n.1

magazine

Marion Cotillard L’attrice venuta dal passato e proiettata nel futuro

SOMMARIO

EDITORIALI 5 Mutazioni, anno 24° 7 A che punto siamo

INTERVISTE Che Coss’è l’amor (Conversazione con Marco 8 Bellocchio)

FUORICAMPO 13 La guerra (dei festival) è finita (?) 17 Su fronti opposti (Alan Moore e Frank Miller) 22 Lo schermo che cammina 25 NEWS

COVER 26 Marion Cotillard l’attrice contemporanea SOMMARIO

CANNES 65 Cannes al vento 32 Orizzontale verticale 37 39 Las cosas que no se tocan 41 Il cinema passa e libera 43 Sulla pelle, nelle ossa 45 L’autobus e il mondo 46 Il cinema è uno 47 Ragazzo solo 49 Le vite non vissute

FILM DEL MESE LE PALUDI DELLA MORTE Viaggi all’inferno No Man’s Land 52 55 Ami Canaan Mann: Gotico americano 58

ULTIMI BAGLIORI La vita senza di noi 62 Il tempo che ci resta 64 (Intervista a Philippe Lioret) Lo sputo di Freud 66 72 Boys Will Be Boys Cosmopolis - L’abisso di De Lillo 68 73 Le ombre pop 75 La cura del cinema 76 Ancora vivo

FACES Mel Gibson - Fuori dalla razza umana 78 Fassbinder - Urge vivere e filmare 82 n.1 magazine Mutazioni Marion Cotillard L’attrice venuta dal passato e proiettata nel futuro anno 24° Sentieri selvaggi magazine di federico chiacchiari

Mensile di cinema e tutto il resto... Ottimizzato per tablet 10” Quando nel 1999, dopo la Wa- mensile in edicola, sito internet Direttore responsabile terloo di Sentieri selvaggi mensile quindicinale, poi quotidiano, poi Federico Chiacchiari in edicola dell’anno precedente, anche Scuola di Cinema, e poi decidemmo di andare esclusiva- canale You Tube, Pagina e profili Direttore Editoriale mente sul web, a molti sembrava Facebook, Friendfeed, Twitter, e Aldo Spiniello una soluzione provvisoria. Qual- chi più ne ha….. cosa di possibile per continuare Redazione Simone Emiliani, Carlo Valeri, ad esistere senza i costi cata- Insomma siamo un corpo mu- Sergio Sozzo strofici della “carta”, in attesa di tante che non ha paura di cam- ritrovare risorse, entusiasmo e biare. Ma non “per stare al pas- Hanno collaborato a questo qualcos’altro per ritornare la rivi- so coi tempi” (che pure sarebbe numero sta cartacea che tanto ci piaceva. impresa nobile), ma forse per un Daniele Dottorini, Leonardo Sentieri selvaggi, all’epoca, ave- innato bisogno di una sorta di ri- Lardieri, Francesca Bea, va solo 11 anni. Oggi ne ha 24. voluzione permanente, come se Margherita Palazzo, Pietro Masciullo, Giacomo Calzoni Siamo cambiati noi, è cambiato non sapessimo essere realmente il mo(n)do di produrre informa- noi stessi senza, periodicamente, Progetto Grafico zione e critica cinematografica. E cambiarci d’abito. Senza ritrovar- Giorgio Ascenzi soprattutto è cambiato il modo di ci in case diverse, con linguaggi fruire e condividere questi conte- diversi, modo di comunicazione Redazione nuti. diversi. Quella che resta innata, Via Carlo Botta 19, 00184 Roma. Tel. 06.96049768 speriamo, è la nostra anima. Mail redazione e amministrazione Tredici anni dopo, pur avendo Perché se oggi ci addentriamo nei [email protected] molti di noi continuato a colti- canali molteplici della rete, che [email protected] vare il sogno di ripartire con la non è più solo web, con le app rivista di carta, siamo invece qui per gli smartphone e questo cu- Supplemento a all’ennesima mutazione del cor- rioso ibrido che state sfogliando www.sentieriselvaggi.it po di Sentieri selvaggi. Che se (immaginato per i tablet), è per- Registrazione del tribunale di una continuità vogliamo trovare ché ci sembra impossibile stare a Roma nella sua storia saltellante, forse guardare le mutazioni senza, in n.110/98 del 20/03/1998 risiede proprio in questa volon- qualche modo, farne parte. Dove (edizione cartacea) tà di non restare mai uguale a c’è mutazione (fisica, intellettua- n.317/05 del 12/08/2005 se stessa. Siamo partiti fanzine, le) ci sta anche Sentieri selvaggi. (edizione on-line) passati per inserto di Cineforum, Con tutti i suoi limiti (soprattutto diventati collana editoriale, rivista economici) ma anche i pregi di

5 Indipendenti , dunque. Per scelta e per forza. Quasi per destino. piccola e combattiva realtà in- troppo lunghi per la leggibilità dipendente che vive solo grazie del web, che invece qui possia- al sostegno di chi ci apprezza, e mo approfondire e riportare ad non certo a finanziamenti pub- un antico (ma rinnovato) “piace- blici che mai sono arrivati dalle re della lettura”. nostre parti. Indipendenti, dunque. Per scelta L’idea iniziale era quella di re- e per forza, quasi per destino. plicare i contenuti più significa- Alle prese con uno scenario del- tivi del sito web al 90%, in un la comunicazione globale che formato che ha però una leggi- cambia continuamente, dove bilità decisamente più conforte- per poter seriamente star dietro vole. Il restante 10% sarebbero alle innovazioni tecnologiche ci stati contenuti originali, apposi- vorrebbero risorse economiche tamente creati per il Magazine. straordinarie, anche per “cam- Non ce l’abbiamo fatta. E’ sta- biare pelle” almeno ogni due to più forte di noi immaginare anni. e scrivere nuovi testi e da un rapporto 90/10 saremo passa- Oggi rilanciamo la nostra pro- ti a 60/40…? Ma non importa. posta con questo nuovo Ma- Ci piace recuperare articoli dal gazine Digitale, mensile. E’ un sito come, nei prossimi numeri, formato ancora “ibrido”, un Pdf anche dalla nostra ormai lunga interattivo, per provare ad es- storia. Quel che conta è il risul- sere leggibili su tutti i dispositi- tato finale, in termini di equili- vi molteplici oggi in uso. Non è brio tra leggibilità e contenuti. un’app per iPad, ma un giornale E’ un primo numero, con tutti i multimediale da sfogliare e leg- limiti (ma anche l’entusiasmo) gere comodamente su di un ta- di un primo numero. Totalmente blet (per il quale è stato pensato) autoprodotto e pensato per usi ma che può essere letto anche in verità piuttosto diversificati su computer, e-book reader, (leggerci su Ipad o Smartphone smartphone e, se proprio volete, o Pc non è la stessa cosa). Fate- anche stampato…. ci sapere che ne pensate, dove e Siamo in una fase di transizione come lo leggete, cosa vi piace- tecnologica e davvero oggi non rebbe trovare, cosa manca, in- sappiamo come usufruiremo di somma dateci consigli, critiche, contenuti editoriali nei prossimi suggerimenti. Ma soprattutto anni. Ma dopo l’iPad sarà im- fate girare questo nuovo mensi- possibile tornare indietro, e il le di cinema, che (per ora) of- digitale sta riproponendo con friamo ai nostri lettori del tutto l’effetto touch le stesse pratiche gratuitamente. Il che non vuol di lettura dei magazine cartacei, dire che non possiate fare una con in più la possibilità interat- donazione, di qualsiasi importo, tiva e multimediale di testi sem- e sostenere concretamente Sen- pre interconnessi con la rete. tieri selvaggi. Quale prezzo ha Questo ci permette di tornare una buona lettura? Aspettiamo a ripensare i nostri testi, a volte le vostre risposte!

6 A N. 1 to Portland A che punto siamo

di aldo spiniello

altra ami cannes carax cinema claire corpo cose cronenberg davvero diventa eric famiglia festival film finale forma gibson gondry immagine immagini lillo modo momento morte occhi opera ormai padre protagonista punto qualcosa realta regista riesce scena sembra senso

sguardo soprattutto sorriso sorta spesso stessa storia the ultimo unico viene vista

A che punto siamo arrivati? O, forse, è meglio disperata in cui ci muoviamo. È il cinema che ha chiedersi: da quale punto ripartiamo? Ogni av- inquadrato e scoperto la fine del mondo, quest’as- ventura richiede il rischio di uno spazio ignoto. Per surdità per cui l’economia reale è crollata sotto questo abbiamo provato a capire e mappare, a il peso di un’economia supposta e percepita, la individuare qualche coordinata precaria. Ed estra- speranza ha ceduto il passo alla paura e l’utopia endo le parole chiave di questo Magazine Numero ha fatto harakiri, come nello splendido finale del 1, ci siamo resi conto che la tag cloud ci riconse- film di Wakamatsu su Mishima. gnava una realtà che non avevamo immaginato. Sì. Sono questi corpi che ci passano davanti agli Già, realtà e immaginazione. La distanza, forse, è occhi, che incatenano i nostri sguardi, a riportarci sempre più incolmabile tra i nostri desideri, i buo- a tutte le ossessioni, le insofferenze, le speranze ni propositi e l’effettiva portata delle nostre capa- che proviamo giorno per giorno, senza soluzione. cità. A dispetto di chi sognava una rivista “non” di Ed è il cinema che ci ridà l’illusione di una fami- cinema o, quanto meno “non solo” di cinema, è glia, la forza di riprovare a inventare, nel quoti- sempre di fantasmi che parliamo, di immagini, di diano, nelle cose vere, un’altra strategia degli af- cose impalpabili, immateriali, res extra commer- fetti che si accordi più alle nostre passioni, visioni. cium. Forse siamo bloccati in un mondo di appa- Lioret cosa racconta in Tutti i nostri desideri, se non renze. E dovremmo dar retta a chi ci dice: “con la possibilità di superare la Morte ridisegnando le questa crisi, vi permettete di parlare di cinema”. traiettorie dei legami, sperimentando i limiti di pa- Andiamo avanti senza vergogna? Bè, sì. Perché è zienza dei vincoli? E Tim Burton in Dark Shadows?E “soprattutto” attraverso questi oggetti strani, que- Audiard? E Bertolucci, sempre più immenso, in Io sti mostri mutaforme, i film, che riusciamo a trova- e te? E, ancora la Mann, con quel suo film “fuori re ancora un “senso” alle cose. fuoco” (tanto personale da non poter non essere il Sì, parliamo di cinema, ci concentriamo su un nostro film del mese)? Festival come quello di Cannes, che, con i suoi Sì. È pur sempre il cinema a darci la forza di im- tappeti rossi e le sue feste esclusive, i suoi prezzi maginare altre storie e altre strade che possano esorbitanti, può sembrare il pianeta più distante rimmettere in sesto, in asse la stortura profonda dall’affanno che sentiamo a ogni passo. Ma solo della Storia. Rivoluzioni. perché siamo convinti che, oggi più che mai, è il Questo è il punto. Di partenza, d’arrivo, poco im- cinema a raccontare a fondo la realtà caotica e porta. Il resto occorre viverlo.

7 he coss’è l’amor cConversazione con Marco Bellocchio di simone emiliani e sergio sozzo INTERVISTE Partiamo da L’ora di religione, film realizzato Entrambi, comunque, sono pertinenti al film. nel 2002, il cui titolo originariamente era Il sorriso di mia madre, divenuto poi L’ora di re- Lei ha un piccolo ruolo nel film, nella sequen- ligione (il sorriso di mia madre). Non so se sia za del Conte Bulla. Abbiamo visto il backstage stato in dubbio fino all’ultimo su questo titolo e ci ha incuriosito il suo modo di lavorare, per o no… cui lei, anche nei momenti in cui era presen- Ora non ricordo in modo preciso, però i due ti- te sulla scena, continuava a dare indicazioni toli coesistevano. Infatti, in Francia e all’estero ha “nascoste” alla troupe. Com’era stare all’in- prevalso Il sorriso di mia madre perché “l’ora di terno dell’inquadratura e nel tempo stesso religione” per loro non è obbligatoria e come tito- continuare a dirigere? lo voleva dire poco, in Italia ha invece quel signi- Da una parte credo che io sentissi la necessità di ficato dell’obbligo, della dispensa e di tutta una arricchire il gruppo legato al conte Bulla e, data cultura e una tradizione cattolica per le quali l’ora l’età, pensavo che una mia presenza potesse in di religione “cattolica” ha una valenza più diretta, qualche modo migliorare questo tipo di partito, più popolare che non “il sorriso di mia madre”. questo tipo di schieramento. Ricordo due cose di

Video

8 INTERVISTE

quel momento: la prima, appunto, è che conti- di accompagnare il figlio a scuola, di non essere nuando a fare il regista dovetti anche dare delle presente all’udienza papale e quindi l’esigenza di indicazioni, soprattutto durante le riprese con de- contrapporre quest’ultimo sorriso al primo, di cui gli obiettivi stretti. L’altra cosa è che effettivamen- tra l’altro non si rendeva neanche conto. Infatti il te, come alcune volte succede, la scena determinò Conte Bulla, in quel modo un po’ assurdo, nota anche in alcuni degli interpreti una certa ilarità e questo sorriso e lo rimprovera di sorridere in quel io dovetti controllarmi perché, essendo del partito modo. Cerco sempre di non affidare al film mes- di Bertorelli, del Conte Bulla, dovevo avere un at- saggi finali. Quel sorriso di Picciafuoco ne L’ora di teggiamento molto serioso e molto ostile al perso- religione in fondo significa l’aver azzeccato una naggio di Castellitto. Però non ero nello spirito di mossa e quindi sorriderne. Poi ci saranno molti essere sempre presente alla Hitchcock, anche se altri problemi che gli si presenteranno in futuro. qualche volta lo sono stato.

Mi sembra di aver notato una coincidenza Cerco sempre di non affidare al tra i finali di L’ora di religione, di Buongior- film messaggi finali no, notte e de Il regista di matrimoni: i film si chiudono tutti e tre con un sorriso. Forse non si può parlare di trilogia del sorriso, però è come se ci fosse qualcosa di liberatorio in Per quanto riguarda la scelta di Sergio Ca- questi sorrisi finali. stellitto, che poi tornerò anche ne Il regista di Ne L’ora di religione, almeno nelle intenzioni, matrimoni, ha pensato subito a lui per il per- c’era un diverso modo di sorridere perché Pic- sonaggio di Picciafuoco? ciafuoco pensa al sorriso della mamma così ap- Per Il regista di matrimoni sì. Il personaggio era parentemente coinvolgente e affettivo, in realtà stato ideato sull’immagine di Sergio. Per L’ora di freddo e crede di aver assunto, proprio per for- religione si è trattato di un avvicinamento non im- mazione familiare, questo sorriso un po’ cinico, mediato. Però si trattava di un attore con cui de- un po’ sarcastico, un po’, direi anche, disperato sideravo lavorare e che avevo “bordeggiato” in e cerca quindi di combattere contro questo sor- altre situazioni in cui poi non era stato possibile. riso, di arrabbiarsi contro di esso, usando sem- Poi mi è apparso l’interprete giusto e ha fatto un pre la massima discrezione: c’è la soddisfazione ottimo lavoro. 9 mentre dà indicazioni. Com’è, appunto, gi- rare in interni? Quali difficoltà comportano, soprattutto nel mantenere questa continuità e questa fisicità del suo cinema? Evidentemente c’è qualcosa che riguarda profon- damente la mia vita, soprattutto negli anni dell’in- fanzia, dell’adolescenza, lo stare in casa in un cer- to clima, in queste case piuttosto ampie perché la famiglia era molto numerosa, non c’era ancora la televisione e se c’era comparve molto tardi. Quin-

INTERVISTE di silenzi e grida che riempiono. In questo senso il film dove gli interni sono maggiormente protago- nisti è Salto nel vuoto. Lì, con Amedeo Fago pro- gettammo una casa molto diversa dalla casa della mia infanzia e della mia adolescenza. Si tratta- va di una casa di Prati, però borghese, con tutti i luoghi deputati, perché il muoversi nella casa non è mai casuale. Ma questo lo faccio sempre, solo che in certi film il peso degli interni è più visibile, più importante; in altri lo è di meno. Nel caso de I Pugni in tasca, mettemmo insieme due case di- versissime tra loro, una specie di villotta su una collina e un appartamento nella città di Bobbio. Lì Nel film c’è un brano di Vinicio Cappossela. questo passare da un ambiente all’altro – la sala Si tratta di Che coss’è l’amor, che poi ritorna da pranzo, la camera da letto, la cucina, il bagno anche in Sorelle Mai. Ha un valore particolare – non è casuale perché non si tratta semplicemen- questa canzone “ritornante”? te di ambienti casuali, pesano sulle immagini. Innanzitutto è un brano leggero, malinconico. Ci sono delle canzoni che ti comunicano qualcosa di Nel suo cinema spesso si registra l’utilizzo di profondo riguardo alla tua esperienza di vita, alle attori professionisti che convivono con attori tue immagini, persino alla tua biografia in quel non professionisti, anche suoi familiari. Come contesto lì. In quel caso c’era appunto questa fe- riesce a creare questo equilibrio? sta, nell’altro un’ulteriore festa, ma in un contesto È chiaro che i non professionisti interpretano se più paesano. Poi ci sono delle musiche che si inci- stessi, anche se cambiano nome. Le mie sorelle dono su certe immagini, e quella è una bellissima restano le mie sorelle, anche mia figlia. Per mio canzone, ma a prescindere dalla loro bellezza, figlio Piergiorgio il discorso è diverso perché lui è molte musiche si sposano con determinate imma- un attore e quindi le esperienze si mescolano. Di- gini. rei che i professionisti in qualche modo debbano Tra l’altro lavoro, e questo è naturale, con persone armonizzarsi con i non professionisti. Il non pro- molto più giovani che, quindi, come ad esempio fessionista quando recita qualcosa di autentico, Francesca Calvelli, che è la mia montatrice, co- riporta gli altri a una naturalezza, a una sempli- noscono più di me la musica, soprattutto quella cità, a una discrezione di fondo. Non si può ge- moderna. In Buongiorno, notte fu lei ad indicarmi neralizzare, ovviamente. È anche la storia che in quei pezzi straordinari dei Pink Floyd. qualche modo “pareggia”. Tuttavia, io non ho due linguaggi diversi. Quando mi trovo a lavorare con Mi incuriosisce il suo modo di girare negli in- entrambe le linee parlo in modo comune. Sono terni ne L’ora di religione. Le stanze, soprat- innesti anche molto positivi. Dipende poi dal film, tutto i percorsi, sembrano avere un flusso, ad esempio per quanto riguarda un film in co- una continuità, come se indicassero quasi un stume, magari si richiede maggiore professionali- labirinto della mente. Ho visto un backstage tà. In Sorelle mai, io sono andato lì, in quella che dove lei fisicamente corre insieme agli attori, era la casa de I pugni in tasca con le mie sorelle 10 che ne conoscevano ogni angolo e interpretavano l’immagine di un passato a cui da una parte sono loro stesse, come anche mia figlia. profondamente legato, ma da cui, dall’altra, per la storia della mia vita, mi sono separato. Un po’ Mentre Gianni Schicchi è un suo personaggio, come tante storie di provinciali, più paesane, lui o è sempre se stesso? rappresenta Bobbio, io sono più Bobbio-Piacenza.

Il suo vero nome è Giovanni Gabrieli, lo pseudo- Che poi, come tanti miei illustri predecessori, se INTERVISTE nimo Gianni Schicchi gli fu dato già da I pugni in pensiamo a Fellini, a un certo punto arrivano a tasca. Lui è un amico di infanzia, delle mie lunghe Roma non perché particolarmente affascinati ma vacanze in campagna, a Bobbio che duravano perché Roma rappresentava il cinema. Oggi si circa tre mesi. Appartiene ad una famiglia povera, potrebbe pensare in modo un po’diverso, però è orfano di guerra, ha avuto una vita dura, ha fat- allora era così. Soprattutto Sorelle mai sigla una to molti lavori, è anche emigrato in Francia e poi separazione, che è quasi una separazione fisiolo- ha trovato un posto come impiegato in provincia. gica. Nessuno è eterno. C’è un’età in cui non è la separazione a costituire una contrapposizione tra la mentalità provinciale e l’avventura della gran- Sorelle mai sigla una separazio- de città. È proprio una chiusura molto affettuosa ne, che è quasi una separazione rispetto ad un mondo che non si tratta di combat- fisiologica. Nessuno è eterno. tere. Solo ne L’ora di religione il personaggio di Gianni Schicchi ha potuto fare il viaggio a Roma perché la cosa era fortemente pertinente e non c’è Ora è in pensione, ma ha sempre coltivato la pas- stata alcuna forzatura. Altrimenti abbiamo lavora- sione per la recitazione e io ho sempre cercato di to sempre insieme in un ambito direi “bobbiese”. coinvolgerlo laddove vi fossero dei ruoli giusti. In qualche modo il personaggio, comunque impor- La figura del fiume Trebbia è centrale in que- tante, che interpreta ne L’ora di religione l’ho scritto sto suo cinema. Chiaramente il fiume come pensando già a lui. Un personaggio imbambola- immagine, da un punto di vista letterario e to, che viene derubato, a cui il personaggio di Ser- poetico ha una grossa rilevanza anche dal gio è molto affezionato. È un conservatore, però punto di vista della memoria. Questa Bobbio, generoso, buono, leale. In qualche modo è anche questi segni che ritornano hanno reso la sua

11 INTERVISTE

città una sorta di luogo mentale per il suo ci- strano, che tra l’altro non rivedo da molto tem- nema? po. È l’esempio di una tragedia familiare acca- Il Trebbia per me è sempre stato il fiume dalle ac- duta realmente. Mi sono sempre rimproverato di que limpide, il fiume dove ho imparato a nuota- non aver avuto non quella freddezza, ma quel re, il fiume dove ho conosciuto le prime piccole distacco, quella leggerezza per raccontarla. For- esperienze sentimentali, il fiume e il ponte dove si se perché ero ancora così fortemente coinvolto e facevano le passeggiate, sia di giorno sia di sera. forse avevo anche dei problemi di discrezione nei Rispetto al paese immobile, con il suo vescovado, confronti di altri appartenenti alla mia famiglia un paese anche un po’ decaduto perché Bobbio che avevano vissuto lo stesso dolore. È un film un era un paese che aveva tutta una serie di istituzio- po’ rappreso. Ricordo che, quando si cercò di re- ni che poi sono decadute, il fiume ha conservato alizzarlo, non fu facile, poi fu la Gaumont che in la sua vita. È stato minacciato spesso, perché la qualche modo lo distribuì e in parte lo finanziò. provincia di Genova ha più volte preteso di costru- Io avevo lavorato con Vincenzo Cerami e qual- ire delle dighe per prenderne l’acqua. Ma finora cuno mi suggerì un approccio apparentemente però è stato difeso. Il Trebbia è dove andavo a più giocoso. Infatti incontrai Troisi e poi Benigni, pescare: nelle lunghe vacanze estive si andava re- Placido, non che loro mi avessero detto di sì, ma golarmente tutti i giorni a fare il bagno, fin verso quello poteva essere un capovolgimento. Il fatto Ferragosto, perché dopo si rompeva il tempo, l’a- di ripiegare su Castel, che si trovava in una posi- ria si raffreddava e quindi diventava meno piace- zione di crisi verso la sua identità di attore, anco- vole andare a fare il bagno. Si tratta quindi di un ra fortemente impregnato di principi ideologici e protagonista della mia vita, diversamente dal Po. politici che in qualche modo lo distanziavano da quell’avventura, in qualche modo ne ha fatto il Gli occhi e la bocca, rivisto adesso, oltre ad film che è. Ma mi ha sempre lasciato una sorta di avere molte connessioni esplicite con I pugni insoddisfazione, come a dire “Questo è stato un in tasca, sembra creare un ponte anche con i episodio reale e terribile della mia vita e forse ho suoi film dell’ultimo periodo, non solo perché rappresentato meglio storie più inventate o co- c’è questa curiosità di Castel doppiato da Ca- munque meno tragiche”. La immissione de I Pugni stellitto, ma anche perché il finale con Castel, in tasca in modo così diretto forse comportava un fantasma “resuscitato” del fratello gemello, rischio più legato a un’autobiografia tipo Sorelle che passeggia per Bologna all’alba, ricorda mai. Castel è un uomo molto onesto, radicale nel- un po’ il Moro revenant di Buongiorno, not- la sua onestà. Però i conflitti quando ci sono si sve- te… lano attraverso le immagini. Le immagini svelano A questo non avevo pensato. E’ a questo che ser- tutto. Il conflitto suo, il mio. Infantilmente però uno vono i critici, perché capiscono alcune cose a cui si augura che il film sia piaciuto. gli autori non avevano pensato. Quello è un film 12 La guerra (dei festival) è finita(?)

di federico chiacchiari FUORICAMPO

Quello di Roma, sin dalla sua nascita è stato un dannato rompiscatole. Ora, con Mou(ller) non si scherza più e l’armata del Festival di Roma diventa minacciosa e, naturalmente, arrogante. La Fe- sta del cinema è finalmente finita. La guerra pure (speriamo). Che si cominci a far(veder)e cinema!

