UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

TESI DI LAUREA IN TEORIA E TECNICHE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA

PROBLEMATICITA’ DELLA FASCIA “PROTETTA”: MONITORAGGIO DEI PALINSESTI RAI

RELATORE: Ch.ma Prof.ssa DIANA SALZANO

CANDIDATA: VICHY BOTTERI Matr. 365/783

CORRELATORE: Ch.mo Dott. NICOLA LA SALA

Anno accademico 2007/2008

1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

TESI DI LAUREA IN TEORIA E TECNICHE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA

PROBLEMATICITA’ DELLA FASCIA “PROTETTA”: MONITORAGGIO DEI PALINSESTI RAI

RELATORE: Ch.ma Prof.ssa DIANA SALZANO

CANDIDATA: VICHY BOTTERI Matr. 365/783

CORRELATORE: Ch.mo Dott. NICOLA LA SALA

Anno accademico 2007/2008 INDICE

Introduzione 2

Capitolo I Violenza televisiva e minori 4 I.1 Televisione e Minori 4 I.2 Il Potere dell’Immagine 20 I.3 Il destino dell’infanzia nella società delle immagini 28 I.4 Le Ricerche Italiane 36

Capitolo II Aspetti normativi della tutela dei minori e programmazione televisiva Rai per l’infanzia e l’adolescenza 46 II.1 La tutela dei minori 46 II.2 Lo scenario internazionale ed europeo 49 II.3 Il panorama normativo italiano: dalla nozione di ‘riserva statale’ alla Legge Maccanico. 55 II.4 I codici di autoregolamentazione per la tutela dei minori e il nuovo assetto della radiotelevisione 66 II.5 La programmazione televisiva per l’infanzia e l’adolescenza della Rai 84

Capitolo III Monitoraggio dei palinsesti Rai in fascia “protetta” 102 III.1 L’Osservatorio “Violenza, Media, Minori” 102 III.2 Lo strumento di rilevazione: “le griglie di monitoraggio” 106 III.3 Le problematicità della fascia ‘protetta’ 114

Appendice : Codice di autoregolamentazione Tv e minori 151 Riferimenti bibliografici 162

1 Introduzione

Questo lavoro, dal titolo “Problematicità della fascia ‘protetta’: monitoraggio dei palinsesti Rai”, nasce dalla stimolante esperienza vissuta nell’ambito del Laboratorio di monitoraggio dei palinsesti televisivi condotto dalla professoressa Diana Salzano coordinatrice dell’Osservatorio “Violenza,

Media, Minori” dell’Università di Salerno. La partecipazione al Laboratorio mi ha dato la possibilità di approfondire il tema degli effetti della televisione sul pubblico dei minori e sperimentare metodologie e strumenti di rilevazione dei contenuti televisivi. Grazie alla collaborazione della professoressa Salzano con il

“Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e minori” e l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, nelle persone rispettivamente di

Emilio Rossi e Sandro Montanari, i miei colleghi ed io abbiamo potuto usufruire di metodologie di analisi atte a valutare i programmi messi in onda durante la fascia “protetta”.

Monitorare un programma, secondo Sandro Montanari, significa avere chiare la letteratura e le recenti ricerche scientifiche sul rapporto Media e Minori, gli effetti dei media sul soggetto in età evolutiva, le norme e la giurisprudenza di settore e infine la storia e la metodologia di costruzione del palinsesto di una determinata emittente televisiva. Questi diversi aspetti sono stati approfonditi nei primi due capitoli di questa tesi. Nell’ultimo capitolo, invece, ho dato ampio spazio alle valutazioni e ai risultati conclusivi del monitoraggio dei programmi trasmessi dalle reti Rai.

2 Un grazie di cuore va alla professoressa Diana Salzano che con competenza, passione e professionalità ha saputo “condurmi” nell’interessante mondo della Media Education, mi ha offerto la sua fiducia e svelato un grande segreto: “bisogna credere nelle proprie passioni, trarre forza da esse e andare avanti”. Ringrazio, inoltre, il dottor Nicola La Sala per la disponibilità dimostratami.

Dedico questo mio primo traguardo ai miei “aquiloni” che hanno saputo condurmi durante tutto il percorso di vita e hanno avuto un’infinita pazienza in questi mesi di “scrittura creativa”. Ai miei quattro nonni che amo immensamente, so che saranno felici per la loro prima nipote laureata. Ai miei parenti tutti, agli

“interculturini” e al “metodo Flavia” a tutte le persone incontrate nel mio cammino dall’Australia al Belgio fiammingo, se non vi avessi incontrato non sarei quel che sono ora. Un grazie particolare va alla mia “sorella riccia freudiana”

Manju, che mi ascolta e mi vuole bene da ben 11 anni; al mio raggio di sole

Mirella che mi ha insegnato a ‘campà; a Marilena e Francesca le mie sorelline di casa; a Luciano e Antonio mio colleghi di studio e a Picci.

Un grazie, infine, a Marco che ha saputo trasmettermi serenità e

“Amoree”!

3 CAPITOLO I:

VIOLENZA TELEVISIVA E MINORI

I.1. Televisione e Minori

Le ricerche sui diversi effetti dei media e, in particolare della televisione, soprattutto sul target infantile e adolescenziale, vantano un’antica tradizione in

America e nei paesi anglosassoni. Le ricerche pioneristiche di Schramm, Lyne e

Parker (1961), svolte negli Stati Uniti, e quelle di Himmelweit, Oppenheim e

Vince (1958), realizzate in Inghilterra, evidenziano come la quantità di consumo televisivo abbia conseguenze importanti su alcuni aspetti dello sviluppo sociale ed intellettivo dei bambini. Inoltre, in determinate situazioni, l’espressione di comportamenti aggressivi, può essere facilitata da tale consumo, espressione che, comunque risulta modulata da variabili inerenti alla personalità e all’esperienza sociale dei minori. La ricerca scientifica ha, di volta in volta, rivolto la propria attenzione a sfaccettature diverse del problema; infatti in taluni casi, sono stati indagati gli effetti a breve termine, in altri quelli a lungo termine (Salzano 2000).

La letteratura sull’argomento è estremamente vasta. Sono state dedicate più di cinquemila ricerche in diversi paesi, sul presunto nesso tra la violenza televisiva e quella reale. Da imponenti studi longitudinali e transculturali è emerso che gli effetti della televisione sull’età dello sviluppo, si inseriscono in una complessa trama di variabili in continua interazione ed evoluzione: personalità dello spettatore, età, sesso, contesto socio-culturale di appartenenza, qualità e quantità della fruizione televisiva, tipo di messaggio veicolato e così via. E’ nell’ambito del sistema di tali variabili che la televisione esercita le sue influenze sulle rappresentazioni della realtà sociale che il bambino si costruisce, sui sistemi di

4 valori e sulle valutazioni etiche che viene assimilando, sui processi cognitivi e linguistici, sulle emozioni e sull’acquisizione di modelli comportamentali come quelli di tipo aggressivo o prosociale. E’ in questo contesto che richiede dati e analisi di ordine interdisciplinare che le influenze della televisione sullo sviluppo si stanno progressivamente chiarendo.

Ciò ci porta a precisare però che troppo spesso la televisione è stata ritenuta “il capro espiatorio” al quale attribuire le colpe di qualsiasi disfunzione sociale. In questa sede non faremo della televisione una vittima da immolare e da demonizzare, secondo il meccanismo sacrificale girardiano1, ma studiare gli aspetti di intrinseca problematicità per dare il giusto valore alle cose. “La televisione, come ha ben rilevato Hervè Bourges, non è né l’unica causa né il solo antidoto ai mali della società moderna ma ne costituisce piuttosto il riflesso”(Salzano 2000:139). Il problema è che tale riflesso ci accompagna per gran parte del nostro tempo quotidiano ed è per questo che è necessario studiarlo, per comprenderne la portata.

Queste ricerche, oltre ad avere un valore epistemologico importante, evidenziano come sia difficile parlare del rapporto tra media, violenza e minori come di un rapporto di causa-effetto. Il tema così tanto dibattuto non ha trovato però tutti concordi nel constatare l’influenza dei media sulla violenza reale per ragioni metodologiche (Salzano 2000: 144). Infatti, perché i risultati di uno studio siano validi devono poter essere replicabili; cioè seguendo le stesse procedure si devono

1 Secondo René Girard nel momento in cui la violenza irrompe nella società, essa, nel suo istinto di sopravvivenza, richiede una vittima da sacrificare per espiare le colpe e le responsabilità che gli appartengono. La violenza rituale del sacrificio di uno, per il bene della comunità, ha colpito oggigiorno anche i media contemporanei. Essi incarnano la violenza che incombe sull’intera struttura comunitaria ed è per questo che diventano il capro espiatorio al quale attribuire le colpe di qualsiasi disfunzione sociale (Girard 1986).

5 necessariamente ottenere gli stessi risultati. Il problema è proprio questo, e cioè non sempre le variabili in gioco sono costanti e controllabili, per cui risulta difficile isolare tra questi fattori, il solo effetto della violenza dei media. Gli studiosi che non confermano il nesso tra violenza mediatica e comportamento aggressivo, proprio per le ragioni su citate, sono pochi. Tra questi ricordiamo

Feshbach e la sua nota “Teoria della Catarsi” (1961). Secondo l’autore, la visione di scene di violenza possono avere un effetto catartico sul minore in quanto quest’ultimo può liberarsi dalle proprie pulsioni negative, scaricandole sul piano dell’immaginario ed impedendo così che si traducano in azioni violente.

Il rapporto con la televisione non solo varia in relazione al diverso peso che hanno altri modelli mutuati dall’ambiente socio-culturale di appartenenza, ma tale rapporto dipende, inoltre, dalla personalità del soggetto, dalla sua maturità psicologica, dalla sua capacità di distinguere la fiction dalla realtà. La teoria di

Feshbach è interessante ma presuppone che lo spettatore sia capace di discernere tra ciò che è finzione e ciò che è realtà e di staccarsi dalle situazioni e dai personaggi rappresentati sullo schermo. Sappiamo però che più il bambino è piccolo, tanto più indistinti sono i confini tra realtà e rappresentazione e tanto più l’effetto suggestivo o di “incantamento” della TV, dovuto alla luminosità dello schermo, ai colori, alla musica, ai toni vocali, riduce le funzioni di vigilanza cognitiva degli stessi.

I minori, gli emarginati, i soggetti più deboli rappresentano un bacino d’utenza molto delicato che deve essere sempre tenuto in considerazione. Studi recenti dimostrano che i bambini, dopo la scuola materna, possono confondere ancora mnemonicamente i ricordi di eventi realmente accaduti con gli eventi presentati

6 dai programmi televisivi. Così come ci fa notare Varin: “Per alcuni bambini di tre anni i personaggi stanno nel televisore in carne e ossa, e qualche bambino può chiedere come sia possibile che un animale grande come un elefante possa stare dentro al televisore; così, per altri bambini, una palla lanciata sullo schermo può colpire il personaggio e fargli male”(Varin 1998: 65).

Anche se le tesi sviluppate non hanno portato a dei risultati certi ed incontrovertibili, in ogni caso tutti gli studi hanno contribuito ad ampliare il dibattito e a svelare la complessità del problema.

E’ di fondamentale importanza una breve ricognizione delle teorie sugli effetti dei media, incominciando dalle teorie definite “classiche”per la loro significatività ed autorevolezza, fino alle teorie più recenti, che hanno contribuito a chiarire il nesso tra l’esposizione alla violenza mediatica e l’aggressività.

• La Catarsi. Per Aristotele, la catarsi è intesa come modalità di purificazione-liberazione che l’uomo esperisce grazie alla poesia, alla musica e al dramma e attraverso la quale raggiunge inconsapevolmente il rasserenamento e la depurazione dell’anima. La tragedia greca diviene, dunque, un potente mezzo terapeutico in grado di aiutare gli spettatori a liberarsi delle proprie emozioni negative, identificandosi con i personaggi dell’opera. Tale idea è stata estesa, nel tempo, a tutti gli spettacoli mediatici, in particolare a quelli violenti. Lo spettatore, per effetto catartico, si libera dalla sua collera, a vari livelli di profondità, identificandosi principalmente con il protagonista e collateralmente con altri personaggi rappresentati. In realtà l’identificazione con il protagonista funge solo da alibi per garantire alla coscienza il controllo di emozioni negative dietro al

7 quale si nascondono e si mascherano sentimenti ed emozioni inconfessabili meno lecite e positive che difficilmente troverebbero spazio di espressione e di rappresentazione. Naturalmente tale effetto può avvenire solo se lo spettatore mantiene la consapevolezza della distinzione fra sé ed il personaggio e se permane il senso di finzione, per cui la sua identità personale non è messa in gioco. Per i fautori di questa teoria, l’esposizione alla violenza veicolata dai media riduce il comportamento aggressivo del telespettatore, risolvendo la pulsione negativa sul piano dell’immaginario. Secondo Feshbach (1961), perché l’effetto catartico avvenga, è necessario che vi sia una stimolazione della pulsione aggressiva del telespettatore e che l’oggetto dell’aggressività abbia un rapporto, almeno di somiglianza, con quella del suo vissuto. Nonostante il suo fascino, tale teoria non ha trovato riscontro nelle ricerche sul campo, che anzi hanno sempre più confermato che l’esposizione alla violenza mediatica non riduce l’aggressività, anzi la stimola!

• L’apprendimento sociale. Secondo tale teoria è sufficiente l’osservazione da parte dei bambini dei contenuti televisivi per far loro apprendere modelli di comportamento che potranno quindi riproporre nelle situazioni di vita reale. Tra i fautori di tale teoria vi è senza dubbio lo psicologo Albert Bandura (1973) che ha dedicato i suoi studi agli effetti a breve termine dell’esposizione a scene violente sul comportamento aggressivo di minori. In particolare, nelle ricerche sperimentali da lui condotte, le risposte aggressive si presentavano nei casi in cui veniva dato allo spettatore la possibilità di mettere in atto quello specifico comportamento violento, precedentemente osservato; inoltre veniva rilevato che

8 vi era maggiore propensione all’aggressività nei gruppi di bambini che avevano assistito ad atti di violenza premiata o non punita. Nell’ottica del discorso sulla violenza televisiva, c’è da dire che anche gli eroi “buoni” fanno uso di violenza; essa viene giustificata per proteggere un individuo, la società o il mondo, dal crimine o dal cattivo di turno. L’eroe violento genera confusione nel bambino che associa la violenza ad uno scopo positivo e ciò dà luogo a comportamenti aggressivi. Tale teoria non tiene conto delle variabili ambientali e socio- psicologiche del soggetto, ed in più costringe il minore a dover imitare il comportamento aggressivo proposto in laboratorio, in condizioni artificiali e artificiose.

• Il trattamento dell’informazione. Un più recente approccio al problema violenza mediatica ed aggressività focalizza l’attenzione sui processi cognitivi implicati nell’apprendimento del comportamento aggressivo. La teoria del

“trattamento dell’informazione” è più attenta a delineare il profilo di soggetti che potrebbero essere più suscettibili di altri nell’acquisire copioni (script) aggressivi dai media. Gli effetti dell’esposizione mediatica dipendono non più solo dal contenuto del messaggio ma da come esso viene percepito ed interpretato dai destinatari. Tale convinzione è alla base della “Teoria Cognitiva neo- associazionista” di Berkowitz (1962). Le ricerche di laboratorio dell’autore hanno evidenziato che i minori che avevano assistito a filmati con contenuti violenti presentavano comportamenti aggressivi soprattutto se nel corso della proiezione veniva suscitato in loro un peculiare stato emotivo. Dopo l’esposizione alla violenza mediatica, il soggetto veniva a trovarsi in un particolare stato di

9 attivazione psichica, durante il quale i pensieri, le emozioni e i desideri di agire in modo aggressivo erano al centro delle sue preoccupazioni, favorendo la trasposizione di tali pensieri e desideri in atti violenti. Berkowitz si soffermava soprattutto sugli effetti incitativi a breve termine dei messaggi violenti, al contrario di altri suoi colleghi, quali, Huesmann e Eron, che hanno elaborato una teoria dello “scenario cognitivo” che si occupa del fenomeno del comportamento aggressivo a lungo termine. Per essi lo scenario cognitivo è una norma di comportamento memorizzata, interiorizzata ed usata come schema di condotta in circostanze particolari, o, per meglio dire, di copioni aggressivi acquisiti e fissati nella memoria grazie alla precoce e frequente esposizione alla violenza. Inoltre, l’utilizzo di uno scenario cognitivo dipende dal grado di similarità tra la situazione che il soggetto vive al momento della riattivazione e quella in cui il copione è stato memorizzato. Bisogna precisare poi che l’effetto di riattivazione può essere enfatizzato dal soggetto che fantastica sull’aggressione. I copioni comportamentali possono essere acquisiti per esperienza personale o mutuati dai mass media e possono essere rinforzati e modificati attraverso una serie di informazioni apprese nel corso delle varie applicazioni.

Queste ultime due teorie hanno avuto non poche obiezioni, soprattutto di tipo metodologico, riguardo la misurazione non realistica della violenza, le condizioni artificiali di osservazione, la sola valutazione degli effetti a breve termine e così via. Alcuni ricercatori, in risposta alle critiche avanzate, hanno condotto degli esperimenti sul campo in condizioni più naturali, misurando in modo più realistico l’aggressività. Recentemente sono stati condotti diversi studi innovativi per testare l’impatto a lungo termine della violenza mediatica. Tali effetti sono molto più

10 complessi da valutare rispetto a quelli di breve termine tenuto conto degli innumerevoli fattori in gioco e delle obiettive difficoltà di controllo e di rilevazione empirica degli stessi. Uno di questi studi ha preso in esame lo stesso gruppo di soggetti per un periodo di ventidue anni, arrivando a concludere che i forti consumi di trasmissioni violente ad 8 anni di età hanno indotto a significative tendenze aggressive manifestate in età compresa tra i 18 e 30 anni. Si è constato che esiste una relazione circolare tra le abitudini di fruizione televisiva e l’aggressività: guardare la televisione aumenta l’aggressività e l’aggressività induce ad una maggiore esposizione alla violenza televisiva.

• La desensibilizzazione. Un effetto molto frequente della violenza mediatica

è la desensibilizzazione. Questa si produce quando un’esposizione prolungata ad uno stimolo genera una diminuita sensibilità, se non addirittura indifferenza, allo stimolo stesso. La desensibilizzazione alla violenza non ha valenza terapeutica; questo significa che per catturare l’attenzione del pubblico bisogna via via proporre filmati sempre più aggressivi e d’impatto. La desensibilizzazione non si verifica solo nei confronti di immagini fictionali ma interviene anche in situazioni reali. Da alcuni studi è emerso che “i soggetti di ambo i sessi reagiscono meno ad una situazione di aggressione reale se sono stati preventivamente spettatori di una violenza televisiva” (Drabman, Thomas, Jarvie 1977: 44-46). Sottolinea Varin che assistere frequentemente alla violenza sullo schermo può: ridurre l’empatia, sentimento necessario per comprendere la sofferenza della vittima; favorire una deresponsabilizzazione personale e un disimpegno morale che, in determinate

11 circostanze, potrebbero portare ad una sorta di disumanizzazione dell’avversario e, addirittura, alla disinibizione dell’aggressività del minore (Varin, 2000).

• La Cultivation Theory. Questo progetto teorico è stato intrapreso nel 1967 su iniziativa della National Commission on the causes and prevention of violence.

Il lavoro di George Gerbner, con la sua teoria dell’incubazione (cultivation) culturale, si esplicita proprio nel Cultural Indicators Project o Cultivation Theory

(1995). Per l’autore l’esposizione prolungata a programmi televisivi violenti può condurre gli spettatori a generalizzare e ad estendere alla realtà ciò che viene osservato in televisione. Questo effetto è tanto più forte e deleterio quanto meno l’individuo ha esperienza diretta delle cose o contatti con altre fonti di informazione alternative al medium televisivo o viva in contesti sociali ad alto tasso di criminalità. La fruizione televisiva, nel lungo periodo, incide sui processi di costruzione della realtà, esercitando un “effetto di incubazione” sul telespettatore, e tale rappresentazione distorta della società che si viene a creare contribuisce ad una svalutazione del mondo. Infatti, la notevole quantità di violenza contenuta nei programmi televisivi porterebbe così la persona a sviluppare sentimenti di ansia, paura e diffidenza nei confronti del mondo reale, percepito come violento e minaccioso e ad accettare più facilmente misure repressive della violenza, tanto da poter parlare di “effetto vittima”. Questo vale in particolar modo per i grossi consumatori di TV che, oltre a soffrire di una vera e propria mean world syndrome (la sindrome del grande mondo cattivo), ricorrono più spesso degli altri all’adozione di diverse misure di sicurezza (armi e simili). Il

Cultural Indicators Project mette in relazione il mainstreem televisivo e le diverse

12 visioni della realtà dei telespettatori; l’elaborazione dei dati, i Cultural Indicators, mira a sviluppare tre assi di ricerca: 1. L’analisi dei contenuti dei programmi televisivi in un anno, considerati globalmente, per avere un’idea di ciò che grandi fette di pubblico televisivo assimilano nel lungo periodo; 2. L’analisi dell’effetto di incubazione, termine utilizzato per distinguere tra la formazione a lungo termine, delle opinioni sulla vita e sui valori e, gli effetti a breve termine; 3. La disamina delle politiche istituzionali operate nel mondo dei media. Queste ricerche hanno lo scopo di misurare e/o valutare come un alto consumo televisivo porti a condividere contenuti e valori proposti dal mezzo, rispetto ad altri che hanno invece, medio o irrisorio spazio e attenzione nei media e, di conseguenza, scarsa diffusione presso il largo pubblico. Il “differenziale di coltivazione” è un indice che dimostra come ci sia “congruenza” con ciò che ha coltivato la televisione su un certo argomento e la “distorsione” rispetto alla realtà sociale

(Livolsi, 2002, 312).

Per Gerbner il vero pericolo della violenza televisiva non consiste nell’indurre comportamenti aggressivi reali, quanto nel diffondere un senso di ansia e paura generale nel telespettatore che finisce col diventare sempre più rassegnato al

“mondo cattivo” in cui vive e sempre più propenso al disfattismo e all’acquiescenza/sottomissione. I “consumatori pesanti” di TV che vivono in contesti urbani connotati da un forte tasso di criminalità si costruiscono un’idea della violenza reale e della figura del criminale che corrisponde in gran parte a quella veicolata dalla televisione. Inoltre, la TV per Gerbner è una vera e propria arma culturale per mantenere lo status quo, per diffondere opinioni e norme di condotta convenzionali e per stabilizzare i modelli sociali esistenti. Mostrando in

13 televisione le conseguenze della trasgressione e della violazione delle regole sociali si ottiene un rafforzamento di queste stesse regole e non la loro sovversione. Con grande probabilità, ci dice Gerbner, le persone già angosciate e insoddisfatte svilupperanno un maggiore senso di dipendenza e sottomissione alle autorità, alle quali chiederanno misure repressive più severe che in qualche modo possano contribuire a risolvere le loro paure. Secondo l’autore, gli effetti della TV sui comportamenti aggressivi sono presenti solo in una piccola minoranza di casi, e per questo accantonati e messi da parte. Questi studi evidenzianocome la Tv enfatizzi personaggi di razza bianca, a discapito di donne, anziani, bambini e minoranza etniche; allo stesso modo tracciano il profilo di consumatori, legati troppo alla classe sociale di appartenenza, con scarso livello di istruzione e poche aspirazioni. Questo modello teorico tende a dare un quadro dai toni apocalittici dell’efficacia dei media e degli effetti che essi producono per l’accumulazione in tempi lunghi dei loro contenuti.

• Il Philobatisme. E’ una nozione di derivazione psicoanalitica. Balint l’ha usata per indicare quel “brivido misto di paura, piacere, gusto per l’angoscia e speranza fiduciosa che si prova di fronte ad un pericolo esterno” (Balint 1959:

20). L’individuo tende cioè ad esporsi deliberatamente ad un pericolo reale o alla visione di spettacoli “forti”, sperando di essere in grado di gestire e dominare la paura che essi provocano e di ritrovare infine la sicurezza e l’appagamento. Il philobatisme è presente nel bambino piccolo che gioca a nascondino per la paura e il piacere di essere inseguito o ascolta storie spaventose che lo terrorizzano e lo affascinano contemporaneamente (Salzano 2000,163). La televisione sembra

14 2 che della violenza palesata e splatter come quella del wrestling o di film per ragazzi.

2 Si pensi al film “Sleepers” in cui dei ragazzini messi in riformatorio, sono portati in uno

15 Una bassa dose di orrore, associata ad un rasserenante happy end, sembrano essere proprio ciò che il pubblica desidera (Salzano 2000).

• Effetti a breve termine di tipo psicologico. Nell’ambito di tale tipo di effetti, sono stati descritti due meccanismi mentali, attivati nello spettatore, che sembrano giocare un ruolo significativo: la proiezione e l’identificazione.

Diverse ricerche hanno mostrato come più sono intensi i processi identificativi nei personaggi delle vicende dello schermo, maggiori sono gli effetti dei contenuti televisivi violenti sull’aggressività comportamentale in età di sviluppo (Huesmann ed Eron, 1986).

Alcuni studi di derivazione psicoanalitica, soprattutto quelli portati avanti da

Musatti (1961), risultano utili a spiegare i possibili effetti della televisione sui bambini3. L’assunto fondamentale dal quale parte l’autore è che il soggetto non ha davanti a sé semplicemente uno schermo, ma un ambiente ed uno spazio corrispondente allo spazio reale, che incantano più di qualsiasi altra forma di rappresentazione (si pensi alle vicende proposte dalle altre forme di rappresentazione, come la lettura o il teatro). Lo spettatore assiste a scene ben costruite, “reali”, nel cui flusso tende facilmente ad immergersi, perdendo ogni istanza mentale di difesa (Varin, 1998: 67). Secondo Musatti, ciò è facilmente spiegabile grazie alla similitudine che le rappresentazioni filmiche (o televisive) hanno con le scene oniriche. Infatti, durante la visione di un film, così come nel sogno, il soggetto interrompe in maniera più o meno prolungata il contatto con la scantinato da alcuni adulti che avevano la loro custodia, e violentati. La scena viene bruscamente tagliata e oscurata, facendo però sentire le urla delle vittime.

3 Ricordiamo però che gli studi di Musatti sono rivolti prevalentemente al mezzo cinematografico.

16 realtà esterna, allentando la sorveglianza su tendenze, bisogni e desideri che non può esprimere e appagare nella vita reale. Lo spettatore, mediante l’attivazione di meccanismi d’identificazione e proiezione, s’immedesima nei personaggi e nelle vicende filmiche che in qualche misura entrano in contatto con il suo inconscio:

Da un lato, identificandosi con i personaggi ne assimila atteggiamenti e comportamenti, dall’altro, proiettando le proprie emozioni sui personaggi dà in

“prestito” intenzioni, sentimenti e pensieri propri, meno consapevoli e manifesti.

In ogni caso i due meccanismi d’identificazione e proiezione non agiscono indipendentemente gli uni dagli altri, dato che la proiezione è sostenuta da un’iniziale identificazione con il personaggio mentre l’identificazione è rafforzata dal fatto che il personaggio, per effetto della proiezione, è reso più simile allo spettatore. Ciò, se da un lato permette allo spettatore l’identificazione con il personaggio principale, non esclude delle identificazioni “laterali” con personaggi cattivi che normalmente lo spettatore non potrebbe permettersi, ma che in tal modo trovano spazio d’espressione e di gratificazione. Così il soggetto può immedesimarsi non solo con l’eroe della storia ma anche con il personaggio cattivo. A tale riguardo, Musatti fa riferimento ad alcune ricerche francesi svolte sui bambini, evidenziando come davanti ad una scena filmica di una fiaba, raffigurante un bambino che sta per essere mangiato da un animale, alcuni piccoli manifestano spavento, mentre altri tendono ad aprire la bocca come se si apprestassero a mangiare.

Studi più recenti sugli effetti a breve termine evidenziano, a riguardo di tale intensa partecipazione da parte del minore, le seguenti possibili implicazioni: 1.

Trauma da video, caratterizzato da tachicardia, disturbi intestinali,

17 dell’alimentazione e alterazioni comportamentali, manifestato da alcuni minori, dopo aver assistito ad immagini televisive impressionanti; 2. Attacchi di panico che si possono manifestare quando le scene violente sono particolarmente realistiche, quando venga mostrata la sofferenza della vittima e laddove quest’ultima abbia caratteristiche simili a quelle dello spettatore; 3. Diminuzione delle funzioni di “vigilanza” delle attività cognitive che favoriscono l’assimilazione di modelli veicolati dallo schermo; 4. Crisi epilettiche, se il soggetto è fotosensibile; 5. Episodi d’emulazione, soprattutto in rapporto con certi avvenimenti o manifestazioni di natura violenta descritti o commentati dai mass media o con talune scene contenute in film.

• Effetti a lungo termine di tipo psicologico. Sul piano delle implicazioni psicologiche di lungo periodo, la sovraesposizione ai contenuti televisivi può assottigliare le potenzialità d’immaginazione creativa nei bambini. I tempi sempre più veloci di narrazione, la crescente contaminazione tra generi diversi, il flusso incessante di immagini, non sempre filtrate e mediate dall’adulto, l’enorme quantità di messaggi e suggestioni lasciano poco spazio alla riflessione da parte dello spettatore, provocando un affollamento mentale che può incidere sulle prestazioni cognitive del minore. A differenza della lettura, che richiede al bambino l’attivazione di processi mentali volti a convertire il testo in rappresentazioni, la fruizione televisiva non esige, in genere, l’attivazione di processi mentali di tale complessità. Nella logica del flusso televisivo su cui è imperniata la neotelevisione, l’immagine è già presentata come “digerita” rielaborata e pronta all’utilizzo, lasciando poco spazio alla fantasia e al pensiero.

18 Assistiamo sempre più alla spettacolarizzazione delle immagini, alla perdita del loro potere evocativo e, come dice Nancy sono immagini-colpo, che non presuppongono profondità. La fruizione di tali immagini, richiede il minimo sforzo mentale da parte del bambino e la paura di alcuni autori è che tale atteggiamento possa essere esportato in altri contesti, quali quelli dell’apprendimento, dell’attenzione, della verbalizzazione e quindi del linguaggio.

Oggigiorno, la televisione è tra le agenzie di socializzazione che incidono sulla costruzione dell’identità del minore, tanto più rilevante è il loro peso quanto più deboli e inefficaci sono le altre agenzie formative quali, la famiglia e la scuola. E’ infatti auspicabile e opportuno che queste tre “entità” collaborino tra loro per aiutare il minore nella strutturazione della sua personalità e nella comprensione del mondo, reale e virtuale, che lo circonda.

19 “L’essenza dell’immagine è di essere tutta esteriore, senza intimità, e ciononostante più inaccessibile e misteriosa dell’idea dell’interiorità; di essere senza significato, pur evocando la profondità di ogni possibile senso; non rivelata e tuttavia manifesta, possedendo quella presenza-assenza che costituisce la seduzione e il fascino delle Sirene” (Blanchot)

I.2. Il Potere dell’ Immagine

Roland Barthes s’interroga, nel suo libro “La camera chiara”, sul potere della fotografia e dell’immagine, capace di creare un’inquietudine interiore improvvisa, inaspettata, in colui che la guarda. Nel libro, Barthes cita Sartre: “le immagini pubblicate sui giornali possono benissimo ‘non dirmi niente’ lasciandomi in uno stato d’ indifferenza, da non lasciarmi effettuare nemmeno la ‘messa in immagine’. [..] In questo deprimente deserto, tutt’a un tratto la tale foto mi avviene, essa mi anima e io la animo” (Barthes, 1980: 21). Barthes prova a stilare una regola strutturale, secondo la quale nelle immagini vi è la co-presenza di due elementi non appartenenti allo stesso mondo, che sembrano fondare quel particolare interesse che lo stesso autore aveva per alcune fotografie. Il primo elemento può essere definito prendendo in prestito una parola latina, “studium”, attraverso questo vi è un interessamento a molte immagini, a livello generale, che provocano un effetto quasi di “addestramento”. Lo studium è il senso ovvio di ciò che si osserva, è un contratto stipulato tra creatore dell’immagine e consumatore.

Il secondo elemento “mi trafigge” dice l’autore. In latino, per designare questa ferita, questo squarcio, esiste una parola, “punctum”, che sta per puntura, macchiolina, piccolo taglio: “il punctum di una fotografia (o di un’immagine ) è quella fatalità o rivelazione che, in essa, mi punge, ma anche mi ferisce, mi ghermisce”. Questo secondo elemento va incontro allo spettatore,

20 involontariamente. Così come abbiamo visto per Sartre, anche Barthes dichiara di non provare sempre trasporto per ciò che vede. Vi sono, comunque, delle immagini che rivelano consapevolmente ciò che era ben nascosto, celato. E’ come quando un buon regista, attraverso l’uso dell’immagine (e non della parola) ci rivela un particolare che è la chiave di tutta l’opera. O come quando l’immagine presentata “parla” allo spettatore, incentivando la riflessione, la “pensosità”. Le foto che attraggono per un solo particolare sono rare ma di fondamentale importanza, nella riflessione di Barthes e anche nella nostra. Esse hanno la capacità di modificare la lettura, donandole un valore superiore. Questo particolare è il punctum, che viene fornito per caso e senza scopo dall’autore della foto. Il “punctum” è l’epiphany joyciana o l’avvento di Sartre. L’autore riporta degli esempi, o meglio delle fotografie, che hanno per lui il potere di evocare un ricordo, un’emozione, che riempie e prende il posto della fotografia originaria. Il

“punctum” ha una forza d’espansione che consente di avvicinarsi al mondo dell’immaginario, del reale che è stato o che sarà: “Il particolare che innesca il mio interessamento, il mio amore”, dice l’autore, “non è intenzionale, non è voluto dal fotografo, non è definibile o codificabile, esso è una folgorazione che ha fatto ‘tilt’, che mi ha punto, trasmettendomi una leggera vibrazione, rendendo la foto non più una foto qualunque” (Barthes 1980).

Il particolare che ci colpisce lavora dentro lo spettatore, a livello inconscio, e può manifestarsi anche in un secondo momento, quando lo spettatore ha “alzato la testa o chiuso gli occhi”, lasciando che il particolare risalga da solo alla coscienza affettiva. Il particolare che si presenta è un supplemento che si aggiunge alla foto ma che è già nella foto. Inoltre, l’autore francese si domanda se il cinema ha la

21 stessa caratteristica della foto e nota come al cinema non sia possibile aggiungere qualcosa all’immagine, in quanto “davanti allo schermo non sono libero di chiudere gli occhi, perché altrimenti, riaprendoli, non ritroverei più la stessa immagine; io sono costretto a una voracità continua; un gran numero di altre qualità, ma nessuna pensosità” (Barthes 1980).

L’interessante discorso di Barthes è utile per capire che l’immagine ha un forte potere evocativo, ci può “colpire” appunto, se la si toglie dal suo solito bla-bla, bisogna solo chiudere gli occhi e far parlare l’immagine nel silenzio.

