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dicembre 2016 5,50 € 30 ° N

INNOVAZIONI cinema 4D? il vero il teatro Sarà INCHIESTE quel l'ho visto film non Io Out. Coming FOCUS cinema in Australia Il ANNIVERSARI A cinquant'anni da Incompreso Comencini di Luigi VOCI LONTANE, SEMPRE PRESENTI. LONTANE, VOCI SENSO HA ANCORA DEI FILM? IL DOPPIAGGIO

30 dicembre 2016 - - 2016 dicembre anno IV anno numero Voci lontane, sempre presenti. Ha ancora senso il doppiaggio dei film? dei doppiaggio il senso ancora Ha presenti. sempre lontane, Voci www.8-mezzo.it

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"L'italiano è una lingua parlata solo dai doppiatori." solo dai doppiatori." è una lingua parlata "L'italiano Flaiano) (Ennio "L'attore è un tizio che se non stai parlando di lui non ti ascolta." se non stai parlando è un tizio che "L'attore (Marlon Brando) (Marlon

EDITORIALE di GIANNI CANOVA

QUELLI CHE NON TI FANNO NEMMENO LEGGERE IL NOME DEL REGISTA

arà capitato anche do, ma è come se non vedessi. Ve- S a voi. Siete seduti al do, ma mentre vedo mi si dice an- cinema e aspettate che quanto sia superfluo e inutile il film per cui ave- il mio vedere. Come dire: non c’è te comprato e pagato il biglietto. censura, non c’è neanche occul- Nell’attesa assistete – oscillando tamento di dati. È tutto lì, visibile fra attenzione e disattenzione – ma non leggibile. Si tratta di una ai trailer dei film di uscita immi- procedura per molti versi sinto- nente. Di alcuni sapete già tutto matica: il cinema torna salda- e quindi non guardate neanche le mente nelle mani di produttori e immagini. Di altri invece sapete distributori, che ritengono super- poco o nulla, ma non è detto che fluo ogni riconoscimento di ruoli le immagini del trailer vi faccia- artistici non immediatamente ri- no venir voglia di saperne di più. conducibili al marchio della casa. Se però capita che le immagini Questa “velocizzazione” sotten- accendano la fantasia e la curiosi- de un atteggiamento di supremo tà, quasi sempre il trailer termina disprezzo: verso tutti coloro che senza darvi tutte le informazio- hanno collaborato alla realizza- ni che cercate. Il nome del regi- zione del film, la cui identità vie- sta, ad esempio, è sempre più un ne offuscata e nascosta, ma anche optional. Il titolo originale – nel e soprattutto verso il pubblico, caso di film doppiati in italiano – che viene considerato minus ha- pure. Ogni trailer – è vero – termi- bens e privato della possibilità di na con un “cartello” che riassu- relazionarsi al film anche in base me tutti i dati salienti di cast and alla conoscenza dei suoi autori. crew. Ma il tempo di permanen- È un dettaglio, è vero: ma è anche za di tale cartello sullo schermo da questi particolari che si misu- è ormai così ridotto da impedir- ra lo stato di salute di un’industria ne di fatto la lettura. Apparizione culturale. E il sintomo, in questo fulminea, sparizione subitanea. caso, è tutt’altro che buono. Vedo, ma non riesco a leggere. Ve- Sommario

EDITORIALE SCENARI SCENARI 2 22 LA RISATA 01 QUELLI CHE NON 04 LA SENTI QUESTA VOCE? DI ? 32 COMING OUT. TI FANNO NEMMENO di Gianni Canova È ITALIANA I FILM CHE NON LEGGERE IL NOME  di Alice Bonetti ABBIAMO VISTO DEL REGISTA 06 ITALIA TALKS di Gianni Canova di Gianni Canova di Andrea Guglielmino 24 QUI PRO QUO di Alberto Crespi 34 IO CONFESSO 08 PRO di Anna Maria Pasetti VANNO DOPPIATI 26 DALL’ ADATTAMENTO  ANCHE MORETTI ALLA SINCRONIZZAZIONE:  INNOVAZIONI E VIRZÌ TUTTI I SEGRETI  di Maurizio Di Rienzo DEL MESTIERE 38 SARÀ IL TEATRO di Carlo Cosolo 09 CONTRO IL VERO CINEMA 4D? di Stefania Chinzari È GIUNTO  28 A FAVORE IL MOMENTO  DEI SOTTOTITOLI 40 SPERIMENTARE  DI DIRE BASTA NELLA CINETECA LA CONTAMINAZIONE di Gianmaria Tammaro DI BABELE di S.C. di Cristiana Paternò 10 “SE È FATTO BENE  44 DISSOLVENZA NON SI NOTA”   29 CONTRO I SOTTOTITOLI INCROCIATA di Michela Grec0 IL CINEMA? UNO, LIBERO di Sergio Lo Gatto E DEMOCRATICO Interviste a di Federico Pontiggia 46 QUELLO CHE RESTA Chiara Gioncardi, di Ascanio Celestini Francesco Pannofino, 30FUORI  DALL’OMBRA , di Hilary Tiscione Maria Pia Di Meo, DAMMI IL ROSSO Emiliano Coltorti, a cura di Hollywood Party Ludovica Modugno. Rai Radio3

18 ANIM/ATTORI 48 MATUSALEMME di Oscar Cosulich di Alberto Crespi

20 ”PREFERISCO ASCOLTARE” di Alberto Pezzotta

8½ NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO

Bimestrale d’informazione  Direttore Responsabile In Redazione Hanno collaborato e cultura cinematografica Giancarlo Di Gregorio Carmen Diotaiuti Alberto Anile, Alice Bonetti, Andrea Guglielmino Ascanio Celestini, Stefania Direttore Editoriale Chinzari, Carlo Cosolo, Oscar Iniziativa editoriale realizzata Gianni Canova Coordinamento redazionale Cosulich, Alberto Crespi, da Istituto Luce-Cinecittà Vice Direttore Responsabile DG Cinema Maurizio Di Rienzo, Federica in collaborazione con ANICA Cristiana Paternò Iole Maria Giannattasio D’Urso, Iole Maria Giannattasio, e Direzione Generale Cinema Giorgio Gosetti, Michela Greco, Capo Redattore Coordinamento editoriale Sergio Lo Gatto, Andrea Mariani, Stefano Stefanutto Rosa Nicole Bianchi Miriam Mauti, Francesca Medolago Albani, Rocco DISCUSSIONI RICORRENZE INTERNET PUNTI DI VISTA E NUOVI CONSUMI 50QUALE  FUTURO PER 66 LUCHINO VISCONTI: 94 “GROUCHO, LANCIAMI  L’ACCADEMIA DEL IL GUSTO DELLA 82 QUELLO CHE È MIO  LA CITAZIONE!” CINEMA ITALIANO? CONTRADDIZIONE È TUO. IL CINEMA NEL DYLAN DOG E IL CINEMA: di Miriam Mauti di Gianni Canova SEGNO DEL BARATTO TRENT’ANNI DI (FELICE)  di Carmen Diotaiuti VITA INSIEME di Rocco Moccagatta ANTROPOLOGIE RACCONTI DI CINEMA GEOGRAFIE 52 GIANLUCA E GLI ALTRI 68 INCOMPRESO.  96 BIOGRAFIE (GENITORI & FIGLI)  VITA COL FIGLIO. 84 TAPPA INVERNALE di Nicole Bianchi LA DONNA  di Nicole Bianchi DEL RITRATTO. MARKETING FATTI di Cristiana Paternò DEL CINEMA ITALIANO Dossier di DG Cinema e ANICA 86 SCONTATO, DINAMICO, ETICO O SOSPESO?  54 L’ITALIA ENTRA  IN IBERMEDIA LE VIE DEL PRICING  DEL CINEMA di Federica D’Urso, 70 LA RADIO A LEZIONE  Iole Maria Giannattasio, DAL CINEMATOGRAFO,  di Ilaria Ravarino Francesca Medolago Albani, DI RENATO CASTELLANI,  Maria Giuseppina Troccoli DA “CINEMA. ANNIVERSARI QUINDICINALE  DI DIVULGAZIONE 88 A 50 ANNI DA CINEMA ESPANSO CINEMATOGRAFICA”,  INCOMPRESO N.12, DICEMBRE, 1936. VITA COL FIGLIO 60 GO.GO.GO. PANTEGANE di Andrea Mariani 89 LA FACCIA NASCOSTA DELL’ANIMA DEL PUDORE di Maurizio Porro SE FOSSE UN FILM di Giorgio Gosetti

62 VATICANO AZZURRO 72 SILENZIO DA MARTE 92 VITA COL PADRE di Stefano Stefanutto Rosa di Stefano Mordini di Cristiana Paternò 63 AL TELEFONO CON MARLON BRANDO FOCUS AUSTRALIA di ssr 75 DIVERSAMENTE ANGLOSASSONI 64 GALASSIA VAN SANT di Caterina Taricano di Alberto Anile 80 STRANE STORIE DELL’OUTBACK di David Stratton

Moccagatta, Stefano Mordini, Progetto Creativo Stampa ed allestimento Direzione, Redazione, Anna Maria Pasetti, Alberto 19novanta communication partners Arti Grafiche La Moderna Amministrazione Pezzotta, Giovanni Marco Via di Tor Cervara, 171 Istituto Luce-Cinecittà Srl Piemontese, Federico Pontiggia, Creative Director 00155 Roma Via Tuscolana, 1055 - 00173 Roma Maurizio Porro, Ilaria Ravarino, Consuelo Ughi Tel. 06722861 fax: 067221883 David Stratton, Distribuzione in libreria [email protected] Gianmaria Tammaro, Caterina Designer Joo Distribuzione www.8-mezzo.it Taricano, Hilary Tiscione, Claudia Antonazzo, Giulia Arimattei, Via F. Argelati, 35 - Milano Maria Giuseppina Troccoli Matteo Cianfarani, Valeria Chiuso in tipografia il 25/11/16 Ciardulli, Lorenzo Mauro Di Rese, Registrazione presso il Tribunale Maria José Prieto Fernández di Roma n° 339/2012 del 7/12/2012 SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv

LA SENTI QUESTA VOCE?

I nostri doppiatori sono i migliori del mondo, si sente dire spesso. È ancora vero? Serve ancora il doppiaggio nell’era del web, e con un numero sempre più crescente di spettatori che parlano e conoscono le lingue? di GIANNI CANOVA Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del doppiaggio rispetto al sottotitolaggio? Questo numero di 8 ½ indaga una delle professioni-chiave della nostra industria cinematografica. SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 4 - 5

se è vero che il cinema è artificio e che non c’è nulla di “naturale” nel dispositivo cinematografico, il doppiaggio non è che una del- le tante mirabilia dell’artificio medesimo. Staccare la voce dal è chi lo accusa di proprio corpo, prestarla ad un al- “tradire” la purezza tro, cucire insieme e sovrapporre C’ originaria della sto- corpi e voci diverse: forse la pri- ria. Chi di alterare ma forma di cyber-corpo è pro- e deformare la performance de- prio quella di un attore doppiato. da Ford era una sorta di naufrago gli attori. Chi di inserire un ele- Certo, a volte – bisogna ricono- del linguaggio, alla deriva in uno mento di eccessiva artificiosi- scerlo – il doppiaggio può altera- spazio dove era l’unico a non co- tà nella presunta “naturalezza” re davvero il senso di un film, la noscere il codice comunicativo dell’esperienza filmica. Pochi sua percezione, i modi e le forme di base, nella versione doppiata altri elementi costitutivi del di- di identificazione dello spettato- Harrison Ford era l’unico a parla- spositivo cinematografico hanno re con un personaggio. Un esem- re un italiano impeccabile mentre suscitato polemiche aspre e dia- pio personale: quando nel 1988 tutti gli altri personaggi biascica- tribe anche feroci come il dop- vidi a Cannes Frantic di Roman vano quell’italiano con intonazio- piaggio. Le recenti prese di posi- Polanski, in lingua originale, ne ne francese, pieno di birignai e di zione contro i doppiatori lanciate rimasi molto colpito. Mi ero im- salamelecchi, che risulta stucche- da registi come Gabriele Mucci- medesimato subito con il perso- vole e poco credibile per chiun- no e da attori come Vincent Cas- naggio di Harrison Ford – medi- que. Come dire: il doppiaggio tra- sel non fanno che confermare un co americano in trasferta a Parigi sformava un naufrago della lingua giudizio assai diffuso fra i cinefili – che disperato cerca la moglie nel Padrone del Dizionario, con e i forti consumatori di cinema: il scomparsa nella capitale france- un effetto evidentemente distor- doppiaggio deturpa, il doppiaggio se, solo contro tutti, in una città sivo sulla percezione del film da àltera, il doppiaggio deforma. che non conosce e dove tutti par- parte degli spettatori. Sarà. E tuttavia è innegabile che il lano una lingua che lui non ca- Si potrebbero citare decine di ca- doppiaggio abbia giocato un ruo- pisce. Scrissi che il film trasmet- si come questo (a cominciare da lo fondamentale, nel corso del teva una sensazione di disagio e quei film in cui si parlano cinque Novecento, nel processo che ha di tensione molto intensa e che o sei lingue diverse, che vengo- fatto del cinema un medium pla- sollecitava fortissimi processi di no tutte piallate e ridotte a un ita- netario, consentendo ai popoli di identificazione. Qualche mese liano standard da scelte di dop- tutto il mondo, a prescindere dal- dopo, quando il film uscì in Italia, piaggio sciagurate). Ma errori di le specifiche conoscenze e com- doppiato, ricevetti in redazione doppiaggio come quelli che ho petenze linguistiche, di poter ca- due o tre lettere di spettatori che citato non legittimano un j’accu- pire un film – qualsiasi film – e di mi chiedevano conto di quanto se generalizzato e ingeneroso che ricavarne piacere. Certo che a noi avevo scritto, dicendomi di aver colpisca il doppiaggio in sé e per italiani fa uno strano effetto sen- provato sensazioni molto diverse sé. Certo, i tempi sono cambiati. tire – poniamo – la Magnani dop- da quelle che io avevo descritto Certo, le conoscenze linguisti- piata in iraniano. Ma è lo stesso nella mia recensione. Alla quarta che anche nel nostro Paese sono disagio che proverebbe un ame- lettera, decisi di andare a rivede- finalmente aumentate (ma me- ricano che sentisse Bette Davis re il film. E capii: la versione ita- no di quanto si potesse spera- doppiata in francese o in tedesco. liana non faceva scattare nessu- re…), e sempre più spettatori so- Certo che nei na empatia con il protagonista no in grado di seguire un film in panni del professor Keating ne né trasmetteva quella sensazio- lingua originale. Ma in inglese. O L’attimo fuggente non è la stessa ne di deriva che mi sembrava di in spagnolo. E se un film è parla- cosa che il medesimo personag- aver provato a Cannes. Colpa del to in arabo? In russo? In cinese? gio ascoltato e conosciuto con la doppiaggio. Attenzione: non del Il dilemma doppiaggio/sottoti- voce di un doppiatore pur bravis- bravissimo Michele Gammino tolaggio non è ancora tramonta- simo come Carlo Valli. E tuttavia, che doppiava Harrison Ford, ma to e coinvolge il presente e il futu- proprio dell’impianto concettua- ro del cinema. Anche in un Paese le che il doppiaggio implicava. come il nostro, che può vantare Mi spiego: mentre nella versione – per unanime riconoscimento originale tutti i personaggi parla- – una delle scuole di doppiaggio vano un francese impeccabile e il migliori del mondo. medico americano interpretato TALKS Breve storia ITALIA di una tradizione che nacque a Roma con l’arrivo del sonoro.

DI ANDREA GUGLIELMINO SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 6 - 7

to, Sergio Tedesco, Renato iniziarono ad assumere attori Mori, , Ro- italoamericani, o italiani emi- berto Bertea, Giorgio Piaz- grati negli Stati Uniti, col com- za, Fiorella Betti, Rita pito doppiare i film da spe- Savagnone, Melina Martel- dire poi nel nostro Paese. Le lo, Micaela Giustiniani, Vit- caratterizzazioni erano buffe stita proprio dal dialoghista e toria Febbi, Sonia Scot- o abbiamo senti- e dominate dall’accento ita- doppiatore Augusto Galli e da ti, Angiolina Quinterno e L to dire molte vol- lo-americano che poi avrebbe sua moglie Rosina. Da allora, poi Tonino Accolla, Paolo te: il doppiaggio portato anche alla creazione in Italia, la pratica di doppiare Buglioni e Oreste Rizzini. In italiano è il mi- – in quel caso, voluta – del- i film fu praticamente adotta- particolare va citato Ferruc- gliore al mondo. Una “scuola” la celebre parlata di Stanlio e ta da tutta l’industria cinema- cio Amendola, scomparso che nasce nientemeno che nei Ollio, coppia comica che ven- tografica. E dopo la seconda nel 2001, da molti considerato primi Anni ‘30, proprio all’in- ne anche doppiata dal grande guerra mondiale venne ad- come l’esempio più significa- domani dell’arrivo del sono- Alberto Sordi nella prima fa- dirittura favorita dal Piano tivo della modernità del dop- ro. E nasce a Roma, città che se dalla sua carriera. Marshall, che poneva le basi piaggio italiano, voce ufficia- ancora oggi detiene il primato Tuttavia, solo dopo il 1930, lo per una “colonizzazione cul- le di e Robert nella realizzazione delle edi- Stato permise ufficialmente turale” dei Paesi usciti scon- De Niro, insieme a Giannini zioni italiane di opere cinema- di p roiettare pellicole dop- fitti dal conflitto. Per questi anche di , e di mol- tografiche e televisive. piate. Nel ‘31 la Metro Gol- motivi e questa storia così ti altri grandi attori america- Con l’arrivo del sonoro nel dwyn Mayer si lanciò in una particolare, l’Italia è una del- ni. Altro doppiatore di rango è 1927 e il calo di mercato del ci- serie di altre operazioni (con le nazioni che più utilizza il Nando Gazzolo (1928-2015), nema americano (non essen- gli attori Augusto e Rosi- doppiaggio e vanta grandi ar- attore di teatro prestato al do le sale attrezzate per le pro- na Galli, Argentina Ferraù, tisti in questo settore. doppiaggio, che ha dato la sua iezioni di pellicole sonore), la cantante Milly e France- Dal 1935 in poi iniziò a co- voce a interpreti come Henry tra i goffi tentativi di adattare i sca Braggiotti) di immedia- stituirsi un blocco di dop- Fonda, David Niven, Clint Ea- film al muto sostituendo i dia- to successo calcolando che piatori specializzati – tra cui stwood e . Attore loghi con le didascalie e l’op- all’epoca gran parte della po- Stoppa, Lattanzi, Pagnani, e cabarettista, Oreste Lionel- posizione di alcuni regimi che polazione italiana era analfa- Morelli e Scotto – e subentra- lo (1927-2009) ha ridoppiato non volevano distribuire pelli- beta e dunque non avrebbe vano in modo costante altri nella riedizio- cole realizzate in lingue diver- potuto fruire di film sottoti- nomi rilevanti come quelli di ne de Il grande dittatore, Grou- se da quella locale, si faceva tolati. La Fox ingaggiò Alber- Emilio Cigoli, Lauro Gaz- cho Marx ne La guerra lampo comunque strada la necessità to Valentino, il fratello del di- zolo, Gualtiero De Ange- dei fratelli Marx, di una soluzione più rapida e vo Rodolfo, come dialoghista, lis, Carlo Romano, Rena- in Frankenstein Junior e natu- meno faticosa. Il primo esperi- l’attore caratterista Frank Pu- ta Marini, Wanda Tettoni e ralmente in tutta mento di post-sincronizzazio- glia, come direttore, e Franco la giovane Rosetta Calavet- la sua filmografia fino al 2006, ne in lingua italiana, avvenne Corsaro come primo dop- ta. Alcuni sono andati avan- mettendo a frutto le sue stra- nel 1929 negli studi california- piatore. Il monopolio di ti fino agli Anni ‘80, altri so- ordinarie doti istrioniche. ni della Fox, dove, il monta- produzione e distribuzio- no approdati alla traduzione Merita una menzione a parte tore Louis Loeffer e l’attore ne cinematografica era del- e all’adattamento, o anche alla la famiglia Ward – Luca e Mo- italoamericano Augusto Gal- la Cines-Pittaluga, con a ca- direzione. Le generazioni suc- nica (molto attivi anche co- li, doppiarono una scena del po Emilio Cecchi e Mario cessive hanno visto alternar- me attori) e Andrea. C’è infine film Maritati ad Hollywood. Almirante come direttore: si nomi come Giuseppe Ri- una scuola milanese, che si è Il risultato era pessimo a det- nell’estate del 1932 aprì a Ro- naldi, Pino Locchi, Stefano affermata soprattutto a partire ta di molti, ma su quell’onda ma il primo stabilimento di Sibaldi, Giorgio Capecchi, dagli Anni ’80, quando la Fi- le maggiori case di produzione doppiaggio italiano. Il pri- , Gianfranco ninvest ha iniziato ad affidare mo film ad essere doppia- Bellini, Dhia Cristiani, Fla- le edizioni italiane dei cartoni to è A me la libertà! di René minia Jandolo, ma proprio animati mandati in onda sulle Clair, con Gino Cervi e Corra- in quegli anni si affacciava- sue tre reti proprio alle coope- do Racca. In quegli anni nac- no anche i giovanissimi Cor- rative di doppiaggio locali. quero case specializzate in rado Pani, Luciano De doppiaggio, come la Fotovox Ambrosis, Germana Calde- o una divisione romana del- rini e Maria Pia Di Meo. Han- la Metro Goldwyn Mayer, ge- no cominciato a farsi strada negli Anni ’50 alcune delle vo- ci che ancora oggi riconoscia- mo come attuali, qualcuno è ancora in attività: Massimo Turci, Elio Pandolfi, Cesa- re Barbetti, Glauco Onora- di MAURIZIO DI RIENZO asciamo o doppiamo? Sì, permettiamo (let’s let suona be- ne assai) che l’angloamericana bi-lingua despota in au- L diovisivo, politica, economia criminalità, sia sdoganata pura&dura per invadere italiote orecchie di, persino “slan- gate”, commedie, drammi, documentari made in USA/UK (e Toronto) svezzando così noi idioti post-dostojevskiani, ultimi al mondo in % po- liglotta. Mais alors pourquoi pas in sala anche film francesi in v.o., e nell’i- spanico bi-continentale tambien, fino a recepire su fashion screens alcu- ni sublimi(nali) capolavori in tagalog hindi, swahili, turco? E nel mitico islandese, di un minipopolo ormai con più cinematografari che vulca- ni. Sia stop definitivo al provincialismo retrogrado, vai con reparti neo- natali per pianti anglo&sassoni, scolastiche tesine in farsi e dottorati in scomparso innuit. Qui o si rifà l’italiano - lingua passatista, suvvia - o se more: infin concordo con l’altrui tesi: doppiaggio? No more! Però però. Rifletto. Se in tempi di bizzarra Brexit - lassù perfidi albio- nici questionari chiedono a studenti euro-terroni di specificare se di- squisiscono in italiano, napoletano, siculese o leccese barocco - ec- co tale neoquestione meridionale iniettarmi un megadubbio su mea punta di glossa. Al provocatorio referendum “Doppiaggio sì Doppiag- gio no” (storia tesa) dichiaro: i film devono ancora essere doppiati! Ma non gli hollywoodiani né gli indies by Sundance o le comédies fran- caises etc. Vanno doppiati, machedico triplicati, a seconda delle città di uscita, proprio i film ITALIANI! Perché non esistono più – tranne fru- sta marginalità d’autore onanistico - film parlanti la nostra lingua gin- nasiale e borghesotta: più di quanto fu nel Neorealismo e commedie del boom, in questi twittati anni social cabarettari prolificano prodot- ti con ambientazioni iperterritoriali, esprimentisi in volgo dialettale a seconda delle Film Commission più accoglienti ed elargenti, e colora- ti da attori/attrici riappropriatisi - anche mischiandosi a caso in storie pure romano-centriche - di cadenze, inflessioni, gergalità, grammelot. Comicità e lacrime scorrono incomprese da Bozen a Canicattì, da Par- tenope a Cuneo, da nuraghe a padàn, da Canosa a Maremma maiala. Arrendiamoci, non siamo Paese indivisibile, come cogliere Gomorra in Carnia e comprendere il regno di Sardegna a Sondrio? Si diceva che glocal = globale è locale. Madeché! Neanche sottotitolare basterebbe: l’unica è doppiare noi stessi, sempre, anche i film di Moretti e Virzì. In cotal guisa almeno una lingua la impariamo…

VANNO DOPPIATI ANCHE MORETTI E VIRZÌ

PRO SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 8 - 9

CONTRO

È GIUNTO IL MOMENTO DI DIRE BASTA

mmaginatelo come un film. Scena, stacco, scena. Oreste I Lionello muore il 19 febbraio del 2009. Pochi mesi dopo, sul canale Youtube del Premio Internazionale del Dop- piaggio, viene caricato un video. Woody Allen parla lenta- mente, con la sua voce esitante, e dice: “Per me è un onore poter ricor- dare . Devo a lui tutto il mio successo in Italia. Mi ha reso un attore migliore di quello che sono”. Stacco. Viggo Mortensen è in Italia per promuovere un film. Pino Insegno, che a Mortensen ha prestato tante volte la sua voce, è in cabina di doppiaggio: lavora a Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re. Mortensen lo chiama più volte, invitandolo fuori a cena. “Pino, sono io! Viggo!”. Ma Pino Insegno originale di Scarlett Johansson. Il suo - il loro, anzi - era un non-ruolo: gli risponde: “Io sto lavorando! Non pigliarmi per il culo!”. Stacco. interpreti di un computer, di una voce e basta. Senza faccia, senza line- Per la prima volta, Al Pacino e recitano insieme. Il film amenti con cui poter giocare, senza pause precise, senza la direzione si chiama Heat e lo dirige Michael Mann. , storico del movimento delle labbra. Grazie a Spike Jonze, che l’ha seguita pas- doppiatore, vuole a tutti i costi doppiare entrambi, ma deve cedere. È so dopo passo, la Johansson è riuscita a caricare di sensualità la sua bravo, sì, ma non così bravo. Stacco. voce: ascoltandola, finiamo per innamorarci. La stessa cosa non si può Una faccia nera, arrabbiata, baffuta, i capelli ricci, e una pistola che dire per la performance della Ramazzotti. Il doppiaggio non è il lavoro punta in basso. Si sente una voce. In italiano, è quella di Luca Ward, che la Ramazzotti, bravissima attrice, si è scelta. Eppure ci ostiniamo. I carica e potente. Recita uno dei monologhi più famosi della storia del tempi sono sempre più stretti e immediati, pellicole nuove ogni mese, cinema: Ezechiele 25:17. Il film è cult moderno: Pulp Fiction di Quentin serie tv quasi ogni settimana. E noi doppiamo tutto. Tarantino. Stacco. Ora puntiamo sui “talent” più giovani, influencer e youtuber, neo-at- Adriano Giannini è in cabina di doppiaggio, e rivede la scena più volte. tori, ex-figuranti, che prestano la loro voce – e la loro visibilità – ai film Chino sul leggio, gli occhi stretti, in tensione. Sullo schermo c’è Heath di animazione. Perché? Con l’arrivo delle serie tv, il doppiaggio è di- Ledger, o meglio: c’è il Joker di Heath Ledger. E Adriano Giannini si pre- ventato obsoleto. La prassi in tutto il mondo è la lingua originale con para a ridoppiarlo. Ne verrà fuori uno dei lavori di doppiaggio più belli e i sottotitoli. Siamo pronti per la distribuzione di una pellicola solo in intensi degli ultimi anni. Stacco. inglese (penso a La La Land, in uscita l’anno prossimo) e pronti a ri- È un film che potrebbe continuare all’infinito. Se avesse un titolo, sareb- nunciare alla nostra scuola di doppiatori. È solo il tempo che avanza, be: “Il doppiaggio italiano”. Non ha un regista, ma tantissimi attori. Che una professione che oramai, volenti o no, non serve più. Ce li ricorde- non usano la faccia per recitare, ma solo le loro voci. Bellissime, cariche, remo i grandi di questo mestiere. Ricorderemo i monologhi di Gian- intense. Chiudi gli occhi, ti abbandoni allo schienale della poltrona, e li carlo Giannini con la faccia di Al Pacino, Vittorio Gassman che doppia vedi. I doppiatori. In Italia, ce ne sono sempre stati di bravissimi. Non Mufasa ne Il re Leone, e il Gandalf magnifico di Gianni Musy. Ma ora è esagero dicendo che siamo tra i pochi, forse gli unici, ad ostinarci anco- arrivato il momento di dire basta. ra a ridoppiare pellicole e serie tv di tutto il mondo. Da una parte, per una questione di tradizione. E la tradizione, per noi italiani, è tutto. Dall’altra perché l’inglese non è così diffuso come altrove. Eppure. Eppure è giunto il momento di dire basta. Perché le pellicole stanno aumentando, i doppiatori stanno diminuendo e la qualità del loro la- voro, giocoforza, si sta abbassando. Il doppiaggio negli ultimi anni è diventato fastidioso, insistente, debilitante. Le interpretazioni degli attori non ne guadagnano. Pensate a Her, qui da noi ritradotto come Lei, e al doppiaggio di Micaela Ramazzotti, che ha sostituito la voce di GIANMARIA TAMMARO “SE È FATTO BENE NON SI NOTA”

di MICHELA GRECO Sei interviste a doppiatori italiani dei nostri giorni: Chiara Gioncardi, Francesco Pannofino, Stefano De Sando, Maria Pia Di Meo, Emiliano Coltorti, Ludovica Modugno. SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 10 - 11

Le sembra che si stia andando verso un’eccessiva specializ- Da Carol a La ragazza senza nome zazione dei mestieri? dei Dardenne e Io, Daniel Blake di In Italia siamo abituati a catalo- il pomeriggio una serie tv e la sera Ken Loach, passando per Lupita gare: una volta si sapeva stare da- un documentario. A volte addirit- Nyong’o in Star Wars-Il risveglio vanti a una cinepresa, su un pal- tura è tutto blindato, come nel ca- della forza, la trentacinquenne co e davanti a un microfono, ora so di Star Wars. In sala il direttore Chiara Gioncardi è una delle voci questo non esiste più e si sente, mi spiega il personaggio, mi fa ve- più affermate nel cinema d’autore. ma se non si segue una forma- dere le scene più volte e io entro zione da attore si rischia di non negli occhi dell’attrice, cerco di Come è arrivata al mondo del essere completi. Si deve esse- respirare con lei. Con l’esperien- doppiaggio? re un’attrice per essere una bra- za si acquisisce sveltezza menta- Ho avuto un inizio diverso dalla va doppiatrice. Allo stesso modo le nel capire quando sussurrare e maggior parte dei colleghi entrati sarebbe bene che gli attori si for- quando portare la voce. Mentre in sala di doppiaggio da bambini. massero sul doppiaggio perché a doppiavo Io, Daniel Blake ho pian- Sono figlia di un attore e dai tempi volte non sanno ridoppiarsi, non to, non potevo fare diversamente. del liceo ho fatto lezioni di dizione sanno disporre dei vari strumenti e laboratori teatrali e seguito papà del mestiere. Il doppiaggio è necessario? in sala di doppiaggio, passando i No, un film si può vedere in lin- pomeriggi ad ascoltare. Ma mi so- Come prepara i personaggi da gua originale con i sottotitoli, ma Come avviene la distribuzione no formata a teatro e sono conten- doppiare? in Italia abbiamo una tradizione delle voci sui vari ruoli? ta di poter dire di aver fatto un per- Non li preparo, non vedo mai il di doppiaggio di altissimo livello A volte la scelta è molto tecnica corso lento e meritocratico, su cui film prima, anche perché mi capi- che rende le opere fruibili a tutti, ed è basata sulla misurazione del- naturalmente hanno inciso anche ta di doppiare la mattina un film, le rende popolari. la frequenza della voce dell’attri- la fortuna e gli incontri. ce nella versio- ne originale, per trovare il timbro più vi- CHIARA cino. In passa- to una cosa del genere era im- pensabile, ba- sti pensare a GIONCARDI film che han- no fatto la sto- ria come Fran- kenstein Junior, che è stato un meraviglioso lavo- Com’è cambiato negli ultimi ro di riscrittura che ha dato un va- anni? lore aggiunto al film. Ci sono tanti canali e tante produ- zioni, siamo costretti a lavorare con tempi frenetici, in un modo che penalizza la qualità: pensano che il pubblico si beva tutto, ma io non credo che sia così.