Sembra, finalmente, calare il sipario sulla lunga dormentata”, è riuscita ancora una volta ad evita- e tormentata vicenda del Festival di Roma. E alla re accuratamente di discutere di contenuti, attac- fine, come spesso accade in questi casi, hanno candosi alle formule e a meri pre-giudizi, senza perso tutti. mai minimamente mettersi in discussione sul pro- La politica, in primis, che di questa lunga storia prio operato. è stata l’artefice principale, e che fino all’ultimo Di tutta questa storia quello che ci colpisce di più, non è stata in grado di avere quel ruolo di puro però, è la singolare capacità da parte di Marco garante che le spetterebbe, per rinchiudersi in un Müller, di attirare contro di sé la grande stampa triste spettacolo di lotte di poteri dove sindaci, as- nazionale, che evidentemente non gli perdona sessori, e dirigenti vari hanno tutti dato il peggio alcuni mancati benefit nelle ultime edizioni della di sé, in perfetta sintonia con il modus operandi ai Mostra di Venezia. livelli nazionali, come se non fosse forte nel nostro Paese un vento di rabbia e di voglia di voltar pagi- Mai si era visto parlare di un Festival con tanta na con questa nomenclatura da “ancièn regime”. attenzione dei dettagli: per anni non abbiamo sa- Ma anche gli addetti ai lavori, già, la “bella ad- puto nulla degli stipendi dei manager dei Festival,

13 regionale hanno voluto imporre una loro candi- datura a tutti i costi e, non avendo tra le loro file alcuna personalità nel campo del Cinema si sono rivolti al José Mourinho dei Festival, ovvero Mar- co Müller, universalmente riconosciuto come il più bravo dei Direttori di Festival del mondo ma che, come il pluridecorato allenatore portoghese, non difetta di autostima e raccoglie una straordinaria antipatia tra gli organi di stampa (con il Corriere e la Repubblica in prima fila). FUORICAMPO Ma questa scelta, operata a “maggioranza” con- tro l’area PD (vendetta per Venezia?), non è stata supportata da quel mandato “totale” che Müller avrebbe voluto e che avrebbe rilanciato il Festi- val di Roma in scenari del tutto inediti. Tutte le varie anime che la malsana idea veltroniana ave- va chiamato a raccolta (leggi: interessi…) hanno combattuto una battaglia all’ultimo sangue per mantenere il proprio fortino nel Festival. Risultato: niente addio all’Auditorium (odiato da tutti i cinefili romani e non), niente più rilancio dell’arena estiva di Massenzio, né frammentazione/deflagrazione del Festival nelle mille anime vive della metropoli.

Solo su un punto la corazzata Muller ha retto lo scontro: le date. Il festival doveva uscire da una data completamente assurda e folle per qualsiasi quando prendeva Bettini? e Rondi? E Sesti? Del- Festival che non fosse sperimentale e di ricerca la Detassis lo abbiamo saputo (ma importava a (come Pordenone, magnificamente definito da qualcuno?) solo perché sono uscite delle voci sulle Müller il “secondo Festival Italiano”, dando con richieste di Müller assolutamente spropositate e una frase due stoccate una a Roma stessa e un’al- quindi la nuova gestione si è affrettata a dire che tra a Torino…) e che si andava a scontrare so- il compenso del Direttore artistico restava lo stesso prattutto con l’American Film Market privando il (che è come dire che nel calcio José Mourinho ed mercato (come infatti è sempre stato in passato) Emiliano Mondonico prendano gli stessi stipen- dei più importanti operatori internazionali. di…). E ancora per anni il budget del Festival è sempre stato un argomento piuttosto vago, con voci che andavano dai 13 ai 17 milioni di euro, Con Mou(ller) non si scherza più e ma mai nessuno che avesse provato a dire che era l’armata del Festival di Roma di- uno spreco, mentre oggi si grida allo scandalo per venta minacciosa gli 11 messi pubblicamente a budget.

Bella tutta questa attenzione ai dettagli di bilancio E qui, sullo slittamento a novembre, si è aperto un di un Festival che esiste da diversi anni, terribil- altro fronte: quello con il . Le mente ignorato dalla città di Roma (in questo del reazioni di Gianni Amelio, del Sindaco Fassino e tutto opposto al Torino Film Festival, vero cuore infine del presidente del Museo del Cinema, sono pulsante della città, da tre decenni), ma tutto den- state durissime. A Müller e ai “romani” è stata tro le oligarchie politico-culturali della Capitale. E contestata la totale mancanza di quel “gentlemen allora cosa è successo? E’ accaduto che un Sinda- agreement” interno ai circuiti dei Festival, che fa sì co con il mandato in scadenza e un Governatore che i Festival della “stessa serie” cerchino di non

14 sovrapporsi. Quello di Roma, sin dalla sua nascita è stato un dannato rompiscatole. Ma, finchè era in mano a Veltroni/Sesti/Bettini o alla coppia Rondi/Detassis, FUORICAMPO in realtà, non dava fastidio a nessuno (a parte gli addetti ai lavori che dovevano frequentarlo in condizioni assurde per qualsiasi Festival, cosa che ha fatto sì che dopo il primo anno numerosi sono stati i critici, soprattutto internazionali, che hanno scelto di “saltare” la kermesse romana). Non in- fastidiva Venezia, che puntualmente gli prendeva in anticipo (e di statura) i film migliori, né di certo Cannes, e neppure Torino, che di fronte alla me- diocre qualità dei film presentati a Roma (celebre Ora, con Mou(ller) non si scherza più e l’armata la battuta del Presidente di Giuria Ennio Morrico- del Festival di Roma diventa minacciosa e, natu- ne, “abbiamo fatto fatica a trovare un film buono ralmente, arrogante. Quindi date spostate a no- da premiare”…) si presentava agli appassionati vembre alla faccia di Amelio e Fassino, grandi con uno splendore che in verità era dato più dalla anteprime americane della nuova stagione verso sua storia, dalla sua vitalità urbana, che non pro- gli Oscar (alla faccia di Berlino?), e Torino Film priamente dalle scelte dei selezionatori che, negli Festival che improvvisamente si ritrova a dover ri- ultimi anni, si sono sempre più indirizzate verso discutere quello Statuto da “piccolo grande festi- un cinema mainstream che non verso la ricerca e val” che, dopo la “battaglia di Torino”, lo aveva l’innovazione dei linguaggi (che aveva caratteriz- caratterizzato nelle gestioni Moretti e Amelio. zato la storia di Cinema Giovani). In tutto questo, la risposta all’”arroganza di Mül-

15 ler” (indiscutibile), è stata di un isterismo assoluta- della Sera che, su evidente ispirazione del “quere- mente inutile, mentre va rilevata la lucidità, anche latore di Muller” Mereghetti, ha praticato una vera al’interno del cosiddetto “sistema cinema Torine- e propria campagna quotidiana…). se” di Steve Della Casa, che – forse candidandosi al dopo Amelio? – ha detto che “Occorre tornare In tutto questo quello che resta fuori da questi a essere più alternativi, riscoprire un cinema di bat- mesi di dibattiti è proprio il cinema, che resta sem- taglia e di ricerca. Nel tempo, il Torino Film Festival pre più una metafora, un substrato archelogico ha in parte perso questa caratteristica. Nell’ultima dell’immaginario collettivo, che questa genera- edizione c’era tutto e il contrario di tutto, i film zione fallita di politici e responsabili culturali, ha nuovi provenivano direttamente da Toronto, e dun- abbandonato a una morte definitiva e inevitabile. FUORICAMPO que non erano più tali per gli addetti ai lavori, e il programma era infarcito di anteprime, compresa quella di Midnight in Paris di Woody Allen. Su que- Quello che resta fuori da questi sto piano, se si svolge a ridosso di quello di Roma, mesi di dibattiti è proprio il cine- è chiaro che il Festival di Torino non ha alcuna spe- ma, sempre più una metafora ranza. Occorre tornare a inventare, cercare nuovi film nei luoghi più strani e sperduti, ma anche nelle pieghe di quelli, come gli Stati Uniti, che sono al Non un’idea, una provocazione linguistica, ma centro dell’industria del cinema.” soltanto la difesa dei piccoli interessi e privilegi acquisiti in questi anni di “dittatura invisibile”. Per In mezzo a tante inutili e deliranti discussioni su quel che ci riguarda auguriamo a Muller di dare ruoli, budget dei direttori, date e location, Steve una spallata vigorosa a questo establishment, ma della Casa è stato l’unico che ha provato a discu- francamente ci piacerebbe che non fosse solo tere – incredibile! – dei contenuti di un Festival di Sentieri selvaggi e un paio di siti internet e nu- Cinema. merosi blog,, a pretendere che il cinema torni ad Noi di Sentieri selvaggi lo abbiamo fatto il 10 feb- essere un luogo/territorio/corpo di scoperta e di braio scorso, con le nostre “11 proposte”, ma la incandescenza dell’anima. nostra voce è risultata unica e isolata in un mondo di giornalisti e addetti ai lavori impegnati soltanto La Festa del cinema è finalmente finita. La guerra a denigrare ed offendere Mou(ller) (con la Natalia pure (speriamo). Che si cominci a far(veder)e ci- Aspesi in pole position come volgarità e il Corriere nema!

16 Su fronti opposti Alan Moore e Frank Miller

di giacomo calzoni FUORICAMPO

C’è tutto un mondo che separa Frank Miller e Alan Moore, e non riguarda solamente le opposte fa- zioni politiche alle quali appartengono. L’uscita in contemporanea dei loro ultimi lavori è l’occasione per fare il punto sulle rispettive specificità artistiche

Sono stati probabilmente i due maggiori numi tu- di trasformare il fumetto in vera e propria forma telari della rivoluzione dei comics avvenuta negli d’arte agli occhi dell’opinione pubblica. Al di là Ottanta, i fautori di quell’onda restauratrice che delle facili catalogazioni (il fumetto era arte ben ha risollevato il fumetto supereroistico dalla cri- prima di loro), questi due autori, così diversi per si profonda del decennio precedente: se si apre stile e sensibilità, hanno avuto l’indubbio merito di un qualsiasi volume di storia o critica fumettistica, aver iniziato il grande pubblico (cioè i lettori Mar- tra i nomi di spicco di quel periodo non possono vel e DC) a una complessità di contenuti che fino certamente mancare Alan Moore e Frank Miller, a quel momento era riservata prevalentemente a i cui rispettivi Watchmen e Il ritorno del Cavalie- prodotti certamente non di largo consumo. Oltre re Oscuro sono tutt’ora considerati veri e pro- ai titoli già citati, chi oggi volesse avvicinarsi per pri capisaldi del genere (insieme a Maus di Art la prima volta al mondo dei fumetti non potrebbe Spiegelman), due opere in grado di raccogliere assolutamente fare a meno di autentici capolavori l’eredità monumentale del maestro Will Eisner e come V for Vendetta, The Killing Joke, From Hell,

17 Swamp Thing (Moore) e Ronin, Elektra Assassin, Batman Year One e Daredevil: Born Again (Miller), solo per elencarne alcuni. Due autori diversissimi tra loro, dicevamo: ciò che invece li ha accomunati negli ultimi anni è stato il progressivo allontanamento (in tempi e modi dif- ferenti) dai colossi dell’industria editoriale - questi ultimi sempre meno disposti a garantire loro li- bertà creativa - per rifugiarsi nelle più comode e tranquille realtà indipendenti. Ma oltre a questo, FUORICAMPO anche la loro produzione è divenuta sempre più rarefatta: se Miller si è lasciato tentare dalla regia cinematografica (la collaborazione a Sin City e il disastroso The Spirit), Moore, dal canto suo, ha fatto parlare di sé più per i coloriti commenti ri- guardanti le trasposizioni hollywoodiane delle sue opere (oramai celebre l’espressione per il Watch- men di Zack Snyder: “un piatto di vermi vomitati”) e per le sue attività collaterali (è anche mago, ro- manziere e musicista), che non per il suo lavoro di fumettista, ormai concentrato quasi unicamente sul completamento del capolavoro La Lega de- gli Straordinari Gentlemen. L’ultima volta che si è sentito parlare di loro due insieme è stato qualche mese fa, a riguardo del movimento Occupy Wall Street (che, come noto, ha assunto come simbo- lo la celebre maschera di V): in quell’occasione Frank Miller ha criticato aspramente i manifestan- ti definendoli come “un branco di zoticoni, ladri e stupratori, una folla scalmanata, alimentata da nostalgia dell’epoca di Woodstock e un putrido e falso senso di giustizia” (è possibile leggere inte- ramente il suo intervento qui); la risposta di Alan Moore non si è di certo fatta attendere (“Saranno vent’anni che evito di guardare quello che produce Frank Miller.”), a dimostrazione dell’abisso incol- mabile che ormai separa i due autori. Rigidamen- te conservatore il primo, spirito anarchico e ribelle il secondo: ora che sono tornati contemporanea- mente sugli scaffali delle librerie con le loro ultime opere, è possibile evidenziare ancora di più, se possibile, il divario che separa questi due stili as- solutamente antitetici, quasi due mondi paralleli, certamente due sguardi diversissimi sul medium fumetto. Neonomicon nasce come continuazione di Il corti- le, una breve storia di neanche 50 pagine tratta da un racconto di Alan Moore stesso ma sceneggiata da Anthony Johnston. In essa lo scrittore inglese prendeva spunto dagli universi di H.P. Lovecraft

18 per immaginare la discesa negli abissi della follia da parte di un investigatore, chiamato a risolvere una bizzarra catena di omicidi; nonostante il li- mite di pagine imposto dal racconto, Il cortile già lasciava intravedere una brillante rilettura delle te- FUORICAMPO matiche lovecraftiane: la porta attraverso la quale raggiungere dimensioni extracorporee (concetto centrale nell’opera dello scrittore americano) qui non è altro che un linguaggio (l’Aklo), una droga capace di mostrare all’individuo gli innumerevoli mondi che si sprigionano oltre quella che William Gibson chiamerebbe la nostra “prigione di car- ne”. Disegnato in bianco e nero dal bravo Jacen Burrows, Il cortile è stato in seguito colorizzato ed inserito come introduzione all’edizione definitiva di Neonomicon, miniserie in quattro numeri con la quale Alan Moore ha deciso finalmente di ripren- dere il discorso lasciato incompiuto con il suo rac- conto, stavolta occupandosi personalmente della sceneggiatura.

Neocomicon agisce su differenti piani di lettura, rivelandosi una finissima operazione intellettuale

Neonomicon nasce dichiaratamente come un la- voro alimentare (qui la divertente ammissione di Moore a proposito), caratteristica che sin da su- bito ha spinto molti ad etichettarlo frettolosamen- te come prodotto “minore” o “su commissione”: può certamente non trattarsi di un’opera sentita e necessaria, alla quale dedicare anni di studi e approfondimenti per portarla a compimento (come ad esempio il mastodontico From Hell), ma l’impressione che si ha non appena terminata la lettura è che, indubbiamente, ci si trova dinanzi a una riflessione filologica e assai complessa di tutta la maggiore produzione lovecraftiana. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un vero e proprio revival nei confronti dei racconti dello scrittore di Providence, tanto al cinema quanto nei fumetti: ebbene, si può affermare senza dubbio alcuno che finora nessuno era stato in grado di sviscerare e reinterpretare questa poetica come ha fatto Alan Moore con il Neonomicon. Traslando l’azione ai giorni nostri (anziché negli anni venti), Moore at- tualizza le principali tematiche presenti nell’ope- ra del maestro americano rileggendole sotto una

19 FUORICAMPO luce completamente diversa: da qui il titolo, Ne- anche volendosi limitare agli aspetti più immediati onomicon, non un semplice gioco di parole per e superficiali del racconto, Neonomicon si dimo- richiamare il celebre Necronomicon, bensì un si- stra comunque una lettura piacevolissima e colta gnificato del tutto inedito in grado di gettare le allo stesso tempo, un’opera ricca di rimandi più basi per una nuova lettura lovecraftiana (di più o meno espliciti all’universo della letteratura fan- non sveliamo, per non rovinare la sorpresa). Esat- tastica, da Arthur Machen a Clark Ashton Smith tamente come il discorso che sta portando avanti a Ambrose Bierce, nonché ottimamente disegnata con La Lega degli Straordinari Gentlemen (forse da un Burrows decisamente in gran forma. Insom- l’opera più teorica, stratificata e, quindi, sottova- ma, un fumetto talmente complesso e ricco di si- lutata di Moore), Neonomicon agisce su differenti gnificati da leggere e rileggere più volte, dinanzi piani di lettura, rivelandosi una finissima opera- al quale non si può far altro che inchinarsi al co- zione intellettuale il cui unico difetto – sempre che spetto di una mente brillante e fresca come quel- tale possa definirsi – è probabilmente quello di la di Alan Moore: davvero, alla faccia del lavoro poter essere compresa appieno solamente da chi “alimentare” o “minore”. già conosce il lavoro di Lovecraft: come nei suoi racconti infatti, l’Orrore è il viatico necessario per ricongiungerci con l’origine della nostra esistenza; Miller ha sempre rappresentato il esistenza il cui scopo, dapprima celato e incom- mondo attraverso le tinte manichee prensibile, alla chiusura del cerchio si rivelerà ai dei suoi profondissimi bianchi e neri nostri occhi con tutto il carico di dolore e dispera- zione che ne consegue. Decisamente interessante poi è anche l’utilizzo che Moore fa del sesso, sia Tutt’altro discorso invece per Frank Miller: il suo da un punto di vista grafico che semiotico: pro- approccio, si sa, non è mai stato di quelli cere- seguendo una personale sperimentazione ai limiti brali, anzi. Autore più di pancia che di cervello, della pornografia (che ha trovato il suo punto più ha sempre rappresentato il mondo attraverso le alto in Lost Girls, disegnato dalla moglie Melinda tinte manichee dei suoi profondissimi bianchi e Gebbie), il Nostro si è qui “permesso” di espli- neri (basti pensare al lungo ciclo di Sin City): sen- citare tutto quello che le pagine dei racconti la- za chiedere niente a nessuno, senza mai sentire sciavano sottintendere in maniera aleatoria. Tra le il bisogno di giustificarsi (o scusarsi) per le idee molte (troppe) etichette che sono state attribuite a messe in campo. E anche stavolta è andato fino Lovecraft nel corso degli anni, infatti, ci sono an- in fondo, forse persino troppo. Il suo Sacro Terrore che quelle che lo dipingevano come personaggio è stato al centro di aspre polemiche ben prima di misogino e succube di una vera e propria repul- venire pubblicato, rinnovando le solite (stanche) sione nei confronti dell’atto sessuale: è indubbio accuse di fascismo, razzismo e via dicendo. Che però che le “unioni raccapriccianti” da lui descritte Miller non fosse un democratico, è oramai cosa fossero appunto una chiara allusione a tutto ciò, nota. Il suo conservatorismo di destra continua a e il genio di Moore sta proprio nell’utilizzare que- stare scomodo a molti, ma l’impressione è che si sta iconografia erotica latente come mezzo per tratti più di un disagio preconcetto che altro: di- il coronamento di un percorso di formazione “al ciamo questo perché siamo convinti che qualsiasi contrario” (pure qui, non anticipiamo nulla). Ma cosa (libro, film, fumetto, musica o altro), prima

20 palese, data anche la presenza di una simil statua della libertà), Sacro Terrore racconta la lotta senza quartiere di un giustiziere mascherato contro un

nemico invisibile: il terrorismo islamico. Dedica- FUORICAMPO to alla memoria del giornalista e regista olandese Theo Van Gogh, il volume è narrativamente e ide- ologicamente ridotto all’osso: buoni contro cattivi, senza sfumature di sorta. Un urlo di rabbia cieca e incontrollata, lontanissimo da qualsiasi forma di perbenismo o politically correct, che però non la- scia nulla dietro di sé. Oggettivamente, molte ac- cuse suonano comunque ridicole: Miller fascista? Piuttosto, rileggersi con attenzione Il ritorno del Cavaliere Oscuro, atto di accusa di un conserva- tore tanto deluso dalla politica reaganiana quanto preoccupato dell’instaurazione di un governo mol- to prossimo al fascismo (quello vero); se infatti in Sacro Terrore è innegabile un certo qualunquismo di fondo nei confronti dell’Islam, non per questo il modello statunitense/occidentale ne esce a testa alta (con le caricature di Obama, Michael Moore, Putin, Rumsfeld, Condoleeza Rice e altri ancora). E quindi? Di fronte all’insensatezza di alcune cri- tiche aprioristiche, la tentazione di voler parlare bene di un fumetto come Sacro Terrore era alta: purtroppo, non lo si può negare, ci si trova davan- di essere giudicato, andrebbe affrontato. A pre- ti a un prodotto fin troppo ingenuo e superficia- scindere dalla posizione politica del suo autore, le, che non guarda minimamente alla comples- la quale dovrebbe rimanere di scarso interesse sità del reale preferendo risolvere il tutto a suon almeno fino a quando non arrivi a coinvolgere i di armi ed esplosioni. Anche graficamente, non contenuti stessi dell’opera. siamo ai livelli di un tempo: se la prima parte del Sacro Terrore vede finalmente la luce dopo un iter volume è ottima, con un chiaroscuro densissimo creativo a dir poco travagliato: il progetto nasce che sembra rimandare al Miller dei tempi migliori, qualche anno fa con il nome di Batman: Holy Ter- nella seconda è evidente una certa stanchezza nel ror, quando fu Miller stesso ad anticipare l’identità segno, veloce e tirato via, generando una fasti- del nemico dell’uomo pipistrello, e cioè nienteme- diosa sensazione di disomogeneità. Come se la no che Osama Bin Laden. Nelle intenzioni iniziali fretta di consegnare un lavoro rimandato troppo sarebbe dovuto essere il terzo capitolo della gran- a lungo avesse avuto la meglio sulla qualità: in- de saga di Miller cominciata nel 1986 con Il ri- somma, dopo tutti questi anni di attesa, era lecito torno del Cavaliere Oscuro e proseguita nel 2001 aspettarsi qualcosa di più (anche perché la lettura con Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora: la cattura si esaurisce in pochi minuti). e uccisione del leader talebano però, e soprattut- to il rifiuto drastico della DC Comics dinanzi allo Neonomicon è uscito in Italia lo scorso autunno, sviluppo del progetto, hanno portato l’autore a registrando subito il tutto esaurito. Sarà ristampa- rivolgersi presso la casa editrice indipendente Le- to il prossimo mese, con nuove copertine variant gendary Comics, trasformando l’identità del pro- da collezione. tagonista nel più anonimo Fixer e recuperando il formato 28x21 già sperimentato con 300. Collo- Sacro Terrore è disponibile da aprile. cando l’azione in una metropoli di fantasia chia- Entrambi i volumi sono editi in Italia da Bao Pu- mata Empire City (ma il riferimento a New York è blishing. 21 Lo SCHERMO che cammina L’era del doppio (e triplo?) schermo

di federico chiacchari FUORICAMPO

Sempre più persone utilizzano la Tv e il tablet (e/o lo smartphone) contemporaneamente. E’ quanto emerge da una recente indagine della Nielsen ef- fettuata negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Germa- nia ed Italia. Ecco il quadro che ne viene fuori in una tabella riassuntiva: Negli Stati Uniti, che sappiamo bene anticipa qua- si sempre le tendenze in fatto di “comportamenti digitali” ben l’88 per cento dei proprietari di ta- blet e l’ 86 per cento dei possessori di smartphone hanno detto che hanno usato il loro dispositivo al- meno una volta mentre guardavano la TV nel cor- so dei 30 giorni precedenti. Quasi la metà (45 per giuntive su ciò che sta vedendo, il 24% chatta con cento) degli utenti tablet ha dichiarato di utilizzare gli amici mentre il 12% cerca prodotti, l’11% leg- il dispositivo davanti alla TV su base giornaliera. E ge o posta messaggi online e, infine, l’8 per cento il 25 per cento ha detto di farlo più volte al giorno. guarda video relativi al programma in onda”, ha Più in dettaglio: “Negli USA il 40 per cento dei pos- spiegato David Nahmani, direttore della divisione sessori di smartphone e tablet li usa per navigare Business Development e Partnerships per Orange/ mentre guarda un programma televisivo e dedicar- France Telecom, uno degli esperti chiamati al So- si ad altre attività, il 26% cerca informazioni ag- cial Media World Forum per raccontare i numeri e le tendenze del fenomeno del secondo schermo. Possiamo fare tutta la resistenza analogica pos- sibile, ma siamo inevitabilmente entrati nell’”Era dei Tablet”. E se non volessimo proprio crederci ci ha pensato questo incredibile spot della Vodafone a ricordarcelo, definitivamente… Girato a Barcellona e ideato dal copywriter Car- lo Pinzi e dall’art director Filippo Solimenta, sotto la direzione creativa di Federico Ghiso e Giorgio Cignoni e prodotto da Mercurio con la regia di Giuseppe Capotondi, lo spot sembra celebrare l’arrivo dei Tablet come una sorta di “Manna” che ci giunge dal cielo… Stanno iniziando a nascere delle App dedicate proprio al “doppio schermo”, con la funzione di “aggregare contenuti speciali sul tuo programma preferito in cambio della tua cortese attenzione

