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Il meglio del cinema italiano nel 2020

In questo disgraziatissimo e maledetto 2020, con la Pandemia da Covid-19 che ancora non sembra darci tregua, il comparto culturale (congressi, conferenze, teatri, cinema, musei) è quello che più di tutti ha sofferto l’immobilismo che ha bloccato il mondo. Il cinema ovviamente ha lavorato a singhiozzo e si è adattato forzatamente alla moda dello “smart working”, che ormai ha conquistato il mondo. Lo “smart working” nel caso del cinematografo, ha creato un momento a suo modo epocale: la maggior parte dei film usciti nel panorama mondiale e nazionale sono approdate sulle varie piattaforme di streaming online come come Rakuten TV, Infinity TV, Google Play, Chili, TIMvision, Prime Video, Sky, Netflix o anche YouTube in versione a pagamento.

I cinema sono rimasti aperti, tra restrizioni e condizionamenti molto variegati, almeno fino ai primi giorni di marzo; per riaprire poi, in estate, ma con una programmazione ridotta; e riprendendo poi, un certo vigore tra settembre ed ottobre, quando un nuovo DPCM, ne ha previsto la chiusura a partire dal 26 ottobre, in concomitanza con l’inizio della seconda ondata della pandemia.

In questo contesto molto angosciante e avvilente per tutto il comparto cinematografico, le pellicole italiane uscite, in qualunque maniera, nella maledetta annata 2020, toccano le 240 unità. Un numero cospicuo, bisogna dirlo, che testimonia come il nostro cinema, sia in ripresa e goda di una certa freschezza di idee, non parimente riscontrabile una decina di anni fa, ad esempio.

Scopri il nuovo numero: Simply the best È indubbio che quest’anno passerà alla storia come l’anno della pandemia. Così come indubbio che quest’anno ha portato malessere sociale, psichico ed economico. Ma dobbiamo sforzarci di cogliere un bagliore di luce anche in un anno così buio.

Da qui una carrellata dei migliori film italiani dell’annata, tenendo conto di vari fattori, come la popolarità degli attori impiegati, l’effettivo valore delle pellicole e infine del successo popolare, estendibile anche in campo internazionale.

TOLO TOLO, di Luca Medici [Checco Zalone]

Al suo quinto film Checco Zalone, debutta alla regia, firmandosi con il suo vero nome di Luca Medici. Lo fa con il suo copione forse più contestato, di sicuro il più ambizioso, arricchito anche da una certa vena di critica politica, che lo eleva certamente dai suoi lavori precedenti. Sembra un’era fa, ma un tempo nel nostro Paese si parlava solo di immigrazione. Checco offre la sua versione: libera, graffiante, molto più della visione dei democratici del nostro Parlamento. Un film che ha diviso spettatori e politica, ma che resta la tragicommedia (a fuggire dall’Africa all’Italia stavolta è un italiano stesso) che nessun altro saprebbe fare. Incassi in calo: dai quasi 66 milioni di lire di Quo vado, ai 46 dell’attuale film. Tanto basta per risultare campione di incassi annuali ed entrare quindi nella storia del cinema italiano.

(Qui trovate la nostra recensione completa) GLI ANNI PIU’ BELLI, di Gabriele Muccino

Remake dichiarato e in se, strepitoso omaggio a C’eravamo tanto amati, capolavoro di Ettore Scola, è la storia di tre amici (, , ) divisi dalla Storia e dalle storie personali; e di una donna (Micaela Ramazzotti) che proprio nel corso della loro vita si legano e si allontanano. Ne esce una cavalcata (meravigliosamente girata) dagli anni ’80 a oggi che ci riguarda tutti, nessuno escluso. Con sottofondo di Claudio Baglioni: «Noi che sognavamo i giorni di domani, per crescere insieme mai lontani», che si lega un po’ alla frase simbolo del film di Scola, recitata dal grande : “Credevamo di cambiare il mondo e invece è il mondo che ha cambiato noi”. Nelle parti di , Nino Manfredi, Stefano Satta Flores e Stefania Sandrelli, il quartetto di attori non fa rimpiangere il passato e ci regala uno squarcio di poesia, che ci riporta ai fasti di un tempo.

(Qui trovate la nostra recensione completa)

FAVOLACCE, dei fratelli D’Innocenzo

Vincitore all’ultima Berlinale dell’Orso d’Argento per la sceneggiatura, il film dei puntuali fratelli D’Innocenzo, è una commedia familiare di periferia che fonde Pier Paolo Pasolini e Tim Burton, e lo fa con un linguaggio stilistico, elegante e trasognante, che non può lasciare indifferenti. Disturbante, divertente, necessario, fresco e innovativo, ha in , il suo punto di forza. Proprio quell’Elio Germano che può essere considerato davvero l’attore dell’anno.

ODIO L’ESTATE, di Aldo, Giovanni e Giacomo

Odio l’estate è l’ultima fatica del leggendario trio composto da Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti. Una pellicola che restituisce al trio i fasti del proprio glorioso passato. E questa volta non si rimane delusi. Odio l’estate ha qualcosa di ognuno dei film storici del trio: ti fa pensare, ti fa ridere e alla fine lascia una velatura di malinconia. Nel film si ritrova il solito Aldo fanfarone, il solito Giovanni pignolo e il solito Giacomino perfezionista maniacale con il punto di forza di un affiatamento collaudato e di un’amicizia sincera che dura da sempre, quasi a voler smentire, una volta per tutte, i soliti detrattori, che avevano preannunciato o sperato in un disfacimento del trio. E invece no, Aldo, Giovanni & Giacomo, dopo alcune scialbe prove sono tornati più convinti di prima al cinema, con una sceneggiatura importante, ben scritta, e con un ritorno al passato.

(Qui trovate la nostra recensione completa)

FIGLI, di Giuseppe Bonito

Figli, già monologo reso celebre in tv da Valerio Mastandrea, è la commedia all’italiana dell’annata. Mastandrea è anche il protagonista, insieme a Paola Cortellesi, dell’adattamento cinematografico. La parabola dei genitori (non giovanissimi) che affrontano le fatiche erculee della crescita di un secondo figlio è costellata delle tenerezze e delle malinconie della vita di tutti. Ma è anche un resoconto infallibile della società di oggi: i protagonisti ultraquarantenni sono per primi gli eterni “figli”, schiacciati dalla generazione precedente. HAMMAMET, di Gianni Amelio

Raccontare gli ultimi sei mesi di Bettino Craxi è l’obiettivo, difficile e ambizioso dell’ultimo film di Gianni Amelio. Sono passati 20 anni dalla sua fine prematura in Tunisia, complesso dire se pochi o molti per cominciare a guardare con il giusto distacco il discusso leader politico socialista. Ma Gianni Amelio con la complicità di un Pierfrancesco Favino reso straordinariamente somigliante ci prova e ci riesce bene; rientrando in quel filone che negli ultimi anni ha visto alcuni dei più importanti registi italiani affrontare la difficile materia di proporre una serie di personaggi politici che hanno segnato la storia del Paese: dal dittico cinematografico Loro di Paolo Sorrentino su Silvio Berlusconi, a Buongiorno, notte di Marco Bellocchio sul rapimento, la detenzione e l’omicidio di Aldo Moro, senza dimenticare il Giulio Andreotti de Il divo, sempre di Sorrentino.

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IL GRANDE PASSO, di Antonio Padovan

Strepitosa commedia lunare, opera seconda del regista veneto Antonio Padovan; che si serve della classe interpretativa di Stefano Fresi e Giuseppe Battiston e della loro incredibile somiglianza fisica; Il grande passo è un film ricco di ingredienti, situazioni e personaggi fuori dal comune. Il tutto ruota, però, attorno ad un unico grande sogno: raggiungere la luna solo con le proprie forze. Un fratello ostinato, tanto da costruire un vero e proprio razzo spaziale nella sua cascina di campagna; ed un altro, bonario, accomodante, comprensivo, che ha a cuore le sorti del fratello, che ha visto pochissimo nella sua vita, ma che è l’unico in grado di comprendere il suo malessere. Battiston e Fresi spaziano perfettamente tra il toccante e l’esilarante, tra il grottesco e il surrealismo, regalandoci scampoli di quella che può essere definita la “nuova” coppia del cinema impegnato. Già perché la pellicola è davvero una spanna sopra la media delle commedie all’italiana attuali. Il sogno dello spazio e dalla vita extraterrestre sono ben descritti, così come la capacità di questo film, di far sognare il pubblico, ed infondere positività, strappando risate amare, ma intelligenti. Il talento dei suoi due protagonisti e un finale davvero sorprendente ed azzeccato, rendono la pellicola, per chi ama davvero il cinema italiano d’autore, una gemma preziosa.

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I PREDATORI, di Pietro Castellitto

La miglior opera prima dell’anno è scritta, diretta e interpretata da Pietro Castellitto, figlio d’arte del padre Sergio, che con I predatori ha vinto il premio Orizzonti per la sceneggiatura a Venezia 77. Un’idea di cinema personale ma già molto identitaria, e invidiabile per la sua chiarezza. C’è uno sguardo generazionale, fulminante e irriverente su questo scontro tra sottomondi (famiglia popolare, grezza e neofascista, posta in contrapposizione con quella ricca, borghese e radical chic), che però Pietro sviluppa su toni grotteschi e surreali, elaborando con un’ironia disarmante anche un certo giustificato complesso edipico. Per un’analisi antropologica degli italiani che vale più di mille trattati, travestita da filosofic-satira pronta a esplodere come una bomba a orologeria. Un ottimo debutto, che certamente verrà confermato con l’opera seconda, già in cantiere per il 2021.

VOLEVO NASCONDERMI, di Giorgio Diritti Ancora Elio Germano, attore italiano dell’anno, senza se e senza ma. Questa volta al servizio del rigore di Giorgio Diritti. E del “genio e sregolatezza” (psichica: ma lì sta il genio) di Antonio Ligabue, il più celebre dei nostri pittori naïf. Anche in questo caso, un biopic che biopic non è, bensì opera pittorica, introspettiva, lieve sugli emarginati di tutti i luoghi e di tutti i tempi. E sui loro talenti (in)compresi. Immersa in un’Italia di provincia che raramente è stata così concreta, umana, realistica. Una collaborazione, quella tra Diritti e Germano, capace di generare il meglio del connubio autore-attore. E che non è ovviamente passato inosservato: al secondo è andato l’Orso d’Argento per la miglior interpretazione maschile all’ultimo Festival di Berlino.

PADRENOSTRO, di Claudio Noce

Lo scorso 12 settembre sul palco della 77esima edizione del più prestigioso e del più antico Festival del Cinema, ovvero Venezia, un emozionatissimo Pierfrancesco Favino riceve la Coppa Volpi, come miglior interprete maschile proprio per il film di Claudio Noce. L’avvenimento si erge come uno dei momenti più prestigiosi del cinema italiano del nuovo millennio. D’altronde Favino è ormai il miglior attore italiano degli ultimi vent’anni e l’interpretazione del vicequestore Alfonso Noce, assassinato nel 1976 per mano dei Nuclei Armati Proletari, negli anni di piombo, è resa con incredibile bravura e profondità drammatica, davvero senza eguali. Il film di Claudio Noce, sul proprio padre dell’Alfonso, interpretato da Favino, scava nei meandri del dramma del terrorismo, che colpì l’Italia e le più giovani generazioni, in quelli che furono definiti i “bui” anni ’70.

L’INCREDIBILE STORIA DELL’ISOLA DELLE ROSE, di Sydney Sibilia

Sydney Sibilia è un regista d’azione, innovativo nel panorama cinematografico italiano. Ha una poetica rude, ma che lascia il segno, e pone lo sguardo sul rapporto tra libertà individuale e potere costituito. La storia è di quelle italianissime, anarchiche e poco conosciute: l’avventura sessantottina quasi inconsapevole di un nerd d’altri tempi, Giorgio Rosa, che fondò uno Stato indipendente al largo delle acque di Rimini, mettendo in crisi Governo italiano, Consiglio d’Europa e ONU. Primeggia ancora una volta Elio Germano, ma c’è anche altro che luccica: una Matilda De Angelis deliziosamente bolognese e delicatamente seducente; e poi Zingaretti e Bentivoglio versione super caratteristi. Un cast perfetto per plasmare la nuova commedia all’italiana a immagine e humour del suo intelligente autore.

MISS MARX, di Susanna Nicchiarelli

Un film sulla figlia minore di Karl Marx, Eleanor, la quale porta avanti l’eredità politica del padre Karl, avvicinando i temi del femminismo e del socialismo, partecipando alle lotte operaie e combattendo per i diritti delle donne e per l’abolizione del lavoro minorile. La regista Susanna Nicchiarelli, fa ballare Eleanor (un’ottima Romola Garai) sulle note di un pezzo dei Downtown Boys come fosse Courtney Love. È proprio quel “punk”, tra le altre intuizioni, a lanciare Miss Marx oltre il biopic. Attenzione però: non si tratta di un film femminista, ma semplicemente “libero”, come ha spiegato la Nicchiarelli.

IL GIORNO E LA NOTTE, di Daniele Vicari Una pellicola che detiene un primato da guinness: il primo “smart film” della storia del cinema. Le riprese sono cominciate nella Fase 2 e sono state rese possibili dal fatto che gli attori – in alcuni casi si tratta di coppie nella vita oltre che sulla scena – si riprendono da soli da casa propria, grazie alla propria attrezzatura tecnica. L’idea non è solo quella di fare un esperimento cinematografico ma anche quella di tradurre, dal punto di vista creativo, questo particolare momento storico, caratterizzato da isolamento e restrizioni della libertà, con tutte le conseguenze del caso, nel bene e nel male. Vicari porta con sé un cast d’eccellenza: Vinicio Marchioni e Milena Mancini (coppia nella vita, in quarantena insieme alla famiglia), Dario Aita, Elena Gigliotti, Barbara Esposito, Francesco Acquaroli, Isabella Ragonese, Matteo Martari, Giordano De Plano. Tutti comunicano tra di loro in video attraverso le varie piattaforme online, così come gli attori anche il regista è a casa sua e dirige il cast a distanza.

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DIVORZIO A LAS VEGAS, di Umberto Riccioni Carteni

Un road movie garbato, divertente, fresco e ben congeniato, che si ispira alle commedie romantiche americane, con tanto di lieto fine annesso. I protagonisti della storia sono Giampaolo Morelli e Andrea Delogu, bella, brava e disinibita al suo primo ruolo cinematografico; ben supportati da Grazia Schiavo, Ricky Memphis e Gianmarco Tognazzi in partecipazione straordinaria. La storia è piuttosto ben congegnata negli snodi (pur all’interno delle esagerate circostanze comiche), ma sono soprattutto i dialoghi a fare centro, e a risultare divertenti e romantici: il che è davvero una rarità nel cinema italiano contemporaneo di commedia.

DNA- DECISAMENTE NON ADATTI, di Lillo & Greg

Lasciato, non a caso per ultimo, Dna- Decisamente non adatti è il più bel film di genere comico dell’annata: nona fatica della coppia composta da Lillo & Greg, al secolo Pasquale Petrolo e Claudio Gregori. I due tornano al cinema, dopo tre anni di assenza, con una commedia decisamente azzeccata: surreale, dissacrante, esplosiva. La loro è un’accoppiata intelligente, che dopo i tanti successi radiofonici e televisivi, ha saputo farsi spazio anche nel cinematografo. E questa volta si testano, con risultati eccellenti, per la prima volta anche dall’altra parte della cinepresa. Il racconto si lascia seguire e i due seguono tutte le regole della commedia popolare italiana, riuscendo ad inserire la loro vena comica originale, che fa leva su giochi di parole intelligenti e gustose parodie. Al loro fianco Anna Foglietta, sempre brava e sempre nella parte. Insomma quello di Dna- Decisamente non adatti è un divertissement, davvero consigliabile, soprattutto in momenti così difficili, come quelli attuali.

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Ascolto dunque sono: i podcast in Italia nel 2020 secondo l’indagine Nielsen

Il bisogno di storie e narrazione è profondamente radicato nell’animo e nei geni umani. Secondo gli studi di antropologia e linguistica più recenti, sembra che il nostro apparato fonatorio e il linguaggio stesso si siano evoluti per consentire di raccontare storie e quindi tramandarsi saperi, informazioni, memorie, leggende e eventi.

Non bisogna fare un grande sforzo per immaginare i nostri lontani progenitori, in una qualche grotta africana, raccolti intorno al fuoco a raccontarsi storie e leggende. La straordinaria intelligenza dell’Homo Sapiens (ma forse già quella dell’Homo erectus e dell’Homo di Neanderthal) si sviluppò, sempre secondo gli antropologi, per due motivi principali: la posizione eretta, che liberò le nostre mani facendole diventare strumenti complessi e raffinati, e la capacità di parlare e raccontare, che servì per allentare tensioni e consolidare legami nelle ampie società che man mano si venivano a formare.

