Trasformazioni Insediative Nel Pisano Alla Fine Del Trecento
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TRASFORMAZIONI INSEDIATIVE NEL PISANO ALLA FINE DEL TRECENTO Ormai vent'anni fa, Day e Klapisch nel loro contributo sui villaggi abbandonati1, sottolineavano come in Toscana fra Tre e Quattrocento l'abbandono fosse tutto sommato contenuto2; né le guerre, né le pestilenze, né l'emigrazione in città avrebbero svuotato i villaggi o portato profondi mutamenti nella struttura dell'habitat, con l'eccezione del Pisano, dove l'abbandono dei centri abitati sarebbe da mettere in relazione però con trasformazioni economiche3: in particolare la conversione a pascolo di terre già a coltura, iniziatasi con la fine del '200 in concomitanza con un momento di bassi prezzi del grano, come aveva rilevato D. Herlihy nel suo studio su Pisa4. Ricerche successive, non specificamente rivolte a questa problematica, hanno messo in discussione e ridimensionato l'ipotesi di Herlihy, sottolineando come l'impaludamento fosse presente solo in alcune zone e la diffusione dei pascoli limitata ad alcune aree periferiche5. Quali le cause allora di quella crisi insediativa del Pisano evidente anche dallo spoglio sommario delle Rationes Decimarum? Emigrazione in città, guerre e pestilenze come nell'altra Toscana? In che proporzione ciascuna di queste cause contribuì a scardinare il vecchio assetto insediativo, e perché qui molto più che altrove, come mostra anche la carta allegata al ricordato saggio di Day e Klapisch6? 1. LE PESTILENZE I1 Pisano purtroppo è avaro di estimi, di censimenti di teste, bocche, fuochi che permettano, per quanto imperfettamente, essendo rilevamenti nati a scopo fiscale, di misurare l'andamento della popolazione7. Dai soli dati rinvenuti, limitati a 37 villaggi del Valdiserchio, si riscontra una caduta del 73% delle teste tra 1316 e 14278: una caduta notevole, ma inferiore al calo delle teste (79%) registrato tra 1331 e 1425 nelle Sei Miglia lucchesi9, che non conobbero trasformazioni insediative di grande rilevanza. Infatti dei 144 villaggi presenti nel contado lucchese all'inizio del Trecento ne risultano abbandonati a metà Quattrocento ben pochi: alcuni centri strategici distrutti dai nemici (Castel Passerino, Cotone, Aquilata), i paesi di S. Andrea in Croce (piviere di Brancoli) e Colpozzo (piviere di S. Pancrazio), e una decina di piccoli insediamenti nei pivieri di Compito e Massa Pisana a confine con il territorio pisano10. Tutte le fonti, se non altrimenti citato, sono conservate in Archivio di Stato di Pisa. 1 C. KLAPISCH ZUBER e J. DAY, Villages désertés en Italie. Esquisse , in AA. VV., Villages désertés et histoire économique. XI-XVIII siècle, Sevpen, 1965, p. 419-59. 2 Attorno al 10%. 3 KLAPISCH-DAY, Villages désertés, p. 444. 4 D. HERLIHY, Pisa in the early Renaissance A study of urban growth , Yale University Press 1958, trad. it. Pisa nel Duecento. Vita economica e sociale di una città italiana nel Medio Evo, Pisa, 5 M. LUZZATI, Toscana senza mezzadria . Il caso pisano alla fine del Medio Evo, in AA. VV., Contadini e proprietari nella Toscana moderna (Atti del Conv. di studi in onore di G. Giorgetti), Firenze, 1979 (Biblioteca di Storia Toscana moderna e contemporanea, 19), pp. 279-343, 285 sg. 6 KLAPISCH-DAY, Villages désertés, tab. IV. 7 La scarsezza e la frammentarietà delle fonti documentarie pisane è senza dubbio, almeno per il Trecento, legata alle vicende politiche della città e al succedersi delle diverse signorie, il materiale duccentesco andò in massima parte perduto nell'incendio del 1336 che distrusse le carte prodotte dalle sette Corti, oltre alla cancelleria del Podestà e alla documentazione del Capitano del Popolo (R. RONCIONI, Delle historie Pisane, «Archivio Storico Italiano», VI, pt. 1 (1844), p 769). 8 P. LEVEROTTI, La crisi demografica nella Toscana del Trecento: l'esempio delle Sei Miglia lucchesi , in AA. VV., La Toscana nel secolo XIV. Caratteri di una civiltà regionale (Centro di Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo, S. Miniato, Studi e ricerche, 2), Pisa, 1988, p. 67-150, 105. 9 Ibid., p. 93, tab. 9. 