22 FUORICAMPO

per gli annunci pubblicitari inclusi” (da Wired). condo schermo” è spesso più significativo ed ha Ma in realtà lo spettatore già da tempo, fa da sé. un impatto di comunicazione più forte di quello Vedi un programma tv, ti viene una curiosità, e che avviene nel “primo schermo”. Che infatti tenta subito la vai a cercare in rete sui comodi dispositivi di recuperare a sé quest’esperienza della rete, con mobili comodamente dal tuo divano o poltrona. E le varie schermate che ormai molte trasmissioni l’esperienza dei Social Netwtork sta trasformando riportano dei tweet più interessanti. Ma è un cir- questa visione, a volte solitaria, della TV, in qual- colo autoreferenziale: la tv mostra frammenti di cosa da condividere in rete con gli amici, veri o discussioni “social” sulla tv stessa, cercando così virtuali che siano. di recuperare la centralità del nostro sguardo. Ma dove va, oggi, il nostro sguardo? Giorni fa, camminando in strada con lo smartpho- La realtà è che ormai siamo catturati ne in mano mentre leggevo chissà cosa (l’ultimo dagli schermi. Sempre. tweet? un messaggio su whatsapp?), mi sono let- teralmente scontrato con una ragazza che stava facendo esattamente la stessa cosa. Ovviamente ci siamo messi a ridere dell’assurdità della si- Insomma sta cambiando profondamente il nostro tuazione (Francois Truffaut ne avrebbe tratto un modo di rapportarci a quello strumento (la TV) che film…), mentre fanno meno ridere – per i risvolti da almeno 50/60 anni ha condizionato comporta- potenzialmente più pericolosi – le migliaia di per- menti, pensieri, costumi e immaginario collettivo. Solo che mentre fino a qualche anno fa guarda- re la TV era un’esperienza completamente passi- va (con piccole variabili come televoti e similari), oggi, proprio mentre chiude l’ultimo Blockbusters in Italia determinando la fine dell’epoca del vi- deonoleggio (altra ennesima esperienza di consu- mo privato/collettivo transitorio ma, soprattutto, il passaggio dall’era del possesso a quella dell’ac- cesso di cui ci aveva parlato molti anni fa Jeremy Rifkin), siamo di fronte ad un uso del mezzo te- levisivo “condiviso”. Soprattutto in occasione di grandi eventi spettacolari (partite di calcio, festival di Sanremo, elezioni, ecc..) il flusso di comunica- zione che contemporaneamente si svolge sul “se-

23 “mettetevi comodi, davanti alla tv, con il tablet in mano, e godetevi la partita!” (presentatore di Sky Sport)

sone che guardano lo smartphone mentre guida- immagini degli Occhiali di Google, ci prefigura- no l’automobile, la moto o la bicicletta. no un mondo virtuale, ricco di informazioni, da La realtà è che ormai siamo catturati dagli scher- portare direttamente con il nostro “primo sguar- mi. Sempre. Lo scriveva quella mente proiettata al do”. Un “secondo sguardo” che si muove con noi, futuro di Kevin Kelly (uno dei fondatori di Wired) fornendoci tutte le informazioni, geolocal, social, che “già” nel 2008 scriveva: “ Ovunque ci giriamo o quello che vogliamo. Quando guidiamo, invece vediamo schermi. L’altro giorno ho visto il trailer di di gettare l’occhio al navigatore GPS sul cruscot- un film mentre facevo benzina. Qualche sera fa to, avremo il “navigatore con realtà aumentata sul ho visto un’intera pellicola sullo schienale di una parabrezza”, che secondo gli inventori dovrebbe poltrona d’aereo. Vediamo cose ovunque. Spunta- garantire una maggiore sicurezza perche non di-

FUORICAMPO no schermi nei posti più impensati: agli sportelli stoglierà lo sguardo dalla visione della strada… bancomat, alle casse dei supermercati, sui cellula- Quanti sguardi possibili possono sostenere i no- ri. Grazie all’onnipresenza degli schermi è nato un stri occhi contemporaneamente? Non solo “non pubblico anche per filmati molto brevi, di soli tre sappiamo più sconnetterci” come scriveva Marco minuti. (…) Stiamo andando verso l’ubiquità del- Pratellesi tempo fa nel suo blog, ma sempre più le immagini”. (dal The New York Time Magazine, saremo – siamo – impegnati in una molteplicità di traduzione da Internazionale). “conversazioni mentali” con realtà virtuali, che si sovrapporranno a quello che un tempo considera- vamo “mondo reale”. Non manca molto al punto di non ri- torno, ovvero al sorpasso definitivo Sulle circa 16 ore che siamo svegli, tra smartpho- della realtà virtuale sulla realtà fisica ne, tablet, computer, televisione e schermi in giro, quanto tempo dedichiamo alla “realtà non virtua- le”? Non manca molto al punto di non ritorno, Questo accadeva nella visione di Kelly solo (ben!) ovvero al sorpasso definitivo della realtà virtuale quattro anni fa. Oggi non solo gli schermi sono sulla realtà “fisica”. Le nostre comunicazioni, i dappertutto, ma non possiamo più andare in giro nostri rapporti, le nostre visioni sono sempre più senza portare con noi uno schermo portatile, or- orientate alla loro digitalizzazione. E il tempo che mai fuso con il “vecchio” cellulare. dedichiamo alle comunicazioni digitali sta supe- E ci sono tutte le indicazioni perché questa “di- rando quello delle comunicazioni analogiche. pendenza” dagli schermi, o meglio questo no- Siamo, ormai, definitivamente mutati. Possiamo stro – cronenberghiano – innestare il corpo con fare “resistenza analogica”, oppure abbandonarsi gli schermi, diventi sempre più completo e, forse, a diventare dei completi “esseri digitali”. Oppu- definitivo. Già le prime, pseudo fantascientifiche, re?…

24 BREVI

Ospite al Salone del Libro al Lingotto di Torino, Nanni Mo- retti, ex-direttore del Torino Film Festival, si lascia scappa- re un’unica, fugace afferma- zione sulla “battaglia dei Fe- stival”: “Sapete come la penso sulla querelle Roma-Torino. Il NEWS mio pensiero è sempre lo stes- so. Torino deve andare per la sua strada”.

Novità su Squirrel To The Nuts, nuova screwball comedy pro- dotta da Wes Anderson e Venezia 69: giuria a Noah Baumbach e diretta da Peter Bogdanovich. Nel cast sono entrati Owen Michael Mann Wilson e Jason Schwartzman, insieme a Olivia Wilde e Brie Dopo l’annunciato Leone alla proposta del Direttore della Mo- Larson. carriera a Francesco Rosi, ecco stra Alberto Barbera. il secondo nome della 69a edi- Per Mann, sceneggiatore, pro- zione della Mostra internaziona- duttore e regista di culto, auto- Dopo The Way Back, del 2010, le del Cinema di Venezia: il re- re di Manhunter, Heat, Insider e il regista australiano Peter Weir gista americano Michael Mann Nemico pubblico, capace di ri- si dedica a un nuovo progetto: presiederà la Giuria del Festival, voluzionare la serialità televisiva l’adattamento di The Keep, che si terrà dal 29 agosto all’8 con Miami Vice e il recente Luck, romanzo del 2006 di Jennifer settembre. La decisione è stata si tratta della prima esperienza Egan, scrittrice Premio Pulitzer presa dal Cda della Biennale alla guida di una giuria in un Fe- nel 2011 per l’ottimo A Visit presieduto da Paolo Baratta, su stival internazionale. from the Goon Squad (Il tempo è un bastardo). Sarà lo stesso Weir a occuparsi dello script. Il budget si aggira intorno ai 30 milioni di dollari. Produce Il rosso e il nero di la SBS Films (La fille du RER, Carnage e il nuovo Passion di Amalric Brian De Palma). Amalric dirigerà un adattamen- i recenti Poulet aux prunes, Vous Carlo Verdone si esprime to di Il rosso e il nero, il classico n’avez encore rien vu, Cosmopo- molto duramente sulla sortita del 1830 di Stendhal, già tra- lis, vedremo Amalric, accanto a italiana di Woody Allen: “To sposto per il cinema da Claude Nathalie Boutefeu (À l’origine, Autant-Lara nel 1954. Polisse, À perdre la raison) in un Rome With Love è il brutto Prodotto da Les Films du Pois- nuovo progetto del regista fran- film di uno che non ha capito son, prevedibilmente con un cese Antoine Barraud: il corto- niente di Roma. Una pellico- cast internazionale e un budget metraggio Les gouffres. la da cartolina dei tabaccai. imponente, Le Rouge et le Noir Della storia si sa poco, ma una Quando l’abbiamo visto, ri- seguirà le vicende del giovane curiosità promettente viene dagli devamo per non piangere. La e ambizioso Julien Sorel e della annunci del casting, che cercava Roma che ha raccontato Al- sua caduta. Come attore, dopo un sosia perfetto di Amalric. len, non esiste”. 25 EDITORIALE arion otillard L’attriceM contemporaneaC di pietro masciullo

Se la contemporaneità è un sentimento più che una categoria, una coalescenza tra istanze passate COVER e sentire futuro che sfugge a ogni classificazione per entrare nel regno della percezione…allora Marion Cotillard è l’attrice contemporanea per eccellenza

Bye Bye Blackbird. Le ultime parole pronunciate in perfetta e straniante del discorso manniano sulle Nemico Pubblico (2009) di Michael Mann. Le ulti- nuove frontiere del visibile. Perché Billie non può me parole di John Dillinger morto in immagine, su morire come John: lei è già immagine-contempo- uno schermo, mentre dona lo sguardo al Clarke ranea dalla prima inquadratura, elemento di con- Gable di Manhattan Melodrama… e poi ancora taminazione, meticcio franco-indiano con accento morto in strada, all’esterno di un cinema, men- appena udibile e bellezza clamorosa in un vestito tre si consegna al Mito crivellato di pallottole. Ma rosso fuoco che sfonda l’immagine digitale più di questo Dillinger/digitale che muore come corpo e qualsiasi campo lungo. Tutti i personaggi di Public nasce come immagine, deve prima dire addio al Enemies vogliono ardentemente essere “dentro” suo sogno di libertà. Sogno incarnato dal vol(t)o quella storia, tranne loro due: John che brama piangente dell’amata Billie Frechette/Marion Co- di evadere sino alle estreme conseguenze e Billie tillard nelle ultime inquadrature del film: sintesi che ne è statutariamente fuori sin dall’inizio. Molto

27 Cet air qui m’obsède jour et nuit Cet air n’est pas né d’aujourd’hui (Edith Piaf, Padam Padam) EDITORIALE

prima del divo Clarke Gable sul grande schermo, bella nel cul de sac dell’eternità. quindi, è proprio lei che ruba lo sguardo a Dillin- Marion nasce a Parigi nel settembre del 1975 – ger e a noi spettatori con candore antico e moven- proprio l’anno in cui François Truffaut presentava ze contemporanee. L’Historie d’Adéle H., tutto il passato e il futuro del Ecco, fermiamoci qui: Marion Cotillard è esatta- cinema condensato in inquadrature di bollente mente questo. Un’attrice venuta dal passato con passione – da una famiglia di artisti: madre at- uno sguardo proiettato al futuro. Una donna che trice teatrale e padre attore/regista. La piccola di fonde costantemente l’eterea presenza fantasma- casa era spesso utilizzata negli spettacoli in giro tica e (ultra)femminile tipica delle dive anni ’20, per la Francia quando c’era bisogno di una bam- con un’intelligenza di scelte e una verosimiglian- bina. Insomma, il “ruolo” di attrice le era stato cu- za nella gamma recitativa tutta interna al cinema cito addosso sin dalla nascita. degli anni ‘00. Perché se la contemporaneità è un sentimento più che una categoria, una coa- lescenza tra istanze passate e sentire futuro che Marion Cotillard è un’attrice ve- sfugge a ogni classificazione per entrare nel regno nuta dal passato con uno sguardo della percezione, allora Marion Cotillard è l’attri- proiettato al futuro. ce contemporanea per eccellenza. È letteralmen- te quell’impalpabile blackbird che spiana le ali (“dalle tue parti passerotto si dice Piaf”, le profe- Prosegue gli studi alla scuola di recitazione del tizza anche Gerard Depardieu in La vie en rose…) Conservatoire d’Orléans e inizia con piccole parti e vola altissimo dall’Europa ad Hollywood mante- la sua carriera in Tv e al cinema. Sino a quando, nendo intatto l’ideale equilibrio tra mimetismo at- nel 1998, tenta un provino per quel folle creatore toriale e prorompente presenza scenica. Per certi di mondi paralleli che è Luc Besson. In Taxxi (una versi è la vera erede di Catherine Deneuve o della delle trovate bessoniane più commerciali e ludi- sfortunata Françoise Dorleac, vissuta solo l’arco di che, che aprirà la strada a una fortunata trilogia) pochi film ma “proiettata” per sempre giovane e Marion riesce ad avere il ruolo della bella Lilly,

28 Cet air qui m’obsède jour et nuit Cet air n’est pas né d’aujourd’hui (Edith Piaf, Padam Padam) fidanzata del protagonista Daniel nonché molla costante del suo desiderio e dell’azione sfrenata del film. L’attrice nata non poteva trovare “casa” migliore dell’EuropaCorp di Besson, una sorta di factory cormaniana nel cuore dell’Europa. Il gran- de pubblico e il cinema di serie A l’avevano ormai conosciuta: il più era fatto. Riceve la sua prima candidatura al César per il doppio ruolo in Les COVER Jolies Choses, dove interpreta due gemelle in un pericoloso e ambiguo scambio di identità; poi, in pochi anni, riesce a ritagliarsi ruoli da prota- gonista in irriverenti film di genere come Furia di Alexandre Aja o Jeux d’enfants di Yann Samuell e piccoli ruoli in produzioni importanti come lo splendido Big Fish di Tim Burton (dove è la nuora francese che diventa la luce rigeneratrice dei sogni del vecchio Albert Finney) o Una lunga domenica di passioni di Jean Pierre Jeunet (dove interpreta la spietata vendicatrice Tina Lombardi) per il qua- le vince nel 2005 il suo primo César.

I suoi personaggi nei film francesi sono donne perennemente legate a un’identità forte

Da questo momento in poi la sua carriera sarà equamente divisa tra Francia e Stati Uniti, con ruoli molto diversi tra loro ma sempre strettamen- te connessi alla dicotomia interiorità/immagine. I suoi personaggi nei film francesi sono donne pe- rennemente legate a un’identità forte e spesso de- stinate alla tragedia come, ovviamente, la divina Edith Piaf. Il tradizionale biopic diretto da Olivier Dahan è totalmente al servizio dell’interpretazione di Marion Cotillard, che in un notevolissimo sfor- zo mimetico entra non solo nel corpo ma anche nel dramma di una donna divisa tra l’endemica disperazione privata e il trionfo totale nell’arte. La giovane promessa del cinema francese diventa così la seconda attrice (dopo , nel 1960, con La Ciociara) a vincere un Oscar come miglior interprete protagonista per un’opera non in lingua inglese. E ancora: nel bel film del com- pagno Guillaume Canet (Piccole bugie tra amici) interpreta Marie, un’infelice trentenne persa già in un passato di abbandoni e rimpianti, che è il vero volto tragico di questa commedia. Quindi: l’esse- re (bella) donna al “cinema” in Europa si porta dietro indissolubilmente tutta una tradizione di ri- 29 vincite e sfide al patriarcato o all’ordine stabilito che spesso producono disastrose sconfitte in amo- re. Il Divismo, si sa, nasce spesso proprio da qui. In America, invece, Marion diventa pura immagi- ne: letteralmente una proiezione dell’inconscio di Leonardo Di Caprio in Inception di Nolan. Da un lato oggetto perenne di ogni sguardo e dall’altro rilancio sentimentale dello stesso, catturata appe- na da uno stacco di montaggio e poi evasa in un batter d’occhio. Proprio come nell’ottima annata

COVER di Ridley Scott, dove il cinico Russell Crowe perce- pisce Marion alla stregua di una proustiana porta che si (s)chiude sul passato proiettandolo istanta- neamente verso l’inaspettato futuro amoroso. O come nei tour onirici del cine-Novecento alleniano di Midnight in Paris dove Marion è pura immagine incorporea, prima musa di Modigliani e Picasso e poi impossibile sogno di evasione dello stralunato viaggiatore nel tempo Owen Wilson.

In America Marion diventa pura immagine, oggetto perenne di ogni sguardo

L’intera sequenza che precede la sua entrata in campo è di una valenza paradigmatica a dir poco cristallina: Pablo Picasso e Gertrude Stein batti- beccano sull’effettiva riuscita del ritratto di Adria- na, l’uno rivendicando la passionale carnalità del dipinto e l’altra rinfacciando la totale mancanza di obiettività. La poetessa e il pittore discutono del complesso e sottile confine che si instaura tra im- magine ed essenza. Nel frattempo però entrano nella stanza Ernest Hemingway accompagnato dal giovane Gil/ Owen Wilson, che viene subito assunto come ca- via: “qual è la tua prima impressione di Adria- na?”. Stacco di montaggio e primo piano di Ma- rion Cotillard. La risposta del folgorato Gil, che renderà superflua ogni altra disquisizione estetica, sarà semplicemente: “eccezionalmente bella!”. L’orgogliosa ragazza europea, quindi, diventa oltreoceano l’eroina-fantasma di un cinema con- taminato ed emblema del contemporaneo. Il suo corpo d’attrice riesce a calamitare e rilanciare nel virtuale ogni istanza di un antico spazio sentimen- tale: fondendo azione e sogno; sconfitte umane e rinascite immaginifiche; danze di memoria (di 30 COVER

gran lunga l’interprete più convincente in Nine di Rob Marshall, sensuale ed algida nel contempo) e incubi futuribili (variabile impazzita e “rapita” proprio perché capace di vedere nelle immagini di Video repertorio la radice del Contagion di Soderbergh). E allora, chiudiamo anche noi il cerchio: torniamo da Billie Frechette in Nemico Pubblico. Torniamo all’inebriante primo piano in lacrime di una Cotil- lard totalmente “dentro” il film come attrice e to- talmente “fuori” dal film come immagine. Primo piano insistito e insistito ancora, sino all’apertura della porta di un carcere che mette fine (?) alla storia. Una dissolvenza in nero su una gabbia che si apre – apertura del Reale direbbe Slavoj Žižek – dove lo sguardo/cinema di Marion può di nuovo evadere e volare via. Volare leggero per poggiarsi su altri set al di qua (Jaques Audiard) o al di là (Ja- mes Gray) dell’oceano e del nostro immaginario. Perché, in fondo, sono sempre fugaci scarti che cerchiamo nei film: volti o sentimenti che ci scon- quassino lo stomaco aprendo porte o gabbie su nuovi spazi e Frontiere. Ma tutto questo, evidente- mente, Marion Cotillard lo ha sempre saputo… e a noi semplici spettatori non resta altro che sussur- rarle di nuovo: bye bye blackbird!

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CANNES 65 - - - (una sbornia di whisky senza ri-

Hangover

giu, due premi che non gli hanno reso comunque che non gli hanno reso comunque premi due giu, brividi in un la necessaria un finale da giustizia, film che non finisce come 4 mesi, 3 settimane, più Loach Ken 2 giorni, la contagiosa leggerezza di per questo più at con i suoi improbabili e ancora traenti di Abbas Phillips) e la Tokyo sveglio come in Todd e, riappropriata In Lov Kiarostami di Like Someone secondo i suoi ritmi e i suoi tempi ma con le luci rimasto troppo stordenti di Michael Mann. Tutto Un bel con- ma non c’importa. Palmarès fuori dal corso rimasto in superficie e non valorizzato da un in/evitabile verdetto. (Simone Emiliani) Haneke? Sembra davvero di esse ad d’oro Palma Sang-soo.Sss—uur Hong un film di di re nel loop demenza se una l’impasse di d’Avignon: le pont delirio dal partorito il balbettio nile invincibile.È che di onnipotenza di un regista, rifà la morte,

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di Bernar di Cristian Mun- di ANNES al vento ANNES

muta la pesantezza di Isabelle di pesantezza la Sang-soomuta Hong

. Le cantine vere . Le le chiusure a distanza di Garrone Io e te sono quelle dello stratosferico - Pal la triplica quadrupla (si doppia, Bertolucci do denigrare potendola ma d’Oro girandole attorno mor la oltre vita delle pulsioni di vuole) e quando de di J’enrage te dell’ottima capolavori veri sono altrove. Basta son absence. I che riprende la Cotillard Marion il movimento di le orche in De rouille gestualità di come addestra cui dentro et d’os, il trasformismo di Denis Lavant fatto ha film che non gli straordinari tutti ci sono anni con Holy Motors, Carax in tutti questi Leos Vous Alain Resnais con il teatro/confessione di - il corea rien encore vu. Oltre la Francia, n’avez no Huppert di Haneke e la rende libera e selvaggia, E poi stesso corpo. più vite e più personaggi nello lo straordinario Beyond the Hills

Andare oltre il dis/piacere. Le tombe di Haneke Andare oltre il dis/piacere. Le

C redazione della I commenti selvaggi di Sentieri sull’edizione e sul palmarès Festival 2012 del CANNES 65 cia i confini, in cerca della bellezza, cioè diuna in cercadellabellezza, cia iconfini, attraversa esquar mostro diCaraxche semmai, to nominato. Ma quale Garrone? Monsieur Merde solo inunsetgrandefratello.Seivolgare, sei sta- Garrone, cinema fuoriluogo, che sirinchiudeda to confino di Haneke, la Napoli di cartapesta di tale e fallimentarecontro la crisi. L’appartamen sempre piùfilmbandieradelrigore mente lapaura del Contagion definitiva- confermano premi diCannes Questi capire quantogiànesiaintriso. senza ilcinema diSoderbergh, , rispostafa- - - 34 to a Cannes) dal demone dellasuascomparsa ci to aCannes) nel palmarès eadilcinema (premia- esorcizzare slancio vitalesiinsinua comeunasmagliatura diventare immagine?In barba ad Haneke, uno Monsieur Merdeeisuoi suoniinarticolati-per dove ilpensiero(dicinema) deviadalla parola - e, soprattutto, il magnifico to Audiard, le adolescenzefluttuanti di Nichols ra eartefattaEchefinehanno fat diHaneke). diventano realtà(lapalmad’oro all’arte mortife terrificante di quelle tenebredove i peggiori incubi Moretti immortala Garrone)esprofonda nel nero all’imperativo pratico (il filminodifamigliadove coesione, disorientata e disorientante,checede di Reygadas,conunatramasenza miglia alfilm Postasso che palmarès tenebras sperolucem.Un a minutethere,ilostmyself. (AldoSpiniello) Karma Police nonciarrendiamo.For ciminaccia, cinema camminaancora a un passo diverso. Se Wakamatsu, di Loach. Per nonparlare,altrove,diBertolucci, lo slittamento di Alinasottopressione nell’intensità Mungiu, dall’apocalisse deila sentimenti, follia iconoclasta mondo di cartapesta di Wes Andersonsquarciato infranto nelfinalediKiarostami,il dell’ipocrisia Le gambeeilfiatomozzatidiAudiard,Ilvetro e ciprendeatorte in faccia.Apriamogliocchi. tra lemagliedellasicurezza niale ches’insinua semmai, follettoge Cosmopolis: MathieuAmalric coincidenza tra la finzione euna verità. Altro che Gondry senza senso di Hong, l’irriverenza , Kaufman, TsaiMing-liang. Il Holy Motors di Carax, - - - - pensano la semplicità trasparente di Loach e, so- prattutto, l’intensità miracolosa di Mungiu. Forse Moretti e la sua giuria credono nell’illusione che alla fine ogni cosa si possa espiare, in un modo o nell’altro. E intanto non resta che perderci nella nebbia di Loznitsa, e meglio ancora, nasconderci fuori, nella non riconciliazione di Wakamatsu, o CANNES 65 con Bertolucci, in quella cantina che, come un for- micaio, contiene nei suoi spazi angusti un intero universo. (Francesca Bea)

