Variante generale di adeguamento e aggiornamento del P.T.C. - Relazione Generale 2018

Indice

Premessa

1. Le funzioni della Provincia nel quadro normativo nazionale e regionale

2. La pianificazione Provinciale nella L.R. 65/2014

3. Il P.I.T. con valenza di Piano paesaggistico

4. Il Sistema Informativo Geografico

5. La pianificazione della Provincia di Pistoia

6. Finalità della Variante al P.T.C. e aspetti procedurali

7. Il progetto della Variante di Piano del P.T.C.

7.1 L'Avvio del procedimento del 2014

7.2 L' Avvio del procedimento del 2016

7.3 L'Ufficio di Piano della Variante del P.T.C. e il percorso di condivisione con la Regione

7.4 I contenuti della Variante di Piano del P.T.C.

7.5 Obiettivi di Piano

7.6 Ambito geografico e climatico

7.6.1 Orografia del territorio

7.6.2 Climatologia

7.7 Ambito geomorfologico

7.7.1 Geologia

7.7.2 Rilevanza areale della propensione al dissesto idrogeomorfologico.

7.8 Ambito idrologico - idraulico

7.8.1 Reticolo idrografico

7.8.2 Analisi idrologico-idraulica dei corsi di acqua

7.8.3 Bacini e sottobacini idrografici

7.9 Ambito idrogeologico

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7.9.1 Vulnerabilità idrogeologica

7.10 Ambito idrotermale

7.10.1 Vincoli di protezione e salvaguardia termale

7.11 Attività estrattive dismesse

7.12 Le Invarianti Strutturali

7.12.1 Invariante I - I caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici

7.12.2 Invariante II - I caratteri ecosistemici del paesaggio

7.12.3 Invariante III - Il carattere policentrico dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali

7.12.4 L’atlante degli edifici di rilevante valore storico – architettonico

7.12.5 Invariante IV - I caratteri morfotipologici dei paesaggi rurali

7.13 Ambiti di paesaggio e Sistemi territoriali

7.14 Il Patrimonio culturale e paesaggistico

7.14.1 Siti Unesco. Villa La Magia di Quarrata

7.15 Proposta di aggiornamento del Quadro Conoscitivo del P.I.T./PPR. Schedatura dei beni paesaggistici

7.16 Il territorio rurale: le aree agricole

7.17 Il territorio rurale: le aree a vocazione vivaistica

7.18 Le infrastrutture per la mobilità

7.19 La mobilità dolce

7.20 La sostenibilità dello sviluppo del territorio

7.21 Gli strumenti della programmazione Provinciale

7.21.1 Piano Provinciale dei trasporti

7.22 La Pianificazione Strutturale Intercomunale

7.23 Variante al Piano delle Aree Sciistiche Attrezzate

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Premessa

La presente Variante di adeguamento e aggiornamento del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale viene redatta con lo scopo di adeguare lo strumento urbanistico della Provincia di Pistoia alle nuove normative. La versione al momento vigente è del 2009, e da allora sono varie le materie da aggiornare con il lavoro svolto dal Servizio Pianificazione Territoriale della Provincia, e con le modifiche imposte dalle normative, tra cui emerge l'introduzione della nuova legge sul governo del territorio, la L.R. 10 novembre 2014, n. 65, e l'approvazione da parte della Regione Toscana del Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di Piano Paesaggistico.

1. Le funzioni della Provincia nel quadro normativo nazionale e regionale

Con il D. Lgs. 18 Agosto 2000, n. 267, l'ordinamento delle autonomie locali è stato riordinato in un testo unico. L’art. 19 del 267/2000 dispone che spettano alla Provincia le funzioni amministrative di interesse Provinciale che riguardano vaste zone intercomunali o l'intero territorio Provinciale, nei seguenti settori: a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità; b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; c) valorizzazione dei beni culturali; d) viabilità e trasporti; e) protezione della flora e della fauna, parchi e risorse naturali; f) caccia e pesca nelle acque interne; g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello Provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; j) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali. L’art. 19 del D.Lgs. 18 Agosto 2000, n. 267 dispone inoltre che la Provincia, in collaborazione con i Comuni e sulla base di programmi, promuove e coordina attività nonché realizza opere di rilevante interesse Provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. I compiti di programmazione delle province previste all'art. 20 sono: a) raccogliere e coordinare le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della regione; b) concorrere alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale; c) formulare e adottare, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuovere il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni. Il comma 2 prevede che la Provincia, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predisponga ed adotti il P.T.C. Il P.T.C. determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica: d) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; e) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione; f) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque; g) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.

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La Legge 7 aprile 2014, n. 56, cosiddetta Legge Delrio, ha dettato un'ampia riforma in materia di enti locali, in riferimento alle Città metropolitane e alla ridefinizione del sistema delle Amministrazioni Provinciali, e ad una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni, nelle more dell'approvazione della riforma costituzionale del Titolo V. E' stata quindi avviata una trasformazione del ruolo delle Province, in attesa di una loro abolizione di competenza di una legge di rango costituzionale, che poi non è avvenuta a causa della non riuscita del referendum confermativo del dicembre 2016. I commi da 5 a 50 della L. 56/2014 prevedono l'istituzione e la disciplina delle Città metropolitane. Ne sono state istituite 9: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, trasformando le omonime province in città metropolitana, mantenendo inalterato il medesimo territorio di competenza. Il comma 54 della legge modifica l'organizzazione degli organi delle province, prevedendo: . il Presidente della Provincia, eletto tra i sindaci della Provincia; . il Consiglio Provinciale, i cui componenti sono eletti tra i sindaci e i consiglieri comunali in carica; . l'Assemblea dei sindaci, costituita dai sindaci dei comuni appartenenti alla Provincia. Tutti gli incarichi sono a titolo gratuito. Il comma 85 dispone che le province, quali enti con funzioni di area vasta, esercitino le seguenti funzioni fondamentali: a) pianificazione territoriale Provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito Provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade Provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; c) programmazione Provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; e) gestione dell'edilizia scolastica; f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio Provinciale. Le province esercitano inoltre le seguenti ulteriori funzioni fondamentali: a) cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo; b) cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti. Le funzioni fondamentali di cui al comma 85 sono esercitate nei limiti e secondo le modalità stabilite dalla legislazione statale e regionale di settore, secondo la rispettiva competenza per materia ai sensi dell'articolo 117, commi secondo, terzo e quarto, della Costituzione. La Provincia inoltre può, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive. Le legge 56/2014 quindi conferma la competenza della Provincia sull'area vasta ed include tra le funzioni fondamentali la pianificazione territoriale Provinciale di coordinamento. Tuttavia la diversa configurazione degli organi dell'ente intermedio, non più ad elezione diretta, comporterà lo spostamento del baricentro decisionale sugli aspetti sovracomunali. La Legge 56/2014 ha fissato al 31 dicembre 2014 il termine ultimo per le Regioni per approvare le proprie leggi di riordino delle funzioni delegate o trasferite alle Province. Nel settembre 2014, al fine di accelerare tale adempimento, Governo, Regioni, Province e Comuni hanno siglato, in sede di Conferenza Unificata, un Accordo nel quale la data del 31 dicembre veniva

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individuata non più per l’approvazione delle leggi regionali, ma quale limite temporale per la presentazione di idonei dispositivi normativi.

La Regione Toscana ha adempiuto a tale compito con la Legge Regionale 3 marzo 2015, n. 22, e ss.mm.ii. Con tale legge regionale sono state trasferite alla Regione le seguenti funzioni: a) le funzioni in materia di agricoltura; b) le funzioni in materia di caccia e pesca nel mare e nelle acque interne; c) le funzioni in materia di orientamento e formazione professionale, compresa la formazione e qualificazione professionale degli operatori turistici; d) le seguenti funzioni in materia di ambiente: . le funzioni in materia di rifiuti e bonifica dei siti inquinati già esercitate dalle province prima dell’entrata in vigore della legge regionale 28 ottobre 2014, n. 61 (Norme per la programmazione e l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di gestione dei rifiuti. Modifiche alla l.r. 25/1998 e alla l.r. 10/2010) dalla medesima legge attribuite alla competenza della Regione e per il cui effettivo trasferimento si rinviava alla presente legge; nonché le ulteriori funzioni esercitate dalle province ai sensi della legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e le funzioni concerne n ti l'applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l'applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica, dei rifiuti solidi di cui all'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549); . le funzioni in materia di difesa del suolo, ivi comprese quelle relative alla difesa della costa e degli abitati costieri e alla gestione del demanio idrico, compreso l’introito dei relativi proventi; . le funzioni in materia di tutela della qualità dell'aria; . le funzioni in materia di inquinamento acustico; . le funzioni in materia di tutela delle acque dall'inquinamento; . le funzioni di autorità competente concernenti l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) e l’autorizzazione unica ambientale (AUA); . le funzioni in materia di parchi ed aree protette; e) le funzioni in materia di energia, comprese le funzioni di controllo sugli impianti termici per la climatizzazione; f) le funzioni in materia di osservatorio sociale già esercitate dalle province prima dell’entrata in vigore della legge regionale 30 luglio 2014, n. 45 (Modiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale”), e dalla medesima legge attribuite alla competenza della Regione; g) le funzioni in materia di strade regionali, limitatamente alla progettazione e costruzione delle opere relative alle strade regionali, programmate dalla Regione e indicate nelle deliberazioni della Giunta regionale di cui all’ articolo 4, comma 1, della legge regionale 4 novembre 2011, n. 55 (Istituzione del piano regionale integrato delle infrastrutture e della mobilità “PRIIM”. Modifiche alla l.r. 88/98 in materia di attribuzioni di funzioni amministrative agli enti locali, alla l.r. 42/1998 in materia di trasporto pubblico locale, alla l.r. 1/2005 in materia di governo del territorio, alla l.r. 19/2011 in materia di sicurezza stradale).

In conclusione rimane alla Provincia la funzione fondamentale della pianificazione territoriale attuata attraverso la redazione del Piano Provinciale di coordinamento Provinciale, con i contenuti della normativa regionale relativa al Governo del territorio.

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2. La pianificazione Provinciale nella L.R. 65/2014

La Legge Regionale Toscana sul Governo del Territorio, la L.R. 10 novembre 2014, n. 65, succeduta alla L.R. 3 gennaio 2005, n. 1, conferma il ruolo della Provincia nella pianificazione territoriale. La precedente L.R. 1/2005 prevedeva che i Comuni, le Province e la Regione esercitassero le funzioni amministrative del governo del territorio sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Inoltre partecipavano insieme agli altri soggetti pubblici e privati, nonché ai cittadini, singoli o associati, al governo del territorio; esercitavano in modo organico e coordinato le funzioni di programmazione, pianificazione e controllo per garantire lo sviluppo sostenibile. Veniva così superato lo schema pianificatorio a cascata della L.R. 5/1995, in cui il P.I.T. si rivolgeva al P.T.C. e lo stesso si rivolgeva al P.S., ponendo i tre atti su un unico piano ed attribuendo agli stessi specifiche funzioni che di fatto li vincolavano gli uni agli altri.

La L.R. n. 65/2014 all'art. 10 inserisce il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.) tra gli strumenti della pianificazione essenziali, insieme a il Piano di indirizzo territoriale (PIT), il Piano strutturale comunale, il Piano strutturale intercomunale, e il nuovo Piano territoriale della città metropolitana (P.T.C.M). Rispetto alla precedente legge regionale in materia di governo del territorio, la LR 1/2005, si ritrova nuovamente un ruolo prescrittivo per gli interventi di competenza Provinciale e per il coordinamento delle politiche di settore (art.90), per gli interventi nel territorio rurale ritorna la conformità al P.T.C.. Rimangono inalterati i ruoli dei vari piani e programmi e le funzioni degli organismi pubblici separati (Autorità, Soprintendenze, ecc.).

La nuova Legge Regionale, all'art. 53, promuove la collaborazione tra i vari Enti ai fini dell’esercizio delle funzioni loro attribuite: “Regione, Province, Città Metropolitana e Comuni collaborano, in rapporto reciproco di sinergia, favorendo lo scambio delle conoscenze per il miglioramento progressivo della qualità tecnica di tutti gli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica e l’omogeneità dei criteri metodologici, nonché per l’efficacia dell’azione amministrativa”. In questo spirito si ritrova il nuovo ruolo della Provincia che insieme a Regione e Città Metropolitana assicurano in ogni caso la necessaria assistenza tecnica ai comuni e alle unioni di comuni che ne facciano richiesta. Sempre all'art. 53, nello spirito di collaborazione di cui sopra, le Province insieme agli altri Enti “promuovono ed agevolano la creazione di strumenti idonei a garantire l’assistenza tecnica alle strutture competenti, favorendo l’integrazione fra le attività delle medesime strutture tecniche dei comuni e la formazione specifica del personale addetto alle stesse”. Infatti è previsto che i Comuni, nella redazione dei nuovi piani strutturali o di loro varianti, possano utilizzare, quale quadro conoscitivo del piano strutturale, il quadro conoscitivo del P.T.C. o del P.T.C.M, adeguandolo ove necessario, nonchè utilizzare, quale statuto del piano strutturale, lo statuto del P.T.C. o del P.T.C.M, integrandolo se necessario, ed è proprio con questo spirito che si sta elaborando il quadro conoscitivo della presente variante, così come descritto al paragrafo 10.

All'art. 90 infine si definisce il P.T.C. come: “ lo strumento di pianificazione territoriale al quale si conformano le politiche Provinciali, i piani e i programmi di settore Provinciali, gli strumenti della pianificazione territoriale e gli strumenti della pianificazione urbanistica comunali”, configurandosi anche come strumento di programmazione socio-economica della Provincia. Il P.T.C., come nella precedente legge, si compone di un quadro conoscitivo del patrimonio territoriale, di una parte statutaria e di una parte strategica, recepisce i contenuti del piano paesaggistico, i principi generali, le strategie e gli orientamenti per salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio integrando la pianificazione del paesaggio nelle politiche di pianificazione urbanistica, in quelle di carattere culturale, agricolo, sociale ed economico. Lo statuto del territorio del P.T.C. specifica:

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- il patrimonio territoriale Provinciale, in relazione alle funzioni proprie e delegate della Provincia, con particolare riferimento al territorio rurale; - le invarianti strutturali del territorio Provinciale; - gli immobili di notevole interesse pubblico - i principi e le regole per l’utilizzazione e la riproduzione del patrimonio territoriale; La parte strategica del P.T.C. indica le linee progettuali dell’assetto territoriale e delinea la strategia dello sviluppo del territorio. A tal fine: - individua, con riferimento ai contenuti del PIT, gli obiettivi e gli indirizzi da perseguire nelle trasformazioni territoriali e le conseguenti azioni; - detta indirizzi sull’articolazione e sulle linee di evoluzione dei sistemi territoriali; - detta indirizzi, criteri e parametri per l’applicazione coordinata delle norme relative al territorio rurale - detta criteri e indirizzi per le trasformazioni dei boschi ai sensi dell’articolo 41 della L.R.39/2000; - individua le strategie di tutela attiva del patrimonio territoriale, anche al fine dello sviluppo socio-economico e culturale della comunità Provinciale. Il P.T.C. stabilisce: - le prescrizioni per il coordinamento delle politiche di settore e degli strumenti della programmazione della Provincia; - l’individuazione degli ambiti territoriali per la localizzazione di interventi di competenza Provinciale e relative prescrizioni; - le misure di salvaguardia che diventano immediatamente efficaci. lI P.T.C. contiene inoltre: -le analisi che evidenziano la coerenza interna ed esterna delle previsioni del piano; - la valutazione degli effetti attesi a livello paesaggistico, territoriale, economico e sociale. La nuova legge Regionale Toscana conferma pertanto il ruolo dei P.T.C., che hanno nuovamente un ruolo prescrittivo per gli interventi di competenza Provinciale e per il coordinamento delle politiche di settore, diversamente dal principio di sussidiarietà fra Enti che è stato evidentemente poco efficace nella precedente legge regionale. Rimangono comunque inalterati i ruoli dei vari piani e programmi e le funzioni degli organismi pubblici separati, quali Autorità, Soprintendenze, e altri.

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3. ll P.I.T. con valenza di piano paesaggistico

L'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio, il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n° 42, ha riproposto il tema dei Piani paesaggistici regionali, introdotti originariamente dalla legge 1497/39 e poi dalla cosiddetta "Legge Galasso", la legge 431/1985. La sottoscrizione nel 2000 a Firenze della Convenzione Europea del Paesaggio da 26 paesi europei, ratificata in Italia nel 2006, ha contribuito a modificare il concetto di paesaggio, spostando l'attenzione dai paesaggi di eccellenza ad una visione paesaggistica complessiva di tutto il territorio, comprendendo quindi i paesaggi delle periferie e delle aree degradate. La Regione Toscana, insieme ad altre regioni, ha scelto di dotarsi di un unico piano territoriale "con specifica considerazione dei beni paesaggistici", secondo quanto disposto dall'art. 135 comma 1 del Codice. Il Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana è stato approvato con Deliberazione di Consiglio Regionale n° 72 del 24 luglio 2007. Nel 2009 è stata adottata l'integrazione paesaggistica senza la preventiva intesa sui contenuti con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ma si è rivelata troppo difforme per poterla portare a compimento. La redazione del nuovo piano è stata avviata nel giugno 2011, per concludere l'iter del Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di Piano paesaggistico con l'approvazione con Deliberazione Consiglio Regionale n° 37 del 27 marzo 2015. Il piano paesaggistico, ai sensi del Codice e dei suoi contenuti “copianificati” con il Ministero competente, è un piano sovraordinato, a cui si devono conformare gli altri piani e programmi di livello regionale e locale a differenza degli altri strumenti di pianificazione regionale concepiti come strumenti di prevalente indirizzo di un’attività comunale in buona misura autonoma. I contenuti del Piano paesaggistico confluiscono principalmente nello Statuto del PIT, andando a modificare l'impianto precedente sostanzialmente suddiviso nella parte statutaria e nella parte strategica, ridefinito con una nuova articolazione delle invarianti strutturali, elemento chiave del raccordo tra contenuti paesaggistici e contenuti territoriali del piano nel suo insieme, con l'eccezione dei Progetti di paesaggio, che per la loro natura trovano collocazione nella strategia. Il piano è organizzato su due livelli, un livello regionale e un livello d’ambito. Il livello regionale a sua volta è articolato in una parte che riguarda l’intero territorio regionale, trattato in particolare attraverso il dispositivo delle “invarianti strutturali”, e una parte che riguarda invece i “beni paesaggistici” formalmente riconosciuti in quanto tali. Le invarianti strutturali, già presenti nel piano, sono il quindi il riferimento centrale del P.I.T., da considerare non come "modelli", ma come "regole che informano ordinariamente la trsasformazione del territorio". Le invarianti strutturali sono: . i caratteri idrogeomorfologici dei sistemi morfogenetici e dei bacini idrografici, che costituiscono la struttura fisica fondativa dei caratteri identitari alla base dell’evoluzione storica dei paesaggi della Toscana; . i caratteri ecosistemici del paesaggio, che costituiscono la struttura biotica che supporta le componenti vegetali e animali dei paesaggi toscani; . il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi, infrastrutturali e urbani, struttura dominante il paesaggio toscano risultante dalla sua sedimentazione storica dal periodo etrusco fino alla modernità; . i caratteri identitari dei paesaggi rurali toscani, pur nella forte differenziazione che li caratterizza, presentano alcuni caratteri invarianti comuni: il rapporto stretto e coerente fra sistema insediativo e territorio agricolo; l’alta qualità architettonica e urbanistica dell’architettura rurale; la persistenza dell'infrastruttura rurale e della maglia agraria storica, in molti casi ben conservate; un mosaico degli usi del suolo complesso alla base, non solo dell’alta qualità del paesaggio, ma anche della biodiversità diffusa sul territorio.

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Per quanto riguarda i beni paesaggistici formalmente riconosciuti, il piano ai sensi del Codice contiene la cosiddetta “vestizione”, ovvero la codificazione della descrizione, interpretazione e disciplina dei beni paesaggistici vincolati ai sensi di specifici decreti ex art.136 D.Lgs 42/2004) o di legge ex art. 142 D.Lgs 42/2004, oltre che della cartografazione georeferenziata delle aree interessate da ciascun vincolo, con alcune eccezioni dovute alla mancanza delle informazioni di riferimento (usi civici).

Il Codice prevede che il Piano Paesaggistico riconosca gli aspetti, i caratteri peculiari e le caratteristiche paesaggistiche del territorio regionale, e ne delimiti i relativi ambiti, in riferimento ai quali predisporre specifiche normative d’uso ed adeguati obiettivi di qualità. I 20 ambiti in cui è stata suddivisa la Toscana sono stati individuati valutando i seguenti elementi: . i sistemi idro-geomorfologici; . i caratteri eco-sistemici; . la struttura insediativa e infrastrutturale di lunga durata; . i caratteri del territorio rurale; . i grandi orizzonti percettivi; . il senso di appartenenza della società insediata; . i sistemi socio-economici locali; . le dinamiche insediative e le forme dell'intercomunalità. Nella logica del Piano Paesaggistico l'ambito deve essere in grado di supportare una rappresentazione degli elementi e delle strutture complesse rilevanti nella caratterizzazione paesaggistica dei diversi territori. Per ogni ambito è stata redatta una specifica Scheda d’ambito, che approfondisce le elaborazioni di livello regionale ad una scala di maggior dettaglio, approfondendone le interrelazioni al fine di sintetizzarne i relativi valori e criticità, nonché di formulare specifici obiettivi di qualità e la relativa disciplina. Il territorio della Provincia di Pistoia ricade in due ambiti: . Ambito 05. Valdinievole e Val d'Arno inferiore . Ambito 06. Firenze-Prato-Pistoia.

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A completamento del P.I.T. vi sono gli allegati, tra cui si cita il "Progetto di fruizione lenta del paesaggio", che riconosce il sistema della mobilità dolce come strumento importante di fruizione dei paesaggi, in quanto la ridotta velocità di percorrenza permette una esatta percezione del paesaggio in tutti i suoi aspetti. Al fine del raggiungimento degli obiettivi del P.I.T., nella formazione degli atti di governo del territorio, occorre fare riferimento: . agli indirizzi per le politiche contenuti nelle schede d'ambito; . applicare le direttive presenti nella Disciplina del piano, le direttive correlate agli obiettivi di qualità delle schede d'ambito e quelle contenute nella disciplina dei beni paesaggistici; . rispettare le prescrizioni d'uso contenute nella disciplina statutaria.

Ai sensi dell'art. 21 della Disciplina del Piano del P.I.T. la presente Variante generale di adeguamento e aggiornamento del P.T.C. dovrà essere conformata al P.I.T., secondo la procedura stabilita dal suddetto articolo, con la convocazione della conferenza paesaggistica a cui partecipano la Regione e gli organi ministeriali competenti.

4. Il Sistema Informativo Geografico

L’aumento della qualità e quantità dei servizi che ha caratterizzato lo sviluppo dello competenze degli enti locali ha comportato l’esigenza, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, di produrre, archiviare ed aggiornare una quantità di dati molto elevata. Nello stesso tempo l’evoluzione tecnologica e la sua diffusione all’interno della Pubblica Amministrazione implica un nuovo processo di governo del territorio. Sempre maggiore rilevanza viene data al ruolo ed Sistema Informativo Territoriale, alle sue forme di comunicazione e di gestione delle banche dati cartografiche attraverso la rete internet. Il S.I.T. consente infatti l’elaborazione dei dati territoriali in ambiente multimediale in funzione di una pluralità di applicazioni configurandosi come un Sistema integrato di raccordo, cooperazione, interscambio di dati geografici ed informazioni tra i vari settori dell’Amministrazione ed i Comuni.

La conoscenza del territorio, e quindi l'informazione geografica, è riferimento fondamentale per l'elaborazione e la valutazione degli strumenti di pianificazione territoriale. La raccolta, l'organizzazione, l'aggiornamento e la diffusione dell'insieme delle conoscenze inerenti lo stato di fatto e di diritto del territorio e delle sue risorse sono i compiti che la legge regionale sul governo del territorio attribuisce al sistema informativo geografico (GIS - Geographical Information System o SIT - Sistema Informativo Territoriale) ai sensi degli artt. 55 - 56 L.R. 65/2014. La Provincia di Pistoia ha attivato il proprio Sistema Informativo Territoriale alla fine degli anni '90. Da allora si è avviato un percorso progettuale che per fasi progressive si è sviluppato coinvolgendo l’intero territorio Provinciale. Nato essenzialmente per il supporto alla Pianificazione Territoriale Provinciale, sono state realizzate successivamente attività di supporto ai Comuni in modo da costituire un livello base di Sistema Integrato per la costituzione di un patrimonio informativo geografico omogeneo e condiviso.

Le attività del SIT Provinciale riguardano principalmente:

• la realizzazione, l’aggiornamento e la gestione delle banche dati geografiche costituenti la base Informativa Geografica Regionale;

• la diffusione dei dati geografici in forma regolamentata con garanzie di accesso da parte di tutti i soggetti interessati in forma libera e gratuita;

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• attività di supporto ai Comuni attraverso il trasferimento di applicazioni, conoscenze, esperienze ed informazioni.

Le componenti fondamentali della base Informativa Geografica Regionale sono: • le basi informative topografiche, geologiche, le ortofotocarte, le riprese aeree e satellitari, le cartografie storiche;

• le basi informative tematiche sullo stato delle risorse essenziali del territorio;

• le basi informative sullo stato di fatto e di diritto risultante dagli strumenti della pianificazione e dagli atti di governo del territorio.

I criteri fondamentali per la gestione del Sistema Informativo Territoriale integrato:

. Creazione e gestione delle banche dati geografiche mediante l’uso di applicativi GIS Opensource (sistemi FOSS - Free Open Source Software - e GFOSS - Geographic Free and Open Source Software) attraverso i quali la Provincia sta operando la revisione della propria infrastruttura geografica visti gli obblighi, per le Pubbliche Amministrazioni, di adottare formati aperti ed usare software Opensource

. Diffusione delle banche dati geografiche attraverso un Geoportale Opensource (con Web Map Service e Web Feature Service)

. Documentazione dei dati geografici in linea con le specifiche della Direttiva INSPIRE (Direttiva 2007/2/CE del 14 marzo 2007, ha istituito INSPIRE (acronimo di INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe), recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32)

. Visualizzazione e scarico degli OPEN DATA con Licenze Creative Commons CC BY (licenza che permette a terzi di distribuire, modificare, ottimizzare ed utilizzare la tua opera come base, anche commercialmente, fino a che ti diano il credito per la creazione originale. Questa è la più accomodante delle licenze offerte. É raccomandata per la diffusione e l'uso massimo di materiali coperti da licenza) e CC BY-SA (licenza che permette a terzi di modificare, ottimizzare ed utilizzare la tua opera come base, anche commercialmente, fino a che ti diano il credito per la creazione originale e autorizza le loro nuove creazioni con i medesimi termini. Questa licenza è spesso comparata con le licenze usate dai software opensource e gratuite "copyleft". Tutte le opere basate sulla tua porteranno la stessa licenza, quindi tutte le derivate permetteranno anche un uso commerciale)

. Infrastruttura tecnologica all’avanguardia per permettere: - servizi di ricerca; - servizi di consultazione; - servizi di scaricamento. . I processi di rinnovamento e adeguamento tecnologico si completeranno entro il 2019.

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5. La pianificazione della Provincia di Pistoia Lo strumento della pianificazione territoriale della Provincia di Pistoia originario è stato adottato con D.C.P. n. 36 del 12 marzo 2002, ed è stato approvato con D.C.P. n. 317 del 19 dicembre 2002, redatto ai sensi della L.R. 16 gennaio 1995, n. 5. Negli anni 2008 – 2009 il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.) è stato oggetto di una variante generale, adottata con D.C.P. n. 433 del 18 dicembre 2008 e approvata con D.C.P. n. 123 del 21 aprile 2009, illustrata di seguito.

5.1 La Variante generale del P.T.C. del 2009

La Variante generale del P.T.C. approvata nel 2009 ha aggiornato il piano originario con particolare riguardo all’ecoefficienza e la sostenibilità ambientale, come condizioni primarie sia per garantire le prospettive future delle attività economiche, che per assicurare un alto livello di qualità della vita. La predisposizione del progetto di variante del P.T.C. è avvenuta in collaborazione con la Regione Toscana per la definizione della disciplina paesaggistica prevista dal “Codice Urbani”, ed in collaborazione con i Comuni per l’elaborazione e la successiva valutazione dei piani comunali e degli strumenti urbanistici comunali. La variante generale del P.T.C. ai sensi della LR 1/2005 ha definito i criteri per l’utilizzazione delle risorse essenziali ed i livelli minimi prestazionali e di qualità con riferimento a ciascuno dei sistemi territoriali e funzionali individuati ed ha specificato gli indirizzi e le azioni che hanno delineano la strategia dello sviluppo territoriale. Per il processo di Valutazione integrata è stata altresì attivata una collaborazione con il Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio dell’Università di Firenze. La 1° Variante generale del P.T.C. ha attuato la riorganizzazione delle funzioni territoriali dei singoli ambiti insediativi; l'individuazione e valorizzazione del sistema ambientale come perno dello sviluppo sostenibile al quale sono relazionate le infrastrutture per la mobilità e le azioni per lo sviluppo economico che privilegiano il consolidamento delle vocazioni tradizionali in quanto costituiscono anche la base dell’identità territoriale. In questo contesto vanno lette le azioni per la valorizzazione delle risorse territoriali, la salvaguardia del sistema idrografico, la difesa del suolo e degli acquiferi, la costruzione di una rete di connessione ecologica fra i sottosistemi territoriali di paesaggio, la tutela dei varchi fra l’edificato e la funzionalizzazione dei borghi storici. Il progetto di P.T.C. si origina dal quadro conoscitivo, sono stati confermati gli obiettivi delle precedenti versioni del Piano Territoriale di Coordinamento, al fine di evitare che i Piani Strutturali già adottati e approvati non fossero più coerenti con il P.T.C.. Sono state individuate le scelte fondamentali per la Città e gli Insediamenti, il Territorio Rurale e le Infrastrutture, ed inoltre individuati, ad integrazione dei Sistemi Territoriali Locali della Montagna Pistoiese, Pianura Pistoiese e Valdinievole, i sistemi funzionali che si integrano e si sovrappongono ad essi. Perno centrale è il Sistema Funzionale dei valori paesaggistico ambientali, a cui si aggiungono il Sistema delle Risorse Turistiche e della Mobilità Ecoturistica, il Sistema Funzionale del Florovivaismo, il Sistema Funzionale delle Aree Produttive ed il Sistema Funzionale dei Servizi. Costituiscono obiettivi generali della 1° Variante generale del P.T.C.: . la tutela delle risorse naturali del territorio, ed in particolare la difesa del suolo sia da rischi comuni che da situazioni di fragilità idraulica e geomorfologica; . la tutela e la valorizzazione delle città e degli insediamenti di antica formazione e la riqualificazione degli insediamenti consolidati e di recente formazione; . il miglioramento dell’accessibilità al sistema insediativo e della mobilità in generale attraverso il potenziamento delle infrastrutture e l’integrazione delle diverse modalità di trasporto; . la razionalizzazione delle reti e dei servizi tecnologici e delle infrastrutture di interesse

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Provinciale;

Gli Obiettivi derivanti dalle invarianti dello Statuto del Territorio del Piano di Indirizzo Territoriale Regionale che vanno ad aggiungersi ai precedenti sono: . la salvaguardia del sistema policentrico degli insediamenti; . il consolidamento e lo sviluppo delle attività economiche della Provincia intese come patrimonio territoriale nonchè economico sociale e culturale; . la tutela del “patrimonio collinare” inteso come recupero la valorizzazione del paesaggio, dell’ambiente e del territorio rurale, come risorse produttive ed essenziale presidio ambientale; . la tutela dei beni paesaggistici di interesse unitario regionale di cui al P.I.T..

Gli obiettivi generali trovano una loro specifica attuazione a livello dei sistemi territoriali locali formalizzati dal P.T.C. sulla base della consolidata articolazione del territorio Provinciale e che trova pieno riscontro nei documenti di programmazione, nel Piano d’Indirizzo Territoriale della Regione Toscana (P.I.T.) e che vede la Provincia suddivisa nei tre sistemi territoriali locali. Il quadro conoscitivo del P.T.C. concorre alla determinazione dello Statuto del territorio Provinciale. Lo Statuto del territorio o statuto dei luoghi del P.T.C. comprende: . l’individuazione dei sistemi territoriali locali; . l’individuazione dei sistemi funzionali; . le invarianti indicati per i sistemi territoriali locali; Lo Statuto contiene pertanto tutte le invarianti strutturali del P.T.C., ovvero gli elementi cardine dell’identità dei luoghi e i principi condivisi, rappresentativi di valori non negoziabili relativi alle risorse territoriali. L’insieme delle invarianti, dei sistemi territoriali e funzionali, dei criteri per l’utilizzazione delle risorse essenziali, costituiscono lo Statuto del Territorio. Per quanto riguarda la disciplina delle risorse del territorio, la Disciplina di Piano ha trattato un insieme di articoli raggruppati che riguardano: le risorse naturali quali acqua, aria e suolo, ecosistema della fauna e della flora, le risorse ambientali come il paesaggio e i suoi sottosistemi o elementi che lo caratterizzano, le aree di rilevanza ecologica, le aree naturali e protette. In riferimento alla Risorsa paesaggio il piano ha articolato il territorio Provinciale in Sottosistemi territoriali di paesaggio, configurati come elementi territoriali complessi individuati per morfologia, forme d’uso del suolo e caratteri del paesaggio sulla base del P.I.T. I sottosistemi territoriali di paesaggio individuati costituiscono integrazione di dettaglio degli ambiti di paesaggio del P.I.T. I Sottosistemi territoriali di paesaggio sono distinti in sottosistemi territoriali di paesaggio della montagna, della collina e della pianura e sono articolati in rapporto ai sistemi territoriali. Tutte le risorse del territorio Provinciale sono state considerate sia negli aspetti di qualità intrinseca e/o loro fragilità, sia nelle reciproche interazioni, come “ insieme di oggetti” o meglio come ambiti o “contesti” da conservare,recuperare, utilizzare e valorizzare. La pianificazione territoriale è intesa realizzata attraverso una valutazione sullo stato delle risorse, le pressioni antropiche esercitate sulle stesse, nonché le politiche/interventi di controllo, tutela e risanamento in atto, con particolare riferimento agli elementi di criticità individuati. Per quanto attiene le fragilità del territorio, da un punto di vista idraulico e geomorfologico, con la redazione e l’approvazione dei piani stralcio di assetto idrogeologico dei Piani di bacino (Arno, Serchio, Reno e Po) il P.T.C. è stato adeguato alle classi e relativi ambiti di pericolosità, nonché alle discipline dei P.A.I., in quanto per legge essi sono sovra-ordinati ad ogni altro strumento di pianificazione territoriale. Da un punto di vista di vulnerabilità all’inquinamento delle acque sotterranee è stata realizzata con la Tav. P08 “Fragilità degli acquiferi”, sulla base del quadro conoscitivo del 2002, dove è stata rappresentata arealmente la distribuzione della vulnerabilità stessa, elaborata con il metodo "per complessi e situazioni idrogeologiche" (CIS) o "naturale”. Infine, è stata realizzata una cartografia della Fragilità Sismica che ha definito le aree che sono verosimilmente soggette alle sollecitazioni sismiche ed è la base di futuri studi di macro e microzonazione sismica. Il P.T.C., al fine di valorizzare le risorse locali, assume il Sistema Territoriale Locale come riferimento

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fondativo del Piano. Si distingue: . Sistema Territoriale Locale Montano costituito dai comuni di Abetone, Cutigliano, Marliana, Piteglio, Sambuca Pistoiese, S. Marcello Pistoiese; . Sistema Territoriale Locale Pistoiese costituito dai comuni di Agliana, Montale, Quarrata, Serravalle Pistoiese, Pistoia; . Sistema Territoriale Locale Valdinievole costituito dai comuni di Buggiano, Chiesina Uzzanese, Lamporecchio, Larciano, Massa e Cozzile, Monsummano Terme, , , Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Uzzano.

Per ciascuno dei Sistemi Territoriali Locali il P.T.C. specifica gli obiettivi e le invarianti strutturali, in riferimento alle seguenti tipologie di risorse: . le città e gli insediamenti; . il territorio rurale; . la rete delle infrastrutture per la mobilità.

Il P.T.C. promuove la formazione coordinata degli strumenti della pianificazione territoriale, incentivando la pianificazione sovracomunale. Al fine di favorire le interconnessioni fra i diversi sistemi territoriali ed in rapporto a specifici obiettivi di organizzazione delle funzioni, delle relazioni e della mobilità di persone, merci, servizi e informazioni sul territorio, il P.T.C. individua i seguenti sistemi funzionali: . Sistema funzionale dei valori paesaggistico ambientali . Sistema funzionale delle risorse turistiche e della mobilità ecoturistica . Sistema funzionale del florovivaismo . Sistema funzionale delle aree produttive . Sistema funzionale dei servizi I Sistemi funzionali integrano i sistemi territoriali, assumendone le regole e specificandole in relazione agli obiettivi da perseguire, al fine di favorire le interconnessioni fra i diversi Sistemi Territoriali ed in

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rapporto a specifici obiettivi. La Variante generale del P.T.C. introduce il concetto di perequazione territoriale per compensare gli effetti provocati dalle scelte di pianificazione di area vasta, cioè la diversa distribuzione dei costi e dei benefici prodotti a livello sovracomunale da una determinata scelta urbanistica, e individua i principi per lo sviluppo sostenibile del territorio. Su quest’ultimo aspetto si persegue una qualità insediativa ed edilizia che garantisca la riduzione dei consumi energetici, la salvaguardia dell’ambiente naturale, il ricorso alle tecniche dell’edilizia sostenibile. Per quanto riguarda la costruzione dell’Atlante del paesaggio facente parte dei documenti del piano, il lavoro è stato svolto in stretta collaborazione con la Regione Toscana, consentendo una puntuale e coerente applicazione del Codice del Paesaggio nel territorio Provinciale, in una logica di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici e di costruzione di nuovi e buoni paesaggi dove necessario. Sono stati fatti sopralluoghi sul territorio Provinciale con rilievi fotografici alla luce anche di un confronto con le foto storiche delle stesse zone ed sono stati allestiti gli elaborati dell’Atlante suddiviso per le tre zone: montagna, pianura e Valdinievole, che diventano così elementi costituenti il quadro conoscitivo del nuovo P.T.C., al fine della elaborazione di aspetti progettuali relativi al paesaggio.

Tavola P12 - I Sistemi funzionali. Il Sistema del florovivaismo

6. Finalità della Variante al P.T.C. e aspetti procedurali

La presente Variante generale di adeguamento e aggiornamento del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Pistoia viene effettuata al fine di adeguarlo al mutato quadro legislativo, e aggiornarlo con le documentazioni prodotte dall'Area di coordinamento per la governance territoriale di area vasta. La Variante di adeguamento e aggiornamento del P.T.C. è effettuata in particolare per adeguare il piano a seguito dei seguenti atti: a) La L.R. 10 novembre 2014, n° 65 "Norme sul governo del territorio" e ss.mm.ii, e il P.I.T. con

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valenza di piano paesaggistico approvato con D.C.R. n. 37 del 27 marzo 2015, il cui adeguamento comporta l'intera revisione del piano nell'ottica della nuova concezione del governo del territorio regionale; b) La Delibera di G.R. n° 166 del 03.03.2014, con la quale è stato approvato il regolamento di attuazione della LR n. 41 del 23 luglio 2012 “Disposizioni per il sostegno dell'attività vivaistica e per la qualificazione e valorizzazione del sistema del verde urbano”, che prevede per i P.T.C. l'individuazione delle nuove aree vocate e la definizione di criteri insediativi secondo quanto disposto dagli art. 1 e 4 del regolamento stesso; c) Con Delibera di G.R. n. 73 del 3.2.2014 è stato approvato il regolamento per la gestione dei bacini idrotermali ai sensi della L.R. 38/2004, e con la stessa si affida ai P.T.C. la definizione della normativa d'attuazione in base a quanto definito dalla richiamata delibera; d) I piani di settore Provinciali redatti e l'opportunità di adeguare ai nuovi contenuti della normativa di settore dei piani stessi nell'ambito del P.T.C., tra cui il Piano Provinciale delle Aree Sciistiche Attrezzate - Variante 2012, del quale si prevede delle modifiche di aggiornamento di non rilevante entità; e) Adeguare il P.T.C. alle nuove indicazioni della Regione Toscana per il contenimento dei consumi energetici, la riduzione delle emissioni inquinanti, e quanto altro relativo al clima, energia, biodiversità contenute nel PAER, il Piano Ambientale ed Energetico Regionale, approvato con D.C.R. n. 10 del 11 febbraio 2015. f) Adeguamento del P.T.C. alle nuove norme sulle cave relative alla L.R. n. 35 del 25.3.2015 “disposizioni in materia di cave” che annulla la precedente normativa che prevedeva la redazione del PAERP Provinciale quale momento intermedio tra la pianificazione regionale (PRAER) e la azione approvativi dei comuni. g) Adeguamento del P.T.C. al D.P.G.R.T. 53/R/2011 relativamente agli aspetti sismici; h) Adeguamento del P.T.C. nei confronti della introduzione dei Piani di Gestione delle Acque (P.G.A.) e Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (P.G.R.A.) di cui alle Delibere del Comitato Istituzionale del 17 dicembre 2015 riferite al Distretto Appennino Settentrionale (Autorità di Bacino del F. Arno - Autorità di Bacino Regionale del F. Reno) e del Bacino Pilota del F. Serchio i) Adeguamento del P.T.C. sulla scorta delle evoluzioni di analisi territoriale prodotte da Enti sovraordinati e comunali relativamente alla caratterizzazione geomorfologia e di pericolosità del territorio (carte CARG Regione Toscana, PAI, AdB) ed alla pericolosità idraulica (analisi idraulica da P.S. comunali); j) Adeguamento del P.T.C. ai materiali elaborati dal Servizio competente relativamente alla Struttura Agraria, che consentono una più definita elaborazione cartografica e normativa rispetto al vigente P.T.C.; k) Vari materiali conoscitivi elaborati dal Servizio competente, che comportano l’aggiornamento del P.T.C..

Aspetti procedurali

Dal punto di vista procedurale, la presente variante segue i disposti della L.R. 65/2014, del P.I.T. con valenza di Piano Paesaggistico, con L'Accordo sottoscritto tra Regione Toscana e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (denominato in seguito Accordo) per lo svolgimento della conferenza paesaggistica nelle procedure di conformazione o di adeguamento degli strumenti della pianificazione.

Per quanto attiene la fase di avvio del procedimento, la variante al P.T.C., come verrà specificato di seguito, è stata avviata ai sensi della precedente legge regionale sul governo del territorio, la L.R. 1/2005. Successivamente l'atto di avvio del procedimento è stato integrato e riapprovato ai sensi dell'art. 17 della L.R. 65/2014.

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La procedura dell'adozione della variante di adeguamento e aggiornamento del P.T.C. da parte della Provincia avviene con Delibera di Consiglio Provinciale. La Provincia tempestivamente comunica alla Regione Toscana, ai Comuni appartenenti alla Provincia di Pistoia, ai comuni e alle province limitrofe il decreto di adozione, trasmettendo i relativi elaborati. Ai sensi dell'art. 20 comma 2 la Provincia procede al deposito e alla pubblicazione della Variante al P.T.C. solo dopo aver comunicato alla Regione e ai comuni interessati l'avvenuta adozione. Il provvedimento adottato è depositato presso i competenti uffici della Provincia, Servizio Pianificazione Territoriale, e pubblicato sul sito internet dell'ente, www.Provincia.pistoia.it, unitamente agli elaborati di piano, per 60 giorni dalla data di pubblicazione del relativo avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana (BURT). Entro tale termine chi è interessato può prenderne visione e presentare osservazioni.

Terminata la fase delle osservazioni, dopo aver effettuato le controdeduzioni alle osservazioni pervenute, tramite la convocazione dell'Assemblea dei Sindaci e la relativa deliberazione, l'atto non ancora approvato con la relativa documentazione viene trasmesso alla Regione Toscana e al MIBACT. Entro 15 giorni dal ricevimento del provvedimento di approvazione, la Regione Toscana convoca la prima seduta della Conferenza Paesaggistica. La presente variante ai sensi dell'art. 4 dell'Accordo rientra al comma 2, seguendo la procedura di conformazione di cui all'art. 20 comma 1 della Disciplina di Piano del P.I.T., che prevede: . il perseguimento degli obiettivi del P.I.T.; . l'applicazione degli indirizzi per le politiche e delle direttive; . il rispetto delle prescrizioni e delle prescrizioni d'uso. Nell'ambito della procedura di conformazione verrà prodotta idonea documentazione a dimostrazione della conformazione al P.I.T. della presente Variante di adeguamento e aggiornamento del P.T.C.. La Provincia provvede ad approvare la variante di piano, attraverso il Consiglio Provinciale. L'atto approvato viene trasmesso a Regione Toscana e al MIBACT, ed entro 15 giorni la Regione Toscana convoca la seduta conclusiva. Dalla prima seduta della conferenza paesaggistica alla seduta conclusiva devono trascorrere 60 giorni.

In riferimento alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica, la presente variante rientra in quanto previsto al comma 2 dell'art. 14 della L.R. 65/2014, che prevede: "Per evitare duplicazioni procedurali, non è necessaria la verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 12 del D. Lgs. 152/2006 , né la VAS per le varianti agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica che costituiscono adeguamento a piani sovraordinati che aumentano le tutele ambientali e già assoggettati a VAS".

Per quanto sopra la presente variante non è soggetta a Valutazione Ambientale Strategica. Quanto riportato dalla L.R. 65/2014 è avvalorato dal fatto che il P.T.C. ha carattere sovracomunale, il piano Provinciale si conforma al P.I.T. e gli obiettivi da esso perseguiti aumentano le tutele ambientali. L'avvio del procedimento del 2014 redatto ai sensi della L.R. 1/2005 ha previsto la trasmissione del Documento Preliminare della VAS con nota Prot. n. 75663 del 03/07/2014 ai soggetti competenti in materia ambientale.

7. Il progetto della Variante di Piano del P.T.C.

7.1 L'Avvio del procedimento del 2014

Con Deliberazione di Giunta Provinciale n° 99 del 29.05.2014 è stato deliberato l’Avvio del procedimento della Variante Generale di adeguamento e aggiornamento del P.T.C. ai sensi dell’art.

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15 della LR 1/2005, per adeguare il piano al mutato quadro normativo regionale ed alla attività svolta dal Servizio. Con nota Prot. 75663 del 03.07.2014 è stato trasmesso agli enti competenti in materia ambientale il Documento Preliminare della Valutazione Ambientale Strategica ai sensi dell’art. 23 della LR 10/201. Nella fase di avvio del procedimento sono pervenuti i seguenti pareri e contributi:

N° DATA PROT. N° MITTENTE OGGETTO

1 17/06/2014 68185 Autorità di Bacino del Trasmissione di contributo Fiume Arno 2 17/07/2014 81639 Dipartimento ARPAT di Trasmissione di contributo in materia di VAS Pistoia 3 28/07/2014 84738 Autorità di Bacino del Trasmissione di contributo Fiume Arno 4 29/07/2014 85649 Soprintendenza per i Trasmissione di contributo Beni Archeologici della Toscana - Firenze 5 30/07/2014 86522 Autorità di Bacino pilota Trasmissione di contributo del Fiume Serchio 6 12/08/2014 93527 Autorità di Bacino del Trasmissione di contributo Reno 7 02/09/2014 97956 Acque Spa - Pisa Trasmissione di contributo

8 02/09/2014 97978 Gaia - Servizi idrici Trasmissione di contributo: parere positivo

9 05/09/2014 99696 di Quarrata Trasmissione di contributo 10 09/09/2014 101203 Comune di Montale Trasmissione di contributo 11 10/09/2014 102102 Corpo Forestale dello Trasmissione di contributo Stato Contributi arrivati dopo la data di scadenza del 10 settembre 2014 12 11/09/2014 102162 Regione Toscana Trasmissione di contributo 13 11/09/2014 102171 Acque Toscane Spa Trasmissione di contributo in materia di VAS 14 25/09/2014 107703 Publiacqua Parere favorevole + contributo 15 28/10/2014 124150 Comune Pistoia Trasmissione di contributo 16 14/07/2015 81941 Collegio interProvinciale Trasmissione di contributo in materia di degli Agrotecnici attività vivaistica Laureati

1. Autorità di Bacino del Fiume Arno (Sito di riferimento: www.adbarno.it) . Adeguare il P.T.C. al Piano di Bacino: “Qualità delle acque del fiume Arno”(approvato con DPCM 31 marzo 1999); “Attività estrattive del fiume Arno” (approvato con DPCM 31 marzo 1999); “Riduzione del riscio idraulico” (approvato con DPCM 5 novembre 1999) e modificato con DPCM 04/07/2008) . Per lo sfruttamento della risorsa idrica, tenere presenti le misure di salvaguardia dello Stralcio “Bilancio Idrico” (adottato con Del di Comitato Istituzionale n.204 del 2008), prorogate fino al 18/07/2015. . Rispettare le perimetrazioni delle aree a pericolosità e le condizioni d'uso del territorio previste dallo stralcio “Assetto idrogeologico” (PAI-DPCM 6 maggio 2005).

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2. Dipartimento ARPAT di Pistoia (Sito di riferimento: www.arpat.toscana.it) . Trasmissione di contributo in materia di VAS: Si richiede che venga sviluppata una parte descrittiva delle misure previste per il monitoraggio ed il controllo degli impianti ambientali significativi, derivanti dall'attuazione degli obiettivi del piano, definendo in particolare la modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare. 3. Soprintendenza dei Beni Archeologici (Sito di riferimento: www.mbac.it) . Riferimento alla carta archeologica della Provincia di Pistoia-FI 2010, tutt'ora valida, nella quale sono elencate comune per comune, le aree vincolate e non, compresi i beni di epoca medievale, insieme ad una classificazione che le inquadra in 4 categorie(A,B,C,D) con le relative norme d'uso. . Riferimento alle osservazioni già inviate alla Provincia per il Piano Provinciale delle Aree sciistiche attrezzate, che, insieme a quelle della Soprintendenza dei Beni Archeologici dell'Emilia Romagna, debbono essere integrate e recepite nella variante proposta. 4. Autorità di Bacino del Fiume Serchio (Sito di riferimento: www.autorita.bacinoserchio.it) . Riferimento al “Piano di Bacino, Stralcio Assetto Idrogeologico del fiume Serchio, 1° aggiornamento”, che costituisce variante generale al PAI approvato nel 2005. . Riferimento al “Piano di Gestione delle acque del Distretto Idrografico Pilota del fiume Serchio”, approvato l'8 febbraio 2013. . Trasmissione di contributo in materia di VAS: Richiesta di inserimento del riferimento al PAI del fiume Serchio, e al Piano di Gestione delle acque del Distretto Idrografico Pilota del fiume Serchio; Viene rilevata la necessità di condurre le necessarie verifiche di coerenza nei confronti degli strumenti di pianificazione di bacino sopracitati, riguardo l'adeguamento del P.T.C. al mutato quadro programmatico e normativo indicato nell'avvio del procedimento, in quanto costituisce un riferimento per la difesa del suolo e per la tutela qualitativa e quantitativa delle acque. Viene rilevata la necessità di tener debitamente conto delle fragilità e dei condizionamenti dei piani sopracitati con particolare riferimento alla salvaguardia dei corpi idrici superficiali e sotterranei e delle aree di elevato interesse ambientale e naturalistico, segnalando anche le Misure Supplementari n.1,4,9 del piano di Gestione. Richiesta che sia specificato che le eventuali trasformazioni previste nelle aree classificate a pericolosità geomorfologica e/o idraulica elevata e molto elevata dal PAI del fiume Serchio, non potranno essere attuate se in contrasto con le indicazioni del medesimo PAI. 5. Autorità di Bacino del Fiume Reno - (Sito di riferimento: ww.ambiente.regione.emilia- romagna.it/suolo-bacino/sezioni/pianificazione/autorita-bacino-reno/psai) . Riferimento al “Piano Stralcio di Bacino per l' Assetto Idrogeologico del fiume Reno (PSAI), approvato nell'aprile 2003, si richiede che la Tavola QC3 (carta geomorfologica) venga aggiornata riportando i limiti di competenza amministrativa delle varie Autorità di Bacino presenti sul territorio della Provincia di Pistoia. Trasmissione di contributo in materia di VAS: . Richiesta di integrazione del Doc. Prelim.VAS prevedendo al capitolo 3.1 anche la coerenza con il PSAI. 6. ACQUE S.p.A. (Sito di riferimento: www.acque.net) . Riferimento al “Piano Ambientale ed Energetico Regionale (PAER), in particolare nell' Allegato A “Piano degli Interventi Strategici Regionali per la gestione della Risorsa Idrica” contenuto nel PAER D.2 Allegato 1, Programma degli Interventi Strategici Regionali. . Acque S.p.A. mette a disposizione i risultati delle analisi degli strumenti urbanistici e degli sviluppi previsti nel territorio di competenza, contenuti nel documento allegato

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denominato “Analisi strumenti urbanistici e svilpuppi previsti nel territorio gestito da Acque spa”.

7. GAIA Servizi Idrici (Sito di riferimento: www.gaia-spa.it) . Esprimono parere positivo sui contenuti dell'avvio proposto, evidenziando che siano chiesti nuovi pareri e contributi tecnici alla società sui futuri sviluppi del P.T.C..

8. Comune di Quarrata (Sito di riferimento: www.comune.quarrata.pt.it) . Vivaismo: si ritiene utile che venga fatta una ricognizione delle aree vocate al vivaismo con la relativa disciplina omogenea; . Ambiti e sottosistemi territoriali di paesaggio: richiesta di revisione dei criteri di articolazione degli stessi fondata sulle fasce altimetriche; . fra gli aggiornamenti del quadro conoscitivo si ritiene fondamentale una sistematica e coordinata verifica dei vincoli sovraordinati.