Etimologicamente la parola “immagine” è imago, deriva da imitor e può essere avvicinata a aemulus, emulo, rivale: l’immagine imita la cosa nel senso che la emula, che compete con essa. Per Nancy non esiste immagine senza che questa laceri la nostra intimità, ossia senza che questa subentri nell’oscura profondità di chi la guarda. L’immagine ostenta la presenza della “cosa”, la staglia in avanti, nel distinguerla da tutto il resto, sottoponendola ad una metamorfosi dinamica che le dà forza, una forza che trae da se stessa e di cui la cosa è priva. L’immagine è l’espressione non verbale della cosa e non la sua “rappresentazione”, ossia ra- presentatio, che secondo Nancy è una “rappresentazione sottolineata” con l’aggiunta cioè del valore di chi la rappresenta (o di chi la elabora). L’immagine è in qualche modo il porre in evidenza l’invisibile, ossia l’ostentare la parte più intima della cosa, la cui forza, attraverso lo sguardo e l’udito, penetra con violenza nell’intimo di chi la guarda. E’ per questo che l’immagine nella sua “violenza” fa breccia nella nostra intimità e proprio come nell’arte, può rappresentare l’assolutezza (l’eccesso), la parte più vera ed essenziale della realtà che balza in avanti al di là delle parole. L’immagine, nello scavare in modo violento

22 nell’intimità della realtà, entra in contatto con la parte più intima dell’altro, tanto che, come sottolinea Nancy, “lo sguardo si impregna di colore, l’orecchio si impregna di sonorità, non c’è immagine senza che anche io sia a sua immagine”.

E’ in questa accezione che l’immagine, come per qualsiasi espressione d’arte, acquisisce potere, ossia il potere di comunicare attraverso la propria forza evocativa con le parti più vere e profonde del sé, comunicando emozioni intense che stimolano la riflessività. La responsabilità di alcuni media è invece quella di utilizzare l’immagine in modo approssimativo e superficiale, di rappresentare un

“immagine colpo” che non ha fondo, ossia profondità. Si tratta di un’immagine che ha solo il potere ammaliatore della superficialità, che abbaglia lo spettatore, lasciandolo intorpidito e privo della sua capacità riflessiva. Alcuni media sembrano avere particolare talento a diffondere “immagini colpo” ossia immagini che possono scioccare e catturare l’attenzione dello spettatore ma che nel catturarne l’attenzione ne saturano la coscienza.

Naturalmente più aleggia il demone dell’audience e più è facile che lo spettatore venga catturato da immagini disimpegnate che ne fermano l’attenzione, privandolo della capacità di pensare: “E come se le cose rappresentate restassero mute, senza ostensione, senza sovversione espressiva, prive della resa crudele dell’immagine pura, ‘artistica’” (Salzano, 2004: 118).

Fin dall’antichità si è discusso sui poteri che l’immagine ha sull’uomo.

Considerata come un ponte tra visibile e invisibile, l’immagine ha permesso la rappresentazione grafica di ciò che l’uomo desiderava conoscere ma che faceva parte dell’invisibile. Realizzata dall’uomo ancor prima del segno grafico, che è

23 proprietà specifica della lingua scritta, essa ha bisogno di essere interpretata da chi la osserva.

La tendenza odierna è quella di far dire all’immagine ciò che essa non può e non deve dire ma ciò è fatto con l’intento di favorire il rapimento o l’incantamento e il nascere di sensazioni e sentimenti che portano lo spettatore vicino agli intendimenti di chi ha prodotto tali immagini: “Chi produce le immagini, proliferanti sui nostri schermi, ci vuole ciechi, abbagliati dai riflessi di specchi- schermo che duplicano incessantemente il reale” (Salzano 2000: 29). Sugli schermi televisivi, l’immagine si dà come realtà che non ammette risorsa individuale di interpretazione. E’ proprio questa la violenza di cui si parla, in quanto l’immagine non è più l’oggetto dello sguardo e del pensiero ma è realtà!

Ciò ci riporta al mito di Narciso, “che fu ucciso dal riflesso violento della propria immagine”. La violenza dell’immagine consiste dunque nell’azzeramento della sua distanza ontologica dalla realtà, nello spietato svelamento non di un contenuto ma di tutto il reale possibile. Lo sguardo saturo d’immagini rende l’occhio cieco, la visione consapevole di un’immagine ha bisogno di pause, d’attimi di riflessione, altrimenti il vedere tutto uccide colui che vede (Salzano, 2000: 30).

Un altro grado di pericolosità implicita nell’immagine è quella che nasce dalle mille letture possibili di un’icona. Essa assume significazione in relazione allo sguardo, che è un mondo di concetti, d’idee, di emozioni; ha un sesso e un’età, un’identità socio-culturale, un gusto estetico: “Lo spettatore legge l’immagine con gli occhi del mondo a cui appartiene”(Salzano, 2000: 30); se coglie la violenza, l’immagine è violenta; se prova altri sentimenti, consegna l’immagine ad altri destini.

24 Altro interrogativo: la violenza di ciò che si vede è mimetica? Il dilemma consiste nel chiedersi se la mimesi si esercita dall’immagine allo spettatore oppure se l’immagine è già mimetica di una violenza che la precede. Davanti a ciò che vediamo, ci carichiamo o ci liberiamo dalle nostre pulsioni aggressive?

Aristotele e Brecht hanno fatto riferimento al teatro (con opinioni differenti),

Lacan all’ opera d’arte, noi oggi parliamo di schermi televisivi. Il piccolo schermo

è capace di un’operazione catartica? Se la risposta è negativa, bisogna accusare il medium in sé o l’utilizzo che ne fanno gli ideologi della programmazione?

L’istanza purificatrice che è alla base della catarsi appare sempre meno probabile se l’uso della televisione è finalizzato alla de-realizzazione, alla duplicazione spettacolare del mondo che inibiscono la capacità di analisi e di giudizio del telespettatore.

La televisione ha messo in atto un dispositivo tecnico tale da rivoluzionare il mondo dell’immaginario, producendo effetti fusionali e confusionali di enorme portata. Il piccolo spettatore che non è indotto dalle immagini proposte dallo schermo a distinguere la realtà che lo circonda da quella fictionale, vive in uno stato di indeterminatezza che lo disorienta. Questo disorientamento può indurre, un soggetto preso in esame, a compiere azioni riprorevoli o degne di nota.

Prendendo in considerazione soggetti appartenenti alla fascia d’età infantile e quindi sprovveduti di capacità critica e di esperienza di vita, l’immagine può diventare più pericolosa. Se essa si presenta desemantizzata, stereotipata, simbolicamente e linguisticamente povera può divenire pericolosa perché assorbita nella sua interezza senza che essa possa fornire elementi di distacco e di crescita (può confezionare idee pre-confezionate ed omologanti).

25 L’immagine è sempre stata lo strumento privilegiato della fede (sin dalla vittoria dell’Iconofilia nel secondo Consiglio di Nicea4), perché si crede alla realtà di ciò che si vede; infatti l’uomo ha sempre avuto bisogno di materializzare e visualizzare l’oggetto della sua credenza, nel modo più reale possibile. Ma la violenza non sta nella rappresentazione di ciò che è visibile o invisibile piuttosto nel potere inibitorio che essa può avere sullo spettatore fino ad annullare il suo pensiero.

Se il mezzo televisivo, con le immagini che propone, non esercita la sua funzione di mediazione tra parole e pensiero viene meno alla sua precipua funzione.

Censurare l’immagine televisiva però serve a poco perché un’immagine non è mai né cattiva né buona in sé, ma la sua valenza scaturisce dal giudizio che si pronuncia su di essa. Di qui la necessità di organizzare e di ideare programmi televisivi che non siano destinati esclusivamente a bambini di età prescolare ma anche quelli destinati alla fascia pre-adolescenziale che pure fa un’uso prolungato del mezzo televisivo affinché essi possono cogliere il senso della realtà, sdrammatizzando e criticando le rappresentazioni: “E’ qui che l’educazione deve

4 Il secondo concilio di Nicea fu convocato nel 787, su richiesta di papa Adriano I e dall'imperatrice d'Oriente Irene, per deliberare sul culto delle immagini (iconofilia). Inizialmente infatti, vi era un rifiuto per le immagini, in quanto il Cristianesimo non aveva un’eredità artistica propria. Fu solo nel IV secolo, sotto l’impulso dello spirito greco, che i cristiani cominciarono a decorare i luoghi di culto e a rappresentare e venerare il sacro. Il giudizio sull’utilizzo delle immagini non fu unanime, e ben presto tutte le icone rappresentate furono eliminate e tutti coloro che veneravano le immagini furono dichiarati eretici. Questo scatenò innumerevoli lotte intestine tra iconoclasti e iconofili (favorevoli al culto delle immagini). Fu solo con questo Concilio che la “venerazione” venne ammessa e fu chiarito il significato del termine: “la venerazione delle immagini, significa la venerazione delle persone rappresentate e non delle icone materiali in quanto tali”. La definitiva sconfitta dell’iconoclastia avvenne nel 843 ma, il secondo Concilio di Nicea rappresentò un’importante spartiacque tra passato e futuro.

26 incontrare la comunicazione ed è qui che la Media Education5 può giocare il suo ruolo” (Salzano 2000: 37).

5 Il termine “Media Education” appare sullo scenario mondiale agli inizi degli anni ’70. L’Unesco si è fatta promotrice di questa nuova frontiera dell’educazione, grazie anche alla Dichiarazione di Grunwald del 1982 e del Colloquio internazionale di Toulouse del 1990: “Piuttosto che condannare o esaltare l’indubbio potere dei media, noi dobbiamo accettare il loro significativo impatto e la loro penetrazione nel mondo intero come un fatto indiscutibile ed anche apprezzare la loro importanza come un elemento della cultura del nostro tempo. I sistemi politici ed educativi dovranno essere consapevoli del loro obbligo di promuovere nei cittadini una comprensione critica del fenomeno della comunicazione moderna.” Il termine sta ad indicare, in modo diretto e sintetico, il rapporto tra il mondo dell’educazione e quello della comunicazione mediale, in tre ambiti diversi: “Educazione con i media”, considerati come strumenti della didattica; “Educazione ai media” con riferimento alla comprensione critica dei media, intesi come linguaggio, risorsa, ambiente e cultura; “Educazione per i media” diretta alla formazione dei professionisti. In Italia tutto è nato all’insegna di Don Bosco educatore e comunicatore, alla vigilia del centenario della sua morte (1988). In quell’anno è nato ISCOS (Istituto di Scienze della Comunicazione Sociale) e, in quest’ambito, sono iniziate le prime esperienze di Media Education. Nel 1996 alcuni pionieri italiani decisero di rendere permanente il network tra ricercatori, professionisti dei media ed educatori. E’ nato così il MED-Media Education, Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione.

27 I.3. Il destino dell’infanzia nella società delle immagini

Il punto cruciale della discussione è: quale sarà allora il destino dell’infanzia nella società delle immagini? I bambini sono esseri indifesi in balia dei potenti media, come vengono visti dalla visione classica, o sono l’espressione della “generazione elettronica”e quindi competenti fruitori dei media?

Le teorie degli apocalittici e degli integrati6 sul rapporto tra media e minori hanno avuto ampio seguito nel dibattito pubblico e accademico degli ultimi trenta anni ma recentemente altri studi e ricerche hanno dimostrato che tale rapporto è ben più complesso e articolato di quanto queste versioni lascino intendere. Le ricerche italiane sull’argomento - si pensi ai contributi di C.Rivoltella, M. Morcellini, P.

Bertolini e A. Piromallo Gambardella - e alle indagini multi-scopo dell’ISTAT e del CENSIS, hanno confermato che il “consumo” televisivo da parte dei minori è decisamente cambiato così come sono cambiati i consumi culturali e mediali, da parte dei giovani telespettatori, che hanno in tal modo mostrato, in particolare nei riguardi dei programmi televisivi, idee chiare e rispondenti ai loro bisogni, mostrando così un sorprendente disincanto. Da un’analisi qualitativa condotta da

P.Aroldi e F.Colombo su quattro generazioni di spettatori italiani, si evince che i media svolgono un ruolo importante nella composizione della memoria collettiva e soprattutto nella formazione delle identità individuali e generazionali. Dal confronto emerge che per le generazioni più giovani: “i media diventano gli spazi

6 Il dibattito relativo alla teoria degli effetti dei media sul pubblico degli spettatori, per più di trenta anni, si è arenato su due approcci contrapposti, l’uno sostenuto dagli “apocalittici”, l’altro dagli “integrati”. I primi temono che la massiccia offerta mediale non lasci spazio alla volontà dello spettatore, sempre più vittima fatale dei processi di manipolazione e sfruttamento da parte dei media. I secondi pensano che, malgrado i pericoli di un‘offerta rivolta più al consumo e allo spettacolo che non alla qualità, per gli spettatori “attivi” di oggi è possibile avere più informazione e cultura su qualsiasi cosa succeda nel mondo, rispetto al passato.

28 precipui in cui acquisire il senso del sé, e l’esperienza di consumo va a coincidere quasi perfettamente con l’esperienza e il percorso di autoformazione” (Aroldi

2003: 242). Questo percorso di autoformazione si sviluppa non solo attraverso i contenuti veicolati dai media ma anche grazie ai discorsi tra i giovani sui media, che contribuiscono all’integrazione dei minori entro il gruppo sociale di appartenenza.

Ma allora viene da chiedersi cos’è dunque l’infanzia?

Il concetto d’infanzia è un costrutto sociale (non definibile esclusivamente in termini biologici) in continua evoluzione; nessuna definizione che riguarda l’infanzia può essere monolitica; infatti essa è mobile e relazionale, immancabilmente legata alle diverse epoche storiche, alle diverse culture, ai gruppi sociali di appartenenza.

La prima definizione d’infanzia, di tipo evoluzionistico, risale alla seconda metà del XIX secolo; secondo tale definizione l’età infantile può essere definita primariamente attraverso la sua opposizione ad un altro termine, quello di “età adulta”. E’ una definizione per esclusione: per esempio, nei paesi più industrializzati i bambini furono allontanati dalle fabbriche, dalle strade e affidati alle scuole, che ebbero il compito di “istituzionalizzare” l’infanzia e prendersi cura dei figli “della nazione”. La famiglia e la scuola furono, quindi, le prime istituzioni sociali che costruirono e definirono cosa significasse essere un bambino. Il minore era considerato un essere che solamente attraverso il processo educativo diveniva persona; egli era inteso più come proprietà degli adulti, i quali provvedevano a forgiarlo sulla base delle loro aspettative e proiezioni, che come individuo le cui facoltà e attitudini dovevano essere sostenute e stimolate.

29 Negli ultimi trenta anni è aumentata, pur in modo non lineare, l’attenzione verso il minore. Attorno a tale concetto si è avviato, su scala mondiale, un profondo processo di riflessione, con rilevanti ripercussioni anche sul piano sociale e normativo. Infatti, si è incominciato a riconoscere al minore la titolarità di una serie di diritti – quale quello ad un pieno ed armonioso sviluppo della personalità oppure quello ad essere educato allo spirito di pace, dignità, tolleranza, libertà, eguaglianza e solidarietà – introducendo il principio secondo il quale “il maggiore interesse del bambino deve prevalere sugli interessi degli adulti”. La famiglia, la scuola e anche il medium radiotelevisivo, sono quelle agenzie socioeducative che hanno il diritto/dovere di sostenere i processi di maturazione e di differenziazione che investono il minore e i suoi sistemi di appartenenza.

Risale a tempi più recenti, invece, il progressivo allarmismo nei confronti di un possibile avvicinamento dei bambini al mondo degli adulti, con il conseguente diffondersi di comportamenti “precoci”e adultomorfi che sempre più fanno temere per la “morte dell’infanzia” ossia per il declino di quel periodo di vita caratterizzato da ingenuità e disincanto. Secondo questa tesi, associata al pensiero e all’opera di Neil Postman, la televisione e gli altri media elettronici hanno alterato e talora confuso i confini tra infanzia ed età adulta, permettendo ai minori di avere accesso ad un mondo “adulto” non più filtrato e controllato dagli adulti.

Nello specifico, la televisione, sottoponendo contemporaneamente tutte le persone, a prescindere dall’età e dalla condizione sociale, agli stessi tipi di messaggi e informazioni fa si che i minori, fin da tenera età, assorbano valori, linguaggi, contenuti del mondo degli adulti, di fatto espropriati della funzione di controllo dell’accesso al sapere. Ciò, per l’autore, appare stimolare forme di

30 “adultizzazione” precoce e, quindi, processi di trasformazione di ruoli sociali. A questa teoria si contrappongono invece coloro che credono che i media siano il motore di un progresso sociale democraticamente diffuso, cappeggiato dai minori.

Secondo l’opinione di Buckingham, invece, “l’infanzia sta cambiando in maniera molto meno drammatica, ambivalente e contraddittoria di quanto questi autori tendono a suggerire” (Buckingham 2000: 98). I dati statistici provenienti dagli istituti di ricerca italiani ci dicono che il mondo dei bambini sta cambiando, in quanto essi hanno acquisito maggiore autonomia e grado di libertà ma nello stesso tempo, inaspettatamente ci dicono anche che, i piccoli vengono assoggettati a forme diverse di sorveglianza, supervisione e controllo da parte degli adulti

(CENSIS, ISTAT, EURISKO)

Negli ultimi anni, infatti, si è assistito a grossi cambiamenti sociali specie per quel che riguarda lo strutturarsi di nuove tipologie di famiglie, di nuovi e diversi ruoli di genitore, di diverse organizzazioni di vita sociale e familiare, tanto da vedere stravolta quella definizione di famiglia, vista come “istituto sociale” protettivo e stabile nel quale poter esperire rapporti idilliaci e duraturi piuttosto che come istituto in crisi alla ricerca di una nuova identità. C’è da dire, infatti, che gradualmente si sono di gran lunga moltiplicate le famiglie di tipo “non tradizionali”, le cosiddette famiglie “allargate” costituite da genitori separati o da vari figli, frutto di relazioni diverse o dal raddoppiarsi - per uno stesso figlio- di

“padri e madri” di nonne e nonni. Il mutare, inoltre, degli impegni lavorativi ha modificato notevolmente i rapporti tra genitori e figli; i genitori infatti, molto spesso fuori casa, lontano dalle mura domestiche, per molte ore del giorno, sono costretti a delegare a terzi quella funzione educativa e di controllo che in

31 precedenza veniva da loro più direttamente assolta. Le stesse attività di tempo libero praticate da bambini o adolescenti, in precedenza circoscritte - sono nel tempo mutate, tanto da dar vita a due tipi di fenomeni. Il primo, che vede i bambini trascorrere più tempo in strutture specializzate atte a “riempire” ossia ad occupare il loro tempo libero (si pensi al tempo pieno nelle scuole, alle attività sportive organizzate, alle attività artistiche e culturali etc.). Il secondo, che vede bambini o adolescenti, sempre più impegnanti verso forme di svago tecnologico che vanno dalla fruizione di programmi ricreativi in TV o via Sat, a quelli utilizzabili su CD, dall’utilizzo di cassette video, alla play-station, dall’uso di video giochi su PC a quello praticabile su telefonini o via computer. Attività tutte virtualmente ideate per favorire la comunicazione ma che spesso, utilizzate nell’isolamento delle stanzette di casa, “stracolme” di prodotti di consumo, finiscono solo per favorire e specializzare le conoscenze dei minori, limitando però i rapporti sociali.

Questa bulimia oggigiorno così diffusa di giocattoli e software - posti lì secondo l’opinione di molti psicologi - per colmare il senso di colpa di genitori, lontani da casa, ha sempre più elevato i bambini a pari dell’adulto, a vera e propria categoria di consumatori, appartenenti ad una fascia d’età sempre più bassa. Questo fenomeno, sempre più esteso, rappresenta oggi per molti genitori una crescente fonte di preoccupazione e di ansia per i possibili rischi che la tecnologizzazione può comportare7.

7 Anche se lo status socio-economico delle famiglie può rappresentare un aspetto discriminante fondamentale per le attività che i minori possono o non possono fare.

32 In ogni caso, quei confini prima rigidamente circoscritti, oggi effettivamente meno delimitati o confusi tra mondo adulto e infantile, sembra che abbiano favorito - agli occhi di alcuni teorici della comunicazione – il rinforzarsi di competenze e l’ampliamento di conoscenze.

Se da un lato possiamo dire, infatti, che molti bambini hanno un bagaglio di conoscenze che un tempo erano appannaggio degli adulti –in quanto protagonisti attivi del loro stesso acquisire8 dall’altro, è sempre più vero che i bisogni “veri” del bambino hanno sempre meno voce in capitolo, nella struttura delle agenzie di socializzazione, sempre più preconfezionate, ad hoc dagli adulti. La vita dei piccoli è come se fosse sempre più “privatizzata”e ridotta alla sfera dei rapporti domestici, progressivamente più virtuali che reali.

Oggigiorno “la televisione trasporta i bambini attraverso il globo, prima ancora che abbiano il permesso di attraversare la strada” (Meyrowitz, 1995: 395).

Questo significa che i piccoli spettatori che posseggono un televisore hanno delle prospettive sul mondo esterno attraverso cui possono giudicare e valutare i rituali familiari, le convenzioni e le pratiche sociali, un tempo appannaggio dei soli adulti. In passato, i genitori potevano scegliere cosa raccontare e cosa leggere ai propri bambini, influendo facilmente sulla loro educazione. Oggi i genitori devono combattere contro migliaia di immagini e di idee diverse, ben poco controllabili in modo diretto. I genitori che vogliono selezionare e filtrare le emissioni televisive, si trovano di fronte due grossi dilemmi. Innanzitutto, controllare la fruizione televisiva implica un conflitto di valori: “salvaguardare i

8 Si pensi solo a quanto il bambino è capace di ricercare su internet notizie o esperienze altrui, su sesso, droga, guerre, separazioni e altro.

33 bambini oppure permettere loro di imparare il più possibile?”. Con i libri era molto più facile poter consigliare i propri figli, perché la stampa destinata ai minori assicurava automaticamente un ampio strato protettivo dalle informazioni degli adulti. I contenuti televisivi, invece, non si prestano a tale salvaguardia, perché i codici utilizzati non richiedono un fruitore specializzato. Il secondo dilemma è legato, invece, alla difficoltà dei genitori di controllare la fruizione televisiva dei figli senza limitare anche la propria.

Il libro è uno dei pochi medium che crea “luoghi informativi”distinti per genere, età e ceto sociale. Esso infatti, può creare “luoghi” esclusivi in cui gli adulti possono comunicare tra loro senza essere ascoltati dai bambini; e questo vale anche per i bambini e le letture a loro destinate. La televisione, invece, non prevede un’accesso programmato o codici differenziati atti ad escludere i piccoli telespettatori. I programmi per adulti possono trasmettere delle informazioni che i bambini non capiranno completamente, e i programmi per bambini possono avere contenuti infantili che non interessano l’adulto, ma il codice con il quale vengono presentati tutti i programmi è simile per ogni prodotto televisivo: immagini e suoni. Oggigiorno assistiamo a programmi per adulti, intrisi di richiami per i più piccoli e programmi per bambini che affascinano anche chi è più in là con l’età.

E’ per questo che gli individui di ogni età tendono a guardare molti programmi analoghi. Questo però fa sì che i minori abbiano accesso a tutte le informazioni

“private” e/o di esclusiva pertinenza degli adulti, come sesso, droga, alcool, denaro, imbrogli, uccisioni. Ovviamente, essere esposti alle più svariate informazioni non vuol dire capirle in pieno. Gli atteggiamenti e le convenzioni, l’esperienza e l’educazione, la formazione culturale e religiosa, l’intelligenza,

34 mediano la percezione individuale delle informazioni. Per il bambino, ad esempio, un filtro molto importante è costituito dal proprio livello di sviluppo cognitivo, come ci suggerisce Jean Piaget.

Quello che voglio dire è che la televisione, a differenza della stampa, non aggiunge alle informazioni mediate, un’ulteriore compito di decodifica. Benché, i bambini sotto gli undici o i dodici anni – età in cui la loro comprensione televisiva, si suppone, si avvicini a quella degli adulti - non siano in grado di capire la televisione in modo completo come fanno gli adulti, essi trovano comunque la televisione accessibile e avvincente. Meyrowitz infatti ci fa notare che “I bambini tra i due e i cinque anni passano pochissimo tempo a guardare le parole e le frasi che si trovano nei libri ma, negli ultimi anni, hanno passato tra le

25 e le 32 ore settimanali davanti la televisione” (1995: 399). La diffusione della televisione ha permesso ai bambini piccoli di assistere - anche se di non comprendere a pieno gli argomenti trattati dalla tv – a comportamenti che gli adulti per molti secoli hanno cercato di nascondere, come le guerre e i funerali, i processi e i corteggiamenti, tutti amplificati dallo schermo televisivo. La televisione dunque lancia i bambini in un mondo adulto complesso e risveglia in loro degli interrogativi su azioni e parole che, senza di essa, non sarebbero ancora in grado di conoscere solo attraverso i discorsi o le letture.

E’ per questo motivo che nel Capitolo III di questo lavoro, ho affrontato il problema della programmazione televisiva, perché credo che i minori meritino un’attenzione particolare e che alcuni programmi televisivi non siano così sensibili al tema della tutela del minore, rappresentando adulti in atteggiamenti sempre più “leggeri” e per questo, facilmente imitabili.

35 I.4. Le Ricerche Italiane

“Violenza televisiva e minori” è il titolo di una ricerca interuniversitaria iniziata nell’anno 1996 e terminata nel 2000 a cui hanno partecipato l’Università degli

Studi di Salerno, l’Università “Suor Orsola Benincasa”, gli Atenei di Napoli e della Calabria. La ricerca coordinata dall’ordinario di “Teoria e Tecniche della comunicazione di massa” Agata Piromallo Gambardella, responsabile scientifico del progetto, è stato cofinanziata dalla RAI Tv.

Tale ricerca ha interessato 900 minori di quarta elementare e di terza media, allievi di alcune scuole delle città di Napoli, Salerno e Avellino rappresentative di quartieri socio-culturali molto diversificati, a cui si è somministrato un questionario, opportunamente strutturato.

La ricerca, che ha interessato alcune città campione della Calabria e della

Campania – in quanto territori fortemente interessati da una macro e micro criminalità diffusa (Camorra e ‘ndrangheta) – si è prefissata di verificare se i soggetti provenienti da tali contesti degradati consumassero una maggiore quantità di programmi televisivi violenti, ricercando i possibile nessi tra la violenza rappresentata e quella agita.

La fascia d’età presa in esame comprende i bambini e i giovani tra gli 8 e i 14 anni, età durante la quale una consolidata letteratura suppone che cambi sia la modalità di fruizione del mezzo televisivo, sia la capacità percettiva ed elaborativa dei messaggi televisivi.

La ricerca ha privilegiato tre approcci al problema della violenza televisiva e minori: 1. un approccio socio-antropologico, attento ai vissuti socio-culturali degli intervistati; 2. un approccio psicologico, che focalizza le differenze di risposta in

36 relazione all’età e al sesso dei minori; 3. un approccio pedagogico che, in base all’analisi del consumo televisivo dei bambini, può giungere a considerazioni che possono avere un valore sotto il profilo educativo.

La coordinatrice della ricerca, Agata Piromallo Gambardella, parte dal presupposto che tra la violenza rappresentata e la violenza agita vi sia un nesso fortemente mediato da una complessa rete di fattori, tra cui i contesti locali, familiari, sociali, psicologici e culturali dei consumatori.

La ricerca, nel suo svolgimento, ha pertanto tenuto conto di variabili fondamentali quali lo status sociale, l’età, il sesso, la frequentazione scolastica dei minori nonché le preferenza, i tempi e le modalità di fruizione del mezzo televisivo.

Nell’approccio a tale studio, l’Autrice è partita però da due importanti considerazioni: la prima è che, se da un lato la violenza è una componente ineludibile della nostra natura e della nostra cultura, è allo stesso modo inconfutabile che la Tv rappresenti il mezzo di comunicazione che maggiormente utilizza il linguaggio della violenza – visiva, uditiva e cinestetica - per catturare - l’attenzione dello spettatore, fungendo nel migliore dei casi da “cassa di risonanza” dell’agire violento. La seconda è che la rappresentazione della violenza attira sempre più i giovani telespettatori, sia sul piano dei contenuti che sul piano della forma. Sul piano dei contenuti, perché essa è spesso rappresentata come modalità trasgressiva rispetto all’ordine prestabilito, mentre sul piano della forma perché proposta e messa in scena in modo seducente e convincente.

E’ noto, a tale proposito, ciò che ha evidenziato Tisseron quando, nell’affrontare il tema della reiterazione delle immagini sempre più violente, ne sottolinea il rischio della fascinazione, ossia il rischio che lo spettatore corre nel far suo quel

37 comportamento, trasformandosi. Nel moltiplicarsi continuativo e costante d’immagini televisive violente che entrano a far parte del nostro universo quotidiano ecco che tali rappresentazioni diventano “pericolosamente familiari”, pericolosamente banali, diventando l’ingrediente costante del vivere quotidiano e causa, pertanto, di quella progressiva indifferenza o de-sensibilizzazione nei riguardi della violenza stessa.

Il nodo problematico da sciogliere, afferma Piromallo Gambardella, è verificare se i minori provenienti da ambienti socioculturali più svantaggiati consumino una maggiore quantità di programmi violenti e se i modelli comportamentali proposti dai mezzi televisivi possano indurre o rafforzare stili di vita violenti.

L’autrice accoglie positivamente, la teoria dello “scenario cognitivo” di

Huesmann, secondo cui i programmi violenti non provocano direttamente atteggiamenti aggressivi ma propongono “dei modelli o delle guide di comportamento che possono essere utilizzate quando una particolare situazione lo richiede”. L’autrice ci avverte che l’esistenza di questi “copioni comportamentali”, attivati sia da esperienze reali che da esposizioni ai media, possono facilitare il passaggio dall’informazione ricevuta alla sua applicazione e agire da duplice rinforzo ad atteggiamenti maturati sia nel contesto quotidiano che in quello mediatico.

La ricerca “Violenza televisiva e minori” vuole avere una finalità non solo descrittiva ma propositiva, ponendosi nell’ottica della Media Education (M.E.)9.

9 Per una definizione del termine Media Education si veda la nota 5 di pagina 27 del presente capitolo.

38 Per la Piromallo Gambardella, il tema trattato costituisce un problema di Media

Education per due motivi:

Il primo, legato al concetto di “rappresentazione della realtà”, operata dai mezzi di comunicazione di massa, ci riporta al nodo centrale della riflessione della Media

Education, secondo cui i media non riflettono la realtà ma la rappresentano e la modificano in modi diversi; Il secondo, è legato alla scuola, che deve porsi come una delle agenzie di socializzazione maggiormente attente all’educazione ai media dei minori, capace di stimolare in loro un attento consumo televisivo, uno spiccato senso critico nei confronti di ciò che vedono, e la possibilità di elaborare le emozioni scaturite dalla fruizione televisiva.

Le conclusioni a cui è pervenuto il gruppo di lavoro, coordinato da Piromallo

Gambardella sono:

1) La violenza rappresentata, esercita grande fascino sui bambini e sui preadolescenti, che sono “pesanti” fruitori del mezzo televisivo. Questo tipo di violenza piace perché le viene data una forma che simula la realtà nei suoi aspetti più pregnanti e più emotivamente coinvolgenti;

2) I bambini ritengono la realtà più violenta della fiction (per 81% degli intervistati) e ciò significa che, contrariamente alle opinioni prevalenti, i bambini, a quell’età sono “fruitori competenti”, capaci di distinguere tra i due tipi di violenza sul piano della conoscenza, ma spesso di fatto sedotti dalla violenza televisiva. Anche se spaventati dalla violenza rappresentata, essi avvertono che la

39 vera violenza è quella reale, che per loro è una violenza “brutta”, ben diversa dalla

“violenza allegra” prodotta dall’industria dello spettacolo10;

3) I bambini intervistati hanno dichiarato (per il 66%) che non parlano con gli insegnanti dei programmi televisivi fruiti. Ciò significa che il passaggio dal “non verbale” delle immagini alla verbalizzazione del discorso raramente avviene a scuola con il necessario supporto del docente. Dato abbastanza inquietante, visto che la scuola dovrebbe stimolare i processi di verbalizzazione dell’esperienza iconico-visiva.

4) Nel gruppo il bambino può rinforzare il proprio apprendimento, socializzando i comportamenti acquisiti nel gruppo dei pari; per Tisseron, infatti, “le immagini viste in parecchi creano una sorta di comunione affettiva” (Tisseron, 2000: 121).

“Violenza televisiva e subculture dei minori nel meridione” rappresenta la seconda parte della ricerca sopra esposta, che ha coinvolto 84 tra bambini e adolescenti appartenenti alle stesse aree geografiche e alle stesse fasce socio- culturali della prima fase di analisi. In questa successiva fase di studio, l’èquipe di ricerca si è proposta di approfondire i seguenti obiettivi cognitivi:

1) verificare quale tipo di violenza televisiva eserciti maggiore fascino sul pubblico dei minori: la violenza rappresentata attraverso la fiction (film, telefilm e cartoni animati) o la violenza rappresentata attraverso l’informazione (telegiornali, cronache, inchieste).

2) Analisi di eventuali processi imitativi scaturiti dalla visione della produzione televisiva;

10 Non dimentichiamo che i bambini intervistati sono più esposti ad episodi di criminalità camorristica.

40 3) Valutazione del rinforzarsi dei comportamenti violenti, nel gruppo dei pari, su base imitativa, ad opera di quanto rappresentato nella realtà televisiva come comportamento violento.

4) Confronto tra le differenti valutazioni sulla Tv da parte dei bambini e da parte degli adulti;

5) Verifica del potere della TV;

6) Verifica di come la televisione tratta il mondo e lo presenta al bambino

(funzione mediatrice);

7) Analisi del consumo televisivo nei diversi contesti geografici e socioculturali per valutare se questi ultimi siano determinanti nello stabilire diversità di giudizi sulla programmazione.

La metodologia d’indagine adottata in questa ricerca può essere definita a

“imbuto”, in quanto è partita dal reclutamento dei partecipanti secondo un criterio di omogeneità (identica provenienza socioculturale e territoriale, stessa età e medesimo grado di istruzione) fino all’approfondimento dell’indagine, attraverso tre momenti: 1. focus con minori; 2. focus con adulti; 3. interviste in profondita.

Per i bambini delle elementari è stato previsto anche un momento di indagine più mirato, rappresentato dal disegno e dalla drammatizzazione, usati come tecnica di focusing, ossia come tecnica proiettiva per esprimere vissuti emozionali più difficili da verbalizzare. Il focus group o anche “discussione focalizzata di gruppo” (secondo una griglia di domande prestabilite), è stato il momento più importante della ricerca che ha permesso di rilevare le opinioni e gli atteggiamenti di minori e adulti presi a campione.

41 I focus condotti con i bambini sono stati guidati da un conduttore, sulla base di una griglia di discussione precedentemente elaborata dall’equipe di ricerca. Il conduttore è stato affiancato da uno psicologo (in qualità di esperto delle dinamiche di gruppo) e tutti i focus condotti con i bambini sono stati audio e video registrati.

I focus con i genitori e con i docenti non sono stati né videoregistrati né hanno previsto la presenza dello psicologo, perché ritenuti soltanto un momento di controllo utile a valutare la diversità di opinione tra adulti e minori. Il gruppo degli adulti era composto da 4 genitori e 4 docenti degli stessi bambini e ragazzi che hanno partecipato ai focus.