Esimio Tsai, mantenersi su di un solo piede è sempre difficoltoso. Non riesco a togliermi dal- prattutto di sera quando l’aria della Croisette si fa la mente il lavoro Suo e del Suo attore Lee Kang umida, e ci ostiniamo a passeggiare tra le zone Sheng perché su ogni passo, in effetti, bisogne- ombrose del porto, a sorseggiare pastis. Non sia- rebbe riflettere a quel modo, prima di compierlo. mo più giovani, eppure ancora non ci va di soffo- Mi trovavo a Cannes, In Another Country come carci nel sonno a vicenda con un cuscino in faccia. sempre si conviene a chi ha capito che il tempo Quell’austriaco temo non abbia mai capito nulla ha paura dei film, per via di un ritratto dedicatomi dell’amour: credo che non sia mai stato nei Khaki dal valente Philip Kaufman, opera che straborda Scout. L’altra notte sono capitato ad un’esibizione ma temo anche per colpa mia, o del mio fanta- dai colori così forti e contrastati che mi ha ricorda- sma. Con l’amico Apichatpong convenivo l’altra to le vetrate accese dei collegi di Friburgo, ma da sera che la realtà non esiste (oppure è nascosta quel che ho capito chiunque altro fosse stato da in cantina a mangiare merendine). Figuriamoci quelle parti pareva non ricordarselo. Spero di rin- la Reality. Quel combattente di Koji Wakamatsu contrarvi presto, magari sull’autobus per il Bronx. annuiva. Gli acciacchi ogni tanto si fanno sentire Suo, Hemingway (Sergio Sozzo) sulla mia e sulla sua schiena, da queste parti, so-

35 PALMARÈS L’ Amour nascosto: CANNES 65 “La mia mente ha preso il volo Un pensiero uno solo Palma d’Oro Io cammino mentre dorme la città AMOUR (Love) di Michael HANEKE (Holy Motors) Grand Prix della Giuria REALITY di Matteo GARRONE I suoi occhi nella notte Fanali bianchi nella notte Miglior Regia Una voce che mi parla chi sarà? POST TENEBRAS LUX di Carlos REYGADAS (Post Tenebras Lux) Premio della Giuria CANNES 65 Dimmi ragazzo solo dove vai, THE ANGELS’ SHARE di Ken LOACH Perché tanto dolore? Miglior Attore Hai perduto senza dubbio un grande amore Mads MIKKELSEN Ma di amori è tutta piena la città JAGTEN (The Hunt) di Thomas VINTERBERG (La noche de enfrante) Miglior Attrici No ragazza sola, no no no & Cosmina STRATAN Stavolta sei in errore DUPÃ DEALURI (Beyond The Hills) di Non ho perso solamente un grande amore Miglior Sceneggiatura Ieri sera ho perso tutto con lei Cristian MUNGIU (Beyond the Hills) DUPÃ DEALURI (Beyond The Hills)

Ma lei Palma d’Oro Miglior Corto I colori della vita SESSIZ-BE DENG (Silent) di L. Rezan YESILBAS Dei cieli blu Camera d’Or Una come lei non la troverò mai più BEASTS OF THE SOUTHERN WILD di Benh ZEITLIN (The We and The I) UN CERTAIN REGARD Ora ragazzo solo dove andrai La notte è un grande mare Miglior film Se ti serve la mia mano per nuotare DESPUÉS DE LUCIA di Michel FRANCO (Moonrise Kingdom) Premio della Giuria LE GRAND SOIR di Benoît DELÉPINE e Gustave KERVERN Grazie ma stasera io vorrei morire Perché sai negli occhi miei Miglior attrice C’è un angelo, un angelo Suzanne CLÉMENT Che ormai non vola più che ormai non vola più LAURENCE ANYWAYS di Xavier DOLAN (De rouille et d’os) Émilie DEQUENNE À PERDRE LA RAISON di Joachim LAFOSSE

Che ormai non vola più Menzione speciale C’è lei DJECA di Aida BEGIC I colori della vita Dei cieli blu QUINZAINE DES RÉALISATEURS Una come lei non la troverò mai più”. (Like someone in Love) Miglior film NO di Pablo LARRAÍN

(“Ragazzo solo, ragazza sola”, testo italiano di SEMAINE DE LA CRITIQUE “Space Oddity”, di David Bowie, ascoltabile nell’indimenticabile Io e te di Bernardo Bertolucci) Miglior film (Leonardo Lardieri) AQUÍ Y ALLÁ di Antonio MÉNDEZ ESPARZA

36 rizzontale O Verticale di leonardo lardieri CANNES 65

Ci si sente, quest’anno, come in un cruciverba, di opere orizzontali e verticali, orfani del trasversale. Tra gli incroci, solo schegge impazzite di fotogrammi unici, che creano un istante eterno

Non è lo sbarco su Marte, a cui assistono i g-ot- un cruciverba, di orizzontali e verticali, orfani del tini del pianeta. È la finale Champions di calcio e trasversale. La camicia fantastica di Elia Suleiman, quello con le braccia al cielo è David Cameron, nel suo corto presentato all’interno di un lavoro felice per la vittoria di rigore del suo Chelsea, sul collettivo, 7 Days in Havana, è la prova di costu- Bayern di Monaco di un’attonita Angela Merkel. me evidente. Una camicia bianca, con striscia Come un presagio di sventura, il rigore è fatale rossa orizzontale e una nera verticale, chiedendo al cancelliere tedesco e chissà se il primo ministro udienza al Comandante Fidel, con il funzionario inglese mostrerebbe trasversalità (almeno politi- di Stato a fargli lo spelling del nome, cercando ca), gioendo all’ipotetica vittoria di Ken Loach, qui una via d’uscita orizzontale o verticale dai lunghi e a Cannes, con il suo The Angels’ Share, sorpren- stranianti corridoi dell’hotel in cui soggiorna e af- dente commedia politica su chi di progetti per il facciandosi sul’oceano contemplativo, regalando futuro non ne fa più o deve comunque “rubarli”. una perla cinematografica, tra le poche fughe tra- Nell’attesa dei verdetti finali, e del nostro con- sversali di questo festival, capace di riflettere (sul) sueto articolo riepilogativo sui premi, ci si sente, la faccia triste dell’America, sottotono con i suoi quest’anno, forse più che in altre edizioni, come in alfieri, ad eccezione di due perle rare: The We and

37 durata. Il tempo non scorre più: sgorga. Quante lettere? Ci va Kiarostami, Mungiu, Hong Sangsoo. 2 verticale: al cinema verticale ascendente, ri- sponde quello che discende fino all’ennesimo col- po, fino all’ultima ferita. Allora si ritorna al tem- po piatto. È sul cinema verticale in discesa che si situano le peggiori pene, le pene senza causali- tà temporale, le pene acute che attraversano un cuore per niente, senza mai illanguidire. Quan- te lettere? Una sola, “H” come “Hola”, Haneke. Il regista austriaco pensa al cinema come a una manifestazione verticale di un desiderio (mortife- The I di Michel Gondry, alla Quinzaine, e l’opera ro) orizzontale. prima Beasts of the Southern Wild di Benh Zeitlin, 2 orizzontale: cinema che si nutre del proprio nella sezione Un Certain Regard. Vecchio e nuo- mondo fantastico, teneramente livido. Ci va An- vo, maestro e infante, nella stessa inquadratura, derson, Cronenberg, Resnais, Ruiz: geometrici, nello stesso spazio, quello della gioventù di corsa, dall’alto della loro immensa genialità. Forse però del brusio della gioventù come rumore di fondo questa stessa ricerca della linea, a volte reiterata, perenne, come un rumore bianco di creature e li rende ai nostri occhi teneramente scontati, tena- non creatori . cemente (im)mortali. Il resto, tra concorso e sezioni collaterali, un rom- picapo di orizzontali e verticali, con rare traietto- rie trasversali, capaci di unire il cielo e la terra, Resta escluso Audiard, perché del con- l’astratto e il distratto, l’estremo e la poesia, il corso è l’unico capace di sprigionare quadro e il movimento. Il cinema come metafisica quella moralità istantanea trasversale istantanea. 1 verticale: registi per cui il componimento visivo deve dare una visione dell’universo e il segreto di Sono il trucco che non rappresentano il normale un’anima, un essere e degli oggetti, tutto insie- per rappresentare il nulla, che non rappresentano me. Se segue semplicemente il tempo della vita, il saggio sulla società, ma la poesia dell’uomo. è meno della vita; non può essere più della vita. Dal cruciverba resta escluso Audiard, perché del Essa è allora il principio d’una simultaneità essen- concorso è l’unico capace di sprigionare quella ziale in cui l’essere più disperso, il più disunito, moralità istantanea trasversale. Egli rivela insie- conquista la sua unità: quante lettere? Ci va: “R” me, nello stesso istante, la solidarietà della forma come rivoluzione, “A” come “adelante”, “C” come e della persona, prova che la forma è una perso- Castro: Reygadas, Apichatpong, Carax, che in na e che la persona è una forma nuova, anche fondo, però, non accettano le conseguenze dell’i- senza più gambe. Bisogna allora perdersi negli stante poetico, il pensiero discorsivo, gli amori re- incorci della Croisette; ci ritrovi schegge impazzite ali, la vita sociale, la vita corrente, sdrucciolevo- di fotogrammi unici, che creano l’istante eterno: le, lineare, continua. Ma è ancora tempo questo Amalric in Cronenberg, la pietra scagliata alla fi- pluralismo di avvenimenti contraddittorii racchiusi nestra di Kiarostami, le battute fuori campo (invo- in un solo istante? È ancora tempo tutta questa lontarie) in Garrone (“Volgare, sei sato nomina- prospettiva verticale che sovraccarica l’istante fil- to…”), il 3D inceppato di Argento , l’elegia della mico? lentezza di Tsai Ming-Liag (corto che ha chiuso la 1 orizzontale: registi per cui nel loro cinema si Semaine) e soprattutto i due fermi immagine del possono trovare gli elementi di un tempo fermato, capolavoro di Bertolucci e di Wakamatsu: al volto d’un tempo che non segue la misura, che fugge del giovane protagonista di Io e te, meravigliosa orizzontalmente con l’acqua del fiume, con il ven- chiosa espressionista, risponde l’ultima inquadra- to che passa. Nel cinema orizzontale emerge il tura negli ultimi giorni di Mishima, su mani aper- divenire degli altri, il divenire della vita, il divenire te, pronte ad accogliere l’eredità del rigore mai del mondo. L’orizzontale sono quadri sociali della fallito.

38 Las cosas se tocan que no di sergio sozzo CANNES 65

Cannes 65 è tutta sul cornicione del grattacielo dove la Minogue canta la sua ultima canzone di notte, e poi nelle camere d’albergo infestate dai demoni del Mekong Hotel

Video

Mekong Blues. Quell’ora incessante di demo per sta e infila una miracolosa The Wolves di Bon Iver chitarra acustica con tanto di vociare di musici- nel suo capolavoro in Concorso, un film di una sti che si accordano e false starts, che mai s’in- potenza a tratti davvero insostenibile. Va da sé, terrompe sul tappeto sonoro di Mekong Hotel di Emmanuelle Riva soffoca, non riesce a cantare Apichatpong Weerasethakul, setta il mood del – S-ssss-sur le pont d’Avignon, la solita storia. E Festival, complice la suggestione fluviale delle invece Hemingway dà fiato alla voce, fortunata- torrenziali piogge che ci hanno fatto compagnia mente, e pazienza se ogni tanto Clive Owen stona sulla Croisette per gran parte dell’edizione. Fan- (a noi i cantanti intonati non hanno mai interessa- go. Non solo quello del titolo del film di Jeff Ni- to, in verità): Tutti mi chiamano bionda, ma bionda chols, forse un po’ ingolfato ma sicuramente pie- io non sono... no di passione e buone idee, o quello, davvero Brad Pitt è talmente padrone e anima del progetto melmoso e putrido, del filmaccio di Lee Daniels, di Killing Them Softly che Dominik ne fascia l’en- The paperboy, uno di quei blues elettrici sporchi e trata in scena addirittura con When the man comes grossolani, ridanciani ed esibizionisti. Due paludi around di Johnny Cash (non azzecca praticamen- a cui aggiungere quella di Beasts of the Southern te una mossa che è una, Dominik, in questo film) Wild, questo sì un blues psichedelico con clangore – gioco facile, quasi quanto quello di Hillcoat che di ferraglia in percussione – quasi uno spiritual: lascia la colonna sonora in mano al suo sceneg- Audiard la sa lunga anche da questo punto di vi- giatore Nick Cave e ai suoi compari di sempre, 39 CANNES 65

Warren Ellis e soci, e ne viene fuori quantomeno di Leos Carax, questa apparizione di Kylie Mino- una White Light / White Heat country sguaiatissi- gue è forse ancora più clamorosa del pezzo tziga- ma che potrebbe quasi essere la cosa migliore di no per fisarmonica che Denis Lavant esegue con Lawless, insieme a Tom Hardy. l’orda zingara nell’intermezzo del film, e che pare Reygadas fa con Neil Young al piano da famiglia tirato giù da uno dei Book of Angels di John Zorn. riunita quello che fa con tutto il resto del film, ov- Davvero Cannes 65 è tutta sul cornicione del grat- vero una sorta di video di youtube amatoriale ma tacielo dove la Minogue canta la sua ultima can- con grandi pretese sfocate (per forza di cose), e zone di notte, e poi nelle camere d’albergo infe- l’unico rammarico per un film di cristallina bel- state dai demoni del Mekong Hotel, tra la voce lezza come l’ultimo di Wakamatsu Koji è che sta- bianca di una popstar e un arpeggio di chitarra di volta con lui non ci sia quel folle di Jim O’Rourke musicista tailandese. com’era stato per United Red Army. Alexandre De- splat è invece ovunque (magari avrà anche scritto un paio di pezzi del musical disperato di Takashi il vero film-sinfonia è chiaramen- Miike), anche in questa Napoli-che-non-c’è di un te In Another Country di Hong film di marionette inermi com’è la Reality di Gar- Sang-soo rone: c’è da dire che la sua sostanziale cover della Guida del giovane all’orchestra di Britten sui titoli di coda di Moonrise Kingdom di Wes Anderson è però molto divertente, e tra l’altro coglie appieno E, non l’avremo mai citata troppo, in questa sbi- il senso dell’opera del cineasta, che sembra vo- lenca traduzione italiana di un abusato classico lerci presentare tutti gli stilemi del proprio cinema glam rock, che Bertolucci trasforma in un veicolo come smontati, svitati l’uno dall’altro e dal conge- per il freezeframe più emozionante e devastan- gno generale e mostrati nella loro ultima e intima te che ci sia mai arrivato addosso da anni (dal essenza. 1959?). La notte è un grande mare, se ti serve la E però il vero film-sinfonia è chiaramente In ano- mia mano per nuotare... ther country di Hong Sang-soo, con le sue arie, (degne di menzione anche I will walk 500 miles i movimenti, le chiusure e i ritorni, le ronde e le dei Proclaimers tormentone di The Angels’ Share suite, le ouverture e i sipari (della tenda da cam- di Ken Loach, il pezzo di Pete Doherty sui titoli di peggio), senza mai capire come sempre succede coda del film di Sylvie Verheyde, la jam session con questo autore sommo quanto del film stia ac- a cui partecipa Kusturica nel bell’episodio di Tra- cadendo a noi o solo ai personaggi. pero di 7 days in Havana, e forse proprio il pez- Allora, in quella che probabilmente avrebbe do- zo degli Intoxicados che risuona in tutto Elefante vuto essere la Palma d’oro più giusta, Holy Motors Blanco dello stesso Trapero...).

40 Il inema passa e libera

c di aldo spiniello CANNES 65

C’è, ancora, un cinema che pulsa, mostra le sue fratture, nel cuore, nei nervi. Rinuncia a funzionare e continua a vivere amputato. Un cinema che non è stasi, ma passaggio

Il vetro infranto nel finale di Like Someone in Love suoi magnifici, spaventosi imprevisti, fino al limite o la tempesta “perfetta” di Moonrise Kingdom? L’i- estremo dell’apocalisse di un contagio definitivo? cona spezzata dalla follia amorosa di Alina nell’in- La posta in gioca è questa. E a definirla a pieno tensità sottopelle di Mungiu o lo squarcio nel ven- (salvo poi perdere la partita per manifesta incapa- tre dell’harakiri di Mishima/Wakamatsu? Costretti cità programmatica) arrivano i due Cronenberg. a scegliere una scena “emblematica” di questo Padre e Figlio. La limousine di Cosmopolis come Festival di Cannes, dovremmo necessariamente gli ambienti bianchi di Antiviral: recinti di salvezza far appello a una di queste rotture. Perché è chia- e laboratori di morte. Check up continui, analisi, ro che qui, nel vento che soffia (forte) da queste valutazioni, l’utopia del The Village globale. Ma parti, la contrapposizione fondamentale, decisiva sempre e comunque la minaccia del fuori. è tra un’idea di cinema “chiuso”, spazio asettico Già, l’ultima Mostra di Venezia ci aveva fatto ve- in cui esercitare il proprio rigido controllo auto- dere il cinema alla fine del mondo. Ora, Cannes riale, e il desiderio di un cinema “aperto”, vitale, prova a rispondere, a ridar certezze, facendo ap- capace di contaminarsi con la forza incontrollata pello ai grandi nomi, agli Autori laureati. Pochi dei sentimenti e delle passioni, di offrirsi alle crisi rischi, ogni infiltrazione potrebbe essere fatale. (e quindi ai tagli, alle soluzioni) della contempora- E allora è chiaro che Haneke e Garrone siano gli neità. Quanto si è disposti ad accettare le infezioni estremi difensori di un ordine immobile, con i loro virali, il rischio di tenere il set aperto al mondo e ai spazi perfettamente conclusi, talmente impermea- 41 CANNES 65

bili da risultare irrimediabilmente artificiali, finti e camente, due mani aperte a raccogliere ancora sfiniti, spenti e asfittici. In una parola, morti. All’in- la possibilità dell’utopia o la gioia e la malinconia seguimento di un’assurda “perfezione” del cine- segrete di un’irrinunciabile giostra dei sentimenti. ma, Amour e Reality si rinchiudono in un’insop- O ancora Gondry, che abbraccia la magica im- portabile teorema e mancano clamorosamente perfezione di un cinema sporco per raccontare proprio ciò che vorrebbero raccontare: la verità di un’età e una generazione, tutto un mondo, sen- una condizione, particolare, universale. Alla fine, za mai muoversi da un autobus. Stretto, affollato, quel che resta è la paura di lasciarsi andare, l’hor- eppur vitalmente caotico. Mezzo in perpetuo mo- ror vacui, per cui si preferisce chiudere un piano vimento tra le teneri goliardie e le spine nel cuore. sequenza, una carrellata, portare alle conseguen- C’è, ancora, un cinema che pulsa (Kaufman), mo- ze (ben poco) estreme un racconto, piuttosto che stra le sue fratture, nel cuore, nei nervi. Rinuncia fermarsi a raccogliere una battuta sfuggita per a funzionare e continua a vivere amputato (Au- caso, un imprevisto. Haneke e Garrone trionfa- diard). Un cinema che non è stasi, ma passag- no e non meraviglia più di tanto. In un mondo gio. E per questo forse, il film che racconta que- che ha bisogno di certezze, il Cinema è il Grande sta Cannes, più di ogni altro, è Holy Motors, è Fratello. quel fluire ininterrotto di passaggi, trasformazioni Ma gli autori sono ben altro. Kiarostami, Wes e perdite che è il Tempo, vale a dire il Cinema e il Anderson, Mungiu, apparentemente rinchiusi nel Mondo. Spazi chiusi, spazi aperti. Vite fallite. Altre loro mondo, nella riconoscibilità (conforme) di vite possibili. Carax incrocia tutto e ricongiunge, uno stile, lavorano stretti in confini minimi: un’i- in un gesto solo, il cinema che odiamo e quello sola, un convento, un appartamento, una tenda, che amiamo. La pretenziosità di Dominik e l’amo- l’abitacolo di un auto. Eppure, a un certo punto, re assoluto di Bertolucci, che rinnova due vite nel avvertono l’esigenza e la responsabilità di rom- buio di una cantina, apre gli interni come fossero pere l’isolamento, di scartare a lato. Si sentono, cieli infiniti, blocca il cinema in un fermo immagi- finalmente, generosamente, costretti a frantumare ne, ma solo per mostrarci il suo sorriso segreto, la campana di vetro, il velo (di Maya) dell’ipocri- nascosto. E così il cinema può riscattare la propria sia autoriale, per aprirsi agli interrogativi irrisolti Storia di solitudini, liberare, finalmente, i suoi pic- di cui siamo fatti tutti. Fuori e dentro una sala. coli Doinel. Fuori e dentro lo schermo. I nostri autori, sempre e comunque, saranno Wa- Il cinema passa e libera. Come Lee Kang-sheng, kamatsu e Hong Sang-soo, che sembrano chiu- che cammina per Hong Kong a un’ altra velocità: dersi in un loop asfissiante, ma solo per raccon- l’immagine che attraversa il mondo e ne riforma i tarci l’impasse dei nostri desideri e la solitaria tempi. Walker di Tsai Ming-liang: venticinque mi- disfatta dei nostri ideali. Per poi mostrarci, magi- nuti. Cannes è tutta qui.

42 DE ROUILLE ET D’OS di Jacques Audiard (concorso)

bera qualcos´altro, un momen- to prevedibile che poi diventa Sulla pelle, nelle ossa continua rivelazione, ritorna su una sessualità selvaggia dove di simone emiliani però si sentono tutti i battiti del

(suo) cuore, su alcuni luoghi (le CANNES 65 scene in discoteca da Sulle mie labbra, chiusa come il carcere Condannati alla staticità, le figure del cinema di Audiard aspi- di Il profeta, gabbia di suoni e rano al movimento, cambiano in continuazione di luci come solo Michael Mann e James Gray sanno filmare) e riesce nel miracolo di non spre- C´è qualcosa sempre sul pun- Ricerche di aria contaminata da care mai un ralenti, come quello to di esplodere nel cinema di frequenti squarci sonori, di luce della monetina. Jacques Audiard: un gesto, un che filtra all´improvviso dalle dettaglio, una frase. Come se la fessure dei luoghi e sospende Condannati alla staticità, le figu- macchina da presa catturasse, un melodramma che sprigiona re del cinema di Audiard aspira- anzi aspirasse, tutto quello che brutalità, rabbia, disincanto e no al movimento, cambiano in ha davanti e come se non filtras- tenerezza. continuazione. Le loro mutazio- se tutta la spinta emotiva che i Dall´omonima raccolta di rac- ni sono determinate dalle loro suoi personaggi provano in quel conti di Craig Davidson, Audiard azioni e/o incontri. Lui, Ali, ha momento. Dallo stratosferico fi- traccia certamente decisive linee un figlio di 5 anni. Senza soldi e nale di Il profeta, De rouille et narrative (l´arrivo del protago- fissa dimora va dalla sorella ad d´os riprende quella gestualità nista dalla sorella, gli incidenti Antibes. Lei, Stephanie, è istrut- di nuove rinascite, di cui è pieno. drammatici) ma poi da qui si li- trice di orche. Si incontrano una

43 CANNES 65

sera in discoteca dopo una rissa il figlio a scuola), ma soprattutto Come Lioret in Tutti i nostri de- dove lui fa il buttafuori. Dopo fiammanti ritorni dall´inferno: sideri. Reimpossessarsi, riappro- averla accompagnata a casa, Stephanie sulla terrazza che, priarsi del tempo che resta o che si separano. Ma dopo un even- sullo sfondo della stessa can- ricomincia. Dove il melodram- to tragico tornano a riunirsi. La zone, riprende i movimenti che ma va a fuoco con la sporcizia luce dal buio. Al di sopra delle faceva durante lo spettacolo con della terra, della legna che bru- profondità che diventano sino- le orche è da brividi, così come cia, dove una delle frasi del pri- nimo di provvisoria salvezza. il contatto con l´animale attra- mo incontro “Ti sei vestita come Qui gli sguardi catturano detta- verso il vetro. Ma la Cotillard una puttana” è già uno squarcio gli come accumuli e determina- diventa anche corpo unico con di disperato romanticismo. Un no il passaggio dalla felicità alla l´ottimo Matthias Schoenaerts. cinema che potrebbe allinearsi tristezza, dalla gioia al dolore, Lui con lei sulle spalle, in mare al Tavernier più istintivo, per poi dal riscatto all´abbattimento. quando ricomincia a nuotare. oltrepassarlo, quasi duplicarlo. Marion Cotillard produce tutta una densità di emozioni incon- trollabili. Si avvertono, si sento- no in un cinema che tocca prima Video la pelle, dove l´inquadratura è subito scontro, collisione e i combattimenti di Ali mettono a fuoco una fisicità dove il contat- to (la rissa, il sesso), ma anche il sangue, il sudore, producono un´energia devastante.