9. Comune di Montale - (Sito di riferimento: www.comune.montale.pt.it) . attività vivaistica: si ritiene utile che venga fatta una ricognizione delle aree vocate al vivaismo in quanto il Comune di Montale è interessato da consistenti estensioni di coltivazioni vivaistiche, ma non è compreso fra le aree vivaistiche individuate nelle Tavv.P03 e P10a del P.T.C.. Si richiede quindi che venga fatta una ricognizione di tali aree e che il lavoro sia preceduto da una preliminare discussione dei criteri di individuazione e, insieme ad esse, la relativa disciplina omogenea. . Mobilità ciclistica, vengono evidenziate alcune proposte già riportate nelle tavole del PS, e che chiedono vengano inserite anche nel piano Provinciale della mobilità ciclistica: - l'esigenza di realizzare nel territorio del comune di Montale, nelle vallate dell'Agna e del Limentre, il principale collegamento transappenninico fra la Toscana e l'Emilia, in coerenza con le indicazioni contenute nello stesso PRIIM, proposta già contenuta nel PS. - la possibilità di attrezzare ed utilizzare lo scalo ferroviario di Montale stazione come uno dei nodi di interscambio nodale sull'asse Firenze-Prato-Pistoia; - la conseguente necessità di individuare un agevole percorso di collegamento ciclabile fra la stazione, il capoluogo e l'itinerario transappenninico, considerando che il progetto preliminare del tracciato “Stazione-Montale capoluogo” insieme alla realizzazione di ciclostazioni, è stato approvato con DGC n.133 del 05.08.2014 . Piano InterProvinciale per la gestione dei rifiuti delle Province di Firenze, Prato, Pistoia: viene fatto presente che a seguito dell'approvazione del Piano (DCP n.281 del 17.12.2012) si presenta la necessità di aggiornare il quadro conoscitivo, considerando la possibilità di superare l'idea progettuale dell'impianto inceneritore previsto a Montale; . Ambiti e sottosistemi territoriali di paesaggio: si ricordano le problematiche emerse in fase di redazione della variante al PS di Montale in relazione a tale argomento e si invita pertanto ad un'attenta valutazione nella individuazione degli ambiti pedecollinari, collinari e montani; . Altri piani di settore: si fa presente che il PS di Montale è già stato adeguato alla LR 11/11 in materia di impianti fotovoltaici; . Struttura agraria: per l'aggiornamento della carta del P.T.C., il Comune di Montale fa presente che il PS è stato aggiornato sulla base della carta dell'uso del suolo della Regione Toscana 2010; . Si ritiene sia fondamentale una sistematica e coordinata verifica dei vincoli sovraordinati in particolare relativamente ai contenuti del piano paesaggistico.

10. Corpo Forestale dello Stato - (Sito di riferimento:www.corpoforestale.it) . Vengono riportate nel contributo le quattro Riserve Naturali Statali che l'Ufficio Territoriale

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per la Biodiversità di Pistoia gestisce nell'ambito Provinciale: 1. Riserva Naturale Statale di Abetone, Riserva Naturale Biogenetica che coincide con la SIR n°30 e la ZPS n°IT5130003; 2. Riserva Naturale Statale di Campolino, Riserva Naturale Orientata e Biogenetica che coincide con la SIR n°29 e, senza perfetta coincidenza dei confini con la ZPS n°IT5130002; Entrambe le Riserve appartengono anche alla SIC "Alta Valle del Sestaione", che coincide con la SIR n°28. 3. Riserva Naturale Statale di Pian degli Ontani, Area Naturale Protetta e Riserva Naturale Biogenetica che coincide con la SIR n°31e, senza perfetta coincidenza dei confini con la ZPS n°IT5130004 ; 4. Riserva Naturale Statale di Acquerino, Area Naturale Protetta e Riserva Naturale Biogenetica che coincide con la SIR n°138, completamente inserita all'interno della SIC "Tre Limentre Reno". L'Ufficio mette a disposizione la documentazione cartografica di cui è in possesso, ai fini della verifica dei confini delle Riserve. Documento Preliminare VAS: . viene rilevato che a pag.23 non viene citata la SIC "Tre Limentre-Reno"; . al punto 2.3 si evidenzia che alcune delle piste ciclabili e le ippovie citate nell'ambito della mobilità lenta interessano aree ricadenti nelle Riserve gestite dall'ufficio scrivente e pertanto si auspica che la definizione dei tracciati definitivi, venga condivisa il più possibile ai fini del superamento di alcune criticità già precedentemente evidenziate; . Piani di settore: per quanto riguarda il Piano delle Aree sciistiche Attrezzate (variante 2012) ed il Piano Faunistico Venatorio Provinciale, erano state presentate dall'ufficio scrivente negli anni passati, diverse osservazioni che non sono state accolte, e che evidenziavano problematiche tutt'ora irrisolte. Pertanto per tali piani di settore, si rimanda ai contenuti delle note n°953 del 2009 (var P.T.C.), n°3398 del 2013 (Piano Faunistico Venatorio) e n°1292 del 2013 (Piano Aree Sciistiche Attrezzate).

11. Regione Toscana - (Sito di riferimento:www.regione.toscana.it ) Contributi tecnici dei Settori Regionali. 1. Settore Disciplina, politiche e incentivi del commercio ed attività terziarie: . risulta da aggiornare la tavola QC12 realtiva al Piano dei Rifiuti, a seguito della redazione del piano interProvinciale fra Prato-Pistoia e Firenze, approvato con DCP n°281 del 17/12/2012. 2. Settore Forestazione, promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente: . nel "Piano Regionale Integrato Infrastrutture e Mobilità -PRIM" sono da realizzare 3 interventi su strade regionali: . Variante alla SRT436 Francesca e la SP26 Camporcioni - 3° lotto nei Comuni di Montecatini Terme e Massa e Cozzile; . Sistemazione dell'intersezione tra la SRT435 Lucchese e la SP26 della Nievole nel Comune di Serravalle; . Riorganizzazione del sistema viario relativo alla SP25 San Rocco -SRT 436 Francesca nel Comune di Larciano. . Viene segnalato inoltre quanto inserito nel protocollo di intesa fra Regione Toscana, Provincia di Pistoia ed i Comuni di Pieve a Nievole, Montecatini Terme e Monsummano Terme, relativi agli interventi sull'autostrada A11 (come da documento allegato). Infine si chiede di verificare gli interventi cofinanziati dalla Regione Toscana per la sicurezza stradale sul territorio di Pistoia. 3. Settore Produzioni agricole e vegetali: niente da segnalare. 4. Settore Viabilità di interesse regionale:niente da segnalare. 5. Settore Rifiuti e bonifiche dei siti inquinati: viene inviato l'elenco delle concessioni di acque

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minerali e/o termali presenti nella Provincia di Pistoia, con particolare riferimento alle due concessioni di acqua termale poste nei Comuni di Montecatini Terme e Monsummano Terme, entrambe oggetto di un recente provvedimento approvato con DGR n°73 del 03.02.2014, del quale si raccomanda la verifica del recepimento delle misure disposte da tale delibera, nonchè l'accertamento dell'esistenza delle falde di acqua minerale, che risultano ad oggi ancora in attività.

12. Acque Toscane - (Sito di riferimento: www.acquetoscane.it) Gestore dei servizi idrici dei Comuni di Montecatini terme e Ponte Buggianese. . Viene allegata alla nota scritta, una planimetria che riporta le aree in cui sono localizzate sorgenti e pozzi per il prelievo di acque destinate al consumo umano, per i quali non sono stati rilevati problemi dal punto di vista qualitativo, ma è stata invece segnalata una significativa riduzione della disponibilità della risorsa idrica nel periodo estivo-autunnale. Si auspica pertanto che l'eventuale realizzazione di nuovi punti di prelievo (ad esempio legate all'attività vivaistica) non vadano a compromettere i prelievi indicati.

13. Publiacqua - (Sito di riferimento: www.publiacqua.it) . Viene espresso parere favorevole relativamente ai contenuti del Documento Preliminare VAS, a condizione che Publiacqua esprima il parere di competenza prima del rilascio di eventuali autorizzazioni necessarie per il rilascio di ogni tipo di concessione, così come approvato dall'assemblea dell'Aato n°3 Medio Valdarno (ora AIT) in data 29 luglio 2008 : "Linee guida per la regolamentazione dei rapporti fra il Servizio Idrico Integrato e gli interventi che comportano un maggior carico urbanistico".

14. Comune di Pistoia - (Sito di riferimento: www.comune.pistoia.it) 1. Aggiornamento del P.T.C. in attuazione della LR n°41/12 "Disposizioni a sostegno dell'attività vivaistica..." . Richiesta di esclusione nella tavola P03 di nuove aree vocate all'attività vivaistica rispetto a quelle già presenti nel P.T.C. vigente in quanto si andrebbero ad inserire aree collinari molto fragili da un punto di vista ambientale ed infrastrutturale nonchè danni irreparabili al paesaggio. Viene piuttosto richiesto che venga incentivata in tali aree la residua differenziazione colturale incentivando lo sviluppo delle attività agricole tradizionali, limitando l'area vocata al vivaismo alla sola area di pianura, così come è nel disegno attuale. . Rischio idraulico: si ritiene necessario che nel determinare i criteri insediativi delle nuove aree vocate siano predisposti interventi strutturali atti a mitigare il rischio idraulico, già aggravato dai numerosi impianti di vasetteria presenti, con prescrizioni mirate alla tutela del reticolo idrografico minore. Si ritiene importante condizionare l'estensione degli impianti di vasetteria alle garanzie ambientali certificate, nonchè al divieto di rialzamento del piano di campagna; . Salute pubblica: il Comune auspica che nella variante al P.T.C. vengano inserite prescrizioni mirate alla mitigazione di possibili effetti sulla salute dei cittadini in relazione all'uso di pesticidi e fitofarmaci, anche attraverso la promozione di "una certificazione ambientale di distretto", nonchè l'ìntroduzione di fasce di rispetto minime di 10 mt per gli insediamenti residenziali sparsi all'interno dell'area vocata all'attività vivaistica; . Infrastrutture e logistica: occorre ripensare i collegamenti del territorio Provinciale con prescrizioni specifiche sulla viabilità stradale esistente, in relazione alle recenti modifiche strutturali intervenute ed ai progetti dei singoli comuni, vedi "asse dei vivai". E' inoltre auspicabile l'individuazione di una o più aree dedicate alla logistica dell'attività vivaistica; . paesaggio: il Regolamento Urbanistico di PT contiene una norma che preveda l'uso di pareti verdi per gli annessi agricoli, anche con l'auspicio di attivare una sperimentazione

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tra le aziende riguardo l'architettura verde. Si evidenzia la necessità che anche nel P.T.C. vengano inserite norme che disciplinano gli annessi e le serre. 2. Adeguamento del P.T.C. in materia di mobilità dolce (ciclabile e pedonale) In relazione agli obiettivi della LR 27/12 sarebbe opportuno prevedere collegamenti intervallivi, utilizzando anche vecchi tracciati storici e prevedendo il riutilizzo delle stazioni dismesse, inoltre andrebbero inserite anche le ippovie con la possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente; 3. Aggiornamento della disciplina del P.T.C. per il territorio rurale Dovrebbero esser date anche particolari prescrizioni all'interno dei Piani di Miglioramento Agricolo Ambientale sui temi del non aggravio del rischio idraulico, sull'uso dei pesticidi e fitofarmaci, sullo stato di impermeabilizzazione dei suoli e le fasce di rispetto dalle abitazioni, tutti elementi oggetto del "miglioramento ambientale".

15. Collegio interProvinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati di PISTOIA-LIVORNO- LUCCA-MASSA-CARRARA-PISA (Sito di riferimento: www.agrotecnicipistoia.it) La nota pervenuta in realtà consiste in una serie di richieste specifiche e puntuali sull'argomento del vivaismo, tra l'altro per alcuni aspetti, non di competenza del P.T.C., e difficilmente riassumibili. Pertanto riportiamo qui di seguito il testo integrale pervenuto: . SERRE: La L.R. 65/2014 all’art. 70 afferma che “costituisce attività edilizia libera, soggetta a comunicazione, l’installazione per lo svolgimento dell’attività agricola di manufatti aziendali temporanei realizzati con strutture in materiale leggero e semplicemente ancorati a terra senza opere murarie per un periodo non superiore a due anni, comprese le serre aventi le suddette caratteristiche. La comunicazione è accompagnata dall’impegno alla rimozione dei manufatti entro la scadenza del biennio.” e ancora che “costituisce: a) attività edilizia soggetta a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ai sensi dell’articolo 135, l’installazione di serre e di altri manufatti aventi le caratteristiche di cui al comma 1 per un periodo superiore a due anni; b) attività edilizia soggetta a permesso di costruire ai sensi dell’articolo 134, l’installazione di qualsiasi manufatto non temporaneo, comprese le serre fisse, necessario alla conduzione aziendale, che necessiti di interventi di trasformazione permanenti sul suolo. Tali manufatti per le fattispecie individuate dal regolamento di cui al presente capo non sono soggetti al programma aziendale.” Sarebbe opportuno, che all’interno del P.T.C., venisse specificato che le serre, essendo semplicemente ancorate al suolo senza alcuna opera muraria ovvero senza fondazioni (il cordolo in cemento che consente lo scorrimento del portone a doppia anta non costituisce fondazioni) non sono soggette alla presentazione del progetto sismica come previsto dal DPR 380/01 perché le stesse sono riconducibili alla tipologia di manufatti di cui all’art. 12 del Regolamento n.36/R/2009. A tal proposito è stato chiesto un parere al Dirigente del Settore Sismica Regionale il quale ha confermato quanto sopra richiesto (si allega una copia del quesito ed una copia del parere rilasciato). Si chiede, inoltre, di poter regolarizzare le serre fisse (con copertura amovibile) già installate negli anni precedenti all’entrata in vigore della L.R. 65/2014 presentando la SCIA senza prima doverle smontare e dare comunicazione dell’avvenuto ripristino dello stato dei luoghi. Nel territorio pistoiese sono molte le serre che sono state montate e di cui è stata data comunicazione di rinnovo negli anni. La legge attualmente in vigore impone la comunicazione solo per quelle strutture destinate ad essere mantenute per un periodo inferiore al biennio; è evidente che per la maggior parte delle serre precedentemente installate dovrebbe essere richiesta una SCIA in quanto l’intenzione è quella di mantenerle per un periodo superiore al biennio. Il Comune di Pistoia, ad esempio, impone, prima della presentazione della SCIA, il ripristino dello stato originale dei luoghi con conseguente aggravio sia economico che organizzativo per il vivaista. Si chiede, dunque, di inserire nel P.T.C., la possibilità di mantenere le serre già installate in modo da evitare spiacevoli inconvenienti con le amministrazioni comunali. . VASETTERIA: Il mercato vivaistico, negli ultimi anni, è incentrato sulla produzione di piante ornamentali in vaso ed è

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questo il motivo per cui è importante che ogni vivaista possa scegliere liberamente se produrre piante ornamentali in pieno campo o in contenitore senza dover essere limitato nella sua scelta dagli strumenti urbanistici comunali. E’ evidente che in zone ad elevata pericolosità idraulica ed in vincolo idrogeologico dovranno essere rispettate alcune condizioni per garantire la tutela sia del territorio che delle proprietà adiacenti. Si chiede, pertanto, di introdurre nel P.T.C., una specifica sui criteri di realizzazione della vasetteria nelle aree a pericolosità idraulica consentendo, per esempio, l’utilizzo di pavimentazioni autobloccanti semplicemente appoggiate a terra su rete elettrosaldata o teli pacciamanti organici in alternativa al telo antialga che nel tempo peggiora la sua permeabilità. . VIABILITA’: La normativa vigente, nelle aree vocate, consente la realizzazione della vasetteria presentando al Comune interessato una semplice comunicazione di installazione. La L.R. n.41/2012 all’art.5 comma 5 afferma, infatti, che “Le serre stagionali, le serre temporanee semplicemente ancorate al suolo senza modifica dello stato dei luoghi, gli ombrari e gli impianti di vasetteria con sottofondo semimpermeabile, anche con materiale inerte, sono realizzati nelle aree vocate, previa comunicazione a firma del titolare di impresa”. Se la Legge, sulla carta, ha apportato una notevole semplificazione rispetto alla situazione precedente che prevedeva un permesso a costruire per la realizzazione di un impianto di vasetteria, viceversa, nella pratica, non ha apportato alcuna modifica. Un vivaista che vuole realizzare un impianto di vasetteria, nella maggior parte dei casi, ha anche necessità di realizzare la viabilità accessoria che purtroppo ad oggi rimane soggetta a permesso a costruire. Si chiede dunque di valutare la possibilità di trattare la viabilità strumentale alla vasetteria come la vasetteria stessa e quindi la possibilità di poterla realizzare previa semplice comunicazione. . ANNESSI: Si chiede di indicare i parametri per la realizzazione di annessi stabili non soggetti al rispetto delle superfici minime fondiarie ai sensi dell’art. 73, comma 5, della L.R. n.65/2014 e facenti parte di aziende che esercitano in via prevalente le seguenti attività: allevamento intensivo di bestiame, trasformazione/lavorazione e vendita diretta dei prodotti, acquacoltura, allevamento di fauna selvatica, cinotecnica, allevamenti zootecnici minori (es. elicicoltura). Purtroppo senza parametri indicativi le amministrazioni comunali si riservano di sospendere il parere in merito alla realizzazione degli annessi agricoli. Sarebbe opportuno, che la valutazione della relazione agronomica a giustificazione dell’intervento edilizio proposto fosse valutata anche dal Vs. ufficio avendo voi più competenza in materia rispetto all’amministrazione comunale.

7.2 L'Avvio del procedimento del 2016

L'entrata in vigore della L.R. 10 novembre 2014, n° 65 e l'approvazione del Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di Piano Paesaggistico ha portato l'Amministrazione Provinciale a riconsiderare l'Avvio del procedimento della variante del P.T.C. prodotto nel 2014. Le disposizioni transitorie e finali della L.R. 65/2014, in particolare l'articolo 223, normano il caso degli atti di avvio del procedimento effettuati ai sensi della L.R. 1/2005 alla data di entrata in vigore della predetta legge, prevedendo che rimangano validi anche ai sensi della L.R. 65/2014. Tuttavia l'Amministrazione Provinciale, considerate le modificazioni introdotte dalla nuova legge regionale e dalla nuova versione del P.I.T, ha ritenuto opportuno rivedere e integrare tale atto di avvio del procedimento per adeguarsi fin da subito alla nuova normativa regionale. E' stato predisposto quindi un'integrazione al precedente avvio, ai sensi dell'art. 31 della L.R. n. 65/2014, al fine di adeguare il piano fin da subito alla nuova normativa regionale ed al Piano paesaggistico regionale.

Un aspetto rilevante del ruolo della Provincia in materia di pianificazione riguarda il rapporto con la pianificazione comunale. Per approfondire questo tema la Provincia di Pistoia ha attivato una

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riflessione sulla pianificazione di area vasta insieme ai comuni, attraverso alcuni seminari territoriali. Queste riflessioni sono rese inevitabili nel processo che vede la riforma delle province in conseguenza della L. 56/2014, la cosiddetta Legge Delrio, e della legge regionale di attuazione, la L.R. 3 marzo 2015 n° 22 e ss.mm.ii..

Nel mese di Marzo 2015 sono stati quindi organizzati degli incontri specifici per le tre macroaree del territorio Provinciale, ovvero l' 11 marzo con i comuni della piana pistoiese, il 12 marzo con i comuni della Valdinievole, ed il 18 marzo con i comuni della montagna pistoiese. L'obiettivo di questi incontri è stato quello di proporre la condivisione delle principali tematiche su cui impostare il lavoro di aggiornamento del Piano Territoriale di Coordinamento, al fine di fornire ai comuni uno strumento funzionale, ottimizzando le risorse di ogni ente. Durante i seminari territoriali sono stati portati alla luce vari aspetti, oltre ad alcune problematiche che sono state riscontrate nella pianificazione dei diversi comuni. Gli argomenti di maggior interesse hanno riguardato sostanzialmente la sistemazione idrica, idrogeologica, idraulica e forestale del territorio, con particolare riferimento alla regimazione delle acque, e la relativa normativa, per la quale si è evidenziata la necessità di essere affrontata in un ambito di area vasta, perché a volte si sono rilevate delle discrasie per territori contigui ricadenti in Comuni diversi; la disciplina del territorio rurale e l'adeguamento al Piano Paesaggistico regionale.

Il 23 aprile 2015 la Provincia ha proposto un seminario di studio rivolto a tutte le amministrazioni comunali sulle interazioni della Variante al P.T.C. con gli strumenti urbanistici comunali, mentre in data 3 novembre 2015 è stata effettuata l'Assemblea dei Sindaci che ha disposto di procedere alla formazione di un Ufficio di Piano per la redazione della Variante di Piano, con la finalità di coinvolgere in modo attivo i Comuni nella redazione della Variante del P.T.C..

Il percorso pianificatorio della Variante del P.T.C. condiviso con i comuni si può così riassumere: . costituire un Ufficio di Piano composto dal gruppo di lavoro della Provincia e da uno o più tecnici designati da ogni comune; . costruire l’aggiornamento del P.T.C. insieme ai Comuni, per redigere in accordo il Quadro conoscitivo, lo Statuto del territorio, l'adeguamento al P.I.T. paesaggistico, il Territorio Rurale, e quanto altro verrà ritenuto opportuno durante la fase di redazione; . condividere il percorso di formazione del Quadro conoscitivo del P.T.C. anche con le Soprintendenze, le Autorità di Bacino e la Regione, con lo scopo di attuare una pianificazione più omogenea sui vincoli, introducendo una pianificazione più attiva, e non di solo recepimento dei vincoli imposti; . articolare il P.T.C. per ambiti ottimali, Valdinievole e area pistoiese, in analogia alla suddivisione in Ambiti del PIT Piano Paesaggistico, riconoscendo comunque la peculiarità della Montagna Pistoiese quale sottoambito ottimale all’interno dell’area pistoiese.

La Relazione di avvio del procedimento è stata approvata dall'Assemblea dei Sindaci con Deliberazione n. 2 del 15 marzo 2016. Con Decreto Presidenziale n. 58 del 16 marzo 2016 è stato integrato l'originario atto di Avvio, individuato il Responsabile del Procedimento, Dott. Renato Ferretti, ed è stato costituito l'Ufficio di Piano.

In questa fase di avvio del procedimento sono pervenuti le seguenti note e contributi, come a fianco riassunti:

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N° DATA PROT. MITTENTE SINTESI N° 1 24/03/2016 22588 Autorità di Bacino Trasmissione di contributo: elenco dei Piani del Fiume Arno stralcio approvati in attuazione del Piano di Bacino e presa di atto che la variante al P.T.C. rispetterà le perimetrazioni delle aree a pericolosità e le condizioni d'uso del territorio previste dallo stralcio "Assetto idrogeologico". 2 29/03/2016 22839 Autorità Idrica Lettera di trasmissione a Acque Spa, Gaia Toscana spa, Publiacqua, inviata per conoscenza alla Provincia 3 12/04/2016 23898 Ministero dei beni e Richiesta di coinvolgimento del Ministero delle attività culturali ai sensi dell'art. 32 c. 2 lett. E) del DPCM e del turismo - 171/2014 Soprintendenza Archeologica della Toscana 4 26/04/2016 25026 Ministero dei beni e Lettera di richiesta di eventuali apporti alla delle attività culturali Soprintendenza Belle Arti e paesaggio e e del turismo - Soprintendenza Archeologia della Toscana, Segretariato inviata per conoscenza alla Provincia regionale 5 28/04/2016 25179 Gaia - Servizi idrici Trasmissione di contributo: parere positivo. Richiesta di trasmissione dei successivi atti del piano. 6 03/05/2016 25558 Arpat Si richiama il precedente contributo. 7 05/05/2016 25763 Soprintendenza per i Conferma del contributo trasmesso per il Beni archeologici precedente avvio della Toscana - Firenze 8 09/05/2016 25991 Autorità di Bacino Trasmissione di contributo. Si conferma il pilota del Fiume contributo trasmesso per il precedente Serchio avvio e si segnala di verificare la coerenza anche con il Piano di gestione delle Acque del Distretto idrografico del Fiume Serchio - 1° aggiornamento; con il Piano di Gestione del Rischio Alluvione e con il quadro conoscitivo aggiornato del Progetto di Piano di Bacino, Stralcio Assetto Idrogeologico del fiume Serchio - II Aggiornamento.

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9 10/05/2016 26244 Ministero dei beni e Trasmissione di contributo: il P.T.C. dovrà delle attività culturali prendere in considerazione le tematiche e del turismo - ambientali in tutte le loro componenti, Soprintendenza definendo le strategie territoriali capaci di Archeologica della favorire uno sviluppo compatibile con la Toscana tutela dell'ambiente naturale e culturale, valutando gli effetti su aree e paesaggi protetti a livello nazionale. Inoltre il quadro conoscitivo andrà implementato con le disposizioni contenute nel PIT nelle schede degli ambiti paesaggistici n. 05 e 06. 10 13/05/2016 26591 Acque Spa Conferma del contributo trasmesso per il precedente avvio. 11 13/05/2016 26598 Autorità di Bacino Trasmissione di contributo. Si conferma il del Reno contributo trasmesso per il precedente avvio e si segnala che il P.T.C. dovrà tenere conto del PSAI e del progetto di variante in itinere.

7.3 L'Ufficio di Piano della Variante del P.T.C. e il percorso di condivisione con la Regione

La costituzione dell'Ufficio di Piano ha fornito uno strumento diretto per la partecipazione attiva dei Comuni nella redazione del piano, ottemperando a quanto previsto dall'art. 53 della L.R. 65/2014, al fine di favorire lo scambio di conoscenze e l'omogeneità dei criteri metodologici. Il lavoro dell'Ufficio di Piano incaricato della redazione della Variante Generale per l'adeguamento del P.T.C., composto dal gruppo di lavoro della Provincia e dai tecnici di ogni comune, si è sviluppato attraverso riunioni suddivise per argomenti, nelle quali via via è stato illustrato il lavoro svolto dal gruppo di lavoro della Provincia. Tali occasioni di incontro e di confronto sono state fondamentali per la redazione del piano, in quanto vi è stata una proficua collaborazione, con lo scambio di idee e informazioni, richieste di contributi da parte della Provincia e proposte da parte dei Comuni per il proseguimento del lavoro. L'Ufficio di Piano dalla sua costituzione con Decreto Presidenziale n. 58 del 16.03.2016 è stato modificato in fase di redazione del piano nella parte dei tecnici comunali, sia per la fusione dei comuni di Abetone e Cutigliano e di San Marcello Pistoiese e Piteglio, sia per motivi organizzativi interni.

Si riporta la composizione dell'Ufficio di Piano nella sua completezza com e da D.P. n. 58/2016:

Ufficio di Piano

Renato Ferretti Dirigente Agronomo Provincia di Pistoia Stefano Barducci Collaboratore Tecnico Provincia di Pistoia Enrico Bartoli P.O. Sistema Informativo Provincia di Pistoia Andrea Bartolini Geologo Esperto Tecnico Provincia di Pistoia Ilaria Bonanno P.O. Risorse del Territorio Provincia di Pistoia Piero Bracali Collaboratore Tecnico Provincia di Pistoia Riccardo Castagnoli Collaboratore Tecnico Provincia di Pistoia Giovanni Cotza Collaboratore Tecnico Provincia di Pistoia Silvia Lombardi Arch. Esperto Pianificatore Provincia di Pistoia Massimo Mungai Istr. Dir. Amministrativo Provincia di Pistoia Laura Rai Istr. Dir. Amministrativo Provincia di Pistoia

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Francesca Simonetti Arch. Esperto Pianificatore Provincia di Pistoia Walter Tosi Istr. Dir. Tecnico, S.I.T. Provincia di Pistoia Massimo Zini Collaboratore Tecnico Provincia di Pistoia

Arch. Nicola Risaliti Comune di Abetone Cutigliano Arch. Andrea Di Filippo Comune di Agliana Geom. Adriano Magrini Comune di Buggiano Arch. Liliana Crocetti Comune di Chiesina Uzzanese Dott. Lorenzo Lenzi Comune di Chiesina Uzzanese Arch. Paolo Tronci Comune di Cutigliano Dott. Cinzia Chinni Comune di Lamporecchio Geom. Alessandro Solazzo Comune di Larciano Arch. Simona Fioretti Comune di Marliana Arch. Marzia Tesi Comune di Massa e Cozzile Geol. Alessandro Paoli Comune di Massa e Cozzile Geom. Maria Rosa Laiatici Comune di Monsummano Terme Geom. Riccardo Vivona Comune di Montale Arch. Mario Damiani Comune di Montecatini Terme Arch. Fabio Ciliberti Comune di Montecatini Terme Arch. Anna Maria Maraviglia Comune di Pescia Geom. Daniele Teci Comune di Pieve a Nievole Ing. Cristiano Vannucchi Comune di Piteglio Arch. Elisa Spilotros Comune di Pistoia Arch. Saskia Cavazza Comune di Ponte Buggianese Arch. Caterina Biagiotti Comune di Quarrata Arch. Laura Tonini Comune di Quarrata Arch. Francesco Copia Comune di Sambuca Pistoiese Arch. Paolo Massaini Comune di San Marcello Piteglio Geom. Federica Strufaldi Comune di San Marcello Piteglio Geom. Federico Salvadeo Comune di Serravalle Pistoiese Dott. Lorenzo Lenzi Comune di Uzzano Arch. Enrico Marradini Comune di Uzzano

E' stato attivato inoltre un confronto con i competenti uffici della Regione Toscana per condividere il percorso di formazione del progetto di piano e le riunioni dell'Ufficio di Piano della Variante del P.T.C.. A tal fine con nota prot. n. 22580 del 24 febbraio 2016 infatti è stato chiesto un incontro all'Ing. Aldo Ianniello, Direttore Urbanistica e Politiche abitative. Sono stati quindi svolti alcuni incontri di approfondimenti in Regione, durante i quali, tra le altre cose, sono stati concordati i contenuti della schedatura relativa alla proposta di modifica del Quadro Conoscitivo del PIT in riferimento ai beni paesaggistici, di cui al successivo paragrafo 7.15. Gli incontri presso la Regione Toscana si sono svolti nelle seguenti date: . il 2 maggio 2016, alla presenza dell'Ing. Ianniello, l'Arch. Berengo, P.O. Gestione del PIT con valenza di Piano Paesaggistico, e l'Arch. Del Bono, P.O. Strumenti della pianificazione regionale; . il 7 giugno 2016; . il 28 settembre 2016. I tecnici regionali inoltre sono stati informati costantemente delle riunioni dell'Ufficio di Piano, a cui hanno partecipato in una riunione anche in modo attivo intervenendo nella presentazione del lavoro svolto.

Per quanto riguarda lo svolgimento dei lavori dell'Ufficio di Piano sono state effettuate le seguenti riunioni:

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DATA OGGETTO 11.02.2016 . insediamento e costituzione dell'Ufficio di Piano; . esame dell'atto di avvio; . piano di lavoro 15.04.2016 . previsioni dei contenuti del quadro conoscitivo della variante al P.T.C.; . programma dei lavori diviso per settori e per le tre aree Pianura Pistoiese, Montagna e Valdinievole; . Verifica della fattibilità di uno studio di assetti idraulici e geomorfologici a livello di area vasta; . varie ed eventuali

19.05.2016 . Bacino Idrotermale Comuni interessati: Massa e Cozzile, Marliana, Montecatini Terme, Monsummano Terme, Pieve a Nievole 26.05.2016 . Florovivaismo - aree vocate e linee strategiche Comuni interessati piana pistoiese: Agliana, Montale, Pistoia, Quarrata, Serravalle P.se Comuni interessati Valdinievole: Buggiano, Chiesina Uzzanese, Larciano, Lamporecchio, Massa e Cozzile, Monsummano Terme, Pescia, Ponte Buggianese, Uzzano 19.09.2016 . Caratteri idro-geomorfologici dei bacini idrografici; . Statuto del territorio e linee strategiche dello sviluppo del territorio; . Florovivaismo: aree vocate e linee strategiche, rivolto ai Comuni interessati dall'argomento 03.11.2016 . Schede di rilevamento dei beni paesaggistici: proposta di aggiornamento del quadro conoscitivo del PIT in merito ai beni paesaggistici di cui all'art.142 del D.Lgs 42/2004 . Mobilità lenta: individuazione rete esistente e nuove proposte

All'incontro ha partecipato come relatore l'Arch. Massimo del Bono P.O. del Settore Pianificazione del Territorio della regione Toscana

27.06.2017 . Invariante I, Ambiti territoriali, Sistemi territoriali . Valori paesaggistici ambientali e struttura agraria . Infrastrutture per la mobilità e fruizione lenta del paesaggio . Caratteri idrogeomorfologici . Risorsa idrica di sottosuolo 16.11.2017 . Materiale elaborato per la redazione della Variante del P.T.C. - aggiornamento 08.03.2018 . Presentazione degli elaborati da adottare

Vari sono stati anche gli incontri pubblici sia nell'ambito della procedura di informazione e partecipazione del Garante, a cui hanno partecipato i componenti della Provincia dell'Ufficio di Piano, sia di presentazione alla cittadinanza e associazioni interessate dei vari passaggi delle fasi di redazione della Variante del P.T.C.: . il 13 ottobre 2015 - conferenza stampa nella sede Provinciale per illustrare la proposta di condivisione del quadro Conoscitivo e dello statuto del territorio della presente Variante al P.T.C.; . il 3 novembre 2015 - riunione dei Sindaci per confrontarsi sul documento di integrazione all'avvio del procedimento; . il 10 novembre 2016 - incontro pubblico a Monsummano Terme per presentare le linee

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generali del progetto di variante del P.T.C., con un approfondimento per il territorio della Valdinievole, nell'ambito degli incontri del Garante dell'informazione e della partecipazione; . il 27 giugno 2017 - incontro pubblico a Monsummano Terme per presentare le linee generali del progetto di variante del P.T.C., con un approfondimento per il territorio della Valdinievole, nell'ambito degli incontri del Garante dell'informazione e della partecipazione; . il 4 luglio 2017 - analogo incontro pubblico al precedente a Pistoia per presentare le linee generali del progetto di variante del P.T.C., con un approfondimento per il territorio della piana pistoiese e della montagna, nell'ambito degli incontri del Garante dell'informazione e della partecipazione. . il 13 marzo 2018 - Incontro pubblico a Pistoia, nell'ambito degli incontri del Garante dell'Informazione, durante il quale è stato illustrato il progetto di piano.

7.4 I contenuti della Variante di Piano del P.T.C.

Un aspetto sostanziale del progetto di variante del P.T.C. ha riguardato l'adeguamento del piano alla nuova legge regionale sul governo del territorio, L.R. 65/2014, e la conformazione al P.I.T. con valenza di Piano Paesaggistico. Gli elaborati cartografici resi disponibili con Il P.I.T./PPR rappresentano il materiale più recente a cui è stato aggiornato il quadro conoscitivo del P.T.C. Tutte le cartografie del Piano Territoriale di Coordinamento utilizzano come database topografico il 1:10.000, impianto del 2010 della Regione Toscana. Tutti gli elaborati realizzati antecedentemente per il P.T.C., sono stati quindi adeguati a questa base cartografica. Attraverso l'Ufficio di Piano è stato provveduto a verificare e ad aggiornare le banche dati regionali, sia a livello Provinciale, sia a livello comunale, in considerazione anche del passaggio dalla scala a livello regionale ad una scala più di dettaglio.

La Variante generale di adeguamento e aggiornamento del P.T.C. è composta dai seguenti elaborati: a) la presente Relazione generale b) Disciplina di piano c) Elaborati grafici: . Tavola 1 - Uso del suolo . Tavola 2 - Invariante Strutturale “I” - I caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici: Sistema idro-geo-morfologico Carta dei sistemi morfogenetici e delle criticità idrogeomorfologiche (scala 1:50.000) . Tavola 3 - Orografia Carta delle fasce altimetriche 100 m s.l.m. (scala 1:75.000) Carta delle classi di pendenza del territorio (scala 1:75.000) . Tavola 4 - Idrologia Carta dell’Indice di Aridità e delle stazioni pluviometriche (scala 1:85.000) Carta delle isoiete – precipitazioni medie annue (scala 1:75.000) . Tavola 5 - Reticolo idrografico Carta del reticolo idrografico (DCRT 101 del 21/12/2016) – classificazione in aste primarie, secondarie e terziarie (scala 1:50.000) Carta del reticolo idrografico (LRT 79 del 27/12/2012) – classificazione dei corsi di acqua primari e secondari per pendenze longitudinali (scala 1:50.000)

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. Tavola 6 - Sottobacini e comparti idraulici Carta dei bacini e sottobacini idrografici (scala 1:100.000) Carta dei comparti e sottocomparti idraulici (scala 1:100.000) . Tavola 7 - Idrogeologia della falda Carta della fragilità degli acquiferi (scala 1:75.000) Carta della concentrazione dei pozzi (scala 1:75.000) Carta della localizzazione dei pozzi di sfruttamento della falda (scala 1:50.000) Carta della localizzazione dei pozzi privati interni all’area di protezione termale (scala 1:5.000) . Tavola 8 - Propensione all’evoluzione geomorfologica Carta della presenza di processi idrogeomorfologici attivi (scala 1:100.000) Carta della presenza di reticolo idrico con pendenza superiore a quella “critica” per tipo litologico (scala 1:100.000) Carta della presenza di reticolo idrico con pendenza pari a quella “critica” per tipo litologico (scala 1:100.000) Carta della sintesi della criticità idrogeomorfologica (scala 1:100.000) Carta delle aree di suscettibilità ai flash-flood (P.G.R.A. Autorità di Bacino F. Arno) (scala 1:100.000) . Tavola 9 - Invariante Strutturale “II” - I caratteri ecosistemici del paesaggio . Tavola 10 - Invariante Strutturale “III” - Il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali . Tavola 11 - Invariante strutturale “IV” - I caratteri morfotipologici dei sistemi agro ambientali dei paesaggi rurali . Tavola 12 - I Valori paesaggistico ambientali . Tavola 13 - Ambiti di paesaggio . Tavola 14 - Sistemi territoriali . Tavola 15 - Idrogeologia termale Carta delle aree di protezione termale (DCRT 3.2.2014 n. 73) (scala 1:25.000) Carta della ubicazione delle sorgenti e pozzi termali di Montecatini Terme (scala 1:25.000) . Tavola 16 - Attività estrattive Carta di censimento dei siti estrattivi (scala 1:75.000) Carta di indirizzo al recupero dei siti estrattivi dimessi (scala 1:75.000) . Tavola 17 - Il territorio rurale . Tavola 17a - La struttura agraria . Tavola 17b - Sistema del Verde di Area Vasta (scala 1:50.000) . Tavola 18 - Le infrastrutture per la mobilità e il Piano delle Aree sciistiche attrezzate . Tavola 19 - Mobilità dolce esistente e prevista nel territorio Provinciale . Tavola 20 - La mobilità dolce. I Percorsi della mobilità quotidiana sostenibile . Tavola 21 - La mobilità dolce. I Percorsi dei borghi storici

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. Tavola 22 - La mobilità dolce. I Percorsi del verde . Tavola 23 – Trasporto pubblico ed edifici scolastici d) Relazione di coerenza interna ed esterna delle previsioni di piano e) Valutazione degli effetti attesi a livello paesaggistico, territoriale, economico e sociale f) Proposta di aggiornamento del Quadro Conoscitivo del P.I.T./PPR. Schedatura dei beni paesaggistici g) Schede di censimento delle aree escavate h) Atlante degli edifici di rilevante valore storico architettonico i) Atlante del Paesaggio j) Proposta di variante al Piano delle Aree Sciistiche Attrezzate della Montagna Pistoiese k) Documento del Garante dell'informazione e della partecipazione

7.5 Obiettivi di Piano

La redazione della presente Variante generale del P.T.C. ha, come già detto, il principale obiettivo di adeguare lo strumento della pianificazione territoriale alla nuova normativa vigente che ha mutato in maniera sostanziale il quadro di riferimento, costituito ora dalla L.R. 65/2014, dal P.I.T. con valenza di Piano Paesaggistico, e dalle altre normative vigenti di specifiche materie, e di aggiornare il Quadro conoscitivo del piano a seguito dell’elaborazione da parte della Provincia di piani di settore e di ulteriori studi e approfondimenti. In analogia con il P.T.C. ora vigente, la Variante al piano assume come obiettivi generali quelli del P.I.T., riferiti alle invarianti, integrandoli con ulteriori obiettivi di particolare rilevanza per il territorio Provinciale, che sono emersi anche dal confronto con i comuni.

Gli obiettivi generali del P.T.C. derivanti dal P.I.T. sono:

1. Perseguire l'equilibrio dei sistemi idrogeomorfologici, ovvero del sistema delle acque superficiali e profonde, delle strutture geologiche, litologiche e pedologiche, della dinamica geomorfologica, dei caratteri morfologici del suolo.

2. Elevare la qualità ecosistemica del territorio Provinciale, ossia l'efficienza della rete ecologica, un'alta permeabilità ecologica del territorio nelle sue diverse articolazioni, l'equilibrio delle relazioni tra componenti naturali, seminaturali e antropiche dell'ecosistema.

3. Salvaguardare e valorizzare il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi, infrastrutturali e urbani e le relative identità paesaggistiche.

4. Salvaguardare e valorizzare il carattere multifunzionale dei paesaggi rurali, che comprendono elevate valenze estetico - percettive, rappresentano importanti testimonianze storico- culturali, svolgono insostituibili funzioni di connettività ecologica e di presidio dei suoli agroforestali, sono luogo di produzioni agro-alimentari di qualità e di eccellenza, costituiscono una rete di spazi aperti potenzialmente fruibile dalla collettività, oltre a rappresentare per il futuro una forte potenzialità di sviluppo economico.

A questi si aggiungono ulteriori obiettivi di piano da perseguire in modo più specifico nel territorio della Provincia di Pistoia:

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5. Tutelare la permanenza dei caratteri paesaggistici del territorio della Provincia di Pistoia, in particolare dei collegamenti paesistico-ambientali, ossia dei corridoi ecologici fluviali, quali fasce del territorio che costituiscono una continuità fisica, morfologica e percettiva con il corpo idrico. 6. Perseguire la riduzione dei fattori di rischio dovuti all'utilizzazione del territorio, in particolare per prevenire le situazioni di fragilità idraulica di regimazione delle acque superficiali. 7. Valorizzare le attività agricole ed il territorio rurale in riferimento al ruolo di presidio del territorio, di tutela della qualità paesaggistica, allo sviluppo del turismo rurale e agrituristico. 8. Promuovere lo sviluppo del vivaismo in relazione alle caratteristiche morfologiche e insediative del territorio, alla sostenibilità e compatibilità ambientale delle impermeabilizzazioni del suolo, dei prelievi e dei rischi di inquinamento dell’acqua di falda. 9. Migliorare la mobilità di persone, merci, informazioni e servizi attraverso l'integrazione delle modalità di trasporto, l'adeguamento e l'interconnessione della rete delle infrastrutture ed il completamento degli itinerari indicati nella presente variante. 10. Realizzare una rete per la mobilità dolce da integrare con la rete infrastrutturale e con i percorsi naturalistici e turistici, per garantire un sistema alternativo della mobilità, più efficiente e sostenibile. 11. Promuovere lo sviluppo sostenibile delle attività pubbliche e private che incidono sul territorio Provinciale, attuando la salvaguardia dell’ambiente naturale, la riduzione dei consumi energetici ed il ricorso alle tecniche dell’edilizia sostenibile. 12. Assicurare una pianificazione a livello di area vasta al fine di coordinare in modo efficace le azioni dei comuni in materia di paesaggio, territorio rurale, risorsa idrotermale, infrastrutture per la mobilità, vivaismo, grandi e aggregazioni di medie strutture di vendita.

Nello Statuto del Territorio e nella Parte Strategica della Disciplina di Piano della variante al P.T.C., al fine del raggiungimento dei suddetti obiettivi, la normativa viene articolata in indirizzi, direttive, prescrizioni. Gli indirizzi sono disposizioni tese ad orientare la formazione degli Atti di governo del territorio comunali, ovvero dai Piani Strutturali e relative varianti, Varianti ai Regolamenti Urbanistici, Piani Operativi e relative varianti sulla base di criteri applicativi, al fine di perseguire gli obiettivi del P.T.C. in modo omogeneo e coordinato su tutto il territorio Provinciale. Le direttive sono disposizioni tese al raggiungimento degli obiettivi di piano alle quali gli strumenti sopra citati devono ottemperare, scegliendo la modalità. Le prescrizioni sono disposizioni cogenti alle quali gli strumenti di cui sopra devono conformarsi e/o dare attuazione.

7.6 Ambito geografico - climatico

La Provincia di Pistoia, estesa per una superficie di 965 kmq, è situata a ridosso del crinale appenninico tosco-emiliano, che costituisce il suo confine settentrionale con le Province di Modena e Bologna. Ad est la Provincia di Pistoia confina con i Comuni di Cantagallo, Montemurlo, Prato e Carmignano (Provincia di Prato), a sud con i Comuni Fucecchio, Cerreto Guidi e Vinci (Provincia di Firenze) e ad ovest con i Comuni di Bagni di Lucca, Villa Basilica, Capannori, Montecarlo e Altopascio (Provincia di Lucca).

7.6.1 Orografia del territorio

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La dorsale appenninica è formata da due catene distinte: la prima, più a nord, è la catena che comprende il Monte Cimone, il Libro Aperto e il Monte Corno alle Scale; la seconda, più a sud rispetto alla precedente, comprende il monte Giovo, il Monte Rondinaio e il Monte Caligi. Entrambe le catene montuose sono collegate dal passo dell’Abetone ed hanno andamento parallelo da Nord-Ovest a Sud-Est. Si tratta dunque di rilievi piuttosto elevati, con altitudini medie che si aggirano sui 1500 metri, che poi degradano, la più meridionale, verso la valle del Pescia, in quella che viene definita Svizzera Pesciatina, l’altra verso la valle dell’Ombrone nel sistema della Montagna e della Collina Pistoiese. Nella porzione centrale del territorio Provinciale, verso meridione, si sviluppa la catena del Montalbano, caratterizzata da rilievi di altezza generalmente contenuta al di sotto dei 500 m s.l.m., che si congiunge ai rilievi collinari dei territori pratesi e fiorentini. L’area di pianura è quindi divisa dal crinale del Montalbano in due zone: la zona pistoiese che si apre verso Est prolungandosi con i territori pratesi e fiorentini e la Valdinievole che occupa, invece, la porzione occidentale e si apre verso la piana di Lucca a Sud-Ovest ed il Padule di Fucecchio a Sud. I rilievi appenninici ed il Montalbano sono quindi fondamentali nella ripartizione territoriale della Provincia: L’area montana, l’Area Pistoiese e la Valdinievole. La distribuzione altimetrica del territorio, come dettagliato nella Tav. 3 – OROGRAFIA redatta per fasce iso 100 m e che riporta le condizioni di distribuzione areale per singolo comune, vede la esistenza di una prevalente connotazione territoriale pedecollinare e collinare (53% tra 200 e 1.100 m s.l.m.) seguita da una ampia rappresentazione di territori di pianura (36% per aree a quote < 200 m s.l.m.) mentre minoritaria sono le estensioni di territori collinari – montani (11% per aree > 1.100 m s.l.m.). Sempre facendo riferimento alla Tav. 3, l’analisi del territorio Provinciale effettuata mediante la sua suddivisione in classi di pendenza, ha rilevato la seguente distribuzione di aree a diversa inclinazione dei versanti

7.6.2 Climatologia Da un punto di vista climatico la Provincia di Pistoia è caratterizzata da un clima che può essere definito di tipo appenninico-mediterraneo, con differenze, anche notevoli, in rapporto sia all’altitudine, sia all’esposizione dei suoi territori. Ovunque si registrano precipitazioni medie annue di un certo rilievo (clima umido o perumido) anche se questa caratteristica tende a ridimensionarsi registrando ovunque una diminuzione della piovosità a causa dei cambiamenti climatici in corso. I valori delle precipitazioni variano da 1000 a 2000 mm/annui con una escursione molto accentuata sui territori montani. Per la temperatura esistono sensibili differenze tra la Val d'Ombrone e la Valdinievole a causa del complesso collinare del Montalbano e della presenza dello specchio lacustre del Padule di Fucecchio. Infatti la barriera collinare del Montalbano attenua l'influenza dei venti marini "termoregolatori" in Val d'Ombrone con il conseguente aumento dell'escursione termica. In Valdinievole perciò il clima è complessivamente più mite. Dal punto di vista geografico si individuano le seguenti aree:

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. la montagna appenninica a nord che presenta quasi esclusivamente insediamenti silvo- pastorali; . la piana dell'Ombrone a sud caratterizzata dalla presenza delle colture vivaistiche; . la piana valdinievolina a sud-ovest con insediamenti agricoli che vanno dalle colture estensive (mais) alle gronde del padule, all'ortofrutticoltura soprattutto intorno ai centri urbani di Montecatini e Monsummano, alla floricoltura di tutta l'area a ovest e la viti- olivicoltura e l'olivicoltura del territorio pedo-collinare che fa da cornice a tutta la pianura; . le colline del Montalbano che dividono le due pianure prima citate con insediamenti agricoli caratteristici della collina toscana (viticoltura, olivicoltura, cerealicoltura). In questa sede si è fatto il riscontro comparativo tra i dati climatici di tipo “storico” relativi alla prima versione del PTC e che si riferiscono alle precipitazioni acquisite sino alla fine degli anni ’90, e quelli reperibili ad oggi sulla analisi del consorzio LaMMa e che riguardano gli anni 1995-2014, redigendo la Carta delle isoiete relative alla pioggia media annua compresa nella Tav. 4 – IDROLOGIA. Relativamente ai dati di isopluviometriche elaborate e riprese dal PTC originario, queste erano state elaborata sulla scorta dei dati relativi a quattro stazioni meteorologiche presenti sul territorio Provinciale: . La stazione di Acquerino a 950 m.s.l.m. . La stazione di Cutigliano a 950 m.s.l.m. . La stazione di Pistoia a 85 m.s.l.m. . La stazione di Pescia a 60 m.s.l.m. L’analisi tratta dai dati del Consorzio LaMMa riguarda invece un numero superiore di stazioni pluviometriche e quindi risulta di difficile lettura in sovrapposizione al dato storico del vecchio PTC, non potendosi quindi dalla mera sovrapposizione delle due cartografie trarre significative analisi di evoluzione del dato pluviometrico registrato sul territorio della Provincia. Riferendosi alla banca dati del Sistema Idrografico Regionale (S.I.R.) della Regione Toscana, si sono riportati in cartografia (tav. 4 – IDROLOGIA) i punti di collocazione delle stazioni pluviometriche all’interno del territorio Provinciale e nelle sue immediate vicinanze, da cui sono stati rilevati i valori di piovosità per tempo di ritorno ventennale, usualmente adottati nelle analisi di invarianza idraulica da porre in essere nell’ambito delle modificazioni della capacità di permeare dei suoli a seguito di impermeabilizzazioni del terreno, seguendo i criteri della norma 13 del D.P.C.M. 5/11/1999. I dati consultabili fanno riferimento alla Analisi di Frequenza Regionale delle Precipitazioni Estreme - LSPP - Aggiornamento al 2012 - Regione Toscana - Dipartimento di Ingegneria civile e Ambientale UNI FI, analizzati secondo la seguente relazione h(t) = a * t^n h = altezza di pioggia [mm] t = durata [ore] a e n parametri caratteristici per i tempi di ritorno considerati.

In dettaglio sintetico per piogge ventennali si hanno i seguenti parametri idrologici:

STAZIONE PLUVIOMETRICA Per pioggia con Tempo di Ritorno 20 anni Acquerino - Sambuca Pistoiese (PT) (a = 44.63800, n = 0.39485) Albano - Monsummano Terme (PT) (a = 47.88400, n = 0.26975) Baggio - Pistoia (PT) (a = 46.92600, n = 0.36794)

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Boscolungo - Abetone (PT) (a = 44.25000, n = 0.56784) Casotti di Cutigliano - Cutigliano (PT) (a = 44.85000, n = 0.47891) Castelmartini - Larciano (PT) (a = 51.57500 n = 0.24339) Croce Arcana - Cutigliano (PT) (a = 47.81300, n = 0.45117) Cutigliano Melo - Cutigliano (PT) (a = 47.26900, n = 0.49374) La Ferruccia - Agliana (PT) (a = 47.27500, n = 0.27727) Montagnana - Marliana (PT) (a = 47.80500, n = 0.36576) Monte Oppio - San Marcello Pistoiese (PT) (a = 47.22400, n = 0.41895) Montecatini Terme - Montecatini Terme (PT) (a = 51.34800, n = 0.28197) Pontelungo - Pistoia (PT) (a = 47.16600, n = 0.31469) Pracchia - Pistoia (PT) (a = 48.75200, n = 0.39767) Prunetta - Piteglio (PT) (a = 48.36200, n = 0.43750) S. Baronto - Quarrata (PT) (a = 48.19800, n = 0.24468) S. Marcello P.se – S. Marcello P.se (PT) (a = 47.87200, n = 0.37942) Sammommè - Pistoia (PT) (a = 49.08200, n = 0.37846) Santomato - Pistoia (PT) (a = 46.25700, n = 0.33393) Selva dei Porci - San Marcello Pistoiese (PT) (a = 48.30600, n = 0.38139) Serra Pistoiese - Marliana (PT) (a = 48.95000, n = 0.36021) Sorana - Pescia (PT) (a = 48.34600, n = 0.37205) Stiappa - Pescia (PT) (a = 46.39400, n = 0.41437) Treppio - Sambuca Pistoiese (PT) (a = 45.41400, n = 0.41279) Vinci (FI) (a = 48.37700, n = 0.23248) Cerreto guidi (FI) (a = 47.15200, n = 0.25509) S. Pietro a Marcigliano (LU) (a = 55.37600, n = 0.28307) Pizzorne (LU) (a = 55.23500, n = 0.28389) Artimino (PO) (a = 47.75400, n = 0.22064) Ponte a Signa (FI) (a = 47.50700, n = 0.23618) Prato città (PO) (a = 46.13500, n = 0.27033) Prato università (PO) (a = 46.13500, n = 0.27033) Galceti (PO) (a = 47.57900, n = 0.27549) Fattoria Iavello (PO) (a = 44.41400, n = 0.33957) Cantagallo (PO) (a = 40.51700, n = 0.44781) Gavigno (PO) (a = 42.82400, n = 0.42739) Vernio (PO) (a = 43.58500, n = 0.41175)

In particolare si richiama in questa sede lo studio effettuato alla fine degli anni ’90 da parte della Amministrazione Provinciale di Pistoia denominato Programma di tutela e valorizzazione delle risorse idriche della Provincia: prima e seconda fase – (Studio G.T.I. Dott. Ferruccio Capecchi – Prof. Giovanni Pranzini) che aveva provveduto alla definizione ed analisi del bilancio idrologico del territorio Provinciale, identificando la relazione tra le varie componenti che ne costituiscono le risorse idrologiche, compresa la identificazione della risposta idrologica delle diverse aree territoriali esistenti e la conseguente definizione dei rapporti afflussi deflussi che identificano i coefficienti di deflusso per singole e differenziate componenti territoriali. La ricostruzione delle curve di rapporto tra coefficienti di deflusso e precipitazioni in rapporto all’indice di aridità del territorio analizzato, si è implementato con il metodo di Kennessey per la individuazione del coefficiente di deflusso riferito a tre fattori principali di risposta idrologica del territorio, costituiti dall’uso del suolo, dalla permeabilità delle rocce e dalla acclività della superficie topografica.

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Per tale analisi lo studio effettuato ha predisposto una cartografia di differenziazione dell’Indice di Aridità sul territorio Provinciale, da cui si evince una marcata differenziazione tra la parte di collina a settentrione e quella di pianura a meridione, seguendo la seguente linea di demarcazione:

Unitamente ai valori attribuibili alle diverse situazioni territoriali da considerare nell’applicazione del metodo di Kennessey relativamente alla acclività, copertura vegetazionale e permeabilità dei suoli, fattori che concorrono alla identificazione del coefficiente di deflusso seguendo la seguente relazione: COEFFICIENTE DI DEFLUSSO (Kennessey) Ck = Ca + Cp + Cv Vengono proposte le seguenti metodologie di attribuzione dei vari pesi per ciascun fattore da considerare in ambito di valutazione del coefficiente di deflusso di un dato bacino idrografico.

