Università degli Studi di Firenze

Dipartimento di Linguistica

Dottorato di Ricerca in Linguistica

XXI ciclo

Settore Scientifico Disciplinare L - LIN/01

Lingua e stile di (in confronto con le traduzioni russe)

Supervisore Prof.ssa Francesca Fici

Coordinatore Prof. Leonardo Maria Savoia

Candidata Anna Yampolskaya

Indice

Introduzione……...………………………………………...... …p. 1

Aldo Palazzeschi in Russia………………………………………...... p. 4

Lingua e stile di Aldo Palazzeschi negli studi di linguistica...... p. 19

Materiale e metodo di analisi...... p. 42

Le poesie di Aldo Palazzeschi e le loro traduzioni russe...... p. 56

Tradurre il Controdolore...... p. 123

Due novelle: Il giorno e la notte e La signora dal ventaglio...... p. 142

Sorelle Materassi...... p. 169

Conclusioni...... p. 196

Allegato 1: Un esempio di analisi dei concetti: «GENTE»...... p. 199

Allegato 2: Esperienze del commento ai racconti tratti dal volume Il palio dei buffi...... p. 221

Bibliografia...... p. 241

Introduzione

Questa ricerca è dedicata all‘anaisi della lingua e dello stile delle opere di Aldo Palazzeschi in confronto con le loro traduzioni russe. Le ragioni che hanno condizionato la scelta dell‘argomento sono di natura diversa: innanzitutto, esistono numerose traduzioni russe di opere dello scrittore fiorentino che forniscono notevole materiale per l‘analisi contrastiva; anche se Palazzeschi non può certo competere con alcuni altri autori italiani del Novecento, come Buzzati, Pavese e Moravia, ampiamente tradotti e amati nel nostro paese, è «avantaggiato» dal fatto che in russo si possono leggere suoi testi che appartengono a diversi generi – poesie, novelle, romanzo e un manifesto letterario. Tale varietà di materiale a disposizione, a parte la diversità di genere, permette di non trascurare l‘aspetto diacronico, visto che i testi che prendiamo in esame appartengono a diverse fasi del percorso creativo dello scrittore. Infine, a differenza di molti altri autori italiani le cui traduzioni russe sono diventate oggetto di numerosi studi linguistici e letterari, le versioni russe delle opere di Palazzeschi, per quanto ci risulta, non sono state finora esaminate in chiave contrastiva: il desiderio di colmare questa lacuna è stato per noi un forte stimolo. La specificità del materiale preso in esame ha, a sua volta, determinato la scelta della metodologia di analisi. Senza trascurare i fattori condizionati dalla differenza generale tra il russo e l‘italiano nel sistema e nell‘uso abbiamo cercato di esaminare i testi palazzeschiani tenendo presente la specifità del processo traduttorio, della letteratura ricevente e delle regole formulate dalla cosiddetta scuola russa (sovietica) della traduzione letteraria. Questo spiega il fatto che la ricerca condotta, pur essendo di carattere prevalentemente linguistico, comprende anche elementi di analisi letteraria: secondo la scuola russa della traduzione, il testo tradotto va considerato all‘interno della letteratura ricevente, cioè entra a far parte della letteratura in lingua russa, per questo trascurare l‘aspetto letterario sarebbe inammissibile. Quanto all‘analisi lingusitica, ci siamo basati prevalentemente sulla metodologia proposta negli ultimi anni dai linguisti russi e abbiamo applicato all‘analisi dei testi il metodo cognitivo-discorsivo che, all‘interno della scuola linguistica russa, ha preso il posto della stilistica tradizionale. Allo stesso tempo ci siamo avvalsi in larga misura dei risultati delle ricerche condotte dagli studiosi italiani, in primo luogho dai lingusiti, ma anche dagli studiosi di letteratura. La scelta dell‘argomento e del metodo di analisi è condizionata anche dal fatto che l‘autore della presente ricerca si occupa attivamente della traduzione letteraria, in paricolare, ha esperienza diretta di tradurre Palazzeschi. La conoscenza del processo traduttoio «dall‘interno» e una notevole esprienza di collaborazione con gli editor delle case editrici che preparano il testo 1 alla pubblicazione ci permette di capire a fondo le ragioni di certe scelte operate che l‘analisi linguistica alcune volte stenta a svelare. Infine, la decisione di occuparsi di Palazzeschi è condizionata anche da motivi personali. La frequentazione dell‘ateneo fiorentino e dell‘Accademia della Crusca e lunghi soggiorni nel capoluogo della Toscana hanno fatto nascere in chi scrive particolare affetto per l‘autore strettamente legato a questa città e il desiderio di farlo conoscere meglio in Russia. Tuttavia, a parte il «colore locale», conquista le simpatie il talento di Palazzeschi che sul panorama letterario italiano occupa un posto tutto suo. Per conferma di questo giudizio di valore chiamiamo a citare due testimoni autorevoli come che si riconosceva debitore di Palazzeschi: «Palazzeschi è – tra i nostri ―anziani‖ – lo scrittore che mi ha insegnato di più, e quello che sento ancora attuale. Le sue opere che hanno contato di più per me non sono soltanto quelle di narrativa fantastica, da Perelà fino alle Bestie del 900, ma anche – prima ancora – le poesie dove la trasfigurazione visionaria, la frantumazione musicale del dialogo diventano racconto. La dote di Palazzeschi che mi ha sempre incantato è l‘estrema levità con cui quel tanto di ossessivo che c‘è sempre nella sua immaginazione grottesca, si risolve in un lucido gioco poetico» (Calvino 1962: 30-31); e Gianfranco Contini che dopo aver caratterizzato nella prefazione all‘antologia Italie magique l‘opera di Palazzeschi-prosatore concludeva: «Dans le sectuer de la prose narrative, Palazzeschi est l‘un des seuls auteurs de sa génération qui se place sur un plan européen» (Contini 1946: 7).

Le ragioni esposte sopra hanno condizionato la struttura di questa tesi che include una parte storica in cui viene tracciato il panorama della presenza di Palazzeschi in Russia, a partire dall‘inizio del Novecento fino ai nostri giorni, una parte teorica in cui sono raccolte le informazioni sugli studi di lingusitica dedicati allo scrittore, e un capitolo che illustra la metodologia di analisi applicata dalla candidata ai testi palazzeschiani. Seguono i capitoli dedicati all‘analisi dei testi: delle poesie di Palazzeschi, delle sue novelle, del romanzo Sorelle Materassi, del manifesto futurista Il controdolore. Nel capitolo conclusivo vengono formulati i risultati della ricerca. Inoltre, la tesi è corredata dalla bibliografia e da due allegati: il primo illustra il metodo di analisi cognitiva applicato alla descrizione del concetto ―GENTE‖ nella poesia di Palazzeschi, il secondo è basato sull‘esperienza del commento culturale e linguistico alle novelle palazzeschiane fatto per un volume pubblicato in Russia.

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La nostra particolare gratitudine va alla Prof.ssa Francesca Fici, che ha seguito questa ricerca, e ad altri docenti dell‘Università degli Studi di Firenze, che mi hanno aiutata con i loro consigli, in primo luogo al Prof. Giuseppe Nicoletti e al Prof. Massimo Fanfani. Un ringraziamento particolare al Prof. Neri Binazzi per le sue consulenze relative agli elementi fiorentini e toscani nei testi di Palazzeschi. Inoltre, desidero ringraziare l‘Accademia della Crusca e il suo Presidente Nicoletta Maraschio per l‘ospitalità e per il preziono aiuto senza i quali questa ricerca non sarebbe possibilie. E‘ mio dovere rivolgere parole di gratitudine ai colleghi russi, in primo luogo, alla Prof.ssa Elena Saprykina e al Prof. Evgenij Solonovič, per la disponibilità e per il sostegno, e alla Prof.ssa Tat‘jana Alisova per il suo generoso incoraggiamento.

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Aldo Palazzeschi in Russia

In questo capitolo si cercherà di tracciare il panorama della presenza di Aldo Palazzeschi in Russia: la sua menzione in pubblicazioni di carattere enciclopedico e didattico, gli studi dedicati alle sue opere e le traduzioni in russo. Visto il carattere linguistico della nostra ricerca, si cerca di entrare nell‘ambito letterario solo nella misura in cui questo è necessario per discutere i problemi legati alla traduzione e alla ricezione dell‘opera palazzeschiana, ma in questo caso dobbiamo fare uno strappo alla regola.

Aldo Palazzeschi è menzionato nella più autorevole enciclopedia nazionale, la Grande enciclopedia sovietica (Большая советская энциклопедия), a partire dalla sua terza edizione (1975). Nella voce, firmata dal noto italianista G. D. Bogemskij, si forniscono i dati anagrafici e si dice: «Palazzeschi comincia la sua attività letteraria nel 1905 come poeta. La sua poesia si distingue per l‘ironia e lo scetticismo. In cerca di nuove forme si avvicina ai futuristi, ma si allontana da loro nel 1914. La prosa di Palazzeschi porta l‘impronta del romanticismo, è impregnata di ironia (racconto-parabola Il Codice di Perlà1, 1911, ecc.) La sua opera più significativa, il romanzo Sorelle Materassi (1934, traduzione russa 1968), è scritta nella tradizione del realismo critico e descrive il crollo della morale borghese. Palazzeschi è autore di numerosi racconti (la raccolta Tutte le novelle, 1957), delle memorie Il piacere della memoria (1964), del romanzo fantastico Il Doge (1967), del lungo racconto satirico-psicologico Storia di un‟amicizia (1971)»2 (Богемский 1975). Nella bibliografia delle opere dello scrittore fiorentino si cita solo Il buffo integrale, Milano — Verona 1966, due sono le fonti critiche: Pullini G., A. Palazzeschi, Milano 1965, Miccinesi M., A. Palazzeschi, Firenze 1972. Lo stesso Bogemskij è autore della voce «Palazzeschi» per la Breve enciclopedia di letteratura (Краткая литературная энциклопедия) che è uscita alcuni anni prima, nel 1968, e che in gran parte coincide con la voce pubblicata nella Grande enciclopedia. Tuttavia in questa sede si forniscono maggiori informazioni sullo scrittore italiano: si menziona la sua collaborazione con la «Lacerba» e la «Voce», maggiore spazio è dedicato alla poesia (si menzionano le raccolte poetiche I cavalli bianchi, Lanterna, Poemi, L‟incendiario, Poesie) a proposito della quale l‘autore dice che «è vicina alla corrente dei cosiddetti poeti crepuscolari,

1 Il titolo in russo è scritto con errore (Codice di Perlà invece Codice di Perelà): si potrebbe trattare di un errore di stampa o dell‘errore condizionato dalla lettura alla francese. Comunque sia, vista l‘autorità della Grande Enciclopedia Sovietica, questo errore è passato in numerose altre fonti biobibliografiche. 2 Qui e altrove, se non viene indicato il nome del traduttore, le traduzioni, incluse le ritraduzioni in italiano dei testi pubblicati in russo, sono di chi scrive. 4 ma in essa prevale l‘ironia, lo scetticismo, a volte l‘ostentata pagliacciata» (Богемский 1968, c. 544). Oltre alle opere in prosa, menzionate nella Grande enciclopedia, qui si parla anche delle Stampe dell‟Ottocento (definite «memorie elegiache-ironiche della vita nella provincia toscana»), del volume Il palio dei buffi («in cui l‘autore cerca di dimostrare che tutti gli uomini sono buffi, indipendentemente dal ―palio‖ che si ostentano di conquistare nella vita») (Богемский 1968, c. 544-545). In conclusione si dice che «dopo il crollo del regime di Mussolini Palazzeschi pubblica il volume Tre imperi… mancati, una cronaca del ―ventennio nero‖ (1922 - 1945), ma durante il fascismo, come gli altri scrittori italiani borghesi, è stato lontano dai problemi politici e sociali» (ibid.). La bibliografia in confronto con la Grande enciclopedia è più dettagliata: tra le opere di Palazzeschi si citano Romanzi straordinari (Firenze, 1943), I fratelli Cuccoli (7 ed.; Firenze 1948), Bestie del Novecento (Milano, 1951), Viaggio sentimentale (Milano, 1955), Tutte le novelle (Milano, 1957), Vita militare (Padova, 1959), Il buffo integrale (Milano – Verona 1966), Il piacere della memoria (Milano, 1964); tra le fonti critiche, a parte Pullini, ci citano anche P. Pancrazi Scrittori d‟oggi, ser. 1, 2, 3 (Bari, 1946 – 1950) e L. Russo I narratori (1850 - 1957) (3 ed., Milano – Messina, 1958). Piuttosto diversa è la voce dell‘Enciclopedia della letteratura (Литературная энциклопедия), firmata da D. M.3 e pubblicata ancora prima, nel 1934. Purtroppo il nome dello scrittore è traslitterato erroneamente: con una z invece di due (Palazeschi). In conformità allo spirito del tempo, ben evidente dall‘impostazione della voce che si pone l‘obiettivo di illustrare la crisi della società borghese (l‘enciclopedia è in 11 volumi pubblicati dal 1929 al 1939), l‘autore comincia coll‘informare il lettore che Palazzeschi nasce a Firenze in una famiglia della grossa borghesia. In seguito si afferma che «Palazzeschi è vicino al futurismo anche se occupa tra i poeti futuristi un posto particolare vista la sua inclinazione, non condivisa da altri futuristi italiani, all‘elaborazione grottesca dei temi. Palazzeschi è autore di una serie di pièce teatrali (Fontana malata; Oro, doro, Odoro, Dodoro; Ara, Mara, Amara e altre4) che hanno suscitato notevole interesse e fanno parte delle raccolte Riflessi (1908)5, Poemi (1909), L‟incendiario (1910, 2-da edizione 1913). E‘ caratteristica di Palazzeschi l‘attenzione alla maestria poetica esclusivamente superficiale; le sue opere si distinguono per una nota metodicità combinata con un atteggiamento libero nei confronti del ritmo e con la passione per la pittura acustica e così via. Tra i futuristi italiani Palazzeschi è, probabilmente, il più importante artista della parola. Nel

