuno che il presidente proponesse un metodo di lavoro su come affrontare i problemi, spiegando magari come intende risolverli. Concretamente, nulla si è invece capito dove la maggioranza voglia andare a parare». L'auspicio di Bolzonello è appunto che il 7 giugno «si comprenda come i gruppi del centrodestra ritengano di assecondare l'operato della giunta. Attendiamo di vedere se c'è sintonia tra esecutivo e aula». È ancora il capogruppo leghista ad assicurare che i contenuti ci saranno. «Procederemo nel rispetto del programma presentato dal presidente, posizioni che il movimento sostiene da tempo», sostiene Bordin insistendo sugli enti locali: «L'impegno dell'assessore Roberti, che non a caso si è mosso immediatamente, è quello di ricostruire un sistema che sta vivendo gli esiti nefasti del conflitto istituzionale senza precedenti provocato dall'amministrazione precedente. Nessun dubbio che la legge 26 vada rivisitata in maniera sostanziosa. Per farlo, tuttavia, passeremo attraverso un confronto con i diretti interessati. Ed è certo che non caleremo la riforma dall'alto, il metodo di lavoro sarà totalmente diverso». Bordin entra nel merito delle cose che, viste dalla Lega, non vanno: «Ci sono Comuni sull'orlo del collasso, Unioni che non hanno mai funzionato, sindaci costretti a fare le carte d'identità per la carenza di personale negli enti. Una questione che riguarda anche la sanità. Prima di definire il nuovo modello delle aziende, dovremo preoccuparci di aumentare gli addetti in corsia». Al centro del dibattito, giovedì, anche altri passaggi chiave del mandato: accoglienza dei migranti, rapporti finanziari con Roma, Ferriera ed emergenze ambientali. Ma andrà pure chiarito in che modo procedere alla conferma del contributo di solidarietà imposto agli ex consiglieri beneficiati da vitalizi che continuano a pesare quasi sette milioni di euro all'anno.Sconti, di sicuro, non arriveranno dagli alleati di governo della Lega di Max, in questo caso non regionale ma nazionale, dei Cinquestelle, che nel programma di Fedriga vedono «pochi contenuti e tante dimenticanze». «Il presidente si è soffermato più sul metodo che nel merito delle questioni», scrivono i consiglieri regionali M5s, che annunciano «un atteggiamento propositivo e costruttivo» con una costante vigilanza «sull'operato di questa giunta».

Il leghista Zannier, neoassessore alle Risorse agricole, conferma il no agli Ogm «Difenderemo tutte le tipicità»

TRIESTE «Il frico o la jota? Io sono onnivoro». Dopo l'assessore leghista del "tipicamente friulano", Claudio Violino, l'assessore leghista che sta molto attento a non infastidire una parte del territorio. Stefano Zannier, spilimberghese di 46 anni, originario di Vito d'Asio, ex assessore in Provincia della giunta Ciriani, assicura che la difesa dei prodotti tipici riguarderà, a partire dalle insegne, tutta la regione: «Il nostro marchio è il Friuli Venezia Giulia». Zannier, in Lega da quanti anni? Non li conto nemmeno più. Da segretario delle circoscrizioni a commissario della provincia di Udine a segretario di Pordenone, ho fatto tutta la trafila. Ha un diploma di geometra. Che cosa faceva prima di entrare in politica? Il responsabile di qualità in un'azienda. Poi l'agente di commercio. Risorse agricole e agroalimentare sono un mondo nuovo? Solo in parte. È un ambiente che mi risulta familiare. Come si muoverà nella prima fase del mandato? La prima cosa da fare è gestire le emergenze. Già in questi giorni sono alle prese con le problematiche legate al Piano di sviluppo rurale: dobbiamo raggiungere un livello di pagamento minimo per non dover restituire i soldi. Sarò nei prossimi giorni a Roma, in Agea, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, per sbloccare lo stallo. Il resto è un continuo ascolto degli operatori in modo da poter poi programmare al meglio.Confermata la linea anti Ogm della Regione? Non si può prendere una posizione diversa. Se lo ricorda Violino e il "tipicamente friulano"? Fu un errore quello slogan? Furono scelte che alla base avevano l'idea di identificare un territorio. Io preferisco però pensare a un pacchetto complessivo che promuova il brand Friuli Venezia Giulia. Non è un ancora un "claim", che va ancora individuato, ma il concetto è quello. La fortuna del Fvg? Tipicità, ambiente, operatori, diversificazione di prodotto che costituiscono un unicum molto competitivo sul mercato.La scelta di chiamare Friulano il Tocai è stata azzeccata? La risposta la dà il mercato. Non ho seguito il percorso di allora, ma mi pare non ci fossero soluzioni migliori. Vini bianchi o rossi? Li bevo entrambi. L'importante è abbinarli in maniera corretta. Carne o pesce? Carne.I suoi hobby? La mia passione è la montagna. Camminare in alto è la cosa che faccio con maggiore piacere. Il leghista suo punto di riferimento? Oggi Massimiliano Fedriga. In passato, tra tanti, l'ex consigliere regionale Matteo Bortuzzo. Le piace il governo con i 5 Stelle?Produrrà un'interlocuzione fruttuosa anche per il Fvg. m.b. lutto