L’equipe di ricerca è pervenuta alle seguenti conclusioni:

1) La violenza che piace è quella derivante dalla fiction, perché essa si presenta sempre in una forma che ricorre ad artifici estetici. Essa può innescare sia processi di imitazione che di banalizzazione nei riguardi del fenomeno violenza; la violenza rappresentata attraverso l’informazione, invece, genera solo paura e timore di ripercussioni nella propria vita quotidiana;

2) Il secondo obiettivo cognitivo, relativo all’analisi di eventuali processi imitativi, ha evidenziato che i minori in genere imitano l’azione “stilizzata” della fiction attraverso un trattamento dei dati in chiave ludico-estetica. Ciò ha confermato il fatto che il bambino tende a imitare ciò che suscita in lui piacere, meraviglia ed emozione, perché sedotto da particolari gesti o frames violenti, riproponibili nel gioco. E’ come se la violenza “bella” della fiction, potesse essere imitata, senza alcun senso di colpa.

42 3) Il terzo obiettivo cognitivo, relativo all’eventuale legame tra la violenza agita e consumo di immagini violente, non ha trovato riscontro diretto nella ricerca. Tuttavia si può concordare, affermano i ricercatori, con Tisseron, sul fatto che la visione di immagini violente da parte di minori costituenti un gruppo potrebbe sfociare in comportamenti violenti, sotto l’eventuale influenza di un leader.

4) Nel confronto tra adulti e minori sulle rispettive valutazioni della Tv e dei suoi programmi violenti, è emerso che i genitori appartenenti al ceto medio-alto sono più preoccupati riguardo ai rischi del forte consumo di televisione violenta, perché intuiscono che tra violenza rappresentata e il vissuto dei loro figli esiste una profonda frattura, dovuta al fatto che i valori da loro trasmessi entrano in contrasto con il sistema di valori che un certo tipo di televisione veicola. Non sussiste la stessa preoccupazione nei genitori appartenenti alla fascia proletaria, perché per loro la Tv appare il male minore rispetto ai rischi della strada;

5) Sia i focus group che le interviste in profondità hanno evidenziato il grande potere della Tv nel determinare nei minori atteggiamenti e stili di vita e nell’influenzare fortemente il loro sistema di valori e i relativi giudizi sul mondo che li circonda. Per i minori esiste una forte dipendenza dai media, soprattutto dalla Tv, e ciò è molto spesso dovuto al fatto che la Tv è relazione, è socializzazione tra coetanei. Viene così confermata la tesi degli anni ’70, dei

“Powerful media”, relativa alla loro capacità di impatto sui minori. Il punto cruciale della ricerca è stato proprio quello di verificare la funzione mediatrice della Tv tra bambini e realtà. La Tv “media” l’impatto della realtà sul bambino in due modi: rappresentando la realtà nelle proprie forme specifiche e fornendo

43 6) Questo processo di doppia mediazione ha funzionato anche in relazione al tema della violenza. Infatti, la violenza televisiva viene consumata nell’ambiente protetto delle pareti domestiche, subendo un processo di “naturalizzazione”. Il bambino, a sua volta, tende a rispondere alle esperienze violente del mondo esterno con un atteggiamento di “naturalità” ispiratogli dalla rappresentazione televisiva. Si assiste quindi ad un processo di “doppia naturalizzazione” che può sfociare in una “banalizzazione” del fenomeno della violenza, sia fictionale che reale. Si verrebbe a verificare, un rapporto circolare, come quello proposto da

Eron, per cui i soggetti aggressivi preferiscono vedere programmi violenti e questi ultimi a loro volta rinforzano i comportamenti aggressivi. Nel nostro caso la

“naturalità” con cui la violenza viene vissuta in un ambito, rinforzerebbe la

“naturalità” con cui viene vissuta nell’altro.

7) L’analisi del consumo televisivo nei diversi contesti territoriali e socioculturali ha permesso di capire che i bambini che vivono in contesti più degradati sono più colpiti dalla fiction violenta che dal telegiornale, ad esempio.

Questo perché la cronaca di eventi violenti somiglia alla violenza reale

“naturalizzata” nei loro contesti, mentre la violenza della fiction è per loro più imprevista e meno controllabile, in quanto è mascherata da codici retorico- stilistici complessi. I bambini “borghesi” invece, non sono immuni dalla violenza

44 reale e reagiscono ad essa con maggiore angoscia, mentre vivono con distacco la violenza rappresentata. La loro idea di violenza è stereotipata e piuttosto televisiva, per cui quando la violenza reale irrompe nella vita di questi ragazzi, essa è percepita come imprevista, incontrollabile e pericolosa per gli schemi costituiti.

Per concludere, i bambini della fascia proletaria , sono più abituati alla violenza reale e trasferiscono il processo di naturalizzazione dal reale al virtuale. I bambini borghesi, invece, meno abituati alla violenza reale, trasferiscono il processo di naturalizzazione dal fictionale al reale. Il processo è sempre circolare, cambia solo il punto di partenza. “La violenza televisiva rappresenta, paradossalmente, un rischio maggiore per i minori appartenenti alla fascia borghese” perché essendo questi stati “immunizzati” da una Tv violenta, fruita anche con un disincanto maggiore rispetto a quello dei bambini proletari, possono essere più esposti alla imitazione di comportamenti violenti, in parte liberati da un senso di colpa già “consumato” nell’ambito della fiction.

E’ stato particolarmente utile rilevare quanto la metodologia del focus group abbia consentito, parallelamente alla rilevazione dei dati utili al raggiungimento degli obiettivi, di riflettere su quanto sia importante la discussione critica ed il confronto tra pari perché ciò ha favorito l’alafabetizzazione di sentimenti ed emozioni e allo stesso tempo la consapevolezza dei propri sentimenti, dei propri valori.

45 CAPITOLO II: ASPETTI NORMATIVI DELLA TUTELA DEI MINORI E

PROGRAMMAZIONE TELEVISIVA RAI PER L’INFANZIA E

L’ADOLESCENZA

II.1. La Tutela dei Minori

La tutela dei minori nel settore delle comunicazioni, anche e soprattutto con riferimento alla programmazione televisiva, rappresenta, oggigiorno, uno dei valori primari da difendere. L’incessante progresso tecnologico, la rivoluzione digitale e il processo di convergenza11 cui stiamo assistendo, stanno comportando un significativo sviluppo quantitativo e qualitativo dell’offerta televisiva e una proliferazione di canali e di piattaforme di trasmissione (terrestre, cavo o fibra ottica, satellitare). Il legislatore è chiamato ad armonizzare quanto più possibile le normative in ambito delle telecomunicazioni con le esigenze delle emittenti e con la tutela dei minori. Il compito è arduo e ha portato all’avvicendamento di orientamenti e tendenze diverse nel corso degli anni.

A fronte delle peculiarità e delle vulnerabilità che caratterizzano l’età evolutiva, il legislatore ha nel tempo realizzato una disciplina specifica e differenziata per la tutela del minore. Tale necessità trova peraltro riscontro negli articoli 212, 313 e

11 Per processo di convergenza si intende il convergere dell’offerta di contenuti audiovisivi con i servizi di telecomunicazioni.

12 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

13 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti la legge [..] è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli [..] che [..] impediscono il pieno sviluppo della persona umana”

46 3114 della Costituzione Italiana, che pongono come valore supremo la tutela dell’essere umano e la dignità della persona, in particolar modo del minore.

Vediamo ora in dettaglio i dati riguardanti la relazione tra i media e i minori:

Recenti indagini condotte dall’Istituto Italiano per le Ricerche Statistiche Doxa

(Junior & Teens, 2007) su campioni rappresentativi della popolazione dei minori italiani della fascia di età compresa tra i 5 e i 13 anni (Junior) hanno rilevato come il guardare la televisione rappresenti la principale occupazione del tempo libero, per il 64% degli intervistati. Tale dato non cambia per i minori appartenenti alla fascia di età compresa tra i 14 e i 18 anni (Teens), che pur entrando in relazione con altri modelli di consumo mediale, come per esempio il cellulare ed internet, confermano per il 59% dei casi la televisione quale medium più amato dai minori.

L’indagine multiscopo realizzata dall’ISTAT nel 2005 ha peraltro messo in evidenza come in Italia il bene tecnologico più diffuso sia proprio la televisione, presente nel 95,5% delle famiglie.

Sempre dall’indagine svolta dalla Doxa (Junior & Teens, 2007) si evince che la televisione viene vista quotidianamente dal 60% dei ragazzi tra i 5 e i 18 anni, in media per circa 1 ora e 40 minuti e che il picco degli ascolti per la totalità dell’universo considerato si raggiunge tra le ore 20.00 e le ore 21.00.

Particolarmente apprezzata dagli Junior (5-13 anni) la fascia pomeridiana, dalle

16.00 alle 19.00. I Teens (14-18 anni) gradiscono invece la prima e la seconda serata. Inoltre glii Junior abbonati a Sky, rispetto agli altri, mostrano una maggiore indipendenza nella fruizione della TV: la guardano più spesso da soli,

14 “La Repubblica [..] protegge [..] l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

47 senza i genitori, e quando la vedono in compagnia sono in genere loro a scegliere il programma.

Non c’è dubbio che il tempo effettivo dedicato alla televisione sia rilevante, ma molto più significativo è il tempo psicologico. Il bambino infatti porta con sé il mondo della televisione continuamente, lo cerca nei personaggi che rappresenta con il proprio gioco, nei disegni, nei sogni. Questo tempo non è misurabile, cambia da bambino a bambino e può incidere sullo sviluppo come il tempo fisico.

Inoltre, sempre dall’indagine della Doxa (Junior & Teens, 2007), i ragazzi dai 5 ai

18 anni si confermano un target di assoluto interesse per il marketing e la comunicazione: essi si propongono come influenzatori o consumatori potenti, a volte prepotenti, delle scelte di acquisto della famiglia.

Questi dati ci restituiscono un’idea chiara e precisa di come la televisione e i nuovi media siano le maggiori fonti di informazione, di conoscenza e di socializzazione per i più piccoli, e ciò deve spingere le emittenti e le istituzioni ad un continuo processo di riflessione etica (Montanari 2007: 33) e di adeguamento della regolamentazione di settore, nell’intento di coniugare il progresso tecnologico con il rispetto dei diritti e della dignità dell’essere umano. E’ per tali motivazioni che in ambito internazionale, europeo ed italiano si è assistito ad una proliferazione d’interventi sia normativi che di autoregolamentazione, questi ultimi attuati dalle stesse imprese televisive.

48 II.2. Lo scenario internazionale ed europeo

“Il fanciullo deve essere educato in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di eguaglianza e di solidarietà”. Queste sono le prime parole che, a livello mondiale, hanno sancito il diritto alla tutela dell’infanzia contemplate nella

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata dall’Assemblea delle

Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Le Dichiarazioni dei Diritti del fanciullo del

’29 e del ’59 approvate dalla Società delle Nazioni, insieme alla Dichiarazione

Universale su citata, anche se non affrontano direttamente il tema dei mass media, costituiscono un humus nel quale affondano le radici tutte le successive

Convenzioni Europee che hanno valore di norme giuridiche.

L’intenso dibattito internazionale sulla questione della tutela dei minori nella società dell’informazione e della comunicazione ruota attorno a un sistema normativo molto complesso e variegato che può però far affidamento su alcuni capisaldi:

1. Convenzione ONU sui Diritti del fanciullo. Tale convenzione è stata stipulata a New York nel 1989 e sancisce il principio secondo il quale “l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente” essa delinea in modo chiaro uno statuto dei diritti del minore e proclama il diritto del soggetto in età evolutiva ad avere un armonioso e completo sviluppo della personalità e ad essere educato secondo gli ideali di pace, dignità, tolleranza, libertà, uguaglianza e solidarietà. Con l’articolo 17 della medesima Convenzione, gli Stati membri si impegnano a:

• Riconoscere l’importanza della funzione esercitata dai mass media e a vigilare affinché il fanciullo possa accedere ad informazioni provenienti da fonti

49 nazionali e internazionali, soprattutto se finalizzate a promuovere il benessere sociale, spirituale e morale del minore, nonché la sua salute fisica e mentale;

• Elaborare propri codici di condotta allo scopo di proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere;

2. Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera. Firmata a

Strasburgo nel 1989 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa, rappresenta un atto estremamente importante. L’articolo 7 in particolare stabilisce che:

• I programmi televisivi devono rispettare la dignità della persona ed i diritti fondamentali dell’uomo e non devono essere contrari alla decenza e tanto meno contenere pornografia, mettere in risalto la violenza oppure essere suscettibili di incitare all’odio razzista;

• Gli elementi dei servizi di programmi che possono pregiudicare lo sviluppo fisico, psichico e morale dei fanciulli o degli adolescenti non devono essere trasmessi quando l’orario di trasmissione e di ricezione li rende suscettibili di essere guardati dagli stessi.

In ambito internazionale, il Canada e gli Stati Uniti sono stati tra i primi paesi a distinguersi per le iniziative poste in essere a tutela dei minori nel sistema dei mass media, tese soprattutto a limitare i contenuti violenti nella programmazione televisiva. Ricordiamo a questo proposito, il dispositivo elettronico V-chip inserito negli apparecchi televisivi, mediante il quale l’adulto può impedire la ricezione di programmi televisivi contenenti scene di violenza di particolare intensità.

Al livello europeo, molto importanti sono le Direttive emanate in materia di tutela dei minori nel settore delle comunicazioni. Tali direttive dettano le linee guida e gli obiettivi da raggiungere per tutti gli Stati membri, salvo poi le competenze

50 degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi da applicare per il raggiungimento degli stessi. Di estrema importanza, perché rappresenta il principale strumento legislativo comunitario relativo ai servizi dei media audiovisivi, è la Direttiva “Televisione senza frontiera” 89/552/CEE del

Consiglio d’Europa. Il testo ha subìto delle modifiche nel ’97 ma, in linea generale, conserva gli obiettivi primari, tra i quali ricordiamo: “Assicurare la libera circolazione dei servizi di telediffusione tra gli Stati membri, permettendo il libero accesso, per coloro che risiedono nella Comunità, a tutti i programmi della

UE resi possibili dalle tecnologie di trasmissione via cavo e via satellite”. E’ interessante leggere gli articoli di tale Direttiva, anche per chi non è un cultore della materia. Ecco alcuni punti fondamentali sul tema della tutela dei minori:

• L’articolo 22, affrontando il delicato tema della tutela dei minori, focalizza l’attenzione sui programmi televisivi: “Gli Stati membri devono garantire, adottando precise misure cautelari, che le trasmissioni delle emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere gravemente lo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, in particolare, programmi che contengono scene pornografiche o di violenza gratuita”. Al comma 2, il legislatore prevede che il provvedimento del comma 1 si applichi anche ad altri programmi che possono nuocere al minore, a meno che la scelta dell’ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni si trovino nell’area di diffusione di tali programmi. Il comma 3 dispone che “qualora questi ultimi siano trasmessi in chiaro gli Stati membri li facciano precedere da un’avvertenza acustica o li identifichino mediante la presenza di un simbolo visivo durante il corso della trasmissione”. Inoltre,

51 l’articolo 22 bis sancisce “il divieto assoluto di trasmettere programmi che incitano all’odio basato su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità”.

• Gli articoli 10, 12, 13, 14, 15 e 16 focalizzano l’attenzione sul contenuto e la presentazione dei messaggi pubblicitari. Nello specifico, la pubblicità televisiva deve essere immediatamente riconoscibile come tale, e non deve presentare minorenni intenti a consumare tali bevande. Inoltre la pubblicità televisiva e le televendite delle bevande alcoliche non devono rivolgersi espressamente ai minori, non devono creare pregiudizio morale o fisico nei minorenni e non devono sfruttare la loro inesperienza o la loro credulità, non devono sfruttare la particolare fiducia che i minorenni ripongono nei genitori e non devono mostrare, senza motivo, minorenni in situazioni pericolose. Infine la Direttiva prevede delle norme relative alla quantità di pubblicità trasmessa e i limiti d’inserimento degli spot nei programmi rivolti ai minori.

• La Direttiva prevede che entro un anno dalla data di pubblicazione sia svolta un’indagine sugli eventuali vantaggi e inconvenienti dei provvedimenti volti a facilitare i genitori o i tutori e il controllo di programmi che potrebbero essere visti dai minori. Tale indagine deve implicare lo studio di eventuali opportunità (art. 22 bis): a. “Prescrivere che i nuovi apparecchi televisivi siano dotati di dispositivi tecnici che consentano ai genitori o tutori di inibire la visione di taluni programmi; b. Predisporre adeguati sistemi di classificazione dei contenuti televisivi; c. Incoraggiare politiche di visione per le famiglie e altre misure di carattere educativo o di sensibilizzazione;

52 d. Tener conto dell’esperienza acquisita in questo campo in Europa o altrove e dell’opinione delle parti interessate, quali emittenti, produttori, educatori, specialisti di comunicazione e relative associazioni”.

• Sotto il profilo sanzionatorio, la Direttiva permette agli Stati membri di adottare provvedimenti speciali contro le emittenti soggette alla giurisdizione di un altro Stato membro che violino in misura manifesta, seria e grave gli articoli

22 e 22 bis della Direttiva stessa, e rende possibile attivare meccanismi di interdizione delle trasmissioni transfrontaliere lesive dei minori.

Mi vorrei soffermare sull’articolo 22 di tale Direttiva perché, pur lasciando aperta la questione di come valutare e riconoscere i contenuti di programmi che possono nuocere allo sviluppo del minore, il comma 2 ha stimolato negli Stati membri, l’adozione dei modelli del watershed (spartiacque) e del modello della segnaletica, ciascuno dei quali si è declinato, con proprie peculiarità, nell’ambito di specifiche realtà nazionali europee. Il primo di questi modelli è teso a delimitare fasce orarie differenziate all’interno del palinsesto televisivo, come ad esempio una dedicata ad una visione familiare e un’altra prettamente rivolta ad un pubblico adulto. Il secondo modello - attraverso l’utilizzo di un sistema acustico e iconografico codificato - delinea lo spettatore più idoneo per la visione dei programmi in onda, opportunamente classificati in relazione ai contenuti presenti, facilitando così il compito dei genitori o degli educatori, di far vedere o meno ai minori tali programmi. Questi modelli sembrano riflettere la necessità di affiancare alle responsabilità sociali dell’emittente – che decide quali programmi mandare in onda in un determinato orario – le responsabilità educative della

53 famiglia al fine di garantire il pieno perseguimento del valore della tutela dei minori.

Negli ultimi tempi è emersa la necessità di revisionare tale Direttiva al fine di tener conto degli sviluppi dei mercati e delle tecnologie, in particolar modo dell’avvento del digitale terrestre (Proposta di Direttiva, 2005). Ad ogni modo, questa Direttiva in particolare è stata molto importante per L’Italia, in quanto è stata la prima normativa organica di sistema che l’ordinamento italiano abbia avuto nella realtà radiotelevisiva, realtà fortemente condizionata dal momento storico in cui è stata emanata: Il “quasi” monopolio della televisione privata da parte di Fininvest.

Altra importante iniziativa posta in essere dalla Commissione Europea è la pubblicazione del Libro Verde sulla tutela dei minori e della dignità umana nei servizi audiovisivi e di informazione con il quale si è inteso esaminare e approfondire le strategie che l’UE può mettere in atto per garantire la tutela dei minori anche in ambito televisivo.

54 II.3. Il panorama normativo italiano: dalla nozione di “riserva statale” alla

Legge Maccanico

LA RAI è nata nel 1924 con la denominazione di URI, frutto della fusione tra la società Radiofono di Guglielmo Marconi e la SIRAC, creata dall’allora Ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano, per poi assumere nel 1928 il nome di Eiar e nel 1944 quello di RAI (Radio Audizioni Italiane) che dal 3 gennaio del 1954, con l’introduzione in Italia della televisione, si è trasformata definitivamente in RAI

Radiotelevisione Italiana. La radio e la televisione di Stato sono state molto più soggette alla politica rispetto alla stampa, sin da quando è stato creato dalla legge il monopolio statale. L’avvento della televisione è legato alla relazione esistente tra le istituzioni culturali e politiche e i media. Il mezzo era facilmente accessibile anche per le persone analfabete o per la popolazione mediamente educata e ciò ha favorito il suo essere medium di massa. La visione avveniva spesso nei bar, nei teatri, nei cinema dove i teleromanzi si alternavano con gli eventi sportivi o sostituiti dal primo quiz show televisivo “Lascia o raddoppia” condotto da Mike

Buongiorno, un giovane italo-americano che rappresentava le origini americane del medium. In Italia lo sviluppo della televisione è coinciso con il boom industriale. Le istituzioni politiche ben presto hanno capito le potenzialità della

TV. Il partito di maggioranza di allora, la DC, ha favorito l’ascesa di Ettore

Bernabei come direttore esecutivo della TV pubblica. Bernabei è stato un giornalista brillante e un abile politico, vicinissimo umanamente e culturalmente ad uno dei politici di maggiore spicco della Democrazia Cristiana, il leader

Amintore Fanfani. Il dottor Bernabei è stato il direttore generale della RAI dal

1961, quando è nato il secondo canale RAI, fino al 1975, l’anno delle più

55 importanti riforme del sistema radiotelevisivo. (Nell’’anno del suo insediamento è stata emanata la legge n. 161/62 che ha introdotto significative novità relative sia alla trasmissione televisiva di opere cinematografiche sia alla “tutela della particolare sensibilità dell’età evolutiva”). La RAI di Bernabei ha avuto uno stampo “pedagogico”, ciò sta ad indicare che vi era un’assunzione di responsabilità da parte di chi dirigeva e “faceva” la televisione, nei confronti del pubblico a cui si rivolgeva. Bernabei partiva dal dato di fatto che il pubblico in larghissima misura era costituito da persone di scarsa cultura e spesso di bassissima scolarità: la televisione pubblica italiana di allora rispondeva al paradigma elaborato da John Reith (il primo direttore generale della BBC), secondo cui il compito specifico del broadcasting pubblico doveva essere quello di “Informare, Educare, Divertire” e quindi di farsi promotore di tutte le istanze di corretto progresso sociale. Bernabei ha rafforzato il sistema radiotelevisivo ma sempre in stretta continuità con la politica e con la cultura cattolica, che sono diventati i tratti caratteristici della programmazione televisiva dell’epoca.

Dall’analisi del contenuto dei programmi di questa prima fase emerge, infatti, un elemento di valore fondamentale, la portata dell’impegno morale, dell’educazione, dell’operosità, dell’amore verso i genitori, della solidarietà. I quattordici anni di

Bernabei hanno posto le basi per lo sviluppo eccezionale della televisione in Italia e hanno creato una RAI che è stata una delle migliori aziende televisive del mondo.

Il “menu” di programmi offerto era sì variegato, ma seguiva una rigida programmazione settimanale fatta di programmi fissi, suddivisi per generi: il lunedì e il venerdì trasmettevano sceneggiati o riduzioni televisive di grandissimi

56 capolavori della letteratura, il martedì era la giornata dello sport, il giovedì era il giorno del quiz show, altre serate erano dedicate al teatro, agli sceneggiati televisivi, all’approfondimento informativo. Inoltre, non si trasmetteva a qualsiasi ora del giorno, ad esempio non c’erano programmi la mattina; all’ora di pranzo c’era solo il telegiornale e i programmi si interrompevano per poi riprendere alle

17.00 con la “Tv dei bambini” e alle 17.30 con la “Tv dei ragazzi” e una forte enfasi ricevevano i programmi del prime-time. Questa schematicità era dovuta al fatto che la televisione si adattava ai ritmi giornalieri delle persone. Le persone di mattina erano a scuola o al lavoro per cui era inutile trasmettere di giorno, le scuole finivano all’ora di pranzo e nel primo pomeriggio si supponeva che bambini e ragazzi fossero impegnati con i compiti e per questo non dovevano essere distratti dai programmi televisivi. Un altro esempio eclatante è che “se la nazionale di calcio era impegnata in una partita di campionato in giorni infrasettimanali in orari di lavoro, la RAI non trasmetteva la partita in diretta ma solo in registrata la sera” (Bettetini 2004: 21). Questo tipo di programmazione è stata definita “paleotelevisione” da Umberto Eco, per distinguerla dalle successive fasi, che hanno portato alla “neotelevisione”, la quale ha contraddistinto la programmazione televisiva degli anni successivi.

Per quanto riguarda l’aspetto economico, possiamo dire che in quegli anni la Rai poteva usufruire non solo del canone d’abbonamento15 pagato dai cittadini (per il possesso di apparecchi radiotelevisivi) ma anche delle sovvenzioni dirette e

15 Il canone d’abbonamento è stato istituito con una legge del 1954 e rappresenta tutt’ora un tributo pagato allo Stato dai cittadini che possiedono almeno un televisore; i relativi proventi affluiscono all’Erario e vengono poi devoluti alla società radiotelevisiva concessionaria del servizio pubblico per finanziarne l’attività. Il canone assicura alle emittenti una fonte di ricavo indipendente da pressioni esterne da parte d’interessi commerciali.

57 indirette dello Stato, ma nessun introito veniva dalla pubblicità16. Questo per tre ordini di motivi: Il primo era legato al fatto che la pubblicità era riservata solo alla stampa; il secondo, era legato al fatto che era comodo per i politici avere i media in uno stato di dipendenza economica, in modo da poter avere sempre il controllo su una così importante fonte di consensi, con la scusante di elargire sgravi fiscali e sovvenzioni ad un pubblico servizio; il terzo motivo era che i gruppi economici non traevano alcun vantaggio dallo sviluppo del mercato pubblicitario, perché più mantenevano l’oligopolio più ritenevano di avere il controllo del mercato e di ridurre ogni possibile competizione. Questi interessi trovavano legittimazione in un atmosfera culturale e politica nella quale la forza dei partiti cattolici e marxisti erano ostili alle logiche consumistiche e ad un mercato capitalistico, la cui espressione era proprio la pubblicità!

Fin dalla sua nascita la Rai ha goduto di tutti i privilegi di un monopolio statale, suscitando non poche polemiche dovute alla sua posizione incontrastata. E’ stato fatto un piccolo passo verso un attività di controllo del servizio pubblico con l’istituzione di una Commissione Parlamentare bicamerale di vigilanza Rai nel

1975, ma la Corte Costituzionale più volte interpellata sull’inaccettabilità del monopolio, confermava il favor già consolidatosi nei decenni precedenti per un monopolio pubblico televisivo, piuttosto che per un oligopolio privato. Il

16 La pubblicità rappresenta il corrispettivo che le aziende pubblicitarie pagano alle imprese televisive per inserire all’interno del palinsesto i messaggi pubblicitari al fine di promuovere presso i telespettatori l’acquisto dei prodotti. La pubblicità costituisce una fonte d’entrata cospicua in grado di permettere alle emittenti di acquisire e/o produrre programmi costosi in grado di mantenere la propria quota in un mercato competitivo. Tuttavia una dipendenza nei confronti delle entrate commerciali può creare un conflitto d’interessi tale da distogliere l’emittente dal perseguimento degli obiettivi e degli standard di un buon servizio. Una quota maggiore di pubblicità implica una quota crescente di programmi di intrattenimento a scapito dell’informazione e dell’educazione.

58 legislatore riteneva, infatti, che soltanto lo Stato potesse gestire un’impresa di radiotelevisione e che questo mezzo non potesse divenire uno strumento “di parte”, in mano a poche società private. Si è parlato a lungo di “riserva statale” e dell’impossibilità, da parte dei privati, d’inserirsi nel sistema radiotelevisivo.

Nella seconda metà degli anni ’70 si sono moltiplicati, però, emittenti private che trasmettevano a livello locale, anche se prive di autorizzazione. E’ stato nel ’76 che la Corte Costituzionale ha riconosciuto l’iniziativa privata a livello locale, ma non c’è stato alcun riassetto televisivo e questo ha determinato un duopolio pubblico-privato, dove al polo privato mancava ancora la copertura legale per trasmettere a livello nazionale.

Il modello commerciale si è sviluppato, infatti, in Italia e in Europa in una fase successiva rispetto alla realtà statunitense, quando lo sviluppo economico ha raggiunto livelli in grado di fornire sufficienti risorse pubblicitarie e quando il clima culturale, politico e ideologico è divenuto più favorevole. L’affermazione di tale modello, in Europa è avvenuto con modalità e in periodi diversi: in Italia si è verificato nel 1976. Nel nostro paese però, il passaggio al modello commerciale è avvenuto in forma caotica, negli altri Paesi europei, invece, è stato introdotto attraverso politiche esplicite e programmate, con concessioni rilasciate a privati secondo piani e aste trasparenti.

E’ stato solo grazie alla Direttiva europea “Televisione senza frontiera” - che ha imposto a tutti gli Stati membri di darsi una legislazione minima di base in materia di radiotelevisione - che si è verificata la promulgazione della prima normativa organica di sistema, la legge n. 223/1990 la c.d. “Legge Mammì”. Tale legge ha fissato dei principi di carattere generale di notevole valore:

59 • L’articolo 1 riconosce il “carattere di preminente interesse generale della diffusione di programmi radiofonici o televisivi, realizzata con qualsiasi mezzo tecnico”;

• L’articolo 2 fa esplicito riferimento al principio del pluralismo dell’informazione: “la concreta possibilità di scelta tra programmi che garantiscono l’espressione di tendenze aventi carattere eterogenei”;

• L’articolo 6 istituisce la figura del Garante per la radiodiffusione e l’editoria;

• L’articolo 15 fa divieto di posizioni dominanti nell’ambito dei mezzi di comunicazione di massa, ma di fatto ha consacrato il duopolio e ha consentito all’unico proprietario del polo privato di conservare tutte e tre le reti. Ma tale articolo ai comma 10, 11 e 13 per la prima volta introduce specifiche disposizioni a tutela dei minori nel settore non solo cinematografico ma anche radiotelevisivo.

Nel dettaglio: a. Al comma 10: “E’ vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengono scene di violenza gratuita o pornografica, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità; b. Al comma 11: “E’ comunque vietata la trasmissione di film ai quali sia stato negato il nulla osta per la proiezione o la rappresentazione in pubblico oppure siano stati vietati ai minori di anni 18;

60 c. Al comma 13: “I film vietati ai minori di anni 14 non possono essere trasmessi né integralmente né parzialmente prima delle ore 22.30 e dopo le ore

7.00 (con la legge 203/95 verrà abbassata alle ore 2317);

• L’articolo 30 estende alle trasmissioni radiofoniche e televisive il divieto di messa in onda di programmi che abbiano carattere di oscenità18.

L’articolo 15 della legge Mammì ha recepito i principi comunitari della Direttiva

“televisione senza frontiera” ma appare più protettivo nei confronti del minore, in quanto impone un divieto assoluto di trasmissione dei programmi nocivi allo sviluppo psichico o morale dei minori, programmi dei quali, invece, la Direttiva europea consente la trasmissione in determinate circostanze. Il carattere sorprendentemente innovativo dei comma 10, 11 e 13 dell’articolo 15 influenzeranno anche le disposizioni future come la legge 112/04 e il Testo Unico della radiotelevisione del 2005.

L’attenzione del legislatore nei confronti dei minori nasce perché la legge deve poter filtrare “ulteriormente” (operazione che non compie da solo, ma insieme ai genitori e agli stessi bambini) ciò che potrebbe turbare un minore, creargli un pregiudizio e addirittura “danneggiare i delicati e complessi processi di apprendimento dall’esperienza e di discernimento tra valori diversi od opposti, nei quali si sostanziano lo svolgimento e la formazione della personalità del minore sia come individuo sia come cittadino” (Montanari 2007: 55/Cassazione 2004).

17 Al comma 4 dell’articolo 3 della legge in questione “la trasmissione televisiva di opere a soggetto e film prodotti per la televisione che contengono immagini di sesso o di violenza tali da poter incidere negativamente sulla sensibilità dei minori è ammessa, salvo restando quanto disposto dall’articolo 15, comma 10, 11 e 12, e dall’articolo 30 della legge 223/1990, solo nella fascia oraria fra le 23 e le 7”.

18 Secondo l’articolo 529 del codice civile “osceni sono gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentire, offendano il pudore”.

61 Fa ingresso nel panorama italiano una nuova importante normativa in materia, la legge 249/1997 la c.d. “Legge Maccanico” che tra le novità più significative, spicca l’istituzione dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni19 che costituirà l’unico organo di controllo competente in materia di telecomunicazioni e radiotelediffusione. Tra le sue competenze, al comma 6, vi è la “verifica del rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di tutela dei minori anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazioni relativi al rapporto tra televisione e minori e degli indirizzi della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi” (Aroldi, 2003: 285).

Inoltre l’Autorità ha la facoltà di applicare sanzioni pecuniarie e, nei casi più gravi, la sospensione dell’efficacia della concessione o dell’autorizzazione.

L’emanazione di tale legge si proponeva, in più, sia di rispondere alla dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 15 della legge 223/90 (Legge

Mammì) sancita dalla Corte Costituzionale - secondo la quale un singolo soggetto, possedendo tre reti televisive, commette una violazione del principio pluralistico - sia di formulare una più completa normativa in materia di antitrust. Oramai però nel settore radiotelevisivo italiano si era già affermato il colosso privato Mediaset, azienda nata nel 1995 in seguito allo scorporo delle attività tv della holding finanziaria Fininvest, rappresentante il primo gruppo di network televisivi privati italiani. La televisione pubblica aveva perso la posizione di monopolio sul

19 L’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni è un’autorità indipendente di garanzia cui è affidato il compito sia di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato sia di tutelare l’esercizio di libertà dei cittadini. L’Autorità è composta da un Presidente, che rappresenta l’Autorità stessa, un Consiglio, degli organi ausiliari e due Commissioni: una è la“Commissione per le infrastrutture e le reti”, l’altra è la “Commissione per i servizi e i prodotti”. Quest’ultima tra i suoi compiti verifica, in collaborazione con il “Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e minori” l’osservanza delle disposizioni per la tutela dei minori ed è tenuta ad effettuare il monitoraggio delle trasmissioni televisive.

62 mercato televisivo e si è trovata ad operare in un settore sempre più competitivo in cui nuovi soggetti si rivolgevano agli stessi spettatori. La concorrenza risultante ha posto il soggetto pubblico nella difficile posizione di dover scegliere tra l’essere fedele alla propria natura e aprire il confronto diretto con i soggetti privati. E’ in questi anni che la “neotelevisione” nasce e si sviluppa nel sistema televisivo italiano, la tv non accompagna più la vita dei singoli telespettatori ma li inonda di immagini abbaglianti, soubrettes ammiccanti, per poter catturare ogni singolo telespettatore e consegnarlo nelle mani degli investitori pubblicitari. Il tentativo di “agganciare” il maggior numero possibile di spettatori ha fatto saltare, in molti casi, la rigida distinzione in generi che ammorbidiscono gradualmente i loro reciproci confini, in modo tale da poter vita a trasmissioni che contengono

“un pò di tutto”: Intrattenimento, Talk show, Informazione, Quiz show, Cultura,

Sport e altro. Un classico esempio è la nascita del programma “” in onda su Raiuno (1976), definito “programma contenitore” perché spaziava dal cinema al teatro, dalla musica leggera a quella colta, dall’attualità allo sport, dalla politica al gossip. La “neotelevisione” puntava su una programmazione quotidiana

– e non più settimanale – rivolta a tutte le età e a tutte le categorie sociali che presumibilmente a quell’ora potevano trovarsi davanti allo schermo. E’ ciò che è stata chiamata una televisione “generalista” che vuole rivolgersi a tutto il pubblico. Una delle strategie messe in atto dalla neotelevisione per rispecchiare la vita quotidiana degli spettatori è stata la programmazione “a striscia” e quindi un palinsesto giornaliero. Il palinsesto è il prodotto dell’impresa televisiva e può essere definito dall’insieme dei diversi programmi audiovisivi di una certa durata

(contenuto), organizzati entro una griglia temporale (forma), secondo un

63 determinato schema di disposizione (logica), in grado di essere ricevuti dagli spettatori attraverso un apparecchio terminale (televisione). L’attività televisiva, sia delle emittenti pubbliche che private, è rappresentata dall’attività editoriale di comporre una sequenza di programmi audiovisivi, in base alle previsioni quantitative e qualitative della domanda del pubblico e degli investitori pubblicitari, e di trasmettere tali programmi agli utenti. “L’impresa televisiva rappresenta, quindi, il soggetto istituzionale ed economico che organizza i modi, i tempi e i luoghi dell’offerta televisiva, scegliendo l’insieme degli spettatori cui rivolgersi e decidendo la composizione del palinsesto” (Dematté 2002: 19). Il palinsesto generalista comprende un assortimento molto ampio di programmi in grado di rispondere alle esigenze di un pubblico vasto ed eterogeneo in termini di età, sesso, modelli culturali di riferimento.

