HAN S SPANGENBE RG

CANGRANDE I DELLA S CALA

Li bro I e Libro II

Opera tradot ta e curat a da

MAURIZIO BRU NE LL I E AL ESS AN DRO V OLPI

VERONA - 1992

INDICE

Presentazione . pag. VII

Hans Spangenb erg . » I X

Bibl iografi a di Hans Spangenberg . » X Pr efaz ione de i trad utto ri . » X I Nota biblio graf ic a dei traduttori . » x xv

LIBROI

CA PI TOLO I: La gio vinezza di Cangrande. Il suo ruolo come coreg- gente di Albo ino della Sca la (129 1-13 11) . pag. 5 CAP IT OLO II: L'avv ento al potere di Cangrande (1311). La sua pri- ma guerr a contro Pado va (131 2-1314 ) . » 3 7 CA PITOLOI II: Ca ngrand e e le lotte di parte in Alta Italia (131 4- 1317) . » 99 CA PIT OLO IV: Pado va complotta ai danni di . La second a guer ra di Can grande contro Pado va . » 1 23 CA PI TOLO V: Le in iz iati ve politiche e culturali di Cangrande. La pr ima guerra contro Tre viso. La nomina a Capitano Generale dell a Le ga Ghi bell in a (1318-1319) . » 1 4 5 CAP ITO LO VI: La ter za guerra di Cang rande cont ro Padova. La se- co nda gue rr a contr o Tre viso (131 9-1320 ) . » 173

APP ENDICE:L' anno di na sci ta di Cangrande . » 193

LIB RO II CAP ITO LO I: Ca ngran de conquista Felt re e . Timori di Tre- viso per i complott i de i Capitani Verone si . pag. 203 CAPITOLO II: Le re lazi oni tra e Pa dova fino all a pace del settembre 1325 . » 209 CAP ITO LO III : Il ruol o di Ca ngra nde nella lott a per la succ essione imperiale. La sua pos izi one nei confronti dell 'Imperatore e del Papa . » 2 23 CAP ITOLOI V: Prep ar ati vi per la spedizione roman a di Ludovico il Bavaro . Il suo sog giorno in Alt a Italia. La cadut a di Passerino di Ma ntova . » 2 4 1 CAPITOLO :V La conqu ista di Pado va . » 2 5 7 Ca pitolo VI: La poli tica in ter na di Cangr and e: il commer cio, l'a rte, la scienza. Gli Statuti della città di Ver ona . » 2 71

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PRESENTAZIONE

Fondazione Barbieri Onlus di Verona che ho l’onore di presiedere è stata istituita nel 1994 dalla Provincia di Verona con il compito di impiegare il lascito della Contessa Barbieri unicamente a favore dei disabili: in via prio- ritaria spastici. In questi decenni Fondazione Barbieri ha impiegato il suo patrimonio realizzando, nel territorio veronese, alcuni centri per disabili dati in gestione ad associazioni e a cooperative sociali. Fondazione Barbieri, per promuovere la raccolta fondi necessari a realiz- zare nel territorio veronese un nuovo Centro Disabili e volendo contestual- mente contribuire a una maggiore conoscenza della nostra storia locale, ha promosso la ristampa della traduzione della biografia di Cangrande, scritta alla fine dell’Ottocento dallo storico tedesco Hans Spangenberg, inoltre a tutti i Veronesi di leggere gli Statuti di Verona del 1327 facendoli emergere dal circuito degli addetti ai lavori. Per la ristampa della biografia di Cangrande I, Fondazione Barbieri sente il dovere di ringraziare il Presidente della Provincia Antonio Pastorello per la sua generosa disponibilità. Leggendo la Biografia il lettore si renderà conto del motivo per cui Can- grande I della Scala è la figura che ha reso veramente celebre Verona. Grazie alla sua straordinaria personalità, la Signoria scaligera consolidò il suo potere che era significativamente cresciuto sin dal periodo in cui go- vernava la città Alberto, suo padre. Cangrande si pose alla guida della Lombardia ghibellina dimostrandosi coerente con la tradizione che vide prevalere a Verona, fin dal tempo del libero Comune, i motivi laici e civili su quelli religiosi. In un’epoca caratterizzata da continui e violenti sconvolgimenti politici, Cangrande una volta al potere non esitò a perseguire da «genio belligerante e conquistatore» le sue mire espansionistiche, ma fu anche un abile uomo politico, un avveduto amministratore e un munifico mecenate.

