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Read Ebook {PDF EPUB} Il Catania. Una storia d'amore by Paolo Russo Catania e Russo: E la storia Continua.. “E non finisce qui”, diceva l’indimenticato Corrado nella sua popolarissima trasmissione “La Corrida”. Simile frase è stata pronunciata anche da un meno conosciuto personaggio (almeno in ambito nazional-popolare), nato a Misterbianco il 6 ottobre di 37 anni fa. Ovviamente parliamo del nostro amatissimo Orazio Russo, ex ala destra di tante battaglie. E’ notizia di non molto tempo fa il cambio di “ruolo” deciso dalla società etnea per non privarsi di un uomo ed una personalità importante e di sicura fiducia. Orazio Russo è adesso il nuovo Team Manager della squadra rosso azzurra. Ma la storia di Orazio con il Catania è quella di un continuo “e non finisce qui”, confermato negli spogliatoi di Catania – Genoa, ultima gara del campionato, ultima sua ultima partita nella massima serie, esordio con la maglia del Catania in serie A. E’ il 5 maggio, scende in campo per gli ultimi 10 minuti col pubblico che inneggia il suo nome e Mascara che gli cede la fascia da capitano. Un sogno realizzato il suo, ma anche una “promessa” che ha attraversato i campi indecenti dell’eccellenza, passando per la serie C e una promozione in serie A. Sì, perché la favola di Orazio Russo è un susseguirsi di “e non finisce qui” con la maglia della sua città. Orazio approdò al Catania a soli 18 anni dalla Società Sportiva Battiati, e già nel marzo di quella stagione sportiva (il Catania era in serie C1), dopo alcune splendide apparizioni nelle giovanili rosso azzurre, mister Salvo Bianchetti lo fece debuttare in prima squadra. Fu subito un successo per lui, affiancato dai più esperti Cipriani e Pelosi. Nella stagione successiva, l’anno della radiazione del Catania, fu “costretto” dalla mano infausta della FGIC a cambiare aria: per lui niente di meno che una squadra di serie A, il Lecce. Ma la sua storia al Catania non sembrava affatto finita, il “e non finisce qui” fu pronunciato da Orazio per la prima volta. Ed infatti, dopo alcune buone stagioni in Puglia (le cronache sportive del tempo parlarono di un forte interesse per ottenere le sue prestazioni da parte dell’Inter), ritornò in prestito al Catania, nel frattempo risalito in serie C2. Non fu una stagione esaltante per il Catania e neanche per Russo, ma comunque Orazio contribuì a mettere le basi del Catania vincente delle seguenti stagioni. A fine campionato tornò a Lecce, dove non rimase a lungo tempo. Anche in questo caso, il nostro Orazio pronunciò la fatidica frase “e non finisce qui”. E la storia d’amore fra Russo ed il Catania non finì veramente in quella stagione. Cronaca più recente: Catania in serie B, Russo fu uno dei “traghettati” dal presidente Pulvirenti direttamente da Acireale (fra gli altri vi furono Anastasi, Polito, Suriano e mister Costantini). Fu la stagione dell’insediamento della nuova società e di un nuovo modo di “fare”, probabilmente mai sperimentato in quel di Catania. Il nostro Orazio riuscì a scavalcare la concorrenza di ben più noti suoi compagni di squadra (Vugrinec e Ferrante su tutti) e a disputare ben 33 partite (con 4 gol). E non finì lì neanche quella volta. La stagione successiva fu quella della promozione in serie A del Catania, ed Orazio Russo fu uno degli assoluti protagonisti (indimenticabile la sua volèe da fuori area per il gol contro il Vicenza, sotto un violento acquazzone). Di comune accordo con la società Orazio decise di lasciar spazio ad atleti più giovani di lui per la nuova esperienza in serie A. Ma, per l’ennesima volta, la sua esperienza catanese “non finisce qui”. Infatti, dopo alcune stagioni in serie C, ecco il ritorno a Catania. Più una promessa da mantenere che una reale esigenza del Catania. Ma una promessa da rispettare in religiosa osservanza. E così, il 5 maggio 2010, Orazio ha realizzato il suo sogno: scendere in campo con il suo Catania nella massima serie. Solo qualche minuto contro il Genoa, ma tante lacrime finali e scarpette al chiodo appese a fine partita. Poteva finire qui l’esperienza di Orazio a Catania? Certamente no! Ed infatti, rieccolo “approdare” al Catania, stavolta in veste di Team Manager, in sostituzione di Maurizio Patti. Una “promessa” che è partita da una vecchia idea del presidente Pulvirenti che, ai microfoni delle emittenti regionali, all’indomani della promozione in serie A, dichiarò: “Orazio va a divertirsi per 2 o 3 anni, poi tornerà a casa per far parte della nostra società”. Promessa mantenuta. La parabola del “e non finisce qui” sembra dunque continuare e mai finire. E noi tifosi non possiamo che essere contenti. Una società sempre più “catanesizzata” e con i nostri idoli, cosa possiamo chiedere di più? Ah, si, siamo in pieno calciomercato, è il momento di chiedere