3 Noi siamo riusciti a stabilire il nome che si nasconde dietro le iniziali D. M.: nell‘elenco di collaboratori dell‘edizione manca una persona con queste iniziali; come responsabile della sezione italiana è indicato A. Dţivilegov. Forse è un errore di stampa visto che nel volume della stessa enciclopedia Palazzeschi è menzionato nella voce «Letteratura italiana» («Итальянская литература») firmata da S. Mokul'skij (Литературная энциклопедия, т. 4., 1930, с. 705). 4 Sono testi poetici. Evidentemente il fraintendimento nasce dal fatto che nelle poesie di Palazzeschi, secondo i critici, è presente l‘elemento teatrale. 5 In realtà il titolo del libro è :riflessi. 5

1911 Palazzeschi pubblica la sua prima opera in prosa Il codice di Perelà. Nel 1914 rompe con i futuristi, gli anni 1911-1920 sono per lui assolutamente infruttuosi. L‘infatuazione del cattolicesimo non ha risparmiato Palazzeschi. Dopo un lungo silenzio nel 1920 esce Due imperi… mancati. I tentativi moralizzanti di Palazzeschi trasformano il suo leggero umorismo in qualche cosa di pesante e goffo. Dal futurismo al misticismo – questa è la strada percorsa da Palazzeschi, piuttosto tipica dei rappresentanti del capitalismo italiano in via di putrefazione. Nel suo ultimo libro (Piramide, 1926) Palazzeschi tenta di fare un quadro satirico dell‘epoca contemporanea; tuttavia, stando con tutti e due i piedi sul terreno della realtà borghese, è impotente di realizzarlo in chiave veramente satirica. Il suo metodo non è tanto la satira quanto l‘ironia che non riesce a velare la disperata disillusione dell‘autore» (Литературная энциклопедия, т. 8, 1934, с. 402-403). L‘autore della voce non cita edizioni di opere palazzeschiane e, tra le fonti scientifiche, indica solo il volume di K. Vossler Die neuesten Richtungen der italienischen Literatur, Marburg, 1925. E‘ evidente dalle voci enciclopediche citate sopra che i dati in esse contenute sono incompleti, in qualche caso addirittura sbagliati e comunque portano l‘impronta dell‘epoca in cui sono state stese le enciclopedie, quando, d‘un canto, predominava l‘approccio puramente ideologico alla creazione letteraria e, d‘altro canto, per la scarsità di contatti con «la società borghese in via di putrefazione» per i critici era effettivamente molto difficile trovare le informazioni necessarie. Non ci resta che sperare che nella nuova edizione della Grande enciclopedia russa (ex Grande enciclopedia sovietica) che è in fase di preparazione la voce Palazzeschi e simili siano più ampie e corrette. Anche nella Storia della letteratura d‟Italia (История литературы Италии), a cura di M. L. Andreev e R. I. Chlodovskij, pubblicata dall‘Istituto della Letteratura Mondiale dell‘Accademia Russa delle Scienze (attualmente sono usciti i primi due volumi, il volume sull‘Ottocento e sul Novecento è in preparazione)6, si dedicherà sicuramente uno spazio maggiore allo scrittore fiorentino. Per il momento le informazioni su Palazzeschi e su altri autori italiani del Novecento si possono trovare soprattutto in articoli pubblicati su riviste e in miscellanei di studi (vedi, per esempio, il saggio di E. Saprykina L‟avanguardia e la cultura italiana del „900 (Сапрыкина 2006)). Intanto, rimanendo nell‘ambito di edizioni accademiche, si deve citare il manuale di Storia della letteratura italiana dei secoli XIX-XX (История итальянской литературы XIX - XX веков) a cura di I. P. Volodina, A. A. Akimenko, Z. M. Potapova e I. K. Polujachtova, pubblicato nel 1990: è il primo e, per il momento, l‘unico manuale che autori russi abbiano dedicato al suddetto periodo della storia della letteratura italiana. Z. M. Potapova nel capitolo

6 История литературы Италии (под ред. М. Л. Андреева). ИМЛИ РАН, Москва, т.1, 2000; т. 2, книга 1 2007, книга 2, 2010 г. 6

«Correnti poetiche a cavallo tra i due secoli» riserva a Palazzeschi un paragrafo nella sezione in cui parla del futurismo letterario (История итальянской литературы XIX - XX веков, с. 180- 181)7. Questa volta la caratteristica data al poeta fiorentino è priva di sfumature ideologiche: Potapova menziona la collaborazione di Palazzeschi alla rivista «Poesia» e la sua adesione al futurismo, i motivi crepuscolari delle sue prime opere e illustra la caratteristica più saliente della sua poetica, cioè l‘ironia e l‘autoironia, citando La fontana malata, Chi sono?, La passeggiata e Lasciatemi divertire. In questi componimenti, sottolinea Potapova, «mancano del tutto gli attributi tipici dei futuristi come il culto della forza e dell‘aggressione, l‘idea nazionalista esaltata e avanza in primo piano la nuova espressività artistica, felicemente trovata» (ibid., c. 181). Z. M. Potapova è anche autore del capitolo italiano per l‘ottavo volume della Storia della letteratura universale (История всемирной литературы, c. 257-272) edita dall‘Accademia Russa delle Scienze (il volume in questione è uscito nel 1994). Di Palazzeschi si parla nella sezione dedicata al futurismo, il testo coincide con quello pubblicato nella Storia della letteratura italiana dei secoli XIX-XX.

Nonostante le scarse informazioni fornite dalle fonti ‗ufficiali‘ quali enciclopedie e manuali universitari, si può affermare che non solo gli specialisti, ma anche una parte del pubblico russo interessata alla cultura europea, conosceva Palazzeschi. Negli anni Dieci il suo nome compare più di una volta sulle pagine delle riviste letterarie russe8. In primo luogo, si tratta di testi firmati da un altro poeta futurista, Paolo Buzzi, pubblicati sulla rivista modernista russa «Apollon» («Аполлон») con la quale Buzzi collaborava in qualità di corrispondente dall‘Italia. In quattro articoli di Buzzi è menzionato Aldo Palazzeschi. Per esempio, nella Cronaca. Poesia, teatro, musica in Italia (Хроника. Поэзия, театр, музыка в Италии // «Аполлон», 1910, № 5, с. 2) Buzzi dice9: «Questa dottrina liberatoria [cioè il futurismo – A. Ja.] ha già fatto il giro del mondo e sopporta la quotidiana vittoria delle polemiche più atroci e degli attacchi feroci da parte della coalizione di professori e archeologi italiani. Milano è l‘unica città della penisola dove si sia potuto istituire un movimento di tale portata. Federico de Maria, Enrico Cavacchioli, Aldo Palazzeschi sono nomi di giovani e arditi campioni di questa scuola della quale l‘Italia più andare fiera» (ibid.).

7 L‘opera di Palazzeschi prosatore in questo manuale non è menzionata. 8 Ringrazio Natalia Aljakrinskaja, autore della tesi di dottorato La cultura italiana nella stampa russa del primo quarto del Novecento, dei materiali forniti. La Aljakrinskaja prende in esame maggiori periodici culturali russi dell‘epoca («Vesy», «Apollon», «Russkie vedomosti», «Nakanune») e, per il periodo della visita di Marinetti in Russia, considera anche altre testate che scrissero sull‘evento). Sul rapporto tra i due futurismi nazionali vedi M. Colucci Futurismo russo e futurismo italiano (1964) (ristampato in Colucci 2007) e De Michelis 1973. 9 Gli articoli di Buzzi sono pubblicati in russo, la ritraduzione italiana è nostra. 7

Nelle sue Lettere dall‟Italia, pubblicate nel numero 9 del 1910 della rivista, Buzzi afferma: «Le Muse in Italia sono così loquaci che si potrebbe quasi rimproverarle di essere troppo chiacchierone. Ogni mese sulla scrivania del critico si accumula mediamente una cinquantina di nuove raccolte poetiche, che si assomigliano a tal punto che l‘impressione lasciata dall‘una cancelli quasi del tutto l‘impressione lasciata da un‘altra». Tra i giovani poeti italiani più importanti Buzzi nomina Enrico Cavacchioli, Gian Pietro Lucini, Amalia Guglielminetti e Aldo Palazzeschi con il suo Incendiario, ma sottolinea che Palazzeschi ha sicuramente più gusto artistico rispetto a un Lucini. Buzzi continua: «[Palazzeschi] è veramente ―nuovo‖ nella lirica italiana. Canta liberamente, seguendo il capriccio dell‘anima, e da qui vengono le sue forme quasi anarchiche e la sua ritmica assolutamente particolare. In qualche punto questa poesia tradisce l‘influenza di Maeterlinck e Poe, però, piena di ricercatezza e di fine intellettualismo, è la vera figlia dei nostri giorni, tutta impregnata di umorismo aristocratico e di scetticismo della disperazione» (Письма из Италии // «Аполлон», 1910, № 9, с. 14-15). Invece Il Codice di Perelà non è piaciuto a Buzzi. Nelle Lettere dall‟Italia pubblicate nel 1911, Buzzi confronta il romanzo di Palazzeschi con il romanzo erotico di Guido da Verona Colei che non si deve amare e conclude: «Del romanzo di Palazzeschi si può dire poco di buono. […] Palazzeschi vorrebbe essere un rivoluzionario estremo nella forma e nella sostanza, pare, però, che spesso l‘obiettivo di questo atteggiamento rivoluzionario sia di evitare nel suo romanzo alcune difficoltà che Guido da Verona supera con successo» (Письма из Италии // «Аполлон», 1911, № 8, с. 59-60). La poesia palazzeschiana continua a suscitare l‘entusiasmo del severo critico. Buzzi si lamenta dell‘apatia del lettore italiano: «Trovare una persona che compri un volume di poesie o di prose di qualsiasi autore è un obiettivo assolutamente irrealizzabile. Se lasciamo da parte D‘Annunzio e alcuni autori minori, conosciuti dal pubblico, in Italia c‘è tutta una serie di scrittori giovani, ma di certo valore, ai quali manca un po‘ di fortuna o, forse, manca il risveglio spirituale collettivo per prendere il posto di cui sono degni. Ricordiamo, innanzitutto, Aldo Palazzeschi, una delle figure più bizzarre e ricercate della giovane poesia italiana. La sua nuova edizione della raccolta di poesie giovanili e di quelle successive L‟Incendiario rappresenta, sicuramente, una delle opere più geniali e interessanti della letteratura italiana contemporanea. L‘arte di Palazzeschi sfugge a una definizione. E‘ un semplicista estremo. Non si preoccupa assolutamente dello stile, dell‘armonia, del pensiero e della musica solenne. La sua forza – la forza di trovare i motivi della semplicità – non solo è matura, ma spesso eccessivamente morbosa. Si può dire a volte che Palazzeschi vuole semplicemente fronder contro la poesia italiana contemporanea, la quale […] cerca di essere troppo sonora e, a volte, ampollosa. Lo stesso voluto trascurare della forma è un altro elemento di originalità e di sincerità di questa 8 poesia che in Italia ha già trovato un gruppo di ammiratori tra i giovani e tra quelli che si sono stancati dei fronzoli dannunziani» (Письма из Италии // «Аполлон», 1913, № 8, с. 82). Paolo Buzzi non era l‘unico corrispondente dall‘Italia per la stampa russa, anche ha pubblicato alcuni materiali sull‘autorevole mensile «Russkaja mysl‘» («Русская мысль»)10. Nel 1913, dopo l‘incontro con Marinetti e l‘avvicinamento al movimento, Aleramo scrive l‘articolo Il futurismo in Italia (Футуризм в Италии)11 in cui riassume la storia del gruppo e sottolinea l‘eterogeneità delle personalità artistiche che lo compongono: Marinetti, Palazzeschi, Luciano Folgore, Paolo Buzzi. Aleramo parla di Palazzeschi con sincera ammirazione: «L‘originalità di Aldo Palazzeschi, il giovane autore de L‟incendiario, è totalmente diversa. Egli possiede un ingegno sottile, intimo e melodico, che non attende uno sviluppo perché è già completamente definito, con una padronanza assoluta dello stile; la fisionomia di Palazzeschi è già espressa compiutamente in questa piccola raccolta di piccole poesie. Le sue satire, o meglio parodie, sono piene di eleganza e di gusto; è un sottile e arguto ‗saltimbanco‘ – come egli stesso ama definirsi – che canzona con una incantevole musica in sordina i temi di cui ha abusato il romanticismo; rammaricandosi tuttavia di non poter più abbandonarsi al romanticismo. Ricorda un po‘ Heine, e nella letteratura italiana può essere paragonato sotto un certo aspetto ai poeti lombardi del 1860-70 (Praga, Boito) ed Arturo Graf, scomparso da poco, e anche a Guido Gozzano. Ma Palazzeschi è tra tutti coloro il più libero da tutto quello che si dice ‗pregiudizio‘, il più sincero e disilluso, libero anche da quel tono crepuscolare che, soprattutto nella persona di Gozzano, è parso il segno più caratteristico della giovane generazione poetica italiana contemporanea. L‘estrema autenticità, la libertà d‘ispirazione, grazie alle quali Palazzeschi (con tutto il gioco infantile della sua fantasia) avverte il senso amaro e severo della vita, si riflettono nelle misure dei suoi versi che, da apparente estrema semplicità, sono quanto di più rivoluzionario ci si possa immaginare, raggiungendo al tempo stesso una musicalità meravigliosa, talora perfino superiore a quella raggiunta da Giovanni Pascoli. I critici, pur salutando unanimemente il valore del giovane poeta, trovano che sia un abuso l‘etichetta di ‗futurista‘ che si è dato, tenendo conto del fatto che non canta né la macchina, né gli shrapnels, né alcun altra forma di vita convitata; ma sono ingiusti, perché in realtà tra tutti colorо che si siano accostati al movimento fondato da Marinetti, Aldo Palazzeschi s‘è liberato delle influenze estetiche convenzionali con la maggiore immediatezza, e di conseguenza ottenendo anche i