De rouille et d´os sembra di vederlo come continuamente immersi. Sotto l´acqua, al di là della vita. Da qui gesti falliti (il ritardo con cui Ali va a prendere 44 THE WE AND THE I di Michel Gondry (quinzaine des realisateurs)

può entrare tutto il mondo, e viceversa il mondo intero può L’autobus e il mondo spuntare fuori da quei finestrini e dalle porte che si aprono alle fermate. Gondry ogni volta met- di sergio sozzo te in scena la potenziale possibi- lità dell’uomo di fare cinema in CANNES 65 ogni momento, con ogni cosa, Gondry mette in scena la possibilità dell’uomo di fare cinema in ogni sprazzo, ogni oggetto, ogni ogni momento, con ogni cosa, ogni scarto, ogni invenzione, ogni scarto, ogni invenzione, ogni di- discorso da autobus scorso da autobus. E allora questa corsa di un’ora e mezza verso casa, nell’ultimo giorno di scuola prima delle va- canze, per forza di cose è vittima di forzature e di idee che non sempre vanno a segno. Però a bordo del cinema di Gondry, tra i pesanti scherzi scorrettissi- mi dei bulli dei sedili di coda e le normali paranoie dell’adole- scenza per le feste e la popola- rità, ti capita puntualmente quel momento in cui la girandola dei capitomboli visivi e delle trovate di regia fenomenali (vedi qui so- Continua ad essere un irresisti- la messinscena, e arriva dritto al prattutto i tre racconti di gossip bile rewind il cinema di Michel cuore di quell’I che sta dietro al che si intrecciano tra di loro con Gondry. Ancora una volta Gon- We. il tipico procedimento labirintico dry scova il cinema in un ango- delle visioni di Gondry) frena di lo, e per un po’ ti lascia credere Gondry sa bene che oggi come botto; e rimani in silenzio senza che sia tutto lì, nella sfida di fare oggi you can’t be neutral on a parole davanti alle lacrime del un intero film a bordo di un bus moving train, anche perche’ fer- figlio di zia Suzette, o allo scom- (a conti fatti più vicina al Fifteen mi non riusciamo più a esserlo bussolato biopic sulla storia di Minute Hamlet di Tom Stoppard davvero (qui la metafora del bus Fats Waller assemblato dagli che a Bus in viaggio di Spike perennemente in movimento sul abitanti del quartiere di Be Kind Lee), come rigirare i cult del- quale, seduti, i ragazzi protago- Rewind e proiettato sui muri dei la storia del cinema con mezzi nisti intrecciano le loro storie, e’ palazzi nel finale del film. amatoriali o raccontare una particolarmente lucida e lam- Quando i posti sono quasi tutti certa Francia rurale attraverso pante), e cosi’, alla stregua di vuoti, intorno si è fatto silenzio, la vicenda della zia maestra di quanto da decenni va operando e si resta in pochi ad attendere campagna. Ma piano piano, nelle sue regie di videoclip, sfon- le ultime fermate, allora le sto- come sempre succede nei la- da continuamente lo spazio del rie diventano davvero sincere, vori più liberi e indipendenti di mezzo di trasporto (e del mezzo gli occhi smettono di mentire, le questo autore che si prende tut- di comunicazione), con ripetuti cose si mostrano nella loro in- ta la libertà e la sfacciataggine inserti spuri (e altrettanti, nuovi tollerabile verità. Ed è lì che Mi- di fare un film del genere dopo rewind), clip riprese coi videofo- chel Gondry lascia il cuore del una produzione come quella di nini che rimbalzano tra i cellu- suo cinema ogni volta che mette Green Hornet, Gondry svela il lari dei ragazzi, visioni, bozzetti, su, mette insieme, tira fuori un trucco, mostra i fili che reggono disegni, fotografie. In quel bus film come questo.

45 IN ANOTHER COUNTRY di Hong Sang-soo (concorso)

crociarsi e sovrapporsi, fino ad abbracciarsi, proprio infine, in Il cinema è Uno un unico punto che ricompone i frammenti (di una bottiglia di soju), ritrova gli oggetti smarriti di aldo spiniello (l’ombrello), rimette in connes- sione i granelli di un mandala incompiuto. In Another Country Hong Sang-soo se ne frega di tutto e tutti, della necessità di cam- è un incrocio tra il loop vertigi- biare, di rinnovarsi, per stare al passo coi tempi noso di The Day He Arrives e la

CANNES 65 ripetizione metacinemografica di Oki’s Movie, è il rovescio di Se un giorno d’estate una viag- tradimento del marito, scappato Night and Day, giorni e notti in giatrice... con una donna coreana. E per un paese straniero che non è Anne è Anne. Sempre lo stesso dimenticare vola in Corea su mai diverso, estero, ma quoti- volto. Ma è il punto di coinci- invito di un’amica, una profes- diano, comune. È una Woman denza di tre vite diverse. Anne è soressa di folkore presso l’uni- on the Beach, che cerca il faro una regista francese che vola in versità di Jeonju. dell’amore e incontra il flirt di Corea per incontrare un vecchio Tre tracce possibili di una sce- un bagnino. Riavvolgimenti del collega che prova a corteggiar- neggiatura a venire si fanno nastro. la alle spalle della moglie incin- riverberi di un’unica storia. Po- Chi pensa che quest’ultimo ta. Anne è la moglie di un ricco trebbe sembare un libero eser- Hong Sang-soo sia diverso dai dirigente d’azienda, ma ha un cizio narrativo. Ed è il prezzo precedenti, si lascia abbagliare amante, un famoso regista e che si paga al cinema di Hong dalla presenza di Isabelle Hup- vola in Corea per raggiungerlo. Sang-soo, in cui partenze mini- pert, che viene, invece, comple- Anne è una donna in crisi per il mamente sfalsate arrivano a in- tamente assorbita in questa as-

46 IO E TE di Bernardo Bertolucci (fuori concorso) surda bolla di vetro, al punto da recitare con la stessa intontita, stralunata autoironia di tutti gli Ragazzo solo altri interpeti, più o meno abi- tuali. Hong Sang-soo se ne frega di di simone emiliani CANNES 65 tutto e tutti, della necessità di cambiare, di rinnovarsi, per sta- re al passo coi tempi. In realtà Un cinema straordinariamente giovane che è dipendenza, droga. è proprio il suo tempo a non Un cinema che prima balla da solo e che poi ti abbraccia ammettere la possibilità di una linearità, di un senso (perché, ci deve essere per forza un sen- so? chiede il monaco a Anne), Com’è straordinariamente gio- Roma, Parigi, Roma – diventano ad apparire immobile, nella vane il cinema di Bernardo Ber- un altro schermo, dove dagli sua circolarità sottilmente im- tolucci. Senza raccontarvelo, occhi del quattordicenne Loren- perfetta. Per lui il cinema è pur guardate l’inquadratura finale. zo (Olmo Antinori) e di Olivia sempre una questione di ripre- Zoom, sguardo in macchina, (Tea Falco), una ragazza più se, inquadrature e zoomate. La Lorenzo come Antoine Doinel. grande di lui che ha in comune continua ridefinizione di un’uni- Non più una spiaggia ma una lo stesso padre, si proiettano le ca situazione (la vita) e un unico strada di Roma, spiraglio di luce loro immagini, i loro episodi del personaggio (noi, o meglio The improvvisa all’aperto, un’altra passato, gli slanci improvvisi, la We and the I), ottenuta attraver- nuova forte ondata nell’opera settimana bianca immaginata, so l’esplosione, il frazionamento di un cineasta così impermeabi- raccontata, inventata per telefo- vagamente allucinato in situa- le al tempo. Poteva essere girato no, fatta di visioni che passano zioni e personaggi (appena) dif- nel 1962 ai tempi di La comma- sotto i nostri occhi. ferenti. re secca o 50 anni dopo, oggi Tutto è già all’inizio, in quel dia- appunto, nel 2012. Non ce ne Non è un caso, o forse sì, che logo tra la madre e la figlia sulla frega nulla. La spinta è sempre il grande cinema moderno in terrazza in riva al mare, spun- quella. Quelle quattro pareti (in Italia sia quello di Bertolucci, to di partenza di ogni storia, di questo caso quelle di una canti- Bellocchio, Moretti e ora gli ul- ogni variazione. Il cinema non na) così come le mura che chiu- timi Taviani di Cesare deve mo- può che essere lo svolgimen- devano/aprivano L’assedio e rire. Dalle sproporzioni kolossal to del dopo. Deve partire da The Dreamers – sempre sull’asse di L’ultimo imperatore al luogo qualcosa, un’idea, un’ispirazio- ne, un sentimento. È il destino di un congegno meccanico che registra e proietta ciò che è lì da prima, da sempre. Ma questo meccanismo, quest’impasse dei corpi e dei cuori sembra uscire finalmente dalla malinconia, in- contrare per caso una liberazio- ne. Il senso è scritto nelle linee di una mano. Cioè nella fortu- na precaria di ognuno di noi. Galleggia leggero nell’eternità della finitezza delle cose. Molte- plice che è da sempre nell’uno, nel medesimo di questo cinema.

47 DRIVE di Nicolas Winding Refn FILM DEL MESE

chiuso e buio di Io e te c’è un Contarello e Francesca Marcia- che in tanti film e serie-tv teena- cinema che si reinventa, cambia no, scrittore già portato sullo ger italiani. E si sente a corpo dimensioni, si allarga, si restrin- schermo da Salvatores in Io non la vicinanza con le emozioni e i ge, cambia colore come il ca- ho paura e Come Dio comanda) tempi dei suoi giovani attori Ja- maleonte del negozio di anima- viene assorbito dalle corde di copo Olmo Antinori e Tea Fal- li. L’isolamento del protagonista Bertolucci, dalla sua sensibilità co, entrambi contrapposti alla è accentuato dalla continua incontrollata, che vuole elimina- smaliziata esperienza di Sonia presenza di barriere, che solo re quasi ogni distanza tra sè e i Bergamasco. l’intimità di Bertolucci riesce a suoi giovani protagonisti. raggiungere senza però svelare Io e te è strepitosamente incon- il suo segreto ma solo per con- trollabile, viene addosso come dividerlo. Lo sguardo del cinea- Il romanzo di Ammani- onde sugli scogli, facendo tor- sta si nasconde con lui, si ferma ti viene assorbito dalle nare alla mente quelle del bellis- davanti a vetri (come quello del corde di Bertolucci simo Dark Shadows di Tim Bur- formicaio che alla fine si rompe ton. Anche qui Lorenzo e Olivia e prefigura forse il cambiamen- sono come il Collins di Johnny to, una nuova iniziazione del Macchina da presa attaccata Depp: escono e rientrano tra i sublime finale), crea una ten- addosso, crisi improvvise, un vivi. Più che presenze concrete, sione nei passaggi dalla cantina cinema che diventa dipenden- attraversano quello che hanno all’appartamento con quell’a- za, droga, che vorresti sempre davanti. Un detour con la ten- scensore in mezzo e con le om- sul filo dell’ultimo respiro, che da mentre la madre è al telefo- bre che potrebbero trasformarsi balla da solo per poi cercare un no. Scatti fotografici quasi come anche nelle inquietanti oscurità abbraccio mentre Olivia canta reinterpretazioni della casa di thriller ‘polanskiane’ di L’inquili- Ragazzo solo, ragazza sola di Burton. Ancora troppo per es- no del terzo piano. Il romanzo David Bowie, che si isola con le sere assorbito perché quello di omonimo di Niccolò Ammaniti cuffie nel suo mondo dove l’uni- Io e te è un cinema che sogna (anche cosceneggiatore assie- verso adolescenziale è più vici- mentre si vive. E le due espe- me allo stesso regista, Umberto no in una spallata data a scuola rienze sono inseparabili.

48 HOLY MOTORS di Leos Carax (concorso)

Ma quella stessa macchina, nel 1928, quando ancora andava Le vite non vissute a nitrato, sorvola la folla dei presenti e si “riaccende” sullo di leonardo lardieri schermo, a convertire l’argento

chimico in sogni d’oro. “C’è nel CANNES 65 mio appartamento una porta a Il film nasce dalla pulsione del regista a mostrare più progetti cui non avevo mai fatto caso”, oltrepassandola bisogna la- intrecciati, come in una “science-fiction” che preannuncia l’estin- sciare il futuro come merita: zione della carne, non prima di essere maciullata svegliandolo prima del tempo, Carax ha rischiato un presente assonnato. Carax in pigiama Rimandando all’esauriente e “Su di noi”. Monsieur MERDE: trova un passaggio segreto, at- dettagliato “articolo sul perché “Aglouglia! Alk tsuet tsuet kerotut traversando una carta da parati ancora (ri)vedere”, già pubbli- xeuhhi-vi aass!”. Linguaggio in- alberata, tra le poche cose vive cato in questa rivista, qualche comprensibile senza una chiave e vegete del suo cinema, imbal- ora prima della prima al festi- d’accesso e proprio nella prima samato e meravigliosamente ir- val, ancor prima che lo sguardo scena ci si trova di faccia ad una raggiungibile. si affettasse, nella notte di Pari- platea cinematografica addor- gi, negli incroci demoniaci, sulla mentata e ancora al buio, come giostra dei bassifondi, sul preci- fosse il riflesso di una condizio- Lavant è il Kerouac pizio dell’io, Leos Carax torna a ne collettiva condivisa, spregiu- maledetto, lo scarto girare dopo 12 anni con il suo dicatamente empatica. È Carax tra la bestia e l’uomo attore feticcio Denis Lavant e stesso che irrompe, abbattendo tutto il circo di citazioni colte, il muro di una camera a ore, letterarie, visive, figurative, mu- violando il cinema, attraversan- Holy Motors nasce dalla pulsione sicali. Stargli dietro è impossibi- do il corridoio del suo prologo, del regista a mostrare più pro- le, proprio come pedinare Mon- della sua speciale “ouverture”, getti intrecciati, probabilmente sieur Oscar che si fa assassino, verso l’ignoto. Dormono o sono affascinato dalla “science-fic- mendicante, direttore di banca, tutti morti in sala? Quante fac- tion”, che preannuncia l’estin- padre di famiglia, creatura disu- ce leggermente inclinate, quelle zione della carne, tra limousine mana. che non vediamo mai, anche che dialogano, parcheggiate e Trovi qualche frammento… Lui quando si è in prima fila e provi desuete, perché belle di fuori, a lei: “Jean, c’è qualcosa che a voltarti, come nella scena de ma fredde internamente, come tu non sai”; lei: “Su di te?”; lui: La folla di King Vidor. il più anonimo degli alberghi. Si scorre da un incubo all’altro, di stanza in stanza, da quadri a quadri, ai confini del possibile umano. “Motion capture” che trama alla ricerca di contatti, del gesto sublime, perdendosi nella fobia dell’altro. Denis La- vant (si) trucca e strucca, come Chaplin dei “tempi moderni”, è il Kerouac maledetto, lo scarto (minimo) tra la bestia e l’uomo, la scimmia e il cyber, pendolo oscillante di malattia e morte: “Voi volete questo, che tutti di-

49 FILM DEL MESE - - DRIVE di Nicolas Winding Refn Winding di Nicolas rivoluzionario. nel mon- Immersi totalmente dei redivivi, do in cui il cinema verità. ricerca di è anche la Ma questa ricerca deve passa- cancellazionela re attraverso cerchio che come un È dell’Io. si restringe di continuo intorno all’autore. Alla fine sarà neces sario accertarsi, via via che lo spazio si di non essere è ridotto, andati a nascondersi da qual- che parte. Restringere sempre di più il primo cerchio e andare ci si è nascosti vedere se non a da qualche parte, guardando senza però fissare davvero l’og dell’osservazione.getto Così il direttore miliardario Monsieur Oscar esce di casa per andare a lavoro e ritorna mestamente di fami- padre mura, quattro tra glia comune che ritrova la sua esistenzamodesta e la compa- E la parabola tra i primati. gna è compiuta. - - - - - 50 , e la visio e la , On The Road Vita reale e scritturaVita reale e sembrano porsi in un rapporto d’interruzione ta solitaria, deve porsi al riparo ta solitaria, deve porsi al riparo della vita presente, che in ogni momento può influire sulla rap Viene in mente il fallimento par presentazione scompaginar e ne persegue i contorni. Carax ossessione:questa è come se dipendendo pur e cinema,vita ha (di cos’altro dall’altro l’una mai parlato Carax, se non con se maniacale, di un’ostinazione e caccia- stesso?), come preda tore fuggano l’una dall’altro. Sal- ziale, in tal senso di Walter les, con ne tardo(e)avveniristica Dario di , “griffit in Dracula 3D Argento tiano” inconsapevole, che fonde interni ed esterni, nel tumulto di e quindi retrò, accademismo un - suta, delle esistenze altrui e del- e delle esistenze suta, altrui le occasioni mancate. Ma, di nuovo, il cinema, per e indisturbato continuare poter incontrollato la propria cavalca- - L’in tortura. una cinema è Il fluenza meccanica delle fonti che più intellettuali di Carax, meccanico, bisognerà tipo di profonda pensarle come una affinità destinale. Non c’è però ancora forza plastica. In Carax - vita rea (come in Denis Lavant) le e scrittura sembrano porsi in un rapporto di reciproca interru- zione, che assume i tratti di una peculiare dialettica in virtù della si nutre della l’immagine quale non vis della vita meglio, o vita, Voi non lo ventino paranoici?”; “Voi siete già? Io si, Ho sem- molto. un che esempio pensato per pre vita è morire”. “La giorno dovrò nella vita migliore Léa, perché morte è buona, c’è l’amore. La ma l’amore non lo è”.

Ami Canaan Mann Le paludi della Morte FILM DEL MESE - - - ne. Dopo che viene rapita Anne, che viene ne. Dopo rapita stanno di cui si una ragazzina i due si inoltra- prendendo cura, di per cercare no nella palude salvarla. Killing Fields Ecco che Texas nelle zone del thriller si sposta e Carl Franklin tra torbido, più Hanging ad il mistero di Picnic quasi . Gli alberi assumono Rock elementi una valenza simbolica, pieno di trappo un labirinto di superficie le, dove un’ipotetica si sventra e si apre della fiaba veso oscuri, po i meandri più figure sinistre, con- da da polati tinue apparizioni, in cui i due sembrano perdere protagonisti identità come Mickey la propria Rourke in Angel Heart, mentre il luogo avvolge e circoscrive in modo simile acquitrini de I agli guerrieri della palude silenziosa Hill. di Walter Ami Canaan Mann ha la mano sicura e già uno stile personalis - - - di simone emiliani 53 e l’altro, nel modo in cui vengo e l’altro, nel modo le fotografie delle no inquadrate vittime. Il film però affonda, poi quasi precipita nell’ambiente: il detective del luo Qui un Texas. e il suo go (Sam Worthington) New York collega originario di stanno indagando sul caso di una ragazza, la cui auto è stata co una vista nei Killing Fields, stiera dove sono stati paludosa ritrovati numerosi cadaveri, per - la maggior parte giovani don Morning del

Ami Canaanpersona- la mano Mann ha sicura e già uno stile lissimo Texas nelle tenebre Texas Sprofonda , secondo film dietro Killing Fiels Ami Ca- presa di macchina da la naan Mann dopo

2001. L’ha prodotto suo padre suo prodotto L’ha 2001. Michael assieme a Michael Jaffe e, come spessoavviene per i figli d’arte, fare dei è già paragoni ci- La fuorviante. un’operazione - neasta si muove sulle tracce del le serie-tv poliziesche alla CSI, come è evidente negli stacchi, evento un tra temporali nei vuoti Viaggi all’infernoViaggi simo nel raccontare quei viag- ti, pur se il film è ispirato a fatti nui segnali premonitori (la pre- gi all’inferno che si attivano nel realmente accaduti, la cineasta senza del corvo è forse l’unico territorio domestico (gli uomini li filma come se non ne cono- elemento troppo esplicito in un che escono dalla casa di Anne), scesse affatto le conseguenze. film quasi perfetto in quanto a nella centrale di polizia (la vio- Riesce così ad alimentare la sottrazione) e un inseguimento lenza improvvisa con pugno tensione ad ogni scena, grazie che è forse l’unico frammento dell’ispettore interpretato da anche a un cast di prim’ordine: che richiama il cinema di Mi- Jessica Chastain) o anche nella Sam Worthington, Jeffrey Dean chael Mann. Se non ci fosse sta- semplice camminata della gio- Morgan, Jessica Chastain e la to questo raffronto, sarebbe un vanissima protagonista. bravissima giovane protago- altro esempio di un’energia che

FILM DEL MESE nista Chloe Moretz, tutti osses- si alimenta di un’oscurità piena sionati da continui conflitti, ap- di calura, in cui si rimane intrap- Texas Killing Fields si paiono più in contrapposizione polati e da cui si è incapaci di sposta nelle zone del che uniti per raggiungere uno uscire. thriller più torbido scopo comune. Si sentono am- plificati i loro battiti, mentre il film permea sudore per le tra- Interpreti: Sam Worthington, Jeffrey Dean Morgan, Jessica La cineasta la filma, negando iettorie della steal camera tesa Chastain Chloë Grace Moretz, quello che accade nel fuoricam- a catturare l’immediatezza del- Stephen Graham, Sheryl Lee po, e fa così trasparire la paura le azioni, gli scatti imprevisti (la Distribuzione: 01 Distribution di ciò che le può capitare. Ne- ragazzina che scende in corsa Durata: 105’ anche lei sembra sapere quale dall’auto guidata dal fratello). Origine: USA, 2011 sia l’immagine successiva. Infat- Ma nel film ci sono anche conti-

54 FILM DEL MESE ------no man’s no man’s La casa dei millecorpi casa dei La

Il film ha molto a chea molto ha film Il fare con un immagina- rio orrorifico La casa del diavolo (The De La House of 1000 corpses, 2003) 1000 (House of e e anni ’50 raccontato in bianco raccontato ’50 anni e Bogdanovich in Peter e nero da - Pic (The Last spettacolo L’ultimo ture Show, 1971), in cui il pae di entrambi- , 2005), vil’s Rejects retti da Rob Zombie. meglio di altri, Il genere horror, le implica- raccontare ha saputo zioni morbose che sorreggono violento e conser più lo stato saggio desertico e la strade se desertico e la strade saggio di provincia mivuote della città soprattutto stavano a indicare filolo rapporto il malinconico gico con lo scorrere del tempo giovinezza. e la caducità della Come anche completamente all’opera rispetto antipodi agli della Mann è la bellezza foto grafica di un film come Paris, dall’euro diretto (1984) Texas che decide peo Wim Wenders, a texano filmare il territorio di immagine e somiglianza di una visione dell’America inevitabil- mente da uno sguar rigenerata do d’autore. Le paludi In della morte il Texas vera e propria è una di nessunoche terra Una land. vede probabilmente gli epigoni più convincenti nella cinema- tografia horror dei Non aprite Chain- quella porta (The Texas e nei più saw Massacre, 1974) recenti vatore d’America. E il poliziesco per par Mann, Canaan Ami di che fare con a molto ha sua, te un immaginario orrorifico sia le atmosfe riguarda per quanto re fantastiche di cui sopra, che - - - - di carlo valeri 55 smo esistenziale. Del resto già dalla prima sequenza introdut tiva la macchinapresa della da regista ci immerge letteralmente e malari- putrido spazio in uno co, una caratterizzazione del ter quasi fiabesca, ritorio paludoso con tronchi d’albero che paio no essere residui postatomici di giurassica, corvi funerei, un’età formiche che si appropriano industriali oggetti cadaveri e di in lande desolate abbandonati che vedia- (l’automobile vuota da in- mo all’inizio, “mangiata” setti e da un sole crepuscolare, la consunzione a indicare quasi al cospetto civilizzato del mondo della vegetazione). Siamo certamente lontani in nostalgico Texas dal caso questo l’opera in un dilaniante pessimi l’opera an’s - - - - -