Perché vi sto “raccontando” tutto questo??? Perché ho ripensato ai nostri antenati, tutti intenti a raccontarsi e sentire storie, ascoltando un podcast di Radio IT, che parlava di una recente indagine di Nielsen, commissionata da Audible e presentata all’ultima edizione UNITED STATES OF PODCAST, che fotografa quello che alcuni hanno definito “Il nuovo Rinascimento dell’Audio”. F o t o d i A n d r e a P i a c q u a dio da Pexels

Come molti di voi certamente sapranno, i podcast sono diventati uno dei mezzi di maggior consumo, in Italia e nel mondo, per quanto attiene la musica, le news, l’intrattenimento e l’approfondimento.

Il fenomeno, ma più corretto sarebbe dire la tendenza, è ormai in atto e consolidata da almeno 3 anni, ed infatti i numeri degli ascoltatori dei podcast salgono – a doppia cifra – in tutte le fasce di età, con particolare riferimento alla fascia 18 – 35 anni.

Secondo l’indagine Nielsen, l’ascolto dei podcast, durante il primo lockdown (marzo/aprile 2020), è salito, e non si è sgonfiato come ci si aspetterebbe durante la Fase 2, anzi, “tra i contenuti digitali sono quelli che hanno mantenuto l’asticella un po’ più alta”, afferma Giorgio Pedrazzini, Consumer & Shopper Insight di Nielsen.

Negli ultimi 3 anni l’incremento è stato incredibile. Nel 2020 sono stati quasi 14milioni gli italiani che hanno ascoltato podcast, con un incremento del +15% rispetto al 2019 e con oltre 4milioni di ascoltatori in più rispetto al 2018. Numeri fenomenali che nessun altro contenuto digitale può vantare.

L’utente tipo ascolta podcast mediamente 1 volta la settimana (più precisamente 3,9 volte al mese) e lo fa per sessioni di circa 24-25 minuti. Se guardiamo le tipologie d’ascolto, a farla da padrone sono i podcast musicali (45%), seguiti da quelli di news (44%), da quelli di intrattenimento (37%) ed infine da quelli di approfondimento (34%).

Ci racconta tutto il giornalista Igor Principe di Radio IT, che a dialogo con Giorgio Pedrazzini di Nielsen, in un interessantissimo “podcast” di appena 10 minuti, snocciola una serie di dati e numeri davvero interessanti per tutti quelli che, come noi di Smart Marketing, si occupano di comunicazione, economia, social media e marketing.

Il podcast, rispetto al video, presenta notevoli vantaggi sia per chi li produce che per chi li ascolta. Innanzitutto una minor dotazione tecnica per essere prodotto: essendo solo audio, basta un buon microfono e qualche libreria multimediale di effetti sonori e musiche free. Il montaggio è più semplice, perché ovviamente manca la traccia video, questo per quanto riguarda la produzione. Per quanto attiene la fruizione, si può ascoltare un podcast con molta più libertà di quella che consente il guardare un video, posso infilare le cuffie, farmi una corsetta ed intanto ascoltare un contenuto audio sulle ultime news, oppure posso ascoltarmi una lezione di marketing mentre sono in viaggio su metro, pullman o auto senza correre il rischio di distrarmi eccessivamente.

Insomma l’audio, anzi come dice il giornalista e specialista di podcast Damiano Crognali nel suo ultimo libro, il “Rinascimento dell’audio”, è il trend che più di tutti va tenuto d’occhio e studiato ed è quello che nessun esperto di marketing, social media o comunicazione, né alcuna azienda può e potrà in futuro permettersi di trascurare. Perché gli uomini non solo guardano, ma sentono, ed hanno un grande bisogno di storie da ascoltare.

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Gli Imperdibili 3° appuntamento: 3 saggi e/o manuali per imparare ad usare il futuro Di nuovo insieme con il 3° articolo di suggerimenti per le letture, da regalare e regalarvi, in questo Natale 2020, segnato dal Covid-19. Questa volta parliamo di tre saggi/manuali per apprendere e/o migliorare le nostre conoscenze e competenze su tre argomenti cruciali per il nostro futuro. Abbiamo scelto di parlare di “Naming”, di “Podcast” e di “Intelligenza Artificiale”.

Se siete pronti, cominciamo!

Nomi & naming

Scegliere il nome giusto per ogni cosa Autore: Linda Liguori

Editore: Zanichelli

Anno: 19 ottobre 2020

Pagine: 208

Isbn: 9788808820181

Prezzo: € 13,50

Avete presente la famosissima serie tv “The Big Bang Theory”?

C’è un divertentissimo episodio, il 12° della 4° stagione, “L’utilizzo dei pantaloni da autobus”, in cui il gruppo di quattro scienziati sta sviluppando un’app rivoluzionaria e al contempo le sta cercando il nome. Ad un certo punto Sheldon Cooper (l’attore Jim Parsons) ha un’idea e la condivide con il gruppo, e c’è un illuminante dialogo con Raj Koothrappali (l’attore Kunal Nayyar):

- Sheldon: Che ne dite di questo nome per la nostra app? “Solutore Hobbistico di Equazioni con Limite Differenziale Ottimizzato alla Numerazione”.

- Raj: Le iniziali del nome danno Sheldon.

- Sheldon: Ma non mi dire! Che simpatica coincidenza.

Sheldon è perfettamente conscio che il nome che daranno alla loro app decreterà il successo non solo dell’applicazione stessa, ma anche del team che l’ha creata, ecco perché si inventa un nome solo all’apparenza complesso, che però diventa – semplificandolo – l’acronimo del suo.

Quanto è importante il nome per un prodotto, per un’azienda, per un evento, per una campagna pubblicitaria?

Secondo la dott.ssa Linda Liguori, che vanta un’esperienza ultra ventennale nel settore, autrice di “Nomi & naming. Scegliere il nome giusto per ogni cosa”, è fondamentale, il nome “è il primo indizio che dice agli altri chi siamo, in quanto azienda o in quanto brand. Possiamo paragonarlo al viso di una persona che incontriamo per la prima volta: da quel viso ci facciamo l’idea di tutta la persona, e sarà poi difficile cambiarla”.

Il processo di naming è senza dubbio il primo e più importante passaggio del quale bisogna occuparsi quando si lancia una nuova idea o attività, pensate ai grandi brand: cambiano tutto, logo, prodotti, sedi, ma il nome rimane sempre lo stesso, anche perché è quello che identifica l’azienda, la sua filosofia, la sua produzione e il suo appeal.

Spesso il nome è una voce di bilancio, che cresce con il crescere di investimenti, produzione e fortuna dell’azienda stessa. Il nome, alle volte, soprattutto riguardo alle grandi multinazionali, è l’unica cosa che ha valore, è il nome che viene venduto e scambiato, al pari di un titolo azionario.

Creare e scegliere il nome diventa quindi un’operazione difficile e lunga, oltre che costosa, ma ci sono buone pratiche che possiamo seguire tra briefing, name storming, mappe mentali, metafore, sigle e giochi di parole alle quali ci prepara la lettura di questo interessantissimo manuale, approfondito ma scorrevole, che ci “insegna” una volta per tutte l’importanza del nome non solo nella comunicazione, ma anche nel marketing e come fondamento per fare impresa.

Podcast. Il nuovo Rinascimento dell’audio

Come raccontare, pubblicare, promuovere storie da ascoltare Autore: Damiano Crognali

Editore: ROI edizioni

Anno: 26 agosto 2020

Pagine: 240

Isbn: 9788836200108

Prezzo: € 19,00

Secondo una recentissima indagine di Nielsen, sono circa 14 milioni gli Italiani che nel 2020 hanno ascoltato almeno un podcast, con un incremento del 15% rispetto all’anno precedente. Se rispetto al 2019 ci sono stati 2 milioni di utenti in più, sono addirittura 4 milioni in più rispetto al 2018. Molti parlano del “fenomeno podcast” come del Rinascimento dell’audio o perfino di un cinema delle nostre orecchie.

Sicuramente è questo il trend dei contenuti multimediali non solo più in crescita, ma anche quello di cui non si può fare più a meno nelle nostre aziende e startup. Grazie a grandi player come Spotify ed Amazon, che sono entrati prepotentemente in questo mercato, è nata tutta una generazione di creator che vede nel podcast un’opportunità per raccontare e creare contenuti e, perché no, per inventarsi un nuovo lavoro.

Ma quello che sta facendo la differenza rispetto al passato è anche un nuovo modo di pensare l’audio, che va oltre la radio: quello dell’ascolto on demand, quando, dove e come voglio, un fenomeno in crescita vertiginosa in tutto il mondo. Ci racconta tutto, spiegandoci anche come muovere i primi passi nel mondo dei “podcast”, Damiano Crognali nel suo “Podcast. Il nuovo Rinascimento dell’audio. Come raccontare, pubblicare, promuovere storie da ascoltare”. Giornalista di lungo corso, esperto di podcast e podcaster di successo, nel suo libro prima “fotografa” il fenomeno e poi ci “racconta” perché hanno successo le “storie da ascoltare”.

Un manuale completo, semplice e pratico che spiega agli aspiranti podcaster come creare un prodotto editoriale, con quali strumenti, come arricchirlo con sigle, suoni e musiche, come editarlo, quali piattaforme utilizzare per la diffusione e come promuoverlo. Un libro quanto mai utile per chi vuole cimentarsi in questo mondo dei podcast, ma anche per chi, curioso e informato, vuole vivere da protagonista questo Rinascimento dell’audio.

Fare marketing con l’AI.

Intelligenza (Artificiale) Aumentata per comunicare brand, prodotti e idee Autore: Guido Di Fraia

Editore: Hoepli

Anno: 20 novembre 2020

Pagine: 400

Isbn: 9788820399375

Prezzo: € 29,90

Prima della pandemia del Coronavirus, non si sentiva parlare d’altro, prima che la malattia da Covid-19 non cominciasse a mietere migliaia di vittime in tutto il mondo era l’argomento più dibattuto da tecnologhi, informatici e scienziati dell’I.T.. Sto parlando dell’Intelligenza Artificiale e di tutti i risvolti sociali, tecnologici ed economici che si porta dietro.

Un argomento così importante, non solo per il nostro futuro, ma già nel nostro presente, un tema cruciale e molto “caldo”, che anche il nostro magazine se ne sta occupando attraverso una seguitissima rubrica ad hoc, “Innovazione ed Intelligenza Artificiale” che, nata a maggio di quest’anno, raccoglie gli interessanti podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, realizzati dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e Radio IT, con le quali abbiamo avviato una proficua collaborazione.

In un futuro davvero prossimo l’A.I. diventerà una tecnologia dominante e “generalista” che ci supporterà nella nostra vita quotidiana e professionale risultando, come è avvenuto in passato per l’elettricità, una commodity irrinunciabile. L’A.I. si affermerà su larghissima scala aprendo le porte ad una nuova “rivoluzione scientifica”, se non ad una vera e propria nuova fase evolutiva della nostra società.

L’A.I. ed i Big Data daranno una svolta ed accelerata radicale alle nostre vite, ma già da adesso ne possiamo vedere gli effetti più o meno profondi che sta realizzando, soprattutto in alcuni ambiti. Uno di quelli che più è e sarà trasformato e beneficerà delle tecnologie dell’A.I. è quello del Marketing, ormai totalmente data-driven.

Questo specifico ambito è affrontato nel volume “Fare Marketing con L’A.I. Intelligenza (Artificiale) Aumentata per comunicare brand, prodotti e idee”, scritto da Guido Di Fraia in collaborazione con Alessandra Massarelli.

Fraia è founder e CEO del Laboratorio di Intelligenza Artificiale “IULM AI Lab”, è docente e Prorettore all’Innovazione e alla Comunicazione dell’Università IULM di Milano, ideatore e responsabile scientifico degli Executive Master in Social Media Marketing e in Data Analysis for Marketing; mentre la Massarelli è Responsabile Relazioni Esterne dello IULM AI Lab ed ha gestito la comunicazione di siti e social media di grandi istituzioni e associazioni.

Nel corposo volume di 400 pagine, l’A.I. viene ri-definita Intelligenza Aumentata, e gli autori ci dicono che attraverso i suoi algoritmi e tecnologie oggi è già possibile realizzare quello che può essere considerato il mantra riassuntivo dell’inbound marketing al tempo dei big data: portare il contenuto giusto, alla persona giusta, nel momento giusto, attraverso il canale giusto, per generare valore per il cliente e l’azienda.

Il libro si pone l’obbiettivo di diventare una vera mappa concettuale per esplorare – tutto il mondo del Marketing – un territorio ancora poco esplorato dall’A.I., che in esso può esprimere tutta la sua potenzialità e la sua carica di innovazione. Attraverso trattazioni approfondite, istruzioni per l’uso e molti contenuti online (tra cui schede costantemente aggiornate delle piattaforme di A.I. utilizzabili dalle aziende), questo vero e proprio manuale pratico, è uno strumento utile per imparare a fare marketing con l’Intelligenza Aumentata e realizzare soluzioni innovative per comunicare brand, prodotti, servizi e aumentare il proprio business.

Questi i 3 saggi e/o manuali che abbiamo scelto per voi, per imparare ad usare il futuro. Tutti e tre sono un’istantanea dello stato dell’arte in fatto di Intelligenza Artificiale applicata al Marketing, Podcast e Naming. Tre ambiti di cruciale importanza, se vogliamo imparare a fare impresa nel terzo millennio, nel quale sarà sempre più importante imparare a diversificare ed accrescere le proprie competenze.

Questo era il 3° appuntamento con la serie di articoli de “Gli imperdibili”, nei quali vi stiamo dando una serie di suggerimenti per la costruzione di una biblioteca essenziale e per i vostri acquisti culturali in questo Natale 2020, nel quale, vista la situazione, le occasioni di lettura abbonderanno, allora perché non approfittarne? Perché, come diceva il grande filosofo e poeta statunitense Henry David Thoreau:

“Quanti uomini hanno datato l’inizio d’una nuova era della loro vita

dalla lettura di un libro”

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Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Il podcast che ti fa scoprire l’A.I. - Ma se un sistema di Intelligenza Artificiale sbaglia, chi ne risponde? Con Giangiacomo Olivi

Una delle questioni di più stringente attualità in merito all’Intelligenza Artificiale è quella che attiene al diritto.

La domanda delle domande è: “ma se un sistema di A.I. sbaglia, chi ne risponde?” Ed ancora, di chi è la responsabilità? É del produttore del sistema? È un concorso di colpa con il fruitore del servizio? Oppure è colpa dell’evoluzione del sistema e quindi dell’A.I. stessa?

Queste sono le tematiche principali cui si stanno dedicando le istituzioni internazionali, i giuristi, i legislatori e gli esperti di diritto più capaci al mondo. Per avere un quadro di riferimento normativo, nel caso in cui una delle innumerevoli intelligenze artificiali di cui si sta riempendo la nostra quotidianità dovesse sbagliare, arrecando danno o violando la privacy di un essere umano, dobbiamo saper distinguere il colpevole, la vittima, le responsabilità, il tipo di danno, la pena e il risarcimento. E tutto questo, che è già difficile dipanare fra controparti umane, diventa ancora più arduo quando a scontrarsi “legalmente” saranno un essere umano ed un sistema di intelligenza artificiale.

A parlarci di queste domande cruciali ed a cercare di dare qualche risposta è Giangiacomo Olivi, Responsabile europeo TMT, privacy e cybersecurity dello studio legale Dentons, protagonista dell’8° episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, ideato e promosso dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e Radio IT (il primo podcast network italiano sull’information technology).

È proprio Giangiacomo Olivi, a dialogo con il giornalista Igor Principe di Radio IT, a dirci che questo è un momento cruciale per le tematiche del diritto riferite all’A.I.. La Commissione Europea, ad esempio, si è da poco espressa sulla questione, varando nel febbraio di quest’anno “La strategia Europea per i dati – Plasmare il futuro digitale dell’Europa” e pubblicando, sempre a febbraio, il primo “Libro Bianco sull’intelligenza artificiale – Un approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia”. I l p r o t a g o n i s t a d e l l ’ 8 ° p o d c a st, Giangiacomo Olivi, Responsabile europeo TMT, privacy e cybersecurity dello studio legale Dentons.

Infatti, le questioni dati ed Intelligenza Artificiale sono strettamente connesse, come è stato ribadito in altri episodi di questo podcast. Le A.I. si nutrono ed elaborano unicamente dati, dati che i miliardi di utenti di internet forniscono più o meno consapevolmente, dati che le A.I. sono in grado di utilizzare ed incrociare in svariati modi, ed ipoteticamente (ma non troppo) potrebbero arrivare ad utilizzarli anche per usi per i quali non si è dato l’iniziale consenso.