10 Sulla collaborazione di Aleramo con editori e traduttori russi vedi Rizzi 2010. 11 L‘articolo è uscito in russo sul giornale «Russkaja mysl‘», n. XII, 1913. La traduzione russa è di E. Lazareva, la ritraduzione italiana è di C. De Michelis (De Michelis 1973). 9 risultati migliori: benché i suoi temi non siano nuovi, cimiteri, beghine, vita contemplativa, noia, amore mercenario, etc.» (cit. da De Michelis 1973, pp. 260 - 261).

Non solo corrispondenti italiani, ma anche i letterati russi all‘inizio del secolo hanno scritto molto sul futurismo, soprattutto nel contesto della nota polemica con i futuristi russi. La prima menzione del movimento italiano nella stampa russa risale al 1909, negli anni successivi prendono parte alla polemica autorevoli critici quali M. Kuzmin, M. Osorgin, V. Šeršenevič, R. Jakobson, A. Lunačarskij, V. Brjusov12. Per esempio, Aldo Palazzeschi è menzionato da Michail Osorgin nel saggio I futuristi e la loro poesia (Футуристы и их поэзия), pubblicato nel 1910 sul giornale «Russkie vedomosti» («Русские ведомости», № 197, 27 августа 1910, с. 4) e ristampato, nella versione ampliata, nel volume di Osorgin Profili dell‟Italia contemporanea (Очерки современной Италии, 1913). Il critico russo è tutt‘altro che entusiasta del futurismo, soprattutto di Filippo Tommaso Marinetti, tuttavia Osorgin riconosce che in Italia, dove l‘autorità della leggenda e della scrittura toglie spazio alla nuova arte e le dà spinte da ogni parte, la protesta non poteva che avere una forma spontanea e anarchica. Osorgin sottolinea il distacco tra i principi dichiarati dai futuristi e i risultati da loro raggiunti: trova interessanti e originali le teorie futuriste, ma piuttosto misera e insignificante la loro produzione letteraria. Passando all‘esame dei componimenti, Osorgin confessa il proprio imbarazzo: «Bisognerebbe riportare qualche esempio di poesia futurista, ma sono impedito da un simile procedere non solo per l‘avarizia dello spazio, ma anche per l‘insufficienza di materiali disponibili. Tutto quello che c‘è di bello e di eufonico nella poesia futurista, ha troppo poche relazioni con i principi del loro manifesto; e quello che è più o meno tipico, non è degno di attenzione. Ed è per questo che, non certo sotto specie di esemplificazione, ma solo di curiosità, mi permetto di riportare un brano di una poesia del lodato poeta Palazzeschi, Le carovane. Il poeta sta alla finestra della sua camera da letto e vede le carovane degli uomini, le carovane delle case, delle case, delle vetture, degli uccelli, degli insetti, che si allontanano verso l‘infinito. E stupito, domanda: ―Ma cosa significa tutto questo andare, tutte queste soste?‖». Osorgin cita l‘originale italiano e continua il suo commento critico: «Il poeta s‘arrabbia: ―Ma dove andate mai? Non si può sapere? Non andate per caso nella città del mio sole? Ah! canaglie! Idioti! fermatevi! Non sapete che ci posso andare solo io? Che il diavolo vi prenda!‖» Nello stesso saggio Osorgin parla anche di un‘altra poesia di Palazzeschi, Lasciatemi divertire! Secondo il critico russo, in questo caso il poeta «ha battuto il record della libertà poetica». Per provare il suo giudizio Osorgin cita la poesia in italiano per intero e aggiunge

12 История итальянской литературы XIX - XX веков, c. 176-181. 10 sarcastico: «E così si diverte per cinque pagine di carta meravigliosa». Evidentemente le citazioni dovrebbero bastare per convincere il lettore che la poesia di Palazzeschi non è un esempio di decadenza, ma semplicemente «infantilismo». Tuttavia, conclude Osorgin, «questo infantilismo, questa voglia di ―divertirsi pazzamente, smisuratamente‖ in nome della protesta, impedisce di considerare in maniera seria, critica, i futuristi» (cit. da De Michelis 1973, pp. 96- 97). Tra i testi, raccolti da De Michelis nel volume Il futurismo italiano in Russia (1909 - 1929) con l‘obiettivo di procedere a una ricostruzione degli esiti «russi» del movimento di Marinetti (per la maggior parte riesumati dalla vastissima pubblicistica russa dell‘epoca), si trova una menzione di Aldo Palazzeschi nell‘articolo di A. Lunačarskij Marinetti e Lucini (pubblicato il 17 maggio del 1913 sul giornale «Kievskaja mysl‘»): sottolineando l‘impeto innovativo del promotore del futurismo, Lunačarskij dice che «i suoi seguaci più vicini, Palazzeschi, Govoni, Buzzi, Folgore, persone non prive d‘ingegno, si studiano di non restargli indietro». (cit. da De Michelis 1973, p. 102) Palazzeschi è menzionato anche da S. Mokul‘skij, autore dell‘articolo sul futurismo italiano (1929) scritto per la voce Letteratura italiana dell‘Enciclopedia della letteratura (Литературная энциклопедия) (De Michelis 1973, p. 247). In conclusione di questa breve rassegna di giudizi critici che arrivavano al lettore russo citiamo Nina Petrovskaja, autore di una serie di reportage italiani pubblicati nel 1922-1924 a Berlino, sul giornale dell‘emigrazione russa «Nakanune» («Накануне»). E‘ importante che, a differenza di altri critici, Petrovskaja apprezza anche l‘opera di Palazzeschi prosatore: ―Il tormento dei superamenti, il rendersi conto della necessità di rompere con il passato e l‘inevitabile ripetizione di forme vecchie in combinazioni nuove, - numerosissimi accenni a scuole e nessuna scuola veramente costituitasi, numerosissimi nomi di tutti i colori e nessun nome capace di catturare con la grandiosità del suo talento, - questo è il profilo schematico della nuova letteratura italiana. […] Per farsi un‘idea più completa delle nuovi correnti, il lettore russo deve conoscere due antologie (la prima non è stata ancora tradotta, l‘altra è in corso di stampa13). In esse sono raccolti i rudimenti di tutte le scuole letterarie esistenti e gli esempi delle opere migliori create nel corso dell‘ultimo decennio. Baldini, Bernasconi, Buzzi, Palazzeschi, Folgore, Jahier, Pea, Puccini, il drammaturgo Pirandello […] – questi sono i nomi dei rappresentati delle novissime correnti, […] però i metodi da loro applicati per superare la letteratura di ieri sono troppo superficiali. Stanno da parte Papini e Aldo Palazzeschi, poeta e prosatore che propone

13 A quanto pare, l'antologia in questione non abbia mai visto la luce. Ringrazio di queste informazioni Claudia Scandura che ha studiato la letteratura russa dell‘emigrazione a Berlino. 11 sempre qualche cosa di nuovo e inatteso e che si alza sopra la vita con un sorriso di satiro» (Н. Петровская, Итальянская проза // «Накануне», № 501, 9 декабрь 1923, с. 5)14.

Prima di passare al panorama delle traduzioni in lingua russa, occorre menzionare un‘altra fonte importante: manuali di lingua italiana nei quali, come testi di carattere didattico, vengono citate le poesie di Palazzeschi. L‘importanza di simili fonti per la diffusione dell‘opera palazzeschiana è evidente: il numero degli «utenti» dei manuali di lingua è notevole, soprattutto in un paese grande come la Russia e come era l‘URSS. Una poesia di Palazzeschi, Il Pappagallo, compare nel manuale di D. E. Rozental‘ Lingua italiana per illustrare l‘uso del gerundio (Д. Э. Розенталь, Итальянский язык, Москва, Издательство литературы на иностранных языках, 1957, c. 345)15. L‘autore del secondo manuale G. Kiseljov propone allo studente di leggere la poesia Chi sono? con l‘obiettivo di analizzare il funzionamento del costrutto «non fare (altro) che», di confrontare l‘originale con la versione russa proposta dallo stesso Kiseljov e di imparare la poesia a memoria (Г. П. Киселев, Итальянский без преподавателя, Москва, ЧеРо, 2002, с. 399)1617.

Le prime traduzioni russe delle opere di Aldo Palazzeschi che siamo riusciti a trovare risalgono al 196818. Il volume La lirica italiana. XX secolo (Итальянская лирика. XX век), a cura di E. Solonovič, traduzioni dall‘italiano a cura di S. Šervinskij, prefazione di A. Surkov, è stato pubblicato dalla casa editrice moscovita «Progress». Il volume, come spiega nella prefazione Surkov, è nato in seguito al primo incontro tra i poeti russi e italiani che ha avuto luogo a Roma nel 1957. All‘epoca i letterari russi conoscevano solo la poesia classica italiana e non avevano la minima idea della poesia contemporanea. Per colmare questa lacuna è stata preparata l‘antologia della lirica italiana che comprende le poesie di 55 autori del Novecento, da G. Gozzano, S. Corazzini e C. Govoni a E. Pagliarani, L. Pignotti ed E. Sanguineti. Aldo Palazzeschi è rappresentato da quattro poesie, tradotte da S. Šervinskij: Lo sconosciuto

14 Cit. da Алякринская 2003. 15 Mi riferisco alla seconda edizione del manuale, uscita nel 1957 con la tiratura di 12 000 copie. 16 La tiratura dell‘edizione citata è di 1000 copie. 17 Nella mia prassi di insegnamento di lingua italiana a studenti russi mi sono servita più volte di testi palazzeschiani che hanno immancabilmente suscitato l‘entusiasmo degli studenti. Per esempio, uno dei manuali fatto da autori italiani propone il seguente compito «creativo»: comporre una propria versione di Chi sono? basandosi sullo schema della poesia palazzeschiana (Paganini G., Issimo. Quaderno di scrittura. Bonacci, Roma, 1994). 18 Le ricerche sono state condotte in alcune biblioteche russe tra cui la Biblioteca Nazionale Russa a Mosca (ex Biblioteca Lenin) e nella Biblioteca della letteratura straniera (Mosca). Inoltre, desidero ringraziare la Prof.ssa E. Ju. Saprykina, collaboratore dell‘Istituto per la Letteratura Mondiale dell‘Accademia Russa delle Scienze, e il Prof. E. M. Solonivič, maggiore traduttore della poesia italiana in russo, per le informazioni bibliografiche relative a Palazzeschi. Tuttavia, non si può escludere che ci siano stati tentativi di tradurre Palazzeschi prima del 1968; per stabilirlo con certezza occorre un‘impegnativa ricerca negli archivi e nella stampa russofona della prima metà del Novecento. 12