La Rai non ha abbandonato mai del tutto la sua tradizionale intenzione pedagogica ma ha deciso comunque di competere con il colosso privato. I dirigenti Rai, infatti, temevano che se “gli ascolti fossero scesi sotto il livello di guardia, la gente si sarebbe chiesta perché mai dovesse pagare un canone di abbonamento per usufruire di un servizio che altri svolgevano gratuitamente” (Menduni 2006:

133). Questa strategia ha portaato l’emittente pubblica a mantenere uno stile più composto ma comunque intriso di contenuti più omologati. Negli anni ’80 la

“neotelevisione” ha stabilito un rapporto diretto con il pubblico, attraverso il successo popolare dei conduttori di talk show e dei programmi contenitori - a tal proposito ricordiamo Maurizio Costanzo e Pippo Baudo – grazie all’offerta molto ampia di fiction e alla comparsa di “metageneri”, ossia generi ibridi, quali:

Infotainment, sportainment, edutainment, tutti generi derivati dall’intrattenimento

64 e dalla spettacolarizzazione. Secondo Menduni, infatti, “l’intrattenimento ha ormai una piena legittimità televisiva e la Tv si afferma come la principale raccontatrice di storie del tempo” (2006: 135). Il pubblico non è più

“accompagnato” nella fruizione televisiva ma entra a far parte di un “flusso televisivo” – definizione di Raymond Williams – che lo travolge e lo stimola allo stesso tempo. Gli italiani vedono molta più televisione, ma si tratta spesso di una visione casuale, distratta e disincantata, ripartita tra più canali, la cui programmazione è frequentemente interrotta dalla pubblicità e la cui fruizione è svolta insieme a varie attività familiari. Con la “neotelevisione” si è venuto a creare un rapporto molto stretto tra la folla e i conduttori televisivi, tanto che

Donald Horton e Richard Wohl hanno parlato di “interazione para-sociale”:

“questo rapporto, benché mediato, assomiglia psicologicamente all’interazione faccia a faccia. I telespettatori arrivano al punto di sentire di ‘conoscere’ le persone ‘incontrate’ alla televisione, come se fossero amici e colleghi. [..]

Paradossalmente l’attore para-sociale è in grado di creare ‘un’intimità con milioni di persone’” (Meyrowitz 1993: 196).

65 II.4. I codici di autoregolamentazione per la tutela dei minori e il nuovo assetto della radiotelevisione

In Italia, così come negli altri paesi europei, la tutela dei minori è affidata, oltre che a strumenti legislativi e regolamentari, anche a codici di autoregolamentazione. La molteplicità dei codici deontologici sottoscritti ha reso però, nel tempo, evidente il rischio di sovrapposizione tra gli stessi e posto non secondarie difficoltà di interpretazione che hanno minato la loro efficacia. Tra i principali codici di autoregolamentazione adottati in Italia, ricordiamo: la Carta di

Treviso, realizzata dall’Ordine nazionale dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa italiana in collaborazione con il Telefono Azzurro, sottoscritta nel 1990 e modificata nel 1997, con la quale i giornalisti italiani si sono impegnati a tenere comportamenti deontologicamente corretti nei confronti dei minori; il Codice di regolamentazione convenzionale dei principi, delle norme e delle regole cui si attengono le televisioni commerciali ai fini di assicurare il rispetto dei diritti e delle esigenze di un armonioso sviluppo dei telespettatori in età evolutiva, stipulato nel 1993 e successivamente integrato nel 2002; il Codice dell’autodisciplina pubblicitaria che disciplina la messa in onda di messaggi pubblicitari al fine di tutelare i minori. Fino alla stesura nel 2002 del Codice di

Autoregolamentazione TV e Minori, le forme di autoregolamentazione precedenti, sono rimaste mere formulazioni di principio, prive di adeguati apparati sanzionatori, e quindi prive di efficacia sui comportamenti delle emittenti televisive. Vedremo in seguito come invece, le disposizioni contenute nel Codice

Tv e minori del 2002 – costituendo positiva eccezione - saranno accolte dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dal T.U. della radiotelevisione

66 e rese sanzionabili. In ogni caso, le due versioni del Codice Tv e minori, quella del 1997 e quella del 2002, costituiranno entrambe delle pietre miliari del nostro ordinamento.

Il Codice di autoregolamentazione TV e minori del 1997 è un codice di autodisciplina sottoscritto e siglato da RAI Radiotelevisione Italiana, Mediaset e dalle principali Associazioni di emittenti commerciali. In esso le aziende televisive pubbliche e private riconoscono “il diritto del minore a uno sviluppo regolare e compiuto e il divieto di interferenze arbitrarie o illegali nella privacy e di forme di violenza, danno, abuso mentale e sfruttamento”. Il codice è rivolto a tutelare i diritti e l’integrità psichica e morale dei minori, con particolare attenzione e riferimento alla fascia di età più debole (0-14 anni). Inoltre sanciscono il principio secondo il quale la televisione deve poter svolgere agevolmente una funzione educativa e, riconoscendo il minore come soggetto di diritto, si impegnano a controllare la programmazione televisiva dalle ore 7.00 alle ore 22.30 – fascia denominata fascia “per tutti” – attraverso:

• “il divieto di trasmettere immagini di violenza gratuita e di sesso nei programmi informativi;

• la garanzia di contenuti di film, fiction e spettacoli di altro genere;

• la costituzione nei palinsesti di una “fascia protetta” di trasmissione fra le

16.00 e le 19.00 per i minori. In particolare, le imprese televisive nazionali che gestiscono più di una rete con programmazione a carattere generalista si impegnano a ricercare le soluzione affinché, nella predetta fascia oraria, su almeno una delle reti da essi gestite si diffonda una programmazione specificatamente destinata ai minori;

67 • l’impegno nella produzione di trasmissioni per bambini di buona qualità, capaci di favorire lo sviluppo del senso critico dei minori;

• il controllo della pubblicità nei contenuti e nelle fasce di messa in onda e un controllo specifico della pubblicità nella fascia oraria protetta 16.00-19.00”.

Nel 2002 c’è stato una nuova versione del Codice di autoregolamentazione

TV e minori, sottoscritto oltre che dalla RAI e da Mediaset anche da La7, MTV

Italia e le altre principali Associazioni di emittenti commerciali. Ecco le novità più importanti:

• Il Codice regolamenta la partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive allo scopo di farle avvenire sempre con il “massimo rispetto della loro persona, senza strumentalizzare la loro età e la loro ingenuità, senza affrontare con loro argomenti scabrosi e senza rivolgere domande allusive alla loro intimità e a quella dei loro familiari” (par.1.1);

• Questo nuovo Codice, inoltre, ribadisce l’importanza e la necessità delle fasce orarie, come importanti strumenti di tutela. La c.d. “fascia per tutti” dalle ore

7.00 alle ore 22.30 prevede una programmazione per un pubblico più vasto di spettatori, tra cui sono presenti, anche in numero elevato, i minori. La programmazione “deve tener conto delle esigenze dei telespettatori di tutte le fasce d’età, nel rispetto dei diritti dell’utente adulto, della libertà di informazione e di impresa, nonché del fondamentale ruolo educativo della famiglia nei confronti del minore” (par.2.1);

• Le imprese televisive nazionali che gestiscono più di una rete con programmazione a carattere generalista devono garantire ogni giorno, in prima

68 serata, la trasmissione di programmi adatti ad una fruizione familiare congiunta almeno su una rete e a darne adeguata informazione (par.2.2 lett.c);

• Per quanto riguarda i programmi di informazione mandati in onda nella fascia oraria per tutti, “qualora per casi di straordinario valore sociale o informativo la trasmissione di notizie, immagini e parole particolarmente forti e impressionanti si renda effettivamente necessaria”, il giornalista è tenuto ad avvisare gli spettatori “che le notizie, le immagini e le parole che verranno trasmesse non sono adatte ai minori” (par.2.3);

• I firmatari del Codice ipotizzano che nell’ambito della fascia oraria 7.00-

22.30 (Televisione per tutti) la fruizione dei minori all’ascolto sia supportata dalla presenza di un adulto e si impegnano a promuovere l’adozione, da parte delle emittenti, di un sistema di segnalazione visiva relativa all’adeguatezza del programma alla visione da parte dei minori, nello spirito della massima informazione al pubblico circa i contenuti di programmazione (par.2.4). L’utilizzo di tale strumento è teso a valorizzare il ruolo della figura genitoriale nel processo di fruizione del messaggio televisivo da parte del minore. Per quanto riguarda la trasmissione di film, fiction e spettacoli vari, qualora si consideri che alcuni di tali programmi, trasmessi prima delle 22.30, siano prevalentemente destinati ad un pubblico adulto, l’emittente si impegna ad annunciare, con grande anticipo, che la trasmissione non è adatta agli spettatori più piccoli. Se la trasmissione avrà delle interruzioni, l’avvertimento verrà ripetuto dopo ogni interruzione. In tale specifica occasione andranno divulgate con particolare attenzione le informazioni di avvertimento sulla natura della trasmissione nonché utilizzati i sistemi di segnalazione iconografica (par.2.4);

69 • I programmi di intrattenimento devono evitare di ”usare in modo strumentale i conflitti familiari come spettacolo, creando turbamento nei minori, preoccupati per la stabilità affettiva delle relazioni con i loro genitori” ed evitare quelle trasmissioni “nelle quali si faccia ricorso gratuito al turpiloquio e alla scurrilità nonché si offendano le confessioni e i sentimenti religiosi” (par.2.5 lett.a e lett.b);

• Le imprese televisive si impegnano a dedicare nei propri palinsesti una fascia “protetta” di programmazione, tra le ore 16.00 e le ore 19.00, ai minori – che si suppone non sono supportati nella loro visione da un adulto – con un

“controllo particolare sia sulla programmazione sia sui promo, i trailer e la pubblicità trasmessi” (par.3.1). Ai sensi del paragrafo 3.3 del Codice, la tutela dei minori in tale fascia non si esaurisce nel mero controllo della programmazione o nel divieto di messa in onda di programmi nocivi, ma si realizza anche attraverso la produzione di trasmissioni mirate al target minorile, che siano “di buona qualità e di piacevole intrattenimento”, che “soddisfino le principali necessità dei minori” e che ne accrescano le capacità critiche in modo che sappiano fare migliore uso del mezzo televisivo”.Per quanto riguarda la fascia protetta, la Rai nel 2008 estenderà tale protezione fino alle ore 20.00.

• La fascia oraria notturna, che va dalle ore 22.30 alle ore 7.00 non è regolamentata dal Codice ed è soggetta agli obblighi previsti dalla normativa generale;

• Il Codice fornisce anche alcune indicazioni in materia di pubblicità, recependo peraltro le norme a tutela dei minori presenti nel Codice di autodisciplina pubblicitaria (par.4);

70 • Viene, infine, stabilita l’istituzione del Comitato di applicazione del Codice che ha il compito di vigilare, controllare e richiedere sanzioni per le eventuali violazioni, inoltrando la denuncia all’Autorità per le Garanzie nelle

Comunicazioni.

Per quanto riguarda l’utilizzo della segnaletica, possiamo dire che è stata Mediaset la prima emittente che ha usufruito di tale mezzo. Il sistema di segnaletica è stato introdotto prima su Canale 5 nel 1994 e successivamente esteso alle altre reti

Mediaset nel 1997. Esso sta ad indicare se un programma di fiction è adatto alla visione da parte di un minore di età compresa tra i 6 e gli 11 anni ed ha lo scopo di fornire un servizio ai genitori, senza alcun intento censorio. Tale dispositivo è attivo tutt’oggi e prevede 3 diversi bollini di colore diverso: Bollino verde: significa che i bambini possono vedere il programma anche da soli; Bollino giallo: invita ad una visione congiunta con i genitori, solo allo scopo di aiutare la comprensione del programma; infine, il Bollino rosso indica che il programma non è assolutamente adatto alla visione del minore. Inizialmente la segnaletica era presente solo all’inizio del programma, successivamente ha fatto la sua comparsa subito dopo gli spot pubblicitari ed ha acquisitodurata più lunga. Questo sistema al momento della sua comparsa ha costituito un profondo spartiacque con il passato, privo di qualsiasi forma di cautela nei confronti del minore e di “guida” per i genitori. Anche la Rai ha adoperato questo sistema iconografico, facendo si che il logo dell’emittente si illumini di rosso se la visione del programma è consigliata ad un solo pubblico adulto. Oggigiorno si discute, invece, di quanto sia effettivamente efficace tale sistema di segnaletica, in quanto si ipotizza che il

71 bollino rosso sia più un richiamo alla “visione” del programma e alla

“trasgressione” da parte dei bambini, che un’utile dispositivo per i genitori.

Ritornando al discorso normativo, possiamo affermare che il sistema radiotelevisivo italiano aveva bisogno di una regolamentazione di settore. Vi era la necessità di unire in un documento sistematico tutte le leggi e i regolamenti e, di recepire le direttive europee in materia di radiotelevisione e di convergenza. In questo quadro, ovviamente, non doveva mancare la disciplina a tutela dei minori.

Nel 2004 si è inserito dunque nel panorama italiano la legge n.112 detta anche

“Legge Gasparri” recante “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della Rai-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al

Governo per l’emanazione del Testo Unico della radiotelevisione”. L’articolo 10 di suddetta legge è a sua volta rubricata “Tutela dei minori nella programmazione televisiva”. Tale disposizione mantiene in vigore le norme nazionali in materia di tutela dei minori e introduce alcuni elementi di novità:

• Al comma 1, recepisce le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori che, oltre ad assumere forza generale e vincolante per tutte le emittenti e non solo più per quelle firmatarie, si arricchisce di un presidio sanzionatorio anche a carattere pecuniario;

• Al comma 2, tutte le emittenti televisive hanno l’obbligo di garantire l’applicazione delle norme contenute nel Codice, soprattutto per quanto riguarda la garanzia di misure a tutela dei minori nella fascia oraria di programmazione dalle ore 16.00 alle ore 19.00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori, con particolare riguardo ai messaggi pubblicitari, alla promozioni e ad ogni altra forma di comunicazione commerciale e pubblicitaria. Sempre il comma

72 2, ha posto l’attenzione sui programmi di commento degli avvenimenti sportivi, in particolare modo quelli calcistici, all’interno dei quali devono essere osservate specifiche misure per prevenire fenomeni di violenza legati allo svolgimento di manifestazioni sportive e per contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell’avversario;

• Al comma 3 vi è il divieto assoluto di impiegare minori di anni 14 in programmi radiotelevisivi, oltre che nei messaggi pubblicitari e spot. (Divieto successivamente abrogato dalla legge n. 37/2006);

• L’articolo 10, al comma 4, ha introdotto modifiche rilevanti all’interno del quadro normativo di riferimento sotto il profilo sanzionatorio. Il vanto è quello di aver reso omogenei i sistemi procedurali da impiegare per l’applicazione delle sanzioni in materia di tutela dei minori, incrementando l’efficacia dell’apparato sanzionatorio. Tale legge ha reso possibile la partecipazione di più organi di vigilanza – Commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità e Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione - accanto ai molteplici strumenti sanzionatori: si è innalzato il limite minimo della sanzione pecuniaria rispetto alla

“Legge Mammì” e non è più previsto l’accesso da parte delle emittenti al beneficio del pagamento in misura ridotta; le sanzioni possono essere erogate per le violazioni, oltre che delle disposizioni di legge, anche di quelle contenute nel

Codice di autoregolamentazione; alle sanzioni inflitte viene data adeguata pubblicità e l’emittente sanzionata ne deve dare notizia nei notiziari diffusi in ore di massimo o di buon ascolto; le sanzioni, infine, si possono applicare solo dopo la verifica dell’inosservanza da parte delle emittenti e non prima della messa in onda - per evitare le accuse di “censura” e violazione del diritto di manifestazione

73 del pensiero e delle libertà personali – e la sanzione non è più preceduta dal provvedimento di diffida, velocizzando così la scomparsa o l’adeguamento di quei programmi che ledono lo sviluppo morale e psichico dei minori. Sempre nel 2004 un Regolamento del Ministero delle comunicazioni (decreto 292), prevede che le emittenti che abbiano avuto più di un provvedimento sanzionatorio da parte dell’Autortià - nell’anno precedente la richiesta di ottenimento dei contributi statali – per le violazioni dell’articolo 15, commi 10,11 e 13 della legge 223/90 possono accedere solo in misura ridotta ai contributi annuali previsti dalla legge.

Possono essere totalmente esclusi dagli stessi contributi se l’Autorità avesse applicato nei loro confronti più di quattro sanzioni per le violazioni delle disposizioni citate.

• Al comma 10, si stabilisce che le quote di riserva per le trasmissioni di opere europee devono comprendere anche opere cinematografiche o per la televisione, comprese quelle di animazione, specificamente rivolte ai minori, nonché produzione e programmi rivolti ai minori ovvero idonei alla visione da parte dei minori e degli adulti.

La “Legge Gasparri” ha favorito lo sviluppo di una cooperazione attiva tra

Autorità, Comitato TV e minori, Comitato dei genitori, Commissione parlamentare per l’infanzia e Parlamento e ha favorito il graduale adeguamento della programmazione da parte delle emittenti. Inoltre:

• Ai sensi dell’articolo 10, comma 9 della legge 112/04, il Ministero delle

Comunicazioni, d’intesa con il Ministero dell’educazione, dell’università e della ricerca è stato incaricato di emanare un apposito decreto che abbia il compito di promuovere una cultura della prevenzione e dell’alfabetizzazione mediale. Ecco

74 parte dell’articolo su citato: “bisogna disporre la realizzazione di campagne scolastiche per un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo, nonché di trasmissioni con le stesse finalità rivolte ai genitori, utilizzando a tale fine anche la diffusione sugli stessi mezzi radiotelevisivi in orari di buon ascolto, con particolare riferimento alle trasmissioni effettuate dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.

Alla luce della citata delega del Governo per l’emanazione del Testo Unico della radiotelevisione, previsto dalla legge 112/04, è stato emanato il decreto legislativo n. 117/2005 recante “T.U. della radiotelevisione” che ha il compito di far fronte alla complessità del sistema normativo dell’intero settore radiotelevisivo.

Con riferimento alla tutela dei minori, il Testo Unico raccoglie tutte le disposizioni in materia alle quali apporta alcune modifiche non sostanziali, ma tese a recuperare un principio di coerenza nel quadro normativo. Nello specifico:

• L’articolo 3 stabilisce che occorre coniugare la libertà di manifestazione del pensiero nelle sue varie declinazioni con la tutela della dignità della persona e del minore e che in caso di conflitto tra questi due principi, la salvaguardia della dignità della persona e dei minori assume rilevanza primaria;

• L’articolo 4 al comma 1, lett. b) stabilisce che la disciplina del sistema radiotelevisivo debba garantire “la trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona, essendo, comunque, vietate le trasmissioni che contengono messaggi cifrati o di carattere subliminale o che contengono incitamenti all’odio comunque motivato o che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità o che, anche in relazione all’orario di trasmissione, possano nuocere allo sviluppo fisico,

75 psichico o morale dei minori, o che presentino scene di violenza gratuita o insistita o efferata o pornografiche, salve le norme speciali per le trasmissioni ad accesso condizionato che comunque impongono l’adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo”. Come si può notare, tale testo richiama l’articolo

15, comma 10 della legge 223/90 e integra in sé gli articoli 22 e 22 bis della direttiva europea “Televisione senza frontiere” n. 89/552/CEE, oltre che rispecchiare la precedente disposizione dell’articolo 4. comma 1 lett. b) della legge 112/04.

• L’articolo 4 al comma 1, lett. c) garantisce la diffusione di trasmissioni pubblicitarie e di televendite leali ed oneste che rispettino la dignità della persona e che non rechino pregiudizio morale o fisico a minorenni e non siano inserite nei cartoni animati destinati ai bambini e siano riconoscibili come tali e distinte dal resto dei programmi con mezzi di evidente percezione. In seguito, L’articolo 37, al comma 10 tutela il minore nei riguardi della pubblicità di bevande alcoliche.

L’articolo 34 “Disposizione a tutela dei minori” e l’articolo 35 “Vigilanza e sanzioni” del Capo II, contengono le disposizioni in materia di tutela dei minori nella programmazione televisiva. Così come avveniva nell’articolo 10 della

“Legge Gasparri”. In particolare, ai sensi delll’articolo 34:

• Al comma 1, “è vietata la trasmissione di film ai quali sia stato negato il nulla osta per la proiezione o la rappresentazione in pubblico oppure siano stati vietati ai minori di anni diciotto”.

• Il comma 2 dichiara che “I film vietati ai minori di anni quattordici non possono essere trasmessi, né integralmente, né parzialmente prima delle ore 22,30 e dopo le ore 7.00”. Anche se dalle indagini Auditel e dai focus group svolti dalla

76 professoressa Piromallo e dalla professoressa Salzano (“Violenza televisiva e subculture dei minori nel meridione”, 2004), emerge che negli ultimi anni si sta riscontrando un sempre maggior numero di minori all’ascolto dei canali televisivi anche in orario notturno. Tale fascia oraria, però, non è soggetta ad un controllo e ad un regime sanzionatorio incisivo. L’articolo 51, al comma 3 lett. c), del T.U., contempla sanzioni significativamente ridotte che non sono capaci di scoraggiare le emittenti a diffondere immagini “forti” e a sensibilizzare su questo cambio di

“abitudini” dei minori.

• Al comma 3 e 4, il T.U. richiama il Codice di autoregolamentazione e si dichiara fautore dei principi in esso presenti: “Le emittenti televisive ed i fornitori di contenuti sono tenuti ad osservare le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori” e “ I soggetti sono tenuti a garantire l’applicazione di specifiche misure a tutela dei minori nella fascia oraria di programmazione dalle ore 16,00 alle ore 19,00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori, con particolare riguardo ai messaggi pubblicitari, alle promozioni e ad ogni altra forma di comunicazione commerciale e pubblicitaria. Specifiche misure devono essere osservate nelle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi, in particolare calcistici, anche al fine di contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell’avversario, per prevenire fenomeni di violenza legati allo svolgimento di manifestazioni sportive”.

• Al comma 5 vi è il divieto assoluto di impiego di minori di anni 14 in programmi radiotelevisivi, messaggi pubblicitari e spot (ma, come abbiamo visto prima, tale comma verrà abrogato nel 2006).

77 • Al comma 6 vi è la disposizione del Ministero della comunicazione, d’intesa con il Ministero dell’educazione, dell’università e della ricerca, di “realizzare campagna scolastiche di sensibilizzazione per un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo, nonché di trasmissioni con le stesse finalità rivolte ai genitori, utilizzando a tale fine anche la diffusione sugli stessi mezzi radiotelevisivi in orari di buon ascolto, con particolare riferimento alle trasmissioni effettuate dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.

• Al comma 7, “Le quote di riserva per la trasmissione di opere europee, previste dall’articolo 6 del T.U., devono comprendere anche opere cinematografiche o per la televisione, comprese quelle di animazione, specificamente rivolte ai minori, nonché produzioni e programmi adatti ai minori ovvero idonei alla visione da parte dei minori e degli adulti. Il tempo minimo di trasmissione riservato a tali opere e programmi è determinato dall’Autorità.

Per quanto riguarda l’articolo 35 del T.U. richiamo solo alcuni commi:

• Al comma 2 “Nei casi di inosservanza dei divieti di cui all’articolo 34, nonché all’articolo 4, comma 1, lettere b) e c), limitatamente alla violazione di norme in materia di tutela dei minori, la Commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità, previa contestazione della violazione agli interessati (ossia delle emittenti) ed assegnazione di un termine non superiore a quindici giorni per le giustificazioni, delibera l’irrogazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 25.000 euro a 350.000 euro e, nei casi più gravi, la sospensione dell’efficacia della concessione o dell’autorizzazione per un periodo da uno a dieci giorni”.

78 • Al comma 4 “Le sanzioni si applicano anche se il fatto costituisce reato e indipendentemente dall’azione penale. Alle sanzioni inflitte sia dall’Autorità che, per quelle previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori, dal Comitato di applicazione del medesimo Codice viene data adeguata pubblicità anche mediante comunicazione da parte dell’emittente sanzionata nei notiziari diffusi in ore di massimo o di buon ascolto”.

• Al comma 5 “L’Autorità presenta al Parlamento, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sulla tutela dei diritti dei minori, sui provvedimenti adottati e sulle sanzioni erogate. Ogni sei mesi, l’Autorità invia alla Commissione parlamentare per l’infanzia, una relazione informativa sullo svolgimento delle attività di sua competenza in materia di tutela dei diritti dei minori, corredata da eventuali segnalazioni, suggerimenti o osservazioni”.

Nel leggere il Titolo VIII recante “Servizio pubblico generale radiotelevisivo e disciplina della concessionaria” del “Testo Unico della radiotelevisione” è interessante notare la composizione dei membri del Consiglio di Amministrazione della RAI e la loro nomina da parte della Commissione Parlamentare. Nel “Nuovo

Millennio” si assiste ancora al tradizionale connubio politica-media, così come è sempre stato sin dalla nascita della televisione in Italia. Si chiede alla Rai di garantire un servizio pubblico all’insegna del pluralismo, dell’indipendenza, dell’obiettività e dell’apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali.

Inoltre essa deve saper “parlare” a tutti e dedicarsi, così come scritto nell’articolo

45, comma 2 lett.b), “all’educazione, all’informazione, alla formazione, alla promozione culturale, con particolare riguardo alla valorizzazione delle opere teatrali, cinematografiche, televisive, anche in lingua originale, e musicali

79 riconosciute di alto livello artistico o maggiormente innovative” e alla lett.h) alla

“trasmissione, in orari appropriati, di contenuti destinati specificamente ai minori, che tengano conto delle esigenze e della sensibilità della prima infanzia e dell’età evolutiva”. Tali compiti non sono di facile portata, in quanto la Rai deve fare i conti con il peso del politico di turno, che vorrebbe l’emittente pubblica come “un prolungamento del proprio ufficio stampa” e con la difficile concorrenza con l’emittente privata che presenta nel proprio palinsesto programmi sempre più spettacolari che riescono a raggiungere un più vasto pubblico di telespettatori. Se poi si considera che il magnate dell’impresa televisiva privata è stato ed è il

Presidente del Consiglio, possiamo ben immaginare e capire le difficoltà e le disfunzioni del sistema radiotelevisivo pubblico italiano.

La Rai, comunque, oltre al rispetto della normativa nazionale ed europea è soggetta a ulteriori vincoli e obblighi, in seguito alla Convenzione stipulata, con cadenza triennale, con il Ministero delle comunicazioni, detto “Contratto nazionale di servizio”. L’ultimo contratto risale al 2007 e stabilisce diritti e doveri, definisce standard di qualità del servizio che la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo è tenuta a rispettare.

L’articolo 7 del Contratto nazionale di servizio 2007-2009 affronta la delicata materia della tutela dei minori e, in base alle disposizioni in esso contenute, la Rai si impegna a:

• Tenere nel massimo conto le disposizioni stabilite dal Codice di autoregolamentazione, le raccomandazioni e le decisioni del Comitato di applicazione del Codice Tv e minori e quanto previsto dall’articolo 34 del T.U. della radiotelevisione.

80 • Realizzare programmi riguardanti tutti i generi televisivi che rispondano a criteri di responsabilità e rispetto della dignità dei minori nella fascia dedicata a una visione familiare, tra le ore 7.00 e le ore 22.30, che tengano conto delle esigenze e della sensibilità dell’infanzia e dell’adolescenza, evitando la messa in onda di programmi contenenti scene di violenza gratuita o episodi che possano creare angoscia, terrore o turbamento.

• Realizzare, nella fascia oraria compresa tra le 16.00 e le 20.00 sulle reti generaliste terrestri, una quota di programmazione di intrattenimento per i minori e di formazione ed informazione per l’infanzia e l’adolescenza non inferiore al

10% rispetto la programmazione annuale tra le 7.00 e le 22.30.

• Al comma 4 si evince che i programmi per bambini non inferiori ai 30 minuti e i cartoni animati non possono essere interrotti dalla pubblicità. Nella pubblicità diffusa prima e dopo i cartoni animati non possono comparire i personaggi dei medesimi cartoni animati. Nelle fasce orarie 7.00-9.00 e 16.00-

20.00 sono vietati i trailer dei programmi consigliati alla visione del solo pubblico adulto.

• La Rai è tenuta a dedicare appositi spazi finalizzati ad informare sull’uso corretto e appropriato delle trasmissioni televisive da parte dei minori. Inoltre, la

Rai entro 6 mesi si impegna ad adottare sistemi di chiara riconoscibilità visiva per evidenziare, con riferimento ai film, alla fiction e all’intrattenimento, quelli adatti a una visione congiunta con un adulto e quelli adatti al solo pubblico adulto. Con riferimento a quest’ultima fattispecie, la Rai evidenzia i sistemi di chiara riconoscibilità visiva per tutta la durata dei relativi programmi. Essa, inoltre,

81 promuove l’attività di informazione di detta programmazione anche su riviste, guide elettroniche e, in particolare, sul Televideo.

Sullo scottante tema della tutela dei minori, a livello parlamentare gioca un ruolo centrale la Commissione bicamerale per l’infanzia istituita nel 1997. La

Commissione è un organo parlamentare con funzioni di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Tra le risoluzioni approvate dalla Commissione in materia di rapporto tra Tv e minori, le più significative sono la n. 7-00024 del 2000 e la n. 8-00036 del 2003. In tali risoluzioni si raccomanda di:

• Promuovere la predisposizione di un testo unico a tutela dei minori nei vari settori della comunicazione;

• Attuare una classificazione delle opere specificatamente rivolte ai minori, di quelle adatte all’infanzia o all’adolescenza e di quelle adatte alla visione familiare;

• Istituire, presso ogni emittente televisiva, una figura responsabile della programmazione rivolta ai minori;

• Effettuare campagne di sensibilizzazione ed educative destinate ai minori, agli educatori, ai genitori, agli operatori televisivi anche volte all’utilizzazione intelligente e responsabile dei mezzi audiovisivi;

• Evitare che vengano mandati in onda programmi specificatamente destinati ai minori nella fascia oraria compresa tra le 7.30 e le 9.30 del mattino, onde limitare al massimo l’uso della televisione prima degli impegni scolastici.

La panoramica normativa appena delineata è servita per capire che la tutela dei minori ha un peso determinante all’interno delle scelte di Governo e in ciascuna

82 agenzia educativa della nostra società. Nel nostro ordinamento assistiamo molto spesso all’altalenarsi di visioni protezionistiche e/o promulgative nei confronti dei minori. Il giusto bilanciamento potrebbe assicurare un corpus legislativo unitario e più rappresentativo della complessa realtà di cui fa parte il minore.

83 II.5. La Programmazione televisiva per l’infanzia e l’adolescenza della Rai

In questo capitolo conclusivo vorrei focalizzare l’attenzione sulla programmazione televisiva volta all’infanzia e all’adolescenza della Rai dal 1954 ai giorni nostri. Il compito non è facile perché i miei ricordi da “spettatrice” partono dalla metà degli anni ’80 e perché la mole di programmi per i minori andati in onda dall’emittente pubblica non sono stati pochi! Nel portare avanti il mio intento ho lavorato molto servendomi della vasta letteratura di settore, ma credo che la schematizzazione migliore con cui procedere sia quella fornita dall’autrice Marina D’amato, che ha pubblicato numerosi saggi sul tema media e minori e che vanta una stretta collaborazione con la Rai Radiotelevisione Italiana.

L’analisi procederà per fasi: la prima fase prenderà in considerazione gli anni che vanno dal 1954 al 1975, quindi dall’anno dell’inizio delle trasmissioni, del boom economico, del monopolio incontrastato della Rai, all’anno delle maggiori riforme del settore radiotelevisivo; la seconda fase sarà quella dal 1976 al 1981, anni di profonda deregulation del settore segnati dall’emergere dei network commerciali; la terza fase va dal 1982 al 1986; la quarta fase va dal 1986 al 1995 e l’ultima dal

1996 al 2001 (D’Amato 2002).

Dal 1954 al 1975

La nascita di una Tv per i ragazzi, “con i suoi giochi, le sue storie, i suoi miti ed i suoi eroi”(D’Amato 2002: 25) coincide con l’inizio ufficiale della programmazione televisiva: il 3 gennaio del 1954 alle ore 17.00. Anche per la Tv dei ragazzi, l’intento era “pedagogizzante”; infatti, da un’osservazione attenta del palinsesto di quegli anni si evince come l’educazione, l’informazione, il divertimento e l’impegno morale fossero il fondamento di tutte le trasmissioni. Il

84 palinsesto della Tv dei ragazzi si basava, così come per gli adulti, su appuntamenti settimanali fissi e la programmazione era rigidamente suddivisa per fasce d’età e per sesso. Vediamo tre diverse tipologie di programmi che rispecchiavano la programmazione degli inizi: a) I programmi di tipo divulgativo/didattico dedicati ai ragazzi e alle ragazze; b) I programmi magico-fiabeschi e di marionette e burattini dedicati ai più piccoli; c) I film, telefilm, documentari e cartoni animati importati dall’estero rivolti sia ai bambini che alle bambine;

Le differenziazioni per “genere” delle trasmissioni televisive facevano appello ai canoni di una cultura fortemente condivisa da tutta la società, basata sull’importanza della divisione dei ruoli maschio/femmina. La caratterizzazione dei programmi per fasce d’età, invece, rispondeva ai criteri pedagogici di quegli anni e si riferiva alla logica delle fasi evolutive dell’apprendimento. Lo scopo era quello di ottenere una considerevole aderenza delle trasmissioni ai bisogni e ai problemi di bambine e bambini per ogni fase dello sviluppo della personalità. Per quanto riguarda la distinzione per “genere” e per età ricordiamo: “Anni verdi” settimanale per le ragazze che si proponeva di affrontare temi che potevano divertire, interessare e stimolare le adolescenti italiane, come la moda dei jeans e delle code di cavallo; e il programma “Costruire è facile”, settimanale per ragazzi attraverso cui si potevano mettere in gioco le abilità manuali dei minori.

Ai più piccoli venivano proposte, invece, sia trasmissioni allestite in studio, sia trasmissioni rappresentanti un universo fiabesco, come Zurlì, il mago del giovedì (con Cino Tortorella) che riproponeva i quiz in voga tra gli adulti, le

85 Storie di Topo Gigio, il Fantastico mondo di Oz e Giocagiò destinato ai bambini in età prescolare, che erano sollecitati ad ingegnarsi nelle attività ricreative e pratiche, “accolti” in una graziosa casetta, all’interno della quale c’era un grande tavolo con scatole, pennelli, matite colorate e giocattoli. Molto spesso le trasmissioni si avvalevano della presenza di bambini che venivano chiamati anche a collaborare alle attività, ai giochi, ai piccoli lavori manuali, ai disegni. Forte era la presenza di pupazzi, marionette e burattini e trasmissioni in diretta dai teatri specializzati.