Ma c’è di più, la mole dei dati disponibile in rete e la sempre più performante capacità degli algoritmi di A.I. di gestirli ed elaborali sta facendo emergere tutta una serie di nuove preoccupazioni. Alcune sofisticate A.I. sono in grado, ad esempio, di “ricavare” dati personali gestendo anche e solamente dati anonimi e questa, oltre ad essere una questione che richiede di essere normata, chiama in causa anche il famoso GDPR (di cui si è occupato particolarmente il 5° episodio di questo Podcast), che secondo Giangiacomo Olivi necessita sì di qualche “aggiustamento”, ma ha altresì permesso un vero “salto quantico” sul diritto dei dati personali, almeno in Europa. Le tematiche affrontate in questo 8° episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, possono avere, all’apparenza, un minor appeal rispetto a quelli che ci raccontano di progressi, evoluzione e campi di utilizzo delle Intelligenze Artificiali, ma in realtà sono fondamentali.

Perché, se è vero che l’aspirazione di ogni ricercatore dell’A.I. è quella di creare un essere senziente, un’intelligenza artificiale che possa dialogare ed interagire alla pari con gli esseri umani, allora capire i diritti, i limiti etici, legali e normativi di tutti gli attori coinvolti in questo settore (progettisti, aziende, A.I. ed utilizzatori, cioè noi), è forse la sfida più urgente e importante del nostro futuro.

Buon ascolto.

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Gli Imperdibili 2° appuntamento: 3 libri per imparare la “vera storia” della nascita dei computer

Rieccoci qua con il 2° articolo di suggerimenti per le letture, da regalare e regalarvi, in questo Natale 2020, segnato dal Covid-19. Per questo secondo appuntamento affronteremo una categoria di libri davvero “sorprendenti”; i 3 libri che vi proponiamo, infatti, vi faranno scoprire una storia dell’informatica completamente diversa da quella che pensate di conoscere e che date per assodata. Questi saggi sono quelli che non devono mancare nella libreria di chi studia, insegna, lavora, vive, insomma, di tutti quelli che sono cresciuti a pane ed informatica. P101

Quando l’Italia inventò il personal computer Autore: Pier Giorgio Perotto

Editore: Edizioni di Comunità

Anno: 19 ottobre 2015

Pagine: 128

Isbn: 9788898220397

Prezzo: € 12,00

Pensate che il primo “vero” personal computer sia stato il famoso Apple II presentato alla Fiera del computer della West Coast di San Francisco il 16 aprile 1977?

Che abbia visto la luce in un garage nella Silicon Valley?

Che i suoi creatori siano stati Steve Jobs e Steve Wozniak?

Se avete risposto sì ad almeno una delle tre domande qui sopra, allora “P101. Quando l’Italia inventò il personal computer” è il libro che dovete assolutamente leggere, perché scoprirete che il primo personal computer in realtà nasce in Italia ben 13 anni prima, nel 1964; che l’azienda era l’italianissima e innovativa “Olivetti” di Ivrea; che il suo inventore era un ingegnere visionario e brillante, tale Pier Giorgio Perotto, e che addirittura ne furono venduti 44.000 esemplari, una decina dei quali furono acquistati dalla NASA e che servirono per fare i calcoli per lo sbarco della Missione Apollo 11 sulla Luna.

Non ci credete??? È tutto vero!

La Programma 101, detta anche P101 o Perottina, aveva un design avveniristico ideato dall’architetto e designer Mario Bellini, e fu presentata ufficialmente alla Grande Esposizione di prodotti da ufficio BEMA di New York nell’ottobre 1965, riscuotendo un’accoglienza calorosissima. Per essere sinceri, all’interno dello stand dell’azienda di Ivrea la Programma 101 era stata relegata in un angolo, il management dell’Olivetti credeva di più nei suoi calcolatori elettromeccanici, come il Logos 27-A, anch’esso presente alla fiera, e alle sue macchine da scrivere, ma la stampa estera si accorse subito di trovarsi davanti ad un vero e proprio “alieno”, un’invenzione in anticipo di decenni, e ne decretò il successo: un successo strepitoso che ne fece la stella indiscussa di quell’edizione della fiera di New York.

È proprio il capo ingegnere del progetto, Pier Giorgio Perotto, che ci racconta questa storia di coraggio e innovazione, di follia imprenditoriale e occasione mancata, sì, perché “forse” la Programma 101 era troppo in anticipo sui tempi e non fu compresa in primis dall’Olivetti stessa, che non riuscì a capitalizzare quel primo, ma significativo, successo per inaugurare una via italiana dell’information technology.

Il libro è un agile saggio che riscrive la storia e la geografia dell’informatica, raccontando che prima dell’Apple, prima della IBM, pima della Commodore, fu un’azienda italiana, la Olivetti, la più innovativa ed invidiata al mondo, tanto invidiata che perfino il colosso Hewlett-Packard produsse, sull’idea costituiva del P101, un analogo dispositivo di largo consumo, l’HP 9100, che presentò nel 1968, violando la legge sul brevetto e che fu costretto, in un accordo extragiudiziale, a riconoscere alla Olivetti un compenso a titolo di royalty di 900.000 dollari. Dopo la lettura di questo libro, la prossima volta che userete il vostro laptop, magari HP come il mio, avrete tutta un’altra consapevolezza di cosa significhi essere italiani.

Sulla cresta… del baratro La spettacolare ascesa e caduta della Commodore Autore: Brian Bagnall

Editore: lulu.com

Anno: 29 marzo 2016

Pagine: 574

Isbn: 9781326519438

Prezzo: € 29,89

Ma veniamo ad un’altra storia dell’informatica, questa volta più nota, ma egualmente relegata in un angolo dalla storiografia ufficiale dell’IT.

Se vi dico Jack Tramiel, sapete di chi sto parlando?

OK, vi aiuto, e se vi dico VIC-20 o Commodore 64, cosa vi viene in mente?

La risposta ad entrambe le domande è la stessa: Commodore International Ltd.!

È un’azienda, che aveva sede a West Chester in Pennsylvania negli Stati Uniti, fondata nel 1953 dal visionario e spregiudicato imprenditore Jack Tramiel. La Commodore diventa negli anni ’80 del secolo scorso la società informatica di più grande successo, grazie soprattutto a due home computer il VIC-20 e il Commodore 64. Quest’ultimo, in particolare, è il computer per uso domestico più diffuso e commercializzato della storia dell’informatica, con oltre 70.000.000 di pezzi venduti tra il 1982 e il 1992.

Eppure quest’azienda, che ebbe sempre come obbiettivo il mercato dei privati, anche in tempi in cui produrre computer dai prezzi abbordabili era molto difficile, fu costantemente ad un passo dal fallimento, ed oggi è ricordata soprattutto dai nostalgici o dagli utenti over 40 come il sottoscritto.

Ci racconta tutto lo scrittore Brian Bagnall che, in un balenottero di 574 pagine dal titolo “Sulla cresta… del baratro. La spettacolare ascesa e caduta della Commodore”, dipana fama, successi, fiaschi e rovina di questa azienda innovativa e lungimirante, la prima – come già detto – che vide nel mercato di largo consumo e con prezzi bassi la vera chiave del successo dei computer e dell’informatica.

Una profezia ancora più sorprendente, se si pensa che all’epoca tutte le altre aziende pensavano che i computer dovessero essere grandi come armadi ed utilizzati solo per usi professionali, come nel caso della IBM; od altre che, sì, credevano nell’home computer e nel personal computer, ma si focalizzarono su design ed esclusività come la Apple, producendo computer costosi e fuori portata per l’americano medio.

Come per il libro precedente, anche questa è una lettura per ridare dignità ad un’impresa senza la quale, probabilmente, oggi non avremo i nostri bei computer da scrivania e la rivoluzione informatica avrebbe riguardato solo pochi specialisti e non sarebbe quel fenomeno di massa che invece è ed è stato. Il libro, documentatissimo, ci racconta anche di come la Commodore utilizzò, prima di tante altre aziende, strategie di marketing e comunicazione particolarmente efficaci per promuovere i suoi computer e quindi rappresenta una lettura doppiamente interessante per i lettori abituali del nostro magazine, ma anche per tutti i curiosi che vogliono sapere non solo dove stiamo andando, ma anche da dove siamo partiti.

Federico Faggin

Il padre del microprocessore Autore: Angelo Gallippi

Editore: Tecniche Nuove

Anno: 29 marzo 2012

Pagine: 226

Isbn: 9788848127240

Prezzo: € 19,90

E va bene, con i primi due consigli di lettura vi ho sfatato un paio di miti informatici. Infatti non solo vi ho detto che il primo computer veramente “personal” è italiano, della Olivetti, e che era in anticipo di almeno 10 anni su tutti gli altri concorrenti, ma vi ho pure detto che senza la Commodore probabilmente non avremmo avuto dei computer veramente per tutte le tasche e la rivoluzione digitale sarebbe stata molto più contenuta.

Però qualcuno di voi dirà: ok, ma almeno i componenti interni, l’hardware duro e puro, saranno sicuramente invenzioni americane o al massimo giapponesi…

Ed invece no! Vi sbagliate ancora una volta.

Il cuore di ogni pc, come sapete, è il microprocessore, e se vi dicessi che anche questo componente è stato pensato e realizzato da un italiano?

Direste che sto esagerando?

Ed invece è proprio così, il padre del microprocessore si chiama Federico Faggin e la sua storia è veramente incredibile e pressoché sconosciuta al grande pubblico.

Dopo il diploma di perito industriale. prima ancora di laurearsi in fisica (summa cum laude nel 1965), andò a lavorare in Olivetti dove, a soli 19 anni, realizzò il suo primo computer. In seguito fonderà diverse società, oggi diremmo startup, che contribuiranno all’innovazione dell’IT come poche altre.

Qualche esempio?

Sua l’azienda che realizzerà la prima comunicazione integrata dati-voce, sua la società che ha prodotto lo “schermo sensibile” dei telefonini e il touch-pad dei notebook, sua la ZiLOG, la prima società dedicata esclusivamente alla produzione di microprocessori fondata nel 1974, suo il progetto del primo e più famoso prodotto della Zilog, il microprocessore Z80, venduto nell’arco di tre decenni in tre miliardi di esemplari.

Non vi basta?

Allora parliamo delle 5 lauree honoris causa conferitegli da prestigiose università italiane ed estere, o del conferimento nel 2010 della National Medal of Technology and Innovation (la massima onorificenza prevista dalle leggi statunitensi per premiare coloro che contribuiscono al progresso tecnologico) appuntatagli direttamente dal presidente Obama, oppure delle svariate ed autorevoli candidature al Nobel, ultima delle quali quella di Rita Levi-Montalcini, che di questo libro ha scritto l’appassionata prefazione.

Il libro è approfondito ma divulgativo, e traccia tutto il percorso creativo e lavorativo di questo genio informatico vicentino naturalizzato statunitense, che ha segnato, in parallelo, anche lo sviluppo dell’information technology a livello mondiale. Un saggio che ci fa scoprire non solo una storia alternativa dell’origine dell’informatica, presentandoci un inventore ed imprenditore che dovrebbe godere della stessa considerazione di personaggi come Bill Gates o Steve Jobs, ma ci fa pure comprendere che un diploma tecnico e una laurea in materia scientifiche sono forse le migliori scelte scolastiche possibili per operare, da protagonisti, in un mondo che cambia, si evolve e corre come il nostro, il che, nel nostro Paese profondamente innamorato delle materie umanistiche, rappresenta una lezione importante.

Questi i 3 saggi che abbiamo scelto per voi, per “imparare” la “vera storia” della nascita dei computer, che è molto diversa da quella che credevamo di conoscere. I tre saggi che vi abbiamo proposto non sono recentissimi, è vero, ma probabilmente, per le storie che raccontano, saranno le vere novità editoriali che vi proporremo in questa serie di articoli denominata “Gli imperdibili”. Vi lascio, come nei precedenti due contributi, con una massima d’autore che fotografi e sintetizzi in poche parole perché dovreste leggere i saggi di questa lista. Questa volta prenderò in prestito la mia citazione preferita sui libri, scritta dal grande Franz Kafka:

“Un libro deve essere una scure per rompere il

mare ghiacciato dentro di noi”

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Il talento del Calabrone: il thriller che ci racconta, prima di tutto, una nuova maniera di pensare e girare il cinema di genere italiano

Conoscete la storia del paradosso del Calabrone?

Beh, penso proprio di sì, perché non solo è attribuita ad Albert Einstein, ma anche perché molto diffusa in rete ed infine perché molto abusata da vari coach e formatori in vari corsi di self help e miglioramento personale, comunque per chi non la conoscesse ve la riassumo brevemente:

Secondo le leggi dell’aerodinamica, visto il rapporto superficie alare – massa corporea, il calabrone non potrebbe volare, eppure lo fa. Come è possibile che questo insetto violi le leggi della fisica?

Allora, fatemi fare brevemente il debunker di questa “ennesima bufala” (collaborando con Armando De Vincentiis alla rubrica “Il sonno della Ragione” ci ho preso gusto). Tre, fra le altre, sono le inesattezze di questa vera e propria leggenda metropolitana: 1. la definizione non è di Albert Einstein, ma sembra contenuta negli studi di un entomologo francese, tale Antoine Magnan, che la enunciò negli anni ‘30 del secolo scorso, per poi rifare i calcoli e scoprire che erano sbagliati. 2. la traduzione di calabrone è sbagliata, l’insetto protagonista di questa leggenda è il Bombo (Bombus terrestris), che è un imenottero della famiglia degli Apidi che in inglese si chiama/scrive “bumblebee”; la parola calabrone (Vespa crabro) in italiano invece designa un insetto della famiglia dei Vespidi sul quale non c’è mai stato alcun dubbio sul fatto che potesse volare. 3. un recente studio ha dimostrato, attraverso una serie di riprese ad alta velocità sulla meccanica alare, che il Bombo vola ad una velocità pari a 230 battiti d’ali al secondo, molto più veloce, per capirci, sia di quello di altri insetti, sia di quello di un colibrì, ed è questa caratteristica che gli permette appunto di volare.

Ma perché vi sto parlando di questo paradosso, anzi pseudo-paradosso?

Perché questo stesso paradosso è alla base della trama del film “Il talento del Calabrone” un’Amazon Exclusive che, dallo scorso 18 novembre 2020, è disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video.

Cominciamo subito con il dire che, nonostante qualche problema nella sceneggiatura, il film ci è piaciuto.

Primo lungometraggio del 43enne Giacomo Cimini, talentuoso regista romano con molti anni di esperienza all’estero che, dopo aver studiato filmmaking alla New York Film Academy (e dopo essere rientrato in Italia, ed aver lavorato per la televisione e diretto qualche spot e videoclip), a trent’anni si trasferisce a Londra per frequentare la London Film School, dove si diploma nel 2009.

Ed il “Talento del Calabrone” risente di questa esperienza internazionale per diversi motivi: innanzitutto per il genere, il film infatti è un thriller poliziesco, come se ne vedono pochissimi in Italia, che da sempre vede una tradizione cinematografica più incentrata sulla commedia o il genere drammatico. Poi, ed è questo che rende il film ancora più interessante, “Il talento del Calabrone” è girato utilizzando tecniche ed effetti speciali che sono una vera rarità per il nostro cinema, da sempre innamorato del “vero” sia per le scenografie, comprese le ambientazioni, che per la messa in scena in generale, che fa scarso uso di “effetti speciali”. Prendiamo ad esempio l’ambientazione: il film si svolge in una splendida e notturna Milano, ma in realtà è stato girato interamente a Roma negli studios sulla Tiburtina (e sul terrazzo del Palazzo della BNL, sempre a Roma, per le pochissime scene all’aria aperta), dove è stata realizzata una gigantesca piattaforma rialzata che sorreggeva il finto studio radiofonico di “Radio 105”, nel quale si svolge gran parte del film e dove opera il giovane Dj Steph (un Lorenzo Richelmy perfettamente a fuoco in questo ruolo), che conduce un programma notturno molto seguito.

L’altra principale location, l’interno della macchina del potenziale suicida dinamitardo, il Calabrone/Carlo De Mattei (uno straordinario ed intensissimo , che rappresenta il vero motore di questo film) in realtà non esiste, o meglio ne esistono solo i pochi pezzi inquadrati, ed anche questa è pressoché una novità per il nostro cinema.

Quindi sono già due le anomalie rispetto al cinema italiano: innanzitutto le location sono state “ricreate” e non “cercate”; secondo, invece di usare il chroma key, Cimini ha preferito utilizzare una tecnica molto più “classica” (risale agli anni ’70) e spettacolare, infatti la pedana rialzata del set serviva a nascondere dei potenti videoproiettori, più potenti di quelli utilizzati nelle sale IMAX, che su degli schermi tutto intorno proiettavano i fondali e le scenografie del film. Quindi gli attori recitavano vedendo già i fondali e non dei semplici panni verdi o blu come quelli utilizzati nel chroma key, dove solo in fase di post produzione si inseriscono i fondali.

Ma, senza volervi svelare troppo di quest’opera togliendovi il gusto di vederla, vogliamo dirvi ancora due cose, una negativa e l’altra positiva.