M o and nel titolo italiano) è ele

Il ruoloIl ricoperto misterico e angoscioso elemento è dalla Natura dirompente dei protagonistipsicologie che trasfigura le ambigue liziesco, mescola le regole del genere con influenze visive che a van- scardinano la struttura, di illuminazioni taggio percet tive di stampo quasi esoterico. Il ruolo angoscioso e misterico in Texas ricoperto dalla Natura paludi della (Le Killing Fields morte mento dirompente che trasfigu- psicolo ra non solo le ambigue gie dei tre poliziotti protagonisti, car in dettagli, raccontandone rellate e panoramiche allucinate percorsi drammaturgici e sfu- mature intimiste, ma un’intera fauna dis-umana che immerge Uno degli elementi più sorpren- denti del secondo film da diretto in Ami Canaan Mann è il modo ridisegnando cui il paesaggio, le coordinate del cinema po

L N per il modo con cui riconduce il Male, e la risoluzione delle in- dagini, a un’istituzione famiglia- re mostruosamente malata. La famiglia della piccola Anne, da questo punto di vista, in quan- to a violenza e perversione non ha nulla da invidiare a quelle dei film di Tobe Hooper e Rob Zombie, riallacciandosi anche

FILM DEL MESE in questo caso a una precisa tradizione cinematografica che vede il microcosmo famigliare e la sua territorialità come radice primaria dei mali d’America. ragazza scomparsa nei melmosi morte si segnala come ulteriore È un paesaggio “vivo” quello killing fields tentano a fatica di episodio filmico contrassegna- in cui si muovono i detective preservare il corpo e le eventuali to da un’ambientazione texa- del film. Uno spazio stregato e impronte del carnefice dal fango na che nella storia del cinema labirintico che pone ostacoli a e dal temporale che si abbatte americano è sempre stata rap- qualsiasi metodo investigativo sulla scena del delitto, in quel- presentata come l’antitesi etica e razionale. Emblematica in tal la che improvvisamente diventa e figurale delle due grandi me- senso è la sequenza in cui i per- una lotta tra l’uomo e la Natura, tropoli cinematografiche d’A- sonaggi interpretati da Jessica l’estremo e disperato atto di ti- merica (New York, Los Angeles). Chastain (Pam) e Jeffrey Dean rar fuori la carne dalla voragine Lo “stato della stella solitaria” Morgan (Brian) una volta ritro- di una terra fagocitante. trova nel film della Mann una vato il cadavere di una giovane Detto questo Le paludi della trasfigurazione quasi simbolica

56 FILM DEL MESE - - Video è una “terra straniera”, sondan- è una “terra straniera”, mappe, studiando il terreno, do ombre, tracce che emergono da un universo a sè stan- selvaggio mon- del resto dal scollegato te, È un percorso che sembra do. assurgere a metafora del sacrifi cio che l’uomo culturale (prove niente dalla città, religioso, pa- dre di famiglia) deve compiere per sottostare alle leggi naturali del territorio. - - 57 del film deve letteralmente im- filmdeve del entrare mergersi nella palude, nei campi e nel mondo texano sfidando la notte e la morte, in l’aria di esse quella che ha tutta re una discesa inferi agli purifi- – che fin personaggio catrice. Il dalle prime scene ci viene pre sentato come fervente cattolico processo – compie un autentico di espiazione carnale e spiritua- le, entrando in quella che per lui ------di questa antitesi rappresenta- tiva che a una netta conduce e Cultura, dicotomia tra Natura wilderness sociale, e progresso rurale. Qui i kil e mondo città ling fields segnano davvero una sel mondo linea di confine tra vaggio e società, tra un proget di civilizzazioneto – identificato City da cui partono nella Texas prota le indagini dei poliziotti gonisti, città violenta e altrettan- delle lagune limi mortifera to al “almeno” sottoposta ma trofe – e il per controllo della Legge terra una di ancestrale turbante ruvida, legata a rituali barbarici posto fuori controllo. “Questo Dio caos. Il tuo che non è altro dice il venuto” non ci è mai qui collega new “nativo” Mike al figura di yorkese Brian. Ecco. La quest’ultimo è forse emblemati- ca per tracciare le coordinate culturali morali, ma ancor più e ideologiche sottese alla com- plessa tessitura che compone risol- paludi della morte. Per Le vere il caso Brian verso la fine Ami Canaan Mann Gotico americano di margherita palazzo

Il grande tema di Ami sembra essere quello di un male più strisciante e meno circoscrivibile, una scia di sangue entropica, come dissolta nell’aria FILM DEL MESE

Ami Canaan Mann preferisce la nelle arti finendo per crogiolar- gazzini vengono a sapere alcune pratica alla teoria, fin dall’inizio si nell’astrazione, altre vengono cose. Situazioni belle o terribili, della sua storia. attirate, come falene dal calore che condividevamo in silenzio”. Nasce a Londra e cresce tra seducente della fiamma, dalle Intorno al 1986, mentre Micha- Dayton e West Lafayette, In- variazioni di temperatura che el Mann, suo padre, lavorava diana. Crescere in una comu- offre il mondo reale, in questo alla serie tv Crime Story, Ami nità “dove cinema e libri non caso dalla metà oscura delle aveva 16 anni e lavorava come rappresentavano un punto di piccole cittadine americane af- assistente alla produzione nel riferimento per nessuno, salvo facciate sulla riva di un fiume. reparto artistico, per 40 dollari che per me e per mia madre” Letteralmente si espongono alle alla settimana. L’esperienza dei a volte si rivela un vantaggio: “storie dei vicini e della città, momenti anche più prosaici e se alcune adolescenze trovano cose che noi ragazzini abbiamo concreti del lavoro su un set, i consolazione nella letteratura o visto e sentito, perchè solo i ra- ritmi concitati della produzione

58 televisiva le suggeriscono i modi amico, rientrando nella cittadi- da fantasmi troppo reali e del in cui raccontare delle storie; ma na del Nord Carolina dove ha suo infernale profondo sud – delle storie ben precise. La sua trascorso l’adolescenza. le gocce di sudore e gli scoppi attrazione per il crimine affiora Anche nella la sua prima espe- di rabbia dei due poliziotti, gli ogni tanto durante tutto il suo rienza come regista teatrale (A sguardi, i silenzi e le battute del- periodo di formazione, come Prayer for My Daughter di Tho- la gente del posto, l’atmosfera assistente e regista di secon- mas Babe) Ami si ritrova a lavo- familiare e sempre vagamen- da unità (In mezzo scorre il fiu- rare su una storia di delitti, tutta te ostile, una pesante cappa di me di Redford e Heat di Mann) racchiusa nella stanza in cui una umidità che bisogna squarciare sceneggiatrice (dalle avventure coppia di poliziotti interroga per fare una briciola di luce e di dell’investigatrice in erba Nancy due sospettati dell’assassinio di salvezza. Forse senza possibilità Drew al poliziesco N.Y.P.D.) regi- una donna: un testo che mette di scovare una verità. sta (Robbery Homicide Division, gradualmente a nudo paure, Friday Night Lights - l’episodio angosce e tensioni personali dei I Can’t, vincitore del Television detective, svelando le vulnera- La Mann esprime il Academy Honors Award per la bilità di chi deve fare i conti a senso di ubiquità e ‘televisione con una coscienza’. muso duro con la violenza della persistenza del Male Come vedremo, anche la co- realtà e in particolare di uno dei scienza del male). Il suo primo due, padre, nel rapporto con la lungometraggio, Morning, è del figlia. Temi che torneranno in Non a caso tra le sue ispirazioni 2001: un film in cui si eviden- ogni piega di Texas Killing Fields Ami cita Picnic a Hanging Rock ziano peraltro le scelte musica- (Le paludi della morte, 2011) e Don’t Look Now di Nicolas li non banali e “atmosferiche” dove la dialettica tra innocenza Roeg, due film che trasudano della regista - Lisa Germano e brutalità del reale impregna una corrente sottile di malvagità per il primo, Dickon Hinchlif- uno per uno alberi, abitazioni, (sopran)naturale. fe dei Tindersticks per il secon- trailer, supermercati, furgoni, In alcune interviste, Ami espri- do - è la storia di qualcuno che fazzoletti di terra arida – tutta me un concetto che forse serve torna a fare i conti col passato, la costellazione dell’immagina- a cogliere la qualità più interes- complice la morte di un vecchio rio gotico americano infestato sante del suo film, una materia

59 Quella di Texas Killing Fields era una sceneggiatura piena di cose che Hollywood non accetta Michael Mann

palpabile quasi fatta di detriti, i riguarda tutta la società”: un violenza sessuale e la sua natu- rifiuti di quelle aree industriali male che si ripete ciclicamente ra sistemica, contro vittime per- dismesse e lasciate a farsi mor- nelle storie di donne differenti, lopiù adolescenti, vagabonde dere dai granchi, dagli insetti e nelle loro vite semina il caos. fuggite da soggiorni lerci dove e dagli acquitrini che cancella- Non solo nelle vicende delle vit- si cucina la metanfetamina, con no rapidamente le tracce, notti time, ma anche nelle esistenze padri mai conosciuti o in galera, afose, noia di provincia e ec- di chi si mette sulle loro tracce, madri fragili che cercano a loro cezionalità dell’orrore, senso di a volte fino a temere di confon- volta l’oblio nell’alcool o la so- colpa e pìetas, pene universali e dere il proprio volto con quello pravvivenza nella prostituzione ostacoli quotidiani: parla di una dell’assassino nello sforzo di (incarnate qui tutte nella Sheryl

FILM DEL MESE sorta di ubiquità tra crimini e as- comprendere i suoi movimen- Lee di Fuoco Cammina con me). sassini appartenenti a decenni ti e i suoi pensieri, sempre fino “Le chiamano throwaway” dice diversi (i cosiddetti Texas Killing a toccare con mano l’angoscia lo sceneggiatore di Texas Killing Fields murders coprono un arco del rapporto con la propria fa- Fields, l’ex agente DEA Donald che inizia fin dal 1969, e riguar- miglia, esposta potenzialmente F. Ferrarone. Vuoti a perde- dano oltre 60 donne di età di- alla violenza sempre, visto che re: vagabonde intercettate dal verse). Ami si serve del termine questa violenza esiste e si pale- male, alle quali in questo film si per mettere in luce come il suo sa così ferocemente (temi, an- dà una voce, anche se la voce obiettivo non sia trovare e offrire cora, che tornano nei film del spettrale dei morti dimenticati, e in pasto l’ assassino, ma espri- padre di Ami, Michael, nello per un attimo, il volto dolce di me anche il senso di ubiquità e specifico in Manhunter, ma an- Chloë Grace Moretz. “Molte di persistenza del Male, di un male che sotto forma di ossessione, loro non sono state mai identi- senza un unico volto e un unico ostinazione, in Heat, Insider, ficate, nessuno ha pianto una nome – “non una mela marcia, Collateral, Miami Vice). Non lacrima per loro”. ma qualcosa di più grande, che solo l’assassinio, ma anche la Il grande tema di Ami sembra

60 FILM DEL MESE - - - Video ta questa linea, dove si ta questa linea, trova il continuare per punto necessario senza im- nella propria ricerca si diceva: pratica, pazzire?” La fotogra- sono “I miei storyboard che ha inizia fici” racconta Ami, ciare una linea tra ciò che può può che ciò una linea tra ciare o meno. Il controllare metodo totalmen- di Brian è di esporsi completamente te, di diventare disegna va Dove permeabile. tredici anni. a foto scattare a to trascorrere del tempo Che sia Angeles per di Los all’obitorio rendersi cosa vuol dire conto di trovarsi di fronte a dei cadave ri, incontrare le ragazze di un centro per tossicodipendenti, scolastiche sfogliare le foto delle vittime, i loro visi protesi verso - un futuro spesso già deraglia to, scattare altre foto dei luoghi dove sono state uccise, girare un film, le immagini (scattate, Ami ancorata filmate) tengono noi) a (e molti di Mann Canaan - una scelta che non è documen taristica in senso letterale, non nel sensoalmeno, del reportage ten- al ci tiene ancorati che ma tativo di raccontare una storia onesta per decofidicare il mon- do e le sue tenebre sanguinarie. 61 - cose che non possiamo control crime story la Insomma, lare?”. come riflesso della nostra (dis) umanità. Anche l’approccio dei detective (personaggi scritti due ricalcandoli molto da Ferrarone fedelmente sulle personalità di Brian Goetschius e Mike Land, dei casi nella che si occuparono idea: questa su si basa realtà) al caos che permettiamo quanto ci circonda di toccarci. “Ciascuno dei due cerca di trac------essere di un male allora quello più strisciante circoscri e meno entro sangue scia di vibile, una pica, come dissolta nell’aria, che erode e distrugge lentamente la fibra di questi detective durissimi confe In umani. troppo eppure Ami 68 a Venezia renza stampa insisteva più esi sulla qualità stenziale che stilistica, di gene re, della sua predilezione per le me non storie noir di delitti: “Per intellettuale miglior esercizio c’è la comprendere di che cercare crimine”, spiegava. “I del natura uomini di sono detective in cerca faceva eco il padre gli risposte” che la Michael, e produttore, E altrove, sem- accompagnava. pre Ami riassume così la molla che ha generato il suo desiderio Killing di fare cinema: “[In Texas ] vediamo dei detective Fields cose alle prese con le peggiori e acca che possano accadere, dono ai soggetti più innocenti e vulnerabili. In sostanza la crime s di ciò che story è una metafora perimentiamo ogni giorno, e la facciamo cosa Che è: domanda quando ci troviamo di fronte a le TUTTI I NOSTRI DESIDERI Toutes nos envies di Philippe Lioret

i creditori, non può mollare. E tiene il male tutto per sé, con- La vita senza di noi tinuando a combattere giornal- mente per una giustizia meno asettica e impermeabile alla di federico chiacchiari “condizione umana”.

Gestisce la famiglia, il lavoro, Un film sulla natura dei nostri desideri, sui luoghi imprevisti e e una battaglia “politica” nella meravigliosi dove, a volte, essi si nascondono quale trova però un valido alle- ato, Stephane (Vincent Lindon, ULTIMI BAGLIORI ULTIMI fantastico attore feticcio di Lio- ret), anche lui magistrato con ideali giovanili messi ormai da Video parte, ma che nella rabbia e de- terminazione di Claire riconosce alcuni tratti del suo DNA ribelle di vent’anni prima, che ora de- cide di rimettere in gioco. Anche perché la collaborazione professionale con Claire funzio- na, e insieme riescono dove da soli non arriverebbero. E la bat- taglia legale per salvare l’amica Celine dagli Istituti di Credito di- venta una vera a propria ragio- ne di vita e di morte. Già perché nel frattempo il male di Claire peggiora, e fa sempre più fatica Gli altri come li vediamo? E sfrecciano dal cuore palpitante a nasconderlo, mascherarlo. come percepiamo quelli che di un film che lascia scorrere la abbiamo accanto? E noi stes- vita, eppure non la lascia an- si, quanto sentiamo realmen- dare. Perché possiamo sempre Quello che costruia- te quello che abbiamo dentro, decidere che cosa farne, anche mo giorno per gior- quello che il nostro corpo dav- di quei pochi attimi che ci sepa- no, a chi appartiene? vero vorrebbe ma noi costan- rano dal non esserci (più). Per temente gli rifiutiamo, per mille questo Claire (Marie Gillain) inperscrutabili ragioni o razio- non può accettare il terribile E mentre cerca di organizzare nalizzazioni? E come catturare responso del male incurabile “la vita senza di lei”, aiutan- quegli attimi per portarseli via che l’ha colpita, o almeno non do Celine e integrandola nella per sempre? Cosa sono quelle può accettare quelle che sono sua famiglia, con i figli delle cose sottili, quasi scie invisibili le procedure sociali della “mor- due donne che diventano qua- che improvvisamente ci legano te dolce”, chiusa per settimane si dei fratelli, deve comunque a qualcuno, anche se prima era o mesi in un letto di ospedale a sottostare alle visite settimanali un perfetto sconosciuto? E quel- massacrarsi di raggi e chimica, in ospedale, almeno per farsi lo che costruiamo giorno per solo per rallentare di poco un prescrivere antidolorifici effica- giorno, a chi appartiene? Pos- processo inevitabile. Ma lei non ci. All’inizio è il caso (Stepha- siamo veramente imparare ad può, non vuole. Nel suo ruolo di ne deve portare una scrivania immaginare un “mondo senza magistrato, mamma, moglie e, al figlio che vive proprio vicino di noi”? anche, amica della madre del- all’ospedale) poi diventa quasi Queste e altre mille domande la figlia caduta in disgrazia con un abitudine: Stephane accom-

62 ULTIMI BAGLIORI - - - - - Intepreti: Vincent Lindon, Marie Intepreti: Vincent Lindon, Dewasmes, Gillain, Armandine Renier Yannick 2011 Origine: Francia, Distribuzione: Parthénos Durata: 120’ “quasi sconosciuto” con il qua con sconosciuto” “quasi ancore del “lei”,le ti dai sul tuo di d’ospedale. Siamo fatti letto de di sogni, contatti, sguardi, di queste bene sideri. Nessuna il possederle. dette cose implica alla che più contano, cose Le si vivono. fine, non si hanno, E lo sguardo Come le persone. ci re dolce e ambiguo di Loiret, gala l’ennesimo piccolo, picco lissimo di un regista capolavoro che, ormai ci è chiaro, riesce a illuminare ogni storia. col cuore E come sempre, solo nelle storie di morte possiamo vedere, dav- vero, l’amore… - - 63 Le cose che più con- Le cose tano, alla fine, non si hanno, si vivono - Cosa conta di più nella vita, in per qual- fine? I sogni? Lottare cosa in cui si crede? O godersi di partita una di spettacolo lo o magari un bel bagno rugby - nell’acqua ghiacciata di un pic colo lago? Tutto. anche quel cane promesso ai E pudi- figli, e quella mano tuoi un stringe ca e complice che ti luoghi imprevisti e meravigliosi e meravigliosi luoghi imprevisti si nascondo volte, essi a dove, eventi no. E di come degli stra- riescono ordinari, a volte, a ri- nostra vita, fuori collocarli nella e dall’autole dalle maledizioni sionismo in cui spesso, gli uma- ni, si rinchiudono. - - - pagna Claire auto. E con la sua pagna viaggi in uno di questi proprio che Claire chiede una deviazio ne improvvisa, l’inci sfiorando nei Stephane portare per dente, dell’infanzia,lago in quel luoghi - en ebbero dove lei e la sorella l’esperienza del “primo trambe ricordo e l’altro bacio”. E tra un il desiderio improvviso di un ba- è un si getta, Lei nel lago. gno rifiuta impulso. Stephane prima si tuffa riluttante, poi, pur ma è gelida ed anche lui. L’acqua è dura arrivare fino al pontile. Claire dal freddo e è stremata, dalla fatica e, per un attimo, è felice. per tor Ma, nella nuotata nare a riva, il suo corpo cede. a Stephane è lì, Fortunatamente non Ma e aiutarla. proteggerla per sempre… film sul - è un nos envies Toutes la natura dei nostri desideri, sui giovane aiutata da Claire. In che modo lei vede la fami- Il tempo che ci resta glia? In realtà sì, c’è una nuova fa- miglia, quella che ricostruirà Céline, che di fatto andrà a so- Conversazione con Philippe Lioret stituire Claire entrando nel suo nucleo familiare. Ma c’è anche un altro rapporto familiare o di aldo spiniello e carlo valeri filiale ed è quello che si crea tra Claire e Stéphane, che ha ULTIMI BAGLIORI ULTIMI senz’altro qualcosa di ambiguo: è l’incontro di un uomo e di una donna con tutta la componente Video della seduzione, di ferormoni e di complicità che passa attraver- so i due soggetti e quindi di un possibile amore “che non sarà”, ma è anche un rapporto filiale. A un certo punto lei nella storia lo fa passare per suo padre e di fatto ci rendiamo conto che, data la differenza di età, in effet- ti lui potrebbe anche essere suo padre. Ma il punto fondamen- tale è che Claire non ha avuto un padre, le è mancata una fi- gura paterna. Quindi sono dei rapporti effettivamente familiari, Il suo cinema sembra sem- Secondo me davvero non si può ma visti con uno sguardo diver- pre raccontare una perdita parlare della perdita come di so. Per quanto riguarda me, i fondamentale, un lutto. Il qualcosa che risvegli la nostra miei migliori amici fanno parte ragazzo di Welcome, il fra- coscienza. Tutti noi abbiamo della mia famiglia, oggi posso tello di Je vais bien e Clai- delle capacità di cui non siamo addirittura dire che Vincent Lin- re in quest’ultimo film. Ma consapevoli e che solo in de- don fa parte della mia famiglia. al tempo stesso racconta di terminati momenti legati all’ur- una voglia di cambiamento, genza riusciamo a scoprire. È il cambiare non solo la propria caso di Claire: in questa storia, Tutti i rapporti intimi hanno in sé qualcosa situazione personale, ma an- apprendendo che le resta poco di familiare che la situazione sociale, po- tempo da vivere, si domanda litica. Solo dalla perdita può come impiegare questo tempo, partire questo cambiamento che cosa farne, come poter es- Tutti i rapporti intimi hanno in sé personale, familiare, politi- sere utile agli altri e a se stessa. qualcosa di familiare. Dei lega- co? mi di sangue non m’importa as- Non l’ho mai pensato in questi Sia in Welcome che in questo solutamente nulla. Ho tre figlie termini, in realtà. Qui non par- film è come se lei costruisse che sono state cresciute da una lerei tanto di perdita, quanto di dei rapporti familiari diversi, donna che non è la loro madre. una situazione d’urgenza, un’e- non più basati su legami di Credo che la cosa importante mergenza. Mi imbarazza un po’ sangue. Lì una sorta di rap- nella vita siano i rapporti, le re- la sua domanda, perché di fatto porto padre-figlio tra Simon lazioni che riusciamo a tessere e non condivido il punto di vista. e il clandestino. Qui c’è la a costruire.