(Незнакомец), Il passo delle nazarene (Проходят монашенки), Novembre (Ноябрь), Sul Palatino (На Палатинском холме). Nell‘introduzione del curatore del volume, che offre una sintetica descrizione del cammino fatto dalla poesia italiana nella prima metà del Novecento, Aldo Palazzeschi è menzionato più volte: quando si parla della poesia crepuscolare e soprattutto dei futuristi. Illustrando la poetica palazzeschiana Solonovič cita nella propria traduzione alcuni versi di Lasciatemi divertire! e aggiunge: «…Palazzeschi esprime il suo atteggiamento nei confronti del secolo borghese con una pagliacciata, scegliendo i personaggi che appartengono agli ambienti assolutamente lontani gli uni dagli altri (monasteri, palazzi) oppure a quelli fantastici. Anche il tessuto musicale del suo verso di solito è ironico, nel suono di molte strofe sembra di sentire l‘ingenua serietà della filastrocca. La poesia più recente perde la sua inziale originalità, e Palazzeschi, come gli avevano predetto alcuni critici, si rivolge alla prosa» (Итальянская лирика XX век, с. 15). In conсlusione Solonovič ripete le parole di Luciano Anceschi secondo il quale Palazzeschi sarebbe potuto diventare un Apollinaire italiano, invece è diventato uno dei più grossi prosatori contemporanei. Lo stesso anno, nel 1968, vede la luce la traduzione del romanzo Sorelle Materassi (Сестры Матерасси) a cura di S. Bušueva, pubblicata dalla casa editrice «Chudoţestvennaja literatura» (sede di Leningrado). La prefazione al volume è firmata da Lev Ošerov, autorevole critico, poeta e traduttore, il quale, in questa occasione, dimostra di conoscere profondamente le opere palazzeschiane incluse quelle minori. Ošerov sottolinea che Sorelle Materassi occupano un posto particolare nella vita e nell‘opera di Palazzeschi visto che nella memoria collettiva lo scrittore è visto innanzitutto come autore di questo romanzo, anche se il suo libro paradossalmente potrebbe sembrare eccessivamente tradizionale per il Novecento. Facendo un confronto con altri autori italiani (Svevo, Vittorini) e stranieri (Kafka, Hemingway, Tomas Mann, Dos Passos), Ošerov nota il legame con la tradizione del romanzo francese di stampo balzachiano. Anche i mezzi espressivi, secondo il critico russo, sono piuttosto tradizionali: prevalgono la descrizione e il dialogo, è importante la presenza dell‘onnisciente «io parlante», assolutamente atipica del Novecento, ma è proprio «l‘io parlante», cioè «l‘autore» generoso e simpatizzante con i suoi personaggi, che racconta la storia con bonaria ironia e riempie le pagine del libro di calore umano. Per scoprire insieme al lettore russo il segreto del successo di Sorelle Materassi Ošerov illustra il cammino fatto da Palazzeschi. Il critico russo comincia dalle prime esperienze poetiche e riporta come esempio due componimenti – La casa di Mara (Хижина Мары) e La fontana malata (Больной фонтан) – nella propria traduzione. Comunque, secondo Ošerov, Palazzeschi «non era un vero lirico per il quale la propria vita interiore rappresenta una fonte inesauribile della poesia. Il mondo esterno lo attraeva sempre di più, e la prosa gli dava maggiori possibilità 13 per sviluppare quel tema che lo interessava più degli altri» (c. 7). Segue un sintetico panorama letterario dell‘epoca, da D‘Annunzio, a Soffici e Marinetti, Malaparte e Moravia, e su questo sfondo l‘autore illustra l‘evoluzione dello scrittore fiorentino. Secondo Ošerov, l‘aspirazione alla libertà, il rifiuto della traduzione, dei dogmi che, come le catene, impediscono ogni spontaneo movimento, si manifesta non solo nelle poesie, ma anche nel Codice di Perelà e nel Controdolore dove Palazzeschi esprime il suo programma positivo, la liberazione con il riso. Per illustrare il movimento di Palazzeschi verso il metodo realista, Ošerov analizza La Piramide, Due imperi… mancati e Stampe dell‟Ottocento: quest‘ultimo libro, secondo il critico russo, può essere considerato come una raccolta di bozzetti per il futuro romanzo. L‘ultima parte dell‘introduzione è dedicata alla dettagliata analisi di Sorelle Materassi: Ošerov parla della trama e dei personaggi del romanzo e sottolinea che, anche in assenza di un programma positivo (secondo il critico, con il passar degli anni Palazzeschi perde la fiducia nella forza purificatoria del riso), nel suo romanzo migliore lo scrittore «dice una grande verità sulla necessità della nuova morale e dell‘autentica liberta interna» (с. 18). In conclusione si fa qualche osservazione sulla prosa dell‘ultimo Palazzeschi, la quale, secondo il critico russo, purtroppo è poco felice. Un anno dopo rispetto alle Sorelle Materassi due novelle di Palazzeschi vedono luce nella raccolta Novella italiana del XX secolo (Итальянская новелла XX века), pubblicata dalla casa editrice ―Chudoţestvennaja literatura‖, a cura di G. Bogemskij con la prefazione di Cecilia Kin: sono La signora dal ventaglio (Дама с веером) e Il giorno e la notte (Днем и ночью), traduzione di Ja. Lesjuk. Nella sua prefazione C. Kin descrive il panorama della novella italiana da Italo Svevo a (in tutto gli autori inclusi nell‘antologia sono 23) e si concentra sul rapporto tra la letteratura e la realtà italiana, soprattutto con la storia politica. A proposito di Palazzeschi il critico dice che il suo esempio è emblematico, visto che Palazzeschi comincia la sua attività nelle schiere dei futuristi, ma ben preso rompe con i suoi ex compagni e scrive un romanzo decisamente antimilitare. Kin, come Ošerov, nota con soddisfazione il movimento di Palazzeschi verso il realismo negli anni Trenta e il fatto che nelle sue novelle e nelle Sorelle Materassi lo scrittore «assesta un colpo serio contro la società che pare decente, pare virtuosa, ma in realtà è putrida e piccoloborghese, quella stessa società che ha messo al mondo il fascismo e l‘ha lasciato venire al potere» (с. 17). Come per ogni autore incluso nell‘antologia, il curatore del volume G. Bogemskij fornisce una nota biobibliografica relativa a Palazzeschi in cui elenca le opere principali dello scrittore e dà loro una breve caratteristica (с. 601-602). Nel 1977 alcuni versi di Aldo Palazzeschi vengono pubblicati nel volume La poesia dell‟Europa Occidentale nel XX secolo (Западноевропейская поэзия XX века), nella prestigiosa collana «La Biblioteca della Letteratura Mondiale» («Библиотека Всемирной литературы») 14 pubblicata dalla casa editrice «Chudoţestvennaja literatura», introduzione di R. Roţdestvenskij, curatore della sezione italiana N. Tomaševskij. Aldo Palazzeschi rappresenta in questa edizione la poesia italiana del Novecento insieme con G. D‘Annunzio, G. Gozzano, D. Campana, U. Saba, C. Sbarbaro, G. Ungaretti, E. Montale, S. Quasimodo, C. Pavese, A. Gatto, M. Luzi, G. Caproni, V. Sereni, P. P. Pasolini. Il traduttore delle poesie palazzeschiane e della stragrande maggioranza dei testi poetici presenti nella sezione italiana E. Solonovič ha scelto i seguenti versi: Il pappagallo (Попугай), Lasciatemi divertire (Дайте мне порезвиться), L'orto dei veleni (Ядовитый сад), Le due rose (Две розы) e La madre (Мать). Nella sua prefazione R. Roţdestvenskij fa il panorama della poesia contemporanea nei paesi dell‘Europa Occidentale e, tra gli autori italiani, presta particolare attenzione a Palazzeschi. Citando La madre, Roţdestvenskij dice: «Sicuramente sentirete la struggente verità del dialogo nei versi del poeta italiano Aldo Palazzeschi, La madre. Questa breve poesia sembra essere il riassunto di un romanzo in più volumi» (с. 7). In appendice al volume c‘è anche la parte biografica dove per ogni autore si forniscono i dati più importanti (per la sezione italiana questo materiale è stato curato da E. Solonovič). A proposito di Palazzeschi, si parla dei suoi soggiorni a Parigi («centro della nuova arte»), del suo debutto letterario («Palazzeschi si fece notare nei circoli letterari per la sua sfrenata fantasia, per l‘ingegno di versificatore, per la monelleria del parodista»), dell‘adesione al futurismo e del manifesto Antidolore. Tra le opere in prosa si menzionano le Sorelle Materassi, tradotte in russo. In conclusione si elencano le principali raccolte poetiche di Palazzeschi, dai Cavalli bianchi a Cuor mio (c. 763).

Una poesia di Palazzeschi, Libertà (Свобода), è stata inclusa nella raccolta di poesie italiane che, come dice nella prefazione il curatore G. Fiumara, parlano della Resistenza, della pace e dell‘internazionalismo: Nati per vivere (Для жизни рожденные, Радуга, Москва, 1986). Il volume comprende poesie di 36 poeti italiani contemporanei, tra cui A. Bevilacqua, I. Buttita, A. Gatto, L. De Libero, E. De Filippo, G. Giudici, D. Dolci, S. Quasimodo, A. Mondadori, C. Pavese, P. P. Pasolini, V. Palazzo, U. Saba, F. Fortini, M. Cicognani. La versione russa del componimento palazzeschiano è di E. Mirskaja. In appendice al volume ci sono note biografiche degli autori. A proposito di Palazzeschi si parla della sua adesione al futurismo, al successivo ritorno alla maniera più tradizionale e realista, e si menzionano i premi a lui consegnati (Premio Viareggio, Premio Marzotto, Premio dall‘Accademia dei Lincei) (с. 245).

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Nel 2000 esce l‘antologia personale di E. Solonovič Poeti italiani tradotti da Evgenij Solonovich (Итальянская поэзия в переводах Евгения Солоновича, Радуга, Москва, 2000) con il testo a fronte19. Nel volume che raccoglie componimenti di 69 poeti, da Dante ai contemporanei, Aldo Palazzeschi è presente con gli stessi testi che videro luce nel 1977, manca solo La madre. In appendice al volume per ogni autore c‘è una breve nota biobibliografica a cura di E. Dmitrieva. Nel 2008 la rivista letteraria moscovita «Inostrannaja literatura» («Иностранная литература») pubblica un numero monografico dedicato all‘Italia, a cura di chi scrive. Visto che questo numero nazionale usciva in ottobre, a pochi mesi dall‘inizio del 2009, anno del centenario del futurismo a cui a Mosca sono state dedicate numerose iniziative20, è stato deciso di dedicare una sezione deal fascicolo al futurismo («Иностранная литература», 2008, № 10, с. 202-226). Di questa sezione fanno parte il saggio introduttivo La rivolta futurista: Marinetti, Palazzeschi, Fillia, qualche stralcio dal volume di F. T. Marinetti e Fillia La cucina futurista21 (Il manifesto della cucina futurista e alcune ricette), la letteratura futurista è rappresentata da Aldo Palazzeschi con il manifesto Controdolore e due poesie – La fontana malata (Больной фонтан) e Visita alla Сontessa Eva Pizzardini Ba (Визит к графине Еве Пиццардини Ба) (il saggio introduttivo e le versioni russe sono di chi scrive). Fino a questo momento si è sempre parlato delle traduzioni «ufficiali», cioè pubblicate dalle case editrice e riviste. A onor del vero bisogna aggiungere che su Internet si possono trovare alcune traduzioni «amatoriali» delle poesie di Palazzeschi, a volte fatte da chi ha appena cominciato a studiare l‘italiano ed è attratto dall‘apparente semplicità del testo palazzeschiano. Sicuramente è un fatto positivo e piacevole per un ammiratore di Palazzeschi, ma, visto che la qualità di queste traduzioni lascia a desiderare, non le prenderemo in considerazione.

