Indice

Videolina Oggi a Monitor il tema industria ...... 3 Stato-Regione, vittoria Psd'Az ...... 4 La vertenza. Breve incontro tra Cappellacci e i sindacati ...... 4 E il Consiglio si scopre «indipendentista» ...... 5 Nuovo Piano paesaggistico, «linee guida» della giunta ora all’esame dell’assemblea ...... 6 Più crocieristi meno canone ...... 7 Tirrenia, 90 giorni a Cin ...... 8 Tirrenia salva a termine ...... 9 Prorogato il contratto, il governo e Cin vogliono salvare Tirrenia ...... 11 Affare Tirrenia. Ministro Passera: «Abbiamo bisogno di un alleato per convincere l’Europa» ...... 12 Flotta sarda, Mulas scrive a Cappellacci. Allarme sul crollo degli arrivi ...... 13 SARDEGNA La Ue «salva» Eurallumina ...... 14 Eurallumina non dovrà restituire 30 milioni allo Stato ...... 16 Alcoa, c’è tensione: «Controllo difficile» ...... 17 PORTOVESME. Cancellata la sanzione Ue all'Eurallumina...... 18 Un operaio dell'Alcoa tenta di darsi fuoco Fermato dai colleghi ...... 19 Tortolì. Cartiera, a maggio la cessione delle aree ...... 20 L’impianto di Tossilo si rinnova ...... 21 Il Comitato sui rifiuti lancia l’allarme sull’inceneritore ...... 22 Legge 15, l’ora della Sfirs ...... 23 Arborea. Trecento firme per il no alla Saras ...... 24 Nuoro. Confindustria presenta i vantaggi del trasporto merci su container ...... 25 Confcoop Domani Luigi Marino all'assemblea regionale ...... 25 Riforma del lavoro. Domani primo esame in consiglio dei ministri ...... 26 Riforma del lavoro Il Governo Indennità più lunga per gli over 58 ...... 27 Art.18, tutte le novità di Fornero ...... 29 Riforma del Lavoro. Le imprese: flessibilità troppo costosa ...... 31 Camusso: la partita non è chiusa, sciopero generale ...... 32 Apprendistato punto di partenza della carriera ...... 33 Riforma del lavoro. Le novità per le imprese. Aziende penalizzate sul fronte dei costi...... 38 Decreto liberalizzazioni. Concorrenza, sì alla fiducia Ma già si lavora ai correttivi...... 41 Via d'uscita per le banche ...... 44 La Ue chiede parità negli appalti ...... 46 Politiche degli incentivi. Selezione e merito per rilanciare industria e Paese ...... 47 Giovane imprenditore merce rara ...... 49 Diciotto aeroporti sul filo del rasoio ...... 50 Intervista Giulio Terzi Ministro degli Esteri «L'Italia vuole crescere nel Far East» ...... 52

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L’Unione Sarda Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)

Videolina Oggi a Monitor il tema industria

“Tute blu. Di rabbia”. È il titolo di Monitor che, in diretta su Videolina dalle 21, si occuperà della crisi dell'industria sarda. Emanuele Dessì ospiterà negli studi di piazza L'Unione Sarda l'assessore all'Industria Alessandra Zedda, il segretario regionale di Sel Michele Piras, il presidente di Confapi Sardegna Francesco Lippi, la segretaria Uilm Sulcis-Igliesiente Daniela Piras. In studio una delegazione dell'Eurallumina (guidata da Antonello Pirotto) e della Unilever di Cagliari. Il collegamento via satellite dall'Alcoa di Portovesme, Egidiangela Sechi rilancerà le voci dei lavoratori e delle famiglie, alle prese con una vertenza difficile. In un servizio di Graziano Canu, le difficoltà dell'industria nuorese. Per assistere in studio alla trasmissione si dovrà inviare una mail a [email protected].

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L’Unione Sarda Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)

Stato-Regione, vittoria Psd'Az

Sì all'odg Maninchedda e anche al testo unitario sulla vertenza Sardegna

Ci sono 35 consiglieri regionali che vogliono verificare le ragioni su cui si fonda la «presenza e permanenza della Sardegna nella Repubblica italiana». E chiedono perciò una «sessione speciale di lavori» del parlamento isolano. È uno schieramento trasversale, e ieri era maggioranza: i 35 sì, a fronte di 21 no, sono serviti ad approvare l'ordine del giorno sardista, esposto sabato scorso da Paolo Maninchedda, che parte dalle «ripetute violazioni dei princìpi di sussidiarietà e leale collaborazione da parte del Governo e dello Stato» verso l'Isola. LA VERTENZA Un fatto clamoroso, una chiusura inaspettata degli stati generali in Consiglio regionale. Il ragionamento sulla «vertenza Sardegna» si è chiuso con un altro ordine del giorno, in questo caso unitario (solo tre voti contrari): riafferma «la volontà dell'assemblea» di «pretendere pregiudizialmente, e con assoluta urgenza, l'applicazione integrale» del regime di entrate stabilito nel 2006, sulla base delle norme di attuazione approvate un anno fa. Inoltre chiede al presidente del Consiglio dei ministri una «conferenza di servizio deliberativa» con Regione, enti locali, sindacati e imprese, per negoziare sul resto della vertenza Sardegna: patto di stabilità, industria, trasporti, Equitalia e fondi Fas. «Prosegue il percorso unitario», commenta il governatore Ugo Cappellacci, che auspica un risultato «col contributo di tutte le forze politiche e delle forze economiche e sociali». IL DOCUMENTO SARDISTA Pochi invece avevano previsto l'approvazione dell'ordine del giorno Maninchedda, che nei giorni scorsi aveva fatto parlare di «preavviso di secessione». Naturalmente non tutti l'hanno votato con questo spirito: per esempio Giulio Steri (Udc) ha ribadito che, pur votando a favore, il suo partito è per l'unità d'Italia. E si è dichiarato «fedele alla Costituzione» anche un altro firmatario del documento, il vendoliano Luciano Uras (Sel). Ciò che colpisce è proprio la trasversalità dei consensi. Coi sardisti, si è espresso a favore in gran parte anche il Pdl (ma non Mario Diana e Nanni Campus). Lo stesso Cappellacci aveva dato il via libera. D'accordo persino i due esponenti finiani del Fli. All'opposizione hanno votato sì anche l'Idv e Roberto Capelli dell'Api. Contrario invece tutto il Pd, come hanno detto tra gli altri Giampaolo Diana e Renato Soru, nonché Radhouan Ben Amara del Pdci. Diciotto mesi fa, la mozione Psd'Az sull'indipendenza aveva raccolto sette voti. I tempi sono cambiati, e in fretta. (Giuseppe Meloni)

L’Unione Sarda Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)

La vertenza. Breve incontro tra Cappellacci e i sindacati

È durato meno di un'ora, ed è stato subito stato aggiornato, il confronto tra la Giunta regionale e i sindacati sulla vertenza Sardegna. Dopo un primo esame sulle questioni ancora aperte con il Governo nazionale, da parte dei rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil è stata ribadita la richiesta di un coinvolgimento delle forze sociali in un tavolo politico a Palazzo Chigi. La riunione è stata aggiornata all'inizio della prossima settimana per consentire un approfondimento delle rispettive proposte, anche alla luce del dibattito svoltosi durante l'assemblea degli Stati Generali. «Il contributo in termini di idee, di partecipazione e di valori che può essere dato dai sindacati può essere il propulsore sociale idoneo a moltiplicare la forza di un'azione unitaria sulla questione sarda che coinvolga non solo la politica ma l'intera società sarda», ha detto il governatore Ugo Cappellacci. «Il dialogo aperto ricomincia da questa consapevolezza».

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La Nuova Sardegna

Pagina 9 - Sardegna

E il Consiglio si scopre «indipendentista»

Approvato anche il documento dei sardisti: «Tutta da verificare la lealtà dello Stato»

CAGLIARI. Due votazioni apparentemente contraddittorie in Consiglio regionale sulla Vertenza Sardegna. Con la prima, all’unanimità, si rafforza il confronto tra la giunta Cappellacci e il governo Monti. Con la seconda (dal sapore indipendentista: e le coalizioni si spaccano) si apre una «verifica sulla lealtà dello Stato». La sintesi della giornata, una sintesi forse di comodo, l’ha fatta Ugo Cappellacci, il quale ha condiviso entrambi gli ordini del giorno: «Va bene proseguire il confronto con il governo Monti in modo unitario - ha detto il presidente della giunta - ma è anche giusto andare avanti senza remore e tenendo conto che per molti anni lo Stato è stato più che inadempiente nel rapporto con la Sardegna». Per il Pd, che ha votato a favore dell’ordine del giorno unitario e contro quello «indipendentista», le due votazioni sono proprio contraddittorie. «Come fa una Regione che non è riuscita a fare neanche una riforma ed è in ritardo nella sua politica economica - ha detto Mario Bruno, vice presidente del Consiglio regionale - a scaricare tutte le responsabilità nei confronti dello Stato? Sono ragionamenti di comodo, così Cappellacci dà le colpe ad altri e il Psd’Az ha l’alibi per rimanere in questa maggioranza del tutto fallimentare». I veri vincitori della giornata sono proprio i sardisti e, al loro interno, Paolo Maninchedda, presidente della commissione Riforme, che ha materialmente scritto l’ordine del giorno «indipendentista» firmato anche da Udc e Fli della maggioranza e da Sel, Idv e Api dell’opposizione. «E’ la prima volta che in Italia - ha spiegato - una Regione mette in discussione la lealtà dello Stato e gli chiede di dimostrare la legittimità del rapporto di appartenenza». Oltre al Pd (compatto) hanno votato contro l’ordine del giorno sardista i Riformatori e alcuni esponenti del Pdl, tra i quali il capogruppo Mario Diana e il leader della minoranza dissidente Nanni Campus. L’ordine del giorno unitario, votato all’unanimità, impegna la giunta a chiedere a Monti, che ha già aperto il tavolo «tecnico», la convocazione «urgente del tavolo politico allargato alle autonomie locali, ai sindacati e alle associazioni di categoria e imprese». E’ la linea scaturita dalla seduta di venerdì scorso degli Stati Generali. Si chiede inoltre che il governo «in via pregiudiziale e urgente favorisca l’applicazione integrale dell’articolo 8 riformato dello Statuto speciale» (il caso delle entrate fiscali). Il secondo ordine del giorno, quello «indipendentista», ha avuto 34 sì e 25 no. Con il documento il Consiglio «delibera di avviare una sessione speciale di lavori, aperta ai rappresentanti della società sarda, per la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile con lo Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza della Regione Sardegna nella Repubblica italiana». Per chi ha votato a favore queste parole rafforzano con la discussione il rapporto con lo Stato, chi ha votato contro afferma che la presa di posizione mina le ragioni dell’unità dello Stato.

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La Nuova Sardegna

Pagina 9 - Sardegna Nuovo Piano paesaggistico, «linee guida» della giunta ora all’esame dell’assemblea

CAGLIARI. Le «linee guida» del nuovo Piano paesaggistico regionale saranno illustrate da Ugo Cappellacci al Consiglio regionale nel mese di aprile. La delibera approvata martedì sera dalla giunta è «politica», di indirizzo generale, mentre la parte più tecnica del documento non è ancora pronta. La revisione del Ppr varato da Renato Soru nella passata legislatura riguarderà gli ambiti costieri e ricomprenderà, con la redazione originale, anche le zone interne. Ieri la presidenza della Regione non ha diffuso notizie, ma da quanto si è appreso si ribadisce che «il paesaggio rappresenta per la collettività isolana un valore fondante della cultura identitaria e delle tradizioni e, in quanto risorsa strategica per lo sviluppo, è un bene che va salvaguardato anche per le future generazioni». Le linee si muovono «in coerenza con i dettati della Convenzione europea del paesaggio e del Codice del paesaggio». Obiettivo fondamentale è «l’equilibrio ambiente-paesaggio unito a nuove forme di urbanizzazioni nel rispetto delle peculiarità dei luoghi e delle identità storico- culturali delle nostre comunità, costiere e interne, la salvaguardia e la difesa del paesaggio rurale, la tutela e la valorizzazione delle aree extraurbane e il rilancio e la rivitalizzazione dei borghi rurali».

SERVITÙ MILITARI: Ecco i fondi ai singoli Comuni CAGLIARI. La giunta ha ripartito gli indennizzi ai Comuni per le servitù militari: La Maddalena 2.046.994 euro; Arbus 1.279.371; Villasor 1.279.371; Decimomannu 639.685; Villaputzu 2.046.994; Perdasdefogu 1.279.371; Villagrande 1.023.497; Ulassai 767.623); Teulada 2.041.877; S. Anna Arresi 388.929 euro.

NOMINE CAGLIARI. Giorgio Atzori è il nuovo presidente del Corecom Sardegna, il Comitato regionale per le comunicazioni, organo periferico dell’Agcom. Gli altri membri eletti dal Consiglio regionale sono Roberta Usai, Guido Spano, Stefania Versari e Mario Carboni. Il Consiglio ha integrato la commissione regionale Pari opportunità eleggendo Emanuela Cadeddu, Alessandra Idili, Erminia Tanda, Antonella Chiavacci e Chiara Maninchedda. Mentre Giovanni Carlo Spirito è stato eletto revisore dell’Ersu di .

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La Nuova Sardegna Pagina 1 - Cagliari

Più crocieristi meno canone

Il bando del terminal al «Rinascita» premia la quantità

Il presidente dell’authority domani a Livorno per rilanciare l’accordo firmato con Olbia e Civitavecchia

CAGLIARI. Da Miami a Livorno per vincere la scommessa di lanciare il porto di Cagliari nel mondo delle crociere e farne lo scalo di partenza di compagnie internazionali. Per dare corpo alle promesse servono azioni di marketing e strutture portuali all’avanguardia. L’autorità portuale comincia con una firma a Livorno. Domani il presidente dell’autorità portuale Piergiorgio Massidda sarà a Livorno per firmare una nuova intesa su Cometi, la società costituita nel 2000 tra Cagliari, Olbia e Civitavecchia per un progetto di marketing dove i tre porti si presentano assieme sulla scena internazionale. «Bisogna far conoscere Cagliari - dice Massidda di ritorno da Miami dove ogni due anni si svolge il meeting internazionale degli armatori di navi da crociera e degli operatori portuali - e bisogna far crescere la logistica, cioè le strutture di appoggio per le navi da crociera e non solo. A Miami abbiamo stabilito contatti interessanti, alcune compagnie hanno scoperto Cagliari e quindi l’hanno inserita al primo posto in una sorta di lista d’attesa dei porti sui quali cominciare a dirottare il proprio traffico. Abbiamo inoltre creato un’alleanza coi porti di Malta, Messina, Palermo e Tunisi per favorire gli spostamenti di traffico di navi fra questi porti. Ma quello che ci dà ottimismo è l’accoglienza molto favorevole che è stata riservata al bando per la gestione del molo Rinascita e alla sua formulazione». In sostanza: più croceristi arrivano a Cagliari, meno paghi. Sul sito dell’autorità portuale il bando è stato pubblicato e la filosofia del disciplinare di gara per l’affidamento in concessione dell’area demaniale marittima di circa diecimila metri quadrati sul molo Rinascita è proprio quella di incoraggiare la quantità. Importanti le regole fissate per il canone: la quota fissa annuale è di oltre 44mila euro. Si deve aggiungere una quota variabile per passeggero (0,50). E poi un’altra quota di 35 centesimi per passeggero incrementata della percentuale offerta in sede di gara. E qui entra in gioco il fattore croceristi: praticamente uno stimolo al concessionario a far arrivare il maggior numero di visitatori. Per 40mila passeggeri all’anno si pagherà il 100 per cento della percentuale di aumento offerta nella gara. Ma nello scaglione da 40.001 a 60mila passeggeri si pagherà il 75 per cento e avanti così. In ballo poi anche il fattore «home port»: per la determinazione degli scaglioni i passeggeri saranno conteggiati una sola volta per l’imbarco e lo sbarco. Mentre, in caso di visitatori in partenza o in arrivo al porto di Cagliari, i passeggeri saranno conteggiati due volte. Il bando scade l’8 maggio. Tra i compiti affidati al concessionario anche l’accoglienza, le informazioni turistiche, la manutenzione delle aree, lo shuttle-bus per Cagliari e i varchi portuali coi controlli di security. Il vincitore dovrà anche allestire le strutture, amovibili, per accogliere i turisti: la superficie utilizzabile è di 1.300 metri quadrati con un’altezza non superiore ai 4 metri.

