Guerra Italo-Turca

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Guerra Italo-Turca a Cri Cri Bertelli Fra pochi mesi si celebrera' (forse) l'anniversario della guerra italo-turca, questa ricerca ha lo scopo di ricordare le centinaia di ferraresi che abbandonato il lavoro e la famiglia vi presero parte, parecchi di loro non tornarono ed i loro resti furono dispersi dal vento del deserto. Prefazione La ricerca della “quarta sponda” era divenuta una priorita’ per il governo di Giolitti, l’avversario sembrava alla portata del nostro giovane esercito, dopo una sofferta vittoria allo scoppio della Grande Guerra le nostre truppe furono costrette a ritirarsi sulla costa sotto la spinta delle bande di ribelli libici. I territori strappati all’esercito turco dovettero essere di nuovo abbandonati. La sucessiva riconquista terminata poco prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale costera’ in termini di perdite umane all’Italia un numero ben piu’ alto di caduti rispetto alla guerra contro i turchi, ancora oggi a distanza di un secolo stiamo ancora pagando al colonnello Gheddafi un risarcimento per i danni di guerra subiti. La popolazione italiana segui’ con partecipazione e trepidazione la sorte del nostro corpo di spedizione, Gea della Garisenda nata a Cotignola nel 1878 cantava “Tripoli bel suol d’amore” , dall’altra parte del Mediterraneo gli italiani provavano le nuove armi, gli aeroplani ed i dirigibili. Un capitolo a parte spetta alla radio fresca di invenzione: Marconi ufficiale del Genio sovrintendeva all’applicazione per usi bellici della nuova scoperta. In quegli anni si aveva un’idea romantica dell’Africa, non si cantava ancora faccetta nera, ma i giornalisti si sbizzarrivano a decantare le bellezze locali non solo dal punto di vista paesaggistico. Nacque in quegli anni un curioso modo di dire, “disperso o morto in Libia” per indicare un oggetto, od una persona di cui si sono perse le tracce, nel libro di Adriano Monaco che si intitola appunto “Morti in Libia” edito nel 1929 si da questa curiosa definizione: “Morto in Libia”, cioé, nel gergo militare una persona o una cosa perduta, dimenticata, passata, di cui non si sa piu’ nulla, alla quale nessuno pensa piu’. Mi spiego? -—-Il tale é rimpatriato e non se ne hanno piu’ notizie? — Morto in Libia. Caporale, dov’é la bacchetta d’ottone per pulire i fucili? – l’abbiamo cercata anche la settimana scorsa. Non si sa piu’ dove sia andata a 1 finire. Morta in Libia. In questa pubblicazione ho cercato di documentare anche l’impatto che ebbe la guerra italo-turca sulla popolazione ferrarese, i numeri sono chiaramente non paragonabili in termini di combattenti e perdite rispetto alla prima guerra mondiale che solamente pochi anni dopo avrebbe causato 5400 morti nella provincia ferrarese, ma con la Libia inizio’ per la gioventu’ italiana un periodo di guerre praticamente ininterrotte che terminarono solamente nel 1945. Grazie alla gentilezza del Sig. Leopoldo Santini che mi ha messo a disposizione il materiale per iniziare la ricerca, ho potuto raccogliere notizie sui Caduti ferraresi, tali notizie sono poi state integrate da materiale proveniente dall’Archivio Storico Comunale di Ferrara e dall’Archivio di Stato. 2 Il conflitto ufficiale 1911-1912 La campagna di Libia che contappose l’impero ottomano al regno d’Italia inizio’ il 28 settembre 1911 e termino’ il 18 ottobre 1912, poco piu’ di un anno di combattimenti, le forze in campo e le perdite sono riportate nello schema sottostante. Teatro dei combattimenti Libia (Tripolitania e Cirenaica) Dodecaneso Italia Turchia Libia Carlo Caneva e Augusto Aubry Neset Bey, Ismail Enver Mustafa Kemal Egeo Giovanni Ameglio Marcello Amero d’Aste Effettivi 100.000 uomini 28.000 uomini Perdite 3380 morti, 4220 feriti 14.000 morti, 5370 feriti Da questi pochi dati si puo’ notare come le forze italiane fossero di gran lunga superori rispetto alle forze messe in campo dall’impero ottomano anche se in queste ultime file non sono quantificabili il numero di ribelli 3 arabi che combatterono anche dopo il 1912 contro le forze di occupazione italiane. Gli approvigionamenti da parte dei turchi furono per tutta la durata del conflitto impediti di fatto dalla marina italiana che dominava il Mediterraneo. Importante fu anche l’impiego di nuove armi da parte italiana contro gli ottomani, in particolare l’aviazione ricevette il battesimo del fuoco, vennero impiegati i dirigibili in funzione di osservazione e bombardamento ed i primi aeromobili. In tutto ne furono impiegati nove. La prima missione aerea fu portata a termine dal capitano Carlo Maria Piazza il 23 Ottobre 1911 anche se si tratto’ di una semplice ricognizione sulle linee turche. Il primo bombardamento aereo arrivo’ una settimana dopo il primo Novembre 1911, l’aviatore Giulio Gavotti lancio’ una bomba a mano sulle truppe nemiche non si sa con quali risultati. Anche la radio ebbe il suo momento di gloria e lo stesso Marconi, allora ufficiale del Genio, si prodigo’ per la messa in opera delle prime stazioni trasmittenti in collaborazione con Luigi Sacco. Anche la Fiat