10 In quest'area di confine i primi abbandoni sono precedenti la peste Nera e risalgono appunto ai momenti di maggiore tensione tra le due città nemiche, che si acquietarono nel 1342 con il dominio pisano su Lucca. Nei casi sopracitati i villaggi erano piccoli insediamenti demici non superiorl al 13 fuochi. È perciò difficile imputare principalmente alla peste le trasformazioni dell'habitat pisano; certamente la peste provocò con la morte di gran parte della popolazione lo svuotamento di molti villaggi, ma contemporaneamente mise in circolo una consistente parte dei sopravvissuti. La peste, preceduta e accompagnata da gravi carestie, come è ben noto, veniva a colpire un contado sovrappopolato e molto impoverito, come mostrano alcuni documenti del 134011. In quest'anno infatti i cornitatini proprietari di terre, insieme ai proprietari cittadini ed ecclesiastici, rivolsero una supplica al governo pisano per ottenere l'autorizzazione a nominare un officiale forestiero sui danni e i guasti12, che doveva sostituire13, o affiancare14 i cafaggiari e i guardiani locali, e per il cui salario —si noti—accettavano di rispondere i medesimi richiedenti15. La richiesta, che nel giro di pochi mesi fu presentata da 15 capitanie16, era stata provocata dai numerosi furti di olive e frutti, dal taglio di viti e calocchie, da ruberie e danneggiamenti di bestiame, dalla devastazione dei campi coltivati, che sarebbero stati provocati da «hominibus dissolutis, nihil habentibus et nolentibus laborare vel benefacere»,e ancora «ymmo multos quasi nihil habentes». Tali espressioni, che si alternano e ritornano immutate nelle singole suppliche, portano alla luce la presenza di una moltitudine miserabile e sbandata che, commettendo danni e furti ai danni di chi possiede o tiene terra in affitto, portava a situazioni di gravi tensioni e inimicizie nei comuni del contado, costringendo in alcuni casi—ad esempio nella podesteria di Marti17—i lavoratori a lasciare le terre incolte. La presenza di questi uomini «male condictionis et vitae», che vivevano di furti, rifiutando di lavorare le terre altrui—così si esprimono i documenti —provocava condizioni di malessere non solo riguardo all'economia, ma incrinava la stabilità politica del territorio dal momento che «nec curant huius tales homines de Capitaneo dicte Capitanie vel [de] eius officialibus, sed ipsum capitaneum eiusque officium velut quoddam ridiculum vilipendunt»18. L'epidemia del 1348 aggravò le condizioni di miseria e l'indebitamento dei ceti più poveri, anche perché gli oneri fiscali divennero sempre più gravosi e per le guerre continue e perché venivano ad essere ripartiti, dopo la moria, tra un numero minore di contribuenti. Ciò promosse e in alcuni casi accentuò la mobilità della popolazione alla ricerca di migliori condizioni di vita e di agevolazioni fiscali; una mobilità per una piccola parte soltanto interna al contado o diretta verso il centro urbano, dal momento che la morosità dei partenti rendeva impraticabile la fuga in città o nei paesi vicini a quello abbandonato per timore di essere arrestati, e favoriva piuttosto l'esodo nei contadi contermini di Volterra, Lucca, Siena e Firenze, per usufruire di sgravi ed esenzioni concessi in questi momenti di forte calo della popolazione ai forestieri che venivano a lavorare le terre incolte19. 11 Comune, A, 53 (1340). 12 Nelle capitanie di S. Lorenzo alle corti, S. Pietro di Valdera, Pivieri di Porto Pisano (con il comune di S. Regolo, appartenente alla capitania delle Colline superiori), cioè la fascia adiacente a Pisa, sono solo i cives che presentano tale richiesta (evidentemente in queste aree era assai più estesa la proprietà cittadina), non stupisce perciò che officiali con uguali compiti fossero stati nominati alcuni anni prima nella podesteria di Vicopisano, S. Giovanni alla Vena e Cisano, nonché nel pievanato di Cascina, zone entrambe di forte proprietà cittadina. 13 Vico e Treggiaia. 14 Marti. 15 Lo stipendio doveva essere pagato in parte coi proventi delle condanne e in parte dai singoli uomini, in proporzione alla terra posseduta; naturalmente era controversa la questione se dovevano pagare solo i proprietari delle terre, o anche gli affittuari (Comune, A, 53, c. 34). 16 Piemonte k, Vico, Bagno a Acqua, S. Lorenzo alle corti, S. Casciano Valdarno, Valdiserchio citra e ultra, Calci, Marti, S. Pietro Valdera, Montefoscoli, Colline inferiori, Pivieri di Porto, Treggiaia. 17 c. 23 v. 18 C. 32 v. Con il fine di mantenere l'ordine pubblico, oltreché con lo scopo di reclutamento militare nascono le leghe fiorentine all'inizio del XIV secolo; successivamente su queste circoscrlzioni si baserà il prelievo fiscale (P. BENIGNI, L’organizzazione territoriale dello stato fiorentino nel Trecento, in AA. VV., La Toscana nel secolo XIV, cit., pp. 151 163, p. 154-5). 19 La documentazione lucchese, molto più ricca di quella pisana, mette in luce per tutto il XIV secolo la presenza di pisani nel contado e nella città di Lucca. Ma anche fonti pisane confermano questi movimenti migratori, provocati dalle guerre e dalle pesanti condizioni finanziarie, presenti in particolare nelle aree di confine già all'inizio del '300. Nel 1318, ad esempio (Comune A, 48, 105 v), nella contrada di Casteldelbosco, nel Valdarno a confine con Firenze e Lucca, la «Villa di Laviano» risulta deserta e gli uomini «dispersi» in altre terre del contado pisano e nel Valdarno lucchese (E. REPETTI, Dizionano geografico fisico storico della Toscana, Firenze 1833-46, rist. an. Multigrafica Roma, ricorda alla È uno spostamento diffuso e continuo per