Ia < 25 25 < Ia <40 Ia > 40 ACCLIVITA’ Ca 1 – maggiore del 35% 0.22 0.26 0.30 2 – tra il 10% ed il 35% 0.12 0.16 0.20 3 – tra 3,5% ed il 10% 0.01 0.03 0.05 4 – minore del 3,5% - 0.01 0.03

COPERTURA VEGETALE Cv 1 – roccia nuda 0.26 0.28 0.30 2 – pascoli 0.17 0.21 0.25 3 – terra coltivata, boscata 0.07 0.11 0.16 4 – bosco d’alto fusto 0.03 0.04 0.05

PERMEABILITA’ Cp 1 – molto scarsa 0.21 0.26 0.30 2 – scarsa 0.16 0.21 0.26 3 – media 0.12 0.16 0.20 4 – medio alta 0.06 0.08 0.10 5 - elevata 0.03 0.04 0.05 da: Programma di tutela e valorizzazione delle risorse idriche della Provincia – (Provincia di Pistoia 1996)

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CLASSE DI PERMEABILITA’ DESUNTA DA LITOLOGIE GEOLOGICHE Permeabilità molto bassa – classe 1 Permeabilità primaria Permeabilità secondaria Terreni palustri Complesso argillitico Olistostroma Scaglia Rossa Toscana Marne

Permeabilità scarsa – classe 2 Permeabilità primaria Permeabilità secondaria Depositi alluvionali recenti di bassa pianura Arenarie di M. Cervarola Arenarie tipo Pietraforte

Permeabilità media – classe 3 Permeabilità primaria Permeabilità secondaria Accumuli di frana e paleofrana Calcari Alberese Depositi alluvionali recenti di media pianura Arenarie di Monte Modino Depositi alluvionali antichi terrazzati Macigno Conglomerati e ciottoli lacustri Diaspri Rosso Ammonitico

Permeabilità medio-alta – classe 4 Permeabilità primaria Permeabilità secondaria Detriti di falda Maiolica Depositi ciottolosi lacustri di conoide Calcari selciferi Calcari ad angulati

Permeabilità elevata – classe 5 Permeabilità primaria Permeabilità secondaria Depositi alluvionali recenti di conoide Calcari massicci travertini da: Programma di tutela e valorizzazione delle risorse idriche della Provincia – (Provincia di Pistoia 1996)

7.7 Ambito geomorfologico

Nell’ambito dell’analisi geomorfologica del territorio Provinciale si è fatto riferimento sia alle cartografie di Piano ad oggi elaborate dai Comuni a supporto degli Strumenti Urbanistici generali, che a quelle estesamente prodotte in maniera organica sul territorio regionale in ambito di rilievi CARG, che hanno rappresentato la base omogeneamente rappresentativa dell’assetto geologico e geomorfologico del territorio esaminato per le valutazioni che sono state sviluppate in sede di PTCP. Come già esplicitato nel paragrafo relativo alla orografia, la Provincia di Pistoia si articola in contesti territoriali montani, collinari e di pianura, andando progressivamente da settentrione verso meridione, con morfologia profondamente distinta tra le tre diverse situazioni orografico – morfologico suddette.

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La geomorfologia del territorio Provinciale è infatti notevolmente influenzata dalla conformazione orografica del territorio, e del relativo reticolo idrografico connesso, in quanto l’acclività e la conseguente capacità erosiva dei flussi sia superficiali diffusi che incanalati negli impluvi, sono fattori di particolare rilevanza per l’innesco di fenomeni franosi e dei processi di dinamica evolutiva del territorio. In tutto il territorio collinare e montano sono distinguibili numerose aree instabili oggetto di attuali processi attivi di evoluzione dinamica dei terreni, oltre che a coltri assestate di detriti prodotte da processi di evoluzione morfologica di smantellamento degli edifici montuosi a favore di accumuli in aree di piana, oltre che a estese e numerose paleo-frane riconducibili a fenomeni gravitativi avvenuti in un remoto passato e in condizioni climatiche diverse dalle attuali. Sul substrato arenaceo, appaiono più netti i dissesti e le incisioni operate dai corsi d'acqua che hanno originato marcate scarpate. Le acclività sono maggiori e maggiormente diffusi i fenomeni collegati alla instabilità dei terrazzamenti. Lo spessore delle coltri detritiche è in genere di modesta entità. Su litologie invece argillitiche le acclività sono invece inferiori ma la predisposizione al dissesto è più elevata. Lo spessore delle coltri colluviali è spesso più rilevante rispetto alle altre litologie.

7.7.1 Geologia

Il territorio della Provincia di Pistoia appartiene al comprensorio geologico-strutturale dell’Appennino Settentrionale, rispecchiandone i caratteri salienti ed è pertanto inquadrabile nella sua storia evolutiva. I terreni affioranti nel territorio appartengono a diverse unità tettoniche, venute in contatto fra loro in seguito all'orogenesi appenninica. La struttura e l'assetto attuale delle varie unità tettoniche sono il risultato di una complessa storia deformativa iniziata nel Cretaceo superiore in seguito alla convergenza dei margini dell'Oceano Ligure - Piemontese. In particolare si possono distinguere due fasi: . una fase oceanica iniziata al limite tra Cretaceo inf. e Cretaceo sup. e terminata nell'Eocene medio con la chiusura dell'Oceano Ligure – Piemontese, durante la quale si è verificata la formazione di un prisma d'accrezione costituito dall'impilamento, per sottoscorrimento verso ovest, delle coperture oceaniche e di parte del loro basamento (Unità Liguri). . una fase intracontinentale (iniziata nell'Eocene medio-superiore) durante la quale si è verificato lo sviluppo di una tettonica a thrust e falde con sottoscorrimento verso ovest delle Unità Toscane sotto le unità precedentemente impilate (Unità Liguri). Durante questa fase il fronte compressivo è migrato verso est, seguito a partire dal Miocene medio da un fronte distensivo legato alla distensione crostale che ha portato alla formazione dei bacini intermontani (depressioni tettoniche a semi-Graben), di età via via più giovane proseguendo da ovest verso est. Le varie unità tettoniche si sono sovrapposte, contraendo fra di loro rapporti di natura tettonica. In questo quadro geologico la dorsale del Montalbano, costituita prevalentemente da arenarie torbiditiche appartenenti alla formazione del Macigno, rappresenta una zona di alto strutturale che delimita due depressioni tettoniche: quella posta a nord ovvero il bacino di Pistoia - Firenze, e quella posta a sud del bacino dell'Elsa, la cui prosecuzione verso NO interessa la Valdinievole. In questi bacini, i sedimenti deposti durante il Miocene nell'area che va dal Padule di Fucecchio alla Valle dell'Elsa sono costituiti prevalentemente da materiale clastico privo di apporti di origine marina. Alla fine del Miocene (Messiniano) la zona compresa tra la dorsale del Montalbano ed il Mar Tirreno è stata interessata da un regime tettonico distensivo; questo ha portato alla formazione di una serie di faglie longitudinali orientate NO-SE che delimitano delle depressioni tettoniche a semi- graben. Due di queste depressioni rappresentano il Padule di Fucecchio ed il Padule di Bientina.

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Al termine del Messiniano il livello delle acque marine ha subito una leggera regressione seguita, a partire dall'inizio del Pliocene, da una trasgressione di notevole entità che ha interessato tutta la regione, oggi riferibile alla bassa valle dell'Arno. In questo periodo i due paduli formavano una grande insenatura che andava dal Montalbano ad i Monti Pisani, la sedimentazione, di tipo marino, era caratterizzata dalla lenta deposizione di argille azzurre nelle zone più depresse, mentre nella zone litoranee si depositavano sabbie e ciottoli. Alla fine del Pliocene il riattivarsi delle spinte tettoniche ha portato ad un generale innalzamento delle terre, con conseguente regressione del livello marino; la sedimentazione dì questo periodo ha visto la deposizione di sabbie e calcari arenacei. L'inizio del Quaternario è stato caratterizzato da una trasgressione marina di modesta entità con sedimentazione di sabbie ed argille sabbiose riferibili ad un ambiente marino litoranee; successivamente nuove spinte tettoniche hanno determinato una nuova regressione marina. A questo punto i Paduli di Bientina e di Fucecchio hanno formato un unico grande specchio d'acqua dolce alimentato da molti corsi d'acqua provenienti sia dai Monti Pisani che dall'Appennino. Questo lago si estendeva dai piedi dell'Appennino al Monte Albano, lambendo i Monti Pisani ed a Sud era delimitato dalie colline plioceniche situate tra Calcinala e Cerreto Guidi. Le acque dei fiumi che alimentavano questo lago confluivano in una depressione orientata Est-Ovest, situata lungo l'allineamento Empoli - Pontedera, che sfociava in mare. Nel momento in cui l'Arno oltrepassò la soglia della Gonfolina questa fossa fu gradualmente riempita a causa del grande apporto di sedimenti, i Paduli di Bientina e Fucecchio si trovarono isolati. Nello stesso periodo si sollevarono le colline di Montecarlo e quelle delle Cerbaie con conseguente separazione delle due zone palustri; questo sollevamento interessò anche la parte alta della Valdinievole, causando una generale pendenza verso SO del padule di Fucecchio ed un'inclinazione e sollevamento dei sedimenti deposti fino a quel momento. In questo contesto i fiumi che drenavano l'area del Radule di Fucecchio ebbero una nuova fase caratterizzata da alta energia della corrente e da un alto potere erosivo, incidendo sedimenti quaternari fino ad arrivare in qualche caso a quelli Pliocenici. Questo mostra come, fino a poche migliaia di anni fa, il Padule di Fucecchio fosse una fossa erosiva. Quando l'Arno livellò lo sbocco della valle di Ponte a Cappiano con i suoi apporti sedimentari, i fiumi che attraversavano la zona del Padule persero turbolenza e potere erosivo fino a cancellare gli effetti dell'erosione precedentemente operata. Una vera sedimentazione di colmata è iniziata quindi solo 1000 - 2000 anni fa e questo spiega perché nei sondaggi effettuati nell'area del Padule di Fucecchio vengono trovate spesso delle torbe in matrice argillosa piuttosto recenti fino a 12 - 13 m di profondità mentre oltre i 20 m si incontra il Pliocene. La storia evolutiva del territorio ha determinato una notevole uniformità geologica, in particolare nell’area collinare-montana, dove l’ossatura dei rilievi è quasi ovunque costituita da arenarie tipo «macigno» di età terziaria. Pur conservando caratteri generali piuttosto omogenei queste arenarie sono state distinte su base litologica e composizionale in diverse formazioni (Macigno, Arenarie di M. Modino e Arenarie di M. Cervarola e formazioni minori). Limitatamente a poche aree sono presenti affioramenti di rocce carbonatiche suddivisibili in due differenti domini: il calcare Alberese, di età terziaria, e i calcari mesozoici appartenenti alla serie Toscana; l’Alberese affiora nel Comune di Pistoia, immediatamente a nord dell’area urbana, e nei Comuni di Serravalle e Quarrata sulla dorsali del Montalbano; i calcari mesozoici costituiscono il substrato del Colle di Monsummano e sono presenti in aree di limitata estensione presso gli abitati di Montecatini e Marliana. Associati alla presenza di rocce carbonatiche sono quasi ovunque presenti segni di vecchie cave, attualmente non più attive. Inoltre alla presenza dei calcari mesozoici dell’area di Monsummano e Montecatini è legata l’origine dei fenomeni termali caratteristici di queste zone. Per quanto riguarda le zone di pianura, l’area pistoiese è costituita in modo sostanzialmente omogeneo da terreni di riempimento alluvionali trasportati dai corsi d’acqua che la attraversano. Le problematiche principali legate a questi territori sono state fin dai tempi storici quelle relative ai fenomeni di esondazione e di ristagno. Le opere di bonifica e di deviazione dei corsi d’acqua

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succedutesi nel corso dei secoli hanno ridotto progressivamente le aree soggette ad inondazioni ricorrenti fino alla situazione attuale, in cui permangono problemi idraulici di una certa importanza soprattutto in alcune aree dei comuni di Quarrata, Serravalle ed Agliana. Per quanto riguarda invece l’area di pianura della Valdinievole, è anch’essa costituita in modo sostanzialmente omogeneo da terreni di riempimento alluvionali trasportati dai corsi d’acqua che la attraversano, ma risulta evidente la difficoltà di deflusso delle acque superficiali dalle quote molto basse dove è presente l’area del Padule di Fucecchio, residuo di una più vasta area lacustre che in tempi geologici si estendeva fino a comprendere ampie zone della pianura.

7.7.2 Rilevanza areale della propensione al dissesto idrogeomorfologico.

Gli strumenti conoscitivi e valutativi della pericolosità geologico-geomorfologica dei territori sono ad oggi demandate agli Enti che gestiscono la Difesa del suolo regionale, alle Autorità di Bacino e di Distretto Idrografico (PAI, PGRA, ecc.) ed alle valutazioni di uso urbanistico della pianificazione comunale (P.S., ecc.). Tali ambiti esplicano compiutamente la possibilità di uso e gestione del territorio nel criteri di salvaguardare a integrità dello stesso e la possibilità di far convivere la utilizzabilità in sicurezza delle attività umane e liol preservare la integrità dei terreni e le dinamiche di loro evoluzione naturale. In questa sede si è inteso offrire una valutazione generale delle entità e problematiche connesse alla evoluzione geomorfologica dei territorio Provinciali, integrando il quadro conoscitivo con cui, in sede di strumenti di pianificazione comunali sia di tipo urbanistico che di protezione civile, debbono essere valutati gli effetti di processi di Flash flood che sempre maggiormente interessano il contesto territoriale, con produzione di flussi di trasporto solido connessi al degrado dei versanti e delle aree solcate dai corsi di acqua. In tale contesto, l’Autorità di Bacino del F. Arno all’interno del PGRA, ha introdotto l’analisi di tali eventi e la necessità di valutarne la incidenza ove si effettuino pianificazioni comunali sul territorio, indicando all’art. 19 della Disciplina di PGRA quanto segue: Capo III Disposizioni generali a scala di bacino Art. 19 - Indirizzi per le aree predisposte al verificarsi di eventi intensi e concentrati (flash flood) 1 . La mappa della pericolosità da flash flood di cui all’art. 6 definisce alla scala dell’intero bacino la predisposizione al verificarsi di eventi intensi e concentrati. 2 . Nelle aree classificate nella mappa di cui al comma 1 a pericolosità molto elevata ed elevata, per le finalità di cui all’art. 1 le Regioni, le Province e i Comuni, nell'ambito dei propri strumenti di governo del territorio si attengono ai seguenti indirizzi: a) per le aree urbanizzate sono da predisporre piani di protezione civile orientati ad affrontare tali eventi, coordinati con i piani di protezione civile sovracomunali e coerenti con la mappa di cui al comma 1;

b) in relazione alle previsioni che comportano nuove edificazioni sono da indicare criteri diretti alla fase di attuazione finalizzati a mitigare gli effetti di eventi intensi e concentrati, tra cui azioni di difesa locale e piani di gestione dell’opera integrati con la pianificazione di protezione civile comunale e sovracomunale;

c) al fine di diminuire la vulnerabilità degli elementi esposti, incentivare le azioni di proofing e retrofitting degli edifici esistenti e le azioni di difesa locale con particolare riguardo agli eventi di cui al presente articolo. Quale contributo alla individuazione su scala Provinciale di una differenziazione di potenzialità al comportamento fragile e di criticità territoriale a seguito di eventi piovosi estremi, è stata effettuata

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una differenziazione di criticità e predisposizione al dissesto, analizzando due dei componenti che contribuiscono alla diversa risposta dei terreni all’erosione quali la inclinazione dei versanti e del relativo reticolo idrografico (che costituiscono energia all’azione delle acque di ruscellamento) rispetto alla litologia dei terreni su cui si esplica tale azione i quali avranno una diversa tenacità e resistenza all’erosione grazie alla loro conformazione litologica. Ovviamente l’evoluzione geomorfologica di versante costituisce una condizione che risente di una numerosa altra serie di fattori ed elementi che ne contribuiscono la diversa capacità di resistenza agli effetti di degradazione delle piogge, quali la copertura vegetazionale, l’esposizione, la presenza di elementi antropici, la costituzione geotecnica, l’assetto idrogeologico e di falda, ecc. e quindi l’analisi effettuata non ha la capacità di specificare compiutamente la diversa potenzialità evolutiva dei terreni, bensì offrire un criterio che renda possibile approfondire alcune tematiche su bacini ristretti individuati a maggior potenziale criticità, in ambito di sviluppo degli studi e dei Piani richiesti dalle norme dell’Autorità distrettuale richiamate. Utilizzando i DEM della Regione Toscana 10x10 mt sono state identificate le pendenze del territorio e successivamente aggregato queste in sei classi significative ai fini geomorfologici: . pendenza 0-5% . pendenza 5-10% . pendenza 10-25% . pendenza 25-50% . pendenza 50-100% . pendenza oltre 100% È stato preso in considerazione il reticolo della L.R. 79/2012 attribuendo a tutti i corpi idrici la relativa classe di pendenza per tratti omogenei, che rappresenta l’inclinazione longitudinale all’alveo di scorrimento delle acque, proporzionale all’energia erosiva delle stesse. Per stimare la fragilità del territorio in rapporto all’azione erosiva, è stata effettuata una classificazione litologica ottenuta dall’aggregazione delle informazioni geologiche del CARG secondo il seguente schema: 0. frane, aree geomorfologicamente attive 1. paleofrane e aree geomorfologicamente quiescenti 2. depositi alluvionali sciolti o similari 3. accumuli detritici di versante sciolti o similari 4. litologie poco tenaci, scistose, argillitiche, pelitiche 5. litologie di media tenacità, siltitiche, flyshoidi miste 6. litologie tenaci calcaree, arenacee, ofiolitiche La classificazione del territorio Provinciale per capacità dei substrati a resistere alla azione erosiva delle acque di dilavamento e ruscellamento, è stata operata in primo luogo aggregando tra loro le frane e le aree geomorfologicamente attive riportate nelle cartografie CARG (classe 0) e le aree di paleofrane ed aree geomorfologicamente quiescenti (classe 1), distinguendo con tali aggregazioni le zone territorialmente più fragili e successivamente analizzando le altre parti di territorio attribuendo alle diverse costituzioni litologiche le classi dalla 2 alla 6 come segue:

Classificazione Nome ufficiale CARG Sigla CARG 2 Argille azzurre FAA 2 Argille e argille sabbiose lignitifere lacustri e fluvio-lacustri VILc 2 "Argille sabbiose, limi e argille siltose con intercalazioni sabbiose con fossili marini" FAAb

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2 Depositi alluvionali attuali b 2 Depositi alluvionali recenti, terrazzati e non terrazzati bna 2 Depositi alluvionali terrazzati bnb 2 Depositi lacustri e2a 2 "Depositi lacustri, lagunari, palustri, torbosi e di colmata indifferenziati" ea 2 Depositi palustri e3a 2 Depositi torbosi e4a 2 Limi argilloso-sabbiosi ed argille sabbiose VILh 2 "Sabbie, sabbie ciottolose e sabbie siltoso-argillose e limi sabbiosi" VILb 3 Depositi glaciali e fluvio-glaciali c1b 3 Sabbie e arenarie gialle. PLIs 3 Sabbie e conglomerati VILe 4 Argille di Fiumalbo FIU 4 Argille varicolori AVR 4 Argilliti della Val Lavagna LVG 4 Argilliti policrome e calcari BMSb 4 Brecce a matrice pelitica CCVc 4 Calcilutiti grigie e argilliti nocciola SILa 4 Complesso di M. Veri MVE 4 Formazione di Sillano SIL 4 Litofacies caotica CEV2a 4 Membro degli Scisti verdi QMS1 4 Membro delle Argilliti di Brolio STO1 4 Membro pelitico AQR3 4 Olistostroma di Monte Modino OMM 4 Olistostromi di materiale ligure e subligure MACa 5 Arenarie del Cervarola CEV 5 Arenarie di M. Gottero GOT 5 Arenarie di Suviana SUV 5 Arenarie zonate MACb 5 Argille a Palombini APA 5 Argille e Calcari di Canetolo ACC 5 Brecce calcareo-silicee STOa 5 Brecce di Monte Senario BMS 5 Brecce, conglomerati e filladi ASC 5 Conglomerati e ciottolami ad elementi arenacei VILg 5 Conglomerati e ciottolami poligenici VILa 5 Conglomerati marini poligenici PLIb 5 Diaspri DSA 5 Flysch di Ottone-Monteverdi OMT 5 Flysch di Sorba SRB 5 Formazione del Fosso della Ca' AFC 5 Litofacies a brecce del Monte Le Coste MMAb 5 Litofacies a brecce del Rifugio Battisti MMAa 5 Litofacies a brecce del Rio Rumale CIVa 5 Litofacies a brecce di Riccovolto FIUa 5 Litofacies arenaceo pelitica FIUb 5 Litofacies pelitico-arenacea TCG2a 5 Marne a Posidonomya POD 5 Marne di Baigno BGN 5 Marne di Civago CIV 5 Marne di Marmoreto MMA 5 Marne di S. Polo MACc 5 Marne varicolori di Villore MVV 5 Membro arenaceo-pelitic AQR1 5 Membro arenaceo-pelitico STA1 5 Membro dei Poggi di Fontanaluccia SRP1

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5 Membro delle Marne del Sugame STO2 5 Membro delle Marne di Rovaggio STO5 5 Membro di Camaldoli FAL2 5 Membro di Castellino SRP2 5 Membro di Fosso delle Valli FAL5 5 Membro di M. Filoncino STO6 5 Membro di Montalto FAL3 5 Membro di Montesilvestre VIC4 5 Membro di Poggio Belvedere MAC2 5 Membro pelitico-arenaceo AQR2 5 Scaglia Toscana STO 5 Successione Argilloso Calcare pre Campaniana AVP 6 Arenarie di M. Senario SEN 6 Arenarie di Monte Modino MOD 6 Arenarie torbiditiche quarzoso feldspatiche MAC1 6 Basalti bm 6 Calcare cavernoso CCA 6 Calcare Massiccio MAS 6 Calcare Selcifero della Val di Lima SVL 6 Calcare Selcifero di Limano LIM 6 Calcareniti di M.te Mosca MAIa 6 Calcari a calpionelle CCL 6 Calcari a Rhaetavicula Contorta RET 6 Calcari ad angulati ANL 6 Filladi quarzitiche e metarenarie SFS 6 Filladi quarzitico-muscovitiche e cloritiche FAF 6 Formazione dell'Abetina Reale ABT 6 Formazione della Verruca VEU 6 Formazione di M. Morello MLL 6 Gabbri con filoni basici GBB 6 Litofacies calcareo-marnosa APAa 6 Macigno MAC 6 Maiolica MAI 6 Membro a megastrati arenacei TCG1 6 Membro calcareo-marnoso SIL2 6 Membro del Torrente Dardagna CEV1 6 Membro del Torrente Fellicarolo CEV2 6 Membro delle Anageniti grossolane VEUa 6 Membro delle Anageniti minute VEUb 6 Membro delle Arenarie di Forrottole MMA1 6 Membro delle Calcareniti di Dudda STO4 6 Membro delle Calcareniti di Montegrossi STO3 6 Membro delle Quarziti bianco-rosa QMS3 6 Membro delle Quarziti verdi QMS2 6 Membro delle Quarziti viola zonate QMS4 6 Peridotiti serpentinizzate con filoni gabbrici e basaltici PRN 6 Pietraforte PTF 6 Quarziti e filladi QMS 6 Rosso Ammonitico RSA 6 Torbiditi arenacee e arenaceo pelitiche: Membro arenaceo CDP1 6 "Torbiditi arenaceo pelitiche in strati medi e spessi: Membro arenaceo pelitico" CDP2

Tale classificazione è stata attribuita a tutti i corpi idrici del Reticolo idrografico così come differenziato per diverse classi di pendenza longitudinale, creando 42 diverse combinazioni di incrocio tra gli elementi considerati concorrere alla identificazione delle condizioni di fragilità e tendenza alla evoluzione dinamica geomorfologica del territorio a seguito dell’azione erosiva e di

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destabilizzazione operata dalle acque incanalate (pendenze dei corsi di acqua del reticolo e litologia dei terreni interessati). Sono poi stati redatti grafici, per ciascuna delle sette tipologie di terreni (classi da 0 a 6), della lunghezza complessiva dei tratti di reticolo ricadenti nelle varie classi di pendenza attribuite ai corsi di acqua (pendenza <5% 5-10% 10-25% 25-50% 50-100% >100%) ottenendo la seguente caratterizzazione.

L’analisi sopra descritta ha quindi distinto sul reticolo idrografico del territorio una casistica articolata di diverso rapporto tra forza erosiva dei corsi di acqua (classi di pendenza) e capacità di resistenza da parte dei terreni (classi litologiche). Per poter rappresentare arealmente la diversa suscettibilità territoriale all’evoluzione idrogeomorfologica, si è reso necessario attribuire dei “pesi di criticità” alle 42 diverse situazioni implementate sul data base prodotto, potendo distinguere una gradualità di tendenza all’innesto- resistenza alla franosità dei terreni; per tale scopo si è reso necessario identificare sia le unità

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geometriche elementari del territorio su cui condurre l’analisi di valutazione e di sintesi, che stabilire le condizioni di diversa criticità del rapporto tra pendenze e tipologie di substrato. Per la individuazione delle aree elementari con cui suddividere il territorio Provinciale, si è operata una identificazione di sottobacini idrologici, utilizzando il DEM Regione Toscana 10x10 mt, di dimensioni e dettaglio sufficiente per distinguere le diverse tendenze territoriali in maniera dettagliata e tali da risultare coerenti con i comparti idraulici già determinati, di cui costituiscono organiche sotto unità territoriali. Per poter avere un campione statisticamente rappresentativo del rapporto causa-effetto studiato, questo tipo di analisi è stata effettuata su una superficie più ampia rispetto al territorio Provinciale, comprendendo anche parti di territori contigui delle Province di Firenze, Prato, Lucca. Sono stati ottenuti 329 sottobacini di studio, poi incrociati con la banca dati del reticolo idrografico come sopra classificato, attribuendo a ciascuno di essi le specifiche caratteristiche dei corsi di acqua classificati nelle suddette 42 casistiche di incrocio tra litologia e pendenza. Per giungere alla identificazione di una diversa propensione alla evoluzione geomorfologica dei suddetti sotto bacini individuati, è stata operata una valutazione di significatività delle diverse situazioni registrate secondo il seguente assunto primario: • si considerano accertate condizioni di disequilibrio per le aree riconosciute con “attività” e che sono comprese nella classe litologica 0 delle frane ed aree geomorfologicamente attive. • si considerano stabili le aree comprese all’interno della classe litologica 2 dei depositi alluvionali sciolti o similari

• si considerano potenzialmente attivabili dissesti e quindi potenzialmente degradabili le aree comprese nelle classi delle litologie 1, 3, 4, 5, 6, in funzione della diversa pendenza dei corsi di acqua che le stanno incidendo e quindi della diversa capacità erosiva di questi nei confronti della tenacità di resistenza dei materiali che caratterizzano le aree. Lo schema concettuale adottato è sintetizzabile come segue, dal quale si evince la necessità di individuare la classe di pendenza da considerarsi “critica” per attivare instabilità all’interno di aree a diversa costituzione litologica e quindi a diversa capacità di resistenza all’azione destabilizzante delle acque.

L’identificazione della pendenza considerata “critica” per l’attribuzione delle suddette categorie di propensione al dissesto, è stata effettuata non tanto in maniera deterministica sulla base di caratterizzazioni stratigrafico-geotecniche non possibili in questa sede di valutazione “estensiva”

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sull’intero territorio Provinciale di una tendenza evolutiva, ma cercando un criterio “statistico” e di stima induttiva da quanto rilevabile sul territorio, analizzando la distribuzione, per classi di pendenza del reticolo idrografico, delle aree riconosciute in attività geomorfologica dal CARG, (Carta Geologica Regionale), differenziandole per tipologia di substrato di pertinenza in cui si sono sviluppate e conseguentemente individuare per quali inclinazioni dei corsi di acqua si hanno condizioni di attività dei terreni e pertanto per quali inclinazioni di reticolo idrografico non si sono raggiunte condizioni di equilibrio. Usando le stesse classi litologiche di quelle precedentemente attribuite ai tratti di reticolo e vedendo la frequenza con cui si distribuiscono le condizioni di attività cartografate nei confronti della tipologia di substrato in cui si sono attivate, è stato assunto che la classe di pendenza in cui ricadono la maggior parte delle frane attive, distinte per tipologia di substrato, può costituire un indice di criticità in quanto per tali inclinazioni non si è ancora raggiunto l’equilibrio per tale tipologia di materiale. Conseguentemente si può desumere che condizioni di pendenze inferiori possano essere considerate meno critiche e quindi tendenzialmente a minor possibilità di innesto di evoluzione dinamica, mentre l’opposto può essere valutato per le condizioni di territorio con pendenze dei corsi di acqua superiori. L’analisi della distribuzione delle frane attive sui diversi substrati ha considerato le seguenti condizioni litologiche di base su cui si sono impostate tali dinamiche attive: ◊ accumuli detritici di versante sciolti o similari (valida per le classi di litologia 1 e 3) ◊ litologie poco tenaci, scistose, argillitiche, pelitiche (litologia 4) ◊ litologie di media tenacità, siltitiche, flyshoidi miste (litologia 5) ◊ litologie tenaci calcaree, arenacee, ofiolitiche (litologia 6) I grafici riassuntivi di quanto effettuato sono i seguenti, dai quali si nota un ragionevole incremento di pendenza della classe più frequente, andando dalle litologie meno resistenti (detriti, rocce tenere) a quelle maggiormente competenti (rocce miste, rocce tenaci)

Per ciascuna tipologia litologica di cui sopra, si è quindi considerata “critica” la classe di pendenza caratterizzata dalla massima presenza di aree in frana attiva, cioè la condizione di inclinazione dei

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pendi in rapporto al reticolo idrografico che mantiene la più frequente situazione di disequilibrio del territorio. Una volta identificate le classi “critiche” per ciascuna tipologia di condizione litologica testata, si è poi effettuata una distinzione, per ciascun singolo sottobacino analizzato, della diversa propensione all’evoluzione idrogeomorfologica in quattro categorie: Molto Elevata, Elevata, Media, e Mediocre, secondo il seguente criterio: La classe molto elevata è l’insieme delle aree con processi attivi riconosciuti e quindi da considerarsi critica a prescindere dalla pendenza dei corsi di acqua che stanno interessando i terreni. Le altre tre classi vengono distinte tra quelle per le quali è presente una propensione di minor grado rispetto alla precedente, ma comunque presente (elevata e media), della tendenza all’evoluzione di versante, in quanto aree con pendenze maggiori o uguali a quella critica e quindi con teorica capacità evolutiva per la ricerca di una condizione di equilibrio a minor inclinazione di reticolo idrografico di incisione dei versanti. La classe denominata a mediocre propensione all’evoluzione, può essere considerata in condizione tendenzialmente stabile, dato che presenta pendenze dei reticoli idrografici di incisione dei versanti inferiori a quelle risultate critiche dall’analisi condotta. Al fine di poter rappresentare per ciascun sottobacino (329) la rilevanza areale delle diverse condizioni di propensione alla evoluzione sopra descritte, si è individuata l’esistenza di una incidenza minima, significativa o importante, agendo sulla base del rapporto tra le lunghezze delle aste fluviali caratterizzate come sopra descritto e la superficie del sottobacino ad esse interessato, seguendo il seguente schema: Rilevanza: presenza della condizione di propensione cui si riferisce (in ml/mq sul bacino) - minima: non presente - significativa: presente per ml/mq inferiore al valore medio riscontrato sull'intero territorio - importante: presente per ml/mq superiore al valore medio riscontrato sull'intero territorio.

Il rapporto reciproco tra le due entità: rilevanza areale e propensione al dissesto è rappresentabile nel seguente schema che ripropone i colori di rappresentazione delle diverse condizioni nelle tre tavole citate:

criticità Molto Elevata criticità Elevata criticità Media

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AREE INSTABILI CON PROCESSI AREE A DIVERSA LITOLOGIA CON AREE A DIVERSA LITOLOGIA CON ATTIVI A PRESCINDERE DALLA PENDENZE DI RETICOLO PENDENZE DI RETICOLO PENDENZA DI RETICOLO IDROGRAFICO SUPERIORE ALLA IDROGRAFICO UGUALE ALLA SOGLIA CRITICA SOGLIA CRITICA La tav. 8 PROPENSIONE ALLA EVOLUZIONE GEOMORFOLOGICA rappresenta separatamente le condizioni di ciascun sottobacino riferite alle classi di propensione alla evoluzione idrogeomorfologica MOLTO ELEVATA, ELEVATA E MEDIA, corrispondenti alla presenza di processi attivi, alla presenza di reticolo idrografico con inclinazioni superiori a quelle “critiche” per le diverse litologie testate aggregate tra loro ed infine alla presenza di reticolo idrografico con inclinazioni uguali a quelle “critiche” per le diverse litologie testate aggregate tra loro. E’ stata a questo punto effettuata una sovrapposizione tra le tre carte così prodotte, aggregando quindi per ciascun sottobacino la terna di valori caratterizzativi della rilevanza areale delle diverse propensioni alla evoluzione considerate, rilevando che sul territorio Provinciale così come parcellizzato dai 329 sottobacini di studio si concretizzano n. 14 diverse combinazioni tra le 27 possibili dalle n.9 classi rappresentate nello schema precedente, le quali identificano una diversa cumulata di criticità quale sommatoria tra le varie condizioni emerse. La sintesi della criticità idrogeomorfologica è stata condotta infine attribuendo una gradualità tra le diverse combinazioni ottenute, andando da situazioni STABILI in quanto per tutte e tre le condizioni di propensione si hanno rilevanze areali minime (cioè non risulta presente tale condizione nella casistica territoriale analizzata) a quella MOLTO CRITICA in quanto presenti tutte e tre le diverse propensioni analizzate con una rilevanza areale importante. Lo schema seguente sintetizza la classificazione effettuata e rappresentata per ciascun sottobacino nella tavola di sintesi riportata nella tav. 8. PROPENSIONE ALLA EVOLUZIONE IDROGEOMORFOLOGICA

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La suddetta analisi e le cartografie di distribuzione areale della condizione della propensione all’evoluzione idrogeomorfologica dei bacini idrografici, intendono costituire un indirizzo di supporto alla valutazione di fragilità territoriale idrogeomorfologica in associazione alle indicazioni contenute nello studio dei flash flood del P.G.R.A. del Distretto Idrografico Appennino Settentrionale, nelle cartografie di pericolosità geomorfologica per frana dei P.A.I. delle Autorità di Bacino territorialmente presenti nel nostro territorio e delle carte di pericolosità geomorfologica dei P.S. (D.G.R.T. 53/R/2014).

7.8 Ambito idrologico - idraulico

7.8.1 Reticolo idrografico Da un punto di vista idrografico la maggior parte del territorio Provinciale è inserito nel bacino idrografico del Fiume Arno che interessa tutta l’area a sud dello spartiacque appenninico e raccoglie le acque della valle dell’Ombrone, a Est, e della Valdinievole, ad Ovest. Tutta la parte settentrionale della Provincia alimenta invece i bacini idrografici del Torrente Lima, dalle origini fino al confine con la Provincia di Lucca e del Reno, dalle sue origini fino al confine con la regione Emilia Romagna. Marginalmente all’estremità settentrionale, oltre il passo dell’Abetone, due piccoli sottobacini, drenano le acque verso il Fiume Panaro, affluente del Fiume Po. Il Torrente Lima nasce dal complesso montuoso compreso tra il Passo dell’Abetone ed il Monte Maiore, mentre il Fiume Reno si snoda su quote altimetriche mediamente elevate, nascendo dal Massiccio delle Lari ed attraversando il confine Provinciale in località Setteponti. Entrambi i corsi d’acqua attraversano aree scarsamente antropizzate ed urbanizzate. Nella parte meridionale della Provincia, i due corsi d’acqua principali sono l’Ombrone, nel settore Pistoiese, e il Torrente Pescia in Valdinievole. L’Ombrone nasce dal Poggio dei Lagoni, a 1084 m di altitudine e scorre per 35 km in territorio Provinciale fino alla località La Catena (38 m s.l.m.); percorre altri 8 km per poi sfociare nell’Arno, nei pressi di Poggio a Caiano. L’Ombrone e i suoi affluenti attraversano la zona più urbanizzata della Provincia, lambendo o attraversando centri come Pistoia, Agliana, Montale e Quarrata.

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Il Torrente Pescia drena le acque della parte sud occidentale del territorio Provinciale, per un ampio tratto di territorio che va dallo spartiacque con la Provincia di Lucca, fino al Padule di Fucecchio. Il corso d’acqua principale si origina dall’unione di due rami: il Pescia di ed il Pescia di Calamecca, le cui origini sono ubicate rispettivamente ai 1100 m della Penna di Lucchio ed ai 1011 m della Macchia Antonini e sfocia poi nel Padule di Fucecchio, nel quale confluiscono anche il Pescia di Collodi, il Torrente Borra ed il Torrente Nievole. L’area attraversata dai Torrenti Pescia, Borra e Nievole è intensamente urbanizzata nella parte orientale mentre la parte occidentale, pur non essendo molto urbanizzata, registra una elevata antropizzazione per la presenza di attività produttive importanti sia industriali che agricole. Per sviluppare l’analisi idrografica del territorio Provinciale a supporto delle valutazioni di indirizzo contenute nell’attuale P.T.C., è stato fatto ricorso al reticolo di gestione individuato dalla L.R. n.79/2012, successivamente approvato con D.C.R. n. 57/2013 e modificato con D.C.R. 101 del 21 dicembre 2016, che contiene tutte le aste dei corpi idrici presenti sul territorio toscano. Le informazioni afferenti i corpi idrici della L.R. 79/101 si limitano a classificare le aste in base al nome, all’appartenenza al reticolo idrografico ufficialmente riconosciuto, al consorzio gestore, ecc. Queste informazioni sono state integrate con le seguenti: Riconoscimento e classificazione come Reticolo Primario delle aste relative ai fiumi principali così come individuati dalle Autorità di Bacino (Torrente Ombrone, Torrente Stella e Torrente Calice). Questi corpi idrici sono individuati come riferimento primario per le verifiche idrauliche, così come prodotte nel modello idraulico fornito dall’Autorità di Bacino. Riconoscimento e classificazione come Reticolo Secondario delle aste relative ai fiumi principali sotto il profilo idraulico, individuati nelle aste classificate dalla ex D.C.R. n. 230/94 presenti nel P.I.T. del 2000 e successivi, integrandoli con altri corsi di acqua non classificati all’epoca ma ritenuti di analoga rilevanza. Su questi corpi idrici, seguendo le specifiche dettate dal P.G.R.A., si propone venga sviluppato il modello idrologico di analisi idraulica di supporto alla pianificazione urbanistica, accertando la sua compatibilità con le normative regionali in corso di elaborazione. Classificazione dei restanti corpi idrici come Reticolo Terziario; per queste aste, attraverso opportune valutazioni delle condizioni di ristagno e allagabilità o erosione e trasporto solido, può essere ipotizzato un loro utilizzo per estendere le conoscenze di particolari aree critiche e un loro apporto significativo ai processi di valutazione idraulica.

7.8.2 Analisi idrologico-idraulica dei corsi di acqua Quanto eseguito in questo contesto di analisi territoriale della componente idrologia-idraulica del sistema idrografico territoriale, si inserisce in un quadro normativo che delega ad altri Enti quali la Regione Toscana e l’Autorità di distretto Idrografico, il compito di effettuare analisi di dettaglio sui corsi d’acqua e/o dettare norme di indirizzo alle attività pianificatorie dei Comuni in tal senso (P.S, ecc.). Il contributo offerto dall’attuale analisi territoriale ha quindi cercato di incentivare una azione di indirizzo gli studi per il rischio idraulico a supporto dei Piani Strutturali in modo che questi non effettuare esclusivamente studi idraulici di modellazione dei flussi e loro compatibilità con le sezioni topografiche degli alvei, ma anche rivolgersi ad affrontare studi di dinamica geomorfologica in alveo (sovralluvionamenti, erosioni, trasporto solido, flash food, ecc.), identificando range di pendenze e/o condizioni morfologiche territoriali dei corsi di acqua a monte delle quali l’analisi sul reticolo idrografico possa omettere i modelli idraulici ed indirizzarsi invece all’analisi geomorfologia degli alvei e dei tracciati idrografici. Partendo dal DEM Regione Toscana 10x10mt ed utilizzando la carta delle pendenze (slope) relative alla fascia di 20mt di buffer lungo il reticolo Primario e Secondario così come precedentemente descritto, si sono distinti i tratti per classi di pendenza e confrontate con le fasce altimetriche del territorio relative ad ogni 100 mt s.l.m. Le Classi di pendenza adottate nella analisi dei corsi di acqua per valutare i punti di passaggio tra tratti collinari-montani e di pianura sono state le seguenti:

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- <=10%

- 10-25% - 25-30%

- 30-35% - 35-40%

- > 40% La caratterizzazione ottenuta è stata confrontata con le peculiarità morfologiche degli alvei da CTR2k per le aree campione della Lima, del Reno-Limentra, dell’area Pistoiese nord, dell’area Valdinievole nord e dell’area Montalbano ovest, accertando quali classi di pendenza e/o condizioni altimetriche debbano essere considerate in sede di Piano Strutturale come discrimine tra i tratti “di pianura” da sottoporre a modellazione idraulica e quelli “collinari-montani” dove effettuare congiuntamente o esclusivamente analisi di tipo geomorfologico di evoluzione degli alvei. Dall’analisi condotta risulta ragionevole assumere la condizione di pendenza >25% per sostituire alla sola analisi idraulica, propria invece dei tratti di pianura <10 % di pendenza ove prevalente è la criticità geometrica degli alvei a contenere i flussi idrici, con un’analisi finalizzata allo studio delle dinamiche geomorfologiche in alveo riferite al trasporto solido e agli effetti della sua dinamica sulla capacità di flusso nelle sezioni di alveo ristrette, ponti, briglie, ecc. Nei tratti ove la pendenza è compresa tra 10 e 25%, risulterà necessario accertare in sede di P.S. se sussistono le condizioni per effettuare entrambe le analisi o quale delle due risulta di minor rilevanza o addirittura omettibile. In tav. 5: RETICOLO IDROGRAFICO vengono rappresentate le differenziazioni tra reticolo primario, secondario e terziario come precedentemente descritti e la distinzione dei tratti con diverse pendenze longitudinali riferite alle tre diverse classi ritenute valide per indirizzare le attività di studio e di approfondimento a livello di P.S-. come precedentemente descritto e quindi pari a: - <=10%

- >10<=25%

- >25% La valutazione effettuata in questa sede ha comportato inoltre la produzione di una banca dati che contiene le celle DTM 10mt classificate a varia pendenza per un buffer di 20mt lungo l’asse fluviale le quali celle caratterizzano anche le sponde di alveo e i versanti prospicienti i corsi di acqua e quindi consentono una identificazione delle condizioni locali di maggior acclività e potenziale suscettibilità e propensione al dissesto anche in situazioni di medio basse pendenze longitudinali di alveo, su cui incentrare nei P.S. specifiche analisi e rilievi geomorfologici sulle condizioni di stabilità in rapporto alle dinamiche esistenti.

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Celle DTM classificate per diversa pendenza lungo i corsi di acqua.

7.8.3 Bacini e sottobacini idrografici.

Il territorio della Provincia di Pistoia è interessato da quattro grandi bacini idrografici riferiti ai fiumi Po, Serchio, Reno e Arno. Tendendo presente il Reticolo della 79/101, sono stati tracciati i sottobacini idrografici e aggregati in comparti, aree di studio funzionali ai processi di analisi idraulica, sulla base dei rapporti reciproci tra le diverse aste principali e le estensioni dei relativi reticoli idrografici afferenti. Il comparto è il concetto che sta alla base della proposta di lavoro, studi affrontati a livello intercomunale che favoriscano il raggiungimento di due obbiettivi; l’eliminazione delle incongruenze oggi presenti negli strumenti urbanistici vigenti e un congruo risparmio di denaro pubblico. La delimitazione dei sottobacini ha tenuto conto dei rapporti idrologici di creazione dei flussi idrici nelle parti collinari e montane delle aree di drenaggio e ha individuato, per ciascun comparto o sottocomparto, la porzione di territorio riferita ai comuni che lo costituiscono. Relativamente al Bacino del F. Arno, la particolare conformazione idrografica del territorio pistoiese rende necessario suddividere quanto poi afferisce al corso di acqua principale in due aree distinte relative l’una alla zona pistoiese, dove i corsi di acqua principali affluenti dell’Arno sono costituiti dal T. Ombrone, T. Calice e T. Stella che costituiscono specifici comparti autonomi, e l’altra alla Valdinievole in cui la presenza del Padule di Fucecchio e i condizionamenti antropici al sistema di smaltimento delle acque, ha determinato una condizione complessa di reticolo, in parte direttamente riferito allo sbocco in Padule ed in parte relativo ai colatori destro e sinistro dello stesso. Se infatti il Canale Usciana rappresenta lo scarico finale di tutta l’area valdinievolina verso l’Arno, le modalità di raccolta e flusso delle acque dal territorio avviene differenziando: - quelle che si riversano direttamente nell’area palustre (comparto Padule) - quelle che afferiscono al collettore Est del padule (comparto Canale del Terzo) - - quelle che afferiscono al collettore Ovest del padule (comparto Casale Capannone)

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Ciascun comparto viene poi suddiviso in sottocomparti idrografici , distinti dalla loro diversa peculiarità sia riferita al corso di acqua cui si riferisce il reticolo idrografico di sotto bacino, che alle caratteristiche territoriali di “acque basse” od “acque alte” che li contraddistingue. Gli schemi seguenti identificano la suddivisione ed articolazione del sistema idrografico effettuata e rappresentata nella Tav. 6 SOTTOBACINI E COMPARTI IDRAULICI.

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Per i 16 sottocomparti identificati, è stata individuata la diversa percentuale di appartenenza dei territori comunali nei comparti/sottocomparti identificati, relativamente a quelli appartenenti al territorio Provinciale, consentendo quindi di avere una distinzione della diversa incidenza di ciascun ambito amministrativo nella analisi idraulica da effettuare sui singoli bacini. Relativamente ai bacini che hanno uno sviluppo all’esterno del confine Provinciale, si sono inoltre identificati i comuni appartenenti alle province contigue, distinti per bacino e quindi tali da costituire indicazione di coinvolgimento extra Provinciale nell’affrontare analisi idrauliche territoriali di bacino congiunte o comunque interrelate tra loro.

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Dato che gli effetti esondativi nelle zone di pianura e arginate possono determinare effetti di criticità nei confronti di territori non appartenenti ai comparti di creazione dei flussi, sono state individuate le relazioni esistenti tra i diversi sottobacini e la conseguente necessità di confronto tra i risultati ottenuti dalle analisi idrauliche dei sottobacini contigui. In particolare, per l’area della Valdinievole è stata assunta a riferimento come linea di demarcazione a valle della quale considerare il rapporti reciproci di esondazione dei sottobacini, l’asse delle S.R. 435 e S.R. 436 corrispondente, in linea generale con il passaggio tra alvei incassati ad alvei arginati dei principali corsi di acqua. Tale necessità non é presente nelle aree montane, mentre nell’area Pistoiese questa si riduce alla sola situazione presentata dal comune di Agliana che, appartenendo pressoché totalmente al sottocomparto del Torrente Ombrone, risulta contiguo a nord al sottocomparto del Torrente Calice, del quale dovrà essere tenuto conto nella identificazione della esondabilità del territorio.

Territorio di pianura a valle del quale sono possibili effetti di esondazione su territori appartenenti a comparti contigui diversi da quelli di produzione dell’alluvionamento

Rapporto tra il territorio comunale di Agliana ed il comparto contiguo del T. Calice da cui possono provenire eventuali problematiche esondative

7.9 Ambito idrogeologico

Da un punto di vista idrogeologico, nel territorio pistoiese la permeabilità maggiore è attribuibile ai sedimenti alluvionali recenti e terrazzati e ai depositi detritici. La permeabilità di tali formazioni è primaria, cioè dovuta a spazi porosi comunicanti presenti fra gli elementi che costituiscono i depositi.

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Le altre formazioni esistenti nella zona sono o praticamente impermeabili, per l'alto contenuto di materiali argillosi (Complesso Eterogeneo e Scaglia Toscana), o presentano una certa permeabilità secondaria (arenaria "Macigno", Calcare Alberese). Tale tipo di permeabilità è conseguenza della fratturazione, caratterizzante principalmente i calcari, che può permettere la circolazione di acqua in profondità anche in rocce prive di porosità. Essa è direttamente proporzionale alla densità di fratturazione per cui si oscilla da una permeabilità medio - alta, alla quasi impermeabilità. Per quanto riguarda la falda freatica, dall'analisi delle iso piezometriche (curve di uguale quota assoluta, sul livello del mare, della superficie della falda) si evince che la tavola d'acqua, nella zona di pianura di entrambi i bacini, si trova a modesta profondità rispetto al piano di campagna. Il gradiente idraulico è piuttosto debole e il flusso delle acque segue a grandi linee quello dell'idrografia superficiale, con direziono nord - sud. I corsi d'acqua principali alimentano la falda in entrambi i bacini, mentre i torrenti minori non sembrano avere influenza marcata sulla morfologia della falda. La presenza di acqua nel sottosuolo è legata alla presenza di acquiferi: strati di roccia porosa in grado di immagazzinare, filtrare e cedere acqua. La Toscana è caratterizzata da una grande varietà di rocce e il territorio risulta suddiviso in unità idrogeologiche con caratteristiche di permeabilità assai diverse. Generalmente gli affioramenti di rocce permeabili sono poco estesi, per cui abbiamo acquiferi frammentati e separati da rocce poco permeabili che contengono risorse idriche singolarmente non elevate (salvo alcune eccezioni) ma complessivamente, consistenti. In Provincia di Pistoia ritroviamo tre acquiferi di un certo rilievo: l’acquifero carbonatico presente nella zona montuosa più settentrionale della Provincia e, soprattutto, i due acquiferi clastici, di origine alluvionale, presenti nella piana di Firenze-Prato-Pistoia e nella Valdinievole. Nella pianura di Pistoia, l’acquifero principale coincide con il delta conoide dell’Ombrone, le cui ghiaie raggiungono uno spessore massimo di 20-25 m, ma presentano frequenti, anche se sottili, intercalazioni di limi. Acquiferi di minore importanza si trovano quasi ovunque nella pianura, ma più frequenti lungo il margine appenninico e sempre in corrispondenza dei sedimenti fluviali. Nella parte centrale della pianura le sabbie e le ghiaie fluviali sono discontinue e da collegare con i paleoalvei dell’Ombrone e dei suoi affluenti. Le diverse ricostruzioni della superficie freatica effettuate nella pianura di Pistoia indicano che la tavola d’acqua si trova ovunque a piccole profondità (1-5 metri). La falda risulta alimentata principalmente dai conoidi dell’Ombrone, della Brana, della Bure e, per un buon tratto della pianura, anche dall’Ombrone stesso che è pensile rispetto alla piana alluvionale. Nella Valdinievole, l’acquifero principale è costituito da un orizzonte di ghiaie molto permeabili, deposte dai conoidi dei torrenti Pescia di Pescia, Pescia di Collodi e Nievole, provenienti dalle aree montane prospicenti la pianura (Pizzorne, Montagna Pistoiese, Montalbano) e appoggiate sopra un substrato roccioso profondo e un rivestimento neogenico a permeabilità medio bassa. La superficie freatica si trova, in genere, a pochi metri di profondità ed affiora in corrispondenza del Padule di Fucecchio che si allarga e si restringe anche come conseguenza delle variazioni del livello di falda. Questo acquifero è, in parte, alimentato anche dal sistema termale di Montecatini e Monsummano, le cui acque, grazie ad un meccanismo di termo artesianesimo, risalgono lungo il sistema di faglie ad orientamento NNO-SSE che borda la pianura alluvionale. Oltre a questo acquifero principale, la Valdinievole è interessata dai due sistemi idrogeologici contigui di Montecatini e Monsummano. Il campo idrotermale di Montecatini è caratterizzato da più sorgenti che presentano diverso contenuto salino (dal massimo di 20 g/l della sorgente Leopoldina al minimo della sorgente Rinfresco) a causa della diluizione di un’unica “acqua madre” da parte delle acque di una falda superficiale. Per contro, le acque termominerali di Monsummano subiscono una scarsa diluizione da parte delle acque superficiali e il loro residuo secco, rilevato nelle acque delle due sorgenti (Giusti e Parlanti), risulta pressoché costante anche se notevolmente più basso di quello rilevabile nelle acque di Montecatini. Nel Comune di Pistoia, infine, vi sono quattro aree di concessione di acque minerali in loc. Casetta del Faldo, Marina, San Felice e sorgente Orticaia.