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L’Unione Sarda Economia (Pagina 20 - Edizione CA)

Tirrenia, 90 giorni a Cin

Ieri la decisione sulla proroga. L'ad Morace apre all'ingresso della Regione. Il Governo concede tempo ai privati. Pili: «Errore»

Ancora tre mesi per trovare la soluzione al problema Tirrenia. Ieri il ministero dello Sviluppo economico ha concesso altri 90 giorni a Cin prima di firmare il contratto di vendita e intanto l'amministratore delegato della cordata apre all'ingresso della Regione sarda nella compagine sociale: «Mi farebbe molto piacere». NOVITÀ La proroga è stata decisa ieri (nel giorno in cui si sarebbe dovuto formalizzare il contratto di cessione) quando il ministero ha accolto la richiesta del commissario governativo di Tirrenia, Giancarlo D'Andrea, «in seguito alla disponibilità di Cin di assumere misure strutturali per superare definitivamente le criticità in materia di concorrenza emerse a Bruxelles», si legge in una nota del Mise. Cin dovrà superare l'ostacolo della concentrazione di rotte che si avrebbe con l'acquisto di Tirrenia da parte di tre armatori che già oggi si dividono le rotte nazionali. Qui entra in ballo la possibilità che esca uno dei tre (Gianluigi Aponte con la quota più importante) ed entri la Regione Sardegna. «Non posso né confermare né smentire ma sarei molto contento dell'ingresso della Regione», spiega l'amministratore delegato di Cin, Ettore Morace, «perché molte rotte di Tirrenia, se non la quasi totalità, sono dirette in Sardegna e averla dentro la compagine è importante e ci aiuterebbe a fare bene». Un anno fa, poi, quando si era parlato di un possibile ingresso, la Regione aveva sottolineato di voler entrare solo potendo dire la sua sulle rotte sarde. «Oggi a decidere sono le convenzioni scritte dal ministero. La Regione potrà farle rispettare e partecipare con Cin e il Ministero alla riscrittura». In questi 90 giorni, il Governo dovrà poi pensare alle sanzioni minacciate dall'Ue per i contributi concessi in passato e considerati aiuti di Stato (che ora graverebbero sulle casse di Cin in caso di acquisto). REAZIONI La proroga però non è ben vista dal deputato Pdl Mauro Pili, per cui «è l'ennesima dimostrazione di come il Governo sia preoccupato di tutelare l'affare Tirrenia a scapito della continuità territoriale della Sardegna». Sull'ipotesi della partecipazione della Regione sarda Pili è scettico: «Voglio sperare che l'ipotesi dell'ingresso di un soggetto pubblico sia uno scherzo considerato che il cabotaggio marittimo è precluso al pubblico ed esporrebbe i bilanci dell'ente a pagare parte dei 400 milioni di sanzioni prospettate dell'Ue», dice. Per la Filt Cgil, invece, i 90 giorni permettono «di riavviare il confronto con il Governo ma va rispettata l'unicità aziendale e l'occupazione». La Federmar Cisl conferma poi lo sciopero di giovedì prossimo dei lavoratori «contro l'indeterminazione e la scarsa azione del Governo che nega il confronto».

(Annalisa Bernardini)

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L’Unione Sarda Impresa e territori - Pag. 37

Tirrenia salva a termine

Privatizzazioni. Il Governo corregge l'operazione e concede altri 90 giorni alla cordata degli armatori. Restano i dubbi della Ue sugli aiuti di Stato e la discontinuità. Onorato: «La Cin c'è, è interessatissima alla compagnia e va avanti nell'operazione; è un anno e mezzo che ci lavoriamo». Un dialogo sarebbe aperto tra la Regione Sardegna, che l'estate scorsa ha fatto concorrenza alla compagnia con la Saremar, e il Governo

Via libera a una proroga di 90 giorni sul contratto di Compagnia italiana di navigazione (Cin) per l'acquisizione di Tirrenia. E soddisfazione da parte degli armatori – Vincenzo Onorato in primis – che formano la compagine che si è aggiudicata la gara. I quali si dicono pronti a concludere l'operazione, spiegando il loro progetto industriale, che prevede il rinnovo della flotta Tirrenia, con la sostituzione di dieci navi. Ieri, giorno della scadenza dell'accordo, dopo un week end e un inizio di settimana durante i quali l'aggiudicazione di Tirrenia ha rischiato di saltare, per le critiche all'impostazione della privatizzazione elencate in una lettera informale dell'Antitrust Ue al Governo italiano, il ministero dello Sviluppo economico ha compiuto la sua mossa. Decidendo di difendere, sia pure con robusti correttivi, lo schema dell'operazione Tirrenia. Il Mise, dunque, fa sapere, in una nota ufficiale, di aver autorizzato la richiesta del Commissario straordinario della compagnia statale, Giancarlo D'Andrea, «di prorogare per 90 giorni (fino a giugno, quindi, mese entro cui è atteso il giudizio definitivo dell'Antitrust, ndr) il contratto con la compagnia di navigazione Cin». Questa decisione , prosegue il ministero, «giunge in seguito alla disponibilità, formalizzata da Cin, di assumere misure strutturali per superare definitivamente le criticità in materia di concorrenza emerse a Bruxelles. L'applicazione del percorso indicato da Cin sarà attentamente seguita dalla struttura commissariale, così come disposto dal Mise». E qualora «le iniziative messe in atto da Cin non fossero valutate positivamente dalle autorità nazionali ed europee, il Governo avrà comunque il tempo necessario per attivare percorsi alternativi che garantiscano la salvaguardia del servizio e la continuità territoriale». Tre sono i punti su cui l'esecutivo ritiene che si possano trovare soluzioni soddisfacenti per la Ue. Il primo è l'eccessiva concentrazione di armatori di traghetti (Onorato, patron di Moby, Manuel Grimaldi, ad di Grimaldi Group, e Gianluigi Aponte, proprietario di Grandi navi veloci e Snav) all'interno di Cin. Su questo tema, la soluzione proposta da Cin, già attuata e pronta per essere presentata a Bruxelles, è l'uscita di Aponte dalla compagine, più una serie di altri correttivi sulle rotte, allo studio. Il secondo punto riguarda gli aiuti di Stato ricevuti da Tirrenia dagli anni '90 e ritenuti illegali dalla Ue. Su questo, assicurano fonti governative, «è aperto un confronto con Bruxelles». Ultima questione (legata alla precedente), i dubbi dellaUe sul fatto che la procedura di cessione a Cin segni una vera discontinuità aziendale rispetto alla vecchia Tirrenia. Su questo, fanno capire al Governo, è D'Andrea che deve muoversi, convincendo Bruxelles, carte alla mano, che la discontinuità esiste. Il punto di vista degli armatori è Onorato ad esprimerlo: «La Cin c'è, è interessatissima a Tirrenia e va avanti nell'operazione: è un anno e mezzo che ci lavoriamo. Confermo anche la disponibilità a ricevere indicazioni dal Governo rispetto alle problematiche con Bruxelles». Onorato afferma che «Aponte è uscito da Cin. Ma sarei stato disponibile anche a uscire io, se questo fosse servito a proseguire l'operazione». E aggiunge che sulla compagine societaria «c'è un work in progress». In effetti, a quanto risulta, un dialogo è aperto tra la Regione Sardegna (che l'estate scorsa ha fatto

9 concorrenza a Tirrenia, e ai privati, con la Saremar, ex controllata della stessa Tirrenia) e il Governo. «Credo – dice Onorato – che la Regione si appresti a entrare in Cin. E io ne sono ben felice. Perché a noi interessa garantire la continuità territoriale tra isola e continente nonché l'occupazione. Lunedì ho firmato l'accordo tra Toremar (recentemente acquisita da Moby, ndr) e i sindacati, con il quale ho assunto 206 addetti a tempo indeterminato. Intendiamo dare garanzie analoghe anche ai 1.500 lavoratori di Tirrenia». Riguardo, poi, al progetto industriale previsto da Cin per Tirrenia, Onorato spiega: delle 18 navi della compagnia, «10 sono da mandare in demolizione. Sette subito, entro il 2012, e intendiamo sostituirle con 5 unità più nuove e veloci (da prendere a noleggio a scafo nudo, ndr). Altre tre potranno uscire nel 2013».

(Raoul de Forcade)

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La Nuova Sardegna

Pagina 5 - Sardegna Prorogato il contratto, il governo e Cin vogliono salvare Tirrenia

Arriveranno nuovi soci C’è ancora lo scoglio degli aiuti di Stato

CAGLIARI. L’affare Tirrenia-Cin non è morto ieri, a mezzanotte. Senza aspettare che gli armatori facessero l’annunciato passo indietro, è stato il ministero ai Trasporti a farne ben tre in avanti. Con un comunicato, ha prorogato il contratto di altri tre mesi. In questi novanta giorni, la «Compagnia italiana di navigazione» dovrà riequilibrare la sua compagine sociale, per liberarsi dalla contestazione europea che «così com’è, adesso è un inaccettabile monopolio nei trasporti marittimi». Il colpo di genio. È stato del ministro Passera, che ieri dalle mani degli armatori ha tolto la pistola fumante, con una possibile rescissione improvvisa del contratto. Dopo aver dato mandato al commissario straordinario della Tirrenia, Giancarlo D’Andrea, di ammorbidire le posizioni rigide, fino a ventiquattr’ore prima, della Cin, missione riuscita, Passera ha autorizzato la proroga dell’opzione per altri novanta giorni. L’ha firmata lui stesso e così ha evitato alla «Compagnia italiana» anche il sospetto di essersi rimangiata troppo in fretta la voglia che aveva di uscire subito dall’affare Tirrenia. È stato dunque un venirsi incontro, per rimettere in linea di galleggiamento una privatizzazione prossima a far la fine del Titanic. Cin 2. Entro metà giugno, la «Compagnia italiana di navigazione» si è impegnata a rivedere l’assetto societario, per poi ripresentarsi, con una veste tutta nuova, all’Antitrust europeo. Non è stato un sacrificio per Ettore Morace, l’amministratore delegato della cordata, accettare l’ultima condizione, perché come ha dichiarato martedì a La Nuova «da tempo i nostri uffici sono al lavoro per riequilibrare il peso delle quote». Quote che ora sono divise in parti uguali - il 33 per cento a testa - fra gli armatori Gianlugi Aponte (controlla le compagnie Gnv e Snav), Manuel Grimaldi (Grimaldi Group) e Vincenzo Onorato (Moby Lines). Che insieme non solo valgono oggi un quota troppa alta nel mercato del cabotaggio, ma - stando alle indiscrezioni dell’Unione europea - in futuro rappresenterebbero «un quasi monopolio nelle rotte da e per la Sardegna visto che due soci su tre (Aponte e Onorato) già operano sulle stesse linee». Morace avrà tre mesi di tempo per rimescolare le carte, ma si sa che caldeggia già questa ipotesi: l’uscita di Aponte dalla società e l’armatore è d’accordo, il ridimensionamento delle quote sottoscritte da Onorato, per poi aprire le porte a nuovi soci. Soci che dovrebbero essere alcuni armatori europei, mentre un 20 per cento potrebbe essere offerto alla Regione. Regione che ora Passera vuole come alleato in questa corsa frenetica per salvare l’affare Tirrenia. Aiuti di Stato. Se Cin dovrà occuparsi della parte societaria, il ministero ha preso l’impegno che farà ogni passo possibile per evitare che l’Europa chieda indietro ai vincitori della gara, proprio la Cin, i 400 milioni che sta per pretendere dalla Tirrenia, perché li ritiene aiuti di Stato. Sotto questo aspetto diventerebbe decisiva l’alleanza fra governo e Regione: insieme potrebbero convincere 11 l’Europa a rivedere il giudizio negativo sui contributi concessi alla compagnia pubblica dal 1994 in poi. Rimane Tirrenia. Il ministro ha assicurato che fino a quando tutte le procedure non saranno concluse, il servizio sarà garantito e gestito dalla Tirrenia commissariata, cioè da Giancarlo D’Andrea. Ma stavolta al liquidatore sarebbe stato messo qualche paletto in più rispetto alla libertà che gli era stata concessa dal precedente governo. Anche D’Andrea dovrà imparare a dialogare con la Regione. La giunta Cappellacci. Continua a perseguire una strategia attendista. Ha capito che il ministro ha bisogno della Regione per uscire dall’impasse e ora proverà a dettare qualche condizione. Ma nel frattempo non rinuncerà alla Flotta Sarda. La Cisl. Molto più equilibrata della segreteria nazionale, la Cisl regionale ha scritto: «I soldi pubblici vanno offerti solo a chi è in grado di garantire ai sardi rotte efficienti e deve essere questo l’impegno del governo».

(Umberto Aime)

La Nuova Sardegna

Pagina 5 - Sardegna

Affare Tirrenia. Ministro Passera: «Abbiamo bisogno di un alleato per convincere l’Europa»

Corrado Passera adesso vuole la Regione al suo fianco per convincere l’Europa

CAGLIARI. Al ministero li chiamano “percorsi alternativi”. Sono quelli che «scatteranno solo nel caso in cui le prossime iniziative messe in atto da Cin non fossero valutate positivamente dalle autorità nazionali ed europee». Ma quali sarebbero queste alternative? Una potrebbe essere annullare la gara, ma è la più complicata. L’altra passa attraverso un coinvolgimento diretto della Regione Sardegna, che da antagonista deve diventare alleata. E questo vuole il ministro Passera. In questi giorni convulsi, è stato proprio Passera a dire al suo staff che «l’affare Tirrenia non dovrà mai offuscare gli attuali ottimi rapporti che abbiamo adesso con l’Unione europea». Per la privatizzazione della compagnia marittima, ereditata molto malconcia dal passato governo, Monti non vuole rimetterci la faccia dopo aver sudato a lungo per restituire credibilità all’Italia del dopo Berlusconi. Per questo Passera ha chiesto alla diciassettesima Divisione ministeriale, si occupa dei rapporti con la Commissione europea, di prendersi in carico uno dei due interrogativi sollevati da Bruxelles. Se gli armatori della «Compagnia italiana di navigazione» dovranno fare la loro parte con i nuovi equilibri societari, spetterà ai funzionari del ministero studiare il resto del dossier. E il resto riguarda gli oltre 400 milioni che la stessa Europa sta per pretendere indietro dalla Tirrenia, li considera aiuti di Stato, e che alla fine potrebbero pesare invece sui bilanci della «Compagnia italiana di navigazione». Una delle soluzioni già sul tappeto passa attraverso il coinvolgimento diretto della Regione. Dopo le ultime scaramucce al Senato, con il sottosegretario Guido Improta che ha derubato la Sardegna del suo ruolo di referente per la continuità territoriale marittima, Passera ha ordinato che siano subito riallacciati i rapporti con la giunta Cappellacci. 12

La strategia è pressappoco questa: insieme, governo e Regione dovranno dimostrare che, in passato, quei milioni erano dovuti alla Tirrenia perché garantiva un servizio pubblico. E chi più della Sardegna può dirlo? Sulla carta nessuno, ma si sa che prima Soru e poi Cappellacci hanno sempre visto la compagnia di Stato come fumo negli occhi. Allora è necessario che sia la proprio la Sardegna a convincere l’Europa con una frase del tipo «la Tirrenia era necessaria». Che lo dica adesso dopo gli scontri feroci dell’anno scorso. Sembra oggi peggio della conquista del K2 senza le bombole d’ossigeno, ma Passera si è detto sicuro che «un punto d’incontro potrà essere trovato proprio sul ruolo che, in futuro, la Sardegna avrà nella convenzione (quella che c’è sarà riscritta) per la continuità marittima». E sarebbe che «spetterà alla stessa Regione scegliere navi, rotte e qualità del servizio». Così come avviene del resto per la continuità territoriale aerea, solo che questa volta i soldi li metterà lo Stato. (ua)

La Nuova Sardegna

Pagina 33 - Sassari

Flotta sarda, Mulas scrive a Cappellacci. Allarme sul crollo degli arrivi

PORTO TORRES. Il consigliere regionale dell’Upc Massimo Mulas ha inviato una lettera al presidente della giunta Ugo Cappellacci e all’assessore ai Trasporti Christian Solinas chiedendo di aprire il dialogo con le compagnie di navigazione. Mulas sostiene che con la creazione della Flotta Sarda la Regione si comporta da concorrente nei confronti della altre compagnie di navigazione ma «non può dimenticare il suo ruolo istituzionale e in tal senso deve estendere il dialogo ad altre realtà» per evitare che si ripeta una stagione turistica disastrosa come quella dello scorso anno. Una stagione che ha visto il crollo sia degli arrivi sia delle presenze turistiche in tutta l’isola. La Sardegna ha perso competitività, sostiene ancora l’esponente dell’Upc, mentre «le altre mete turistiche conquistano e fidelizzano i nostri tradizionali clienti. Dalle prime stime risulta un discreto andamento delle prenotazioni in altre zone d’Italia - aggiunge Massimo Mulas - mentre l’atteggiamento dell’utenza nei confronti della Sardegna è quello di una destinazione tendenzialmente troppo cara». «Oggi più che mai c’è bisogno che la politica abbia un’immediata presa di coscienza - afferma ancora il consigliere Upc - con un pragmatismo tale da mettere presunte ideologie da parte, e che avvii una seria ricerca di soggetti che conoscano bene il mondo dei trasporti, lasciando l’improvvisazioni fuori dal rilancio della Sardegna». Per questo Massimo Mulas si augura che quanto prima venga riaperto il dialogo anche con le tradizionali compagnie di navigazione «per ridare un minimo slancio alle asfittiche prenotazioni, ponendo rimedio a questa empasse che dà un’immagine dei sardi e della Sardegna non certo da terzo millennio».