È un vantaggio avere una voce riconoscibile? Credo che ci si possa affezionare a una voce, ma io sono contenta quando gli amici mi dicono che non mi hanno riconosciuto, vuol dire che ho fatto un buon lavoro e non sono stati distratti da me. Voce storica di George Clooney e Negli ultimi anni i tempi si so- Denzel Washington e volto, tra gli no drammaticamente ridotti... altri, della serie tv Boris, Francesco Personalmente non ho mai vis- Pannofino è, tra i doppiatori, uno suto un periodo in cui avevamo dei più noti anche come attore ci- tempi lunghi per lavorare. Il tem- nematografico. po è denaro e questo ragiona- mento vale da sempre per tutti i Come si prepara un personag- campi. Semmai ora vedo che au- gio fatto solo di voce? mentano i canali, aumenta il lavo- In realtà si arriva in sala di dop- ro ma diminuiscono i compensi. piaggio ignari, senza sapere pri- ma cosa si farà, quindi è decisiva Quanto incide avere un’espe- la figura del direttore del doppiag- rienza da attore quando si af- gio che serve a distribuire i ruoli fronta il doppiaggio? in modo vincente, a coordinare le Quando fai l’attore padroneg- voci, a guidare durante il turno il gi un mestiere più completo, ma lavoro dei doppiatori, che vedono a me non è mai successo di sen- solo un pezzetto del film e seguo- tirmi meno considerato in quan- no ritmi frenetici. È una catena di to doppiatore. Ora mi dedico so- montaggio in cui bisogna portare a prattutto al mestiere di attore e casa il risultato. non ho più molto tempo per il FRANCESCO è come un fi- glio per il regi- sta e fatalmen- te il doppiaggio PANNOFINO un po’ appiatti- sce rispetto alla presa diretta.

doppiaggio, proprio per questo Avere una voce riconoscibile è mi diverto di più quando sono in un vantaggio o ha degli aspetti sala a dare la voce, lavoro più vo- negativi? lentieri rispetto a quando dop- Per quanto mi riguarda è il risultato piavo a tempo pieno ed ero mol- di 35 anni di lavoro, non posso far- to stressato. ci niente. A volte mi stanco di me stesso anch’io nel risentire la mia Come definirebbe il lavoro del voce quando cambio canale in tv. doppiatore? Nobilissimo, difficile, faticoso e Il ruolo di cui è più orgoglioso? con una qualità media molto al- , un film di gran- ta in Italia. Lo dicono anche gli de successo che ha fatto la storia stranieri: il doppiaggio italiano è del cinema ed è stato la mia prima sempre di un livello superiore ri- performance di alto livello. spetto a quello degli altri Paesi europei. Paradossalmente, però, Come vede il futuro di questo se è fatto bene non si fa notare. mestiere? Quando tutti sapranno l’inglese si Cosa pensa del fatto che Paolo potrà farne a meno, ma quel mo- Sorrentino suggerisca di vede- mento è lontano. Non è un me- re il suo The Young Pope in ver- stiere in evoluzione, anche se ora sione originale? è molto richiesto. Dovremmo dar- Sorrentino ha ragione: il film è gi- ci una calmata, non si può insiste- rato in inglese, molti attori sono re su questa frenesia del lavoro, dei americani ed è legittimo che vo- soldi, del tempo che manca. glia proteggere il suo lavoro così com’è stato concepito. Un film SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 12 - 13

È diventato la voce di Robert De Niro dopo la scomparsa di Fer- ruccio Amendola e ha una grande esperienza anche nel doppiaggio dei cartoon e delle serie tv: Ste- fano De Sando, 62 anni, si muove tra i grandi interpreti del cinema e ruoli iconici del piccolo schermo, come quello di in Un direttore di doppiaggio che . ha fatto la storia è Mario Mal- desi, lavorava sui film di Ku- De Sando, come entrò nel brick... mondo del doppiaggio? Mario Maldesi è Io ho iniziato a 30 anni, quan- l’uomo che mi ha do ero già grande. Feci in tempo inventato, colui che a intercettare l’ultimo momen- ha rivoluzionato il to buono del mestiere prima del modo di fare dop- STEFANO cambio di passo che l’ha portato piaggio: prima di lui alle condizioni di oggi in cui ab- si parlava, poi si è biamo a che fare con brutti copio- iniziato a respirare, ni e macchine fameliche che fan- a sputare, a sporca- DE SANDO no sì che l’80% del lavoro finisca re la voce dandole per essere fatto male. Si macina maggiore verità. Ha tutto e siamo costretti a lavorare inventato il neore- con copie dei film tremende, che alismo nel doppiaggio. Mi ha in- si vedono malissimo e sono piene segnato che il respiro viene prima di marchi antipirateria. del pensiero, e che anche il fuori campo è fondamentale. Come è cambiato il lavoro? Era un lavoro da perfezionisti, È pessimista sul futuro del ora il coacervo di produzioni che doppiaggio così come è negati- devono essere gestite ha rovina- vo sul suo presente? to il mestiere, devastato dalla ve- Arriverà il momento in cui il locità. Anche i più bravi, in que- pubblico non sentirà più l’esi- ste condizioni possono rovinare i genza del doppiaggio. La strada film. Lavori che un tempo si face- ormai è presa con la diffusione vano in tre mesi ora si fanno in tre di Netflix, Sky, il web. Il doppiag- giorni. Se prima quello del dop- gio resterà solo per i pochi che piatore era un lavoro da marato- ancora vogliono andare al cine- neta, ora è un lavoro da centome- ma, perché è bellissimo goder- trista muscolare. si le opere nella loro lingua ori- ginale, ma bisogna conoscerla e E in sala di doppiaggio, oltre ai i film sono un’arte visiva, non si tempi, cosa è cambiato? possono tradurre e trasformarli Ormai si lavora solo in colonne in un’arte letteraria che costrin- separate, registrando le voci sin- ge a leggere sotto le immagini. golarmente senza confrontarsi con gli altri doppiatori. È un la- Ricette per un futuro migliore? voro fatto in una solitudine che Servirebbero bravi adattatori, una conviene solo al committente. buona qualità di scrittura e più Lo spettatore, ignaro, coglie tut- tempo. Ci sono moltissimi gio- to ciò solo in modo superficiale, vani che mi avvicinano e sono af- ma oggi c’è un tradimento tota- fascinati dal grande inganno del le, anche perché non ci sono più doppiaggio: sono felice se voglio- nemmeno i direttori di doppiag- no intraprendere questo mestie- gio, ormai sono tutti attori che re, ma devono capire che la velo- fanno i direttori. cità non equivale alla bravura. , , , . Le grandi donne del cinema interna- zionale, presto o tardi, hanno par- lato in italiano attraverso la voce di Maria Pia Di Meo, figlia d’arte cresciuta nel mondo della recita- zione, dagli Anni ‘40 in poi.

Lei ha iniziato da bambina, co- me è andata? MARIA PIA Il mio è un caso eccezionale: ho cominciato quando avevo sei an- ni e non sapevo ancora nemmeno leggere, infatti imparavo le battu- DI MEO te a memoria. Sono figlia di attori e li accompagnavo al doppiaggio. Molti figli di doppiatori seguono il percorso dei genitori, ma credo che la cosa migliore sia avere an- che una formazione teatrale e fare altre esperienze di recitazione. Ci sono molti bravi doppiatori nella nuova generazione, ma sono tutti simili tra loro, non è più come 30 anni fa, quando avevamo gente Sembra che il passare del tempo come Paolo Stoppa e Rina Morel- non stia migliorando le cose... li che passavano dal teatro al dop- Ci sono dei tempi spavento- piaggio. Magari non avevano una si, si fanno lavori in pochi turni grande tecnica, ma erano meravi- e il doppiaggio così non ha qua- gliosi. C’era un maggior rispetto si più ragione di esistere, ma tra dei caratteri e delle diversità. un buon doppiaggio e i sottotito- li credo sia meglio il doppiaggio. Qual è la dote più importante di un doppiatore? Il direttore del doppiaggio è Sei un bravo doppiatore se sei ancora una figura decisiva? un bravo attore. Io do la voce a Lo sarebbe, ma ormai tutti fanno i Meryl Streep e non potrei doppia- direttori di doppiaggio. Non è così re un’attrice così straordinaria, scontato fare un buon lavoro, bi- capace di essere una e 100mila, sogna saper seguire gli attori, ave- senza saper cambiare personag- re un punto di vista interpretativo. gio, caratterizzazione, persino timbro vocale. Non posso usare Come vede il futuro del me- la stessa tonalità per Il diavolo ve- stiere? ste Prada e I segreti di Osage Coun- Sono ottimista nonostante tutto. ty. Ora poi mi accingo a doppiare Oggi ci sono migliaia di doppiato- Florence, dove Meryl Streep fa an- ri e tanto lavoro, servono direttori che dei vocalizzi in scena, essen- di doppiaggio più qualificati e con do una cantante stonata. Bisogna una cultura artistica e doppiatori saper fare un passo in più per da- che, anche per personaggi minori, re la percezione non di doppiare, sappiano seguire la versione origi- ma di essere quel personaggio. A nale e andare oltre, senza farsi ri- volte invece nei film non ricono- conoscere. Certi attori hanno una sco una voce dall’altra. voce molto riconoscibile, a vol- te troppo. Il bravissimo Ferruccio Amendola, ad esempio, non cam- biava tonalità da De Niro a Pacino. SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 14 - 15

Sono cambiati anche i guadagni? Si guadagna meno di un tempo, ma resta un lavoro privilegiato.

Qual è il ruolo del direttore di doppiaggio? Era una figura fondamentale, ora è quasi solo di facciata, salvo rari ca- si. Ci sono regole e restrizioni sem- pre più numerose su ciò che non si Romano, 42 anni, Emiliano Col- può dire, le espressioni e i toni che torti si divide tra teatro, cinema, non si possono usare... Ce ne sono tv e sala di doppiaggio, dove ha di bravissimi, ma si barcamenano dato voce, tra gli altri, a Joseph tra miliardi di imposizioni. Gordon-Levitt, Paul Dano e Gael Garcia Bernal. Le sembra cambiata la perce- zione del pubblico rispetto al Quanto influisce sulle capaci- doppiaggio? tà di un doppiatore il modo in Credo sia visto come un male ne- cui accede al mestiere? cessario, perché un film in ver- Definisce il tuo percorso profes- sione originale incassa una certa sionale ma non i risultati. Io sono cifra, se è doppiato incassa mol- figlio d’arte ma ho messo piede to di più: è una scelta forzata. Io per la prima volta in sala di dop- sono il pri- piaggio a 20 anni, anche se ho re- mo a vedere spirato il teatro sin da bambino. i film in ver- La qualità non è determinata da sione origina- quanto presto cominci, ma dal EMILIANO le, ma penso percorso formativo che fai: se l’u- che il dop- nico aspetto dello spettacolo che piaggio possa conosci è il doppiaggio hai inevi- essere anche tabilmente una visione limitata. uno strumen- COLTORTI to culturale, Quanto pesa la tecnica e quan- di comunica- to il talento? zione, di ap- Sicuramente non ci si può improv- profondimento. visare. Negli ultimi anni la necessi- tà della tecnica è andata sfumando Capita che i registi si espri- con persone che hanno raggiunto mano contro il doppiaggio, la fama per altri motivi – penso ai che ne pensa? reality show o a YouTube – e sono Credo che, potendo, sia meglio stati chiamati a fare i doppiatori. vedere il film in versione origina- Prima non sarebbe stato possibi- le, ma non bisogna stigmatizza- le: se non eri in grado tecnicamen- re il doppiaggio. Anni fa doppiai te, non doppiavi. Naturalmente Gael Garcia Bernal ne La mala ci vogliono anche spontaneità ed educacion e fu un lavoro lungo, at- espressività: preferisco un doppia- tento, profondo. Almodóvar ave- tore con qualche piccola carenza va seguito tutto il processo con tecnica ma con forza emotiva e co- attenzione e aveva fatto arrivare i lori personali. complimenti a tutti. A me scrisse: “Con questa voce e interpretazio- Quanto è cambiato il lavoro in ne il personaggio di Gael era final- questi anni? mente come lo volevo”. Quasi totalmente. Ho iniziato a 20 anni ed era già diverso rispet- to a 20 anni prima. Se prima face- vi 80 righe in tre ore di turno ora ne fai 200, e il restringimento dei tempi colpisce anche adattato- ri, fonici, direttori. Come in ogni mestiere, le cose si fanno meglio col giusto tempo a disposizione. Il cinema LUDOVICA MODUGNO

Ormai più impegnata come di- rettrice di doppiaggio che come doppiatrice, Ludovica Modugno è la voce storica di Glenn Close, si, invece molti portano sempre ma ha doppiato anche personaggi se stessi. E poi è tutto diverso ri- memorabili di Emma Thompson spetto a quando ho iniziato, con o Anjelica Huston. l’avvento delle serie tv e dei carto- on: oggi ci sono tempi più veloci Qual è il primo compito di un e si lavora in colonne separate. Io doppiatore? però tendo a fare solo film e pre- Bisogna essere un attore prima ferisco che i doppiatori sentano di tutto, il doppiaggio è un ramo la versione originale e si buttino della professione di attore. Non dimenticandola, credo nell’im- basta avere una bella voce, biso- provvisazione e considero decisi- gna conoscere il teatro, il cinema, va la distribuzione delle voci. aver studiato recitazione. Il dop- piatore deve respirare negli occhi Quale futuro ha il doppiaggio? dell’attore. Io ho iniziato a 4 anni Il doppiaggio è un tradimento e col mestiere a tutto tondo e per come spettatrice anch’io prefe- me scelgo il teatro come prima risco vedere film in lingua ori- casa, perché nel doppiaggio non ginale, ma il pubblico più vasto c’è contatto col pubblico e met- è abituato al doppiaggio e non ti tutto il corpo nella voce. Se fai ai sottotitoli, che tolgono atten- solo doppiaggio, inoltre, rischi di zione all’immagine. L’avvento di prendere dei difetti e di risultare Netflix, Amazon e di tanti canali meccanico. digitali lo rende sempre più ne- cessario. Ora ad esempio sto fa- Da direttrice del doppiaggio cendo la direzione del doppiaggio come ha visto cambiare il me- di Goliath, una serie tv di Amazon stiere? con Billy Bob Thornton, William Un tempo il doppiatore vedeva il Hurt e Maria Bello: è ricca di mo- film prima, ora non più, è abitua- nologhi e si perderebbe molto se- to a non sentire più nemmeno la guendo i sottotitoli... versione originale, cosa che per me è una religione. Oggi è il di- Quindi è ottimista. rettore che vede il film e spiega ai Non sono pessimista perché c’è doppiatori come sono i personag- molto lavoro, ma sul piano sinda- gi ma io, ad esempio, faccio ve- cale stiamo perdendo pezzi, ci so- dere diverse scene di seguito. La no meno regole e si finisce per la- tecnica è importante ma ci vuole vorare a volte sottocosto. tanto cuore e tanta testa. Il dop- piatore dovrebbe spersonalizzar- Di quale lavoro è più orgogliosa? Di quello fatto per La moglie del soldato, perché davo voce a un uomo, e della sfida di Albert Nob- bs, in cui Glenn Close si spacciava per un uomo. Il cinema Il regista di carto- “ ni animati dispone sempre del cast mi- gliore. Per forza, se non gli piace un attore lo strap- pa”: è questa la perfetta sintesi delle opportunità creative e re- citative offerte dall’arte dei car- toonist ed è stata elaborata, non senza invidia, da un maestro del cinema come Alfred Hitchcock. I cartoonist, che si tratti di anima- re personaggi “tradizionali” dise- gnati a mano in 2D, o dar vita ai protagonisti dei più tecnologici film in computer grafica 3D (ma- gari in stereoscopia), hanno da sempre lo stesso obiettivo: ren-

Come si arriva a dare voce a un

OSCAR COSULICH COSULICH di OSCAR personaggio animato. SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 18 - 19

dere “vive” le loro creazioni. Dai nani di Biancaneve ai giocattoli di , dal pesciolino Ponyo all’orco Shrek, fino allo scoiattolo preistorico Scrat, il comune de- nominatore è sempre lo stesso: il pubblico si appassiona alle lo- Sul fronte visivo si è passati da ro vicende perché sono più reali quando, per realizzare i meravi- del vero e infinitamente più “vivi” gliosi “corti” che hanno fatto la della maggior parte delle persone storia del cartooning, gli anima- incollate agli schermi dei loro cel- tori tenevano semplicemente lulari che incrociamo ogni mat- uno specchio sul tavolo da dise- tina mentre andiamo al lavoro in Una volta che scene e dialoghi so- gno (in modo da provare in prima metropolitana. Ma qual è il segre- no stati così ricontrollati per l’en- persona le espressioni che avreb- Per un troppo lungo periodo si to perché un cartoon sia recitato nesima volta, tocca finalmente bero disegnato dando vita ai per- è pensato di sostituire al talen- dai bravi “anim/attori” invidiati agli attori interpretarli perché (e sonaggi), alla possibilità odierna to delle voci originali la popola- da Hitchcock? questa è la differenza fondamen- di trasformare le più grandi star di rità dei cosiddetti “talent”, cioè Dato per scontato il talento gra- tale tra la creazione di un cartoon Hollywood in personaggi grafici di star vere o presunte della tv fico (e la creazione di personaggi e il normale doppiaggio), gli attori capaci di interpretare ogni gene- italiota. Si è cominciato con Po- che abbiano spessore psicologi- sono chiamati a dare la loro inter- re di emozione. Negli ultimi anni cahontas, chiamando Chiam- co), una delle chiavi della popo- pretazione prima che cominci il così c’è stata una sorta di postu- bretti per doppiare la particina larità dei cartoon è nella perfetta processo d’animazione. Si ripren- ma vendetta di Hitchcock: i car- dell’attendente Wiggins e da al- integrazione tra immagine e vo- dono così in video le performan- toonist Disney e DreamWorks, lora si sono sentiti, tra gli altri, ce dei personaggi. Una sincro- ce vocali di chi è chiamato a inter- infatti, hanno dovuto misurarsi Giampiero Galeazzi e Simona nia labiale ed emozionale che pretare il film: in questo modo la con le performance (e a volte le Ventura in Space Jam, Giancar- comincia addirittura in fase di recitazione è utilizzata come gui- bizze), di cast faraonici. Un esem- lo Magalli e Gaspare & Zuzzur- storyboard, cioè ben prima dell’a- da per il disegno delle espressio- pio su tutti è dato dalle voci di Z ro in Hercules, Enrico Papi vo- nimazione vera e propria del film. ni facciali, visto che gli animatori la formica: Woody Allen, Sharon ce dell’Eddy Murphy draghetto L’animazione, infatti, necessita di sono coinvolti ad animare i loro Stone, , Anne Mushu in Mulan (al posto del molto più tempo rispetto alla rea- personaggi curandone la sincro- Bancroft, Christopher Walken, grande Tonino Accolla, abitua- lizzazione di un film “dal vero” (la nia labiale con la colonna audio Jennifer Lopez, Dan Aykroyd e le doppiatore italiano dell’atto- produzione di un lungometrag- (il processo contrario sarebbe as- Gene Hackman. E in Italia? re), fino all’abominio di DJ Fran- gio animato dura al minimo due sai più difficoltoso e inutilmente cesco, chiamato a distruggere la anni, ma possono servirne anche complesso). Una cosa curiosa: se recitazione di Ewan McGregor in cinque/sei) e quindi lascia poco appare normale che i blockbuster Robots. Un provincialismo imba- spazio all’improvvisazione. Ecco americani siano recitati in ingle- razzante, che ha devastato film, allora che, quando la sceneggia- se, va notato che anche i più re- per definizione destinati a du- tura è finalmente approvata e tra- centi lungometraggi animati bat- rare nel tempo, relegandoli al- sformata in storyboard, si comin- tenti bandiera tricolore (come il la popolarità “mordi e fuggi” di cia a testarne l’effettiva bontà e, Pinocchio di D’Alò, solo per cita- una comparsata televisiva. Per per studiare i tempi delle scene, si re l’esempio più recente), nasco- fortuna questo (tra l’altro costo- realizza il “cinematic”. In pratica no in inglese, per essere doppia- so) vizio è andato poi scompa- si filma lo storyboard, sincroniz- ti in italiano solo in un secondo rendo e nei doppiaggi italiani di zandolo con le voci temporanee momento. Il motivo non è, come cartoon (oltre a Tonino Accol- (in genere sono quelle dei regi- potrebbe apparire, frutto di una la, grande Homer Simpson nella sti e degli animatori), in modo da forma di asservimento al colo- popolare serie tv) si ricorda l’ot- verificare l’effettiva funzionalità nialismo culturale degli Stati Uni- tima e creativa reinterpretazione del tutto ai fini narrativi, prima di ti, ma dovuto esclusivamente ad che Gigi Proietti ha dato dei fu- passare al processo di animazio- esigenze fonetiche. La lingua ita- nambolismi vocali di Robin Wil- ne vera e propria. liana, infatti, non è sintetica co- liams-Genio in Aladdin. me quella inglese e una battuta in italiano è sempre più “lunga” del corrispettivo anglosassone: così, mentre è possibile “compri- mere” l’adattamento italiano nel doppiaggio di un dialogo inglese, velocizzando la recitazione dei doppiatori, sarebbe più difficile l’operazione inversa. di ALBERTO PEZZOTTA

gli albori del sonoro, nostalgici e puristi pensavano che A il cinema fosse diventato una forma espressiva “ibrida”, rinunciando al primato dell’immagine. Il cinema si me- scolava con il teatro, dalle bocche uscivano dialoghi: or- rore! Da allora una delle etichette più infamanti per un film fu quella di essere nient’altro che “teatro filmato.” Ma le cose non erano così semplici. Il “sonoro” non era solo sinonimo di “parlato”. Presto il lin- guaggio cinematografico imparò a rendere indipendenti corpi e vo- ci, bocche e dialoghi. Ne Il Testamento del dottor Mabuse (1933) di Fritz Lang e ne Il Mago di Oz (1939) di Victor Fleming, al centro dell’intrec- cio è una voce che Michel Chion ha definito “acusmatica”, con termi- ne preso in prestito dai pitagorici: la voce si fa sentire e invade lo spa- zio dell’immagine, ma la fonte è nascosta e misteriosa, come quella di un oracolo. È solo una possibilità tra le tante, accanto alle voci fuori campo (off) e alle voci narranti (over). Ci furono, nei primi anni del sonoro, film (quasi) interamente raccontati dalla voce del narratore, come Il romanzo di un baro (1936) di Sacha Guitry: da uomo di teatro, voleva evidentemente sperimentare una tecnica inedita. E film sono- SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 20 - 21

ri ma senza voci, come Luci del- lo strumento con cui scardinare magine. Jean-Marie Straub e Da- la città di Charles Chaplin (1931). il cinema tradizionale. Nel 1952 nièle Huillet, per esempio. In Ma la diffidenza nei confron- Guy Debord realizza Hurlements Quei loro incontri (2006) gli atto- ti della voce continuò. E quan- en faveur de Sade: per circa venti ri spesso danno le spalle alla mac- do Chaplin prese la parola ne Il minuti lo schermo è bianco, ac- china da presa, mentre recitano grande dittatore (1940), molti (tra compagnato da dialoghi, poi di- Dialoghi con Leucò di Pavese. Che cui il giovane critico Antonioni) venta nero, senza sonoro. Certo, c’è da vedere? Ben poco, o molto, rimpiansero il muto Charlot. si può fare di meglio, rinuncian- a seconda della propria predispo- Roberto Rossellini, ça va sans di- do anche alle voci, e c’è chi l’ha sizione: la natura, gli alberi, la lu- re, andò controcorrente. E per fatto. In Arnulf Rainer (1960) di ce del paesaggio toscano fotogra- superare il Neorealismo si affi- Peter Kubelka e in The Flicker fata, ovviamente in pellicola, da dò alla messa in scena di un mo- (1966) di Tony Conrad lo spet- Renato Berta. La voce qui è logos. nologo di Jean Cocteau: La voix tatore vede solo alternarsi luce e Basta lei a fare cinema. humaine diventò Una voce uma- buio, pellicola non impressiona- Che è poi quanto succedeva in na, prima metà del dittico Amore ta e pellicola nera. Ma rinunciare Quarto potere: la voce di una di- (1948), “omaggio all’arte di Anna alla voce è più difficile che fare a vinità morente crea un film, crea Magnani”. “Teatro filmato? Non meno dell’immagine. il mondo. “Rosebud.” (Nella ver- avete capito niente”, rispose ai La prestigiosa etichetta ECM sione italiana, più modestamen- critici secondo cui quello “non ha edito in CD alcuni film di Je- te, “Rosabella”. E ora parliamo era cinema”. Il cinema c’era, ec- an-Luc Godard: Nouvelle Vague, di doppiaggio.) come: nel piano sequenza, nella macchina da presa-“microsco- pio” che indaga un volto e diventa documentario su un’attrice. Stra- Il cinema della voce, da quelle no, però, che Rossellini non sem- “acusmatiche” de Il mago di Oz bri mai parlare della “voce”, cui ha intitolato il film: troppo ovvio, alla modalità-Fellini che faceva o troppo ineffabile? D’altra parte, quando Roland Barthes ha cerca- parlare gli attori a caso, to di definire la “significanza” e la per poi doppiarli, fino a casi “grana” della voce, ha fatto lette- ratura, non semiotica. estremi, come Blue di Jarman, Ci sono registi per cui il montag- gio delle voci ha la stessa impor- in cui sullo schermo monocromo tanza di quello delle immagini. domina il suono. girava copie la- voro in presa diretta, in cui ogni attore parlava la propria lingua mentre lui suggeriva, sbraitava, orchestrava. A volte gli attori “di- cevano i numeri” o quello che li le Histoire(s) du cinéma. Inve- faceva sentire a proprio agio: e ce si trova in DVD Blue (1983) di così, in Fellini-Satyricon, l’oste il Derek Jarman, dove lo schermo Moro, interprete di Trimalcione, è color IKB (International Klein recitava il menù del giorno, men- Blue) per tutta la durata, men- tre Salvo Randone gli risponde- tre si intrecciano voci e musi- Le citazioni sono tratte da: Ru- va declamando Vestire gli ignu- che. In L’Homme atlantique (1981) dolf Arnheim, Nuovo Laocoon- di di Pirandello. Questo Ur-Text di Marguerite Duras e in Bran- te, in Film come arte, Milano, Il diventava il palinsesto su cui ca de Neve (2000) di João César Saggiatore, 1960; Michel Chion, doppiare e mixare. Come in un Monteiro le voci raccontano una La voce nel cinema, Parma, Prati- pezzo di musica elettronica di storia, ma tranne qualche rapi- che, 1991; Michelangelo Antonio- Stockhausen, nei film di Fellini le da immagine, lo schermo è qua- ni, Sul cinema, Venezia, Marsilio, voci si sovrappongono, si rincor- si sempre nero. Nel secondo la 2004; Adriano Aprà, In viaggio con rono, scompaiono in un caos so- protagonista Biancaneve, che si Rossellini, Alessandria, Falsopia- noro-musicale da cui emergono risveglia dal suo sonno, rifiuta il no, 2006; Roland Barthes, La gra- frammenti intelligibili. Carmelo mondo che le appare e proclama: na della voce, in L’ovvio e l’ottuso, Bene faceva qualcosa di simile, “Mi sentirei male se vedessi e ri- Torino, Einaudi, 1985; Tatti San- ma con meno voci: bastava la sua. manessi per questo senza paro- guineti, Voci del varietà / Federico Nel cinema non narrativo, speri- le”; e ancora: “Preferisco ascolta- delle voci. I direttori di doppiaggio mentale o come lo vogliamo chia- re anziché guardare”. di Fellini, Rimini, Fondazione Fe- mare, la deprecata voce diventa È il motto di tanti asceti dell’im- derico Fellini, s.d. [ma 2005]. LA RISATA DI EDDIE MURPHY? Sondaggio È ITALIANA con il pubblico: a partire di ALICE dall’ascolto BONETTI di alcune scene tratte da film di alcune scene tratte da film dop- doppiati, abbiamo piati, abbiamo chiesto loro di as- sociare la voce italiana all’attore chiesto di straniero doppiato. associare la voce A parte rare eccezioni (Meryl Stre- ep/Maria Pia di Meo e Julia Ro- italiana all’attore berts/Cristina Boraschi e Jenni- fer Aniston/Eleonora De Angelis, straniero. sono state, in generale, le più ri- conosciute), una cosa che salta uno dei giovani eredi della grande subito all’occhio guardando i ri- tradizione del doppiaggio italia- sultati del sondaggio, è senz’altro no, nonché doppiatore ufficiale di la difficoltà, riscontrata soprat- Leonardo di Caprio: praticamente a voce. Essenza che tutto negli over 25, ad associare tutti hanno infatti facilmente as- traccia il timbro in- il volto delle attrici alla loro voce sociato la voce di Pezzulli al viso L confondibile di una italiana. Difficoltà probabilmen- dell’attore premio Oscar. persona. Strumento te dovuta al fatto che le doppia- Dopo Di Caprio, il più ricono- espressivo principale nella recita- trici italiane prestano la loro voce sciuto è stato il Johnny Depp de I zione attraverso cui un personag- done un’altra che sia il più possi- a moltissime interpreti ormai ve- Pirati dei Caraibi doppiato da Fa- gio prende corpo, colore e calo- bile fedele all’originale. Da queste re icone dell’Olimpo hollywoodia- bio Boccanera. Da notare come re. Le polemiche sul doppiaggio riflessioni ci siamo posti alcune no e per questo può essere difficile la sua biascicata e farfugliata ca- in fondo nascono proprio da qui. domande: quanto è importante la ricollegarle a un solo ed esclusivo denza, più che con l’attore in sé, Come si fa a cogliere davvero tut- voce del doppiatore nella riuscita volto. In ogni caso, dive come Keira è stata frequentemente identifi- te le sfumature di un personag- di un personaggio (o di un film) Knigthley, doppiata quasi sempre cata con l’ambiguo e irriveren- gio e tutte le sfaccettature dell’in- in Italia? Si sa che nel nostro Paese da Myriam Catania (voce anche di te personaggio di Jack Sparrow. terpretazione di un attore se lo si gli attori stranieri più famosi ven- , , Oli- Un fatto, quello di riconoscere sente recitare con una voce che gono solitamente doppiati sem- via Wilde, ecc.) e Em- il personaggio prima dell’attore, non è la sua? Eppure, è inconfuta- pre dallo stesso doppiatore, ma ma Stone, doppiata da Domitilla capitato anche con Emma Wat- bile come il doppiaggio sia un’ar- quali sono gli esempi più riusciti? D’Amico (la cui voce viene prestata son, la cui voce (Letizia Ciampa) te (perché di arte si tratta) lega- Quali sono quelle voci che riman- anche a Scarlett Johansson, Kirsten è stata spesso associata al per- ta intrinsecamente alla storia del dano immediatamente la nostra Dunst, Margot Robbie, Mila Kunis, sonaggio di Hermione Granger cinema straniero in Italia e che i memoria visiva al volto dell’atto- ecc.) sono state riconosciute so- in Harry Potter e con Renée Zel- doppiatori italiani (quelli bravi) re doppiato? Per capirlo abbiamo prattutto dagli under 25. Buio quasi lweger: la voce di Giuppy Izzo in sono a loro volta attori “dietro le sottoposto a 100 “ascoltatori” (50 totale per gli over. molti casi è stata infatti ricolle- quinte”, “doppi-attori” per l’ap- sotto i 25 anni e 50 sopra i 25 an- Per quanto riguarda invece le vo- gata alla maldestra Bridget Jones punto, il cui compito è quello di ni) un sondaggio/gioco piuttosto ci maschili, chi ha messo d’accor- piuttosto che all’attrice stessa. lavorare su un’emozione ricrean- divertente: a partire dall’ascolto do tutti è stato Francesco Pezzulli, A differenza degli over 25, pochi SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 22 - 23

sono stati i giovani in grado di CLASSIFICA UNDER 25 (NUMERO DI PERSONE associare le voci degli immensi CHE HANNO SVOLTO IL SONDAGGIO: 50) Ferruccio Amendola, e Oreste Lionello ai volti Attore / Attrice Num. di persone di Robert De Niro, Al Pacino, Jack che l’hanno Nicholson e Woody Allen. Ore- riconosciuto ste Lionello, tra l’altro, più che la voce ufficiale di Allen ne era quasi 1) Leonardo Di Caprio (Francesco Pezzulli) 46 l’alter ego, vista anche l’innegabile 2) Johnny Depp (Fabio Boccanera) 37 somiglianza fisica. Lo stesso Allen, 3) Meryl Streep (Maria Pia Di Meo) 36 che non è mai stato un fan del dop- 4) Eddie Murphy (Tonino Accolla) 31 piaggio, aveva ammesso in un’in- 5) Robin Williams (Carlo Valli) 30 tervista che la sua fama in Italia era forse anche dovuta alla bravura del 6) George Clooney (Francesco Pannofino) 28 suo doppiatore. Tuttavia, gli under 7) Renée Zellweger (Giuppy Izzo) 24 25 che hanno ascoltato un breve 8) (Myriam Catania) 19 monologo tratto da Prendi i soldi 9) Emma Watson (Letizia Ciampa) 15 e scappa, più che associare la vo- 10) Emma Stone (Domitilla D’Amico) 14 ce di Lionello al volto dell’attore/ 11) Julia Roberts (Cristina Boraschi) 12 regista newyorkese, l’hanno asso- 12) Russell Crowe (Luca Ward) 12 ciata a quello di un altro grande at- tore da lui doppiato, Gene Wilder. 13) Jennifer Aniston (Eleonora De Angelis) 11 Sia gli under 25 che gli over 25, han- 13) Robert De Niro (Ferruccio Amendola) 9 no invece facilmente riconosciu- 14) Jack Nicholson (Giancarlo Giannini) 7 to George Clooney nella voce di 15) Al Pacino (Giancarlo Giannini) 6 Francesco Pannofino, Robin Wil- 16) Woody Allen (Oreste Lionello) 2 liams in quella di Carlo Valli e Rus- sell Crowe nella calda e intensa to- nalità vocale di Luca Ward, la cui CLASSIFICA OVER 25 (NUMERO DI PERSONE fama ha spesso preceduto l’attore CHE HANNO SVOLTO IL SONDAGGIO: 50) doppiato, visto che in moltissimi (…moltissime…) hanno indicato il Num. di persone nome di Ward piuttosto che quel- Attore / Attrice che l’hanno lo del celebre gladiatore. riconosciuto Infine, il caso di Eddie Murphy, 1) Leonardo Di Caprio (Francesco Pezzulli) 48 altro attore che in tanti hanno 2) Johnny Depp (Fabio Boccanera) 40 saputo identificare a partire dal- 3) George Clooney (Francesco Pannofino) 37 la sua voce italiana, merita forse qualche parola in più. Possiamo 4) Robert De Niro (Ferruccio Amendola) 33 senza dubbio dire che la fama di 5) Robin Williams (Carlo Valli) 31 quest’attore in Italia sia legata an- 6) Eddie Murphy (Tonino Accolla) 30 che alla bravura e genialità del suo 7) Al Pacino (Giancarlo Giannini) 27 doppiatore, Tonino Accolla. Ac- 8) Meryl Streep (Maria Pia Di Meo) 20 colla è stato Billy Cristal in Har- 9) Russell Crowe (Luca Ward) 20 ry ti presento Sally, Mickey Rour- ke in Angel Heart, in Ace 10) Jack Nicholson (Giancarlo Giannini) 19 Ventura e in Una settimana da Dio, 11) Renée Zellweger (Giuppy Izzo) 17 Tìmon ne Il re leone, e sarà per sem- 12) Julia Roberts (Cristina Boraschi) 15 pre l’unico possibile Homer Simp- 13) Woody Allen (Oreste Lionello) 12 son (per inciso, era sua la direzio- 14) Jennifer Aniston (Eleonora De Angelis) 11 ne del doppiaggio di quasi tutti gli 15) Emma Watson (Letizia Ciampa) 6 episodi de I Simpson ed era anche l’autore dei dialoghi. Tormentoni 16) Keira Knightley (Myriam Catania) 3 come “ciucciati il calzino” e “brut- 17) Emma Stone (Domitilla D’Amico) 1 to bacarospo”, insomma, sono opera sua). La voce di Tonino Ac- colla ha dichiarato che Eddie Murphy aveva addirittura alterato la sua risata per colla era così indissolubilmente farla assomigliare di più a quella doppiata in italiano. Non stentiamo a crederlo. legata a questi personaggi, che da La leggendaria risata donata da Accolla all’attore americano ha senz’altro esal- quando non c’è più (il doppiatore tato l’impatto comico di Eddie Murphy in Italia, a dimostrazione del fatto che siculo è scomparso nel 2013), è un quando un doppiatore è bravo, può addirittura migliorare l’interpretazione ori- po’ come se anche loro ci avessero ginale. Non ci credete? Andate a vedere una qualsiasi clip intitolata “Eddie Mur- abbandonato. In un’intervista, Ac- phy’s laugh” e diteci se non vi delude almeno un pochino!

SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 24 - 25

e tradurre è un po’ ca, le spie diventano trafficanti di nei dialoghi. Il capo Comanche viene tradotta “spiedo”, anziché S tradire, come parti- droga (di qui il titolo francese). In che rapisce la bambina in origi- “sciabola” o “spada” (entrambi re è un po’ morire, questo caso il doppiaggio si ritro- nale si chiama “Scar”, in italia- labiali possibili) e viene fatta pro- figurarsi cosa suc- va al servizio di una precauzione no per motivi misteriosi diventa nunciare a Ward Bond (doppia- cede quando a una traduzione si ideologica che potremmo tran- “Scout”. Questo costringe a una to da Cesare Polacco) più spesso impongono vincoli feroci come quillamente definire “censura”. traduzione assurda della scena in che nell’originale. Sentieri selvaggi quelli legati al doppiaggio. Qua- In molti casi, però, si tratta sem- cui John Wayne e Jeffrey Hunter non è un film travisato come Ma- si superfluo ricordarli: lunghezza plicemente di errori. Siamo testi- lo rintracciano in Messico. In ori- no pericolosa, ma è comunque de- delle frasi il più possibile identi- moni di uno sfondone nella prima ginale Wayne, che sa lo spagno- vastato da scelte di doppiaggio in- ca all’originale, rispetto delle la- versione italiana di Red Heat (Wal- lo, dice a Hunter: “We’re gonna comprensibili. Un motivo in più, biali (almeno quando la bocca ter Hill, 1988), poliziesco ribattez- meet an indian chief called Cica- trattandosi di un capolavoro, per dell’attore che parla è in campo), zato Danko nel nostro Paese. È triz”, e quando Hunter non capi- vederlo o rivederlo in originale. ansiogena velocità di esecuzio- la storia di un poliziotto sovieti- sce gli spiega: “Cicatriz is mexi- Sappiamo benissimo come i due ne. E pensare che il doppiaggio co (Arnold Schwarzenegger) che can for Scar”. In italiano il dialogo campi semantici dove il doppiag- italiano continua ad essere uno viene spedito negli USA alla cac- è: “Andiamo a incontrare un capo gio lavora maggiormente di fan- dei migliori del mondo: almeno, cia di un pericoloso delinquente, indiano con una cicatrice” e poi tasia siano la comicità e il turpi- nel nostro mercato non abbiamo e messo in coppia con uno sbir- “La cicatrice è il segno di Scout”. loquio (soprattutto inglese). Nel mai sentito John Wayne chiedere ro americano (James Belushi). A Ancora più ridicola la scena in cui primo caso, restano memorabi- “parlez vous français” a un capo li (troviamo anche una pars co- indiano (è accaduto, in Francia!) struens in questo percorso) dop- né abbiamo mai assistito allo piaggi come quelli di The Blues scempio dell’oversound con vo- Brothers (John Landis, 1980) e ce unica, atona e uguale per tutti i QUI Frankenstein Junior (Mel Bro- personaggi, che ancora oggi com- oks, 1974), con divertentissime pie danni atroci in Russia (cercate battute inventate rispetto agli su YouTube qualche film, anche originali. Il discorso sul turpi- italiano, così tradotto nella lin- PRO QUO loquio è sottilmente diverso: la gua di Tolstoj: è un’esperienza). parolaccia inglese universale, Forse il più grande travisamento di “fuck”, può essere tradotta pe- lessicale del “doppiaggese” ita- ALBERTO CRESPI scando nell’inesauribile reper- liano è l’uso compulsivo del ver- torio delle parolacce italiane; la bo “rammentare”, che ben pochi sua “effe” ha reso però invasi- usano ormai nella lingua parlata: vo l’uso dell’italiano “fottere”, è invece onnipresente nei film an- più colloquiale di “rammenta- glofoni, soprattutto quelli più vec- Quando il doppiaggio riscrive i film. re” ma comunque non comunis- chi, perché la sua doppia “emme” simo nel linguaggio quotidiano. consente di rispettare almeno in O li distrugge. La ricchezza dell’italiano rende parte le labiali dell’inglese “re- spesso fantasiosi e “fiammeg- member”. Sono esempi minimi, gianti” dialoghi che in originale se ne potrebbero fare a dozzine. un certo punto Belushi mostra a Hunter sposa senza volerlo una suonano invece (magari volon- Ma cosa succede quando la tra- Schwarzy una 44 Magnum e gli di- donna indiana: in originale lui ini- tariamente) monocordi e osses- duzione italiana travisa comple- ce che è la pistola di “Harry la la- zia una battuta con la parola “lo- sivi. L’esempio più clamoroso ri- tamente o parzialmente un film? trina”. Alla proiezione stampa del ok”, “guarda”; lei fraintende e ca- mane Full Metal Jacket (Stanley L’esempio più clamoroso resta film, in diversi notammo la stra- pisce che lui la chiami appunto Kubrick, 1987) dove il tradutto- quello di Pick Up On South Street nezza di quella battuta e ne par- “look”. In italiano “look”… rima- re Riccardo Aragno e il diretto- (Samuel Fuller, 1953) che in Ita- lammo, finché il collega Michele ne uguale, e sembra che Hunter re di doppiaggio Mario Maldesi lia si chiama Mano pericolosa e in Anselmi intuì che era una tradu- chiami la donna “look”, o forse (con il pieno appoggio di Kubri- Francia Le port de la drogue. Il ri- zione improbabile di “Dirty Har- Luc, senza alcun motivo al mon- ck, va da sé) sconvolsero il film ferimento alla Francia, accanto ry” (alla lettera “sporco Harry”), do. Nel film, Wayne dice almeno da cima a fondo, facendo del- all’Italia, è doveroso: sono i due ovvero il modo in cui in America tre o quattro volte una frase, “that la versione italiana un Full Me- Paesi nei quali prudenti accor- chiamano l’ispettore Callaghan di will be the day”, che è una sorta di tal Jacket “alternativo” e assolu- gimenti di doppiaggio hanno to- Clint Eastwood. Denunciammo il suo tormentone. È una frase ger- tamente d’autore. Sul tema Fay talmente cambiato il senso del- fatto ai distributori italiani, che gale, potremmo tradurla “campa R. Ledvinka ha potuto scrivere la trama. In originale, il borsaiolo provvidero a correggere. cavallo”, ma nel doppiaggio italia- un libro, edito nel 2010 da Eris e protagonista ruba senza volerlo Un titolo che in molti abbiamo no è tradotta ogni volta in modo intitolato What the Fuck Are You un prezioso microfilm e si ritro- visto decine di volte, e che è pie- diverso. Nel finale, Ford gioca in Talking About? Sottotitolo circo- va braccato da una banda di spie no di simili errori, è modo ironico sull’uso della scia- stanziato (“Traduzione, omissio- comuniste; in Italia e in Francia, (John Ford, 1956). Non parliamo bola da parte del giovane soldati- ne e censura nel doppiaggio e nel Paesi dove negli Anni ’50 i partiti del titolo italiano, Sentieri selvag- no interpretato da Patrick Wayne, sottotitolaggio in Italia”): lettu- comunisti erano ormai parte in- gi, che è traditore ma evocativo. figlio di John: forse per rendere il ra colta, gratificante, suggestiva. tegrante della vita sociale e politi- Parliamo di errori da matita blu tutto più comico la parola “sabre” Ma, forse, vietata ai minori. Al cinema. di impegno, di professionalità, di piaggio, sono coinvolte parecchie Vi è mai capitato di guardare un film cui non tutti sono consapevoli. figure professionali e molto ben e pensare: “Sembra che siano loro Tanto per cominciare si parla diversificate fra di loro. Proviamo a parlare!”. Ecco, in quel momento sempre dei “doppiatori” come a fare chiarezza. avete scoperto il trucco e avete com- di tanti deus ex machina tuttofa- La produzione, come dice la pa- mentato un buon doppiaggio. re che, agli occhi del pubblico, rola stessa, produce un film. Lo Ma, dietro quella che è una via di avrebbero competenze di tradut- affida poi alla società di distribu- mezzo fra una tradizione e una ma- tori, interpreti, registi, tecnici del zione (che nei casi delle major ledizione (dipende dai punti di vi- suono e, a volte, addirittura di di- americane è un dipartimento del- sta) non tutta italiana, come a volte stributori. Ma così non è. la produzione), che affida il dop- si pensa, c’è una quantità di lavoro, In realtà, nel processo del dop- piaggio a una società di edizione DALL’ la quale si occupa, appunto, di Questo copione va nelle mani editare il film nella lingua di ar- di un assistente di doppiaggio rivo. Nel nostro caso l’italiano. Il che prepara una pianificazione, materiale audiovisivo viene affi- ossia “incastra”, per così dire, le dato a un adattatore, il quale tra- varie scene del film in maniera duce - o fa tradurre da una per- da ottimizzare la presenza dei sona di sua fiducia - il copione doppiatori (stanno per arrivare originale contenente i dialoghi anche i doppiatori, non temete) del film e ne fa un adattamento scelti dal direttore di doppiaggio labiale. È il primo passo verso il (in molti casi di concerto con il doppiaggio propriamente detto. capo edizione della distribuzio- ADATTAMENTO ne), che seguirà poi il lavoro in de poi all’ultima fase: il mix, do- sala dirigendo i doppiatori. Si va ve un fonico unisce le colonne poi in sala di doppiaggio, dove i italiane con le colonne interna- doppiatori danno la voce italiana zionali, ossia le tracce audio con- a tutti gli attori del prodotto ori- tenenti musiche e effetti, per arri- ginale, incisi da un fonico di sa- vare al film come lo vedrete nelle la, lavorando su frammenti più sale, o su pellicola o su copia digi- o meno lunghi di filmato. Finita tale, che è ormai lo standard. questa parte, le colonne del dia- Complesso? Sì, lo è. Ma vedia- logo italiane passano fra le mani mo più nel dettaglio le fasi mag- di un sincronizzatore che “rifini- giormente “creative”, anche se sce”, per così dire, il cosiddetto non molto meno “tecniche” di lip sync, ossia il labiale. Si proce- questo processo. ALLA SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 26 - 27 SINCRONIZZAZIONE:

L’adattamento. Quando un traduttore affronta un romanzo o un saggio, o un qualun- va a fornire sia “recitabile” bene e que scritto, ha davanti a sé la pagina, o magari un monitor con la pa- nei tempi della battuta. gina, ma, comunque, un testo. L’adattatore, invece, ha un testo, un Come vedete una vera missione filmato e una missione impossibile da compiere: adattare il testo di impossibile, di cui è difficile anche origine a un testo di arrivo che collimi con le lunghezze, i movimenti rendere un’idea precisa e comples- della bocca e, direi soprattutto, con i ritmi di recitazione dell’originale. sa anche da insegnare. O dovrei di- Perché, alla fine, è questo il cuore di tutta la faccenda: tutto quello che re “tramandare”, considerata la na- l’adattatore scrive andrà recitato, e più il lavoro sarà stato tecnicamen- tura squisitamente artigianale che te preciso e artisticamente ben scritto, migliore sarà il risultato finale. c’è dietro questo lavoro? Del resto Pensate che responsabilità! E pensate quante competenze si richiedo- anche in questo mestiere c’è una no a una persona sola: sensibilità linguistica, capacità tecnica di “ca- tecnica da acquisire che è l’elemen- pire” un sync, capacità artistica di provare le battute come andranno to indispensabile per far fruttare al recitate. Già, perché c’è anche questo, l’adattatore deve “simulare” il meglio le proprie competenze lin- doppiaggio in fase di adattamento per accertarsi che il materiale che guistiche e la propria creatività. TUTTI I SEGRETI Il doppiaggio. Ma i doppiatori da dove vengo- con quella che è la lingua italiana no? Un tempo i doppiatori erano del doppiaggio. Del resto la rico- attori professionisti che lavora- noscibilità di un attore, così pia- vano nel doppiaggio consideran- cevole e caratterizzante in pre- dolo una branca della loro pro- sa diretta, sarebbe strana in un fessione, esattamente come il film ambientato, per esempio, a cinema, la televisione o il teatro. New York. “Che ci fa nel Bronx Negli ultimi anni la situazione è un piemontese o un emiliano?”, un po’ cambiata. Nelle fiction, o ci chiederemmo. Quindi molti nel cinema italiano in generale, è nostri attuali doppiatori, ormai richiesto un tipo di linguaggio e di di lungo corso, sono “nati” arti- dizione quasi sempre con infles- sticamente formandosi nelle sa- sioni dialettali, che mal si sposa le di doppiaggio. DEL MESTIERE di CARLO COSOLO La passione. Una cosa, comunque, è certa: il doppiaggio è una professione, una passione e, in qualche misu- ra, una forma d’arte della quale ci si può innamorare e per la quale si può dare l’anima nel tentativo di far passare questo amore nelle voci che sentiamo al cinema e in televisione. Non sempre ci si rie- sce, ma, anche solo provarci, è un atto dovuto verso il proprio lavo- ro e nei confronti del pubblico. A FAVORE DEI SOTTOTITOLI

di CRISTIANA PATERNÒ

n un mondo idea- persone cominciarono a parla- li della grande scuola italiana) è arrivò a indire un referendum che I le parleremmo tutti re lingue diverse e si dispersero paradossalmente anche peggio: venne introdotto e concluso da la stessa lingua. La in giro per il mondo. Potremmo perché i sottotitoli almeno ci ri- due famosi articoli di Michelan- nascita dei diver- continuare ma ci basti a dimo- cordano che di toppa su una stof- gelo Antonioni decisamente con- si idiomi viene fatta risalire nella strare quanto bruci l’incompren- fa strappata si tratta. Possiamo fa- trario al doppiaggio, mentre tra gli Bibbia proprio alla costruzione e sione tra i popoli. Però, una volta re qualche confronto se abbiamo interpellati - registi, critici e anche alla successiva caduta della tor- accettata la “caduta” come ine- una sia pur minima cognizione studenti - 119 si dissero contra- re di Babele. Ma il mito è presen- vitabile, la toppa da metterci, per della lingua originale e possiamo, ri e 114 a favore.Nell’articolo con- te in molte altre culture. Gli india- quanto limitata e imperfetta, è la per assurdo, non leggerli affatto clusivo il maestro ferrarese spiegò ni Kaska raccontano che “venne traduzione. E siccome tradurre è cercando di comprendere il film questa spaccatura a metà: “Il ci- una grande oscurità e un vento in ogni caso tradire, sottotitoli o solo attraverso il linguaggio delle nematografico è un divertimento impetuoso che trascinò le imbar- doppiaggio cosa cambia? Cam- immagini. Si dirà che il sottotito- puro e semplice nel senso lettera- cazioni di qua e di là. Gli uomini bia che il doppiaggio, come ogni lo sia l’attenzione, distrae o si im- le del termine? Allora doppiamo. furono separati. Alcuni vennero traduzione senza testo a fronte, pone alla lettura. In parte è vero e È un’arte, sia pure una cosiddetta spazzati via… Molto tempo do- contiene un’intrinseca dose di in- per questo sono sempre preferi- ‘arte per masse’? Non doppiamo”. po, quando nel loro vagabonda- ganno (e autoinganno): impossi- bili quelli elettronici, posti fuori Quindici lustri dopo siamo ancora re, incontravano gente che veniva bile confrontare l’originale, biso- dallo schermo. Ma sta di fatto che allo stesso punto e, confusi e infe- da posti diversi, parlavano lingue gna dare per scontato che la copia i sottotitoli sono sempre piaciuti lici, non possiamo che concordare diverse, e non riuscivano a capir- sia conforme. Il sottotitolo, nel- ai puristi, agli intellettuali e natu- con Robert Bresson: “Il doppiaggio si”. Secondo i Tikuna dell’alto Rio la sua dichiarata imperfezione, è ralmente agli autori, preoccupati è un delitto e i sottotitoli, purtrop- delle Amazzoni gli uomini man- più onesto. Un buon doppiaggio di non veder travisata la loro cre- po, non possono sostituire la paro- giarono due uova di colibrì. E le (e ottimi, da sempre, sono quel- atura. Nel 1941 la rivista “Cinema” la e il suo timbro”.

NELLA CINETECA DI BABELE SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 28 - 29

A FAVORE IL CINEMA? DEI SOTTOTITOLI UNO, LIBERO E DEMOCRATICO

occa rispolverare occorre una banda ottica aggiun- le lingue del mondo né confida- zione gratuita e indebita; se non T Winston Churchill, tiva per contenere il raddoppio. re nell’Esperanto perché omoge- conosco, pensiamo a Cannes, il cui spetta l’incerta L’occhio, e la nostra attenzione, neizzante, dobbiamo chiederci farsi del film, l’inglese e il fran- paternità di questa non vuole essere ripartito, scis- che cosa sia meno peggio: in- cese dei sottotitoli, vengo lascia- considerazione: “La democra- so, pervertito: non possiamo de- golfare il canale video o il canale to alla mia incomprensione (e zia è la peggior forma di governo, dicare aggiuntiva attenzione visi- audio? Ricordare che il cinema, ignoranza, diciamolo) oppure si ma non ne conosco una miglio- va a quel che dovrebbe essere - è come noi, nasce infante dovreb- sottotitola n-volte fino a esaurire re”. Sostituite sottotitoli a demo- nato tale - solo uditivo, senza to- be suggerire la risposta giusta: gli idiomi del mondo e lo spazio crazia, fruizione audiovisiva a go- glierla al visivo primigenio, ovve- l’audio. Traduzione in simulta- sullo schermo? Davvero, meglio verno, ed eccoci qui: i sottotitoli ro il film. Nel muto, non c’erano i nea, due auricolari – o uno solo? la simultanea in cuffia, a basso sono il peggior modo di guarda- sotto, ma gli intertitoli, i cartelli: – per ciascuno spettatore: a Ce- volume, per salvaguardare e ri- re un film girato in un idioma che inquadratura diegetica, cartello, sare quel che è di Cesare, all’o- cordare che cos’è il cinema: uno, non si padroneggia, ma all’oriz- inquadratura diegetica. recchio quel che è nato per l’o- libero e, ehm, democratico. zonte non se ne vedono di miglio- Nessuna invasione di campo, e recchio. Il film così rimarrebbe ri. Il doppiaggio non lo è. Eppu- nessun infingimento semantico: quello licenziato dal regista, ma re, le convergenze parallele non tramite, intercalazione. Al con- la modalità di consumo sarebbe esistono, tantomeno al cinema: trario, i sottotitoli, che siano posti differenziata, a misura di spetta- l’occhio vuole la sua parte, che è in basso sullo schermo o aggiun- tore. Anche perché, parlando di il film inteso e licenziato dal regi- ti sotto, sono sempre sovratitoli fruizione collettiva in sala (vedi sta, senza sovrimpressioni, senza e, di più, intratitoli: sottotitoli è festival), urge ricordare due co- estensioni - laddove i sottotitoli infingardo eufemismo. Dunque, se: se padroneggio la lingua del sono in due lingue, vedi festival, e se non possiamo imparare tutte film i sottotitoli sono una puni-

CONTRO I SOTTOTITOLI

di FEDERICO PONTIGGIA FUORI DALL’OMBRA

Il Festival Nazionale del Doppiaggio - “Voci nell’ombra”: una manifestazione che da 20 anni porta alla ribalta i grandi professionisti del settore, insigniti del premio Anelli d’Oro.

di HILARY Con fare ironico, ritira la “Tar- TISCIONE ga alla carriera di adattatore e dialoghista” e confessa di vo- ler passare il testimone. “Ma farò ancora qualcosa, tiè!”. E quando il presentatore Mau- va a una scuola di dizione. “Se rizio di Maggio gli chiede se è non avessi fatto il doppiatore vero che i doppiatori italiani – ha confessato – avrei fatto sono i migliori del mondo, ri- la guida alpina”. A tutti quelli sponde: “Sì, siamo i migliori”. che gli chiedono se abbia mai È dello stesso parere anche incontrato Williams, rispon- Laura Cosenza, insignita del de: “Purtroppo no, quando è “Premio SIAE al giovane adat- stato ospite da Maurizio Co- tatore e dialoghista di talen- stanzo, io ero a casa mia. So to”: “La scuola di doppiaggio siste da vent’anni. però che ha avuto ugualmen- italiana è un’eccellenza asso- E Per la precisione dal te modo di sentire la mia voce luta”, afferma. “Si tratta di una 1996, quando Bruno e che ne è rimasto contento”. tradizione radicatissima”. E Paolo Astori e Clau- Lascia il palco gridando den- quali caratteristiche bisogna dio G. Fava idearono la più im- tro al microfono: “Good mor- avere per farne parte? “Prima portante manifestazione dedica- ning, Vietnam” e scatena l’ap- di tutto, la base è una buona ta al doppiaggio e la radicarono plauso del pubblico. scuola di recitazione”, sostie- nel territorio ligure. Quest’anno, La prima artista ad essere pre- ne Roberto Gammino - voce sotto la direzione di Tiziana Vo- miata è Stella Musy che dedica di Spud nel cult generaziona- arino e Felice Rossello, il Festival la vittoria - sezione “Prodot- le Trainspotting e indimenti- Nazionale del Doppiaggio-“Voci ti di animazione” per il ruo- cabile Eric Cartman in South nell’ombra” si è svolto a Savona, lo di Gioia in Inside Out - al Park - che ritira il premio “Mi- lo scorso 28 ottobre, e ha assegna- papà Gianni Musy, scompar- glior doppiaggio generale” to gli Anelli d’Oro ai professioni- so nell’ottobre 2011. La con- per la serie televisiva House sti che prestano la loro voce alle segna degli Anelli è alterna- of Cards. “Un bravo doppia- più grandi star internazionali. ta da sketch divertenti, come tore è quello che vive dentro Il piemontese Carlo Valli, storica le battute del famoso diretto- il personaggio che doppia. Un voce di Robin Williams in film fa- re del doppiaggio Francesco conto è stare sulla faccia di un mosi, tra i cui L’attimo fuggente e Vairano - inconfondibile vo- attore, un conto è stare dentro Mrs. Doubtfire, è stato premiato ce di Gollum ne Il Signore de- la faccia”. Gammino continua nella sezione “Spot Pubblicitari” gli Anelli e Severus Piton in parlando di anima, senza la (“Segugio.it”). Sul palco del Tea- Harry Potter – che parla dei quale nulla sarebbe possibile. tro Chiabrera ha colto l’occasio- doppiatori come di un “male Sempre nella sezione “Televi- ne per raccontare i suoi esordi e la necessario”. Laddove i criti- sione”, si aggiudica il titolo di sua infanzia, quando parlava so- ci li contestano, il pubblico e “Miglior voce maschile” Mas- lo dialetto e la mamma lo porta- il mercato li acclamano, dice. simo Rossi per l’interpretazio- SCENARI Il doppiaggio ai tempi del web e delle serie Tv 30 - 31

Irons, Gérard Depardieu e Jeff Bridges. Bianchi elogia le qua- lità dei doppiatori: “Per fare ne di Paul Giamatti in Billions, questo mestiere – dice – bi- mentre la miglior voce non sogna avere talento e studia- protagonista è quella di Tony re nelle scuole che insegnano Sansone nei panni di Jason Ge- come interpretare un perso- orge in Grey’s Anatomy. naggio, non basta acquisire la Giuppy Izzo, interprete di tecnica in sala di doppiaggio. Winona Ryder in Stranger E non bastano neanche le rac- Things, è la miglior voce fem- comandazioni, ci vogliono i minile, mentre la poliedrica requisiti giusti. Nessuno è di- Federica De Bartoli guada- sposto a rischiare l’incasso di gna il titolo di “Miglior voce un prodotto ingaggiando un non protagonista” per Il ca- doppiatore incapace”. so Spotlight, sposando il volto Infine, la “Targa Bruno Paolo di Rachel McAdams. Prima di Astori” viene consegnata nel- lasciare la scena, rivela esse- le mani dell’artista più giova- re la sua preferita tra le molte ne. Si tratta del ventiquattren- attrici che incarna. ne torinese Gianandrea Muià Per la stessa pellicola, si aggiu- - votato dagli utenti dei social dica il premio “Miglior voce network - che si racconta nel maschile” Luca Biagini (Mi- corso di un’intervista: “Vorrei chael Keaton), mentre la cele- seguire un giovane attore du- bre Cristina Boraschi ottiene il rante tutta la sua carriera, ma titolo di “Miglior voce femmi- la mia ambizione più grande è nile” per Il segreto dei suoi occhi. riuscire a vivere di questa pro- “Qualcuno mi chiama diretta- fessione”. Molta ombra, poca mente Julia. La doppio da ven- fama: anche quest’anno il Fe- tisette anni”, scherza sul palco. stival del Doppiaggio confer- E l’emozione è palpabile, la ma come il mestiere del dop- nostra Julia Roberts è qui. piatore abbia bisogno prima di Mario Cordova, leggendaria tutto di tanta dedizione. voce di Richard Gere, conqui- sta l’Anello d’Oro per il “Mi- glior doppiaggio generale” in Everest, battendo i colleghi Fabrizia Castagnoli e Rodolfo Bianchi. Quest’ultimo, inve- ce, è omaggiato con la “Targa Claudio G. Fava alla carriera” per un lungo percorso in ve- ste di attore, doppiatore e dia- loghista. Forse, il suo, è il tim- bro più versatile e resta inciso sul volto di numerose star in- ternazionali, tra cui Jeremy SCENARI 2 Coming Out. Lo confesso: io quel film non l’ho visto

COMING OUT.

I FILM CHE NON ABBIAMO VISTO

Tutti noi sappiamo di non aver visto alcuni film che dovremmo aver visto.

Sono mancanze di cui spesso ci vergogniamo,di GIANNI CANOVA

o di cui ci fingiamo orgogliosi per controbilanciare ed

esorcizzare la vergogna. Ma quali sono, tra i grandi film, quelli che non abbiamo visto? E perché proprio quelli? SCENARI 2 Coming Out. Lo confesso: io quel film non l’ho visto 32 - 33

Così, se provi a stilare – un po’ co- me faceva Italo Calvino con i libri in Se una notte d’inverno un viag- giatore – un tuo personale elen- co dei film che non hai visto, ti ri- trovi fra le mani una lista in cui la na delle tante “leg- mancata visione ha sempre a che U gende metropolita- fare anche con la tua volontà. ne” diffuse tra i ci- Proviamo: nefili italiani narra I film che non hai ancora visto ma che Guido Fink, al termine del- che ti riprometti di vedere; Eppure tutti noi abbiamo un se- la presentazione di un suo libro I film che non hai visto e che non greto. Sappiamo che non abbia- (probabilmente una delle due hai nessuna intenzione di vedere; mo visto quel film e sappiamo che monografie scritte per le edizioni I film che non hai visto ma è co- confessarlo ci crea un po’ di im- Il Castoro, una su Lubitsch e l’al- me se li avessi visti; barazzo. Perché ci sono film che tra su Wyler), sarebbe stato avvi- I film che hai visto ma è come se qualcuno può essere orgoglioso cinato da Fernaldo Di Giammat- non li avessi visti perché non ri- di non aver visto, tanto da dichia- teo che intendeva manifestargli le cordi neanche un’inquadratura; rarlo con orgoglio fazioso e provo- sue più vive congratulazioni per il I film che potresti aver visto ma che catorio. Fatti suoi. Più interessan- rigore e l’acume delle analisi con- ti ostini a pensare di non aver visto; ti le mancate visioni, quelle che si tenute nel libro. A quel punto – di- I film che preferiresti non aver visto; confessano con un po’ di imba- ce la “leggenda” – pare che Fink, I film che non vorresti vedere ne- razzo, sapendo di suscitare negli con il suo inconfondibile sorriso anche con una pistola alla tempia; astanti incredulità e stupore. autoironico, abbia risposto: “Pen- I film che non hai visto, che vor- Ma come? Non hai visto quel film! sa che libro sarebbe stato se aves- resti vedere ma che temi ti sia Ebbene sì: lo confesso. Coming Out. si visto tutti i film!”. Già: c’è stato impossibile reperire; È questa confessione che abbia- un tempo in cui i film non si vede- I film che sai già che non vedrai mo chiesto di fare agli amici e vano, anche se dovevi/volevi scri- mai (quelli che faranno quando colleghi che sono stati al gioco. vere un libro su di loro, semplice- tu non ci sarai più…?). Le rivelazioni che seguono so- mente perché era praticamente Potrei continuare. Ma dovrei co- no spesso sorprendenti. E van- impossibile vederli. Dovevi dargli minciare a confessare. Perché c’è no lette sempre con un certo di- la caccia, ai film. Dovevi cercarli una decima categoria di film in- stacco e con la necessaria cautela. nei festival e nelle rassegne. Dove- veduti: quella dei film che ti ver- Qualcuno bluffa, non c’è dubbio. vi augurarti che qualcuno organiz- gogni di confessare che non hai Qualcuno finge. Qualcuno recita. zasse una retrospettiva. Dovevi visto. Qualcuno, non a caso, non E poi, chi ha detto che vedere un provare a immaginarteli. O dove- è disposto a confessare e ritiene film sia sempre e comunque me- vi recarti di persona nella cineteca di averli visti tutti, i film. È una glio che immaginarlo soltanto? che conservava una copia del film, forma di panismo filmico abba- Non aver visto non è necessaria- ammesso che di quel film esistes- stanza diffusa, soprattutto tra i mente sintomo di mancanza, an- se ancora almeno una copia. cinefili duri e puri: “anche se non zi. Mi raccontava un amico, uno Allora, nell’era della “scarsità”, il l’ho visto è come se l’avessi visto dei maestri della critica italiana, non aver visto un film dipendeva perché io non vedo, io sono avvi- che una volta gli telefonò un regi- quasi sempre da un’oggettiva dif- stato dai film che si manifestano sta, uno di quelli che contano, che ficoltà, da una sconsolante indi- in me e nel mio essere un tutt’u- dopo aver letto una sua recen- sponibilità. Oggi, ovviamente, non no con il cinema” (dichiarazione sione gli disse con trasporto che è più così. Oggi, nell’era dell’ac- autentica, l’ho sentita con le mie nessun altro aveva capito così in cessibilità, quasi tutti i film so- orecchie!). Eppure. profondità, così “intimamente” no facilmente reperibili. Non su (disse proprio così…) il senso del grande schermo, è ovvio. Ma per suo lavoro. Peccato – mi confessò visionarli in vista di un libro, que- il decano della critica – che quello sto sì. Oggi, se non hai visto que- fosse il primo e unico film di cui sto o quel film, è sempre anche avesse scritto senza averlo visto. per una scelta soggettiva. Perché ne hai preferito altri. O perché quel film non ti ha mai interessa- to al punto da spingerti a vederlo. IO di ANNA MARIA PASETTI

CONFESSO SCENARI 2 Coming Out. Lo confesso: io quel film non l’ho visto 34 - 35 (J. Cameron - 1997) Titanic (J. è un paese per Coen, vecchi (E.&J. Non 2007) - 1985) La mia Africa (S.Pollack -1952) Cantando sotto la pioggia (S.Donen/G.Kelly Il Dottor - 1965) Živago (D.Lean di latta (V. Schlöndorff - 1979) Il tamburo -1957) Kubrick Orizzonti di gloria (S. (I. Bergman – 1966) Persona – 2015) Tarantino The Hateful Eight (Q. – 2010) Nolan Inception (C. Spielberg - 1975) Lo squalo (S. – 1962) Kubrick Lolita (S. Lumet – 1976) (S. Quinto Potere

(L.Emmer-1952) di Piazza Spagna (L.Emmer-1952) Le ragazze C’eravamo tanto amati (E.Scola - 1974) – 1966) (M.Monicelli Brancaleone L’armata - 1985) (F.Fellini Ginger e Fred – 1955) Le amiche (M. Antonioni – 1966) Pasolini e uccellini (PP. Uccellacci – 1968) (B. Bertolucci Partner – 2011) Moretti (N. Habemus Papam – 1981) Rosi (F. fratelli Tre - 1973) Ludwig (L.Visconti Deserto – 1964) (M. Antonioni rosso – 1975) Salò o le 120 giornate di Sodoma (PP Pasolini Caos calmo (A. Grimaldi - 2008) Elio Germano Costanza Quatriglio Costanza Barbera Alberto Medici Antonio Occhipinti Andrea Teardo Theo De Lillo Antonietta Monda Antonio Michele Placido Detassis Piera Ferzetti Fabio Bruni Francesco Veronesi Giovanni addetti di festival, direttori critici, attori, Registi, e uno film italiano un grande rivelano ai lavori E non mancano che non hanno mai visto. straniero Michelangelo Antonioni. Il più citato? le sorprese. Steve Della Casa Cronaca di un amore (M. Antonioni – 1950) Alice non abita più qui (M. Scorsese – 1974)

Federico Pedroni Vaghe stelle dell’Orsa (L. Visconti – 1965) Il bandito delle 11 (J.L.Godard – 1965)

Vieri Razzini Youth – La giovinezza (P. Sorrentino – 2015) (L. Von Trier - 2000)

Fulvia Caprara Il grido (M. Antonioni – 1957) L’anno scorso a Marienbad (A. Resnais – 1961)

Francesco Castelnuovo L’eclisse (M. Antonioni – 1962) Independence Day (R. Emmerich - 1996)

Oscar Cosulich La caduta degli dei (L. Visconti – 1969) Lawrence D’Arabia (D. Lean – 1962)

Alberto Crespi Deserto rosso (M. Antonioni – 1964) Tirate sul pianista (F. Truffaut – 1960)

Laura Delli Colli Svegliati e uccidi (C. Lizzani – 1966) L’anno scorso a Marienbad (A. Resnais – 1961)

Giorgio Gosetti Deserto rosso (M. Antonioni – 1964) La corazzata Potëmkin (S. Ėjzenštejn – 1925)

Enrico Magrelli La mano dello straniero (M. Soldati – 1954) Addio America (A.P.Dovženko – 1949)

Valerio Caprara Sacco e Vanzetti (G. Montaldo – 1971) Heimat 1-11 (E. Reitz – 1984)

Andrea Martini La caduta degli dei (L. Visconti – 1969) Star Wars (G. Lucas – 1977)

Paolo Mereghetti Medea (PP. Pasolini - 1969) Les parapluies de Cherbourg (J. Demy - 1964)

Franco Montini Deserto rosso (M. Antonioni – 1964) Via col vento (V. Fleming - 1939)

Emiliano Morreale Il deserto dei Tartari (V. Zurlini - 1976) Il lungo addio (R. Altman - 1973)

Malcom Pagani Morte a Venezia (L. Visconti – 1971) Barry Lyndon (S. Kubrick – 1975)

Angela Prudenzi La presa di potere da parte di Luigi XIV (R. Rossellini – 1966) Questa è la mia vita (JL. Godard- 1962)

Marina Sanna Per un pugno di dollari (S. Leone - 1964) Spartacus (S. Kubrick - 1960) SCENARI 2 Coming Out. Lo confesso: io quel film non l’ho visto 36 - 37 (A. Tarkovskij - 1962) (A. Tarkovskij di Ivan L’infanzia (dal 2001) la saga di Harry Potter (C. Laughton – 1955) Laughton sul fiume (C. La morte corre (F.Truffaut - 1981) della porta accanto (F.Truffaut La signora (N. OshimaEcco l’impero dei sensi - 1976) (N. Il mago di Oz (V. Fleming - 1939) - 1928) La passione di Giovanna (C.T.Dreyer d’Arco (A.Kurosawa – 1980) del guerriero (A.Kurosawa L’ombra – dal 2001) Jackson degli anelli (P. la trilogia Il Signore Lucas - dal 1977) (G. la saga Star Wars -1961) Colazione da Tiffany (B. Edwards Il gabinetto del dottor Caligari (R. Wiene -1920) Marshall -1990) (G. Pretty Woman Se… (L.Anderson -1968)