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7.9.1 Vulnerabilità idrogeologica La tavola 7: IDROGEOLOGIA DELLA FALDA riporta una zonazione di vulnerabilità intrinseca all’inquinamento delle acque sotterranee elaborata «per complessi e situazioni idrogeologiche», producendo una CARTA DELLA VULNERABILITA’ DEGLI ACQUIFERI. Il metodo «per complessi e situazioni idrogeologiche» (CIS) si basa su valutazioni qualitative che tengono conto della permeabilità e tipologia dell’acquifero e soprattutto dello spessore della sua copertura. In riferimento alle situazioni idrogeologiche del territorio Provinciale la tabella che segue riporta la tipologia degli acquiferi con il relativo grado di vulnerabilità. I Comuni nei P.S. e nel R.U. provvedono a dettagliare ed aggiornare per il proprio territorio la cartografia relativa alla vulnerabilità degli acquiferi, secondo gli indirizzi del P.T.C., utilizzando le conoscenze di base ivi contenute, come riferimento di partenza per lo sviluppo di ulteriori studi di dettaglio di ambito comunale o locale di supporto agli atti di governo del territorio. La carta riporta le seguenti differenziazioni in funzione della permeabilità degli acquiferi presenti e delle protezioni che questi hanno da parte della copertura non acquifera di superficie:

Classi di vulnerabilità Descrizione

4a - Alta •Acquiferi ad alta permeabilità con copertura ridotta o assente •Acquiferi in complessi carbonatici a frattura e a carsismo molto sviluppati •Acquiferi in arenarie molto fratturate •Acquiferi a permeabilità media con copertura ridotta o assente

•Acquiferi a permeabilità elevata con copertura a permeabilità molto bassa o 3a - Medio-Alta nulla di spessore compreso fra 1 e 5 metri •Acquiferi in complessi carbonatici con moderato carsismo e interstrati argillitici e/o marnosi •Acquiferi a permeabilità media con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore fra 5 e 10 metri

•Complessi flyschoidi costituiti da alternanze di arenarie e/o calcari e/o marne 2a - Medio-Bassa •Acquiferi a permeabilità elevata con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore fra 10 e 20 metri •Complessi prevalentemente argillitici con intercalazioni arenacee e/o carbonatiche in cui si sviluppa una circolazione idrica sotterranea molto compartimentata 1a - Bassa •Acquiferi con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore maggiore di 20 metri •Complessi argillitici con circolazione idrica praticamente assente

Nella Tav. 7 sono poi riportatI i risultati di una aggregazione dei dati relativi alla esistenza di pozzi per lo sfruttamento della risorsa idrica di falda, acquisibili dalla banca dati LaMMa e ISPRA, oltre che dalla consultazione di parte del catasto dei demanio idrico relativamente all’area della Valdinievole. Da quanto è stato possibile acquisire è stata prodotta una carta di ubicazione dei punti di acqua censiti da LaMMa e ISPRA sino al 2016 e che riguardano l’intera estensione della Provincia, ubicazione che mantiene l’alea di dubbio sul fatto che alcuni pozzi segnalati possono essere anche doppi in quanto facenti parti di entrambi i data base, anche se la non perfetta loro corrispondenza di

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georeferenziazione non permette una automatica eliminazione delle doppie segnalazioni eventualmente presenti. Scopo di tale carta può quindi individuarsi quale prima indicazione di possibile presenza di punti di captazione in un dato luogo e indirizzare ad approfondimenti di maggior conoscenza diretta di quanto effettivamente presente sul posto. Relativamente alla posizione dei pozzi nell’area delle salvaguardie e protezione termale di Montecatini – Monsummano, è stato fornito dell’Ufficio Regionale del Demani Idrico, la posizione dei punti di acqua di emungimento idrico di sottosuolo presenti nel loro archivio e di essi è stata prodotta la carta di ubicazione in rapporto alle aree di cui alla DCRT 73/2014. Per una preliminare evidenziazione della pressione di emungimento da parte dei pozzi in ambito di pianura pistoiese e valdinievolina, riferita alla densità di punti di captazione segnalati a prescindere dalla loro profondità e quantità potenziale o effettiva di emungimento, è stata infine prodotta una carta della densità dei pozzi ubicati che, sulla base di una analisi statistica che permette di valutare in senso relativo tra loro (e quindi superando di fatto eventuali doppie posizioni di punti di captazione provenienti da catasti diversi tra loro e potenzialmente anche in parte sovrapponibili) dove si concentrano le maggiori pressioni di sfruttamento idrico. Dalla consultazione dei risultati conseguiti appare evidente la situazione di maggior sfruttamento esistente nell’area dei vivai pistoiesi sia verso sud rispetto alla città che in direzione est, oltre che nella zona meridionale del Comune di Pescia.

7.10 Ambito idrotermale

Il territorio Montecatinese e Monsummanese, correlati tra loro strutturalmente ma separati per tipologia di risorsa idrotermale sfruttata, costituiscono una specifica peculiarità nel contesto geologico-strutturale della Provincia di Pistoia, caratterizzato dalla presenza di litologie mesozoiche calcaree usualmente non presenti nella restante parte di territorio Provinciale se non nelle sue estreme propaggini NW della Val di Lima ai confini con la limitrofa lucchesia. Sotto un generale profilo geologico, l’area termale di Montecatini Terme insiste presso il margine nord orientale della pianura della Valdinievole, un'ampia depressione occupata nel Quaternario antico da un bacino lacustre ed oggetto di intensa bonifica sino ai primi anni del secolo scorso. L’attuale configurazione geologica del territorio in esame rappresenta la fase finale di un complesso processo di trasformazione di vasti ambienti geologici che hanno nel tempo subito una lenta e profonda trasformazione. L’area considerata appartiene difatti al comprensorio geologico-strutturale dell’Appennino settentrionale, rispecchiandone i caratteri salienti; sono presenti due stili tettonici sovrapposti: uno plicativo-compressivo, relativo all’orogenesi appenninica, e uno rigido-distensivo relativo alla fase post-orogenica. La prima delle due fasi deformative, che ha prodotto la struttura a falde dell’Appennino Settentrionale, ha causato il corrugamento della Serie Toscana e il sovrascorrimento delle Liguridi; la successiva ha originato una struttura costituita da una serie di blocchi sollevati (“horst”) e di aree depresse (“graben”) disposti parallelamente fra loro e delimitati da sistemi di faglie dirette con orientamento appenninico (NW-SE). Il territorio termale risulta incluso in un “graben”, esteso dal Montalbano al Monte Pisano fino alla Valdelsa, che ha accolto la sedimentazione delle formazioni neogeniche. La trasgressione marina che interessa la Toscana occidentale per quasi tutto il Messiniano (Miocene superiore) non raggiunge la zona in esame, soggetta in questo periodo a una sedimentazione lacustre, con prevalenza di argille e argille sabbiose, talora con livelli lignitiferi. Una trasgressione di entità ben più rilevante si verifica dall’inizio del Pliocene in tutto il Valdarno inferiore, dalla costa fino alle pendici del Montalbano, coinvolgendo in questo caso anche il territorio dell’attuale Padule di Fucecchio: si ha anche quindi la deposizione di sedimenti marini prevalentemente argillosi nelle aree più depresse, mentre nelle fasce pedemontane predominano sabbie e depositi conglomeratici costieri.

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Al termine del Pliocene (Astiano), circa 2 milioni di anni fa, una rapida regressione porta al definitivo instaurarsi di un ambiente lacustre che comprende le depressioni di Fucecchio e Bientina comunicanti fra loro: si forma un grande lago esteso dai piedi dell’Appennino fino alla dorsale del Monte Albano lambendo i Monti Pisani, delimitato a Sud dalle colline di età pliocenica di Cerreto Guidi. Tale bacino è interessato da una deposizione di sedimenti villafranchiani fluvio - lacustri a granulometria prevalentemente fine.

Il quadro conoscitivo dell’idrotermalismo montecatinese ha avuto una evoluzione nel tempo, con studi ed approfondimenti che hanno preso lo spunto dalla prima ricostruzione dell’area termale a seguito degli studi effettuati dall'Università degli studi di Pisa (Trevisan et alii) e pubblicati nel 1967 in una monografia dal titolo: ”IDROGEOLOGIA DELLE TERME DI MONTECATINI”. Nello studio si formula un ipotesi (già avanzata da L.Trevisan nel 1954) che è sommariamente la seguente: “lungo la faglia presso la sorgente Leopoldina risale l’”acqua madre”, ossia quella proveniente dalla circolazione profonda, con la massima salinità (residuo fisso intorno a 18 grammi per litro) e la massima temperatura (intorno a 34°).

Nella parte superiore del complesso calcari-diaspri (che costituiscono il basamento roccioso al di sotto dell’area “termale” dove sorgono gli stabilimenti) circolano le acque poco profonde, provenienti con tutta probabilità dalla collina delle panieraie (poco a nord delle sorgenti) dove affiorano diaspri e calcari permeabili. La scaglia e il deposito lacustre del Quaternario formano il “tetto” impermeabile della falda artesiana; ma il deposito lacustre contiene livelli di sabbia e ciottoli, specialmente nelle aree di bordo-bacino, nei quali circolano miscele delle due acque. Le varie sorgenti erogano acque provenienti dalle varie falde ciottolose e sabbiose del deposito lacustre, come già si trova esposto nei volumi di Savi e Fedeli (1870), con l’osservazione che nei pozzi l’acqua affluiva lateralmente anziché dal fondo. Fa eccezione la Leopoldina, nella quale, con i lavori di sistemazione del 1953, è stato cementato il pozzo per tutto lo spessore dei terreni quaternari e pertanto tutta l’acqua proveniente direttamente dai diaspri. Probabilmente anche nella sorgente Tettuccio una parte almeno delle acque proviene dai diaspri, che vennero trovati alla profondità di 40 metri (Canavari 1923). Le miscele in varie proporzioni delle acque profonde termominerali con le acque meno profonde avvengono già nella formazione dei diaspri forse anche nei calcari sottostanti) ed infine nei livelli ciottolosi sabbiosi dei depositi lacustri”.

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Nei primi anni '80, in prosecuzione con gli studi già effettuati dall'Università di Pisa, viene realizzato un approfondimento ed un aggiornamento dei dati esistenti sull'idrogeologia del Campo Termale di Montecatini, con particolare riferimento alla circolazione superficiale e medio profonda delle acque minerali e non mineralizzate. Lo studio venne realizzato da ECOGEO srl di Pistoia su incarico dell'Amministrazione Comunale di Montecatini Terme a supporto di una variante generale al PRG. L'intento dell'approfondimento era anche quello di apportare una rigorosa regolamentazione degli interventi sul territorio non sufficientemente normata dalle NTA allora vigenti. In tali studi viene considerato valido il sistema di circolazione idraulica profonda ma si cerca di migliorare i modelli di circolazione superficiale e medio-profonda su cui esistono pochi dati. Vengono quindi redatte le carte isopiezometriche del territorio comunale ottenute attraverso il censimento e le misure dei pozzi esistenti, nei periodi di magra e morbida. Con i dati raccolti durante i censimenti sono state redatte le Carte di Isosalinità per individuare, ove possibile, le direttrici di dispersione delle acque termali nella pianura alluvionale. Lo studio effettuato costituisce un approccio preliminare alla ricostruzione della circolazione proposto per le acque superficiali e di media profondità, tuttavia fornisce delle informazioni significative sulle direttrici di drenaggio della falda freatica e sulla estensione areale del fenomeno della mineralizzazione delle acque. Di particolare interesse, in tale studio, appare anche l'esistenza di fattori di autoprotezione delle sorgenti, quale l'elevata pressione idrostatica e il probabile miscelamento con falde sotterranee non eccessivamente superficiali.

Successivamente lo studio realizzato a supporto del Piano Strutturale di Montecatini Terme da parte del Dott. Chetoni ha completamento rivisto l'ipotesi di circolazione profonda delle acque termali che sono ricondotte, come genesi, all'attraversamento dei depositi salini posti in profondità ai depositi lacustri che occupano il “graben” che ha accolto la sedimentazione delle formazioni neogeniche e con essa la trasgressione marina dell’inizio del Pliocene.

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Il nuovo schema di circolazione non prevede quindi l’attraversamento dei depositi triassici della serie toscana con una “rapida” risalita lungo la faglia rilevata in corrispondenza dello stabilimento Leopoldine, bensì una circolazione più articolata che, dopo aver attraversato i depositi di trasgressione pliocenici nella parte più profonda del Graben, dove in superficie insiste il Padule di Fucecchio, risale verso l’area collinare ed emerge in corrispondenza delle pareti di faglia che costeggiano il bacino paleolacustre. L’”acqua madre”, secondo questo schema, percorre quindi quei livelli sabbiosi e ghiaiosi contenuti nei depositi lacustri e si mescola in modo estremamente complesso con le acque di origine più superficiale.

Per quanto attiene il bacino idrotermale di Monsummano, lo schema generale della circolazione che alimenta le risorgenze termali, prevede l’attraversamento dei depositi triassici della serie toscana con una “rapida” risalita lungo la faglia rilevata in corrispondenza della Cava del Colle di Monsummano. Dalla carta geologica sottostante di evince l’intensa tettonizzazione dell’affioramento calcareo di Monsummano alto dove la faglia ha esumato i livelli calcarei mesozoici. Il sistema di fagliazione è in chiara continuità con quello rilevato ai piedi della collina delle Panteraie ed anche in questo caso assume un ruolo fondamentale nel complesso sistema di circolazione idrotermale. Dalle informazioni forniteci dal Dott. Chetoni, autore di uno studio a supporto di un Piano attuativo privato (quindi ad oggi non disponibile) per la società Grotta Giusti spa, le acque termali risalenti lungo la faglia principale si mescolano in superficie con le acque provenienti dal Colle di Monsummano prevalentemente calcareo. Una volta in superficie le acque “traboccherebbero” lungo la direttrice della faglia verso le due principali stazioni Termali, Grotta Giusti e Grotta Parlanti. Secondo altri autori, la diversa salinità delle acque rispetto a quelle di Montecatini (sorgente Leopoldina) e soprattutto dei tempi più ristretti che intercorrono tra le massime precipitazioni e le massime portate delle sorgenti potrebbe essere causata proprio dal diverso schema di circolazione delle acque più superficiali.

Il più recente studio riferito ala zona termale valdinievolina è costituito da quanto prodotto in Attuazione del protocollo d’intesa Regione/CNR Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) di Pisa per il monitoraggio delle risorse termali (DGR n° 1007/2207) - Attivazione ricerca /studio nell’area termale Valdinievole-Montecatini-Monsummano, da parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche STUDIO DEI SISTEMI TERMALI DI MONTECATINI E MONSUMMANO TERME nella Relazione finale del Maggio 2011 di cui si riportando di seguito le conclusioni a cui è giunto. CRITICITA’ E MONITORAGGIO (studio CNR Maggio 2011) “Al momento non si intravedono particolari condizioni di criticità per entrambi i sistemi termali analizzati. L’attuale sfruttamento risulta piuttosto adeguato all’andamento pluviometrico, anche se sarebbe opportuno per il futuro avere la disponibilità di record di misure nel tempo relative non solo alle portate, ma riguardanti anche i livelli e/o le pressioni pertinenti agli acquiferi sfruttati, nonché di analisi chimiche, che possano rendere conto di eventuali evoluzioni delle caratteristiche dei fluidi utilizzati. Sarebbe inoltre opportuno tenere un registro delle diverse operazioni effettuate sulle sorgenti e pozzi al fine di poter stabilire univocamente se eventuali cambiamenti nel regime di erogazione siano indotti artificialmente, o dipendano da processi naturali. Per quanto riguarda Montecatini, buone risultano le potenzialità del serbatoio in roccia con notevoli capacità di erogazione, come evidenziato sia dai dati prodotti durante presumibili test negli anni ‘50, sia dalle prove eseguite al completamento del pozzo Leopoldine 3, che hanno mostrato potenziali erogazioni sino a circa 100 l/s. Quindi, almeno dal punti di vista teorico, potremmo ritenere plausibili sostanziali incrementi della portata delle Leopoldine rispetto ai 6 l/s in media, che ci risultano dai dati conferitici dalla Società delle Terme di Montecatini relativamente al periodo 1980-2003.

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Rimane però da capire quale possa essere l’effetto dell’aumento dell’erogazione sui vari punti d’acqua del sistema termale e quali ripercussioni l’eventuale depressione del serbatoio carbonatico possa avere sulle aree circostanti. Da quanto contenuto nella relazione tecnica relativa al pozzo Leopoldina 3 è evidente che esiste un interconnessione fra le varie captazioni. Durante le osservazioni condotte dai tecnici delle terme sono state, infatti, osservate variazioni sensibili dei livelli, anche se, indubbiamente, in corrispondenza di portate notevolmente elevate. Non ci è noto quale sia la possibile portata di esercizio che si vorrà mantenere in futuro, ma, in questa sede, bisogna sottolineare che eventuali criticità potrebbero sorgere in seno al campo termale, per possibile ingressione di acqua fredda, in funzione di possibili decrementi della pressione nel serbatoio in roccia. Questi ultimi potrebbero favorire tale ingressione, con sostanziali modifiche delle caratteristiche chimiche e termiche delle varie emergenze e diminuzione delle loro erogazioni. A tutto ciò si deve aggiungere che un eventuale decremento delle pressioni nel serbatoio in roccia, a cui è logico associare anche una variazione del carico idraulico negli acquiferi nei materiali porosi, si potrebbe tradurre in processi di compattamento di questi ultimi e, in caso di condizioni di erogazione esasperata, perfino in processi di restringimento delle fratture. Tutto ciò potrebbe causare nel tempo fenomeni di subsidenza di carattere praticamente irreversibile, con gravi danni agli edifici circostanti. E’ necessario quindi, prima di mettere in esercizio i pozzi, procedere ad uno studio di dettaglio del campo termale, basato su prove di portata di lunga durata (esigenza più volte manifestata alla Direzione Tecnica), durante le quali sarebbe indispensabile tenere in osservazione sia le portate, sia i livelli delle varie emergenze e pozzi presenti nell’area di pertinenza, nonché la pressione del serbatoio termale. Tali prove che, a nostro parere, dovrebbero essere effettuate cautelativamente nel periodo di magra (Settembre – Ottobre) dei sistemi acquiferi, dovrebbero essere inoltre corredate dal rilevamento delle caratteristiche termiche e chimiche delle varie acque (sarebbe probabilmente sufficiente monitorare la conducibilità elettrica dei fluidi per ottenere importanti informazioni riguardo al chimismo). Sarebbe inoltre utile istituire una rete di monitoraggio per il campo termale di Montecatini, consistente in piezometri e idonei strumenti di misura. A nostro parere sarebbe opportuno disporre di quattro piezometri, due dei quali a ridosso delle aree abitate e due nelle aree circostanti le sorgenti Rinfresco e Padulette - Tettuccio. Tali piezometri avrebbero lo scopo di monitorare, con opportune sonde, sia lo stato della pressione al contorno dell’area di sfruttamento, sia l’evoluzione delle caratteristiche chimiche delle acque in relazione ai pompaggi. Sarebbe, inoltre, opportuno prevedere un ulteriore piezometro, ubicato preferibilmente ad una certa distanza dal pozzo in emungimento, che raggiunga il serbatoio in roccia, nel quale sarebbe importante misurare nel tempo sia l’andamento della pressione, sia quelli della temperatura e della conducibilità elettrica. Nel caso si opti per un programma di minima, ma si proceda comunque all’incremento dello sfruttamento, si ritiene indispensabile, comunque, disporre due piezometri nei depositi della copertura, a ridosso delle aree edificate nei quali monitorare almeno il livello (o la pressione in caso di fluenza spontanea) ed inserire opportune sonde di misura della conducibilità e della temperatura presso il Rinfresco ed il Tettuccio. In tali condizioni logicamente non avremmo indicazioni sui livelli presso queste ultime emergenze, che hanno carattere di artesianità, e le osservazioni riguardanti la portata dovrebbero essere opportunamente intensificate. Nel contempo, nel caso non si voglia procedere alla perforazione “profonda” relativa al piezometro entro il serbatoio in roccia, sarebbe necessario installare comunque sul pozzo Leopoldina 3 un’opportuna sonda per misurare almeno la pressione accoppiata ad idoneo strumento registratore ed utilizzare il pozzo Leopoldina 2, destinandolo, a patto che ne sussistano le condizioni, a pozzo di osservazione, in cui installare le apparecchiature per il monitoraggio dei principali parametri sin qui evidenziati. Per quanto riguarda Monsummano, dato che le attività presso la Grotta Parlanti sono interrotte da anni, non si evidenziano particolari conflitti. E’ logico comunque che, nel caso la

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struttura anzidetta dovesse riprendere l’attività termale, i conflitti sarebbero inevitabili, considerato che gli abbassamenti dei livelli prodotti dall’emungimento del pozzo Cavagrande, come qualsiasi altro sfrutti l’acquifero calcareo, si propaga velocemente in tutto il massiccio carbonatico con minime differenze ≈1( m) fra il pozzo in erogazione e le aree p eriferiche. E’ evidente inoltre che eventuali perforazioni all’intorno degli affioramenti carbonatici dovrebbero essere condotte con cautela, evitando di raggiungere il serbatoio calcareo. Considerate le caratteristiche delle acque termali di Monsummano, probabilmente una concentrazione in SO4 superiore ai 300 mg/l e temperature di 22-25 °C delle acque potrebbero essere elementi indicatori della presenza di acque termali. Infine, nel caso si volesse incrementare la portata di sfruttamento, questa non dovrà assolutamente superare l’alimentazione meteorica nel locale affioramento carbonatico, che grossolanamente stimata nel presente lavoro fra 13 e 20 l/s, dovrebbe essere più accuratamente valutata attraverso opportuni studi di bilancio. Nella zona di Monsummano ci risultano essere operative delle sonde per la misura di livello sia nel pozzo Cavagrande, sia presso Grotta Giusti. E’ fondamentale che queste sonde sino mantenute efficienti nel tempo e non sarebbe sconveniente migliorare il rilevamento dei dati, facendo in modo che esse acquisiscano anche gli elementi relativi a conducibilità e temperatura. Per ciò che riguarda la Grotta Parlanti, la sonda che ci risulterebbe essere attiva, essendo collocata all’interno di una cavità di soli due metri di profondità, è insufficiente a fornire in maniera soddisfacente le informazioni del caso. Sarebbe pertanto opportuno prevedere, in questa parte dell’affioramento carbonatico, un pozzetto di osservazione che si spinga almeno a 10-15 m al di sotto della tavola d’acqua, nel quale inserire una opportuna sonda che, possibilmente come le altre, registri livello, conducibilità elettrica e temperatura. Risulterebbe, inoltre, utile che il contatore che misura l’erogazione del pozzo Cavagrande venisse affiancato da opportuno registratore. Il monitoraggio nel tempo dei vari parametri nei diversi punti d’osservazione costituirà un fondamentale elemento di controllo per la gestione delle acque termali nella zona di Monsummano.”

CONCLUSIONI (studio CNR Maggio 2011) “Le acque termali di Montecatini e di Monsummano emergono in prossimità di affioramenti di rocce che costituiscono il principale acquifero regionale, comprensivo sia delle formazioni carbonatiche mesozoiche, sia delle sovrastanti formazioni dei Diaspri. Le indagini geologico strutturali condotte hanno evidenziato che le formazioni anzidette sono strutturate a nucleo di pieghe antiformi più o meno pronunciate, vergenti verso E con fianchi orientali localmente rovesciati. I nuclei sono percorsi da sistemi di faglie normali e trascorrenti, diretti prevalentemente NW-SE e SW-NE. L’alto strutturale del Colle delle Panteraie è legato alla presenza di due sistemi principali di faglie orientati NNW-SSE e NNE-SSW, che si intersecano al di sotto dei depositi alluvionali e fluviali, in corrispondenza dell’area di Montecatini Terme. Analogamente anche la struttura di Monsummano appare regolata da sistemi di faglie, con il versante occidentale del colle di Monsummano Alto interpretabile come l’espressione morfologica di una zona di faglia principale diretta NW-SE, che potrebbe trovare il suo prolungamento verso S nella faglia che delimita il fianco occidentale della dorsale del Monte Albano, evidenziata dall’analisi delle anomalie gravimetriche. L’indagine strutturale, che ha interessato i nuclei carbonatici del Colle delle Panteraie, del Colle di Monsummano Alto e della zona di Marliana, ha messo in luce l’esistenza di un intricato complesso di fratture a sviluppo prevalentemente sub verticale a direzione variabile nei tre nuclei carbonatici esaminati. E’ proprio all’incrocio dei suddetti sistemi di faglie e fratture che sono presenti le principali manifestazioni termali rappresentate sia dalle emergenze calde oggi utilizzate, sia dai depositi di travertino, che, come noto, è prodotto per precipitazione di CaCO3 da acque, fondamentalmente termali, da sature a sovrassature in calcite per perdita di CO2. Si evidenzia che, oltre ai travertini presenti presso gli affioramenti carbonatici di Montecatini e

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Monsummano in prossimità delle note emergenze termali, esiste un deposito di travertino nella zona di Ponte di Serravalle, che, sebbene caratterizzato dall’assenza di sorgenti calde, segnala una pregressa attività idrotermale di una certa consistenza. Nel complesso i nuclei carbonatici del Colle delle Panteraie e di Monsummano Alto, assieme a quello affiorante poco più a N nei dintorni di Marliana, definiscono un allineamento di unità carbonatiche mesozoiche, che risulta in parte disassato in corrispondenza della Valdinievole. Il dislocamento dei diversi nuclei carbonatici suggerisce la presenza di una discontinuità principale, con orientazione antiappenninica, ocalizzata in corrispondenza della Valdinievole lungo la quale si trova, appunto, il travertino di Ponte di Serravalle. Conferme dei principali aspetti strutturali sono state fornite dalla prospezione gravimetrica, che si è basata sulla misura del dato gravimetrico relativo a oltre 190 stazioni distribuite su un area di circa 25 km2 . La successiva elaborazione dei dati e la modellazione della anomalia residua lungo tre profili significativi hanno consentito di ricostruire l’assetto principale delle strutture geologiche nell’area di studio e di redigere tre sezioni geologiche interpretative. Nonostante i limiti delle sezioni elaborate, data l’incertezza dei contrasti di densità delle rocce da adottare in relazione alle litologie presenti nella zona di indagine, due indicazioni, a nostro avviso importanti, emergono dall’indagine gravimetrico-strutturale: a) i serbatoi termali, fondamentalmente costituiti dai carbonati mesozoici della Falda Toscana, presentano diversità nelle due aree termali esaminate, essendo quello di Monsummano pressoché privo, o caratterizzato da deboli spessori, della serie evaporitica triassica, che sembra invece essere piuttosto sviluppata nella zona di Montecatini, dove si pensa possa raggiungere spessori intorno ai 300 m circa;

b) i serbatoi appaiono separati in corrispondenza del lineamento della Valdinievole dove viene ipotizzato un setto relativamente poco permeabile, interpostosi per faglia, rappresentato da formazioni liguridi e dai termini più recenti della Falda Toscana.

Le diverse caratteristiche stratigrafiche ipotizzate per la successione carbonatica mesozoica della Falda Toscana che costituisce il serbatoio nei sistemi di Montecatini e Monsummano, come indicato anche dai dati di δ 13C, sembrano essere confermate dai dati chimici pertinenti alle due aree. Le acque di Montecatini sono, infatti, di tipo Na-Cl con importanti contenuti in SO4 e salinità che arrivano a 18 g/l, mentre le acque di Monsummano, di tipo Ca-SO4 hanno salinità inferiori a 2.5 g/l. E’ quindi evidente, data la tipologia dei fluidi erogati, che a Montecatini il serbatoio contiene livelli di salgemma, che sono pressoché assenti a Monsummano, considerato che la massima concentrazione in Cl delle acque di questo sistema termale è poco superiore ai 300 mg/l. Come detto i tenori in SO4 sono sempre elevati e per entrambi i sistemi le acque più saline risultano pressoché sature in gesso o anidrite, indicando chiaramente un’interazione della circolazione con la serie evaporitica triassica, come supportato anche dal valore δ34 S= 16‰ tipico della serie citata. Che a Montecatini il Cl sia legato al SO4 è evidente, data la perfetta correlazione fra i due elementi che presenta un coefficiente (r) pari praticamente a 1. Quindi SO4 e Cl hanno la stessa origine, che deve individuarsi con l’interazione delle acque con i livelli evaporitici triassici della successione toscana. E’ quindi da escludere come ipotesi certamente originale, ma altrettanto fantasiosa, quella per cui il Cl deriverebbe dall’interazione delle acque con duomi salini o diapiri presenti nella pianura. La pianura, come comprovato anche dai dati isotopici (δ18O e δ13C), ha poco a che fare con la circolazione dei fluidi caldi di Montecatini l’origine dei quali deve ricercarsi nell’infiltrazione di acque meteoriche a monte delle emergenze. Il ripetuto campionamento ed analisi del contenuto in δ18 O di una serie di piccole sorgenti, opportunamente selezionate a quote variabili fra 100 e 1700 m circa, comprese fra la pianura di Monsummano-Montecatini e δ18 O/quota (r =0.98), attraverso la quale è stato possibile

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fornire utili indicazioni sulla circolazione relativa ai sistemi termali studiati. Essa ci ha, infatti, permesso di definire come principale area di alimentazione meteorica di Monsummano l’affioramento carbonatico ivi presente, mentre per Montecatini ci ha consentito di: a) escludere con certezza qualsiasi relazione delle acque termali con il T. Lima, anch’esso più volte campionato nel corso dello studio, e fino ad oggi ritenuto alimentare in qualche modo il campo termale suddetto;

b) stabilire che le quote medie di alimentazione di Montecatini vanno da 150 a 500 m s.l.m. circa, con le acque più saline (gruppo Leopoldine) che provengono dalle quote maggiori e quelle meno saline (Padulette e Rinfresco) da quelle minori.

I dati di trizio, radioisotopo dell’idrogeno utilizzato per datare le acque, lasciano spazio a qualche ambiguità, dato che potrebbero indicare processi di infiltrazione sia recenti (anni 80- 90), sia relativamente antichi (anni 50); essi denotano, comunque, acque più vecchie a Monsummano che non a Montecatini e per quest’ultimo sistema indicano che i termini più salini sono caratterizzati da contenuti in trizio minori rispetto ai termini più diluiti. E interessante, quindi, osservare che per Montecatini maggiore è la salinità delle acque erogate, più elevata è la relativa quota di alimentazione (minore è infatti il loro contenuto in δ18 O) e maggiore è la loro età (minore è il loro contenuto in trizio), quindi maggiore è il loro tempo di residenza. Da queste semplici osservazioni deriva un modello di circolazione che, a partire dalle aree di alimentazione situate a monte delle emergenze, prevede un meccanismo caratterizzato dallo sviluppo di circuiti approssimativamente sub-circolari attraverso i quali le acque che si infiltrano alle quote maggiori tendono a raggiungere le maggiori profondità, con conseguente incremento del loro grado di interazione con la roccia (= maggiore salinità). Durante la loro circolazione, governata da probabili fenomeni di convezione forzata determinati dal divario del carico idraulico fra parte montana e pianura, come suggeriscono semplici modelli numerici, le acque acquisiscono progressivamente calore determinando una zona termicamente anomala al raccordo pianura/rilievo. La risalita dei fluidi verso la superficie dovrebbe successivamente avvenire lungo faglie che consentano un rapido movimento delle acque, con trascurabile perdita di calore durante il tragitto verso la superficie. Una circolazione più complessa avviene a Monsummano. Per questo sistema viene supposta infatti una circolazione a “loop” alimentata dal locale affioramento calcareo, che scaldandosi lungo il percorso tornerebbe in superficie attraverso faglie e macrofratture. Riguardo a tale nucleo carbonatico, di particolare interesse si è dimostrata‟elaborazione l dei dati relativi ad una prova di portata di lunga durata, eseguita nel 2004, che evidenzia un serbatoio idrico fondamentalmente chiuso. I dati termici, opportunamente elaborati presumendo ragionevoli condizioni di gradiente geotermico e di flusso di calore, forniscono per Montecatini una superficie minima di scorrimento delle acque di 17 km2 , e per Monsummano un area di pertinenza fra 6 e 10 km2 . Sono stati, inoltre, elaborati i dati storici relativi alle portate per Montecatini, ed ai livelli per Monsummano, che sono stati messi a confronto con gli andamenti pluviometrici della zona. Sono evidenti, anche per questa parte della Toscana, chiare ciclicità temporali delle piogge, con periodi variabili da 10 a 20 anni ed una generale tendenza alla diminuzione delle precipitazioni nel tempo, valutabile intorno al 16% al secolo. Questi andamenti hanno una logica ripercussione sulle portate delle sorgenti. Durante gli anni quaranta una fase particolarmente siccitosa produsse una riduzione delle portate alle Leopoldine di circa il 60% rispetto alla media. Dopo tale periodo la costruzione del pozzo Leopoldina 2 consentì una regolazione dell’erogazione (tramite opportuna saracinesca), che fu mantenuta entro i 10 l/s, a quanto risulta dai dati fornitici dalla Società Terme di Montecatini S.p.A. Scarseggiano purtroppo i dati storici relativi alle condizioni di pressione del campo termale, che invece sarebbero stati fondamentali, insieme alle portate, per meglio comprendere le relazioni

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esistenti fra acque termali e alimentazione meteorica. Utilizzando le portate della Leopoldina, nell’assunzione che la saracinesca che regola il deflusso delle acque sia stata mantenuta pressoché fissa, a partire dagli anni ‘60, attraverso processi di normalizzazione delle portate delle varie emergenze del campo termale di Montecatini, è stato messo in evidenza un generale buon parallelismo fra gli andamenti delle portate e delle piogge. In queste condizioni sarebbe plausibile pensare di poter incrementare anche sensibilmente l’erogazione dal serbatoio in roccia che presenta buone potenzialità produttive. Questo potrà essere fatto solo dopo opportune prove di portata atte a definire sia la sostenibilità dello sfruttamento nel tempo, sia la probabile interferenza fra le diverse captazioni e la possibile modificazione delle loro caratteristiche. A questo riguardo, nel corso del lavoro è stata evidenziata la probabile interferenza fra le Leolpoldine e la sorgente Rinfresco, interferenza che è risultata manifesta durante le prove eseguite dai tecnici della società termale sul nuovo pozzo Leopoldina 3. Durante queste prove, condotte a portate certamente elevate, sensibili variazioni sono state osservate presso le diverse captazioni. Da qui, nel caso si voglia incrementare lo sfruttamento di Montecatini, la necessità di eseguire uno studio di campo accurato, tenendo presenti le indicazioni fornite nel capitolo “Criticità e monitoraggio”, che prevedono, oltre alle prove anzidette, sia l’esecuzione di piezometri, sia l’installazione di sonde di misura provviste di apparecchi registratori. Sfruttamenti eccessivi potrebbero, infatti, produrre criticità, non solo entro il campo termale stesso, ma anche all’esterno di esso, con fenomeni di subsidenza di difficile valutazione. Per quanto riguarda Monsummano, nonostante si disponga di un record limitato di dati storici, sembrerebbe che le portate siano oggi ben modulate rispetto alle piogge, data la sintonia esistente fra livelli e precipitazioni. Rimanendo Grotta Giusti l’unico utilizzatore delle acque termali non sussistono particolari criticità per questo sistema termale e si potrebbe pensare, nel caso fosse necessario, ad incrementare la portata, tenendo in giusta considerazione comunque che il serbatoio è chiuso e che quindi lo sfruttamento deve essere necessariamente regolato in funzione dell’infiltrazione meteorica nel locale affioramento carbonatico A questo riguardo, sarebbe auspicabile che venisse condotto un apposito studio per la valutazione dell’infiltrazione nelle rocce serbatoio, della quale abbiamo fornito nel corso del lavoro una stima approssimativa, utile a meglio calibrare il rapporto sfruttamento/alimentazione. Anche per questo sistema termale sono state fornite le indicazioni necessarie al monitoraggio della risorsa che consistono fondamentalmente nell’installazione e/o manutenzione di opportune sonde di misura e nell’esecuzione di un piezometro presso la zona di Grotta Parlanti. Infine, nel caso si voglia procedere a prospezioni indirizzate al reperimento di fluidi termali in zone alternative a quelle di Montecatini e Monsummano, è utile ricordare che è possibile che esistano varie zone con anomalie termiche significative determinati da fenomeni di convezione forzata lungo la fascia pedemontana, ma che la Valdinievole e specialmente la zona di Ponte di Serravalle dove, come abbiamo visto, è presente un deposito di travertino, costituiscono aree di indubbio interesse preferenziale.”

7.10.1 Vincoli di protezione e salvaguardia termale

Il PTC attua le indicazioni contenute nell’ l’articolo 18 comma 3 della LEGGE REGIONALE 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali) che attribuisce alle Province il compito di individuare le aree di protezione ambientale e, ai sensi dell’art. 1, lettera c) della L.R. 1/2005, i criteri relativi all’uso ed alla tutela delle risorse termali ed idrotermali nelle aree individuate, formulando specifiche prescrizioni. Il PTC fa proprie le perimetrazioni di individuazione cartografica delle aree di protezione della falda di Montecatini e della falda di Monsummano e le relative prescrizioni e le norme contenute nella DGR 3

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febbraio 2014 n. 73 e la tav. 15: IDROGEOLOGIA TERMALE riporta le classi areali delle suddetta zonazioni regionali cui fa riferimento la Disciplina di Piano elaborata. Tale normativa prende le origini da un approfondimento conoscitivo e valutativo dell’idrotermalismo della Valdinievole, condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche: STUDIO DEI SISTEMI TERMALI DI MONTECATINI E MONSUMMANO TERME Relazione finale del Maggio 2011 in Attuazione del protocollo d’intesa Regione/CNR Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) di Pisa per il monitoraggio delle risorse termali (DGR n° 1007/2207) - Attivazione ricerca/studio nell’area termale Valdinievole-Montecatini-Monsummano, che ha permesso la caratterizzazione delle emergenze idrotermali esistenti nella zona pedecollinare della Valdinievole su cui sono state sviluppate le norme di sua salvaguardia. La tav. 15: IDROGEOLOGIA TERMALE riporta le zone su cui applicare la specifica normativa di salvaguardia e protezione di cui alla Disciplina di Piano, che esplica i dettagli esecutivi ed operativi delle limitazioni e procedure da seguire per operare in tali ambiti, scaturiti dalle norme regionali citate. Unitamente a queste rappresentazioni areali, distinte anche per Comune di interessamento, vengono riportate le posizioni delle sorgenti e pozzi di tipo termale fornite dall’U.T. comunale di Montecatini Terme, distinte in base alla loro attività o meno.

7.11 Attività estrattive dismesse

Nell’ambito di fornire un contributo conoscitivo alla caratterizzazione delle problematiche di impatto sul paesaggio e sul contesto idro geo morfologico del territorio Provinciale, viene a far parte integrante del quadro conoscitivo del PTC la documentazione di un censimento dei siti estrattivi dimessi che si trovano all’interno del territorio Provinciale. La documentazione prodotta si riferisce ad una parte di quanto adottato dall’Amministrazione Provinciale con D.C.P. 367 del 5.11.2008 nell’ambito dell’avvio del procedimento di redazione del PAERP (Piano delle Attività Estrattive, di Recupero delle aree escavate e riutilizzo dei residui recuperabili della Provincia) di cui alle DCRT 27/2007 e DPGRT 10/R/2007, poi abrogate con la emanazione della LRT 35 del 25.3.2015 – Disposizioni in materia di cave. Alla Carta di censimento dei siti estrattivi schedati ed alla Carta di indirizzo al recupero dei siti estrattivi dimessi compendiate nella Tav. 16 – ATTIVITA’ ESTRATTIVE, sono collegate Schede di Censimento delle Aree Escavate contenenti i risultati di rilievi appositamente effettuati nell’anno 2007 quale integrazione ed aggiornamento di un censimento Provinciale del 1995, finalizzati ad una valutazione dello stato in cui versano i siti estrattivi abbandonati, il loro rapporto con gli aspetti ambientali e territoriali propri delle aree in cui si collocano, oltre ad una serie di indirizzi per il recupero dell’area abbandonata con o senza attività estrattiva o di riempimento da attivare contestualmente all’azione di ripristino. Gran parte delle cave dismesse prima dell’entrata in vigore della normativa regionale in materia di cave (L.R. 36/1980 e L.R. 78/1998) non sono state oggetto dei necessari interventi di risistemazione ambientale o di messa in sicurezza e rappresentano pertanto un elemento di degrado del territorio e, a volte, un potenziale pericolo. Il Piano Regionale Cave (PRC) di cui è stato dato l’avvio del procedimento di adozione con la Delibera di Giunta Regionale n. 811 del 01-08-2016, ai sensi dell'articolo 17 della l.r. 65/2014, si propone di risolvere queste criticità incentivando il recupero ambientale delle cave dismesse che presentano elementi di degrado, anche attraverso una parziale utilizzazione ai fini commerciali del materiale che deve essere movimentato nelle operazioni di risistemazione. Se tale azione ad oggi viene compiuta dalla Regione Toscana con la suddetta norma istitutiva del Piano Cave Regionale, la precedente normativa attribuiva alle Province ed al P.A.E.R.P. il compito di analizzare il territorio e pianificarne lo sfruttamento estrattivo, oltre che promuoverne il recupero dei siti di ex cave abbandonati e non recuperati o rinaturati nel contesto ambientale e paesaggistico (L.R.T. 78 del 03.11.1998; D.G.R.T. 138 del 11.02.2002; D.C.R.T. 27/2007).

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In tale ambito fu attivato un procedimento di analisi e studio del territorio che ha prodotto una documentazione che fotografa al 2007 lo stato dei siti estrattivi abbandonati mediante un censimento di quanto presente sul territorio Provinciale articolato in: – censimento delle cave dimesse, prendendo a riferimento per le localizzazioni il censimento eseguito nel 1995 da parte della Amministrazione Provinciale (Soc. Territorio ed Ambiente), il Piano stralcio Cave dell’Autorità di bacino del Fiume Arno (1994), oltre a nuove localizzazioni emerse in questa sede di rilevamento territoriale; – Redazione di schedatura dei siti di cava dismessi, effettuata ex novo o quale integrazione della scheda T.eA. 1995 ove esistente, con creazione di una banca dati aggiornata alla primavera 2007 dello stato in cui versano i siti di cui è nota l’esistenza; Carta di censimento dei siti estrattivi (1:75.000) Sono stati censiti n. 77 siti di cui era segnalata o nota l’esistenza quali attività estrattive dismesse, differenziandoli in carta secondo il seguente schema:

Lo schema seguente dettaglia la collocazione comunale dei siti censiti, la denominazione, l’esistenza o meno di una scheda descrittiva, la tipologi ai materiali che li contraddistingue. COMUNE n. DENOMINAZIONE scheda materiali San Marcello 36 Poggio del Giudeo Nord SI Arenaria 37 Poggio del Giudeo Sud SI Arenaria 38 Bardalone – Poggio di Biagio SI Calcari flysh 39 Bardalone - Bandita SI Calcari flysh 35 La Lima – attività estrattiva in alveo NO Alluvionali Sambuca P.se 106 Pavana - Rovinacci SI Arenaria 34 Torri – Rio delle Lastre SI Arenaria Montale 33 Fognano – Cava Natali SI Arenaria/detrito 72 Santomato Nord NO Pistoia 71 Santomato - La Fornace NO 109 Santomato Sud NO

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40 Montevestitoli SI Arenaria 41 Pitornecca SI Arenaria 42 Ponte Paoli SI Arenaria 43 Colle Gigliato Nord SI Calcari flysh 44 Colle Gigliato sud – Villa Sbertoli SI Calcari flysh 45 Loc. Torbecchia SI Arenaria 104 Loc. Campopiano SI Arenaria 105 Pitornecca bassa - Ronchi SI Calcari flysh 59 Spazzavento NO Marliana 9 Gove SI Calcari 70 Marliana – Pian della Madonna SI Calcari Serravalle P.se 19 Pod. Rimoiane – Cava Bruni SI Calcari flysh 56 Le Ville – Pod. Querciola SI Calcari flysh 58 Stazione di Serravalle NO 20 Loc. Baco – S.P. 28 Km 2+400 SI Arenaria/detrito 21 Loc. Torcitoio – S.P. 9 Km 9+600 SI Arenaria/detrito Quarrata 25 Montemagno SI Calcari flysh 26 Gironi Ovest SI Arenaria 27 Gironi Est SI Arenaria 28 Fosso del Mulinaccio SI Arenaria 29 Le Piagge - Ronchi SI Calcari flysh 30 Santo Stefano di Lucciano SI Calcari flysh 31 S. Stefano di Lucciano – cava Attucci SI Arenaria 32 Fosso della Trave – vecchia cava Attucci SI Arenaria Larciano 22 Larciano Castello – Forra delle Lastre SI Arenaria 23 Larciano Castello – Ponte di Larciano SI Arenaria 51 Cecina nord – loc. Pozzolo NO 52 Cecina sud – Pod. Popolino NO Lamporecchi 24 Mastro Marco NO Argilla Monsummano T. 53 Grotta Giusti NO Calcari/marne 54 Via dei Gobbi/via Francesca NO Travertino 55 Via dei Gobbi NO 12 Monsummano Cast. – lato SW SI Calcari 13 Monsummano Cast. – lato Nord SI Calcari 14 Monsummano Cast. – cava Baccioni - SI Calcari 15 Monsummano Cast. – cava Nera SI Calcari 16 Monsummano Cast. – cava Bianca SI Calcari 17 Monsummano Cast. – cava Rossa SI Calcari 107 Monsummano Cast. – lato NE NO Calcari/marne 108 Monsummano Cast. – lato Est NO Calcari/marne 18 Montevettolini – S.P. 27 SI Calcari flysh Pieve a Nievole 46 Poggio alla Guardia SI Calcari flysh Montecatini T. 10 Le Fornaci – Cava Lorenzi SI Calcari 11 Le Panteraie – Cava Maona SI Calcari 60 Loc. Vico NO 57 La Nievole NO

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Buggiano 6 Buggiano Castello SI Arenaria Uzzano 7 Santa Lucia Nord NO Argilla 8 Santa Lucia Sud NO Argilla Pescia 61 Pescia NO 62 San Lorenzo - Pietrabuona NO 63 Aramo – Monte La Croce NO 64 Calamari SI Arenaria 65 Vellano - Frontile NO 66 Cava Regoletta SI Arenaria 67 Ponte a Cosce NORD SI Arenaria 68 Ponte a Cosce S.P. 3 NO 69 Ponte a Cosce SUD SI Arenaria 1 Vellano S.P. 3 Km 11+500) SI Arenaria 2 Vellano – cava Natali SI Arenaria 3 Vellano – S.P. 3 Km 11+850 SI Arenaria 4 Vellano – S.P. 3 Km 12+450 SI Arenaria 5 Vellano – S.P. 3 Km 6+650 SI Arenaria 101 Vellano – Obaca cimitero SI Arenaria 102 Vellano - Obaca SI Arenaria 103 Vellano – Fosso di Obaca SI Arenaria Dei punti segnalati ed oggetto di sopralluogo, non sono state redatte schede di caratterizzazione dell’areale visionato nel caso in cui questo si presentava rinaturato o reinserito nell’ambiente e nel paesaggio in modo tale da risultare talora non più visibili le morfologie di scavo o ridotte alla stregua di semplici scarpate assimilabili a fronti naturali di affioramento di rocce e/o detriti, oppure a piccoli tagli di pendice analoghi ad altre tipologie di attività antropica (edificatoria, viabilità, ecc.). Relativamente al censimento TeA commissionato dalla Provincia di Pistoia nel 1995, i siti estrattivi di pianura (ex cave di argilla) hanno trovato una loro riutilizzazione per scopi urbanistici e, in un caso, per invaso idrico: come tali su di essi non è stata redatta la scheda descrittiva e caratterizzativa di censimento. Solamente un sito di quelli allora censiti mostrava una attività di coltivazione in corso (sito n. 2 – cava di pietra serena di proprietà Nannini a Vellano), mentre a sè stante è stato riportato in carta il sito n. 35 (loc. Pratale – Comune di San Marcello P.se) in cui era attiva una concessione di estrazione del surplus di trasporto solido dall’alveo fluviale demaniale del T. Lima prima della sua immissione nel bacino ENEL e che, come tale, non rientrava nell’ambito delle attività estrattive sottoposte alla L.R.T. 78/98 e pertanto è estraneo all’attività pianificatoria P.R.A.E.R. – P.A.E.R.P.

Schede di censimento delle aree escavate Per n. 54 siti di cave censite sono state redatte schede caratterizzative costituite da: – scheda descrittiva – corografia 1:25.000 – planimetria 1:5.000 – documentazione fotografica Sono stati caratterizzati n. 32 siti in litologia arenaceo-siltitica e n. 22 siti in litologia calcareo- marnosa.

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Carta di indirizzo al recupero dei siti estrattivi dismessi - (1:75.000) Nelle schede di censimento delle aree escavate dismesse sono stati indicati gli indirizzi per coordinare le possibili attività su di esse, finalizzandole al recupero della potenzialità estrattiva ove esistente (potendo così ridurre la necessità di aprire nuovi siti estrattivi in aree non deturpate) ed operando nell’ottica di favorire il reinserimento delle aree, per lo più lasciate abbandonate senza alcuna azione di rinaturazione e rimodellamento post-escavazione e, nei migliori dei casi, solo parzialmente reintegrate nell’ambiente per la naturale ricolonizzazione su parti delle zone scavate da parte della vegetazione pioniera arbustiva. Nel contesto di definizione delle opportune operazioni da attivare sui siti da rinaturare e reinserire nel contesto territoriale, è stata considerata anche la necessità di reperire siti di collocamento temporaneo e definitivo dei materiali terrigeni e rocce provenienti da scavi, sovente fonti di problemi per il loro smaltimento in sede realizzativa di opere infrastrutturali ed edilizie importanti, soggette a regimi particolari rispetto ai rifiuti e pertanto, nel caso delle aree di pregressa escavazione, utili risorse sfruttabili per i rimodellamenti e rinaturazioni di reintegro ambientale e paesaggistico dei siti artificialmente deturpati. Nella carta di sintesi degli indirizzi e delle collocazioni dei siti su cui attivare azioni di recupero di integrità territoriale, questi sono stati distinti in ragione della diversa tipologia di attività da promuovere, secondo il seguente schema.

7.12 Le Invarianti Strutturali

Le Invarianti strutturali individuano i caratteri specifici, i principi generativi e le regole di riferimento per definire le condizioni di trasformabilità del patrimonio territoriale al fine di assicurarne la permanenza. Il P.T.C. individua le invarianti strutturali in conformità al P.I.T./PPR, e sono quindi così identificate: . Invariante I - “I caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici”, definita dall’insieme dei caratteri geologici,morfologici, pedologici, idrologici e idraulici del territorio; . Invariante II - “I caratteri ecosistemici del paesaggio”, definita dall’insieme degli elementi di valore ecologico e naturalistico presenti negli ambiti naturali, seminaturali e antropici; . Invariante III - “Il carattere policentrico dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali”;

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. Invariante IV - “I caratteri morfotipologici dei paesaggi rurali”, definita dall’insieme degli elementi che strutturano i sistemi agroambientali.

I relativi elaborati cartografici sono ripresi dal materiale scaricabile della Regione Toscana sul P.I.T..

7.12.1 Invariante I - I caratteri idro-geo-morfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici

I caratteri idrogeomorfologici dei sistemi morfogenetici e dei bacini idrografici costituiscono la struttura fisica fondativa dei caratteri identitari alla base dell’evoluzione storica dei paesaggi della Toscana. La forte geodiversità e articolazione dei bacini idrografici è all’origine dei processi di territorializzazione che connotano le specificità dei diversi paesaggi urbani e rurali. Gli elementi che strutturano l’invariante e le relazioni con i paesaggi antropici sono: . il sistema delle acque superficiali e profonde, . le strutture geologiche, litologiche e pedologiche, . la dinamica geomorfologica, . i caratteri morfologici del suolo. L’obiettivo generale concernente l’invariante I è identificato nel P.I.T, di riferimento è la ricerca o il mantenimento dell’equilibrio dei sistemi idrogeomorfologici, da perseguirsi mediante: a) la stabilità e sicurezza dei bacini idrografici, evitando alterazioni negative dei regimi di deflusso e trasporto solido e minimizzando le interferenze tra fiumi, insediamenti e infrastrutture; b) il contenimento dell’erosione del suolo entro i limiti imposti dalle dinamiche naturali, promuovendo il presidio delle aree agricole abbandonate e promuovendo un’agricoltura economicamente e ambientalmente sostenibile orientata all’utilizzo di tecniche colturali che non accentuino l’erosione; c) la salvaguardia delle risorse idriche, attraverso la prevenzione di quelle alterazioni del paesaggio suscettibili di impatto negativo sulla qualità e quantità delle medesime; d) la protezione di elementi geomorfologici che connotano il paesaggio, quali i crinali montani e collinari, unitamente alle aree di margine e ai bacini neogenici, evitando interventi che ne modifichino la forma fisica e la funzionalità strutturale; e) il miglioramento della compatibilità ambientale, idrogeologica e paesaggistica delle attività estrattive e degli interventi di ripristino. In ambito di P.T.C. è stata acquisita la zonazione dei sistemi morfogenetici e dei relativi morfotipi classificati ed identificati nel P.I.T., riportandoli nella Tav. 1 – INVARIANTE I, dove vengono riportate le estensioni territoriali riferite ai seguenti morfotipi, caratterizzati singolarmente dalla descrizione delle dinamiche di trasformazione e criticità che li contraddistinguono e le specifiche indicazioni delle azioni di riferimento per la pianificazione territoriale locale BES – Bacini di esondazione dinamiche di trasformazione e criticità sono storicamente uno dei teatri della bonifica, spesso bonifica “diffusa”, meno appariscente e costruita progressivamente nel tempo, data la non necessità di grandi opere. La bonifica ha ricavato grandi superfici agricole molto produttive, mentre l’insediamento restava storicamente concentrato su aree più appetibili. In tempi recenti, la ricerca di aree edificabili, in particolare per gli insediamenti produttivi, si è riversata su questo sistema morfogenetico dai sistemi adiacenti, con un pesante consumo di suolo. L’inevitabile interruzione delle dinamiche naturali proprie del sistema, implicita nella bonifica, crea una tensione che si materializza nel rischio idraulico. Le superfici dei Bacini di esondazione dovrebbero essere intese come interamente esposte a un rischio idraulico, che non può essere considerato come interamente eliminabile. Le attuali procedure per la “messa in sicurezza” idraulica mostrano evidenti limitazioni di efficacia. La concentrazione di acque di varie provenienze tende a caricare il sistema di drenaggio artificiale di inquinanti potenziali; questa criticità diviene evidente

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quando nel sistema sono comprese aree umide di valore naturalistico e paesaggistico, esposte alla degradazione; particolarmente evidente il rischio di eutrofizzazione. indicazioni per le azioni . limitare il consumo di suolo per ridurre l’esposizione al rischio idraulico e mantenere la permeabilità dei suoli; . mantenere e ove possibile ripristinare le reti di smaltimento delle acque superficiali; . regolamentare gli scarichi e l’uso di sostanze chimiche ad effetto eutrofizzante dove il sistema di drenaggio coinvolga aree umide di valore naturalistico.

DEU – Depressioni umide dinamiche di trasformazione e criticità sistema in gran parte coperto da salvaguardie e integrato nella manutenzione dei sistemi di bonifica, essenzialmente stabile. Si tratta però di aree non drenanti, punto di arrivo terminale di acque superficiali e poco profonde, spesso provenienti da bacini molto vasti; questo rende le aree umide suscettibili all’inquinamento, che ha il potenziale di distruggerne il valore ecologico e paesaggistico. indicazioni per le azioni . mantenere e preservare i sistemi di bonifica idraulica; . valutare la possibilità di espandere le aree umide, a spese delle aree bonificate la cui conservazione risulti in eccessivo contrasto con le dinamiche naturali; . regolamentare gli scarichi e l’uso di sostanze chimiche ad effetto eutrofizzante dove il sistema di drenaggio coinvolga aree umide di valore naturalistico.

PBC – Pianura bonificata per diversioni e colmate dinamiche di trasformazione e criticità questo sistema è uno dei principali prodotti e testimoni della storia delle bonifiche in Toscana; gli alti costi di manutenzione e i cambiamenti nelle tecniche agronomiche tendono a ridurre l’importanza e la densità della parte minore del sistema di drenaggio, che viene in parte smantellata. La manutenzione costante è il prerequisito della permanenza del sistema, che altrimenti si trasformerebbe rapidamente nel sistema delle Depressioni Umide. I sistemi di bonifica sono concepiti come un tutto unico, e la tendenza a smantellare le porzioni terminali, a livello di unità colturale, potrebbe determinare difficoltà. La concentrazione di acque di varie provenienze tende a caricare il sistema di drenaggio di sostanze eutrofizzanti e di inquinanti di origine diffusa, con effetti potenzialmente pericolosi per le aree umide prospicienti. indicazioni per le azioni . mantenere e preservare i sistemi di bonifica idraulica; . limitare il consumo di suolo per salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche; . evitare il convogliamento delle acque di drenaggio dalle aree insediate verso le aree umide.