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Le sue conquiste territoriali devono essere collocate all’interno di un grande progetto non solo militare ma anche politico che, se non fosse stato interrotto dalla sua prematura morte, l’avrebbe con ogni probabilità portato a ricoprire il ruolo di re di un Regno dell’Alta Italia sotto l’egida dell’Impero. Durante il breve periodo del suo governo rinnovò gli Statuti Civici e quelli delle Arti e dei Mestieri; riorganizzò l’esercito adattandolo alle nuove esigen- ze belliche; creò un efficiente ceto burocratico che troverà posto in quell’or- ganismo «manageriale» rappresentato dalla Fattoria Scaligera. Diede impulso all’attività edilizia, non solo quella riguardante la costruzione di un’opera di difesa di proporzioni straordinarie tuttora visibile ma anche in- centivando l’ammodernamento delle abitazioni cittadine, esonerando da oneri fiscali per un anno chi costruiva case in muratura con tetto in tegole e solai, in un periodo nel quale la maggior parte delle abitazioni erano costruite in legno. (Statuti di Cangrande: Libro secondo posta nr.146; Libro sesto posta nr.1) Cangrande seppe conciliare il «laico» ed il religioso» rimanendo però fedele fino alla morte alla causa dell’Impero. Delle possibili imperfezioni di questo lavoro ci scusiamo fin da ora. Ascol- teremo con attenzione le eventuali osservazioni di chi vorrà comunicarcele, specialmente se fatte con spirito costruttivo.

Prof. Alberto Fenzi Presidente Fondazione Barbieri onlus [email protected]

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PREFAZIONE DEI TRADUTTORI

La recente rassegna di studi sugli Scaligeri1 ha avuto il merito di rendere la materia patrimonio di un pubblico più vasto essendo uscita dai confini di una ricerca, fino a quel momento, prettamente accademica. Il catalogo, come si poteva presumere, ha dato un certo rilievo alla figura di Cangrande e, ad un tempo, ci ha riconfermato che l’unica opera biografica sullo Scali- gero è stata scritta in tedesco un secolo fa e mai pubblicata in lingua italiana. La presenza marginale nella nostra storiografia e nella nostra letteratura romantica di una personalità come quella di Cangrande ci potrebbe mera- vigliare; tuttavia il fatto non è così inspiegabile se si considera, come recen- temente ha osservato il Bertelli, che “una troppo abbondante storiografia, specie anglo-americana, incentrata su Firenze e Venezia repubblicane e sul loro ‘umanesimo civile’ ci ha fatto sottovalutare, se non addirittura perdere di vista, questi ‘homines novi’, questi signori emergenti dalle oligarchie medievali” 2. Una cosa comunque è certa: se non fosse stato per Dante, oggi Cangrande sarebbe uno dei tanti personaggi che si perdono nella penombra del Medioevo. Ci incuriosì perciò il fatto che uno storico germanico avesse dedicato al Principe scaligero un’attenzione così particolare. In verità, quando ci accostammo per la prima volta a quest’opera, fummo sconcertati dalla mole impressionante di fatti narrati, di date, di luoghi, di nomi e di do- cumenti meticolosamente citati e, dal punto di vista filologico, altrettanto scrupolosamente esaminati. Il racconto poi, svolto spesso senza un attimo di respiro, con flash- back a ripetizione, ci costringeva ad uno sforzo conti- nuo di collegamento per non perdere il filo del discorso. Altrettanto poco confortante lo stile che risultava antiquato e pomposo. Avemmo insomma un attimo di perplessità, soprattutto quando ci venne alla mente un passo critico di E. H. Carr proprio a proposito dell’atteggiamento di certa sto- riografia ottocentesca, per la quale, secondo lo storico inglese, fare storia significava elencare il maggior numero possibile di fatti oggettivi e in-

(1) Ci riferiamo alla mostra del 1988, Gli Scaligeri, 1277-1387. Il relativo catalogo è stato pubblicato con il patrocinio del Comune di Verona. (2) BERTELLI S., Da una corte all’altra, in Bertelli S., Cardini F., Garbero Zorzi E., Le corti italiane del Rinascimento, Milano, 1985.