Ai più grandi si fornivano nozioni con intenti educativi, anche nei programmi di giochi ed intrattenimento che miravano a coinvolgere i ragazzi da casa20 come ad esempio, Passaporto che fu il primo corso televisivo di inglese, Giramondo, il primo cinegiornale della tv dei ragazzi che proponeva una panoramica di filmati di tutto il mondo.

L’impegno della Rai per i minori era evidente e si evinceva dalla quantità di trasmissioni prodotte dall’azienda stessa, come trasmissioni informative, divulgative e didattiche ma, in quegli anni un momento importante che ha rappresentato un precedente per ciò che concerne la separazione per sessi e per età, è consistito nella presenza dei film, cartoni animati e telefilm statunitensi o di produzione estera come Lassie, l’indimenticabile, coraggiosa, leale ed intelligente collie, Rin Tin Tin un pastore tedesco che si lega ad un bambino orfano di nome

Rusty, adottato da soldati impegnati nella lotta contro gli indiani; Zorro, celebre

20 “La televisione serve da tramite, mette a disposizione i suoi mezzi, nient’altro, il resto lo debbono fare i ragazzi [..]”: questo è quanto si legge nel Radiocorriere, settimanale di informazione sui programmi radiofonici e televisivi, del 1955 a proposito del lancio di Cinque penne gialle (D’amato, 2002: 30).

86 eroe mascherato. In ognuna di queste trasmissioni, comunque, i temi trattati erano amplissimi e tutti rispondenti al motto “Educare divertendo”.

A cavallo tra le due fasi, si è verificato un’importante fenomeno mediatico che non possiamo non ricordare in questa discussione, noto a tutti con il nome di

Carosello: prima rubrica di pubblicità nata nel 1957 che andava in onda tutti i giorni alle ore 20.50 per dieci minuti. Fino al 1977, anno della “morte” del programma, è stato l’appuntamento più atteso da grandi e bambini: le mamme dicevano “A letto dopo Carosello” e i bambini accettavano come ordine perentorio la fine della giornata e il momento della buonanotte. Carosello era un vero e proprio spettacolo che si avvaleva di nomi illustri, in veste di autori, registi o attori come Ermanno Olmi, Sergio Leone, Totò e De Filippo. La rubrica raggruppava quattro o cinque filmati pubblicitari, divisi tra loro da “siparietti” disegnati. Ogni pubblicità era suddivisa in due parti: nella prima, veniva rappresentata una scenetta in cui non era mai nominato il prodotto reclamizzato; nella seconda, invece, era contenuto il messaggio pubblicitario. Carosello rese famosi diversi personaggi di fantasia, come Calimero e Caballero e Carmencita.

Il programma rappresentò una pietra miliare delle trasmissioni Rai ed è diventato, ai giorni nostri, un mito dell’epoca passata.

Dal 1976 al 1981

I mutamenti intercorsi nella società civile dal ’68 in poi, nell’ampia crisi di valori, di cui era portavoce la componente giovanile della società, cambiarono il modo di vedere il mondo, la famiglia, la scuola e anche la televisione. I giovani avevano messo in discussione l’autorità e i modelli comportamentali fino ad allora proposti e accettati. La televisione non poteva più proporre, quindi, didatticismo e

87 pedagogismo, doveva “rivoluzionarsi” seguendo il flusso degli stravolgimenti della società. Ma il mutamento che la Tv dei ragazzi cominciò a subire verso la fine degli anni Sessanta e che si istituzionalizzerà a partire dal 1976 ha un referente preciso, il cambio di gestione dell’emittente e il favor concesso ai network privati: Il dottor Bernabei lasciò “il timone” a favore di Fabiano Fagiani;

Il gruppo Fininvest era ormai nell’”etere”. Tutti questi cambiamenti spinsero la

Rai, fino a quel momento impegnata in trasmissioni educativo-formative, a rivedere il proprio modo di fare televisione e quindi di adeguare l’offerta a una domanda del tutto nuova. Da un lato la Tv dei ragazzi continuò a rivolgersi al pubblico dei più piccoli, dall’altro si impose una programmazione finalizzata ad un’audience più vasta: fu l’avvento dei family programs, dei programmi per famiglie, che caratterizzerà sempre la programmazione Rai.

In questi anni, è stata potenziata una politica degli acquisti di format provenienti dall’estero (Stati Uniti, America latina, Oceania, Inghilterra, Francia) che è risultata molto meno onerosa della produzione in proprio e comunque di successo.

Inoltre, si è passati da una programmazione con cadenza settimanale ad una giornaliera. Il 1976 è stato anche l’anno di nascita della seconda rete Rai, che si è affiancata a Raiuno nelle trasmissioni dedicate ai bambini e ai ragazzi. Il broadcasting pubblico ha abbandonato l’iniziale distinzione di genere dedicando, sia ai ragazzi che alle ragazze, rubriche, serial giornalieri, fiabe, cultura, attualità e cartoni animati.

Raiuno, negli anni immediatamente successivi la nascita del secondo canale, nonostante fosse stata annullata la rubrica Tv dei ragazzi, continuò a rivolgersi ai piccoli e ai giovani, con programmi come il serial “Tre nipoti e un

88 maggiordomo”, il programma contenitore Contatto del 1980, programmi informativi come “Ma perché” e programmi musicali come “Ragazzi un disco”.

Per quanto riguarda i programmi musicali non possiamo non citare Lo Zecchino d’oro, nato nel 1959 da un’idea di Cino Tortorella (Il mago Zurlì) che nel 1976, sotto il patrocinio dell’UNICEF, divenne festival internazionale. Successivamente però, il primo canale ridusse il suo intervento per i giovani e i bambini a telefilm e a qualche cartone, per poi dedicarsi completamente ai programmi per famiglie.

Su Raidue, invece, i bambini e i ragazzi continuarono ad avere la loro rubrica specifica fino all’avvento di Tandem del 1982, programma contenitore a loro destinato, che di fatto però rispondeva alla logica dei “family programs” più che a quella della programmazione per un pubblico infantile. Raidue si contrappose alle prorompenti televisioni private con il vecchio intento di “Informare divertendo”, mandando in onda rubriche, fiabe, cultura, attualità e cartoni come “Le avventure del gatto Silvestro” del 1977. Il vero cambiamento di rotta, però, avvenne nel

1980 quando su Raidue venne trasmessa la rubrica “Il pomeriggio”, primo programma contenitore, con frequenza giornaliera che ebbe il sopravvento su ogni altra rubrica.

Nei primi anni ’80 - nonostante lo sforzo della Rai di perpetuare la propria egemonia monopolistica - si definisce la preferenza dei bambini e dei ragazzi per la programmazione dei network privati, i quali individuarono subito gli spazi liberi pomeridiani e si proposero di intrattenere il pubblico dei più giovani, fino ad allora “cresciuti” dall’emittente pubblica.

89 Dal 1982 al 1986

La terza fase, quella degli anni 1982-1986, fu dominata dai programmi contenitore di cartoni animati trasmessi dal network privato come, Ciao Ciao su

Rete 4 e Bim Bum Bam di Italia 1, i serial americani e le situations comedies, come I Robinson, La casa nella prateria, Happy days, Supercar, Magnum P.I.. I cartoni animati proposti non erano più prodotti nostrani ma importati dall’estero; i cartoni importati dagli Stati Uniti e Giappone, di genere sportivo come Holly e

Benji, storici come Lady Oscar, avventurosi come Occhi di gatto, romantici come

Love me Licia (trasmesso alle ore 20.00). Il modello commerciale21 cambiò radicalmente l’offerta dei programmi, perché un “altro” obiettivo delle emittenti divenne soddisfare il pubblico attraverso i criteri degli inserzionisti pubblicitari, alla ricerca di programmi capaci di avere “ascolti record”. Fu in quegli anni, infatti, che si scelse un’unica unità di misura per gli ascolti televisivi, l’Auditel, capace di influenzare in maniera considerevole le scelte delle aziende di produrre e trasmettere programmi. Le trasmissioni per le minoranze etniche, religiose, linguistiche non andarono più in onda, la televisione era “on air” per la maggior parte della giornata e la pubblicità fece il suo ingresso nella programmazione, cambiando lo slogan “Informare divertendo” a “Divertire vendendo”.

In quegli anni, la proposta della Rai fu di mantenere su Raidue l’interlocutore privilegiato della televisione pubblica con i giovani, intrattenendoli con

21 Alessandra Valeri Manera, responsabile del target ragazzi per le reti Mediaset, ci dice che “Commerciale non significa scadente, ma semmai che si tratta di una programmazione gradita al pubblico, che ne soddisfi, in modo adeguato, il desiderio e le esigenze di evasione e intrattenimento, di informazione e cultura. Insomma, una programmazione, mai mediocre, che riconosca l’intelligenza e la selettività del suo pubblico” (D’Amato 2002: 42).

90 programmi contenitore specifici, fatti di giochi, quiz e cartoni, come Tandem, il varietà del pomeriggio e Pane e marmellata.

A Raiuno spettò il compito di programmare per bambini e ragazzi trasmissioni divertenti, informative e di arricchimento culturale come Stanlio e Ollio, The

Muppet Show e Le meravigliose storie del prof.Kitzel. Raiuno inoltre, firmò un accordo, valido cinque anni, con la Walt Disney che le assicurò i diritti televisivi di cinque classici e alcuni film, come Mary Poppins, Alice nel paese delle meraviglie, Dumbo, Il maggiolino tutto matto, I racconti dello zio Tom, I figli del capitano Grant, tutti i cartoni di Topolino e Paperino, della Marry Melodies e i documentari Disney. Nel 1986, sempre su Raiuno, furono trasmesse due serie di cartoni animati che ebbero molto successo: Heidi e Remì (cartoni di produzione giapponese, le cui storie sono ambientate in Europa) e un programma settimanale, il sabato dello Zecchino indirizzato a bambini dai 6 ai 12 anni, che proponeva giochi, rubriche, quiz, informazione e cartoni animati e un programma contenitore, Pista, che si rivolgeva ad un pubblico familiare.

Nel 1985 nacque il terzo canale Rai: Raitre, che si rivolse sin dalla sua nascita ad un pubblico adolescenziale e familiare, con programmi come le rassegne di comiche e il film Il libro della giungla, Piccole Donne, Torna a casa Lessie, i programmi musicali e i documentari come Geo, curati dal Dipartimento Scuola

Educazione.

Nonostante la forte concorrenza tra le due emittenti, pubbliche e private, possiamo dire che ogni canale scelse un universo di riferimento, anche se Italia 1 apparve, sin da subito, la rete più dedita ai giovanissimi, distribuendo lungo tutta la fascia oraria programmi a loro dedicati, mentre la Rai, pur ristrutturando i propri

91 palinsesti, favorì sempre il target familiare. Negli anni 1982-1985, in sostanza, emerse una programmazione attenta soprattutto al numeroso pubblico dei giovanissimi e il genere che prevalse di più fu la fiction leggera22 che rispose in maniera più esaustiva alle richieste ludiche ed evasive dei giovani.

I cartoni animati giapponesi che andavano in onda in quegli anni avevano alimentato il dibattito sul timore della violenza teletrasmessa. Anche se non si trattava di cartoni con immagini esplicite di violenza, come per esempio il combattimento tra robot, si manifestò un nuovo genere di violenza, quella di tipo psicologico. L’eroe sportivo, si pensi per esempio a Mimì, per vincere i campionati di pallavolo si allenava fino allo sfinimento. La sofferenza che i nuovi eroi si infliggevano era un atto di violenza contro se stessi, si trattava di un concetto appartenente ad un’altra cultura, quella giapponese appunto, che fino ad allora era sconosciuta ai telespettatori italiani. E’ anche per questo motivo che la

Rai ha sempre preferito realizzare delle coproduzioni con i produttori americani e giapponesi e non comprare per intero i loro prodotti, proprio per evitare il problema della trasposizione di contenuti troppo diversi dalla nostra cultura, che potrebbero essere mal interpretati.

Dal 1987 al 1995

Nella quarta fase “1987-1995” tutte le emittenti pubbliche e private si trovano nella condizione di dover scegliere se rivolgersi a un target ben preciso, considerando i giovani come tali e suddividendoli per fasce d’età e gusti, oppure offrire programmi per tutti, assicurandosi un’utenza più ampia. Il network privato

22 Si parla di fiction leggera o “soft” perché i programmi che andavano in onda erano di genere sentimentale o sportivo e comunque non legati alla sfera del fantascientifico o dell’horror o della violenza. Negli anni successivi si parlerà, invece, anche di fiction “hard” con la comparsa dei cartoni di Mazinga, Dragon Ball e i Power Rangers.

92 riuscì meglio nel compito di districarsi tra target specifici e target più ampi, la Rai, invece, rimase intrappolata nell’indecisione di rispondere alla dicitura di “servizio pubblico per tutti” e insicura nel fronteggiare le sfide di un target specifico, della concorrenza e dell’indice di “gradimento” dei programmi. La tendenza più facilmente osservabile della programmazione della Rai fu comunque quella di continuare a costruire il palinsesto con programmi per tutti, che assicuravano un’audience piuttosto vasta e senza rischi eccessivi. L’intenzione era quella di rivolgersi a un pubblico il più articolato possibile, puntando a riunire bambini e ragazzi con le loro famiglie. Queste le parole del responsabile di Raiuno, Luciano

Scaffa: “non vogliamo mettere i ragazzi in un ghetto, sono spettatori proiettati verso l’età adulta, è giusto assecondare il loro volgersi avanti” (D’Amato 2002:

48). Solo Raidue, grazie alle idee innovative della responsabile di settore, Paola

De Bendetti, tentò di fare un discorso più settoriale per i giovani, dedicando programmi fatti ad hoc per il pubblico di bambini in età prescolare e per gli adolescenti. Complessivamente, però, per le tre reti Rai ci fu una conferma delle scelte delle trasmissioni degli anni precedenti.

L’innovazione più grande per le reti Mediaset fu quella di aver privilegiato, nei cartoni animati, i generi sentimentali e sportivi, molto apprezzati dai piccoli telespettatori. Inoltra, le reti Mediaset specializzarono ognuna la propria programmazione in base alle esigenze di “pubblici” diversi, composti prevalentemente dai giovani: Canale 5 privilegiò il pubblico adolescenziale e familiare; Rete 4 si rivolse ai bambini e agli adolescenti, di sesso maschile; Italia

1 era la rete rivolta prevalentemente a tutti i giovani. Infine un aspetto strategico della programmazione di Mediaset fu quello di conferire una sequenza logica alla

93 costruzione del palinsesto, che favorì la non sovrapposizione dei programmi per ragazzi; così, terminato Ciao ciao su Rete 4, lo spettatore si sintonizzava su Italia

1 dove cominciava Bim Bum Bam. Attraverso questa strategia e mantenendo inalterati i nomi dei contenitori più importanti, anche variando al proprio interno la tipologia dei programmi trasmessi, le reti Mediaset sono riuscite a creare una sorta di fidelizzazione dei piccoli telespettatori. Inoltre, il merchandising e le sigle iniziale e finale dei cartoni hanno contribuito a fortificare tale rapporto.

Nel corso degli anni, la Rai seppe far registrare dei sensibili cambiamenti nella sua programmazione, in un altalenarsi di fasi di crescita e periodi di stasi.

Vediamo alcune date significative:

• Nel 1988 Raiuno ha trasmesso per la prima volta, Big un programma contenitore per ragazzi. Il programma condotto inizialmente da Pippo Franco, proponeva giochi a premi, spazi dedicati all’informazione-divertimento, con commenti alle notizie più interessanti e curiose della settimana, cartoni animati di

Yoghi e Calimero e rubriche dedicate a temi e argomenti di diversa natura. E’ interessante notare l’importanza assunta dal conduttore dei programmi per bambini nel corso degli anni. La Rai, infatti, si è preoccupata di non mandare in onda quantità massicce di cartoni animati, perché ciò richiedeva la presenza costante di un adulto accanto al bambino, per spiegare e commentare insieme a lui i contenuti e le immagini trasmesse dai cartoni. L’evidente impossibilità di una presenza così prolungata di un adulto ha fatto pensare all’emittente di affidare questo compito così importante di spiegazione e comprensione agli stessi conduttori dei programmi. Questo “ritrovato” intento pedagogico sarà più spiccato agli inizi degli anni Novanta, aprendo un nuovo filone di programmi. Per il resto

94 tutto è rimasto uguale, l’unica eccezione fu il telefilm americano Saranno famosi trasmesso su Raidue, che ebbe ampio successo, e il corso di lingua inglese e francese per i bambini.

• Nel 1991 apparve un nuovo contenitore per bambini in età prescolare, dai

2 ai 6 anni, che per contenuti e forme, si caratterizzò in termini assolutamente innovativi; si tratta di L’Albero azzurro23. Questo programma è il simbolo di un ritorno alla pedagogia, tanto cara alla Rai, e del ritorno ad una produzione nostrana pensata “ad hoc” per il pubblico dei più giovani. E’ un programma che ha lo scopo di “parlare ai bambini con il linguaggio dei bambini” elaborato in collaborazione con la cattedra di pedagogia dell’Università di Bologna, che, tramite l’istituzione di un laboratorio, si assunse il compito di controllare e sottolineare gli aspetti educativi e positivi della trasmissione allo scopo di rafforzarli e salvaguardarli. Nel 1992, L’Albero azzurro andò in onda sia sul primo che sul secondo canale Rai; ogni puntata era inserita all’interno di un ciclo monotematico settimanale, dedicato ad una pluralità di argomenti e prevedeva una partecipazione attiva del pubblico da casa, grazie alla creazione di oggetti, di disegni e di facili esperimenti atti a stimolare e incoraggiare la fantasia e la creatività dei bambini. Risulta innovativo anche il ruolo dei conduttori e del pupazzo Dodo che si interroga continuamente sui “perché” e i “come” delle cose.

I conduttori non avevano un ruolo fisso ma interagivano tra loro in base alle proprie competenze, nell’ambito di un contesto costituito dal tema dominante della trasmissione. Nello stesso anno, sempre su Raiuno, il sabato pomeriggio si

23 Si noti come il titolo informi sin dal principio sui contenuti, le modalità di fruizione e sui destinatari del programma. “L’Albero azzurro” associa, infatti, due concetti di “crescita” e “sogno”, richiamando, così, le intenzioni pedagogiche ma anche di intrattenimento della trasmissione.

95 collocava un altro contenitore, Disney Club, ricco di giochi in studio, cartoni animati prodotti dalla Walt Disney e di informazioni e notizie sul mondo della fantasia e sui personaggi Disney. Raidue continua a trasmettere contenitori di cartoni senza conduttori in studio, come Tom e Gerry e Braccio di ferro. Nel corso di quest’anno, è soprattutto la programmazione di Canale 5 ad apparire molto più ricca, rispetto alle altre reti Mediaset (rubando il primato ad Italia 1), grazie anche ad una nuova trasmissione per adolescenti, Non è la Rai, che riscosse molto successo.

• Nel 1992 e nel 1993 ci furono notevoli cambiamenti nella Tv commerciale, con il passaggio di testimone da Rete 4 a Italia 1 e Canale 5, concentrati sul pubblico dei ragazzi con programmi di notevole successo, come il talk show Amici di Maria De Filippi e il cartone animato I Simpson. Mentre per la

Rai fu un periodo di stasi; cambiò solo la linea editoriale di Raiuno che tornò a preferire il più vasto pubblico delle famiglie, trasmettendo il programma contenitore Uno per tutti che inglobò Big, e Disney Club, i classici d’animazione della Walt Disney e della Hanna e Barbera, i telefilm della serie Le avventure del giovane Indiana Jones e lo sceneggiato televisivo I misteri della giungla nera, il cui protagonista era il famoso Sandokan. Raidue continua la tradizione della striscia quotidiana di cartoni e telefilm, nel corso della quale venne mandato in onda L’Albero azzurro, Lassie e Furia. La novità di Raitre è Una caramella al giorno a cura del Dipartimento Scuola Educazione, dove “i bambini vengono trattati da adulti e gli adulti da bambini”, ossia si verifica l’inversione delle parti tra grandi e piccini. Il resto delle programmazione dedicata ai bambini è la striscia di Blob cartoon e il film di fantasia Ritorno al futuro II.

96 • Nel 1994 per le reti Rai iniziò la ricerca di un maggiore visibilità dei programmi e una rapida identificazione presso il pubblico dei ragazzi, grazie ad un contenitore del tutto innovativo che andò in onda dal lunedì al venerdì su

Raiuno: Solletico. L’intenzione degli ideatori era di trasmettere contenuti morali ed educativi importanti per la crescita e la socializzazione del bambino, ma mai presentati in maniera diretta, lasciando che il bambino li cogliesse da solo e senza imposizioni. All’interno di questo programma erano presenti giochi per il pubblico e giochi in 3D per i bambini a casa (era lasciato infatti ampio spazio alle sofisticate tecniche della computer grafica) e ai cartoni animati come Reboo,

Zorro e l’Uomo Ragno. Il programma trovò una propria identità grazie all’utilizzo di una sigla vivace e originale, vera e propria novità se pensiamo alle sigle degli altri contenitori della Rai (che non riuscivano a competere con le sigle di Cristina

D’Avena). Un’altra importante caratteristica del programma fu quella di essere destinata “soltanto” ai ragazzi, tra i 6 e i 12 anni e non più anche alle famiglie, questo perché la Rai seppe recepire i cambiamenti sociali avvenuti nella società e tra gli stessi ragazzi. La programmazione di Raidue della domenica vedeva protagonista il contenitore Domenica Disney, articolato in due momenti della giornata, la mattina e il pomeriggio. La stessa rete nel 1995 manderà in onda dal lunedì al venerdì, il contenitore di cartoni animati Go-Cart, che godrà di immediato successo, anche grazie alla fascia oraria prescelta, la “preserale”, che per la Rai sarà un’assoluta novità. Raitre invece, proponeva gli stessi programmi della stagione passata, solo nel 1995 si è occupata anche di adolescenti, grazie al telefilm per ragazzi Blue Jeans. Vi era in questi anni una stessa logica di fondo che accumunava le reti pubbliche e quelle private; infatti su tre reti, una si

97 specializzava in altri settori e le altre due si occupavano in maniera più assidua di

Tv dei ragazzi, anche se solo una è quella che presentava una maggiore varietà di proposte: Italia 1 per Mediaset, Raiuno per la Rai. Mediaset continuava a privilegiare cartoni animati e telefilm anche se di genere diverso, come I Power

Rangers, Robocop, Sailor Moon e Beverly Hills, Baywatch e Willy il principe di

Bel Air. La Rai continuava le sperimentazioni, con un’attenzione sempre maggiore alle nuove esigenze dei bambini, proponendo soluzioni insieme culturali-informative e divertenti, pensate per il pubblico specifico cui erano rivolte.

Da un’analisi complessiva della programmazione per bambini e ragazzi emergono due aspetti comuni a tutte le reti: il “genere” dei contenuti, che appaiono quantitativamente molto diversificati, e il criterio di “orizzontalità”. In base a questo criterio, che struttura l’intero palinsesto, l’impaginazione dei programmi per bambini e ragazzi è identica ogni giorno ed è quindi tale da incoraggiare una certa stabilità nell’ascolto. Viene offerta sostanzialmente la possibilità di identificare un programma non in base al giorno, bensì in base all’orario. Ma le differenze sostanziali esistono e riguardano essenzialmente: I tempi di trasmissione, (Raidue offre due ore di intrattenimento, Raiuno si occupa dei bambini per un’ora e quarantacinque minuti, contro le quattro ore di Italia 1 e le due ore di Canale 5); i generi programmati, si pensi ai telefilm e i cartoni animati giapponesi di Mediaset e i programmi contenitore della Rai che hanno privilegiato programmi di produzione italiana, europea o statunitense; Infine il budget differente delle due emittenti.

98 Dal 1996 al 2007

La logica che ispira la Rai del terzo millennio in relazione ai ragazzi sembra essere quella di riconoscere due importanti fasce d’età. Da un lato, i piccoli compresi tra i 3 e i 6 anni, ai quali si propone un immaginario fantastico fatto di fiabe rivisitate dai nuovi protagonisti della Melevisione; dall’altro, i ragazzi adolescenti per i quali sono state pensate alcune serie di telefilm. Il 1999 è stato l’ultimo anno di messa in onda di Solletico, concludendo così il ciclo di tv dei ragazzi su Raiuno. Il pubblico dei giovani viene di fatto affidato a Raidue che accoglie l’eredità del servizio pubblico con il programma innovativo www.boysandgirls.com che contiene cartoni animati anche digitali e serial, ma la visione non è “accompagnata” da un conduttore. Ed è per questo che la vera pietra miliare dell’emittente pubblica per i bambini piccoli è la Melevisione trasmessa su

Raitre, dal lunedì al venerdì alle ore 15.00. Il programma è a cura di Mussi

Bollini, e tra gli autori spicca Mela Cecchi, una delle autrici più preparate e ingegnose della Tv per l’infanzia. La Melevisione è la più degna erede de

L’Albero azzurro della quale condivide lo stesso impianto pedagogico anche se riserva più spazio all’immaginario e alla favola. Gli attori, protagonisti delle magiche vicende del “Fantabosco”, hanno tutti una notevole esperienza e formazione professionale nell’ambito del teatro e con i minori. La scenografia rievoca un bosco incantato con folletti, fate, streghe, principesse, lupi che si avvicendano per raccontare brevi favole alternate ad una serie di cartoni. E’ attraverso la “Melevisione”, televisore speciale che “va a mele” che vengono proposte le favole animate, di produzione europea. Gli autori realizzano in ogni puntata una storia vera e propria e pur avendo come punto di riferimento il

99 linguaggio classico della fiaba, il programma si orienta verso eventi quotidiani che il bambino-spettatore può riscontrare nella realtà di tutti i giorni. Questa trasmissione, come nella tradizione passata, non solo racconta storie su temi didattici ed educativi, ma cerca di coinvolgere lo spettatore attraverso la manualità, la creatività, il gioco e la fantasia. La Melevisione è una delle poche trasmissioni per bambini ad essere dotata di un sito internet dedicato al programma, in grado di offrire ai piccoli “naviganti” una prospettiva più ampia rispetto a quella esclusivamente legata alla Tv.

Con il passare del tempo, Raiuno diviene la rete dedicata ai family program e ai programma contenitore, perdendo del tutto la sua monumentale attenzione nei confronti dei minori. Raidue dedica dalle ore 7.00 alle ore 9.30 del mattino un programma contenitore, Random, con cartoni animati della Disney o della Warner

Bros, L’Albero azzurro e telefilm per ragazzi; alle ore 19.00, nella fascia preserale, ci sono i cartoni della Warner Bros e il telefilm per ragazzi, una sorta di ritorno al “Carosello” che segna la fine dei programmi interamente dedicati ai minori. Raitre diviene la rete dell’emittente pubblica che ha ereditato la missione pedagogica acquisita negli anni da Raidue, e la dedizione ai bambini di età prescolare e agli adolescenti. La fascia pomeridiana è così scandita: il programma contenitore Trebisonda, che ha inglobato la Melevisione, è un programma confezionato ad hoc per i giovani telespettatori; Tg3 GT Ragazzi è il telegiornale dedicato ai ragazzi e fatto con la partecipazione dei ragazzi; Geo&Geo è il

“classico” appuntamento con i documentari di Raitre.

Durante un’incontro-dibattito “Cartoons and Minors” tenutosi l’11 aprile 2008 al

“Cartoons on the bay”, il Festival Internazionale dell’Animazione, a Salerno, a cui

100 ho preso parte, la dottoressa Maria Mussi Bollini24 ha dichiarato che “tutte le nostre trasmissioni cercano di stimolare l’immaginazione dei bambini e la loro capacità critica, e allo stesso tempo il loro vero mondo, fatto di gioia, di amicizia, di gioco, e di voglia di imparare e di crescere. A volte è necessario parlare ai bambini e ai ragazzi di temi difficili, come il bullismo o gli abusi sui minori, che su Raitre, abbiamo trattato e trattiamo con attenzione e delicatezza, ad esempio con i programmi ‘La Melevisione’, ‘Gt Ragazzi’, ‘Trebisonda’ e ‘Screensaver’, fornendo loro la chiave per una possibile soluzione”. La dottoressa Mussi però si interroga sulla vera efficacia della fascia protetta destinata ai minori, sottolineando il suo dissenso per una fascia oraria che non si rende conto delle vere esigenze dei minori e delle famiglie, la fascia che va dalle ore 16.00 alle ore 19.00 che non soddisfa le necessità dei ragazzi ed è per questo che l’orario da prendere in considerazione deve cambiare. Inoltre, la dottoressa Mussi, pur dichiarandosi fiera dei programmi di Raitre destinati ai minori, prende atto che gli adolescenti e i ragazzi più grandi sono un “target” trascurato dall’emittente pubblica. La soluzione prospettata è la necessità di investire nel settore, continuando la sperimentazione e la produzione di programmi nostrani, valutare le produzioni estere e progettare delle coproduzioni, ma soprattutto Educare gli adulti e i bambini ad un utilizzo più consapevole dei media.

24 Maria Mussi Bollini è il Capostruttura Raitre per i programmi per bambini e ragazzi e curatrice dei programmi “La Melevisione” e “Trebisonda”.

101 CAPITOLO III: MONITORAGGIO DEI PALINSESTI RAI IN FASCIA

“PROTETTA”

III.1. L’Osservatorio “Violenza, Media, Minori”

Il mio contributo all’interno dell’Osservatorio “Violenza, Media, Minori” dell’Università di Salerno è iniziato il 14 marzo 2007, sotto la supervisione attenta della professoressa Diana Salzano e del dottor Nicola la Sala che mi hanno affidato il compito di monitorare i palinsesti Rai dalle ore 16.00 alle ore 19.00, durante la fascia “protetta25” di programmazione destinata ai minori.

Il mio interesse per questo argomento, nato quando ho costatato come la Tv dei ragazzi fosse cambiata rispetto a quando io ero bambina, mi ha fatto sorgere mille curiosità, dubbi e perplessità! Forse in quanto studentessa interessata all’evoluzione dei media e al loro impatto sulla società moderna, è stato quasi automatico che, nell’esprimere così grande meraviglia, mi chiedessi immediatamente: “Come mai è cambiata tanto la qualità dei programmi? Quanto si tiene conto dei bisogni dei bambini e dei messaggi inviati loro? Chi decide quali programmi mandare in onda? Quali sono le problematiche legate alla costruzione del palinsesto televisivo con particolare riferimento alle programmazioni per i minori? Cosa è stato stabilito in merito dalle leggi in vigore? Cosa s’intende per fascia protetta? E infine, quali possono essere gli strumenti utilizzabili per svolgere un monitoraggio obiettivo e scrupoloso?

25 Per una definizione esaustiva si veda il cap II di questo lavoro. Ricordiamo però che per fascia “protetta” si intende la fascia oraria che va dalle ore 16.00 alle ore 19.00 all’interno della quale si presume che il minore sia da solo davanti al teleschermo. Il Codice di autoregolamentazione (2002), firmato da tutte le emittenti televisive, sancisce che in questa fascia oraria le stesse emittenti debbano realizzare programmi idonei per il minore.

102 Da qui ho iniziato a frequentare il Laboratorio di monitoraggio dei palinsesti26 televisivi, divenuti poi parte integrante del mio contributo attuale e che, passo dopo passo mi hanno consentito di acquisire informazioni, dati, metodologia, e di effettuare un confronto con chi da tempo, con impegno e serietà, si sta occupando con attenzione di questo complesso e articolato argomento, riguardante appunto il minore e la televisione. L’Osservatorio, inoltre, vanta da tempo una stretta collaborazione con il “Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e minori”, in particolare con il Presidente Emilio Rossi e con i dirigenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni tra cui il dottor

Sandro Montanari27.

Monitorare un programma, sostiene Sandro Montanari, significa avere chiare le norme e la giurisprudenza di settore, la letteratura e le recenti ricerche scientifiche sul rapporto Media e Minori e, infine, gli effetti dei media sul soggetto in età evolutiva. Il compito non è facile ma la professoressa Salzano ha saputo tirar fuori il meglio da tutti gli studenti di Scienze della Comunicazione che hanno partecipato al Laboratorio, stimolando il nostro interesse e la nostra curiosità.

26 Per “palinsesto” s’intende, dice Ortoleva, una “successione programmata di immagini e suoni, finalizzata a riempire le giornate delle famiglie e a catturare l’attenzione di un pubblico numeroso”. Cfr: Peppino Ortoleva, Mass media. Dalla radio alla rete, Giunti, Firenze 2001. Cicalese, dal canto suo, considera il palinsesto un “macrotesto distintivo, emesso coerentemente ed omogeneamente da ciascuna rete che, attraverso il dato corpus giornaliero, si distingue dalle altre grazie ad un proprio percorso identificativo ed esclusivo”. Cfr: Anna Cicalese, Semiotica e comunicazione, Franco Angeli, Milano 2004. Va sottolineato, però, come i telespettatori siano spesso in grado di costruirsi, e poi di fruire, dei veri e propri palinsesti trasversali di tipo personale. Ciò vale anche per i bambini di oggi che, più di quelli di ieri, hanno acquisito una competenza televisiva di tutto rispetto. Basti pensare, in tale ottica, alle parole di Brancato, secondo il quale, nel momento in cui si analizza la programmazione di un’emittente televisiva non bisogna mai dimenticare che pratiche come lo zapping vanno a riformulare la griglia concettuale e operativa del palinsesto in termini individuali. Cfr: Sergio Brancato, Introduzione alla sociologia del cinema, Luca Sossella Editore, Roma 2001

27 Sandro Montanari è Giudice onorario del Tribunale dei Minorenni di Roma, funzionario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, autore del testo “Riflessi nello schermo” e delle griglie di valutazione del contenuto dei testi televisivi, con particolare riferimento alla tutela dei minori.

103 Il lavoro è distinto in tre fasi diverse ma correlate tra loro:

• La fase di Training. Si sono verificati dieci incontri settimanali, i primi nove tenuti dalla prof.ssa Salzano e da alcuni dottori in Scienze della comunicazione, cultori della materia; l’incontro conclusivo ha visto protagonista il dottor Sandro Montanari. Ogni incontro è stato suddiviso in una parte teorica e in una parte pratica. Nella prima sezione, ho avuto modo di approfondire, insieme ad altri miei colleghi, alcune tematiche riguardanti il target di riferimento, il contenuto linguistico ed extralinguisitco del testo audiovisivo, le disposizioni in materia di tutela dei minori e l’opportunità di utilizzo delle “griglie di monitoraggio”. La seconda fase ha implicato la visione in gruppo e la valutazione di materiale audiovisivo, relativo alle trasmissioni televisive oggetto di osservazione.

• La fase di Monitoraggio dei programmi televisivi. Questa seconda fase, che ha preso spunto dalle riflessioni del dott. Montanari, ha rappresentato un punto nodale di tutto il lavoro, spingendo l’intero gruppo ad aderire ad un progetto comune, quale quello di utilizzare uno strumento metodologico, da noi identificato col nome di “Griglia di Monitoraggio”, al fine di valutare le trasmissioni per bambini mandate in onda nelle ore di fascia “protetta”.