Pubblicazioni relative alla tesi di dottorato

Nel 2007 l‘autore di questa tesi ha ricevuto la proposta della casa editrice moscovita «Ajris» di pubblicare qualche raccolta di racconti italiani a scopo didattico. Approfittando dell‘occasione di far conoscere Aldo Palazzeschi agli studenti russi di lingua italiana, chi scrive insieme con la collega Alessandra Braschi, all‘epoca lettore di lingua italiana presso il Dipartimento di

19 Vedi la recensione al volume a cura di A. Jampol‘skaja Poeti italiani tradotti da Evghenij Solonovich. Raduga, Mosca 2000. // Bollettino di Italianistica, n. 2, 2005, p. 294-297. 20 Tra i più importanti eventi dedicati al centenario del futurismo è la mostra al Museo Statale di Belle Arti «A. S. Puškin» Il Futurismo: l‟Italia e la Russia. La rivoluzione radicale (Футуризм. Радикальная революция. Италия – Россия). Chi scrive ha partecipato alla traduzione dei materiali per il suo catalogo, inclusi alcuni manifesti degli anni ‘10-‘20. 21 F. T. Marinetti e Fillia, La cucina futurista, Milano, viennepierre edizioni 2007, introduzione di P. Frassica. 16 traduzione letteraria dell‘Istituto Universitario di Letteratura «Massimo Gorkij», ha inaugurato la collana con un volume di novelle scelte di Palazzeschi, corredate da una breve prefazione dei curatori e da un dettagliato commento linguistico (Альдо Палаццески, Турнир чудаков, Айрис, Москва, 2007). L‘obiettivo del commento è di facilitare la comprensione del testo e di fornire necessarie informazioni sui fatti e personaggi storici, sui luoghi menzionati e soprattutto sugli elementi fiorentini nel testo che potrebbero sfuggire allo studente di oggi abituato all‘italiano dell‘uso medio: termini, espressioni e modi di dire, fenomeni grammaticali tipici del vernacolo, alcune particolarità fonetiche, ecc. Del volume fanno parte 12 novelle prese dalla raccolta Il palio dei buffi. Ci permetteremo, inoltre, di elencare altri saggi palazzeschiani di chi scrive: sono tutti legati alla figura di Palazzeschi, però qualche saggio non ha carattere linguistico e, per questa ragione, non sarà menzionato nei capitoli successivi dedicati all‘analisi dei testi. Nel 2006 nella miscellanea di studi del Dipartimento di lingua italiana della Facoltà di lingue straniere dell‘Università Statale di Mosca «M. V. Lomonosov» esce l‘articolo dedicato al manifesto palazzeschiano Controdolore: per la prima volta si pubblica la sua traduzione russa accompagnata da un‘introduzione di carattere storico (Манифест против горя и боли (футуристический манифест Альдо Палаццески «Противоболь») // Сборник научных трудов кафедры итальянского языка факультета иностранных языков и регионоведения МГУ, вып. 2, УРСС, Москва, 2006, с. 163-174). Un altro saggio sui manifesti di Palazzeschi sarà pubblicato nel volume che raccoglie i materiali della tavola rotonda sul futurismo organizzata dal Museo Statale di Belle Arti «A. S. Puškin» in occasione della mostra Il Futurismo: l‟Italia e la Russia. La rivoluzione radicale. Futurismo. La rivoluzione radicale. Il titolo del saggio è I tre manifesti di Aldo Palazzeschi, in esso è pubblicata, inoltre, la traduzione della poesia di Palazzeschi Il futurismo (Футуризм) a cura di chi scrive. Il lavoro sul commento per la raccolta di novelle palazzeschiane ha spinto l‘autore di questa tesi a concentrare l‘attenzione sull‘elemento locale nella lingua di Palazzeschi, quello che presenta particolare difficoltà allo studente straniero. I risultati di questa ricerca sono esposti nell‘articolo L‟elemento fiorentino ne Il Palio dei buffi di Aldo Palazzeschi pubblicato negli atti del convegno «Retorica e linguistica contemporanea» organizzato nel 2007 dall‘Università Statale di Smolensk (О флорентинском элементе в книге А. Палаццески «Турнир чудаков» // Риторика в свете современной лингвистики (тезисы докладов Пятой межвузовской конференции, 4 - 5 июня 2007 г.). Издательство Смоленского государственного университета, Смоленск, 2007, с. 175-177).

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All‘analisi dei problemi linguistici che incontra il traduttore di Palazzeschi sono dedicati tre articoli. Nel primo vengono prese in esame le versioni russe di due novelle di Palazzeschi fatte da Ju. Lesjuk per l‘antologia della novella pubblicata nel 1969 (La signora dal ventaglio e Il giorno e la notte. La relazione su questo argomento è stata fatta da chi scrive al convegno di filologia romanza organizzato dall‘Università Ortodossa degli Studi Umanistici «Santo Tichon» a Mosca nel 2008 (Две новеллы Альдо Палаццески: проблемы языка и стиля // Вестник ПСТГУ, Серия III Филология, том. II, 2008, с. 117-121). Il secondo articolo riguarda il problema della resa degli elementi dialettali nella traduzione dall‘italiano in russo in generale, tra i testi presi in esame ci sono anche alcune opere di Palazzeschi (Lingua e dialetto: problemi di traduzione // Materiali del convegno scientifico «I giovani e la lingua» organizzato dall‘Accademia della Crusca e dal CLIEO nel 2007, in corso di stampa). Il terzo articolo dal titolo Il poeta come pagliaccio, skomoroch, giocoliere e giocattolo… (Поэт – паяц, скоморох жонглер и игрушка…), dedicato al confronto delle due versioni russe della poesia Chi sono?, sarà pubblicato nella miscellanea di studi dedicati alla Prof.ssa Claudia Lasorsa (in corso di stampa presso la Terza Università di Roma). Le ultime due pubblicazioni. In corso di stampa, sono testi di interventi fatti nell‘ottobre del 2010 ai convegni di italianistica, organizzati dall‘Università Statale di Mosca «M. V. Lomonosov» e dall‘Università per gli Studi Umanistici: Osservazioni sulla lingua e stile della poesia di Aldo Palazzeschi e Il “poeta” e la “gente” nelle poesie di Palazzeschi.

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Lingua e stile di Aldo Palazzeschi negli studi di linguistica

Mentre la bibliografia palazzeschiana che rientra nell‘ambito degli studi letterari è piuttosto ampia e sarebbe un‘impresa ardua tentare di sintetizzarne in una breve rassegna tutti gli indirizzi di ricerca, gli studi di linguistica sono relativamente pochi. Visto che la nostra tesi è incentrata sull‘analisi contrastiva e traduzione, ci siamo largamente serviti delle osservazioni sullo stile di Palazzeschi fatte dagli storici di letteratura, visto che la fedeltà allo stile dello scrittore resta tuttora uno dei criteri principali per la valutazione del lavoro del traduttore. Indicheremo le fonti biografiche nei relativi capitoli, invece in questo capitolo si cercherà di presentare le più importanti pubblicazioni linguistiche: dai manuali universitari e edizioni fondamentali in cui viene menzionato Palazzeschi, ai saggi dedicati a singoli problemi e aspetti della lingua e stile dello scrittore fiorentino. Questo permetterà di capire meglio quale posto occupano la poesia e la prosa di Palazzeschi nella storia della lingua italiana e, allo stesso tempo, di vedere quali approcci e metodi di analisi linguistica vengono applicati ai suoi testi. Aldo Palazzeschi è menzionato in alcune pubblicazioni fondamentali che rientrano nell‘ambito della storia della lingua italiana, ad esempio, ne La lingua italiana. Profilo storico di Claudio Marazzini (Marazzini 2002). L‘autore ne parla nel capitolo dedicato al Novecento, in particolare, quando illustra la crisi del linguaggio poetico tradizionale e caratterizza la poesia dei futuristi: «il futurismo fu un complesso assai variegato, in cui entrarono più o meno marginalmente anche autori che sperimentarono soluzioni linguistiche di maggiore profondità creativa» (p. 419). Come esempio di tale profondità creativa l‘autore riporta proprio Palazzeschi che nella sua poesia Passeggiata «integrò, ironizzati dalla rima, elementi impoeticissimi tratti dalle insegne commerciali e dagli avvisi pubblicitari» (ibid.). Gian Luigi Beccaria nel capitolo dedicato alla lingua della poesia dal Settecento al Novecento, pubblicato nell‘einaudiana Storia della lingua italiana, riserva a Palazzeschi un largo spazio nel paragrafo dedicato alla poesia futurista (Beccaria 1993, pp. 724-727). Sottolineando l‘impeto liberatorio che costituiva un grande stimolo per molti poeti in realtà lontani dal movimento, Beccaria nota che Palazzeschi, «poeta autentico», come Govoni, per la sua natura anarchica era attratto dal futurismo: «Disordine, casualità del discorso anche in Palazzeschi; ed insieme, accettazione a modo suo del programma futurista nel voler cominciare da zero, senza tenere in considerazione l‘enorme massa di tecniche e di modi del linguaggio poetico sino al momento acquisite. La saturazione culturale spingeva un Gozzano alla mimesi del formulario, e a trasformare in poesia una materia ritenuta ormai ―falsa‖. Palazzeschi è spinto invece ad una maggiore spregiudicatezza da una straordinaria allegria distruttrice». (pp. 725-726) Per questo 19

Palazzeschi «si allinea ai movimenti di avanguardia, ma senza aderire al programma delle ―parole in libertà‖ (p. 726), senza uscire dalle regole tradizionali della lingua», compone poesie «infantili» e ironiche come La fontana malata, opposta alle tante fontane della poesia italiana. Quanto al lessico, continua Beccaria, «Palazzeschi non intensifica la parola poetica, ma la alleggerisce, perché l‘arte (come sostengono dada e surrealisti) non è seria, il riso sgrava del suo peso la parola, conduce al ripudio degli aulicismi, del lessico grave, ed esalta tutto quanto è vicino alla comunicazione orale, l‘interiezione, la glossolalia balbettata» (ibid.). Anche il ritmo è semplificato rispetto alla poesia tradizionale: Palazzeschi «predilige un ritmo rigido e monotono ridotto a cantilena marcata a fini parodistici e grotteschi, un ritmo ben scandito, che simmetrizza i movimenti in infantili fantasie, in giochi di colori di bianco e di nero» (ibid.). In questo modo, regredendo a una filastrocca, si ricrea «un clima e una lingua tra il fiabesco e il surreale: vedi le precise aritmetiche determinazioni, le figure schematiche e simmetrizzate, la mancanza di gesti e l‘immobilità del quadro […] e le parole pregrammaticali che valgono come suono e non come significato» (p. 727). I due registri ritmici scelti da Palazzeschi – quello uniforme e quello del tempo spezzato – tradiscono la ribellione antilirica del poeta che «della poesia canonica non conserva che lo scheletro esterno: la rima, le assonanze, il ritmo stesso». Liberatosi dal dettame della forma tradizionale, Palazzeschi «si permette esclamazioni, modi correnti e colloquiali, idiotismi, parolacce, lo scandalo insomma dell‘abnorme e del diforme dal galateo linguistico tradizionale». Nei suoi componimenti la lingua si riduce spesso a un balbettio oppure, «impoverita e automatica, si dispone talvolta in aggregati casuali, frammentari, monconi di frasi e sintassi decomposta». In questo modo, conclude Beccaria, si mostra che «la funzione di ornamento del linguaggio è in poesia definitivamente decaduta» (ibid.). Vittorio Coletti nella Storia dell‟italiano letterario. Dalle origini al Novecento (Coletti 2000) più volte cita Palazzeschi: nel capitolo dedicato all‘espressionismo toscano, in cui il nome di Palazzeschi sta accanto a quelli di Federigo Tozzi, Enrico Pea e Lorenzo Viani, l‘autore sottolinea che in Palazzeschi «il color locale concorre tanto alla caratterizzazione realistica quanto a quella comica e ironica» (p. 336) e nelle Sorelle Materassi il toscanismo «si infila soprattutto nei dialoghi (meno nel narrativo) per stilizzare la parlata dei personaggi» (ibid.). Invece nel Codice di Perelà il toscanismo «concorre alla leggerezza ironica del discorso dell‘―uomo di fumo‖» accanto alle forme colte. Coletti menziona anche il processo correttorio tipico di Palazzeschi che nelle edizioni del dopoguerra ha rielaborato i suoi testi in direzione di una lingua media assai meno connotata. Naturalmente, l‘autore parla anche dei versi palazzeschiani: nel capitolo dedicato alla poesia crepuscolare viene descritto il meccanismo della dissoluzione semantica, tipico di Gozzano e Moretti, ma di cui «giocoliere d‘eccezione è Aldo Palazzeschi» (p. 413). Riportando come esempio le poesie Passo delle Nazarene, Il parco umido 20 e le famose Passeggiata e Lasciatemi divertire, Coletti dimostra come Palazzeschi «spezza la catena semantica usuale e la riannoda sul puro ritmo fonico» (ibid.): mentre nella Passeggiata «si assommano cartelli, insegne, manifesti in un collage spassoso e ironico», Lasciatemi divertire è in parte composta sulla sequenza di suoni in libertà, «grullerie», «spazzatura di altre poesie» (ibid.). Pier Vincenzo Mengaldo nella Storia della lingua italiana. Il novecento (Mengaldo 1994) presta una notevole attenzione a Palazzeschi. Ne parla, prima di tutto, nel capitolo La lingua della poesia illustrando lo sliricamento e il conseguente impoverimento lessicale del linguaggio poetico rispetto alla grande triade di fine Ottocento (Carducci, Pascoli, D‘Annunzio): per esempio, «nelle due prime raccolte, quelle crepuscolari, di Palazzeschi, Cavalli bianchi (1905) e Lanterna (1907) non si troverà nessuno dei latinismi di cui gronda Alcyone - ma invece francesismi della vita mondana, entro un passo fortemente narrativo; e, forse, come osservato acutamente da Sanguineti, la parola-immagine più tipica vi è l‘impersonale, anonimo gente» (p. 195). L‘autore ritorna a Palazzeschi nel capitolo dedicato alla poesia futurista: confrontando le dichiarazioni teoriche e la prassi poetica dei futuristi, in particolare di Marinetti e Soffici, Mengaldo sottolinea l‘importanza dell‘oralità e della graficità per i futuristi, valida, almeno in certa misura, certo minore che per i suoi compagni di movimento, anche per Palazzeschi, il quale, «eterodosso e timido», secondo la testimonianza dei contemporanei, recitava con voce «bianca» (p. 210). Allo stesso tempo Mengaldo mette in evidenza l‘uso ironico dell‘onomatopea futurista «per indicare che la sua [di P.] è ―spazzatura‖ della poesia» (p. 209). Non è casuale che nella seconda parte del volume, l‘Antologia di testi che offre una dettagliata analisi linguistica e stilistica di singoli testi, è proprio Palazzeschi con la sua celebre poesia Chi sono? ad aprire la sezione dedicata alla lingua poetica (pp. 375-378). Come sempre, Mengaldo comincia con una breve analisi della poetica, indispensabile anche perché questo componimento apre le varie sillogi delle poesie procurate dallo stesso Palazzeschi e, in certo senso, può essere considerato una specie di manifesto letterario. Mentre la dichiarazione del proprio non essere poeti, con la quale comincia la poesia, è un luogo comune dei crepuscolari, «la novità [di P.] non sta tanto nell‘estendere quasi teoreticamente la negazione a pittura e musica, quanto nel dirsi non povero fanciullo e così via ma saltimbanco, quindi nel volgere la negazione della poesia tradizionale, perché di questo si tratta, dalle parti del circo, nel contrapporre al poeta il saltimbanco […] e già accennando qual passaggio dalla contemplazione attonita e bambinesca al moto sghignazzante del grottesco» (p. 375). E‘ altrettanto importante per la comprensione di questa poesia la sua componente parodistica: «l‘attacco di Chi sono? sembra presupporre per rovesciarlo il celebre passo dell‘aria di Rodolfo nel I atto della Bohème di Puccini – Illica - Giacosa […], quintessenza dell‘idea borghese - ottocentesca della poesia» 21