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Il Sole-24 Ore Primo piano - Pag. 43

SARDEGNA La Ue «salva» Eurallumina

Industria. Il Tribunale europeo annulla la richiesta di rimborso delle esenzioni fiscali concesse 11 anni fa. Impianti ancora fermi ma si aprono spiragli per il committente Alcoa

Gli esattori di Equitalia, adesso, dovranno rimanere fuori dai cancelli di Eurallumina. Sì, perché spettava a loro riscuotere i 30 milioni di euro, fra capitale e interessi, che l'azienda di Portovesme, in Sardegna, avrebbe dovuto pagare per una vecchia storia di presunti aiuti di Stato. È questo il primo effetto della decisione del Tribunale della Ue che ieri ha annullato la scelta della Commissione che undici anni fa aveva ordinato il rimborso delle esenzioni fiscali concesse da Italia, Francia e Irlanda a favore della produzione di allumina. Nel 2001 i tre paesi, con l'autorizzazione dal Consiglio europeo, avevano introdotto esenzioni dall'accisa sugli olii minerali con cui si ottiene il vapore che serve a lavorarla. La Commissione aveva ritenuto le misure un vantaggio improprio alla società ritenendole aiuti di Stato e imponendone il recupero. E qui, in tutti questi anni, sono entrati in gioco i funzionari di Equitalia. La cancellazione di questi trenta milioni di euro rappresenta un primo elemento di stabilizzazione in una delle crisi industriali meno "mediatizzate" ma più pericolose nell'Italia di oggi, dato che riguarda l'unica fabbrica per la raffinazione della bauxite nel Mediterraneo, un anello delicatissimo nell'intera filiera dell'approvvigionamento dei metalli da parte della nostra manifattura. La Eurallumina, che nasce nel 1968 nell'alveo del capitalismo di Stato targato Efim, è da tre anni ferma. Gli attuali azionisti, i russi di Rusal, hanno congelato l'attività e messo in cassa integrazione, in regime straordinario, i loro 350 operai e impiegati (si sale a 762 con gli addetti indiretti). Fra le ragioni di questo stop, c'è il costo dell'energia, che in questo caso non è l'elettricità usata nel suo processo industriale dall'Alcoa ma il vapore, ottenuto appunto dagli olii combustibili. «Certo – dice una fonte vicina al dossier – se l'atteggiamento comunitario cambiasse davvero sul tema degli sgravi fiscali, al di là di questa specifica procedura, potrebbe diventare più facile trovare una soluzione finanziaria e industriale». Una questione complessa, in cui il rapporto fra le capitali nazionali e Bruxelles è ancora in via di rimodulazione. Di tutto questo, si discuterà il 3 aprile al ministero dello Sviluppo economico, quando il top management guidato da Vincenzo Rosino incontrerà i sindacati e la tecnostruttura di Via Molise. Un faccia a faccia non privo di criticità, dato che il governo dovrebbe iniziare a dare risposte a domande che l'azienda, però, ha posto quando a Palazzo Chigi non c'era Mario Monti, ma . Un disallineamento che rende tutto complicato. In una situazione in cui le richieste formulate da Eurallumina al precedente governo, già allora, erano rimaste tutte senza risposta. Lettera morta, ai tempi di Berlusconi, gli abboccamenti sui contributi per la costruzione di una centrale. Idem le promesse per una moral suasion governativa finalizzata a un contratto vantaggioso per l'acquisto degli olii. Lo stesso dicasi per la proposta di acquistare, a un prezzo ragionevole, il vapore dalla Sulcis 2, la centrale dell'Enel che oggi opera a regime ridotto, perché vincolato ai (rari) aumenti di domanda dell'(asfittico) mercato sardo. Ora tocca al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera e al sottosegretario, il macroeconomista Claudio De Vincenti, provare a dare delle risposte a questa crisi industriale. Come hanno già in parte fatto sbloccando, con l'Agenzia delle Entrate, un rimborso dell'Iva da 52 milioni di euro, che era fermo da tre anni. Passera e De Vincenti hanno fatto sapere ad Eurallumina di essere disponibili a finanziare, con un contratto di investimento, il piano industriale. Inoltre, gli enti locali hanno identificato un'area di 16 ettari dove stoccare i fanghi rossi, residui della lavorazione.

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Questa crisi resta "di sistema". Le vicende del polo siderurgico di Portovesme, una delle ultime (malandate) roccaforti dell'industria pesante italiana, si intrecciano con quelle della Alcoa, che licenzierà i suoi oltre 500 addetti il 4 aprile, se non si sarà raggiunto un accordo con i sindacati. E, in qualche maniera, si condizionano l'una con l'altra. Anche in maniera positiva. Le attività dei due impianti si intrecciano. Eurallumina produce allumina dalla bauxite e la vende ad Alcoa, che ne ricava alluminio fuso. Dunque, in un contesto che non deve lasciare spazio a facili entusiasmi, più di un osservatore rileva come un eventuale miglioramento delle condizioni di salute del paziente chiamato Eurallumina, potrebbe rendere più attraente anche l'investimento in Alcoa. (Paolo Bricco)

CRISI «DI SISTEMA»

350 In cassaintegrazione

Gli operai e impiegati in Cigs, si sale a 762 con gli addetti indiretti

52 milioni Rimborso Iva

Somma sbloccata dal ministero per lo Sviluppo economico

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La Nuova Sardegna Pagina 5 - Sardegna

Eurallumina non dovrà restituire 30 milioni allo Stato

La sentenza del tribunale Ue sulle esenzioni fiscali di cui la Commissione europea chiedeva il rimborso

PORTOVESME. Il tribunale dell’Unione europea ha riconosciuto valide, con una sentenza che dà nuova speranza all’Eurallumina, le esenzioni fiscali a suo tempo praticate alla fabbrica di Portovesme per la produzione dell’ossido di alluminio. In pratica i giudici hanno accolto integralmente le ragioni dell’azienda controllata dal gruppo russo Rusal. Eurallumina rischiava di pagare - o meglio restituire allo Stato italiano - più di 30 milioni di euro che il commissario europeo alla Concorrenza riteneva essere un aiuto pubblico illegittimo. Nella stessa situazione si erano trovate anche le fabbriche di allumina in Francia e Irlanda. Il contenzioso sullo sconto fiscale sull’olio combustibile era nato nel 2005, ma già dal 1983, per favorire la competitività nel mercato della fabbrica sarda, il governo italiano aveva ridotto l’imposta di fabbricazione (oggi accise) provocando una procedura di infrazione da parte di Bruxelles. Ma la sentenza del tribunale Ue annulla la decisione della Commissione che aveva ordinato il rimborso delle esenzioni. Gli Stati interessati non dovranno recuperare le accise non versate dalle aziende beneficiarie. Lo sgravio ammontava a 13,1 euro per ogni tonnellata di olio combustibile pesante. Nel caso dell’Eurallumina la somma risparmiata dovrebbe essere intorno ai 30 milioni di euro. L’allumina (o ossido di alluminio) è il prodotto finale della lavorazione della bauxite mediante l’utilizzo di vapore a bassa pressione ottenuto in centrali termiche. La polvere bianca ricavata dalla bauxite viene utilizzata come materia prima nello stabilimento Alcoa per la produzione di alluminio ma, in via secondaria, ha varie applicazioni anche nel settore chimico. La normativa europea, in vigore dal 1992, armonizzava le accise sugli oli minerali e fissava un’aliquota minima sull’olio combustibile pesante, consentendo nel contempo al Consiglio europeo di autorizzare gli Stati membri a introdurre esenzioni. Ma il commissario europeo alla Concorrenza aveva poi contestato le agevolazioni perché in grado di falsare il rapporto concorrenziale. I commenti sindacali sono favorevoli. «Viene riconosciuto - sostiene Fabio Enne, segretario generale della Femca Cisl - il sacrosanto diritto di applicare le direttive dello stesso Consiglio europeo. Ora però dobbiamo verificare se il dispositivo di questa sentenza è applicabile per gli anni a venire. Se ciò fosse vero allora è possibile evitare, almeno in tempi brevi, la costruzione di una nuova centrale a carbone da 120 milioni di euro. Si può procedere alla ripresa della produzione di allumina con costi energetici abbastanza limitati». La sentenza del tribunale Ue arriva con qualche giorno di anticipo sull’incontro che si svolgerà il 3 aprile al ministero dello Sviluppo economico. «Avremo di fronte Rusal e governo italiano - sottolinea Mario Crò della Uil -. La multinazionale russa risparmia 30 milioni di euro e dovrà incassare i primi 40 milioni di euro di rimborso Iva. Ha quindi risorse fresche da investire. Il ministro invece deve garantire la riduzione delle accise». Roberto Puddu della Cgil è cauto: «Bisogna attendere i risvolti di questa sentenza. C’è da convincere Rusal a riprendere l’attività».

(Erminio Ariu)

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La Nuova Sardegna

Pagina 8 - Cagliari

Preoccupazione tra i sindacati

Alcoa, c’è tensione: «Controllo difficile»

PORTOVESME. Con l’avvicinarsi della scadenza fissata da Alcoa al 4 aprile sulla fermata della produzione di alluminio, si intensificano le iniziative solitarie e spontanee degli operai, che non riescono a mantenere la lucidità, sopraffatti dalla paura e dalla disperazione di dover perdere il posto di lavoro. A meno di 15 giorni dall’annunciata messa a freddo delle celle elettrolitiche il sindacato avverte che la situazione sta sfuggendo di mano e le azioni personali e autonome si susseguono con un’intensità allarmante: «Siamo estremamente preoccupati per queste azioni spontanee che non riusciamo a prevenire e a gestire. - ammette Bruno Usai, Cgil - Infatti, sta diventando critica la decisione di A.G. (l’operaio che ha iniziato lo sciopero della fame - n.d.c.) che rifiuta di alimentarsi da due giorni perché non accetta di essere assistito con un assegno di cassa integrazione». Si stanno vivendo momenti terribili: oltre 1000 famiglie sono alla mercè di un progetto di smobilitazione deciso negli Usa e applicato nel Sulcis, dove la disoccupazione ha raggiunto un tasso insostenibile. In fabbrica si respira un’aria di disfatta totale. Alcoa non indietreggia e le manifestazioni d’interesse presentate, pare, da quattro multinazionali continuano ad essere accolte come verba volant: «Si è proprio vero - aggiunge Massimo Cara, Rsu - perché i politici continuano a fare passerella senza tener conto che il tempo a disposizione, per rimediare al torto che Alcoa ci sta facendo, sta diminuendo. Se il Governo avesse pensato che sono in bilico un migliaio di altri posti di lavoro, in un territorio con già 33mila disoccupati, avrebbe dovuto cambiare atteggiamento e reagito con determinazione. Invece nulla». La spallata all’immobilismo politico dovrebbe arrivare martedi prossimo quando un esercito di 300 “tute blu” marcerà verso Roma in occasione dell’incontro al ministero dello Sviluppo economico: i lavoratori avvertono che non potranno essere respinti o di essere deviati dalle forze dell’ordine: «Questa volta - spiegano Fabio Enne (Cisl), Mario Crò (Uil) e Roberto Puddu (Cgil) - non accetteremo neppure di trattare con il primo sottosegretario che ci viene indicato; chiediamo di incontrare il ministro dello sviluppo economico Corrado Passera».

(Erminio Ariu)

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L’Unione Sarda Provincia Sulcis (Pagina 27 - Edizione PC)

PORTOVESME. Cancellata la sanzione Ue all'Eurallumina

Alcoa, operai disperati

Terzo giorno di sciopero della fame per l'operaio dell'Alcoa, accampato in una tenda all'ingresso della fabbrica di alluminio. «La fame si fa sentire, ma mi sento ancora in forze - tranquillizza l'uomo incappucciato - la tensione è altissima, i gesti incontrollabili aumentano, chi deve decidere trovi una soluzione». A pochi passi dalla tenda c'è il traliccio dell'alta tensione su cui si è arrampicato, martedì notte, un operaio disperato: a mani nude e senza il supporto di una fune, ha scalato la torre d'acciaio. Solo dopo alcune ore i colleghi di lavoro lo hanno convinto a scendere. Intanto i sindacati stanno organizzando la trasferta a Roma in vista dell'incontro del 27 marzo. Ci sarà un'assemblea venerdì pomeriggio con tutti i lavoratori, per lunedì, invece, è stato convocato un vertice in Regione preparatorio dell'incontro romano del giorno successivo. Una riunione più che mai decisiva, perché il 4 aprile, se sul tavolo ministeriale non sarà trovata una soluzione, scadrà la procedura di mobilità avviata da Alcoa a gennaio. Circa mille lavoratori sono ad un passo dal baratro. «Non possiamo accettare formule o condizioni che prevedano la fermata dell'impianto - si legge in un documento del Coordinamento (segreterie, Rsu Alcoa, appalti) - siamo disponibili a soluzioni ponte affinché vengano definite le trattative per la cessione dello stabilimento, con una prospettiva certa per la produzione di alluminio e per il territorio». EURALLUMINA L'Eurallumina non dovrà restituire i soldi delle esenzioni fiscali sull'olio combustibile, al contrario di come aveva stabilito la Commissione europea ravvisando nell'esenzione delle accise un aiuto di Stato. La decisione che ha ribaltato la prima sentenza è della Corte europea di Giustizia, che si è pronunciata in merito al ricorso proposto dall'Eurallumina e da altre aziende francesi e irlandesi che avevano usufruito dei rimborsi previsti per le produzioni di allumina.

(a. pa.)

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L’Unione Sarda Ultime della notte (Pagina 16 - Edizione CA)

Un operaio dell'Alcoa tenta di darsi fuoco Fermato dai colleghi

PORTOVESME. Nella centrale Enel

PORTOVESME Ha minacciato di darsi fuoco e ci anche provato, ma l'intervento dei compagni di lavoro e di alcuni sindacalisti ha evitato che la clamorosa protesta di un operaio sfociasse in tragedia. È accaduto poco dopo la mezzanotte di ieri a Portovesme, dove un dipendente dell'Alcoa si è incatenato davanti all'ingresso della centrale Enel per richiamare l'attenzione sulla grave situazione nella fabbrica seguita all'annuncio della multinazionale americana Alcoa, proprietaria dello stabilimento sulcitano, di non continuare a produrre in Sardegna. Il lavoratore, del quale non è stata resa nota l'identità, si è messo a urlare per richiamare l'attenzione degli altri operai. Alcuni dipendenti dell'Alcoa hanno invitato il loro collega a desistere, si sono avvicinati per convincerlo a lasciare perdere, ma l'uomo ha preso un accendino e cercato di dare fuoco ai suoi abiti. Fortunatamente non è accaduto nulla di grave. L'operaio non ha riportato alcuna ferita, ma il gesto testimonia la grande tensione che si vive in questi giorni nel polo industriale. La vertenza sembra a un punto morto. Dopo le manifestazioni di interesse dei giorni scorsi non si intravedono soluzioni. Gli operai sono disperati e anche qualche giorno fa non sono mancate le proteste clamorose. È stata infatti occupata la centrale Enel di Monteponi e Iglesias, dove alcuni lavoratori si sono arrampicati su un traliccio. Ieri sera a Portoscuso sono intervenuti i carabinieri. La situazione è tornata alla normalità poco prima dell'una, ma le forze dell'ordine hanno presidiato l'area industriale per tutta la notte.

(Francesco Pintore)

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La Nuova Sardegna

Pagina 12 - Cagliari

Tortolì. Cartiera, a maggio la cessione delle aree

La procedura è in dirittura d’arrivo: un progetto per l’ex Intermare

TORTOLÌ. «Penso che entro la fine di maggio diventeremo i proprietari delle aree ex Cartiera. La procedura è in corso: prima devono passare dalla Sarind alla Regione. Partiremo con un tavolo tecnico con la Saipem per lo spostamento di Fabrication Intermare in tali aree». Il sindaco di Tortolì-Arbatax, Mimmo Lerede (Pdl), espone il piano - che prevede anche la disamina delle 27 manifestazioni di interesse che vennero presentate in relazione ai 35 ettari di tali aree ex Cartiera di Arbatax - dopo essersi informato della situazione generale con la Regione. Ma già poco meno di un mese fa, lo scorso 24 febbraio, partecipando alla terza tappa del Progetto Mosaico, organizzato dalla Confindustria Sardegna Centrale - che si tenne al Symposion, nella baia di Porto Frailis - il presidente della Sfirs, Tonino Tilocca, preannunciò il tutto. «Entro due settimane - disse Tilocca - la partecipata Sarind darà il via all’iter per cedere le aree ex Cartiera al Comune di Tortolì-Arbatax. Insieme a queste, all’ente locale passeranno le 27 manifestazioni di interesse per le stesse. Noi metteremo a disposizione tutti gli strumenti per accompagnare gli imprenditori». Il primo cittadino prosegue: «Stiamo tenendo fede a quanto venne prospettato già a fine della stagione estiva dello scorso anno. I 35 ettari di aree ex Cartiera, di proprietà della Sarind (Sardegna risanamenti industriali), che è partecipata dalla Sfirs, e che le acquisì dal tribunale di Bologna dal fallimento della Girasole spa-Cartiera di Arbatax, passeranno presto all’assessorato regionale all’Industria, che poi le girerà al nostro ente locale. A quel punto verranno esaminate tutte le 27 manifestazioni di interesse che vennero presentate, per tali aree, a seguito del bando pubblico Sarind». Ma vi è un altro passaggio rilevante: «Si darà subito il via anche a un tavolo tecnico con la Saipem, per concordare lo spostamento totale di Fabrication Intermare (ex Intermare sarda) all’interno delle stesse aree ex Cartiera. Ne abbiamo già parlato qualche mese fa e i vertici dell’azienda specializzata nella realizzazione di piatatforme offshore per la ricerca petrolifera marina si sono detti d’accordo. In tal modo, si potranno liberare tutte le aree ubicate proprio a bocca di porto, all’entrata di Arbatax. E queste potranno essere utlizzate per fini turistici e per attività collegate allo stesso settore: vedasi infrastrutture per il diporto e la nautica (anche con il rimessaggio imbarcazioni)». L’esecutivo comunale di centro-destra di Tortolì-Arbatax ritiene che un eventuale concordato spostamento di Fabrication Intermare dovrà però «assicurare che lo stesso avvenga in maniera graduale, reparto per reparto (ad esempio, prima le officine e quindi gli altri a seguire), in modo da potere sempre garantire l’auspicata continuità produttiva».

