giovedì 24 aprile 2003 27

CHE BEL BUIO CHE FA QUESTA LAMPADA! Maria Gallo Giuda ballerino! assenza genera desiderio, crea aspettative. Per questo anche oggi in commercio. Questa volta il buio, cioè il colore nero, è do della superficie esterna e il bianco accecante, all’interno del L’ se il sole non manca mai il suo appuntamento quotidiano, costante. Detto in altri termini sembra che accanto al trionfo del grande corpo diffusore. Luce e ombra in equilibrio perfetto, ma solo durante le eclissi milioni di persone decidono di dedicargli colore, per lampade e fonti luminose, stia prendendo piede la pericolosamente delicato. Perché se, come gli animaletti estivi, ci qualche momento d’attenzione. Negarsi, ma non troppo, è in fon- moda o il desiderio di nascondere per lo meno una parte della luce avvicinassimo troppo alla lampada per osservarla dall’alto, rischie- do il gioco seduttivo più antico del mondo. Un gioco utilizzato non generata dalle nostre lampadine. remmo l’abbagliamento. Più tranquillizzante, in questo senso, il solo dagli uomini, ma anche dagli oggetti. Class, prodotta da I Tre, ha un affusolato corpo in vetro nero. O lume Spun light, disegnato da Sebastian Wrong per Flos. Forma Nel design contemporaneo l’eclisse più famosa risale al 1967, meglio, nera è solo la superficie esterna, satinata e solcata da sinuo- classica, paralume cilindrico, altamente protettivo, quasi un archeti- anno in cui Vico Magistretti disegnò, per Artemide, una piccola se scanalature orizzontali. L’effetto, una volta accesa la lampada, è po dell’illuminazione. Anche in questo caso però è di rigore un lampada da comodino chiamata appunto Eclisse. La sua luce pote- straniante. Perché il vetro, per definizione, è un materiale che copre emozionante total black, con interno bianco. va essere gradualmente oscurata facendo ruotare un paralume sferi- ma non nasconde, che protegge ma, allo stesso tempo, mostra. E Moda o accorgimento funzionale che sia, il nero sulla luce co intorno alla lampadina. Di qualunque colore fosse, giunta al invece con questa lampada è possibile occultare la luce e in qualche evidentemente affascina. Per la vicinanza dei due opposti, perché il massimo livello di oscuramento, ai nostri occhi la lampada diventa- modo anche la lampada, complice l’opacità del materiale e l’assen- nero nasconde ma al tempo stesso permette di guardare lì, verso la va nera. Un semplice effetto del controluce che, di fatto, riproduce- za di riflessi sulla superficie satinata. Un effetto simile anche per luce, dove altrimenti non potremmo. E poi perché, come ci hanno

Dylan Dog feticci va ciò che accade durante le eclissi reali. Un effetto simile, ma Pelota, la lampada da tavolo, in vetro soffiato, disegnata da Daniela insegnato i grandi del cinema e della fotografia, il mondo in bianco

ex libris realizzato in modo diverso, si sta verificando su alcune lampade Puppa per FontanaArte: elegantissimo il contrasto tra il nero luci- e nero ci emoziona di più. Naturalmente anche per i suoi grigi.