Addio a Toros anima Dc e ministro di Aldo Moro TRIESTE Mario Toros è deceduto ieri all'età di 95 anni. L'ex politico di lungo corso della Dc era ricoverato all'ospedale di Udine. Toros, nato a Pagnacco nel 1922, è stato tra i fondatori della Cisl. Parlamentare per quasi trent'anni, ha imboccato la carriera politica a partire dal Dopoguerra iniziando come consigliere comunale a Tavagnacco e a Manzano. È stato sottosegretario al Lavoro e alla Previdenza sociale con i presidenti del Consiglio Mariano Rumor, Emilio Colombo e Giulio Andreotti, e per due volte ministro con delega ai problemi delle Regioni e altre due volte ministro del Lavoro con il governo Moro all'epoca del terremoto del 1976 in Friuli. «Pochi politici come Toros hanno inciso così tanto nella storia della nostra regione», ha commentato il presidente del Fvg Massimiliano Fedriga: «Con la sua scomparsa finisce una pagina di storia che dovrà restare sempre aperta, perché il suo impegno e la sua passione politica rappresentano un grande esempio di competenza e di amore per la propria terra». Il vicegovernatore Riccardo Riccardi piange «una voce saggia e competente che ancora oggi avevo il privilegio di poter ascoltare». «Il Fvg e il Paese perdono uno dei più alti testimoni di quella politica che è stata capace di portare importanti cambiamenti attraverso le lotte per la libertà e il progresso sociale», le parole del capogruppo del Pd Sergio Bolzonello.«Aveva una straordinaria capacità di ascolto - ha sottolineato il segretario regionale Pd Salvatore Spitaleri - è stato un maestro di politica e un alto testimone del nostro tempo». Così Sandra Savino, parlamentare Fi: «È stato uno degli uomini politici più rappresentativi e illuminanti che il Fvg abbia conosciuto».