(Lamberto Cugudda)

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La Nuova Sardegna

Pagina 9 - Oristano

L’impianto di Tossilo si rinnova

Macomer, produzione di compost e piattaforma di separazione

MACOMER. Ad aprile alla Tossilo partirà il nuovo impianto per la produzione di compost di qualità. A settembre parte invece la piattaforma di separazione. L’impianto di smaltimento di Tossilo si rinnova e avvia un processo di trasformazione, che però non si annuncia breve. Intanto deve fare i conti con le situazioni contingenti dettate dallo stato delle due linee di incenerimento, ferme da più di un mese per manutenzioni. Il riavvio è previsto a fine marzo. Poi si faranno prove e collaudi per verificarne il corretto funzionamento. Nel frattempo l’azienda chiede maggiore flessibilità nell’impiego del personale. Martedì ha incontrato i sindacati e le rappresentanze aziendali per proporre un piano di impiego nelle manutenzioni, nelle pulizie e in altri interventi degli addetti a funzioni dell’impianto attualmente ferme. La fermata impone il conferimento dei rifiuti in discarica dopo una prima separazione manuale. Anche da questo derivano maggiori costi. La proposta di flessibilità temporanea sarà presentata nei prossimi giorni. I sindacati la porteranno poi all’attenzione dell’assemblea dei lavoratori. Per il compostaggio, intanto, sono arrivate due pale meccaniche nuove. Attualmente il compost prodotto a Tossilo finisce tutto in discarica perché non è utilizzabile in quanto contiene troppe impurità. In futuro potrà essere commercializzato. Pare che già qualche ditta del settore abbia manifestato interesse a insaccarlo e metterlo in commercio. La piattaforma di valorizzazione, invece, consentirà di trattare il rifiuto secco conferito all’impianto recuperandone una parte prima di bruciarlo. (Tito Giuseppe Tola)

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La Nuova Sardegna

Pagina 9 - Oristano

Il Comitato sui rifiuti lancia l’allarme sull’inceneritore

Macomer. «Fuori dai parametri»

MACOMER. Nuovo allarme di “Non bruciamoci il futuro” sullo stato dell’inceneritore. Il comitato ha diffuso un comunicato nel quale afferma che l’impianto è fermo «per l’impossibilità di rispettare i parametri di legge sulle emissioni e sappiamo già che le sue condizioni sono tali che non avrà il rinnovo della deroga concessa per il tenore dell’ossigeno, che scade a novembre dell’anno in corso, per cui l’autorizzazione all’esercizio verrà sospesa per l’impossibilità di rinnovare la deroga e l’impianto sarà definitivamente spento». Il comitato sottolinea che per il revamping, nell’ipotesi più ottimistica, richiederà da 4 ai 6 anni. Per garantire la continuità del servizio e l’occupazione pone quindi l’esigenza di avviare subito la realizzazione delle piattaforme di riciclo già finanziate e di convertire il sistema in un centro di riciclo integrale. Nel comunicato si afferma inoltre che l’inceneritore di Tossilo è vittima delle tariffe (200 più Iva a t.) e della diminuzione del residuo da bruciare legata alla crescita della raccolta differenziata. «Questo - si legge - ha portato la società a chiedere alla Regione l’ultimo aumento tariffario e dimostra la correttezza della nostra analisi. I due sistemi (recupero e incenerimento) non possono convivere. Se a Tossilo non si faranno le piattaforme per la differenziazione, lo faranno altri territori per scappare dalle tariffe impazzite». Il consigliere provinciale Antonio Arbau puntualizza il contenuto di una sua dichiarazione pubblicata domenica e precisa che, parlando del comitato di lavoratori costituito alla Tossilo, ha inteso dire che «forse qualcuno si sta rendendo conto delle bugie che si dicono in giro». (t.g.t.)

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La Nuova Sardegna

Pagina 2 - Fatto del giorno

Legge 15, l’ora della Sfirs

MACOMER. Sfileranno anche oggi a Macomer i rappresentanti di aziende private e di cooperative che hanno ricevuto dei contributi nell’ambito dei fondi regionali previsti dalla legge 15 del 2010. Dieci milioni di euro destinati alle aziende del comparto lattiero caseario per incentivare l’offerta produttiva attraverso l’aggregazione e per ridurre la produzione di Pecorino Romano. Il 14 marzo scorso sono stati sentiti dalla Guardia di Finanza. Oggi sono chiamati a riferire alla Sfirs sull’uso che è stato fatto di quei soldi. Sono stati spesi per lo scopo per il quale erano stati destinati? Sono state realmente ridotte le produzioni di Pecorino Romano? Anche oggi arriveranno a Macomer i rappresentanti delle aziende del Sulcis, Anela, Genoni, Siamanna, Mores, Onifai, Perfugas, Pozzomaggiore, Nulvi Oliena, Thiesi, Villanova). Il periodo di riferimento è relativo ai bienni 2008- 2009 e 2009-2010. Qualcuno era stato convocato dalle Fiamme gialle pur non avendo percepito neanche un euro. Altre aziende, invece, pur avendo diritto al contributo ci avevano rinunciato. Erano quattro le aggregazioni che si sono create per accedere ai finanziamenti. Ma l’Agriexpert, aggregazione di undici imprese, pur avendo le carte in regola per accedere ai finanziamenti regionali previsti per rilanciare il comparto ovicaprino non hanno avuto alcun finanziamento. Stesso discorso per quanto riguarda la Consortile Montes (aggregazione di sei imprese nella quale Lait di Ittiri e Reparo non hanno fatto richiesta, Dorgali ha rinunciato, Bonorva ha presentato richiesta ma non ha avuto ancora nulla, Lacesa ha rinunciato al finanziamento). (p.p.)

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La Nuova Sardegna

Pagina 6 - Oristano

Arborea. Trecento firme per il no alla Saras

Raccolte in un giorno dal comitato che si oppone alle ricerche del gas

ARBOREA. «Un progetto folle, incompatibile con la storia, il territorio e l’identità di Arborea»: sferra un altro attacco il Comitato civico “No al Progetto Eleonora” che si oppone ai sondaggi che la Saras vorrebbe effettuare per valutare la possibilità di avviare una campagna di estrazione del gas dal sottosuolo. Il Comitato, solo nella giornata di martedì, ha raccolto più di trecento firme. Appena qualche giorno fa il Comitato aveva rivolto pesanti accuse al sindaco Pier Francesco Garau, sostenendo come l’amministrazione comunale non avesse ancora assunto una decisa posizione di diniego nei confronti della società petrolifera. Accuse, ovviamente, respinte dal primo cittadino, il quale ha precisato che «Arborea, o per lo meno l’amministrazione comunale, non si sente assolutamente commissariata né dalla Saras (forse il comitato conosce qualche cosa che non so?) né tantomeno dagli uffici tecnici regionali che hanno allo studio il progetto Eleonora. Come ho avuto personalmente modo di constatare, hanno al loro interno tecnici onesti, capaci, preparati professionalmente e perfettamente in grado di fornire tutte le garanzie e le risposte ai tanti dubbi e alle tante domande loro avanzate». Secondo il primo cittadino, inoltre, «per quanto riguarda l’obbligo morale ed etico, riferito o riferibile, mi auguro, al mio ufficio sindacale, mi sento di dire in tutta tranquillità che per la mia moralità parla, e a sufficienza, l’educazione che ho avuto dalla mia famiglia e che per l’etica possono parlare i molti anni da me dedicati alla politica a vari livelli». In conclusione il sindaco ricorda di avere «più volte sollecitato il Comitato a degli incontri, mai avvenuti, nella casa comunale». Dal canto suo il Comitato ribadisce tutte le accuse formulate qualche giorno fa, sostenendo inoltre «che alcuni membri dell’amministrazione comunale, vice sindaco in testa, si sono personalmente dichiarati contrari al Progetto Eleonora. Forse - aggiungono - la posizione del Comune non è così convinta come il sindaco tenta di dimostrare». Il Comitato fa anche sapere di avere rcapitato al Servizio Savi della Regione oltre centosettanta documenti di osservazioni e richieste di valutazione d’impatto ambientale. «Molti di questi documenti - scrivono - provengono da imprenditori e cittadini di Arborea e della provincia di Oristano, ma anche dalle zone di Rovigo e della Lucania, territori ormai compromessi dalle trivellazioni. Manca ancora, e lo diciamo con profondo dispiacere, una richiesta di Via da parte del Comune”.

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La Nuova Sardegna

Pagina 4 - Nuoro

Nuoro. Confindustria presenta i vantaggi del trasporto merci su container

NUORO. Si tiene oggi alle 10 nella sede dell’Associazione Industriali, in via Veneto, l’incontro di presentazione dei servizi di trasporto merci marittimo offerti alle imprese dalla Cict (Cagliari international container terminal)-Società Porto canale di Cagliari. «L’obiettivo primario dell’incontro - spiega Confindustria - è la promozione di servizi innovativi e competitivi per il trasporto merci, come la diffusione dell’uso dei container che può garantire più efficienza logistica e minori costi, la conoscenza delle rotte navali e dei servizi che sono offerti dalle strutture del Porto canale di Cagliari». Saranno presenti Franco Nicola Cupolo e Leandro Ferrari della Cict.

L’Unione Sarda Economia (Pagina 19 - Edizione CA)

Confcoop Domani Luigi Marino all'assemblea regionale

Confcooperative Sardegna si incontra per la sua assemblea annuale. Il congresso è in programma domani a partire dalle 10 al Caesar's Hotel, in via Darwin 2/4 a Cagliari. Si tratta di un appuntamento molto importante, nel quale saranno presenti i rappresentanti di 300 imprese Cooperative che operano nella nostra Isola. Confcooperative Sardegna attraversa un momento molto importante nel quale sarà avviata la seconda tappa del processo di rilancio dell'associazione nello scenario economico regionale. «Durante i lavori, oltre che l'illustrazione dei numeri di Confcooperative, con le relazioni e attraverso gli interventi programmati saranno trattati i temi di maggiore attualità sullo sviluppo economico e sociale della Sardegna e sarà delineato un quadro delle possibili scelte di politica economica, così come il mondo della cooperazione le auspica», si legge in una nota dell'organizzazione. Saranno presenti all'incontro di domani mattina anche il presidente nazionale della Confederazione delle cooperative italiane e leader dell'Alleanza cooperativa italiana, Luigi Marino, e il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, oltre ai vertici regionali di Confcooperative, che rappresentano importanti realtà produttive dell'Isola.

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Il Sole-24 Ore Primo Piano - Pag. 3

Riforma del lavoro. Domani primo esame in consiglio dei ministri

Dovrebbe trattarsi di un Ddl ordinario o di una legge delega. Ma resta l'ipotesi di uno spacchettamento con il ricorso a un decreto

ROMA. Un disegno di legge ordinario o un disegno di legge delega. Dovrebbe ridursi a queste alternative la scelta, che farà oggi il presidente del Consiglio, Mario Monti, sullo strumento legislativo per il varo della riforma del mercato del lavoro. Il testo, che potrebbe anche sdoppiarsi in un Ddl e una legge delega (quest'ultima solo sui licenziamenti) mentre qualcuno all'interno del Governo ipotizza anche un decreto, affronterà un primo esame in Consiglio dei ministri domani. Si partirà da un punto fermo, sul quale solo il Parlamento potrà tornare a discutere: il nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Sulle modifiche alle regole per i licenziamenti individuali (indennizzo in caso di motivazioni economiche; parola al giudice tra reintegra o indennizzo per i disciplinari; nullità confermata per i discriminatori) la posizione del Governo non cambia più. Ieri al ministero del Lavoro la giornata si è consumata con una serie di riunioni tecniche cui il ministro, Elsa Fornero, ha preso parte solo dopo il voto di fiducia della Camera sulla legge di conversione del decreto liberalizzazioni. Si è lavorato per le ultime limature a tutti gli altri dossier della riforma per recepire, laddove possibile, le richieste avanzate da sindacati e organizzazioni produttive. Tante le istanze, che spaziano dai nuovi ammortizzatori sociali alla stretta contro gli abusi dei contratti flessibili e delle partite Iva di cui il ministro ha preso diligentemente nota nel corso dell'incontro di martedì su invito del premier e con un occhio al viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli. Il «nodo» delle coperture economiche dell'intera operazione restano sul tavolo dopo la prima indicazione di una «dote» strutturale di 1,7-1,8 miliardi per finanziare i nuovi ammortizzatori sociali, che entreranno gradualmente a regime entro il 2017. Dall'incontro convocato per oggi pomeriggio al ministero per la chiusura del testo con i rappresentanti del lungo confronto è difficile che escano novità sul punto. Novità sulle risorse potrebbero arrivare invece con il primo esame del disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro in Consiglio dei ministri; un Ddl che poi verrebbe varato con la riunione della settimana di Pasqua, dopo la pausa imposta dal viaggio in Asia del premier. Il Governo non dovrà definire solo le risorse necessarie, e le fonti di finanziamento, per l'avvio del nuovo sistema «universalistico» degli ammortizzatori sociali. Prima dell'addio definitivo delle attuali forme di indennità di disoccupazione, infatti, bisognerà capire se e come rifinanziare nel periodo di transizione l'assetto delle deroghe per la cassa integrazione che il precedente Esecutivo aveva attivato per fronteggiare la recessione. Si tratta di scelte che dovranno essere fissate con la legge di stabilità, a fine anno, ma sulle quali il Governo sarà in realtà chiamato ad esprimersi già entro aprile, con la presentazione del nuovo documento di economia e finanza, in ossequio con la programmazione di politica economica prevista dal Semestre europeo. Il nuovo quadro macroeconomico, con le previsioni sull'economia reale e anche sul mercato del lavoro, dovrà essere illustrato in tre testi: il Documento di economia e finanza, l'aggiornamento del Patto di stabilità e il nuovo Piano nazionale di riforma.

(D.Col.)

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Il Sole-24 Ore Primo Piano - Pag. 3

Riforma del lavoro Il Governo Indennità più lunga per gli over 58

Le novità: Aspi oltre i diciotto mesi per gli anziani - Il «nuovo» articolo 18 non tocca gli statali. Nella stesura finale del testo si ragiona su vincoli e oneri amministrativi giudicati eccessivi dalle organizzazioni produttive. Si valuta l'estensione del sostegno al reddito anche ai lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti

ROMA. Il fondo per la mobilità, una volta esaurita la fase di transizione, sarà destinato ai lavoratori anziani. Quando la riforma degli ammortizzatori entrerà a regime, nel 2017, il fondo – che ha una dotazione di circa 700 milioni – servirà come strumento di sostegno al reddito dei lavoratori over 58/60 anni in caso di licenziamento, o verrà utilizzato per integrare la durata dell'assicurazione sociale per l'impiego. Con lo 0,3% versato dalle imprese si punta a colmare una penalizzazione, visto che l'Aspi per questa fascia di età ha una durata di 18 mesi, rispetto ai 36 mesi della mobilità (che diventano 48 mesi al Sud). È questa una delle novità contenute nel testo su cui i tecnici del ministro Fornero stanno lavorando da ieri, un documento arricchito delle osservazioni delle parti sociali, che serviranno come integrazioni da aggiungere alla versione definitiva da portare questo pomeriggio al tavolo negoziale. Ieri è stato anche chiarito dal ministero del Lavoro, dopo le voci che si erano diffuse e che avevano alimentato diverse reazioni sindacali, che le nuove norme sui licenziamenti non riguarderanno i dipendenti pubblici. Tornando al testo, esso conferma "nero su bianco" quanto anticipato verbalmente dallo stesso ministro alle parti sociali, ovvero che la trasformazione dell'attuale indennità di disoccupazione in assicurazione sociale per l'impiego, con il graduale superamento della mobilità avverrà attraverso una transizione che si completerà nel 2017. Tra le richieste che sono oggetto di verifica, c'è la proposta delle imprese di evitare appesantimenti burocratici, ad esempio per il contratto intermittente; l'obbligo della comunicazione amministrativa in occasione di ogni chiamata del lavoratore prevista dal ministro non viene ritenuta sufficiente a contrastare le modalità elusive, mentre il sindacato propone di farlo confluire nel lavoro in somministrazione.

