LA VALNERINA -

POGGIODOMO E IL SUO TERRITORIO

6 Il borgo di Roccatamburo e Mucciafora (in alto).

IL LUOGO, L’ARTE E LA STORIA

Già nel nome Poggiodomo (podion, pedana e domo, mettere a coltura) (1) è racchiusa l’anima di questo territorio tra i più belli e incontaminati dell’Umbria sud- orientale. Qui il lavoro dell’uomo si è fuso alla natura nell’armonia della continuità e del destino che solo i monti sanno preservare dalla frenesia del fare: borghi, edicole, chiese, eremi, campi sfalciati, fontanili, punteggiano il territorio a ricordare il sudo- re e la fatica ricompensata da spazi mozzafiato che si colorano di sera con il sole del tramonto. E chiusi gli occhi, il viaggiatore potrà ripercorrere con il volo dell’aquila i colori del Colchico di Spagna, della Frittellaria di Orsini e del Mirtillo Nero sulle falde dell’imponente massiccio del Coscerno, luogo dell’antica transumanza, monte che veglia e che nel nome (cernere, guardare, bella vista) racchiude un destino, quello di una vista senza frontiere. Il più piccolo comune dell’Umbria, ad un’altitudine media di 1.000 metri s.l.m, affonda le sue origini nel XII secolo quando fu edificato il castello originario su uno sperone di roccia a guardia della valle del Tissino, via di comunicazione tra la bassa e l’alta Valnerina. Del nucleo originario, che aveva un impianto al castello, si conservano ancora due porte di accesso e alcune parti di mura inglobate nelle abitazioni pri- vate. Abbandonata la parte più a valle, l’attuale abitato si sviluppò a monte tra i secoli XVII e XIX con una serie di edifici a carattere gentilizio. La chiesa di S. Carlo Borro- meo (2), del 1635, divenne il centro della vita civile e sociale del nuovo borgo. L’interno della chiesa, a navata unica, conserva altari lignei barocchi commissionati dalle famiglie benestanti del luogo con tele coeve raffiguranti la Natività, la Visitazione,