Cominciamo da quella negativa: come abbiamo detto il film risente di una sceneggiatura davvero debole, con diversi buchi e con molti nonsense ai quali non sempre la bravura del cast riesce a sopperire, un cast che vede, oltre a Lorenzo Richelmy e Sergio Castellitto, anche la splendida Anna Foglietta nel ruolo del tenente colonnello dei Carabinieri Rosa Amedei, tostissima e determinata, fino a rasentare il cinismo, incaricata delle indagini su questo caso. Il personaggio della Foglietta, ci dispiace dirlo, è quello che funziona meno ed appare il più stereotipato del film. Tutta colpa di una sceneggiatura debole, come detto, che tratteggia più degli stereotipi che dei veri personaggi e che mette in secondo piano pure il soggetto del film stesso che, si capirà solo alla fine, è non solo molto attuale, ma anche socialmente rilevante. La cosa forse più positiva, almeno a nostro parere, è che questo film fa un interessante lavoro di meta-cinema, mostrandoci attraverso tutto il suo svolgimento una serie di trucchi della messa in scena, Un viaggio dietro lo schermo, potremmo dire, che ci s-vela, è proprio il caso di dirlo, il funzionamento di quella machina meravigliosa che è il cinema, che rende vere ed autentiche visioni che possono essere false e artificiali, ma non per questo meno emozionanti ed immersive per lo spettatore.

Un discorso, quello sulla realtà delle nostre esperienze non solo visive, quanto mai attuale in un mondo in cui il progresso tecnologico, ma questa volta principalmente informatico, crea una “post-verità” troppe volte non solo più vera, ma anche più attraente – e quindi più pericolosa – della realtà.

I p r o t a g o n i s t i d e l f ilm: Lorenzo Richelmy, Sergio Castellitto e Anna Foglietta.

Quindi, concludendo, noi vi invitiamo a guardare “Il talento del Calabrone” e successivamente ad approfondire le informazioni disponibili su questo film, che alla fine rappresenta una ventata di freschezza nel nostro panorama cinematografico e dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che il nostro cinema, nonostante quest’anno disastroso all’insegna del Covid-19, è più che mai e lotta insieme a noi.

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La musica del 2020: Spotify Wrapped e la classifica dei brani più ascoltati dagli utenti

Forse è stato uno di quegli anni che vorremmo dimenticare in fretta, eppure non credo che sarà così facile da buttarsi alle spalle, quello che invece ricorderemo a lungo, soprattutto per la carica emozionale, il sostegno e la compagnia, sarà sicuramente la musica ascoltata in questo 2020 che sta quasi volgendo al termine.

A supportarci in questo sforzo mnemonico e tirare le somme del nostro personalissimo anno in musica, in questi giorni giunge in nostro aiuto Spotify Wrapped, il tool della piattaforma streaming Spotify, attivo già da un paio d’anni.

Una profilazione precisa, puntuale e personalizzata sui gusti musicali degli utenti mondiali, fruibile da tutti gratuitamente e condivisibile sui social. Una targetizzazione significativa sotto l’aspetto del marketing, perché conoscere le tendenze ed i gusti degli utenti permette di offrire prodotti sempre più personalizzati, indirizzando il mercato della discografia mondiale ad assecondare queste tendenze. Risulta anche rilevante la possibilità di permettere agli utenti di condividere i propri risultati sui Social network in un mondo sempre più interconnesso, non facendo altro che aumentare la popolarità della piattaforma, ma anche del brand degli artisti più gettonati. Insomma, una sorta di rimpiattino mediatico che ha lo scopo di aumentare gli utenti che utilizzano l’applicazione, siano essi ascoltatori, artisti o podcaster.

320 milioni di utenti in tutto il mondo che, grazie a Spotify Wrapped, hanno potuto conoscere un’analisi approfondita dei propri gusti musicali, sapere quante ore hanno ascoltato musica durante l’anno, che generi e che artisti hanno preferito, qual è stata la canzone più ascoltata nel corso dell’anno insieme alla classifica delle canzoni del cuore, e molto altro, con quiz interattivi e divertenti per mettersi alla prova sui propri gusti musicali.

Sicuri di saper riconoscere quale canzone sia stata la colonna sonora del vostro 2020?

Quanti e quali generi musicali avete preferito?

Avete cavalcato le hit del momento o siete stati nostalgici, perdendovi tra i brani del passato?

Avete scoperto nuovi artisti e nuovi generi?

Noi abbiamo provato a rispondere a queste domande e vi assicuriamo che il risultato è stato tutt’altro che scontato, poi lo abbiamo condiviso sui social, scoprendo con stupore che qualche amico aveva già colto quelle nostre tendenze che, presi da troppo streaming, avevamo trascurato o non riconosciuto a noi stessi.

Del resto, il boom di condivisioni e la positività con cui è stata accolta la notizia del lancio di Spotify Wrapped, lo scorso 2 dicembre, ci lascia pensare che in fondo non sia la solita app e ci piace immaginare che possa essere un modo come un altro per conoscersi meglio, partendo da quell’aspetto più intimo, la musica che abbiamo sentito l’esigenza di ascoltare, per arrivare infine a fare un bilancio dell’anno al netto di quello che ci circonda, soffermandoci su un particolare aspetto interiore.

Pensieri forse troppo filosofici per un banale tool, eppure preferiamo pensare che la tecnologia non serva soltanto a distrarci ed intrattenerci, ma ci aiuti ad essere persone più complete.

Insieme a Spotify Wrapped, come consuetudine, Spotify ha reso noto le classifiche dei brani più ascoltati nel 2020, così ci siamo chiesti se si possa riassumere quest’anno partendo proprio da quello che hanno preferito i 320 milioni di utenti della piattaforma di streaming musicale più utilizzata al mondo.

Le classifiche hanno delineato un anno in cui abbiamo cercato il ritmo e prediletto le rime nel linguaggio semplice del rap, come quasi a voler scandire la lentezza del tempo che sembrava non passare mai, chiusi in casa e con i rapporti sociali ridotti ai minimi termini, mentre abbiamo preferito e riascoltato la musica dei mitici anni ’80, forse desiderosi degli antichi fasti di un tempo di prosperità e spensieratezza.

A livello globale spopola il rapper portoricano Bad Bunny, superando 8,3 miliardi di stream, ed anche in Italia è il rap il genere più amato, con Tha Supreme al primo posto, seguito da Sfera Ebbasta, Marracash, Gue Pequeno e Geolier, mentre Mediterranea di Irama e Good Times di Ghali sono le canzoni più ascoltate.

Cosa ci riserverà il prossimo anno musicale?

Quale canzone ci appassionerà?

È ancora presto per dirlo, ma siamo sicuri che, come ogni anno, Spotify riuscirà a carpirne ed anticiparne le tendenze; noi intanto ci auguriamo, e vi auguriamo, che lo streaming non sia il solo modo di fruire la musica, auspicando di poterci buttare alle spalle il distanziamento sociale ed il conseguente isolamento, così da ritornare ad ascoltare la musica dal vivo.

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Gli Imperdibili 1° appuntamento: 4 saggi per “comprendere” ed “affrontare” tutti i risvolti della rivoluzione digitale

Come promesso, eccoci qui con il 1° articolo di suggerimenti di letture, da regalare e regalarvi, in questo Natale 2020, segnato dalla pandemia di Covid-19. Cominciamo con la prima “categoria”, quella dei «saggi per “comprendere” ed “affrontare” tutti i risvolti della rivoluzione digitale», qui trovate i 4 libri che dovete assolutamente avere nella vostra libreria.

Il capitalismo della sorveglianza

Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri Autore: Shoshana Zuboff

Editore: Luiss University Press

Anno: 10 ottobre 2019

Pagine: 622 Isbn: 9788861054097

Prezzo: € 25,00

Cominciamo con un libro davvero imprescindibile: “Il capitalismo della sorveglianza – Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri” di Shoshana Zuboff, uscito nell’ottobre 2019, è il saggio che dovete assolutamente leggere in quanto cittadini digitali e ancora di più se vi occupate in qualche maniera di web marketing, social media, internet e nuove tecnologie. Frutto di oltre 10 anni di ricerca da parte della Zuboff, docente e ricercatrice dal 1981 presso la Harvard Business School e considerata unanimemente fra i più grandi esperti al mondo della rivoluzione digitale e degli impatti delle nuove tecnologie sulle dinamiche sociali, il libro è considerato da molti come “Il Capitale” delle generazioni digitali.

Partendo dalla considerazione che l’era che stiamo vivendo è quella caratterizzata da uno sviluppo senza precedenti della tecnologia, la Zuboff ci dice che tutto questo porta insita anche una grave minaccia per la natura umana: un’architettura globale di sorveglianza, ubiqua e sempre all’erta, osserva e, soprattutto, condiziona ed indirizza il nostro stesso comportamento per fare gli interessi di pochissimi – coloro che dalla compravendita dei nostri dati personali e delle predizioni sui comportamenti futuri traggono enormi ricchezze e un potere sconfinato – le big tech e i giganti del web.

Istruttivo ed illuminante, il saggio è ricco di esempi esplicativi su come opera, il più delle volte subdolamente, il “Capitalismo della sorveglianza”, come quando spiega gli interessi dietro il successo di qualche anno fa di Pokemon Go, un videogioco di tipo free-to-play basato su realtà aumentata geolocalizzata con Gps, uscito nel 2016. Il gioco, come molti sanno, consiste nell’andare a caccia di Pokemon – sparsi per città, case, negozi – con il proprio cellulare, “regalando” al contempo una miriade di informazioni personali alla società produttrice del gioco, che negli Stati Uniti, ma anche in Europa, ha cominciato non solo a vendere queste informazioni alle big tech, ma anche a fornire servizi pubblicitari alle piccole aziende locali, che potevano acquistare e localizzare pokemon rari ed ambiti nei pressi delle loro attività commerciali.

Il saggio è corposo, 622 pagine, ma il linguaggio piano e divulgativo ne agevola la lettura e, a prescindere da questo, è un testo che vi sarà utilissimo e del quale non riuscirete più a fare a meno, e i 25 euro che spenderete per l’acquisto saranno i meglio “investiti” di questo 2020. Red mirror

Il nostro futuro si scrive in Cina Autore: Simone Pieranni

Editore: Laterza

Anno: 13 maggio 2020

Pagine: 224

Isbn: 9788858140628

Prezzo: € 14,00

Veniamo ad un libro che in un certo senso rappresenta un oroscopo per l’Occidente, un oroscopo cinese per la precisione: “Red mirror. Il nostro futuro si scrive in Cina” scritto da Simone Pieranni, giornalista del quotidiano Il Manifesto, del quale è corrispondente all’estero per la Cina e fondatore di China files, agenzia editoriale con sede a Pechino, si concentra sulla realtà Cinese nel campo dell’invasività delle nuove tecnologie. Secondo l’autore il grande paese asiatico è un osservatorio privilegiato per capire come i governi possano sfruttare le nuove tecnologie, i big data e l’intelligenza artificiale per esercitare un controllo totale, oppressivo e coercitivo sui cittadini.

Pieranni parte dalla propria esperienza personale e racconta il caso dell’app WeChat, che, anche se per assonanza può ricordare WhatsApp, è molto differente, giacché dobbiamo immaginarla come una app che racchiude al suo interno le funzionalità di Facebook, Messenger, Deliveroo e Instagram. Di proprietà della Tencent, WeChat ha creato in Cina un vero e proprio ecosistema virtuale e digitale onnipresente, ancor di più da quando l’app offre la possibilità di collegarla direttamente al conto corrente dell’utente. L’autore ci spiega come WeChat rappresenti l’apripista per la Cina di quella grande manovra di trasformazione del paese, che con ingenti finanziamenti in ricerca e sviluppo sta trasformandosi da “fabbrica del mondo” in polo tecnologico mondiale, riconvertendo la produzione da prodotti di bassa qualità a prodotti altamente innovativi e inaugurando nel 2015 il programma “Made in China 2025” con l’obiettivo primario di diventare in dieci anni la prima nazione al mondo nel campo tecnologico e delle produzioni automatizzate. La recente guerra commerciale con gli Stati Uniti sul monopolio delle nuove reti 5G è la dimostrazione sia di questa riconversione tecnologica che del conflitto in atto.

Ma WeChat è stata la testa di ponte anche per mettere in atto il cosiddetto “Sistema dei Crediti Sociali”. Introdotto in Cina nel 2014, ma ancora in fase di prova in diverse città, consiste in una sorta di Carta fedeltà statale che assegna un punteggio ad ogni cittadino, attraverso il quale questi potrà godere o meno dei prodotti e dei servizi offerti dallo Stato o dalle aziende. Il punteggio, salendo, consentirà al cittadino virtuoso e “inquadrato” di accedere ai servizi, alle scuole, a sconti e riduzioni di tasse, mentre se il punteggio scende il cittadino verrà penalizzato e tagliato fuori dai servizi del welfare. Pieranni ci spiega come la Cina, monitorando così massivamente e profondamente i propri cittadini, si appresta a diventare la prima tecnocrazia al mondo, oltre che un modello per tutti gli altri stati.

Il saggio scritto con intento divulgativo e il piglio dell’inchiesta giornalistica è una lettura appassionante ed istruttiva che, focalizzandosi su una sorta di case history, ci permette di conoscere “in anticipo” un destino che presto riguarderà tutto il mondo e contro il quale possiamo ancora reagire.

8 secondi

Viaggio nell’era della distrazione Autore: Lisa Iotti Editore: Il Saggiatore

Anno: 1° ottobre 2020

Pagine: 248

Isbn: 9788842826316

Prezzo: € 19,00

La nostra soglia di attenzione è profondamente diminuita negli ultimi 10 anni, siamo a 8 secondi di media, ossia il tempo che impiegherete per leggere le prime 4-5 righe di questa recensione. Sommersi come siamo in un mondo digitale pieno di stimoli e notifiche, la nostra capacità di attenzione e concentrazione si sta abbassando sempre di più, rendendoci sempre più incapaci di comprendere e ricordare un testo scritto appena un po’ più lungo e complesso.

Si intitola “8 secondi. Viaggio nell’era della distrazione” l’ultimo libro di Lisa Iotti, giornalista e autrice di docufiction per Rai Tre e Sky, oltre che inviata per il programma di inchiesta Presadiretta, che ci guida nel mondo dell’iperconnessione.

Il suo è un reportage sconvolgente nel lato più oscuro della rivoluzione digitale, attraverso le ossessioni, i pericoli e le paure che caratterizzano il nostro contemporaneo: dai laboratori in cui si conducono ricerche sul comportamento delle nostre reti neurali durante l’utilizzo di app alle stanze in cui vengono analizzate le possibili trasformazioni posturali dovute all’uso degli smartphone; dai centri per curare le dipendenze psicologiche da cellulare ai ritiri in cui disintossicarsi dalla dipendenza da social grazie alla meditazione; dagli incontri con alcuni dei più influenti studiosi della mente a quelli con i pentiti della Silicon Valley, diventati oggi profeti della disconnessione da vari social e device.

Il libro è scritto come un’inchiesta giornalistica e doveva uscire a marzo, in pieno lockdown, ma la pubblicazione è stata posticipata dopo l’estate, con una nuova prefazione che tiene conto anche dei nostri comportamenti social durante le fasi più dure della pandemia e della crisi sanitaria.

Un libro che ci mette in guardia sul nostro presente e sul nostro futuro, dove, se continueremo a “distrarci”, rischiamo di diventare ancora di più analfabeti funzionali e vittime predestinate e facili degli interessi delle big tech.

Fake people

Storie di social bot e bugiardi digitali Autori: Maurizio Tesconi, Viola Bachini

Editore: Codice Edizioni

Anno: 17 giugno 2020

Pagine: 160

Isbn: 9788875788704

Prezzo: € 15,00

L’ultima frontiera delle fake news sono le fake people! Navigando in rete e sui social network avete molte probabilità di incontrare un bot che si comporta ed interagisce con voi come e meglio di una persona reale.

Quest’ultima frontiera, che sembrava invalicabile, delle nostre vite digitali è il tema di “Fake people. Storie di social bot e bugiardi digitali”, un saggio agile ma approfondito su questo variegato universo: dal bot diventato razzista in ventiquattr’ore ai troll della campagna elettorale statunitense del 2016, fino ai finti seguaci dei politici di casa nostra, passando per la truffa dell’algoritmo che fece schizzare alle stelle le azioni di un’azienda fantasma. Un racconto affascinante che accompagna le interviste ad hackers e professionisti del settore, per rivelare le sfide che affronta chi le false identità le crea e chi dà loro la caccia.

I progressi dell’intelligenza artificiale negli ultimi anni hanno portato alla creazione di bot sempre più performanti e reali, pressoché indistinguibili dalle persone vere, e, al pari delle fake news, anche le fake people possono condizionare mercati finanziari, scelte politiche, elezioni, azioni governative ed essere anche più pericolose, perché, se risalire alle fonti primarie ci permette quasi sempre di smascherare una fake news, è molto più difficile smascherare un profilo falso.