Per gli ammortizzatori sociali, secondo la proposta Fornero verranno mantenute la cassa integrazione ordinaria, i contratti di solidarietà nell'attuale assetto e la Cig straordinaria per ristrutturazione e crisi aziendale (viene eliminata la cessazione di attività in caso di procedura concorsuale). Per i settori non coperti dalla Cig ordinaria (artigiani e commercianti sono tutelati dalla cassa in deroga, destinata a scomparire), il documento conferma l'obbligo di costituzione dei fondi di solidarietà per le imprese sopra i 15 dipendenti, attraverso accordi tra le parti sociali, utilizzando la bilateralità. Ma si sta verificando la possibilità di accogliere la richiesta dei sindacati che sollecitano l'estensione dei fondi alle aziende sotto i 15 dipendenti, che altrimenti si 27 troverebbero prive di tutele in costanza di rapporto di lavoro. Invece di un contributo uguale per tutti, si ragiona sulla graduazione secondo le specifiche esigenze di ciascun settore. Oggi si capirà anche se è stata accolta la proposta dei sindacati di estendere la platea dei lavoratori coperti dall'Aspi ai cocopro, così come previsto per apprendisti e artisti dipendenti. L'assicurazione sociale per l'impiego sostituirà anche l'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, destinata ai lavoratori temporanei, con un cambiamento dei criteri di accesso: saranno necessarie almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi (mobili), contro gli attuali 78 giorni di lavoro con minimo 2 anni di anzianità assicurativa. Con la novità che l'assicurazione sarà pagata durante la disoccupazione, e non l'anno successivo come accade attualmente. Sui contratti a tempo parziale i sindacati considerano necessario che, alla luce della riforma previdenziale, venga rafforzata la possibilità di utilizzare il part-time in uscita negli ultimi 5 anni di attività lavorativa, prevedendo il riconoscimento della contribuzione figurativa per le ore settimanali non lavorate. Proposta anche l'incentivazione di part-time lunghi con interventi di tipo contributivo o fiscale. Si diceva dell'eventuale impatto della riforma dell'articolo 18 sul pubblico impiego, per il momento escluso sia dal Lavoro sia dalla Funzione pubblica. Lo Statuto dei lavoratori (legge 300/70) è stato recepito dal testo unico sul pubblico impiego oltre dieci anni fa (legge 165/2001) ma le sue applicazioni passano per una disciplina normativa diversa da quella del settore privato. In questo contesto anche le discipline per i licenziamenti sono diverse, e infatti in serata Palazzo Vidoni ha chiarito che «solo all'esito della definizione del testo di riforma del mercato del lavoro si potranno prendere in considerazione gli effetti che essa potrebbe avere sul settore pubblico». E se effetti ci saranno «si valuterà se ricorra l'esigenza di norme che tengano conto delle peculiarità del lavoro pubblico».

(Davide Colombo, Giorgio Pogliotti)

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Italia Oggi Riforma del lavoro - pag. 4

Art.18, tutte le novità di Fornero

Per motivi economici non è più previsto il reintegro, ma un'indennità pari a 15-24 mesi di paga. Più semplici i licenziamenti. Nulli quelli discriminatori

L'articolo 18 perde terreno. Scompare del tutto nei licenziamenti economici per i quali, se valutati illegittimi, il giudice non potrà più ordinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, ma soltanto condannare il datore di lavoro a pagare un risarcimento d'importo tra le 15 e 24 mensilità . Rimane in quelli disciplinari, ma soltanto qualora venga appurato che il fatto addebitato al lavoratore non sia stato commesso oppure se il fatto era punibile anche solo con una sanzione disciplinare (si fa riferimento al ccnl). Nulla di nuovo per i licenziamenti discriminatori, infine, per i quali è confermato l'attuale regime, salvo la previsione di un'ancora di salvataggio per i datori di lavoro, ossia la possibilità di revocare il licenziamento entro 30 giorni dalla comunicazione per essere esonerati dal dover corrispondere al lavoratore alcun risarcimento. È quanto prevede, tra l'altro, la bozza di riforma dell'articolo 18 della legge n. 300/1970 (statuto dei lavoratori) messa a punto dal governo Licenziamenti discriminatori Diverse le novità della riforma che riscrivono il quadro applicativo dell'articolo 18 (si veda tabella), a cominciare dai licenziamenti discriminatori. La nuova disciplina ne stabilisce la nullità, con la conseguenza (prevista pure oggi) del diritto per il lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro, indipendentemente dalla dimensione dell'azienda. Inoltre stabilisce la condanna del datore di lavoro al pagamento del risarcimento del danno al lavoratore, in misura pari alle retribuzioni perse, e non inferiore a cinque mensilità di retribuzione, più i contributi previdenziali e gli interessi legali. Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione (e fermo restando il risarcimento del danno), la liquidazione di un'indennità pari a 12 mensilità di paga, non soggetta a contribuzione. Una novità assoluta è rappresentata da una via d'uscita introdotta a favore dei datori di lavoro: se procedono alla revoca del licenziamento entro 30 giorni dalla comunicazione non sono tenuti a liquidare né l'indennità e nemmeno il risarcimento. La nuova tutela reale Riguarda principalmente i cosiddetti licenziamenti disciplinari, ossia quelli che il datore di lavoro può intimare per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo; inoltre, è la disciplina che si applica ai licenziamenti inefficaci, a quelli intimati prima dello spirare del periodo di tutela per malattia («comporto») per inidoneità fisica oppure psichica del lavoratore (legge n. 68/1999). Si applica ai datori di lavoro con più di 15 prestatori di lavoro (il calcolo dimensionale è praticamente lo stesso della vigente disciplina). Sarà il giudice a riconoscere al lavoratore il risarcimento con la liquidazione di un'indennità onnicomprensiva di importo variabile tra 15 e 24 mensilità di paga: l'importo varia anche in base all'anzianità del lavoratore. In alternativa il giudice, se accerta che il lavoratore non ha commesso il fatto contestatogli o se il fatto era punibile solo con una sanzione conservativa prevista dal «codice disciplinare» del Ccnl, fa scattare l'ordine alla reintegrazione nel posto di lavoro, cui si aggiunge il risarcimento in misura pari alle retribuzioni perse fino a 12 mesi, nonché i contributi e gli interessi legali. Anche in questo caso è prevista la facoltà per il lavoratore di richiedere un'indennità aggiuntiva (altri 12 mesi di retribuzione) in luogo della reintegrazione. Licenziamenti per motivi economici È la parte maggiormente toccata dalla riforma dell'articolo 18. In sostanza quando il licenziamento è avvenuto per ragioni di tipo economico e successivamente venga appurata l'inesistenza di tali ragioni, non è più previsto il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma unicamente il

29 riconoscimento a favore del lavoratore di una indennità onnicomprensiva tra 15 e 24 mensilità di retribuzione. Prevista anche una sorta di test preventivo sulla liceità del licenziamento: il datore di lavoro deve comunicare la sua intenzione di procedere al licenziamento alla dtl, direzione territoriale del lavoro, specificandone il motivo. Tale comunicazione è inviata anche al lavoratore. Entro i successivi sette giorni, l'ufficio del Lavoro convoca le parti che procederanno al tentativo di conciliazione finalizzato alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro; in questo modo, c'è la certezza che il licenziamento non sarà successivamente impugnato. Possibile comunque ogni altra diversa pattuizione tra le parti, come ad esempio la previsione della liquidazione di un'indennità maggiore. Nel caso in cui la conciliazione riesca, è previsto un premio aggiuntivo per i lavoratori: l'attribuzione di un voucher per fruire dei servizi di supporto alla ricollocazione da parte della agenzie per il lavoro (gli uffici di collocamento privati).

(Daniele Cirioli)

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Il Sole-24 Ore Primo Piano - Pag. 2

Riforma del Lavoro. Le imprese: flessibilità troppo costosa

Le riserve degli imprenditori. Confindustria dice sì ma pesa il tetto di 36 mesi ai contratti flessibili

Pesa l'1,4% in più di aliquota contributiva sui contratti a tempo determinato che può essere recuperato per un massimo di sei mesi

ROMA. Troppi costi e troppa burocrazia sulla flessibilità in entrata. È la principale critica che arriva dal mondo delle imprese alla riforma sul mercato del lavoro. Pesa quell'1,4% in più di aliquota contributiva sui contratti a tempo determinato, un aumento che può essere recuperato per un massimo di sei mesi se il lavoratore viene assunto. Non piace a Confindustria, ma anche alle altre organizzazioni imprenditoriali, il fatto che il governo abbia messo un tetto a 36 mesi sommando le varie forme di flessibilità in entrata, dal contratto a tempo determinato, alla somministrazione, alle altre tipologie eventualmente usate. Lo ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, martedì sera, nella conferenza stampa dopo l'incontro a Palazzo Chigi, su questi punti hanno lavorato i tecnici delle imprese e del ministro, in vista dell'appuntamento di oggi al ministero del Welfare. In particolare sul contratto a tempo determinato viene irrigidita la disciplina per il rinnovo, aumentando l'intervallo temporale tra la scadenza di un contratto e quello successivo, oltre ad allungare i tempi di impugnazione stragiudiziale del contratto. Anche sul contratto di lavoro a tempo parziale vengono prese misure per scoraggiare gli abusi nell'uso di questo strumento. Complessivamente c'è una stretta. E il timore delle imprese è che questo penalizzi l'occupazione o che possa aumentare il lavoro in nero. Si vedrà oggi quali potranno essere gli aggiustamenti al testo, fermo restando che poi la riforma dovrà andare in Parlamento. Ma c'è anche un altro punto su cui Confindustria insiste per avere modifiche: il tetto massimo di 27 mesi all'indennizzo in caso di licenziamento. Una misura troppo elevata per le imprese. Più alta anche rispetto ai paragoni europei. In Germania, per esempio, che è uno dei paesi ad avere l'indennizzo più alto, il tetto massimo è di 18 mesi. Bene comunque l'impianto sull'articolo 18: il reintegro vale solo per i licenziamenti discriminatori o nulli, per i licenziamenti con motivazione economica c'è l'indennizzo, che resta la soluzione principale anche per i licenziamenti disciplinari, tranne prevedere il reintegro quando il fatto non sussiste o in precise casistiche indicate dai contratti. La riforma è stata discussa ieri nel direttivo di Confindustria, illustrata dalla presidente Marcegaglia, che comunque ha dato il suo assenso alla riforma per quel «senso di responsabilità» richiesto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Le stesse riserve sulla flessibilità in entrata sono state sollevate anche dalla Alleanza per le coop e dalla Confcommercio. «Bisogna evitare che si ingessino con nuova burocrazia e rigidità istituti di flessibilità efficaci, indispensabili e già ampiamente regolati dai contratti collettivi», ha detto il direttore generale di Confcommercio, Francesco Rivolta. «In una fase di recessione piena - ha aggiunto - ciò ricadrebbe negativamente sulle imprese che operano nel rispetto della legge e dei contratti». Secondo la Confcommercio le mobilitazioni e gli scioperi annunciati dalla Cgil «non favoriscono il dialogo e riducono gli spazi di mediazione».

(Nicoletta Picchio)

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Il Sole-24 Ore Primo piano - Pag. 3

Camusso: la partita non è chiusa, sciopero generale

Il no di Corso d'Italia. Pronte 16 ore di protesta. Bonanni: «Stiamo trattando per rivedere il testo, ben vengano le modifiche parlamentari migliorative» Angeletti: giudizio sospeso

ROMA. Sull'articolo 18 per la Cgil «la partita non è chiusa». Susanna Camusso fa sapere che «quando conosceremo l'iter parlamentare individueremo la data per lo sciopero generale». Corso d'Italia ha proclamato un pacchetto di 16 ore di sciopero – le prime 8 serviranno per lo svolgimento di assemblee nei luoghi di lavoro, le altre 8 ore per manifestazioni territoriali – al direttivo che ieri ha approvato un documento con 95 sì, 2 no (tra loro Cremaschi) e 13 astenuti (tra loro Maurizio Landini, leader Fiom). Camusso ha lanciato l'appello a «tutto il Parlamento perché intervenga per modificare le norme che non vanno bene», sostenendo che l'articolo 18 non è stato «l'unico tema su cui il governo non ha mai manifestato la volontà a cambiare le virgole». Per Camusso «non siamo in presenza di un sistema di ammortizzatori effettivamente universale, così come non lo sono le risorse messe in campo», riferendosi alla dote di 1,7 miliardi e al fatto che «la Cig ordinaria valga per le aziende sopra i 15 dipendenti e che per i parasubordinati non sia possibile usufruire del nuovo sistema di ammortizzatori sociali». Anche gli altri leader sindacali che hanno sostanzialmente avallato la riforma si sono rivolti alle forze politiche: «Stiamo ancora trattando per migliorare il testo – ha detto il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni –. A fine settimana vedremo se manca qualcosa e faremo le nostre richieste. Comunque ben vengano le iniziative parlamentari per migliorare il testo finale». Sull'articolo 18 si è trovato un «compromesso onorevole» per Bonanni, convinto che si sia raggiunta una «mediazione ragionevole» sulla riforma del mercato del lavoro. «Siamo arrivati a una buona soluzione – ha aggiunto –. Mi interessava di stringere la cinghia sui contratti a progetto, sulle false partite Iva e sulle associazioni in partecipazione». Secondo Bonanni sugli ammortizzatori sociali ci sono coperture economiche «importanti» con «l'estensione delle tutele anche ai lavoratori delle piccole imprese». La Uil ha sospeso il giudizio, almeno per ora, sollecitando alcune modifiche, sintetizzate da Luigi Angeletti: «Bisogna inserire – ha spiegato – una procedura che consenta alle organizzazioni sindacali, come avviene in Germania, di verificare se le motivazioni economiche, che l'azienda adduce per il licenziamento siano oggettive e non strumentali in modo che il giudice possa avere il parere dei sindacati». Con questa modifica, ha continuato Angeletti «noi daremo giudizio positivo, altrimenti chiederemo al Parlamento di apportare la modifica». In secondo luogo, la Uil chiede «l'istituzione di un fondo che sostenga i lavoratori che rischiano di essere espulsi e che non hanno l'età per andare in pensione», sostenendo che «questo problema al momento non è risolto dagli ammortizzatori sociali». Per l'Ugl, infine, Giovanni Centrella ha espresso un sì «sofferto ma molto articolato sull'impianto della riforma del lavoro presentata ieri dal governo alle parti sociali» precisando che sull'articolo 18 «chiediamo al Parlamento di intervenire con modifiche».

(G. Pog.)

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Apprendistato punto di partenza della carriera

Più opportunità all'assunzione a tempo indeterminato

Rendere più dinamico il mercato del lavoro, soprattutto a vantaggio delle fasce svantaggiate, a partire dai giovani. Come confermato dallo stesso documento stilato del Governo nelle ultime ore, la nuova disciplina delle tipologie contrattuali si propone, come obiettivi generali, di reindirizzare il mercato verso il ricorso prevalente alla forma del lavoro subordinato a tempo indeterminato, in modo da contrastare le forme improprie della flessibilità. Vanno in questa direzione le scelte di incentivare il ricorso all'apprendistato (individuato come canale privilegiato di accesso ai giovani al mondo del lavoro) e, soprattutto, le limitazioni e i disincentivi introdotti negli istituti del contratto a tempo determinato, del contratto intermittente, del contratto a progetto, delle partite Iva, dell'associazione in partecipazione, ai tirocini e stage. Sono state riformate e rese più snelle anche le discipline relative al lavoro accessorio e al part time. L'impianto normativo proposto dal ministro del Welfare Elsa Fornero prevede anche una profonda revisione degli ammortizzatori sociali, con l'eliminazione di istituti quali l'indennità di mobilità, l'indennità di disoccupazione non agricola ordinaria, l'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, a favore del debutto dell'Aspi, l'assicurazione sociale per l'impiego. Resteranno attive invece cassa integrazione ordinaria, e straordinaria per ristrutturazione e crisi, con la sola eliminazione della cessazione di attività in caso di procedura concorsuale. Il terzo ambito d'intervento e il più discusso resta, infine, la riforma dell'articolo 18: il Governo punta a eliminare l'obbligo del reintegro per il licenziamento individuale senza giusta causa per motivi economici, prevedendo solo l'obbligo di risarcimento. In questa pagina, con dieci casi concreti vengono riassunte le maggiori novità previste dalla riforma.