Nel perseguire tale obiettivo di osservare programmi televisivi trasmessi dalla Rai nelle ore pomeridiane dedicate ai minori, ho personalmente portato avanti il lavoro, suddividendolo in due momenti: a) In un primo momento, dedicato alle registrazioni audiovisive, ho registrato i programmi trasmessi in TV ma esclusivamente quelli delle tre reti RAI, nelle ore identificate come fascia “protetta”, nel periodo compreso tra lunedì 19 marzo e

104 venerdì 23 marzo 2007 e in quello compreso tra lunedì 26 e venerdì 30 marzo

2007. b) In un secondo momento di rilevazione-dati ho utilizzato le “griglie di monitoraggio”, elaborate dal dott.Montanari, ossia le quattro “schede di analisi standardizzate tese a registrare informazioni sia sulle singole scene, sia sul programma in cui esse sono inserite, sia su differenti elementi contestuali”

(Montanari 2007: 195).

• La fase di Briefing. Alla fine della fase di monitoraggio ho avuto modo di discutere con il gruppo di colleghi e con la professoressa Salzano delle mie valutazioni, dei casi di dubbia interpretazione dei i risultati ottenuti. La maggior parte dei monitoraggi effettuati sono stati poi proposti al “Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e minori” e discussi durante la conferenza “Cartoni e minori” al Festival Internazionale dell’Animazione televisiva “Cartoons on the bay” (11 aprile 2008).

105 III.2. Lo strumento di rilevazione: le “griglie di monitoraggio”

Come abbiamo visto nella seconda fase del mio lavoro all’interno dell’Osservatorio, il monitoraggio dei programmi non avrebbe potuto aver luogo se non ci fosse stato uno strumento tanto utile come le “griglie” di valutazione, capace di garantire una certa sensibilità e obiettività di indagine. Come già detto lo strumento di rilevazione utilizzato, è stato fornito dal dottor Sandro Montanari che lo ha sviluppato a seguito di un progetto di ricerca nell’ambito delle attività di tutela dei minori facente capo alla “Direzione contenuti audiovisivi e multimediali” dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). Come ho avuto modo di argomentare nel Capitolo II28, il dettato normativo italiano attribuisce alla “Commissione per i servizi e i prodotti” dell’Agcom ilcompito di verificare, nel settore radiotelevisivo, il rispetto delle norme in materia di tutela dei minori. Tale Commissione verifica, in collaborazione con il “Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e minori”, l’osservanza delle disposizioni per la tutela dei minori ed è tenuta ad affrontare il monitoraggio delle trasmissioni televisive. L’Autorità affida alla “Direzione contenuti audiovisivi e multimediali” le attività pratiche di verifica, di vigilanza, di monitoraggio e quelle sanzionatorie nei confronti delle trasmissioni televisive. E’ per tale motivo che la

Direzione ha approntato un sistema di monitoraggio delle trasmissioni televisive ed ha adottato uno strumento di rilevazione particolare per svolgere un compito così delicato. Lo strumento di rilevazione ha l’obiettivo prioritario di facilitare il processo di valutazione dei contenuti televisivi in capo agli uffici dell’Autorità e si è rilevato prezioso ai fini del mio lavoro. Il dottor Montanari afferma infatti che

28 Alla nota 19 di pagina 62.

106 “La progettazione e la messa a punto dello strumento e delle relative procedure di rilevazione rappresentano un tentativo di risposta all’esigenza di sottoporre a controllo i fattori puramente soggettivi che intervengono nell’ambito del processo valutativo dei testi televisivi in materia di tutela dei minori e di ancorare i giudizi a elementi e parametri il più possibile obiettivi e empiricamente rilevabili” (

Montanari, 2007: 189).

Lo strumento, con cui è possibile effettuare una valutazione preliminare globale circa la potenziale nocività del testo televisivo preso in considerazione è composto da quattro schede di analisi standardizzate, che prevedono aree semantiche di analisi dei contenuti. Per alcuni voci le alternative di risposta sono “mutuamente escludentisi” come quando si chiede, ad esempio, se la scena è realistica o meno; per le altre, invece, sono ammesse “alternative multiple”, come ad esempio, quando si chiede se il linguaggio è osceno e/o blasfemo, e la risposta può prevedere entrambe le voci. Ma vediamo in dettaglio le schede:

1. Scheda numero 1: “Collocazione e caratteristiche”. E’ finalizzata a prendere in esame alcuni elementi descrittivo-conoscitivi e di contesto del programma, quali quelli inerenti alla sua collocazione palinsestuale, la durata e la frequenza delle scene29 e la tipologia dei contenuti trasmessi. Vediamo nel dettaglio:

• Data di trasmissione.

• Emittente.

29 La scena è “un’unità sintattica, intermedia tra l’inquadratura e la sequenza, caratterizzata da un’unità di tempo, di luogo e di azione. Pertanto è una scena il segmento filmico in cui si svolge un unico evento, girato senza stacchi o salti temporali e con un’ambientazione univoca [..]” definizione tratta dall’Enciclopedia della Comunicazione (Montanari 2007: 198).

107 • Titolo programma.

• Tipologia programma. La voce “tipologia del programma” è tratta dalla delibera n. 54/03/Cons che individua venti tipologie diverse di programmi30.

Queste tipologie descrittive sono utilizzate dalle singole emittenti per

“classificare” i programmi da loro trasmessi.

• Orario di messa in onda. L’orario di “messa in onda” della trasmissione è molto importante ai fini della valutazione del programma perché ogni fascia oraria presuppone un target di riferimento diverso e quindi una differente programmazione da parte delle emittenti. Per esempio, la fascia oraria cha va dalle ore 16.00 alle ore 19.00 è destinata ai minori e le emittenti sanno che durante quest’orario il minore potrebbe essere solo davanti al teleschermo e si assumono la responsabilità di mandare in onda programmi adatti a tale categoria di pubblico.

Se non dovessero assumersi tale responsabilità ricorrerebbero in sanzione.

• Contenuti delle scene. Sono stati individuati tre indicatori diversi “sesso”,

“violenza” e “disvalori”. Se il contenuto delle scene di un programma dovesse contemplare anche solo una di queste tre voci, la trasmissione potrebbe essere non adatta ad un pubblico infantile o adolescenziale.

• Frequenza delle scene. “Consente di ottenere informazioni sulla quantità di scene di sesso, violenza o veicolanti disvalori contenute nel programma esaminato” (Montanari 2007: 198).

30 Notiziari, giochi, talk show, manifestazioni sportive, pubblicità, televendite, film, fiction, documentari, programmi informativi / approfondimento, programmi culturali con parti autonome, cartoni animati per bambini, intrattenimento, attualità, eventi religiosi, programmi accessori, messaggi politici autogestiti gratuiti, messaggi politici autogestiti a pagamento, comunicazione politica, immagini fisse o ripetitive. I programmi che più possono essere oggetto di valutazione sono i: cartoni animati, pubblicità, notiziari, programmi informativi / approfondimento, attualità, film ,fiction, intrattenimento, televendite e talk show.

108 • Rapporto di durata. Questa voce permette di calcolare quanto durano le scene “nocive” rispetto all’intera durata del programma osservato.

• Segnaletica e avvertimenti. L’utilizzo della segnaletica è in linea con quanto dettato dal legislatore europeo ed italiano in materia di tutela dei minori.

La presenza della segnaletica tende a responsabilizzare e a guidare i genitori nell’arduo compito di valutare la possibilità di far assistere o meno i minori alla trasmissione. Durante la fascia protetta, ad esempio, questa segnaletica è assente perché si presume che il minore possa essere da solo davanti al teleschermo.

• Controprogrammazione. Si tiene conto dei programmi che vanno in onda sulle altre reti televisive, allo stesso orario della trasmissione oggetto di valutazione.

2. Scheda numero 2: “Analisi del programma”. Si pone l’obiettivo di consentire una valutazione di massima sull’attitudine del programma ad esaltare o attenuare la potenziale nocività di scene particolari in esso eventualmente contenute e, di effettuare una valutazione sui valori da esso veicolati. Le voci presenti sono:

• Livello di verosimiglianza. “Il livello di verosimiglianza” delle scene indica quanto la rappresentazione dei contenuti o dei personaggi possa essere vicina alla realtà o alla finzione. Se la scena è realistica, ad esempio, essa potrà più facilmente stimolare processi di identificazione, viceversa se la finzione è palese, è più difficile che si verifichi un processo identificativo-proiettivo.

• Ambientazione. Deve essere rilevato se la scena è familiare e vicina ai giorni nostri o meno. Ciò può significare che, se l’evento rappresentato è

109 temporalmente vicino ai giorni nostri, il telespettatore sia più portato ad identificarsi con la situazione rappresentata.

• Contesto prevalente. Sta ad indicare il genere, i codici linguistici, narrativi, estetici e ambientali usati nel programma. Per quanto riguarda il “genere” è importante ricordare che oggigiorno in televisione assistiamo ad una continua contaminazione ed ibridazione di macrogeneri in sottogeneri; infatti, dall’informazione, dall’intrattenimento e dalla fiction sono nati l’info-tainment, il docu-drama, la docu-soap e così via. I codici utilizzati riguardano, invece, la modalità specifica con cui il programma ha voluto rappresentare la realtà.

• Trama e tematiche. Questa voce chiede di analizzare le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi, l’organizzazione spazio-temporale della trama, la comprensibilità e il registro emotivo. Per esempio, più le intenzioni dei personaggi sono ambigue più il minore avrà difficoltà ad elaborare le scene critiche eventualmente presenti, così come il frequente uso di espedienti narrativi tesi ad alterare l’ordine sequenziale degli eventi (si pensi al flashback o al flashforward) può rendere la trama di non facile comprensione.

• Linguaggio. Si possono indicare più caratteristiche del linguaggio utilizzato nel programma. In molti casi, sia nei film che nella fiction, l’utilizzo di un linguaggio scurrile, osceno o blasfemo può accattivare il pubblico dei minori ma contravvenire alle disposizioni di legge.

• Valori. Ultima voce nella scheda ma, non meno importante delle altre voci presenti, prende in considerazione sia i valori negativi, quali razzismo, incitamento alla violenza, disprezzo e così via, sia i valori positivi, atti a bilanciare i disvalori eventualmente presenti.

110 3. Schede numero 3 e 4: “Analisi di scene di sesso/violenza”. Queste schede devono essere compilate solo nell’eventualità che la natura e il contenuto delle scene dei programmi monitorati contengano sesso o violenza. Nella scheda numero 3, le voci presenti sono:

• Atti sessuali. Possono essere classificati come espliciti o non espliciti.

• Nudità. Può riferirsi alla nudità parziale o totale delle parti intime del corpo.

• Soggetti coinvolti. Possono essere soggetti svantaggiati fisicamente, psichicamente o socio-culturalmente, minori, adulti, gruppi o soggetti non consenzienti e altro.

• Parafilie e perversioni. E’ la voce centrata sulla rilevazione di alcuni disturbi mentali inerenti alla sfera della sessualità come il sadismo, il feticismo, il masochismo, l’incesto, la pedofilia, la necrofilia, la zoofilia e altro.

• Scene e sviluppo della trama. Bisogna verificare che le possibili scene di sesso non siano avulse dal contesto narrativo ma precedute da un’idonea narrazione in modo da mitigare il loro eventuale impatto sul minore.

• Impatto emotivo. Fa riferimento allo stato emotivo del protagonista o della vittima o del narratore e al potenziale eccitativo, delle scene che potrebbero, attraverso i meccanismi di proiezione e di identificazione, innescare una particolare partecipazione emotiva nel minore.

Nella scheda numero 4 “Analisi di scene di violenza” le voci presenti sono:

• Tipo di violenza. Vi possono essere più tipi di violenza, quali quella sessuale, sadica, cinica, spietata, vandalica, verbale, criminale, psicologica connessa a esecuzioni di morte, combattimento, rissa e altro.

111 • Strumenti usati nelle azioni violente. Vi possono essere più tipi di strumenti come quelli facilmente reperibili a casa, mazze, bastoni, corpi contundenti, forza fisica, armi chimico-biologiche, fuoco, magie o strumenti e strategie inverosimili, ascia, mannaia o strumenti analoghi, elettrochoc, ipnosi, pratiche suggestionanti, laser, armi da fuoco, bombe e altro.

• Effetti sulla vittima o sul fautore della violenza. Possono essere ferite gravi, agonia o morte, effetti reversibili, minimizzati, dissimulati o assenti (come in alcuni cartoni animati), ferite aperte con sangue e altro.

• Giustificazione del comportamento violento e processi di disimpegno morale. Si tratta di capire se la violenza esercitata abbia o meno una giustificazione e, se si, quale sia. Un esempio può essere giustificare il comportamento violento messo in atto per ottenere denaro, giustizia o per la ricerca del potere o, al contrario, nessuna apparente giustificazione, deresponsabilizzazione personale e così via.

• Oggetto e/o testimone della violenza. Possono essere soggetti svantaggiati, minori, gruppi, singoli, nemici, persone di altra nazionalità, religione, oggetti cose inanimate, animali e così via.

• Scena e sviluppo della trama. La scena violenta può essere: avulsa dalla trama e non preceduta da un’idonea narrazione che ne agevoli la comprensibilità o viceversa facente parte del contesto narrativo.

• Impatto emotivo. Si chiede di classificare lo stato emotivo del protagonista e/o della vittima e/o del narratore e il potenziale eccitativo della scena violenta.

112 Ricordiamo che tutte le voci inserite nelle schede sono state scelte in seguito a un lavoro interdisciplinare che ha tenuto conto delle acquisizioni della ricerca scientifica e dei recenti indirizzi giurisprudenziali.

113 III.3. Le problematicità della fascia “protetta”

Il palinsesto di Raiuno. Dall’analisi della programmazione dell’emittente pubblica riguardante la fascia “protetta” delle settimane-campione monitorate emerge una struttura che dal lunedì al venerdì risulta piuttosto costante:

15:50 Festa italiana 16:15 La vita in diretta

16:50 Tg Parlamento

17:00 Tg1 17:10 Che tempo fa

18:50 L'eredità

• “Festa Italiana”. E’ un rotocalco di attualità trasmesso da RAI 1 dal lunedì al venerdì dalle ore 15.50 alle ore 16.15. Il programma è diviso in due tranche: la prima parte va dalle ore 14.10 alle ore 14.45; in questa si discute di fatti di rilevanza nazionale e di episodi meno conosciuti. In studio sono ospitati personaggi del mondo dello spettacolo che raccontano le loro storie di vita; Il secondo appuntamento “Festa Italiana Storie” va in onda dalle ore 15.20 alle ore

16.15 e racconta le storie della gente comune e di alcuni personaggi televisivi, attraverso servizi esterni non in diretta ma registrati e montati. Inoltre, vi è un momento di quiz telefonico rivolto al pubblico a casa. Questa seconda parte occupa il primo quarto d’ora della fascia protetta e rientra nella categoria dei

“programmi cuscinetto”, i quali accompagnano lo spettatore da una fascia di programmazione “generalista” ad una specificatamente dedicata al pubblico infantile.

114 Il programma è, per definizione della stessa RAI, “una fiera di buoni sentimenti, la buona notizia che fa notizia”, destinato prevalentemente ad un pubblico femminile. E’ evidente l’intento di costruire con il telespettatore un senso comune del quotidiano e di condividere con il pubblico a casa un nucleo di credenze standardizzate e stereotipate. Si tende a mostrare l’Italia delle storie positive e a lieto fine. Infatti, lo studio ha l’aria familiare, dalle tinte vivaci, con un divano all’apparenza molto confortevole, un tavolino con sopra delle caramelle e una conduttrice (Caterina Bolivo) giovane e sorridente che accoglie i propri ospiti offrendogli un aperitivo.

Durante il monitoraggio ho posto l’attenzione verso i servizi in esterna perché il più delle volte questi risultano essere “decontestualizzati” rispetto all’atmosfera, alle tematiche affrontate in studio e al registro emotivo della conduttrice; quest’ultimo è standardizzato su toni leggeri e veloci, noncurante del cambio di toni del servizio. Altra particolarità di questo rotocalco è il modo di rappresentare la realtà: la “spettacolarizzazione” delle storie della gente comune e “un forzato buonismo” dei personaggi in studio, che sembrano del tutto avulsi dalla realtà, connotano il programma. Il linguaggio adottato in studio è per lo più corretto, anche se talvolta gli ospiti non si risparmiano celati doppi sensi a sfondo sessuale.

Infine, si nota una certa morbosità della linea narrativa dei servizi esterni che tendono a sottolineare la sofferenza di soggetti ammalati, raccontando ripetutamente il travaglio dei protagonisti, senza presentare gli opportuni chiarimenti sulla malattia.

• “La Vita in Diretta” è il programma contenitore di RAI 1 che si inscrive con forza al genere dell’ Infotainment. Il programma va in onda dal lunedì al

115 venerdì dalle ore 16.50 alle ore 18.48 ed è condotto da Michele Cocuzza, con la partecipazione di un ospite sempre diverso, legato al mondo dello spettacolo.

Durante l’intervista all’ospite della giornata sono proposti servizi di cronaca nera, rosa, mondana in genere, ma anche fatti, avvenimenti curiosi eccezionali di ogni tipo.

Durante la fase di monitoraggio sono emerse alcune problematiche: a) Questo programma contenitore è un classico family program (programma per famiglie) che ha come target di riferimento prevalentemente il mondo degli adulti. L’essere un programma per famiglie non costituisce un problema, perché secondo il Codice di autoregolamentazione durante la fascia protetta non tutte le reti della stessa emittente devono occuparsi dei più piccoli31, ma tale trasmissione

“nuoce” al minore perché “utilizza in modo strumentale i conflitti familiari come spettacolo, creando turbamento nei più piccoli, preoccupati per la stabilità affettiva delle relazioni con i loro genitori32” e “fa ricorso al turpiloquio e alla scurrilità”. b) I passaggi dall’intervista in studio ai servizi in esterna sono bruschi e repentini, caratterizzati da un forte disimpegno morale, dall’utilizzo di registri linguistici indifferenziati, da falsi approfondimenti e da morbose inquadrature di corpi seminudi. Questi “balzi” vengono talvolta giustificati da semplici frasi del conduttore, come “ Ma cambiamo argomento” e dall’ilarità e/o dalla malizia del pubblico presente in sala. Infatti, i servizi inseriti all’interno del programma, pur

31 Si veda l’articolo 3.2 del Codice di Autoregolamentazione Tv e minori del 2002.

32 La “Vita in diretta” è una trasmissione di intrattenimento e informazione e come tale dovrebbe rispettare le norme in vigore. La trasgressione a cui mi riferisco riguarda il comma 2.5 lettera a e b dell’articolo 2 del Codice di Autoregolamentazione Tv e minori del 2002.

116 essendo di genere diverso, non vengono mai semantizzati e correlati da necessarie argomentazioni. Si parla del “sequestro di Mastrogiacomo” con la stessa forza e lo stesso impatto emotivo delle “pene d’amore di Giada De Blanc”. In ogni servizio si reitera uno stesso concetto, in modo da poter rendere molto più fruibile il prodotto, sia per lo spettatore appena sintonizzato, sia per lo spettatore/uditore più distratto. c) Il livello di verosimiglianza delle scene è molto alto e l’assenza di

“marcatori semiotici” rende il contenuto delle immagini facilmente confondibile con la realtà, stimolando processi di identificazione nei telespettatori. Il personaggio dello spettacolo intervistato è avvolto da “un’aura di vicinanza” che contrasta con il montaggio fatto ad hoc dove si mostra lo stesso personaggio in un mondo fantastico, non quotidiano, che affascina coloro che non ne fanno parte. d) Vi sono anche stridenti contrapposizioni tra ciò che si narra nel servizio e ciò che le immagini e la musica propongono; ad esempio l’intervista di una velina, in una discoteca di lusso stile Billionaire, contrasta non poco con le dichiarazioni di “ragazza acqua e sapone che non ha minimamente cambiato la sua vita dopo il successo”. Il mondo mostrato vuole celarsi sotto il velo di una pressante normalità.

Il target di riferimento può essere la casalinga, il pensionato e non di certo un bambino, non sempre munito di strumenti interpretativi e chiavi di lettura di tipo semiotico. La stereotipizzazione di sesso, età e razza, attraverso i dialoghi, le interviste, le immagini, le opinioni è legata ad una forma più sottile ma ugualmente dannosa e meno controllabile di violenza, ugualmente soggetta a sanzioni.

117 All’interno del contenitore vi è “Tg Parlamento” alle 16.50, “TG 1” alle 17.00 e

“Che tempo fa” alle 17.10. Dalle 17.15 alle 18.48 riprende la seconda parte della

“Vita in diretta” per poi lasciare spazio all’ “Eredità” alle 18.50, “programma cuscinetto” della prima serata.

Il Palinsesto di Raidue. Dall’analisi della programmazione dell’emittente pubblica riguardante la “fascia protetta” nelle settimane-campione monitorate, ne deriva la necessità di segnalare che il palinsesto della prima settimana subisce delle modifiche nella seconda settimana osservata:

15:50 Donne / Ricomincio da qui

17:20 TELEFILM One Tree Hill / Streghe

17:20 Meteo 2 18:05 Tg2 Flash L.i.s.

18:10 Rai Tg Sport

18:30 Tg2 19:00 Andata e ritorno

• “Donne“ è un programma “ibrido” che può essere classificato tra il Talk

Show e Reality Show. Sono presenti, infatti, momenti di discussione in studio con la conduttrice e le sue ospiti e momenti di “Reality” con servizi registrati in esterna sulla vita privata delle protagoniste. Il programma è condotto da Monica

Leofreddi ed è interamente dedicato alle “Donne”; va in onda dalle ore 15.50 per finire alle ore 17.00. Vi sono otto protagoniste femminili di età e vissuti diversi che, giorno per giorno, raccontano le loro storie, le loro esperienze di vita e i loro sogni. Nell’arco dell’intero programma esse si trovano a doversi confrontare tra loro e a cercare di risolvere, come in una grande “terapia di gruppo”, i propri

118 disagi e problemi. La conduttrice non è sola, ha in studio con sé due o tre

“esperte” sempre di sesso femminile, legate al mondo dello spettacolo: una scrittrice, una psicologa e l’ex vincitrice di un “Grande Fratello”, che oltre ad esprimere i loro pareri, aiutano la conduttrice ad animare le puntate.

Il programma veicola, talvolta, dei disvalori: Le donne che si raccontano sono pronte a dire tutto di sé pur di avere spazio all’interno del programma, divenendo oggetto di una narrazione capace di sminuirle nel ruolo di mamme, nonne, figlie e mogli. Non mancano attacchi contro gli uomini e giudizi infamanti all’interno del gruppo, strumentalizzazioni dei propri conflitti familiari e l’utilizzo di “macchine della verità” per sondare la “buona fede”, contravvenendo alla lettera b) dei

Principi generali del codice di autoregolamentazione33, all’articolo 2.2 lettera b)34 e l’articolo 2.5 lettere a) e b) dello stesso35.

Il target di riferimento non è di certo un bambino non interessato agli argomenti in questione che potrebbe essere comunque attratto e coinvolto da ciò che succede in studio e potrebbe identificare nelle protagoniste femminili delle possibili

“mamme” e “nonne”, in grado di stimolare in lui, un senso di turbamento e/o di inquietudine.

33 Le imprese televisive si impegnano ad: “Aiutare gli adulti, le famiglie e i minori a un uso corretto ed appropriato delle trasmissioni televisive, tenendo conto delle esigenze del bambino, sia rispetto alla qualità che alla quantità; ciò per evitare il pericolo di una dipendenza dalla televisione e di imitazione dei modelli televisivi, per consentire una scelta critica dei programmi.

34 Nella consapevolezza della particolare attenzione da riservare al pubblico dei minori [..] le imprese televisive si impegnano a: “adottare sistemi di segnalazione dei programmi di chiara evidenza visiva in relazione alla maggiore o minore adeguatezza della visione degli stessi da parte del pubblico dei minori [..]”.

35 Le imprese televisive si impegnano a non trasmettere quegli spettacoli che per impostazione o per modelli proposti possano nuocere allo sviluppo dei minori e in particolare ad evitare quelle trasmissioni: “che usino in modo strumentale i conflitti familiari come spettacolo creando turbamento nei minori, preoccupati per la stabilità affettiva delle relazioni con i loro genitori” e nelle quali si faccia ricorso al turpiloquio e alla scurrilità [..]”.

119 Dopo la prima settimana di monitoraggio questo programma è stato sostituito da un altro Talk Show “Ricomincio da qui” di e condotto da Alda D’Eusanio.

• “Ricomincio da qui” è un Talk Show “terapia”così definito perché il mezzo televisivo ha qui una duplice funzione: di intrattenimento e di denuncia contro i torti subiti e le violenze mai svelate. Il format si ispira alla televisione del Take away value, una televisione che, raccontando storie comuni, vuole fornire al pubblico una serie di informazioni e di spunti che possano essere utili a tutti per migliorare la propria vita.

La conduttrice, Alda D’Eusanio, introduce il caso della puntata raccontando al pubblico la vicenda del protagonista. La storia viene svelata nella sua interezza durante la “conversazione” tra l’ospite e la presentatrice che avviene su di un comodo divano, all’interno dello studio televisivo.

Dopo aver sviscerato il problema, la conduttrice introduce il “tavolo dei consulenti”; infatti, ogni giorno prendono parte al programma due o tre professionisti diversi, quali esperti dell’argomento della puntata. La D’Eusanio, approfondisce il caso della puntata attraverso un secondo momento di talk a cui partecipano il protagonista, i consulenti ed il pubblico in studio. I consulenti sono invitati a proporre una soluzione al problema, stilando su di un taccuino le regole che potrebbero aiutare il protagonista a “Ricominciare” la propria vita. Ogni regola è accompagnata dalla spiegazione degli esperti e dalle reazioni a caldo del protagonista che, in questo modo, entra in possesso di tutte le indicazioni necessarie al superamento del problema. La conduttrice invita il protagonista a raggiungerla vicino allo specchio, snodo cruciale della trasmissione: egli dovrà

120 quindi decidere se impegnarsi, davanti a se stesso ed al pubblico, ad aderire alle regole che gli sono state indicate per “ricominciare” con una nuova vita.

Le soluzioni che i consulenti propongono ai protagonisti delle puntate assumono toni e finalità chiaramente universalistiche, in grado di far identificare il pubblico a casa, così come le storie narrate riguardano i temi più disparati: si parla di problematiche sociali sino ad arrivare a vissuti particolarmente difficili come esperienze con alcol, droghe e arresti; particolare enfasi è data agli aspetti drammatici e alle problematiche attuali. Non mancano stereotipizzazioni e finali fiabeschi e commoventi, supportati da una regia attenta alla spettacolarizzazione di una “lacrima” o di una “mano tremante”.

Il programma, pur non presentando scene di violenza o di sesso, ha talvolta come oggetto della narrazione tali aspetti ma, nel presentarli non viola gli articoli del

Codice di autoregolamentazione.

• “One Tree Hill” è il titolo del telefilm di RAI 2 che va in onda dalle ore

17.10 alle ore 17.50 e che narra le storie, gli amori e i tormenti di due fratelli adolescenti molto diversi tra loro ma accumunati da una grande passione per lo sport. Tutti i personaggi della serie sono uniti da intrighi amorosi, vecchi rancori e nuove amicizie. Non mancano “disvalori” quali l’odio tra due fratelli e l’odio di questi contro il padre, tradimenti, sopraffazione, de-responsabilizzazione, liti e morti. Ma il tutto è sapientemente bilanciato da valori positivi quali l’amicizia, il matrimonio e il perdono. La trama è lineare e anche i contenuti più forti sono ben chiariti all’interno della puntata, coadiuvati anche da didascalie presenti tra una scena e l’altra. Il target di riferimento è l’adolescente e durante il monitoraggio non sono state riscontrate “anomalie” o trasgressioni.

121 • “Streghe” è un altro telefilm di Raidue andato in onda nella seconda settimana oggetto di valutazione, dalle ore 17.10 alle ore 17.50 dal lunedì al venerdì. La serie è oramai arrivata all’ottava stagione ed ha avuto un grande successo di pubblico sia adulto che adolescenziale. E’ la storia di tre streghe buone, le sorelle Halliwell e delle loro avventure contro il Male. Alle lotte contro demoni e mostri, sempre portate a termine con successo, si mescolano le vicende sentimentali delle tre belle protagoniste, il cui glamour è parte integrante della serie. Non mancano scene violente e ammiccanti ma il tutto è ben bilanciato dalla forte volontà delle streghe di ripristinare la serenità degli esseri umani in favore della verità e della giustizia. Ogni episodio si chiude con la conclusione del caso di puntata lasciando però in sospeso la linea narrativa principale, la quale è arricchita di nuovi contenuti e risvolti. E’ facilmente intuibile che in questo telefilm c’è la presenza di personaggi fantastici quali streghe e demoni, fantasmi, angeli custodi, pozioni magiche e libri pieni d’incantesimi.

Questo telefilm presenta scene violente e di paura, combattimenti, scene con corpi seminudi, ma tutto ciò è preceduto da un’idonea narrazione che ne agevola la comprensibilità e non lascia spazio a fuorvianti interpretazioni. E’ chiaro che ci troviamo di fronte alle paladine della giustizia che uccidono con magie, armi e incantesimi in nome del Bene.

Sappiamo che, il più delle volte, la violenza è il meccanismo di fondo che regola la fiction, rappresentando non solo il contenuto ma anche il fondamento stesso della macchina narrativa. In questo caso però la violenza è estremamente

“contestualizzata”, i ruoli dei personaggi sono chiari e ben delineati, non vi sono espedienti narrativi che possano rendere la trama meno comprensibile.

122 Il telefilm non andrebbe trasmesso alle 17.10 perchè siamo comunque in “fascia protetta” e, se consideriamo che non sempre la fruizione dei bambini è assistita dai genitori, sarebbe meglio posticipare tale programma.

• “Andata e Ritorno” è un instant comedy ovvero una fiction vera e propria, che, puntata dopo puntata, si muove in parallelo con la realtà; è un genere televisivo nuovo che nasce dalla contaminazione di più generi. L’instant comedy è un nuovo genere televisivo che letteralmente significa “commedia istantanea”, una fiction che nasce nel momento in cui si svolge, nel momento in cui i personaggi della commedia iniziano ad interagire tra loro. La fiction per

Grignaffini è “una forma di racconto, di una ricostruzione degli spazi di un mondo popolato di attori, scandito da eventi e passioni già previste e preordinate da una sceneggiatura e,quasi sempre, da un montaggio che permette di andare avanti o indietro nel tempo” (2004: 55). L’instant comedy ha rivoluzionato i confini

“classici” del macrogenere per contaminarsi con la sit-com, il reality e la soap.

Il titolo è esplicativo: E’ la storia di un viaggio in treno di un gruppo di persone che ogni giorno deve spostarsi per andare a lavoro o tornare a casa ed è proprio sul treno che essi si incontrano ed entrano in contatto tra loro: Anna, un’insegnante di lettere e filosofia di un liceo milanese; Bruno, vicedirettore di una banca; Daria, tecnico sanitario che opera in un grande ospedale; Michele addetto agli scaffali di un supermercato; Vincenzo, agente immobiliare e infine

Giorgia, studentessa di filosofia e hostess di terra part-time, l’unico personaggio che lavora sul treno. Questi personaggi si raccontano, parlando di tematiche che sono in analogia con quelle della vita reale; sovente, infatti, si parla di disoccupazione, delle difficoltà delle relazioni interpersonali, del complicato

123 rapporto uomo-donna e dell’amore. Gli argomenti della vita privata si fondono con quelli delle pagine dei quotidiani, fiction e realtà si alternano naturalmente. I personaggi sono molto disincantati nei confronti della realtà, hanno tutti un cinico approccio alla vita ed un evidente scetticismo nei confronti degli “altri”. Il linguaggio è semplice, lineare, confidenziale e talvolta triviale con frequenti allusioni sessuali.

Il programma va in onda alle ore 19.00 e conclude la programmazione di Raidue della fascia protetta. Gli argomenti trattati sono di attualità ma l’interpretazione in chiave cinica, disincantata e scettica può ostacolare la comprensione del minore.

Il pomeriggio di Raidue non ha destinato alcun programma esclusivamente pensato per i minori, i programmi di intrattenimento violano il più delle volte l’articolo 2.5 del Codice e sono destinati prevalentemente agli adulti e/o alla visione congiunta con un genitore.

Il palinsesto di Raitre. Dall’analisi della programmazione dell’emittente emerge una struttura che dal lunedì al venerdì risulta costante:

16:00 Trebisonda

16:05 Secret Show

16:15 Tg3 Gt Ragazzi

16:25 “Soupe Opera”

16:35 Melevisione

17:00 Cose dell'altro Geo

17:40 Geo & Geo

18:15 Meteo 3

19:00 Tg3

124 • “Trebisonda” è il programma contenitore dedicato ai minori e copre la quasi totalità della “fascia protetta”: Al suo interno troviamo Il Tg3 “Gt Ragazzi” telegiornale interamente dedicato ai minori, “Soupe Opera” che insegna come creare oggetti, animali o persone attraverso l’utilizzo della frutta o degli ortaggi, la

“Melevisione” programma destinato ai bambini di età prescolare.

Questi programmi sono il “fiore all’occhiello” dell’emittente pubblica e sono, a tutti gli effetti, gli effetti di quell’intento pedagogico che ha sempre caratterizzato la programmazione Rai degli inizi. A Raitre è stato affidato il compito di dedicare tutta la fascia pomeridiana del palinsesto ai minori e gli autori di questa rete hanno saputo cogliere la “sfida” e produrre trasmissioni studiate ad hoc per l’infanzia e dare il giusto spazio ai cartoni di produzione europea: è in assoluto il primo e unico caso italiano. La rete Rai ha saputo cogliere tutti i principi del Codice di autoregolamentazione, soprattutto l’articolo 3.3 “Produzione di programmi”. Esso sancisce che “le imprese televisive che realizzano programmi per minori si impegnano a produrre trasmissioni che: a) siano di buona qualità e di piacevole intrattenimento; b) soddisfino le principali necessità dei minori come la capacità di realizzare esperienze reali e proprie o di aumentare la propria autonomia, e propongono valori positivi umani e civili ed il rispetto della dignità della persona; c) accrescano le capacità critiche dei minori in modo che essi sappiano migliorare l’uso del mezzo televisivo, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, anche tenendo conto degli attuali e futuri sviluppi del medium in chiave di interattività;

125 d) che favoriscano la partecipazione dei minori con i loro problemi, i loro punti di vista, dando spazio a quello che si sta facendo con loro e per loro nelle città; e) curare la qualità della traduzione e del doppiaggio degli spettacoli, tenendo presenti le esigenze di una corretta educazione linguistica dei minori.

L’unica pecca è che la programmazione di Raitre non si occupa anche degli adolescenti con la stessa attenzione e cura rivolta ai bambini.

La Rai ha sempre avuto cura dei più piccoli ma non è stata mai costante nella programmazione di trasmissioni per i ragazzi che frequentano le medie e le superiori, lasciando quest’ampia “fetta” di pubblico all’emittenza privata.

In conclusione, dal monitoraggio delle trasmissioni è emerso che: a) “Festa italiana”, “La vita in diretta”, “Donne”, “Ricomincio da qui”,

“Streghe” e “Andata e ritorno” sono i programmi Rai che nella fase di monitoraggio hanno destato particolare interesse perché molto lontani dall’essere rispondenti ai principi del Codice di autoregolamentazione Tv e minori. b) I programmi trasmessi appartengono a generi ibridi, in continua contaminazione tra loro, tra i quali varietà, talk show, reality show, inchieste, informazione, intrattenimento, soap opera, docu-drama e sit-com che hanno un livello di verosimiglianza molto vicino alla realtà il che facilita un’avvicinamanto del telespettatore a tale mondo, stimolando meccanismi di proiezione ed identificazione. Questi programmi, apparentemente universalistici ed intergenerazionali, sono dei veri e propri “calderoni” che hanno perso di vista i valori civili ed educativi e il significato della parola “qualità”.