Ci aiutano a comprendere il fenomeno e a come contrastarlo una coppia di autori doc. Maurizio Tesconi, ricercatore presso l’Istituto di Informatica e Telematica del CNR. esperto in analisi e individuazione di profili falsi sui social network, insegna Cyber Intelligence all’interno del Master in Cyber Security dell’Università di Pisa. Viola Bachini, esperta di comunicazione della scienza e della tecnologia, collabora con università e istituti di ricerca per la divulgazione dei risultati al largo pubblico.

Il libro è un agile compendio per comprendere l’ultimo e forse più pericoloso “risvolto” della rivoluzione digitale che rende effimere, evanescenti e false anche le identità delle persone con le quali veniamo in contatto ed interagiamo sul web, ma che lasciano intatti e potenzialmente devastanti gli effetti che questo “fake people” può causare nel nostro mondo.

Questi i 4 saggi che abbiamo scelto per voi, per “comprendere” ed “affrontare” tutti i risvolti della rivoluzione digitale, che purtroppo, come tutte le cose umane, presenta sia tantissimi aspetti positivi che pure qualche risvolto negativo. Leggere allora diventa una maniera per disinnescare la pericolosità insita nelle nuove tecnologie, mai come ora vale il consiglio sul perché bisogna leggere del grande regista newyorkese Woody Allen:

“Leggo per legittima difesa.”

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Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Gli Imperdibili: i libri da regalare e regalarvi in questo Natale 2020

Questo 2020, è inutile ridircelo ancora una volta, è stato un anno del tutto particolare, la pandemia da Sars-CoV-2 ha condizionato e rivoluzionato completamente le nostre vite. Il Covid- 19, lo sappiamo, ha cambiato la nostra maniera di studiare, di lavorare, di uscire, di incontrare gli altri, ma pure le nostre regole igieniche, le nostre abitudini sociali, la maniera di comprare e consumare il cibo. Insomma, forse noi non saremo cambiati poi molto, ma le nostre vite, quelle sì, lo sono profondamente, e non sempre in peggio.

Ad esempio, prendiamo la cultura, con l’impossibilità di svolgere concerti dal vivo e, come molti sanno, con teatri, cinema e musei quasi sempre chiusi, è in profonda crisi; ma c’è uno dei suoi sotto-comparti che invece durante questa pandemia ha visto, e continua a vedere, una certa ripresa. Mi sto riferendo a quello dei libri e della lettura.

Ma diamo un po’ di numeri: a luglio, e quindi in piena Fase 2, e con i dati riferiti ai mesi di lockdown, una ricerca sviluppata da Impresa Cultura Italia-Confcommercio, in collaborazione con SWG, ha evidenziato che la lettura durante la pandemia ha fatto registrare un +14%. Ancora più significativo il dato che emerge dal Rapporto Annuale 2020, realizzato dall’ISTAT, che fotografa anche i primi 6 mesi del 2020 e che riporta un: “forte l’incremento di quanti si sono dedicati alla lettura (libri, riviste, quotidiani, ecc.): si tratta del 62,6% della popolazione. Il 26,9% ha letto libri, il 40,9% quotidiani”.

Insomma, con il rischio di apparire un po’ cinico, si potrebbe dire che non tutto il male viene per nuocere: il Covid-19 ha causato malattia, disagio sociale e morte, ma ci ha lasciato anche qualche buona abitudine.

Io sono fra quelli che già leggeva i suoi 13/15 libri all’anno (soprattutto saggi) e che in questo 2020, ad inizio dicembre, è già a quota 23 libri letti e forse arriverà a 25 entro fine anno. Sono quello che si dice un “lettore forte”, e, vista questa mia passione, quest’anno, come già fatto negli anni passati, volevo scrivere un articolo con le migliori letture sotto l’albero per chi si occupa di marketing, informatica, nuove tecnologie e comunicazione, ma purtroppo non sono riuscito a scegliere una lista di 5, al massimo 7 libri.

Come fare allora per proporre ai nostri lettori dei consigli per gli acquisti culturali senza scrivere troppo e diventare noioso? La decisione è stata allora quella di dividere questo lungo elenco di letture in varie liste più corte che fossero divise per tipologie.

Cercherò di scrivere almeno 4 articoli di libri consigliati, con 3/4 libri ciascuno, spaziando fra queste categorie: ■ 4 saggi per “comprendere” ed “affrontare” tutti i risvolti della rivoluzione digitale; ■ 3 libri per imparare la “vera storia” della nascita dei computer; ■ 3 saggi e/o manuali per imparare ad usare il futuro;

ed infine, la categoria per me più importante:

■ 4 libri per lettori curiosi scritti dai nostri collaboratori.

Cercherò di pubblicare un articolo a settimana fino all’Epifania, cercando di trasmettervi il mio amore per la lettura e suggerendovi una buona rassegna di saggi fra quelli più importanti ed utili pubblicati in quest’anno, che potrebbero essere sia regali molto apprezzati dai vostri amici e colleghi, ma spero anche occasioni per tutti di imparare di più e crescere meglio sia come professionisti, sia come cittadini e come esseri umani.

Perché, come diceva il compianto Valentino Bompiani:

“Un uomo che legge ne vale due”.

Stay tuned, il primo articolo di suggerimenti è in arrivo.

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Lo scorso ottobre, nel pieno della seconda ondata del Coronavirus, in rete è uscito un cortometraggio dal sapore particolare: malinconico, innovativo, curioso e soprattutto completamente declinato al femminile. Il suo titolo è Raccontami di me, sceneggiato e diretto dalla regista Laura Chiossone e interpretato dalla stupenda Anna Foglietta, strepitosamente nella parte.

Il corto spiega l’importanza delle scelte giuste per vivere la vita che si desidera nel futuro e lo fa servendosi della performance dell’attrice di fama Anna Foglietta che, seduta al tavolino di un bar, si ritroverà ad affrontare la sé stessa al passato (Paola Frasca) e la sé stessa al futuro (Anita Zagaria), in una sovrapposizione di piani temporali che ha un unico obiettivo: la rassicurazione.

Al di là dell’evidente valore del corto, supportato corposamente non solo dal punto di vista tecnico ma anche da una sceneggiatura solida, il livello di innovazione è dato dall’essere sostanzialmente il primo prodotto cinematografico italiano, nato per pubblicizzare un prodotto.

In questo caso, l’ente di produzione è infatti la Banca Mediolanum, che si rivolge, infatti, all’arte cinematografica allo scopo di sensibilizzare gli spettatori sull’importanza della pianificazione finanziaria e patrimoniale ai fini della realizzazione dei progetti di vita, della salvaguardia degli affetti e delle relazioni nel tempo.

Ognuno di noi, dopotutto, a un certo punto si chiede se le scelte del passato siano state utili e giuste nel presente, ed è proprio questo quello che cerca di trasmettere il personaggio di Beatrice che, grazie allo spessore artistico della Foglietta, riesce a racchiudere tutta la tranquillità di una vita piena, dettata dagli input giusti.

Gianni Rovelli, Direttore Comunicazione e Marketing Commerciale di Banca Mediolanum, spiega l’innovazione comunicativa e l’intento del progetto cinematografico:

“Questa volta abbiamo voluto sperimentare una nuova modalità di comunicazione facendo ricorso a una delle sue espressioni più alte, il cinema. Il periodo che stiamo vivendo ci ha stimolato un messaggio meditato, con riferimento ai temi centrali della vita. Mai come adesso è necessario pensare alla sicurezza del proprio futuro anche attraverso una corretta pianificazione finanziaria”. https://www.youtube.com/watch?v=JWeIQbmXI4k

Non c’è che dire, l’intento comunicativo, avvolto inoltre da un efficace risultato anche da un punto di vista qualitativo e stilistico, è andato a buon fine. In tempi così bui, tanto si è parlato negli ultimi due mesi di questo corto, che ha ottenuto unanimemente commenti e critiche positive; inaugurando forse una nuova branca produttiva dell’arte cinematografica cui probabilmente vedrà un incremento nei mesi e negli anni futuri.

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Un raggio di luce filtrato forse da un’imposta socchiusa taglia in due l’interno di un appartamento. Nella stanza, il salone probabilmente, incombe un’unica monocromatica atmosfera, che più che un unico colore sembra la rappresentazione grafica di un’emozione.

Su di un divano vediamo una ragazza seduta con le gambe rannicchiate, come se sentisse freddo o fosse impaurita, il suo sguardo è fisso sia sul vuoto che opprime la stanza che su di noi che osserviamo la scena. Davanti a lei un tavolo con alcuni pacchi regalo, sulla destra intravediamo i rami di un albero di Natale, per il resto si vede una libreria, qualche quadro alle pareti e niente più.

Che questo Natale 2020 sia diverso da tutti gli altri lo capiamo subito guardando la copertina di questo numero, opera di Alice Marchi, giovanissima e talentuosa artista e fumettista di Milano.

Ad una prima occhiata, infatti, l’opera ci trasmette una sensazione di strisciante ansia, una certa crescente inquietudine e il presentimento di un’insostenibile solitudine. A confermare questo mix di emozioni collabora anche la postura e l’espressione della ragazza sul divano: è rannicchiata su sé stessa, come abbiamo già detto, e il suo sguardo, orbo, perché metà viso è coperto da una ciocca di capelli, ci rivela l’unico occhio con il trucco leggermente sbavato, sicuramente ha pianto e le lacrime, adesso, hanno lasciato il posto all’angoscia, che ghermisce sia lei che noi che osserviamo quest’opera.

Dovremmo concludere che l’opera di questo mese conferma tutte quelle sensazioni che dal marzo scorso il Covid-19 ha lasciato nei nostri animi, paura, spaesamento, ansia e incertezza sul futuro???

Possibile che l’arte non ci dia un qualche conforto, non ci soccorra in questa che è una delle ore più buie della nostra storia??? C o p e r t i n a d i U n d e r w a t e r , i l f u m e t t o d ’ e s o r d i o , pubblicato da ALT! comics.

Sono sicuro che né io né i lettori, che seguono da quasi 7 anni questa rubrica, possiamo credere a questo, ed in effetti quello che davvero salta all’occhio nella copertina di questo numero, quello che davvero “domina” la composizione è quell’incredibile, tagliente e tenace raggio di luce, che ottunde la nostra percezione dello sfondo, della scena, e rapisce ogni nostra attenzione.

Scopri il nuovo numero: Il Natale che verrà Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

La luce divide l’immagine a metà: parte dal soffitto, taglia il fiocco su di una ghirlanda natalizia e il buio profondo che emerge da una porta alle spalle della ragazza e prosegue illuminando, è proprio il caso di dirlo, i pacchi regalo disposti sul tavolo. È una luce viva, vibrante, quasi reale, che ricorda le grandi opere fiamminghe, e, ne siamo certi, rappresenta la luce del futuro, del cambiamento, della speranza. Nonostante l’atmosfera dell’opera sia cupa, come cupi sono i tempi che attraversiamo, la luce, ossia la speranza, di un nuovo giorno entra e si fa largo, prima ancora che nelle nostre case, nei nostri occhi e nei nostri cuori, e adesso non è neppure più la, direbbe il poeta Rilke, e già nel sangue. T a v o l a t r a t t a d a “ F a m e ” , d u e t a v o l e a f u m e t t i r ealizzate in occasione della Giornata Mondiale contro i Disturbi Alimentari.

Non so se Alice Marchi conosca o abbia mai sentito il grande cantautore Leonard Cohen, ma a me, quando ho visto la prima volta quest’opera, mi è venuta in mente, prepotentemente, una sua famosa citazione, che sono sicuro non dispiacerà neanche alla Marchi: “C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”. Già, perché credo che la sua opera sia la rappresentazione ideale delle parole di Cohen.

Alice Marchi ci dice, anzi ci illustra (perché lei sa che un’immagine vale mille parole), che anche le nostre tenebre, quelle della pandemia, quelle del Covid-19, quelle di questo strano ed assurdo Natale, saranno squarciate e dissipate dalla luce della speranza, perché noi non ci arrenderemo e continueremo a sperare in un nuovo e radioso domani. È questo il messaggio che, credo, filtra e ci abbaglia da questa copertina, ne sono quasi certo, anche perché l’artista ha deciso di chiamare l’opera con lo stesso nome del numero: “Il Natale che verrà”, dando concretezza anche a questo titolo ed alle speranze di questa particolare uscita di novembre del nostro magazine che, credo, mai come ora abbia necessità di uno sguardo fresco e speranzoso sul futuro.

S o g n i d ’ o r o , 2 0 2 0 .

In quel raggio di luce c’è tutta la freschezza, la spontaneità ed il coraggio di una ragazza di 22 anni che, nonostante tutto, vuole continuare a sperare in un futuro migliore, un futuro che è il suo, ma anche il nostro, ma che appartiene soprattutto alla sua generazione. Una generazione, ricordiamolo, privata quest’anno di tutto, anche della scuola, della socialità, della giovinezza, ma che si ostina a credere che il domani sarà migliore, una grande lezione di speranza di cui noi più adulti avevamo un disperato bisogno. Quindi raccogliamo questo invito e completiamo quest’opera di Alice Marchi con quell’unico elemento di cui davvero si avverte l’assenza nell’immagine di copertina, come nelle nostre vite: la famiglia, che sarà l’unica costante che deve accompagnarci nella complicata equazione di questo Natale 2020, sicuri che come novelli ed aspiranti matematici riusciremo a risolverla.

Alice Marchi nasce a Milano nel 1998. Diplomata al liceo artistico, studia Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove frequenta il corso di fumetto biografico tenuto da Paolo Castaldi presso la Scuola Superiore di Arte Applicata del Castello Sforzesco. Nel 2019 illustra i racconti “Quando non conta” e “Lettere che ho scritto e bruciato” di Salvatore Vivenzio, pubblicati online, e partecipa alla rubrica di illustrazioni “Immagina lo Spazio Bianco” per l’omonimo sito. Sempre nel 2019, durante il Lucca Comics, pubblica “Underwater”, la sua prima storia a fumetti, edita da ALT! comics. Attiva sui social, pubblica online molti dei suoi lavori, principalmente disegni, illustrazioni e brevi storie a fumetti. Nel 2020 pubblica online “Blulockdown”, una breve storia a fumetti ispirata ai pensieri e alle sensazioni vissute nel periodo di quarantena. Partecipa inoltre all’esposizione Solitudini in Mostra/Arte in Quarantena presso il Tempio del Futuro Perduto di Milano, una collettiva che raccoglie opere realizzate durante il lockdown da artisti di tutta Europa.

Per contattare l’artista Alice Marchi: profilo Instagram, Behance (portfolio), [email protected] (e-mail).

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Il Natale che verrà – L’editoriale di Raffaello Castellano

Che Natale sarà?

Cosa ci dobbiamo aspettare da questo dicembre all’insegna, come tutto quest’anno, della pandemia da Coronavirus, dell’emergenza sanitaria, del Covid-19?

Comincio subito con il dirvi che questo sarà un Natale molto triste per me: sono legato profondamente a questa festa, anche se lo sono da laico, o meglio ateo, ma non credo che questa sia una contraddizione e voglio spiegarvi il perché.

Non penso che bisogna essere, per forza, credenti per godere appieno di questa festa, sono sempre stato affascinato, come ho già detto in altri editoriali natalizi, dal clima spirituale ed emozionale che si sperimenta in questo periodo. I negozi aperti, le vetrine piene di balocchi e luci colorate, le decorazioni e le luminarie in mezzo alla strada, la frenesia e l’ansia insieme alla gioia e all’emozione che accompagna l’acquisto dei regali per figli, parenti e/o amici, le commesse ed i commessi più gentili e disponibili, il profumo delle caldarroste e del torrone caldo alle bancarelle, l’odore di agrumi ai mercati e per le campagne, il calore, il colore e la luce degli addobbi natalizi nelle nostre case e tante altre sensazioni, più sottili e sfuggenti, ma altrettanto importanti, che respiriamo, assaporiamo e sentiamo durante il Natale non possono non scaldare il cuore anche del più scettico dei razionalisti.

Figuratevi il mio!

Ma tant’è, questo, come dicevo all’inizio di questo articolo, sarà un Natale diverso, molto diverso. Come sapete, per evitare situazioni di contagio sono stati chiusi ristoranti ed alberghi, quindi aboliti cenoni e veglioni, i negozi rispettano rigidi orari d chiusura, i sindaci e gli assessori hanno deciso di tagliare le spese per le luminarie e le decorazioni cittadine (quei adesso servono per altre e ben più importanti spese), le bancarelle per le strade sono quasi scomparse, i negozi non alimentari sono aperti solo nelle zone arancioni e gialle della nostra penisola, e, per di più, le commesse degli stessi negozi hanno pochissima voglia di sorridere, bardate come sono con mascherine, guanti e visiere; insomma, tutto quello che “faceva Natale” pare scomparso, svanito, come la prima neve al tiepido sole d’inizio inverno.

Ed allora cosa dobbiamo fare per evitare che la nostalgia lasci il testimone alla tristezza, che la voglia di festeggiare, anche se in pochi e solo in famiglia, lasci il posto allo sconforto, che la nostra voglia di emozionarci arretri fino a scomparire dinnanzi alla depressione?