(Matteo Meneghello)

1. NEOLAUREATA DI 25 ANNI

Contratto di apprendistato

Dopo tre anni il posto diventa stabile

Sonia ha 25 anni, si è laureata da sei mesi in filosofia, ma non ha ancora ricevuto un'offerta di lavoro. Un centro commerciale della zona è disposto ad assumerla come commessa in un negozio di abbigliamento. Il primo canale di accesso nel mercato del lavoro, nel solco della riforma Fornero, sarà un contratto di apprendistato. Il tipo di inquadramento contrattuale non sarà diverso da quello previsto dall'impianto del decreto legislativo n.267/2011, che Regioni e parti sociali devono implementare entro il 25 aprile di quest'anno. La riforma in discussione prevede però alcuni piccoli correttivi. Il contratto di Sonia, ferma restando la possibilità di un inquadramento a termine nelle attività stagionali, avrà una durata minima e non potrà superare i tre anni. La scadenza del contratto non determinerà necessariamente la fine del rapporto: l'azienda potrà assumere Sonia anche in virtù del fatto che, per mantenere la facoltà di assumere in apprendistato, sarà obbligata a garantire percentuali minime di conferma in servizio degli apprendisti.

2. TRENTUNENNE ASSUNTA A TERMINE

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Contratto a tempo determinato

No al rinnovo se l'intervallo è troppo breve

Il contratto a tempo determinato di Ivana, 31 anni, impiegata in un'azienda di software, scade fra pochi mesi. Il gruppo è in espansione ed ha acquisito nuovi clienti, ma le prospettive di sviluppo non sono certe: nonostante la nuova legge preveda un incremento del costo contributivo di questo contratto (maggiorazione che servirà a finanziare, anche per i lavoratori a termine, l'Assicurazione sociale per l'impiego), il gruppo ha deciso di assumere comunque Ivana con un contratto a termine. L'azienda preferirebbe concludere il rapporto e stipulare eventualmente un nuovo contratto a termine, ma rispetto alla disciplina precedente la riforma prevede un allungamento dell'intervallo temporale tra la scadenza di un contratto e la stipula di quello successivo. Troppo tempo per l'azienda, che ha comunque bisogno di una risorsa aggiuntiva per evadere il lavoro incombente. Molto probabilmente il contratto di Ivana sarà confermato: in quel caso l'azienda potrà recuperare la maggiorazione versata all'avvio del rapporto a termine, grazie al cosiddetto premio di stabilizzazione.

3. PERITO ICT QUARANTENNE

Partita Iva

Collaboratore fisso? Cambia il contratto

Dopo una serie di sfortunate esperienze nel mondo del lavoro dipendente, Michele, perito informatico quarantenne, decide di mettersi in proprio e di aprire una partita iva. Racimola qualche collaborazione, ma dopo qualche mese arriva il colpo grosso: trova lavoro come consulente esterno per garantire la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete informatica di una media azienda tessile. Michele si reca quasi tutti i giorni al lavoro nella sede dell'azienda, dove ha una sua scrivania. Mantiene inalterati i rapporti anche con gli altri clienti, ma dall'azienda tessile ricava più del 75 per cento del suo giro d'affari. Si tratta inoltre di una collaborazione che dura più di sei mesi nell'arco di un anno e per tutti questi motivi, secondo l'impianto della riforma Fornero, Michele ha diritto a vedersi riconoscere il carattere continuativo e di natura subordinata (e non autonomo e occasionale) della collaborazione a partita Iva. Resta salva, però, la facoltà del committente di fornire prova contraria.

4. ARCHITETTO VENTIQUATTRENNE

Contratto a progetto

Addio al «ragazzo di bottega»

Lo studio più importante della città ha proposto a Giulio, 24 anni, fresco di laurea in architettura, una collaborazione. I soci dello studio propongono al ragazzo un contratto a progetto, comprensivo di un piccolo rimborso mensile: l'obiettivo è fare in modo che Giulio diventi un "ragazzo di bottega" e impari il mestiere, seguendo gli altri dipendenti in cantiere, fornendo un aiuto nei progetti più facili. Tutto questo non è possibile con un semplice contratto a progetto: la riforma prevede che il "progetto" non sia una mera riproposizione dell'oggetto sociale dell'impresa committente. Inoltre è introdotta una presunzione relativa al carattere subordinato della collaborazione quando l'attività del collaboratore a progetto sia analoga a quella svolta dai lavoratori dipendenti. Infine, l'impianto della riforma introduce, in questa tipologia di contratto, un incremento dell'aliquota contributiva prevista a favore della gestione separata Inps. Per questo tipo di "mission", quindi, è più adatto un contratto di formazione. 34

5. TORNITORE DI 28 ANNI

Associato in partecipazione

È necessario ricevere quota dell'utile

A Luca, 38 anni, operaio tornitore da 22 anni, è stata proposta l'assunzione in una piccola azienda artigiana con la formula dell'associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Connotato qualificante dell'istituto, secondo le intenzioni del Governo, è il recepimento nella norma dell'indicazione giurisprudenziale sull'effettività della partecipazione agli utili e la consegna del rendiconto. In mancanza di questa effettività il rapporto si presume di natura subordinata, fatta salva la prova contraria. La riforma proposta dal ministro del Lavoro prevede anche un incremento dell'aliquota contributiva per la gestione separata Inps, nella stessa misura delle collaborazioni a progetto. Con questa riforma il governo si propone infine di limitare il numero massimo degli associati di lavoro (o di capitale di lavoro): l'istituto resterà operante solo nelle piccole attività – dove operano fino a cinque soggetti, compreso l'associante – fatte salve le associazioni costituite in ambito strettamente familiare.

6. PENSIONATO SETTANTENNE

Lavoro accessorio

Voucher per arrotondare la pensione

È iniziata la vendemmia e Giorgio, 70 enne in pensione da 13 anni dopo una vita in Fiat, si rivolge a una cantina per dare una mano nella raccolta dell'uva e arrotondare in questo modo l'assegno mensile dell'Inps. L'azienda agricola, già da qualche anno, può impiegare il pensionato utilizzando un apposito voucher, beneficiando così anche della copertura assicurativa Inail in caso di eventuali incidenti sul lavoro, senza dovere stipulare alcun tipo di contratto, e senza dovere effettuare la comunicazione anticipata on line al Centro per l'impiego. Il lavoro occasionale accessorio è disciplinato oggi dalla legge n.133 del 6 agosto 2008, dalla n.33 del 9 aprile 2009, dalla n.191 del 23 dicembre 2009 (Legge Finanziaria 2010) e da successivi circolari interpretative. L'impianto della riforma Fornero, a questo proposito, si limita a introdurre alcune misure di correzione finalizzate soprattutto a restringere il campo di operatività dell'istituto, modificando il regime orario dei buoni (voucher) ed introducendo modalità più snelle di comunicazione amministrativa dell'inizio dell'attività lavorativa.

7. METALMECCANICO QUARANTENNE

Licenziamento

Scompare l'obbligo di reintegro

Per esigenze organizzative e tecniche viene deciso il licenziamento di Daniele, operaio 40enne in una fabbrica metalmeccanica con più di quindici dipendenti. L'azienda sostiene che la decisione, assunta per motivi economici e non discriminatori, è motivata da un giustificato motivo oggettivo: il nuovo impianto di verniciatura da poco acquistato è completamente automatizzato, e di conseguenza necessita di minore assistenza e manutenzione. Daniele contesta la decisione aziendale, e fa ricorso. Il giudice dà ragione all'operaio, accertando che il licenziamento è stato stabilito senza una giusta causa «oggettiva». In questo caso, secondo l'impianto della riforma del Governo Monti, il giudice condannerà l'azienda al pagamento di un'indennità risarcitoria omnicomprensiva compresa tra un minimo di quindici a un massimo di ventiquattro mensilità 35 dell'ultima retribuzione globale di fatto (modulata dal giudice tenendo conto delle dimensioni aziendali, dell'anzianità di servizio del lavoratore, delle iniziative assunte da quest'ultimo per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti durante la procedura). Scompare, dunque, l'obbligo del reintegro sul posto di lavoro (ipotesi che resta invece intatta nel caso di licenziamento discriminatorio).

8. OPERAIO DI 47 ANNI

Assicurazione sociale per l'impiego

Per 12 mesi assegno fino a 1.119 euro

La concorrenza cinese è spietata: l'azienda per cui lavora Giuliano, 47 anni, operaio metalmeccanico, alla fine del 2017 chiuderà i battenti. Lui e i suoi 23 colleghi resteranno senza lavoro. Tutti quelli che possiedono i requisiti minimi (due anni di anzianità ed almeno 52 settimane nell'ultimo biennio) avranno però diritto all'Assicurazione sociale per l'impiego (in sigla Aspi), destinata a sostituire l'indennità di mobilità, l'indennità di disoccupazione non agricola ordinaria, l'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. Giuliano potrà godere per dodici mesi di un assegno massimo di 1.119,32 euro, rivalutato annualmente (viene eliminato invece il massimale basso, che oggi per gli istituti abrogati è pari a 931,28 euro): l'importo sarà pari al 70% per la parte di retribuzione fino a 1.250 euro, più il 30% per la parte di retribuzione superiore a 1.250 euro fino al massimale. La stessa assicurazione verrà erogata anche ai colleghi apprendisti (l'ambito di applicazione è esteso inoltre agli artisti dipendenti nonchè ai lavoratori delle amministrazioni pubbliche con contratto di lavoro dipendente non a tempo indeterminato). Per il collega di Giuliano, Antonio, che ha 57 anni (beneficiano di un periodo maggiorato tutti i lavoratori sopra i 55 anni), l'Aspi durerà invece diciotto mesi.

9. IMPIEGATO DI 36 ANNI

Cassa integrazione

Integrazione salariale con fondi ad hoc

Le difficoltà congiunturali obbligano l'azienda di materie plastiche per cui lavora come impiegato Thomas, 36 anni, a una profonda ristrutturazione. Per questo l'azienda ricorrerà alla cassa integrazione. La riforma Fornero lascerà intatto l'attuale assetto degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. L'azienda di Thomas potrà ricorrere ai contratti di solidarietà o alla cassa integrazione ordinaria o, probabilmente, alla cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione e crisi aziendale. Per i settori non coperti da Cig si prevede l'obbligo di costituzione di fondi di solidarietà per tutti i settori attraverso accordi tra le parti sociali, utilizzando in gran parte l'esperienza della bilateralità. I fondi saranno finalizzati a finanziare la prestazione di trattamenti di integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa dovuti a causali previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Le regole di funzionamento dei fondi (e anche della cassa) dovranno prevedere l'obbligo di bilancio in attivo. Per i settori che non stipuleranno accordi collettivi per l'attivazione del fondo di solidarietà viene istituito, con decreto interministeriale, un fondo di solidarietà residuale: la prestazione dovrà essere di importo pari all'integrazione salariale, la contribuzione sarà a carico del datore di lavoro, e la durata non dovrà essere superiore a un ottavo delle ore lavorabili da computare in un biennio mobile.

10. FALEGNAME SESSANTUNENNE

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Esodo lavoratori anziani

Accordo per uno scivolo di 4 anni

A Massimo, 61 anni, e ad altri tre suoi colleghi mancano ormai pochi anni per andare in pensione. Ma l'azienda per cui lavora, un grosso centro servizi per falegnameria, soffre da tempo la concorrenza del prodotto a basso costo dell'Estremo Oriente, e per questo sta cercando di ridurre i costi in modo da essere più competitiva sul mercato. L'azienda, grazie all'opportunità offerte dalla riforma degli ammortizzatori, punta a stipulare un accordo con il sindacato per incentivare l'esodo dei lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento nei successivi quattro anni. Se in possesso di idonee garanzie (per esempio una fidejussione bancaria) l'azienda può quindi presentare domanda all'Inps. Avrà l'obbligo di versare mensilmente all'Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. La prestazione sarà di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti (la contribuzione invalidità-vecchiaia-superstiti sarà parametrata sulla retribuzione media degli ultimi 5 anni). L'azienda per cui lavorano Massimo e i suoi colleghi ha meno di 50 dipendenti: per le aziende più grosse, però, per le quali c'è l'obbligo di contribuzione al fondo di tesoreria, il conguaglio del tfr dal fondo potrà avvenire soltanto al momento del pensionamento del lavoratore.

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Il Sole-24 Ore Primo piano - Pag. 6

Riforma del lavoro. Le novità per le imprese. Aziende penalizzate sul fronte dei costi

La manodopera a tempo avrà un peso maggiore nei bilanci ma per chi stabilizza ci sono meno vincoli

Assumere manodopera precaria costerà di più. Le imprese non potranno poi contare sugli stagisti se i ragazzi avranno terminato il periodo di formazione (vale a dire: laurea, master, dottorati). Mentre se un magistrato annullerà un licenziamento per motivi economici non potrà più imporre all'azienda il reintegro del lavoratore (articolo 18); questo viene sostituito dal pagamento di un'indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 15 e un massimo di 27 mensilità (calcolate sull'ultima retribuzione globale di fatto). La bozza di riforma del mercato del lavoro elaborata dal ministro Elsa Fornero prevede, per le aziende, più chance di utilizzare i lavoratori a tempo. Anche se nelle imprese con un elevato numero di addetti precari il costo del lavoro subirà inevitabilmente un'impennata. Solo in parte recuperata (si ipotizza fino a sei mesi di maggiore contribuzione versata) in caso di stabilizzazione del collaboratore. Per le imprese di dimensioni più piccole sarà invece più agevole accedere ai nuovi ammortizzatori sociali (l'Aspi, finanziata appunto da un aumento dei costi, +1,4%, sul lavoro a termine). In genere le imprese dovranno fare attenzione a utilizzare correttamente manodopera in partita Iva. Se la collaborazione dura più di sei mesi, fa guadagnare al collaboratore il 75% dei corrispettivi totali e prevede l'utilizzo di postazioni aziendali, il rischio è che scatti la presunzione di subordinazione (che obbliga l'impresa a stabilizzare il rapporto). In questa pagina il Sole-24 Ore offre alcuni casi concreti di quello che cambia per le imprese con l'arrivo della riforma Fornero. (Nicola Barone, Claudio Tucci)

1. IMPRESA CON MENO DI 16 DIPENDENTI

Più liberi di crescere ma gli oneri aumentano

Una piccola impresa, quindi con meno di 16 dipendenti, con la riforma si troverà ad avere una maggiore possibilità di movimento, soprattutto in termini di crescita: potrà assumere di più e, se si trova in difficoltà, attingere agli strumenti di integrazione salariale da cui finora è stata esclusa. Ma con un aggravio dei costi. L'articolo 18, a torto oppure a ragione, è stato spesso accusato di essere un ostacolo allo sviluppo economico, in quanto le imprese non crescono a livello dimensionale. Secondo questa lettura, il superamento della fatidica soglia dei 15 dipendenti non avverrebbe anche per la paura di entrare nell'area della tutela reale. Con la nuova normativa, questo effetto disincentivante, se mai è veramente esistito, avrà una portata minore, perché la differenza di regime tra chi sta nella tutela obbligatoria e chi ricade nell'area della tutela reale si assottiglia. Resterà invariata, invece, la portata delle norme che vietano il licenziamento discriminatorio, in quanto già ora coprono senza distinzioni dimensionali tutte le imprese. Un altro effetto che le riforme del lavoro potrebbero avere su un'impresa di questo tipo è la maggiore facilità di accesso agli ammortizzatori sociali. Una volta completato il percorso di riforma, l'ampliamento universale delle tutele (sia quelle precedenti il licenziamento, sia quelle successive alla conclusione del rapporto), dovrebbe consentire a questo tipo di imprese un maggiore accesso agli strumenti di sostegno al reddito per i dipendenti. Questa prospettiva si accompagna tuttavia con l'aumento del costo del lavoro, in quanto i nuovi ammortizzatori seguiranno uno schema assicurativo che richiede il contributo dei settori coperti.

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(Giampiero Falasca)

2. IMPRESA CON 200 DIPENDENTI DI CUI METÀ A TEMPO DETERMINATO

I dipendenti a termine fanno lievitare la spesa

L'impresa che supera la quota dei 15 dipendenti si troverà di fronte a uno scenario molto diverso rispetto al passato, soprattutto se la quota di contratti a tempo determinato è consistente. Perché a fare da contraltare a una serie di vantaggi legati ai licenziamenti ci sarà l'indubbio aumento dei costi. Questa impresa infatti sarà interessata dalle nuove norme sui contratti a termine, in quanto dovrà rispettare i nuovi limiti di intervallo per i rinnovi e, soprattutto, dovrà sostenere il maggior costo delle aliquote contributive, necessarie per finanziare i nuovi ammortizzatori sociali, (aliquota dell'1,4%). Per recuperare, almeno in parte, questo costo, l'impresa dovrà cercare di stabilizzare le persone impiegate in precedenza con rapporti a termine. Un grosso impatto ci sarà anche per la gestione delle crisi: la riduzione della durata media dei trattamenti di mobilità e il parziale restringimento dell'area di accesso alla Cigs potrebbe determinare un costo maggiore per la gestione degli esuberi. I licenziamenti potranno essere gestiti secondo le nuove regole, e quindi: saranno assoggettati alla reintegrazione nel caso siano di carattere discriminatorio; saranno rimessi a una valutazione del giudice nel caso siano di tipo disciplinare; e, invece, se sono fondati su un giustificato motivo oggettivo, saranno soggetti a una sanzione esclusivamente economica. Analoga sanzione dovrebbe applicarsi anche alle procedure di licenziamento collettivo, in quanto sono improntate, come i licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo, a ragioni di tipo organizzativo ed economico. Questo nuovo assetto dovrebbe agevolare la conclusione e la conciliazione delle controversie di lavoro su basi di tipo risarcitorio. (Gia.F.)