(ibid.). Dopo aver fornito una chiave di lettura di questo componimento palazzeschiano Mengaldo passa ai singoli dettagli, ad esempio, all‘opposizione tra la gente e il poeta, e all‘analisi testuale. L‘autore sottolinea che la struttura testuale, come spessissimo in Palazzeschi, «è dominata dal parallelismo o simili», e qui il procedimento è vistosissimo, «con rispondenze ―narrative‖ fra ogni elemento delle botte e risposte o del microschema» (p. 376): questo condiziona, tra l‘altro, l‘importantissima «anafora ―semantica‖ dei varii elementi esprimenti negazione» (ibid.). Mengaldo dimostra anche che il testo ha una sofisticata e doppia struttura: un occhio poco attento può notare solo la struttura progressiva mentre in realtà questa si integra con la struttura circolare. Dopo aver caratterizzato le metafore che sono di tipo preposizionale, simbolistico, l‘autore sottolinea la spezzatura ―parlata‖, in genere tipica di Palazzeschi. Allargando l‘analisi testuale Mengaldo si ferma anche sulle rime, importantissime nel componimento analizzato visto che, insieme ad altri elementi, fanno sì che «il tutto presenta […] un eccesso di legamenti fonici che ben configura per via di ecolalia la forma della filastrocca un po‘ inebetita e insensata». A completare l‘analisi è la parte dedicata alla metrica che «contribuisce alla tonalità di stupefatta cantilena, fortemente iterativa, del testo» (ibid.). Proprio all‘analisi metrica, indispensabile quando si prendono in esame testi poetici, è dedicato un altro importante saggio palazzeschiano di Mengaldo Su una costante metrica nella poesia di Palazzeschi pubblicato nel volume La tradizione del Novecento. Prima serie (Mengaldo 1996). L‘autore sottolinea che mentre Palazzeschi nei suoi versi «sembra ostentare una diffusa polimetria, una macedonia di versi tradizionali (endecasillabo, settenario, ottonario, ecc.) e di misure più abnormi, fino al monosillabo da una parte, al verso di diciotto sillabe dall‘altra, senza che da questa libera mescolanza paiano evincersi schemi precisi: l‘effetto di un organismo invertebrato, se non proprio prosastico, che ne risulta è corretto – o forse invece evidenziato – da un uno piuttosto fitto della rima e di altri procedimenti affini che in lui prendono un carattere parimenti ecolalico» (p. 233). Però, nota Mengaldo, «una serie abbastanza cospicua, diciamo un terzo, un quarto, di componimenti dell‘edizione definitiva delle poesie rivela un preciso metodo in questa follia. In tale serie infatti ci troviamo di fronte a una mensurazione che gioca, insistentemente e regolarmente, con l‘unità trisillabica e suoi multipli» (ibid.). Dopo l‘analisi dell‘organizzazione metrica di un grande numero di componimenti, l‘autore indaga l‘eventuale legame della metrica palazzeschiana con la tradizione metrica antica e recente, in particolare con le soluzioni metriche proposte da Pascoli e D‘Annunzio. Questo permette a Mengaldo ad arrivare ad alcune conclusioni che riguardano sia l‘opera di Palazzeschi, sia le tendenze generali dello sviluppo della poesia. Una è che «la perdita della libertà e varietà di modulazioni, accenti e cesure che caratterizzava la metrica tradizionale, […] a favore di una scansione a segmenti, accenni e cesure fisse, significa […] che viene decisamente a cadere 22 l‘importanza del verso come principio organizzativo e unità di misura del ritmo: il minimo comun denominatore non è più il verso, ma un‘unità sillabica e accentuativa minore a schema prefissato, in altre parole il piede» (p. 256). La seconda conseguenza è che ormai «il ritmo prevale sul discorso. Proprio in quanto talmente uniforme e insistita l‘ossatura ritmica, cioè un elemento parasemantico, sovrappone i suoi valori a quelli semantici della parola, e così la svuota» (p. 257). Si ha a che fare, secondo Mengaldo, con una sorta di dadaismo ritmico e «quell‘esautoramento e banalizzazione del discorso cui tende con tanti altri mezzi la poesia di Palazzeschi, si realizza anzitutto, a monte, in questa sua subordinazione a uno schema ritmico governato da un astuto automatismo» (ibid.). Ciò comporta un‘importante conseguenza: il testo poetico organizzato in questa maniera non può limitarsi al carattere scritto e alla lettura interiore silenziosa, ma richiede la lettura ad alta voce, la recitazione, il che, nota Mengaldo, è confermato «da vistosi aspetti mimici e teatrali di questa poesia» (ibid.). Infine, va menzionata la nota introduttiva di Mengaldo alle poesie scelte di Palazzeschi pubblicata nell‘antologia Poeti italiani del Novecento (Milano, Mondadori 1978), curata dallo stesso Mengaldo. Insieme alle informazioni sulla vita e sull‘opera sia poetica che prosastica di Palazzeschi, per fornire una chiave di lettura il curatore fa qualche osservazione di carattere stilistico e linguistico che in parte ripete quello di cui si è parlato sopra. Per esempio, parlando del periodo futurista, si osserva che «un mondo totalmente impersonale, grammaticalmente dominato dalle forme verbali appunto impersonali, nematicamente dalla parola-chiave collettiva ―la gente‖, in cui nulla avviene e nulla muta e il soggetto è completamente assente, senza dramma: novità tanto silenziosa quanto decisiva, in cui è da vedere la reazione più radicale e conseguente, in Italia, al vecchio soggettivismo lirico» (p. 49). Ribadendo la novità della lingua del primo Palazzeschi rispetto alla poesia tradizionale, l‘autore dice: «Altrettanto sotterraneo e contropelo è l‘attacco che Palazzeschi muove al linguaggio della tradizione poetica e che non avviene per via di sovra determinazione e aggressività espressionistica, ma al contrario di cosciente impoverimento e automatismo, quasi che il linguaggio si creasse e moltiplicasse da sé in una specie di semovenza: le continua iterazioni foniche e lessicali, su un vocabolario per parte sua estremamente comune e poco marcato, ―basico‖, producono effetti di estraniante cantilena e come di sonnambulismo, accentuati dalla monotonia della formula ritmica, che è, quasi senza eccezioni, il piede trisillabico con ictus sulla seconda sede, ripetuto ad infinitum (da un minimo di tre a un massimo di diciotto sillabe per verso); sorta di colata ritmica indifferenziata in cui gli accapo grafici appaiono arbitrari (e sono infatti continuamente rimescolati nella elaborazione) e implicitamente l‘aspetto orale e cantabile del testo prevale su quello scritto, per la lettura, evocando una potenziale recitazione» (pp. 49-50). Parlando della svolta che porterà Palazzeschi entro le schiere futuriste, evidente già nei Poemi del 1909, Mengaldo nota che proprio a questo 23 punto «cominciano veramente a delinearsi l‘ironia e il grottesco palazzeschiani, prima quasi assenti, in un ―allegria‖ dissacrante» (p. 50). «Allo svuotamento dei temi lirici tradizionali succede la loro esplicita parodia: […] le strutture dei testi si aprono e talora di spampanono sempre più in senso narrativo e mimico, contro l‘immobile circolarità delle prime liriche – e siano pure una narratività e una teatralità risolte volentieri nell‘inerzia meccanica della filastrocca; infine la metrica, abbandonato lo schema trisillabico (salvo prima esibirlo protervamente nella famosa Fontana malata, a sua volta parodia dannunziana), si acconcia alle misure variabili del verso libero, anche se è pronta ad assumere di continuo ritmi cantilenianti. Ma si tratta sempre di una poesia impersonale, antilirica: l‘io del poeta, quanto pure sia presente, è anche esso contemplato dal di fuori come personaggio o piuttosto ―figurina‖ nella meccanica ―deformazione autoplastica‖ dei suoi atti e gesti quotidiani» (pp. 50-51). «L‘unica prosopopea, Chi sono?, è in realtà un‘antiprosopopea, una dichiarazione di smarrita identità, cui si sostituisce la maschera autoironica […], e i messaggi più personali sono delegati a personaggi di fantasia, celati nella improbabilità dell‘invenzione grottesca o allegorica. […] La poesia di Palazzeschi futurista è insomma il maggior tentativo esperito nel nostro Novecento di uscire dalle convenzioni seriose del discorso lirico, proponendone un‘integrale teatralizzazione» (p. 51). In questo senso, nota Mengaldo, si insinua nei testi poetici palazzeschiani la critica della società borghese e della sua ideologia, «parodia delle sue convenzioni linguistiche e della loro insignificanza», però Palazzeschi condivide «solo una minima parte dell‘armamentario stilistico proposto dal futurismo (specie l‘onomatopea e lo sminuzzamento poetico, mentre la sintassi resta saldamente tradizionale, parlata) e comunque piegandolo decisamente nel senso di un giocoso dada avantilettera» (ibid.). Quanto alla lingua delle poesie dell‘ultimo periodo, Mengaldo si limita ad osservare che in esse Palazzeschi si ricollega «alla maniera poetica della propria avanguardia degli anni giovanili, anche se certo con risultati non così eccezionali: secondo un movimento perfettamente parallelo agli esiti più persuasivi (Il Doge, Stefanino) della sua narrativa recente» (p. 52). Torniamo indietro nel tempo al breve saggio di Olga Lombardi intitolato Ciclo del linguaggio in Palazzeschi (1942) in cui l‘autore parla sia della poesia sia della prosa palazzeschiana tentando di fare un quadro generale della sua lingua e stile (dalle prime opere fino al Palio dei Buffi). Partendo dalla definizione della poetica di Palazzeschi da lui stesso espressa nella formula «E lasciatemi divertire», Lombardi afferma che la tecnica di Palazzeschi «ci tiene perplessi tra il sospetto di un inganno e l‘occulta presenza di una verità che egli cerchi di coprire. Allarma l‘eccesso del suo lessico, la sincerità della sua sintassi, la liquida libertà dei suoi metri: ma raffredda il segno del simbolismo che serpeggia sotto la sua scoperta ironia» (p. 105). Segue l‘analisi di alcuni aspetti della tecnica propria di Palazzeschi: il simbolismo dei 24 ritratti umani e dei paesaggi, la tendenza alla stilizzazione, il legame con la poetica crepuscolare che si manifesta, in particolare, nella scelta di certi ambienti, dettagli e colori, ecc. Quanto alla tecnica poetica, si nota la tendenza all‘uso dell‘assonanza, dell‘onomatopeia, «alla monocorde successione di suoni eguali» (p.106) e allo stesso tempo all‘improvvisa rottura del ritmo, al tono spesso prosastico. Passando alla prosa palazzeschiana, l‘autore nota che, pur trovando «un respiro più ampio», la sua lingua conserva alcuni tratti tipici dei testi poetici di Palazzeschi, in altre parole, resta sempre la prosa del poeta: l‘espressione è abbondante, ed è «un abbondanza liquida, uno straripamento verbale»; il periodo «non è sostenuto, ma rotto, disarticolato, è assolto da una sintassi estrosa, aperta all‘anomalia, grondante di costrutti fragili e slegati dall‘interpunzione morbida, in sordina» (ibid.). Quando, invece, si passa al dialogo, la sintassi diventa ancora più frammentata, tende a dissolversi in puro suono. Per esempio, è così ne Il codice di Perelà, dove è ben evidente che il dialogo spesso è fine a sé stesso, ci si imposta «su questo assoluto verbale, che apre larghi spazi corali nel volume del racconto». Nel Re bello, invece, lo stile comincia a cambiare: l‘espressione tende a normalizzarsi, il dialogo è ancora aperto, l‘aggettivazione ancora prolissa, ma la sintassi è più «ariosa e vigile» (ibid.). A proposito dei Due imperi l‘autore nota che la sua impostazione ironica è sommessa dall‘empito oratorio «che si leva a momenti di canto» (p. 107). Qui Palazzeschi trova «un‘espressione intensa viva di un ardore nuovo alla sua lingua», la sua diventa una prosa lirica: per esempio, nella descrizione del paesaggio scompare la gonfiezza e gli eccessi. Cambia anche la sintassi: è «più coerente, ferma, stretta a una legge di sincerità e chiarezza» (ibid.). Passando all‘esame de La piramide, l‘autore parla della crisi del linguaggio di Palazzeschi, soprattutto del suo lessico, per esempio, non sembra felice e soprattutto motivato l‘uso degli elementi «popolareschi» (e.g. acchitarlo, ciuffeca, smammolarsi; quella faccia lì che par tutto un giulebbe, che gli abbia dato di balta il cervello, ecc.). Nelle Stampe dell‟800, invece, «la vivezza e il colorito del lessico si sciolgono e creano la tensione del linguaggio» (ibid.), le parole e le espressioni che isolate hanno un rilievo eccessivo (e.g. sperpera, barlacce, in quinci e squinci, camminavano piano, a gambe larghe e tutte grulle, ecc.) qui, secondo l‘autore, prendono peso e volume. Un altro tratto caratteristico delle Stampe, scritte in chiave di ricordo, è l‘attenzione al minuscolo dettaglio che qualche volta, come nella presentazione di Don Giovanni, porta alla descrizione troppo prolissa e all‘enumerare frequente. Nelle Sorelle Materassi, rispetto alle Stampe, lo stile è «più fermo di colore e di linea» (ibid.), tutto è tenuto su un tono medio uniforme. Il pericolo, nota Lombardi, è che questo tono per sua natura tende a rarefare l‘atmosfera: la descrizione predomina sull‘azione, certe figure e ambienti vengono presentati con la limpidezza quasi calligrafica, si insiste su certi caratteri dei 25 protagonisti, nell‘«indulgere a rappresentazioni di gesti che accennati avrebbero una maggiore virtù suggettiva» (p. 108), insomma, nel troppo detto. La scrittura palazzeschiana, secondo Lombardi, non è sempre riuscita: ad esempio, il frequente commentare toglie vigore all‘immagine; la sintassi certe volte non è coerente, rotta da incisi, rallentata e slegata. Anche l‘analogia, secondo l‘autore, spesso è falsa e denuncia l‘artificio (e.g. i suoi occhi vivi, come una rosa che sbuchi dalle rovine… divenivano incandescenti). Eppure proprio le Sorelle Materassi sono il libro che «più indulge alla maniera di Palazzeschi, è anche quello in cui può misurarsi intero lo scrittore» (ibid.). C‘e‘ in questo romanzo tutto il campionario dei personaggi tipici palazzeschiani, la descrizione pittoresca degli ambienti borghesi di provincia e la sintassi che «indugia lenta intorno alle immagini salienti, al lessico saporito e colorito» e «il lessico […] così importante nella lingua di questo scrittore; e così caratteristico dei suoi scatti bruschi, i suoi acuti, i suoi crescendo» (ibid.). Nel Palio dei Buffi, secondo Lombardi, la lingua perde «l‘apparato e il pittoresco, sembra animata da un‘alacrità nuova, procede spedita alla sua meta» (ibid.). Qui l‘umorismo «che accende di riso e di pianto le pagine delle Sorelle» si converte in sarcasmo e financo in buffoneria. In generale l‘immagine è di un realismo pratico e dello stesso realismo è l‘analogia. La presentazione del personaggio è chiara e statica, priva di ogni accenno alla poesia. La narrazione si alterna al commento per spostamenti di piani, i due temi si intersecano, emergono l‘uno dall‘altro: questo, conclude Lombardi, è un chiaro esempio «della tecnica peculiare ai nostri migliori scrittori moderni» (p. 109). Un saggio che non può essere trascurato in questa sede, perché analizza il linguaggio di Palazzeschi in prospettiva diacronica, è di Ignazio Baldelli che nel 1955 ha applicato la critica delle varianti a diverse edizioni del Codice di Perelà (Baldelli, 1955)22. Baldelli prende in esame quattro edizioni del Codice di Perelà: la prima è del 1911, la seconda è del 1920, la terza è del 1943 e la quarta è del 1945. Secondo l‘autore, «l‘edizione 1920 presenta varianti nell‘insieme non molto vaste, offrendo un assestamento migliore dell‘espressione palazzeschiana, sempre sulla linea della prima edizione. Nell‘edizione 1943 la struttura linguistica e stilistica è stata profondamente alterata: l‘opera è stata interamente riscritta su una linea, come vedremo, piuttosto lontana dal gusto e dagli intenti delle prime due edizioni. In quella del 1954 si rimaneggia ancora il testo, accentuando fortemente i caratteri stilistici e linguistici della precedente» (p. 1).