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confutabili dando così vita “ad una massa crescente di polverose storie erudite, di innegabili meriti: quello documentale e quello filologico innanzitutto. Se monografie estremamente specialistiche e di sedicenti storici che sapevano sempre di più non ci fosse bastata questa convinzione per indurci ad intraprendere questo a proposito di sempre meno, annegati senza lasciar traccia di sé in un oceano di fatti” lavoro, ci avrebbe confortato anche il solo fatto che negli studi più recenti e 3 . E forse non sbagliava quando parlava di “feticismo ottocentesco” per i fatti più accreditati esso, benché vecchio di cent’anni, sembra essere ancora “… integrato e garantito da un analogo feticismo per i documenti, vedendo in a tutt’og gi punto di riferimento irrinunciabile per gli studi sullo Scaligero” 4; o venga tutto ciò lo straordinario effetto dell’aforisma rankiano “wie eigentlich gewe- definito il “… pregevolissimo e tuttora insostituito Cangrande di Hans Spangenberg” 5; sen”, ossia narrare le cose come esse erano semplicemente andate. Che o ancora il fatto, per esempio, che esso sia citato immancabilmente in tutte dire? Non v’è dubbio che leggendo i primi capitoli di questa biografia le pagine dell’opera Verona e il suo territorio nella prima parte, quella dedicata (malgrado il nostro sforzo) il lettore si sentirà sicuramente un po’ diso- al Signore di Verona 6. rientato. L’impianto narrativo risente infatti moltissimo delle Cronache di cui il nostro giovane autore si è abbondantemente servito. Certo lo Span- Spangenberg ed il clima culturale tedesco genberg avrebbe potuto compiere uno sforzo di tipo critico, provando a Hans Spangenberg occupa un posto non marginale in quella parte della discutere quelle fonti cronistiche e non limitarsi, come ha quasi sempre storiografia tedesca che abbraccia l’ultimo decennio del secolo scorso ed i fatto, ad usarle come serbatoi di notizie. Avrebbe potuto (e ne discutere- primi trent’anni del nostro. Quando scriveva questa biografia, la Germania mo più oltre) sviluppare e non solo delineare alcune tematiche, come per voluta dal Bismarck era una delle prime potenze europee: con essa, specie esempio quella del tiranno nella politica italiana dei secoli XIII e XIV, dopo l’alleanza con l’Austria del 1879 (alleanza sostenuta dall’opinione pub- già trattata da Burckhardt nella sua celebre opera La civiltà del Rinascimento blica tedesca che vedeva realizzarsi il sogno pangermanico), tutte le nazioni in Italia; oppure quelle (e assai più ricorrenti nella biografia) proprie del avrebbero prima o poi dovuto confrontarsi. Principe del Machiavelli, come la genesi dinamica del Principato ( Virtù, Dallo Scheffer-Boichorst, acuto critico delle fonti storiche medievali Fortuna, Delitto …). e maestro quanto alla ricerca dei documenti (fu allievo di Julius Ficker), Forse, più semplicemente, Hans Spangenberg fu un uomo del suo tempo, il giovane Spangenberg ereditò il culto per l’indagine d’archivio e l’inte- in cui la storiografia non raggiunse un’accettabile comprensione del Medioe- resse per la storia che lo porteranno in seguito ad approfondire gli studi sul vo. Ci sembra inoltre giusto riconoscergli l’attenuante della giovane età: non Medioevo tedesco, con particolare riguardo agli aspetti costituzionali. Un dobbiamo dimenticare infatti che questa biografia rappresenta la sua prima grande punto di riferimento del nostro autore fu comunque Heinrich pubblicazione. E’ indicativo invece lo svilupparsi in lui di quell’interesse per Gotthard Treitschke che conobbe personalmente durante gli studi univer- la storia costituzionale che impronterà tutta la sua successiva attività di stu- sitari a Berlino 7. Lo studioso di Dresda, di famiglia protestante e cresciu- dioso: questa “vocazione” di cui abbiamo un primo accenno nel V capitolo del 1° libro, troverà molto più spazio nel VI capitolo del 2° libro, scritto circa quattro anni più tardi. Discutere dunque sulla capacità dello Spangenberg di rappresentarsi e (4) Il giudizio è quello espresso dal Varanini e si trova nel Dizionario Biografico comprendere lo spirito degli uomini del Medioevo o parlare della sua come degli Italiani, alla voce “Della Scala Cangrande”, p. 404, UTET, Torino. 5 di un’interpretazione “simpatica” in funzione della validità, e quindi pro- ( ) La frase è contenuta nella premessa del Comitato scientifico per il Catalogo della mostra “Gli Scaligeri” di cui abbiamo già detto. ponibilità attuale della sua opera, sarebbe stato sicuramente sminuirne gli 6 ( ) Verona e il suo territorio, AA. VV., vol. III, parte prima, “La Signoria scalige- ra”, Verona, 1975. (7) Nel “Carolinum”, Historisch-Literarische Zeitschrift. Gottinga, 1969 (pub- (3) CARR E. H., What is History?, Londra, 1961. Edizione italiana nella tradu- blicato in occasione del 550° anniversario dell’Università di Rostock), viene detto zione di Ginzburg C., Sei lezioni sulla storia, Einaudi, Torino, 1966. “che [Spangenberg] frequentava da studente le lezioni di Treitschke e venne da