Cosa dobbiamo fare affinché l’oscurità, che sembra ghermirci da ogni lato, non ci sommerga del tutto, come fare affinché il buio non vinca? Sinceramente non lo so, questa festa è troppo importante per me e il vederla così mutilata quest’anno non riesce a farmi essere il solito ottimista, questa volta è dura, molto dura, anche per me che, come molti lettori hanno imparato, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno e un’altra bottiglia pronta sul tavolo.

F o t o d i J o n a t h a n B o r b a da Pexels

Ma se è vero che ognuno di noi può abbattersi nel suo intimo, molti altri, e penso alle mamme ed i papà, ai nonni ed alle nonne, agli zii e zie, non possono farlo, anzi NON DEVONO farlo. Perché, se è vero che il Natale ci fa tornare tutti un po’ bambini, è pur vero che i bambini veri e propri sono le prime e più inermi vittime d questo Natale 2020 all’insegna del Covid19; e non ci sono solo loro, la macchina della solidarietà, che di solito viaggia a gonfie vele durante questo periodo, è venuta un po’ a mancare, nonostante la pandemia abbia creato un nuovo esercito di poveri e bisognosi.

Ed allora, il miglior rimedio contro la depressione che monta e la tristezza che cresce credo che sia, anche quest’anno, il donarsi agli altri, l’aiutare i deboli e gli indifesi, siano essi i nostri figli o i poveri ad una mensa della Caritas. Se ci guardiamo in giro, con gli occhi aperti, le orecchie tese e il cuore pronto, troveremo sicuramente la maniera di diventare utili per qualcuno, ed è questa, io credo, la cosa più importante che dobbiamo recuperare del Natale: la voglia di regalare non qualcosa, ma noi stessi, magari il nostro lavoro o il nostro tempo, anche solo poche ore alla settimana. Ed allora vedrete che succederà qualcosa di straordinario, ne sono sicuro; donandoci agli altri, scopriremo che aiutando chi ha bisogno non solo gli faremo un grande regalo, ma anche noi, riscoprendo il vero significato e lo spirito natalizio, sentiremo meno la tristezza, lo sconforto e la depressione.

Scopri il nuovo numero: Il Natale che verrà Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

Quindi niente paura, addobbate le vostre case per i vostri figli, vestitevi da Babbo Natale e portategli i doni, cucinate il più sontuoso dei cenoni, anche se solo per 6 persone, se potete rivolgetevi a qualche associazione, onlus o Caritas della vostra città e chiedete, semplicemente, come poter essere utili, vedrete che vi troveranno qualcosa da fare ed allora, allietando, come ho già detto, le giornate dei più indifesi e bisognosi, siano figli, parenti o estranei, scoprirete che il vero Natale, quello che neanche il Covid-19 può portarvi via, era già dentro di voi, nel vostro cuore ed è quella cosa, quell’unica cosa, che vi rende degli autentici esseri umani.

Buon Natale e coraggio a tutti voi.

Raffaello Castellano

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Covid-19 e videochat: i migliori programmi per sentirsi vicini, anche a Natale

Quello di quest’anno, caratterizzato dalla pandemia di COVID-19, sarà un Natale strano e diverso, in cui ci troveremo tutti un po’ più distanti, almeno dal punto di vista fisico. Tuttavia, se le norme impongono il distanziamento sociale, il consiglio per le prossime festività è quello di riscoprire la condivisione virtuale, con video aperitivi con gli amici e video chat con famiglia e parenti, per rimanere vicini anche se lontani.

Sicuramente i più giovani partiranno avvantaggiati, data la loro familiarità con smartphone e nuove tecnologie, rispetto ai nonni, ma oggi ci sono tanti programmi di videochat semplici e intuitivi per sentirsi vicini, anche a Natale.

In questo particolare momento è importante rimanere positivi e comunicare con i nostri cari online, così come guardare film e giocare in modo virtuale con amici lontani è il miglior modo per contrastare lo stato di ansia che si è venuto a creare in noi.

Scopri il nuovo numero: Il Natale che verrà Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

Natale 2020: l’invito a restare connessi In questo Natale 2020 l’invito è a restare connessi: secondo i dati di We Are Social contenuti dal Report Digital 2020 sono 4,54 miliardi le persone che nel mondo usano Internet per studio, lavoro e svago e tra queste ci sono 49,48 milioni di italiani, che usano trascorrono quasi 2 ore al giorno sui social media.

F o t o d i O l y a K o b r u s e v a d a P e x e l s

I servizi più amati nel nostro Paese sono sicuramente, come emerge dal report, Facebook, Instagram e WhatsApp a cui si sta piano piano aggiungendo anche Telegram. L’emergenza COVID-19 ha tuttavia portato alla crescente diffusione di altre applicazioni, vediamo una rapida panoramica per dire #iorestoacasa e sto bene, tra cultura online, film e svago.

WhatsApp e Telegram: i protagonisti di questo 2020 La soluzione più diffusa per inviare foto, video e messaggi di testo, ma anche per fare videochiamate senza limiti e costi è sicuramente WhatsApp, anche se sta lentamente prendendo piede Telegram, che assicura una maggiore privacy dato che i contenuti si autodistruggono dopo un certo tempo.

Skype e Facebook Messanger: le app storiche Resistono anche le app storiche per la messaggistica istantanea ovvero Skype e Facebook Messenger, che permettono di fare videochiamate con più utenti.

Le nuove soluzioni: Viber, WeChat e Kik Chi ha contatti all’estero o nei paesi orientali avrà sicuramente sentito parlare di Kik o WeChat che permettono di chattare, ma anche effettuare telefonate voce o videochiamate gratuite e senza limiti. Infine, funziona in modo simile anche Viber, per telefonare a pagamento a numeri fissi e mobili di tutto il mondo.

L’app più scaricata e il fenomeno del momento: Zoom Con il COVID-19 interagire in modo virtuale e lavorare in smart working è diventato una necessità per tutti e per questo sono nati nuovi strumenti digitali. Il fenomeno del momento è sicuramente Zoom, la piattaforma di videoconferenze online più scaricata. Ad oggi sono 343.000 le persone che hanno scaricato l’app sul loro smartphone, di cui 60.000 solo negli Stati Uniti e oggi Zoom è una delle app gratuite più utilizzate per le video chat.

Il segreto del successo di Zoom sono la sua facilità di utilizzo e l’intuitività dell’interfaccia, ma anche il fatto di essere completamente gratuita sia per PC, sia per iOS e Android. La versione chiamata di gruppo permette di accedere a 100 persone e il tempo disponibile in videoconferenza è di 40 minuti, un lasso di tempo che diventa illimitato se gli utenti sono solo due.

La mia convinzione è che proprio Zoom, assieme a WhatsApp, diventerà la soluzione per la chat virtuale con amici e parenti che dominerà le feste di Natale 2020, festività in cui saremo tutti un po’ più distanti, anche se virtualmente connessi per scambiarci risate e auguri.

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Tre novità Netflix da non perdere. Un film, un cortometraggio ed una miniserie, per accontentare proprio tutti.

Tante le novità Netflix che ci tengono compagnia in questi mesi, si va dalle serie tv ai film, dai documentari alle animazioni. Ho scelto tre novità molto diverse tra loro: un film italiano, un cortometraggio animato ed una miniserie americana.

1. “La vita davanti a sé” 2. “Se succede qualcosa, vi voglio bene” 3. “La regina degli scacchi”

“La vita davanti a sé” è un film con protagonista l’icona del cinema italiano Sophia Loren, diretta dal figlio, il regista Edoardo Ponti. E’ l’adattamento cinematografico del romanzo omonimo del 1975 dello scrittore Romain Gary, già portato sul grande schermo nel 1977 dal regista Moshé Mizrahi. Il film racconta la storia del piccolo Momò, un orfano di origine senegalese che va a vivere a casa di Madame Rosa, una donna anziana, sopravvissuta all’Olocausto, che ospita nella sua casa figli di prostitute. https://www.youtube.com/watch?v=En1jkf34xjc

Dapprima il rapporto tra Rosa e Momò non è dei migliori, il ragazzino spaccia per guadagnarsi del denaro e difficilmente riesce a stare alle regole della signora che lo ospita, ma andando avanti con la storia il rapporto tra loro si evolverà, fino a diventare un forte legame d’amicizia che cambierà l’atteggiamento di Momò. Girato a Bari, in alcune delle vie più riconoscibili della città, il film si presenta come una storia delicata che fa riflettere, grazie anche alla forte carica espressiva della grande Sophia Loren e al volto incisivo e coinvolgente del giovane attore Ibrahima Gueye.

“Se succede qualcosa, vi voglio bene”, titolo originale “If anything happens, I love you”, è un cortometraggio animato, targato Netflix, realizzato da Michael Govier e Will McCormack. Racconta il dolore di due genitori che hanno perso la figlia di dieci anni in una sparatoria a scuola; in dodici minuti questo cortometraggio riesce a narrare la distanza che si crea tra queste due persone ed il profondo vuoto emotivo che la perdita della figlia ha portato in loro. E’ struggente, ben costruito, forte ed incisivo. https://www.youtube.com/watch?v=3kH75xhTpaM&feature=emb_logo

Bellissimi disegni stile carboncino in bianco e nero, assenza di dialoghi, suoni che contribuiscono alla descrizione della storia e musiche emozionanti che accompagnano perfettamente le immagini, sono i punti di forza di questo cortometraggio, che è già entrato nella top ten italiana di Netflix e nel cuore degli spettatori. E se parliamo di opere che sono entrate nel cuore degli spettatori, non possiamo non parlare di “La regina degli scacchi”, la miniserie Netflix più vista di sempre (come ha reso noto Netflix). Tratta da un romanzo, la serie ha come titolo originale “The Queen’s Gambit”, con riferimento al Gambetto di donna, il nome di una apertura degli scacchi. Appassionante, emozionante, avvincente, questo e molto altro si può dire di questa serie, che ha come protagonista il personaggio inventato di Beth Harmon, una bambina di otto anni che inizia a giocare a scacchi nell’orfanotrofio dove vive, grazie al custode che le insegna a giocare e scopre il suo incredibile talento. https://www.youtube.com/watch?v=Ya1MgSu8Pxc

Dipendente da alcol e psicofarmaci, Beth, sin da quando era una bambina prodigio, lotta contro i pregiudizi legati al suo essere donna in un mondo di giocatori uomini e lo fa con il suo spirito combattivo e indipendente, solitario e lungimirante. Ciò che rende questa serie magnifica ed imperdibile è, accanto alle scenografie ed i costumi, sicuramente l’eccezionale prova attoriale della protagonista, l’attrice Anya Taylor-Joy, assolutamente perfetta nel ruolo della fredda e concentrata giocatrice, che è anche una donna fragile ed emotiva. Risulterà senza dubbio ancor più appassionante agli occhi di chi conosce il gioco degli scacchi, con tutte le sue strategie e la sua storia.

Scopri il nuovo numero: Il Natale che verrà Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

Nell’attesa di questo Natale particolare, pensiamo un po’ meno ai regali e poniamo l’attenzione sul nostro percorso interiore, sul rapporto con gli altri e dedichiamo del tempo a ciò che ci aiuta a riflettere, sia esso un ricordo, un progetto, un libro o un film, perché la motivazione per migliorarsi la si può trovare ovunque, se siamo disposti a cercarla.

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L'economia della smart felicità

I lavoratori sono un costo o una risorsa? E chi si occupa di loro è un ufficio personale, risorse umane o paghe? Nella pratica non cambia, ma il concetto è ben diverso.

Si può andare a lavorare la mattina per prendere lo stipendio o per costruire un mondo migliore.

Cosa passa per la testa delle persone quando si rivolgono agli altri fa sicuramente la differenza.

Sono numerose le ricerche che affermano quanto lo smartworking abbia migliorato le condizioni di vita dei lavoratori. L’Osservatorio 2020 sullo smartworking in Italia del Politecnico di Milano afferma che il 56% delle grandi aziende, contro il 37% del 2017, ha attivato progetti ma solo il 9% sta ripensando ad organizzare il lavoro in modo stabile. Nelle PMI il 24% si è arrabattato in emergenza e solo l’8% dichiara di aver cercato di struttarsi per organizzarsi al meglio. Il 38% non ha considerato questa opportunità e un altro 8% non è interessato a questo cambiamento per la limitata applicabilità alla propria realtà. Nelle Pubbliche Amministrazioni solo l’8% ha attivato progetti strutturati in tal senso.

A fronte di questi studi ce ne sono altrettanti che dichiarano come il lavoro agile migliori lo stile di vita delle persone. Secondo un’indagine di Bva Doxa il 90% delle persone si dichiara soddisfatto e spera che questo approccio perduri nel tempo.

Ci sono però diverse modalità per approcciarsi a questi nuovi strumenti. C’è propende per l’home working, mantenendo fissi gli orari di lavoro e cambiando solo il luogo. Chi invece può calibrare sulla base delle proprie esigenze anche gli orari per conciliarli con altre attività, dalla spesa negli orari non di punta ai momenti migliori per concentrarsi. Chi ha ricevuto in dotazione dispositivi aziendali, chi invece ha dovuto utilizzare i propri BYOD (acronimo di Bring your own device).

Scopri il nuovo numero: Il Natale che verrà Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

Mettendo insieme le due reazioni sembra che l’entusiasmo dei lavoratori sia spesso frenato dalle aziende che invece subiscono la sindrome del controllo che il padrone sente di dover esercitare sui propri dipendenti. Un remote working piace a pochi datori di lavoro che spesso hanno l’impressione che quando il gatto non c’è i topi ballino. Quindi il dipendente, per definizione pronto a fregare il capo, cerca escamotage per far finta di lavorare. Tante aziende con l’arrivo dell’estate hanno fatto di tutto per smantellare questo nuovo sistema e rientrare nei ranghi. Paura del cambiamento? Incapacità di innovare? Sistemi obsoleti? Peggio ancora quando serpeggia l’idea che poter lavorare è un privilegio concesso e il dipendente deve solo ringraziare di avere ancora chi gli paga lo stipendio.

Il partito del 27 c’è, e ci sarà sempre. Da casa o in ufficio. Ma se, almeno per qualcuno, è possibile immaginare una vita migliore lavorando da casa, perché non permetterlo? Sarà poi un onere dell’impresa trovare strumenti per valutare il rendimento, senza controlli sugli orari e senza riduzioni di stipendio.

Intravedo una nuova idea di Corporate Social Reponsability, basata non tanto sull’ecologia, sulle Fondazioni che aiutano a scolarizzare terre lontane o investire in depuratori d’acqua. La nuova Responsabilità d’Impresa è prima di tutto nei confronti dei dipendenti. I casi riguardano tutte le società che si impegnano ad aderire ai protocolli prima per le persone e poi per gli obblighi di legge, quelle che stringono i denti per pagare gli stipendi pur di non lasciare nessuno a casa, quelle che premiano economicamente per l’impegno proferito in un momento difficile, quelle che pensano alle famiglie offrendo sostegni quando le scuole sono state chiuse. Bisogna puntare all’economia della felicità. Chi è felice, è più produttivo. Questa è l’equazione a cui è arrivata la scienza, perché fare una buona azione, senza ritorno economico, sembra uno spreco di risorse.

Serve una giustificazione per lasciare che qualcuno, anche nel mezzo di una pandemia, continui a sorridere.

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Ricomincia la prospettiva delle chiusure, l’Italia è a strisce, ma non quelle della nostra bandiera. Il malcontento è nell’aria, la gente sa cosa la aspetta. I social si popolano di plemiche tra “state a casa” e ogni lasciata è persa. Ecceggiano di nuovo gli eroi in corsia e chi dice che i numeri sono gonfiati.

Che Natale sarà? Ho impresso, come tutti i genitori, le prime parole di mio figlio, quelle tanto attese: mamma, papà e… GEL. Prima di nonna, tato, bibe è comparso il termine GEL. Ognuno è figlio del proprio tempo, si dice, ma non so se mi piaccia che sul podio delle prime parole, i primi concetti, sia salito anche l’igenizzante.

Scopri il nuovo numero: Il Natale che verrà Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

Ricordo chi in primavera prendeva a testate la porta di ingresso o cercava di infilarsi nelle sbarre del balcone cercando di evadere da una casa diventata troppo stretta ogni volta che un adulto uscive per fare la spesa o buttare la spazzatura. F o t o d a P i x a b a y .

Ogni tanto torna alla memoria di mio figlio quella volta in cui “la polizia ci ha sgridato tantissimo perchè eravamo tutti insieme fuori”. Mamma e papà con i bimbi all’aperto, erano considerati assembramento, e ci hanno intimato multa e denuncia. E neppure questo vorrei che rimanesse nella testa di mio figlio. Vorrei fosse certo che stare con la mamma e il papà non è una cosa illegale, tanto da essere fermati dalle forze dell’ordine. Ma non sono sicura che la sua percezione sia questa.