3 GIUGNO

Il cambio di maggioranza apre la nuova stagione delle nomine nelle partecipate Conferme a tempo per i direttori di prima fascia dell'ente: un anno per valutarli Da Promoturismo all'Ersa Tutte le poltrone in bilico di Marco Ballico TRIESTE I direttori di Palazzo possono dormire sonni tranquilli, ma fino a un certo punto. Saranno rinnovati nei ruoli apicali anche con il nuovo corso ma, con ogni probabilità, il primo contratto non durerà più di un anno, il tempo necessario a Massimiliano Fedriga per valutare modalità e risultati del lavoro di vertice nella pubblica amministrazione. Il vero spoil system riguarderà invece enti e partecipate. A partire da Promoturismo, in scadenza a inizio agosto. Quasi certamente Marco Tullio Petrangelo, direttore generale dell'ente che si occupa del turismo regionale, non passerà come un manager per tutte le stagioni. Vicinissimo a Sergio Bolzonello, e non a caso scelto dall'ex vicepresidente a gestire la fusione tra Promotur e Turismo Fvg, ha portato a casa numeri eccellenti sul fronte di arrivi e presenze turistiche, ma è targato e dunque è verosimile che non sarà riconfermato. Volti nuovi forse anche a Ersa (Serena Cutrano si divide con la vicedirezione centrale delle Risorse agricole), Erpac (Gabriella Lugarà), Ardiss (Cinzia Cuscela) e Arpa, anche se Luca Marchesi è dato in scadenza a fine anno e dunque quella casella non è ancora all'ordine del giorno. La data chiave sul calendario è mercoledì primo agosto, 90 giorni dopo l'insediamento della giunta Fedriga. Dal giorno successivo la Regione nominerà direttori e vicedirettori e, come fatto in settimana con Gianni Cortiula alla Salute, il contratto sarà con ogni probabilità annuale (la durata minima). Nulla di diverso da quanto decise di fare Serracchiani all'inizio del suo mandato, prima di procedere a sottoscrivere un secondo contratto con scadenza fissata al termine del quinquennio. La squadra dei direttori centrali, con la sola eccezione della novità Cortiula, sarà dunque composta ancora da Paolo Viola alle Finanze, Antonella Manca alle Autonomie, Anna Del Bianco alla Cultura, Roberto Giovanetti all'Ambiente, Magda Uliana elle Infrastrutture, Lydia Alessio-Vernì alle Attività produttive, Francesco Miniussi alle Risorse agricole e Nicola Manfren al Lavoro. Un'altra certezza è la rinomina del direttore generale Franco , in scadenza il 28 giugno, di cui Fedriga ha stima e fiducia. Milan è ad interim pure impegnato nel segretariato generale, un ufficio sotto osservazione, come del resto quello di gabinetto. L'intenzione è di valutare ai piani alti della macchina come rivedere se non accorpare qualche poltrona con l'obiettivo del risparmio. Le risorse eventualmente recuperate potrebbero essere reinvestite per attirare professionisti esterni cui affidare enti, a partire proprio da Promoturismo Fvg, e partecipate. Sotto esame pare essere infatti il tetto piazzato da Serracchiani, 150mila euro lordi onnicomprensivi, per i manager di nomina pubblica. Fedriga potrebbe convincersi ad alzare quella cifra, in modo da incrementare, nelle intenzioni, la qualità delle governance. Il tema è quello delle partecipate. Un caso a parte per Autovie, destinata a lasciare il posto il prossimo autunno a una società interamente pubblica in modo da evitare la gara europea per il rinnovo della concessione autostradale. In scadenza già quest'anno sono anche l'Interporto di Cervignano (il presidente è Fulvio Tomasin) e Ferrovie Udine-Cividale (l'amministratore unico è Maurizio Ionico), mentre Giacomo Borruso, presidente dell'Interporto di Trieste passato sotto il controllo di Friulia, risulta in proroga. Dalla stessa Friulia, dove alla presidenza c'è un'altra scelta convinta di Serracchiani, Pietro Del Fabbro, manager che ha attraversato diverse stagioni anche in Autovie, fino a Finest (Mauro Del Savio), Fvg Strade (Giorgio Damiani), Mediocredito Fvg (Emilio Casco), Aeroporto Fvg (Antonio Marano) e Insiel (Simone Puksic), i vertici sono invece scadenza nel 2019. Pur trattandosi quasi sempre di nomine politiche, e dunque del centrosinistra, ognuna è una situazione a sé. Toccherà a Fedriga, che ha sempre ribadito di voler confermare chi ha lavorato bene, pesare risultati e operatività di presidenti e cda. Per quel che riguarda Mediocredito e Aeroporto, inoltre, c'è anche da verificare se andranno a buon fine le trattative in corso. La banca regionale, con l'assessore Barbara Zilli che ha fatto slittare l'assemblea di bilancio (il sesto consecutivo in rosso) per metterci la testa sopra, attende l'integrazione del gruppo Iccrea. Trieste Airport ha invece attivato il percorso di privatizzazione di quasi metà delle quote.