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to in ambiente militare prussiano, aveva voluto dare alla Germania una Come via divina che si realizza nel mondo, lo Stato non può trovare nelle tradizione storiografica nazionale, sciogliendo un inno alla Prussia nella leggi della morale un limite o un impedimento alla sua azione: esso ha cui anima, malgrado l’aperta antipatia per il Bismarck, vedeva la sintesi esigenze diverse e superiori a quelle della morale. I mezzi che assecondano dello spirito tedesco. Durante il Kulturkampf, il Treitschke si segnalò per il progresso storico sono per l’appunto gli individui con le loro passioni che i suoi attacchi contro l’Ultramontanismo cattolico, ma, soprattutto, per la Hegel ha in grande considerazione: tale progresso trova i suoi stru- menti sua monumentale storia tedesca del XIX secolo (Deutsche Geschichte im 19.° negli Eroi, che, per il Filosofo, sono veggenti capaci di scoprire la verità del Jahrhundert). E’ considerato l’ultimo erede di Hegel perché proclamava che loro mondo e del loro tempo. E Cangrande, per lo Spangenberg, “incarnò le lo Stato è fine a se stesso e che operare per lo Stato è un dovere etico. Per attese del suo tempo: fu un fedele seguace della causa imperiale, rivelandosi all’occorrenza il suo realismo politico, per la sua celebrazione della politica come forza, il un politico dalle vedute lungimiranti …”. Treitschke si può ben dire discepolo del Machiavelli e del Pufendorf. Dal Solo agli Eroi, dice Hegel, è consentito di avversare la condizione pre- liberalismo tedesco prese l’avversione per la rozzezza delle masse (di fron- sente e di lavorare per l’avvenire. Così per lo Spangenberg l’azione politica te alle quali affermò i diritti della personalità colta) e l’intolleranza verso la dello Scaligero “era mossa da scopi superiori ed era perciò più etica che morale …” Chiesa cattolica. Della storia ebbe una concezione attivistica consideran- ; “… andava incontro al nemico con corag gio e risolutezza come se si sentisse investito dola prodotto di volontà individuali più che di forze anonime. di un compito superiore …” e per questo “con volontà di ferro, spesso senza alcuno Leggendo la biografia dello Spangenberg, si possono trovare, a parer no- scrupolo nella scelta del mezzo, arrivò ai fini che realisticamente si era proposto”. Il stro, delle “idee- guida” che, nella delineazione della figura del signore-tiran- segno del destino dell’Eroe, afferma Hegel, è il successo, e se talvolta cade no, trovano la loro matrice filosofica in Hegel e quella politica nel Machiavelli. travolto dall’ambizione o dalla passione, ciò è solo dovuto ad una “astu- zia Hegel, benché già messo in discussione dai suoi stessi allievi, aveva anco- della Ragione” che si è servita di lui come mezzo per l’attuazione del ra un’influenza notevolissima sulla cultura germanica ed europea in genere. proprio fine. Per quanto riguarda l’individuo – dice il Filosofo – “ognuno Il pregio della concezione dialettica della sua filosofia, con i riflessi che ha è nondimeno un figlio del suo tempo” e “colui che esprime, addita e compie ciò che il avuto nel campo della ricerca storica, è quello di averci consentito una diver- suo tempo vuole è il grand’uomo del suo tempo”. E Cangrande lo fu senza dubbio sa interpretazione della Storia: affermando che il progresso ha uno svolgi- per lo Spangenberg: “ il periodo storico che rappresenta il tramonto del Medioevo mento necessario e non si identifica con il mero sviluppo cronologico della richiedeva soprattutto talento militare cosicché in un’unica persona dovevano coesistere realtà, ma con il divenire assoluto dell’Idea, il Filosofo tedesco ha permesso l’abile stratega e l’accorto statista. Malgrado lo scompiglio dei partiti e la confusione che un diverso approccio nei confronti dell’uomo come artefice della storia. regnava nei piccoli stati italiani, Cangrande fu capace di realizzare importanti obiettivi Questa biografia ha, a nostro avviso, ancora oggi un suo valore proprio politici attraverso i quali si prefig geva di attuare un’ordinata riforma statale”; e lo perché in essa traspare la visione di quel mondo culturale nei confronti della definisce “uno dei primi prìncipi europei … una delle personalità più complete di quel nostra storia. tempo … il più grande statista e stratega del suo secolo”. La concezione di uno “Stato Etico” nel pensiero politico occidentale Chiarissima è l’influenza sullo Spangenberg del pensiero politico del Ma- si era affacciata già con il Machiavelli: Hegel nella Filosofia del Diritto ri- chiavelli, soprattutto nell’ultimo capitolo della sua biografia dove tenta una conferma, arricchendolo, lo stretto legame tra Stato e Religione, malgrado sintesi dei caratteri della personalità e dell’azione di governo del suo “Eroe”. quest’ultima rappresenti un elemento intermedio del processo dialettico. Il riferimento allo Scrittore toscano è quasi continuo: “dove c’era da guadagnare in termini politici si servì con maestria delle sue capacità valutative, delle sue risorse e di

taluni princìpi che saranno propri delle teorie del Machiavelli” benché, aggiunge, “ costui preparato e formato allo studio della storia tedesca”. Tale fatto è ribadito questi peraltro poterono trovare la loro piena attuazione solo durante il Rinascimento”. da Heinz Maybaum, in “Jahrbuch des Vereins fuer die Mecklemburgs Geschichte”, CI, pp. Così quando cerca di spiegare alcuni atteggiamenti apparentemente con- 259-260, Rostock, 1942. traddittori dello Scaligero, come la sua prodigalità nei confronti di Marsilio