22 Vanno ricordati anche gli studi più recenti delle varianti della prosa di Palazzeschi: sulle Sorelle Materassi (Amoroso 1970), sulla lingua delle novelle (Martini 1970), sulle Stampe dell‟Ottocento (Modena, 1983), su :riflessi (Soldateschi 1985). 26

Baldelli comincia dall‘analisi morfologica. Il primo tratto saliente riguarda la forma della prima persona dell‘imperfetto indicativo, in cui la forma in –a si alterna con la forma in –o. Per tutto l‘Ottocento si oscilla ancora tra le due forme, ma quella in –a assume a poco a poco un sapore arcaico. Citando un esempio, riportato a sua volta da Migliorini, Baldelli indica che questa forma si trova, tra l‘altro, nelle Stampe dell‟Ottocento (1932) a evocare ambienti del passato. Nel Codice del 1911 le forme in –a sono abbastanza frequenti, aumentano nell‘edizione del 1920 e diminuiscono decisamente nelle edizioni degli anni Quaranta. Tuttavia Baldelli dimostra che in tutte le edizioni permangono le forme in –a «di preferenza in certe iterazioni, quasi a fare un tono sognante e favoloso: (Io rideva… rideva… signor Perelà… rideva…)» (p. 2). Proseguendo l‘analisi morfologica l‘autore illustra la variazione delle forme del passato remoto (persero - perderono - perdettero; precederono - precedettero, ecc.): la forma perderono è interpretata come una variante più fiorentineggiante e popolare. Il participio veduto delle prime due edizioni passa a visto, realizzando l‘avvicinamento alle forme più scritte; da gli di oggetto plurale il più delle volte si passa a li (gli conoscerete - li conoscerete) anche se raramente gli si conserva in tutte le edizioni (gli ha posti in ridicolo). Sulla stessa linea, che Baldelli definisce antifiorentiniggiante, si pone l‘eliminazione di punto negativo (non hanno punto esagerato). Dunque, la tendenza, secondo Baldelli, sta, da un lato, nell‘«attenuazione di forme arcaiche, dall‘altro, di forme popolari fiorentineggianti, all‘unico fine di una lingua più comune, più media» (p. 2). Per esempio, dimandare diventa domandare. Nella seconda edizione (1920) la tendenza ad accentuare i toni arcaici a scopo di umorismo si manifesta, tra l‘altro, nell‘inserimento di i protetico (alla ora istessa, non isdegna). Baldelli nota anche una graduale eliminazione di molti pronomi soggetti la cui abbondanza nella prima edizione, secondo lui, è dovuto all‘influenza di traduzioni dal francese, «di prosa infraciosata, più notevole in quel primo anteguerra» (dalle prime varianti voi potreste, io ò sentito, noi siamo, ecc. si passa alla variante in cui il pronome viene omesso) (p. 3). Nel lessico Baldelli nota l‘eliminazione «di qualche francesismo quasi obbligato fra le due guerre o stansionatosi ormai in provincia» (gilet - panciotto, cocotte – mondana - cortigiana, ecc.). Non poche parole vengono sostituite con sinonimi di grado superiore, più mediamente letterario (testa - mente, sotterrare - scavalcare, capii - compresi, tutta stomacata - tutta disgustata - nauseata, ecc.). Movendosi sempre in direzione di un tono più medio e solito Palazzeschi tende a eliminare espressioni troppo vive e popolaresche, anche se, secondo Baldelli, alcune forme più letterarie introdotte nelle ultime edizioni sono di dubbio successo perché obsolete (Meno male, allora le ciarle sono inutili. – Meno male. E allora saprete che con noi sono inutili le chiacchiere. – Meno male. E allora saprete che con noi sono pericolose le facezie.) (p. 5). Proseguendo la sua analisi, Baldelli menziona alcune aggiunte che permettono di rafforzare l‘effetto comico, per esempio, le battute 27 in francese. Il cambiamento riguarda anche la grafica: nel passaggio dalla prima alla seconda edizione lo scrittore elimina le forme ò, ài, ànno per sostituirle con la forma con h. Confrontando alcune frasi piuttosto lunghe e le loro eventuali trasformazioni nelle varie edizioni Baldelli nota, inoltre, nel passaggio alla terza edizione la tendenza «a introdurre frasi fatte, assolutamente banali, a scopo esplicativo o di ampliamento» (la facoltà di conoscere e di comprendere, ecc.). Di continuo, osserva Baldelli, appare evidente la volontà dello scrittore di evitare la ripetizione, il desiderio di variatio, anche se le varianti proposte nelle prime edizioni possono sembrare più felici, perché più ritmiche, più vicine alle poesie. Nelle ultime edizioni si nota l‘interesse per i temi religiosi e cattolici (e.g. avvedutezza diventa provvidenza, sorte si trasforma in divina provvidenza), e per contro, si eliminano punte blasfemiche. Infine, per confermare la tendenza allo scritto, si riducono gli esclamativi. L‘analisi condotta permette a Baldelli di formulare qualche conclusione sull‘evoluzione dello stile della prosa palazzeschiana, dal Codice ai Fratelli Cuccoli e Roma. Il primo stacco forte, secondo Baldelli, si avverte con le Stampe dell‟Ottocento, «in cui il periodo sciolto, libero, talora asintattico, vicino alle poesie, del Codice e della Piramide, tende a una maggior disciplina» (p. 12). Non per caso poco prima Palazzeschi traduceva Tarantino di Daudet: «costretto dalla linearità di prosa francese, di rado si abbandona a quelle interruzioni, riprese, inserzioni di parlato, impenna menti; a contatto con l‘umorismo bonario di Daudet, perde il tono talora eccessivo, il voler irridere cose e ideali grandi»23 (p. 12). Da questo momento, nota Baldelli, «il problema dello stile palazzeschiano sarà mantenere su un piano più disciplinato la primitiva vivezza e discorsività», anche se il gusto fiorentineggiante, «uno degli ingredienti più saporosi della sua cucina, seguirà a filigranare la sua prosa» (ibid.). Tutto questo è ben evidente nelle Stampe dove si nota una maggiore disciplina e, per esempio, la sintassi sembra meno disordinata. Ma l‘esperienza più felice, «ideale punto d‘incontro fra la prima esperienza sfrenata, cantilena precipitata, e il periodo più lungo più regolare della tradizione, è la prosa delle Materassi e dei Buffi» (p. 12). Con le due ultime varianti del Codice e altre prose palazzeschiane dell‘ultimo periodo la sintassi e l‘interpunzione diventano più curate, il ritmo si grammaticalizza, tutto ciò «dà l‘impressione sia l‘effetto di un rallentarsi del modo inventivo» (p. 13). Conclude Baldelli: «Una baldanza strutturale e sintattica ei assoluta vivacità, sostenuta da un senso arguto dell‘elemento popolaresco, usufruito a contrasto appunto di voluti arcaismi e sollennismi, a esprimere, da Perelà ai Buffi, un‘accorata nostalgia di umanità. Poi il ritmo si rallenta, si appesantisce, con un lessico spesso appiattito, talora scialbo, dai Fratelli Cuccoli all‘Uomo di Fumo: Roma non si addice a Palazzeschi…» (p. 13).