Così, di fronte all’incertezza del Natale che verrà torno a scrivere una lettera a una persona speciale, come si faceva quando tutti i sogni erano possibili.

“Caro Gesù bambino,

Anche quest’anno il 25 dicembre arriverai tra noi portandoci i tuoi doni. Quest’anno ti scrivo una lettera lunga e molto difficile da realizzare. Ma se non le domando a te le azioni difficili, a chi mi posso rivolgere?

Intanto vorrei che le persone guarissero. Guarissero dall’egoismo e dalla paura che paralizza e non apre il cuore.

Vorrei che le persone imparassero a vedere. Vorrei che vedessero l’amore che li circonda e non solo i problemi.

Vorrei che imparassero a usare la bocca per dare baci e non per sparlare e le braccia per abbracciare (lo dice la parola, più chiaro di così!) non per bastonare il prossimo.

Vorrei arrivassero all’ultimo giorno sereni, sapendo di aver fatto tutto e di averlo fatto bene. Senza rimpianti.

Vorrei piovesse una neve speciale, che faccia nuove tutte le cose e insegni a tirare fuori qualcosa di buono anche quando si raschia il fondo.

Te l’avevo detto, quest’anno ti scrivo una lettera molto corposa.

Intanto fremo per preparare l’albero, dipingere gli addobbi, accendere le luci, decorare le porte e le finestre, una stalla per accoglierti. E mentre lo faccio, penso a te, con gli occhi pieni di certezze. Come i bambini che chiedono i regali e sanno già che mamma e papà non glieli negheranno.”

Buon Natale a tutti

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La filosofia smart paga?

Siamo la generazione più smart di tutti i tempi. Siamo diventati smart negli acquisti, smart a destreggiarci nel traffico, smart nei social e ora anche nel lavoro. Ma questo Natale con meno luci, sarà davvero più felice? Mai come quest’anno siamo martellati dalle pubblicità del black friday: Instagram è piena di promo, le newsletter sono black ovunque e i negozi sembrano aspettare queste offerte nell’ottica che ogni lasciata è persa.

Solo le piccole rivendite di quartiere resistono, ma per quanto? Anche loro stanno diventando parte del grande mondo globalizzato, inserendosi, ad esempio, nel circuito dei punti di ritiro. Come Wish che offre l’opportunità, riducendo le spese di spedizione, di prelevare i prodotti ordinati presso i negozianti. Chi ha deciso di candidarsi come luogo di prelevamento ha ottenuto una interessante pubblicità passiva, incrementando il numero di chi conosce il punto vendita e sia mai che poi ci scappi un acquisto o un cliente in più.

Già da un po’ Amazon offriva differenti modalità per ricevere il pacco, a volte fin troppo tecnologiche per un utente occasionale. Codici da inserire, armadietti con combinazioni, punti di ritiro anche dentro gli ospedali, ancor prima di iniziare a vendere i farmaci. F o t o d i P a v e l D a n i l y u k d a P e x e l s Dove ci porterà tutta questa tecnologia? Magari tra una zona arancione e un lockdown, quest’anno i regali saranno recapitati da droni rossi con la barba direttamente a casa degli amici e parenti. (Ma nessuno ci ha ancora pensato a droni a forma di slitta???)

Mentre molte professioni non possono essere svolte in remoto, altre hanno cambiato così radicalmente le abitudini da creare nuove fette di mercato e nuovi bisogni.

Barilla pensa al pranzo dello smartworker. Il prezzo dei PC è salito alle stelle, mentre al supermercato si fatica a trovare una presa multipla per tutti i device che elettrizzano la nostra casa.

Ci sono le piattaforme contro lo spreco del cibo (ad esempio ToGoodToGo) che offrono visibilità e aiutano sia il commerciante ad avere un ritorno anche sulle rimanenze e ai fruitori ad avere prodotti a prezzi scontati.

Le app per il food delivery sono intasate e i negozi che non hanno saputo evolversi soffrono la mancanza dei clienti. Che fare? Migrare all’e-commerce. Dall’aperitivo, ai vestiti, passando per il noleggio di attrezzature da giardino quando le giacenze sono troppo alte.

Addio ai tacchi e W i calzini antiscivolo, basta con il cibo spazzatura e sì agli spuntini nutrienti, stop alle code nel traffico, sì alle sneakers delle 18. Così anche l’abbigliamento si rinnova. Il dress code degli uffici diventa house dress seguito anche dalle grandi firme.

Mentre diventiamo tutti più self confident con la rete, torniamo ad apprezzare le chiacchiere nelle botteghe del vicinato e non disdegnamo la consegna a casa, dopo aver fatto acquisti nei negozi di prossimità. F o t o d i T a r y n E l l i o t t d a P e x e l s

Dopo aver imparato ad essere multitasking, anche l’arredamento diventa polifunzionale: un tavolo si trasforma in un desk dell’ufficio, in una sala riunioni con lo sfondo caraibico (o piatti da lavare e asse da stiro, dipende dai casi), nel bancone di un bar per l’aperitivo in chat con gli amici e all’occorrenza anche un supporto dove appoggiare i piatti della cena, se non li consumiamo sul divano in una maratona di serie tv.

Ma una casa smart e l’home work, quanto costano?

Selectra ha valutato i consumi elettrici mensili per il lavoro in remoto stimandoli in circa 2 euro per il solo utilizzo di PC e modem. Senza contare tutti gli altri dispositivi sempre ON, dal riscaldamento o raffreddamento (circa 200 euro in più a semestre), al microonde, alle luci, ai nuovi smart coinquilini come Alexa e Google Assistant. Quello che invece è cambiato è la quantità di emissioni di CO2, circa il 30% in più per famiglia rispetto allo stesso periodo del 2019, a fronte di un indubbio risparmio sui trasporti e le aziende (Fonte Il Sole 24 ore – Quanto pesa lo Smartworking sulle bollette?).

La casa assume un nuovo significati. Ogni riunione, ogni call, ogni contatto da remoto diventa un’occasione per far entrare degli estranei in uno spazio personale, fatto di disordine, di addobbi di Natale, di oggetti che parlano di noi. Per chi ha cercato di affrontare questo isolamento, fino a rinchiudersi in uno spazio (sindrome della capanna) diventa il luogo sicuro per non affrontare ciò che c’è all’esterno e l’ansia di tornare a quella normalità che spaventa. Per altri diviene occasione di business con le web series che inneggiano a una quotidianità da esaltare (Facchinetti, Katia Follesa, Ferragnez).

E per chi non può esmimersi dall’essere presente al lavoro? Incontrerà meno traffico, meno ore di punta, niente file nei bar per il pranzo, meno persone disinteressate nei negozi, che non sanno come occupare il tempo o vogliono solo fare un giro.

E, speriamo, più reponsabilità.

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Il podcast che ti fa scoprire l’A.I. - L'AI non è una scatola nera che ti risolve tutti i problemi, con Nicola Gatti

Durante il primo periodo della pandemia da Covid-19, ma anche adesso, nel pieno della 2° ondata, una delle critiche mosse più spesso verso l’Intelligenza Artificiale è stata: “come mai l’I.A. ha tutto questo potenziale eppure non ci è stata utile per fronteggiare il Coronavirus?”.

A parte il fatto che questo non è vero, la domanda in realtà è mal posta, perché “l’I.A. non è una grande scatola nera dove si inserisce un problema e lei ti dà una soluzione”, e dimostra che la gente non solo non sa cosa sia e cosa faccia l’I.A., ma pure che i mezzi di informazione e comunicazione non hanno fatto passare il messaggio corretto, generando un forte “hype” intorno agli strumenti e agli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale.

Questo è il parere di Nicola Gatti, Professore Associato di Ingegneria Informatica e Co-direttore dell’Osservatorio in Intelligenza Artificiale al Politecnico di Milano, protagonista del 7* episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, ideato e promosso dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e Radio IT (il primo podcast network italiano sull’information technology).

Questo episodio si concentra sul rapporto dei cittadini e delle aziende italiane, sia pubbliche che private, con l’Intelligenza Artificiale e la tecnologia in generale, e su come questo rapporto, o assenza dello stesso, sia una questione principalmente “culturale”, ma decisiva per la crescita non solo economica del “sistema Italia”. I l p r o t a g o n i s t a d e l 7° podcast, Nicola Gatti, Professore Associato di Ingegneria Informatica e Co-direttore dell’Osservatorio in Intelligenza Artificiale al Politecnico di Milano

Il sentire comune, infatti, ma anche molti imprenditori, politici e giornalisti, credono che l’I.A. abbia il potere quasi magico di risolvere i problemi da un giorno all’altro. In realtà le intelligenze artificiali vanno addestrate ed istruite su come risolvere i problemi e soprattutto vanno “nutrite” con i dati che sono l’unico materiale che esse digeriscono e gestiscono.

Fino al febbraio scorso pochissimi ricercatori pensavano di, ed avevano i fondi per, applicare gli algoritmi dell’I.A. allo studio delle pandemie, ecco perché ancora non abbiamo soluzioni, ci vuole tempo.

Un esempio su tutti: basta pensare che, per mettere a punto il bot che un po’ di tempo fa ha vinto un torneo di poker, vincendo 1.800.000 dollari, giocando contro i 4 migliori giocatori al mondo, ha richiesto una challenge di 15 anni di sviluppo, che è servita ad istruire la tecnologia su tutte le possibili variabili di questo gioco di carte.

In quest’ultimo, interessantissimo episodio capiremo cosa davvero, e soprattutto in che maniera ed in quanto tempo, le tecnologie e gli algoritmi dell’I.A. possono fare per noi e quanto sia importante investire in ricerca, ricerca che negli altri Paesi, compresi quelli dell’Eurozona, vede investimenti molto più cospicui di quelli erogati dall’Italia.

Torna dopo qualche mese di assenza l’appuntamento con l’istruttivo ed interessante podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, che vede al timone, anzi al microfono, il sempre bravo e spigliato giornalista Igor Principe di Radio IT, che, di puntata in puntata, dialoga con i massimi esperti italiani dell’I.A. per permetterci di comprendere una tecnologia che trasformerà il nostro futuro e sta già cambiando radicalmente il nostro presente. Buon ascolto.

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Diodato. “Storie di un’altra estate”: la docu-serie da non perdere dal 29 novembre su RaiPlay

Se credessi a Babbo Natale, quest’anno gli chiederei di regalarmi una bella storia, una di quelle storie che mi faccia riflettere sul senso profondo delle cose, una storia piena di sole, musica e poesia che mi aiuti a guardare con speranza l’anno che verrà ed a buttarmi alle spalle un anno difficile.

Forse non è il momento giusto per desiderare musica o poesia, e nemmeno per evocare l’estate, il sole e la conseguente spensieratezza che ne deriva, eppure la docu-serie che racconta il viaggio di attraverso un’insolita Italia sembra giungerci proprio come un regalo di Natale anticipato in un umido, freddo ed altrettanto insolito novembre.

Un viaggio appassionato che tocca la penisola, da nord a sud, al seguito del tour di concerti che Antonio ha fortemente voluto, nonostante le limitazioni imposte dalle misure di contenimento del Covid-19 e la conseguente crisi del settore; un viaggio non solo fisico, ma anche interiore, alla riscoperta della bellezza in tutte le sue forme. https://www.youtube.com/watch?v=NzarKgpvCtc&feature=emb_title

In fondo, sarebbe solo stato il solito viaggio, uno dei tanti, l’ennesimo tour estivo del settantesimo vincitore del Festival di Sanremo e noi avremmo potuto vivere la solita estate di concerti, feste, vacanze, se non fosse altro che l’estate 2020 non ha mai avuto nulla di consueto, non è stata un’estate come tante, bensì “Un’altra estate”, l’estate diversa di cui ci ricorderemo a lungo.

“Storie di un’altra estate” non poteva che richiamare il singolo che Diodato ha composto durante il lockdown, perfettamente riassunto, dipinto in un quadro a tinte forti, quel misto di solitudine e sconforto impastato a speranza, al risveglio della natura dopo un lungo inverno, il desiderio e la possibilità di guardare oltre la propria finestra, assaporare la libertà di perdersi all’orizzonte o semplicemente, guardando quell’orizzonte con occhi diversi e apprezzando ciò che prima era dato per scontato.

È così che un viaggio come tanti diventa racconto appassionato che tocca più livelli, un modo per guardare l’Italia con occhi diversi e con spirito differente, ma allo stesso tempo il grimaldello che ci permette di entrare nell’anima dell’artista, carpirne le fragilità, come l’estrema sensibilità, la positività e l’innata gentilezza.

È un viaggio che va dalle montagne di Aosta, città natale di Antonio, al mare di Taranto, luogo dove è cresciuto e dove si trova la sua famiglia, lo stesso mare che l’artista traspone nelle sue canzoni, passando per Roma, luogo di formazione giovanile, Milano, città dove attualmente vive e sede della Carosello Records (la casa discografica che lo ha accolto e valorizzato), senza tralasciare Venezia ed il suo rapporto con il Cinema.

Otto puntate sotto la regia di Francesco Di Giorgio, otto capitoli ispirati alle tematiche delle sue canzoni, otto momenti da guardare con l’entusiasmo di Antonio, che si racconta e racconta i luoghi dove si è sentito a casa, incontra gli amici autentici e quelle persone che sono state fondamentali nel suo percorso artistico costellato di tante vittorie, ma anche di tante porte in faccia. Durante il suo viaggio Diodato incontra personaggi come Manuel Agnelli e Rodrigo d’Erasmo, fondamentali per la sua crescita musicale, ci spiega il suo rapporto privilegiato con il Cinema insieme a Daniele Luchetti e Ferzan Ozpetek, ci racconta un’altra Taranto insieme a Michele Riondino, compagno di tante lotte per dare alla città un futuro alternativo al siderurgico.

Taranto, la bellezza del suo mare come quella architettonica, ma anche con le enormi contraddizioni di una terra ferita dall’inquinamento insieme alla voglia di rinascita e riscatto dei suoi abitanti, è la parte più bella e suggestiva del racconto. https://www.youtube.com/watch?v=D6TvAskGBx4

Del resto, ci si sarebbe meravigliati se Taranto non fosse stata un capitolo a parte, il più intenso, visto che la vittoria del Festival di Sanremo è stata dedicata alla città; un segno di vicinanza e di appartenenza che i tarantini non potranno mai dimenticare, restituendo ad Antonio tutto il calore ricevuto mandando “” in filodiffusione nel centro cittadino all’indomani della vittoria sanremese, cantandola dai balconi durante i mesi del lockdown.

Sarà, infatti, “Fai rumore” il messaggio di speranza e l’inno che unificherà l’Italia intera durante il periodo buio del lockdown, e poi arriveranno i live estivi, durante i quali sarà forte l’energia positiva che arriva dal palco tanto quanto l’abbraccio del pubblico.

Scopri il nuovo numero: Il Natale che verrà Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro, per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

L’abbiamo testimoniato anche noi quando vi abbiamo raccontato “L’energia di Diodato al Cinzella Festival” per l’unica tappa pugliese del suo tour”, credendo che quella ricerca di bellezza si fermasse alla musica, senza capire che fosse estesa a tutti i piani della sua esistenza, la luce che guida i momenti di crisi, come quelli felici.

L’ultima puntata di questo viaggio alla ricerca di radici e ricordi, il ponte tra passato e futuro dell’artista, termina con “Che vita meravigliosa”, colonna sonora del film “La Dea Fortuna”, sunto di un’esistenza vissuta fino in fondo senza risparmiarsi gioie e dolori, ma anche leitmotiv che riassume al meglio “Storie di un’altra estate” e l’anno appena trascorso da Diodato. Un anno funesto per gli accadimenti che hanno sconvolto l’esistenza di tutti, tanto quanto fortunato per il cantautore, e che lo hanno portato a vincere, oltre al Festival di Sanremo 2020, Premio Lunezia, David di Donatello, Nastro d’Argento, Ciak d’oro, Soundtrack Stars Awards e Best Italian Act degli MTV Europe Music Awards.

Un anno scandito dalla sua musica, che in questi mesi è stata conforto, compagnia e speranza, ma anche appassionato racconto contemporaneo di un momento irripetibile, faro che ci ha guidati verso un nuovo orizzonte.

Il suo viaggio attraverso i tanti volti di questa inedita Italia è diventato così metafora di un viaggio collettivo, dove passato e presente sono il trampolino di lancio per un avvenire migliore ed auspicio di rinascita sociale e culturale, magari ritornando a fruire di live coinvolgenti come quelli che ci ha regalato quest’anno Diodato, sicuri “che torneremo a guardare il cielo – alzeremo la testa dai cellulari” e “torneremo a parlare davvero – senza bisogno di una tastiera”.