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da Carrara dopo la conquista di Padova, od una azione riprovevole come la Signori di ingrandire il più possibile il proprio territorio al fine di renderlo corresponsabilità nell’assassinio di Passerino , afferma che “è vano politicamente più stabile. ogni tentativo di giustificare il suo modo di agire …”; questo, dice lo Spangenberg, E l’allusione a Cangrande si fa via, via più chiara: “ L’illegittimità, cir- può essere spiegato solo “alla luce delle teorie del Machiavelli, secondo il quale chi condata da continui pericoli – afferma il Burckhardt - isola il tiranno: l’alleanza impediva la realizzazione degli obiettivi di potere, a torto o a ragione, era un nemico”. più onorevole ch’ egli possa stringere, è quella degli uomini superiori, senza riguardo Riferendosi poi all’assassinio di Passerino, commenta: “quel fatto merita di alcuno alla loro origine” (il riferimento a Dante sembra palese); diventa di- essere giudicato nel suo contesto storico, secondo i princìpi che allora dominavano l’Italia retta quando dice: “il tiranno italiano … sitibondo di gloria e vago di trionfi e di e che erano completamente diversi da quelli tedeschi”; perciò, continua lo Spangen- monumenti … pregia l’ingegno come tale e se ne giova … col poeta e coll’erudito si berg, “egli non si fece alcuno scrupolo di lasciarsi coinvolgere nell’assassinio dell’amico sente sopra un terreno nuovo e quasi in possesso di una nuova legittimità … universal- di un tempo dato che a questo punto Passerino vivo poteva essergli solo di ostacolo”. Un mente noto sotto questo rapporto è il tiranno di Verona, Can Grande della Scala …”. fatto di necessità insomma: “l’estremo strumento politico” del Machiavelli, E altre frasi ancora dovettero sembrare fatte apposta per lo Scaligero: “A che si può giustificare, come abbiamo detto, solo alla luce di una visione questi pericoli esterni [i principati più potenti] poi corrispondeva quasi sempre un “etica” e non puramente “morale” della Storia. Non manca nemmeno l’ac- cupo fermento all’interno, e questo stato di cose non poteva certamente non esercitare una cenno “al consenso popolare”, la cui validità il Machiavelli sottolinea nei sinistra influenza sull’animo del principe” che, dice lo Spangenberg, pro- prio capitoli XIX e XX del suo Principe: tra principe e popolo, diceva, deve per questo “diventò introverso e schivo e solo a pochi provati amici manifestava i suoi esistere un rapporto di fiducia, prima che di delega. E Cangrande, come i segreti …” . “Avesse egli almeno – continua il Burckhardt – potuto fidarsi dei suoi suoi predecessori, soprattutto a questa fiducia doveva il suo potere perché più prossimi congiunti! … e appunto nei momenti di mag gior pericolo un riso- luto a Verona, secondo lo Spangenberg, “gli interessi del popolo marciavano di pari cugino …” si sostituiva nel governo. E’ fin troppo evidente l’analogia con passo con quelli del loro signore”. il colpo di mano operato da Federico della Scala. Ma leggendo questa biografia spicca anche un altro importante rife- Resta invece nelle intenzioni del nostro autore il paragone con Ezzelino rimento per il nostro giovane autore: parliamo di Jacopo Burckhardt. E’ da Romano, l’iniziatore e il simbolo di questa tirannide, che, per lo storico sempre nell’ultimo capitolo che si coglie quest’apporto, dove lo Spangen- basilese, ha sprecato tutta la sua attività “in guerre per l’assog gettamento delle berg dà finalmente un momento di riposo alla sua narrazione e cerca di province orientali dell’Italia superiore”. Sarebbe forse stato difficile per lo Span- riprendere organicamente quei giudizi sulla personalità e l’attività politica genberg non ammettere con il Burckhardt che “… l’esempio era dato e la caduta del suo eroe che fino a quel momento erano rimasti, per così dire, inghiot- di Ezzelino non ricondusse la giustizia tra i popoli, né fu di alcun freno agli usurpatori titi dal vortice degli avvenimenti. I richiami alla celebre opera La Civiltà venuti dopo“. Sbrigativo il paragone del nostro biografo con gli altri tiranni del Rinascimento in Italia dello storico svizzero si fanno veramente insistenti. che come Ezzelino hanno fondato il loro trono “sulla strage delle moltitudini e su Sono alcuni brani dei primi due capitoli, quelli dedicati alla trattazione della altre infinite crudeltà …” per sottolineare che Cangrande, sotto quest’aspet- to, Tirannide nel secolo XIV, ad avere attratto il nostro biografo. Del resto “si elevò al di sopra dei Signori del suo tempo” e che “gli Scaligeri si astennero dal alcuni concetti generali risultavano troppo aderenti alla figura dello commettere grosse atrocità”. Ci sembra insomma più una scelta “tecnica” che Scaligero per non essere ripresi. L’impressione che ne abbiamo ricavato è ideologica quella fatta dallo Spangenberg nei riguardi del Burckhardt, volta però che lo Spangenberg li abbia attinti senza una sufficiente elaborazione solo al tentativo di dimostrare, attraverso il confronto, la positività del suo personale. Così avviene per il concetto di autorità tirannica, nata da una eroe. E’ a questo riguardo emblematico che abbia dedicato a questa preziosa situazione di fatto, di un potere acquisito cioè non “in vista – come afferma fonte solo una fugace citazione in una nota del secondo libro. il Burckhardt – di veri o pretesi diritti di eredità ed altro” (proprio come quello In ultima analisi, ci pare di poter dire che in questa biografia traspaia- degli Scaligeri) e perciò soggetta ai pericoli propri di ogni regime privo di no più alcuni concetti propri della filosofia hegeliana e dell’impostazione un’investitura permanente. Ecco allora la necessità per questo genere di storiografica del Treitschke. Diciamo questo non solo per quanto abbiamo