126 c) Inoltre, i servizi in esterna presentati all’interno delle trasmissioni sono montati facendo uso di immagini, suoni e parole che non utilizzano i “marcatori semiotici”, in grado di creare la giusta distanza tra ciò che viene rappresentato e la vita reale, stimolando l’identificazione da parte del minore nei valori proposti dal medium diseducativi e amorali quali: utilizzo di un linguaggio non appropriato; affermazione di sé; approvazione/invito all’utilizzo di bevande alcoliche; ricerca del potere; contrasti generazionali; stereotipi negativi; materialismo, egoismo, cinismo; fuga dal passato e paura del futuro; atteggiamenti parassitari e diseducativi; svalutazione del corpo femminile; gelosia, tradimento, vendetta; violenza psicologica, verbale e fisica; riferimenti sessuali; conflitti familiari o sociali; nudità parziale delle parti intime del corpo; minimizzazione o spettacolarizzazione di problematiche sociali. Non è poco per una fascia

“protetta”.

L’auspicio è che un attento monitoraggio dei palinsesti televisivi in fascia

“protetta” continui per poter avere ricadute effettive sui contenuti e sulle politiche di costruzione del palinsesto senza diventare però uno strumento di censura cieca e controproducente.

Credo che siamo tutti un po’ colpevoli per il nostro modo di essere “voyeur”, spiamo ciò che ci circonda senza pensare di farne parte, senza approfondire e senza mai domandarci perché quel “particolare” balza agli occhi. La Televisione non è l’unica colpevole ma se proprio dobbiamo accusarla di qualche cosa possiamo dire che esattamente come chi la progetta non è lungimirante, pensa al guadagno immediato non alla costruzione di un’identità. Le Autorità politiche etichettano i minori come una “risorsa per il futuro” ma non si fa molto per il

127 presente, per i milioni di bambini e adolescenti che sono davanti alla Tv. La società moderna e una larga fetta del mondo scientifico tendono a banalizzare il rapporto Tv e minori, dichiarando che una piccola parte del paese è troppo

“puritana”: “Cosa dovrebbero vedere, allora, i minori?” e aggiungono sarcastici

“niente?!”. Forse sarò idealista e romantica ma concordo con Fumagalli quando dice che bisogna “promuovere la comprensione reciproca, la risoluzione pacifica dei conflitti, il dialogo, il rispetto dell’altro come persona, la difesa della propria e altrui intimità, il valore del perdono, la sensibilità culturale ed artistica, il rispetto per la verità, il primato dei valori spirituali su quelli materiali dell’avere, il primato dell’onestà sulla ricerca del successo, ecc.. Non è di qualità una televisione che fa spettacolo delle devianze o dei casi estremi, una televisione che si introduce pesantemente nella vita delle persone, una televisione che riduce la complessità e la ricchezza della vita intellettuale, emotiva, relazionale, di uomini e donne alla sola dimensione del richiamo sessuale, una televisione che propone stili e comportamenti (spesso violenti, nda) che sarebbero rifiutati nella maggior parte delle case della gente del nostro Paese” (Bettetini, Fumagalli 2004).

La televisione, insomma, non deve rappresentare una possibile fonte di pericoli da cui difendersi ma, piuttosto, una preziosa opportunità di crescita per gli adulti e i minori. Non bisogna dimenticare un’importante insegnamento dato da un’autore francese, Antoine De Saint-Exupery: “Toutes les gandes personnes ont d’abord

été des enfants”. “Tutti gli adulti sono stati bambini”. E’ il tempo di pensare ai minori perché essi saranno gli uomini e le donne del domani.

128 SCHEDA DI MONITORAGGIO N°1 – COLLOCAZIONE E CARATTERISTICHE La scheda tende a fornire elementi descrittivo - conoscitivi e contestuali di supporto al processo valutativo.

Data di trasmissione Il programma va in onda dal lunedì al venerdì. La puntata analizzata in questa scheda risale a lunedì 19 MARZO 2007 Emittente RAI 1 Titolo del programma “LA VITA IN DIRETTA” (conduttoce Michele Cocuzza) Tipo di programma Programma contenitore. Metagenere: Infotainment Orario di messa in onda dalle ore 16.15 alle ore 18.50 (fascia pomeridiana protetta) Contenuti scena/programma (eventuale presenza di contenuti violenti, sessuali, veicolanti disvalori) La puntata è così strutturata: servizio e intervista con Martina Colombari; Presentazione dell’ospite in studio, la ex velina Mosetti; Servizio e intervista delle sorelle Carrisi; conversazione in studio tra la Mosetti e Cocuzza; Intervista e servizio su Laura Pausini; di nuovo in studio con l’ospite; Intervista con Lino Banfi nello studio televisivo della seria all’italiana “Un Medico in famiglia”; Un servizio su Anna Oxa; Infine un servizio ed un intervista a Giada Deblanche; I servizi e le interviste veicolano contenuti subdoli, contrasti tra ciò che le immagini significano e ciò che dicono le scritte in sovrimpressione e i contenuti delle interviste; decontestualizzazione e desemantizzazione; utilizzo di stereotipi e allusioni sessuali. Frequenza delle scene (violente, sessuali, veicolanti disvalori) Le scene veicolanti disvalori durano per tutta la puntata; Rapporto di durata (rapporto tra la durata delle scene potenzialmente nocive e la durata complessiva delle scene) 90/100 Segnaletica ed avvertimenti (presenti o assenti) La segnaletica è assente perché ci troviamo all’interno della fascia protetta. Ci sono però delle scritte in sovrimpressione inerenti all’argomento del servizio trasmesso.

129 Controprogrammazione (della stessa impresa televisiva o network) Su RAI 2 “Donne”condotto da Monica Leoffredi; su Trebisonda, programma interamente dedicato ai bambini; sui Canali Mediaset: Rete Quattro trasmette un film ogni volta diverso; Canale 5 “Buon Pomeriggio”di Maurizio Costanzo; Italia 1 i Cartoni Animati;

SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 2 – ANALISI DEL PROGRAMMA La scheda consente di formulare una valutazione di massima sull’attitudine del programma ad enfatizzare o attenuare la potenziale nocività di scene articolari in esso eventualmente contenute; consente inoltre, una valutazione dei valori veicolati.

Livello di verosimiglianza (La scena è realistica, stimola processi di identificazione o la finzione è palese? Sono presenti personaggi fantastici?) Il livello di verosimiglianza è alto. Le scene sono realistiche, anche se sono molto spesso inerenti al mondo dello spettacolo e del palcoscenico. Lo spettatore è cosciente di trovarsi in uno studio televisivo, e anche quando ci sono i collegamenti esterni per le interviste o i servizi registrati, siamo sempre in un contesto realistico e facilmente riconoscibile. Solo i servizi possono stimolare i processi di identificazione, soprattutto di tipo mimetico. Le donne dello spettacolo, intervistate in questa puntata, si trovano sia in luoghi comuni, come la casa, i negozi di abbigliamento, sia in discoteche e locali di lusso. Ciò che può favorire l’identificazione (o l’effetto suggestivo) è il modo in cui vengono presentati i servizi sui protagonisti del jet-set. Le immagini mostrano il mondo dello spettacolo ma, i contenuti dei discorsi dei protagonisti sono inerenti alla loro vita quotidiana. Non sono presenti personaggi fantastici. Ambientazione (vicini ai nostri giorni e familiare per lo spettatore o meno) Gli ambienti proposti sono sia lo studio televisivo che la location per le sfilate di moda che, case, negozi, discoteche e locali. L’ambiente è molto spesso familiare per lo spettatore.

130 In questa puntata, si intervista in diretta Lino Banfi, protagonista della serie “Un Medico in famiglia”, dove interpreta “Nonno Libero”. La piacevole conversazione tra l’attore e l’intervistatrice, avviene sul set, ossia a “casa” del protagonista della famosa e fortunata serie televisiva. Siamo all’interno di una casa, in generale luogo protetto e confortevole, ma in più siamo “nella casa di Nonno Libero” conosciuta dagli spettatori del programma, perche è il luogo dove, principalmente, si svolgono le vicende dei personaggi di “Un Medico in famiglia”. Contesto prevalente: Genere: Infotainment (Informazione, Intrattenimento, Talk Show, attualità) Codici linguistici: Il linguaggio è medio-basso Codici narrativi: In ogni servizio vi è un vero e proprio plot narrativo, con flashback nel passato delle intervistate. Per esempio, nell’intervista con Giada Deblanche, servizio dal Titolo “Le pene d’amore di Giada” veniamo subito a conoscenza di un nuovo fatto di cronaca rosa, ossia che Giada sta soffrendo per amore. Nel servizio (registrato e non in diretta) vengono riproposte, le immagini della storia d’amore della giovane soubrette, prese da giornali scandalistici, apprendendo inoltre che la ragazza è stata lasciata dal fidanzato per mezzo di uno di questi giornali! Giada viene intervistata a casa sua e confessandosi con l’intervistatrice, piange per il dolore, ma subito dopo vediamo altre immagini di lei, che è in discoteca, beve e si diverte. Si ritorna, a casa di Giada, per parlare di questa storia d’amore finita, per poi venire a conoscenza che è in partenza per gli Stati Uniti, per un corso di recitazione che “le cambierà la vita e le porterà il sorriso”. Codici estetici: _ Codici ambientali:_ Trama e tematiche (Le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi sono chiari o meno? – Organizzazione spazio/temporale della trama, comprensibilità – registro emotivo) Es. Carrisi Linguaggio (osceno/blasfemo – turpiloquio/scurrilità – violenza estrema o inerenza alla narrazione di incontri erotico/sessuali) “ e che cazzo” detto da Lino Banfi; Costacurta che dice della moglie “ ha un bel culo”. Valori negativi:

131 1. Utilizzo di stereotipi e pregiudizi. 2. Assenza di senso morale 3. Presenza di messaggi subdoli 4. Riflette i valori medi della società 5. Vita frivola 6. Dedizione all’alcool 7. Buonismo e divismo 8. Immagine delle donne stereotipato Valori positivi: 1. La bambina che lavora con “Nonno Libero” è in un contesto protetto e familiare; 2. Si discute di Vallettopoli: il parere del conduttore e degli ospiti è che bisogna essere a favore di una professionalità nel mondo dello spettacolo;

132 SCHEDA DI MONITORAGGIO N°1: COLLOCAZIONE E CARATTERISTICHE

La scheda tende a fornire elementi descrittivi conoscitivi e contestuali di supporto al processo valutativo

Data di trasmissione venerdì 23 marzo 2007

Emittente Raiuno

Titolo del programma “Festa Italiana” conduce Caterina Bolivo

Tipo di programma Rotocalco di attualità; Genere: talk show

Orario di messa in onda la prima parte del programma va in onda dalle ore14.10 alle ore14.45; la seconda parte, dal titolo “Festa italiana storie” va in onda dalle ore 15.20 alle ore 16.15. Il monitoraggio si riferisce all’ultimo quarto d’ora del programma.

Contenuti scena/programma (eventuale presenza di contenuti violenti, sessuali, veicolanti disvalori) Nella seconda parte del programma sono presentate due storie di “vita reale” di due diverse famiglie napoletane. I due servizi registrati sono intervallati da un momento in studio dedicato agli ospiti della puntata. Il primo servizio in esterna dal titolo “Tutti pazzi per il piccolo Cristian!” racconta il Battesimo di un bambino e della festa in suo onore. I nonni del piccolo hanno invitato i cameraman di “Festa Italiana” per riprendere il grande avvenimento. Viene fatta un’intervista al nonno Pasquale che presenta la sua famiglia: si tratta di una famiglia allargata, egli infatti si è risposato due volte e la sua prima figlia (forse da poco maggiorenne) ha avuto il piccolo Cristian. I regali del nonno sono la presenza delle telecamere e i fuochi d’artificio: un simulacro di realtà che fa spettacolo. Si ritorna in studio con la conduttrice che invita i telespettatori ad inviare le loro date importanti (matrimonio, battesimo, comunione e così via) in modo tale che “Festa Italiana” possa riprenderle e mandarle in onda. La conduttrice presenta i suoi tre ospiti (Massimiliano, Timothy e Veronica) protagonisti di un altro programma di Raiuno “Notti sul ghiaccio” dove i concorrenti, tutti personaggi dello spettacolo, sono aiutati da professionisti, nelle sfide/gare di pattinaggio. Timothy racconta dei suoi duri allenamenti con Veronica, la sua insegnante di pattinaggio con cui ogni settimana sfida gli altri concorrenti, e dice che si è fatto male a seguito di una brutta caduta. La conduttrice chiede a Veronica se lo ha aiutato e lei risponde che “ho già una bambina piccola, non posso badare anche a lui” e la conduttrice aggiunge “ma lui è un po’ bambino, no?” e Veronica “ come tutti gli uomini è un po’ bambino, si!”. L’utilizzo di “stereotipi” è frequente in questa trasmissione. Il secondo servizio in esterna, dal titolo “6 gemelli litigarelli”, racconta la storia di una famiglia napoletana che ha 7 figli, di cui 6 sono gemelli di undici anni. Il

133 servizio presenta questi sei gemelli con musiche vivaci e immagini allegre di questi bambini alla prese con i compiti in classe e i giochi a casa, presentandoli come “doni” o “angeli” dati dal Signore. All’improvviso la musica cambia si passa dai toni allegri a quelli tristi, perché durante l’intervista con i genitori e il fratello più grande si scopre che il primogenito della coppia è morto all’età di nove anni e la signora per il dolore non riusciva più ad avere figli. Dopo “una cura” (senza specificare quale) la signora riesce a rimanere incinta di sei gemelli. L’intervistatore chiede allora “quanto costa avere sei figli” e i genitori rispondono che “i soldi non bastano mai” e fanno un appello alle aziende pubblicitarie, chiedendo se vogliono sei gemelli per uno spot televisivo. Questo appello passa un po’ “in sordina”; nel frattempo si chiede ai ragazzi di fare un gioco “del piccolo gemello” (volendo parafrasare “il Grande fratello”) chiedendo ad ognuno di loro chi vogliono “eliminare” dalla casa e quasi tutti a turno dicono un solo nome “Debora” la sorella un po’ “monella” che fa dispiacere i genitori e i fratelli. Debora è intervistata e gli si chiede se “vuole uscire dalla casa” e lei, giustamente, dice di no!. Questo servizio infrange le premesse c)36 e d)37, i principi generali alla lettera b)38 e alcuni articoli del Codice di autoregolamentazione, in particolare l’articolo 1.139 “Partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive” e la lettera e) dell’articolo 1.240 dello stesso

Frequenza delle scene (violente, sessuali, veicolanti disvalori) Per il solo quarto d’ora analizzato le scene veicolanti disvalori durano tutto il tempo della trasmissione.

Rapporto di durata (rapporto tra la durata delle scene potenzialmente nocive e la durata complessiva delle scene) 100%

Segnaletica ed avvertimenti (presenti o assenti) La segnaletica è assente; durante il programma ci sono delle scritte che appaiono in sovrimpressione riguardanti i contenuti del programma.

36 “La funzione educativa, che compete innanzitutto alla famiglia, deve essere agevolata dalla televisione al fine di aiutare i minori a conoscere progressivamente la vita e ad affrontarne i problemi”.

37 “Il minore è un cittadino soggetto di diritti; egli ha perciò diritto a essere tutelato da trasmissioni televisive che possano nuocere alla sua integrità psichica e morale, anche se la sua famiglia è carente sul piano educativo”.

38 “Aiutare gli adulti, le famiglie e i minori a un uso corretto ed appropriato delle trasmissioni televisive, tenendo conto delle esigenze del bambino, sia rispetto alla qualità che alla quantità; ciò per evitare il pericolo di una dipendenza dalla televisione e di imitazione dei modelli televisivi, per consentire una scelta critica dei programmi”.

39 “Le imprese televisive si impegnano ad assicurare che la partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive avvenga sempre con il massimo rispetto della loro persona, senza strumentalizzare la loro età e la loro ingenuità [..]”.

40 “Non utilizzare i minori in grottesche imitazioni degli adulti”.

134

Controprogrammazione (della stessa impresa televisiva o network) Su RAI 2 “Donne”condotto da Monica Leoffredi; su RAI 3 Trebisonda, programma interamente dedicato ai bambini; sui Canali Mediaset: Rete Quattro trasmette un film ogni volta diverso; Canale 5 “Buon Pomeriggio”di Maurizio Costanzo; Italia 1 i Cartoni Animati;

SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 2: ANALISI DEL PROGRAMMA

La scheda consente di formulare una valutazione di massima sull’attitudine del programma ad enfatizzare o attenuare la potenziale nocività di scene particolari in esso eventualmente contenute; consente inoltre, una valutazione dei valori veicolati.

Livello di verosimiglianza (La scena è realistica, stimola processi di identificazione o la finzione è palese? Sono presenti personaggi fantastici?) I servizi in esterna sono corrispondenti alla realtà: si racconta di un Battesimo e della gioia di avere tanti figli. Sono avvenimenti (spettacolarizzati) di tutti i giorni molto vicini al telespettatore che possono stimolare processi di identificazione e proiezione.

Ambientazione (vicini ai nostri giorni e familiare per lo spettatore o meno) L’ambientazione dei servizi è molto vicina ai giorni nostri; anche lo studio televisivo ripropone “un salotto” di casa.

Contesto prevalente: Genere: talk show misto a reality show; Codici linguistici: espliciti; Codici narrativi ed estetici: sono utilizzati nei servizi registrati per ottenere un montaggio vivace e ammaliante, si pensi alla scelta delle musiche e delle inquadrature. Per esempio, nel secondo servizio, vi è un vero e proprio plot narrativo: l’inizio della storia; l’improvviso pathos o conflitto corrispondente al momento della scoperta della morte del primogenito della coppia e del dolore provato dalla madre, dolore che non permetteva gravidanze serene; risoluzione del conflitto grazie alla nascita dei 6 gemelli e conclusione. Codici ambientali: -

Trama e tematiche (Le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi sono chiari o meno? Organizzazione spazio/temporale della trama; comprensibilità; registro emotivo) I servizi trasmessi sono di facile comprensione anche se alcuni temi affrontati non sono approfonditi. Si pensi alla “cura” fatta dalla madre dei sei gemelli; i racconti di “Festa italiana” sono storie a lieto fine, carichi di buonismo e “buoni sentimenti”.

Linguaggio (osceno/blasfemo – turpiloquio/scurrilità – violenza estrema o inerenza alla narrazione di incontri erotico/sessuali).

135 Il linguaggio è chiaro anche se non mancano espressioni dialettali, riferimenti sessuali e stereotipizzazioni.

Valori negativi: razzismo-xenofobia; disprezzo per i bambini e/o per i soggetti svantaggiati; istigazione alla violenza/incitamento all’odio; palese violazione delle norme civili e sociali; misoginia; disprezzo per fedi religiose; approvazione/invito all’utilizzo/uso di alcool e droghe; comportamenti, messi in atto da minori, che pongono in serio pericolo l’incolumità e la salute propria o altrui o basati sull’assenza di senso morale; altro. Amoralità, stereotipi, pregiudizi, forte utilizzo di “luoghi comuni” e di disvalori: “Gli uomini sono tutti bambini”; Utilizzare la televisione per appelli atti a “vendere” i propri figli alle aziende pubblicitarie per guadagnare soldi e sfruttare il “dono” avuto dalla fecondazione assistita.

Valori positivi: idonei a bilanciare i disvalori appena citati; valori positivi in assenza di valori negativi. ------

136 SCHEDA DI MONITORAGGIO N°1: COLLOCAZIONE E CARATTERISTICHE

Data di trasmissione martedì 20 marzo 2007 Emittente Raidue Titolo del programma “Donne” conduce Monica Leoffredi

Tipo di programma Talk show

Orario di messa in onda Il programma va in onda dalle ore 15.50 alle ore 17.20

Contenuti scena/programma (eventuale presenza di contenuti violenti, sessuali, veicolanti disvalori) In questa puntata sono presenti contenuti veicolanti disvalori, per la banalizzazione dei sentimenti, per il danno all’immagine della donna all’interno della famiglia e della comunità. In questa puntata le donne che vi partecipano si sottopongono alla macchina della verità, in un’atmosfera pseudo-scentifica, in cui delicate “verità” personali vengono “svendute” e ridicolizzate in un clima di consenso e di vanità.

Frequenza delle scene (violente, sessuali, veicolanti disvalori) Il talk show dura 75 minuti. Ad ogni partecipante dedica circa 12 minuti in cui si veicolano forti disvalori, per un totale di 60 minuti di contenuti non adatti ai minori (12 minuti x 5 partecipanti). Per ogni partecipante vi è la seguente sequenza: 2 minuti di RVM, ossia piccoli frammenti di vita della protagonista all’interno del programma e al di fuori, nella “vita privata”; 10 minuti tra la somministrazione delle domande, il verdetto della macchina della verità e il confuso dibattito tra le persone del pubblico, la conduttrice e le tre “esperte” (una psicologa, una scrittrice e una ex vincitrice di un reality show) che danno pareri sulle vicende raccontate nel programma. Scetticismo, curiosità e contraddizioni si alternano in questa puntata.

Rapporto di durata (rapporto tra la durata delle scene potenzialmente nocive e la durata complessiva delle scene) Il programma dura 1h16’ e 60 sono i minuti di scene subdole e nocive per uno spettatore-bambino che è chiamato in causa in quanto “potenziale” figlio delle donne-madri sottoposte alla macchina della verità.

Segnaletica ed avvertimenti (presenti o assenti) La segnaletica è assente.

Controprogrammazione (della stessa impresa televisiva o network) Su Raiuno “La vita in diretta”; su RAI 3 Trebisonda, programma interamente dedicato ai bambini; sui Canali Mediaset: Rete Quattro trasmette un film ogni volta diverso; Canale 5 “Buon Pomeriggio”di Maurizio Costanzo; Italia 1 i Cartoni Animati;

137 SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 2: ANALISI DEL PROGRAMMA

Livello di verosimiglianza (La scena è realistica, stimola processi di identificazione o la finzione è palese? Sono presenti personaggi fantastici?) Siamo in uno studio televisivo dove si affrontano diverse problematiche legate al mondo femminile, ciò favorisce processi di identificazione e proiezione. Non sono presenti personaggi fantastici ma lo “scienziato” che sottopone le donne alla macchina della verità ricorda, per il suo vestirsi interamente di nero, il personaggio di uno di quei film polizieschi in cui l’inquisitore con immancabile flemma sottopone i “traditori ad atroci torture”.

Ambientazione (vicini ai nostri giorni e familiare per lo spettatore o meno) Lo studio televisivo è riconoscibile.

Contesto prevalente: Genere : Talk show misto a Reality Codici linguistici: Il linguaggio usato in trasmissione è semplice e chiaro, non vi sono espressioni campanilistiche o gergali. Solo nei servizi registrati sono presenti cadenze regionali un po’ più marcate. Codici narrativi ed estetici: Brevi narrazioni delle vite delle donne partecipanti alla trasmissione si alternano ai dibattiti in studio; Le protagoniste sono tutte donne appariscenti e curate, vi è un minimo uso del proprio corpo per comunicare altri messaggi. Codici ambientali

Trama e tematiche (Le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi sono chiari o meno? Organizzazione spazio/temporale della trama; comprensibilità; registro emotivo) Sappiamo che è una puntata dedicata alla “Verità” ma il continuo dualismo tra gioco e realtà, empirismo e razionalismo, verità e bugie, carriera e famiglia, valori e disvalori mette in crisi gli schemi valutativi dello spettatore. Le storie delle protagoniste sono facilmente intuibili dal pubblico a casa così come le tematiche affrontate sono molto vicine ai telespettatori ma sono affrontati in superficie e banalizzati.

Linguaggio (osceno/blasfemo – turpiloquio/scurrilità – violenza estrema o inerenza alla narrazione di incontri erotico/sessuali).

Valori negativi: razzismo-xenofobia; disprezzo per i bambini e/o per i soggetti svantaggiati; istigazione alla violenza/incitamento all’odio; palese violazione delle norme civili e sociali; misoginia; disprezzo per fedi religiose; approvazione/invito all’utilizzo/uso di alcool e droghe; comportamenti, messi in atto da minori, che pongono in serio pericolo l’incolumità e la salute propria o altrui o basati sull’assenza di senso morale; altro: Contenuti subdoli e diseducativi.

Valori positivi: idonei a bilanciare i disvalori appena citati; valori positivi in assenza di valori negativi: ------

138 SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 4: ANALISI SCENE DI VIOLENZA

Tale scheda consente di formulare una valutazione delle singole scene in termini di potenziale nocività, con specifico riferimento all’area della violenza e della violenza gratuita o insistita o efferata.

Tipo di violenza: violenza psicologica

Strumenti usati nelle azione violente: pratiche suggestionanti, macchina della verità

Effetti sulla vittima o sul fautore della violenza: minimizzati e dissimulati

Giustificazione del comportamento violento e processi di disimpegno morale: risoluzione conflitti (“finalmente scopriremo chi dice la verità”); affermazione di se stessi; deresponsabilizzazione personale.

Oggetto e/o testimone della violenza: le protagoniste della trasmissione (se stesse) sono oggetto della violenza psicologica; il telespettatore è testimone di tale vilenza.

Scena e sviluppo della trama: prima dell’entrata in scena della macchina della verità la conduttrice ha chiaramente spiegato cosa sarebbe successo da li a pochi minuti.

Impatto emotivo. Stato emotivo del protagonista e/o vittima e/o narratore: agitazione, paura, ilarità, divertimento.

Potenziale eccitativo: ------

139 SCHEDA DI MONITORAGGIO N°1: COLLOCAZIONE E CARATTERISTICHE

La scheda tende a fornire elementi descrittivi conoscitivi e contestuali di supporto al processo valutativo

Data di trasmissione Venerdì 30 marzo 2007

Emittente Raidue

Titolo del programma “Ricomincio da qui” condotto da Alda D’Eusanio

Tipo di programma Talk show “terapia” (la trasmissione ha una duplice funzione: quella di intrattenere e di denunciare i torti subiti)

Orario di messa in onda Il programma va in onda dalle ore 15.50 alle ore 17.00

Contenuti scena/programma (eventuale presenza di contenuti violenti, sessuali, veicolanti disvalori) Non ci sono contenuti violenti o scene di sesso ma il programma veicola alcuni disvalori facendo uso di stereotipizzazioni frequenti per tematiche e risoluzioni dei conflitti. In questa puntata si parla di tradimenti e delle conseguenze di un amore tradito. In questa puntata si fa un uso strumentale di conflitti familiari utilizzati per far spettacolo.

Frequenza delle scene (violente, sessuali, veicolanti disvalori) L’uso di stereotipi non è facilmente quantificabile.

Rapporto di durata (rapporto tra la durata delle scene potenzialmente nocive e la durata complessiva delle scene) idem.

Segnaletica ed avvertimenti (presenti o assenti) La segnaletica è assente.

Controprogrammazione (della stessa impresa televisiva o network) Su Raiuno “La vita in diretta”; su RAI 3 Trebisonda, programma interamente dedicato ai bambini; sui Canali Mediaset: Rete Quattro trasmette un film ogni volta diverso; Canale 5 “Buon Pomeriggio”di Maurizio Costanzo; Italia 1 i Cartoni Animati;

140 SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 2: ANALISI DEL PROGRAMMA

La scheda consente di formulare una valutazione di massima sull’attitudine del programma ad enfatizzare o attenuare la potenziale nocività di scene particolari in esso eventualmente contenute; consente inoltre, una valutazione dei valori veicolati.

Livello di verosimiglianza (La scena è realistica, stimola processi di identificazione o la finzione è palese? Sono presenti personaggi fantastici?) Si narra di storie difficili, conflittuali di persone comuni che vogliono “ricominciare” partendo dai consigli dati in trasmissione. La verosimiglianza con la quotidianità è alta e ciò può facilmente stimolare processi di identificazione. I temi trattati sono comuni e le risoluzioni proposte sono “universalistiche”.

Ambientazione (vicini ai nostri giorni e familiare per lo spettatore o meno) Siamo all’interno di uno studio televisivo reso familiare da una zona salotto, con un divano e una poltrona dove i protagonisti e la conduttrice raccontano la storia.

Contesto prevalente: Genere: Talk show “terapia”; Codici linguistici: Sono presenti accenti dialettali, ma il linguaggio è chiaro e comprensibile; Codici narrativi ed estetici: E’ presente un vero e proprio plot narrativo, con un inizio, uno svolgimento e una fine. Codici ambientali: ------

Trama e tematiche (Le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi sono chiari o meno? Organizzazione spazio/temporale della trama; comprensibilità; registro emotivo) Tutto è spiegato con chiarezza, anche i volti del pubblico presente in sala, dei protagonisti della storia e della conduttrice aiutano lo spettatore a immedesimarsi nelle storie raccontante. Le tematiche molto spesso vengono ingigantite per poi essere risolte banalmente con finali mielosi. Si pensi alla prima storia raccontata: una giovane donna che è tradita dal fidanzato, che la tradiva con la migliore amica, e dalla madre, che tradiva il padre con un amico di famiglia. La ragazza, inoltre è stata accusata dal padre di aver fatto fuggire la madre da casa perché ha rivelato il tradimento fatto. La protagonista della storia vive con i sensi di colpa e con poca stima per se stessa. I consigli dati dalle “esperte” e dal pubblico in sala sono “per tutte le occasioni” e carichi di “buonismo”. La frase conclusiva della prima parte della trasmissione detta della conduttrice è esplicativa “che sua figlia per essere aiutata viene qui in una trasmissione televisiva è tutto dire”.

Linguaggio (osceno/blasfemo – turpiloquio/scurrilità – violenza estrema o inerenza alla narrazione di incontri erotico/sessuali). Il linguaggio è semplice e comprensibile.

Valori negativi: razzismo-xenofobia; disprezzo per i bambini e/o per i soggetti svantaggiati; istigazione alla violenza/incitamento all’odio; palese violazione delle

141 norme civili e sociali; misoginia; disprezzo per fedi religiose; approvazione/invito all’utilizzo/uso di alcool e droghe; comportamenti, messi in atto da minori, che pongono in serio pericolo l’incolumità e la salute propria o altrui o basati sull’assenza di senso morale; altro. Contenuti subdoli e veicolanti disvalori.

Valori positivi: idonei a bilanciare i disvalori appena citati; valori positivi in assenza di valori negativi. Questa trasmissione tenta di dare una chance a tutti e attraverso i buoni consigli cerca di raggiungere il più vasto pubblico.

142 SCHEDA DI MONITORAGGIO N°1: COLLOCAZIONE E CARATTERISTICHE

Data di trasmissione venerdì 30 marzo 2007

Emittente Raidue

Titolo del programma “Streghe”. L’episodio monitorato è intitolato “Reality show”

Tipo di programma Telefilm

Orario di messa in onda Il programma va in onda dalle ore 17.10 alle ore 17.50

Contenuti scena/programma (eventuale presenza di contenuti violenti, sessuali, veicolanti disvalori) In questa puntata sono presenti contenuti violenti, sessuali e veicolanti disvalori. Le sorelle Halliwell vedono alla tv un “reality show per demoni”. In questo reality demoni e streghe sono a stretto contatto tra loro. I demoni devono superare ogni settimana una prova che consiste nell’uccidere delle streghe per ottenere la fama e i loro poteri. Le tre sorelle allora decidono di uccidere i demoni che si radunano in un bar per vedere il reality.

Frequenza delle scene (violente, sessuali, veicolanti disvalori) 21 scene su 70 (30%)

Rapporto di durata (rapporto tra la durata delle scene potenzialmente nocive e la durata complessiva delle scene) Le scene nocive durano 14 minuti e 32 sec. Su 40 minuti e 06 secondi della durata complessiva delle scene.

Segnaletica ed avvertimenti (presenti o assenti) Assenti

Controprogrammazione (della stessa impresa televisiva o network) Raiuno : “La vita in diretta”; Raitre : “Cose dell’altro Geo” e “Geo & Geo”; Rete 4: Film; Canale 5: “Tempesta d’amore”; Italia uno: cartoni animati.

143 SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 2: ANALISI DEL PROGRAMMA

Livello di verosimiglianza (La scena è realistica, stimola processi di identificazione o la finzione è palese? Sono presenti personaggi fantastici?) Questo telefilm presenta scene realistiche e di finzione che potrebbero stimolare processi di identificazione e proiezione. Vi sono personaggi fantastici, dotati di poteri straordinari, quali: streghe, demoni, maghi, angeli.

Ambientazione (vicini ai nostri giorni e familiare per lo spettatore o meno) Le streghe sono talvolta dentro casa o in luoghi pubblici e talvolta in luoghi magici, misteriosi, fantastici. In questa puntata ci troviamo in un reality show.

Contesto prevalente: Genere: fiction; Codici linguistici: Italiano standard; Codici narrativi: Ogni episodio di questo telefilm racchiude in sé due trame distinte: la trama principale che non si conclude nelle singole puntate e la trama dei singoli episodi di puntata che hanno un inizio, uno sviluppo e una fine ben precisa. Codici estetici: Le streghe hanno una bellezza “acqua e sapone” che rimandano all’idea di “ragazza della porta accanto”. Talvolta però, sia le streghe che i demoni sono vestiti in modo sexy e provocante. Codici ambientali: In questa puntata l’ambiente funge da “fattore inibitore” perché le protagoniste si trovano all’interno di un reality show.

Trama e tematiche (Le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi sono chiari o meno? Organizzazione spazio/temporale della trama; comprensibilità; registro emotivo) Le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi sono chiari così come l’organizzazione spazio/temporale della trama è di facile comprensione. In questa puntata si fa molto uso della violenza.

Linguaggio (osceno/blasfemo – turpiloquio/scurrilità – violenza estrema o inerenza alla narrazione di incontri erotico/sessuali). • Turpiloquio/ scurrilità: “idioti”. • Violenza estrema: “deve essere eliminato”.

Valori negativi: razzismo-xenofobia; disprezzo per i bambini e/o per i soggetti svantaggiati; istigazione alla violenza/incitamento all’odio; palese violazione delle norme civili e sociali; misoginia; disprezzo per fedi religiose; approvazione/invito all’utilizzo/uso di alcool e droghe; comportamenti, messi in atto da minori, che pongono in serio pericolo l’incolumità e la salute propria o altrui o basati sull’assenza di senso morale; altro. • Disprezzo per i bambini: un anziano vuole uccidere Wyatt il figlio piccolo di Piper (una delle streghe) perché ritiene che il bambino, in futuro, diventerà un demone;

144 • Istigazione alla violenza/incitamento all’odio: Un demone dice: “Chi è quello? Un anziano? Uccidiamolo!; L’anziano capo dice: “Io voglio solo che Wyatt (il bambino) sia eliminato”; • Palese violazione delle norme civili e sociali: l’utilizzo della violenza fisica e verbale; • Altro: Phoebe (una delle streghe) riferendosi al fatto che stava per uccidere dei demoni in diretta Tv, dice: “E ora un po’ di sana televisione”;

Valori positivi: idonei a bilanciare i disvalori appena citati; valori positivi in assenza di valori negativi. • La forte coesione tra sorelle • Un altro anziano si ribella al volere dell’amico di uccidere un bambino e corre dalle streghe per riferirglielo.

SCHEDE DI MONITORAGGIO N° 3: ANALISI DI SCENE DI SESSO

La Scheda consente di formulare una valutazione delle singole scene in termini di potenziale nocività, con specifico riferimento all’area del sesso e della pornografia.