½

8 REDAZIONE REDAZIONE (G. Pontecorvo - 1966) Pontecorvo La battaglia di Algeri (G. I cento cavalieri – 1964) (V. Cottafavi (E. Petri - 1961) (E. Petri L’assassino Le sette spade del vendicatore - 1962) (R. Freda (D. Argento – 1971) Argento Il gatto a nove code (D. Germania Anno Zero (R. - 1948) Rossellini Luci del varietà (F.Fellini-A.Lattuada - 1950) (PP Pasolini – 1974) (PP Pasolini delle MilleIl fiore e una Notte - 1967) La bisbetica domata (F.Zeffirelli Risi -1961) vita difficile (D. Una -1975) Pasolini Salò o le 120 giornate di Sodoma (PP. (R.Rossellini -1946) Paisà Leone -1966) Il buono, il brutto, cattivo (S. -1975) Matti S. Petraglia (S.Agosti, da slegare M.Bellocchio, S. Rulli, Gianni Canova Gianni Canova Di Gregorio Giancarlo Bianchi Nicole Diotaiuti Carmen Guglielmino Andrea Paternò Cristiana Rosa Stefanutto Stefano Anna Maria Pasetti Anna Maria Pasetti Giovanni Spagnoletti Giovanni Bruno Torri Bruno Torri Roberto Silvestri Roberto Pedro Armocida Pedro Michele Anselmi Mario Sesti INNOVAZIONI Sarà il teatro il vero cinema 4D?

di STEFANIA CHINZARI INNOVAZIONI Sarà il teatro il vero cinema 4D? 38 - 39

Cinema e teatro da sempre si parlano, litigano e tornano ad amarsi. Ma da una decina d’anni almeno i gruppi della ricerca considerano il cinema come uno degli elementi della creazione teatrale. Siamo partiti da qui per una riflessione sullo stato dell’arte.

uando Enrico Ca- nino ad amarsi è un dato di fatto. lità-realtà, e sperimentare nuo- ido, liquido e paludoso, senza sagrande, co-fon- Che da una decina d’anni almeno ve forme di rapporto e di comu- orizzonti e senza limiti, la pa- Q datore e regista i gruppi della ricerca anche italia- nicazione con il pubblico. rola d’ordine è: togliere. Pare- della compagnia na considerino il cinema in sen- ti, caselle, etichette. Anche tra teatrale Motus, ha presentato so lato come uno degli elementi Che dire infatti di My arm di le arti, naturalmente. E nelle MDLSX a Fabbrica Europa, lo della creazione teatrale, è una no- Accademia degli Artefatti, che esperienze di molte compagnie ha definito senza mezza termi- vità con interessanti spunti di ri- vede in scena un attore, un vi- italiane e internazionali, cine- ni un “road movie”, un viaggio flessione. Per cominciare, lo uti- deo che lo proietta e con cui ma e teatro confluiscono, si so- dove gli attori dal vivo interagi- lizzano in modo nuovo rispetto egli stesso dialoga, una teleca- vrappongono, si con-fondono. scono con proiezioni, filmati e al passato, portandolo letteral- mera che lo proietta per la ter- computer come fossero perso- mente sulla scena e disarticolan- za volta e l’attore stesso che Pensiamo allo spettacolo che naggi in carne e ossa. Invece nel done il linguaggio e gli strumenti, improvvisa prendendo oggetti un protagonista del teatro di progetto precedente, Rooms, mettendolo a nudo come è nu- dal pubblico, con un gesto che sperimentazione come Giorgio gli attori sono via via scompar- do, sempre, l’attore davanti al suo sfonda la quarta parete, omag- Barberio Corsetti, ha presenta- si dalla scena, sostituiti intera- pubblico. E come è proprio della gia lo straniamento brechtiano to a Romeuropa Festival 2016, mente dalle riprese video del sperimentazione teatrale, anche e apre la strada al 4D? Il ratto di Europa, ambien- loro recitare. le immagini riprese e mostrate tato in quattro luoghi diversi Nello spettacolo Him di Fanny sugli schermi o sui monitor; gli at- Da un lato dunque cinema e te- della città collegati in fibra ot- & Alexander, Him come la fa- tori che grazie al motion capture e atro continuano il dialogo di tica al GARR, la rete telematica mosa opera-statua di Cattelan al 3D dialogano con la propria im- sempre: portano sul set testi italiana a banda ultralarga de- che riproduce Adolf Hitler, e an- magine riprodotta su uno scher- teatrali di successo (e anche il dicata alla ricerca: il pubblico zi identico a quella statua nelle mo (Le avventure del signor contrario, con film adattati per sceglie di assistere allo spetta- fattezze, l’attore è in ginocchio Quixana di Roberto Castello) il palcoscenico come Sacro Ro- colo in uno dei quattro posti e davanti al pubblico mentre alle o i performer vestiti da Batman mano GRA o War Horse); crea- in ognuno ha davanti a sé un at- sue spalle viene proiettato su un che con la webcam si connetto- no registi e attori che fanno la tore in carne e ossa e tre attori grande schermo Il mago di Oz di no in diretta dal palcoscenico a spola con una scioltezza che sugli schermi: c’è la rete come Fleming. L’attore recita e canta chat casuali (Joseph di Alessan- fino a vent’anni fa era solo an- vuole Internet, c’è la compre- le parti di tutti i personaggi: da- dro Sciarroni) aumentano il sen- glosassone (da Mezzogiorno a senza dal vivo propria del tea- vanti a sé, prima del pubblico, so di spiazzamento e de-realtà, di Gifuni, da Emma Dante a Sor- tro, c’è la diretta propria della un monitor-spia dal quale segue squilibrio e voyeurismo, la ricerca rentino, prossimo al debutto televisione, c’è la riproduzio- il film. di significato. teatrale); si contendono il pub- ne sugli schermi del cinema... E in Madre assassina di Tea- blico sempre più esiguo che Cosa è? Chi ri-media chi? Come trino Clandestino, quando alla Lungo questo confine di atto- esce di casa per andare in una lo chiameremo? In attesa di nuovi fine cade a terra il velo che se- ri al quadrato e sconvolgimenti certa sala ad una certa ora a ve- alfabeti, nel corto circuito di que- parava scena e platea, il pubbli- di coordinate spazio-temporali, dere un certo “prodotto”, uno sto presente già futuro, sempre co scopre che i personaggi al- corre la frontiera dell’ennesima live e l’altro in differita, ma san- qui e sempre altrove, pare proprio tro non erano che ologrammi; rinascita di quell’araba fenice no che web e tecnologie digita- che alla domanda se “essere o non le uniche cose vive, “vere”, so- che è il teatro, continuamente li li hanno trasformati e ri-me- essere” il teatro voglia risponde- no il sonoro e le voci degli atto- dato per morto, e invece anche diati irrimediabilmente. re “essere”. Anzi, esibendo attori ri, confinati per tutto il tempo in capace di reinventarsi, stavolta e personaggi dal vivo, in digitale e fondo al palcoscenico. grazie alla disinvoltura con cui Dall’altro, però, respirando un sugli schermi, in 3D e 4D, assimi- le nuove compagnie utilizzano mondo sempre più polare, che lando e fagocitando linguaggi di Che cinema e teatro da sem- gli strumenti del fare cinema non smette di costruire muri arti che sono solo più giovani, di pre si parlino, litighino e tor- per esplorare i temi della virtua- ma che diventa sempre più flu- volere super-, iper- e cyber-essere. SPERIMENTARE LA di S.C.

Quattro interviste a esponenti di compagnie teatrali che si relazionano e si integrano con il cinema: Fabrizio Arcuri, Luca Brinchi, Simone Derai, Daniela Nicolò.

1. Qual è il vostro rapporto con 2. E da artisti di teatro? 3. Vi ispirano di più il cinema il cinema da spettatori: avete o altri linguaggi: videogiochi, film, registi, scene cult? musica, web in senso lato, arte figurativa?

FABRIZIO ARCURI Fondatore e regista della compa- gnia romana Accademia degli Artefatti, nata nei primi Anni ‘90

3. Le ispirazioni non sai mai da dove arrivino, né perché, e spesso si nascondono nelle cose più im- pensate. Ciò di cui ci si nutre co- stituisce una base che al momen- to giusto diventa un filtro e un sistema di riferimento, ma l’in- put è insondabile, arriva da qual- siasi parte, e ti si annida dentro a tua insaputa. E poi lavora fino a diventare un’urgenza che cerca forma.

1. Da spettatore guardo tutto, sen- 2. Da teatrante, certe volte mi rifiu- 4. Diversi sono il linguaggio speci- 5. Forse tutte e tre le cose, con za confini di genere. Nutro una to di cedere al ricatto della narra- fico e il modo in cui rappresenta- percentuali diverse e con diversa passione ingiustificata per gli hor- zione e dell’immedesimazione, mi no il mondo. Il teatro può evitare consapevolezza. ror e i film splatter, non disdegno stanca penetrare nel microcosmo l’immedesimazione, in un certo la fantascienza e adoro i western di una storia per rintracciarne tut- senso è più politico. E ha la possi- 6. Per provocazione risponderei con gli indiani. Attendo con ansia te le storie e mi manca la riflessio- bilità di mescolare i linguaggi con di sì. E il teatro, naturalmente, è i nuovi film di Yorgos Lanthimos, ne sul meccanismo, sul rapporto più libertà e sfacciataggine. La re- provocazione. Nicolas Winding Refn e Xavier che il film ha con la finzione e so- lazione diretta con gli spettatori, Dolan anche se Lynch, Fassbinder, prattutto con lo spettatore. Però questo senso inevitabile e intrin- Cronenberg e Kubrik occupano ci sono alcuni film caposaldo nel seco di ambire a creare colletti- un posto speciale. Tra gli italiani, tentativo di costruire una storia vità, lo rende non equiparabile e, Matteo Garrone e Daniele Vicari decostruendone il linguaggio: Il per me, incredibilmente più at- mi sorprendono sempre. E poi ci cielo sopra Berlino, Lo zoo di Venere traente. Se c’è un luogo dove è sono i serial, entrati a gamba tesa o Giochi sull’acqua di Greenaway, i possibile la spettacolarizzazione nel nostro immaginario, che ci ru- film di Paradjanov, Dogville, e, na- totale, quello è proprio il teatro. bano le notti e l’attenzione. turalmente, i film di Lynch. INNOVAZIONI Sarà il teatro il vero cinema 4D? 40 - 41 CONTAMINAZIONE

4. Ha senso parlare ancora di 5. Il cinema ha un debito stori- 6. Il vero cinema 4D è il teatro? cinema e di teatro come arti di- co con il teatro: oggi portando verse o stiamo andando verso immagini, video, proiezioni, una rimediazione, una “spet- computer sulla scena lo sac- tacolazione” totale? cheggiate, lo contaminate o lo reinventate?

LUCA BRINCHI Attivo dal 2001 come videoartista. Lavora con Daniele Spanò, dopo l’esperienza con il collettivo Santasangre

1. Un rapporto teso alla ricerca del- atteggiamento: nel momento di performativo, il cinema non può la sensazione, del sublime, dell’in- ricerca per un nuovo lavoro, met- esserlo. timità di persone sconosciute. to nell’opera che vedo un’atten- Registi preferiti: Lars von Trier, zione più intensa, più vicina allo 5. Non mi sono mai posto l’obiet- Yorgos Lanthimos, Xavier Dolan, studio che all’intrattenimento. tivo di reinventare il cinema, for- Harmony Korine, Michael Ha- se utopisticamente mi potreb- neke. Film: Kynodontas, Gummo, 4. Si potranno assomigliare sem- be intrigare reinventare il teatro. La pianista, Idioti. Scene cult: sce- pre più, ma continueranno ad Quello che più mi interessa è na iniziale di Gummo, scena finale avere confini netti, sia nell’atto di usare negli spettacoli teatrali lin- de La pianista. creazione che di fruizione. Il film guaggi artistici diversi. Utilizzan- una volta presentato al pubblico do sempre l’immagine video nei 2. Amo un cinema più vicino al è immutabile, monolitico, forse miei lavori, prendo tanto dal ci- teatro, con pochi effetti speciali, per chi lo crea già vecchio, vede- nema in termini di costruzione dove l’idea, la sceneggiatura e la re un film è vedere la ‘creatura’. dello spettacolo per dare all’oc- bravura degli attori creano il film. Il teatro invece svela al pubblico chio dello spettatore le stesse Nel teatro invece mi interessa, at- il processo di ‘creazione’. In una possibilità della camera da presa: traverso effetti visivi, riuscire a replica si assiste alla realizzazione il video permette l’uscita dall’uni- portare lo spettatore in ambienti dal vivo dell’opera, che è in qual- co punto di vista obbligato dalla diversi, creare immagini all’inter- che modo un entrare nell’intimità scatola nera del teatro. no della scatola nera, come fosse- della creazione. Nel teatro la ripe- ro set sempre differenti. tizione dello spettacolo non po- 6. Non credo al cinema 4D e non trà mai essere uguale, si porta ap- posso quindi pensare che possa 3. Non c’è un linguaggio che pre- presso necessariamente l’energia esserlo il teatro. diligo nella creazione-ideazione degli interpreti, sia in scena che di un nuovo spettacolo, la cosa fuori, e le reazioni del pubblico. più interessante è la differenza di Nella rappresentazione il teatro è SIMONE DERAI

Co-fondatore e regista di Anagoor, compagnia veneta nata nel 2000

1. Nella nostra formazione ha in- ciso tanto il cinema quanto il te- atro. Fellini, Visconti e Pasolini sono stati tre autentici compagni pedagoghi.

2. Una meravigliosa sequenza di Lezioni di piano di Jane Cam- pion: Ada è di spalle alla came- ra e guarda verso la foresta che la divide da Harvey Keitel e dal pia- noforte. La camera guida il nostro sguardo verso la sua nuca, le trec- ce si aprono come un sipario. Lo zoom ci invita ad entrare nella te- sta di Ada, vedere attraverso i suoi dominato da una tendenza di rap- 6. Credo che sì, in Anagoor ci occhi, sentire quello che lei sente. presentazione, colonizzato di fat- sforziamo di rendere l’esperien- to dal teatro. Oggi, più che la spet- za cinematografica parte dell’ar- 3. L’ispirazione non conosce con- tacolazione credo sia in atto una chitettura che raccoglie la scena, fine. Dobbiamo molto alla mu- nuova coscienza nel rapporto tra lo sguardo dello spettatore e la sica, al cinema, al video, alla tv. spettatore e rappresentazione dal visione. Ma nei nostri lavori Lin- Apparteniamo ad una generazio- vivo, senza rinunciare alle tecni- gua Imperii o Virgilio Brucia i per- ne cresciuta con i tempi di mon- che ed estetiche raggiunte in altri former si rivolgono direttamente taggio di MTV, una rivoluzione su campi. allo schermo, cercando un volto molti piani: forma, comunicazio- che affiora da un altrove. In So- ne e libertà espressiva coniugati 5. Il teatro, unica arte a soprav- crate il sopravvissuto doppiaggio e nell’esercizio del videoclip sono vivere solo sotto forma di testo, foley del dialogo tra Socrate e Al- stati lezioni fondamentali. è da sempre una grande piazza cibiade sono eseguiti dal vivo da- aperta dove confluiscono, e tal- gli attori in scena. E con Alexandr 4. Si dice spesso che il teatro sia volta combattono, arti visive, mu- Sokurov, che ci ha voluti assisten- stato bruciato dalle immagini in sica, parola poetica, arti plasti- ti alla regia per Go.Go.Go, suo de- movimento del cinema. Per certi che e movimento del corpo. Non butto teatrale, c’è un doppio gio- versi il cinema ha esaurito le pos- c’è motivo per cui non sia accol- co teatrale e cinematografico: in sibilità di verosimiglianza della to anche il cinema. Le macchine una piazza italiana, si proietta Ro- rappresentazione teatrale. La ri- del teatro antico o barocco in co- ma di Fellini. Mentre i cittadini cerca ha così spinto il teatro altro- sa differirebbero dalla techné con- accorrono alla proiezione, il dia- ve, consentendogli di riaccogliere temporanea? Uno schermo che logo dei due protagonisti si inca- in sé percorsi di sintesi, di sim- amplifica la figura vale quanto tena alla colonna sonora del film, bolo, di astrazione. Ma possiamo una maschera tragica che fungeva facendone un vero terzo protago- anche dire che il cinema è stato da megafono. nista. Cinema dal vivo. INNOVAZIONI Sarà il teatro il vero cinema 4D? 42 - 43

1. Il cinema è forse stato il pri- 3. Non ci sono confini fra i lin- sta percettività si rovescia nella mo nutriente di Motus, film ma guaggi, passiamo da un mon- ricerca di opere artistiche sem- anche i testi teorici di Deleuze. do all’altro con estrema fluidità. pre più ‘inglobanti’, dove digitale Per quasi ogni spettacolo ci so- L’immagine in movimento ci tra- e reale si fondono. Il futuro è già no sempre uno o più film di rife- scina e la musica è sempre un im- qui e non lo dobbiamo temere. rimento. All’inizio autori cruciali portante propulsore, ma non riu- Ciò che rifuggiamo è un utilizzo come Miklós Jancsó e Tarkovskij sciamo a concepirli come ambiti delle nuove tecnologie puramen- o Film di Samuel Beckett. Via via separati: il cinema di per sé è an- te estetico: tutti i mezzi hanno pa- ci siamo spostati verso il cyber che spazio sonoro e l’arte figurati- ri dignità se usati per vera neces- punk e quindi Cronenberg è stato va, come la poesia e la letteratura, sità drammaturgica. Nel nostro determinante, come molti autori sono a loro volta all’origine del ci- Raffiche, non ci sono né video, né asiatici, anche di animazione. Poi nema, in particolare per gli autori microfoni, eppure tutta la situa- ci sono i grandi amori, Pasolini e che più amiamo. zione scenica, ambientata in ve- Fassbinder, ma l’autore che più ri hotel, è molto cinematografi- ha influenzato il nostro linguag- 4. Oggi più che mai ci stiamo ca e immersiva per lo spettatore. gio scenico è Gus Van Sant. spostando verso una ibridazio- Quindi, dove sta il confine? ne-spettacolazione totale: i nuo- vi mezzi tecnologici e il web lo 5. Abbiamo sempre attinto al lin- consentono in modo forse più guaggio cinematografico per leggero e ‘spontaneo’ che in pas- ‘complicare’ drammaturgie con- sato. Le nuove generazioni sono cepite come sceneggiature, con immerse nell’immagine e que- flash back e montaggio di fram- menti. L’immagine video è sta- ta presente sulle nostre scene in tantissime forme, però abbia- mo sempre, sempre riscritto, ri- elaborato, rifilmato con i nostri attori. A volte abbiamo ‘usato’ frammenti di film totalmente ri- contestualizzati, come in Un ca- ne senza padrone dove abbiamo girato un film muto narrato e so- norizzato dal vivo dagli attori. I nostri esperimenti hanno influi- to sull’ambito minoritario del ci- nema d’arte, sperimentale, e sulle arti visive stesse che sempre più si interpolano al cinema.

6. Non ho mai visto un film in 4D, ma sono profondamente convin- ta di no. Il teatro con i corpi pe- santi e sudati degli attori, anche se immersi in dispositivi scenici complessi e con video, non sarà mai rimpiazzabile da esclusive presenze digitali. DANIELA NICOLÒ Regista, dramaturga e co-fondatrice di Motus, compagnia nata a Rimini nel 1992 DISSOLVENZA INCROCIATA

di SERGIO LO GATTO INNOVAZIONI Sarà il teatro il vero cinema 4D? 44 - 45

I lavori di frontiera di Delbono, Timi, Milo Rau...

È un cinema che non Vangelo o in Orchidee, uno sguar- spettatore a un confronto cogniti- sacro per mano della figlia riceve “ vuole documentare do avido riprende se stesso e vo attivo, trascinando nel cinema l’invito a concedere il caso a un la realtà, ma guardar- particolari di un vissuto autobi- la convenzione del teatro. adattamento cinematografico, il la diventare sogno, ografico sottratto al filtro dell’es- cinema si rivela una macchina pro- poesia. Per cercare quelle linee seg- tetica. Girati con mezzi di ripre- Al contrario funzionano invece al- duttiva che trita il vissuto e minac- rete che uniscono le cose che non sa ultra-leggeri, film come Amore cune opere di Motus, come Twin cia la sparizione della moralità: capiamo, dietro all’apparente casu- Carne o Sangue rielaborano certe Rooms, dove una stanza d’alber- così, senza mostrare apertamente alità delle cose”. Con queste parole scelte narrative, alla ricerca di go è ricostruita accanto a un’al- il lato tecnico dei propri mezzi, il regista Pippo Delbono presenta- un canale diretto con lo spetta- tra identica virtuale proiettata su accede direttamente al piano dei va il suo film Amore Carne, fornen- tore, mettendo in secondo pi- uno schermo, ma anche MDLSX, contenuti. do la chiave di accesso alla poetica ano la qualità dell’immagine e riflessione sull’identità sociale e In un esempio ancora più ecla- del suo linguaggio cinematografi- ponendo in discussione la “mac- di genere. La compagnia riminese tante, Five Easy Pieces, il teatro doc- co, dove è approdato dopo 25 anni china da presa” come strumen- usa la telecamera come strumen- umentario di Milo Rau confonde di teatro. to di raccolta documentale. Se to di duplicazione degli ambienti teatro e cinema negoziando un pat- La scena contemporanea va ben il palco di Delbono rispetta una e dei performer: l’attenzione dello to di fiducia con il pubblico e tra- oltre l’impiego di dispositivi di vid- logica di contrasto e giustappo- spettatore alterna una visuale di- dendolo programmaticamente. La eoripresa: integra i due linguaggi da sizione alla quale la voce fornisce retta a una mediata, in Twin Rooms personalità di un pedofilo viene ri- un punto di vista narrativo e molti un commento continuo, attra- ragionando sul concetto stesso costruita attraverso il re-enactment: suoi protagonisti si appropriano verso la soggettiva l’occhio del di rappresentazione, in MDLSX attori bambini replicano di fronte del mezzo cinema con sguardi ed regista diventa quello dello spet- ponendo questioni etiche sulla a uno schermo scene filmate con esiti innovativi, creando zone di tatore, che spia incontri casuali base del contrasto tra reale e ripro- attori adulti, per poi impersonare confine dai confini sempre più la- tra non-personaggi, trasformati dotto. i vari personaggi in set iperrealisti, bili. Quelli che raccontiamo sono in comparse per una commedia Se nei lavori di Guy Cassiers il cor- con una cinepresa che non rispar- pochi tra innumerevoli esempi di dell’inconscio. po dell’attore è scomposto in una mia alcun dettaglio. Il discorso stil- come il dialogo tra le due arti pon- sistematica autopsia visiva, riaf- istico invade quello dei contenuti: ga questioni stilistiche ed estetiche, Quando Filippo Timi trasferisce fiorando in un collage di dettag- il triangolo realtà-rappresentazi- ma finisca per (o cominci con) il suo Amleto2 dal palcoscenico al- li che scorre incessantemente sul- one-riproduzione viene di contin- mettere in discussione anche i con- lo schermo 3D, la tecnologia su- la scena come elemento pittorico/ uo riassemblato, allontanando il tenuti e il pensiero elaborato sulla pera i limiti dell’esperienza live ed scenografico e al contempo dram- dato reale dalla coscienza etica del funzione dei due mezzi. espande il livello semantico della maturgico, la presenza dell’audio- singolo spettatore. parola detta. Se Timi vuole “creare visivo nei recenti esperimenti della In una struttura divisa in quadri un’impossibilità, un solco net- compagnia veneta Anagoor (Vir- Le arti sempre reagiscono con le scenici visionari, il fulcro del lin- to tra pubblico e attori, renden- gilio Brucia o Socrate) ha il compito strategie più inaspettate, resisten- guaggio di Delbono è proprio la do questi ultimi virtuali”, il regis- di espandere i concetti, sottende do a modelli omologati di realtà presenza in scena del regista, che ta Felice Cappa pone gli occhiali la rappresentazione discutendo la o facendo detonare i confini fra da un microfono parla al pub- come strumento esterno necessa- semantica della performance tra- un codice e l’altro, in una “dissol- blico, grida e declama poesie. A rio a decifrare una rappresentazi- mite il segno documentario di im- venza incrociata” che si fa terreno rimandare al cinema sono i con- one digitalmente molecolarizzata. magini ad altissima definizione. fecondo per un’espressione libera tenuti audiovisivi lo-fi come an- Tra corpo e corporeità, il 3D serve E nella regia di Fabrizio Arcuri di da costrizioni mediali e più legata imazioni grafiche e riprese effet- un’immagine già frammentata in Candide di Ravenhill, dove una al lato umano. Ed è forse così che la tuate col telefono cellulare: in rifrazioni, Amleto2 invita così lo madre sopravvissuta a un mas- tecnica si tramuta in arte. QUELLO CHE RESTA di ASCANIO CELESTINI

va di mostrarci la casa nella quale abitava durante la seconda guerra mondiale diceva “nel nostro cor- tile c’era la villa del padrone”. Vi- sivamente è chiarissima, ma riflet- tendoci avrebbe dovuto formulare il concetto al contrario: la nostra casa era nel cortile del padrone. i ricordo un’intervi- Questo è solo un esempio, ma M sta che ho fatto ad tutti noi potremmo farne altri a una donna emilia- partire dalle indicazioni stradali. na che raccontava Quando ci chiedono dove sia un della propria infanzia. Annama- certo posto, noi ripercorriamo vi- ria si chiama questa donna e, nel sivamente la strada che faremmo corso di una ricerca che è dura- per arrivarci. Non ragioniamo co- ta tre anni, ha raccontato la stes- me il navigatore satellitare, noi sa storia per una decina di volte. visualizziamo e diamo informa- Nonostante non l’avesse scritta, zioni visive mescolando, nel no- utilizzava più o meno sempre le stro racconto, il nome di una stra- stesse parole. Ma più che le pa- da con una farmacia all’angolo di role era evidente che all’origine un’altra e il colore di un palazzo. della sua performance c’erano le Nel racconto orale funziona così. immagini. Ripercorreva visiva- E ciò accade anche nel mio tea- mente gli avvenimenti e le paro- tro. La scena è una sorta di stan- le. Non si trattava della descrizio- za astratta, ha una dimensione ne di quel che vedeva, non erano che deve contenere gli attori sen- le parole l’elemento fondamenta- za somigliare a nessuno dei luo- le. Le parole si legavano alle imma- ghi evocati nello spettacolo. Per gini come il suono prodotto dagli me è una scelta indispensabile, strumenti di due musicisti che im- motivata dal fatto che lo spetta- provvisano su un tema comune. tore non deve essere distratto da In particolare c’era un’immagi- quel che è presente sulla scena. ne che mi colpiva. Quando cerca- Lo spettatore deve essere con- INNOVAZIONI Sarà il teatro il vero cinema 4D? 46 - 47

centrato sulle immagini che lui stesso produce grazie a quello che ascolta e che vede accadere nel luogo non quotidiano che ha davanti agli occhi. Nel cinema sembrerebbe impos- sibile ripetere questa esperien- za orale. Se in un’inquadratura ho un uomo seduto su una sedia inevitabilmente lo spettatore ve- nata di un contadino che rincasa drà una sedia e un uomo che non e si siede vinto dalla stanchezza percepisce come elementi diffe- rischio di confondere lo spetta- renti da quelli che vede nella real- tore, di fargli credere che quella tà. Senza doversi muovere verso scena non sia diversa da quella un cinema che distorce la realtà che potrebbe vedere affaccian- (dall’animazione a una narrazio- dosi alla porta del proprio vicino. ne che modifica in maniera net- E allora mi vengono in aiuto due ta i nostri parametri, dall’uso di- pagine di Empirismo eretico nelle chiarato della postproduzione quali Pier Paolo Pasolini scrive: digitale alla sperimentazione più “Se attraverso il linguaggio cine- radicale), io credo che sia possi- matografico io voglio esprimere bile ancora mettere un uomo sul- un facchino, prendo un facchi- la sedia senza parlare né della se- no vero”. E di quale genere di fac- dia, né dell’uomo. chino sta parlando? Come si deve E questo per due motivi. Il primo è comportare in scena? Non rischia più tecnico ed è legato a uno speci- di fare confusione come me con fico del cinema che non è solo re- l’uomo e la sedia? Lui dice che si lazione tra personaggi, contestua- tratta di un “facchino morto” per- lizzazione in un tempo e luogo, ché la morte opera una sintesi, dialoghi e movimenti, insomma “cadono nel nulla miliardi di atti, non è solo l’uomo sulla sedia. Pen- espressioni, suoni, voci, parole e so per esempio alla composizio- ne sopravvivono alcune decine o ne dell’inquadratura che a me pia- centinaia” e “la moglie o gli amici, ce quando avviene sul set che è un nel ricordarle, piangono”. Dun- luogo reale. Movimenti di macchi- que per Pasolini il cinema opera na, a mano, su carrello, uso di ot- questa sintesi. Il facchino del film tiche diverse, cambio di campo e è un facchino in carne ed ossa, ma di fuoco possono portare lo spet- mettendogli a disposizione le fra- tatore in una dimensione che è di- si che hanno più rilevanza, le “fra- versa da quella reale nella quale si si che restano” dopo. trova a guardare le cose. Al lavoro E per me le frasi definitive delle che nasce sul set si aggiunge poi quali parla Pasolini sono soprat- quello della postproduzione e in tutto nello sguardo dell’autore particolare il montaggio e il lavo- che guarda la realtà per racconta- ro sul suono. Ripeto che, pur ri- re una storia in teatro, cantare una manendo nel cinema dell’uomo canzone, eseguire una danza o di- sulla sedia, gli elementi apparen- pingere un quadro. (Meglio sa- temente (e originariamente) re- rebbe se fischiasse soltanto). ali possono essere evocativi di Accade come nel racconto di An- immagini quanto le parole di una namaria che mette la casa del narrazione orale. padrone nel proprio cortile. Di- Il secondo motivo è legato ovvia- segnata su una mappa quella si- mente al primo, ma riguarda lo tuazione viene percepita al con- sguardo che l’autore (e tutti quel- trario, ma gli occhi di Annamaria li che gli lavorano accanto) ha ci trasferiscono uno sguardo che sul proprio film. Chi è quell’uo- “fa cadere nel nulla” tutto il re- mo che si siede? E da dove viene sto. Per me l’arte dovrebbe essere quella sedia? Se racconto la gior- questo, ovvero quello che resta. DAMMI IL ROSSO I fuori onda di Hollywood Party

MATUSALEMME

di ALBERTO CRESPI

ntanto abbia- regia del quinto capitolo della sa- che, per chi ci crede, la Bibbia mo scoperto che ga dei Pirati dei Caraibi: film che, è la parola del Dio degli eserci- I in inglese si chia- come è noto, sono diretti da un ti, quindi sull’attenti e non fate ma Methuselah: ed algoritmo. gli spiritosi): “(21) Enoch ave- è giusto così, visto che in ebrai- va sessantacinque anni quan- co moderno il nome può essere Matusalemme – d’ora in poi do generò Matusalemme. (22) “Metušélaħ” o “Metušálaħ”. Ap- chiamiamolo così, per como- Enoch camminò con Dio; do- profittiamo del fatto di non es- dità – è uno dei patriarchi an- po aver generato Matusalem- sere in diretta alla radio e non tidiluviani la cui genealogia è me, visse ancora per trecento ci addentriamo nella pronun- raccontata in Genesi 5, 21-27. È anni e generò figli e figlie. (23) cia: a “Hollywood Party” ci sia- un discendente di Adamo, fi- L’intera vita di Enoch fu di tre- mo rifugiati nell’italiano “Ma- glio di Enoch, padre di Lame- centosessantacinque anni. (24) tusalemme”. E la notizia è la ch e nonno di Noè. In questa Poi Enoch camminò con Dio e seguente: Tom Cruise interpre- veste compare in Noah di Dar- non fu più perché Dio l’aveva terà “Methuselah” o “Matusa- ren Aronofsky, interpretato da preso. (25) Matusalemme ave- lemme” o vattelapesca in un ko- Anthony Hopkins. Cruise ap- va centottantasette anni quan- lossal biblico che sarà prodotto pare meno “in parte”, ma bi- do generò Lamech; (26) Matu- da David Heyman (quello del- sognerà capire quali momenti salemme, dopo aver generato la saga di Harry Potter) e diretto della vita di Matusalemme rac- Lamech, visse ancora settecen- da Joachim Rønning, un norve- conterà il film. Però, come igno- tottantadue anni e generò figli gese nella cui filmografia spicca rare che secondo la tradizione e figlie. (27) L’intera vita di Ma- uno dei film più brutti di tutti i biblica il patriarca in questione tusalemme fu di novecento- tempi. Parliamo di Bandidas, un ha l’invidiabile primato dell’età sessantanove anni; poi morì”. western demenziale del 2005 in- più ragguardevole mai raggiun- Sì, avete letto bene: 969 anni! I terpretato (si fa per dire) da Pe- ta da essere umano? Rileggia- truccatori di Hollywood sono nelope Cruz e Salma Hayek. Più moci i suddetti versetti della attesi da un compito improbo: di recente gli hanno affidato la Genesi (sempre ricordandoci dovranno trasformare Jack Re- DAMMI IL ROSSO I fuori onda di Hollywood Party 48 - 49

acher – l’eroe eponimo di Lee è un’informazione poi così sor- Innanzitutto, i seguiti di Methu- che Noè è già stato portato sullo Child, l’ex militare raddrizza- prendente né eclatante –, non si selah saranno Lamech 1 e Lame- schermo, il successivo kolossal si torti e superatletico che Cruise sa nulla. Il che, per uno sceneg- ch 2, ispirati al figlio del nostro intitolerà Fratelli coltelli e raccon- ha già interpretato in due film – giatore, può essere un bene: li- eroe. Sarà un dittico molto scot- terà le avventure di Sem, Cam e Ia- in un vegliardo millenario. Al- bertà d’invenzione totale! Posso- tante per gli standard hollywoo- fet, i tre figli di Noè che ripopola- meno l’Oscar per il make-up è no tranquillamente raccontarci diani, perché secondo la tradi- rono il mondo dopo il diluvio. Gli già assegnato! che è il nonno di Darth Vader, o zione Lamech è l’inventore della interpreti saranno i fratelli Culkin, l’antenato di Zorro, o un supere- poligamia e del concetto di faida. o forse i fratelli Arquette, o i Bal- Per capire quanto sia strampa- roe antesignano di Batman e Su- Nella Genesi, Lamech dice alle dwin o gli Affleck o chi per loro. Il lata l’idea di un film su Matusa- perman. Noi non abbiamo fon- mogli: “Ho ucciso un uomo per film sarà diretto da Abel Ferrara e lemme sarà bene sottolineare ti privilegiate per saperne di più, una mia scalfittura e un ragazzo per la sceneggiatura i boss della che del nostro vecchietto si sa non abbiamo letto la sceneggia- per un mio livido. Sette volte sarà Warner volevano James M. Cain, esattamente quello che è scritto tura (che le notizie diffuse dan- vendicato Caino, ma Lamech ma si sono dovuti arrendere alla nei versetti di cui sopra. Solo Lu- no “in riscrittura”, un modo ele- settantasette!”. Bisogna ammet- ferale notizia che il famoso scritto- ca lo cita nel suo Vangelo, qual- gante per dire che non sanno che terlo, c’è materia: da qui la scel- re di Il postino suona sempre due vol- che millennio più tardi, ma in pesci pigliare) ma grazie ai se- ta di dedicargli due film, il primo te è morto nel 1977 (secondo la ca- una genealogia ancora più scar- greti e preziosissimi “fuorionda” sulla vita coniugale interpreta- bala, per la vendetta di Lamech). na di quella che avete appena let- di “Hollywood Party” siamo in to da Rocco Siffredi, il secondo to. Insomma di Matusalemme, grado di annunciare altri kolos- sulle faide per il quale Hollywo- Poi, quando l’Islam sarà diventato a parte l’età e il fatto che abbia sal ispirati alle Scritture che Hol- od sta sondando la disponibilità la prima religione d’America, pas- generato figli e figlie – che non lywood sta mettendo in cantiere. di Matteo Messina Denaro. Visto seranno al Corano. Chi vivrà, vedrà.