Segue dalla prima ha contribuito alla sua fortuna. È un modo ancora valido di scrive- Fu una scossa: per l’editoria, per il fu- re? metto e per il costume. Qualche mese «Penso di sì, anche perché, come in sordina, poi il passaparola dei lettori, diceva Totò, “tutti sono capaci di fare, è tirature in salita, articoli sulla stampa, copiare che è difficile”. Il gioco delle qualche polemica dei soliti benpensanti citazioni fa parte della nostra vita, tutti (ma perché non cominciamo a chiamar- si divertono a citare, si passano intere li malpensanti?) e perfino un memora- serate con gli amici a citare quella frase bile ed affolatissimo «Dylan Dog Hor- di un libro o quella battuta di un film; ror Fest» hanno fatto il boom. Storia c’è persino un gioco basato tutto sulle nota e raccontata, come è noto che l’«in- citazioni». dagatore dell’incubo assomiglia a Ru- Quando le è nata la voglia di scri- pert Everett, veste perennemente con vere, di fare fumetti? jeans, camicia rossa e giacchetta nera; «La mia è una vocazione genetica. Il che suona il clarinetto e costruisce un mio primo racconto l’ho scritto quan- galeone in miniatura che non riesce do facevo la prima media: era un we- mai a finire; che ha un aiutante che è il stern e s’intitolava «Il padrone di Sacra- sosia di Groucho Marx e spara freddure mento». Poi mi sono messo a scrivere a ripetizione, e un «collega» come storie di James Bond...». l’ispettore Bloch, perennemente in an- ...James Bond? sia per la sua pensione. Come è noto «Sì, visto che avevo letto tutte quelle che il papà di Dylan Dog è Tiziano Scla- scritte da Fleming e non ce n’erano di vi, prolifico autore, scrittore, sceneggia- nuove, i romanzi di Bond me li sono tore di fumetti, racconti, romanzi, sog- scritti da soli. Se disegnavo, anche? Ci getti cinematografici; e come è noto che ho provato, agli inizi, ma non avevo è un tipo schivo, che per anni non si è nessun talento». fatto vedere in giro, non ha concesso Ci racconta un po’ questo «nume- interviste, non si è fatto fotografare. E ro 200»? che anche oggi, dopo una parentesi di «È una storia dura, molto interiore: «visibilità» è tornato nell’ombra, nella scava nel passato, doloroso, di Dylan sua casa-eremo di Venegono Superiore, Dog e in quello dell’ispettore Bloch; nel ai confini di un bosco, quasi in Svizze- loro rapporto che è quasi quello tra un ra, dove vive con l’amatissima moglie padre e un figlio». Cristina, tre cani («la mia enciclopedia Domanda banale, ma d’obbligo: Treccani, dice con una battuta in puro qual è la storia più bella che ha stile grouchesco») e un gatto. scritto e qual è che quella che non Soggetti e sceneggiature per Dylan ha scritto e che vorrebbe scrivere? Dog non ne scrive da tempo e questo, «La mia risposta è ancora più bana- che sta passando, psicologicamente, le: l’ultima storia è sempre la più bella; e non è uno dei suoi momenti migliori. quella che scriverai è quella che avresti Ne ha passati altri, di peggiori. Quelli e voluto scrivere». questo meritano un doveroso riserbo. E Lei vive apparta- rispetto. Però al telefono risponde con to nella sua ca- gentilezza e chiacchiera con noi amabil- qualche dubbio su un soggetto, su un Tiziano Sclavi sa, tra decine di mente, in occasione dell’uscita del due- dialogo gli rispondo emplicemente: Esce l’albo numero 200: in una delle migliaia di libri, centesimo numero della serie regolare, “Segui la forza”». rarissime videocassette, dal titolo Il numero 200 (in edicola dal E con Sergio Bonelli, il suo edito- immagini cd, cd-rom. Qua- 29 aprile): una storia un po’ cupa e re, come va? Tiziano Sclavi, il creatore pubbliche. li sono le sue let- drammatica (il soggetto è di una giova- «Con Sergio ci conosciamo dal Sopra ture preferite? ne autrice, Paola Barbato e i disegni di 1978-79. È un amico, un collaboratore, del celebre personaggio, la copertina «Vado a periodi e Bruno Brindisi, uno dei migliori dise- un collega: perché anche lui è un otti- dell’albo tendo a rileggere vec- gnatori della serie). mo sceneggiatore di fumetti. A distin- ci racconta perché n. 200 chie cose: tra i fumet- Insomma, Sclavi, neppure in que- guerci c’è solo il piccolo particolare che ti il buon Tintin ele st’occasione si è fatto tentare ed è è il mio padrone». non ne scrive più storie di Blake e Mor- tornato a scrivere un nuovo «Dy- Umberto Eco, a proposito, delle timer, i vecchi Classi- lan Dog»? È stanco della sua crea- storie di Dylan Dog ha parlato di ci dell’Audacia. Tra i tura? «sgangheratezza» (vedi scheda ma perché lo ama ancora. libri, la mia ultima «Non è questione di stanchezza, qui sotto) e ha rimarcato il carat- passione sono quelli