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espresso fin qui, ma anche in considerazione del fatto che il nostro autore sua ricerca fu senz’altro Carlo Cipolla, il più attento e accreditato studioso non pare abbia sposato da studente (ed anche in seguito) le tesi “contro- di storia veronese di quel tempo. Costui, pur vivendo già da diversi anni corrente” del Burckhardt rispetto alla Kulturgeschichte di quel periodo a Torino, non aveva mai cessato di interessarsi delle vicende scaligere; (tipicamente bismarckiana e guglielmina), caratterizzata da un crescente inoltre rappresentava il trait d’union con il mondo accademico germanico, atteggiamento nazionalistico nella Cultura, nell’Arte, nella Poesia. Lo sto- presso cui godeva di un’indiscussa stima. rico basilese non condivideva la filosofia della storia secondo la concezione Quando il giovane Spangenberg scriveva alla Biblioteca di Verona (era hegeliana, herderiana e schellingiana. La sua posizione, come gran parte il 1° settembre 1890): “… nel raccogliere fonti storiche e strumenti incontro grande della pubblicistica svizzera e francese, era fortemente critica nei confronti difficoltà, perché non pare che esistesse un’altra raccolta di documenti veronesi se non quella delle “pretese culturali” dei grandi Stati come appunto la Germania. E’ del Verci nella sua Storia della Marca Trivigiana e Veronese, la quale però per il metodo significativo a questo riguardo che la cattedra lasciata libera dal Ranke a nuovo di ricerche sarebbe insufficiente affatto …”, il Cipolla aveva appena dato alle Berlino (1874) fosse stata affidata al Treitschke (e non al Burckhardt come stampe una raccolta di cronache sotto il titolo di Antiche Cronache Veronesi (9), aveva consigliato lo stesso Ranke) dopo il rifiuto del Basilese. Del resto, mentre una decina d’anni prima aveva pubblicato una Una Storia delle signorie sia l’interesse sempre più orientato e circoscritto dello Spangenberg alle te- italiane (10) e una monografia proprio sul Principe scaligero in una collana di matiche di storia costituzionale della sua terra (il Meclemburgo), che la sua studi veronesi (11). A parte l’altra breve monografia su Cangrande scritta nel lunga attività militare (8) (in età tutt’altro che giovanile, e per di più come 1842 dall’Orti Manara (12), in realtà nulla di più esisteva e quindi l’argomento volontario) testimonierebbero, a nostro avviso, un’indole spiccatamente era tutt’altro che scontato. Venuto a Verona, il giovane Spangenberg prese patriottica, più vicina di certo all’ideologia nazionalistica del Treitschke, subito contatto con lo storico Gaetano Da Re; in seguito si recò dal prof. che non a quella più aperta ed estetizzante, all’insegna cioè di una “storia Stefani, direttore dell’Archivio di Stato di Venezia. europea”, del Burckhardt. In questo senso forse vanno interpretate frasi La sua ricerca fu puntuale e meticolosa: si servì principalmente dei Re- come questa: “Il piacere di essere parte della magnificenza dell’Impero tedesco che il rum Italicarum Scriptores del Muratori, nelle cui pagine sono raccolte le cro- giovane Cangrande aveva provato ancora al tempo di Enrico VII …”. nache del Ferreto, di Paride da Cerea, del Cortusi, del Mussato e di molti altri cronisti tra cui Giovanni Villani. Ma utilizzò anche fonti cronistiche L’ambiente italiano pressoché sconosciute in quel periodo, come per esempio quelle trevigiane (L’Anonimo Foscariniano e la Cronachetta de proditione civitatis Tarvisii del Fu Scheffer-Boichorst, innamorato di Firenze e della sua Storia (ricor- notaio Liberale da Levada). Lusinghiero fu il giudizio espresso dallo stori- diamo i suoi Florentiner Studien del 1874 e Aus Dantes Verbannung del 1882), 13 co Giorgio Bolognini nelle due recensioni alla sua biografia ( ). Del primo a suggerire al giovane allievo di recarsi a Verona dove Dante, il “ghibellin fuggiasco”, aveva trovato rifugio. Proprio nel suo Aus Dantes Verbannung lo Scheffer-Boichorst aveva sostenuto la tesi dell’autenticità della Lettera a Can- grande e fu perciò probabilmente incuriosito da quella figura leggendaria che (9) CIPOLLA C. (A cura di), Antiche Cronache Veronesi, in “Monumenti Storici traspariva dai versi del Paradiso: “ E portera’ne scritto nella mente / di lui, e nol pubblicati dalla R. Deputazione Veneta di Storia Patria”, s. III, cronache e diari, dirai; e disse cose / incredibili a quei che fier presente”. vol. II, Venezia, 1890. Il mistero che avvolge queste parole doveva essere svelato e fu proprio (10) CIPOLLA C., Storia delle signorie italiane dal 1313 al 1513, Milano, 1881. lo Spangenberg ad assumersene il compito. Il punto di riferimento per la (11) CIPOLLA C., Cangrande I della Scala, in “Protomoteca Veronese”, Ve- rona, 1881. 12 ( ) ORTI MANARA G. G., Cenni storici e documenti che risguardano Cangrande I della Scala signore di Verona, Verona, 1853. 8 Cfr. il già citato “Carolinum”, Gottinga, 1969. (13) La prima recensione riguarda il 1° libro dello Spangenberg (uscito nel