hollywoodparty.rai.it DISCUSSIONI

QUALE FUTURO PER L’ACCADEMIA di MIRIAM MAUTI

DEL CINEMA ITALIANO? DISCUSSIONI 50 - 51

il premio forse più bello al mondo, visto che riproduce vano Jeeg Robot sono un grande cambiamento. Ma - prosegue Giusti – È un capolavoro indiscusso dell’arte. Ma il David di Dona- The Young Pope è la cosa più cinematografica a livello internazionale tello, quello cinematografico, forse così indiscusso non quest’anno vista in Italia. Se la nostra industria del cinema investe in è. Nato nel 1956, fino a poche settimane fa è stato tutt’u- tv, allora i David dovrebbero allargare anche a quei prodotti”. no con il suo creatore, Gian Luigi Rondi, la cui scomparsa ha aperto Sul ruolo dell’industria, per il rilancio del premio, interviene anche una serie di interrogativi. Innanzitutto quello sulla successione al de- Paolo Mereghetti, critico del “Corriere della Sera”: “Devono cre- cano dei critici, che ne è stato l’indiscutibile anima. Dopo la scompar- derci tutti, non solo i giurati. Per primo chi fa i film. Come è succes- sa di Rondi, il ruolo di presidente dell’Accademia è andato ad interim so per gli Oscar: negli Anni ‘50 e ‘60 erano poco popolari ma sono a Giuliano Montaldo, ma potrà essere lui il successore a pieno tito- diventati importanti quando il cinema hollywoodiano è diventato lo? A rendere i tempi incerti è la novità che riguarda l’amministrazio- importante. Il problema non è fare uno show, come l’anno scorso, ne dell’Accademia, ovvero la sua trasformazione in Fondazione, sul- che scimmiotta Hollywood, ma sperare che l’industria italiana si dia la quale si starebbe lavorando a ritmi serrati. Tempi dettati anche dai una mossa e diventi adulta. Solo così il premio che l’industria con- necessari pareri, in questi casi, di Avvocatura dello Stato e Prefettura. segna, diventa un premio importante. E poi lancio una provocazio- “Ci sono i tempi burocratici, ma tutte le componenti so- ne. Perché dobbiamo avere due pre- no d’accordo. Dal ministero all’Anica - ci dice Giuliano mi? Uniamoli, chiamiamoli I Nastri Montaldo - La Fondazione permetterà anche coinvol- dei David, che nessuno si offenda, ma gimenti esterni, è certamente un miglioramento nella Il David di Donatello questo campanilismo rischia alla fi- gestione. E io potrò passare la mano...”. A chi però non si dopo la scomparsa ne per fare male a tutti”. sa. E nessuno vuole sbilanciarsi su nomi che potrebbe- E gli autori? Che ne pensano? “I pre- ro essere bruciati in poche ore. La Fondazione avrà uno di Gian Luigi Rondi: mi lasciano sempre qualcuno de- Statuto e un regolamento, che potrebbe modificare an- Paolo Genovese, luso - dice Paolo Virzì - Trenta an- che le regole attuali. E magari risolvere i dubbi espressi, Giuliano Montaldo, ni fa quando io ho cominciato c’era dai più, su giuria e composizione dell’Accademia. una giuria aristocratica, da Suso Cec- Il modello, per Laura Delli Colli, presidente del Sin- Paolo Virzì, Laura chi d’Amico a Monicelli, oggi la lista dacato Giornalisti Cinematografici, che assegna i Na- Delli Colli, Paolo dei giurati è molto lunga e a scorrer- stri d’Argento, dovrebbe avvicinarsi di più a quello Mereghetti, Marco la qualche perplessità c’è. Ma non dell’Academy di Hollywood: “Almeno nella composi- saprei come modificarla, come sta- zione della giuria, che Oltreoceano è fatta di vincito- Giusti dicono la loro. bilire chi sono i competenti? Nell’A- ri e nominati agli Oscar. Un’Accademia di professio- cademy ci sono solo professional. nalità. Necessaria una revisione del regolamento che Noi abbiamo, da una quindicina di cambi profondamente il senso e la qualità della giu- anni, anche altre categorie, Ministe- ria. E poi ci vogliono delle date certe, un premio po- ro, giornalisti e società civile, for- trebbe aiutare film che sono in sala o che possano tornarci. I Na- se una giuria troppo ampia... Certo è che i David devono diventare stri hanno una base di votanti molto più piccola che ci consente di un’occasione di fare festa al cinema. Sky mi sembra lo abbia fatto inserire titoli fino all’ultimo momento. Con una base come quella con uno slancio che la Rai finora non aveva avuto. La cerimonia do- dei David, molti, che non sono professionisti del settore, devono vrebbe diventare il racconto di un anno di cinema”. vedere i film. Votanti che seguono il cinema tutto l’anno permette- Sky ha convinto anche Paolo Genovese, che durante quella cerimo- rebbero di snellire il meccanismo”. nia si è portato a casa le statuette più importanti per Perfetti sconosciu- L’articolo 28 dello Statuto oggi recita che la Giuria è composta dai vin- ti: “Dopo anni di David tristi e polverosi, il cinema è stato spettacolo. citori e dai nominati, dalla Giunta, ma anche da esponenti della cul- Dobbiamo essere i primi a dire quanto è bello il nostro cinema. Il Da- tura, dell’industria e da personalità rappresentative della società ita- vid dovrebbe diventare popolare come Sanremo! E sulla giuria servo- liana. Il risultato sono 1.327 votanti, un terzo dei quali non si esprime no regole e criteri certi. Possiamo anche includere sportivi e banchieri, sulle categorie tecniche. “Andrebbe azzerato tutto. Votanti solo i no- ma con chiarezza e secondo criteri oggettivi. Non più chiamate indivi- minati e i vincitori, anche se il vecchiume della nostra industria è tale duali, di persone che non si sa perché stiano li. E vorrei più attenzione che temo che alla fine non cambi molto. Produzioni e distribuzioni, di alle categorie tecniche. Si decide in modo pigro, a ricasco del titolo più fatto, già spostano i voti a pacchetti e non possiamo farci niente. - af- forte, e invece la scenografia o il suono migliori possono essere in un ferma Marco Giusti, giornalista e critico, nonché autore per 20 anni piccolo film, o anche in un film brutto, ma con tecnici meravigliosi”. dello show Rai per la cerimonia di premiazione - E cosa accadrà ades- E prima di salutarsi, per Paolo Genovese un desiderio: “Una categoria so. Torna in Rai? Resta a Sky? Malgrado le fanfare, non mi sembra che alla quale poter segnare il proprio film comico. Magari più commer- i numeri degli ascolti di Sky siano andati bene. Svecchiava almeno ap- ciale, più popolare. Credo che questo cinema che resta sempre fuori, parentemente, poi in realtà c’era il tappeto rosso finto. La vera novità si meriti una chance”. l’ho vista invece nelle scelte. I David a Perfetti sconosciuti e Lo chiama- ANTROPOLOGIE

Un progetto cinematografico - Tommy e gli altri – del giornalista Gianluca Nicoletti racconta, in 4k e anche con la soggettiva del figlio, l’universo delle persone con sindrome autistica. Il film è stato prodotto grazie ad un’efficace operazione di crowdfunding.

di NICOLE BIANCHI

GIANLUCA E GLI ALTRI (GENITORI & FIGLI) ANTROPOLOGIE 52 - 53

liarizzato con la troupe, in un gio- co di ‘affigliolamento’ che è stato importante perché, con gli altri del gruppo, ci siamo dati i turni, per metterlo a letto, dargli le sue me- dicine. Così integrato lui si è molto divertito, si è sentito importante”. Senza l’urgenza di una scaden- non ha suscitato interesse, forse za, Nicoletti e Sbrolla per quasi lontana dalle linee di marketing un anno hanno pianificato il pro- aziendali. Abbandonata l’idea del famiglia di industriali molto ab- getto: “Si pensò di mettere a mio punto di vista unico, la direzione bienti con due figlie gemelle alla figlio una Go Pro addosso, per della troupe è nelle mani di Sbrol- madre sola, abbandonata in un È un film d’inchie- usare il suo punto di vista, sem- la, affiancato dall’esperto della paesino della Calabria. Abbiamo “ sta, di denuncia, pre”. L’inizio era divertente, un materia, Gianluca Nicoletti, per la visto di tutto, davvero, e se c’è una non è paraculo, non po’ sperimentale, la soggettiva di costruzione delle interviste: “Nel- cifra comune è il totale abban- è l’autistico prodi- Tommy funzionava, ma Nicolet- la meticolosità maniacale di tutto dono istituzionale: appena sono gioso. Farà discutere: mi pren- ti si rese conto che la grammatica quello che faccio, ho voluto che maggiorenni nessuno si occupa derò sulle spalle e sulla pelle an- era essenziale nel racconto cine- fosse un film vero, anche per que- più di loro”. Le riprese, fraziona- che le critiche. Però, voglio che sia matografico. Poi, improntare tut- sto la scelta di girare in 4k: è molto te per periodi differenti dall’ini- considerato un film!” Così par- to il doc sull’uso della tecnologia facile che la frustrazione, la deso- zio del 2016, sono state raccon- la Gianluca Nicoletti, giornalista, in soggettiva poteva essere una lazione, il desiderio di farsi cono- tate sul sito dedicato, come un scrittore, voce radiofonica, pre- forma di pubblicità per lo stru- scere di tanti genitori sfoci in pro- diario, – anche economico, in cui sidente di Onlus Insettopia, ma mento, considerato che un con- dotti. Quando ho scritto dei libri, sono dettagliate le spese della soprattutto papà di Tommy, un tatto con l’azienda lui l’ha cerca- l’ho fatto con un grande editore produzione – in modo da rendere ragazzo autistico di 18 anni. to – come con Fiat, che ha messo come Mondadori, perché volevo pronto il doc per l’appuntamento “L’idea nasce il 2 aprile 2015. Feci un pulmino a disposizione - spie- che fossero libri con il compito di con il congresso nazionale AIRA, una kermesse al MAXXI di Roma gando che la videocamera “è una essere testimoni. Non volevo fa- network italiano che raggruppa i perché volevo avvalorare la tesi action cam che serve a certifi- re un filmettino con il cellulare, ricercatori esperti in tema di auti- che i nostri figli sono opere d’arte, care le imprese dei super uomi- ho avuto veri professionisti che si smo, che si svolge a dicembre. quindi li ho esposti in un museo ni, mentre, una volta tanto, può sono offerti di lavorare al di fuori Gianluca Nicoletti parla in modo come forme eclettiche, originali, essere usata come strumento di del loro compenso”. Il film ha po- molto concreto e poco edulcora- dunque artisticamente interes- connessione per le persone che tuto essere realizzato anche per to della sua personale battaglia: santi rispetto alla produzione di hanno più difficoltà”, ma la cosa il successo di un’operazione di “Il film vorrei portarlo nelle scuo- umanità omologata. Quel gior- crowdfunding, che ha riscosso le per spiegare cosa c’è dietro a no vennero varie televisioni e, in un consenso immediato, anche quello che, tante volte, conside- particolare, un amico, che ave- perché tutto è iniziato con l’auto- rano un secchione, un fissato, vo perso di vista da anni, Massi- finanziamento, poi contando so- uno scemo: è un compagno che miliano Sbrolla - filmaker con lo sul contributo degli studenti ha un problema. E dietro questo una sua piccola società - che girò della LUISS, circa 10mila euro, e problema, c’è una tragedia”. una cosa, senza nessuna vellei- la disponibilità della troupe - due tà. Mi piacque, quindi disse: ‘Per- camere, un’altra per il backstage, Il film, in ogni suo passo, è rac- ché non facciamo un documen- un fonico e il drone: “Ce l’ abbia- contato sul sito http://www.per- tario?’. Ero nell’ottica di scrivere mo fatta in meno di 15 giorni, ab- noiautistici.com/tommyeglial- il terzo libro su mio figlio, ma da biamo raggiunto il nostro obiet- trifilm/-pernoiautistici.com è un scrivere non avevo nulla di nuo- tivo di 40k alle 22.29 del 19 luglio. macro aggregatore di senso e di vo, avevo già spremuto l’anima, Hanno contribuito alla realizza- cultura sull’autismo in Italia. Il così, pur non avendo esperienza zione del nostro film 295 veri ami- film è riconoscibile e comunica- di produzione documentaria, ac- ci. Per noi autistici si sono mosse bile con #tommyeglialtrifilm cettai. A Tommy non c’è stato bi- tante persone in maniera com- sogno di spiegare nulla, lui quan- patta e immediata come in nes- do sta con me è contento, poi gli sun’altra iniziativa del genere”. piace muoversi, ha subito fami- Tommy e gli altri è un doppio viaggio, d’inchiesta e geografi- co, nell’Italia dell’autismo: “Ab- biamo iniziato da Roma, percor- rendo tutto il Paese, cercando di raccontare più tipologie: dalla FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA

L’ITALIA ENTRA IN IBERMEDIA

di Federica D’Urso, Iole Maria Giannattasio, Francesca Medolago Albani, Maria Giuseppina Troccoli

A Roma, nell’ambito del MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, è stato firmato l’accordo che vede l’ingresso dell’Italia, rappresentata della Direzione Generale Cinema del MiBACT, nel programma IBERMEDIA, il fondo per il sostegno all’audiovisivo iberoamericano che conta, tra i membri, diciassette Paesi dell’America Latina e i due Paesi europei che ne condividono la storia, Portogallo e Spagna.

accordo firmato a ot- L’ tobre durante il MIA - Mercato Interna- zionale dell’Audio- visivo prevede l’ingresso dell’Italia nel programma IBERMEDIA co- me membro osservatore/invitato nel CACI - Conferencia De Auto- ridades Cinematogràficas Iberoa- mericana, approvandone i principi e riconoscendo che l’attività cine- matografica contribuisce al proces- so di sviluppo culturale dei popoli e della loro identità. L’entrata dell’I- talia sarà in vigore dal gennaio 2017. La scelta dell’Italia di entrare in IBERMEDIA, programma forte- mente connotato da una unifor- mità culturale e linguistica al suo FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA 54 - 55

interno ed esplicitamente rivol- nostro l’unico paese membro del to allo sviluppo dell’industria ci- programma in cui si parla una lin- nematografica dei paesi latino- gua diversa e la cui storia non pre- americani ed europei di lingua senta le stesse interconnessioni spagnola e portoghese, è partico- che uniscono i paesi aderenti. larmente significativa, essendo il

IL CACI - Conferencia de Autoridades Cinematográficas de Iberoamérica è un organismo internazionale di ambito regionale iberoamericano specializzato in materia audiovisiva e cinematografica. Creato l’11 novembre 1989 tramite la firma dell’Accordo di Integrazione Cinematografica Iberoamericana, il CACI è composto dalle più alte autorità competenti in audiovisivo e cinema di ventuno Paesi: Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Cile, Ecuador, El Salvador, Spagna, Guatemala, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Portogallo, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela.

La firma dell’accordo è in realtà l’accordo con il Cile tra Direzione frutto di un percorso intrapreso Generale Cinema e il Consejo del da diversi anni e che ha visto l’Ita- Arte y la Industria Audiovisual – lia avvicinarsi progressivamente Consejo Nacional de la Cultura y alle cinematografie di quelle aree las Artes (CNCA) per il sostegno del mondo, attraverso una suc- ai progetti italo-cileni, il cui primo cessione di accordi sempre più bando è stato lanciato nella secon- importanti per significato e per da metà dell’anno. investimento. Già nel 2010 è stato Sono in corso, inoltre, le trat- attivato un accordo con l’Argenti- tative per la realizzazione di un na (attualmente in corso di ridefi- fondo di co-sviluppo con un al- nizione), stipulato tra Luce Cine- tro dei paesi dell’area IBERME- città e INCAA - Instituto Nacional DIA, il Portogallo, che divente- de Cine y Artes Audiovisuales, per rebbe quindi il quarto partner tra il sostegno allo sviluppo di opere i membri del programma ad ave- cinematografiche realizzate tra i re incentivi specifici per la colla- due paesi. Da allora sono stati isti- borazione con l’Italia. A queste tuiti altri due fondi di co-sviluppo azioni si aggiunge l’attenzione con paesi latinoamericani e tut- sui trattati bilaterali di coprodu- tora attivi: nel 2014, con il Brasile, zione sia per la revisione di quel- è stato rinnovato il protocollo tra li esistenti – come nel caso del Fondazione Centro Sperimenta- Messico – sia per la valutazione le e ANCINE - Agência Nacional di accordi da istituire ex-novo do Cinema per lo sviluppo di pro- con paesi dell’America Latina, a getti di lungometraggio italo-bra- partire dalla Colombia. siliani, mentre nel maggio 2016, al L’ingresso dell’Italia in IBERME- Festival di Cannes, è stato siglato DIA non è che l’ultimo, nonché più importante, passo di questo fra Italia e paesi latinoamericani percorso che rivoluziona la po- che costituisce il movente origi- sizione del nostro paese presso nario di una politica di scambio l’industria audiovisiva. e di crescita comune nel settore La ragione che spinge l’Italia ad audiovisivo. Per entrambe le par- avvicinarsi all’America Latina, al ti, la cooperazione in un program- punto da investire in modo tan- ma dedicato rappresenta la crea- to determinato nelle politiche di zione di un canale preferenziale scambio e di sviluppo del settore in grado di allargare il mercato di cinematografico, è motivata non riferimento, sfruttando la natura- tanto dalla continuità linguisti- le affinità dei paesi coinvolti. ca ma piuttosto da una indubbia continuità culturale con quella specifica area geografica: si tratta di terre che hanno assorbito nel corso del secolo scorso ingenti RAPPORTI ATTUALI flussi di emigrazione dal nostro paese e in cui, elemento eviden- te anche in altri settori dell’in- FRA ITALIA E PAESI ADERENTI trattenimento e dei consumi, le comunità di cultura italiana so- no tuttora molto ampie e diffu- se. È quindi la vicinanza culturale L’Italia ha già in essere accordi di due coproduzioni negli ultimi 6 coproduzione con molti dei pae- anni, peraltro multilaterali. si dell’America Latina così come In Argentina, dove pure la popo- con Spagna e Portogallo. Tuttavia lazione di origine italiana è il più gli accordi, che forniscono il qua- numeroso gruppo etnico nazio- dro giuridico entro il quale nego- nale, le coproduzioni sono state ziare i contratti tra coproduttori, solo 5, dato probabilmente impu- non bastano da soli a favorire l’in- tabile anche alla condizione so- cremento degli scambi tra Italia e cio-economica che ha colpito il paesi iberoamericani. Negli ulti- paese nello scorso decennio. An- mi sei anni, infatti, le coproduzio- che il Brasile, che ospita una im- ni realizzate nell’ambito di questi portante comunità italiana, la pri- accordi sono state solo 18. ma fuori dal territorio nazionale, Tra i paesi che aderiscono a IBER- è stato partner dell’Italia solo per MEDIA, la Spagna è senza dub- 3 opere. I dati riguardanti i lavo- bio il più frequente coproduttore ri congiunti con Cile e Perù so- dell’Italia, con 10 opere realizzate no ancora più marginali e sono nel periodo preso in esame. Ep- addirittura inesistenti quelli con pure, se confrontato con un al- Cuba, Messico, Venezuela e Uru- tro paese europeo a noi contiguo guay, sebbene siano in vigore trat- culturalmente e geograficamen- tati bilaterali. Con i restanti paesi te, la Francia, è evidente come la non sono attualmente in essere decina di film realizzati con la accordi di coproduzione e non ri- Spagna in sei anni sia un esiguo sultano opere coprodotte. risultato rispetto alle circa 15 I fondi di co-sviluppo di recen- opere coprodotte in media ogni te istituzione e quelli di prossi- anno con il paese d’oltralpe. Pe- ma definizione sono la prima raltro, lo scambio con la Spagna reazione a questo scarso sfrut- è andato scemando negli ultimi tamento delle potenzialità di anni e alcune coproduzioni so- collaborazione. L’ingresso in no state solo di carattere finan- IBERMEDIA suggella quindi la ziario, non apportando quindi il volontà da parte delle autorità vantaggio dello scambio tecni- politiche di sostenere non solo co-artistico caratteristico delle giuridicamente ma anche eco- coproduzioni a tutto tondo. nomicamente lo sviluppo di L’altro paese europeo membro di una rete industriale e creativa IBERMEDIA, il Portogallo, appa- tra settori dotati di una grande re ancor meno abitualmente co- contiguità culturale e storica. me partner per l’Italia, con sole FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA 56 - 57 IL PROGRAMMA IBERMEDIA

IBERMEDIA - Programma di svi- territori di lingua spagnola e por- I paesi fondatori erano 9: due eu- luppo per il sostegno alla costru- toghese. Voluto dal vertice dei ca- ropei e sette sudamericani. Suc- zione di uno spazio audiovisi- pi di Stato dei paesi membri, riu- cessivamente sono entrati altri vo iberoamericano, è una delle nitisi a Bariloche (Argentina) nel dieci paesi del Sud America. Nel attività implementate dal CA- 1995, e approvato nel successi- 2016 con l’ingresso nel Program- CI e finalizzate allo sviluppo e al vo vertice tenutosi nel 1997 a Isla ma dell’Italia, i paesi aderenti di- consolidamento del settore ci- Margarita (Venezuela), è entrato ventano venti. nematografico e audiovisivo nei in vigore nel 1998.

Paesi membri di ibermedia (fare cartina geografica o grafica a piacere)

Paesi Fondatori (1998) Paesi entrati successivamente Argentina Cuba 1999: Cile 2003: Portorico 2008: Repubblica Dominicana Brasile Messico 2000: Perù 2006: Panama 2009: Guatemala Colombia Uruguay 2001: Bolivia 2007: Costa Rica, Ecuador 2011: Paraguay Venezuela Europa Europa Spagna Portogallo 2017: Italia L’obiettivo di IBERMEDIA è la co- assumendo già da subito una po- In passato sono stati attivati se attraverso il network IBER- struzione di un’industria audiovisi- sizione di rilievo. schemi specifici anche per la di- MEDIA TV possono raggiun- va nei territori aderenti, con soste- Fra il 1998 e il 2014 il budget com- stribuzione e la promozione di gere un pubblico potenziale gni a tutta la filiera, dallo sviluppo plessivo gestito a IBERMEDIA è opere realizzate nei paesi mem- di 300 milioni di spettatori. alla produzione, dalla distribuzio- stato di oltre 88 milioni di dollari. bri (223 progetti fra il 1998 e il Il Programma fornisce quin- ne alla formazione, intervenendo 2009) con l’obiettivo di favori- di un’impareggiabile canale di in particolare a favore dei produt- Attualmente le risorse sono re la circuitazione di opere na- diffusione televisiva per i film tori indipendenti. Pone una parti- principalmente investite in tre zionali anche sui territori ibe- rientranti nel fondo, ferma re- colare attenzione alla crescita del- schemi di sostegno economico: roamericani non originari delle stando la garanzia dell’uscita le professionalità e delle imprese, •• coproduzione, dedicato alla opere stesse, nonché per il so- in sala delle opere. affinché non solo alimentino un coproduzione di film in cui si- stegno all’uscita dei film in sala A febbraio 2016 inoltre è sta- proficuo scambio interno fra i pae- ano coinvolti paesi iberoame- e all’esercizio (75 erogazioni fra ta lanciata “Pantalla CACI”, si membri, ma siano anche in grado ricani: dal 1998 al 2015 sono il 2006 e il 2011). la piattaforma digitale che of- di accedere al mercato globale. stati sostenuti 735 progetti; fre in modalità VOD film digi- Le risorse finanziare sono garan- •• sviluppo, dedicato allo svi- Nel 2008 è nato il Programma talizzati e codificati da IBER- tite da apporti di ciascun paese luppo di progetti di opere sia IBERMEDIA TV, un fondo desti- MEDIA TV e contenuti inediti aderente: l’apporto più consi- cinematografiche che televi- nato al sostegno alla diffusione ed esclusivi. La piattaforma è stente nell’arco degli anni è stato sive: dal 1998 al 2015 sono sta- di film latinoamericani nella te- nata con destinazione prima- garantito dalla Spagna, ma ora è ti sostenuti 806 progetti; levisione pubblica: attualmente ria agli istituti di formazione, il Brasile il primo contribuente di •• formazione, workshop rivol- sono 18 i canali televisivi pub- istruzione e cultura ma nel IBERMEDIA. L’Italia, con un ap- ti a professionisti dell’indu- blici nazionali e regionali dei 2016 è stata lanciata anche porto corrispondente a 600.000 stria audiovisiva sudamerica- paesi membri che trasmettono presso il pubblico generale. euro, si collocherà tra i primi na: dal 1998 al 2013 sono stati film grazie a questo sostegno. contribuenti dei Paesi membri, sostenuti 343 progetti. Le opere selezionate e trasmes-

COSA PREVEDE L’ACCORDO PER L’ITALIA

Aderendo alle regole già previste dal programma, in particolare per quanto riguarda i contributi alle coproduzioni, anche l’Italia dovrà ri- spettare le regole già valide per gli altri paesi europei aderenti: • le coproduzioni, per accedere ai benefici, dovranno essere re- alizzate con la partecipazione di almeno due paesi aderenti a IBERMEDIA, di cui almeno uno latinoamericano; • le coproduzioni dovranno prevedere, nelle componenti tecni- che e artistiche, la partecipazione effettiva di almeno uno dei paesi latinoamericani; • le opere coprodotte dovranno essere girate in lingua portoghe- se o spagnola: è accettata anche la lingua italiana, a condizione che venga realizzata la versione in spagnolo o in portoghese dell’opera; • il regista e gli attori della coproduzione dovranno avere la na- zionalità o la residenza in Italia o nei paesi latinoamericani.

L’accordo stabilisce inoltre che la partecipazione economica minima dell’Italia al programma IBERMEDIA dovrà essere simile a quella de- gli altri paesi aderenti e comunque non potrà superare la quota del pa- ese che contribuisce in maggior misura al programma, che nel 2016 è stato il Brasile. Va inoltre specificato che l’accordo fra la DGCinema del MiBACT e il CACI non influisce in nessun modo sugli accordi bilaterali di copro- duzione già in vigore fra l’Italia e gli altri paesi membri del CACI e di IBERMEDIA. FATTI Dossier di DG Cinema e ANICA 58 - 59 CONCLUSIONE

L’accesso di un paese terzo - sep- pur affine come l’Italia - ad un fondo connotato dalla specifici- tà culturale, linguistica e storica dei suoi membri si inserisce in un movimento di apertura e co- operazione che sta attraversando le organizzazioni regionali com- petenti per l’audiovisivo e che ri- specchia l’internazionalizzazione del settore e del suo pubblico. Simmetricamente a quanto av- viene in America Latina, nel no- stro continente il trattato del Consiglio d’Europa che regola le coproduzioni tra paesi europei, stare un regolare scambio di infor- la Convenzione europea sulle mazioni e analizzare le opportuni- coproduzioni cinematografi- tà di sostegno alle coproduzioni che, ha appena subito una rivolu- tra le due regioni. L’agenda futu- zionaria revisione che permetterà ra della collaborazione prevede la partecipazione alla Convenzio- una riflessione sulla distribuzione ne anche a paesi non europei. La e sulla film literacy. Attraverso la scelta si pone in linea con molti partnership è stato anche istituito degli accordi del Consiglio allar- un premio allo sviluppo di 20.000 gati a paesi non membri e svela un euro per un progetto europeo-lati- significativo cambio di prospetti- noamericano, assegnato per la pri- va sullo scopo da perseguire: non ma volta il 21 settembre 2016 du- più la protezione dell’identità eu- rante il Festival di San Sebastian. ropea, ma la promozione di un Anche il fondo dell’Unione Euro- modello di diversità culturale e di pea Europa Creativa - Sottopro- libertà di espressione. Un model- gramma Media ha istituito diversi lo di matrice europea che rappre- schemi di sostegno mirati a facilita- senta i principi fondanti non solo re la cooperazione internazionale. del Consiglio ma di tutte le poli- Il confronto più immediato con il tiche nazionali e sovranazionali programma IBERMEDIA è però di sostegno al settore audiovisivo quello con il fondo del Consiglio europeo. La nuova Convenzione d’Europa nato per promuovere sulle coproduzioni, adottata dal le coproduzioni tra paesi euro- Consiglio il 29 giugno 2016, sarà pei, Eurimages. Da poco, infatti, aperta alla firma il prossimo 30 anche Eurimages ha aperto l’ac- gennaio al Festival di Rotterdam. cesso a paesi terzi. Il primo paese Un’ulteriore testimonianza del che si avvantaggerà di questa pos- dialogo avviato a vari livelli tra le sibilità sarà il Canada ma è vero- luppo del cinema e dell’audiovi- conquistare e forgiare l’immagina- organizzazioni audiovisive euro- simile l’interesse anche da parte sivo locale e di conseguenza per rio del pubblico globale. pee e latinoamericane è la part- dei paesi latinoamericani. Sarà al- l’affermazione dell’identità cultu- Gli accordi allargati si pongono nership istituita tra EFAD - Eu- lora interessante osservare i nuo- rale dei propri popoli che attraver- dunque come strumenti deter- ropean Film Agency Directors vi equilibri e le possibili sinergie so le opere si esprime e si diffon- minanti per favorire la crescita e CACI, ossia tra le reti che rap- che verranno a crearsi tra aggre- de. I tempi sono quindi maturi per del settore, incoraggiare lo scam- presentano le agenzie nazionali gati di paesi non più nettamente un dialogo tra politiche affini negli bio creativo e professionale, faci- per l’audiovisivo europee e lati- separati ma comunicanti e tan- obiettivi e concordi nella distanza litare la circolazione delle opere e noamericane. La volontà di strut- genti in più punti. Del resto, en- dalla strategia culturale messa in garantire una maggiore competi- turare una collaborazione con- trambe le organizzazioni nascono campo dagli Stati Uniti che, con la tività internazionale grazie all’al- tinuativa tra i due organismi è con lo scopo condiviso di creare propria produzione cinematogra- largamento del naturale mercato motivata dalla necessità di impo- uno spazio per la crescita e lo svi- fica e audiovisiva, sono riusciti a di riferimento. CINEMA ESPANSO

GO.GO.GO. PANTEGANE DELL’ANIMA

di MAURIZIO PORRO

ndare. Andare. Andare. Non si sa dove, come e perché, ma non restare fermi, non aspettare Godot alla fermata A del tram. Un titolo molto impulsivo/ compulsivo è quel- lo scelto dal grande Aleksandr Sokurov per debuttare in teatro nel contesto “straniero” dell’Italia armoniosa neoclassica dell’Olimpico di Vicenza, poi a Milano al CRT dentro l’architettura razionalista di Giovanni Muzion alla Triennale: sono due spettacoli diversi, due climi opposti, due scenari intellettuali. Ma in entrambi c’è un ampio e confessato tradimento d’autore: non tanto del cine- ma, che è naturalmente terreno consanguineo e complice alla sce- na (un unico medium che si sdoppia), ed è presente e citato come CINEMA ESPANSO 60 - 61

glio ha fatto solo Stefan Zweig che nel di lui Viaggio in Russia edito da Passigli ci racconta anche la visita nella segreta stanza del tesoro e ve- de il Museo come la spiegazione concreta, il causa-effetto della Rivo- luzione). Il debutto teatrale di Sokurov, con quel misto di emozioni e sensazioni che produce, lascia dubbi consentiti forse anche dall’au- tore, che fino all’ultimo ha rimaneggiato, inventato, stralciato il testo Aleksandr Sokurov originale offrendo, a un gruppo di bravi attori, un canovaccio quasi da ha debuttato in commedia dell’arte, dove Max Malatesta e Michelangelo Dualisi so- teatro ispirandosi no Tullio e Publio, mentre Elia Schilton si assume il peso di parlare a nome dell’autore. Il tema dello spettacolo, ed anche quello di molto all’unico testo suo cinema, vedi il capolavoro Madre e figlio, è stato e sarà la lotta tra per le scene del ragione e istinto, ragione e spirito, una sfida all’O.K. Corral, che fini- perseguitato Iosif sce senza vincitori né vinti. I due protagonisti, ratti, pantegane (per dirla in veneto) che si aggirano tra le colonne del Palladio, sono frea- Brodskij, Marmi. ks, sono subumani, per cui l’umanità e la vita stessa sono porzioni di formaggio di cui nutrirsi con arroganza primordiale, tanto che posso- no mangiare libri e pellicole, come fa oggi lo stesso mondo virtuale della Rete, prigionieri di una maledizione che ci riguarda tutti. Spiega Sokurov: “Il paradosso è che l’uomo/animale è più pericoloso perché, non mai; né solo dell’autore ispiratore, il perseguitato Iosif Brodskij a differenza dell’animale in quanto tale, che si ferma una volta soddi- (e del suo unico testo per le scene, Marmi edito da Aldephi), ma di sfatti gli istinti, persegue il possesso, il potere in un’escalation assur- tutta quella poetica con cui finora Aleksandr aveva scelto individui da e inarrestabile. Ma verso cosa, in quale direzione? Da questo il tito- hegelianamente cosmico storici (Hitler, Lenin, Hirohito) e li ave- lo Go.Go.Go: andare, andare, ma dove? Dove va il mondo?”. va scovati da entomologo della perfidia nelle loro tane segrete. Ora Una domanda bella, generica, retorica, multi uso, l’ideale per un even- con un poco di quel folk spaghettaro all’italiana tipico degli sguardi to teatrale che rinuncia alle convenzioni e alle sicurezze sceniche (gli “esteri”, inquadra una piazza romana, una di quelle che Fellini ripre- atti, i dialoghi, i ruoli) per diventare una specie di installazione aperta se nel suo misconosciuto capolavoro Roma del ‘71, dove riappare an- alle suggestioni: dice l’autore che non si è proposto di mettere in scena che, al fianco di Federico in sciarpa rossa e cappello, la “comparsa” Marmi (su questo non c’è dubbio) ma di giocare con Marmi, facendo- Anna Magnani, col volto assai somigliante della nipote Olivia. Quel ne uscire succhi ed echi segreti, da Fellini a Beckett, l’angoscia del non film magnifico che scorre nella città, sopra, sotto e dentro, che è un sapere dove go go go, in una metafora (il topo, come lo scarafaggio po’ Dolce vita e un po’ Satyricon, tra casini, avanspettacolo e sfilate kafkiano) che occupa per intero ogni spazio dell’umanità in una bella di moda ecclesiastica, occupa la scena a spezzoni, sempre restituen- atmosfera senza tempo. Che è poi il segreto per apprezzare le qualità do un lascito poetico, un alone di fascino che si propaga nell’allesti- spesso nascoste di uno spettacolo misterioso che certo cambia di re- mento del regista russo. Specie quando nel viaggio sotterraneo del- cita in recita e forse l’ultima sarà la migliore. la metropolitana romana Fellini mostra come gli affreschi ritrovati scompaiano a vista e proprio qui, non a caso, la pellicola si rompe e s’incendia. Scompare il cinema. Sokurov immagina che in una piaz- za romana, di varia e variopinta umanità (venti persone in scena, or- mai è una rarità costosa), con un vago telone cinematografico sullo sfondo, ci si raggruppi, come in un cinema all’aperto vecchio stile, a vedere, scricchiolante e segnato come piacerebbe a Tarantino, il film di Fellini, acclamandolo come non avvenne mai, ma passi la licen- za poetica. Intanto due uomini topo, due volti roteanti, due creature dalle cantine del mondo (il contagio del Male che si propaga ovun- que…), si aggirano melliflui parlando tra loro, divorando l’umanità e tramandandone le delusioni, le nefandezze, i rimorsi, i dubbi ecce- tera. Insomma tutto quello che Santa Madre Russia, con gli interessi esistenziali di poi, può suggerire in un uomo di rara sensibilità come il regista dell’Arca russa, il suo film più noto in Italia. Quello in cui egli esplora, in un maxi piano sequenza, le sale dell’Ermitage (me- VATICANO AZZURRO

di STEFANO STEFANUTTO ROSA

In Principio (e poi), opera di videoarte a cura di Studio Azzurro, installata in maniera permanente presso i Musei Vaticani.