La leghista Zilli, neoassessore alle Finanze: «Punto a rinegoziare i patti con Roma» «Io umile, sempre pronta a imparare»

TRIESTE «La prima reazione quando Fedriga mi ha dato la delega alle Finanze? Favorevolmente stupita». Barbara Zilli sembrava dover fare l'assessore al Lavoro e invece si ritrova al Bilancio, terreno minato in cui la sanità drena oltre la metà dei finanziamenti, i margini di manovra sono ristretti, ma serve comunque inventiva. «Se mi sento all'altezza? No, ma è sempre stato così nella mia vita. Sono molto umile».Le Finanze Fvg passano dal rettore dell'Università, Peroni, all'avvocato che, di economia, nel curriculum ha il diploma di ragioneria...I tecnici hanno spesso una visione ridotta dei problemi. Un buon assessore deve saper dare un'impronta politica al lavoro della direzione. Nei miei uffici ci sono persone molto preparate, dal direttore Paolo Viola a chi lo affianca.Che cosa pensa di poterci mettere di suo?È la vera sfida che ho raccolto quando ho accettato la proposta di Fedriga. Credo di poter incidere in particolare sulla rinegoziazione dei patti finanziari con Roma e sul rilancio del progetto fiscalità di vantaggio.L'accordo Serracchiani-Padoan va rivisto da subito?Sarà il primo atto fondamentale dopo l'assestamento estivo.Cosa farà quando i colleghi la tireranno per la giacca per strappare risorse?Ascolterò ogni richiesta e cercherò di lavorare di squadra, il modo migliore per approvare un bilancio equilibrato. Ma, da avvocato, non farò il notaio.Competitiva?Ho fatto atletica leggera a livello agonistico.Specialità?Dal mezzo fondo sono passata a 400 piani e 400 ostacoli. E sono diventata campionessa regionale categoria allievi.Quando ha smesso?Quando ho iniziato l'università. Ma corro ogni anno a Telethon: un'ora, dieci chilometri e mezzo. Com'è fare la mamma? Matteo ha tre anni e tre mesi, Marco ne fa cinque ad agosto. Li coccolo quanto possibile.Che musica ascolta?Ultimamente solo la radio, l'informazione. Le poche volte in cui stacco scelgo il pop-rock: dagli U2 a Ligabue.L'ultimo concerto visto?Il Liga a Trieste.Vasco Rossi a Lignano?Non ce l'ho fatta.Il romanticismo?Laura Pausini.Gli hobby?Andare in bicicletta, camminare in montagna e cucinare.Il piatto che le riesce meglio?Le lasagne alla bolognese. Il piatto tradizionale di mia mamma in ogni occasione di festa.Chi l'ha convinta a fare politica?L'ex consigliere regionale Enore Picco. Oltre alla volontà di impegnarmi per la mia comunità.Leghista per convinzione?Sono cresciuta con una cultura di sinistra, quella che ti inculcano a scuola.Un punto di riferimento di allora?Enrico Berlinguer.Che cosa l'ha fatta cambiare idea?Il fatto che molti di quei principi fossero irrealizzabili. La Lega è il movimento che più dà concretezza alle mie convinzioni.Meglio la Lega di Bossi o quella di Salvini?Due momenti diversi. Quella di Salvini è sintesi degli ideali bossiani, ma al tempo stesso moderna e allargata. Matteo ha una marcia in più.Il leghista preferito?Luca Zaia.Marco Ballico.

Il caso 112 approda al Senato con Stabile, Zalukar e Riccardi il dibattito Il nuovo corso della sanità regionale va in gita a Roma. La bandiera è quella di Forza Italia sotto le cui insegne arriverà nella capitale il nuovo assessore alla Salute del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, affiancato dai coniugi Laura Stabile e Walter Zalukar, medici esperti di emergenza sanitarii. Lei diventata senatrice, lui primo dei non eletti in Consiglio regionale. Il trio sceglie la biblioteca del Senato "" per enunciare le proprie proposte in merito all'aggiustamento dei meccanismi del numero unico 112, attiratosi fin dalla nascita gli strali dell'opposizione di centrodestra in Fvg. Oggi che i ruoli si sono ribaltati, la senatrice invita Riccardi a Roma per una giornata di approfondimento sul 112. Di emergenza in Fvg parleranno suo marito e il segretario triestino del Sindacato autonomo di polizia, Lorenzo Tamaro, oltre al medico legale Alessandro Peretti. Il caso del Fvg sarà confrontato con quelli di Piemonte, Lombardia e Lazio: un relatore a testa per le altre regioni, quattro per il Fvg. Stabile si ritaglierà introduzione e conclusioni, accanto a Riccardi e alla senatrice Renata Polverini, ormai primo riferimento nazionale dei forzisti del Fvg. (d.d.a.)