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libro dice: “L’Autore discute tutte le questioni relative al suo personag gio; dimostra gli errori in cui caddero alcuni storici veronesi, correg ge o determina con rigorosa critica la cronologia dei fatti, e ag giunge alcuni particolari non privi di interesse. Lo Spangenberg mostra di conoscere a fondo l’argomento del quale tratta e sa mettere egregiamente a profitto l’ampio materiale storico offertogli dal Muratori, dal Verci e ultimamente dal Cipolla”. Il Bolognini sottolinea la puntualità con cui il Nostro esamina e confronta fra loro le fonti e come ponga “ cura speciale nelle determinazioni cronologiche, giungendo o a confermare quelle più comunemente note ed accettate, o a rettificare altre erronee, o a stabilirne alcune finora trascurate”. Il critico rileva come “i personag gi ch’ebbero parte importante nelle vicende politiche di questi tempi [siano] in generale presentati al lettore con felicissimi tratti: Bailardino Nogarola, il fido congiunto di Cangrande, , l’onesto e valoroso cittadino padovano che ci lasciò una storia preziosa degli avvenimenti onde fu testimonio, Nicolò da Lozzo, ambizioso e intrigante, paragonato dal Verci ad Alcibiade e dal Pignoria a Catilina, Guecello da Camino, Giacomo da Carrara, Uguccione della Fag giuola hanno vita e movimento nelle pagine dello Spangenberg. Vedasi a mo’ di esempio l’analisi sottile che l’Autore fa dei caratteri d’Alboino e di Cangrande rilevandone le differenze e i contrasti …”. Il Bolognini dà uno spazio particolare al problema dell’anno di nasci- ta dello Scaligero (che lo Spangenberg tratta nell’appendice al 1° libro) e lo fa confrontando la tesi dello studioso tedesco (che egli condivide) con quella che viene espressa dal De Claricini Dornpacher (pure oggetto della medesima recensione) e dal Grion. Non siamo completamente d’accordo con il recensore quando in rela- zione al 2° libro dice che: “La materia è ripartita in maniera rispondente al succe- dersi dei fatti ed esposta così che non apparisce un ag gregato di parti tenute meccanica- mente insieme, ma presenta anzi un’organica ed intima connessione. Pregio questo non piccolo, se si considera quanto riesca difficile evitare l’aridità e le numerose ripetizioni nel racconto d’un periodo qualsiasi di quella storia medievale … […] senza nuocere per questo alla scioltezza e all’unità della narrazione”. Sono emblematici a questo riguardo (e ne abbiamo già accennato all’inizio di questa prefazione) i capi- toli iniziali del 1° libro: gli avvenimenti si susseguono con un ritmo quasi ossessivo. Per questo in molti casi siamo dovuti ricorrere a frasi-ponte per

1892) e si trova nella Rassegna bibliografica dell’Archivio Storico Italiano, s. V, tomo XIII, 1894, pp. 125-149; la seconda, sempre nell’Archivio Storico Italiano, s. V, tomo XXI, 1898, pp. 196-208, si riferisce al 2° libro uscito nel 1895.