er la prima volta la videoarte entra in modo permanente altre tre poste alle pareti sono animate da volti e corpi che vengono pro- in una struttura museale che conta oltre 500 anni di vita. iettati. Si tratta di persone che vivono una forte limitazione del tempo e P I visitatori dei Musei Vaticani la incontreranno all’inizio dello spazio, i carcerati, o del linguaggio verbale, i sordomuti. del percorso che porta alla Cappella Sistina, prima della Il percorso del visitatore comincia con quello “schermo” nero a terra sala dedicata a Matisse. Si tratta della videoinstallazione interattiva in (La luce in mano) dove la sua mano, grazie a un raggio luminoso/forza quattro parti In Principio (e poi), realizzata nel 2013 da Studio Azzurro creatrice, squarcia l’indistinto dando vita ai primi elementi e forme. (la regia è di Paolo Rosa, scomparso tre anni fa) in occasione di un al- Nei due “schermi” laterali (La parola in mano) alcuni sordomuti ci co- tro evento speciale: la prima partecipazione della Santa Sede, nel 2013, municano con il loro linguaggio, basato sui movimenti delle mani, il alla Biennale d’arte di Venezia con un suo padiglione. Il presidente del regno delle piante e degli animali, ricordandoci che il nostro rapporto Pontificio Consiglio della Cultura, cardinal Gianfranco Ravasi, aveva con la Natura si fa sempre più labile. Echi visivi dei loro gesti appaiono scelto allora i primi 11 capitoli del Libro della Genesi come fonte d’i- sullo schermo a terra. spirazione delle opere destinate allo spazio della Biennale. Tre gli ar- Sullo schermo frontale sfilano i carcerati del penitenziario di Bollate tisti ai quali venne chiesto di cimentarsi con un momento della narra- (Milano) che, grazie a una pressione della mano del visitatore sullo zione biblica: Studio Azzurro e la Creazione dell’universo e dell’uomo; schermo, si fermano davanti a lui e ripercorrono la propria genealo- il fotografo Josef Koudelka e la De-Creazione, cioè l’incursione del gia, di generazione in generazione, nel tentativo di ricongiungersi alla Male nella Storia; Lawrence Carroll e la Ri-Creazione, la Speranza che propria origine. mai ha abbandonato l’Uomo. In Principio (e poi) è dunque un’opera legata soprattutto a tre verbi: par- Al centro della poetica di Studio Azzurro la relazione con il pubblico, la lare, vedere e toccare. “Lo spettatore, sollecitato a entrare in contatto condivisione dell’atto della creazione artistica, guardando allo spazio con i personaggi per attivare la loro storia, per risonanza, attiva anche museale come luogo di interrelazione dove il visitatore, attraverso un la propria - spiegano gli artisti di Studio Azzurro - superando la dimen- utilizzo originale delle nuove tecnologie, può e deve toccare l’opera. Es- sione formale per immergersi nel concetto di origine, rivitalizzandolo sa si compone di quattro lastre di pietra sensibili: una collocata a terra attraverso l’esperienza della relazione, e contribuendo così a generare simile a una lavagna senza memoria che rielabora la nostra presenza, le un’opera di esperienza, appunto, e non di rappresentazione”. CINEMA ESPANSO 62 - 63

ennista, partigiano, musicista, militan- T te e dirigente comu- nista, organizzatore culturale, botanico dilettante, di- rettore della Mostra del Cinema di Venezia. E soprattutto regista con sei titoli realizzati tra il 1957 e il 1979. Le tante vite di Gillo (Gilber- to) Pontecorvo sono raccontate, a dieci anni dalla sua scomparsa, nella mostra Gillo - Cinema, utopie, battaglie e passioni di Gillo Pontecor- vo, ospitata al Teatro dei Dioscu- ri al Quirinale e curata da Claudio Libero Pisano, con la collabora- zione di Simone Pontecorvo. Tra i progetti non compiuti poi abbando- di Gillo Pontecorvo – raccontato nato dalla pro- Un racconto composto da 400 duzione ame- fotografie - molti gli inediti - pro- da una mostra a Roma – anche ricana. E il film venienti dall’Archivio Pontecor- uno sugli indiani Sioux insieme sull’assassinio vo, dall’Archivio Luce e del Mu- al divo americano. dell’arcivesco- seo Nazionale del Cinema di vo salvadore- Torino, e da filmati inediti sem- gno Romero, pre dell’Archivio Luce e del Fon- teologo del- do Mario Canale. la liberazio- di ssr ne, protagonista l’attore Robert Si comincia con l’infanzia, poi De Niro. Un film sul rastrellamen- vengono gli incontri e le avven- to del velodromo d’inverno del ture da esule - in seguito alle leg- 1942 che portò all’arresto di mi- gi razziali del 1938 – quando vive gliaia di ebrei nella Parigi occupa- ta dai nazisti, ma il nome di Alain per Il sole sorge an- Delon come protagonista fatto dai cora (1946), le pri- produttori francesi non convinse me esperienze con Pontecorvo che abbandonò il pro- AL TELEFONO Yves Allégret (1950), getto, poi diventato Mr. Klein di- l’acquisto di una ci- retto da Joseph Losey. nepresa 16mm Pail- E ancora un film intitolato Ma- lard, i documenta- gia per il quale Pontecorvo spe- CON MARLON ri sull’alluvione del rimentò l’LSD, un progetto sulla Polesine, il merca- mafia dopo averne discusso con to di Porta Portese, i Giovanni Falcone e un film sull’a- minatori marchigia- narchico Giuseppe Pinelli. BRANDO ni, l’esperienza con Giorgio Arlorio, sceneggiatore di Monicelli e Lizzani. Queimada e Ogro, e anche del ten- E finalmente il ve- tativo di trasposizione cinemato- a Parigi e Saint Tropez, a contat- ro esordio nel 1955 con Giovanna, grafica del libro Il bisturi e la spada, to con artisti quali Sartre, Picasso, uno degli episodi, con protagoni- la storia del medico canadese Nor- Éluard, Clair. E ancora il tennis da ste le operaie tessili di Prato, del man Bethune che fu al seguito del- professionista, il sogno di diven- film collettivo La rosa dei venti di la rivoluzione di Mao, ricorda che tare musicista - una passione fon- Joris Ivens. “lavorare con Gillo era come im- damentale per il suo cinema - la Una parte centrale della mostra è barcarsi sul Pequod, la nave bale- Resistenza con il nome di batta- quella dei numerosi film non rea- niera del capitano Achab in Moby glia di Barnaba, l’adesione al Par- lizzati da Pontecorvo: progetti in- Dick, un’avventura al tempo stesso tito comunista con la conoscen- seguiti, scritti, preparati, e poi ab- terrificante e irrinunciabile”. za personale, tra i tanti, di Enrico bandonati. I più noti sono il film Berlinguer; l’attività giornalistica propostogli a sorpresa da Mar- e i reportage fotografici con Giu- lon Brando, dopo la difficile con- seppe De Santis. vivenza sul set di Queimada, sui Sioux (imperdibile la registrazio- Costante è il suo avvicinamento ne di una chiacchierata telefoni- al cinema: i provini come attore ca tra il regista e l’attore), progetto GALASSIA VAN SANT

Tra pittura, cinema e fotografia si muove la mostra biografica dedicata al regista indipendente americano, al Museo del Cinema di Torino fino al 9 gennaio.

di CATERINA TARICANO

volti giovani, qua- sempre si è mosso su sentieri in- raccontano e fanno toccare con I si infantili, di Kea- dipendenti, dimostrandosi ca- mano l’universo multiforme del nu Reeves e River pace, contemporaneamente, di regista, costantemente votato a Phoenix immorta- imboccare la via del cinema più ricercare la bellezza, ma anche lati per sempre nelle foto di scena spettacolare senza farsi risuc- consapevole e volontario testi- di Belli e dannati, Nicole Kidman chiare dagli ingranaggi dell’indu- mone della realtà. Pensiamo a co- (la diabolica Suzanne Stone di stria hollywoodiana, Van Sant ha me Gus Van Sant mette in discus- Da morire) ritratta come una ra- dimostrato in più occasioni di sione le regole tranquillizzanti gazza normale, lontana dai piedi- possedere una scioltezza che gli dell’American dream, a come sov- stalli hollywoodiani che poco più ha permesso di occuparsi, in un verte l’idea che la giovinezza sia tardi faranno di lei una diva a tutti continuo gioco di contaminazio- un’età serena e spensierata at- gli effetti e poi Matt Damon, Matt ni, anche di pittura, musica e so- traverso film come Belli e danna- Dillon, una nuova generazione di prattutto di fotografia, ultimo di ti, Elephant, Last Days o Gerry e attori (quella impostasi negli An- una lunga tradizione di cineasti al suo impegno politico, ben evi- ni ‘90), raccontata ai suoi albori, fotografi, che trova in autori come dente in film come Milk, Promi- senza le convenzioni del cinema Stanley Kubrick e Wim Wenders sed Land o nel prossimo progetto mainstream. – per fare solo due nomi – alcuni tv When we Rise, serie in uscita nei Ma all’interno della mostra che dei più illustri rappresentanti di prossimi mesi sul canale ABC, in- il Museo Nazionale del Cinema quelle espansioni dello sguardo centrata sulle battaglie civili con- di Torino, in coproduzione con che non si limitano allo schermo dotte dalla comunità LGBT. La Cinémathèque française e la della sala cinematografica. L’esperienza del viaggio, sem- Cinémathèque Suisse di Losan- Un’esposizione di quasi duecen- pre presente, anche se declina- na, ha dedicato a Gus Van Sant (e to pezzi fra fotografie (degne di ta in modi diversi, nelle pellicole che sarà visitabile alla Mole Anto- nota soprattutto le prime pola- di Van Sant, è la stessa di questo nelliana fino al 9 gennaio 2017), roid degli Anni ‘80), disegni pre- percorso magmatico che comin- la Settima Arte occupa solo una paratori per i film, acquerelli, cia nella sezione Cinepark, dove porzione, per quanto rilevante, storyboard, film inediti in 16mm, si possono vedere le scene più si- dell’allestimento. Regista che da video musicali e making-of che gnificative dei suoi film e dove il CINEMA ESPANSO 64 - 65

cut-up adottata da Van Sant per le sue composizioni è esplicitamen- te mutuata da quella di Burrou- ghs. C’è poi Ginsberg, con il quale Van Sant ha collaborato per il vi- deo Ballad of the Skeletons, che si pregia di musiche di Philip Glass e Paul McCartney. Trovano in- vece spazio nella sezione Photo- graphy le tantissime polaroid che Van Sant ha collezionato a partire dagli Anni ‘70, che ritraggono non solo tutti gli attori da lui provina- ti, ma anche amici, artisti o sem- plici sconosciuti. Volti famosi so- no presenti anche nella sezione Painting, dove attraverso una pit- tura appena accennata il regista ricrea paesaggi e situazioni, che si alternano agli storyboard di al- cuni suoi film. Numerosissimi sono poi i ritratti di giovanissimi modelli che posano con sfrontata bellezza, volti e corpi che ritrovia- mo anche in molte sue opere per il grande schermo. A chiudere il lungo percorso è lo spazio dedi- cato alla musica, in cui si risco- prono importanti collaborazioni (come quelle con David Bowie o con i Red Hot Chili Peppers), e le suo sguardo di outsider si fa più colonne sonore scritte per i pro- esplicito, per continuare, inerpi- pri film: tra queste anche quella cato nella spirale dell’antica si- di Mala Noche, il primo lungome- nagoga, diviso nelle altre sezio- traggio presentato in concorso, ni Photography, Constellations, quasi trent’anni fa, al GLBT Film Painting e Music. La terza è sicu- Festival. Nella capitale sabauda ramente quella più rappresenta- Van Sant vinse il primo premio tiva, per come spiega e compone della sua carriera. E di questo gra- un itinerario volutamente fram- dito ritorno ha parlato con il pub- mentato. Non a caso la metafo- blico e con i giornalisti: “Torino ra astronomica collega, come in assomiglia molto a Portland, la un’immaginaria galassia, il pia- mia città natale, e location di tan- neta Van Sant ai mondi che da te mie opere. Mi sembra ci siano sempre hanno influenzato la sua le stesse montagne. Devo dire che opera. È qui che il rock si fonde però rispetto ad allora è molto con il pop, che il cinema si uni- cambiata. Adesso è una città co- sce alla letteratura, che lo star nosciuta in tutto il mondo, quan- system hollywoodiano convive do invece venni nel 1988 l’hostess con la beat generation: William della compagnia aerea aveva ca- Burroughs, Allen Ginsberg, Ken pito che volessi recarmi a Reno, Kesey, Walt Curtis, per Van Sant nel Nevada…”. sono stati da sempre dei model- li, presenti nei suoi film in carne e ossa o in spirito, magari sotto forma di citazione o dedica. Bur- roughs, in particolare, è attore in Drugstore Cowboy e Even Cowgir- ls Get the Blues: con lui realizza, nel 1991, il film sperimentale Than- ksgiving Prayer e la tecnica del RICORRENZE

LUCHINO VISCONTI: IL GUSTO DELLA CONTRADDIZIONE

di GIANNI CANOVA

Aristocratico e comunista, realista e decadente, reazionario e rivoluzionario, snob e populista: a 110 anni dalla nascita e a 40 dalla morte, Luchino Visconti continua a essere un gigante del cinema e della cultura italiana. RICORRENZE 66- 67

Il duca arredatore. Era questo l’e- di tutti. Quanto meno ci aveva- struzione della storia e del per- della personalità di Luchino Vi- piteto spezzante con cui Paolo no provato, mentre buona parte sonaggio. sconti, evidentissimo anche se Bertetto, in un fortunato pamph- del nostro cinema e della nostra Ma nel ricordarlo, oggi, non si può per certi versi rimosso o dimen- let dei primi Anni ‘80 (Il più brut- cultura pensava con snobisti- prescindere da altri due aspetti ticato, è la sua milanesità. Viscon- to del mondo. Il cinema italiano ca sufficienza che l’arredamen- fondativi e fortemente connota- ti è un “gran lombardo”. È della oggi, Bompiani, 1982) liquidava to fosse tutt’al più un passatem- tivi della sua personalità artistica stessa pasta di un Carlo Emilio Luchino Visconti. Non ho mai po per signorine. Oggi, a 110 anni ed umana. Il primo è il gusto della Gadda, o di un Giovanni Testo- capito (né, per la verità, gliel’ho dalla nascita (2 novembre 1906) contraddizione. In un cinema po- ri. Incarna la punta alta del filo- mai chiesto) se Bertetto ritenes- e a 40 anni dalla morte (17 mar- polato da autori che si proclama- ne espressionista e non illumini- se più infamante il titolo nobilia- zo 1976), Visconti lascia al no- no graniticamente coerenti e che sta della cultura ambrosiana, che re (Duca) o la qualifica para-pro- stro presente un’eredità preziosa aborrono la contraddizione co- non si esaurisce solo nella lezione fessionale (arredatore). Ma temo che non è però quella del cinema me il diavolo fa con l’acquasanta, di Verri, di Beccaria e del Politec- che per lui – come per tutto il fi- antropomorfo che egli aveva di- Visconti incarna la contraddizio- nico. La milanesità di Visconti è lone anti-viscontiano del cine- chiarato di perseguire in una fa- ne fin dal giorno della sua nasci- legata non solo alle sue magistra- ma e della cultura italiana – quel- se importante della sua carrie- ta (nasce il giorno dei morti, il 2 li regie scaligere e a quel capola- la di essere un “arredatore” fosse ra: che gli piacesse o no, Visconti novembre). È aristocratico e co- voro assoluto del cinema italia- un’infamia, o una macchia, ben era più vicino a Mario Praz che a munista, realista e decadente, re- no che è Rocco e i suoi fratelli, ma più grave che quella di essere un Carlo Levi. Più maniacale e raf- azionario e rivoluzionario, snob e si esprime compiutamente nella nobile. Come se “arredare” fosse finato collezionista di oggetti e populista: lungi dall’essere un li- vocazione al fare, nella concre- una colpa. Un sintomo di devia- di stoffe e di abiti e di arredi che mite, il suo gusto della contrad- tezza, nel gusto del lavoro ben fat- zionismo piccolo-borghese. Io, sottile umanista. Più sodale di dizione apre crepe e spiragli di to, nel perfezionismo quasi arti- invece, tra le cose che ancora og- D’Annunzio che di Verga. Più vi- grande suggestione, rende il suo gianale, nella cura dei dettagli e in gi salvo della lezione di Viscon- cino al decadentismo che al ve- cinema più inafferrabile, meno certi casi anche in quell’orgoglio ti c’è proprio la sua vocazione rismo. Chi ha provato a liquida- auto-evidente, e lo immunizza da un po’ snob che è non solo dell’a- all’arredamento. La sua dichia- re come paccottiglia il suo lavoro ogni eccesso di ideologia o di fa- ristocrazia ambrosiana, ma un po’ rata volontà di arredare il mon- sul décor non ha capito che Vi- ziosità. C’è sempre qualcosa che di tutta la città (la “capitale mora- do invece che limitarsi a filmarlo. sconti anticipava – forse perfino non torna, nel cinema di Viscon- le”…). Non ultimo, la sua milane- Non capivano (e non capiscono) suo malgrado – quell’importante ti: ed è proprio questa sbavatu- sità è anche in quell’anima solida- i detrattori dell’arredamento che tendenza del cinema contempo- ra, questa dissonanza che viene le e accogliente che è tipica della proprio sul terreno dell’arredo raneo che sancisce la centralità dall’interno (quella stessa che città e che ben si esprime – all’ini- l’Italia del dopoguerra aveva gio- dello spazio e la sua supremazia lasciava sempre guardinghi e so- zio di Rocco – nella scena in cui un cato una delle poche partite vinte su quello che ai tempi di Viscon- spettosi i guardiani dell’ortodos- capocantiere meneghino, a Lam- in vista dell’effettiva realizzazio- ti e di Calvino veniva chiamato il sia ideologica e politica), a rende- brate, parlando in dialetto e con ne della democrazia culturale: i personaggio uomo. A suo modo, re il suo cinema ancora moderno, un po’ di ironia, spiega a Vincenzo designer (gli arredatori) aveva- inoltre, Visconti è stato anche un ancora capace di parlare anche a Parondi come anche i “terùn”, a no realizzato il sogno egualitario costumista: e nell’epoca del ci- noi nonostante appartenga a tutti Milano, abbiano diritto a una ca- di portare la bellezza nelle case nema degli stilisti bisognerebbe gli effetti al secolo scorso. sa. Perché Milano – dice – “non ricordarsi come sia stato lui, tra i Il secondo tratto connotativo ha mai lasciato nessuno in mez- primi, a rivendicare l’imprescin- zo a una strada”. Era il 1960, ma dibile funzione del look nella co- sembra detto per noi. RACCONTI DI CINEMA

INCOMPRESO. VITA COL FIGLIO. LA DONNA DEL RITRATTO.

di CRISTIANA PATERNÒ RACCONTI DI CINEMA 68 - 69

legio, gli studi fuori casa. Vari tra- ci una residenza di lusso, un’am- slochi. Un matrimonio andato basciata, un resort con la spa. quasi subito all’aria. E poi questo “Mio padre era console, è morto lavoro che l’ha portato sempre in da poco, sono l’unico erede”, giro. Meglio così. Si toglie la giac- racconta al venditore che chiede ca, si slaccia due bottoni della ca- dettagli. Sono figlio unico, pen- micia, si stende sul letto. Dalla sa. Il respiro fa una piccola pau- finestra, alla sua destra, un pano- sa. Ma è una cosa impercettibile. rama che gli è familiare. Eppure a Firma l’incarico, un’esclusiva per Firenze non è più tornato da allo- sei mesi. Ce la faranno a vendere ra. Il cielo ormai è viola, nel palaz- in sei mesi? Avrà tempo di vuota- zo di fronte qualcuno ascolta un re le stanze, di vendere i mobili e i disco. Di jazz. Noioso. O forse no, quadri, l’argenteria. se ti lasci andare dentro alle len- Adesso è rimasto solo, sono solo zuola dell’albergo, quelle lenzuo- le 9 e mezza del mattino. Ha un la sempre pulite, sempre nuove, paio d’ore prima di riprendere il anche il jazz può essere piacevo- Frecciarossa per Roma. Si mette le. Sono bianche come la cami- a girare per la villa. Tutto è immo- Buonasera, ho pre- cia appena un po’ sgualcita, ne ha bile. Fuori dal tempo. È suo pa- dei divani. Che strane tutte que- “ notato una camera un’altra identica nella 24ore. Lui dre ad aver voluto così. Le camere ste attenzioni per una casa disa- per una notte, a no- porta solo camicie bianche, così da letto, i bagni. Apre un casset- bitata, abbandonata. Una casa me Duncombe”. Sta non si vede il sudore, la stanchez- to nello studio, tutto è ordinato. estranea. Eppure è qui che è na- scendendo la sera, le luci si sono za. Non bisogna mai assecon- Un ordine inutile. C’è un telefo- to, è qui che ha passato i primi an- appena accese per le strade di Fi- darla, la stanchezza, altrimenti no Anni ’60, un telefono vintage: ni della sua vita, giocava in queste renze, nell’atrio dell’hotel c’è un ti paralizza. Si addormenta così, a Portobello Road andrebbe a ru- stanze, dormiva al piano di sopra, odore di fiori recisi, forse garde- mezzo vestito, mentre la città lo ba. La casa è tenuta bene, persi- era sempre malato, questo glielo nie. Non è mai riuscito a impara- assedia dalla finestra con la sua no il giardino. Suo padre ha con- hanno raccontato, aveva la ton- re bene i nomi dei fiori, special- bellezza quasi immorale. tinuato a pagare per tutti questi sillite e raffreddori terribili, con mente in italiano. E poi non gli È appena spuntato il sole di una anni una coppia di guardiani, mo- la febbre per un nonnulla. Adesso piacciono i fiori, l’odore dà leg- giornata senza vento e senza glie e marito. Lui non è mai stato invece non si ammala mai. Scosta germente alla testa. La voce del pioggia, quando si alza dal letto. d’accordo, avrebbe voluto ven- le persiane e la luce ancora calda concierge emerge da una lonta- Gli piace svegliarsi molto presto. dere prima: che senso ha vivere a di ottobre fa irruzione nella stan- nanza innaturale: “Buonasera, Perdere tempo in bagno prima di Londra e tenersi una villa in Italia, za, illumina la parete di fronte, un Mr. Duncombe. Ho qui la sua pre- colazione. Si guarda nello spec- non andarci mai, pagare le tasse, grande rettangolo vuoto, un po’ notazione, stanza 314. È una delle chio, il viso è bello, appena segna- pagare il giardiniere e una specie più chiaro. Nella sua testa si fa si- migliori che abbiamo. Avrei biso- to dall’età. Di avere cinquant’anni di governante. Un po’ di pratici- lenzio. Adesso Milo ricorda: era lì gno del passaporto e della carta di se ne è reso conto quando ne ave- tà, insomma. Ma suo padre non che stava appeso il ritratto di sua credito”. Tira fuori il documento va già 53, forse 54. Non ci pensa ne voleva neanche sentir parlare. madre. dalla 24ore, la carta di credito dal mai all’età, non festeggia neanche Argomento chiuso. E neanche al- portafogli. “Parla bene l’italia- i compleanni. È una cosa da bam- la fine, quando dall’ospedale si è no, Mr. Duncombe”... Mia madre bini festeggiare i compleanni, ma- fatto riportare a casa. “Voglio mo- era italiana, sono nato qui. Ma lo gari spegnere anche le candeline. rire a casa”. E: “Non la vendere la pensa soltanto, non lo dice, non Si fa chiamare un taxi per raggiun- villa di Firenze”. Ma con i mor- dice niente. Quello dell’alber- gere la villa. È appena fuori Firen- ti non c’è bisogno di discutere. go ha troppa voglia di parlare, lui ze, volendo ci si potrebbe arriva- Quanti oggetti, molti più di quel- troppo poca. La camera 314 è in re anche in bicicletta. Che strano li che potrebbero stare in una ca- fondo a un corridoio non tanto pensiero, perché poi in bicicletta? mera d’albergo, persino nella mi- ampio, dove si affacciano porte Quello dell’agenzia immobiliare gliore suite in cui abbia abitato: tutte uguali. Un albergo vale l’al- è già lì, davanti al cancello. Certo, una volta dovrebbe fare una sua tro e lui ne conosce tanti. Si può non capita spesso un affare così. graduatoria delle stanze di hotel, dire che li colleziona. Ha vissuto L’annuncio che metteranno par- una cosa privata, tra sé e sé. En- quasi tutta la sua vita in albergo. lerà di “trattativa riservata”. Vil- tra nel salotto, è avvolto nella pe- Viaggiando per lavoro, ma anche la esclusiva, con parco privato. nombra. Nonostante sia mattina, per evitare di mettere radici. Lon- Certo, da ristrutturare. Magari la ed è una bella giornata di sole: le dra è la sua città dall’età di cinque compra una società straniera – persiane sono accostate, forse anni. Ma di mezzo c’è stato il col- che so, con sede a Dubai - per far- per non rovinare la tappezzeria La radio a lezione dal cinematografo, di Renato Castellani, da “Cinema. Quindicinale di divulgazione cinematografica”, n.12, dicembre, 1936.

a seconda metà degli Anni ’30 vede in Italia una taggio sono i temi attorno ai quali si snoda la riflessione; la L sostanziale e progressiva convergenza dei me- trasmissione sincronica – diretta – è il portato tipicamente ra- dia della radio e del cinema. Di lì a poco la pri- diofonico al sistema cinematografico, che aprirà la strada al- ma avrebbe assunto un ruolo e una funzione la televisione: “Immaginiamo di dotare il cinema del secondo centrale nell’organizzazione della vita quotidiana nel periodo requisito (la sincronia – ndr), che ogni gesto dell’attore nel- bellico, mentre il secondo si sarebbe naturalmente afferma- lo studio di Hollywood sia immediatamente riprodotto dagli to come “l’arma più forte dello Stato”. La lezione di Castella- schermi delle sale di proiezione: avremo così raggiunto la te- ni – riflessione di notevole acume e raffinata cultura – da una levisione”; il montaggio è l’eredità cinematografica che può parte raccoglie gli esiti più maturi del lungo e articolato di- contribuire alla creazione dello “spettacolo-sonoro” a parti- battito scaturito dall’avvento del sonoro, che prese le forme re da quel “mosaico di suoni, rumori, voci”. I giovani (si pensi di istanze discorsive attorno a “neo-media” come il fonofilm, all’esperienza dei Guf) erano naturalmente tra i maggiori spe- il radiofilm, ecc, dall’altra prevede e anticipa quella conver- rimentatori di suonomontaggi almeno a partire dalla metà del genza cui abbiamo accennato, che sarà significativa premessa decennio. Sincronia e montaggio (quindi registrazione, fissa- storica alla diffusione – e prima ancora all’affermazione cul- zione e ordinamento del materiale visivo, piuttosto che sono- turale – della televisione: di questa si sarebbe parlato alla fi- ro, secondo uno “stile narrativo”) si ascrivono, nelle parole di ne del decennio nei termini di una radiovisione. Alla metà de- Castellani, a una funzionalità proporzionalmente inversa, do- gli Anni ‘30 la radio mostra un volto assai ricco e complesso: ve il livello di “spettacolarità” decresce all’incremento della non si tratta più della mera emissione musicale, quanto piut- sincronicità di evento e trasmissione. Ciò che è evocato è un tosto di un “mosaico di suoni, rumori, voci” (l’espressione è dibattito più ampio che investe in egual misura il cinema (e di Paola Valentini, cui dobbiamo i contributi storiografici più “per anticipazione” la televisione) e la radio: la dialettica tra organici su questo tema). In questo contesto prende forma la tensione “documentaria” e in buona sostanza realista (incar- posizione originale di Castellani, che proponiamo qui in “Re- nata dall’ipotesi della “diretta”) e la “narrazione”, il romanzo, print” e che dimostra una lucidità e una complessità che solo l’ordine ritmico dato a posteriori. in parte è stata riconosciuta (recentemente da Simone Dot- Se tali questioni non sono nuove e investono tutto lo spet- to). Tra cinema e radio l’alleanza era patente nella forma di tro dei media e delle arti tra le due guerre, è certamente la di- migrazioni frequenti di giovani attori che si cimentavano in mensione intermediale a sollevare grande interesse: al netto radiodrammi, di adattamenti cinematografici di radiodram- di una “tecnofobia” dominante nel dibattito coevo, che pesa mi o in virtù della vera e propria visibilità che il mezzo cine- nell’inevitabile sublimazione su un piano estetico (il riferi- matografico garantiva alla radio. Castellani insiste invece, con mento a documentario e spettacolo), stupisce la riflessione di notevole complessità teorica su un piano ontologico, quali- stampo quasi genealogico che coinvolge un medium nascen- ficando i differenziali di spazio e tempo tra i mezzi cinema- te (la televisione) in seno ad un altro (il cinema) per intera- tografico, radiofonico e (proto)televisivo. Sincronia e mon- zione di un terzo (la radio).

di Andrea Mariani IN QUESTO NUMERO UN ARTICOLO ESTRATTO DALLA RIVISTA “CINEMA”

n.12, dicembre, 1936 SE FOSSE UN FILM

SILENZIO DA MARTE

di STEFANO MORDINI

ntercettare storie e farle diventare un racconto per il ci- la capsula con tecnologia italiana che ha raggiunto la superficie di Marte I nema è una delle ricerche che autori e sceneggiatori ieri pomeriggio. Un minuto prima del contatto le comunicazioni si sono fanno spesso e volentieri. Serve pazienza, e soprattutto interrotte. È giallo sulla sorte della sonda...”. Il titolo era: Silenzio da coraggio, per credere che in un titolo o in un piccolo ri- Marte. Proviamo ad immaginare il centro di controllo dell’opera- mando a fondo pagina vi sia una storia degna di essere approfondita. zione e proviamo a ipotizzare il racconto delle persone al suo inter- Nel film Capote, Philip Seymour Hoffman nelle vesti di Truman Capo- no. Servirà tenersi attaccati alla riuscita della spedizione per raccon- te ritaglia un piccolo inserto di giornale e inizia la ricerca che lo por- tare desideri e ambizioni di ogni personaggio. Storie personali che si terà sino in carcere per realizzare un libro che è entrato a tutti gli effetti incrociano sperando che quel risultato possa risolvere problemi in- nella storia della letteratura contemporanea. L’impegno che richiede dividuali e amorosi. Ma l’operazione è un disastro e nel finire viene questa ricerca solitamente porta a piccole ossessioni. Stai lavorando presentata come un successo, almeno parziale. È un buon racconto su qualche idea? Improvvisamente non sai se raccontarla perché è trop- della nostra società. Qual è il confine tra il successo e il fallimento ? po presto, oppure perché hai paura che qualcuno ti dica che c’è già un Bisognerebbe chiedere al defunto Carver cosa ne pensa e un nuovo altro che ci sta lavorando. Detto questo, la ricerca è alla base del no- Short Cuts all’italiana potrebbe raccontarci, sperando in Marte, cosa stro lavoro per cui non ci si può sottrarre. Nel mese di ottobre i giorna- siamo. Le risposte vanno cercate altrove, ma questo non significa ar- li e la Rete ci hanno fornito più di uno spunto. Proviamo ad immagina- rivare sino al Pianeta Rosso per trovarle. Un dato però è certo, pesia- re una di queste storie come se fosse un film. Il 19 ottobre il “Corriere mo molto meno su Marte che sulla Terra, e questo potrebbe indurre della Sera” riporta questa notizia: “il silenzio ha avvolto la Schiapparelli, a delle riflessioni. Un dato può aiutare la narrazione. La sonda, prima SE FOSSE UN FILM 72 - 73

di iniziare la procedura per atterrare su Marte, deve staccarsi dalla na- cerca del Pianeta Rosso coinvolga vicella madre. Questo è un passaggio rischioso poiché l’ingresso in at- le grandi potenze e quindi uno in mosfera genera calore. La sonda Schiapparelli ci riesce. Fantastico, è il meno fa sempre comodo. La no- primo momento nel quale si può festeggiare, ma tra Marte e la Terra, tizia sul “Corriere della Sera” ri- causa la distanza, c’è un ritardo di nove minuti delle trasmissioni. In porta che l’astrofisico capo della quei nove minuti qualcosa è successo nel silenzio più assoluto. Questi ricerca ha dichiarato: “ho fatto di nove minuti diventano narrativamente il momento nel quale aspira- tutto, in questi anni”. Spunto stra- zioni e progetti di ognuno dei personaggi sembrano prendere forma. ordinario per dare adito ad una È probabile che questo spazio di nove minuti diventi un momento di serie di compromessi per arrivare confessioni amorevoli, di grandi dichiarazioni di stima e di piccoli se- all’obiettivo. Ed è proprio in quei greti sino allora taciuti. Ma allo scadere di quei nove minuti si scopre compromessi che forse si anni- che tutto ciò su cui si è investito non sta producendo nessun risulta- da l’errore. Siamo in questo mo- to. La sonda è su Marte ma non risponde. Cosa è successo in quei no- mento dentro il complotto. Forse ve minuti? Forse qualcuno dei nostri protagonisti potrebbe capire, in è proprio lui che in quei nove mi- quello spazio di tempo, cosa non va, non nella missione, ma nella sua nuti di ritardo sospetta di esser- vita. Forse quel fallimento potrebbe veramente risolversi in un suc- si affidato alla persona sbagliata. cesso. Ma questo sicuramente non basta. Se il filo rosso del racconto è La conferma arriva subito dopo, la missione si potrebbe inserire il danno procurato. Uno dei personag- quando la sonda su Marte non gi potrebbe aver passato informazioni o semplicemente indotto all’er- dà segnali. E allora inizia una vera rore per far fallire la missione. È noto a tutti che l’investimento sulla ri- caccia alla streghe. Quello che era una sorta di porta di accesso per il futuro diventa un carcere dove tutti devono una confessione sul passato. I racconti di ognuno di loro, prima del successo manca- to, diventano possibili prove per indagare sulle persone. Una ri- chiesta di trasferimento o un con- tratto da siglare con una nuova compagnia diventa improvvisa- mente una prova di colpevolezza, così come un rapporto sentimen- tale tra colleghi, vissuto in segre- to, fa sospettare della loro onestà. Tutto viene riletto in questa nuo- va chiave, quella del sospetto, e quindi tutto diventa possibile e la ferocia comanda sulla ragione. Ma succede qualcosa di inaspet- tato, improvvisamente la son- da risponde. Cosa resta di quello che si sono detti? Cosa ha mostra- Intercettare storie to di ognuno di loro, un possibile e farle diventare fallimento? Ma soprattutto: con un racconto per il cinema: quanta ipocrisia affronteranno il successo? Resta un fatto, il silen- a volte anche in poche zio, in questa società, quasi sem- righe, in un colonnino pre ci terrorizza. sui giornali, si annidano Questa una possibile sinossi: Un gruppo di astrofisici attende l’arri- plot imprevisti vo di una sonda su Marte. Nei nove e imprevedibili. minuti di ritardo delle trasmissioni dati tra il Pianeta Rosso e la Terra succede qualcosa di imprevisto. Ed è proprio quell’imprevisto che mostra il vero volto delle persone che hanno lavorato per il successo della mis- sione. Si sospetta che uno di loro sia colpevole di aver ordito un complot- to. Nasce un processo senza prove, con una sentenza finale molto chia- ra: nessun innocente tutti colpevoli. FOCUS AUSTRALIA