PPE – Pianura pensile dinamiche di trasformazione e criticità sono naturalmente le aree di massima dinamica dei grandi fiumi, soggette a frequenti esondazioni e continua aggradazione. La loro grande attitudine all’insediamento ha determinato la generalizzazione delle arginature, per effetto delle quali la dinamica naturale è interrotta, a meno degli eventi rari di grandi dimensioni, che rappresentano il rischio idraulico residuo difficilmente eliminabile. Le caratteristiche dei depositi della Pianura Pensile sono tali da aver originato notevoli richieste di utilizzazione estrattiva, con frequenti siti abbandonati o riconvertiti ad altri usi. Nella Pianura Pensile, la falda acquifera è alimentata per via sotterranea, ma è facilmente soggetta a prelievi eccessivi, ed è messa a rischio di inquinamento dalle acque di drenaggio degli insediamenti e dalle attività agricole e colturali estensive. indicazioni per le azioni

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. limitare il consumo di suolo per ridurre l’esposizione al rischio idraulico e salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche; . mantenere e ripristinare le reti di drenaggio superficiale.

ALP – Alta pianura dinamiche di trasformazione e criticità le aree di Alta Pianura sono storicamente luogo sia di agricoltura specializzata che di insediamento urbano. Fin dall’epoca classica, l’insediamento è stato accompagnato da importanti interventi di sicurezza idraulica, aventi lo scopo di arrestare la naturale dinamica di esondazione e sedimentazione. Tecnicamente, la riuscita arginatura trasforma l’Alta Pianura in Margine, ma l’effetto non si manifesta per i tempi molto brevi, rispetto ai tempi geomorfologici, e per la conservazione della connessione idraulica sotterranea con il fiume, che invece è perduta nel Margine. I depositi e i suoli dell’Alta Pianura offrono scarsa protezione alle falde acquifere; la presenza di importanti insediamenti crea quindi situazioni di rischio; perdite di risorse idriche in seguito a inquinamento di falde di Alta Pianura si sono già verificate. I livelli di consumo di suolo sono, in vari ambiti, molto elevati, con le conseguenze in termini di necessità di ulteriore regimazione idraulica e di perdita di alimentazione delle falde superficiali, spesso necessarie per l’irrigazione. Gli insediamenti e le infrastrutture di Alta Pianura sono comunque esposti agli eventi idrologici rari e di particolare intensità. indicazioni per le azioni . limitare il consumo di suolo per ridurre l’esposizione al rischio idraulico e salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche.

MARI – Margine inferiore dinamiche di trasformazione e criticità le aree di Margine Inferiore sono storicamente luogo di agricoltura specializzata e grandi fattorie. In tempi attuali sono interessate dalle pressioni per l’espansione degli insediamenti. Il Margine Inferiore è idrologicamente meno sensibile del Margine, per la minore permeabilità. La vulnerabilità dei suoli alla compattazione complica l’utilizzazione ma può portare a forme di uso altamente specializzato, come i vivai. La vulnerabilità all’erosione rappresenta una seria limitazione in caso di superfici in pendenza. In assenza del Margine, l’occupazione del Margine inferiore con insediamenti e infrastrutture presenta i rischi di alterazione strutturale profonda del territorio già rilevati per il Margine stesso. indicazioni per le azioni . Contenere i rischi di erosione sulle superfici in pendenza e i rischi di compattazione del suolo su tutte le altre superfici

MAR – Margine dinamiche di trasformazione e criticità le aree di Margine hanno visto storicamente insediamenti limitati, a causa della scarsa fertilità dei suoli; dinamiche recenti e molto attive sono l’espansione della coltura del vigneto e la “risalita” degli insediamenti, in espansione dalle sottostanti aree di pianura. Per la sua natura di raccordo strutturale e per la superficie limitata, l’occupazione del Margine con insediamenti e infrastrutture altera in modo radicale i rapporti strutturali tra rilievi e pianure. Il rischio concreto di occupazione dell’intera fascia definisce un caso di completa obliterazione di una componente strutturale del paesaggio. Il ruolo idrologico del Margine è soggetto ad essere compromesso dagli insediamenti residenziali e produttivi, che impediscono l’infiltrazione dell’acqua, e da colture intensive che, se non condotte correttamente, rischiano di rilasciare inquinanti verso le falde acquifere. L’impianto di colture intensive è talvolta accompagnato da significativi interventi sulla topografia, dannosi per il ruolo paesaggistico del Margine. indicazioni per le azioni

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. limitare il consumo di suolo per salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche; . evitare estesi rimodellamenti delle morfologie; . favorire una gestione agricola che tenga conto dello scarso potenziale naturale dei suoli e della necessità di tutela delle falde acquifere; . limitare i rimodellamenti della topografia associati agli impianti di colture intensive.

CBAT – collina dei bacini neo-quaternari, litologie alternate dinamiche di trasformazione e criticità in ambito regionale più esteso rispetto a quello Provinciale pistoiese, la documentazione storica mostra come il paesaggio attuale si sia originato dalla combinazione di rapida estensione dell’agricoltura e di momenti di deterioramento climatico, tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo. Negli anni successivi al 1954, una dinamica maggiore è stata le tendenza a obliterare sistematicamente le forme di erosione intensa, utilizzando grandi mezzi meccanici. Un problema strutturale è relativo all’espansione degli insediamenti urbani; poiché molti insediamenti storici hanno occupato l’intera superficie disponibile di affioramenti non argillosi, ulteriori espansioni si confrontano con i seri problemi geotecnici dei depositi argillosi. La relazione tra insediamenti e geologia, strutturale al sistema, crea rischi geomorfologici ben noti; le aree insediate poste al margine delle superfici utili sono soggette al fenomeno delle balze, che deve essere propriamente percepito come non occasionale, ma strutturale alla Collina dei bacini neo-quaternari a litologie alternate. Nello specifico della Provincia di Pistoia, tale tipologia di sistema morfogenetico si presenta solamente nella sua componente di blanda morfologia argillosa e sabbiosa del bordo meridionale dell’area di Padule, priva di connotazione di edificato negli elementi litologici più resistenti e di alto topografico, con pressoché esclusiva connotazione agricolo – rurale. Il sistema è un importante produttore di deflussi superficiali ed è seriamente soggetto all’erosione del suolo, anche al di la dei dissesti macroscopici, parte integrante del paesaggio. indicazioni per le azioni . evitare gli interventi di trasformazione che comportino alterazioni della natura del suolo e del deflusso superficiale al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; . mitigare gli effetti dell’espansione delle colture arboree di pregio su suoli argillosi e il riversamento di deflussi e acque di drenaggio su suoli argillosi adiacenti; . favorire gestioni agro-silvo-pastorali che prevengano e riducano gli impatti sull’idrologia, l’erosione del suolo e la forma del rilievo stesso; . evitare ulteriori modellamenti meccanici delle forme di erosione intensa.

CCA – collina calcarea dinamiche di trasformazione e criticità il paesaggio a boschi e isole coltivate, strutturale al sistema, risente del generale abbandono delle isole. La condizione dei boschi risente dell’intenso sfruttamento passato; la relativa aridità, dovuta alla scarsa profondità dei suoli e al clima delle aree più tipiche, rallenta l’evoluzione delle formazioni forestali. La Collina Calcarea è interessata dai risultati di modifiche morfologiche prodotte dalla estrazione di inerti, attualmente dimessi, che raggiungono dimensioni molto estese. Il sistema offre protezione limitata ai grandi acquiferi profondi che alimenta, la cui persistenza richiede che le utilizzazioni del territorio siano contenute. Poiché i tempi di transito delle acque sono prolungati, gli effetti possono manifestarsi con elevati ritardi; sono quindi necessarie particolari cure nella prevenzione e uno sforzo di informazione ed educazione che prevenga percezioni distorte. Il sistema presenta notevoli risorse potenziali in termini di inerti, per cui è soggetto a pressioni verso la loro utilizzazione; l’attività estrattiva pone ulteriori rischi per la qualità degli acquiferi. indicazioni per le azioni . salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche anche limitando l’impermeabilizzazione del suolo e l’espansione degli insediamenti;

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. perseguire la compatibilità ambientale, idrogeologica e paesaggistica nell’attività estrattiva e nei relativi piani di ripristino

CLVR – collina a versanti ripidi sulle Unità Liguri dinamiche di trasformazione e criticità questo sistema appare essenzialmente stabile, salvo situazioni locali. Le formazioni argillitiche e calcareo - marnose, e i suoli che su di esse si sviluppano, sono tipicamente poco permeabili. Le superfici di questo sistema sono quindi tra le principali aree di produzione di deflusso superficiale, e sono anche tra le maggiormente soggette ai fenomeni franosi, su tutte le scale dimensionali e temporali. indicazioni per le azioni . evitare interventi di trasformazione che comportino alterazioni del deflusso superficiale, al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; . evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti

CLVD collina a versanti dolci sulle Unità Liguri dinamiche di trasformazione e criticità il sistema è tra quelli che hanno ospitato la massima densità storica di insediamenti e sistemi rurali tipici della collina; come tale, è fortemente soggetto ai fenomeni di abbandono dei sistemi rurali e degli insediamenti minori. Dove gli insediamenti sono in espansione, la perdita della struttura originaria ha implicazioni idrogeologiche, comportando spesso insediamenti su terreni di scarse qualità geotecniche e conseguente incremento del rischio geomorfologico; particolarmente evidenti le criticità associate con le infrastrutture viarie. Le formazioni argillitiche e calcareo-marnose, e i relativi suoli, sono tipicamente poco permeabili. Il sistema è quindi tra le principali aree di produzione di deflusso superficiale e tra le maggiormente soggette ai fenomeni franosi. La dinamica degli abbandoni rurali tende ad accentuare le criticità; le sistemazioni idraulico-agrarie, di effetto favorevole se regolarmente mantenute, divengono punti critici nella transizione, fino all’eventuale piena maturità della copertura forestale; le coltri mobili create dalle sistemazioni idraulico-agrarie sono infatti soggette a fenomeni franosi anche se coperte dalla prima generazione di bosco. indicazioni per le azioni . evitare interventi di trasformazione e di recupero che comportino alterazioni del deflusso superficiale e della stabilità dei versanti, al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; . favorire interventi di recupero delle opere di sistemazione idraulico-agraria, con particolare riferimento alle aree caratterizzate da abbandono rurale

CTVR collina a versanti ripidi sulle Unità Toscane dinamiche di trasformazione e criticità questo sistema appare essenzialmente stabile, salvo situazioni locali. La protezione offerta agli acquiferi, in termini di inquinamento, è limitata dalle caratteristiche dei suoli e dalla generale permeabilità; le caratteristiche dei suoli pongono qualche limitazione alle utilizzazioni agricole; le coperture detritiche sui versanti pongono serie limitazioni all’apertura ed alla manutenzione della viabilità, soprattutto minore. indicazioni per le azioni . limitare gli interventi che riducono l’infiltrazione dell’acqua, in particolare l’impermeabilizzazione del suolo, e che comportano la riduzione prolungata della copertura forestale; . evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti

CTVD collina a versanti dolci sulle Unità Toscane dinamiche di trasformazione e criticità questo sistema è tra quelli che, storicamente, hanno ospitato un’elevata densità di insediamenti e sistemi rurali tipici di collina; come tale, è soggetto in modo esteso al fenomeno degli abbandoni dei

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sistemi rurali e degli insediamenti minori; la tendenza all’espansione della viticoltura intensiva è importante in Val di Nievole. Il sistema è interessato da fenomeni franosi locali, ma significativi. La presenza di spesse coltri mobili, come corpi di frana o detrito e suoli profondi, rende i versanti più ripidi potenzialmente instabili in caso di disturbo della copertura forestale, in particolare in relazione alla viabilità. indicazioni per le azioni . limitare gli interventi che riducono l’infiltrazione dell’acqua, in particolare l’impermeabilizzazione del suolo, e che comportano la riduzione prolungata della copertura forestale; . evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti

MOS – montagna silicoclastica dinamiche di trasformazione e criticità la coltivazione storica del castagno da frutto è oggi in via abbandono; anche le colture sono state abbandonate in anticipo rispetto ad altri sistemi di montagna, a causa della minore fertilità dei suoli. La protezione offerta agli acquiferi, rispetto all’inquinamento, è limitata dalle caratteristiche dei suoli e dalla permeabilità delle coltri mobili; i fenomeni franosi sono comuni, e spesso associati agli insediamenti; le coltri detritiche, anche su forti pendenze, sono suscettibili di essere destabilizzate, ad esempio dalla costruzione di infrastrutture viarie non progettate con adeguata cura; oltre ai rischi di frana, queste coperture sono la principale fonte del trasporto solido negli eventi di piena di grande magnitudine. indicazioni per le azioni . evitare gli interventi di trasformazione che comportino aumento del deflusso superficiale e alterazione della stabilità dei versanti, al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; . evitare che interventi relativi alla viabilità minore destabilizzino i versanti

MOC – montagna calcarea dinamiche di trasformazione e criticità la Montagna Calcarea è interessata da pregressi e ad oggi dimessi fenomeni di estrazione di materiali lapidei di pregio e di inerti, ed è potenzialmente soggetta a pressioni verso una loro riapertura. Il sistema offre protezione limitata agli acquiferi che alimenta, la cui stabilità dipende dalla conservazione del paesaggio superficiale. Poiché i tempi di transito delle acque sono prolungati, gli effetti dannosi sugli acquiferi delle trasformazioni possono manifestarsi con elevati ritardi. Sono quindi necessari una particolare cura nella prevenzione e uno sforzo di informazione ed educazione che prevenga percezioni distorte. L’attività estrattiva può porre rischi ulteriori per la qualità dei grandi acquiferi profondi e per la conservazione dei sistemi ipogei. indicazioni per le azioni . conservare i caratteri geomorfologici del sistema che sostiene paesaggi di elevata naturalità e valore paesaggistico, sia epigei che ipogei; . salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche, limitando l’impermeabilizzazione del suolo e l’espansione degli insediamenti e delle attività estrattive; . perseguire il miglioramento della compatibilità ambientale, idrogeologica e paesaggistica nell’attività estrattiva e nei relativi piani di ripristino

MOL – montagna su Unità da argillitiche a calcareo-marnose dinamiche di trasformazione e criticità questo sistema ha visto una notevole estensione storica degli insediamenti e delle attività agricole. I sistemi di raccolta di acqua potabile sono spesso associati ai corpi franosi o ai contatti con altri sistemi. La larga diffusione di sistemazioni idraulico-agrarie ha modificato in senso favorevole il comportamento idrologico, ma questa infrastruttura territoriale diffusa è in stato di esteso abbandono, sebbene da epoche mediamente più recenti rispetto ad altri sistemi morfogenetici della montagna. Le formazioni argillitiche e calcareo-marnose, e i relativi suoli, sono tipicamente poco

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permeabili. Il sistema è quindi tra le principali aree di produzione di deflusso superficiale e tra le maggiormente soggette ai fenomeni franosi, in particolare in relazione con le strutture viarie. La dinamica degli abbandoni rurali tende ad accentuare le criticità; le sistemazioni idraulico-agrarie divengono punti critici nella transizione, fino all’eventuale piena maturità della copertura forestale; le coltri mobili create dalle sistemazioni idraulico-agrarie sono infatti soggette a fenomeni franosi anche se coperte dalla prima generazione di bosco. indicazioni per le azioni . evitare interventi di trasformazione che comportino aumento del deflusso superficiale e alterazione della stabilità dei versanti, al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; . favorire interventi di recupero delle opere di sistemazione idraulico-agraria, con particolare riferimento alle aree caratterizzate da abbandono rurale.

DOS – dorsale silicoclasatica dinamiche di trasformazione e criticità questo sistema è stabile a meno dei fenomeni franosi. Storicamente è poco insediato e viene essenzialmente evitato e aggirato dai sistemi viari. L’uso del suolo storico si divide tra foreste a prevalenza di faggio e pascoli d’alta quota, sui versanti dolci a franapoggio. In tempi recenti, è interessato dal turismo e, in potenza, dalla produzione di energia eolica. La protezione offerta agli acquiferi, rispetto all’inquinamento, è limitata dalle caratteristiche dei suoli e dalla permeabilità delle coltri mobili; i fenomeni franosi non sono rari; le coltri detritiche, spesso su forti pendenze, sono suscettibili di essere destabilizzate, ad esempio dalla costruzione di infrastrutture viarie non progettate con adeguata cura; queste coperture sono la principale fonte di trasporto solido negli eventi alluvionali di grande magnitudine. indicazioni per le azioni . evitare interventi di trasformazione che comportino aumento del deflusso superficiale e alterazione della stabilità dei versanti, al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; . tutelare le coperture forestali con un’utilizzazione sostenibile per prevenire la perdita di stabilità dei versanti ripidi e per incrementare la protezione del suolo e il valore ecologico.

FON - fondovalle dinamiche di trasformazione e criticità In seguito alle acquisite capacità di difesa idraulica, la pressione insediativa è molto cresciuta in tempi recenti. Il consumo di suolo è molto elevato e la grande concentrazione di strutture insediative comprende spesso situazioni locali pesantemente esposte al rischio idraulico. Le aree di Fondovalle sono talora altamente dinamiche, e sono da considerare uniformemente come ad alto rischio idraulico. Le trasformazioni tendono ad attenuare le funzioni idrogeologiche, ostacolando la ricarica delle falde acquifere e l’assorbimento dei deflussi. Consumo di suolo e presenza di siti estrattivi abbandonati e allagati tendono ad aumentare il rischio di inquinamento delle falde. Il Fondovalle è luogo tipico di realizzazione delle casse di espansione. indicazioni per le azioni . limitare il consumo di suolo per ridurre l’esposizione al rischio idraulico e salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche.

In riferimento alla classificazione del territorio Provinciale nei sistemi morfogenetici propri e caratteristici delle sue peculiarità, si possono individuare una serie di condizioni di criticità legate alla possibile evoluzione idro-geo-morfologica dei territori classificati, riconoscendovi le seguenti problematiche generali riferite alle zone montane, collinari, di media pianura e di bassa pianura, sintetizzabili come segue: . aree ad alta produzione di deflussi, instabilità dei versanti, talora aggravate dall’abbandono dei sistemi rurali (montane) . aree ad alta produzione di deflussi, rischio di erosione dei suoli, talora aggravate dall’abbandono dei sistemi rurali (montane e collinari)

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. aree ad elevato consumo di suolo e rischio strutturale di esondazione (media e bassa pianura) . aree ad elevato consumo di suolo con rischio di impoverimento e inquinamento degli acquiferi sensibili a causa delle utilizzazioni e delle attività in essere (media e bassa pianura) . aree umide soggette ad importazione di inquinanti dal bacino e a fenomeni di subsidenza (bassa pianura)

Per ciascun morfotipo sono infine state identificate le criticità specifiche riferite alle condizioni rilevabili nel contesto territoriale Provinciale, secondo il seguente schema:

MORFOTIPI CRITICITA’ IDRO-GEO-MORFOLOGICHE Abbandono Consumo di Erosione dei Instabilità Esondazione sistemi rurali suolo suoli versanti BES ■ ■ DEU ■ PBC ■ ■ PPE ■ ■ ALP ■ ■ MARi ■ ■ MAR ■ ■ CBAt ■ CCA ■ CLVr ■ ■ CLVd ■ ■ ■ CTVr ■ CTVd ■ ■ ■ MOC MOL ■ ■ DOS ■ FON ■ ■ MOS ■ ■

MORFOTIPI CRITICITA’ IDRO-GEO-MORFOLOGICHE Produzione deflussi Fragilità acquiferi Contaminazione ed Aree umide - – trasporto solido per ex attività impoverimento subsidenza estrattive acquiferi sensibili BES ■ DEU ■ ■ PBC ■ PPE ■ ■ ALP ■ MARi ■ MAR ■ CBAt ■ CCA ■ CLVr ■ CLVd ■ CTVr ■

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CTVd ■ MOC ■ MOL ■ DOS ■ FON ■ MOS ■

7.12.2 Invariante II - I caratteri ecosistemici del paesaggio

La seconda Invariante strutturale è rappresentata dai caratteri ecosistemici del paesaggio, ed è definita dall’insieme degli elementi di valore ecologico e naturalistico presenti negli ambiti naturali, seminaturali e antropici. Le componenti ecosistemiche, in particolare quella vegetazionale, insieme alle componenti geomorfologiche e antropiche, costituiscono gli elementi principali della costruzione dei paesaggi. L’obiettivo generale della presente Invariante è l’elevamento della qualità ecosistemica del territorio Provinciale, ossia l’efficienza della rete ecologica, un’alta permeabilità ecologica del territorio nelle sue diverse articolazioni, l’equilibrio delle relazioni fra componenti naturali, seminaturali e antropiche dell'ecosistema. La seconda Invariante è rappresentata nella Tavola 9, riprendendo il Quadro Conoscitivo del PIT. La Tavola 12, "I valori paesaggistico ambientali", insieme al sistema delle Aree Protette presenti in Provincia di Pistoia, individua la rete dei collegamenti paesistico-ambientali come specificazione dei corridoi fluviali e identifica le aree umide.

Gli ecosistemi di particolare rilevanza della Provincia di Pistoia

I boschi collinari

La civiltà collinare toscana ha una storia antichissima che ha prodotto una delle forme di vita più interessanti e rappresentative della nostra regione. Un ambiente relativamente svantaggiato, per declività dei terreni e scarsità di risorse idriche, è stato sapientemente orientato verso le produzioni di qualità e queste scelta felice si è espressa in un fitto tessuto di manufatti e coltivazioni, di piccoli insediamenti e di boschi di pertinenza degli abitati, concorrente per attrattiva con altri insediamenti urbani e ambientali considerati di grande valore. L’importanza della risorsa paesaggio nel contesto dell’agricoltura toscana (ricchezza che fa parte della qualità della vita degli operatori agricoli e bene fondamentale per lo sviluppo di attività integrative) è tale da non poter essere tralasciata, anche in una Provincia tutto sommato “povera” di collina: a Pistoia infatti la collina interessa meno del 30% del territorio Provinciale contro una media regionale di oltre il 50%. I boschi collinari rappresentano una risorsa a rischio: l’accentuarsi nel tempo degli abbandoni e delle difficoltà tecnico-economiche per il mantenimento delle molteplici produzioni su cui si è modellato il paesaggio li espongono a dissesti , incendi e degradi. Gli elementi del paesaggio, le costruzioni agricole, i sentieri, i terrazzamenti, i boschi e le coltivazioni seguono una logica dettata dall’evoluzione integrata di natura e (agri-)cultura, per cui non è pensabile una conservazione basata solo sul valore estetico ovvero a completo carico dei residenti (con effetti già visibili in altri sistemi collinari toscani, da tempo interessati ad un vero “assalto” al paesaggio pregiato); d’altra parte anche una conservazione basata esclusivamente o prevalentemente sul valore produttivo dell’agricoltura tradizionale non può dare risposte economiche soddisfacenti agli attuali attivi in agricoltura. Accanto al turismo e a varie forme di fruizione del paesaggio anche la gestione produttiva del bosco

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collinare può fornire una valida integrazione: il bosco collinare, ceduo, coltivato e vigilato assolve funzioni di difesa ambientale, di ricovero e integrazione del reddito agricolo; lo stesso bosco, abbandonato o mal utilizzato, può favorire incendi e dissesti con estensione delle coperture improduttive, o degradarsi per involuzione di specie autoctone pregiate (meno tenaci e con cicli di rinnovo più lunghi).

La montagna

E’ una zona con funzione ecologica prevalente sulle altre: da stato e cicli ambientali della montagna dipendono qualità dell’aria e dell’acqua e rigenerazione dei suoli ovvero le risorse a spese delle quali avvengono la vita e le attività della pianura. Ampia estensione della superficie a boschi, comune a tanta parte della regione, ma con un rapporto migliore tra fustaie e ceduo (50%) grazie alla presenza delle foreste demaniali. Negli ultimi decenni il pascolo nelle zone di montagna è passato ovunque da una condizione di sovraccarico a quella di sotto carico o di abbandono con invasione di specie non pabulari tale da rendere non più proficua l’attività di pascolo nelle zone più invase; ciò è particolarmente vero in Provincia di Pistoia dove a un’ampia estensione dei pascoli montani corrisponde un patrimonio zootecnico relativamente modesto, con utilizzazione prevalente dei pascoli privati più prossimi alle abitazioni, spesso piccoli.

Il Padule di Fucecchio

L’area del Padule si distingue in modo netto dal paesaggio agrario circostante e presenta un ambiente estremamente suggestionante caratterizzato dalla presenza dell’acqua, dei lunghi filari di pioppi, delle distese alberate ad argini, dei canneti. Il Padule di Fucecchio occupa la parte centro- meridionale della Valdinievole ed in esso si raccolgono le acque dei torrenti, come l’Usciana e la Nievole, che scendono dai primi contrafforti dell’Appennino delimitando il bacino imbrifero. Si tratta di una depressione naturale a carattere palustre, delimitata dai modesti rilievi delle Cerbaie a Ovest e dal Montalbano a Est, a Nord dalla dorsale appenninica che si estende tra Villa Basilica e Marliana e a Sud dal tratto del corso dell'Arno compreso tra Fucecchio e S. Croce sull'Arno. L'area del Padule ha subito negli ultimi secoli importanti modificazioni dal punto di vista dell'idrografia superficiale, per lo più dovute all'azione antropica che ha sbarrato e riaperto, a fasi alterne, il naturale deflusso delle acque verso valle. La situazione attuale è caratterizzata dalla presenza di un complesso sistema di canali e chiuse, articolato in modo tale da regolare parzialmente il livello delle acque nella parte centrale del "cratere" palustre, cioè nella zona centrale e più depressa che rimane sommersa per la maggior parte dell'anno . Idrograficamente, il Padule di Fucecchio riceve le acque dalle pendici meridionali dei rilievi che sovrastano le valli di Pescia, Collodi e Marliana, le quali alimentano i Torrenti Pescia di Collodi, Pescia di Pescia, Pescia Nuova, Nievole, Cessana e Borra, ai quali si aggiungono apporti minori dalle pendici del Monte Albano (Torrente Vincio). L'area palustre funziona attualmente come un grande imbuto, di forma triangolare, che convoglia le acque da monte e le concentra progressivamente in un numero ridotto di canalizzazioni principali, che convergono tutte nel Canale Maestro, emissario che più a valle diventa il Canale Usciana. I tempi di transito delle acque sono molto alti, date le bassissime pendenze del fondo e il modesto dislivello tra la parte alta del Padule e il canale emissario. Si tratta di un’area molto estesa tra le Province di Pistoia e Firenze, per buona parte protetta da riserve naturali: la parte pistoiese è dotata di strutture per la visita e di un osservatorio faunistico. Vi sono molte testimonianze dell’operato dell’uomo come i canali ed il sistema dei porti, il ponte mediceo di Cappiano, il complesso della fattoria del Capannone, gli edifici dell’archeologia industriale tra cui gli essiccatoi del tabacco. Ma il valore di questo territorio deriva anche dalla presenza di una flora e di una fauna difficilmente osservabili altrove: si possono osservare, nel corso

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dell’anno, quasi 200 specie di uccelli e ci sono nicchie ecologiche in cui sussistono le condizioni favorevoli alla crescita di essenze vegetali assai caratteristiche. È un’area di importanza cruciale per il ciclo dell’acqua e per i cicli biologici legati agli ecosistemi acquatici, la cui valenza ambientale primaria sarebbe quella di serbatoio di accumulo e di valvola di sfogo per le acque di due cicli idrici di importanza regionale, quello dell’Arno e delle Pescia/Nievole. Questa funzione ecologica è quasi del tutto compromessa dalle vicende più e meno recenti dell’area per cui oggi si pone un problema di ripristino e restauro ecologico, prima ancora che di salvaguardia. Di pari passo con il ripristino ambientale deve affermarsi un nuovo modello di uso e di consumo di territorio a fini produttivi, sociali e ricreativi in cui assumano maggiore importanza forme d’uso compatibili con la ritrovata valenza ambientale dell’area rispetto alle attività antropiche tradizionali (maiscoltura intensiva e caccia all’interno, insediamenti produttivi industriali e artigianali ai bordi); forme di uso che possano acquistare valore in virtù delle migliorate condizioni ecologiche e nello stesso tempo valorizzare, contribuendovi, il processo di recupero.

I morfotipi ecosistemici

L’invariante nel territorio della Provincia di Pistoia è strutturata nei seguenti morfotipi ecosistemici, individuati nella Tavola 9: . Ecosistemi forestali . Ecosistemi agropastorali . Ecosistemi palustri e ripariali . Ecosistemi rupestri e calanchivi La seguente tabella, estratta dal PIT dall'elaborato "Abachi delle invarianti strutturali", individua i rapporti tra i morfotipi ecosistemici, il target della Strategia regionale della biodiversità e gli elementi della Rete ecologica regionale, ripresi nella Variante del P.T.C. MORFOTIPO TARGET ECOSISTEMICI DELLA ELEMENTI DELLA RETE ECOLOGICA ECOSISTEMICO STRATEGIA REGIONALE PER LA REGIONALE (FUNZIONALI E BIODIVERSITÀ STRUTTURALI) Ecosistemi forestali Foreste di latifoglie mesofile e Nodo forestale primario. abetine. Nodo forestale secondario. Boschi planiziari e palustri delle Nuclei di connessione ed elementi forestali pianure alluvionali. isolati. Foreste e macchie alte a Corridoi ripariali. dominanza di sclerofille Matrice forestale a elevata connettività. sempreverdi, latifoglie termofile. Aree forestali in evoluzione a bassa Ambienti fluviali e torrentizi, di connettività. alto, medio e basso corso. Direttrici di connettività extraregionali da mantenere. Direttrici di connettività, da riqualificare. Direttrici di connettività da ricostituire. Ecosistemi Aree agricole di alto valore Nodo degli ecosistemi agropastorali. agropastorali (anche in naturale (HNVF) Matrice agroecosistemica collinare. mosaico con habitat Ambienti aperti montani e alto- Matrice agroecosistemica di pianura. primari montani) collinari, con praterie primarie e Matrice agroecosistemica di pianura secondarie, anche in mosaici con urbanizzata. Agroecosistema brughiere e torbiere. frammentato attivo. Agroecosistema frammentato in abbandono con ricolonizzazione arborea/ arbustiva. Agroecosistema intensivo. Ecosistemi palustri e Aree umide costiere e interne, Zone umide. fluviali dulcacquicole e salmastre, con Corridoio fluviale. mosaici di specchi d’acqua, bozze, Corridoio ecologico fluviale da habitat elofitici, steppe salmastre e riqualificare. praterie umide.

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Ambienti fluviali e torrentizi, di alto, medio e basso corso. Ecosistemi rupestri e Ambienti rocciosi montani e Ecosistemi rupestri e calanchivi. calanchivi collinari, calcarei, silicei od ofiolitici, con pareti verticali, detriti di falda e piattaforme rocciose. Ambienti ipogei, grotte e cavità artificiali, campi di lava, sorgenti termali e falde.1 Diversificati morfotipi e target ecosistemici Barriere infrastrutturale principale da mitigare Aree ad elevata urbanizzazione con funzione di barriera da mitigare Aree critiche per la funzionalità della rete 1 Target ecosistemico in gran parte ipogeo e quindi sporadicamente citato a livello di atlante e di schede di ambito ove particolarmente significativo.

Le due principali reti ecosistemiche della Toscana che riscontriamo nel territorio della Provincia di Pistoia sono rappresentate dalla rete degli ecosistemi forestali, e dalla rete degli ecosistemi agropastorali. Rilevante in Provincia di Pistoia è l'ecosistema palustre e fluviale delle zone umida, con la presenza come detto del Padule di Fucecchio, incluso nella Rete Natura 2000 (SIC-ZPS “Padule di Fucecchio, Codice Natura 2000 IT5130007 e SIC/ZPS “Bosco di Chiusi e Paduletta di Ramone, Codice Natura 2000 IT5140010); circa 230 ettari del Padule sono protetti da Riserve Naturali istituite dalle Amministrazioni Provinciali di Pistoia (207 ettari) e Firenze (25 ettari), mentre tutto il resto del bacino palustre rientra nelle relative Aree Contigue.

La fauna e la flora

La Provincia di Pistoia si caratterizza per l’estrema diversificazione degli habitat: la conca del Padule di Fucecchio e il massiccio del Monte Albano, le più alte cime dell’Appennino settentrionale e la piana dell’Ombrone nonché la tipica collina Toscana coesistono in un territorio di estensione relativamente modesta (avente un raggio di poco superiore ai 30 km). Una situazione così differenziata, se da un lato richiede una maggiore articolazione degli interventi sul territorio, si presta anche ad ospitare una pluralità di specie animali e vegetali. La fauna stanziale comprende oltre alle specie autoctone, tutti gli ungulati tipici dell’Europa continentale (cinghiale, daino, muflone, capriolo e cervo); la zona a ridosso dell’Appennino si trova lungo una delle più importanti direttrici di migrazione italiane. L’area del Padule è uno scalo di interesse internazionale dove arrivi e partenze degli uccelli acquatici scandiscono da sempre il ritmo delle stagioni, anche se oggi le potenzialità di questa area non possono esprimersi completamente a causa di numerosi fattori limitanti le opportunità di sosta, svernamento e nidificazione dell’avifauna. Dal punto di vista ittico si evidenzia che le acque pubbliche comprendono 240 km di torrenti classificati a salmonidi su entrambi i versanti dell’Appennino e 340 km di acque classificate a ciprinidi; quest’ultime risentono ormai in modo consistente della presenza dei centri abitati della pianura pistoiese e della Valdinievole, ma sono interessate da varie specie ittiche: carpa, tinca, anguilla, barbo, cavedano e vairone. Per quanto riguarda la situazione floristica, alla varietà degli ambienti sul territorio Provinciale e alla molteplicità dei microclimi propria delle zone montane, si affiancano: l’unicità della riserva naturale di Campolino, una delle pochissime stazioni autoctone accertate per l’abete rosso, relitto delle epoche glaciali sopravvissuto fino ai nostri giorni; la peculiarità naturalistica del padule di Fucecchio inserita tra le zone umide da salvaguardare con la convenzione di Ramsar. La varietà di ambienti presenti nel territorio della Provincia fanno sì che la flora sia assai interessante e varia, infatti vengono contate più di mille specie, dalle più comuni alle più caratteristiche e rare. Le specie arboree dominanti sono il faggio (Fagus silvatica), il castagno (Castanea sativa) e alcune

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conifere maggiori, impiantate artificialmente quasi ovunque, quali l’abete bianco (Abies alba), l’abete rosso (Picea abies), il pino nero ed il laricio (Pinus nigra e laricio). Numerose altre specie si trovano associate a queste, a quote variabili; tra le più rappresentative si osservano il cerro (Quercus cerris) e l’acero montano (Acer pseudoplatanoides). Altre, quali il ciliegio selvatico (Prunus avium), la betulla (Betula alba), il maggiociondolo (Cystus laburnum), il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia), il salicone (Salix caprea) sono presenti in minor numero. Nel sottobosco si trovano facilmente numerosi frutti spontanei quali le fragoline (Fragaria vesca), i lamponi (Rubus ideaus) e le more (Rubus fruticosus). In alta quota si tovano estesi mirtilleti (Vaccinium mirtyllus). Tra i funghi commestibili si trovano facilmente il porcino (Boletus edulis), il galletto (Cantharellus cibarius), gli ovoli (Amanita cesarea), i pinaroli (Boletus luteus).

Si riporta di seguito l’elenco degli habitat di interesse comunitario/regionale, di cui alla Direttiva 92/43/CEE e succ. modif. e integr. e L.R. Toscana 56/2000 e succ. modif. e integr., e delle Fitocenosi del progetto RE.NA.TO. Repertorio Naturalistico Toscano (migliori esempi degli habitat a livello toscano geograficamente individuati e delimitati), attribuibili a ciascun morfotipo ecosistemico.

ECOSISTEMI FORESTALI HABITAT di Interesse Comunitario/Regionale 1.Boschi acidofitici a dominanza di faggio delle Alpi meridionali e dell’Appennino (9110) 2.Faggeti acidofili atlantici con sottobosco di Ilex ed a volte di Taxus (Quercion robori petraeae o Ilici fagenion) (9120). 3.Boschi misti di latifoglie mesofile dei macereti e dei valloni su substrato calcareo (9180*) 4.Querceti di rovere illirici (Erythronio-Carpinion) (91L0) 5.Boschi a dominanza di faggio e/o querce degli Appennini con Ilex e Taxus (9210*) 6.Boschi a dominanza di faggio degli Appennini con Abies alba (9220*). 7.Boschi a dominanza di castagno (9260). 8.Boschi a dominanza di conifere del piano subalpino (9410) 9.Consorzi di alte erbe (megaforbie) di radure e bordi dei boschi e dei corsi d’acqua, da planiziali a subalpini (6430). 10.Boschetti di betulla (41,B34). 11.Querceti di farnia o rovere subatlantici e dell’Europa Centrale del Carpinion betuli (9160). 12.Frassineti non alluvionali a Fraxinus oxycarpa (91B0). 13.Boschi palustri e ripariali a ontano (91E0*). 14.Boschi planiziari ripariali a farnia, carpino, ontano e frassino meridionale (91F0). 15.Querceti di rovere illirici (Erythronio-Carpinion) (91L0). 16.Boschi ripari mediterranei a dominanza di Salix alba e/o Populus alba e/o P. nigra (92A0). 17.Boschi palustri e ripariali a ontano (91E0*). 18.Boschi planiziari ripariali a farnia, carpino, ontano e frassino meridionale (91F0). 19.Pendii rocciosi con formazioni stabili xerotermofile di Buxus sempervirens (5110). 20.Boschi umidi a dominanza di Quercus ilex e Laurus nobilis (5230*). 21.Boschi orientali di quercia bianca (91AA*) 22.Foreste pannonico-balcaniche di quercia cerro-quercia sessile (91M0) 23.Boschi a dominanza di Quercus suber (9330). 24.Boschi mesofili a dominanza di Quercus ilex con Ostrya carpinifolia e/o Acer sp.pl. (9340). 25.Boschi e vecchi impianti artificiali di pini mediterranei (9540 ). 26.Boschi acidofitici a dominanza di Quercus petraea (41,59A). FITOCENOSI del Repertorio naturalistico toscano 1.Acereti del M. Cetona. 2.Boschi misti di faggio, castagno, agrifoglio e tasso di Fontalcinaldo. 3.Boschi misti di latifoglie decidue della Alta Val di Siele (SI, GR). 4.Boschi misti mesofili di latifoglie decidue su rocce e detrito di distacco del Sasso di Simone (AR). 5.Bosco di Taxus baccata del Solco d’Equi (Alpi Apuane). 6.Bosco di betulla del Monte Palodina (Alpi Apuane). 7.Faggeta del Catino (Alpi Apuane). 8.Faggete di altitudine del Monte Amiata. 9.Faggete microtermiche dell’Abetone. 10.Popolamento naturale di Picea abies, di Foce di Campolino (Abetone). 11.Popolazioni naturali di Abies alba delle Alpi Apuane. 12.Fitocenosi rupestri delle gole tufacee di Sorano e Pitigliano. 13.Boschi misti eterotopici con faggio, tigli, aceri, carpino bianco, tasso del Belagaio. 14.Boschi planiziari di farnia di San Rossore (Pisa). 15.Boschi misti acidofili a dominanza di rovere della Cerbaie.

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16.Bosco di farnia dei Renacci (S. Giovanni Valdarno, Arezzo). 17.Bosco misto subplaniziario di Villa Magia (Quarrata). 18.Frassineti ripariali delle lame interdunali fossili di Camporegio. 19.Vallini igrofili a Carpinus betulus e Quercus robur delle Cerbaie (Toscana settentrionale). 20.Boschi ripariali a pioppi e salici della Zancona. 21.Boschi di rovere della macchia di Tatti. 22.Boschi misti a cerro e farnetto di Capalbio. 23.Bosco di rovere del Convento di Sargiano (Arezzo). 24.Formazioni riparie a Buxus di Fosso Lanzo (Gr.). 25.Sugherete a Simethis planifolia su verrucano cristallino delle Versegge (M. Leoni, Montepescali). ECOSISTEMI AGROPASTORALI (comprendente anche gli habitat primari montani) HABITAT di Interesse Comunitario/Regionale 1.Praterie magre da fieno del piano montano e subalpino (6520). 2.Praterie magre da fieno a bassa altitudine (6510). 3.Praterie aride seminaturali e facies arbustive dei substrati calcarei (Festuco-Brometea) (6210*). 4.Praterie acidofitiche del piano subalpino e montano a dominanza di Nardus stricta (6230*). 5.Biancane dei terreni argillosi della Toscana con formazioni erbacee perenni e annue prioniere (15,57) 6.Brughiere alpine e subalpine (4060). 7.Formazioni erbose boreo-alpine silicee (6150). 8.Praterie mesofile neutro-basofile del piano alpino e subalpino (6170). 9.Praterie aride seminaturali e facies arbustive dei substrati calcarei (Festuco-Brometea) (6210*). 10.Praterie acidofitiche del piano subalpino e montano a dominanza di Nardus stricta (6230*). 11.Torbiere basse di transizione e torbiere alte ed instabili (7140). 12.Zone umide occupate da torbiere, ricche in basi con formazioni a alti carici (Caricion davallianae) (7230). FITOCENOSI del Repertorio naturalistico toscano 1.Arbusteti delle vallette nivali con Salix herbacea del M.Prado. 2.Brughiere altomontane Appennino tosco-emiliano. (Abetone, PT) 3.Brughiere subalpine con Rhododendron ferrugineum e Vaccinium vitis-idaea (Garfagnana). 4.Brughiere subalpine dell’Appennino tosco-emiliano. (Abetone) 5.Calluneti di Campocecina (Alpi Apuane). 6.Fitocenosi igrofile dei prati di Logarghena (Lunigiana). 7.Nardeti di crinale del Pratomagno. 8.Praterie cacuminali dell’Appennino settentrionale fra il M. Prado e il M. Vecchio. 9.Prati delle vallette nivali con Gnaphalium supinum e Silene suecica del M.Vecchio. 10.Torbiera delle Sorgenti di Lamarossa. 11.Torbiere della Fortezza (Foce Campolino). 12.Torbiere della Val di Luce. 13.Fitocenosi igrofile del Padule di Fociomboli. ECOSISTEMI PALUSTRI E FLUVIALI HABITAT di Interesse Comunitario/Regionale 1.Lagune salmastre costiere (1150*). 2.Fanghi e sabbie litoranee con vegetazione pioniera annua alo-nitrofile (1310). 3.Prati salsi mediterranei saltuariamente inondati (1410). 4.Formazioni di suffrutici succulenti alofili mediterranei (1420). 5.Steppe salate mediterranee (Limonietalia) (1510). 6.Arbusteti alonitrofili ad Atriplex halimus (1430). 7.Acque stagnanti da oligotrofe a mesotrofe con vegetazione dei Littorelletea uniflorae e/o degli Isoëto- Nanojuncetea (3130). 8.Acque oligo-mesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara sp.pl. (3140). 9.Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition (3150). 10.Laghi e stagni distrofici naturali (3160). 11.Acque con vegetazione flottante dominata da idrofite appartenenti a Ranunculus subg. Batrachium (3260). 12.Praterie umide mediterranee di elofite dominate da alte erbe e giunchi (6420). 13.Torbiere intermedie galleggianti su acque oligotrofiche in aree planiziali (Rhynchosporion) (7150). 14.Paludi calcaree a Cladium mariscus e/o Carex davalliana (7210*). 15.Comunità di idrofite radicate e non del Nymphaeion albae (22,431). 16.Tratti montani (ambienti reofili) dei torrenti appenninici e apuani (3240). 17.Vegetazione erbacea degli alvei fluviali ciottolosi con Glaucium flavum (3250). 18.Acque con vegetazione flottante dominata da idrofite appartenenti a Ranunculus subg. Batrachium (3260). 19.Argini melmosi dei fiumi dei piani basale e submontano con vegetazione annuale nitrofila (3270). 20.Formazioni erbacee dei fiumi mediterranei a flusso permanente con Salix sp.pl. e Populus sp.pl. (3280). 21.Formazioni erbacee di idrofite e igrofite dei fiumi mediterranei a flusso intermittente (3290).

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22.Boschi ripari mediterranei a dominanza di Salix alba e/o Populus alba e/o P. nigra (92A0). 23.Macchie alveali a dominanza di Nerium oleander (92D0). 24.Boschi palustri e ripariali a ontano (91E0*). 25.Boschi planiziari ripariali a farnia, carpino, ontano e frassino meridionale (91F0). 26.Formazioni di piccole elofite dei fiumi a scorrimento veloce (Glycerio-Sparganion) (53,4). 27.Comunità di idrofite radicate del Parvopotamion (22,422). 28.Alvei ciottolosi della Toscana meridionale con cenosi di suffrutici a dominanza di Santolina etrusca e Helichrysum italicum (32,4A1) 29.Cariceti riferibili all’associazione Mentho aquaticae- Caricetum pseudocyperi (53,21). FITOCENOSI del Repertorio Naturalistico Toscano 1.Aggallati a Drosera del Lago di Massaciuccoli (Lucca). 2.Aggallato della Palude di Sibolla (sponda Nord). 3.Cariceto a Carex elata della Paduletta di Ramone. 4.Fitocenosi a Cladium mariscus del Mulino di Tifo (Val di Farma, SI). 5.Fitocenosi a Cladium mariscus del Parco di Migliarino- San Rossore-Massaciuccoli. 6.Formazioni di idrofite radicanti con Ranunculus baudotii de Lo Stagnone. 7.Pratelli vernali acidofili a Isolepis, Solenopsis, Cicendia, Juncus (Isoeto-nanojuncetea) di Pian di Muro - Materazzo (M. Leoni, GR). 8.Pratelli vernali oligotrofici con Romulea insularis e Isoetes duriei a nord del M. Pontica. 9.Prati palustri fruticosi retrodunali (Carici extensae- Schoenetum nigricantis Arrigoni, Nardi, Raffaelli) di Principina (Parco della Maremma). 10.Salicornieti con Halocnemum strobilaceum della Trappola (Parco della Maremma). 11.Pratelli delle zone umide effimere a Eleocharis carniolica e Juncus tenageja (Junco tanagejae- Eleocharitetum carniolicae) di Bosco ai Frati (FI). 12.Formazioni anfibie a Hypericum elodes, Ranunculus flammula e Juncus bulbosus del Bosco del Palazzetto (San Rossore). 13.Formazioni acidofile a Drosera intermedia, Rhynchospora alba e Juncus bulbosus di San Lorenzo a Vaccoli (Monte Pisano). 14. Boschi ripariali a pioppi e salici della Zancona. 15.Garighe alveali del basso corso dell’Albegna (Elicriso- Santolineti). 16.Oleandreti del Vado del Porto. 17.Arbusteti ripari a Hippophaë fluviatilis, Salix purpurea e S. eleagnos del Torrente Diaterna (Firenzuola) ECOSISTEMI RUPESTRI E CALANCHIVI (Comprendente anche gli ambienti ipogei, grotte e cavità artificiali, campi di lava e sorgenti) HABITAT di Interesse Comunitario/Regionale 1.Creste e versanti con formazioni discontinue semirupestri di suffrutici, erbe e succulenti (6110*). 2.Creste e versanti calcarei con formazioni discontinue del piano alpino e subalpino (6173). 3.Ghiaioni rocciosi con clasti piccoli del piano alpino, subalpino e montano con formazioni di erbe perenni su substrao siliceo (8110). 4.Ghiaioni rocciosi con clasti piccoli e medi del piano subalpino e montano su substrato calcareo (8120). 5.Ghiaioni rocciosi con clasti di grandi dimensioni del piano subalpino e montano con formazioni a dominanza di felci (8130). 6.Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree delle Alpi Apuane (8213). 7.Vegetazione casmofitica delle rupi calcaree (di tipo non apuanico) (8215). 8.Vegetazione casmofitica delle rupi silicee (8220). 9.Pavimenti calcarei (8240*). 10.Vegetazione pioniera delle superfici rocciose silicee (incluso quelle ultramafiche) (8230). 11.Boscaglie a dominanza di Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus dei substrati serpentinosi. (5211) 12.Garighe a Euphorbia spinosa su substrato serpentinoso (è ricompreso in 6130) 32,441 13.Biancane dei terreni argillosi della Toscana con formazioni erbacee perenni e annue prioniere (15,57) 14.Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion). 15.Campi di lava e mofete 16.Cavità ipogee. Grotte e cavità naturali sia di origine carsica che tettonica. FITOCENOSI del Repertorio NaturalisticoToscano 1.Boscaglie a Juniperus oxycedrus di M. Aneo (Val di Cecina). 2.Consorzi a Jonopsidium savianum del Monte Calvi di Campiglia Marittima. 3.Fitocenosi casmofile di Cresta Garnerone (Alpi Apuane). 4.Fitocenosi casmofile e calcicole del Monte Tambura (Alpi Apuane). 5.Fitocenosi casmofile e calcicole della Pania della Croce (Alpi Apuane). 6.Fitocenosi casmofitica delle rupi calcaree sull’Albegna fra Pod. Rocconi e la confluenza col T. Rigo. 7.Fitocenosi delle praterie dei substrati serpentinosi dell’associazione Festuco robustifoliae-Caricetum humilis dei Monti Rognosi (Alta Valtiberina). 8.Fitocenosi dell’associazione di serpentinofite Armerio- Alyssetum bertolonii Arrigoni del Monte Ferrato di Prato. 9.Fitocenosi glareicole e calcicole della Borra Canala (Alpi Apuane).

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10.Fitocenosi litofile dei tavolati calcarei della Vetricia (Alpi Apuane). 11.Fitocenosi litofile e calcicole del Monte Labbro. 12.Fitocenosi litofile e casmofile, della Fariola (Abetone). 13.Fitocenosi rupestri calcicole del versante Sud del Monte Cetona (800-1000 m). 14.Fitocenosi serpentinicole di Monterufoli (Armerio- Alyssetum bertolonii euphorbietosum spinosae). 15.Ginepreti casmofili di Juniperus phoenicea della Valle della Turrite Secca (Alpi Apuane). 16.Macereti dell’Alpe della Luna con Cirsium alpis-lunae. 17.Popolamenti camefitico-suffruticosi su diaspri di Pietra Sorbella e Pietra Rossa. 18.Popolamenti casmofili costieri con Silene tyrrhenia, Galium caprarium e Linaria capraria. 19.Popolamenti casmofili silicicoli del circo glaciale M. La Nuda-M. Scalocchio. 20.Rupi stillicidiose a Mentha requienii, e Cymbalaria aequitriloba delle parti alte del Vado del Fondo. 21.Tavolati calcarei del Passo Fiocca (Alpi Apuane). 22.Boscaglie e arbusteti a Pistacia terebinthus, Cercis siliquastrum e Celtis autralis dei travertini di Poggio del Bagno Santo (Saturnia) 23.Prati paucispecifici pionieri dei campi di alterazione geotermica (suoli caldi iperacidi) di Monterotondo Marittimo (GR). 24.Prati secondari su travertino di Bagno Vignoni, Bagni San Filippo, Sarteano.

7.12.3 Invariante III - Il carattere policentrico dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali

Il P.T.C. assume il carattere policentrico dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali come un valore patrimoniale da trattare come un’invariante strutturale a livello Provinciale. L'Invariante III è definita dall’insieme delle città ed insediamenti minori, dei sistemi infrastrutturali, produttivi e tecnologici presenti sul territorio. La peculiarità del policentrismo toscano è data dalla co-evoluzione di lunga durata fra un sistema ambientale sia idrogeomorfologico che ecologico molto complesso e variegato, costituito da 11 bacini idrografici, articolati sistemi appenninici, diversificate pianure interne, sistemi collinari e nodi orografici, molteplici sistemi costieri e entroterra), quale emerge dalle descrizioni della prima e della seconda invariante e specifici progetti insediativi delle diverse civilizzazioni (etrusca, romana, alta e bassa medievale, rinascimentale, lorenese, moderna), ognuno dei quali ha sedimentato una caratteristica struttura territoriale peculiare, composta da nodi e gerarchie urbane, reti infrastrutturali, trame agrarie, che formano una specifica geografia regionale.

La Tavola 10 del P.T.C. che rappresenta la III invariante riporta la Carta del sistema insediativo storico e contemporaneo del P.I.T., dove i sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali sono classificati in: . I confini dell'urbanizzato, così distinti: - le aree dell'edificato continuo al 1830, assunti come areale di riferimento per i centri e i nuclei storici; - le aree dell'edificato continuo al 1954, ovvero le aree urbane storicizzate; - le aree dell'edificato continuo al 2012. . Le infrastrutture viarie: - la rete ferroviaria di impianto storico. - la viabilità storica. Nella rappresentazione cartografica di questo elaborato grafico sono stati ripresi i confini dell'urbanizzato, non riportando in cartografia la classificazione dei singoli edifici, in quanto alla scala usuale degli elaborati grafici del P.T.C., la scala 1: 50.000, non sarebbe stata possibile la lettura. Per la viabilità storica è stato proposto quanto individuato dal P.T.C. previgente, più di dettaglio rispetto alle strade identificate dal P.I.T.. Nell'invariante III sono stati inseriti anche gli edifici significativi presenti nel territorio, distinti per tipologie (ville e fattorie,edifici specialistici, edifici preindustriali della montagna pistoiese) che, in quanto emergenze storiche-paesaggistiche, caratterizzano il territorio ed il paesaggio, ponendosi in relazione alla rete policentrica dei sistemi urbani. A tali edifici si riferiscono gli indirizzi e le direttive del P.I.T con valenza di Piano paesaggistico. Gli edifici significativi presenti sul territorio sono ripresi dal P.T.C. previgente, sono georiferiti e ogni

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fabbricato è inserito nell'Atlante degli edifici di rilevante valore storico architettonico.

Il P.I.T. opera inoltre la distinzione dei morfotipi insediativi che caratterizzano la struttura insediativa, variamente articolata, e le loro articolazioni territoriali dipendenti dalle identità locali.

La Carta dei Morfotipi insediativi del P.I.T./PPR rappresenta con delle ellissi colorate i diversi morfotipi insediativi, il numero si riferisce al contesto territoriale specifico. Di seguito si riporta un estratto.

Nella Provincia di Pistoia troviamo la presenza dei seguenti morfotipi insediativi:

. Morfotipo 1, relativo alla piana centuriata pistoiese troviamo un sistema reticolare, con in particolare un sistema radiocentrico che si dipana dalla città di Pistoia, e relativo anche alla piana della bassa Valdinievole, a cui corrisponde il morfotipo insediativo urbano policentrico delle grandi piane alluvionali, rispettivamente articolazione territoriale 1.1 - Piana Firenze - Prato - Pistoia e articolazione territoriale 1.4 - Valdinievole;

. Morfotipo 5 - morfotipo insediativo policentrico a maglia del paesaggio storico collinare, fortemente integrato tra reti urbane e il tessuto mezzadrile delle ville-fattoria. Si riscontra nelle zone collinari del Montalbano. L'articolazione territoriale che interessa la Provincia di Pistoia è 5.1, sistema a pettine delle colline del Montalbano. Nel Montalbano si identifica un sistema insediativo policentrico a maglia del paesaggio storico collinare, costituito da insediamenti collinari di origine medievale posizionati lungo la viabilità di crinale, relazionati tra loro da una viabilità trasversale principale e da rapporti di intervisibilità. Il sistema policentrico a maglia del paesaggio storico collinare è fortemente

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integrato tra le reti urbane e il tessuto mezzadrile delle ville fattoria.