piuttosto è che ho l’impressione di aver tere della sua scrittura, fatto di E perché non ama il mondo di Bret Easton Ellis e, detto tutto quello che avevo da dire. citazioni: uno stile che è la cifra naturalmente, ogni Avrei voglia di fare qualcosa di nuovo, distintiva di questo fumetto e che nuovo Stephen King. di diverso... non so, magari un nuovo Ora sono alle prese personaggio. Ma sa, alla mia età... (Scla- con l’ultimo vi è nato a nel 1953, ndr)». Grisham». Addio Dylan Dog, dunque? parola di Umberto Eco Esce poco e non va quasi mai a «No, resta il mio figlio preferito. Co- Milano, in casa editrice. Come munque è in buone mani, quelle di mai? Mauro Marcheselli che cura la collana se Ilse sarebbe scappata con Rick oppure con Victor Laszlo... senziali perché un’opera diventi di culto, sia essa la Divina «Sì, è vero, non mi piace uscire, pas- da una decina d’anni, mentre io faccio Poi, però, dovendo spiegare perché anche la Divina Commedia Commedia, The Rocky Horror Picture Show,l’Ulisse... o Dylan so il tempo a leggere a guardare film in la supervisione: se io sono il papà di Di culto e sgangherato è un’opera di culto - e dire che la Divina Commedia fosse Dog! Lei, Sclavi, che opinione ha in merito? videocassetta; non guardo mai la tv, Dylan Dog, Mauro è la mamma. E si sa, «sgangherata» offendeva la mia educazione - ho trovato questa Tiziano Sclavi. Sulla «sgangherabilità» non saprei, ma per non leggo i giornali. A Milano vado la mamma è sempre la mamma». bella idea: sono opere di culto non solo quelle «sgangherate», quanto riguarda la «sgangheratezza» voglio dire una cosa... pochissimo, non la amo. Ci ho vissuto Dylan Dog, il fumetto, è una mac- come la «Commedia» ma anche quelle «sgangherabili». La Divina Commedia è sgan- Dylan Dog, in fondo, per quanto anomalo, è pur sempre un molti anni e ho finito per odiarla: è una china ben oliata che vende l’ono- gherabile a differenza per esempio del Decamerone, perché se giallo... E cosa fanno i giallisti? partono dalla fine: loro sanno città ostile, brutta, incazzata, male am- revole cifra di 230.000 copie al me- prendo solo una parte di una novella, questa non funziona; chi è l’assassino e a partire da lì costruiscono tutto ciò che ministrata. Milano per me è un Infer- se (senza contare le due ristampe, na delle più azzeccate analisi dei testi di Dylan Dog è mentre della Divina Commedia posso prendere anche solo un viene prima... Io non sono mai riuscito a farlo! Ecco, io sono no, è il mio Inferno dantesco». gli speciali, gli almanacchi e al- quella di Umberto Eco che, in un dialogo con Tiziano verso... Tutto Shakespeare è «sgangherabile»... Thomas Stear- «sgangherato» perché parto dal mistero e lo risolvo insieme al E il mondo? tro) e conta su una squadra di USclavi, ha usato il termine di «sgangheratezza». Di quel ns Eliot ha scritto un saggio memorabile sul fatto che l’Amleto lettore: non so come va a finire; posso arrivare a pagina settan- «Quello me lo raccontano gli amici soggettisti, sceneggiatori e dise- dialogo, pubblicato sul libro Dylan Dog, indocili sentimenti, è l’opera più affascinante di Shakespeare proprio perché sgan- ta di una sceneggiatura di Dylan Dog senza sapere chi è l’assassi- per telefono. Non è un bel racconto gnatori di qualità. Come giudica arcane paure, a cura di Alberto Ostini (Euresis Edizioni, 1998) gherata: nasce dall’accostamento di diverse fonti che il dram- no, oppure chi è l’incarnazione del diavolo... La sgangheratez- però: ora mi dicono che c’è la guerra. il loro lavoro? riportiamo alcuni frammenti. maturgo non ha saputo fondere e da cui deriva tutta la grande za del mio modo di scrivere diventa sgangherabilità perché io Insomma abbiamo appena abbandona- «Sono bravissimi, anzi sono più bra- Umberto Eco. In un saggio su Casablanca avevo scritto ambiguità della tragedia, che non è l’ambiguità del personag- procedo così, per immagini, improvvisando, solo per il piacere to un secolo che è stato orribile e questo vi di me. Tra me e loro c’è un grande che è fondamentale per un’opera di culto essere «sganghera- gio, ma quella di Shakespeare che non sapeva come farlo agire; di scrivere quella scena, poi metto le sequenze una dopo l’altra nuovo è cominciato male. Molto ma- spirito di collaborazione e quando qual- ta». Casablanca è sgangherato per definizione, perché nessuno è proprio questo a renderlo misterioso e memorabile... Dun- e solo verso pagina sessanta-settanta mi pongo il problema di le». cuno mi chiede consigli o manifesta sapeva com’era la sceneggiatura, nessuno fino alla fine sapeva que «sgangheratezza» e «sgangherabilità» come condizioni es- collegarle. Renato Pallavicini