NOME UFFICIALE: Commonwealth of Australia FORMA DI GOVERNO: monarchia costituzionale federale LINGUA UFFICIALE: inglese CAPITALE: Canberra NUMERO ABITANTI: 24.247.500 (stima del 2016) DENSITÀ: 2,79 abitanti per km2 SUPERFICIE: 7.692.024 km2 VALUTA: Dollaro australiano, equivalente a 0.7677 dollari statunitensi e a 0.7001 ¤ (al 19/10/2016) PREZZO MEDIO DEL BIGLIETTO (2015): 13,60 dollari aus. NUMERO SCHERMI CINEMATOGRAFICI (2015): 2080 INCASSO BOX OFFICE ANNUALE (2015): 1.226.315.433 dollari australiani

BOX OFFICE 2015 BOX OFFICE 2015 TOP 10 GENERALE TOP 10 DEI SOLI FILM AUSTRALIANI

Star Wars: The Force Awakens – 62.785.185 dollari aus. Mad Max: Fury Road – 21.685.344 dollari aus. Jurassic World – 52.938.244 The Dressmaker – Il diavolo è tornato – 18.557.934 Fast and Furious 7 – 43.337.100 Oddball – 11.043.604 Avengers: Age of Ultron – 40.113.085 The Water Diviner – 10.148.891 Spectre – 34.578.531 Paper Planes – 9.654.965 Minions – 32.905.862 Last Cab to Darwin – 7.390.306 Inside Out – 31.144.188 Blinky Bill the Movie – 2.906.981 Hunger Games: Il canto della rivolta parte 2 – 29.002.702 That Sugar Film – 1.708.908 Pitch Perfect 2 – 28.125.863 Holding the Man – 1.250.540 Sopravvissuto – The Martian – 27.427.945 Alex and Eve – 536.475 FOCUS Il cinema in Australia 74 - 75

DIVERSAMENTE ANGLOSASSONI

di ALBERTO ANILE

ualche mese fa gli propria cinematografia come entrare nella classifica dei 10 Q australiani hanno deprimente, zeppa di stereoti- maggiori incassi dell’anno. esultato. L’ultimo pi, e poco spettacolare rispet- Non è stato sempre così. Il ci- anno scandaglia- to a quella statunitense. Ma nema australiano delle origi- to dalle statistiche, il 2015, ha la critica ha evitato di darne ni contiene ben altri numeri. segnato un record: 88 milioni una lettura troppo entusiasti- Le pubblicazioni sull’argo- di dollari australiani incassa- ca: il 2015 è stato l’anno di Mad mento, che siano cartacee o ti sul mercato interno per i so- Max: Fury Road, di The Dres- digitali, mettono sempre in li film prodotti in casa, circa il smaker, di The Water Diviner, copertina un tizio con la fac- 7,18% del totale. Per un’indu- prodotti assimilabili con quel- cia coperta da uno scafandro: stria storicamente divorata da li hollywoodiani (e tra l’altro è un’immagine da The Story Hollywood, un trionfo. L’anno non completamente austra- of the Kelly Gang, diretto da prima la percentuale era solo liani), oltre che di un paio di Charles Tait nel 1906, che è del 2,4%, con 26,2 milioni d’in- efficaci titoli per famiglie co- addirittura il primo lungome- casso, mentre il 2013, che van- me Paper Planes e Oddball; traggio della storia del cine- tava Il grande Gatsby di Luhr- una congiuntura favorevole, ma. Un record assoluto. mann con DiCaprio, aveva insomma. E comunque una Tutt’altro che un caso isola- fatto il 3,5 di percentuale con rondine non fa mai primave- to: fino al 1912 l’Australia si di- 38,5 milioni d’incasso. ra, neanche nell’emisfero au- stinse per la quantità e la lun- Il risultato è apparso sorpren- strale; malgrado il risultato ghezza delle proprie pellicole, dente anche perché il pubbli- portentoso, gli incassi del ci- battendo di gran lunga la ma- co locale, come segnalava Karl nema australiano rimangono dre patria inglese e la ricca cu- Quinn sul “Sidney Morning pur sempre il 7,18% del tota- gina americana. La media si Herald”, pareva storicamen- le, e nessun film locale, nem- mantenne alta fino al ’29, cioè te rassegnato a considerare la meno Fury Road, è riuscito a per tutto il periodo del mu- , Gillian Armstrong, Ian Pringle, Graeme Clifford, Rus- sell Mulcahy, Jane Campion (neozelandese ma studentessa di cine- ma a Sydney), e i due George Miller, omonimi ma non parenti: quel- lo del campione d’incassi 1983 con L’uomo dal fiume nevoso (con Kirk Douglas in un doppio ruolo) e quello più noto, e tuttora in attività, dei Mad Max e del porcellino Babe. Nel frattempo è passato come un treno il successone mondiale dei tre Crocodile Dundee che, sventolan- do urbi et orbi la caricatura dell’australiano virile e zoticone, hanno di fatto costituito un potentissimo veicolo pubblicitario per far cono- scere alle masse il continente down under. A poco a poco la produzione ha ricominciato a girare, e l’andamento negli ultimi trent’anni si è alzato rimanendo costante; tra il 1980 e il 2014 sono stati distribuiti ogni anno nei cinema australiani, in media, 21 titoli autoctoni (comprendendo nel novero anche le coproduzio- ni, 8 con gli USA e 7 con la Gran Bretagna). Il governo interviene in diversi modi per sostenere la produzione lo- cale, e sembra farlo in modo efficace. Le modalità sono diverse: attra- verso Screen Australia, ente governativo istituito nel 2008 fondendo to. I problemi cominciarono col l’Australian Film Commission, la Film Australia e la Film Finance Cor- sonoro e con la Grande Depres- poration Australia, che si occupa di sviluppare e finanziare cinema, tv sione: arrivò la concorrenza e i (’77). E non va neanche dimenti- e internet; oppure attraverso le agenzie dei vari Stati australiani; si fan- distributori statunitensi e ingle- cato Jim Sharman, che nel ’75 gira no sconti alle produzioni australiane ma anche a tutte quelle forestiere, si si allearono impadronendosi The Rocky Horror Picture Show in come l’ultimo Thor, che scelgono di venire a girare in loco; esiste anche del mercato locale. La crisi colpì Inghilterra con attori americani, un ufficio dedicato solo a effetti speciali e postproduzione, un settore duro ovunque ma i rivali anglo- ma che di nascita e formazione è in cui l’Australia va fortissima (la Iloura di Melbourne ha appena vinto foni fecero pagare al cinema au- australiano, australianissimo. un Emmy per una superbattaglia nella sesta stagione di Game of Thro- straliano uno scotto maggiore di Sunday Too Far Away di Ken Han- nes) che gode di finanziamenti erogati direttamente dal governo fede- quello subìto dalle proprie indu- nam, che nello stesso anno vie- rale; sono anche previsti incentivi per coproduzioni con altri Paesi. strie. Si arrivò a produrre non più ne premiato a Taormina, è un po’ di dieci film l’anno e dopo la se- considerato l’inizio ufficiale di conda guerra mondiale la situa- un New Australian Cinema che zione peggiorò ulteriormente, fi- porterà poi come una valanga gli no alle cinque pellicole del 1970: altri nomi famosi: , piuttosto poco per il Paese più grande dell’Oceania. La rivincita comincia tra fine An- ni ‘60 e inizio ‘70, in sintonia con i cambiamenti sociali e politici che stanno investendo il mondo occi- dentale. La nascita di un appog- gio governativo gestito dall’Au- stralian Film Development nel 1970 e la fondazione della Natio- nal Film School nel ’73 sono le prime tappe di una ripresa che fa ben sperare anche a livello artisti- co: due film di , 2000 Weeks (’70) e Stork (’71), poi il buffonesco The adventures of Bar- ry McKenzie (’72) dell’altrimenti notevole Bruce Beresford, quin- di l’affermazione di un talento prepotente come : The Cars That Ate Paris (’73), Picnic a Hanging Rock (’75), L’ultima onda FOCUS Il cinema in Australia 76 - 77

Il cinema in sé e per sé è tornato ad essere un buon affare. In casa, tra il 1980 e il 2015 gli schermi so- no aumentati di oltre il 150%, pas- sando da 829 a 2080 (di cui 1179 digitali). I teatri in realtà sono di- minuiti, passando dai 713 dell’80 ai 493 attuali ma la capacità, vale a dire concretamente la quantità di posti a sedere, risulta aumentata, anche se non di molto: da 378.000 posti a 443.000. Il prezzo del bi- glietto in cinque anni è salito del 6%, dai 12,87 dollari australiani del 2011 ai 13,60 dell’anno scorso. Certo, non si possono fare mi- racoli: l’Australia è il sesto Paese più grande del mondo, è avvan- taggiato da una lingua che è tra le più parlate e conosciute del glo- bo, ha ottimi rapporti con Ame- rica e Inghilterra, ma i suoi sette, quasi otto, milioni di chilometri quadrati sono in gran parte deser- tici e ospitano solo 24 milioni di individui (la sola Italia ne ha ben

più del doppio). È dunque com- prensibile che i distributori de- cisivi, anche nell’annus mirabilis 2015, abbiano sempre a che fare con gli USA. Quello che ha forni- to il maggior numero di titoli (57) è il locale Village Roadshow, che però è associato alla Warner, e gli altri sono i soliti Paramount, Fox, Universal, Sony, Walt Disney. Però è innegabile che la percezio- ne del cinema australiano sia nel tempo decisamente cambiata, so- prattutto all’esterno. Ormai non si tratta più, come ai tempi di Sun-

day Too Far Away, di cinema esotico, di pellicole da intenditori che arrivano solo ai festival; il cinema au- straliano, spesso confuso con quello americano, ha conquistato una grande visibilità internazionale, e il risultato è tanto più impressionante proprio perché, rispetto alla concorrenza statunitense, è costretto a contare su numeri molto più ridotti. Per avere un’idea di cosa parliamo, basta dare un’occhiata ai film che in Italia sono arrivati al milione di dollari australiani d’incasso. Eccoli qui di seguito, dal 1987 (il primo anno censito) in poi; l’anno tra parentesi è quello dell’uscita in Ita- lia. Sono in tutto 27 titoli, quindi quasi uno l’anno, e letti di seguito fanno capire quanti film australiani di successo siano passati sotto gli occhi di uno spettatore italiano (che non sempre s’è accorto della loro na- zionalità) dopo l’inizio della “nuova onda”: Crocodile Dundee (1987), Green Card (1991), Fino alla fine del mondo (1991), Lezioni di piano (1992), Sirens (1993), Shine (1996), Babe (1999), Moulin Rouge (2001), Happy Feet (2006), Houdini - L’ultimo mago (2009), Segnali dal futuro (2009), Australia (2009), Bright Star (2010), Sanctum (2010), Happy Feet 2 (2011), Killer Elite (2012), A few best men (2012), Legend of the guardians (2012), Bait (2012), Il grande Gatsby (2013), L’ape Maia (2014), Le due vie del destino (2014), Mad Max: Fury Road renza i film australiani sembrano tanta gente in Europa piena di ta- sul quale si proietta una persi- film inglesi o americani, e conten- lento ma con l’angoscia totale di stente nevrosi nazionale che de- (2015), The Babadook (2015), The gono invece uno scarto che spari- cimentarsi, di mettere in pratica riva dalla paura e dal fascino di Water Diviner (2015), Predesti- glia le carte, spiazzando ogni vol- ciò in cui credeva. Io qui invece un continente preternaturale”, nation (2016) e The Dressmaker ta le aspettative dello spettatore non voglio identificare e classifi- scriveva Ross Gibson in un ma- (2016). I generi sono disparati: c’è medio occidentale. È un cinema care ciò che sento. Io voglio fare, gnifico saggio pubblicato su “Fra- il fantasy, c’è il dramma in costu- decisamente, ma anche diversa- mi sento libera. Non voglio segui- mework” nell’83. Le ragioni sono me e il kolossal internazionale, mente, anglosassone. re parametri, rimango estasiata ancora una volta storiche: la re- c’è perfino l’animazione. Il mix di razze, sia quella indi- dalla bellezza della nostra natura, lativa giovinezza del colono an- Alla Festa del Cinema di Roma gena sia le varie componenti dell’ambiente in cui vivo, e que- glosassone, l’alone di mistero e 2016 è stato tra l’altro presen- dei “coloni”, è l’altra peculiarità sto mi aiuta ad essere immediata di minaccia che circonda la ridot- tato The Space Between, tenera dell’Australia; dei 24 milioni di e semplice”. La regista parlava nel ta comunità aborigena, sposses- commedia diretta dall’esordien- abitanti, per capirci, un milione è 1987, ancora ai tempi della prepa- sata di un territorio che nella sua te Ruth Borgobello, interpreta- di origine italiana. Il melting pot razione di Sweetie, ma le sue affer- estensione e nella sua impenetra- ta anche dai nostri Flavio Paren- delle molte etnie pone il cinema mazioni appaiono valide anche bilità finisce per assumere contor- ti e Lino Guanciale, incentrata australiano continuamente in oggi. Peter Weir ha basato buona ni fantastici, il tentativo da parte sugli scambi migratori italo-au- rapporto con il passato del Pae- parte del suo cinema sul dissidio dell’australiano bianco di pene- straliani; un tema al quale, dai se ma al tempo stesso gli dona tra natura e cultura, una metafora trare e comprendere la zona nera, tempi del da noi misconosciu- una libertà che è anche la chiave continua dello sforzo degli euro- “centro onirico non civilizzabile”. to Sono strana gente (1966, regia per riuscire a conversare con tut- pei di comprendere i misteri del Se tutto ciò era trasparente in un di Michael Powell, protagonista ti, non solo con la vecchia mam- bush, di sottomettere una natu- capolavoro come Picnic a Hanging Walter Chiari), gli australiani so- ma Europa: l’Australia ha la leg- ra ribelle ed enigmatica, e questo Rock, rimane comunque ancora no avvezzi. L’importanza del film gerezza di chi non sente il peso rapporto con la natura lo ritrovi leggibile tra le righe dell’ultima è che si tratta della primissima della globalizzazione perché è un nei prati in fiore di Bright Star co- produzione. I due film presenta- coproduzione ufficiale italo-au- mondo intero essa stessa. me nei film di cassetta, nelle far- ti all’ultima Mostra del Cinema di straliana; ufficiale nel senso che “Gli europei sono così schiaccia- se caricaturali in cui Venezia, il thriller Hounds of Love è prevista da un trattato, firma- ti dal peso della loro storia, del- combatteva con i suoi coccodrilli, di Ben Young e il fantastico Boys to nel 1996, perché coproduzio- la filosofia, della loro nazione”, perfino forse negli svolazzi digitali in the Trees di Nicholas Verso, nel ni ufficiose in passato ce ne sono diceva Jane Campion. “Special- dell’Ape Maia; e poi, ovvio, nei de- loro riprendere schemi e vezzi del già state, soprattutto quelle della mente gli inglesi vivono nell’idea serti punk rock di Mad Max: Fury cinema di genere statunitense, Fandango di Domenico Procacci di non poter creare niente e che Road, il vero successone austra- continuano a dimostrare un in- con la regia di Rolf de Heer. tutto è già stato fatto prima. Qui liano degli ultimi anni, più degli teresse privilegiato per le inquie- Intanto i divi australiani sono or- non è così, se hai un’idea la met- strombazzati Australia e Il grande tudini degli spazi, per una natura mai ovunque: Russell Crowe, Ni- ti in pratica. Semplicemente, sen- Gatsby di Luhrmann. da interrogare; il primo, giocando cole Kidman, Mel Gibson, Cate za porti problemi. Ho conosciuto “Il paesaggio diviene lo schermo tra l’isolamento di una ragazza ra- Blanchett, , Hugh Jackman, Mia Wasikowska, i fra- telli Hemsworth... Resta da capire che tipo di cinema sia quello australiano. Da un pun- to di vista artistico il Paese è sem- pre stato debitore del cinema an- glosassone: stessa lingua, stessa cultura, stesso sovrano (malgra- do l’indipendenza formalmente concessa nel 1901, regna ancora Elisabetta II con il titolo di Regi- na d’Australia, rappresentata da un governatore generale). L’origi- ne coloniale è decisiva: inevitabili i complessi d’inferiorità col resto del mondo anglosassone e i pe- riodici omaggi polemici alla terra strappata agli aborigeni. La grande ricchezza dell’Australia è costituita soprattutto dai suoi spazi e dalla natura, il paesaggio che immerge le sue storie nella concretezza di elementi primor- diali, e regala al suo cinema una sottile imprevedibilità: in appa- FOCUS Il cinema in Australia 78 - 79

pita da una coppia di balordi e l’immensa libertà che si esten- de oltre la finestra, il secondo applicando a strade e alberi il lato magico e dark dell’adole- scenza. E così anche le opere approdate subito dopo alla Fe- sta del Cinema di Roma; oltre al già citato The Space Betwe- en, il western Goldstone di Ivan Sen, scontro di culture con un aborigeno protagonista e una natura scavata nei cunicoli minerari, e Lion di Garth Da- vis, storia di un giovane india- no che riparte dall’Australia dove è stato adottato per met- tersi alla ricerca della famiglia originaria: pure qui il paesag- gio, il rapporto con la natura e lo spazio, l’equilibrio tra cul- ture diverse sono coprotago- nisti. Per il resto, il cinema austra- liano continua a distinguersi per un invidiabile mix di frui- bilità e sofisticazione e un alto standard tecnico, che lo ten- gono lontano sia dall’estetica del cinema da pop-corn sta- tunitense, sia dal rischio euro- peo del lambiccamento e del- la leccatura: una via mediana verso una raffinatezza di mas- sa, un percorso incerto che in alcuni casi miracolosi è riusci- to ad andare ben oltre i limiti dell’Oceania, conquistando il cuore di mezzo globo. La grande questione del cine- ma australiano è quella di ri- uscire a mantenere il precario equilibrio conquistato negli ultimi quarant’anni, tra un ri- ferimento alla cultura euro- pea d’origine che non sia né iconoclasta né autocaricatu- rale e la libertà maestosa dei grandi spazi e degli elemen- ti primordiali, tra l’Australia bianca e l’Australia nera, tra la “giovinezza” del Paese co- loniale e una natura antichis- sima, magica e ancestrale, tra la presenza di enormi talenti locali e l’emorragia di grandi registi e ottimi attori che a un certo punto della carriera ven- gono comprensibilmente ri- succhiati da Hollywood. comunità aborigena o su di essa, in seguito al successo a Cannes 2009 del regista aborigeno Warwick Thornton, vincitore della Caméra d’Or con Samson and Delilah. Il successivo film di Thornton The Darkside, una intrigante raccolta di ghost stories aborigene, ha avuto buona ac- coglienza critica e un sia pur circoscritto successo. Analogamente il magnifico Charlie’s Country (2014) di Rolf de Heer è servito da vetrina al grande attore aborigeno David Gulpilil - l’avevamo visto per la pri- ma volta sullo schermo in un film di Nicolas Roeg del 1971, Walkabout. Charlie’s Country ha aperto gli occhi agli australiani bianchi con una rappresentazione senza compromessi dell’impatto delle recenti po- litiche governative – animate da buone intenzioni ma sbagliate - sulla popolazione aborigena. Ivan Sen ha scelto di illustrare problematiche simili con gli strumenti del thriller nei suoi film Mystery Road (2013) e Goldstone (2016): in entrambi Aaron Pederson è un detective aborigeno coinvolto in casi di omicidio nel remoto Outback.

STRANE STORIE DELL’OUTBACK

di DAVID STRATTON Film come questi portano agli australiani bianchi che vivono in un contesto urbano la realtà del razzismo, che rimane una macchi- na nel carattere nazionale. Il recente Down Under di Abe Forsythe cerca di esplorare l’atteggiamento dei bianchi verso gli immigran- ti, specie islamici. Forsythe prende a soggetto le sommosse violen- a un lato il livello della produzione di lungometraggi in te avvenute nel 2005 in un sobborgo costiero di Sydney chiamato D Australia può sembrare buono: 22 film (documentari Cronulla, dove residenti ubriachi decisero di ‘difendere’ la spiaggia esclusi) sono stati realizzati l’anno scorso, ma di questi dai musulmani che venivano dall’interno per passare una giornata solo un pugno sono riusciti ad avere una distribuzione al mare. Purtroppo, Forsythe ha scelto di trasformare questa spia- significativa e solo una percentuale irrisoria di quelli che sono arri- cevole saga in una commedia. Ma Forsythe non è il Lubitsch che si vati sugli schermi hanno ottenuto incassi decenti. Tra i successi fi- prese gioco dei nazisti To Be or Not to Be e il suo film è un’occasione gura Mad Max: Fury Road di George Miller, che qualcuno neppure mancata per affrontare un argomento importante. considera una produzione australiana in senso stretto. A parte Mad Max: Fury Road, il maggior successo dell’anno scorso è In effetti, mentre una corrente infinita di attori aussie – tra cui Geof- stato The Dressmaker Il diavolo è tornato, una commedia ambienta- frey Rush, Mia Wasikowska, Nicole Kidman, Russell Crowe, Margot ta in una piccola cittadina di campagna. La britannica Kate Winslet Robbie, Ben Mendelsohn, i fratelli Hemsworth, Hugo Weaving ecce- è chiamata a recitare il ruolo principale, quello di una donna esilia- tera – mettono il loro talento al servizio di film americani o britan- ta dalla sua città natale anni prima che torna per vendicarsi dei suoi nici, l’industria locale è visibilmente in difficoltà. persecutori. Grazie a un distributore importante (la Universal) il Il miglior film australiano dell’anno scorso è stato The Daughter, una film è uscito su molti schermi e ha avuto successo in tutto il pae- versione contemporanea e inventiva del dramma di Henrik Ibsen se, ma la sua descrizione dell’ambiente rurale e dei personaggi grot- L’anitra selvatica (1884), opera prima dell’innovativo regista teatra- teschi non è piaciuta a tutti. La regista, Jocelyn Moorhouse, non è le Simon Stone; l’impatto emotivo del film e la bella prova recitativa sembrata in grado di mantenere un tono coerente e si è fidata fin dell’esordiente Odessa Young (presente anche in un film del con- troppo di caricature non proprio sottili. corso di Venezia 2015, Looking for Grace) portano in alto questa ver- L’Outback ha sempre attratto i filmmaker, com’è evidente in alcuni sione moderna di un dramma classico. dei più interessanti lavori recenti. Strangerland di Kim Farrant con Almeno un terzo dei lungometraggi girati in Australia l’anno scorso so- Nicole Kidman e Joseph Fiennes parla di una coppia che vive in una no totalmente indipendenti, cioè non hanno goduto del sostegno fi- vasta zona desertica e racconta l’impatto sulle loro vite della miste- nanziario di nessuna agenzia governativa. Alcuni di questi, come Paw- riosa sparizione dei loro figli. Una figlia scompare anche in Looking no di Paul Ireland – un potente dramma corale ambientato all’interno for Grace, anche se nel film di Sue Brooks si parla di una teenager in e attorno un banco dei pegni in un sobborgo decadente di Melbourne fuga (Odessa Young) con una vena di ribellione. Il seguito del suc- - hanno avuto un’ottima accoglienza della critica, ma non sono riusci- cesso di David Michod Animal Kingdom, ovvero The Rover, si svolge ti a trovare un grande distributore perdendo la battaglia dell’audience. nell’Outback all’indomani di una non meglio specificata catastrofe Un fenomeno relativamente recente è il numero di film realizzati dalla apocalittica, mentre in Last Cab to Darwin di Jeremy Sims un tassista FOCUS Il cinema in Australia 80 - 81

di provincia (Michael Caton), a cui hanno diagnosticato un cancro, guida per migliaia di miglia attraver- so il deserto per raggiungere un medico che dovrebbe praticare l’eutanasia. The Babadook di Jennifer Kent è un horror raccapricciante che va ben oltre il budget limitato: l’esistenza di una giovane vedova (Essie Davis), che vive in una casa in periferia con il figlio di 6 anni (Samuel Wise- man), è messa a soqquadro quando il Babadook, personaggio di uno spaventoso libro che il bambino sta leggendo, prende vita. Le performance della Davis e del piccolo Wiseman sono eccezionali. Quest’anno uno dei migliori e più originali registi australiani, Paul Cox, è venuto a mancare ma non pri- ma di aver realizzato Force of Destiny, un film sulla sua battaglia contro il cancro culminata in un trapian- to di fegato. David Wenham recita nel ruolo di Cox, un artista più che un filmmaker, che, quando gli vie- ne diagnosticato il tumore al fegato, è determinato a lottare il più a lungo possibile contro la malattia. Cox è vissuto abbastanza per poter inaugurare il Melbourne Film Festival, ma i suoi progetti per un nuo- vo lavoro sono stati interrotti dalla sua morte, nel giugno scorso.

Filo diretto da Canberra. Il punto di vista critico. INTERNET E NUOVI CONSUMI

QUELLO CHE È MIO È TUO. IL CINEMA NEL SEGNO DEL BARATTO di CARMEN DIOTAIUTI C’è un cinema collaborativo figlio, a vario titolo, della sharing economy. Come la web serie in due stagioni BlaBlaCar Road Movie, nata dall’esperienza dei passaggi condivisi attraverso la piattaforma di carpooling BlaBlaCar; oppure il progetto di film che nascerà dal recente accordo tra la banca del tempo TimeRepublik e l’associazione di professionisti dell’audiovisivo Videus; o anche Unlearning, documentario che è un po’ simbolo dell’economia della condivisione per trama, modalità di realizzazione e percorsi distributivi. INTERNET E NUOVI CONSUMI 82 - 83

vimeo.com/letsunlearning

osa hanno in co- legame sociale di tipo affettivo, C mune la web se- basato su fiducia e rapporto pa- rie in due stagioni ritario, all’insegna di un consumo BlaBlaCar Road Mo- condiviso che punta all’ottimiz- vie e il documentario Unlearning zazione e redistribuzione delle di Lucio Basadonne? Sono due risorse. Dall’esperienza dei pas- esempi di come l’economia del- saggi condivisi di BlaBlaCar sono la condivisione possa portare alla nati una serie di video-racconti di realizzazione di un film. Più pre- viaggio pubblicati sul canale You- cisamente di un road movie per il Tube della community. web, nel primo caso, dedicato al- Da BlaBlaCar Road Movie, web la più importante piattaforma di serie in due stagioni che raccon- carpooling europea, BlaBlaCar, ta l’Italia attraverso le tappe dei e alla sua community di passeg- suoi viaggiatori; a BlaBlaCar Co- successo, potrebbe diventare forza lavoro in cambio di ospitali- geri che quotidianamente condi- ast-to-Coast, reportage della tra- una modalità produttiva innova- tà, al carpooling.“Nessun operato- vidono viaggi in auto. Tre milio- versata dello psicologo e video- tiva ed alternativa al modello at- re, fonico, produttore o assisten- ni di persone al mese, per avere maker Carlo Alberto Cavallo tuale”, sottolinea Videus. te”, chiarisce Lucio Basadonne un’idea della portata, che, in bar- da Lisbona a Vladivostock, pun- Un’apertura collaborativa che che è stato il factotum audio-vi- ba alle modalità di spostamen- to d’arrivo della Transiberia- può coinvolgere ogni aspetto del deo del documentario. “Una scel- to tradizionali, da circa dieci an- na, organizzata solo tramite pas- prodotto cinematografico - dalle ta dettata non solo dal budget, ma ni si muovono grazie ad una rete saggi in carpooling e raccontata logiche produttive alle modalità anche dalla voglia di poter entra- di trasporto fatta dalle stesse per- attraverso i ritratti dei suoi com- di realizzazione, ai percorsi distri- re in contatto diretto con chi ci ha sone. Chi ha dei posti liberi a bor- pagni di viaggio. butivi - come succede nel caso di ospitato e si è messo in gioco con do li mette a disposizione di chi Dal recente accordo tra la ban- Unlearning di Lucio Basadonne. noi. Non avere troupe ci ha aiuta- è in cerca di un passaggio e viag- ca del tempo TimeRepublik e Documentario che è anche un po’ to ad essere più veri e naturali ed gia verso la stessa destinazione, l’associazione dei professionisti simbolo della sharing economy, evitare qualsiasi effetto fake”. La in cambio di un contributo sulle dell’audiovisivo Videus nascerà nato dal progetto di una famiglia distribuzione non poteva certo spese di carburante e pedaggi; il un cortometraggio, La partita di – composta da un videomaker, partire da basi differenti: il film è tutto con evidenti benefici in ter- Salvatore Alù; ma soprattutto un’insegnante e una bambina di 5 disponibile su Movieday, piatta- mini sia ambientali che econo- una piattaforma verticale dedi- anni - che a un certo punto deci- forma online che consente diret- mici. Ma è vietato guadagnarci: cata al cinema e alle sue profes- de di prendersi una pausa dal mo- tamente agli spettatori di orga- la filosofia che sta alla base del sionalità, in cui chi possiede una dello comune di vita cittadina per nizzare proiezioni in sala, o, per progetto è quella della sharing competenza specifica ha l’op- partire alla scoperta di ecovillag- spettacoli senza scopo di lucro, economy, un’idea economica ri- portunità di offrire e ricevere gi, comunità e famiglie itineran- in cambio dell’invio di cibo loca- voluzionaria basata sullo scam- servizi facendosi pagare in uni- ti: realtà libere da retaggi imposti le. Un film, Unlearnig (che vuol bio reciproco, in cui il concetto tà di tempo, una valuta che fun- e con concetti di tempi, spazi e dire “disimparando”), che è an- di proprietà viene sostituito con ziona come se fosse una vera e meccanismi di relazione differen- che un invito alla disobbedienza quello di messa a disposizione propria moneta, alimentando ti. Il tutto a costo zero, attraverso verso il pensiero dominante e al di beni, esperienze o competen- così un credito che diventa tem- il baratto di beni e competenze. riadattamento, perché “per ve- ze. Una rivolta gentile, che si basa po a disposizione. “Si tratta di un Dal crowdfunding per realizzare il dere le cose con occhi nuovi oc- sulla pratica tradizionale del ba- esperimento di cultura sociale progetto, allo scambio casa, alla corre lasciar andare quello che ratto e che tenta di ristabilire un che, se avrà come ci auguriamo messa a disposizione di tempo e pensiamo sia giusto”. GEOGRAFIE

Il periodo natalizio e quello dell’inizio dell’anno sono sempre una stagione ricca, cinematograficamente parlando.