. Morfotipo 7, morfotipo insediativo a pettine delle penetranti di valico delle alte valli appenniniche, che comprende la Montagna Pistoiese, corrispondente all'articolazione territoriale 7.1. Nelle alte valli appenniniche vi è un sistema insediativo di alta montagna e alta collina che si struttura lungo le valli che discendono la catena appenninica orientale, mentre nella montagna pistoiese vera e propria si trova un sistema a pettine delle penetranti di valico interregionali, che presentano una continuità morfologica e culturale anche con i territori montani delle regioni limitrofe.

Vista panoramica della città di Pistoia (sistema insediativo urbano policentrico della Piana Firenze - Prato - Pistoia)

Nella Carta delle figure componenti i morfotipi insediativi, il P.I.T individua le figure componenti i morfotipi insediativi. Si riporta di seguito un estratto della carta e la legenda/abaco delle figure componenti i morfotipi insediativi che interessano la Provincia di Pistoia.

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Per quanto riguarda la classificazione dei morfotipi urbani in tessuti urbani della città contemporanea, questa risulta essere ad una scala più di dettaglio, non adatta al livello Provinciale ma di competenza comunale. Pertanto il P.T.C. non entra in merito in tale distinzione.

I processi che hanno determinato le caratteristiche del sistema insediativo del territorio Provinciale

Sono illustrati di seguito i processi storici e di trasformazione territoriale che hanno determinato l'assetto attuale del territorio della Provincia di Pistoia, distinguendo la pianura pistoiese, la Montagna Pistoiese e la Valdinievole in quanto caratterizzati da analoghi processi di sviluppo.

Il sistema insediativo della pianura pistoiese

L’attuale assetto insediativo della pianura dell’Ombrone è il risultato di un lungo processo di sistemazioni idrauliche e di trasformazioni territoriali. Le tracce di un antico sistema viario alle quote precollinari della catena appenninica (tracciato consolare della Cassia) confermano come la piana pistoiese fosse stata in passato un grande bacino lacustre. Con le bonifiche di età granducale leopoldina, l’intensificarsi della produzione agricola nella piana ha determinato le trasformazioni dei centri di Tizzana-Quarrata, a destra dell’Ombrone, e di Montale-Agliana, a sinistra dell’Ombrone. Antichi nuclei come Tizzana o Montemagno o Valenzatico (attestati sul tracciato della viabilità medioevale) che rappresentavano, in periodo comunale, il presidio del transito pedecollinare, risultano oggi marginali rispetto agli assi dello sviluppo insediativo. Sulla via Fiorentina per Poggio a Caiano, direttrice viaria di impianto granducale, anche gli antichi luoghi di posta e di esazione daziaria come Catena e Bottegone, risultano oggi profondamente modificati dalle espansioni recenti. L’attrazione del ciclo produttivo tessile pratese, ha determinato un analogo spostamento di popolazione e attività per Montale Alto verso Montale e di Montale verso Agliana, coinvolgendo pure i piccoli centri collinari di Tobbiana e Fognano. Una maggiore integrità della struttura insediativa storica e dei valori ambientali è rintracciabile nei centri disposti nelle valli degli affluenti dell’Ombrone: Momigno e Montagnana, nella media e alta valle del Vincio, Casore, a cavallo fra la valle del Vincio e della Nievole, Piteccio, disposto entro la valle dell’Ombrone lungo la via Francesca che attraversando l’Appennino, per Spedaletto, portava a Bologna, Castagno, S. Mommè, Sambuca, nella valle della Limentra. Pistoia costituisce la struttura urbana più consistente della valle dell’Ombrone entro la quale è ancora possibile individuare i tre perimetri concentrici delle antiche mura. Con la costruzione della terza cerchia (dopo la metà del XIV secolo) la città assunse una conformazione sostanzialmente inalterata fino alla metà dell’ottocento. A motivo della presenza di gore, importante era la presenza, in città e nei sobborghi , di opifici per la lavorazione del ferro e filande di seta, cartiere (Gore Lunghe, Gore di Brana, Gore di Gora, Gora di Scornio), molini, frantoi, tintorie e lavorazione del cuoio (Gora di Ombroncello). Importante altresì la presenza di un ingente patrimonio immobiliare ecclesiastico che però subirà notevoli trasformazioni, a seguito delle soppressioni del XVIII e del XIX secolo, conseguenti al riuso degli antichi ‘contenitori’. Altro momento significativo è costituito dalla realizzazione del tratto di ferrovia Firenze-Pistoia (1851), localizzata fuori dalle mura, che come conseguenza vede una gravitazione di interessi verso la zona sud della città con l’espansione degli insediamenti nel sobborgo di Porta Lucchese (dove nel 1906 si insedierà l’Industria Meccanica S. Giorgio) e successiva necessità di creare un diretto

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collegamento con il centro (Via XX Settembre - Via Vannucci). Analogamente, la riunione nel Comune di Pistoia delle “Cortine”, comunità suburbane di Porta al Borgo, Porta Carratica, Porta Lucchese, Porta San Marco (1877), determina la necessità di collegare il centro con i sobborghi e di aprire varchi di comunicazione nelle antiche mura medicee (vedi schema). Dal quel momento ha preso avvio il processo di costruzione della città moderna di Pistoia: prima lentamente, poi, a partire dai primi decenni del novecento, con maggiore intensità.

Porta Carratica

Porta al Borgo Pistoia Porta Lucchese

Porta San Marco Pistoia e le sue “Cortine”

Le tappe più significative di tale processo sono l’espansione ad ovest fra le due guerre; la realizzazione delle Carceri, dei Macelli e più tardi della Caserma a nord che ha favorito la crescita dei quartieri settentrionali; le espansioni a sud e lungo gli assi radiali. All’interno del sistema insediativo della Pianura Pistoiese e della Collina che lo delimita sono ancora leggibili i centri ed i nuclei di antica formazione oltre al centro storico di Pistoia; i borghi rurali della pianura, in parte già ricordati, e soprattutto i castelli e le strutture fortificate della collina e della fascia pedecollinare. In questi centri e nuclei si addensano le testimonianze architettoniche di maggior pregio: edifici civili e religiosi, strutture pubbliche e militari. Tali beni già segnalati e rilevati in numerosi lavori di indagine e di classificazione, nonché tutelati da apposite disposizioni e vincoli o da specifiche normative urbanistiche ed edilizie, costituiscono il nucleo principale del patrimonio storico-architettonico e culturale del territorio pistoiese. Oltre a questi beni, una specifica attenzione, nell’ambito della Pianura dell’Ombrone, è richiesta per gli opifici a forza idraulica posti lungo le gore extraurbane e per il ricco e articolato sistema delle Ville e delle Fattorie.

Il sistema insediativo della montagna

Il comprensorio della Montagna Pistoiese si estende dalle Alpe Tre Potenze fino al Monte La Croce nei pressi della Foresta dell’Acquerino; è delimitato a Nord-Nord Ovest dalle Province di Modena e Bologna ad Est da quella di Lucca e a Sud-Sud Ovest dal fiume Reno e dai confini comunali di Marliana e Pistoia (vedi schema successivo). Questo comprensorio è caratterizzato dalla presenza di elevate valenze ambientali e naturalistiche e da particolari categorie di beni che possono essere definite come risorse del territorio da un lato e elementi fondamentali del paesaggio dall’altro: l’acqua, i boschi, i crinali ed il sistema poderale. Questi territori collinari e montani sono stati abitati o percorsi fin dall’epoca romana e alto medioevo; le risorse storiche e culturali si sono sedimentate sul territorio in uno stretto rapporto con esso e con le sue risorse naturali costituendo un patrimonio di monumenti, fabbriche e infrastrutture pubbliche non comune. In epoca medioevale si tracciarono i percorsi di valico che dall’alta valle dell’Ombrone, attraverso i due nodi fondamentali di Prunetta e Pontepetri, si dirigevano verso la Lucchesia e i territori bolognesi e modenesi. Lungo questi antichi tracciati iniziarono a sorgere i primi insediamenti sparsi. Successivamente si consolidarono i nuclei antichi e se ne formarono di nuovi intorno agli

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insediamenti delle ferriere che hanno fortemente segnato il territorio in termini di interventi sulle acque e sul patrimonio boschivo. Il territorio montano è stato fortemente abitato e, in epoca medioevale e moderna, dotato di storia ricca e articolata. Per questo sono sorti numerosi centri caratterizzati da un’edilizia semplice ma interessante e da chiese, edifici e monumenti di alto valore testimoniale. Si tratta di un’edilizia rurale essenziale, fortemente caratteristica e generalmente ben inserita nel contesto ambientale, passando dagli insediamenti di impianto medioevale alle abitazioni delle bonifiche montane con gli appoderamenti della seconda metà dell’800 e della prima metà del ‘900. Sul territorio montano sono presenti molti monumenti isolati sia di carattere civile che religioso, risalenti perlopiù al periodo medioevale, manufatti sorti in stretta relazione con il sistema della mobilità: torri di avvistamento, ponti, castelli, pievi isolate, ospedali, ville si trovano lungo i principali percorsi.

MODENA MODENA/BOLOGNA

LIMA N/O N

ALPE TRE POTENZE LA MONTAGNA E LE SUE RISORSE RENO

LUCCA O ACQUA BOSCHI SISTEMA MONTE LA CROCE CRINALI PODERALE FORESTA DELL’ACQUERINO

Schema: Il sistema della montagna

Uno dei fenomeni che da sempre interessa e affligge la montagna pistoiese, territorio caratterizzato da piccoli e sparsi nuclei abitati, è lo spopolamento: oltre alla migrazione stagionale dei contadini, pastori e tagliatori di legna verso la Maremma, vi è il drenaggio della popolazione verso il fondovalle ed i sistemi insediativi di pianura. L’economia montana si basa essenzialmente sulla produzione del carbone di legna e della legna da ardere; la scarsa attività agricola è compensata dalla pastorizia e dalla raccolta delle castagne. La magona del ferro (nell’alta valle della Lima) impiegava una limitata mano d’opera che in inverno emigrava verso le ferriere maremma. Verso la metà del 1700 l’apertura della strada regia modenese, per volere del Granduca Leopoldo, determinò un lungo periodo di sviluppo del territorio corrispondente alle aree delle valli del Reno, del Bardalone, Limestre e Lima (tratto della Modenese compresa fra Le Piastre e Abetone). Durante il XIX sec., lungo questo forte asse si è sviluppata e consolidata l’agricoltura montana, la lavorazione del ferro, del legname, della carta, del ghiaccio naturale, del carbone, disegnando sul territorio una fitta trama di impianti produttivi (cartiere, segherie, ferriere, ghiacciaie), di strutture per la regolazione e l’uso delle acque, di sistemazioni territoriali di pregio e di abitazioni rurali d’alta quota. In questo stesso periodo ha avuto inizio lo sviluppo turistico dell’area che ha dato luogo all’insediamento di strutture alberghiere pregevoli e di ville e parchi storici (vedi schema seguente).

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ABETONE LIMA

X

INSEDIAMENTI METALMECCANICI X Campotizzoro, Bimestre, Mammiano

CARTIERE s

Lima e Pontepetri CENTRALI IDROELETTRICHE e

c

Lungo la Lima .

.

c SEGHERIE e Abetone s

X

ASSE

I FERRIERE

Cutigliano, S.Marcello, Pracchia X

GHIACCIAIE Valle del Reno RENO

LE PIASTRE

Schema: Asse Abetone / Le Piastre

L’incentivazione della produzione determinò così l’accentramento di insediamenti lungo la nuova strada di collegamento ed il loro sviluppo lineare (Limestre e Ponte alla Lima sorsero in aderenza alle cartiere costruite nel 1800). L’apertura della ferrovia ”Porrettana” nel 1865 costituì invece il motivo del rilancio economico dei paesi della Valle del Reno, ovvero Pracchia e Piteccio. Oggi il progressivo abbassamento delle produzioni di tipo industriale localizzate nella montagna dovuto al cambiamento dei metodi di lavorazione, allo sfruttamento di altre fonti di energia, alla diminuzione della domanda di castagne e della loro farina e alla minore utilizzazione della legna da costruzione, determina un nuovo esodo dei lavoratori che per la migliorata struttura dei collegamenti infrastrutturali, è diventato pendolarismo. All’inizio del secolo lo sviluppo industriale ha portato all’insediamento della fabbrica S.M.I. di Campotizzoro e all’ampliamento di quelle di Limestre e Mammiano accompagnate dalla realizzazione di villaggi operai, edifici scolastici, strutture di servizio e dal 1926 della linea ferroviaria a scartamento ridotto della F.A.P. e di alcune importanti centrali idroelettriche nell’alto corso della Lima. Oggi il turismo, invernale (Abetone e Pian di Novello) ed estivo (S. Marcello, Cutigliano, Gavinana e Maresca), rimane l’unica risorsa per l’economia montana: spesso però questa risorsa produce fenomeni di degrado ambientale, come i rifacimenti e gli ampliamenti che portano alla perdita dei caratteri tipologici e dei repertori costruttivi tradizionali e ad alterazioni della compagine ambientale. Occorre quindi operare sugli edifici di valore testimoniale con una logica di restauro-ripristino individuandone le caratteristiche e le tipologie fondamentali dei fabbricati e degli spazi pubblici, i materiali adottati, le caratteristiche costruttive, i caratteri identificativi del territorio. La conservazione dei centri montani e dei relativi valori paesistici saranno quindi perseguibili attraverso la tutela e l’uso equilibrato delle risorse naturali, lo sviluppo sinergico delle attività agricole, integrate con quelle turistiche e attività integrative come l’agriturismo, il turismo rurale e naturalistico, la tutela delle identità e delle specificità territoriali, il patrimonio edilizio-storico, il patrimonio artistico e quello paesaggistico-ambientale.

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Il sistema insediativo della Valdinievole

L’ambito territoriale in esame è delimitato a Nord dalla montagna, ad est dalla catena del Montalbano che si salda alla dorsale Appenninica nel Serravallle, a sud dal padule di Fucecchio e dai poggi delle Cerbaie.

MONTAGNA PISTOIA

N/E N

VALDINIEVOLE E

MONTALBANO S

PADULE DI Il sistema della Valdinievole FUCECCHIO

Le caratteristiche morfologiche del territorio hanno determinato l’insediamento dei Castelli fortificati sulle sommità collinari con funzioni strategiche a guardia dei passaggi viari e lontani dai terreni paludosi. Gli insediamenti castellari sorsero lungo l’antica rete viaria pedecollinare (via Cassia, via Francesca e direttrice di collegamento da Pistoia a Fucecchio) in posizioni estremamente “difficili” tanto da pregiudicarne nel tempo la possibilità di espansione. Il percorso della Cassia era presidiato dai Castelli di Montecatini, Massa, Buggiano e dai mercatali di Pescia e Borgo a Buggiano; la vallata pesciatina dai Castelli difensivi di Pietrabuona, S.Quirico, Medicina, Fibbialla, Castelvecchio, Stiappa, Aramo, Sorana, Vellano, Crespole, Lanciole, Pontito, La Serra, Calamecca. Sul territorio è riscontrabile anche un sistema di Pievi pur non essendo in stretta relazione con quello dei Castelli che sorsero in funzione difensiva in posizioni dominanti indipendentemente dalle posizioni delle Pievi (che verranno in seguito ricostruite all’interno dei borghi murati stessi). In epoca Granducale le progressive opere di bonifica della pianura consentono lo sviluppo dell’agricoltura a valle ed i Castelli, avendo perso la loro funzione difensiva, si spopolano progressivamente a favore degli insediamenti a valle che subiscono una grande pressione demografica; gli abitati lungo la viabilità principale si sono progressivamente saldati in un continuum abitativo senza soluzione di continuità. Attualmente lo sviluppo economico della Valdinievole si basa su tre principali attività concentrate intorno ad altrettanti poli urbani (Montecatini per l’attività turistico-termale; Pescia per la produzione e commercializzazione del fiore; Monsummano per la produzione calzaturiera) che creano delle specifiche aree di influenza. Tutto questo permette di riconoscere la tendenza ad uno sviluppo spropositato dei centri di pianura e i segni del declino dei centri della fascia collinare e montana. Le opere di bonifica della pianura costituiscono la premessa per l’utilizzazione delle sorgenti di Montecatini e la realizzazione dei Bagni Termali (dal 1773 al 1779 si costruiscono il Bagno Regio, il Bagno Leopoldino e del Tettuccio in fregio all’attuale via Verdi); agli inizi del 1900 sorgono i grandi alberghi (Grand Hotel La Pace), i luoghi di ritrovo, i caffè concerto, i teatri in stile liberty; in seguito la dilatazione delle attività commerciali connesse al turismo sempre più massiccio portano alla sostituzione del tessuto edilizio originale con interventi invasivi di complessi alberghieri e ricreativi.

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Pescia è l’aggregato urbano che si configura come l’unica vera città della Valdinievole; si sviluppa intorno al fiume che la divide in due settori: la grande piazza sulla riva destra come polo della vita commerciale e produttiva; la Pieve sulla riva sinistra rappresenta il punto di riferimento religioso. La maggiore risorsa economica di Pescia è quella idrica: Mulini e Frantoi sorgono lungo le gore che corrono parallele al fiume. Nel XVI sec. si sviluppa la produzione della carta e della seta e a città si arricchisce di palazzi gentilizi; all’inizio del 1900 nasce l’industria del fiore che diventerà l’attività trainante di tutta l’economia pesciatina e porterà ad uno sviluppo insediativo verso le pendici di Colleviti determinando il progressivo abbandono del vecchio centro cittadino salvaguardandolo da interventi di sostituzioni e speculazioni edilizie. A monte di Pescia si estende il territorio denominato “Svizzera Pesciatina” per la particolarità del suo paesaggio dove sono disposti 14 piccoli aggregati di matrice castellana sorti sulle alture in funzione difensiva (attualmente collegati dalla strada Granducale Mammianese): Vellano, San Quirico, Pontito, Castelvecchio, Sorana, Calamecca, Crespole, Lanciole, Medicina, Pietrabuona, Battifolle e Collodi.

7.12.4 Gli edifici di rilevante valore storico – architettonico

Nell'ambito dell'Invariante III sono stati distinti gli edifici di rilevante valore storico – architettonico ovvero le unità edilizie, i complessi edilizi, o i manufatti, diversi dagli insediamenti storici, aventi un riconoscibile interesse storico-artistico, storico-architettonico, storico-testimoniale, e di cui vanno conservate le caratteristiche morfologiche, strutturali, tipologiche e formali. In particolare sono stati individuati: . ville e fattorie con le ville del Montalbano, quelle dell’area Pesciatina e le ville fattorie del Contado Pistoiese; . edifici specialistici sparsi sul territorio, con le chiese ed i complessi religiosi come basiliche, oratori, cappelle, conventi, monasteri e pievi; gli edifici civili e militari come il palazzo, il castello, la fortezza, la torre isolata e la fortificazione; le architetture della produzione come i complessi o i singoli edifici destinati alle attività produttive con particolari caratteri documentari o storico-architettonici e di testimonianza di lavorazioni dismesse, come i mulini e frantoi, i mulini del Cessana, gli opifici idraulici, le cartiere dell’area pesciatina, le strutture proto-industriali della montagna; . edifici preindustriali della montagna pistoiese con le cartiere o filiera del castagno, con le ferriere, le fornaci, le ghiacciaie, i mulini, i ponti, i seccatoi, le segherie;

Per quanto riguarda le architetture di rilevanza storico-architettonica sono state selezionati tutti gli edifici soggetti a decreto di vincolo della Sovrintendenza situati fuori dai nuclei di formazione storica individuati; inoltre quelli fuori dai centri abitati non soggetti a decreto di vincolo, ma individuati dietro la denominazione “luoghi della fede” e integrati con il lavoro del G.R.A. Gli altri edifici sono stati raggruppati in base alla categoria di appartenenza (religiosa, civile o militare, produttiva e infrastrutturale evidenziando al di là del pregio architettonico e culturale, anche il ruolo territoriale nell’organizzazione del sistema insediativo di antica formazione.

Di seguito sono descritti le principali categorie di immobili di rilevante valore storico - culturale presenti nel territorio Provinciale individuate.

Gli opifici a forza idraulica nel pistoiese.

La pianura pistoiese è chiusa su tre lati da monti più o meno alti. Dallo spartiacque appenninico scendono numerosi corsi d’acqua che ingrossano l’Ombrone, il più importante torrente della zona, che poi confluisce nell’Arno ai limiti meridionali della pianura pistoiese: da sinistra gli affluenti dell’Ombrone sono i torrenti Agna, Bure e Brana e da destra i due Vincio (di Brandeglio e di

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Montagnana) e la Stella (vedi schema seguente).

Ombrone Bure

Brana

PISTOIA Agna Vincio

ARNO

Tutti i corsi d’acqua, anche se a carattere torrentizio, hanno sempre avuto molta importanza per l’agricoltura pistoiese (ortovivaistica e cerealicola nella bassa pianura e cerealicola e olivo-viticola sulle colline) sia perché hanno favorito l’irrigazione dei campi, sia perché, lungo questi torrenti o nelle loro vicinanze, sono stati localizzati, fino dall’alto medioevo, numerosissimi mulini e frantoi per la macinazione del grano e degli altri cereali e per la frangitura delle olive. Dai vari torrenti suddetti, specialmente in prossimità della città, si staccavano dei canali, chiamati localmente “gore” che servivano per l’irrigazione, ma anche per portare l’acqua ai mulini ed ai vari altri opifici (frantoi e gualchiere per la follatura della stoffa) che la utilizzavano come forza motrice (a nord-ovest della città c’è una località indicata con il toponimo di “Gora” con una relativa via di gora). Nella prima metà del 1300, a Nord di Pistoia, fra Candeglia e Porta S. Marco lungo la Gora della Bure c’erano ben 20 mulini (infatti successivamente questa gora fu chiamata “Gora Molina”). Da uno studio di J. Muendel dell’Università del Wisconsin sui mulini del pistoiese nel medioevo1 si ricava che nel 1350, dopo la terribile peste nera che colpì anche Pistoia, su tutto il territorio pistoiese esistevano 254 molini; nella zona nord della città, all’interno della terza cerchia di mura esistevano 9 mulini, tutti di proprietà di enti ecclesiastici o benefici e questi opifici spesso erano affiancati da frantoi, seghe e “ruote” per la manutenzione degli attrezzi agricoli e artigianali; tutto ciò potrebbe far pensare ad una mentalità autarchica e chiusa dell’economia pistoiese dell’epoca. Tutti questi opifici prendevano l’acqua per il loro movimento da 3 gore: la Gora di Scornio e la Gora di Gora, che entravano in città da nord-ovest e la Gora di Candeglia che vi entrava da nord; il più importante di questi molini era quello dell’Abbazia di S. Bartolomeo. Nel 1430 i mulini erano ridotti a meno della metà rispetto al secolo precedente (circa 118 di cui 23 rovinati o senza mugnaio) a causa forse delle carestie e delle malattie epidemiche o della scarsa remuneratività dei medesimi. Nel XIX sec., tuttavia, il numero degli opifici a forza idraulica rimane pressoché invariato (111 mulini e 17 frantoi) come individuato nel Catasto Leopoldino probabilmente a causa dell’economia chiusa e immobile, strettamente legata alla tradizione e priva di qualsiasi slancio e tentativo di miglioramento che caratterizzava il Comune di Pistoia. La tipologia edilizia dei mulini della zona pistoiese mantiene ferme certe componenti che si ritrovano come costanti in tutte le situazioni: la gora, il bottaccio, il canale di caduta (condotta forzata), il

1 J. Muendel, The grain mills of Pistoia in 1350, “Bullettino Storico Pistoiese”, 1972, vol.Vii, n° 1-2, pp.39-64.

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ritrecine, il molino, il canale di scarico. Essi potevano variare nell’ampiezza ma non nelle loro componenti essenziali. In generale il mulino era edificato con materiale poco ricercato: spesso erano pillori dei fiumi in prossimità dei quali venivano costruiti; il tetto era coperto di coppi e tegole e si elevava su tre piani: il piano inferiore, dove era alloggiato il ritrecine, era generalmente interrato ed aveva di norma il soffitto “a volta”; nel piano intermedio si trovavano tutti i meccanismi del mulino e le macine; al piano superiore c’era il deposito del grano da macinare. Dopo l’introduzione della meccanizzazione e il generalizzato impiego della corrente elettrica queste strutture pre-industriali ebbero un rapido declino. Dei 110 mulini ad acqua censiti dal Catasto Granducale del Comune di Pistoia attualmente ne rimangono solo 6; uno nella zona della Bura di Pratale; uno nella zona della Gora Molina; uno lungo il torrente Stella; uno nella zona del Vincio di Brandeglio; uno nella zona della Gora di Gora, uno nella zona di Canapale (vedi schema seguente).

Schema: I molini

IERI

OGGI . Zona della Bura di Pratale CATASTO . Zona della Gora Molina GRANDUCALE . Zona Vincio di Brandeggio 6 MULINI . Zona della Gora di Gora . Zona di Canapale . Torrente Stella 110 MULINI

Ville Pistoiesi

Quello delle Ville è un aspetto del patrimonio pistoiese che riveste una particolare importanza in quanto espressione e testimonianza di epoche, stili di vita e di culture che si riflettono nelle scelte architettoniche e paesaggistiche. In particolar modo la tipologia della villa-fattoria assume un’importanza fondamentale per quanto riguarda l’organizzazione e la gestione del territorio nel contesto delle coltivazioni, delle tenute di caccia granducali. Le varie fattorie (fundus) presenti, per esempio, lungo la via Montalese (che segue il tracciato dell’antica via Cassia) sono importanti per l’assegnazione dei vari poderi e la conseguente suddivisione del territorio; tutte le ville sei- settecentesche, adagiate sulle pendici collinari o a ridosso della strada costituiscono parte integrante del paesaggio al quale conferiscono un aspetto di austera nobiltà. Esse appartennero a nobili famiglie fiorentine che, a partire dal Quattrocento, si stabilirono nella zona costituendo vaste proprietà terriere basate sull’attività agricola che continuerà ad essere esercitata in modo prevalente fino al dopoguerra. La dislocazione delle ville attesta anche la persistenza di insediamento in quanto sono il frutto di ristrutturazioni di precedenti “case da signore” quattrocentesche o anche di torri medioevali. Sulla base di queste considerazioni le ville sparse sul territorio sono state individuate come Sistema autonomo suddiviso in base all’area territoriale di appartenenza ed alle connotazioni architettonico- culturali: Ville del Montalbano e della Bonifica del Padule (Bellavista, Castelmartini, Spicchio, Montevettolini e la Magia); Ville dell’area Pesciatina (Garzoni e altre) e Ville del Contado Pistoiese (vedi schema seguente).

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Schema: Il sistema delle ville

Per esempio AREA CONTADO Villa Garzoni PESCIATINA PISTOIESE SISTEMA DELLE VILLE

MONTALBANO + BONIFICA DEL PADULE

Per esempio villa Bellavista, Castelmartini, Spicchio, Montevettolini, La Magia

Le ville dell’area pistoiese sono concentrate prevalentemente nella pianura e nelle colline a nord di Pistoia, anche se alcune significative presenze sono riscontrabili anche nei comuni limitrofi.

Sistema dei Castelli della Valdinievole

L’aspetto che più caratterizza l’insediamento urbano della Valdinievole e che riflette la conformazione orografica del suo territorio, è dato dalla presenza dei numerosi castelli fortificati (Castello di Buggiano, Monsummano alto, Montecatini alto, Castello di Serravalle) arroccati sulla sommità delle colline sorti in epoca medioevale come postazioni di avvistamento strategiche a difesa della città. Successivamente sono nati i vari borghi commerciali, come mercati per lo scambio delle merci, a valle dei castelli intorno ai quali si sono sviluppate le città della pianura. Il Castello di Serravalle, fortezza a difesa di Pistoia, sta in posizione strategica in quanto punto obbligato di passaggio tra la Valdinievole e la Valle dell’Ombrone (attraverso il quale già in epoca romana passava la Via Cassia). Il nucleo abitato si sviluppa fra due poli fortificati: la Rocca vecchia, con la Torre detta del Barbarossa a base quadrangolare di altezza 40 mt circa, presso la quale nel XIII sec. fu costruita la Pieve di S.Stefano, e la Rocca nuova costruita nel 1302 dai lucchesi come avamposto verso la Valdinievole, quale recinto difensivo rinforzato da Torri, di cui restano alcuni tratti di mura, la cisterna, tre torri (una a base quadrata, una pentagonale, troncate a 20 mt, una più possente a base esagonale detta di Castruccio mozzata a circa 40 mt.). Entro la cerchia orti e giardini intervallano la minuta edilizia residenziale in parte addossata alla più antica Chiesa di San Michele. Della Rocca di Monsummano Alto non rimangono che pochi ruderi e le impronte incerte delle antiche mura; mentre ai suoi piedi il paese di Monsummano ha subito una incontrollata dilatazione del tessuto edilizio, provocato dallo sviluppo dell’industria calzaturiera. Altri impianti di matrice castellana della zona sono: Montevettolini (riadattato a villa-fattoria del latifondo mediceo); Cecina, Larciano (che conserva integro il castello circondato di mura e la trama urbanistica delle antiche strade); Lamporecchio (a valle del quale si è sviluppato il paese che non presenta un nucleo storico vero e proprio); Montecatini Alto (la passeggiata intorno al paese corre lungo le mura castellane abbattute nel 1554); Marliana; Serra; Massa e Cozzile; Castello di Buggiano; Stignano; Uzzano.

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Cartiere dell’area pesciatina.

La conformazione del territorio pesciatino e la disponibilità di acqua e di vento di Tramontana (indispensabile per asciugare i fogli di carta) favorirono lo sviluppo delle prime cartiere intorno al 1500 e il successivo sviluppo dell’industria cartaria. L’acqua del fiume Pescia (le cui caratteristiche chimico-fisiche permisero di fabbricare carte di alta qualità) era fondamentale per ricavare la forza motrice necessaria al funzionamento dei macchinari e per il ciclo tecnologico della formazione del foglio di carta. Per questo motivo si svilupparono facilmente lungo il fiume Pescia (di Pescia e di Collodi), già nel 1938, 23 opifici e 52 cartiere (al 1988 sul Pescia di Pescia erano in esercizio 11 cartiere e 3 cartotecniche; sul Pescia di Collodi 27 cartiere e 2 cartotecniche)2. Pietrabuona, situata in posizione naturalmente strategica, lungo la linea di confine con la Lucchesia, costituisce la vera “porta della carta”3 poiché lungo il fiume che la lambisce sorgono le più antiche cartiere dell’intera Valdinievole, tra cui la più rinomata è quella detta “Le Carte”, dei Magnani, oggi sottoposta a vincolo della Sovrintendenza ai sensi della L. 1089/39. L’itinerario Museale della carta in Val di Pescia, rappresentato nella Tavola 10, costituisce la memoria storica della professionalità e della cultura cartaria della zona configurandosi come motore per il rilancio turistico e culturale della Svizzera Pesciatina: l’istituzione del Museo della carta costituisce, infatti, la testimonianza di un patrimonio accumulato in cinque secoli di produzione della carta nel Pesciatino. L’itinerario comprende 19 Cartiere; le attuali Cartiere attive nel territorio pesciatino (cartiere ubicate nella valle superiore del Pescia di Pescia) risultano 12 (delle quali 2 fuori dal Comune ma gravitanti sul fiume Pescia). Esistono a tutt'oggi effettivi limiti e freni per un ulteriore sviluppo dell’industria cartaria in Valdinievole quali: la viabilità inadeguata ai mezzi pesanti necessari al carico e scarico delle merci; mancanza di aree classificate industriali per l’espansione e l’ammodernamento degli impianti; impossibilità di espansione per molte aziende cartarie situate lungo il corso del fiume Pescia e arroccate in una striscia di terreno chiusa fra il fiume e la montagna; difficoltà di usare le linee ferroviarie come mezzo di trasporto essendo la stazione di Pescia ormai obsoleta per l’esigenze del servizio merci. Tuttavia attraverso una sinergia di forze (strumenti urbanistici adeguati, finanziamenti mirati, interventi di recupero edilizio, formazione professionale) è possibile ed auspicabile recuperare questo patrimonio storico e culturale, oltre che economico, che rappresenta la tradizione e la memoria storica di questo territorio.

Mulini del Cessana

Nel 1400 una caratteristica saliente del territorio buggianese era l’assenza dell’insediamento sparso, con la popolazione concentrata entro i paesi; nei primi secoli dell’età moderna, la Valdinievole conobbe un profondo cambiamento del modello residenziale, in concomitanza con la crescente diffusione della mezzadria: la campagna tese sempre più a riempirsi di case e lo spazio rurale venne riorganizzato in poderi che erano unità produttive, residenziali e familiari. L’agricoltura tradizionale si basava principalmente sulla coltivazione del frumento e sulla produzione dell’olio d’oliva. A questi due prodotti -olio e ulivo- si collegava la presenza di impianti molitori (mulini e frantoi) lungo i corsi d’acqua della Valdinievole. Diverse decine di mulini e frantoi costellavano la Valdinievole del ‘600, localizzati sui corsi d’acqua che tagliavano longitudinalmente l’intera area: dalla Pescia alla Cessana, dalla Borra alla Nievole e ad altri rii e fiumiciattoli minori. I mulini lungo il torrente Standipesce (poi denominato Cessana) macinavano cereali e castagne (i castagneti erano la risorsa primaria della parte più alta della valle). Data la stagionalità della macinazione (dovuta ai periodi di scarsità d’acqua come forza motrice o all’esaurimento delle raccolte da macinare) il mugnaio ed il frantoiano erano anche contadini a mezzadria e un po’ mercanti. Per questo il mulino si configurava come un luogo di scambio di informazioni e di rapporti sociali, come

2 “L’attività cartaria nel pesciatino all’anno 2000” di Ferruccio Begliomini. 3 “Museo della Carta di Pescia”a cura di G. Nocentini e F. Begliomini edito da ASSOCIAZIONE “Centro di documentazione sulla Lavorazione della Carta”, anno 2000

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l’osteria e la bottega per l’ambiente urbano, rivestendo una funzione cruciale nelle società di antico regime. Inoltre la presenza di strutture molitorie rendeva necessaria una costante manutenzione dei corsi d’acqua e delle strade che collegavano le campagne allo stretto e profondo vallino del Cessana che, scendendo dalle colline alle spalle di Buggiano, rappresentava il principale corso d’acqua del territorio comunale. Mulino e Frantoio erano quasi sempre collocati in un unico edificio, fatto che permetteva il duplice sfruttamento della rete di infrastrutture a monte degli impianti di macinazione. I mulini costituiscono uno straordinario elemento di continuità nel contesto territoriale ed economico locale; tutti i mulini erano dotati di casa e annessi e la tipologia e le dimensioni degli impianti risultano pressoché immutati nel tempo. Gli impianti molitori nel 1820 erano nove4 ed alcuni avevano visto crescere la propria capacità produttiva attraverso l’aumento del numero della macine. Nella Prima metà dell’800 emerse comunque la tendenza a realizzare nuovi mulini, sostenuta dall’incremento demografico che richiedeva una maggiore quantità di pane per l’alimentazione. Dopo una lunghissima parabola di sviluppo e di diffusione, anche i mulini ad acqua dovevano conoscere il loro declino. Essi risentirono, in primo luogo, della innovazioni tecnologiche comparse nei processi di molitura nella seconda metà del XIX secolo. Oggi il sistema dei mulini lungo il Cessana, con il corredo di opere di sistemazione idraulica costituisce un elemento importante del patrimonio storico-culturale e tecnologico della Valdinievole.

Le grandi ville del Montalbano e della Bonifica del Padule

Nella Valdinievole, in relazione alle politiche di espansione agricola e fondiaria dei Medici ed in connessione agli interventi di riorganizzazione territoriale, furono edificati alcuni dei più significativi esempi di ville e ville-fattorie della Toscana. La fattoria granducale di Bellavista, già villa Medicea, nacque con il nome di Fattoria di Borgo a Buggiano su un vasto territorio emerso dal Padule di Fucecchio, per effetto delle opere di bonifica volute dal Granduca Francesco I; di proprietà dei Medici fino al 1668, fu acquistata da Francesco Feroni. Alla fattoria erano annessi 45 poderi ognuno dei quali affidato ad un nucleo familiare che ne costituiva la forza lavoro; tutti i poderi erano contigui al Padule di Fucecchio ad eccezione di quello denominato di “Buonavista” situato nei pressi di Borgo a Buggiano in posizione privilegiata rispetto al lago di Fucecchio e ai problemi da esso derivanti. Quando nel 1695 il Feroni ottenne il riconoscimento ufficiale di nobiltà, su progetto dell’architetto A.M. Ferri, iniziò la realizzazione di una nuova villa che nel suo maestoso aspetto rispecchiasse l’alta posizione sociale raggiunta dalla casata. La villa fu significativamente costruita su un rilievo artificiale del terreno per dominare la pianura e le colline circostanti; si realizzò inoltre la cappella gentilizia, la sistemazione del verde e il complesso sistema di condotte per l’alimentazione delle fontane del giardino; nel 1673 iniziò anche la costruzione del mulino di nuovo all’interno della fattoria per la produzione della farina. Nel corso del XVIII sec. i terreni annessi alla villa persero la loro fertilità a causa delle opere di colmata condotte dal granduca agli inizi del XVIII secolo, e furono così alienati dalla villa. La villa di Castelmartini fu costruita sull’impianto di un antico castello, che persa la sua funzione strategica, fu trasformato dai Medici in una efficiente fattoria e tenuta di caccia con un gran numero di poderi annessi; nel XIX sec. divenne residenza signorile per volere dei Banchieri su progetto dell’architetto F. Bartolini. La villa Rospigliosi a Spicchio fu edificata nella seconda metà del XVII sec., su disegno del Bernini, per volontà di Giulio Rospigliosi la cui famiglia possedeva terre in Lamporecchio sino dal quattrocento. La villa Medicea di Montevettolini, risalente al 1597, fu luogo di sosta delle cacce reali effettuate nel Barco di Artimino al tempo di Ferdinando I De’ Medici. Rivestì particolare significato in qualità di centro dell’amministrazione agricola e dei lavori di bonifica promossi nelle tenute medicee della bassa Val di Nievole. Fu trasformata in splendida residenza dagli architetti granducali Mechini e Marcacci, sull’impianto di un’antica rocca posta in prossimità delle mura cittadine.

4 ABC, Cancelleria Comunicativa, 1098, “Nota dei mulini, ed infrantoi esistenti nella Comune di Borgo a Buggiano, e specialmente lungo il fiume Cessana, o Standipesce”

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Strutture preindustriali

Il tessuto preindustriale e industriale è ricco e articolato; molti edifici sono ormai abbandonati o sono stati trasformati, mentre altri sono ancora attivi o comunque in buono stato di conservazione. Si passa così dalle segherie ad acqua dell’Abetone, alle ferriere di Cutigliano, San Marcello e Pracchia, alle ghiacciaie della Valle del Reno, alle cartiere della Lima e Pontepetri, alle fornaci, ai mulini e ai metati lungo i corsi d’acqua o nelle selve di castagni, alle centrali idroelettriche sulla Lima agli insediamenti metalmeccanici di Campotizzoro, Limestre, Mammiano, la F.A.P. ed infine le testimonianze dei primi insediamenti turistici sia come alberghi che come residenze estive.

7.12.5 L’atlante degli edifici di rilevante valore storico – architettonico

Il Servizio Pianificazione Territoriale della Provincia, coadiuvato da un incarico esterno all’arch. Lara Monti, ha predisposto nel 2008 una ricerca consistente nella ricognizione dei Beni Storici - Architettonici dell’intera Provincia di Pistoia, attraverso un’analisi per ogni Comune con l’individuazione degli Edifici di Rilevante Valore Storico - Architettonico descritti nel precedente paragrafo. L’analisi è stata svolta in relazione al D. Lgs. n. 42 del 22 Gennaio 2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) e succ. mm. e ii., alla ex Legge 1089/39, al D.P.R. 805/75. Nella ricerca e nell'analisi del lavoro sono stati evidenziati 600 Edifici di Rilevante Valore su tutta la Provincia di Pistoia. Lo studio realizzato ha catalogato anche edifici non vincolati dalla sovrintendenza, ma che comunque hanno una valenza storica-architettonica da non poter essere esclusi. Il Quadro Conoscitivo e’ corredato per ogni Comune da una schedatura che descrive il patrimonio artistico - architettonico di Rilevante Valore Storico. Questo lavoro sarà un utile strumento per la tutela e della valorizzazione degli edifici del nostro territorio che marcano l'identità e la storia di ogni singolo Comune. L'obiettivo del Progetto è quello di costruire una banca dati georeferita che attraverso l'utilizzo di internet e l'impiego di un Web Gis, permetta all'utente l'individuazione geografica e la consultazione delle informazioni relative ad ogni singolo Edificio di Rilevante Valore Storico Architettonico nell'intera Provincia di Pistoia . I Comuni quindi potranno acquisire la schedatura, stamparla, compilarla o completarla con i propri dati, e utilizzarla per il proprio lavoro. La scheda quindi potrà essere utilizzata come SCHEDA BASE per tutti i comuni. Le schede si suddividono in schede sintetiche ed in schede analitiche. La scheda sintetica è stata realizzata per tutti i Comuni, ricomprendendo i dati raccolti, i lavori presentati dai Comuni e alcune collaborazioni con gli stessi. La scheda sintetica contiene i seguenti dati: . Comune . Oggetto (Denominazione e Località) . Aspetti Tipologici (Tipologia, Impianto tipologico) . Riferimenti Catastali . Epoca di costruzione . Valore Storico - Architettonico . Normativa di Riferimento La scheda analitica completa i dati della scheda sintetica con elementi più specifici e potrà essere implementata da parte dei Comuni per una gestione di un archivio completo. Oltre agli elementi della scheda sintetica contiene: . Descrizione dell'oggetto (Aspetti Storici-Architettonici, Elementi caratterizzanti) . Stato di degrado (Copertura, Struttura Muraria, Elementi Architettonici) . Stato di Conservazione (Interno ed Esterno)

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. Fruibilità dell'edificio (Accessibilità dell'edificio) . Interventi subiti nel tempo (Alterazioni Architettoniche, Alterazioni Tipologiche) . Documentazione fotografica (Foto realizzate nei sopraluoghi). La scheda analitica e’ stata realizzata come scheda "Pilota" e analizza come esempio tre comuni, il Comune di Agliana, di Sambuca Pistoiese e infine di Buggiano, che rappresentano rispettivamente la pianura; la montagna; la Valdinievole. Di seguito è riportato uno schema esemplificativo con i dati sintetici dell’Atlante degli edifici di rilevante valore storico architettonico, distinto per i Comuni della Provincia pistoiese.

7.13 Ambiti di paesaggio e Sistemi territoriali

In riferimento alla suddivisione operata dal P.IT./PPR in ambiti di paesaggio, la Provincia di Pistoia è interessata dall'Ambito di paesaggio 5 - Valdinievole e Val d'Arno inferiore, e dall' Ambito di paesaggio 6 -Firenze - Prato - Pistoia. La Tavola 13 recepisce la suddivisione in ambiti di paesaggio. L'art. 64 comma 4 della L.R. 65/2014 dispone che per il territorio rurale gli strumenti della pianificazione e urbanistica comunale possono articolare il territorio in ambiti territoriali differenziati, "in relazione ai caratteri della produzione agricola, alle specificità socio-economiche, ambientali e

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paesaggistiche dei luoghi, alle caratteristiche pedologiche, climatiche, di acclività e giacitura del suolo". Al contempo l'art. 90 della L.R. 65/2014 avente ad oggetto i contenuti del Piano territoriale di coordinamento Provinciale, prevede nella parte strategica "indirizzi sull'articolazione e sulle linee di evoluzione dei sistemi territoriali". Nella presente variante al P.T.C. i Sistemi Territoriali sono stati articolati nella Tavola 14. Detti Sistemi Territoriali costituiscono riferimenti per l'individuazione nei Piani Strutturali di Ambiti di paesaggio locali, delle UTOE, e per le relative strategie. Negli elaborati grafici è stata rivista e aggiornata l'articolazione dei sistemi territoriali: . è stato aggiornato il sistema territoriale insediativo a quello indicato nei Piani Strutturali comunali al 2017; . il sistema territoriale della collina arborata e quello del vivaismo è stato meglio definito, appoggiando i confini su limiti fisici e ben individuabili sul territorio anzichè sulle fasce altimetriche, tenendo in considerazione anche gli aspetti attinenti l'economia della montagna, ad esempio per quanto riguarda la produzione dei castagneti da frutto.

7.14 Il Patrimonio culturale e paesaggistico

Il PTC, richiamandosi alla Convenzione Europea del Paesaggio firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 dai ventisette Stati della Comunità Europea, considera il paesaggio quale territorio così come percepito dalle popolazioni che lo vivono, il cui carattere deriva dalle azioni dei fattori naturali e umani e dalle loro interrelazioni, e comprende i paesaggi eccezionali, quelli della vita quotidiana e i paesaggi degradati. Il paesaggio è il prodotto dell’interrelazione tra la molteplicità dei fattori naturali e le azioni umane, è l’espressione della diversità del patrimonio culturale e naturale delle popolazioni, fondamento della loro identità. Il P.T.C. in conformità al P.I.T. formula i principi generali, le strategie e gli orientamenti per salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio. Il P.T.C. si impegna affinché il paesaggio fosse integrato nelle politiche di pianificazione urbanistiche, in quelle di carattere culturale, agricolo, sociale ed economico, e in tutto quello che può avere incidenza diretta o indiretta sul paesaggio. A questo contribuisce la particolare ricchezza per risorse ambientali, paesaggi naturali e umani del territorio provinciale di Pistoia: una densa coincidenza di elementi fisici, biologici e antropici, nel corso dei secoli ha generato un territorio nel quale, se si esclude il sub-sistema Costiero, sono rappresentati tutti gli altri presenti nella Toscana, come l'Appenninico, il Collinare, il Fluviale di pianura, e una porzione di quelle rare Zone Umide, ormai residuali. Questa caratterizzazione territoriale è percepibile con facilità da chi provenga dalla pianura di Firenze- Prato più fortemente degradata e dalla informe campagna urbanizzata pratese entri nella ordinata geometria dei vivai, abbracciando la visione dell'arco collinare attorno a Pistoia, tuttora ben conservato nella sua struttura fondamentale. Ugualmente percepibile e netto è il passaggio tra la collina urbanizzata della zona di Porretta Terme e l'ingresso nelle verdi valli delle Limentre. Un territorio di limitata estensione, così, si è modellato nelle tre fasce fortemente caratterizzate della pianura, contraddistinta dalla presenza dei vivai e diffusi valori di ruralità, della collina, ancora segnata dalla struttura poderale con ville, case coloniche, terrazzamenti e colture tradizionali, della montagna, con aree intensamente boscate che si alternano ad altre più coltivate ed aperte, ed in cui le attività legate all'industria pesante e al turismo invernale iniziano a vacillare. Quello toscano, e pistoiese in particolare, è un territorio in cui la uniformità non regna, ma la diversità è tratto costante che deve essere continuamente preso in considerazione e valutato. Come ci suggerisce Bateson, i fattori costitutivi privati del loro contesto, formale e temporale, non possiedono alcun significato, e si è cercata perciò una attenta analisi dei sistemi ambientali individuati, all'interno dei quali individuare gli elementi di pregio, valori e disvalori. Per questi motivi, gli elementi di valore ambientale che connotano la struttura del paesaggio

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provinciale, oltre a comprendere i parchi, le riserve nazionali, i siti di interesse regionale, le aree di interesse provinciale e poi locale, articola il territorio rurale in elementi territoriali complessi, differenziati per morfologia, forme d’uso del suolo e caratteri del paesaggio, sottosistemi territoriali di paesaggio, anticipando il contenuto del piano paesaggistico secondo il Nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio, secondo il quale “il piano ripartisce il territorio in ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi o degradati”.

Le Aree Protette della Provincia di Pistoia

Con la L.R. 52/82 la Regione Toscana aveva individuato le aree protette regionali, adottato una normativa di salvaguardia e affidato alle province il compito di definire più dettagliatamente il loro perimetro e una normativa specifica. Nel corso di tale processo è intervenuta l’approvazione sofferta e contrastata della L. 431/85 che, oltre a individuare vaste aree meritevoli di tutela da inserire negli elenchi del D.P.R. 616/77, definisce un nuovo strumento di pianificazione: con riferimento a tali aree “le Regioni sottopongono a specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali”. Lo stessa legge introduce una pesante norma di salvaguardia: “è vietata, fino all’adozione da parte delle regioni dei piani suddetti, ogni modificazione dell’assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”. Ai sensi della L. 394/91 e della L.R. 49/95 il sistema Provinciale delle aree protette è attualmente costituito da Riserve Statali, Riserve Provinciali, Aree Naturali Protette di Interesse Locale e Siti di Interesse Regionale. Le Riserve Statali, quasi interamente boscate sono gestite da un Ufficio Territoriale per la biodiversità (UTB) del Corpo Forestale dello Stato attraverso appositi Piani di Gestione, sono costituite da: a) la Riserva Naturale Orientata Campolino; Di estensione pari a 98,0 ha, istituita nel 1967, anno in cui risultavano protetti circa 37,0 ha (per preservare il nucleo principale di abete rosso); l’area è stata successivamente ampliata con DD.MM. 26/07/1971, 29/03/1972 e 02/03/1977. Localizzata sull’Appennino Pistoiese, al confine con la Provincia di Lucca e la Provincia di Modena (regione Emilia Romagna) nel comune di Abetone. Interessa il versante destro dell’Alta Valle del Sestaione e presenta un’altitudine compresa tra i 1.500 e i 1.800 metri s.l.m. L’ accesso alla riserva è regolamentato, con autorizzazione da richiedere al Corpo Forestale dello Stato di Abetone. Ente competente: Ufficio Amministrazione e Gestione ex Azienda di Stato Foreste Demaniali di Pistoia. Altri strumenti di tutela: • IBA n° 040 “Appennino dal Passo del Cerreto al Monte Caligi”; • SIR- ZPS “Campolino” (Codice Natura 2000 IT5130002) che ricomprende la riserva; • SIR- ZPS “Pian degli Ontani” (Codice Natura 2000 IT5130004).

b) la Riserva Naturale Biogenetica dell’Abetone; Di estensione pari a 584,0 ha, istituita con D.M.13/07/1977. è localizzata sull’Appennino Pistoiese, al confine con la Provincia di Lucca e la Provincia di Modena (regione Emilia Romagna) nel comune di Abetone. Presenta un’altitudine compresa tra i 1.200 e i 1.600 metri s.l.m. Ente competente: Ufficio Amministrazione e Gestione ex Azienda di Stato Foreste Demaniali di Pistoia Altri strumenti di tutela: • IBA n° 040 “Appennino dal Passo del Cerreto al Monte Caligi” • SIR- ZPS”Abetone” (Codice Natura 2000 IT5130003) • SIR-pSIC-ZPS “Alta Valle del Sestaione” (Codice Natura 2000 IT5130001)

c) la Riserva Naturale Biogenetica dell’Acquerino;

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Di estensione pari a 243,0 ha, istituita con D.M. 13/07/1977. La riserva si trova nell’Appennino settentrionale all’interno dell’alto bacino deltorrente Limentra orientale, affluente di destra del fiume Reno, nel comune di Sambuca Pistoiese. Presenta un’altitudine compresa tra gli 800 e i 1.200 metri s.l.m. L’area protetta è di libero accesso. Ente competente: Ufficio Amministrazione e Gestione ex Azienda di Stato Foreste Demaniali di Pistoia. Altri strumenti di tutela: • Nell’area non ricadono SIR.

d) la Riserva Naturale Biogenetica di Pian degli Ontani. Di estensione pari a 590,0 ha, istituita con D.M.13/07/1977. Localizzata sull’Appennino Pistoiese, al confine con la Provincia di Lucca e la Provincia di Modena (regione Emilia Romagna) nel comune di Cutigliano (Provincia di Pistoia). Interessa il bacino idrografico del Torrente Sestaione, affluente in destra idrografica del Torrente Lima. Ente competente: Ufficio Amministrazione e Gestione ex Azienda di Stato Foreste Demaniali di Pistoia. Altri strumenti di tutela: • IBA n° 040 “Appennino dal Passo del Cerreto al Monte Caligi” • SIR- ZPS “Pian degli Ontani” (Codice Natura 2000 IT5130004)

Le Riserve Naturali ai sensi della L.R. 30/2015 risultano essere: a) la Riserva La Monaca 103, 26 ha, di proprietà del Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio e dell’Az. Agricola “Società Porto S. Felice” (più altre 3 piccole proprietà private)

b) la Riserva Le Morette 103,38 ha, di proprietà della Provincia di Pistoia

c) l’Area Contigua del Padule di Fucecchio 1.736,28 ha, interessa i comuni di Chiesina Uzzanese, Ponte Buggianese, Pieve a Nievole, Monsummano Terme, Larciano e Lamporecchio Altri strumenti di tutela: • IBA n° 080 “Padule di Fucecchio”; • SIR- pSIC- ZPS (Codice Natura 2000 IT5130007, denominazione “Padule di Fucecchio”) I confini risultano di poco diversi da quelli dell’area IBA, discostandosi da questi solamente per alcune piccole porzioni nella parte settentrionale; • Proposta designazione area Ramsar con Del G.R. 231/2004.

Le Aree Naturali Protette di Interesse Locale (A.N.P.I.L) sono: a) l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale “La Querciola”; b) l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale “Bosco della Magia”. La Provincia ha proposto nel 2007 la nuova Area Naturale Protetta di Interesse Locale “Poggio alla Guardia” che sta attualmente completando l’iter istitutivo. È allo studio anche la proposta di istituzione di un’ANPIL per il tratto cittadino del corso dell’Ombrone pistoiese.

I Siti di Interesse Regionale (S.I.R.) della Rete Natura 2000 (pSIC e ZPS) presenti attualmente in Provincia di Pistoia sono dieci e precisamente: a) ZPS Campolino (Codice Natura 2000 IT5130002); b) ZPS Abetone (Codice Natura 2000 IT5130003); c) ZPS Pian degli Ontani (Codice Natura 2000 IT5130004); d) pSIC Alta Valle del Sestaione (Codice Natura 2000 IT5130001); e) pSIC Libro Aperto – Cima Tauffi (Codice Natura 2000 IT5130005); f) pSIC Monte Spigolino – Monte Gennaio (Codice Natura 2000 IT5130006);

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g) pSIC Zone Calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero (Codice Natura 2000 IT5120102); h) pSIC Bosco di Chiusi e Paduletta di Ramone (Codice Natura 2000 IT5140010); i) pSIC Padule di Fucecchio (Codice Natura 2000 IT5130007); j) pSIC Alta Valle del Torrente Pescia di Pescia (Codice Natura 2000 IT5130008).

Elenco S.I.R. – S.I.C. – Z.P.S.

