Cangrande I Della Scala, in “Protomoteca Veronese”, Ve- Rona, 1881

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Cangrande I Della Scala, in “Protomoteca Veronese”, Ve- Rona, 1881 HAN S SPANGENBERG CANGRANDE I DELLA SCALA Li bro I e Libro II Opera tradotta e curata da MAURIZIO BRU NE LL I E AL ESS AN DRO VOLPI VERONA - 1992 INDICE Presentazione . pag. VII Hans Spangenb erg . » IX Bibl iografi a di Hans Spangenberg . » X Pr efaz ione de i trad utto ri . » XI Nota biblio graf ic a dei traduttori . » xxv LIBRO I CA PI TOLO I: La gio vinezza di Cangrande. Il suo ruolo come coreg- gente di Albo ino della Sca la (129 1-13 11) . pag. 5 CAP IT OLO II: L'avv ento al potere di Cangrande (1311). La sua pri- ma guerr a contro Pado va (131 2-1314 ) . » 37 CA PITOLO III: Ca ngrand e e le lotte di parte in Alta Italia (131 4- 1317) . » 99 CA PIT OLO IV: Pado va complotta ai danni di Vicenza. La second a guer ra di Can grande contro Pado va . » 123 CA PI TOLO V: Le in iz iati ve politiche e culturali di Cangrande. La pr ima guerra contro Tre viso. La nomina a Capitano Generale dell a Le ga Ghi bell in a (1318-1319) . » 145 CAP ITO LO VI: La ter za guerra di Cang rande contro Padova. La se- co nda gue rr a contr o Tre viso (131 9-1320 ) . » 173 APP ENDICE: L' anno di na sci ta di Cangrande . » 193 LIB RO II CAP ITO LO I: Ca ngran de conquista Felt re e Belluno . Timori di Tre- viso per i complott i de i Capitani Verone si . pag. 203 CAPITO LO II: Le re lazi oni tra Verona e Pa dova fino all a pace del settembre 1325 . » 209 CAP ITO LO III : Il ruol o di Ca ngra nde nella lott a per la succ essione imperiale. La sua pos izi one nei confronti dell 'Imperatore e del Papa . » 223 CAP ITOLO IV: Prep ar ati vi per la spedizione roman a di Ludovico il Bavaro . Il suo sog giorno in Alt a Italia. La caduta di Passerino di Ma ntova . » 241 CAPITOLO V: La conqu ista di Pado va . » 257 Ca pitolo VI: La poli tica in ter na di Cangr and e: il commer cio, l'arte, la scienza. Gli Statuti della città di Ver ona . » 271 V PRESENTAZIONE Fondazione Barbieri Onlus di Verona che ho l’onore di presiedere è stata istituita nel 1994 dalla Provincia di Verona con il compito di impiegare il lascito della Contessa Barbieri unicamente a favore dei disabili: in via prio- ritaria spastici. In questi decenni Fondazione Barbieri ha impiegato il suo patrimonio realizzando, nel territorio veronese, alcuni centri per disabili dati in gestione ad associazioni e a cooperative sociali. Fondazione Barbieri, per promuovere la raccolta fondi necessari a realiz- zare nel territorio veronese un nuovo Centro Disabili e volendo contestual- mente contribuire a una maggiore conoscenza della nostra storia locale, ha promosso la ristampa della traduzione della biografia di Cangrande, scritta alla fine dell’Ottocento dallo storico tedesco Hans Spangenberg, inoltre a tutti i Veronesi di leggere gli Statuti di Verona del 1327 facendoli emergere dal circuito degli addetti ai lavori. Per la ristampa della biografia di Cangrande I, Fondazione Barbieri sente il dovere di ringraziare il Presidente della Provincia Antonio Pastorello per la sua generosa disponibilità. Leggendo la Biografia il lettore si renderà conto del motivo per cui Can- grande I della Scala è la figura che ha reso veramente celebre Verona. Grazie alla sua straordinaria personalità, la Signoria scaligera consolidò il suo potere che era significativamente cresciuto sin dal periodo in cui go- vernava la città Alberto, suo padre. Cangrande si pose alla guida della Lombardia ghibellina dimostrandosi coerente con la tradizione che vide prevalere a Verona, fin dal tempo del libero Comune, i motivi laici e civili su quelli religiosi. In un’epoca caratterizzata da continui e violenti sconvolgimenti politici, Cangrande una volta al potere non esitò a perseguire da «genio belligerante e conquistatore» le sue mire espansionistiche, ma fu anche un abile uomo politico, un avveduto amministratore e un munifico mecenate. VII Le sue conquiste territoriali devono essere collocate all’interno di un grande progetto non solo militare ma anche politico che, se non fosse stato interrotto dalla sua prematura morte, l’avrebbe con ogni probabilità portato a ricoprire il ruolo di re di un Regno dell’Alta Italia sotto l’egida dell’Impero. Durante il breve periodo del suo governo rinnovò gli Statuti Civici e quelli delle Arti e dei Mestieri; riorganizzò l’esercito adattandolo alle nuove esigen- ze belliche; creò un efficiente ceto burocratico che troverà posto in quell’or- ganismo «manageriale» rappresentato dalla Fattoria Scaligera. Diede impulso all’attività edilizia, non solo quella riguardante la costruzione di un’opera di difesa di proporzioni straordinarie tuttora visibile ma anche in- centivando l’ammodernamento delle abitazioni cittadine, esonerando da oneri fiscali per un anno chi costruiva case in muratura con tetto in tegole e solai, in un periodo nel quale la maggior parte delle abitazioni erano costruite in legno. (Statuti di Cangrande: Libro secondo posta nr.146; Libro sesto posta nr.1) Cangrande seppe conciliare il «laico» ed il religioso» rimanendo però fedele fino alla morte alla causa dell’Impero. Delle possibili imperfezioni di questo lavoro ci scusiamo fin da ora. Ascol- teremo