3. AZIENDA CON TUTTI COLLABORATORI A PARTITA IVA

Contratti «precari» soltanto per sei mesi

Una delle principali novità della riforma è il fatto che le collaborazioni a partita Iva, se superano i sei mesi o se ricoprono il 75% del soggetto, vengono considerate di carattere subordinato e quindi trasformate in rapporti a tempo indeterminato. Perciò un'impresa costituita da contratti con partite Iva viene messa di fronte a un bivio. Se utilizza i collaboratori per mascherare dei rapporti di lavoro subordinato, ha 6 mesi di tempo per prendere atto che è finita un'epoca, e deve procedere alla stabilizzazione delle persone. Se non procede a fare questo passaggio, assume un rischio enorme, perché un ispettore del lavoro, se verifica che esistono le condizioni previste dalla nuova normativa per identificare la "dipendenza economica" (quindi, mono-committenza, l'incidenza fatturato, presenza nei locali del committente) applica la presunzione di subordinazione. Il problema si complica per l'impresa che ha collaboratori veri, che pur rientrando nella definizione di legge, non sono lavoratori subordinati mascherati. Si pensi alle tante società di consulenza che operano nel mondo dei servizi, e che possono ricadere dentro la nuova normativa. Queste imprese saranno sempre esposta al rischio che qualcuno applichi la presunzione di subordinazione, e dovrà discolparsi dimostrando che non ricorrono in concreto i caratteri del lavoro dipendenti. Un modo per anticipare questo tipo di problema sarebbe quello di certificare i contratti di lavoro autonomo, e in tal modo anticipare il superamento della presunzione. Ma la tenuta legale di questo passaggio è controversa e, comunque, avrebbe un costo economico e gestionale non indifferente.

(Gia.F.)

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4. IMPRESA SOTTO I 16 DIPENDENTI IN DIFFICOLTÀ ECONOMICHE

Per le «piccole» in crisi indennizzo unica via

La riforma dell'articolo 18, nella parte che prevede l'indennizzo da 15 a 27 mensilità per i licenziamenti giudicati illegittimi, rischia di creare un effetto "paradossale" per le imprese con meno di 16 dipendenti. Per queste, se intendono procedere a licenziamenti in presenza di una effettiva crisi aziendale o per ragione organizzativa o produttiva (per esempio, chiusura di un punto vendita, riorganizzazione che comporta la soppressione di taluni posti, ecc.), nulla cambia. E proprio per questo rischiano di essere "penalizzate" rispetto alle imprese più grandi. Infatti, con l'attuale sistema normativo il datore di lavoro con meno di 16 dipendenti che non comunica per iscritto il licenziamento o, se richieste, non ne indica le motivazioni, deve reintegrare il lavoratore e risarcirgli il danno; se invece indica per iscritto le motivazioni, ma le stesse dovessero risultare in giudizio non provate o pretestuose, oppure se il datore di lavoro non prova di non avere potuto assegnare al lavoratore altre mansioni, il licenziamento diventa illegittimo, e quindi il datore può scegliere se riassumere il lavoratore o pagare l'indennizzo stabilito dal giudice (da un minimo di 2,5 a un massimo di 6 mensilità). Poiché le conseguenze derivanti da un licenziamento per giustificato motivo oggettivo dichiarato illegittimo previste dalla nuova formulazione dell'articolo 18 (indennità variabile da un minimo di 15 a un massimo di 27 mensilità) trovano applicazione solo per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti, per coloro che non raggiungano tale livello occupazionale le conseguenze di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo dichiarato illegittimo rimangono le stesse.

(Giovanni Mimmo)

5. IMPRESA COMMERCIALE

Fondi di solidarietà al posto della Cig

Attualmente la cassa integrazione ordinaria non trova applicazione nelle imprese commerciali, mentre le stesse possono essere destinatarie della cassa integrazione straordinaria, in presenza dei requisiti derivanti da gravi situazioni di eccedenza occupazionale (ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione aziendale, crisi aziendale, procedure concorsuali) solo qualora occupino più di 200 dipendenti (nel calcolo non devono essere computati gli apprendisti e i lavoratori assunti con contratto di inserimento). La riforma degli ammortizzatori sociali incide notevolmente sul settore commerciale, in quanto prevede per le imprese dei settori non coperti dalla cassa integrazione che occupino più di 15 dipendenti, l'obbligo di costituzione di fondi di solidarietà attraverso accordi tra le parti sociali: tali fondi saranno volti a finanziare la prestazione di trattamenti di integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa dovuti a causali previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria e saranno istituiti con decreto del ministro del Lavoro, sulla base di accordi collettivi stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative ed avranno validità erga omnes. Per i settori per i quali non siano stipulati accordi collettivi volti all'attivazione del fondo di solidarietà viene istituito, con decreto interministeriale, un fondo di solidarietà residuale, con prestazione di importo pari all'integrazione salariale, contribuzione a carico del datore di lavoro, durata non superiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile.

(Gi.M.) 40

Il Sole-24 Ore Primo Piano - Pag. 11

Decreto liberalizzazioni. Concorrenza, sì alla fiducia Ma già si lavora ai correttivi

In Aula il Governo chiarisce sulle coperture - Fronda nel Pdl

ROMA. Oggi il decreto liberalizzazioni otterrà il disco verde definitivo della Camera. Un via libera che sarà preceduto dai chiarimenti del Governo sul nodo coperture e dall'ok a un ordine del giorno congiunto di Pdl, Pd e Terzo polo che impegna lo stesso Esecutivo a intervenire per sancire il dietrofront sull'azzeramento delle commissioni sulle linee di credito. I ritocchi sono già in fase di preparazione, anche se solo al Consiglio dei ministri di domani sarà deciso lo strumento legislativo da utilizzare: in pole position resta un emendamento al decreto fiscale, mentre continuano ad essere poco gettonati un decreto correttivo ad hoc e un Ddl "blindato". La lunga e a tratti affannosa partita sulle liberalizzazioni si sta dunque per chiudere, pur non senza nuove tensioni e con qualche mal di pancia nel Pdl evidenziato al momento del voto di fiducia (la dodicesima posta dal Governo Monti). Complessivamente i sì sono stati 449, i no 79 e gli astenuti 29. L'asticella dei voti garantiti dalla maggioranza al Governo Monti si è insomma abbassata rispetto alle precedenti blindature. Dal Pdl sono arrivati 6 voti contrari (Maurizio Bianconi, Viviana Beccalossi, Gianni Mancuso, Alessandra Mussolini, Mauro Pili, Carlo Nola) e 23 astensioni, a cominciare dal gruppo liberal di Antonio Martino e Guido Crosetto. Altri 19 deputati del Pdl sono risultati assenti, tra cui Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Tra gli astenuti anche diversi avvocati che militano nelle file del Pdl, da Roberto Cassinelli a Maurizio Paniz, per protestare «contro il metodo adottato dal Governo Monti». Una protesta che ha però diviso il partito: altri avvocati, come Ignazio La Russa e Donato Bruno, pur mostrandosi solidali con i colleghi hanno dato il loro sì convinto alla fiducia. Tensioni politiche a parte, la giornata di ieri si è sviluppata attorno ai due nodi ancora irrisolti: banche e coperture. In quest'ultimo caso a Montecitorio si attendeva una risposta immediata del Tesoro, che però non è arrivata, dopo i dubbi espressi dalla Ragioneria generale dello Stato su cinque misure del testo, prime fra tutte quelle sulla possibilità di permuta degli immobili delle pubbliche amministrazioni e sull'incremento di 40 unità per l'organico dell'Authority per l'energia. Un atteggiamento, quello dell'Esecutivo, subito stigmatizzato dal presidente della Camera, , e su cui cui sarebbe scattata la vigilanza del Quirinale. Ieri sono circolare voci su possibili accorgimenti con un nuovo provvedimento proprio per dare certezza alle coperture, che sono però subito cadute nel vuoto. Il Governo avrebbe scelto la via del chiarimento in Aula. Un chiarimento che dovrebbe arrivare oggi, probabilmente per voce del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, prima del voto sugli ordini del giorno. Ma l'opposizione giudica insufficiente questo percorso. Tanto è vero che Lega e Idv si sono rivolti direttamente al capo dello Stato. Il partito di Antonio Di Pietro ha inviato una lettera a Giorgio Napolitano,

41 perché a suo giudizio verrebbe violata la norma costituzionale per la quale ogni legge deve avere una copertura. Il Carroccio ha ottenuto un incontro tra sette giorni con il presidente della Repubblica. Sul fronte dell'impasse relativo all'azzeramento delle commissioni sulle linee di credito (si veda altro articolo a pag. 13) il Governo attende che la maggioranza faccia, attraverso l'ordine del giorno che dovrebbe esser votato oggi, marcia indietro rispetto alle modifiche approvate al Senato per poi spianare la strada ai correttivi. Che non dovrebbero comunque arrivare via decreto. In ogni caso l'Esecutivo non nega la sua soddisfazione per aver ormai portato a casa un'importante riforma strutturale destinata a incidere nei rapporti economici del Paese con effetti diretti, seppure non immediati, sulla crescita. Il provvedimento dovrebbe garantire una vita più facile alle imprese, assicurare una maggiore diffusione delle farmacie sul territorio e anche dei taxi, ma solo se lo decideranno i Comuni, e aumentare la concorrenza sui versanti delle professioni (con lo stop alle tariffe minime e l'incremento degli organici dei notai) e dell'energia, attraverso la separazione (anche per gli stoccaggi) di Eni da Snam. Il testo che sta per ottenere l'ok della Camera, prevede la nascita entro il 31 maggio della nuova Autorità dei trasporti, avvia il pagamento con titoli di Stato di una trance di 4,7 miliardi di crediti vantati dalle imprese nei confronti della Pa e introduce fino a tutto il 2014 la Tesoreria unica nazionale anche per gli enti territoriali. Viene rafforzata la class action e scattano pacchetti di misure in chiave concorrenza su assicurazioni, banche e anche per i benzinai.

(Marco Rogari)

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Il Sole-24 Ore Primo piano - Pag. 13

Via d'uscita per le banche

Oggi si vota l'odg sulle commissioni, poi Dl o emendamento del Governo. Pdl, Pd e Terzo polo chiedono all'Esecutivo di rivedere la norma limitando la stretta agli istituti che non seguono le indicazioni del Cicr

ROMA Un ordine del giorno che impegna il Governo «ad emanare in tempi rapidi, e comunque tali da minimizzare gli effetti derivanti dall'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 27-bis, un provvedimento finalizzato a coordinare la disciplina della citata disposizione con quanto già previsto dall'articolo 117-bis del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, a tal fine prevedendo che la nullità delle clausole dei contratti bancari si applichi alle linee di credito non conformi a quanto previsto dalla delibera CICR di cui al comma 4 dei medesimo art. 117-bis». Tradotta dal più contorto dei linguaggi legislativi, si tratta di una raccomandazione della maggioranza che sostiene il Governo in Parlamento a risolvere presto e cercando di minimizzarne i costi il "pasticcio" della norma che azzera le commissioni bancarie sugli affidamenti, contenuta all'interno della legge di conversione sul decreto liberalizzazioni; una norma che secondo le banche comporta minori ricavi per il sistema creditizio pari a una decina di miliardi circa. L'ordine del giorno, che chiarisce come la nullità dei contratti debba essere interpretato come sanzione per chi non si adegua alle disposizioni del Cicr, si è materializzato ieri mattina, porta la firma di esponenti del Pd del Pdl e del terzo polo e in qualche modo spiana la strada a un intervento del Governo che a più riprese aveva fatto sapere di essere stato contrario all'approvazione dell'emendamento "incriminato" ma che non aveva voluto cambiarlo durante la discussione alla Camera, per evitare che la modifica del decreto obbligasse a una terza lettura a Palazzo Madama. Nel testo dell'odg che verrà votato quest'oggi non si parla esplicitamente di decreto e secondo alcuni esponenti politici questo potrebbe voler dire che il Governo non ha ancora deciso se intende procedere già domani mattina varando un nuovo decreto legge che possa entrare in vigore contestualmente alla disposizione annulla-commissioni, cancellandone gli effetti. Solo la concomitanza temporale tra le due norme, sostengono gli esponenti del mondo creditizio, eviterebbe una serie di contenziosi tra le banche e le associazioni di consumatori con solo beneficio per gli avvocati e molti disservizi per tutti (contratti come le fidejussioni non potrebbero essere messi in atto già da lunedì prossimo). Tuttavia, riferiscono fonti di Governo, non è del tutto tramontata l'ipotesi di un emendamento al testo sulle semplificazioni fiscali all'esame del Senato, che renderebbe comunque necessaria una terza lettura del provvedimento. Secondo altri rumors raccolti in Parlamento, prima di varare il decreto correttivo, il Governo potrebbe, sempre domani mattina, prima del consiglio dei ministri, convocare il Cicr (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio) cioè proprio l'organismo interministeriale che deve definire, in base al provvedimento salva-Italia, le nuove norme di trasparenza in materia di commissioni. Di sicuro, i vertici dell'Abi non hanno perso tempo per cercare di argomentare le proprie ragioni su questo terreno. Così ieri mattina sul presto si è svolto, secondo quanto riferito da Radiocor, un incontro di buon ora per cercare di sciogliere il nodo del blocco delle commissioni bancarie introdotto dal Dl liberalizzazioni al ministero dell'Economia con il viceministro Vittorio Grilli: il presidente Giuseppe Mussari era accompagnato dal direttore generale Giovanni Sabatini, a lungo braccio destro di Grilli al ministero. L'incontro in un primo momento era stato programmato con il titolare del dicastero: il premier Mario Monti e l'appuntamento al ministero ha fatto slittare l'inizio dei lavori della riunione mensile dell'esecutivo dell'Abi. Dal Tesoro, peraltro, sottolineano che

44 quello di ieri con i banchieri era un incontro in agenda da tempo e l'oggetto della discussione era il problema dello smobilizzo dei crediti nei confronti della Pa. Sempre ieri, nel pomeriggio, Mussari ha poi concluso il giro di incontri con gli esponenti di tutti i partiti politici nei quali si era prefisso di discutere quale ruolo dovrebbero avere le banche nell'economia, incontrando esponenti della e dell'Idv.

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Il Sole-24 Ore Mondo - Pag. 20

La Ue chiede parità negli appalti

Bruxelles. Proposta di direttiva per la reciprocità nella partecipazione alle gare. Mercato europeo aperto agli altri Stati al 90%, in Canada al 16, negli Usa al 32 mentre in Cina le possibilità di accesso sono quasi a zero

BRUXELLES. La Commissione ha presentato ieri una proposta legislativa che introduce la reciprocità nel mercato degli appalti pubblici. L'obiettivo è di consentire alle aziende europee di partecipare liberamente alle gare che attualmente in molti Paesi sono chiuse ai concorrenti stranieri. Il rischio però è di provocare nuove tensioni commerciali ed eventuali ritorsioni, in un contesto di crescente protezionismo. «Vogliamo incoraggiare i nostri partner commerciali ad aprire il mercato degli appalti pubblici» ha affermato ieri il commissario al Commercio Karel De Gucht. In molti Paesi del mondo le gare pubbliche sono una corsa a ostacoli. Non mancano le restrizioni che nei fatti chiudono la porta alla partecipazione delle imprese straniere. Per esempio: il Buy American negli Stati Uniti. Secondo Michel Barnier, il commissario al Mercato unico che ha presentato ieri la proposta insieme a De Gucht, gli appalti pubblici europei sono aperti alla concorrenza straniera al 90%, mentre in Canada, Giappone o Stati Unti il grado di apertura è rispettivamente del 16, 28 e 32 per cento. In Cina è praticamente uguale allo zero. Secondo la Commissione, il mancato guadagno per le imprese europee è di 12 miliardi di euro all'anno. Il progetto di regolamento - che ha provocato la protesta dei commissari più liberali, preoccupati da forme surretizie di protezionismo - prevede due strumenti. Il primo stabilisce che per tutte le gare con un valore superiore ai 5 milioni di euro le autorità possano chiedere alla Commissione di escludere un partecipante straniero, se questo giunge da un Paese che non garantisce la reciprocità alle aziende europee. Il secondo strumento prevede che, con un Paese che discrimini ripetutamente contro le imprese europee, Bruxelles possa negoziare un accordo commerciale che garantisca libero accesso alle gare pubbliche nazionali. Nel caso non fosse possibile trovare un'intesa, le autorità comunitarie potrebbero chiudere le porte agli appalti pubblici per le aziende di questo Stato. Barnier ha spiegato ieri che dietro alla proposta della Commissione vi è anche il tentativo di evitare una segmentazione del mercato europeo, poiché una decina di paesi - tra cui Spagna, Gran Bretagna e Ungheria - ha introdotto limiti alla partecipazione di aziende non europee agli appalti pubblici. Nell'Unione le gare pubbliche hanno un valore pari al 19% del Pil; in Cina è pari al doppio. Secondo le cifre della Commissione, del totale dell'export europeo, solo 10 miliardi di euro passano dagli appalti pubblici. Le autorità comunitarie sono convinte, a ragione, che i grandi Paesi emergenti, in piena modernizzazione, saranno una fonte di crescita economica nei prossimi anni. Le aziende italiane sono specializzate in prodotti di media tecnologia molto richiesti. Riferendosi al progetto di regolamento, un funzionario del ministero del Commercio cinese, Suo Bicheng, ha spiegato al quotidiano China Daily: «Le nuove regole europee, quando saranno adottate, non avranno alcun effetto immediato sulle società cinesi che partecipano alle gare europee, né indurranno la Cina a fare concessioni sul nostro sistema di gare pubbliche».