NOME TIPOLOGIA mq ettari Padule di Fucecchio SIR - pSIC - ZPS 14.623.651 1.462 Bosco di Chiusi e Paduletta di Ramone SIR - pSIC - ZPS 3.015.216 301 Libro Aperto - Cima Tauffi SIR - pSIC 3.550.660 355 Abetone SIR - ZPS 6.239.671 624 Campolino SIR - ZPS 1.312.106 131 Monte Spigolino e Monte Gennaio SIR - pSIC 4.901.267 490 Zone calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero SIR - pSIC 2.629.751 263 Alta Valle del Sestaione SIR - pSIC 8.246.739 824 Pian degli Ontani SIR - ZPS 6.681.034 668 Alta Valle del Torrente Pescia di Pescia SIR - pSIC 15.857.733 1.585 Pari al 6,95% Superficie Totale dei Siti Natura 2000 67.057.831 6.706 della superficie della Provincia

E' stata conservata la previsione per il cosiddetto “Parco delle Limentre”; anche se per quest’area, l’Amministrazione Provinciale ha messo in luce l’esistenza di elementi più che sufficienti a sostenere una proposta di istituzione per un sito di interesse comunitario. La disciplina per la tutela e la conservazione di queste aree è normata principalmente dalla D.G.R. 644/2004, la quale prevede la necessità di predisporre per ogni sito un Piano di Gestione o strumenti di pianificazione mirati a precise problematiche (Piani di azione settoriali). Il Piano è prescritto con necessità elevata esclusivamente per Padule di Fucecchio, Libro Aperto – Cima Tauffi e per l’ Alta Valle del Sestaione; in quest’ultimo caso, però, può essere sostituito da Piani di azione settoriali (pascolo e turismo). Il Piano non è considerato necessario per i siti quasi interamente coincidenti con le Riserve Statali: Campolino, Abetone e Pian degli Ontani: per essi si indica come sufficiente la verifica e l’adeguamento dello strumento di gestione forestale. Per tutti i siti che interessano l’alto crinale appenninico, è ritenuto di priorità elevata la predisposizione di un Piano di azione per la gestione del pascolo.

7.14.1 Siti Unesco: Villa La Magia di Quarrata

Nel 2013 le ville e i giardini medicei della Toscana sono stati inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO. La lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco riconosce un "eccezionale valore universale" ai beni in essa inseriti, tale da avere valenza di patrimonio di tutta l'umanità, presente e futura. Il prestigioso riconoscimento interessa 12 ville e 2 giardini, dislocate in diverse province toscane: Villa di Careggi, Villa di Castello, Villa della Petraia, Giardino di Boboli, Villa del Poggio Imperiale a Firenze, Villa di Cafaggiolo a Barberino di Mugello (FI), Villa de Il Trebbio a San Piero a Sieve (FI), Villa Medici di Fiesole (FI), Villa di Cerreto Guidi (FI), Giardino di Pratolino a Vaglia (FI), Villa di Poggio a Caiano (PO), Villa di Artimino a Carmignano (PO), Palazzo di Seravezza (LU), Villa La Magia a Quarrata (PT). Questi complessi monumentali rispondono ai requisiti richiesti dall’UNESCO per la specifica rilevanza culturale, artistica e paesaggistica e, per l’elevato grado di autenticità e di integrità funzionale, strutturale e visivo.

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I suddetti beni rappresentano una parte dei complessi edilizi di proprietà della famiglia dei Medici, presenti anche in altre regioni italiane ed in Francia, costruiti ex novo o ristrutturati, con un totale di ben 36 nella sola Toscana. Le ville medicee rispecchiano il prestigio politico ed economico di una tra le più importanti famiglie dell’età dell’Umanesimo e del Rinascimento. Con esse vi è stato uno sviluppo della tipologia della “villa con giardino”, con un modello architettonico corrispondente ad un nuovo modello di vita e di lavoro, rispondendo alle esigenze di rappresentatività del potere politico e di innovazione in campo architettonico - culturale. Da una forma di occupazione feudale del territorio tipicamente medievale delle prime costruzioni, si è passati in modo graduale ad una moderna relazione tra l’architettura ed il paesaggio, in cui i due aspetti sono fortemente integrati tra loro. In questi complessi edilizi anche il rapporto con la componente del verde è innovativo, in quanto i giardini sono intenzionalmente progettati e disegnati dall'uomo, tanto che rappresentano ad oggi un modello del giardino all'italiana. Nella Provincia di Pistoia vi è la Villa La Magia, sita nel Comune di Quarrata, inserita nel Patrimonio UNESCO, e la Villa di Montevettolini, non riconosciuta, situata nel Comune di Monsummano Terme.

Tommaso Buzzi, Mappa delle ville medicee, 1931 Stampa litografica, cm 66x107 Firenze, Museo della Villa Medicea della Petraia

Villa La Magia è posta su un’altura delle pendici settentrionali del Montalbano, in una incantevole posizione dominante la vallata dell’Ombrone Pistoiese. Il complesso architettonico della villa è sorto intorno ad un primo nucleo trecentesco costituito da un fortilizio a casa-torre, di proprietà della famiglia pistoiese dei Panciatichi, che si contendeva con la nobile famiglia dei Cancellieri il predominio del territorio pistoiese, e quindi necessitavano di strutture difensive sparse sul territorio. Nel corso del Quattrocento, tra il 1427 ed il 1465, la torre, in posizione ideale per il controllo della viabilità tra Pistoia e Firenze, è stata inglobata in un edificio più complesso, a forma compatta, con i vari ambienti articolati intorno ad un cortile interno. La funzione residenziale diventa preponderante rispetto a quella difensiva. Nel Cinquecento la famiglia dei Panciatichi viene definitivamente sconfitta dal casato dei Cancellieri, ed i beni della famiglia venduti. Nel 1583 la Villa La Magia viene acquistata dal granduca Francesco I dei Medici, entrando a far parte del sistema delle ville medicee utilizzate come riserva di caccia e pesca. Francesco I ha promosso la ristrutturazione dell’intero complesso ed il suo ampliamento con

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numerosi interventi effettuati dall’architetto Bernardo Buontalenti, architetto ufficiale del granduca. Alla fine del Cinquecento la villa con i suoi spazi esterni è raffigurata in una lunetta di Giusto Utens, artista fiammingo che ha riprodotto le ville medicee nella celebre serie di lunette dipinte per la Villa di Artimino.

La villa La Magia appare circondata da un vasto piazzale sui quattro lati, e con i terreni circostanti costituiti da campi coltivati. Nel 1626 circa è stata istituita ufficialmente da Ferdinando II la riserva venatoria del Barco Reale Mediceo, un esteso terreno delimitato da un muro, che si estende da Artimino fino a Quarrata e Montelupo. Nel 1645 la villa diventa di proprietà della famiglia Attavanti, che la trasforma da residenza di caccia in una vera e propria villa signorile, decorandola con affreschi e stucchi in elegante stile barocco, e realizzando un giardino all'italiana con siepi geometriche e parterres. Il giardino, posto ad una quota inferiore rispetto alla villa, è caratterizzato da una fontana centrale circolare e da quattro aiuole che ripartiscono geometricamente il terreno, nelle quali vi sono delle pietre murate dove vengono posti gli agrumi nel periodo estivo. Interventi significativi si sono succeduti durante la proprietà degli Attavanti, in particolare tra il 1708 ed il 1716, quando è stata costruita una cappella, ed è stato ristrutturato il cortile con l’esecuzione della fontana centrale. Nel 1715 sono stati realizzati degli affreschi da Giovan Domenico Ferretti che raffigurano Bacco e Arianna e Diana e Atteone. La famiglia ha dato un nuovo ordinamento a tutto l'edificio, senza mutare la linea architettonica esterna, che ancora oggi si presenta con la sua mole massiccia. Tra il 1723 ed 1724 sono state rialzate le facciate del cortile ed aperti due nuovi accessi alla villa, è stato creato lo stanzone per gli agrumi e per i vasi, con le stanze per la servitù e la rimessa degli animali. Successivamente, nel 1752, la villa è passata alla famiglia dei Ricasoli, che ha continuato i lavori di manutenzione e l’ampliamento della limonaia, fino a quando nel 1766, trovandosi in grave difficoltà economica, la proprietà è stata venduta alla famiglia Amati. Giulio Giuseppe Amati ha completato in particolare la sistemazione del giardino romantico di tipo “inglese” adiacente al corpo di fabbrica occidentale della villa, utilizzando lecci, allori e cipressi.

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Alla fine degli anni novanta del Settecento viene edificata la cappella neogotica, che va a sostituire l’oratorio fatto costruire dagli Attavanti. Caratteristico del giardino romantico è il laghetto artificiale, con un leccio che posa le radici sulla cisterna. Nel giardino all’italiana nell’ultimo periodo del Settecento viene costruita la limonaia di ponente, andando a creare il giardino nell’aspetto attuale. Le proprietà di villa La Magia sono rimaste nelle mani della famiglia Amati Cellesi fino al 1999, quando l’ultima erede, la contessa Marcella nata Pagnani, ha ceduto l’intero possesso al Comune di Quarrata il quale, oltre a provvedere ad interventi di restauro, ha dedicato uno spazio espositivo per l’arte contemporanea con la realizzazione di un parco museo permanente. La villa si presenta oggi perfettamente conservata nelle sue linee tardo rinascimentali, caratterizzate dalla massiccia mole quadrata dalla quale avanzano le due torri angolari. Le facciate ritmate da una serie di finestre contornate in pietra, ricordano la linearità di altre opere buontalentiane. L’accesso al parco, ricco di querce, cedri dell’Himalaya, lecci, platani, ginko biloba, noci neri, avviene attraverso un imponente cancello con esedra in muratura ornata da colonne con fastigio. La Villa de La Magia è inserita nel sistema delle ville medicee, ed è in correlazione con la Villa La Ferdinanda (o dei cento camini) a Artimino, posta nel Comune di Carmignano, sul Monte Albano, e con Montevettolini.

7.15 Proposta di aggiornamento del Quadro Conoscitivo del P.I.T./PPR. La Schedatura dei beni paesaggistici

La Variante generale di adeguamento del P.T.C. è corredata da uno specifico elaborato contenente la proposta di aggiornamento del Quadro Conoscitivo del PIT in riferimento all'individuazione dei beni paesaggistici presenti nel territorio della Provincia di Pistoia. Questo elaborato è stato redatto nell'ottica della collaborazione ed in rapporto reciproco di sinergia tra Regione, Provincia e Comuni, al fine di favorire lo scambio delle conoscenze e il miglioramento della qualità tecnica degli strumenti urbanistici, ai sensi di quanto previsto dalla L.R. 65/2014 all'art. 53. Poiché la rappresentazione cartografica delle aree di cui all’art. 142 lettere b), c), d), g) del Codice dei Beni Culturali e Ambientali, cosiddetta legge “Galasso”, effettuata nel P.I.T., ha valore meramente ricognitivo per la metodologia utilizzata e per la natura stessa dei beni, il P.T.C. propone le individuazioni, i riconoscimenti e le precisazioni previste nelle direttive della specifica disciplina e un quadro conoscitivo di maggior dettaglio, in adempimento di quanto previsto dall'art. 22 del P.I.T.. Una volta che la proposta di aggiornamento dei beni paesaggistici sarà validata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dalla Regione Toscana, questa sarà recepita negli elaborati del P.I.T., ai sensi dell’art. 21 della L.R. 65/2014. L'art. 4 dell' Elaborato 8 B del PIT/PPR infatti prevede: “Gli enti territoriali e gli altri soggetti pubblici con competenze incidenti sul territorio,nell’ambito delle procedure di adeguamento e conformazione degli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica, possono proporre le individuazioni, i riconoscimenti e le precisazioni previste nelle direttive della specifica disciplina e un quadro conoscitivo di maggior dettaglio che, una volta validate dal MiBACT e dalla Regione Toscana, nell’ambito delle suddette procedure, sono recepite negli elaborati del Piano, ai sensi dell’art. 21 della L.R. 65/ 2014”. Inoltre su proposta dei singoli Comuni, nell'ambito della fase di condivisione del lavoro di redazione della Variante del P.T.C. con l'Ufficio di Piano, è stato provveduto ad effettuare una ricognizione delle aree irrilevanti ai fini paesaggistici da proporre per l'eliminazione del vincolo, e delle aree degradate di cui all'articolo 143, comma 4 del Codice, da verificarsi in sede di Conferenza Paesaggistica e secondo le procedure, individuate dall’art. 5 della Disciplina Generale del P.I.T. avente valenza paesaggistica. Com'è noto i beni paesaggistici sono costituiti da:

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. gli “immobili ed aree di notevole interesse pubblico” ai sensi dell’art. 134, comma 1, lettera a) e dell’art. 136 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D. Lgs 42/2004: - le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; - le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del Codice che si distinguono per la loro non comune bellezza; - i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici - le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. . le “aree tutelate per legge” ai sensi dell’art. 134, comma 1, lettera b) e dell’art. 142, comma 1, del Codice, si riferiscono a quelle categorie di beni paesaggistici istituite dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, identificate nell'allegato 7B del PIT: - i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; - i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; - le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; - i ghiacciai e i circhi glaciali; - i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; - i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227; - le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici; - le zone umide incluse nell'elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448; - i vulcani; - le zone di interesse archeologico.

La scheda tipo relativa alla proposta di modifica del P.I.T. dei beni paesaggistici è stata concordata con i competenti uffici della Regione Toscana nel corso di riunioni e via mail. Il 7 giugno 2016 è stato effettuato un incontro in Regione Toscana con il direttore della Direzione urbanistica e politiche abitative, Ing. Ianniello, e con i responsabili degli uffici competenti, arch. Berengo e arch. Del Bono, incentrato sull'aggiornamento del PTC ed in particolare sulle problematiche riscontrate nel P.I.T./PPR sull'individuazione dei beni paesaggistici ed i beni culturali, i cosìdetti "sgalassamenti" relativi ai laghi, fiumi, boschi, ecc, erroneamente rappresentati in cartografia o di cui si propone lo svincolo dietro contributo dei Comuni, e la trasmissione delle schede delle aree gravemente compromesse o degradate di nuova proposta o già trasmesse in Regione. Nel successivo incontro del 28 settembre con i tecnici regionali è stata definita la schedatura tipo, evidenziando il fatto che i motivi di esclusione dal vincolo devono essere richiamati nella scheda facendo riferimento ai criteri indicati nell'elaborato 7 B del PIT “Ricognizione, delimitazione e rappresentazione delle aree tutelate per legge ai sensi dell'art. 142 del Codice”.

Per l'individuazione delle Aree Tutelate per legge sono stati applicati i parametri indicati dalle disposizioni di legge (D.Lgs. 42/2004) operanti per ciascuna categoria di bene paesaggistico, attraverso i criteri e le disposizioni indicati nell'Elaborato 7B del P.I.T./PPR, tenendo in considerazione che i criteri e le disposizioni del Piano che definiscono il bene prevalgono sulla rappresentazione cartografica.

Attraverso l'Ufficio di Piano è stato quindi chiesto agli uffici tecnici comunali di effettuare una

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ricognizione di tali aree. Ogni Comune ha quindi provveduto a compilare la scheda con il supporto dei tecnici della Provincia. In alcuni casi sono state compilate schede suddivise per tipologie di vincolo, ad es. una schede per tutti i fiumi di un comune, in altri casi sono state compilate diverse schede per ogni singolo bene paesaggistico appartenente alla medesima categoria.

La schedatura, è distinta nel seguente modo per ogni comune con un codice alfa numerico: es.: 1_AC_1: . 1 - numero progressivo per comune, numerati in ordine alfabetico ; . AC - Comune di Abetone Cutigliano; riportando due lettere identificative dei singoli comuni (Agliana AG, Buggiano BU, Chiesina Uzzanese CU, ecc); . 1 - numero progressivo delle schede del singolo comune.

Ogni scheda riporta una restituzione cartografica con l'individuazione delle singole aree proposte, eventualmente una documentazione fotografica, o altra documetazione idonea all'identificazione delle aree proposte, in modo da consentire agli Uffici Regionali e al Ministero le considerazione necessarie per poter eventualmente recepire negli elaborati del PIT-PPR le perimetrazioni di maggior dettaglio dei Beni Paesaggistici.

Per quanto riguarda le Aree di cui alla lett. c : “I fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n.1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”, ai sensi dell’art. 4 dell’elaborato 7B “Ricognizione, delimitazione e rappresentazione delle aree tutelate per legge ai sensi dell’art. 142 del Codice”, si precisa che nella schedatura è stato fatto riferimento agli identificativi riportati: . nell'Allegato E con l’elenco dei corsi d’acqua, diversi da fiumi e torrenti, secondo la ricognizione delle acque pubbliche di cui ai regi Decreti e alle Gazzette Ufficiali; . nell'Allegato L con l’elenco di tutti i fiumi e torrenti denominati tali dalla toponomastica di CTR 1:10.000; . nell'Elenco approvato con DCR 1986 n. 95 che riporta le esclusioni, ai sensi del comma 3 dell’art. 142, da applicarsi agli elenchi di cui agli Allegati E ed L.

Esempio scheda t ipo Aree boscate

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Esempio scheda t ip o

Laghi

Esempio scheda t ip o

Laghi

Precisazioni in merito alla schedatura

. Per il Comune di Abetone Cutigliano non è stata presentata in questa sede la proposta di modifica relativa al territorio boscato all'interno del sistema insediativo, in quanto verrà definita direttamente dal Comune durante le procedure della conformazione al P.I.T. degli strumenti urbanistici, per le quali ai sensi dell'art. 21 della Disciplina di Piano del P.I.T. sono già state effettuate alcune sedute delle Conferenze paesaggistiche. In particolare il Piano Operativo del Comune di Abetone è adottato con D.C.C. n. 10 del 14/04/2016, mentre il Piano Operativo del Comune di Cutigliano è stato adottato con D.C.C. n. 51 del 6/10/2016, approvato con D.C.C. n. 65 del 22/12/2016, e successivamente annullato con Decreto del Commissario con i poteri del Consiglio Comunale n. 10 del 30/03/2017 limitatamente alla parte della comunicazione. . Per quanto riguarda il Comune di Quarrata, Sambuca Pistoiese, è già stato provveduto alla ricognizione delle aree di cui all'art. 143 del Codice in sede di conferenza paesaggistica per la conformazione dei piani . Per il Comune di Chiesina Uzzanese non è stata presentata in questa sede alcuna proposta di modifica, in quanto non è stata rilevata dal Comune alcuna inesattezza sul PIT relativamente all'individuazione dei Beni paesaggistici.

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. Per quanto riguarda i Comuni di Larciano e Lamporecchio, è già stato provveduto alla ricognizione delle aree di cui all'art. 143 del Codice in sede di conferenza paesaggistica per la conformazione dei piani. . Per il Comune di San Marcello Piteglio, con nota prot. n. 5234 del 14/03/2018, è stato precisato che al momento non è stata effettuata la proposta di esclusione dei centri abitati dalla fascia di rispetto dei fiumi, anche per il Comune di Piteglio, a causa della mancanza di tale perimetrazione all'interno del vigente strumento urbanistico comunale, costituito dal Programma di Fabbricazione approvato con D.C.C. n. 12 del 11/12/1995 e successive varianti e dal Piano Strutturale approvato con D.C.C. n. 16 del 22/06/2005.

Schedatura delle aree gravemente compromesse o degradate

Si provvede ad allegare alcune n° 5 schede di rilevamento di proposte di individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate ai sensi dell'art. 143 comma 4 lett. b) del D. Lgs 42/2004 già inviate dal comune alla Regione Toscana: . Comune di Sambuca Pistoiese, n° 5 schede di rilevamento trasmesse alla Regione con nota prot. n° 4032 del 12 luglio 2016: - Area in località Case Morotti (tratto sponda sx del Torrente Limentra di Sambuca) prevista dal Piano di Protezione Civile come zona di accoglienza per permettere l’allestimento di tendopoli o altre strutture temporanee per il ricovero della popolazione in caso di emergenze ambientali; - Area in località Taviano (Piazza antistante il Municipio di Sambuca P.se) prevista dal Piano di protezione civile come zona per l’accoglienza, l’attesa e l’ammassamento in caso di emergenze ambientali; - Area in località Torri (Slargo su viabilità comunale) prevista dal Piano di protezione civile come zona per l’accoglienza, l’attesa e l’ammassamento in caso di emergenze ambientali. . con nota prot. n° 2801 del 14 aprile 2016: - Area in località Bellavalle (tratto sponda sx del Torrente Limentra di Sambuca) utilizzata come area artigianale; - Area in località Ponte di Teglia e Ca’ di Dano (tratto sponda dx e sx del Torrente Limentra di Sambuca e tratto sponda dx del Torrente Reno) utilizzata come area artigianale.

7.16 Il territorio rurale: le aree agricole

Caratteri generali

L'evoluzione demografica registrata nella nostra provincia dagli anni cinquanta in poi ha avuto riflessi significativi sulla stessa agricoltura in quanto numerosi nuclei familiari immigrati da altre aree del paese si sono insediati, quanto meno per una prima fase, nelle case coloniche lasciate libere dai coltivatori locali che passando ad attività extra-agricole andavano ad abitare i centri del fondovalle e delle aree pianeggianti. Ciò ha fatto si che, in termini reali, l'esodo dalle aree di campagna della nostra provincia, ma in particolare della Valdinievole dove più accentuato è stato questo fenomeno, avvenisse in modo più graduale e per fasi successive cioè: . prima le popolazioni locali si sono spostate nei centri abitati; . sui poderi migliori lasciati liberi, con le case in adeguate condizioni di abitabilità, si sono insediate le famiglie immigrate. Con il progressivo inserimento delle popolazioni immigrate nelle attività artigianali, industriali e commerciali esse hanno progressivamente abbandonato l'attività agricola e poi anche la casa per andare ad abitare anch'essi nei centri abitati della piana.

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Di particolare rilievo è il processo socio-economico relativo al comune di Pistoia per l'agricoltura, in cui, seppur comune capoluogo e quindi con numerose attività secondarie e terziarie, l'attività agricola presenta un'evoluzione interessante, che conferma che nonostante il massiccio esodo, nelle aree ad agricoltura altamente specializzata quali la floricoltura ed il vivaismo il peso dell'attività primaria sul totale della popolazione attiva è rilevante. La superficie boscata rilevata può rafforzare ulteriormente l’importanza del bosco e dell’economia forestale nella provincia e particolarmente nei comprensori montani Pistoia è una delle province più boscate d’Italia. In effetti le caratteristiche dell’uso del suolo denotano la preponderanza delle superfici naturali e agroforestali a prescindere da ogni considerazione sull’intensità dell’economia agricola.

Grafico Uso del Suolo – Dati del S.I.T. provinciale

Il PIL dell’agricoltura provinciale è costituito per la maggior parte dalle vendite del settore vivaistico e floricolo. Le altre produzioni dell’agricoltura pistoiese hanno una dimensione contenuta e nessuna raggiunge una soglia significativa se valutata a scala regionale. Esiste tuttavia una serie di realtà interessanti, per quanto localizzate, alle quali si può guardare quali esempi di opportunità imprenditoriali che possono avere successo anche in assenza di un settore produttivo propriamente strutturato, nel campo della viticoltura, dell’ortofrutticoltura, delle produzioni biologiche e dell’agriturismo. L'agricoltura pistoiese, per le diversificazioni ambientali del territorio provinciale, presenta una notevole variabilità negli ordinamenti produttivi e colturali. Tuttavia suddividendo la provincia nelle tre aree geograficamente omogenee di montagna collina e pianura, consente anche una soddisfacente ripartizione "topografica" degli ordinamenti colturali collocati, con sufficiente omogeneità, nelle tre zone. Nei terreni di pianura, e più precisamente nelle zone vallive dell'Ombrone e del Nievole, gli ordinamenti sono di tipo prevalentemente intensivo, in aziende di modesta superficie, ove predomina l'impresa diretto-coltivatrice. Le due zone di pianura, pur presentando notevoli analogie agro-pedologiche, hanno tuttavia indirizzi colturali diversi: nella Valdinievole sono soprattutto rivolti alle colture ortoflorovivaistiche e, nella zona più vicina al padule di Fucecchio, alla maiscoltura; mentre nell’area pistoiese sono decisamente orientati al vivaismo. Le colline del Montalbano che separano le due pianure, ed i contrafforti collinari che quasi ad anfiteatro racchiudono la Valdinievole ed il bacino dell' Ombrone, costituiscono l'area collinare caratterizzata da un intersecarsi di rilievi notevolmente acclivi, in cui boschi e seminativi arborati si alternano in brevi spazi con vigneti e oliveti specializzati in un continuo adattamento delle colture ai diversi microambienti. L'ordinamento colturale predominante è l'arboricolo o meglio il viti- olivicolo: tutto il Montalbano e l'arco collinare che si eleva sopra il bacino dell' Ombrone sono infatti inclusi nella zona a denominazione di origine controllata - D.O.C. - Chianti. Nella zona di montagna predomina il bosco, in una vasta gamma di essenze; la foresta sovrasta ogni altra destinazione colturale anche se, nel vasto territorio montano, i terreni meno acclivi, più fertili,

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più vicini ai centri abitati, sono interessati alle colture agrarie tradizionali (cereali, patate da seme, ecc.), collegate ad una zootecnia "estensiva" imperniata sull'utilizzazione stagionale dei modesti pascoli montani e sulle limitate risorse delle foraggere coltivate. Il Comprensorio montano è interessato dal sistema delle risorse agro-silvo-pastorali in maniera evidentissima: da un punto di vista territoriale, la quasi totalità delle superfici in oggetto è investita, attualmente o potenzialmente, da questi comparti produttivi. Anticamente, prima che l'uomo apportasse profonde modificazioni finalizzate alle sue attività, il territorio montano era coperto pressoché interamente da foreste. Anche nella fascia dei crinali la maggior parte delle praterie montane deriva dalla distruzione delle foreste di faggio; il limite di queste si è abbassato in conseguenza di tagli e incendi, e forse anche per un generale inaridimento del clima mediterraneo. Solamente alcuni piccolissimi lembi si possono ipotizzare essere in uno stato ancora assimilabile alle condizioni primigenie "ante hominem". Si può dunque affermare che tutto il territorio ha subito in varia misura interventi modificatori antropici; questi hanno sempre avuto la caratteristica di non insistere su monocolture, ma di appoggiarsi ad attività integrate che bilanciassero la necessità delle varie lavorazioni, rendendo più costanti e migliori possibili costi e benefici. Si è andata così formando una tipologia di unità produttiva ben precisa, che ha mantenuto la sua efficacia per molti secoli, senza poter sfuggire alla profonda crisi del secondo dopoguerra, che ha investito tutto il settore primario. Questa tipologia, prevedeva ampie zone di bosco ceduo per la produzione di legna nei terreni più acclivi e meno fertili; aree investite a castagneto da frutto, per un consumo del prodotto fresco (castagna) o lavorato (farina dolce); i terreni più dolci e freschi adibiti a prati (per lo sfalcio del fieno) o a pascoli finalizzati all'allevamento del bestiame (bovini, ovini e suini) che, nei periodi di magra, potevano usufruire anche del sottobosco specie nei castagneti; infine, le poche aree favorevoli, aventi un sufficiente franco di terreno, erano utilizzate per la coltivazione vera e propria di cereali, patate, erbai, ecc. Una tale distribuzione di aree si ritrova ancora oggi, in maniera più o meno leggibile, in tutto il comprensorio montano, eccetto larghe fasce di boschi allevati ad alto fusto, da antico tempo così condotti per scopi di pubblica utilità (protezione idrogeologica, pura conservazione, produzione di pezzature particolari ecc.). E' infatti possibile rilevare una "macro-struttura" unitaria dei vari soprassuoli che, dalle zone di maggior altitudine ai fondovalle, seppur in maniera volutamente grossolana, individua: una fascia di crinali, senza vegetazione arborea se sopra i 1.500/1.600 m. con roccia affiorante e prati pascoli stabili, nelle larghe fasce subito sotto (1.000/1.500 m.) con ampie zone boscate caratterizzate sia da cedui che da alto fusti, spesso faggete, ora sempre più frequentemente anche abetine, di rado interrotte da pascoli; zone sempre più estese di prati, pascoli e seminativi, spesso dislocati intorno ai centri ed ai nuclei abitati, in cui risulta il bosco essere di contorno ai coltivi, con frequenti castagneti da frutto (500/1.000 m). Come detto, questa macro struttura si è venuta configurando grazie alle attività di lunghissimo periodo sopra accennate, e si è articolata in una micro-struttura dovuta all'attività delle più piccole unità produttive, i poderi, le cui superfici, talvolta esigue ma sempre molto articolate, erano caratterizzate da una grossa parte a bosco ceduo, selve di castagneti da frutto, di preferenza localizzate a ridosso di abitazioni, sotto le quali si ritrovano ancora le pertinenze a orto e frutti, sempre di non eccessive dimensioni, perché dimensionate su una produzione per l'autoconsumo, e notevoli estensioni a prati, pascoli e, in minor misura, seminativi, colture sulle quali si sosteneva l'allevamento di specie zootecniche, soprattutto bovine e suine. Oggi queste tipologie di economia aziendale e domestica non esistono più, se non in forma residuale, con poche, ma forti, eccezioni dovute alle grandi proprietà private, improntate comunque a conduzioni di maggior specializzazione; permangono, invece, la struttura e le organizzazioni territoriali che sostenevano tale tipo di economia, lasciando alle attività di piano e di programma della società odierna una eredità di grande pregio ambientale, colma però di serie responsabilità per il suo futuro. E' da evidenziare comunque che:

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. la crescita continua della domanda e del relativo prezzo di mercato, della legna da ardere fa tornare economicamente appetibile l'enorme patrimonio di bosco ceduo esistente, e fa ipotizzare l'opportunità di costruire nuove maestranze addette al settore con adeguata preparazione professionale; . la ripresa del mercato della castagna, soprattutto per il consumo di prodotto fresco e di qualità, ma anche per la produzione della farina per la successiva trasformazione in prodotti oggi ampiamente conosciuti e richiesti; . La coltivazione e/o la raccolta dei piccoli frutti del sottobosco (funghi, lamponi, mirtilli, fragole, ecc) che con continuità si ritagliano spazi di mercato sempre più ampi, sia per le grandi aziende che commercializzano sui mercati ortofrutticoli che per quelle piccole che offrono il proprio prodotto in azienda (agriturismo); . Il settore zootecnico che da una precedente fase di crisi si è ora specializzato sia per la produzione di carne di esclusiva qualità (bovini), che per la lavorazione del latte per la produzione di formaggi di altissima qualità e che non riesce a soddisfare le attuali esigenze di mercato (pecorino a latte crudo della montagna Pistoiese assieme alle produzioni di formaggi di latte vaccino); . Il settore turistico legato direttamente al territorio e alle sue risorse ecologiche e biologiche disponibili (Agriturismo, turismo rurale, ecc.). Sono tutti segnali di un positivo e costante recupero delle risorse del sistema Agro-silvo-pastorale sulle sue possibili articolazioni e ci mostra alcune soluzioni molto interessanti in termini di creazione di posti-lavoro, specie part-time e adatti a formare redditi composti da provenienze miste. La superficie boscata in provincia di Pistoia rappresenta circa il 50% della superficie territoriale, valore significativamente superiore alla media regionale che risulta pari al 38%; sul territorio provinciale i boschi si estendono infatti su oltre 50.000 ettari e sono rappresentati per oltre 35.000 ettari da popolamenti cedui e per la restante superficie da fustaie. Nonostante i vari periodi di crisi che si sono succeduti nel tempo e che hanno ridotto le utilizzazioni delle risorse forestali e di conseguenza l'occupazione, la Provincia di Pistoia rimane ai primi posti in Toscana per quanto concerne il numero e la superficie forestale provinciale. L'intensità delle utilizzazioni boschive non è comunque tale da compromettere il sistema forestale in quanto non si tratta di prelievi eccessivi od incontrollati. Anche se non sono state eseguite particolari indagini, si può infatti senza ombra di dubbio affermare che nella provincia di Pistoia viene utilizzata una quantità di legname notevolmente inferiore a quella che potrebbe essere prelevata senza impoverire il patrimonio boschivo e senza creare problemi ambientali anche in considerazione delle molteplici funzioni svolte dall'ecosistema foresta (regimazione delle acque, difesa del suolo dall'erosione, habitat per la selvaggina, funzione paesaggistica e turistico-ricreativa, ecc.). Negli ultimi anni sono inoltre addirittura aumentati gli interventi di avviamento all'alto fusto e più in generale di miglioramento delle foreste degradate. E' prevedibile, soprattutto con gli aiuti comunitari, che questi interventi subiscano un positivo aumento. Per quanto attiene il livello occupazionale relativo al settore delle utilizzazioni boschive è stata notata una sensibile diminuzione di addetti locali ed un progressivo aumento di personale proveniente da altre Nazioni (prevalentemente extracomunitari). Questo aspetto desta alcune preoccupazioni soprattutto in considerazione del fatto che non sempre le nuove maestranze forestali hanno l'esperienza e la preparazione tecnica necessaria per garantire corretti interventi nel bosco; diviene pertanto necessario un maggiore impegno nelle attività di controllo soprattutto da parte del personale del Corpo Forestale dello Stato. In generale comunque si deve rilevare che la meccanizzazione forestale ha necessità di maggiore impulso, anche se negli ultimi tempi si sono registrate significative iniziative in tal senso. Devono essere migliorate le tecniche di esbosco con una drastica riduzione delle piste forestali che, fino ad oggi, sono state richieste in misura eccessiva senza una corretta e necessaria programmazione e con insufficiente progettualità. Una eccessiva rete di piste di esbosco, spesso abbandonate subito dopo l'utilizzazione, può provocare fenomeni estremamente pericolosi quali erosioni localizzate, smottamenti, diminuzione dei tempi di

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corrivazione, ecc.. In futuro deve essere sostenuta con forza una attenta programmazione delle strade forestali e delle piste di esbosco sia permanenti che temporanee. Per quanto riguarda il massiccio impegno di conifere, oggi contestato da diverse componenti, è dimostrato il fatto che senza l'impiego di specie pioniere quali appunto molte conifere, non si sarebbero potuti raggiungere i risultati di cui adesso beneficiamo; l'importante è comunque aver creato soprassuoli sui quali, con adeguati trattamenti colturali, intervenire periodicamente per guidare l'evoluzione verso forme più stabili, più complesse ed evolute. Purtroppo certe forme di trattamento colturale contrastano con il regime di tipo privato delle proprietà, con la sua eccessiva frammentazione e ancora con il ruolo di marginalità economica assegnata al bosco stesso. In sintesi questi rimboschimenti, di estrema delicatezza colturale e gestionale, possono considerasi una sorta di terra di nessuno, in cui sono rappresentate situazioni tecnico-amministrative tra loro contrastanti. La proprietà privata ne possiede la titolarità ma manifesta un completo disinteresse gravata com'è da vincoli di ogni tipo dai quali non ricava alcun beneficio. Gli enti delegati, ai quali in assistenza di restituzione spetterebbe la gestione, generalmente non vi operano per carenza di finanziamenti ma anche per la mancanza di adeguati indirizzi tecnici che consentano di superare il timore di eseguire interventi non sempre capiti ed approvati dall'opinione pubblica. In alcuni casi l'omissione degli interventi non comporta alcuna conseguenza diretta poiché è comunque in atto una lenta evoluzione naturale; in altri casi invece rimandare ulteriormente le operazioni colturali accentua ancor più lo squilibrio strutturale presente compromettendo talvolta la possibilità di realizzare la progressiva rinaturalizzazione dei soprassuoli. Dalle considerazioni illustrate deriva la proposta di una definizione amministrativa del problema, da attuarsi, a seconda dei casi, attraverso la restituzione ufficiale alla proprietà con predisposizione di specifico piano di coltura e conservazione oppure confermando l'occupazione temporanea. Vi sono infatti alcune situazioni in cui, oggettivamente, è impensabile lasciare ai diretti e talvolta piccoli proprietari la gestione dei soprassuoli in quanto la stessa richiede di affrontare problemi globali che travalicano i singoli interessi. In questi casi è indispensabile un intervento pubblico. Su questa questione è necessaria una discussione attenta a livello regionale che porti a proposte operative concrete atte a risolvere il problema che è comune a varie province della Toscana. E' altresì auspicabile che analoga indagine possa estendersi anche alle opere intensive (briglie e manufatti) ed in particolare a quelle presenti nelle zone al di fuori della Comunità Montana; ciò in modo da completare il quadro complessivo relativo alle opere di sistemazione idraulico-forestali realizzate nel tempo, sì che questo tipo di studio possa rappresentare ua valida base conoscitiva alla luce della quale poter valutare e definire quanto resta da fare per la salvaguardia, sotto il profilo idrogeologico, del territorio provinciale. Un notevole rischio per il patrimonio forestale è rappresentato dagli incendi boschivi, fenomeno che è purtroppo presente in Provincia di Pistoia in misura sensibile e per molti mesi dell'anno; i periodi più pericolosi infatti, non sono limitati ai mesi estivi, ma comprendono anche la stagione invernale e primaverile in stretta correlazione con l'andamento climatico più o meno favorevole allo sviluppo del fuoco. Negli ultimi anni il fenomeno ha subito un significativo regresso nei danni provocati dal fuoco ma non nel numero degli eventi che si è mantenuto elevato ed ha impegnato notevolmente tutte le strutture addette alle attività di prevenzione e repressione. E' infatti possibile affermare che grazie all'integrazione di tutte le risorse disponibili si è potuto raggiungere livelli di efficienza elevati e contenere in limiti accettabili, rispetto alle medie nazionali e regionali, i danni causati al bosco nonché diminuire le difficoltà e le preoccupazioni delle popolazioni che vivono a contatto delle superfici forestali.

Il Florovivaismo

Nel contesto produttivo dell'agricoltura Toscana il florovivaismo occupa un posto preminente,

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particolare importanza in questo settore per la produzione del fiore reciso è rappresentato dal Comune di Pescia che ospita il centro di commercializzazione dei fiori dell'Italia Centrale. La Toscana, grazie al determinante contributo di Pistoia, è la prima Regione vivaistica d'Italia e contribuisce alla produzione vivaistica nazionale con una quota del 30%. L'attività vivaistica ornamentale è concentrata nella Valle d'Ombrone P.se, altri nuclei rilevanti sono localizzati in Valdinievole. Il vivaismo interessa circa 5.000 ettari di cui oltre 4.000 nella provincia di Pistola. Le aziende sono oltre 1.000. Il settore evidenzia tre grandi comparti: . fiori e fronde recise; . piante in vaso per appartamento; . piante ornamentali da esterno. La struttura produttiva del florovivaismo è caratterizzata in modo prevalente dalla presenza di piccole aziende. Le conseguenze che un tale microtessuto produttivo determina, possono riassumersi in: . forte bisogno di un capillare ed avanzato sistema di formazione professionale (tipologicamente configurabile nell'aggiornamento permanente); . notevole difficoltà al recepimento dell'innovazione tecnologica e produttiva (specie nelle realtà di modeste dimensioni e nel part-time); . scarsa autonomia nell'approvvigionamento di materiale di propagazione, mancando significative realtà associative in grado di rispondere ai bisogni della moltitudine di piccole imprese; . scarsa autonomia commerciale sia sul mercato interno che soprattutto su quelli esteri. Ne deriva conseguentemente una costante viscosità tra offerta e domanda con una debole capacità da parte dei produttori di orientare il mercato. La situazione ambientale del florovivaismo è caratterizzata dalla forte pressione su due fattori naturali (acqua e suolo) essenziali per la produzione agricola. Il vivaismo in pieno campo si pratica infatti, con successo nella aree che dispongono di terreni particolarmente fertili e ricchi di sostanza organica. La pratica della vendita delle piante in zolla comporta una progressiva riduzione dello spessore dello strato superficiale più fertile che deve essere costantemente reintegrato con riporto di terreno vegetale. D'altro canto la produzione in vaso o in bancale comporta una sostanziale modificazione dell'assetto idrologico e del suolo. La floricoltura pone indubbiamente dei problemi d'impatto ambientale particolarmente rilevanti in relazione al maggior fabbisogno di imput chimici ed alla modificazione sostanziale dello stato dei luoghi, fino a caratterizzarne il paesaggio (di cui la valle di Pescia e la stessa riviera di ponente ne sono un emblematico esempio). Per quanto concerne le acque, il notevole fabbisogno unitario in assenza di sufficienti risorse idriche superficiali, e gli andamenti climatici degli ultimi anni, costringe i distretti florovivaistici, ad una eccessiva emulsione della falda, causandone il progressivo abbassamento, determinando contestualmente situazioni di competizione con gli usi industriali e potabili, di conseguenza, sarà fondamentale sviluppare adeguate capacità pianificatorie e gestionali per identificare risorse idriche non convenzionali. La forte specializzazione del settore richiede servizi altamente qualificati di cui, attualmente, il comparto non dispone.

Il Distretto Rurale Vivaistico-Ornamentale Pistoiese

La Provincia di Pistoia è il cuore del vivaismo Italiano, infatti nasce 150 anni orsono negli orti dentro le mura di Pistoia per produrre piante da frutto necessarie a soddisfare il crescente bisogno di frutta fresca della città. Oggi è Leader in Europa e rappresenta per eterogeneità e qualità dei suoi prodotti un territorio unico in cui si possono trovare piante tipiche di tutte le zone del mondo da quelle tropicali coltivate in ambienti protetti a quelle dei climi freddi che si riscontrano nelle zone più interne e nella montagna appenninica. Il Distretto si caratterizza anche per le produzioni tipiche che traggono la loro origine nella tradizione delle fattorie Rinascimentali Toscane: come la coltivazione in vaso di agrumi e di altre specie esotiche o l’arte topiaria per ottenere piante dalle forme più varie per l’arredo dei giardini classici.

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L'attività vivaistica ornamentale è concentrata nella Valle dell'Ombrone P.se ed interessa oltre 5.200 ettari, con circa 1000 ettari di vasetteria, 1500 aziende e oltre 5500 addetti diretti (2500 lavoratori dipendenti) oltre all’indotto, la PLV è di oltre 300 milioni di Euro di cui 160 esportati. La ripartizione della superficie a Vivaio nella Provincia di Pistoia è la seguente: . alberi e arbusti sempreverdi ha. 1600 . conifere ha. 1350 . alberi ornamentali a foglia caduca ha. 1420 . arbusti a foglia caduca ha. 350 . rampicanti ed altri arbusti ha. 380 . rose ha. 100 Il vivaismo pistoiese propone un mix produttivo assolutamente ricco che in alcuni specifici prodotti raggiunge standard qualitativi ineguagliati a livello nazionale ed internazionale (conifere ed esemplari di grandi dimensioni). Le classi merceologiche della produzione vivaistica rientrano nelle seguenti categorie: piante da pieno campo, piante in vasetteria, giovani esemplare in vasetteria e pieno campo. Le tipologie produttive realizzate dal comparto sono diversificate e, tra queste, le conifere occupano senz'altro un posto di primo piano fra le piante arboree ornamentali. Si possono inoltre annoverare altre tipologie quali alberi ornamentali a foglia caduca, arbusti a foglia caduca rampicanti ed altri arbusti e rose. Altre categorie particolari sono le palme e le acidofile: camelie, azalee e rododendri. Le piante autoctone hanno recentemente assunto un ruolo molto importante per impianti di ripristino ambientale e ingegneria naturalistica. Si tratta infatti di specie indigene molto apprezzate dal mercato locale. Il Distretto Rurale Vivaistico-Ornamentale Pistoiese è stato riconosciuto ai sensi della L.R. 21/2004 dalla Regione Toscana con Decreto n° 5001 in data 26 Ottobre 2006. La Provincia di Pistoia coordina le attività del Distretto, costituito dai seguenti Organi:

Assemblea di Distretto

Gruppi di Comitato di Distretto lavoro

Presidente Segreteria Vice-Presidenza Coordinatore

I Principi di Base del Distretto: . Stimolare e consentire la partecipazione attiva e consapevole dei soggetti coinvolti nel sistema vivaistico-ornamentale pistoiese, in primo luogo dei soggetti imprenditoriali anche per il tramite delle loro organizzazioni di rappresentanza, e allo stesso tempo garantire la presenza delle istituzioni locali ai massimi livelli; . Supportare i processi di concertazione tra le varie componenti del sistema vivaistico- ornamentale a livello territoriale, e la partecipazione al processo di concertazione a livello regionale e nazionale sulle tematiche attinenti; . Assumere le decisioni e le conseguenti attività deliberative in modo efficace e snello, evitando appesantimenti burocratici ma allo stesso tempo garantendo trasparenza nel processo decisionale e consultativo; . Avvalersi delle risorse dei soggetti aderenti al Distretto, evitando la costituzione di una struttura gestionale ad hoc. Le Funzioni del Distretto: . Elaborazione strategica: definizione, monitoraggio e aggiornamento delle linee strategiche del Progetto Economico Territoriale;

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. Formulazione degli indirizzi gestionali per l’attuazione delle linee strategiche del Progetto Economico Territoriale; . Elaborazione della gestione dell’attività per il raggiungimento degli obiettivi; . Rappresentanza del Distretto sul territorio e all’esterno; . Organizzazione delle attività di gestione; . Svolgimento delle attività operative necessarie per dare attuazione al Distretto; . Lo studio, l’analisi e la formulazione di documenti tecnici relativi a vari aspetti dell’attività vivaistico-ornamentale.

Il Distretto Rurale Floricolo Interprovinciale Lucca-Pistoia

Secondo la definizione adottata dall’Associazione Internazionale dei produttori dell’Orticoltura (AIPH), che fa capo all’Istituto di Economia del giardinaggio dell’Università di Hannover, con il termine florovivaismo s’intendono le seguenti attività: produzione fiori da recidere e di fogliame ornamentale, produzione piante in vaso per interni, di piante da balcone, di piante da esterno, bulbicoltura, produzione piante da vivaio, anche frutticole e forestali. Risulta evidente che pur riscontrando una prevalente coltivazione di fiori da recidere, nel territorio del distretto floricolo hanno sede imprese agricole che coltivano piante da frutto e da ornamento (azalee, camelie, agrumi, olivi) ed altre piante in vaso, che non possono essere trascurate anche per il fatto che sono nate e si sono sviluppate, negli ultimi anni, grandi aziende produttrici di piante in vaso che indirizzano gran parte della loro produzione verso la grande distribuzione organizzata. In generale possiamo affermare che il settore produce beni non food, in grado di incontrare e soddisfare anche il senso estetico del consumatore per farlo vivere in un ambiente gradevole, inducendolo a spendere, soprattutto in momenti di ottimismo economico. E’ vero che questo atteggiamento può cambiare a seconda che si tratti di mercato di “ricorrenza”, cioè legato ad eventi od avvenimenti istituzionalizzati (nei quali il consumatore si sente quasi obbligato a spendere), piuttosto che del mercato di “impulso”, strettamente connesso alla vita privata del consumatore. In sostanza ci troviamo comunque di fronte ad un bene voluttuario, che in momenti di congiuntura economica sfavorevole, come l’attuale, subisce cali di domanda superiori rispetto ad altri prodotti agricoli, risultando molto sensibile alle variazioni di costi di produzione e di prezzi di mercato. Il consumatore cerca nel fiore e nella pianta fiorita il bello, il diverso, la novità e questo richiede una dinamicità maggiore rispetto a tutti gli altri comparti agricoli: una varietà che in orticoltura o in cerealicoltura può rimanere sul mercato per anni, in floricoltura può perdere l’attenzione nell’arco di poche stagioni produttive. Pertanto gli imprenditori floricoli devono compiere uno sforzo maggiore per essere competitivi e rimanere sul mercato ed hanno bisogno di servizi e strutture efficienti ed efficaci. Molto spesso, proprio perché si tratta di un bene effimero, il consumatore (soprattutto quello d’impulso), è disposto a pagare di più se vengono soddisfatti i suoi gusti. Questo comportamento ha fatto sì che, in passato, si potessero realizzare ampi margini di guadagno, anche se le forme di commercializzazione prevedevano diversi passaggi intermedi prima che il prodotto arrivasse al consumatore finale. Oggi però non è più possibile, anche se chi compra ha dimostrato di essere disposto a spendere di più per prodotti che garantiscano la propria qualità, la provenienza o il rispetto dell’ambiente e dei diritti sociali. L’importanza di questo comparto per il territorio scelto come area del costituendo distretto, è diretta conseguenza del fatto che fin dall’inizio del secolo scorso, nella Val di Nievole, nella piana di Lucca e in Versilia, si è affermato un tessuto di piccoli imprenditori, tutti caratterizzati dalla stessa capacità di produrre fiori e piante che rispondessero ai gusti del consumatore e allo stesso tempo di adattarsi ai cambiamenti del mercato. Le risposte sono state diverse a seconda dei tempi e della congiuntura, ma comunque sempre valide. In certi casi si è cambiato prodotto e varietà: ne sono un esempio il passaggio di diverse aziende dal produrre fiore reciso a piante fiorite ed ornamentali in vaso oppure il passaggio dal garofano e gladiolo ad altri generi botanici maggiormente richiesti dal mercato. Altri

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produttori hanno continuato a produrre ciò che hanno sempre prodotto valorizzandolo, migliorandone la qualità e ritagliandosi nicchie di mercato specifiche. Nel tempo si è formato un tessuto d’imprese caratterizzato da un’ampia gamma di prodotti floricoli in tutte le stagioni dell’anno e con elevate punte di qualità. La nascita, lo sviluppo e la diversificazione di questa attività sono dovute sicuramente alle condizioni climatiche favorevoli, alle caratteristiche dei suoli molto fertili e alla disponibilità di terreni che ancora non erano contesi con altre attività, oltre alla posizione geografica favorevole rispetto ai mercati del Nord. Non va però trascurata l’innata capacità imprenditoriale che ha caratterizzato i primi produttori (che fossero pistoiesi o lucchesi): persone che hanno rischiato in proprio mettendosi in discussione, visto che si trattava di avventurarsi in una coltivazione del tutto nuova, che non veniva praticata da nessuno in quelle aree. La capacità imprenditoriale, l’esperienza accumulata, la presenza di ambienti di coltivazione protetti (serre), la propensione al rischio, l’attenzione e l’apertura verso il nuovo, caratterizzano tutt’oggi gli imprenditori del distretto e costituiscono un patrimonio da utilizzare e valorizzare. Purtroppo però la situazione attuale non è delle più rosee. L’apertura di nuovi mercati, lo sviluppo dei rapporti con i paesi dell’estremo oriente e del sud del mondo stanno ridefinendo il mercato floricolo sia a livello mondiale che locale. Un mercato caratterizzato da concorrenza sempre più aspra fra i paesi e nei paesi, che vede l’aumento della domanda complessiva rapportarsi ad una forte contrazione della domanda interna ai paesi Europei, Italia in particolare, che rimangono pur sempre il maggior mercato per la vendita dei prodotti del Distretto.

7.17 Il territorio rurale: le aree a vocazione vivaistica

L'ambito normativo di riferimento

La Regione Toscana ha legiferato per la prima volta una legge specifica sul vivaismo, n. 41/2012 "Disposizioni per il sostegno dell'attività vivaistica e per la qualificazione e valorizzazione del sistema del verde urbano" e relativo Regolamento di Attuazione D.P.G.R. 25/R del 13 maggio 2014. La Legge Regionale ed il Regolamento affidano al PTCP della Provincia alcuni compiti e funzioni che con la presente variante sono state recepite e definite in normativa ed in cartografia. Per chiarezza si riporta di seguito gli art. 4 e 5 della normativa regionale: Art. 4 - Individuazione delle aree vocate 1. Le province, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, attraverso i piani territoriali di coordinamento (PTC), riconoscono ed individuano le aree vocate, ai sensi dell’articolo 3, indirizzando i contenuti della pianificazione comunale al fine della sua corretta applicazione. 2. Entro centoventi giorni dagli adempimenti di cui al comma 1, i comuni adeguano i quadri conoscitivi dei piani strutturali e dei regolamenti urbanistici senza necessità di variante. Trascorso inutilmente il termine di cui al presente comma, la disciplina relativa alle aree vocate si applica nelle aree individuate ai sensi del comma 1. Art. 5 - Annessi agricoli ad uso vivaistico nelle aree vocate 1. Nelle aree vocate alle attività vivaistiche, la costruzione di nuovi annessi agricoli destinati all’attività vivaistica è commisurata alle necessità produttive aziendali, sulla base del programma aziendale pluriennale di miglioramento agricolo ambientale (PAPMAA) nel rispetto dei parametri fissati dal PTC. 2. Nelle aree vocate, in considerazione della specificità della produzione, le aziende che svolgono l’attività vivaistica non sono tenute al rispetto delle superfici minime fondiarie previste dall’articolo 41 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), per la realizzazione degli annessi agricoli. Possono, altresì, essere derogati gli indici relativi alle altezze degli annessi agricoli destinati all’attività vivaistica così come previsti negli strumenti urbanistici comunali. Tali deroghe non si applicano ai beni paesaggistici ai sensi dell’articolo 134 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), in coerenza con i contenuti del PIT avente valenza di piano paesaggistico.