2 GIUGNO

IL NUOVO GOVERNO»LE RICADUTE IN FVG di Diego D'Amelio TRIESTE Un sottosegretario all'Istruzione e un capogruppo al Senato. Potrebbe essere questo il bottino che la classe politica del Friuli Venezia Giulia porterà a casa grazie alla formazione del governo gialloverde. Voci sempre più insistenti vedrebbero infatti il grillino Stefano Patuanelli in pole position per subentrare a Danilo Toninelli nella guida del plotone pentastellato a Palazzo Madama. Sul fronte leghista, il senatore friulano Mario Pittoni sembra invece potersi giocare una carta come sottosegretario nell'ambito della scuola e dell'università, dopo essere stato accreditato a lungo per la poltrona di ministro, andata infine al collega di partito Marco Bussetti. Accanto a Patuanelli e Pittoni sono però diversi i personaggi che potrebbero trovare nell'esordio della presunta Terza Repubblica il soddisfacimento delle proprie aspirazioni, tra ambizioni a un ruolo di governo, ingresso negli staff parlamentari e assegnazione di ruoli di tipo tecnico. Il senatore grillinoLa promozione di Toninelli a ministro delle Infrastrutture potrebbe spianare la strada del triestino Patuanelli. Il gruppo del Senato è dotato di cinque vice, ma il titolo di viario appartiene al solo Vito Crimi: quest'ultimo sembra tuttavia prossimo all'incarico di sottosegretario con delega ai Servizi segreti. La partita per la successione sarà dunque giocata fra Patuanelli, Vilma Moronese, Gianluca Perilli e Daniele Pesco. Le decisioni saranno prese lunedì, quando il gruppo sarà convocato in assemblea e Luigi Di Maio avanzerà la sua proposta di sostituzione. Dopo Ettore Rosato e Massimiliano Fedriga, capigruppo del Pd e della Lega alla Camera nella scorsa legislatura, potrebbe esserci ancora una volta spazio per un giuliano, che fra i papabili è quello con la militanza più lunga e forse il più vicino al capo politico del M5s. Il ministro mancato Potrebbe consolarsi con un sottosegretariato il leghista Pittoni, a oggi senatore e responsabile nazionale delle politiche scolastiche del Carroccio. Il friulano conosce bene gli ambienti di viale Trastevere, ma ciò non gli è bastato per conquistare lo scettro ministeriale. Ecco allora prendere corpo l'ipotesi del ruolo di sottosegretario o di presidente della commissione Istruzione del Senato. Pittoni nega la delusione e fa il modesto: «Sono legato a questo mondo da vera passione e mi basta dare la linea al partito su scuola e università. Chi è stato indicato ministro è un amico e c'è fra noi sintonia assoluta: produrremo un lavoro proficuo». Dalla bocciatura al governoPunta a un posto nell'esecutivo anche Vincenzo Zoccano, candidato dal Movimento 5 stelle nel collegio uninominale della Camera di Trieste e presentato da Di Maio come una delle «punte di diamante», pescate dalla società civile nel tentativo di vincere la dura battaglia del maggioritario. Presidente del Forum italiano sulla disabilità, Zoccano ha rapporti diretti con Di Maio e grande voglia di impegnarsi sullo scenario nazionale, tanto da aver cercato la candidatura sia con il Pd che con Fratelli d'Italia. Chissà che l'ambizione non si traduca ora in un sottosegretariato nel ministero per la Disabilità attribuito a Lorenzo Fontana. La fiche di FedrigaIl governatore potrebbe far contare il proprio peso nella Lega e la rinuncia a un posto certo da ministro, per nobilitare un proprio fedelissimo nell'esecutivo. Fedriga era stato immaginato da Matteo Salvini come possibile responsabile del Lavoro e potrebbe ora avanzare in cambio un proprio nome, di estrazione politica o tecnica. Dopo la scorpacciata di poltrone, nella Lega non sembrano però essere rimaste in regione figure libere di rilievo: la scelta potrebbe cadere allora sulla deputata Vannia Gava. Da giorni circola pure la voce della possibile investitura di Ferruccio Saro, vicino al governatore ed esperto navigatore dei mari romani. Il tecnico inamovibileStimato in modo trasversale è il presidente del Porto di Trieste, Zeno D'Agostino. Le voci di dentro lo danno apprezzatissimo dal M5s, che lo avrebbe considerato fra i possibili ministri delle Infrastrutture. Patuanelli assicura ad ogni modo che D'Agostino non verrà tentato da sirene romane: «Metterlo in sicurezza sarà una priorità e farò di tutto perché non venga strappato al nostro territorio». Gli outsiderA potersi giovare del nuovo corso c'è poi la leghista Federica Seganti, che ha scelto ormai un profilo da tecnico, stando all'interno del cda di Hera e aspirando alla presidenza di Friulia: il curriculum le consentirebbe di essere spesa in altri ruoli di tipo economico-finanziario a livello nazionale. Nel M5s potrebbe essere infine Paolo Menis a cambiare vita: cofondatore del Movimento in Fvg assieme a Patuanelli, potrebbero aprirsi per lui ingaggi nell'ambito della comunicazione fra livello locale e nazionale.