64 so dall’amore tra un uomo e una donna, ma diverso an- che dall’amicizia, in un certo senso nasca dalla proiezione ULTIMI BAGLIORI nell’altro delle nostre paure e delle nostre infelicità, ma anche delle nostre speranze. Cosa ne pensa? Credo che ognuno di noi pro- ietti qualcosa nell’altro. Quan- do Claire vede Céline con i suoi figli, probabilmente ripensa a quando lei stessa era bambina e al rapporto che aveva con la madre. In qualche modo la si- tuazione è analoga all’età. Ad Mi sembra che il cinema molto bene il modo di vivere de- un certo punto le si prospetta l’i- francese, meglio di ogni altro gli americani. Penso quindi che potesi di lasciarla in un centro di oggi, sappia racconti la poli- quando si racconta la storia di accoglienza con i suoi bambini tica, o meglio, la società at- una famiglia o di un incontro e lei, invece, decide di ospitarla traverso l’intimo, attraverso tra due persone, mantenendo in a casa sua. Quindi il rapporto le vite intime dei personaggi. sottofondo la società, contestua- tra di loro diventa ancora più Penso, ad esempio al cinema lizzando, in modo che questo intimo. E fa un passo ulteriore di Cantet. Questa impressio- contesto più generale non sia quando capisce che potrebbe ne è vera? E se è vera quali così lontano dal soggetto, for- diventare una madre sostituta potrebbero essere le motiva- se si riesce proprio a dare uno ideale. Il loro rapporto diventa zioni? spaccato di vita di quel paese, di così una sorte di amore. Perché Mi dà una buona notizia. Perché quella situazione sociale. appunto amore è una parola di fatto le cinematografie dei che ha tante connotazioni diver- vari paesi altro non sono che Vedendo il rapporto tra Claire se, ma soprattutto indica il de- delle istantanee su una situa- e Céline, oppure anche quel- siderio di ritrovarsi sulla stessa zione sociale e ci sono stati nel lo tra Simon , sembra che l’a- strada. Quest’intervista ha pre- corso degli anni dei momenti di more per l’altro, che è diver- so una piega un po’ filosofica. gloria nelle varie cinematogra- fie. Credo di aver conosciuto lo stile di vita italiano attraverso i film degli anni ’80 e ’90, al pun- to che quando sono arrivato in Italia non ho scoperto nulla di nuovo sul modo di vivere degli italiani. Ho visto i film di Alberto Sordi, questi rapporti di coppia stranamente tumultuosi, burra- scosi che mi hanno dato uno spaccato di vita della società ita- liana di allora. Credo che quei film davvero fossero uno studio comportamentale sulla società italiana, come oggi, del resto, certa produzione indipenden- te americana riesce a illustrarci 65 COSMOPOLIS di David Cronenberg

era stato sino ad allora cineasta cristallino ed esemplare negli Lo sputo di Freud enunciati e nelle forme, ha de- ciso di lasciar perdere, almeno in apparenza, le ossessioni di di sergio sozzo sempre per chiudersi nei mani- comi o in mezzo ai mafiosi russi. Che cosa è successo? Quella Con una rassegnazione che si è trasformata in una sorta di sputo dell’autore ci appare in realtà (di Freud) irridente, Cronenberg ci mostra quello che siamo di- piuttosto come una presa di co-

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI scienza della definitiva impos- ventati nonostante i suoi film sibilità di salvarsi o di salvare qualcuno, qualcosa, il Mondo (ritorna l`ultimo Ferrara in Co- È sempre piu` chiaro come punto: e` che la ludica boutade smopolis, quantomeno nell`atto qualcosa si sia staccato nel cine- di eXistenZ ha proprio introdotto finale con Pattinson e Giamatti ma di Cronenberg nel finale di nella poetica di Cronenberg la unici uomini sulla Terra), facen- eXistenZ, datato 1999, fatidica concezione di un sardonico sve- do un film. Era la disperazione fine secolo. Ma non ci riferiamo lamento che impone alle imma- di Jung in A Dangerous Method: alle lamentele che da 4/5 film gini e allo spettatore stesso un la devozione non funziona più, e a questa parte vengono fatte al nuovo raddoppio sulla materia, allora va da sé che Freud adesso cineasta, che “non sarebbe più una distanza che non permette sembri un buffone con la barba lo stesso” o avrebbe “perso quel di vedere meglio ma anzi con- posticcia e il sigaraccio sempre tocco” malato e potentemente fonde la natura dell’artificio, in bocca, Viggo Mortensen che disturbante che avevano le sue mischiandolo in una prospet- grugnisce con un ghigno storto visioni negli anni ‘80 e ‘90. tiva più “larga” e volutamente fisso in faccia. Non è assolutamente questo il meno a fuoco. Cronenberg, che Ecco, Cosmopolis in sostanza

66 FILM DEL MESE - - - - voglio re Interpreti: Robert Pattinson, Pattinson, Interpreti: Robert Giamatti, Mathieu Amalric, Paul , Sarah Gadon, Samantha Morton, Jay Baruchel Bros. Distribuzione: Warner Italia Durata: 113’ Origine: USA, 2011 pitoso cameo di Mathieu Amal- cameo di Mathieu pitoso ric un dolce sul spiaccicando (Amalric volto del bel Pattinson qui, come il satiro Cassel in A Method, racconta Dangerous rimasto di es dell`unico modo sere sani, ovvero muoversi in maniera irrazionale), e poi ci chiede di andarcene via perché più: non ci sopporta vo, ragionevolmente e del tutto comprensibilmente, non potrà che essere uno slapstick. (di Freud) irridente, Cronenberg irridente, Cronenberg (di Freud) ci che mostra quello siamo di- i suoi film, ventati nonostante proprio come o appunto i suoi film avevano previsto. David Cronenberg ci prende a torte in faccia, come fa lo stre stare solo. Il suo film successi - - 67 , scorrono quelle Walker Cronenberg ci prende a torte in faccia, come fa Mathieu Amalric parole messe in bocca da Le del- Cronenberg (unico autore e Pattinson a sceneggiatura)la soci sono quasi una messa in ridicolo sarcastica di secoli di questioni universali della storia del pensiero, con vette di stra- niamento tra Brecht e off-Bro parte dei finestrini alla stessa Kang velocità/lentezza di Lee Ming Sheng nel di Tsai corto Liang che sembrano essere le visualiz- zazioni delle immagini mentali - create, di nuovo junghianamen te, dai protagonisti. citato nel già (soprattutto adway frammento finale con Giamatti). per i cambi di loca- L’interesse e dell’auto l`abitacolo tra tion ristorantini, ne appartamenti, gozi di barbieri, parchetti, è mi- nimo: la formula si ripete iden- Con tica di incontro in incontro. è tra- che si rassegnazione una sputo di sorta in una sformata ------peg gag surreale. reading atonali e giorato in un barile di bile quel senso tragico e disilluso del grottesco che sottotraccia ne attraversa l`intera filmo grafia. Questi ultimi suoi film sono commedie (dis)umane in alla dialoghi dai cosa, cui ogni caratterizzazione dei personag all’esasperazione è portata gi, del segno, sino a capovolgerla nella propria stessa parodia. Cronenberg sghignazza, e que sta trasposizione di De Lillo è come sorprendente soprattutto questa di ritorno non di punto sua pratica recente. fine del limousine alla questa In Brain tra quella di come mondo, , da New York le macerie di Fuga personaggi tristi inscenano svo gliatamente smorti dei dialoghi del romanzo di partenza, mentre dall`altra sca osmosi del bignami della sca osmosi del bignami della psicanalisi in David Cro La(s)soluzione: nenberg ha unicamente è tutto in quel dialogo del film in quel dialogo è tutto in precedente di Cronenberg, per litigano e Freud cui Jung - colpa di un rumore di assesta prevedibile, mento, imprevisto o della libreria di legno. Buffone Cosmopolis pertanto, riesce sempre doloro- samente a (sopra)vivere in De L’abisso di De Lillo Lillo: magari inseguendo il per- corso di una semplice pallina da di pietro masciullo baseball in quarant’anni di Sto- ria americana, come nel suo ca- polavoro assoluto Underworld. Sembra che in questa Manhattan senza confini, spazio virtuale, Ed ecco che, in prima battuta, si viene spiazzati entrando pian le tracce di umanità siano ormai quasi scomparse. piano in questo spettrale Co- ULTIMI BAGLIORI ULTIMI smopolis: libro piccino in con- fronto agli standard di De Lillo, “Nell’anno 2000. Un giorno di gonisti e gli occhi del lettore de- secco, dalla copertina bianca e aprile”. È così che inizia l’Odis- lilliano. Sì perché il vecchio Don neutra che non lascia presagire sea di Eric Packer, il ventottenne ci ha abituati (dal suo lontano e alcunché. Sembra che in questa ultramiliardario protagonista di folgorante esordio con America- Manhattan senza confini, dove uno dei più controversi romanzi na nel 1971) a introiettare nelle ci si sposta come in uno spazio del maestro indiscusso della let- sue epocali sperimentazioni sul virtuale, le tracce di umanità teratura postmoderna america- linguaggio letterario un umane- siano ormai quasi scomparse. na: Don De Lillo. Una giornata, simo dirompente che si fa pre- Risucchiate anch’esse dalle im- una città (New York con i suoi potentemente largo, si insinua magini unidimensionali che si “strati” in cui incunearsi uno ad nelle pieghe delle parole o nel- affastellano negli occhi di un uno) e una limousine che tra- le sue sfiancanti ripetizioni, per protagonista che “guarda” da valica i confini dello spazio e risaltare come unica banchina un finestrino. del tempo. Per ritrovarsi ciclica- solida di salvezza da contrap- Ma accade che a otto anni di di- mente in un eterno presente che porre alla sfuggente liquidità del stanza dall’uscita del romanzo agghiaccia le anime dei prota- nostro (post)reale. L’umanità, - uno dei meno compresi e dei

68 Aveva qualche desiderio che non fosse postumo?.

laniuk). In tutto ciò Cosmopolis si pone come framezzo, come viaggio al termine della notte alla ULTIMI BAGLIORI strenua ricerca di qualcosa: Eric si sveglia una mattina nella sua immensa villa e cerca disperato poesia nelle cose che “guarda”, ma non ci riesce più (non c’è più nemmeno un feticcio salvatore: la palla da baseball da insegui- re). E allora esce dal suo guscio rinchiudendosi subito in una ipersicura placenta protettiva (la limousine bianca che pare spo- starsi come il mouse di un Pc), mosso solo dal bisogno stupido più assoluti dell’ultimo decen- dalla letteratura del novecento e primario di tagliarsi i capelli. nio - David Cronenberg (che ha - perdita di ogni coordinata e Eric è un giovanissimo guru del- fatto della ricerca dell’umano morte del concetto di luogo che la finanza che fa della virtualità nell’inumano una sorta di mis- provoca l’implosione dell’iden- delle sue azioni sui mercati la sione del suo cinema entomo- tità individuale in scrittori come sua arma di vittoria nel mondo logico) scelga di trarre un film Baudelaire o Musil e in filosofi reale, nonché unico scopo del- proprio da questo Cosmopolis. come Mark Augé - si rinchiude la sua esistenza. Ma ora avverte E allora la curiosità di ritornare in una città/mondo epicentro un terribile deficit emotivo e si sui (non) luoghi dell’abisso di De dell’esplosione dei segni nella dona ancora al movimento per Lillo si fa troppo forte e ghiotta; letteratura postmoderna (Pyn- trovare senso. Incontra i suoi più Cronenberg incombe e quindi chon, Ballard e lo stesso De stretti collaboratori ad uno ad lo si deve fare prima. Prima che Lillo), per poi approdare con- uno nelle strade di New York, il maestro assoluto dell’estetica seguentemente ad una totale si ferma e li fa entrare in auto della “nuova carne” ci fornisca smaterializzazione fisica che per brevi meeting. Una evidente il suo attesissimo punto di vista provoca follia cronica nell’uomo inverosimiglianza narrativa che cinematografico. Tracce di uma- (i romanzi odierni di Ellis o Pa- in De Lillo si fa paradosso tem- nità invisibili si diceva, fuse con le “macchine” in primis (tema straordinariamente cronenber- ghiano) e con i pixel digitali poi:

Quella era l’eloquenza di al- fabeti e sistemi numerici, ora pienamente realizzata in forma elettronica, nel sistema binario del mondo, l’imperativo digitale che definiva ogni respiro dei mi- liardi di esseri viventi del piane- ta. Lì c’era il palpito della biosfe- ra. I nostri corpi e oceani erano lì, integri e conoscibili.

Lo spazio naturale dell’uomo messo in fortissima crisi già

69 Tu non sarai mai della mia classe. Dovresti morire e poi rinascere... (James Averill ne I cancelli del cielo) ULTIMI BAGLIORI ULTIMI

porale: tutto in un giorno, tutto di informazioni. Non ne so nulla. lerato investimento nell’ottusa in un luogo, la vita in un pome- I computer moriranno. Stanno convinzione che lo yen prima o riggio come nell’Ulisse joyciano. morendo nella loro forma attua- poi crollerà rendendolo più ric- Noi lettori ci addentriamo in una le. Sono quasi morti come unità co, cosa che non avverrà mai, è sorta di città virtuale dove la li- distinte […] si stanno fondendo chiaramente la ricerca di un sui- mousine/mouse fluttua come in nel tessuto della vita quotidiana. cidio pubblico per riscoprire una un social network e chatta con sua identità privata. E allora ci altre “tracce” di umanità che se- Ecco che l’aspetto cronenber- troviamo ad incrociare spesso, gnano inesorabilmente la morte ghiano viene illuminato dalle come uno splendido fantasma di ogni residuo di romanticismo. parole di Eric/De Lillo. Quella che si libra per la città in luoghi Ed Eric si trova per la prima volta fusione tra uomo e macchina e tempi differenti, la sua miste- a disagio con i concetti e i valori che nel Ballard di Crash aveva riosa compagna di vita. Donna che l’hanno portato al successo: fornito uno degli incubi più de- eterea, angelo custode e moglie è qui che, finalmente, andando vastanti dell’immaginario me- continuamente tradita (Eric farà avanti nella lettura del roman- tropolitano odierno (rilanciato in un viaggio anche nelle sue de- zo incominciamo a riconoscere forma ancora più materica e pul- viate pulsioni sessuali nel pome- il vecchio De Lillo. È come se sionale dal film di Cronenberg) riggio newyorchese), Elise è una accerchiato da se stesso e dai qui fa un passo in avanti. Le poetessa in cerca perenne delle mille impulsi che vogliono “for- macchine moriranno anch’esse parole che spieghino ancora i mattarlo” alla velocità corrente e sopravvivranno solo dei meri sentimenti: ricomparirà spesso della virtualità che lui stesso ha “dati”, dei virtuali database che nei momenti di struggente dub- creato, Eric (il guru del nuovo incapsuleranno l’umanità. Resta bio di Eric, come un fulmine di capitalismo e simbolo della glo- il problema delle pulsioni ferine luce ambasciatrice di calore nel balizzazione finanziaria) inizi ad che terroristicamente (o roman- gelo della limousine. Ed Eric, operare per sabotare dal suo in- ticamente?) dovrebbero evade- solo guardando lei, torna dispe- terno questo movimento: re da tutto ciò…ed è questo, ci ratamente a voler essere: scommettiamo, che sarà il cam- Nessuno morirà. Non è questo il po su cui insisterà il regista ca- consapevole di ciò che mi sta credo della nuova cultura? Ver- nadese nella sua trasposizione. intorno. Capire la situazione di ranno tutti assorbiti dentro flussi Ma torniamo ad Eric: il suo scel- un’altra persona, i sentimenti di 70 un’altra persona. Sapere insom- eruttano una vibrante umanità nere al Nick Shay di Underworld ma cos’è importante. malata. Ed è qui che si anni- o al professor Jack Glandney di dano i fantasmi dei giovani di- Rumore Bianco: uomini in crisi,

La limousine si inoltra in cortei scepoli di De Lillo, Benno infatti preda della loro emotività or- ULTIMI BAGLIORI presidenziali, proteste politiche potrebbe essere un protagonista mai retrò e in disperata ricerca di piazza con esseri umani che perfetto di un romanzo di Ellis o di una identità che li definisca si danno fuoco in nome di un Palaniuk: proprio come Eric. E De Lillo li idealismo ormai morto e fune- coglie magnificamente mentre rali di idoli nazionali che produ- Passerò il resto della mia vita in si muovono nelle ceneri/segni cono show perenni e ininterrotti. questo spazio abitativo a scrive- del mondo: Ed Eric è lì, a testimoniare. Ma re questi appunti, questo diario, non più con lo sguardo fulmi- registrando le mie azioni e rifles- tante cose ormai andate, ecco neo e leggerissimo del flaneur sioni, trovando un po’ di digni- chi era, il gusto perduto del latte di Baudelaire, ma con lo sguar- tà, un po’ di valore in fondo alle succhiato dal seno materno, la do perennemente filtrato da cose. Voglio diecimila pagine roba che espelle quando star- uno schermo. De Lillo confina lo che fermino il mondo. […] Ho nutisce, questo è lui, e il modo sguardo di Eric tutto in un ag- attacchi di susto, una specie di in cui una persona si trasforma ghiacciante proposizione: «in perdita dell’anima, originaria nel riflesso che vede passando TV aveva più senso». Gli avve- dei Caraibi, che ho inizialmente accanto a una vetrina polverosa. nimenti che avvengono a pochi contratto su Internet poco prima centimetri di distanza nella cit- che mia moglie prendesse suo fi- Definitivo, immenso Don De Lil- tà/mondo, separati solo da uno glio e se ne andasse. lo. sportello di automobile, vengo- no visti ed interpretati da Eric attraverso uno Schermo (che Se Eric è l’uomo in mo- BIBLIOGRAFIA ITALIANA proietta solo crudi dati finan- vimento, Benno è il suo fantasma-specchio ziari, una serie infinita di zero e • Americana (Americana, di uno: virtualità) che si sovrap- 1971), Einaudi, 2008 pone alla Limousine (il vecchio • Great Jones Street (Great filtro novecentesco della “mac- Se Eric è l’uomo in movimento Jones Street, 1973), Einaudi, china”). Ed ecco il senso del che cambia il mondo con le sue 2009 rilancio di De Lillo su Ballard: intuizioni sulla fluidità finanzia- • Giocatori (Players, 1977), Einaudi, 2005 dall’uomo macchina all’uomo ria, Benno è il suo fantasma/ • Cane che corre (Running pixel. E forse, perché no, il Co- specchio che vuole ucciderlo Dog, 1978), Einaudi, 2006 smopolis di Cronenberg potreb- e se ne sta rintanato in casa a • I nomi (The Names, 1982), be già essere considerato come “scrivere” per cercare un senso. Einaudi, 2004 il terzo anello di una trilogia che Eric ha paura di Benno ma ne • Rumore bianco (White Noi- comprende appunto Crash e il viene fatalmente attratto, pro- se, 1985), Einaudi, 1999 suo titanico Videodrome. verà lui stesso in prima perso- • Libra (Libra, 1988), Einaudi, Il viaggio del nuovo Ulisse Eric è na l’ebbrezza ferina di togliere 2000 continuamente minacciato dallo la vita a qualcuno. E il suo mo- • Mao II (Mao II, 1991), Einau- spettro di un incubo omicida. vimento nella città terminerà di, 2003 C’è qualcuno là fuori che vuo- proprio con l’incontro finale in • Underworld (Underworld, 1997), Einaudi, 1999 le ucciderlo: sia come persona, cui le due “umanità” del nuovo • Body art (The Body Artist, sia come simbolo vivente di una Ulisse si scontreranno in un en- 2001), Einaudi, 2001 umanità senza più orizzonti. Si nesimo Crash! • Cosmopolis (Cosmopolis, tratta di Benno Levine, un ex di- È in questo preciso istante che 2003), Einaudi, 2003 pendente della sua azienda, che l’anima sottilmente sentimentale • L’uomo che cade (Falling De Lillo tratteggia con due brevi del vecchio De Lillo torna a ri- man, 2007), Einaudi, 2008 capitoletti in prima persona trat- splendere. Le ultime pagine del • Punto omega (Point Omega, ti dal suo folle diario. Pagine che romanzo potrebbero apparte- 2010), Einaudi, 2010

71 CHRONICLE di Josh Trank

Diary of the Dead, quando ad una festa l’occhio della tele- Boys Will Be Boys camera di Andrew si incrocia con quello di una blogger: se però in Romero la scoperta di di giacomo calzoni un altro punto di vista portava all’azzeramento del controcam- po (e quindi, come detto sopra, Chronicle prende le distanze dalla superficialità del found footage all’accettazione dell’incompren- odierno, per mettere in scena un vero e proprio “diario del desiderio” sibilità del reale), Chronicle non

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI nutre affatto intenzioni di questo tipo. Piuttosto, sfrutta questa tec- nica per ridefinire il concetto di spazio, utilizzando la macchina da presa come estensione fisica, concreta e tangibile del pensie- ro umano e della sua volontà. In questo senso, sì, è un film di supereroi: come se la capacità di creare mondi e visioni tridi- mensionali nel Lanterna Ver- de di Martin Campbell si fosse trasformata in film a sé stante, abbattendo qualsiasi limite fisi- co per proclamare la superiori- tà dell’immaginazione sul triste mondo degli uomini.

Come prima cosa, proviamo a sa di astratto e indefinito, a tratti “D’ora in avanti ho deciso che contestualizzare il tutto: Chro- forse rivoluzionario, a tratti forse riprenderò tutto”, dice Andrew nicle di Josh Trank arriva in un no. nella primissima scena, pun- momento in cui gli handycam Nel mezzo, per fortuna, scheg- tando la telecamera davanti movies sembrano essere, insie- ge impazzite e furoreggianti di allo specchio. E’ da questa di- me al 3D, la nuova gallina dal- cinema purissimo, come Re- chiarazione di intenti che nasce le uova d’oro degli studios di dacted di De Palma e Diary of e si muoverà successivamente Hollywood. I numeri parlano da the Dead di Romero: gli unici tutto il film, nel quale l’acquisi- soli: da Cloverfield alla serie di in grado di registrare (è il caso zione e la consapevolezza dei Paranormal Activity, passando di dirlo) il caos e il sovraccarico superpoteri (muovere oggetti, per ESP e L’altra faccia del dia- multimediale degli ultimi anni, sconfiggere la forza di gravità) volo; senza dimenticare, ovvia- lo scacco cognitivo che trasfor- si rivela essere poco più di un mente, lo spagnolo REC e il “ca- ma la verità in illusione e il mon- MacGuffin, un pretesto assai postipite” The Blair Witch Project do intorno a noi in una materia poco importante da sviscerare (e quindi anche Cannibal Holo- ribollente di una quantità tale o giustificare. Perché il cuore caust di Deodato). di dati da renderne impossibile di Chronicle risiede altrove: un Tutti esempi di found footage un’assimilazione compiuta. racconto di formazione dove dove i concetti di finzione o real- Tutto questo per dire che dietro l’apertura all’età adulta è data tà (presunta tale) guidano lette- l’apparenza da home movie ca- dalla scoperta delle infinite pos- ralmente gli occhi e lo sguardo, nonico, Chronicle ha assimila- sibilità del mondo e della vita, subordinando la centralità della to bene la lezione dei maestri; dal potere della mente che An- messa in scena e trasformando e c’è un momento in cui Josh drew, puntualmente, mostra allo l’ideale stesso di film in qualco- Trank sembra citare proprio spettatore filtrandolo attraverso 72 DARK SHADOWS di Tim Burton il suo punto di vista. Una sorta di diario del desiderio, che uti- lizza le immagini per cercare di

Le ombre pop ULTIMI BAGLIORI mettere assieme i pezzi di un’e- sistenza non sempre felice, cri- stallizzata in un momento di on- di carlo valeri nipotenza così grande da dover necessariamente essere condivi- so. Ma è un desiderio che porta Quello di Burton è un viaggio nel tempo che racconta comicamente con sé dolore e rabbia, dal mo- l’incapacità dei suoi personaggi di riuscire a raggiungere un equilibrio mento che – come nella migliore nel mondo tradizione del coming of age – in controluce affiorano famiglie allo sbando e abissi di solitudi- L’inizio è da mozzare il fiato. non ricambiata ossessionata ne, fino a sfociare in un climax La macchina da presa di Tim da un senso di vendetta di cui di altissima tensione e tragedia Burton a volo d’uccello delinea ne farà tragicamente le spese dove tutta la volontà che per- traiettorie immersive che attra- la bella Josette, la donna che mea la pellicola si trasforma in versano le sempre perfette sce- Barnabas ama. Condannato a pura aggressività filmica, ripre- nografie del regista per andare una sepoltura lunga due seco- sa da una moltitudine di oggetti ad abbracciare un romanticismo li, Barnabas riemerge nel 1972. diversi (cellulari, telecamere, ta- autoriale che è subito perfetta La sua Collinwood è cambiata, blet e quant’altro). sintesi tra letteratura gotica, ci- come anche la sua famiglia, re- In Chronicle, se si vola è perché nema muto, immagine e parola legata ai margini dalla comu- si vuole volare. E se si vuole vo- (è la voice over del protagonista nità nel polveroso castello dei lare, lo si deve mostrare: ecco a raccontarci l’antefatto in co- Collins. Per Barnabas comincia perché, per una volta, la tecni- stume, in un diretto riferimento così una nuova vita tra gli uma- ca dell’home movie è al servizio all’incipit del Dracula di Coppo- ni. Eppure anche stavolta dovrà del film e non viceversa. Perché la, per poi disperdersi nei bellis- vedersela con Angelique, anco- solo così possiamo comprende- simi titoli di testa che sulle note ra invaghita di Barnabas e ac- re meglio Andrew e le sue scel- di Night in White Satin ci proiet- cecata dalla gelosia per Vickie, te, nella sua impossibile ricerca tano nel 1972). Giovane aristo- giovane badante della famiglia della felicità: e lo ha capito bene cratico proveniente dal Vecchio Collins, quasi una reincarnazio- Matt, l’amico fraterno, nel bel- mondo per fondare un piccolo ne di Josette. lissimo passaggio di testimone impero commerciale nelle coste Quella di Tim Burton è un’opera finale, quando gli regalerà al- d’America a metà Settecento, che mescola l’horror gotico con meno un frammento, un’imma- Barnabas Collins viene trasfor- l’immaginario collettivo anni gine, di quella tranquillità tanto mato in vampiro dalla strega Settanta, delineando sfumature invocata. A caro prezzo. Angelique, sensuale amante ironiche quanto complesse da Come recita la bella tagline ori- ginale: boys will be boys.