volle partecipare allo sforzo bellico fornendo le prime automobili utilizzate in combattimento le Fiat tipo 2. La macchina bellica italiana era stata preparata da Giolitti all’indomani della conquista della Tunisia da parte della Francia che incurante della forte presenza di italiani in quella nazione aveva messo di fronte al fatto compiuto il nostro governo. Nondimeno gli inglesi si erano gia’accaparrati Suez e L’Egitto, l’Italia pur facendo parte della Triplice alleanza manteneva rapporti con Gran Bretagna e Russia non sbilanciandosi inoltre nei rapporti con la Francia. Di contro la situazione dell’impero ottomano era piu’ complicata, l’enorme estensione dei territori occupati, le numerose etnie spesso in lotta fra di loro, rendeva problematica la gestione delle alleanze. Per questo Giolitti politico discusso, ma con le idee chiare organizzo’ con l’appoggio di ambienti finanziari e industriali che vedevano nella guerra un’occasione di arricchimento, una campagna di stampa contro la Turchia prendendo a pretesto alcuni incidenti minori che in altro momento non sarebbero stati risolti per via diplomatica. La rivolta dei giovani militari turchi del 1908 non aveva ancora stabilizzato la situazione politica e pertanto era l’occasione per dare sfogo 4 alla borghesia che mirava ad espandere i mercati dei prodotti industriali e per i contadini meridionali che speravano nella quarta sponda per ottenere quella terra da coltivare che mancava in patria. Ben organizzata la propaganda pro intervento vide l’apporto entusiastico di Gea della Garisenda al secolo Alessandra Drudi, nata a Cotignola nel 1878 che interpreto’ nel 1911 il celebre pezzo “a Tripoli” il quale divenne la colonna sonora della guerra di Libia, lo pseudonimo le venne dato da D’Annunzio in omaggio alle sue origini romagnole, anche se la Garisenda si trova a Bologna, ma sulle licenze poetiche del vate non bisogna discutere. Ammiratori della Garisenda furono Carducci, Leoncavallo, Trilussa, Salvatore di Giacomo, Olindo Guerrini. Sposata in seconde nozze con Teresio Borsalino, senatore ed industriale del cappello, si ritiro’ alla fine a Villa Verucchio dove mori’ nel 1961. Da icona dell’intervento si ridusse nel 1957 a partecipare alla trasmissione radiofonica “La famiglia dell’anno” vincendo comunque l’ambito premio “ Il caminetto d’oro” nella categoria nonne dell’Emilia Romagna. Altri sostenitori furono a parte i futuristi che coniarono il motto “guerra sola igiene del mondo”, Giovanni Pascoli che arrivo’ a sostenere che “la grande proletaria si e’ mossa”, il partito Nazionalista nato appena un anno prima, fra le poche voci contrarie val la pena di ricordare Salvemini che defini’ non a torto la Libia “scatolone di sabbia” . Contrari furono anche i sindacalisti rivoluzionari che indissero uno sciopero generale il 27 settembre 1911, Benito Mussolini ed il repubblicano Pietro Nenni; inizialmente a favore fu anche Arturo Labriola che muto’ parere velocemente. La Libia nel 1911 poteva contare su meno di un milione di abitanti, 300.000 in Cirenaica e 650.000 in Tripolitania, poche decine di migliaia di Nomadi vivevano nelle zone desertiche del Fezzan. L’oasi di Giarabub, tanto cara all’epica del ventennio, era il centro dell’azione senussita che si era assunta il compito di ritrovare la purezza della religione islamica attraverso l’istruzione dei fedeli, tale azione produsse l’effetto di sviluppare l’agricoltura nei pressi dell’oasi convertendo e rendendo stanziali i pastori nomadi. L’influenza dei senussiti fu notevole ed ottennero anche una certa autonomia dall’impero ottomano.Con l’espandersi dell’influenza inglese in Sudan ed Egitto, Giarabub si trovo’ troppo vicina al confine e i senussiti trasferirono la 5 capitale nell’oasi di Kufra. Anche per questo motivo il governo italiano confido’ nell’appoggio degli arabi per combattere contro i turchi, ma si accorse ben presto dell’errore, pur parlando lingue completamente diverse entrambi i popoli pregavano lo stesso Dio e la guerra santa contro gli infedeli era l’unica via percorribile per i libici. 6 Corpo d’Armata Speciale Italiano Con tale nome veniva definito il corpo di spedizione mobilitato dal Regio Esercito, i reparti che lo componevano sono i seguenti: Due divisioni, per un totale 34.000 uomini, al comando del generale Carlo Caneva. Ogni divisione era formata da due brigate, ogni brigata da 2 reggimenti di fanteria (rinforzati da una sezione di mitragliatrici), 2 squadroni di cavalleggeri, 1 reggimento di artiglieria da campagna (4 batterie con pezzi da 75 mm.), 1 compagnia zappatori e servizi. Le truppe non indivisionate erano 2 reggimenti di bersaglieri (8° e 11°), rinforzati da una sezione mitragliatrici , 1 reggimento di artiglieria da montagna (4 batterie), 1 gruppo di artiglieria da fortezza (2 compagnie), 1 battaglione di zappatori (2 compagnie), una compagnia telegrafisti con 4 stazioni radiotelegrafiche. Durante il conflitto vennero inviate nuove truppe di rinforzo. La guarnigione turca in Libia era di circa 4000 uomini (42ª divisione autonoma).
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