Atti sessuali (espliciti o non espliciti) Espliciti: più volte infatti due demoni si abbracciano e si baciano con impeto.

Nudità (visibilità totale o parziale delle parti intime del corpo) Parziale. Vi è un demone donna che porta un’ampia scollatura e indossa un vestito corto e aderente che mette in mostra la sua silhoutte. Tale demone rappresenta un personaggio passionale e provocante.

Soggetti coinvolti (soggetti svantaggiati fisicamente e psichicamente o socio- culturalmente; minori/adulti/gruppi/soggetti non consenzienti; altro) Adulti.

Parafilie e perversioni (feticismo, sadismo sessuale, masochismo, incesto, pedofilia, necrofilia, zoofilia, coprofilia, altro) No.

Scena e sviluppo della trama (scena avulsa dal contesto narrativo e non preceduta da un’idonea narrazione?) Le scene in questione sono avulse dal contesto narrativo e non sono precedute da un’idonea narrazione. Si pensi alla scena dei due demoni che all’improvviso si abbracciano e si baciano quando invece ci si aspetterebbe che continuino a parlare.

Impatto emotivo. Stato emotivo del protagonista e/o vittima e/o narratore (forte eccitazione sessuale; angoscia, panico, terrore, paura; orrore, raccapriccio; sofferenza; cinismo; disgusto, ripugnanza; forte attivazione emotiva, stato di evidente eccitazione mentale e fisica; indifferenza; serenità; ilarità, divertimento; altro). Potenziale eccitativo (morbosità delle inquadrature o descrizione minuziosa dell’episodio; rappresentazione, narrazione crudamente realistica o

145 immagini e parole forti e impressionanti, condensazione degli stimoli; presenza di filtri per impedire la visione o l’ascolto di taluni contenuti o scena in bianco e nero o seppiato). • Ilarità e divertimento; • Forte attivazione emotiva e stato di evidente eccitazione mentale e fisica

SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 4: ANALISI SCENE DI VIOLENZA

Tale scheda consente di formulare una valutazione delle singole scene in termini di potenziale nocività, con specifico riferimento all’area della violenza e della violenza gratuita o insistita o efferata.

Tipo di violenza: Sadica, cinica, spietata, verbale (minacce), combattimento e rissa. • Paige, una delle streghe, tortura un demone con delle scariche elettriche per costringerlo a darle delle informazioni. Il demone dice “chi ti da il diritto di compiere degli atti di violenza su di me?”. Il demone giura di non sapere nulla, Paige non ci crede e lo uccide. • Un anziano minaccia un demone dicendo: “Se ucciderete degli innocenti o torcerete un solo capello alle sorelle, il vostro gioco chiuderà i battenti e voi morirete tutti!”. • Combattimenti tra streghe e demoni. Spesso i demoni catturano persone innocenti per poi eliminarle. • I demoni partecipano insieme alle streghe ad un reality show. I demoni spiano e tentano di uccidere le loro nemiche per superare la prova settimanale. Tutto questo viene mostrato in tv e Paige dice a Leo: “Bello schifo!” e lui risponde: “non più di qualsiasi altro reality show”. • Phoebe, una delle streghe, irrompe nel posto dove i demoni usano riunirsi per guardare il reality e dice: “E ora un po’ di sana televisione” riferendosi alla sua intenzione di uccidere i demoni. Poi afferma: “E’ stato grandioso, voglio continuare ancora, chi posso eliminare?”. • Phoebe dice: “Chi vuole pugnalarmi? Andiamo ragazzi (col sorriso sulle labbra) chi ha il coraggio? Nessuno a il coraggio?”. • Piper, una delle streghe dice alla sorella: “L’hai pugnalata?” e Phoebe risponde “Oh l’avresti fatto anche tu! Era veramente odiosa!”. • Un anziano dice: “Io voglio solo che Wyatt (bambino di due anni) sia eliminato!” • Un demone dice ad un compagno di fare silenzio e questo per contro lo uccide e dice: “Nessuno mi ha mai zittito”.

Strumenti usati nelle azione violente: mazze, bastoni, forza fisica, magie (pozioni, incantesimi magici e sfere di fuoco), scariche elettriche.

Effetti sulla vittima o sul fautore della violenza: Gli effetti sulla vittima sono: • Agonia e morte: i demoni uccisi dalle streghe muoiono tutti avvolti da una nuvola di fuoco o di fumo o di insetti;

146 • Effetti reversibili: un ragazzo rimane ferito gravemente alla spalla ma Leo riesce a guarirlo con i suoi poteri; • Effetti minimizzati: uno dei demoni riesce in una delle prove, uccide una strega e poi si rivolge ad un altro demone dicendo: “Io ho vinto, tu hai perso”. • Ferite aperte con sangue; • Morte immediata. Gli effetti sul fautore della violenza: ilarità e divertimento. Giustificazione del comportamento violento e processi di disimpegno morale: • Comportamento violento come estrema ratio: le streghe usano la violenza consapevolmente e senza avere sensi di colpa perché è l’unico modo per sconfiggere il male. Quando l’eroe buono è violento ciò può confondere il minore e indurlo ad imitare tale atteggiamento. Se poi la violenza non è punita questo può favorire meccanismi di proiezione e identificazione. • Nessuna apparente giustificazione: i demoni incarnano il male, essa fa parte della loro natura così come la violenza. • Ottenimento giustizia: le streghe combattono il male per un senso di giustizia e di libertà. • Disumanizzazione della vittima. • Affermazione di se stessi e ricerca del potere: il demone che riesce a superare la prova ottiene oltre che una certa fama, anche i poteri della strega uccisa.

Oggetto e/o testimone della violenza. La violenza è rivolta verso: • Il singolo/altro da sé; • Un gruppo; • Il minore; • Persone di sesso femminile.

Scena e sviluppo della trama: Le scene non sono avulse dal contesto narrativo e sono precedute da un’idonea narrazione che ne agevola la comprensibilità.

Impatto emotivo. Stato emotivo del protagonista e/o vittima e/o narratore; Potenziale eccitativo: • Panico-paura: una strega partecipante al reality viene catturata e inizia ad urlare per lo spavento; • Sofferenza; • Cinismo; • Indifferenza; • Parole forti.

147 SCHEDA DI MONITORAGGIO N°1: COLLOCAZIONE E CARATTERISTICHE

La scheda tende a fornire elementi descrittivi conoscitivi e contestuali di supporto al processo valutativo

Data di trasmissione Mercoledì 28 marzo 2007

Emittente Raidue

Titolo del programma “Andata e Ritorno” (con Nadia Carminati, Marco Di Francesca, Elisa Lepore, Michele Bottini, Francesco Foti, Cinzia Molena)

Tipo di programma Instant Comedy

Orario di messa in onda Il programma va in onda alle ore 19.00

Contenuti scena/programma (eventuale presenza di contenuti violenti, sessuali, veicolanti disvalori) Sono presenti alcuni disvalori.

Frequenza delle scene (violente, sessuali, veicolanti disvalori) Le scene veicolanti disvalori sono 6.

Rapporto di durata (rapporto tra la durata delle scene potenzialmente nocive e la durata complessiva delle scene) 6 su 14

Segnaletica ed avvertimenti (presenti o assenti) Assente

Controprogrammazione (della stessa impresa televisiva o network) Raiuno: “L’Eredità”; Raitre: “Geo & Geo”; Rete 4: Film; Canale 5: telefilm; Italia 1: “Studio aperto”.

148 SCHEDA DI MONITORAGGIO N° 2: ANALISI DEL PROGRAMMA

La scheda consente di formulare una valutazione di massima sull’attitudine del programma ad enfatizzare o attenuare la potenziale nocività di scene particolari in esso eventualmente contenute; consente inoltre, una valutazione dei valori veicolati.

Livello di verosimiglianza (La scena è realistica, stimola processi di identificazione o la finzione è palese? Sono presenti personaggi fantastici?) La scena è realistica.

Ambientazione (vicini ai nostri giorni e familiare per lo spettatore o meno) L’ambientazione è vicina ai giorni nostri.

Contesto prevalente: Genere: Instant comedy Codici linguistici:Espressioni ciniche, disincantate, scettiche, confidenziale, frequenti allusioni sessuali. Codici narrativi ed estetici: trama lineare Codici ambientali:……

Trama e tematiche (Le intenzioni, le caratteristiche e il ruolo dei personaggi sono chiari o meno? Organizzazione spazio/temporale della trama; comprensibilità; registro emotivo) Le intenzioni, le caratteristiche e i ruoli sono chiari così come l’organizzazione spazio temporale della trama. Il linguaggio usato crea dei doppi sensi che i minori non potrebbero capire.

Linguaggio (osceno/blasfemo – turpiloquio/scurrilità – violenza estrema o inerenza alla narrazione di incontri erotico/sessuali). Doppi sensi.

Valori negativi: • Allusioni sessuali: La telecamera indugia sullo sguardo di uno dei protagonisti che è intento a guardare le generose forme di una donna, con la quale c’è una particolare intesa passionale: “Mandingo, tu sei un uomo vero, hai una sessualità devastante, con te mi sento troppo donna”. “Ho già versato tutto, in agenzia, magari se stasera non si facesse troppo tardi non è che potrebbe uscire un extra?” • Linguaggio scurrile e disprezzo : “Farsi mettere incinta dal primo bastardo che passa”. “Come l’hai trovata (riferendosi alla fidanzata)? L’hai drogata! Non dire cazzate. Quanto la paghi? Una così con te, dai. Tu sei sfigato. Tu paghi!”. “Lei è una zitella, e poi basta guardarla e si capisce subito da dove viene il senso del vomito”. • Assenza di senso morale, egoismo, disperazione: “ma insomma, ma scusate vi sto dicendo che mi hanno licenziato e porca paletta, un po’ di rispetto. Tra un mese non so cosa mettere in tavola e chi se ne frega se il telefono ha campo o no”. • Violazione delle norme civili e sociali: “Lui ogni tanto una motoretta la ruba, quando è stanco di camminare. A nessuno viene in mente che uno a 70 anni

149 se ne va in giro rubando. Ma lui non è cattivo, lo fa per impressionarmi l’ho portato anche dallo psicologo, ma si è portato via un quadro dallo studio!” • Cinismo: “Io ho trovato la soluzione, sto aprendo un’impresa di noleggio handicappati. Ci portate con voi in macchina e vi assicuro non avrete più problemi di etica e di parcheggio. Con un piccolo extra vi facciamo anche la guardia!”. L’idea è di un ragazzo diversamente abile che invita le persone ad utilizzare il loro handicap per trovare parcheggio. • Inganno: “Sono un professionista del business, dirigo una holding. Ho cominciato con il box di mia nonna. Non un vero box, un cortile, in realtà c’era solo il disegno del geometra. Bisogna adocchiare il cliente giusto, un cretino prima o poi si trova sempre!”. Valori positivi: idonei a bilanciare i disvalori appena citati; valori positivi in assenza di valori negativi. L’adulto può capire che i valori negativi appena citati in realtà sono un modo per denunciare alcuni comportamenti della società post-moderna.

150 Appendice

Codice di autoregolamentazione Tv e minori

PREMESSA

Le Imprese televisive pubbliche e private e le emittenti televisive aderenti alle associazioni firmatarie (d’ora in poi indicate come imprese televisive) considerano: a) che l’utenza televisiva è costituita – specie in alcune fasce orarie anche da minori; b) che il bisogno del minore a uno sviluppo regolare e compiuto è un diritto riconosciuto dall’ordinamento giuridico nazionale e internazionale: basta ricordare l’articolo della Costituzione che impegna la comunità nazionale, in tutte le sue articolazioni, a proteggere l’infanzia e la gioventù (art.31) o la Convenzione dell’ONU del 1989 – divenuta legge dello Stato nel 1991, che impone a tutti di collaborare per predisporre le condizioni perché i minori possano vivere una vita autonoma nella società, nello spirito di pace, dignità, tolleranza, libertà, eguaglianza, solidarietà e che fa divieto di sottoporlo a interferenze arbitrarie o illegali nella sua privacy e comunque a forme di violenza, danno, abuso mentale, sfruttamento; c) che la funzione educativa, che compete innanzitutto alla famiglia, deve essere agevolata dalla televisione al fine di aiutare i minori a conoscere progressivamente la vita e ad affrontarne i problemi; d) che il minore è un cittadino soggetto di diritti; egli ha perciò diritto a essere tutelato da trasmissioni televisive che possano nuocere alla sua integrità psichica e morale, anche se la sua famiglia è carente sul piano educativo; e) che, riconosciuti i diritti di ogni cittadino – utente e quelli di libertà di informazione e di impresa, quando questi siano contrapposti a quelli del bambino, si applica il principio di cui all’art.3 della Convenzione ONU secondo cui “i maggiori interessi del bambino/a devono costituire oggetto di primaria considerazione”.

Tutto ciò premesso, le Imprese televisive ritengono opportuno non solo impegnarsi a uno scrupoloso rispetto della normativa vigente a tutela dei minori, ma anche a dar vita a un codice di autoregolamentazione che possa assicurare contributi positivi allo sviluppo della loro personalità e comunque che eviti messaggi che possano danneggiarla nel rispetto della Convenzione ONU che impegna ad adottare appropriati codici di condotta affinché il bambino/a sia protetto da informazioni e materiali dannosi al suo benessere (art.17).

151 Il presente Codice è rivolto a tutelare i diritti e l’integrità psichica e morale dei minori, con particolare attenzione e riferimento alla fascia di età più debole (0 –14 anni).

I firmatari si impegnano a rendere il presente Codice quale testo di riferimento unico in materia di autoregolamentazione Tv e minori – fatte salve le ulteriori disposizioni contenute in altri testi, anche adottando specifiche iniziative per rendere omogenei ed uniformare tutti i precedenti Codici nella medesima materia.

PRINCIPI GENERALI

Le Imprese televisive, fermo restando il rispetto delle norme vigenti a tutela dei minori e in particolare delle disposizioni contenute nell’art.8, c.1, e nell’art.15, comma 10, della legge n. 223/90, si impegnano a: a) migliorare ed elevare la qualità delle trasmissioni televisive destinate ai minori; b) aiutare gli adulti, le famiglie e i minori a un uso corretto ed appropriato delle trasmissioni televisive, tenendo conto delle esigenze del bambino, sia rispetto alla qualità che alla quantità; ciò per evitare il pericolo di una dipendenza dalla televisione e di imitazione dei modelli televisivi, per consentire una scelta critica dei programmi; c) collaborare col sistema scolastico per educare i minori a una corretta ed adeguata alfabetizzazione televisiva, anche con il supporto di esperti di settore; d) assegnare alle trasmissioni per minori personale appositamente preparato e di alta qualità; e) sensibilizzare in maniera specifica il pubblico ai problemi della disabilità, del disadattamento sociale, del disagio psichico in età evolutiva, in maniera di aiutare e non ferire le esigenze dei minori in queste condizioni; f) sensibilizzare ai problemi dell’infanzia, tutte le figure professionali coinvolte nella preparazione dei palinsesti o delle trasmissioni, nelle forme ritenute opportune da ciascuna Impresa televisiva; g) diffondere presso tutti i propri operatori il contenuto del presente Codice di autoregolamentazione.

152

PARTE PRIMA: LE NORME DI COMPORTAMENTO

1. LA PARTECIPAZIONE DEI MINORI ALLE TRASMISSIONI TELEVISIVE

1.1. Le Imprese televisive si impegnano ad assicurare che la partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive avvenga sempre con il massimo rispetto della loro persona, senza strumentalizzare la loro età e la loro ingenuità, senza affrontare con loro argomenti scabrosi e senza rivolgere domande allusive alla loro intimità e a quella dei loro familiari.

1.2. In particolare, le Imprese televisive si impegnano, sia nelle trasmissioni di intrattenimento che di informazione, a: a) non trasmettere immagini di minori autori, testimoni o vittime di reati e in ogni caso a garantirne l’assoluto anonimato, anche secondo quanto previsto dall’art. 25 della legge n. 675/96 nonché dal Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica; b) non utilizzare minori con gravi patologie o disabili per scopi propagandistici o per qualsiasi altra ragione che sia in contrasto con i loro diritti e che non tenga conto della loro dignità; c) non intervistare minori in situazioni di grave crisi (per esempio, che siano fuggiti da casa, che abbiano tentato il suicidio, che siano strumentalizzati dalla criminalità adulta, che siano inseriti in un giro di prostituzione, che abbiano i genitori in carcere o genitori pentiti) e in ogni caso a garantirne l’assoluto anonimato; d) non far partecipare minori a trasmissioni in cui si dibatte se sia opportuno il loro affidamento ad un genitore o a un altro, se sia giustificato un loro allontanamento da casa o un’adozione, se la condotta di un genitore sia stata più o meno dannosa; e) non utilizzare i minori in grottesche imitazioni degli adulti.

2. LA TELEVISIONE PER TUTTI (7.00 - 22.30)

2.1. La programmazione dalle 7.00 alle 22.30 – pur nella primaria considerazione degli interessi del minore - deve tener conto delle esigenze dei telespettatori di tutte le fasce di età, nel rispetto dei diritti dell’utente adulto, della libertà di informazione e di impresa, nonché del fondamentale ruolo educativo della famiglia nei confronti del minore.

153 2.2. Tuttavia, nella consapevolezza della particolare attenzione da riservare al pubblico dei minori durante tutta la programmazione giornaliera e tenendo conto che in particolare nella fascia oraria dalle ore 19.00 alle ore 22.30 il pubblico dei minori all’ascolto, pur numeroso, è presumibile sia comunque supportato dalla presenza di un adulto, le Imprese televisive si impegnano a: a) dare esauriente e preventiva informazione – nell’attività di informazione sulla propria programmazione effettuata, oltre che sulle proprie reti, ad esempio a mezzo stampa, televideo, Internet – relativamente ai programmi dedicati ai minori e sull’intera programmazione, segnalando in particolare i programmi adatti ad una fruizione familiare congiunta e quelli invece adatti ad una visione per un pubblico più adulto, nonché a rispettare in modo più rigoroso possibile gli orari della programmazione; b) adottare sistemi di segnalazione dei programmi di chiara evidenza visiva in relazione alla maggiore o minore adeguatezza della visione degli stessi da parte del pubblico dei minori all’inizio di ciascun blocco di trasmissione, con particolare riferimento ai programmi trasmessi in prima serata; c) nel caso di Imprese televisive nazionali che gestiscono più di una rete con programmazione a carattere generalista e non con caratteristiche tematiche specifiche (quali, ad esempio, sportive o musicali), garantire ogni giorno, in prima serata, la trasmissione di programmi adatti ad una fruizione familiare congiunta almeno su una rete e a darne adeguata informazione.

Fermo restando quanto sopra, in una prospettiva di particolare tutela del minore, le Imprese televisive si impegnano a conformarsi alle seguenti specifiche limitazioni.

2.3. Programmi di informazione

Le Imprese televisive si impegnano a far sì che nei programmi di informazione si eviti la trasmissione di immagini di violenza o di sesso che non siano effettivamente necessarie alla comprensione delle notizie.

Le Imprese televisive si impegnano a non diffondere nelle trasmissioni di informazione in onda dalle ore 7.00 alle ore 22.30: a) sequenze particolarmente crude o brutali o scene che, comunque, possano creare turbamento o forme imitative nello spettatore minore; b) notizie che possano nuocere alla integrità psichica o morale dei minori.

Qualora, per casi di straordinario valore sociale o informativo, la trasmissione di notizie, immagini e parole particolarmente forti e impressionanti si renda effettivamente necessaria, il giornalista televisivo avviserà gli spettatori che le notizie, le immagini e le parole che verranno trasmesse non sono adatte ai minori.

154 Nel caso in cui l’informazione giornalistica riguardi episodi in cui sono coinvolti i minori, le Imprese televisive si impegnano al pieno rispetto e all’attuazione delle norme indicate in questo Codice e nella Carta dei doveri del giornalista per la parte relativa ai “Minori e soggetti deboli”.

Le Imprese televisive, con particolare riferimento ai programmi di informazione in diretta, si impegnano ad attivare specifici e qualificati corsi di formazione per sensibilizzare non solo i giornalisti, ma anche i tecnici dell’informazione televisiva (fotografi, montatori, etc.) alla problematica “tv e minori”. Le Imprese televisive si impegnano ad ispirare la propria linea editoriale, per i programmi di informazione, a quanto sopra indicato.

2.4. Film, fiction e spettacoli vari

Le Imprese televisive, oltre al pieno rispetto delle leggi vigenti, si impegnano a darsi strumenti propri di valutazione circa l’ammissibilità in televisione dei film, telefilm, tv movie, fiction e spettacoli di intrattenimento vario, a tutela del benessere morale, fisico e psichico dei minori.

Qualora si consideri che alcuni di tali programmi, la cui trasmissione avvenga prima delle ore 22,30, siano prevalentemente destinati ad un pubblico adulto, le Imprese televisive si impegnano ad annunciare, con congruo anticipo, che la trasmissione non è adatta agli spettatori più piccoli. Se la trasmissione avrà delle interruzioni, l’avvertimento verrà ripetuto dopo ogni interruzione. In tale specifica occasione andranno quindi divulgate con particolare attenzione le informazioni di avvertimento sulla natura della trasmissione nonché utilizzati con grande e ripetuto rilievo i sistemi di segnalazione iconografica che le imprese televisive si impegnano ad adottare.

2.5. Trasmissioni di intrattenimento

Le Imprese televisive si impegnano a non trasmettere quegli spettacoli che per impostazione o per modelli proposti possano nuocere allo sviluppo dei minori, e in particolare ad evitare quelle trasmissioni: a) che usino in modo strumentale i conflitti familiari come spettacolo creando turbamento nei minori, preoccupati per la stabilità affettiva delle relazioni con i loro genitori; b) nelle quali si faccia ricorso gratuito al turpiloquio e alla scurrilità nonché si offendano le confessioni e i sentimenti religiosi.

3. La televisione per minori (16.00 – 19.00)

3.1. Le Imprese televisive si impegnano a dedicare nei propri palinsesti una fascia “protetta” di programmazione, tra le ore 16.00 e le ore 19.00, idonea ai minori con un controllo particolare sia sulla programmazione sia sui promo, i trailer e la pubblicità trasmessi.

155

3.2. In particolare, le Imprese televisive nazionali che gestiscono più di una rete con programmazione a carattere generalista e non con caratteristiche tematiche specifiche (quali, ad esempio, sportive o musicali), si impegnano a ricercare le soluzioni affinché, nella predetta fascia oraria, su almeno una delle reti da essi gestite si diffonda una programmazione specificatamente destinata ai minori che tenga conto delle indicazioni del presente Codice in materia di programmazione per minori.

3.3. Produzione di programmi

Le Imprese televisive che realizzano programmi per minori si impegnano a produrre trasmissioni: a) che siano di buona qualità e di piacevole intrattenimento; b) che soddisfino le principali necessità dei minori come la capacità di realizzare esperienze reali e proprie o di aumentare la propria autonomia, nonché a proporre valori positivi umani e civili ed il rispetto della dignità della persona; c) che accrescano le capacità critiche dei minori in modo che sappiano fare migliore uso del mezzo televisivo, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, anche tenendo conto degli attuali e futuri sviluppi in chiave di interattività; d) che favoriscano la partecipazione dei minori con i loro problemi, con i loro punti di vista, dando spazio a quello che si sta facendo con loro e per loro nelle città.

Le Imprese televisive si impegnano a curare la qualità della traduzione e del doppiaggio degli spettacoli, tenendo presenti le esigenze di una corretta educazione linguistica dei minori.

3.4. Programmi di informazione destinati ai minori

Le Imprese televisive nazionali che gestiscono di più di una rete con programmazione a carattere generalista e non con caratteristiche tematiche specifiche (quali, ad esempio, sportive o musicali) si impegnano a ricercare le soluzioni per favorire la produzione di programmi di informazione destinati ai minori, possibilmente curati dalle testate giornalistiche in collaborazione con esperti di tematiche infantili e con gli stessi minori. Le Imprese televisive si impegnano altresì a comunicare abitualmente alla stampa quotidiana, periodica e anche specializzata, nonché alle pubblicazioni specificamente dedicate ai minori, la trasmissione di tali programmi e a rispettarne gli orari, fatte salve esigenze eccezionali del palinsesto.

4. LA PUBBLICITÀ

156 4.1. Le Imprese televisive si impegnano a controllare i contenuti della pubblicità, dei trailer e dei promo dei programmi, e a non trasmettere pubblicità e autopromozioni che possano ledere l’armonico sviluppo della personalità dei minori o che possano costituire fonte di pericolo fisico o morale per i minori stessi dedicando particolare attenzione alla fascia protetta. Volendo garantire una particolare tutela di questa parte del pubblico che ha minore capacità di giudizio e di discernimento nei confronti dei messaggi pubblicitari e nel riconoscere la particolare validità delle norme a tutela dei minori come esplicitate nel Codice di autodisciplina pubblicitaria, promosso dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, le Imprese televisive si impegnano ad accogliere – ove dia garanzie di maggiore tutela - e a rispettare tale disciplina, da considerarsi parte integrante del presente Codice.

In particolare, le Imprese televisive firmatarie si impegnano a rispettare le seguenti indicazioni.

4.2. I livello: protezione generale

La protezione generale si applica in tutte le fasce orarie di programmazione. I messaggi pubblicitari: a) non debbono presentare minori come protagonisti impegnati in atteggiamenti pericolosi (situazioni di violenza, aggressività, autoaggressività, ecc.); b) non debbono rappresentare i minori intenti al consumo di alcol, di tabacco o di sostanze stupefacenti, né presentare in modo negativo l’astinenza o la sobrietà dall’alcol, dal tabacco o da sostanze stupefacenti o, al contrario, in modo positivo l’assunzione di alcolici o superalcolici, tabacco o sostanze stupefacenti; c) non debbono esortare i minori direttamente o tramite altre persone ad effettuare l’acquisto, abusando della loro naturale credulità ed inesperienza; d) non debbono indurre in errore, in particolare, i minori: - sulla natura, sulle prestazioni e sulle dimensioni del giocattolo; - sul grado di conoscenza e di abilità necessario per utilizzare il giocattolo; - sulla descrizione degli accessori inclusi o non inclusi nella confezione; - sul prezzo del giocattolo, in particolare modo quando il suo funzionamento comporti l’acquisto di prodotti complementari.

4.3. II livello : protezione rafforzata

La protezione rafforzata si applica nelle fasce di programmazione in cui si presume che il pubblico di minori all’ascolto sia numeroso ma supportato dalla presenza di un adulto (fasce orarie dalle 7.00 alle ore 16.00 e dalle 19.00 alle ore 22.30).

Durante la fascia di protezione rafforzata non saranno trasmesse pubblicità direttamente rivolte ai minori, che contengano situazioni che possano costituire

157 pregiudizio per l’equilibrio psichico e morale dei minori (ad es. situazioni che inducano a ritenere che il mancato possesso del prodotto pubblicizzato significhi inferiorità oppure mancato assolvimento dei loro compiti da parte dei genitori; situazioni che violino norme di comportamento socialmente accettate o che screditino l’autorità, la responsabilità e i giudizi di genitori, insegnanti e di altre persone autorevoli; situazioni che sfruttino la fiducia che i minori ripongono nei genitori e negli insegnanti; situazioni di ambiguità tra il bene e il male che disorientino circa i punti di riferimento ed i modelli a cui tendere; situazioni che possano creare dipendenza affettiva dagli oggetti; situazioni di trasgressione; situazioni che ripropongano discriminazioni di sesso e di razza, ecc.).

4.4. III livello : protezione specifica

La protezione specifica si applica nelle fasce orarie di programmazione in cui si presume che l’ascolto da parte del pubblico in età minore non sia supportato dalla presenza di un adulto (fascia oraria di programmazione dalle 16.00 alle 19.00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori). I messaggi pubblicitari, le promozioni e ogni altra forma di comunicazione commerciale pubblicitaria rivolta ai minori dovranno essere preceduti, seguiti e caratterizzati da elementi di discontinuità ben riconoscibili e distinguibili dalla trasmissione, anche dai bambini che non sanno ancora leggere e da minori disabili.

In questa fascia oraria si dovrà evitare la pubblicità in favore di: a) bevande superalcoliche e alcoliche, queste ultime all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori e nelle interruzioni pubblicitarie immediatamente precedenti e successive; b) servizi telefonici a valore aggiunto a carattere di intrattenimento così come definiti dalle leggi vigenti; c) profilattici e contraccettivi (con esclusione delle campagne sociali).

PARTE SECONDA: LE NORME DI DIFFUSIONE E ATTUAZIONE

5. DIFFUSIONE DEL CODICE

5.1. Le Imprese televisive si impegnano a dare ampia diffusione al presente Codice di autodisciplina attraverso il mezzo televisivo dedicandogli spazi di largo ascolto. In particolare, nei primi sei mesi di attuazione del presente Codice, le Imprese televisive firmatarie si impegnano a trasmettere con cadenza settimanale, su ciascuna delle reti gestite, un breve spot che illustri i contenuti del Codice, i diritti dei minori e delle famiglie e i riferimenti per trasmettere eventuali segnalazioni.

5.2. Le imprese televisive firmatarie del presente Codice si impegnano inoltre, con cadenza annuale a realizzare e diffondere, tramite programmazione di spot sulle proprie reti, una campagna di sensibilizzazione per un uso consapevole del mezzo televisivo con particolare riferimento alla fruizione famigliare congiunta. Fermo restando l’obbligo di cadenza annuale sopra richiamato, le predette campagne

158 saranno realizzate da ciascuna emittente compatibilmente con le proprie disponibilità e con la propria linea editoriale.

5.3. Il Comitato di applicazione del Codice può promuovere, infine, campagne di sensibilizzazione sul tema Tv e minori. 6. L’ATTUAZIONE E IL CONTROLLO

6.1. Il Comitato di applicazione

L’attuazione del presente Codice è affidata a un “Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e minori”. Tale Comitato è costituito da quindici membri effettivi, nominati con Decreto dal Ministro delle Comunicazioni d’intesa con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in rappresentanza, in parti uguali, rispettivamente delle emittenti televisive firmatarie del presente Codice – su indicazione delle stesse e delle associazioni di categoria – delle istituzioni – tra cui un rappresentante dell’Autorità, un rappresentante del Coordinamento nazionale dei Corecom e il Presidente della Commissione per il riassetto del sistema radiotelevisivo - e degli utenti – questi ultimi su indicazione del Consiglio nazionale degli Utenti presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il Presidente è nominato nel medesimo Decreto tra i rappresentanti delle Istituzioni quale esperto riconosciuto della materia. Con i medesimi criteri e modalità sono nominati anche quindici membri supplenti. I membri nominati durano in carica tre anni e decadono qualora non partecipino a tre sedute consecutive del Comitato o ad almeno la metà delle sedute nel corso di un anno solare.

6.2. Competenze e poteri del Comitato

Il Comitato, d’ufficio o su denuncia dei soggetti interessati, verifica, con le modalità stabilite nel Regolamento di seguito indicato, le violazioni del presente Codice. Qualora accerti la violazione del Codice adotta una risoluzione motivata e determina, tenuto conto della gravità dell’illecito, del comportamento pregresso dell’emittente, dell’ambito di diffusione del programma e della dimensione dell’impresa, le modalità con le quali ne debba essere data notizia. Il Comitato può inoltre: a) ingiungere all’emittente, qualora ne sussistano le condizioni, di modificare o sospendere il programma o i programmi indicando i tempi e le modalità di attuazione; b) ingiungere all’emittente di adeguare il proprio comportamento alle prescrizioni del Codice indicando i tempi e le modalità di attuazione.

Le delibere sono adottate dal Comitato con la presenza di almeno due terzi dei componenti e il voto della maggioranza degli aventi diritto al voto (otto). Le decisioni del Comitato sono inoppugnabili.

6.3. Rapporti con l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni

159 Tutte le delibere adottate dal Comitato vengono trasmesse all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Qualora il Comitato accerti la sussistenza di una violazione delle regole del presente Codice, oltre ad adottare i provvedimenti di cui al punto precedente, inoltra una denuncia all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni contenente l’indicazione delle disposizioni, anche eventualmente di legge, violate, le modalità dell’illecito, la descrizione del comportamento - anche successivo - tenuto dall’emittente, gli accertamenti istruttori esperiti e ogni altro utile elemento. Tale denuncia viene inviata allo specifico fine di consentire all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni l’esercizio dei poteri alla stessa attribuiti ai sensi dell’art. 15, comma 10, della legge 223/90 e dell’art. 1, comma 6, lett. b), n. 6, con riferimento alla emanazione delle sanzioni previste da tale ultima disposizione al punto 14 e ai commi 31 e 32 dell’art. 1 della stessa legge 249/97. (NOTA)

Il Comitato provvede inoltre a formulare all’Autorità i pareri che questa ritiene di dovere acquisire nell’esercizio delle proprie funzioni.

(NOTA) Il combinato disposto dell’attuale legislazione vigente in materia di tutela di minori consente all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in caso di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori o che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, di irrogare direttamente sanzioni (l. 223/90 - art. 15, comma 10 e art. 31, comma 3) pari al pagamento di una somma da 5.000 a 20.000 euro nonché, in caso di mancata ottemperanza ad ordini e diffide dell’Autorità in materia di tutela dei minori, anche tenendo conto dei Codici di autoregolamentazione, (legge 249/97 - art.1, comma 6, lett. b), nn. 6 e 14 e commi 31 e 32), di irrogare sanzioni pari al pagamento di una somma da 10.000 a 250.000 euro con, in caso di grave e reiterata violazione, la sospensione o la revoca della licenza o dell’autorizzazione.

6.4. Regolamento di funzionamento del Comitato

Il Comitato, entro trenta giorni dalla sua seduta costitutiva, adotta di comune accordo un Regolamento di funzionamento nel quale si disciplinano: a) I requisiti minimi e i termini per l’ammissibilità delle segnalazioni di violazione del Codice da qualsiasi utente - cittadino o soggetto che abbia interesse; b) le modalità per l’archiviazione delle segnalazioni prive dei requisiti minimi o comunque manifestamente infondate; c) l’organizzazione interna del Comitato che può prevedere la designazione di relatori o l’istituzione di sezioni istruttorie ognuna delle quali rappresentative delle diverse componenti; d) le modalità di istruttoria ordinaria e i termini per la decisione del Comitato, dando notizia dell’esito all’interessato; e) le modalità di istruttoria d’urgenza, nei casi di maggiore gravità, ed i termini per la decisione del Comitato; f) le modalità per assicurare il contraddittorio all’emittente interessata e, qualora ritenuto opportuno, al segnalante nelle diverse fasi dell’istruttoria e del dibattimento;

160 g) le modalità di collaborazione con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni d’intesa con la stessa Autorità; h) le modalità di comunicazione delle delibere ai soggetti interessati; i) le modalità di pubblicazione periodica delle delibere del Comitato e della osservanza delle stesse da parte delle emittenti.

Il Comitato procede ad aggiornare od integrare il Regolamento nonché può formulare proposte di modifiche ed integrazioni al Codice medesimo. Al Codice possono inoltre aderire, anche successivamente, ulteriori soggetti.

6.5. Associazione

Le emittenti firmatarie del presente Codice si impegnano, entro i trenta giorni successivi all’approvazione del presente Codice, a costituire tra esse un’Associazione con lo scopo di garantire il funzionamento sul piano operativo e finanziario del Comitato di applicazione, compatibilmente alle disponibilità di ciascun soggetto, ricercando altresì forme di finanziamento e sostegno anche da parte di enti istituzionali.

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