Poggiodomo. Santa Croce e dove i monaci benedettini prima e poi gli agostiniani cercarono pace e armonia. La chiesa, scavata in parte nella parete rocciosa, raccoglie i visitatori come in un antro domestico, e il bisogno di silenzio e preghiera si fonde al misticismo ieratico espresso dai santi dipinti sulla parete nel 1416. Un recente restauro ha restituito tutta la loro bellezza, riportando alla luce anche figure che erano scomparse sotto uno spesso strato di fuliggine. Così S. Paolo eremita, con le unghie dei piedi arrotolate, e S. Antonio Abate (4), accompagnato da un piccolo cinghiale, sono ritornati a veglia- re, nell’ex vano della sacrestia, una splendida Madonna col Bambino sovrastata da un cielo stellato. Un’altra Madonna, questa volta con il vestito trapuntato di stelle (5), è vigilata da S. Benedetto con il libro della regola in mano, da S. Lucia con le candele ad illu- minare il giorno più corto dell’anno, da S. Caterina di Alessandria con la ruota della tortura, dai Santi Pietro e Paolo e S. Michele Arcangelo. Qui la materia si fece pre- ghiera e le celle dei monaci, scavate come nidi di falco sulla parete rocciosa, ricordano la vanità della vita terrena. 1 Mucciafora (6), frazione di Poggiodomo a 1150 metri s.l.m, è un balcone che spazia nel vuoto, e se è vero che il nome deriva dal termine gallo-latino muciare che significa nascondersi, sfuggire, e dà così credito alla storia di posto inaccessibile, il pa- i Misteri del Rosario, il Noli me tangere, il Battesimo di Gesù, la Madonna col Bambino, 4 3 5 ese è però lì, come una sentinella che scruta l’orizzonte, bandiera di pietra che marca le Stimmate di S. Francesco e le Anime del Purgatorio. Nell’abside una pregevole tela il territorio. Le strade convergono verso la piccola chiesa di S. Bartolomeo, al centro raffigurante la Deposizione proveniente dalla chiesa rupestre di S. Filomena i cui ruderi del paese, ombelico di questo luogo nascosto nella trasparenza. La chiesa deve il suo sono ancora visibili poco fuori il paese. A testimonianza dell’opera di committenza aspetto attuale all’opera di don Mattia Amadio che ne curò il restauro dopo il disa- di tutta la popolazione, sulla cantoria e sul basamento della colonna destra dell’altare stroso terremoto del 1703. Anche gran parte degli arredi si devono a questo sacerdote, maggiore è raffigurato il vecchio stemma della Congregazione dei Possidenti, due protagonista, tra l’altro del miracolo dell’Addolorata avvenuto a nel 1735. mani incrociate che poi, quando Poggiodomo distaccandosi da nel 1809 Suggestiva la cerimonia dell’ostensione delle numerose reliquie raccolte da don Mattia divenne Comune autonomo, fu ereditato dalla nuova istituzione, simbolo che sta ad che si ripete ogni anno il 24 agosto, festa del patrono S. Bartolomeo. A monte del esprimere la sintesi della capacità di ascolto, di meditazione e attenzione dei suoi abitanti. paese la chiesa rupestre della Madonna della Pace, poi l’altopiano dell’Immagine, A monte del paese l’ex parrocchiale di S. Pietro, del XVI secolo, con segni eviden- una vasta distesa ondulata ai piedi del Coscerno, punteggiata di casolari e che alfine si ti di profondi rimaneggiamenti. Le pareti sono completamente affrescate con quadri affaccia sulla valle del Nera come a rompere l’isolamento. rappresentanti episodi della vita di Gesù e una teoria di Santi tra i quali spiccano S. Non si può parlare di Usigni (7), altra frazione di Poggiodomo, senza ricordare Bartolomeo che ha appena subito il martirio, un gigantesco S. Cristoforo, S. Amico la figura del cardinale Fausto Poli (1581-1652). Cameriere segreto di papa Urbano protettore dei carbonai, categoria qui molto numerosa ed uno dei ritratti più antichi VIII che ne favorì la carriera, arcivescovo di Amasia, poi di Orvieto, abate commenda- di S. Rita con il nome della committente “Beatrice”. tario di s: Eutizio, rimase sempre legato al paese che trasformò e plasmò con l’amplia- A poca distanza del paese, lungo la vecchia strada che conduceva alle frazioni di mento della casa paterna e l’edificazione della chiesa di San Salvatore (8). Roccatamburo e Mucciafora, la chiesa della Madonna delle Grazie, ora cappella Oggi Usigni appare come un “paese-palazzo” proteso verso l’edificio di culto di cimiteriale, e la chiesa di S. Lorenzo, risalente al XVI secolo. stile tardo-rinascimentale voluto dal cardinale e che finisce per identificare l’intero A un chilometro da Roccatamburo, la chiesa madre di tutto il territorio, S. abitato. Sulla facciata la scritta: PER VIRTUTEM CRUCIS SALVA NOS CHRISTE Maria, antica pieve del Plebatus Tamboris con giurisdizione su 15 edifici di culto e a SALVATOR QUI SALVASTI PETRUM IN MARI. L’interno è a navata unica con cui accedevano gli abitanti dei paesi vicini per il battesimo. Oggi cappella cimiteriale, cappelle laterali impreziosite da pale d’altare dipinte ad affresco da Salvi Castelluc- conserva nell’abside un ciclo di affreschi di Perino Cesarei raffiguranti l’Incoronazione ci di Arezzo e dai suoi collaboratori. Il cardinale dotò la chiesa anche di splendidi di Maria, gli Apostoli e l’Annunciazione. arredi sacri (calici, pissidi, paliotti, candelabri, pianete), parte dei quali si trovano nel Da Roccatamburo si accede al santuario della Madonna della Stella, già eremo Museo Diocesano di . Fuori la chiesa, in uno spazio lastricato ombreggiato da agostiniano di S. Croce (3) e prima ancora Monasterium di San Benedicti in Fau- un noce, una artistica cisterna in pietra fatta costruire dal cardinal Poli recante lo cibus o in Vallibus. Secoli di storia e di preghiere in questa gola scolpita dal torrente stemma di famiglia. 2 7 8