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Il WMF2020 presenta la sua agenda: dal 19 al 21 novembre tre giorni dedicati all’innovazione

Dopo il successo dell’edizione ibrida e diffusa realizzata a giugno, il Web Marketing Festival torna per una nuova tre giorni online all’insegna dell’innovazione, della tecnologia e del digitale. Sul Mainstage ospiti prestigiosi: tra gli altri il giornalista Andrea Scanzi, il Presidente RAI Marcello Foa, il Sottosegretario agli Affari Esteri Manlio Di Stefano e la la Sottosegretaria del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Francesca Puglisi, il politico e saggista Giuseppe Civati, il presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, l’infettivologo Matteo Bassetti, l’attore Alessandro Borghi e altri ospiti a sorpresa. Conduzione affidata a Cosmano Lombardo affiancato da Diletta Leotta e Giorgia Rossi. Nell’agenda confermata l’attenzione all’innovazione digitale e sociale attraverso eventi di formazione, cultura, intrattenimento, Space Economy, robotica, intelligenza artificiale. Business e networking protagonisti con l’Area Expo virtuale che coinvolgerà 130 espositori. Attesi oltre 600 speaker in più di 40 sale formative e ospiti da tutto il mondo, con momenti di musica e di spettacolo curati da ulteriori ospiti a sorpresa.

“We Make Future”. Tradotto: siamo noi a costruire il futuro. Da qui parte, per aprirsi ufficialmente giovedì prossimo, il secondo appuntamento del 2020 con il WMF, il più grande Festival sull’Innovazione Digitale e Sociale. Tre giorni, dal 19 al 21 novembre, un format innovativo, che unirà la formazione online della nuova piattaforma ibrida.io alle otto trasmissioni televisive del Mainstage in diretta dalla base del Palacongressi di Rimini. E tutto questo, ponendo al centro una convergenza di temi legati dal sottile filo del digitale: attualità, cultura, ricerca, legalità, diritti umani, economia si intrecceranno con tecnologia, space economy, robotica, intelligenza artificiale. Ospiti di prim’ordine, momenti di show e sorprese continue faranno il resto. In numeri, questa edizione del WMF promette 157 ore di live, di cui 16 solamente sul Mainstage, col coinvolgimento di oltre 600 speaker da tutto il mondo – 70 dei quali sul palco principale - e più di 60 sale formative.

Un potenziale in termini di formazione, confronto e di opportunità legate al digitale senza precedenti, in una formula adattata alle dinamiche dell’emergenza sanitaria e che mirerà a confermare sia il ruolo di hub sull’innovazione del Festival – tra cittadini, istituzioni e imprese -, sia, nel contempo, il successo della Special Edition di giugno, quando il totale di utenti online raggiunti aveva toccato quota un milione. Ma l’edizione che si aprirà giovedì farà di più, ampliando ancora le frontiere del Festival e creando per i partecipanti un’esperienza totale, collegata tra l’online e ciò che accadrà a Rimini e negli altri luoghi d’Italia che saranno per l’occasione casa del WMF. Se il Palacongressi di Rimini ospiterà il Mainstage e il quartier generale dell’evento, infatti, attraverso la Call for Cities saranno in collegamento molte città italiane grandi e piccole, tra cui Firenze, Reggio Emilia, Foggia, Matera, Macerata, Salemi, Castel San Pietro Romano, Palazzolo Acreide, Castelpoto.

Tanti temi, tutti orbitanti attorno all’universo dell’ innovazione. Un concetto, questo, che troverà come sempre il suo apice sul Mainstage. Qui la formula seguirà tempi e ritmi propri di uno studio televisivo, con palinsesti tematici e talk show, toccando i temi più caldi dell’attualità, dell’innovazione e del suo impatto sulla società, e coinvolgendo in tutto 70 ospiti di prim’ordine. Si alterneranno rappresentanti delle istituzioni – il Sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri, Manlio Di Stefano; la Sottosegretaria del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Francesca Puglisi, Laura Moro del MiBACT, il Sindaco di Firenze, Dario Nardella; l’Assessore a Trasformazione Digitale e Servizi Civici del Comune di Milano, Roberta Cocco –, l’attore Alessandro Borghi, tra le altre cose interprete di Stefano Cucchi nel film “Sulla mia pelle”, giornalisti come Andrea Scanzi, il Presidente RAI Marcello Foa, e Federica Angeli di Repubblica, oppure ancora l’infettivologo Matteo Bassetti. Tanta attualità, dunque, ma anche riflessioni su temi delicati come quello della sanità – prendendo in esame da vicino la situazione della Calabria anche grazie alla partecipazione di Domenico Lucano -, dei diritti umani, della mafia e della legalità assieme ai coniugi Regeni, al politico e saggista Giuseppe Civati, all’attivista Siyabulela Mandela, a Luisa Impastato, Lirio Abbate e Floriana Bulfon. Questi e molti altri, perciò, gli ospiti che si susseguiranno sul Mainstage secondo un format a tutti gli effetti televisivo, i cui ritmi saranno dettati dalla conduzione di Cosmano Lombardo, affiancato il 19 novembre da Diletta Leotta e il giorno seguente da Giorgia Rossi.

Mai come questa volta il WMF esalterà il concetto di formazione continua, estesa nel tempo e nello spazio grazie alla costante apertura di nuove frontiere dell’evento stesso. E questo in virtù della innovativa piattaforma ibrida.io, che permetterà ai partecipanti non soltanto la visione delle sale formative e del Mainstage, ma anche confronto e dibattito in chat, accesso ai contenuti registrati e all’Area Expo, un ecosistema dove saranno 127 le aziende espositrici e gli sponsor che, sempre in modalità virtuale e sempre sfruttando le potenzialità della piattaforma ibrida.io, offriranno agli addetti ai lavori opportunità di networking e di business, completando l’offerta totale del Festival.

“Il momento più delicato della nostra storia recente sta rivelando al mondo intero l’importanza dei pilastri su cui costruire la società del presente e del futuro”, dice Cosmano Lombardo, CEO di Search On Media Group e Ideatore del WMF. “Con questa nuova tre giorni, ancora una volta e per l’ottavo anno, riuniremo istituzioni, le comunità internazionali di innovatori e i cittadini che ogni giorno si adoperano per contribuire all’evoluzione e al rafforzamento di questi stessi pilastri fondamentali per lo sviluppo e il miglioramento della realtà in cui viviamo: la ricerca, l’istruzione, la sanità, la cultura, il digitale, la robotica, l’intelligenza artificiale. La convergenza di questi temi, uniti a doppio filo sotto il segno dell’innovazione digitale e sociale, si riflette con forza sull’agenda e sulla mission del WMF, un acceleratore di innovazione e uno strumento di riflessione, analisi, confronto al servizio della società. Nell’epoca in cui si parla di Repubblica Digitale, abbiamo scoperto che in realtà sarebbe il caso di adoperarsi in modo coordinato per costruire una Repubblica Funzionante. Speriamo che il nostro lavoro possa essere utile anche in questa direzione”.

L’opera del WMF rivolta alla società passerà per la formazione e per il ricchissimo programma del Mainstage, ma anche per una serie di ulteriori iniziative. Grazie alla partnership con il marchio di abbigliamento sportivo Macron, infatti, il Festival devolverà alla Protezione Civile il ricavato della vendita del merchandising del WMF disponibile nella piattaforma online. Un’altra collaborazione tra il WMF e “appARTEngo” – Festival Internazionale di Arte Pubblica – inoltre permetterà durante le tre giornate del Festival la realizzazione di un’opera murale dedicata a Peppino Impastato, che verrà poi donata al comune di Riace per coprire l’atto vandalico delle scorse settimane.

Il programma formativo: oltre 600 speaker e 60 sale virtuali dedicate a innovazione, web marketing e imprenditorialità Tre giornate e un’agenda ricchissima per il WMF di novembre. Più di 60 sale formative virtuali dedicate a tematiche fondamentali del mondo dell’innovazione, del web marketing e imprenditorialità e della ricerca, con oltre 600 speaker e ospiti provenienti da tutto il mondo. Moltissimi i temi trattati, tra cui eSports, Gaming, ONP, Intelligenza Artificiale, 5G, Robotica, IoT, Circular Economy, Social Media, Open Innovation, Blockchain, Automotive, Aerospace, Cyberbullismo, Sostenibilità e tanti altri.

Rispetto alla scorsa edizione, presenti 10 nuove sale: Digital Health, Smart Working e HR, Aerospace, Management e Imprenditorialità, Musica e Innovazione, Social Impact, Big Data & Quantum Computing, Cybersecurity.

In programma anche le sale realizzate da brand sponsor come Aruba ed EURid ed eventi verticali su alcuni macro-temi centrali nel mondo del digital marketing.

Gli interventi saranno curati da speaker come Mauro Lupi (DigitalBreak), Paolo Iabichino, Arash Ajoudani (IIT), Annalisa Corrado (Azzero CO2), oltre a rappresentanti di brand leader di settore come YouTube, Enel, Fastweb. Sky, Microsoft, Mondadori Media, Intesa San Paolo, Shopify, Ipsos, Procter&Gamble Alumni, L’Oréal, SEO Zoom e molti altri.

La tre giorni sarà inoltre teatro di un’autentica Book Fair: una fiera del libro che ospiterà la presentazione di 27 nuovi titoli all’interno della sala Book Presentation, a cui si aggiungeranno le librerie presenti in Area Expo. Il tutto, a confermare l’attenzione del WMF al mondo dell’editoria e, più in generale, alla condivisione di idee, cultura e conoscenza. https://www.youtube.com/watch?v=wu43H0mSgvY&feature=youtu.be

Gli ospiti, i talk e i panel del Mainstage: uno studio TV che trasmetterà innovazione, attualità e spettacolo in Italia e all’estero Il Mainstage del WMF di novembre corrisponderà perciò ad un vero e proprio studio televisivo con otto differenti trasmissioni: 16 ore di diretta con momenti di spettacolo e cultura, tavole rotonde e speech ispirazionali.

La giornata inaugurale del 19 novembre verrà aperta da un approfondimento politico- istituzionale con il coinvolgimento del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero del Lavoro, del MiBACT, del sindaco di Firenze Dario Nardella e dell’assessore all’Innovazione del Comune di Milano Roberta Cocco, con l’obiettivo di scattare una fotografia dell’attuale situazione e per parlare dei piani da attuare per il futuro, tra emergenza e innovazione.

Proprio della situazione emergenziale parleranno poi, con dati e ricerche alla mano, il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta e Matteo Bassetti – Direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova -, mentre Nicoletta Carucci di NEXI e Andrea Mangilli di Farmakom chiuderanno la prima sessione del Mainstage con un intervento dedicato ai nuovi trend del mercato digitale.

Sulle note dei Modena City Ramblers – che suoneranno anche “I cento passi” nel ventennale dall’uscita del film – si aprirà la sessione pomeridiana dedicata alla Social Innovation, dove si parlerà di mafia, legalità e diritti umani con Luisa Impastato, i giornalisti Floriana Bulfon e Lirio Abbate e la partecipazioni dei coniugi Regeni con il loro avvocato Alessandra Ballerin.

Di Innovazione Sociale si parlerà anche guardando al mondo dei brand e al loro modo di interpretarla: ne parleranno il presidente della Rai, Marcello Foa, la presidente di Diversity Francesca Vecchioni, Gloria Ficili di IBM Italia. Ad arricchire ulteriormente il parterre di ospiti anche il guru del marketing Philip Kotler che, in compagnia di Christian Sarkar, si collegherà dall’estero per presentare il suo manuale “Brand Activism” durante un’intervista live moderata da Paolo Iabichino e Sabina Addamiano.

In programma durante la prima giornata, inoltre, la diretta live della finale della Startup Competition, giunta all’8a edizione, corredata da ben 40 pitch nella Sala Startup e soprattutto confermata, con oltre 2.600 pitch candidati e premi assegnati per un valore di oltre un milione di euro nelle edizioni precedenti, la competizione tra startup più grande in Italia che negli scorsi anni ha promosso la crescita di casi di successo quali TOMMI, Friendz, JustKnock, FitPrime, Mygrants e PatchAI.

La seconda giornata del Mainstage si aprirà con un’esibizione musicale davvero innovativa a cura di un ospite a sorpresa, che introdurrà un ricco track tematico dedicato a Digital Transformation, Robotica e Intelligenza Artificiale con il rettore dell’Università Bocconi Gianmario Verona, Claudio Semini (IIT), Andrea Zanchettin – che presenterà il robot collaborativo YuMI – e Andrea Toigo, di Intel.

Di integrazione e di diritti umani parlerà Giuseppe Civati presentando il libro “Liliana Segre – Il mare nero dell’indifferenza”, Franco Vaccari – Fondatore e Presidente di Rondine, Cittadella della Pace – e, in collegamento da Johannesburg, l’attivista Siyabulela Mandela, mentre un ampio panel sulla sostenibilità coinvolgerà il portavoce di ASViS Enrico Giovannini, Marco Casula e Mauro Mazzola, rispettivamente tecnico e ricercatore del CNR, ed Eleonora Cogo, che lancerà “Change Game” il videogioco del CMCC per combattere i cambiamenti climatici. https://www.youtube.com/watch?v=Gf6FoHQeH2M&feature=emb_title

In collegamento durante la seconda giornata Alessandro Borghi, interprete di Stefano Cucchi nel film “Sulla mia pelle” del 2018 e considerato tra i principali attori del panorama italiano.

Con l’intervento di Ilaria Galbusera e dell’architetto sordo Consuelo Agnesi l’attenzione verrà spostata sul mondo dell’accessibilità, mentre con David Vannozzi – direttore Generale di CINECA – e con l’astrofisica Sandra Savaglio si parlerà rispettivamente di supercomputer e di smart cities.

A chiudere la seconda giornata del WMF, inoltre, una ricca trasmissione dedicata ad AI, Dati e Social Impact con il direttore scientifico della Fondazione su AI e Big Data (IFAB) Patrizio Bianchi, Francesca Rossi (Global Leader di IBM) e le ricercatrici Anna Grassellino (Fermilab) e Alessandra Sciutti (IIT).

La terza giornata si apre all’insegna dell’attualità: il giornalista Andrea Scanzi - già ospite del Festival a giugno – parlerà del ruolo dei media durante l’emergenza e introdurrà a una round table dedicata al mondo dello spettacolo con Filippo Fonsatti (Presidente Federvivo), Luciano Messi (Presidente ATIT) e Francesco Giambrone (Presidente ANFOLS). Gli interventi della giornalista sotto scorta Federica Angeli e di Domenico Lucano condurranno poi a una round table dedicata al mondo degli eSports.

Nell’ultima trasmissione in programma sul Mainstage verrà esplorato il mondo della Space Economy in compagnia di Chiara Cocchiara (EUMETSAT) e del settore Aerospace con l’intervento di Anilkumar Dave (Agenzia Spaziale Italiana), Pierre Philippe Mathieu (ESA) e Pietro Milillo (NASA).

Ampio spazio anche alle nuove frontiere dell’innovazione e al ruolo dei giovani con l’intervento di Gabriele Ferrieri – Presidente Associazione Italiana Giovani Innovatori – e di Jacopo Cavagna, che parlerà del progetto WMF Youth.

Uno sketch de I Sansoni, già ospiti del Festival, accompagnerà poi il pubblico collegato in diretta verso i saluti finali del Festival.

L’Area Expo e lo Startup District visitabili virtualmente A fare da cornice agli eventi, l’Area Expo del WMF – che nella scorsa edizione ha accolto oltre 500 sponsor e partner e le più importanti realtà del mondo tech -, che sulla piattaforma interattiva ospiterà gli stand virtuali di oltre 127 aziende espositrici e 50 sponsor tra cui Aruba, ESA – European Space Agency, NEXI, Hoepli, Trustpilot, Manzoni S.p.a, Mondadori Media, Talkwalker, Siteground, Studiosamo. L’Area Expo presenterà ai partecipanti del Festival e agli addetti ai lavori diverse opportunità di networking anche in collegamento, come ricercare sponsor e partner per diversi settori di interesse, consultare materiali informativi su prodotti e servizi e avviare videochat in real time con consulenti e professionisti.

Sempre in tema di opportunità di business e networking, le startup presenti, gli imprenditori e i partecipanti potranno trovare nello Startup District un comparto interamente dedicato a più di 50 startup e progetti innovativi.

L’agenda del WMF di novembre è consultabile sul sito del Festival, dove sono pubblicate anche la lista degli speaker, delle iniziative e tutte le informazioni su quello che sarà il più grande Festival ibrido sull’Innovazione.

WMF – Il più grande Festival sull’Innovazione Digitale e Sociale Con oltre 21.000 presenze registrate in tre giorni nella passata edizione, 500 espositori e partner e 500 speaker da tutto il mondo, il WMF è il più grande Festival sull’Innovazione Digitale e Sociale. Ideato e prodotto da Search On Media Group, il WMF nel 2020 si presenta con una doppia edizione: il WMF Online – il primo festival ibrido e diffuso realizzato nel corso dell’emergenza sanitaria che il 4, 5 e 6 giugno scorsi ha raggiunto online oltre un milione di utenti – e il WMF2020, che si terrà il 19, 20 e 21 novembre con un format ibrido.

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