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3. Le province, sulla base dei contenuti del regolamento di cui all’articolo 11, individuano nei PTC, le caratteristiche tipologiche, costruttive e i parametri dimensionali massimi degli annessi ricadenti nelle aree vocate. 4. Per gli annessi agricoli ad uso vivaistico non è ammesso il cambio di destinazione d’uso agricola. Nel caso di variazioni della destinazione d’uso rispetto all’uso agricolo, agli annessi stessi si applicano le disposizioni di cui all’articolo 132 della l.r. 1/2005. 5. Le serre stagionali, le serre temporanee semplicemente ancorate al suolo senza modifica dello stato dei luoghi, gli ombrari e gli impianti di vasetteria con sottofondo semimpermeabile, anche con materiale inerte, sono realizzati nelle aree vocate, previa comunicazione a firma del titolare di impresa, secondo le modalità semplificate ed i contenuti definiti dal regolamento di cui all’articolo 11. 6. Ai fini del presente articolo si definiscono nuovi annessi quelli costruiti dopo l’entrata in vigore della presente legge. Con il Regolamento di Attuazione n. 25/R del 13.05.2014, la Regione Toscana, ha stabilito alcuni criteri di definizione, sia per le aree definite “vocate” all’attività vivaistica, sia per la definizione delle diverse fattispecie di coltivazione ed altri criteri e parametri utili all’applicazione della legge. Per la presente variante del PTC sono stati seguiti i criteri e le indicazioni definiti in modo specifico dagli articoli 1 e 4 del Regolamento di Attuazione citato, che si riportano di seguito: Art. 1 - Criteri insediativi per le nuove aree vocate (articolo 3, comma 2 l.r. 41/2012) 1. Per prevedere nuove aree vocate alle attività vivaistiche all'interno dei piani territoriali di coordinamento (PTC), le province effettuano una valutazione dell'area interessata che deve tener conto, oltre che di quanto indicato all'articolo 3, commi 2 e 3 della legge regionale 23 luglio 2012, n. 41 (Disposizioni per il sostegno dell’attività vivaistica e per la qualificazione e valorizzazione del sistema del verde urbano), anche dei seguenti criteri: a) presenza di vincoli di natura paesaggistica o ambientale ricadenti sulla zona specifica; b) sostenibilità complessiva in relazione alle caratteristiche paesaggistiche, ambientali ed agronomiche del territorio provinciale; c) caratteristiche idrogeologiche dell’areale, relativamente al rischio idrogeologico, disponibilità di acqua per usi agricoli rispetto a quelli civili, qualità delle acque; d) presenza di una dotazione infrastrutturale della zona e in particolare presenza di una rete viaria e di collegamenti a strade di grande comunicazione, presenza di rete ferroviaria, esistenza di acquedotti e reti di irrigazione; e) importanza economica delle imprese vivaistiche già operanti nella zona; f) potenzialità di sviluppo derivanti dalla qualificazione come vocata dell’area specifica; g) eventuali azioni in corso d’opera o da prevedere per la mitigazione degli impatti dell’attività vivaistica sulla risorsa idrica e sul paesaggio, nonché i relativi costi; h) eventuali opere in corso di realizzazione o da prevedere relative a infrastrutture necessarie allo sviluppo dell’attività vivaistica per la qualificazione dell’area come vocata e relativi costi. 2. I PTC delle province, all'interno delle aree vocate, prevedono idonee prescrizioni volte alla mitigazione degli effetti derivanti dall'attività vivaistica in relazione alla gestione del ciclo idrico, agli aspetti idrogeologici, nonché alla salvaguardia del paesaggio. Art. 4 - Caratteristiche e parametri massimi degli annessi agricoli ricadenti nelle aree vocate (articolo 5, comma 3 l.r. 41/2012) 1. L'altezza, la dimensione e la localizzazione degli annessi agricoli ammessi dal presente regolamento all'interno delle aree vocate, devono tener conto, nel rispetto delle peculiarità paesaggistiche ed ambientali e dei paesaggi storicizzati, delle necessità produttive dell'impresa e garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. 2. I PTC delle province disciplinano le tipologie costruttive e le caratteristiche dimensionali degli annessi agricoli ricadenti nelle aree vocate e specificano gli interventi di mitigazione, da realizzarsi al fine di garantire un corretto inserimento paesaggistico dei manufatti nel rispetto dei criteri di sostenibilità ed economicità. 3. Nelle aree vocate per lo svolgimento di attività di carico e scarico di piante di grandi dimensioni in ambiente coperto è consentita la realizzazione di annessi agricoli fino ad un’altezza massima di 9

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metri. 4. L’inserimento nel paesaggio degli annessi agricoli di cui al comma 3 è garantito da appositi interventi di mitigazione da realizzarsi anche con l’impiego del verde.

Criteri di individuazione delle aree vocate alle attività vivaistiche

Di seguito si riportano alcune slide che sintetizzano i criteri utilizzati per la definizione delle perimetrazioni delle Aree Vocate all'attività vivaistica sulla base dei parametri definiti dalla normativa regionale toscana e concordate in sede di Ufficio di Piano. L'esito delle analisi svolte, porterà all'individuazione della vocazione vivaistica in due aree geografiche distinte, una pistoiese e l'altra in Valdinievole. Sono altresì evidenziate alcune rettifiche elaborate successivamente alla definizione delle perimetrazioni, concordate in sede di Ufficio di Piano.

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7.18 Le infrastrutture per la mobilità

Lo studio degli antichi tracciati ha avuto un notevole impulso negli ultimi anni ed è di fondamentale importanza per la conoscenza e la valorizzazione di quel sistema di strade, percorse ancora prima della fondazione della città per motivi bellici o religiosi (dalla fine del primo millennio per oltre tre secoli una moltitudine di mercanti e pellegrini attraversavano il nostro territorio per raggiungere la Francia e la Spagna), che è opportuno rivalutare come tracciato turistico di grande rilevanza storica e paesaggistica. Pistoia, infatti, è stata fin dalla sua fondazione uno dei principali punti di passaggio e di controllo della viabilità trans-appenninica fra il Valdarno e la Pianura Padana (attraverso il crinale del Montalbano verso i passi appenninici; le valli dell’Ombrone e del Reno-Limentra verso la Pianura Padana dalle quali transitavano le materie prime necessarie all’attività metallurgica bolognese provenienti dai bacini minerari toscani). Anche in epoca etrusca importanti collegamenti fra la Toscana e la Pianura Padana dovettero attraversare il territorio pistoiese testimoniati dai ritrovamenti archeologici da Firenze, al Montalbano fino a Pistoia. La città stessa nasce come “città di transito” per il controllo strategico delle vie appenniniche sul territorio appena conquistato dagli eserciti romani; i vari insediamenti strategici creati dai romani contro le tribù liguri insediate sull’Appennino tosco- emiliano erano collegati dalla via consolare Cassia che proveniva dal guado dell’Arno, in prossimità di Fiesole e proseguiva verso Lucca, a sud-ovest, per congiungersi con la litoranea via Aurelia. Il territorio pistoiese era inoltre attraversato da due rami principali della via Francigena, oltre a vari percorsi secondari, che inseriva Pistoia nella rete dei pellegrinaggi legati al culto di S. Iacopo. Uno dei due rami principali usciva da Pistoia risalendo la valle del torrente Brana per raggiungere il Castello di S. Margherita (risalente al XIII sec.), lo spedale di S. Bartolomeo di Prato al Vescovo (Spedaletto) toccando il Castello di Sambuca, per dirigersi verso Bologna e poi verso la Spagna (al santuario di Santiago de Compostella); l’altro tratto principale (denominata tuttora via Francesca) attraversava il territorio pistoiese partendo dall’antica via Cassia verso Sud (Fucecchio e le province di Firenze e Pisa). L’espansione della città è strettamente collegata allo sviluppo delle vie di comunicazione interregionale che attraversavano il suo territorio costituendo il cardine dell’organizzazione territoriale del contado pistoiese.

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Le prime vie di comunicazione che interessano il territorio di Pistoia, si sono sviluppate nella zona pedemontana e pianeggiante del territorio seguendo il tracciato dell’antica via Cassia: in direzione est-ovest (verso Prato-Firenze) e sud-ovest (verso la Valdinievole e Lucca); a sud verso Pisa e Livorno; a Nord i principali collegamenti nascono nella seconda metà del settecento con Pietro Leopoldo (“Strada Regia Modenese” di collegamento con la Valle Padana; e successivamente con la “Porrettana” di collegamento fra Pistoia e Bologna). Anche la strada ferrata Firenze-Pistoia-Lucca è opera di fondamentale importanza dell’epoca Granducale. Dall’epoca del Granducato di Toscana (escludendo la costruzione dell’autostrada FI-Mare e del relativo raccordo autostradale ovest di Pistoia) la struttura viaria nelle sue linee essenziali è rimasta praticamente invariata. La grande viabilità storica pistoiese è caratterizzata da alcune grandi direttrici di collegamento territoriale: la SS. 435 “Lucchese” verso Montecatini e Lucca, la pedecollinare Montalese verso Montale e Prato nord, la Pratese verso Prato, la Fiorentina verso Prato sud e Firenze, la Bonellina verso il Montalbano, la 436 “Francesca”, la S.S. 64 “Porrettana”, la S.S. 66 “Modenese” e la S.S. 12 “dell’Abetone e del Brennero” verso i valichi di montagna. Queste strade, costruite in altri tempi con esigenze assai diverse, hanno continuato a sostenere l’intensificarsi del traffico, ma ormai da tempo mostrano la loro inadeguatezza. Inoltre attorno a queste arterie, soprattutto in prossimità dei centri abitati, si sono venute addensando prima in modo filiforme, poi sempre più massicciamente, insediamenti residenziali e industriali con accesso diretto che le hanno trasformate in strade “urbane”. Questo lento processo di degrado, tipico di tutta la viabilità, anche la più recentemente costruita, derivante da una insufficiente normativa di protezione, ha reso la viabilità largamente inadeguata a svolgere la funzione di sostegno del crescente traffico nelle grandi direttrici regionali e nazionali.La viabilità storica è rimasta immutata nei secoli. Gli unici interventi di rilievo oltre l’autostrada, sono stati la costruzione della circonvallazione di Pistoia e della Nuova Pratese (negli anni 60) e della Tangenziale Est, dei tratti di variante alla Lucchese e la recente apertura della variante alla Montalese nel tratto Montale - Montemurlo - Prato. I collegamenti interni all’area sono stati garantiti da una fitta rete di piccole strade comunali, vicinali e poderali che hanno assolto la funzione di collegare alla viabilità maggiore le case sparse e i piccoli aggregati e i centri abitati più consistenti non attraversati dalla grande viabilità, in particolare i collegamenti fra Cantagrillo e Quarrata e fra Montale, Agliana e Quarrata. Anche questa viabilità di collegamento interno all’area è rimasta praticamente immutata nei tempi, pochi e leggeri gli adeguamenti comunque largamente insufficienti. Le grandi arterie storiche (435 e 436) che collegavano la Valdinievole con Empoli verso Sud, con Lucca e Viareggio verso ovest e con Pistoia e Firenze verso est, si sono gradualmente trasformate da strade di scorrimento in strade urbane attorno alle quali si sono venuti addensando, prima in modo filiforme, poi sempre più massicciamente, gli insediamenti residenziali e industriali. I centri di Lamporecchio, Larciano e Monsummano sulla Francesca e quelli di Pieve a Nievole, Montecatini, Massa, Buggiano, Uzzano e Pescia sulla Lucchese sono cresciuti in maniera assai consistente. La viabilità urbana si è addensata a quella Statale determinando la classica forma stellare tendente alla macchia d’olio. Lo stesso fenomeno ha colpito , anche se in misura minore e con ritardo, ma con le stesse caratteristiche, i centri di Chiesina e di Ponte Buggianese. La 435 e la 436 hanno continuato a svolgere la tripla funzione di strade di grande scorrimento regionale, di strade di circonvallazione e di collegamento locale e di strade urbane. Le nuove strade costruite almeno fino al loro completamento non costituiranno valide alternative. La viabilità storica minore ha assunto nei secoli un andamento nord-sud di collegamento fra i centri collinari e la pianura seguendo la naturale tessitura idrografica. L’impetuoso sviluppo urbano ha seguito invece le Statali assumendo un andamento est-ovest. La Statale e la via di Traversagna risultano oggi pesantemente insufficienti a garantire il necessario scorrimento orizzontale, in particolare per l’attraversamento del centro di Montecatini. Il sistema viario nel suo complesso ha potuto reggere finora per la funzione dell’autostrada che ha garantito lo svolgimento del traffico di scorrimento territoriale est-ovest. L’autostrada ha anche favorito lo sviluppo orizzontale degli insediamenti e lo spostamento verso sud del baricentro territoriale, in particolare con l’attrazione esercitata sugli insediamenti industriali già incentivati dalle agevolazioni concesse dai Comuni di Chiesina Uzzanese e Ponte Buggianese,

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compresi, fino al 1966, nelle "Aree depresse". La costruzione dell’autostrada ha però i qualche modo emarginato il centro di Pescia che oggi necessita di una migliore soluzione di collegamento. L’unico importante intervento recente è stata la costruzione della Camporcioni. Una strada che si snoda fra Montecatini e Chiesina sotto l’autostrada e che ha in parte fornito una risposta ai collegamenti orizzontali, ma non è stata inserita in uno schema generale e presenta problemi di connessione e di adeguamento in particolare per i suoi innesti su Chiesina e su Montecatini. I problemi della Camporcioni rischiano di essere accentuati dalla mancata sistemazione degli incroci con la viabilità preesistente e dalla insufficiente salvaguardia. Siamo nel complesso di fronte ad uno schema viario affaticato e insufficiente, senza distinzione gerarchica e con tutele inadeguate che può essere però recuperato e adeguato con interventi consistenti per la costruzione di nuove arterie, ma che richiede anche una più rigorosa protezione e valorizzazione dei caratteri e delle funzioni della viabilità esistente. Il PTC con la presente variante indica gli interventi di riqualificazione e le varianti di tracciato ritenuti prioritari e necessari per adeguare la rete viaria alla funzione di supporto alla rete secondaria, che non saranno esaustivi ai fini della risoluzione delle problematiche sopra riportate, ma contribuiranno alla migliore fruizione del territorio, eliminando le problematiche che da tempo affliggono le zone interessate dalle infrastrutture di seguito elencate: a) variante all’asse dei vivai che collega la S.R. 435, la S.P. 9; b) collegamento dal nuovo casello autostradale di Pistoia fino alla S.P. 5 Montalese, con raccordo di continuazione della strada comunale di Via Fermi; c) variante dal nuovo casello loc. Vasone in direzione della S.P. 45, realizzato in parte dalla via Vecchia Francesca fino a Forone Molinaccio, e raccordo con la S.R. 435, con la S.P. 11 e la S.P. 15; d) collegamento con la S.R. 436 con S.P. 50 via dei Fiori attraverso la variante già in esercizio; e) variante alla S.P. 12 di Collodi, realizzata in parte dalla S.P. 12 fino a via delle Cartiere; f) collegamento della S.P.26 con la S.P.13 Via Romana, realizzato in parte da via Romana a Via Livornese di sopra; g) collegamento tra la S.R. 436 e la S.P. 48.

Il P.T.C individua le infrastrutture per la mobilità nella tavola n.18 e, in conformità al P.I.T. ed al Piano regionale Integrato Infrastrutture e Mobilità (P.R.I.I.M.) , articola la rete viaria in: . rete primaria; . rete secondaria; . rete di supporto. La rete primaria, di transito e scorrimento, è costituita dall’autostrada A11, per la quale, come risulta dal "Protocollo d’Intesa sugli interventi di Autostrade per l’Italia nella Regione Toscana”, sottoscritto in data 04.08.2011, è già in corso l' ampliamento della terza corsia nel tratto Firenze -Pistoia compreso tra i km. 0+621 e 27+392 (ricadente nei Comuni di Firenze, Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Prato, Agliana e Pistoia), per uno sviluppo complessivo pari a 26,8 km circa, e comprende, inoltre, l’ampliamento alla terza corsia del tratto Pistoia - Montecatini compreso tra i km. 36+660 e 38+111 (ricadente nei Comuni di Pieve a Nievole e Monsummano Terme), per uno sviluppo complessivo pari a 1,45 km circa. Il P.T.C. conferma la previsione della realizzazione di due nuovi caselli con la finalità di potenziare il sistema degli accessi all’asse autostradale, in relazione all’assetto del sistema insediativo e della reti viarie principali: il primo in Valdinievole località Vasone con sbocco sulla viabilità di progetto che collega la S.P. Camporcioni con la Strada dei Fiori a Pescia; il secondo a Pistoia Est con innesto sulla strada dei vivai che collega la strada fiorentina con la SP1 Pratese. Per questo ultimo nuovo casello si prescrive la contestuale realizzazione delle due bretelle di collegamento con la SP1 e la SR 66. La rete secondaria, di penetrazione e di distribuzione e supporto ai sistemi locali, rappresentata sulla tavola con il colore verde, raggiunge una lunghezza totale di circa 181,20 km, ed è costituita da:

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- raccordo autostradale di Pistoia tra il casello e la connessione con la S.S. 64 e la S.S. 12, - S.P. 1 Variante pratese, - S.P. 26 Camporcioni, - S.P. 47 Tangenziale Est, - S.P. 5 Montalese, - S.P. 50 Via dei Fiori, - S.R. 435 Lucchese, - S.Rl. 436 Francesca, - S.R. 66 Pistoiese, - S.S. 12 dell’Abetone e del Brennero, - S.S. 64 Porrettana, - V.S.R. 436 Variante Francesca.

Il P.T.C. individua nella tavola 18 alcuni interventi di ammodernamento come di seguito elencati:

a) variante a Ovest di Montecatini che assicura il collegamento dalla SP 26 Camporcioni alla SR 435, attualmente realizzata in parte nel tratto dalla SP 26 fino alla rotonda di Margine Coperta; b) variante di Taviano, Pavana e Ponte alla Venturina per la S.S. 64, che prevede un complessivo intervento di ristrutturazione per adeguare l’asse ai livelli prestazionali delle varianti realizzate sul versante emiliano; il P.T.C. ha ripreso il tracciato dal progetto definitivo presentato da ANAS riguardo i lavori di adeguamento della S.S.64 "Porrettana" nel tratto Taviano-Ponte alla Venturina. c) per la S.S. 12 l'ammodernamento del tracciato con particolare riferimento alla variante in corrispondenza del passo dell’Abetone d’intesa con A.N.A.S.; d) Variante S.S. 12 di Popiglio, nuova previsione del tratto che supera l'abitato di Popiglio; e) variante di Candeglia che collega la S.P. 47 tangenziale est di Pistoia alla S.P. 24 Pistoia Riola, attualmente realizzata fino all'intersezione con viale Antonelli da dove la stessa previsione di variante prosegue, fino a raccordarsi col Viale Marino Marini, tangenziale nord di Pistoia; f) variante circonvallazione nord di Quarrata, che collega la S.P.19 con la S.P.6 e la S.P. 44; g) variante alla S.R. 66 da Olmi al confine di Provincia; h) Sistemazione dell'intersezione tra la S.R. 435 Lucchese e la S.P.40 della Nievole nel Comune di Serravalle P.se e del ponte di Serravalle P.se sul Torrente Nievole; i) Realizzazione Variante della S.R. 435 in loc. La Colonna, nei Comuni di Pieve a Nievole e Monsummano Terme;

La rete di supporto, rappresentata con il colore blu, è costituita dalle strade comunali e dai tratti di strade Provinciali che non hanno le funzioni di primario collegamento intercomunale e che pertanto assolvono ad una funzione di collegamento fra aree e centri di interesse comunale. Tali strade sono di una lunghezza totale di circa 386,77 km.

La rete ferroviaria della Provincia di Pistoia è costituita dalle seguenti linee: . la linea Firenze – Pistoia – Lucca – Viareggio; . la linea Porrettana. La linea Firenze-Lucca-Viareggio è una direttrice trasversale di raccordo nel sistema ferroviario regionale ed assolve alla funzione di collegamento degli ambiti metropolitani da Firenze alla costa. Conformemente a quanto previsto dal P.I.T., il P.T.C. ne recepisce il progetto di raddoppio nel tratto da Pistoia a Lucca, e l’adeguamento funzionale di tutti gli impianti al fine di far assolvere alla linea la funzione anche di collegamento rapido di superficie con Firenze. In particolare per i tracciati ferroviari esistenti o per i quali sia avvenuta l'approvazione del progetto definitivo, si individuano ambiti di

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salvaguardia della infrastruttura e della sua espansione, comprendenti le due fasce di rispetto di metri lineari 30 dalla rotaia più vicina, da ridurre in presenza di insediamenti esistenti, sentito il parere dell’ente proprietario delle ferrovie e nel rispetto delle normative vigenti. Al fine di favorire l’adeguamento della linea e di superare la cesura rappresentata dalla ferrovia nel centro del sistema insediativo della Valdinievole, il P.T.C. conferma l’interramento o comunque una soluzione tecnologica del tratto sulla base dei progetti da elaborare d’intesa tra la Società Ferroviaria, la Regione e la Provincia. La linea Porrettana assolve alla funzione di collegamento con l’area montana e la Valle del Reno fino a Bologna, nonché ad una funzione di collegamento metropolitano nella città di Pistoia, fino alla stazione di Capostrada. Il P.T.C. prevede l’ammodernamento della linea sia per conservare il ruolo interregionale che per valorizzarne le funzioni turistico-ambientali ed a supporto dei sistemi economici dell’area montana, in relazione alle origini ed al carattere storico della linea.

7.19 La mobilità dolce

Rispetto al 2009, anno in cui è stata approvata la variante generale P.T.C., la normativa regionale ha riconosciuto con maggior forza la mobilità ciclistica quale componente essenziale della mobilità urbana, introducendo la L.R. 6 giugno 2012, n. 27 “Interventi per favorire lo sviluppo della mobilità ciclistica”. La L.R. 27/2012 persegue obiettivi di intermodalità tra bicicletta e trasporto pubblico, di migliorare la fruizione del territorio, di sviluppo infrastrutturale e di garanzia dello sviluppo in sicurezza dell’uso della bicicletta, attraverso la creazione di una rete ciclabile regionale, ed il completamento di percorsi ciclopedonali e ciclabili. L'art. 4 prevede che le province nell’ambito della redazione del piano territoriale di coordinamento, redigano Piani Provinciali per la mobilità ciclistica. Oggetto di tale piano è l’individuazione di una rete ciclabile e ciclopedonale quale elemento integrante della rete di livello regionale, prevedendo la connessione dei grandi attrattori di traffico, quali i centri scolastici e universitari, gli uffici pubblici, i centri commerciali, le aree industriali, il sistema della mobilità pubblica con particolare riferimento ai poli di interscambio modale e ai poli sanitari e ospedalieri, alle aree verdi ricreative e sportive, e, in generale agli elementi di interesse sociale, storico, culturale e turistico di fruizione pubblica. Anche il P.IT. con valenza di Piano Paesaggistico ha posto particolare attenzione alla mobilità ciclistica, predisponendo una specifica sezione con il Progetto di fruizione lenta del paesaggio regionale, Allegato 3, e con gli elaborati del progetto pilota della Val di Cecina. Nel progetto della rete di fruizione regionale del paesaggio il sistema della mobilità dolce è riconosciuto come strumento di percorrenza privilegiato in quanto per sua natura non ha un impatto sul territorio attraversato e perchè la bassa velocità di attraversamento consente una percezione del paesaggio più attento. La programmazione regionale in materia di mobilità ciclabile è contenuta nello specifico nel Piano Regionale Integrato infrastrutture e Mobilità (PRIIM), istituito dalla L.R. 4 novembre 2011, n. 55. Attraverso l’approvazione del PRIIM, con Deliberazione n. 18 del Consiglio Regionale del 12 febbraio 2014, la Regione definisce in maniera integrata le politiche in materia di mobilità, infrastrutture e trasporti. Con riferimento allo sviluppo della mobilità ciclabile, il PRIIM prevede, nell’ambito dell’obiettivo generale 3 volto a sviluppare azioni per la mobilità sostenibile e per il miglioramento dei livelli di sicurezza stradale e ferroviaria, l’obiettivo 3.3 “Pianificazione e sviluppo della rete della mobilità dolce e ciclabile integrata con il territorio e le altre modalità di trasporto” da realizzarsi attraverso diverse azioni, tra cui l’azione 3.3.1 “Azioni di finanziamento per la rete di interesse regionale”. Il PRIIM definisce anche la classificazione della rete di interesse regionale di mobilità ciclabile, le cui principali arterie sono: . la “Ciclopista dell’Arno”, lungo il fiume Arno per circa 250 km, che interessa le Province di Arezzo, Firenze, Pisa, Prato; . il “Sentiero della bonifica”, un percorso esistente di circa 62 km che unisce Arezzo con Chiusi che percorre in gran parte l’argine del Canale Maestro della Chiana. Il piano prevede i collegamenti con la mobilità ciclabile di più territori urbani e extraurbani, con i percorsi della rete ciclabile di interesse regionale e con zone di interesse ambientale, paesaggistico e

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culturale, e interventi tesi alla messa in sicurezza dei tracciati e all’interconnessione degli itinerari ciclabili, andando a realizzare il cosiddetto “effetto rete”. Nel PRIIM Il territorio della Provincia di Pistoia è interessato dall’itinerario di collegamento Firenze – Bologna, il cui tracciato si trova al confine con la Provincia di Prato ed è da definire; e dal collegamento tra l’itinerario Firenze – Bologna e la Via Francigena.

La recente approvazione della Legge 11 gennaio 2018, n. 2, avente ad oggetto "Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica", rafforza la volontà a livello nazionale di promuovere l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto, sia per le esigenze quotidiane, sia per le attività turistiche e ricreative. E' previsto un Piano generale della mobilità ciclistica, parte integrante del Piano generale dei trasporti e della logistica, ed e' adottato in coerenza con il sistema nazionale delle ciclovie e con i programmi per la mobilità sostenibile. A livello regionale verranno redatti i Piani regionali della mobilita' ciclistica, redatto sulla base dei piani urbani della mobilità sostenibile e dei relativi programmi e progetti presentati dai comuni e dalle città metropolitane, assumendo e valorizzando, quali dorsali delle reti, gli itinerari della Rete ciclabile nazionale Bicitalia. L'art. 7 prevede disposizioni particolari per le citta' metropolitane e per le province. Le province adottano le misure necessarie per garantire un'idonea attuazione di quanto disposto dalla legge. In particolare il comma 2 afferma che le province definiscono gli interventi di pianificazione finalizzati a promuovere l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto, in coerenza con il Piano regionale della mobilita' ciclistica e con i piani di competenza comunale, i Biciplan. Gli strumenti di pianificazione Provinciale quindi individuano la rete ciclabile e ciclopedonale nel territorio di competenza, e costituiscono atti di indirizzo per la programmazione pluriennale delle opere di competenza dei rispettivi enti.

La Provincia di Pistoia, in considerazione anche del fatto che il territorio pistoiese è stato attraversato e protagonista dei Mondiali di ciclismo del 2013, ha attivato a partire del 2011 un approfondimento della materia relativa alla mobilità ciclabile nel territorio Provinciale, attraverso la redazione della prima fase del Piano della Rete delle ciclopiste della Valdinievole, e la definizione di linee strategiche di sviluppo della mobilità lenta dell’area metropolitana di Firenze, Prato e Pistoia, in collaborazione con le province di Firenze e Prato. Negli anni 2011 – 2012 il Servizio Pianificazione Territoriale in attuazione dei principi di governo del territorio individuati nel P.T.C. ha redatto la prima fase del Piano della Rete delle ciclopiste della Valdinievole, che interessa la piana della Valdinievole e l’area del Padule di Fucecchio. Con l’individuazione di una rete di itinerari percorribili a piedi ed in bicicletta, oltre a realizzare un sistema della mobilità alternativo e sostenibile, si ha una maggiore valorizzazione del Padule di Fucecchio, un’area prevalentemente umida di grande interesse ambientale, naturalistico e venatorio, che presenta un’agricoltura ormai marginale ed una crescente attrattività per il turismo fuori dall’area protetta (riserva ed area contigua). Nel territorio della Valdinievole, in particolare intorno al Padule ed ai suoi affluenti, è già presente una rete di percorsi ciclabili che si sviluppa lungo fiumi, torrenti, canali e strade secondarie a basso traffico, che richiede di essere integrata, qualificata, attrezzata e valorizzata. Il collegamento dell’area del Padule di Fucecchio con i centri urbani della Valdinievole permette di creare una rete di percorsi ciclabili utilizzabile anche per spostamenti quotidiani. Con D.G.P. n. 184 del 24 novembre 2011 è stata quindi approvata la proposta di piano del progetto “Rete delle ciclopiste della Valdinievole” relativa all’avvio del procedimento. E’ stata prodotta una cartografia in scala 1: 25.000 della piana della Valdinievole, in collaborazione con il Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio per quanto riguarda l’individuazione dei percorsi naturali, e con la Federazione Italiana Amici della Bicicletta della Valdinievole (Fiab Onlus), in cui sono stati distinti i percorsi naturali lungo gli argini dei corsi d’acqua e canali, esistenti e di progetto, i percorsi su strade a bassa frequenza di traffico; le piste ciclabili da realizzare; le ciclostazioni. Una parte consistente del lavoro ha interessato la condivisione del progetto e la concertazione con i

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comuni della Valdinievole. Per attuare il progetto sono stati predisposti i seguenti atti: . Protocollo di Intesa con FIAB Onlus della Valdinievole (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) per promuovere lo sviluppo della mobilità ciclistica nella Provincia e per la realizzazione del sistema integrato della “Rete delle ciclopiste della Valdinievole” sottoscritto in data 18 maggio 2011. Lo schema di protocollo di intesa era stato approvato con D.G.P. n° 64 del 5 maggio 2011. . Protocollo di Intesa con il Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio per la valorizzazione ed implementazione dei percorsi naturali ricadenti nel comprensorio del Padule di Fucecchio sottoscritto in data 13 marzo 2012. Con Deliberazione n° 190 del 1 dicembre 2011 la Giunta Provinciale aveva approvato il relativo schema di protocollo di intesa. . Accordo di programma con gli 11 comuni della Valdinievole per l’attuazione delle “strade a bassa frequenza di traffico” consigliate per la bicicletta individuate dal Piano della rete delle ciclopiste della Valdinievole, sottoscritto in data 15 giugno 2012. L’accordo di programma prevede che i comuni appongano su tali strade un’apposita cartellonistica condivisa con la Provincia e la FIAB, indicante il limite di velocità concordato e l’indicazione di strada consigliata per l’utilizzo della bicicletta, oltre all’impegno di mantenere il manto stradale in buono stato di conservazione.

Un altro progetto in materia di mobilità ciclistica è stato effettuato nell’ambito del coordinamento delle iniziative delle province di Firenze, Prato e Pistoia. Dal 2010 fino al 2011 si è riunito un gruppo di lavoro formato dalle strutture tecniche del Governo del Territorio delle tre province, con il compito di definire le strategie di area metropolitana riguardo la mobilità lenta: piste ciclabili ed ippovie. La finalità è stata quella di individuare, dopo una ricognizione delle piste esistenti e di progetto e l’analisi degli attrattori potenziali, una gerarchia di percorsi d’area metropolitana, funzionali ad una mobilità alternativa di natura quotidiana, svincolata dall’esclusivo utilizzo nel tempo libero. Lo studio progettuale ha portato alla raccolta dei dati presso il Sistema Informativo Territoriale della Provincia di Prato per la costruzione di una versione preliminare di cartografia. Attualmente inoltre è in fase di definizione il progetto della Ciclovia Verona - Firenze, che si sviluppa lungo l’Eurovelo 7, uno degli assi ciclabili individuati a livello Europeo che attraversa la nostra Penisola da Nord a Sud. La ciclovia Verona - Firenze costituisce un’occasione per realizzare in Italia un itinerario cicloturistico che attraverso la qualità dei luoghi percorsi, possa proporsi sul mercato cicloturistico con la forza di un'offerta storico-culturale e alta qualità. L'itinerario di livello sovra regionale lambisce eccellenze di carattere internazionale come Verona, Lago di Garda, Mantova, Modena, Bologna, gli Appennini, Firenze, attraversando il territorio della Provincia pistoiese. La proposta della ciclovia consente di fungere da dorsale attraverso la quale raggiungere moltissime altre emergenze così da irradiare sul territorio risorse e opportunità.

La mobilità dolce nella Variante di adeguamento e aggiornamento del P.T.C. Il Piano Provinciale per la mobilità ciclistica redatto ai sensi della L.R. 27/2012, per la sua complessità necessita di studi ed approfondimenti mirati, oltre ad una scala di elaborazione di maggior dettaglio, superiore di quella degli elaborati della presente variante del P.T.C.. E' stato ritenuto quindi opportuno redigerlo in un secondo tempo.

Il materiale a disposizione ai fini del recepimento e dell'aggiornamento del P.T.C. in materia di mobilità dolce a carattere sovracomunale è quindi vasto. Il P.T.C. individua nella fruizione lenta del paesaggio un obiettivo strategico, promuovendo un’alternativa reale ed efficace all’uso eccessivo dell’automobile e l'intermodalità dei sistemi di trasporto nelle politiche di mobilità urbana della Provincia e dei comuni. La Tavola 19 presenta una cernita di quadro conoscitivo del materiale presente in materia di percorsi ciclo-pedonali. Sono stati infatti riportati: . i percorsi storico-naturalistici ciclopedonali esistenti o di progetto; . le previsioni del P.I.T.; . le previsioni del previgente P.T.C.; . il progetto del piano della Rete delle Ciclopiste della Valdinievole con avvio del procedimento

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approvato con Delibera Giunta Provinciale n. 184 del 24/11/2011; . la rete escursionistica del CAI (Club Alpino italiano); . le ippovie esistenti. Tale materiale, che verrà fornito in formato shape ai Comuni, rappresenta un database cui i Comuni possono attingere per redigere i propri studi in materia o veri e propri piani della mobilità dolce o ciclistica. Per la fruizione lenta del paesaggio della Provincia di Pistoia sono stati poi declinati tre tematismi, che hanno portato alla definizione dei seguenti progetti: . I Percorsi della mobilità quotidiana sostenibile; . I Percorsi dei borghi storici; . I Percorsi del verde.

Nella rete dei Percorsi della mobilità quotidiana sostenibile la bicicletta viene considerata come valido mezzo di trasporto alternativo al traffico veicolare. Sono stati quindi identificati la rete dei percorsi ciclabili da utilizzare quotidianamente per raggiungere i centri abitati, i luoghi di lavoro e gli altri attrattori presenti nel territorio, generalmente nelle strutture viarie di miglior collegamento, da dotare di idonee piste ciclabili. In questa ottica la rete dei percorsi della mobilità quotidiana sostenibile interessa quindi il territorio di pianura, prevedendo per il superamento del forte dislivello presente a Serravalle Pistoiese l'utilizzo della galleria della ferrovia lasciata libera con i lavori di raddoppio della tratta ferroviaria, al momento in corso di esecuzione, in linea con le previsione del Comune di Serravalle Pistoiese.

Il progetto della rete dei Percorsi dei borghi storici è stato realizzato per la fruizione del paesaggio dei centri urbani minori, valorizzando le testimonianze storiche-architettoniche presenti nel territorio dei nuclei storici, sia minori che di scala urbana. I tracciati individuati sono percorribili a piedi, in mountan-bike, o in bicicletta. Tali itinerari sono fruibili per il tempo libero, con finalità turistiche - culturali, ma possono essere utilizzati anche per la quotidianità degli spostamenti tra i vari centri. I percorsi sono stati previsti nelle strade lente, cioè a bassa frequenza di traffico, nelle strade fruibili dalla mobilità ciclistica allo stato attuale, senza interventi onerosi e alti rischi per i ciclisti, previa valutazione dell’effettiva condizione di bassa frequenza di traffico. Indicativamente tali strade sono caratterizzate da una percorrenza motorizzata giornaliera inferiore a 500 veicoli/die senza punte superiori a 50 veicoli/h.

La rete dei Percorsi del verde individua la rete dei percorsi ciclo-pedonali che collegano le aree verdi della Provincia di Pistoia quali le aree naturalistiche, i giardini ed i parchi pubblici o aperti al pubblico. Nel collegamento degli Attrattori "verdi" sono stati privilegiati i percorsi naturali lungo gli argini dei fiumi e le strade lente. La rete dei percorsi del verde è dedicata ad un turismo naturalistico consapevole e alla fruizione lenta del paesaggio. Sono identificati come Attrattori della rete dei percorsi del verde: . Giardino di Villa Garzoni, Collodi; . Parco fluviale del Torrente Pescia; . Parco delle Terme, Montecatini Terme; . Padule di Fucecchio; . Giardino Zoologico, Pistoia; . Parco del Villone Puccini, Pistoia; . Parco della Villa Celle, loc. Santomato, Pistoia; . Parco di Villa La Magia, Quarrata; . Parco Pertini, Agliana; . Area naturale Protetta di Interesse Locale La Querciola, Quarrata. Il P.T.C. propone i suddetti progetti come Progetti di Paesaggio ai sensi dell'art. 34 del P.I.T./PPR, in quanto progetti locali volti a dare concreta attuazione agli obiettivi di qualità degli Ambiti di paesaggio 5 e 6. I Comuni possono dare seguito a quanto sopra accordandosi tra loro.

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7.20 La sostenibilità dello sviluppo del territorio

La Provincia attraverso il P.T.C. persegue uno sviluppo sostenibile delle attività pubbliche e private che incidono sul territorio Provinciale, confermando e aggiornando quanto previsto dalla precedente versione del piano. Il P.T.C. persegue quindi la valorizzazione e l’oculata gestione delle risorse naturali ed essenziali, avendo come scopo la loro salvaguardia dalle pressioni delle attività antropiche. A tal fine il P.T.C. persegue una qualità insediativa ed edilizia che garantisca la riduzione dei consumi energetici, la salvaguardia dell’ambiente naturale, il ricorso alle tecniche dell’edilizia sostenibile così come individuate nelle Linee guida Nazionali sulle Fonti Rinnovabili di cui al D.M. 10/09/2010 e nelle Linee guida dell’edilizia sostenibile in Toscana approvate dalla Giunta Regionale con D.G.R. n. 218 del 3 aprile 2006.

In materia di sostenibilità ambientale gli strumenti urbanistici comunali devono ottemperare agli indirizzi e prescrizioni del Piano Ambientale ed Energetico Regionale (PAER), istituito dalla L.R. 14/2007, e approvato dal Consiglio Regionale con deliberazione n. 10 dell'11 febbraio 2015. Il PAER si configura come lo strumento per la programmazione ambientale ed energetica della Regione Toscana, e comprende i contenuti del vecchio PIER (Piano Indirizzo Energetico Regionale), del PRAA (Piano Regionale di Azione Ambientale) e del Programma regionale per le Aree Protette. Sono esclusi dal PAER le politiche regionali di settore in materia di qualità dell'aria, di gestione dei rifiuti e bonifica nonché di tutela qualitativa e quantitativa della risorsa idrica che sono definite, in coerenza con le finalità, gli indirizzi e gli obiettivi generali del PAER, nell'ambito, rispettivamente del Piano di risanamento e mantenimento delle qualità dell'aria (PRRM) e del Piano regionale gestione rifiuti e bonifica siti inquinati (PRB) e del Piano di tutela delle acque in corso di elaborazione. Il PAER attua il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) 2011-2015 e si inserisce nel contesto della programmazione comunitaria 2014-2020, al fine di sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, in un'ottica di contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici e prevenzione e gestione dei rischi. Il metaobiettivo perseguito dal PAER è la lotta ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei rischi e la promozione della green economy. Tale metaobiettivo si struttura in 4 obiettivi generali, che richiamano le quattro Aree del VI Programma di Azione dell'Unione Europea. Essi sono: 1. Contrastare i cambiamenti climatici e promuovere l'efficienza energetica e le energie rinnovabili. Il PAER favorisce l'azione sinergica tra soggetti pubblici e investitori privati per la creazione di una vera e propria economia green che sappia includere nel territorio regionale le 4 fasi dello sviluppo: a. ricerca sull'energia rinnovabile e sull'efficienza energetica; b. produzione impianti (anche sperimentali); c. installazione impianti; d. consumo energicamente sostenibile (maggiore efficienza e maggiore utilizzo di fonti di energia rinnovabile). 2. Tutelare e valorizzare le risorse territoriali, la natura e la biodiversità. L'aumento dell'urbanizzazione e delle infrastrutture, assieme allo sfruttamento intensivo delle risorse, produce evidenti necessità rivolte a conciliare lo sviluppo con la tutela della natura. Nel PAER le risorse naturali sono considerate non un vincolo, ma un fattore di sviluppo, un elemento di valorizzazione e di promozione economica, turistica, culturale, al fine della diffusione di uno sviluppo sempre più sostenibile. 3. Promuovere l'integrazione tra ambiente, salute e qualità della vita. È ormai accertata l'esistenza di una forte relazione tra salute dell'uomo e qualità dell'ambiente naturale: un ambiente più salubre e meno inquinato consente di ridurre i fattori di rischio per la salute dei cittadini. Pertanto, obiettivo delle politiche ambientali regionali è la salvaguardia della

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qualità dell'ambiente in cui viviamo, consentendo al tempo stesso di tutelare la salute della popolazione. 4. Promuovere un uso sostenibile delle risorse naturali. Il PAER concentra la propria attenzione sulla risorsa acqua, la cui tutela rappresenta una delle priorità non solo regionali ma mondiali, in un contesto climatico che ne mette in serio pericolo l'utilizzo.

La Disciplina di Piano prevista nel P.T.C. rivolta gli atti di governo del territorio comunali fa propri i suddetti principi e ottempera a tali indicazioni al Titolo 3.6 della Disciplina di Piano. La normativa del piano Provinciale rimanda alla vigente normativa per quanto riguarda: . le prescrizioni minime di efficienza energetica per i nuovi edifici e le manutenzioni straordinarie, emanate nel recepimento della DIR. 2010/31/UE e stabilite in applicazione del D. Dlgs 192/2005 dal D.M. 26/06/2015 "Adeguamento Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici"; . le prescrizioni minime di fonti rinnovabili di cui al D. Lgs 28/2011 per i nuovi edifici e per le ristrutturazioni rilevanti; . le disposizioni previste dal P.I.T. nell'allegato 1a, sulle prescrizioni ai limiti localizzativi, alle potenze installate e al corretto inserimento paesaggistico relative alla previsione degli impianti di produzione di energia elettrica da biomasse; . le disposizioni previste dal P.I.T. nell'Allegato 1b, in riferimento alle prescrizioni ai limiti localizzativi, alle potenze installate e al corretto inserimento paesaggistico per la previsione degli impianti eolici.

Al fine di perseguire la sostenibilità dello sviluppo del territorio seguendo i precedenti indirizzi, il P.T.C., in analogia alla precedente versione del piano, stabilisce all’art. 88 le prescrizioni a cui si devono attenere i Comuni.

I Comuni sono tenuti a favorire l’impiego di risorse energetiche locali rinnovabili, l'aumento dell'efficienza energetica degli edifici, dei nuovi insediamenti e dei trasporti, ed a promuovere la certificazione energetica degli edifici, la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente ed individuare nell’edilizia pubblica e sociale-residenziale comparti prioritari per la sostenibilità energetica. Inoltre i Comuni devono predisporre in tal senso un adeguato piano di illuminazione pubblica. Al fine della sostenibilità dello sviluppo del territorio, i Comuni sono tenuti, nell'ambito dei propri piani strutturali e degli atti di governo del territorio, a valutare la sostenibilità delle proprie previsioni prevedendo: . per le trasformazioni del territorio, un’analisi preliminare del sito di costruzione, studiandone l’esposizione solare, i venti dominanti, il tessuto urbano limitrofe e così via, al fine di individuare le migliori strategie per il miglioramento delle prestazioni energetiche dei fabbricati. . criteri tecnico-costruttivi, tipologici ed impiantistici idonei a facilitare e valorizzare il risparmio energetico e l'impiego di fonti energetiche rinnovabili per il riscaldamento, il raffrescamento, la produzione di acqua calda sanitaria, l'illuminazione, incentivando la realizzazione di impianti centralizzati, dotati di tutti i dispositivi sufficienti a garantire la contabilizzazione individuale dei consumi e la personalizzazione del microclima. Ai fini della valutazione della sostenibilità di nuove previsioni di insediamenti produttivi, i Comuni sono tenuti, nell'ambito dei propri piani strutturali e degli atti di governo del territorio, a corredare gli atti di opportune elaborazioni volte a valutare la fattibilità tecnico-economica: . dell'uso della cogenerazione, elettrica e termica, per il soddisfacimento dei fabbisogni energetici degli insediamenti previsti nell'area; . dell’adozione di sistemi di recupero del calore i calore da processi produttivi per il soddisfacimento dei fabbisogni energetici degli insediamenti previsti nell'area;

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. della possibilità di cessione degli scarti termici degli insediamenti previsti nell'area all'insieme di fabbisogni civili presenti nell'intorno dell'area stessa. All’interno delle aree urbane il sistema del verde pubblico e privato concorre a garantire l’equilibrio ecologico e le compensazioni delle emissioni di anidride carbonica derivanti dalle attività antropiche. Il P.T.C. prevede che gli strumenti della pianificazione territoriale comunali devono supportare le proprie previsioni di dimensionamento con una dotazione di spazi verdi interni agli insediamenti che sia proporzionata all’incremento del numero di abitanti e all’incremento della quantità di veicoli esistenti e previsti, prescrivendo anche la realizzazione di verde pensile e/o tetti verdi a titolo compensativo con caratteristiche di fruibilità assimilabili alle aree verdi tradizionali. Le nuove previsioni di impegno di suolo inoltre devono verificare la compatibilità con gli elementi del paesaggio così come definiti nella relativa disciplina paesaggistica, inoltre, per i nuovi impegni di suolo deve essere verificata l’opportunità di accordi di pianificazione tra i Comuni per ottimizzare le scelte localizzative e per definire eventuali modalità di perequazione territoriale.

Gli articoli 89 e 90 della Disciplina di Piano dettano indirizzi e prescrizioni relativamente agli impianti climatici e di produzione energia con teleriscaldamento e teleraffrescamento, ed alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani e speciali. Il comma 2 dell'art. 90 indica le aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, ai sensi di quanto disposto dall'art. 6 della L.R. n. 25 del 18 maggio 1998, così come sostituito dalla L.R. 15/2016.

7.21 Gli strumenti della programmazione Provinciale La Provincia di Pistoia, ai sensi della vigente normativa, ha definito alcuni piani di settore di propria competenza, conformemente alle disposizioni del PTC per quanto attiene gli aspetti territoriali e la sostenibilità ambientale. I piani e i programmi di settore sono infatti parte integrante del P.T.C.

7.21.1 Piano Provinciale dei trasporti Il Piano Provinciale dei trasporti elaborato dall'Amministrazione Provinciale di Pistoia individua, nel rispetto delle normative di riferimento e dell’area di studio individuata, una soluzione progettuale per la riorganizzazione del trasporto pubblico nel breve e medio-lungo periodo. Il Piano Provinciale dei trasporti ricomprende anche il Piano Provinciale del traffico per la viabilità extraurbana di cui al comma 3 dell’art. 36 del D.Lgs. 30 Aprile 1992, n. 285 - Nuovo codice della strada - ed il Piano di adeguamento e potenziamento di infrastrutture e servizi del trasporto pubblico collettivo. Esso è definito, variato ed aggiornato avvalendosi di un sistema di monitoraggio della mobilità da istituirsi dalla Provincia di Pistoia, volto a provvedere ad un’attività continuativa di rilevazione dell’entità e delle caratteristiche dei flussi, di individuazione dei punti critici della rete sotto il profilo della sinistrosità e dei livelli di inquinamento nonché delle cause di tali fenomeni, di verifica del rispetto, per la viabilità esistente, delle condizioni di sicurezza previste dalle vigenti relative disposizioni, quali le condizioni di visibilità minima agli incroci, l’ubicazione e l’organizzazione dei punti di fermata del trasporto pubblico, e simili. Il piano dei trasporti sopra citato prevede quindi una suddivisione del territorio Provinciale che segue i criteri della distanza ed accessibilità delle principali infrastrutture di trasporto nonché della omogeità socio-economica.

7.22 La Pianificazione Strutturale Intercomunale

Il P.T.C. promuove la pianificazione strutturale intercomunale tra due o più Comuni contermini, anche appartenenti a province diverse. A tal fine sono stati individuati tre ambiti ottimali per la pianificazione strutturale intercomunale del

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territorio della Provincia di Pistoia: . Montagna (comuni di Abetone Cutigliano, San Marcello Piteglio, Sambuca Pistoiese, Marliana); . Area Pistoiese (comuni di Agliana, Montale, Pistoia, Quarrata, Serravalle Pistoiese); . Valdinievole (comuni di Buggiano, Chiesina Uzzanese, Lamporecchio, Larciano, Massa e Cozzile, Monsummano Terme, Montecatini Terme, Pescia, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Uzzano). I Comuni verificano la fattibilità della pianificazione strutturale intercomunale nei tre ambiti ottimali, con particolare riferimento al sistema infrastrutturale e della mobilità, al recupero e la riqualificazione dei sistemi insediativi, alla valorizzazione del territorio rurale, alla razionalizzazione degli insediamenti artigianali e industriali. In caso di non fattibilità della pianificazione strutturale intercomunale i Comuni valuteranno l'attuazione di piani strutturali intercomunali con i comuni contermini.

La Disciplina di Piano prevede precise disposizioni relative alla pianificazione di strutture commerciali, di grandi strutture di vendita e alle aggregazioni di medie strutture di vendita, alle attività produttive. Tali strutture infatti possono avere effetti a livello sovracomunale, e, nell'ottica di una pianificazione sostenibile per il territorio, sono soggetti ai principi della perequazione territoriale e oggetto di concertazione tra le diverse amministrazioni competenti.

Incentivazione della pianificazione sovracomunale

La Provincia promuove ogni possibile pratica di concertazione con le amministrazioni interessate per ottimizzare su scala sovracomunale la pianificazione e la localizzazione degli interventi di trasformazione territoriale, anche attivando opportune modalità di perequazione compensativa. Gli interventi di interesse sovracomunale possono riguardare, tra gli altri, la localizzazione di nuovi insediamenti produttivi e di terziario, la realizzazione di infrastrutture, la localizzazione di grandi strutture di vendita o l’ampliamento di quelle esistenti, la localizzazione delle strutture sanitarie, degli impianti di depurazione e trattamento dei reflui e dei rifiuti e tutti gli interventi che determinano effetti sugli assetti territoriali a scala sovracomunale. Per la riconversione e ridislocazione territoriale di processi produttivi manifatturieri è perseguita l’attivazione di opportune iniziative concertative con gli attori imprenditoriali interessati e, se del caso, con altre amministrazioni territorialmente interessate, ove si prevedano opportune soluzioni perequative, al fine di sostenere il permanere e lo sviluppo delle relative attività nel territorio.

Il principio della perequazione territoriale

Il P.T.C. introduce il concetto di perequazione territoriale per compensare gli effetti provocati dalle scelte di pianificazione di area vasta, cioè la diversa distribuzione dei costi e dei benefici prodotti a livello sovracomunale da una determinata scelta urbanistica. Infatti gli effetti di una scelta territoriale di determinati nuovi insediamenti provocano una differenziazione dell’utilizzazione delle risorse, che interessa diversi ambiti, non solo nel singolo territorio comunale in cui è localizzato l’intervento. In particolare questo avviene per le attività produttive, commerciali e direzionali che, per caratteristiche funzionali e dimensionali, provocano effetti ambientali e territoriali che vanno ad incidere più di un territorio comunale. A tal fine, il passaggio successivo, è l’individuazione di tali effetti ambientali e territoriali, con la quantificazione di massima dei costi e l’identificazione della scala territoriale cui vanno compensati. La perequazione territoriale unisce pertanto l’urbanistica all’economia pubblica territoriale, ed ha lo scopo di ridistribuire le entrate derivanti dal nuovo insediamento, e di ripartire equamente le spese di investimento. Per attuare il principio della perequazione territoriale la Provincia promuove l’utilizzo dello strumento dell’Accordo territoriale tra le Amministrazioni locali interessate, e della costituzione

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di un fondo di rotazione per la sostenibilità. Al fine della perequazione territoriale, la Provincia promuove, nell’ambito di Accordi territoriali, la costituzione e la gestione di un fondo di rotazione per la sostenibilità, a compensazione degli effetti sulle risorse derivanti dall’intervento concordato tra gli enti interessati, e per il raggiungimento dei requisiti di sostenibilità degli insediamenti. Il fondo è finanziato dagli enti locali con risorse proprie o con quote degli oneri di urbanizzazione e delle entrate fiscali derivanti dal nuovo insediamento. Le risorse di tale fondo vengono utilizzate principalmente in tre “gruppi” di spesa: per le spese per le opere e infrastrutture necessarie alla funzionalità degli insediamenti concordati, per le opere ed infrastrutture e servizi di interesse generale di carattere sovracomunale, e per la ridistribuzione delle risorse tra tutte le Amministrazioni coinvolte.

7.23 Variante al Piano delle Aree Sciistiche Attrezzate

La rete degli impianti a fune è costituita dalla rete degli impianti di risalita e piste da sci impianti sciistici, nel comprensorio sciistico della Montagna pistoiese, costituito dai Comuni di Abetone Cutigliano, San Marcello Pistoiese Piteglio e Sambuca Pistoiese. La rete degli impianti a fune è specifica e disciplinata nel Piano Provinciale delle Aree Sciistiche attrezzate approvato con Delibera del Consiglio Provinciale n. 184 del 19 dicembre 2013 il piano è parte integrante del PTC, che rientra tra i piani di settore di competenza Provinciale. Nell’ambito del sistema della pianificazione territoriale che si è andata sviluppando a partire dagli anni novanta ad oggi, con la individuazione della struttura P.I.T. – P.T.C. – P.S. – R.U. del procedimento di pianificazione regionale, il Piano Provinciale delle Aree Sciistiche Attrezzate è venuto a costituire un Piano di Settore ricompreso nell’ambito del P.T.C. sin dal suo primo impianto (D.C.P. 317 del 19/12/2002), oltre che nella sua versione attuale ( D.C.P. 123 del 21/4/2009). Il piano di settore così come approvato, essendo ricompreso nell’ambito del P.T.C. ed individuandosi come strumento di coordinamento di tale attività e di indirizzo nei confronti degli strumenti urbanistici comunali, è stato quindi inserito nella variante al P.T.C. Con la presente variante vengono adottate alcune piccole varianti al Piano Provinciale delle Aree Sciistiche Attrezzate, che vengono allegate al PTC, che cercano di venire incontro alle sopraggiunte esigenze dei Comuni di dare una risposta alle richieste di zone adibite alle nuove discipline sportive e ricreative, soprattutto invernali, come snowboard e parchi attrezzati destinati ai più piccoli, per una offerta turistica sempre più al passo con i tempi. In riferimento alle attività sportive invernali che si svolgono nel comprensorio montano pistoiese, appare evidente come nel tempo si siano determinate tutta una serie di necessità di rivedere il sistema strutturale esistente, legate sia alla evoluzione tecnologica che hanno avuto le moderne attrezzature impiantistiche di risalita, con considerevoli aumenti della portata oraria, che alla necessità di conferire geometrie alle piste di discesa rendendole compatibili con la evoluzione dei materiali e delle tecniche di sci, oltre che delle norme di sicurezza da garantire in rapporto al numero di utenze. Inoltre, trattandosi di attività sportive con forte ricaduta sull’economia turistica del territorio, il Piano delle Aree Sciistiche Attrezzate ha acquisito sempre maggiore importanza nell’ambito della pianificazione urbanistica, al punto da contribuire ad indirizzarne le scelte nell’ambito della più ampia attività di programmazione economica delle amministrazioni comunali interessate. Le varianti indicate nella variante al PTC sono le seguenti: • classificare come raccordo sciabile il tratto di strada alla Doganaccia che porta dalla chiesa al piazzale e che in inverno viene chiusa; • prevedere l'installazione di un impianto di risalita al campo scuola delle Regine ad Abetone • Inserimento nuovo impianto «campo scuola ovovia» • realizzazione di uno snow park in zona alta Fariola, con l'istallazione di una mini seggiovia a

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servizio di tale area; • realizzazione di area dedicata allo snow board in zona Abetone con l'istallazione di un piccolo tapis roulant; • realizzazione di un parco giochi e zona riservata alle slitte in alta montagna in zona Foce Nubi- Selletta, con l'istallazione di una slittinovia o tapis roulant; • raccordo di Ex-Fariola Roccione: piccolo intervento per raccordare il tratto iniziale della variante al muro Celina con la Pista Roccione; La maggior parte delle varianti si possono realizzare nelle aree sciabili già presenti, o allargando il perimetro delle aree sciabili già presenti, nelle quali, ai sensi dell'art.1 della Disciplina del Piano delle Aree Sciistiche Attrezzate, è possibile realizzare snow park con l'inserimento di impianti non fissi, come slittovie e tapis roulant, senza che siano esplicitamente individuati nella cartografia. Per la definitiva progettazione delle varianti suddette, si dovrà procedere con particolare attenzione tenendo conto del contesto dei vincoli, in rapporto con le risorse naturali, così come indicato agli articoli 10 e 11 della Disciplina del Piano stesso.

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