Interpreti: Dane DeHaan, Alex Russell, Michael B. Jordan, Mi- chael Kelly, Anna Wood Distribuzione: 20th Century Fox Durata: 84’ Origine: USA/Gran Bretagna, 2012

73 ULTIMI BAGLIORI ULTIMI

un punto di vista citazionistico, nata e “impossibile” che alterna (cinema). Burton è forse l’unico a sua volta contrassegnato da Murnau con Alice Cooper. regista, oggi, capace di farci ri- uno spirito più burtonianamen- Del resto Dark Shadows è un dere raccontando il rocambo- te stravagante che nostalgico. viaggio nel tempo in cui la li- lesco amplesso di due figure I riferimenti agli anni Settanta nea dominante è la messa in soprannaturali che per amarsi (cromatici in primo luogo, ma scena di un cortocircuito capa- non possono evitare di manda- anche evidentemente musicali ce di mettere in comunicazione re malinconicamente in frantu- con brani di Moody Blues, Bar- differenti materiali (horror, lette- mi lo spazio-set di un universo ry White, T. Rex, Curtis Mayfield) ratura, commedia, rock music). in decomposizione. provengono del resto diretta- Ne nasce una crasi straniante, mente dall’inevitabile fedeltà in cui l’armonia degli elementi filologica all’omonima serie tv non volendo trovare mai l’ac- da cui Dark Shadows è tratto. cordo giusto, reitera l’abrasività Interpreti: Johnny Depp, Eva La natura televisiva del pro- di un contatto tragico speculare Green, Michelle Pfeiffer, Bella totipo emerge attraverso una al triangolo malato dei protago- Heathcote, Chloë Grace Mo- scrittura che, soprattutto nella nisti. Il dolore fascinoso di Bur- retz, Helena Bonham Carter, sezione centrale, quasi impo- ton è allora ravvisabile soprat- Christopher Lee, Alice Cooper nendosi come modello teorico tutto in questo sbilanciamento Distribuzione: Warner Bros. Italia sulla scrittura seriale, si ostina disperato, nell’incapacità dei Durata: 113’ ad affastellare una serie di bre- suoi mostri di riuscire a raggiun- Origine: USA, 2011 vi gag sostanzialmente slegate gere un equilibrio nel mondo dall’itinerario emotivo del pro- logo. E’ la parte dedicata alla famiglia Collins in cui Burton sembra maneggiare i propri fre- ak rinunciando da subito alle li- nee d’ombra per relegare il suo affresco a una eccentricità au- tosufficiente e inchiodata a una lettura di primo grado, dove il trait d’union è proprio Barnabas, creatura settecentesca a disagio nell’America degli anni Settanta quasi quanto apparentemente sembra esserlo l’ “alieno” Bur- ton in questa rilettura contami-

74 LA GUERRA È DICHIARATA La guerre est déclarée di Valérie Donzelli

realtà vissuta e (probabilmente) ancora in fase di metabolizza- zione (la malattia del Gabriel,

La cura del cinema ULTIMI BAGLIORI il rapporto con Jérémie), che trova, nell’atto creativo del fare di carlo valeri cinema senza alcun tipo di fre- no formale, una incredibile ca- rica propulsiva. Nell’esorcizzare Il gesto filmico diventa terapia e allo stesso tempo strumento di questo dolore privato la Donzel- scrittura per elaborare l’initimità di un dramma li accumula materiali e soluzioni visive, si distanzia dal rigore di un possibile prototipo morettia- no per immergersi completa- mente nella libertà stilistica del- le nouvelle vague di inizio anni ‘60 (doppia voce fuori campo, jump-cut, zoom improvvisi, macchina a spalla, iris). Ne vie- ne fuori un’opera ambigua e affascinante, dove l’immersione emotiva sembra quasi concet- tualizzata da una frenesia stili- stica che prova a mettere in co- municazione l’autobiografismo con una referenzialità cinema- Fenomeno di culto in Francia, struttura diaristica e nel dichia- tografica dirompente e rischio- dove ha ricevuto 6 nomina- rato autobiografismo (la sce- samente esplicita (il riferimento tion ai Cesar, l’opera d’esordio neggiatura è scritta dalla stessa al cinema di Truffaut su tutti). Il di Valerie Donzelli è un lavoro Donzelli con la collaborazio- gesto filmico diventa terapia e che è rappresentazione del re- ne dell’ ex compagno Jérémie allo stesso tempo strumento di ale vissuto dell’autrice. Romeo Elkaïm, ed entrambi sono qui scrittura per elaborare l’initimità e Juliette si incontrano una sera anche interpreti) un percorso di un dramma che nel momen- in discoteca. Si amano. Fanno personale che si mescola nel to di farsi cinema diventa altro. un figlio e sembrano felici. C’è sempre più sfumato confine tra Oggetto straniante che mette qualcosa di strano però nel pic- realtà e rappresentazione. A tal insieme l’anarchia punk con Le colo Adam. E infatti dopo alcu- proposito La guerra è dichiarata quattro stagioni di Vivaldi, La ni controlli medici al bambino si presenta da subito come un’o- guerra è dichiarata è forse uno viene diagnosticato un tumore perazione volutamente squili- degli esempi più scioccanti e al cervello. Inizia per i due gio- brata e frastornante, soprattutto morbosamente riusciti della for- vani genitori una via crucis tra per la sfrontatezza bulimica con za metamorfica di un processo ospedali, sale operatorie e spe- cui bombarda lo spettatore di creativo. ranze di guarigione che metterà sensazioni, immagini e suoni, a dura prova il loro futuro sen- conferendo alla pellicola una timentale. La guerra è dichiara- qualità percettiva più violenta Interpreti: Valérie Donzelli, ta è un film sulla malattia certo, che struggente. Sin dalla scel- Jérémie Elkaïm, Brigitte Sy, Eli- ma anche e soprattutto un film ta dei nomi dei personaggi, na Löwensohn, Michèle Moret- sulla coppia, che si riallaccia in non quelli reali dei protagonisti ti, Gabriel Elkaïm modo diretto a una precisa tra- ma i “lettari” Romeo e Juliette, Distribuzione: Sacher dizione del cinema francese. è evidente il dichiarato intento Durata: 100’ Contemporaneamente è un’o- rappresentativo dell’operazio- Origine: Francia, 2011 pera che riprende nella sua ne. Una messa in scena di una 75 VIAGGIO IN PARADISO Get the Gringo di Adrian Grunberg

aramaico (ma a quale mercato si rivolge?), dosa ironia e azio- Ancora vivo ne, come ai vecchi tempi. Con in più la malinconia di un bu- scadero superstite che sogna di di aldo spiniello vivere, in famiglia, gli ultimi ba- gliori dell’estate. Grunberg e Gibson portano a Alla densità materica di un cinema sempre sul punto di esplodere, fa un limite estremo la soglia del da contraltare la progressiva evanescenza di Mel Gibson visibile, fino all’azzardo di mo-

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI strare un bambino a cui viene espiantato il fegato. Due rapinatori con maschera da del definitivo esilio di Mel Gib- Un’altra passione di carne e san- clown fuggono verso il confine son da Hollywood, fuga messi- gue, dunque, che non nasconde messicano. L’uomo che guida è cana alla ricerca di una nuova nulla di El pueblito, carcere tra- il nostro eroe, un incallito crimi- vita impossibile. sformato in una specie di deli- nale senza nome e senza storia. La violenza esasperata e l’ironia rante villaggio dei dannati dai Sul sedile posteriore c’è l’altro, irriverente e assolutoria sono i boss locali, con la compiacenza ferito, nel pieno di una fatale segni riconoscibilissimi di un’ar- della polizia e delle istituzioni emorragia interna. Un fiotto di ma letale che, contro tutto e tut- locali. Droga, prostituzione, cor- sangue gli esce dalla bocca. Ed ti, torna a sparare i suoi colpi. ruzione, mercato nero, violenza, ecco, puntuale il fermo immagi- Certo, Adrian Grunberg non è sparatorie, caos e abbrutimen- ne, mentre la voce off del Driver Richard Donner e la sua mano to: c’è tutto e il realismo è solo (altro che...) racconta in manie- non regge a dovere tutti i ritmi e incidentalmente smorzato dalle ra divertita. Basterebbe già que- le accelerazioni dell’action. Ma tonalità gialle e polverose del- sta prima scena a condensare il proprio per questo può emerge- la fotografia. Al punto da farci senso e il tono di questo male- re a pieno la visione di Mel, che pensare, a tratti, all’unica Go- detto Viaggio in Paradiso, reso- scrive e produce da sé, parla in morra che si sia davvero vista al conto, più o meno mascherato, spagnolo, come fosse ancora cinema in questi ultimi anni.

76 ULTIMI BAGLIORI

Ma il punto è, ovviamente, un In un batter d’occhi, cioè in uno di un corpo/divo in un fanta- altro. Perché a questa densi- stacco di montaggio che tronca sma, che s’infiltra nel sistema e tà materica di un cinema sem- i percorsi e sutura in un sol col- lo manda a monte. Hollywood pre sul punto di esplodere, fa po i tempi e gli spazi. È la pura è avvertita. Non ci sarà solo l’i- da contraltare la progressiva sostituzione di un segno al cor- mitazione tenera e beffarda di evanescenza di Mel Gibson. Il po. Trapianto necessario, dopo Clint Eastwood, il grande vec- suo personaggio, per metà del il braccio mozzato di The Bea- chio. Gibson è libero. Get the film, osserva senza essere visto, ver, specchio definitivo di tutti gli Gringo. nell’assoluta indifferenza dei eccessi, le ossessioni, gli impulsi boss e dei nemici. Quando, poi, autodistruttivi. decide di passare all’azione, si Probabilmente è questione d’e- Interpreti: Mel Gibson, Kevin riduce al minimo essenziale. Un tà, carenza di stuntman. Ma è Hernandez, Daniel Giménez gesto fulmineo (i ripetuti furti), splendido il modo in cui Gibson Cacho, Jesús Ochoa, Dolores un movimento istantaneo che attraversa il set senza sporcarsi Heredia, Peter Stormare, Dean oltrepassa immediatamente i li- o bagnarsi (l’ombrello), con la Norris miti della credibilità (la bomba a leggerezza funambolica di un Distribuzione: USA, 2012 mano colta al volo e rilanciata). pickpocket inafferrabile. Perché Durata: 95’ Corpo in sospensione, in assen- in quell’incedere lieve si avver- Origine: Eagle Pictures za di gravità. O meglio in assen- te la compiuta trasfigurazione za di massa e volume. E Il ralenti insistito della sparatoria contro i killer mandati da San Diego, più che l’allucinata esasperazione di una violenza alla Peckinpah, sembra essere la proiezione di questa programmatica econo- mia del movimento. Sino al fi- nale, dove la tensione sale, ov- viamente, e il rischio è massimo. Ma Gibson supera gli ostacoli, l’imponente e minaccioso servi- zio di sicurezza messo in piedi da Javi, e arriva nella sala ope- ratoria senza sforzo apparente.

77 EDITORIALE Mel Gibson Fuori dalla razza umana

di sergio sozzo FACES

You may bury me with an enemy in Mount Calvary You can stack me on a pyre and soak me down with whiskey Roast me to a blackened crisp and throw me in a pile I could really give a shit - I’m going out in style

Dropkick Murphys

Mel Gibson ricorda con rabbia. Magari non è più di complotto?). E Gibson incassa: “tu non sai chi young ma l’attore resta uno dei pochi angry men siamo noi!” gli urlano dietro gli sbirri messicani rimasti ad Hollywood: sempre se Hollywood abbia corrotti che ha appena incastrato, e a lui scappa ancora intenzione di offrire asilo a questo newyor- da ridere – voi non sapete chi sono io, pare pen- kese naturalizzato australiano, classe 1956, sesto sare. E che nessuno sappia più chi sia Mel Gib- di dieci figli, che pare non voler più smettere di son, è un dato di fatto. Da questo pantagruelico dare ascolto a quella marionetta con le sembian- monumento al rancore innalzato dall’attore che fu ze di castoro che lo ha convinto a sputare l’osso William Wallace col petto squarciato in due nella senza pensarci due volte, urlare a squarciagola pubblica piazza è facile prendere le distanze, di- emozioni, reazioni, dolori e frustrazioni, fin quan- chiararne l’insanità, indicarne il confine dell’abis- do non resterà altro da fare che amputarselo, quel so, la edge of darkness del titolo originale del bel braccio violento della verità, come nel miracoloso thriller d’azione diretto da Martin Campbell. film di Jodie Foster che avrebbe dovuto fungere da espiazione pubblica ma in realtà non ha fatto abbassare il braccio a Mel nemmeno per un at- Voi non sapete chi sono io, pare timo, che ha continuato a tenerlo ben teso e ben pensare. E che nessuno sappia più puntato, aizzato, diretto con livore contro tutti, chi sia Mel Gisbon, è un dato di fatto fuori dalla razza umana. All’improvviso è come se l’assunto della commedia romantica interpretata per Nancy Meyers, What Women Want, fosse stato Un Porter senza rivincita, inconsapevole quanto spaventosamente rovesciato, e a tutti fosse stata sublime omonimia tra il protagonista della pelli- data la possibilità di poter ascoltare ad alta voce e cola di Helgeland e quello del play di John Osbor- chiaramente i pensieri più intimi di Gibson. Ma chi ne, che tira su un piano scellerato lungo tutto Get fa pensieri giusti e corretti quando pensa di non the Gringo in sostanza unicamente per vendicar- essere ascoltato? Il destro micidiale che Dolores si del tipo che gli ha fregato la donna. Un folle Heredia riserva al muso inerme da gringo di Mel giustiziere secondo dettami morali completamen- dovrebbe pareggiare il conto con le terrificanti mi- te personali che sembra perennemente indeciso nacce impresse con clamore di decibel saettanti tra l’affondare il coltello contro il nemico, e usarlo come frustate sulla schiena di Cristo, e strillate sul per uno spettacolare harakiri in pubblico, mentre nastro della segreteria telefonica della ex-moglie, dal cielo piovono i milioni di dollari guadagnati in poi riavvolto e ascoltato da tutto il mondo (Ipotesi 35 anni di carriera, come nel gran finale in han- 79 Cet air qui m’obsède jour et nuit Cet air n’est pas né d’aujourd’hui (Edith Piaf, Padam Padam) FACES

gar del capolavoro della coppia Gibson/Donner, Arma Letale 2. Nessuna immunità diplomatica per Gibson, ma dall’altra parte neppure alcun am- letico tentennamento sulla definizione di Bene e Male. Gibson sa bene d’essere già sopravvissuto all’epoca delle divisioni a Hollywood: da un lato i repubblicani muscolosi e muscolari, dall’altro gli attori per bene, quelli delle associazioni umanita- rie, dei bambini adottati dal terzo mondo, degli impegni nel sociale, delle amicizie giuste e dei film buoni. Lui, il patriota, ha capito prima di molti altri che oggi le ceneri della dopostoria sono più con- fuse che mai, e nessuno riesce più a interpretare bene i segni nel grano. Da un lato, probabilmente, le star del duemila lo fanno anche sorridere, con questo timido engagement da copertina. E allora Mel parla chiaro, e scandisce le parole, col rischio di passare da Uomo senza volto a uomo senza testa, ghigliottinato in cima ad un tempio Maya dai profeti della Fine del Mondo, che non hanno ancora capito che Mad Max l’ha già vista e se l’è scrollata di dosso pagando il riscatto. Oggi Gib- son è uno che darebbe una sigaretta da fumare a un bambino di dieci anni, il quale è in sostanza la personificazione perfetta di quello che dovrebbe essere sempre il cinema, quando è vissuto peri- colosamente (ovvero un bambino in prepubertà che fuma le sue prime sigarette di nascosto dalla madre): la scelta non è sua ma sta unicamente a

80 Cet air qui m’obsède jour et nuit Cet air n’est pas né d’aujourd’hui (Edith Piaf, Padam Padam) FACES

noi, com’è ovvio. Lui si limiterà a guardarci ac- cendendosene una per sé, e aprendo l’ombrello Gli uomini della nostra generazione non riescono nel caso dovesse tornare a piovere pesantemen- più a morire per una buona causa. te (l’imitazione di Clint gli riesce pure abbastanza Tutte queste cose le hanno fatte altri, durante la bene). Possiamo denunciare questo energumeno guerra e prima. poco raccomandabile per aver istigato un ragaz- No, ragazzo mio, non ci resta più nulla, zino al terribile, e politicamente scorrettissimo, vi- salvo che lasciarci massacrare dalle donne. zio del fumo. Oppure possiamo assumere gli oc- chi di quel piccolo messicano che diventa amico Jimmy Porter di un ex-cecchino (We were soldiers) che gli rivela quanto la vita sia fatta di tremende, incontrollabili, ingestibili, dolorosissime, e soprattutto irreversibili e fatalmente dannose incazzature. E’ troppo tardi per mettersi a correre sotto le pal- Video lottole che fischiano a Gallipoli, per cercare di fer- mare l’attacco. L’ultimo a farne le spese è stato Joe Eszterhas (nell’attesa della prossima vittima), ma davvero si tratta sostanzialmente di pretesti, volti e nomi che servono unicamente ad alimenta- re una rabbia più grande, universale, che alla fine se la prende con il capitano del Bounty solo per giustificare l’ammutinamento, l’umanissimo desi- derio di restarsene da soli su di un’isola, lontani (e fuori) dall’umanità. Lasciate in pace Mel Gibson, allora. Non è qui per raccontarvi che alla fine il crimine paga (an- che perché quale sia il crimine, o meglio cosa sia un crimine, è davvero ancora tutto da appurare: stiamo chiaramente barando al tavolo di poker, anche se questo non è più il far west). E’ troppo vecchio per queste stronzate, no. Lui vuole solo godersi gli ultimi bagliori dell’estate.

81 FACES

FASSBINDER Urge Vivere e Filmare di daniele dottorini

Si potrebbero vedere i film di Fassbinder senza soluzione di continuità, come un fiume che tenta disperatamente di dare forma e immagine ad uno spazio oscuro (dell’anima e della Storia) che il cinema stesso è chiamato ad affrontare

Un’immagine, una fotografia. Compare fuggevo- di Godard, è questo il momento, il luogo in cui le, rapida (come la maggior parte delle immagini rapida scorre l’immagine di Fassbinder. È come se presenti nell’opera) all’interno della quarta par- il volto del regista tedesco fosse chiamato (evocato te di Histoire(s) du cinéma di Jean-Luc Godard. È è forse il termine giusto) a questo punto proprio un primo piano di Rainer Werner Fassbinder, una per testimoniare la presenza del vuoto che qual- foto sgranata, in bianco e nero. Fassbinder è in- cuno ha sentito l’esigenza, l’urgenza di colmare. quadrato di lato, guarda verso il basso, il volto Ecco, l’urgenza. Un termine che evidenzia non incorniciato dalla barba che ne caratterizzava la solo la pressione di un tempo presente, ma an- figura negli ultimi anni di vita. Compare dopo una che la necessità morale prima ancora che politica sequenza in cui Godard accosta l’immagine della di riempirlo. Ad una domanda sul perché abbia protagonista de La scala a chiocciola di Siodmak sentito l’esigenza di realizzare il remake di Nosfe- alla famosa foto del bambino con le mani alza- ratu di Murnau, Werner Herzog risponde, sempli- te scattata durante il rastrellamento del ghetto di cemente, di aver sentito l’esigenza di ricreare un Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale. collegamento, di gettare un ponte con una gene- L’immagine di uno scarto tra le immagini e la Sto- razione scomparsa, di riempire il vuoto tra quella ria, di un vuoto che sancisce la fine dell’infanzia generazione (il grande cinema tedesco degli anni del cinema, la consapevolezza che il cinema stes- Venti del Novecento) e la propria. È in questo mo- so non è riuscito a redimere il mondo dalla tra- vimento che si riconosce forse uno dei tratti ca- gedia che lo ha attraversato. È questa la visione ratteristici del Nuovo Cinema Tedesco, che nasce

82 Un omaggio a Rainer Werner Fassbinder a trent’anni dalla morte (10 giugno 1982) come urgenza tragica, o urgenza dopo una tra- È così che si spiega, da un certo punto di vista, gedia, che non reca in sé le tracce di quell’euforia l’incredibile prolificità del suo cinema, la sua ca- danzante che invece caratterizza la Nouvelle Va- pacità di realizzare più film in un anno, all’interno gue francese a cui molto spesso il cinema tedesco di una sorta di meccanismo produttivo-realizzati- del secondo dopoguerra viene accostato. vo perfettamente oliato e calibrato per funzionare Urgenza di cosa? Urgenza di vivere e filmare, o di al meglio. filmare come urgente pulsione vitale. Se il vuoto

è mortifero, cadaverico, il filmare, l’atto stesso di FACES filmare è vitale, perché solo così si può mettere Fassbinder filma le derive impazzi- in scacco la morte. Ma se Kluge filma lo sbigotti- te della pulsione di vita, sempre sul mento di un mondo di clown, Syberberg il teatro punto di rovesciarsi nel suo opposto della morte e della Storia, Herzog l’insostenibile eppure tenero orrore del reale, Fassbinder filma le derive impazzite della pulsione di vita, sempre sul punto di rovesciarsi nel suo opposto, la pulsione Ma si spiega, appunto, solo da un certo punto di di morte. vista. In realtà c’è un’altra possibilità di leggere la Fassbinder filma incessantemente, creando una molteplicità di immagini prodotte da Fassbinder sorta di sistema di produzione autonomo, paral- nel corso di relativamente pochi anni (Fassbinder lelo, composto da nomi ricorrenti, da un gruppo muore a 37 anni dopo aver diretto circa 44 film, coeso di uomini e donne provenienti in gran parte che comprendono tra l’altro i 14 episodi di Berlin dall’esperienza fondamentale dell’Antitheater, il Alexanderplatz): ed è appunto quella dell’urgen- gruppo da lui fondato che proseguirà la sua attivi- za: “Uno che crea fa solo ciò di cui ha assoluta- tà dal teatro al cinema appunto. mente bisogno” diceva Deleuze nella famosa con-

83 come urgenza radicale, personale e collettiva. Personale perché finanche troppo privata, solita- ria e ossessiva, spinta bulimica che lo induce nel corso degli anni a consumare e a consumarsi, let- teralmente, film dopo film, immagine dopo im- magine. Collettiva perché l’urgenza del filmare è anche, come si diceva sopra, urgenza di colmare un vuo- to; un vuoto della Storia, anzitutto. Fassbinder fil- ma per dare corpo ad un mondo di desideri ed

FACES ossessioni malate, ad una storia presente e passa- ta che non ha avuto residenza nelle immagini del- la Germania degli anni Trenta, Quaranta e Cin- quanta del Novecento (“Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Germania non ha più un cinema” ricorda ancora Godard in Histoire(s) du cinéma). La Storia, le sue radici e i suoi effetti nei corpi e nei ferenza alla Femis nel 1987. Fare ciò di cui si ha luoghi possono rendersi visibili, dopo le atrocità assolutamente bisogno: in senso estremo, vivere del nazismo e il vuoto di immagini degli anni della totalmente, come esigenza, urgenza irrinunciabile ricostruzione. Ma non può bastare un’immagine, il proprio bisogno di creare, di disseminare nelle non può bastare un film e neanche un gruppo di proprie immagini le ossessioni e le idee che non film. Il melodramma della Storia (perché questa possono avere altro spazio, letteralmente. è la forma principe scelta da Fassbinder, rilegge- Il bisogno, necessità comune ad ogni pratica cre- re il tempo storico individuale e collettivo sotto la atrice per Deleuze, si declina allora in Fassbinder forma più eccedente del cinema, appunto il melo-

84 EDITORIALE Video 85 - - - - dramma, forma della follia e dell’eccesso, forma dramma, in cui nessunaconciliazione è possibile) si svilup pa all’infinito, film dopo film, corpo dopo corpo, pa all’infinito, film film, dopo corpo dopo crea fantasmi – per mostra, produce, e ogni volta in forma spettrale, ché la Storia riemerge sempre sembra affermare Fassbinder. von E sono i corpi già destinati alla morte di Petra Willie/LiliMar Lola, Martha, Effi Briest, di di Kant, o di Eva Braun, figure della Voss len, Veronika femminilità che condensano in sé il dramma della ancora, inevitabile. sconfitta e della tragedia O, sono i corpi spettrali che diventano mortali oggetti paura mangia l’anima Ali in La del desiderio di o di Querelle in Querelle de Brest. Infine sono i corpi del cinema (dei generi e delle storie amate e desiderate dal regista tedesco) che agitano in un modo o nell’altro tutti o quasi i suoi film. Si potrebbero vedere film allora questi senza so di- luzione di continuità, come un fiume che tenta uno e immagine ad forma dare di speratamente spazio oscuro (dell’anima e della Storia) che il ci- Si avrebbe affrontare. nema stesso è chiamato ad vita oltre che di un così la traccia tangibile di una cinema, o meglio di un cinema che si può dare solo come urgenza vitale, come quello di Rainer Fassbinder. Werner

Diario del ladro

di Thief

“Il pericolo per me non esiste soltanto quando rubo, ma in ogni momento della mia vita, perché ho rubato” (“Diario del ladro” di Jean Genet, probabilmente...). Come nel cinema o in quella magnifica ossessione di R.W. Fassbinder, Que- relle di... vita e morte, vocazione al sotterfugio, perché il cinema non è una fuga, non libera da niente, se non si è già liberi.