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ricomporre il ductus narrativo; per contro, in qualche occasione, quando una Nel tentativo di superare i limiti di quella particolare impostazione evéne- notizia finiva per costituire una frattura alla continuità del discor- so mentielle, abbiamo dovuto, in qualche caso, allontanarci dal criterio comune- causando disorientamento nel lettore, l’abbiamo più opportunamente mente accettato di fedeltà come aderenza quasi verbale al testo. Allo scopo aggiunta in nota. Il Bolognini rileva l’importanza del materiale inedito di renderlo più fruibile, abbiamo creduto opportuno arricchirlo di un corre- che lo Spangenberg ha tratto dagli archivi di Verona, Venezia, Vicenza e do iconografico (assente nell’originale) e di alcune note e schede esplicative Mantova. Sottolinea inoltre l’interessante capitolo VI del secondo libro per od informative sul periodo storico trattato. La presente pubblicazione, che come “ il biografo s’arresta alquanto a considerare la politica interna del principe, la non si prefigge fini accademici, vuole essere soltanto uno strumento per costituzione, il movimento commerciale, la vita scientifica ed artistica di Verona sotto far conoscere ad un pubblico più vasto una delle pagine più esaltanti della il suo governo”. nostra storia locale. Averla tradotta ci è parso un giusto riconoscimento allo Ci sentiamo di condividere il suo giudizio conclusivo: “Pur ammettendo – Scaligero nel 700° anniversario della sua nascita (passato ahimè nel più to- dice il recensore – che la naturale compiacenza del biografo amoroso esageri un po’ la tale silenzio) e, ad un tempo, un doveroso omaggio ad Hans Spangenberg grandezza del personag gio, dobbiamo tuttavia riconoscere che il suo giudizio si fonda sopra nel primo centenario della pubblicazione della sua opera. una serie di fatti indagati e riassunti con mano altrettanto paziente che felice”. Signifi- Sentiamo infine il dovere di ringraziare la signora dott.ssa Laura Castel- cativo di questo atteggiamento “amoroso” dello Spangenberg nei confronti lazzi, direttrice dell’Archivio di Stato, il direttore dott. Ennio Sandal, il dott. del suo eroe è l’uso ripetuto di attributi sempre positivi come: cavalleresco, Agostino Contò e tutto il personale della Biblioteca Civica di Verona per la coraggioso, intraprendente, infaticabile, astuto, intelligente, prudente, lun- disponibilità dimostrataci e, infine, la signora rag. Bruna Motta per i suoi gimirante, coerente, magnanimo, ambizioso, e, in ossequio al pensiero del preziosi consigli. Machiavelli, opportunista, spregiudicato e senza scrupoli.

E’ pertinente in questo senso la posizione del Varanini (14) quando parla di “demiurgismo” a proposito di questa ricostruzione biografica, auspicando Ma u r i z io Br u n e ll i e a l e ss a nd r o Vo l pi per il futuro una maggiore attenzione dei ricercatori nei confronti dell’ entou- Verona, maggio 1992 rage dello Scaligero: solo così, a parer suo, si potrebbe inquadrare in maniera più realistica la figura di Cangrande. L’opera biografica su Cangrande I della Scala consta di due libri: il primo, Contatti e informazioni: pubblicato nel 1892, abbraccia gli avvenimenti compresi tra il 1291 (anno [email protected] della nascita) e il 1320; il secondo, pubblicato nel 1895, prosegue la narrazio- ne fino alla morte dello Scaligero avvenuta a il 22 luglio 1329. Per quanto riguarda l’aspetto espositivo dell’opera originale, si notano differen- ze di stile fra il primo ed il secondo libro: nel primo, come abbiamo avuto già modo di rilevare, la narrazione è spesso lapidaria e risente della struttura linguistica tipica delle Cronache da cui il giovane autore ha attinto; il secon- do libro, scritto tre anni dopo, appare più sciolto e rivela nelle sue riflessioni una maggiore maturazione.

(14) Il giudizio si trova a pagina 120 del già citato catalogo della mostra “Gli Scaligeri”, nella scheda Gli Scaligeri, il ceto dirigente veronese, l’élite “internazionale”.

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