(Beda Romano)

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Il Sole-24 Ore Impresa e territori - Pag. 37

Politiche degli incentivi. Selezione e merito per rilanciare industria e Paese

Prendiamo sulla parola la promessa del ministro Passera sul Sole 24 Ore dell'11 marzo di ridefinire in una o poche leggi l'intero sistema degli incentivi alle imprese, puntando su meccanismi automatici di credito d'imposta per ricerca e innovazione che evitino procedure «spesso lunghe, farraginose, discrezionali». Incertezza e volatilità della normativa, combinate con tempi lunghissimi e incerti di risposta delle pubbliche amministrazioni nelle procedure dei bandi, sono ormai da tempo identificate tra le maggiori cause dell'inefficacia degli interventi in materia, così come della scarsa e calante attrattività dell'Italia per gli investimenti esteri. Fra i tragici ritardi nel meccanismo legislativo entrano, fin dall'atto del concepimento, i tempi di ottenimento dei diversi pareri delle Camere e della Conferenza Unificata: guarda caso, più di un anno fa sono finiti nel nulla i decreti legislativi predisposti dall'allora ministro Romani, essendo nel frattempo scaduti i termini previsti dalla legge delega 99/2009 sul riordino degli incentivi. Sperabilmente l'attuale governo si cautelerà contro simili disfunzioni inter-istituzionali. Un nuovo coraggioso disegno degli incentivi agli investimenti in ricerca-innovazione delle imprese dovrebbe tenere fermi almeno tre punti di fondo. Primo, i crediti di imposta devono essere significativi (20-30%) e soprattutto avere un orizzonte temporale medio-lungo (meglio se illimitato). Stanziamenti sussultori di corto respiro e connessi meccanismi da "click day" contraddicono la basilare esigenza delle imprese di progettare investimenti in ricerca e innovazione lungo archi temporali compatibili con il continuo evolversi delle tecnologie e i tempi non brevi di accertamento dei risultati. Non si compete altrimenti con le politiche di attrazione degli investimenti esteri praticate da quasi tutti i paesi, dalla Francia a Singapore. Incertezza sulla durata ed esiguità delle risorse pubbliche disponibili sono presumibilmente tra le maggiori spiegazioni della scarsa efficacia delle agevolazioni alla ricerca industriale, che emerge dalle stime empiriche dei ricercatori della Banca d'Italia, ottenute confrontando campioni rappresentativi di imprese beneficiarie e imprese non beneficiarie. Secondo, sempre nell'ambito dei crediti d'imposta e altri incentivi automatici, vanno studiati semplici ma incisivi meccanismi premianti per incentivare i progetti concepiti entro le nascenti esperienze di reti di impresa, alquanto diverse dai tradizionali distretti industriali. La legge 122 del 30 luglio 2010 ha aperto infatti una strada assai interessante per combattere la ben nota iper- frammentazione del nostro sistema produttivo, peraltro accompagnata dalla dispersione fra i tanti piccoli centri di ricerca universitari e non accademici. Si tratta di una missione ancora possibile, se non si ferma alle lamentele convegnistiche o ai buoni propositi. Il contratto di rete prevede agevolazioni fiscali alle imprese contraenti, che la Commissione Europea (26 gennaio 2011) ha già dichiarato non configurabili come aiuto di Stato, secondo un programma comune di rete gestito da un organo comune e possibilmente sostenuto da un fondo patrimoniale comune. Anche gli interventi con quote di capitale proprio mirati alla nascita di nuove imprese e alla riconversione di imprese esistenti, come quelli del Fondo italiano investimenti e del Fondo italiano strategico cui partecipa con quote significative la Cassa depositi e prestiti, dovrebbero concorrere allo scopo di stimolare la crescita dimensionale delle imprese minori e il perseguimento di maggiore capacità innovativa e commerciale tramite varie forme di aggregazione nel tessuto produttivo. Terzo, va superata la tipica contrapposizione fra incentivi automatici e discrezionali, generalmente a favore dei primi in nome del "fallimento dei governi" e della "cultura di mercato". Non solo nella 47 finanza, «i mercati hanno bisogno degli Stati, così come gli Stati del mercato» (Martin Wolf, Perché la globalizzazione funziona, 2006). L'Italia stenta a riprendersi dalla crisi e rischia di perdere le proprie risorse umane più istruite e qualificate se non riesce a fare più massa critica di conoscenze e capacità produttiva. Dobbiamo coltivare con decisione le vocazioni competitive già oggi presenti ma estremamente disperse in numerose nicchie all'interno delle grandi filiere tecnologiche che attraversano i settori. Accanto agli incentivi automatici servono dunque pochi ma selezionati progetti di collaborazione imprese-centri di ricerca (tipo "Industria 2015"), con rigorosa selezione meritocratica dei partecipanti e compiti di monitoraggio e valutazione affidati a organismi di controllo veramente indipendenti dalle strette logiche ministeriali e burocratiche.

(Fabrizio Onida)

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Il Sole-24 Ore Impresa e territori - Pag. 37

Giovane imprenditore merce rara

Allarme. «Spariti» dall'inizio della crisi oltre 28mila titolari e amministratori d'impresa under 30

Mai come nello scorso e in questo decennio le giovani generazioni hanno vissuto sulla loro pelle le difficoltà del mondo del lavoro. Poche possibilità di accesso al mercato, poca stabilità finanziaria, pochi aiuti dagli istituti di credito. Una delle peggiori conseguenze è il mancato entusiasmo nei confronti di nuove iniziative imprenditoriali, pur nella voglia di realizzare le proprie idee e la propria creatività. I dati elaborati da Datagiovani confermano questa tendenza: nel quarto trimestre 2011 l'imprenditoria giovanile ha perso, rispetto al 2008, 28mila titolari e amministratori di impresa, accentuando una flessione che dal 2005 sfiora il 20%. A farne le spese sono soprattutto gli under 30 che scendono al di sotto delle 350mila unità, erano 436mila nel 2005 (-19,7%). A livello complessivo, infatti, le cariche imprenditoriali più "mature" sono in leggera crescita dall'inizio della crisi e in buon progresso sul 2005 (+5,7%). Tra i territori soffre di più il Nord-Est. Questa è l'area in cui dal 2008 si è assistito alla perdita maggiore di imprenditori giovani, -11,4%. Nord- Ovest e Mezzogiorno non sono immuni dalle tendenze negative, anche se in misura minore, mentre il Centro sembra soffrire meno. Solo i servizi tengono, unico settore economico che sembra mantenere appeal e possibilità imprenditoriali, uno di quelli in cui l'incidenza dei giovani rispetto al totale è più consistente (oltre il 6%) e registra una crescita di oltre 2.800 unità (sebbene rispetto al 2005 la flessione sia del 13%). Malissimo invece il comparto manifatturiero, che con un terzo di giovani imprenditori in meno rispetto al terzo trimestre 2008 e quasi la metà sul 2005 mostra una vera e propria emorragia. Guardando ai dati provinciali, le prime cinque province italiane per maggiore presenza di titolari e amministratori giovani sono: Prato, Savona, Cuneo, Nuoro e Imperia. La drastica diminuzione del numero dei giovani imprenditori nasconde un rischio preoccupante, cioé che si perda nel nostro Paese l'humus del fare impresa.

(Katy Mandurino)

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Il Sole-24 Ore Impresa e territori - Pag. 39

Diciotto aeroporti sul filo del rasoio

Trasporti. Il ministero pronto ad adottare il lavoro coordinato da One Works per Enac - Previsti 11 miliardi di investimenti. Nel Piano nazionale per 18 scali «di servizio» tre anni per decidere se chiudere. Bisognerà riportare gli scali minori a una «condizione di sostenibilità economica», altrimenti il salvataggio spetterà a privati e Regioni

ROMA. Un quadro chiaro dello sviluppo aeroportuale italiano dagli attuali 149 milioni di passeggeri annui al 2030: una crescita media annua del traffico del 3,2%, una razionalizzazione della rete aeroportuale nazionale con 24 scali «principali» e 18 «di servizio», lo sviluppo degli hub intercontinentali per superare il basso livello di concentrazione del traffico italiano, investimenti che per le sole opere finalizzate all'aumento della capacità degli scali strategici vale oltre 11 miliardi, richiesta al Governo che inserisca fra le priorità infrastrutturali i collegamenti ferroviari tra scali e città (altro tema su cui siamo clamorosamente indietro rispetto all'Europa). Dopo oltre due anni di faticoso cammino e di consultazioni istituzionali a tutti i livelli, arriva al traguardo il piano nazionale degli aeroporti. Si era partiti da un «master plan» messo a punto da One Works-Kpmg- Nomisma e coordinato da Giulio De Carli, si arriva ora a un vero piano che è passato la settimana scorsa per un'informativa al consiglio di amministrazione dell'Enac. Il viceministro delle Infrastrutture, Mario Ciaccia, che ha ricevuto in queste ore la versione definitiva, ha già detto nei giorni scorsi che il Governo lo adotterà presto come atto fondamentale della politica infratsrutturale. Per la prima volta finalmente l'Italia avrà questo strumento di programmazione che in Europa hanno tutti i Paesi più importanti e che serve non solo per orientare le priorità nazionali ma anche come punto di riferimento per gli investitori stranieri. Il messaggio del piano è che la domanda continuerà a crescere in Italia a ritmi pari o superiori al resto d'Europa, mentre l'offerta resta bloccata in molti punti (basti pensare alle defatiganti procedure per l'approvazione dei piani di investimento delle concessionarie). Se non si interverrà entro dieci anni le strozzature bloccheranno la crescita. E prima di dieci anni queste difficoltà si potranno avvertire su scali come Fiumicino, Bergamo, Catania, Bologna, Firenze e Pisa. Se non si decide in fretta su piani di sviluppo e sulle infrastrutture, la congestione frenerà il sistema, con difficoltà crescenti anche per i passeggeri. Ancora più che alla definizione del quadro programmatico degli investimenti necessari, il piano nazionale degli aeroporti serve per classificare gli scali in base alle loro potenzialità di sviluppo. Rispetto alla prassi campanilistica che si è imposta in Italia, il piano deve fare ordine rapidamente. Sono anzitutto individuati 42 scali che faranno parte della rete nazionale. I 24 di «serie A» vengono divisi in tre grandi hub intercontinentali (Fiumicino, Malpensa e Venezia), 13 «strategici» (Bari, Bergamo, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Lamezia Terme, Linate, Napoli Capodichino, Palermo, Pisa, Torino) e otto «primari» (Alghero, Brindisi, Ciampino, Olbia, Trapani, Treviso, Trieste e Verona). Con orizzonte 2030 saranno attivati due nuovi scali: Viterbo in sostituzione di Ciampino e Grazzanise in sostituzione di Capodichino. Dopo anni di battaglie, la questione sembra definitivamente risolta. Più interessante la partita sui 18 scali di «serie B» (il documento dice «di servizio») che rispondono prevalentemente a esigenze e fabbisogni di natura locale: Ancona, Aosta, Brescia, Bolzano,

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Comiso, Crotone, Cuneo, Foggia, Forlì, Lampedusa, Pantelleria, Parma, Perugia, Pescara, Reggio Calabria, Rimini, Salerno, Taranto. Non è previsto, come nelle prime versioni del documento, il sostanziale "invito" alla chiusura. Si danno invece tre anni per verificare «condizioni di sostenibilità economiche che non prevedano trasferimenti di risorse pubbliche per la gestione». Solo a quel punto, «per quegli scali che non dimostrassero il riequilibrio economico-finanziario della gestione e il raggiungimento di adeguati indici di solvibilità, dovranno essere valutate opportune forme di coinvolgimento di capitali privati, anche all'interno di progetti di sviluppo territoriale integrato, senza comunque impegno di oneri a carico dei contribuenti». In sostanza, questi scali dovranno sostenersi con una gestione economica o con contributi degli enti territoriali e di privati. L'Enac intanto definirà «un modello funzionale, tecnico e operativo» di gestione semplificata per questi scali.

(Giorgio Santilli)

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Il Sole-24 Ore Impresa e territori - Pag. 47

Intervista Giulio Terzi Ministro degli Esteri «L'Italia vuole crescere nel Far East»

Viaggio di Monti in Corea, Giappone e Cina per rilanciare gli investimenti

«Guardiamo con interesse a tutta l'area Asean e ai segnali di apertura che vengono da Myanmar»

ROMA. L'esempio più palpabile di come la diplomazia economica del Governo Monti nei confronti del Far East stia cambiando radicalmente rispetto al passato sta, forse, tutto nel colloquio informale svoltosi ieri alla Farnesina tra il ministro degli Esteri, Giulio Terzi e il viceministro degli Esteri del Myanmar, Myo Mynt, a Roma per partecipare, oggi, al Forum tra Paesi Asean e imprese italiane. Mynt chiede l'aiuto dell'Italia per allentare le sanzioni europee nei confronti del regime birmano lasciando intravedere interessanti opportunità per le nostre aziende e per quelle europee che vorranno stabilirsi nelle tre Free trade zones che si stanno creando nel Paese e che potranno utilizzare le nuove normative sulla protezione degli investimenti stranieri. Immagino, ministro Terzi, che con Mynt non abbiate affrontato il tema dei diritti umani e la sorte della Nobel per la Pace e leader dell'opposizione birmana, Aung San Suu Kyi ma soprattutto di cooperazione economica anche se esportiamo in quel Paese beni per solo 14 milioni l'anno ed importiamo per 5,6 milioni... È vero, non abbiamo affrontato nel dettaglio il tema dei diritti umani ma Mynt ci ha fornito precise assicurazioni sull'apertura al multipartitismo alla vigilia delle elezioni del 1° aprile e la disponibilità ad accogliere osservatori dai Paesi dell'area. È anche vero che i livelli degli scambi commerciali con Myanmar sono molto ridotti ma questo ci deve incoraggiare a verificare se esistono le condizioni per investimenti diretti italiani come quelli realizzati in Vietnam, ad esempio dalla Piaggio. Sono condizioni che verificherò in una prossima missione in Myanmar subito dopo le elezioni. Alla fine della settimana il premier Mario Monti partirà per un lungo viaggio in Estremo Oriente che lo porterà in Corea del Sud, Giappone e Cina. Si tratta dei tre Paesi che formeranno sempre più, nonostante le reciproche diffidenze politiche, un sistema integrato, nucleo propulsivo della nuova economia mondiale. Stiamo recuperando i ritardi del passato? Del passato non mi preoccuperei. Meglio guardare avanti e soprattutto alla visita di Monti in quei tre Paesi che ha un forte significato politico ma che punta anche a rafforzare legami economici tra quell'area, l'Italia e il resto dell'Unione europea all'indomani della crisi dei debiti sovrani dell'Eurozona. Esiste poi un forte collegamento tra l'azione di diplomazia economica della Farnesina e il viaggio di Monti. Dopo la mia missione del primo marzo a Singapore dove hanno la base due grandi fondi sovrani, Gic e Temasek, che intendono investire ancora di più in Italia,

52 domani (oggi n.d.r.) l'Asean Awareness Forum alla Farnesina metterà allo stesso tavolo imprese italiane e autorità del Far East, mercato di 600 milioni di persone che negli ultimi dieci anni è cresciuto a un ritmo medio del 6 per cento. Seguiranno, nei prossimi mesi, presentazioni in città italiane sulle opportunità di investimento in Vietnam e altre missioni nell'area a cominciare dal Myanmar. Perché questi Paesi dovrebbero scegliere l'Italia e non Germania o Francia per stringere rapporti più solidi con l'Unione Europea? Ci sono vari ordini di motivi. Innanzi tutto condividiamo con quei Paesi una visione multilaterale e le stesse posizioni in tema di sviluppo, pace e sicurezza. Ma soprattutto veniamo oggi percepiti come veri protagonisti del risanamento dell'Eurozona. Possiamo, inoltre, offrire tutti i vantaggi di un Paese che in pochi mesi ha fatto i suoi compiti a casa e si rende attrattivo per investimenti stranieri che possono beneficiare di liberalizzazioni, semplificazioni amministrative, agevolazioni fiscali e ora della riforma del mercato del lavoro.

(Gerardo Pelosi)

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