con attenzione le eventuali osservazioni di chi vorrà comunicarcele, specialmente se fatte con spirito costruttivo. Prof. Alberto Fenzi Presidente Fondazione Barbieri onlus [email protected] VIII PREFAZIONE DEI TRADUTTORI La recente rassegna di studi sugli Scaligeri1 ha avuto il merito di rendere la materia patrimonio di un pubblico più vasto essendo uscita dai confini di una ricerca, fino a quel momento, prettamente accademica. Il catalogo, come si poteva presumere, ha dato un certo rilievo alla figura di Cangrande e, ad un tempo, ci ha riconfermato che l’unica opera biografica sullo Scali- gero è stata scritta in tedesco un secolo fa e mai pubblicata in lingua italiana. La presenza marginale nella nostra storiografia e nella nostra letteratura romantica di una personalità come quella di Cangrande ci potrebbe mera- vigliare; tuttavia il fatto non è così inspiegabile se si considera, come recen- temente ha osservato il Bertelli, che “una troppo abbondante storiografia, specie anglo-americana, incentrata su Firenze e Venezia repubblicane e sul loro ‘umanesimo civile’ ci ha fatto sottovalutare, se non addirittura perdere di vista, questi ‘homines novi’, questi signori emergenti dalle oligarchie medievali” 2. Una cosa comunque è certa: se non fosse stato per Dante, oggi Cangrande sarebbe uno dei tanti personaggi che si perdono nella penombra del Medioevo. Ci incuriosì perciò il fatto che uno storico germanico avesse dedicato al Principe scaligero un’attenzione così particolare. In verità, quando ci accostammo per la prima volta a quest’opera, fummo sconcertati dalla mole impressionante di fatti narrati, di date, di luoghi, di nomi e di do- cumenti meticolosamente citati e, dal punto di vista filologico, altrettanto scrupolosamente esaminati. Il racconto poi, svolto spesso senza un attimo di respiro, con flash- back a ripetizione, ci costringeva ad uno sforzo conti- nuo di collegamento per non perdere il filo del discorso. Altrettanto poco confortante lo stile che risultava antiquato e pomposo. Avemmo insomma un attimo di perplessità, soprattutto quando ci venne alla mente un passo critico di E. H. Carr proprio a proposito dell’atteggiamento di certa sto- riografia ottocentesca, per la quale, secondo lo storico inglese, fare storia significava elencare il maggior numero possibile di fatti oggettivi e in- (1) Ci riferiamo alla mostra del 1988, Gli Scaligeri, 1277-1387. Il relativo catalogo è stato pubblicato con il patrocinio del Comune di Verona. (2) BERTELLI S., Da una corte all’altra, in Bertelli S., Cardini F., Garbero Zorzi E., Le corti italiane del Rinascimento, Milano, 1985. XI confutabili dando così vita “ad una massa crescente di polverose storie erudite, di innegabili meriti: quello documentale e quello filologico innanzitutto. Se monografie estremamente specialistiche e di sedicenti storici che sapevano sempre di più non ci fosse bastata questa convinzione per indurci ad intraprendere questo a proposito di sempre meno, annegati senza lasciar traccia di sé in un oceano di fatti” lavoro, ci avrebbe confortato anche il solo fatto che negli studi più recenti e 3 . E forse non sbagliava quando parlava di “feticismo ottocentesco” per i fatti più accreditati esso, benché vecchio di cent’anni, sembra essere ancora “… integrato e garantito da un analogo feticismo per i documenti, vedendo in a tutt’og gi punto di riferimento irrinunciabile per gli studi sullo Scaligero” 4; o venga tutto ciò lo straordinario effetto dell’aforisma rankiano “wie eigentlich gewe- definito il “… pregevolissimo e tuttora insostituito Cangrande di Hans Spangenberg” 5; sen”, ossia narrare le cose come esse erano semplicemente andate. Che o ancora il fatto, per esempio, che esso sia citato immancabilmente in tutte dire? Non v’è dubbio che leggendo i primi capitoli di questa biografia le pagine dell’opera Verona e il suo territorio nella prima parte, quella dedicata (malgrado il nostro sforzo) il lettore si sentirà sicuramente un po’ diso- al Signore di Verona 6. rientato. L’impianto narrativo risente infatti moltissimo delle Cronache di cui il nostro giovane autore si è abbondantemente servito. Certo lo Span- Spangenberg ed il clima culturale tedesco genberg avrebbe potuto compiere uno sforzo di tipo critico, provando a Hans Spangenberg occupa un posto non marginale in quella parte della discutere quelle fonti cronistiche e non limitarsi, come ha quasi sempre storiografia tedesca che abbraccia l’ultimo decennio del secolo scorso ed i fatto, ad usarle come serbatoi di notizie. Avrebbe potuto (e ne discutere- primi trent’anni del nostro. Quando scriveva questa biografia, la Germania mo più oltre) sviluppare e non solo delineare alcune tematiche, come per voluta dal Bismarck era una delle prime potenze europee: con essa, specie esempio quella del tiranno nella politica italiana dei secoli XIII e XIV, dopo l’alleanza con l’Austria del 1879 (alleanza sostenuta dall’opinione pub- già trattata da Burckhardt nella sua celebre opera La civiltà del Rinascimento blica tedesca che vedeva realizzarsi il sogno pangermanico), tutte le nazioni in Italia; oppure quelle (e assai più ricorrenti nella biografia) proprie del avrebbero prima o poi dovuto confrontarsi.
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