Confronto con Serracchiani sui patti finanziari. L'ex presidente: «Allineare trasferimenti e funzioni» La missione di Fedriga fra i big romani

TRIESTE Il governatore Massimiliano Fedriga si affaccia nella capitale per una due giorni dedicata a perorare la causa del Friuli Venezia Giulia tra le forze di maggioranza e opposizione, con tanto di incontro con l'ex presidente Debora Serracchiani per un confronto sui patti finanziari tra la Regione e lo Stato. Fedriga vuole giocare d'anticipo sull'inizio reale della legislatura e decide allora di vedere i futuri ministri e i gruppi parlamentari per chiarire le priorità della Regione: un poker costituito da accordi finanziari, nodo della Ferriera, infrastrutture e crisi industriali. Rispetto alla formazione dell'esecutivo gialloverde, Fedriga dichiara in una nota che «la nascita di un governo è una notizia positiva non solo per il paese, ma anche per il Fvg. Finalmente potremo disporre di un interlocutore con cui discutere di fiscalità, patti finanziari e sicurezza: temi che l'amministrazione regionale considera di primaria importanza». Il presidente si è detto poi «felice di ritrovare, nella squadra di governo, i nomi di persone con cui ho condiviso un percorso importante e sulle cui capacità non nutro dubbi. A loro, e a tutti i ministri, gli auguri di buon lavoro». Diverse le visite a ministri di estrazione leghista, cui si è aggiunta in serata la partecipazione alle celebrazioni del Quirinale in vista del 2 giugno. Fra gli incontri clou, quello con il capogruppo dem Graziano Delrio, accompagnato dai deputati Serracchiani ed Ettore Rosato. Al centro, il rapporto finanziario tra Stato e Regione, anche alla luce degli accordi sottoscritti con il governo centrale e dagli interventi di coordinamento della finanza pubblica operati dallo Stato con le proprie manovre finanziarie. Visioni molto diverse quelle di Fedriga e Serracchiani, con quest'ultima a ribadire che l'accordo più gravoso per la Regione è quello stipulato tra l'allora governatore Renzo Tondo e il ministro Giulio Tremonti. Serracchiani ha osservato che «c'è ancora molto da fare, soprattutto per quanto riguarda le compartecipazioni, che dovrebbero essere riallineate all'incremento storico degli oneri per le diverse funzioni a suo tempo trasferite». Riguardo all'altro capitolo affrontato nell'incontro, cioè la rinuncia ai contenziosi pendenti con lo Stato, Serracchiani ha affermato che «dalle cause che la Regione avrebbe potuto vincere (non più di due) sarebbe stato introitato un importo complessivo inferiore ai vantaggi del patto con Padoan». (d.d.a.)

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