TAPPA INVERNALE

di NICOLE BIANCHI

Ma le ambientazioni, tranne qualche eccezione, si concentrano tra Roma e Milano con qualche puntata alle Isole Tremiti e in Trentino. GEOGRAFIE 84 - 85

tazione Aldo, Giovanni e Giaco- mo, che hanno scelto sempre Mi- lano per Fuga dal reuma park, in cui mettono in scena il trio, con l’interrogativo di immaginare co- me potrà essere tra 25 anni. Il film racconta il loro mondo da anziani e come la magia del Natale possa essere ancora una volta una sor- presa. Ed è ancora Natale sotto la direzione di Volfango De Biasi che, con il classicissimo titolo na- talizio Natale a Londra - Dio salvi la Regina, ripropone il duo comi- co Lillo&Greg, già protagonista di Natale col boss (2015), qui con una nuova commedia, in cui am- bientazione e location sono state Roma e Londra. Natale per eccel- lenza, con il presepe di Luca Mi- niero: Non c’è più religione, infatti, racconta della ricerca di un bam- bino adatto a rivestire il ruolo del piccolo Gesù, per il presepe viven- te, per cui una comunità cattolica di un’isoletta del Mediterraneo si trova costretta a chiedere aiuto a musulmani e buddisti. Tutto que- sto pasticcio di questioni religiose

inverno, inteso co- L’ me stagione cine- matografica, non è subito sinonimo di nel film s’ambienta in un Sud ge- “Natale”, anche se l’atmosfera na- nerico, mentre è stato girato tra talizia prende ben presto il soprav- le Isole Tremiti, Manfredonia e vento. Dicembre inizia infatti con Monte S. Angelo. qualcosa di tutt’altro che festivo Scoppiettante il botto di Capo- come il documentario diretto da danno: è infatti il comico napo- Michele Santoro, Robinù, basato letano Alessandro Siani ad inau- sui volti reali dei baby-boss della gurare il primo giorno dell’anno camorra, un intero giovane popo- in sala con Mister Felicità – gira- lo ridotto a carne da macello, e na- to e ambientato tra Roma, Luga- turalmente il racconto si concen- no e Bolzano - storia di un uo- tra tra Napoli e provincia. mo svogliato e fannullone, che si L’uscita in sala di metà mese se trova costretto a lavorare per pa- la contendono tutti gli altri, che gare un’operazione molto costo- in comune hanno la commedia, sa alla sorella che vive in Alto Adi- ma non necessariamente il Na- ge, regione natìa del protagonista tale: Fausto Brizzi con Poveri ma dell’altro film del mese, Segantini. ricchi, racconta la famiglia Tucci, Ritorno alla natura, di Francesco poverissima, che un giorno vince Fei, che racconta del pittore Gio- 100mila euro; ma la vincita non vanni Segantini, nato ad Arco, in rimane segreta a lungo, tanto da Trentino, per cui quest’ultimo e costringerli a scappare: questa Milano sono stati i luoghi della vi- fuga si consuma tra Roma e pro- ta del pittore, così come del film. vincia e il capoluogo lombardo, Milano, stessi luoghi sia per il set che per la storia sul grande scher- mo. Con la commedia di Brizzi dividono parte di set e ambien- MARKETING DEL CINEMA ITALIANO

SCONTATO, DINAMICO, ETICO O SOSPESO? LE VIE DEL PRICING AL CINEMA

di ILARIA RAVARINO MARKETING DEL CINEMA ITALIANO 86 - 87

Cinema2Day, l’iniziativa lanciata dal MiBACT, circoscritta al secondo mercoledì del mese, è attiva a partire dallo scorso settembre: oltre un milione di biglietti staccati, incassi lievitati del 150,84% solo nei primi giorni, “in pratica due italiani su cento sono andati al cinema”, ha commentato il ministro della cultura, Dario Franceschini. Ma anche altre proposte di marketing si fanno SCONTATO, concrete per cercare di portare più pubblico in sala.

ue euro. Meno di un partecipazione, anche sul prezzo fluenza, e che la domanda è ela- cuno che non volesse proprio pa- DINAMICO, paio di litri di latte. da pagare”. La pensa così Fede- stica”. Ma quanto si risparmia, gare, ma la media è quella che ci D Meno di una mancia rico Quarato, CEO di Dynami- con il biglietto dinamico? “Pen- aspettavamo, cioè due euro. Del al ristorante. Meno Tick, startup tutta italiana che siamo che due euro sia un prezzo resto non siamo in un cinema, ma di un Gratta&Vinci. Due euro è il ha inventato il “biglietto dinami- perfetto per rilanciare e riaffezio- in un auditorium. Quel che con- prezzo che gli italiani hanno ac- co”, in sperimentazione a Milano nare il pubblico alla sala, ma solo ta è che il pubblico abbia apprez- cettato di pagare per tornare a ri- e in espansione anche nel Centro una tantum. Se fosse sempre così, zato e sostenuto l’idea. Le prime ETICO empire le sale cinematografiche, e Sud Italia. L’idea, mutuata dal- svaluterebbe il prodotto. Premes- due proiezioni sono andate al di almeno a giudicare dai primi ri- le piattaforme del turismo onli- so che il prezzo massimo del bi- sopra delle nostre aspettative. Il sultati di Cinema2Day, l’iniziativa ne e applicata al cinema già negli glietto cambia di sala in sala, si pubblico era più numeroso del lanciata dal MiBACT, circoscritta Stati Uniti, in Inghilterra e in Ger- può arrivare fino a una riduzione solito, giovane, attento e coinvol- al secondo mercoledì del mese, mania, è tanto semplice quanto del costo del 50%”. to. La scelta etica ha trasformato a partire dallo scorso settembre. rivoluzionaria: il prezzo del bi- Quella dei due euro, però, è una le persone da clienti a comunità”. O SOSPESO? Agire sul costo del cinema, por- glietto non è fisso, ma può varia- cifra che ritorna. Torna per esem- Ancora più estrema, ma sempre tandolo al suo minimo storico, è re di giorno in giorno a seconda pio nel caso del “biglietto eti- legata all’obiettivo di responsabi- stato un successo: oltre un milio- di una serie di parametri calcola- co” sperimentato quest’anno da lizzare lo spettatore e convincer- ne di biglietti staccati, incassi lie- ti da un software. L’algoritmo svi- L’Aquila Film Festival: lo spetta- lo a spendere per il cinema, l’ini- vitati del 150,84% solo nei primi luppato da DynamiTick analizza tore guarda il film e solo quando ziativa del “biglietto sospeso” giorni, “in pratica due italiani su più di 40 variabili, tra cui il pre- ha finito decide quanto pagare. è nata invece a Milano, anche se LE VIE cento sono andati al cinema”, ha stigio dell’autore, l’hype genera- La media versata dagli spettato- le sue origini si perdono nei vico- commentato il ministro della cul- to in rete dal film o dai temi che ri a fine visione è stata, appunto, li di Napoli. Ispirati dalla pratica tura, Dario Franceschini. racconta, la situazione meteo, di due euro. “L’iniziativa prende di lasciare un caffè pagato al bar Ma il Ministero non è l’unico a le abitudini del bacino di uten- le mosse dalla realtà molto parti- per un cliente sconosciuto, i ge- sfruttare il pricing per riportare i za del cinema, il giorno della set- colare de L’Aquila - spiega il diret- stori del cinema Centrale hanno consumatori in sala. Sul costo del timana e l’anticipo sull’acquisto tore Federico Vittorini - in centro lanciato la campagna “Lascia un DEL PRICING biglietto si sta giocando una par- del biglietto. “Attraverso il social non ci sono più cinema, c’è so- biglietto”: chi lo desidera può of- tita importante sul piano del mar- listening siamo in grado di geolo- lo un multisala in periferia do- frire un ingresso gratis a uno sco- keting, con numerose iniziative calizzare i commenti in rete, per ve abbiamo organizzato il Festi- nosciuto, anche prenotandolo mirate a un obiettivo comune: prevedere il tipo di accoglienza val negli scorsi anni. Ma era un online. “Abbiamo voluto in qual- convincere il pubblico a spende- che il film potrebbe avere in una ambiente spersonalizzante, ci li- che modo incentivare gli spetta- re qualcosa per un film. “Il bigliet- determinata regione d’Italia. An- mitava nella scelta delle pellico- tori - hanno spiegato gli esercenti AL CINEMA to, così com’è, costa troppo. E il che il meteo è molto importan- le e imponeva un prezzo fisso al all’ANSA - perché siamo il primo prezzo è inadeguato alla richie- te, perché la pioggia è in grado di biglietto. Quest’anno abbiamo cinema aperto a Milano, ma per le sta del pubblico di oggi, fatto di spostare il fatturato del 30%. E fatto una scelta di campo: ci sia- nostre dimensioni restiamo fuori consumatori dinamici, che han- salvaguardare l’anticipo dell’ac- mo spostati in un auditorium al- dal circuito della grande distribu- no imparato a confrontare in re- quisto è sempre un risparmio”. In le porte del centro, per riportare zione. Per questo puntiamo sulla te le offerte per scegliere la mi- cinque mesi di sperimentazione vita dove non c’è più nulla. Ma il qualità e i film d’essai”. Da pagare gliore. Il problema non è che agli le prevendite nei cinema interes- pubblico ce lo devi mandare, lo a prezzo pieno, stavolta. Ma con italiani non piaccia più il cine- sati sono aumentate del 105%, i devi convincere”. E ancora una un rientro solidale. ma. Il problema non è nemmeno ricavi del 13%, il pubblico del 15%. volta, il costo del biglietto ha fat- Netflix. Il punto è che il pubblico “Questo dimostra che la leva del to la differenza: “Abbiamo messo chiede maggiore condivisione e prezzo è in grado di spostare l’af- in conto anche che ci fosse qual- ANNI- VER- SARI

a 50 anni da INCOMPRESO VITA COL FIGLIO

Le foto della sezione ‘Anniversari’ sono state gentilmente concesse da: Archivio Fotografico della Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia. Si ringraziano Dott. Gabriele Antinolfi, Direttore CN; Dott.ssa Marina Cipriani, Responsabile ufficio Cineteca e Manifestoteca. Le fotografie sono di di Pierluigi Praturlon. ANNIVERSARI A 50 anni da... Incompreso 88 - 89 LA FACCIA NASCOSTA DEL PUDORE di GIORGIO GOSETTI

Natale del 1966 Lu- infantile. Né la variante bambino teriore di Andrea (il formidabi- A igi Comencini non triste&fantasia felice (da Alice a le Stefano Colagrande, attore per ebbe fortuna al bot- Peter Pan) modifica la fortuna di questo solo film) con un onnipre- teghino: veniva da questo genere letterario destina- sente Milo (Simone Giannozzi) una catena di successi (La ragaz- to a diventare intoccabile anche che è già il prototipo di Pinocchio; za di Bube, Il compagno Don Ca- attraverso il filtro cinematografi- introdurre siparietti vivaci e capa- millo) e due convincenti ritratti co. Così per Incompreso la scena si ci di spezzare il peso emotivo gra- morali come Il commissario (con modernizza spostandosi dal Suf- zie al colorito e quasi monicellia- Alberto Sordi) e La bugiarda dal- folk brumoso alla British Floren- no Zio Will di John Sharp. la commedia di Diego Fabbri. Ma ce, tra la villa fiesolana del conso- La progressione drammaturgica Incompreso, lanciato da Angelo le inglese, Sir John E. Duncombe della storia è implacabile e non Rizzoli come il “film di Natale”, e le botteghe di Ponte Vecchio. permette vie di fuga allo spetta- non trovò il suo pubblico. “Non Comencini fa poi proprie alcune tore. Come nella matrice miglio- era un film per ragazzi – disse an- scelte strutturali degli sceneggia- re della fiaba, c’è una compo- ni dopo il regista - e fu un errore tori (De Bernardi&Benvenuti in nente “sadica” che l’autore esalta presentarlo come una bella storia primis): dar luce alla figura pater- toccando tutte le corde del sen- per famiglie”. Si dovette aspetta- na grazie alla maiuscola “presa di timento in una vicenda intera- re il Festival di Cannes dell’anno spazio” di Anthony Quayle; crea- mente declinata al maschile e che successivo perché il consenso in- re un contrappeso al dramma in- parla però del rimosso femmini- ternazionale correggesse un pre- giudizio e restituisse – sia pure nel tempo – la giusta prospettiva a quello che oggi possiamo con- siderare uno dei capolavori del racconto pre-adolescenziale. L’approccio di Comencini è un giusto mix di scelta autonoma e lavoro su commissione: troppo ghiotta la possibilità di moder- nizzare il best-seller strappala- crime di Florence Montgomery che nel 1869 già si proponeva co- me una storia “di bambini” anzi- ché “per bambini”, libri con cui si era conquistata un vasto segui- to nell’Inghilterra vittoriana. Fin da allora, nell’arco editoriale che va dai trionfi di Dickens (Oliver Twist e David Copperfield appaio- no prima della metà del secolo) a Il Piccolo Lord di Frances Burnett (1886), parlare di bambini infe- lici è sinonimo di successo. Il re- cupero degli archetipi della fiaba innesca poi, in un crescendo cui non si sottrae nemmeno Dickens, infinite possibilità di marketing le. Tutto ruota intorno all’osses- so della stessa (per suo padre, di fattura inglese ritrae la quiete sione dell’assenza che diventa ra- Andrea dovrebbe essere un pri- apparente di un bozzetto di vita gione di isolamento e solitudine; mogenito già padre ed è invece famigliare: su quel fondale si sta- manca a tutti la dolcissima e gio- ragazzo solo e fragile), è la strut- gliano i protagonisti della fami- vane donna di cui restano la voce tura familiare. Intorno al simula- glia felice, i domestici, gli anima- (poi cancellata per errore dal re- cro della famiglia tutto è perfet- li della fattoria (con un piccolo gistratore Geloso che Duncombe to – dai prati alla casa, dalla città vezzo, il regista si firma sul pri- conserva come una reliquia nel della bellezza armonica fino al ca- mo piano del cane di casa); ma suo studio) e un maldestro ritrat- lore della comunità – eppure tut- a colpire in quella scena quoti- to venerato da Andrea fino all’ul- to risulta ucciso dall’incapacità diana è il mettersi in posa di tut- tima sequenza, quando nel vetro di essere famiglia. Quando John ti i personaggi, come in una reci- del quadro si specchiano invece Duncombe si accorge dell’errore ta che cela le sue verità dietro le padre e figlio, finalmente riuni- è troppo tardi, la libertà di suo fi- convenzioni. Così è anche la bel- ti. Manca la madre ai due figli, ma glio verrà solo dalla morte, il mo- la villa fiorentina che farà poi da mentre per Milo quell’eco diventa mento unico in cui potrà ritrovare sfondo alla storia riscritta per il ogni giorno più lontana, per la fra- prima la verità di suo padre e poi cinema: un luogo immoto e solo gilità da giovane uomo di Andrea l’ombra di sua madre. Paradossal- apparentemente composto, die- quella scomparsa potrebbe esse- mente il controcanto vitale è affi- tro la cui superficie formale si re lenita solo dal suo amico più dato a Milo, una presenza satur- agitano dolori ed emozioni che caro: un papà che invece non gli nina e incosciente in cui il regista non si sanno esprimere. parla mai; manca infine la moglie riversa quel suo sguardo lucido Forse in nessun altro suo lavoro a John Duncombe, condannato a e affettuoso (nessuno come un Luigi Comencini seppe riversare sottrarsi prima di tutto a se stes- bambino sa essere spietato e dol- come in questo film “di confezio- so, fin dalle prime inquadrature. ce, innocente ed egoista al tempo ne” la sua personale solitudine, la Quando saprà finalmente usci- stesso) che diventerà manifesto memoria di un’infanzia trascorsa re dalla sua disperata solitudine, in Le avventure di Pinocchio. all’ombra di un padre assente, di sarà troppo tardi per Andrea. I titoli di testa di Incompreso so- una madre amatissima, di una Il sadico paradosso in cui Comen- no una dichiarazione d’intenti e terra adottiva (la Francia) in cui cini ingabbia questa storia di fu- l’anello di congiunzione col ro- si sentiva sempre estraneo e “di- ga dalla responsabilità e di ecces- manzo, la tipica conversation piece verso”. Nel film si trova traccia di quest’ultimo sentimento quan- do Andrea viene deriso dai com- pagni di scuola per essere “l’in- glese”, mentre l’infinita distanza dalla figura paterna (venerata e temuta) è il leit-motiv psicolo- gico che unisce l’ingegner Co- mencini al console Duncombe, specie nella scena in cui il padre porta il figlio, per la prima e uni- ca volta, sul suo luogo di lavoro. La struttura del racconto segue per lunghi tratti quella del ro- manzo, addirittura la semplifi- ca purificandola da ogni accen- to convenzionale e lacrimoso; scarta di lato per bozzetti leggeri (la corsa in bicicletta a Firenze, il pranzo con gli studenti nigeriani, la rivolta contro le tate che non as- somigliano a Mary Poppins) con cui aggira le secche del sentimen- talismo; si concentra sull’aura di morte che avvolge i suoi perso- naggi, scavando con la luminosa fotografia di Armando Nannuzzi nel desiderio di vita che sospinge Andrea e nella libertà incosciente che preserva Milo. Come nel successivo Infanzia, vo- cazione e prime esperienze di Gia- ANNIVERSARI A 50 anni da... Incompreso 90 - 91

como Casanova, veneziano, an- che Incompreso è un film senza tempo, un’opera sommessa, ap- partata, che – forse non per ca- so – Comencini progetta mentre in Italia si fanno più vivi e con- traddittori i fermenti di un cam- biamento epocale, a cavallo tra il desiderio di rivolta e la presa di coscienza politica, con vista sul ‘68. Sono argomenti che appas- sionano l’intellettuale e il distac- cato osservatore della realtà che è sempre stato; ma forse proprio per questo il regista cerca una di- stanza dall’attualità scavando dentro se stesso, svincolando- si dalla cronaca quando sente di non essere ancora in grado di mi- surarne il senso e il valore reale. E le musiche di Fiorenzo Carpi, in gran parte già presaghe di Le av- venture di Pinocchio, vanno ad ac- centuare questo tono da favola, apologo privato in cui si celano i dolori, le cattiverie, le dolcez- ze, i sogni e gli incubi del bambi- no che sopravvive in ciascuno di noi, con un doloroso rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere e troppo spesso non è stato. Incompreso porta un sottotitolo che è una dichiarazione d’intenti: Vita col figlio. Solo a film finito si ha infatti la chiara consapevolez- za che il vero punto di vista scelto da colui che ha convissuto sem- pre con l’angusta etichetta di “re- gista dei bambini” è in realtà quel- di lei con il primogenito Andrea. luto che Milo riserva al fratello, il lo del padre. Anche Comencini, Ed è quindi proprio su di lui che saluto della vita alla morte. nei ricordi delle figlie, era un pa- vorrebbe appoggiarsi, chiaman- 50 anni dopo non ha molto sen- dre di poche parole, parco nei ge- dolo a una consapevolezza di cui so domandarsi se Incompreso sia o sti e nei sentimenti espliciti, figlio però non riconosce i segni, pri- no uno dei capolavori di Luigi Co- a sua volta di una cultura e una ge- vandolo di gesti e complicità che mencini. È certamente per mol- nerazione che facevano del rigore teme di non possedere più, ragge- ti versi il suo film più segreto, una e del pudore il proprio abito obbli- lato com’è da un dolore inespres- lettera d’amore alle sue figlie, per- gato. Qui è come se, per una vol- so. Solo i segni fisici di un’altra fino un omaggio pudico a quella ta, osasse scoprire la faccia nasco- morte (la sfilata inutile dei dot- figura femminile che ha venerato sta di quel pudore: un bisogno mai tori, proprio come al capezzale di e cercato in tante sue pagine, così raggiunto di esprimersi, di mo- Pinocchio, la tenda a ossigeno, il come nella vita dedicata alla mo- strare l’affetto, di avere il coraggio delirio febbrile di Andrea) lo ri- glie Giulia. Per questo, in definiti- dei propri sentimenti, la nostalgia chiameranno alla realtà e la let- va, è anche uno dei suoi film che della moglie-bambina che sape- tura del tema in classe lasciato in- non invecchiano, facendo scolo- va farlo vivere davvero (si pensi al compiuto dal figlio sarà il suggello rire ogni altro tentativo di traspo- dolcissimo nastro registrato a cui di un’amicizia che può nascere sizione del canovaccio letterario si attacca morbosamente nelle davvero solo quando il destino ha da cui prese le mosse. Un sem- sue notti di solitudine). deciso diversamente. Ancora una plice confronto con le due suc- L’equazione da cui parte la narra- volta non è un caso, in questo film cessive rivisitazioni (Jerry Schatz- zione è chiasmica: Duncombe ri- misuratissimo e cesellato in ogni berg nel 1984 e Enrico Oldoni nel vede in Milo la vitalità della mo- dettaglio, che l’ultimo gesto sia 2002) appare perfino impietoso. glie perduta e teme la somiglianza dell’osservatore innocente: il sa- Vita col padre di CRISTIANA PATERNÒ

dolescente quando In qualche modo, come sembra Sulla sua riservatezza le quattro A fu girato, Paola Co- suggerire Paola e come si intuisce figlie concordano. Per France- mencini, una delle bene nell’analisi del testo, trovò sca era un uomo “sobrio e schi- quattro figlie di Lui- degli spunti personali. Lui aveva vo, ma molto tenero”. Per Cri- gi, scenografa e costumista, cer- perso il padre da giovane, quan- stina, “di poche parole, dava una ca di vincere la reticenza che c’è do viveva in Francia, non ama- sensazione di severità, era un in famiglia a parlare del padre. va parlare di sé, detestava l’auto- grande padre per quello che fa- L’abbiamo incontrata alla Festa biografia, ma in qualche modo in ceva più che per quello che di- di Roma, in occasione di una se- questo caso poteva esporsi. Del ceva... L’ho cercato nel lavoro rata organizzata al MAXXI: il 2016 resto fu lo stesso Comencini a di- e nella intervista che gli ho fat- è stato infatti il centenario del re- chiarare: “Credo nell’importan- to. Ma intimamente non si dava gista di Tutti a casa e molti (ma za di suscitare dei sentimenti che tanto”. Eleonora dice addirittu- forse non abbastanza data l’im- poi risveglino delle reazioni che ra: “Mio padre è morto portan- portanza della sua opera) gli han- possono diventare idee”. Insom- dosi via se stesso”. “Non parlava no reso omaggio. Paola ricorda di ma, il sentimento veniva riporta- mai di se stesso – aggiunge Paola aver visto Incompreso e di essersi to sempre alla ragione. – io da piccola pendevo dalle sue commossa. Come tutti del resto. Mentre della lavorazione a Firen- ze restano piuttosto i momen- ti piacevoli e scanzonati: “Papà aveva preso in affitto una casa vi- cino a Ponte Santa Trinita e io fe- ci lì una piccola vacanza con mia cugina”. Paola racconta anche che il film nacque in qualche mo- do su commissione, com’è ben noto. Comencini era sotto con- tratto con Rizzoli che gli propo- se, ma quasi impose, il libro per ragazzi di Florence Montgomery Misunderstood, un libro strap- palacrime del 1869. Luigi, come racconta bene nella sua autobio- grafia Davvero un bel mestiere! In- fanzia, vocazione, esperienze di un regista (Baldini & Castoldi 1999, ma c’è una nuova edizione del 2016 ), voleva rifiutare, ma prima di dire no valutò il compenso con cui avrebbe potuto comprare una casa e diede a sua moglie Giulia la sceneggiatura da leggere. “Sì, alla fine si è appropriato della storia, l’ha cambiata e si è appassiona- to alla scelta dei due ragazzini”. ANNIVERSARI A 50 anni da... Incompreso 92 - 93

Paola, Cristina, Francesca ed Eleonora. Le quattro figlie ricordano.

labbra, ma lui era prodigo solo di dotato di una grande autoironia. Andrea, il tema incompiuto tor- argomenti di storia e cultura. Era Quando viveva in Francia gli ita- na e diventa il modo in cui il pa- colto, un po’ lapidario nei giudi- liani erano considerati tutti emi- dre chiede perdono al figlio per zi. Ricordo che una volta ci portò grati, malvisti, gli sporchi italiani. non essere stato mai, neppure un a Padova a vedere la Cappella de- Veniva deriso alla scuola france- momento, dalla sua parte. “Nel fi- gli Scrovegni perché, diceva, non se, ma era il primo della classe e nale – dice lo stesso Comencini si può fare a meno di conoscerla”. non giocava mai con gli altri. Nel nell’intervista che gli fa Cristina Incompreso naturalmente con- suo cinema raccontava se stes- nel libro autobiografico – quando ferma l’idea che ci si è fatta di so bambino anche se lo negava Andrea ‘deve’ morire, ho cerca- Comencini come di “regista dei e non voleva dirselo o sentirselo to di non raccontare tanto la sua bambini”, una facile etichetta che dire”. Cristina va ancor più in pro- morte, quanto il comportamen- gli è stata anche un po’ schemati- fondità in questa analisi: “Incom- to, di fronte a questo avvenimen- camente applicata a più riprese, preso è un film straordinario, non to, del padre e di Milo. Mentre il ma come tutte le semplificazioni c’è da rifare una sola inquadra- padre cede alla retorica dei rim- non del tutto priva di valore. Che tura. Ha fatto piangere tutti noi. pianti (…) Milo la percepisce so- avesse questa passione è innega- C’è una catena di padri che non si lo come un impedimento ai suoi bile, che sapesse trarne il meglio svelano com’era proprio della fi- giochi”. Ancora Cristina: “I bam- è assolutamente vero, basta an- gura paterna a quei tempi. Porta- bini erano lui, lui lo ha negato, ma darsi a rivedere la bellissima in- vano cultura, autorità e risposte, c’era quella sensazione di liber- chiesta televisiva I bambini e noi. ma non si lasciavano conoscere tà in loro”. E racconta infine un “Era una persona profonda, mai dai figli. Tante cose di lui anco- piccolo gioco familiare non pri- superficiale – continua Paola – e ra me le chiedo. Tutto questo nel vo di sadismo: “Alle nostre feste aveva una grande attenzione per film si vede molto bene: ad esem- proiettava spesso dei film, Heidi, le persone semplici o in difficol- pio nella scena del tema non fini- Chaplin. Ma una volta a un mio tà. I bambini gli suscitavano un to. E poi per lui l’infanzia era l’uni- compleanno fece vedere Incom- senso di protezione”. Eleonora ca età libera dai condizionamenti preso e tutti i piccoli invitati se ne aggiunge dettagli biografici: “Era della società”. Proprio nella sce- andarono via con gli occhi rossi”. stato un bambino molto solo e na finale, la scena della morte di PUNTI DI VISTA

“GROUCHO, LANCIAMI LA CITAZIONE!” DYLAN DOG E IL CINEMA: TRENT’ANNI DI (FELICE) VITA INSIEME di ROCCO MOCCAGATTA

rent’anni fa, a fi- T ne settembre 1986, quando Dylan Dog fece capolino per la prima volta nelle edicole, non so quanto fu chiaro a noi lettori che quel fumetto era (anche) cinema stampato su carta. Certo, avrebbe dovuto suggerirci qualcosa il fat- to che il nuovo eroe Bonelli aves- se le fattezze di un Rupert Everett allora in lancio cinematografico; e, ancora di più, che ci fosse un personaggio che era in baffi e china. Però, forse, in quel momento ci divertiva di più infastidire i nostri padri che ci sventolavano sempre sotto il na- so il “loro” Tex, portandocelo a esempio di un racconto a fumetti “come si deve” e di un mondo mi- gliore e più semplice. DD, però, è stato davvero una boccata d’aria fresca per il suo editore e per tutto il fumetto ita- liano, e – col senno di poi – mol- to dipendeva anche dal suo rap- porto strettissimo con il cinema. PUNTI DI VISTA 94 - 95

Che, oltre l’escamotage di pren- di vecchi e nuovi maestri. Insom- ne citazionista col tempo si è, se dere in prestito le fattezze dei di- ma, dopo Pratt & Corto Maltese non proprio spenta, almeno forte- vi del momento, come in tanti e Zanardi & Pazienza, non ci po- mente attenuata, in concomitanza avevano fatto anche prima (Tex teva essere che Sclavi con DD e con i (sempre più) lunghi abban- di volta in volta ricalcato su Gary le sue storie dalle forme assurde doni e silenzi da parte di Sclavi. Cooper, John Wayne, perfino (degne eredi delle storie a forma Pochi d’altronde sono in grado di Clint Eastwood; Diabolik ispira- di elefante o di cerino che auspi- tenerla viva, tra epigoni e imitato- to a Robert Taylor), assumeva la cava Moebius dieci anni prima, in ri, senza ridurla a semplice pratica forma di un repertorio cinemato- piena rivoluzione Metal Hurlant), imitativa o a semi-plagio gratuito. grafico pressoché infinito - hor- spesso hellzapoppin di puro e as- E, di fronte a un amore per il ci- ror, ma non solo - potenzialmen- surdo accumulo citazionista ci- nema così fedele e costante, co- te sempre in agguato dietro ogni nematografico (Cagliostro!, Gol- sa ha avuto DD in cambio dal ci- pagina, ogni vignetta, ogni battu- conda, Grand Guignol, per citare nema? Molto poco. Un pessimo ta. In pratica, una vera e propria solo le prime), quando non riela- blockbuster hollywoodiano fuori educazione cinefila su base men- borazioni/omaggi di/ad altrettan- tempo massimo senza Groucho sile, l’ultima che sia dato ricorda- ti film (come il ciclo degli Inqui- (!) per ragioni di copyright, un re nel nostro Paese. lini arcani, vera e propria glossa prequel/variazione anche sugge- Già il primo albo lo chiariva fin ammirata e ossessiva all’Inquilino stivo, ma su un personaggio scla- dalla copertina, visto che L’alba del terzo piano di Topor/Polanski). viano incunabolo di ciò che sarà dei morti viventi traduceva in ita- DD era davvero l’unico fumet- DD (Dellamorte Dellamore, star- liano quel Dawn of the Dead che to nel quale potevano convivere, ring Rupert Everett), qualche di- dello Zombi di Romero era il ti- nel volgere di poche pagine, sen- chiarazione d’amore dal popolo tolo originale. Poi, tra le pagine za forzature, Hitchcock, Cronen- delle web series che baratta l’origi- dell’albo, c’era di che sbizzarrirsi: berg e Fellini. nalità con la filologia. Sarebbe ora Dylan abitava in Craven (Wes?) Se la vera modernità del fumetto di vedere Dylan Dog al cinema e Road 7, il suo campanello urlava italiano è stata la postmodernità non solo il cinema in Dylan Dog! (come in Invito a cena con delit- di DD (metalinguaggio, autocon- to?), c’era Bloch (Robert, l’autore sapevolezza, ironia, auto-riflessi- di Psycho?), la prima ragazza in pe- vità), molto si deve anche a quel ricolo si chiamava Sybil Browning gusto del collage visivo che Scla- (Tod?), al cinema proiettavano vi esercitò con sublime ironia e appunto Zombi e Un lupo manna- finezza qualche anno prima nel- ro americano a Londra, qualcuno la gestione e nell’impaginazione urlava “Non aprite quella porta!” della rivista di fumetti d’autore (Hooper?), la cittadina teatro de- Pilot in edizione Dargaud/Bonelli, gli esperimenti di Xabaras era Un- dove spesso fece appello ai suoi dead (Corman?), etc. etc. amori cinematografici. Sarebbe stato presto chiaro che Ma il bello di DD stava anche nel- l’universo strambo e un po’ ma- la dimensione para-testuale tut- linconico di DD molto doveva ta intorno, stimolata dalla mede- agli amori cinefili del suo creato- sima casa editrice, dai redattori, re Tiziano Sclavi, ma ci sarebbe da Sclavi stesso. Ecco allora la pa- voluto un po’ più di tempo per gina della posta che chiedeva ai collocare l’investigatore dell’in- lettori di riconoscere e di svelare cubo in piena sbornia acuta da tutte le citazioni di film (e di libri, postmodernità, tra metalinguag- di fumetti, …) contenute nell’al- gi e citazionismo. Nel frattempo, bo; il Dylan Dog Horror Fest, ap- si poteva tentare di repertoria- puntamento annuale sul cinema re e classificare questo sconfina- horror, in grado di coagulare in- to enciclopedismo citazionista sieme cinefili e fumettofili nel- soprattutto filmico: nomi e bat- la scoperta di nuovi cult movie e tute riproposti, remake disegna- piccoli maestri; i dizionarietti al- ti di sequenze, trame ricombina- legati agli speciali estivi, piccole te, personaggi ricalcati su star del summe cinefile e bibliofile, … grande schermo. Insomma, mese dopo mese, ogni Il buon Dylan è stato l’anello di nuovo DD funzionava come una congiunzione tra certo fumetto sorta di tavoletta ouija, in grado popolare a grande tiratura da edi- di evocare film, romanzi, fumetti, cola (Bonelli stesso, i fumetti ne- che poi da bravi lettori fedeli alla li- ri) e la stagione agli sgoccioli del nea avremmo cercato senza sosta. fumetto avventuroso e d’autore Com’è ovvio, questa felice stagio- BIOGRAFIE

ALBERTO ASCANIO STEFANIA CARLO DAVID ANILE CELESTINI CHINZARI COSOLO STRATTON

Giornalista e critico cine- Fa teatro dal 1996. Da Giornalista, scrittrice, ed- Attore, doppiatore, dialo- È nato in GB nel 1939, emi- matografico, ha scritto di quell’anno ha portato in itor e critica teatrale, da ghista. È noto soprattutto grato in Australia nel 1963, Rossellini, Totò, Welles. I scena una ventina di spet- anni alterna il lavoro di per aver prestato la voce dal ’66 all’83 è stato diret- suoi ultimi libri sono Or- tacoli, scritto una decina scrittura con l’insegna- a Oliver Platt nei film I tre tore del Sydney Film Festi- son Welles in (India- di libri, partecipato a qual- mento e la passione per moschettieri, Pronti alla ris- val contribuendo a scoprire na University Press, 2013), che trasmissione in radio la pedagogia. Ha lavora- sa, Liberty Stands Still, Ho- la nuova onda del cinema edizione americana del e in televisione, registra- to a “L’Unità” e collabora- pe Springs, Schegge di April australiano. Nel 1980 ha libro pubblicato dal Ca- to un disco, girato due do- to con molte testate, siti e e Casanova. Tra i film da pubblicato il suo primo li- storo nel 2006, Operazio- cumentari e un film. Ha riviste. Scrive per Book- lui doppiati: Una vita al bro, The Last New Wave. ne Gattopardo (con Ma- raccolto storie di conta- ciakmagazine.it . massimo, Smokin’ Aces e Dal 1981 conduce program- ria Gabriella Giannice, dini e operai, infermieri Per l’Università La Sapi- Scary Movie 4. Ha adattato mi tv. Critico dell’ “Austra- Feltrinelli 2014) e L’Otello psichiatrici e operatori di enza di Roma ha curato il in lingua italiana e diretto lian”, ha scritto anche su senz’acca (Rubettino-Ci- call center, minatori e de- libro Il teatro in contropie- il doppiaggio del film d’a- “The Sydney Morning He- neteca Nazionale, 2015) tenuti. In diciassette an- de (Bulzoni) e con Paolo nimazione Bee Movie, del- rald”, “The Age”, “The Bul- sulla prima versione del ni di tournée ha cambia- Ruffini è autrice di Nuo- la saga Pirati dei Caraibi, letin” e su “Variety”. Nel capolavoro di Welles. Suoi to tre automobili e adesso va scena italiana. Il teatro di Guida galattica per au- 1990 è uscito il secondo li- saggi sono stati pubblica- ha un furgone carico di dell’ultima generazione tostoppisti e di Star Wars: bro, The Avocado Plantation ti, tra l’altro, su “Bianco e scenografie. A parte gli al- che Editoria & Spettaco- Il risveglio della Forza, oltre e nel 2008 la sua autobio- Nero”, “Cabiria”, “Cine- berghi non ha mai abita- lo ristamperà entro l’an- che doppiato – grafia I Peed on Fellini. Ha critica”, “Film History”. to fuori dalla sua borgata no. Nel 2014 ha scritto La grande fuga e Cattivissi- ricevuto il Raymond Lon- È membro della commis- e ha cambiato quattro ca- Dove sta la frontiera. Dal- mo me 2. Ha recitato nella gford Award dall’Australian sione di selezione del- se spostandosi comples- le ambulanze di guerra serie televisiva di succes- Film Institute e il Charles la Settimana della Critica sivamente di quattrocen- agli scambi interculturali, so Il maresciallo Rocca. Chauvel Award dal Brisba- alla Mostra del Cinema di to metri. con la prefazione di Gus- ne International Film Fe- Venezia. I suoi film pre- tavo Zagrebelsky. È stata Il suo articolo è a pag. 26 stival, la laurea ad honorem feriti sono Quarto potere, Il suo articolo è a pag. 46 docente all’Università di in Lettere dall’Università di Luci della città e Les Enfan- Cassino e maestra pres- Sydney e dalla Macquarie ts du Paradis. so una scuola Waldorf di University ed è Comman- Roma. Sta lavorando a un deurs des Arts et des Let- Il suo articolo è a pag. 75 progetto sull’importanza tres in Francia. della manualità nell’epoca digitale e ad una fiaba per Il suo articolo è a pag. 80 insegnare ai bambini l’al- fabeto e la scrittura.

I suoi articoli sono a pag. 38 e pag. 40 SUL PROSSIMO NUMERO IN USCITA A MARZO 2017

SCENARI I film entrano a scuola. Come insegnare cinema oggi?

INNOVAZIONI ​Anche in Italia è serie-mania

INCHIESTE Coming Out. Io quel film l'ho odiato

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"L'italiano è una lingua parlata solo dai doppiatori." solo dai doppiatori." è una lingua parlata "L'italiano Flaiano) (Ennio (Marlon Brando) (Marlon "L'attore è un tizio che se non stai parlando di lui non ti ascolta." se non stai parlando è un tizio che "L'attore