e sognare di tutto. Ma queste sono altre storie… Ricordo di Remo Bicchierai, innamorato del Catania Calcio e della città etnea, contribuì alla conquista dell’8° posto in A nelle stagioni 1963/64 e 1964/65. Remo Bicchierai non è l’unico escluso – fra quelli che appartengono fortemente alla storia del Catania – dagli affreschi della cinta muraria del Massimino; ma certamente, la sua scomparsa, di là degli usuali comunicati, affligge coloro che hanno memoria meno corta e non guardano solo a chi manda il pallone nella rete altrui ma anche a chi fa in modo che non finisca nella propria. Il numero cinque (centromediano e, a volte, “libero”) ha contribuito alla permanenza nella massima serie per tutto il ciclo, nient’affatto episodico, degli anni Sessanta. Sarà anche perché nella mia minuscola esperienza calcistica ho portato spesso sulla maglia il suo stesso numero, egli nel mio murale ideale è ben presente. Era un comprensibile riferimento, di dieci anni più “grande”, essendo nato il 18 agosto del 1938 a Firenze (come Biagianti). Perno davvero insostituibile della difesa, è presente – come titolare – in tutte le collezioni di figurine degli anni in cui fu tesserato con il Catania; ininterrottamente dal 1962 al 1967 (sempre in serie A, tranne che nell’ultimo campionato giocato in serie B), sommando oltre 110 presenze (115, secondo AA. VV., Tutto il Catania minuto per minuto , Geo, Empoli, 2010). Remo Bicchierai. Era cresciuto nell’Empoli e aveva giocato anche nel Lecco ma, soprattutto, aveva masticato amaro nell’Inter, dove – rimasto dal 1960 al 1962 – era stato relegato ai margini (solo tre presenze). Al Catania giunse, dunque, nella stagione 1962-1963 e occupò il posto di Elio Grani, gran difensore ridimensionato dallo “stile Juventus” (quella volta fu Sivori a mandarlo all’ospedale e, in sostanza, a distruggergli la carriera). Fu schierato già nelle prime due partite in trasferta (Torino e Spal) che fruttarono due preziosi pareggi (1-1 e 2-2); al rientro in città, davanti alla folla acclamante alla Stazione, fu sorpreso dal calore dei tifosi ( Ivi, p. 205). Per la successiva, lanciò il guanto di sfida alla sua ex squadra (l’Inter di Herrera e Corso che vincerà il torneo); era il 30 settembre del 1962 e, dopo il minuto 63, fatale ai nerazzurri (Milan segna la rete decisiva all’Inter!), gli toccò, insieme a Vavassori e soci, di rendere invalicabile il muro che consentì di “tenere” il risultato. Del resto, “roccia inespugnabile dalla forza spaventosa” lo definisce Paolo Russo (cfr. anche: C. Gennaro e L. Prestinenza, Dal fondo un traversone – Sessant’anni di Catania , Bonanno, Acireale-Roma, 2003, p. 47) che aggiunge: « …in difesa Bicchierai cercava in tutte le maniere di mettere una pezza. Dava il meglio di sé nelle giocate in acrobazia, ci voleva fegato ad affrontarlo e chi provava a dribblarlo assaggiava i suoi tacchetti. Aveva il compito di frenare gli avversari e con sciabolate lanciare i compagni dall’altra parte del campo. Gli avevano affibbiato l’etichetta di mastino e invece in tantissime gare nella massima serie non fu mai espulso. Aveva un solo difetto: era un po’ esibizionista…» (Paolo Russo, Il Catania, una storia d’amore , De Bastiani, Godega di S. Urbano – TV – 2010, p. 42). Gli aneddoti sul giocatore sono tanti. Raffaele Bella , classe 1947, minuscola e agilissima mezzala di Acireale, fu centrocampista rossazzurro – tra il 1966 e il 1968, in serie B – quando le rivalità tra le due tifoserie non esistevano. Anzi, ci tiene a precisare: «…erano gli anni in cui all’annuncio di un gol del Catania esplodeva il boato incontenibile dell’intero stadio di Acireale… Fu Massimino, di cui conservo, comunque, un affettuoso ricordo, che diede il via alla rivalità mai più sanata, in occasione del derby, sminuendo il valore della squadra granata, e da allora non c’è stata più pace…» . Racconta che Bicchierai, il quale gli sembrava un gigante [secondo le varie fonti, era alto cm 178 e aveva un peso-forma di 78 Kg; dunque, “gigante” lo sembrava per il contegno] ed era considerato dai compagni per lo meno riservato se non proprio scontroso, lo pose da subito sotto la sua ala protettiva al punto che una volta, in occasione di un fallaccio da tergo che Bella subì dal mestrino Rino Bon, difensore del Palermo, andò personalmente a “chiedere conto” all’autore! (cfr.: Salvo Nicotra, Raffaele Bella granata in rossazzurro , BOX in rete, 15/12/2006) Racconta ancora Carletto Facchin : «Con noi c’era Remo Bicchierai, un toscanaccio simpatico, duro come la roccia, ma un esibizionista inguaribile. Usciva per ultimo dal sottopassaggio allo stadio, si fermava sul primo palo, gli sbatteva sopra le scarpe, poi salutava il pubblico. Una volta, a Firenze [la sua città, n.d.r.], si attardò negli spogliatoi e arrivò a partita iniziata (l’arbitro non se n’era accorto).