23 A proposito di questa traduzione vedi Serra 2007. 28

Dei concetti di «fiorentinità» e «toscanità», usato più volte negli studi citati sopra, parla il saggio di Tina Matarresse dedicato al rapporto tra scrittori e lingua nella narrativa del Novecento (Matarrese 1981). All‘inizio del saggio l‘autore tenta di dare una definizione del concetto di «toscanità», usato spesso dalla critica letteraria in riferimento a una specifica tradizione toscana novecentesca, e dichiara l‘intenzione di individuarla «nel concreto delle sue possibili forme, nei due piani del contenuto e dell‘espressione, e opportunatamente valutata nella prospettiva della relazione tra scrittore e lingua» (p. 17). Secondo l‘autore, è un aspetto fondamentale, «se si considera la peculiarità di quella tradizione, contraddistinta, si può dire da sempre, dal senso del nesso particolare fra lingua e letteratura, fra lingua parlata e lingua scritta» (ibid.). Passando al concetto di «fiorentinità» l‘autore cita le parole di Contini a proposito del fatto che la società fiorentina per la sua stessa struttura sociale, articolata su ceti piccolo-borghesi e artigiani, è «condotta al ripiegamento nostalgico, per non dire crepuscolare, come infatti è evidente nell‘arco egregio che va da Cicognani a Pratolini, e sui margini della narrativa, nel Cecchi più fiorentino, in Palazzeschi, in Lisi, in Bonsanti, alleva sentimenti di memoria, di elegia, magari dolce stravaganza» (ibid.). Insomma, il carattere precipuo della tradizione fiorentina sta «nella sua tendenza a coltivare il proprio passato […], a riviverlo attraverso i ricordi d‘infanzia e quindi in dimensione mitica» (ibid.). Gli scrittori fiorentini, secondo l‘autore, si distinguono all‘interno della tradizione toscana per alcune peculiarità. Ad esempio, è quasi d‘obbligo per il narratore fiorentino il genere delle memorie d‘infanzia, simili testi prodotti da scrittori fiorentini hanno caratteri stilistici particolari, così come «il culto del proprio passato» e «il senso di rimpianto e di evasione nel piccolo e tranquillo mondo granducale» (p. 20). Sul piano linguistico questo si manifesta «nel culto del fiorentino parlato, nella superiorità della lingua di natura rispetto alla lingua di cultura, di fiorentino degli scrittori» (p. 21). L‘esigenza di spontaneità linguistica «può spiegare in parte quei caratteri di confidenza nel proprio mezzo linguistico e di rilassatezza stilistica che si riscontrano nella scrittura dei narratori toscani di fine Ottocento e anche del Novecento» (ibid.). Non è casuale, comunque, che la produzione dei ricordi d‘infanzia coincide per Papini, Soffici e Palazzeschi con «il ritorno all‘ordine dopo i sovvertimenti avanguardistici» (p. 24). Il caso di Palazzeschi può essere considerato esemplare se si tiene presente che «la collaborazione tra Marinetti e Palazzeschi cade sulla proposta marinettiana delle ―parole in libertà‖», simbolo «di un modo di far poesia meccanico e oggettivo», della rottura con la propria tradizione di propria civiltà letteraria «fondata sul controllo e sull‘equilibrio formale» (ibid.), una tradizione che poteva essere contestata ma non scalzata. In generale, nota l‘autore, il «paroliberismo marinettiano esprimeva l‘estetica di una civiltà urbana e tecnologica, di una società proiettata verso il futuro, come quella della Milano degli anni del secolo, a cui vediamo 29 contrapporsi una Firenze tesa a conservare e mitizzare i valori del passato, in una Toscana caratterizzata da una struttura socio-economica di tipo conservativo» (p. 26). Ritornando al genere delle memorie d‘infanzia si sottolinea che in esse il ricordo non è involontario, ma «procurato e finalizzato a ricostruire ―un‘età favolosa‖, non tanto o non soprattutto in quanto età dell‘infanzia, ma in quanto espediente per far rivivere la felice Firenze borghese» (p. 32). Questo spiega la tendenza a ricordare «gli ambienti, i momenti e le figure della propria città o quartiere» (ibid.), il gusto, tipicamente fiorentino, per la topografia cittadina, e anche la tendenza al minuto descrittivismo elencativo di un realismo da bozzetto. Quanto alla struttura narrativa, Matarrese sottolinea che in Palazzeschi «la memoria è affidata ad un album di vecchie Stampe, che rispecchia anche il carattere della loro origine, di prose autonome, successivamente riunite» (p. 35). Non per caso Palazzeschi precisa nello stesso titolo il periodo storico al quale si riferiscono i suoi racconti, Stampe dell‟Ottocento: siamo nella dimensione crepuscolare, gozzaniana, in cui il passato è ridotto a un quadretto, a una stampa antica, spesso a una caricatura. A proposito di questa soluzione stilistica, l‘autore sottolinea il legame con le arti figurative e con il genere «macchiaiolo» nella narrativa toscana della fine dell‘Ottocento, ripreso, come vediamo, dagli autori del Novecento: è ben evidente se si guarda ai «buffi» delle Stampe palazzeschiane, rappresentati in dimensione prevalente comica. Sul piano linguistico, nota l‘autore, questa memoria, «tutta di fatti esteriori, come quella che si appaga di ritrovarsi degli oggetti in un baule o di fissarsi nelle linee di una stampa, si adegua una sintassi che, nella struttura assolutamente paratattica, ordina i contenuti secondo un‘accumulazione coordinante elementare e giustappositiva» (p. 36), spesso con i sintagmi di mise en relief nominale. In sostanza questa memoria si riduce alla produzione di lunghi elenchi di oggetti e personaggi, non scava nel passato, tutto è chiaro, tutto è esposto, il passato è statico e proprio per questo diventa un punto di riferimento sicuro. Tornando al concetto di «fiorentinità», Matarrese parla di uno dei suoi punti più sensibili, ovvero dell‘«istintività stilistica» degli scrittori fiorentini. La sicurezza linguistica, dovuta al ruolo particolare che Firenze ha svolto nella storia della lingua italiana, ha spesso negato al fiorentino lo stimolo all‘elaborazione e, invece, ha alimentato la fiducia nelle proprie innate capacità e un certo automatismo linguistico. Per confermare questa idea l‘autore cita l‘esempio di Cicognani, la cui scrittura «colpisce per la comunanza del ―tono‖ tra il narrato e il parlato dei personaggi», denota «un atteggiamento di registrazione immediata, non distaccata, da parte di chi scrive» (p. 41). In realtà questo linguaggio, che si distingue, fra l‘altro, per la notevole presenza di modi di dire locali, nel Novecento tradisce la propria vernacolarità. L‘autore prosegue la sua analisi per mettere in evidenza le conseguenze che la situazione linguistica descritta ha avuto per lo sviluppo della narrativa fiorentina, in particolare, per il genere di 30 romanzo il quale, per la sua stessa natura, si distingue per il plurilinguismo. Si analizzano, da questo punto di vista, diverse soluzioni trovate da scrittori come Cicognani, Pratolini e Cecchi: l‘espressione linguistica delle voci di personaggi e della voce dell‘autore, il ruolo della citazione, del discorso diretto e del discorso indiretto libero, ecc. Concluso il discorso su Firenze, l‘autore passa agli autori di «periferia» toscana, Pea e Tozzi, e alle soluzioni linguistiche da loro proposte, per continuare con l‘analisi delle opere di Bilenchi, Benedetti e Cassola. Ai problemi di onomastica letteraria è dedicato il saggio di Enzo Caffarelli (Caffarelli 1995) che prende in esame numerose opere prosaiche di Palazzeschi, sia della gioventù sia della maturità. In particolare, Caffarelli si concentra sull‘analisi cronomastica («l‘analisi della diffusione delle diverse forme nominali lungo il tempo») e socionomastica («lo studio della distribuzione delle forme nominali nei diversi strati socio-economico-culturali di una comunità di parlanti») (p. 118). Quest‘analisi riguarda esclusivamente nomi personali, non cognomi né nomi di fantasia. Caffarelli nota che Palazzeschi è molto attento ai fatti onomastici: le sue creature hanno un nome e spesso un cognome, non solo gli uomini, ma anche gli animali hanno un nome. Inoltre, è frequente, soprattutto nella produzione giovanile di Palazzeschi, «un utilizzo espressivo di ipocoristici e derivati» (e.g., Cecco – Ceccone – Cecchino - Ceccaccio). Anche la toponomastica per Palazzeschi ha una notevole importanza, come esempio Caffarelli cita l‘introduzione alle Sorelle Materassi in cui lo scrittore elenca amorevolmente i toponimi fiorentini. Pur attento ai nomi propri, Palazzeschi, non è molto attratto alle forme onomastiche classificate come nome-destino, nome parlante. Uno dei rari esempi è nel racconto La veglia (il personaggio femminile Rosina, il vitello Gaio), nel Paradiso terrestre (nomi Bella e Giglio) e Lumachino in cui si dice che il protagonista assomiglia a una lumaca «giacché le lumache, ahimé, non possono entrare nel tempo dell‘amore, devono contentarsi di strisciare col cuore gonfio, lasciando un po‘ di bava alle porte» (p. 121). Caffarelli cita altri simili casi, incluso il particolarissimo caso di Perelà, ma afferma che complessivamente sono pochi. Invece non mancano delle novelle di Palazzeschi nomi e cognomi che «appaiono ricercati, altisonanti, impegnativi e comunque disueti» (p. 122) (Telemaco, Petronilla, Orfeo, Scipione, Gedeone e altri nomi che, a quanto pare, erano disueti già al tempo di Palazzeschi) anche se in altre novelle sono numerosi nomi ovvi e comuni (Giovanni, Vittorio, Nino, Maria, Cristina, ecc.). Quanto alle Sorelle Materassi, le scelte onomastiche in questo romanzo sembrano assolutamente non marcate. In alcuni casi, invece, «l‘onomastica assume una funzione discriminante, divenendo elemento narrativo e descrittivo» (p. 126). Ad esempio, ne Il quarto figlio dei signor Gerolamo dove un figlio normale, nato in una famiglia di nani dopo i fratelli Bettina, Francesco e Renzino, viene chiamato con il nome «bello» di Valdemaro. La stessa soluzione, cioè di dare a un 31 bambino diverso dai suoi fratelli un nome particolare, si incontra anche in alcuni altri testi palazzeschiani. Comunque sia, sottolinea Caffarelli, se dal testo non risulta che un nome «bello» abbia un significato particolare (e.g., nel racconto Gedeone e la sua Stella, in cui il marito innamorato si rivolge alla consorte chiamandola «Stella del giorno, Stella della notte…»), per stabilire con sicurezza la funzione espressiva di un nome bisogna innanzitutto escludere l‘influenza della moda del tempo: sarebbe il caso di nomi stranieri nelle opere palazzeschiane che hanno per lo più i personaggi non italiani. Non lascia dubbi, invece, la funzione espressiva dei numerosi nomignoli che Palazzeschi dà ai suoi personaggi (Colonnella, Panno, Lumachino, Carburo e Birchio, Napoli, Lupo, ecc.), spesso fornendo al lettore la spiegazione della loro origine (e.g., «nella valle d‘Arno si chiaman birchi i bastardi, figli di genitori ignoti, venuti fuori dai brefotrofi») (p. 130). Abbondante, secondo l‘autore, è «l‘utilizzo di ipocoristici, specie sul fronte vezzeggiativo» (Gherardo - Dado, Francesco - Checco, Chicco), addirittura i nomi completi di alcuni personaggi non vengono mai comunicati al lettore (Rirì, Nena, Bepo). E‘ abbastanza evidente nell‘onomastica palazzeschiana la stratificazione sociale: per esempio, nel romanzo Roma Caffarelli distingue tre livelli: quello dei servitori (Checco, Bice, Orazio), quello dei nobili (il principe don Filippo di Santo Stefano, Maria Adelaide, Elizabetta, Irene, ecc.), e quello dei personaggi stranieri (Magda, Lonia, Alì di Famagosta). Va notato che il nome composto appare quasi sempre in Palazzeschi come segnale di nobiltà. Inoltre, è estremamente importante per l‘onomastica palazzeschiana l‘opposizione servo-padrone; il domestico, sottolinea Caffarelli, «è infatti figura centrale nella novellistica e nei romanzi di Palazzeschi, fino a farne un cognome (Fanfulla Domestici)»: don Pasquale e la perpetua Drusilla, Scipione Gonfantini e Aleppina, marchese Onofrio e Dulcinea, ecc. In questo caso, conclude l‘autore, «il discrimine tra i due gruppi onomastici, non sempre nettissimo, passa comunque per tre coordinate: il ricorso consueto, per i gradini bassi della scala sociale, alle forme ipocoristiche e familiari; l‘uso di alcuni nomi della tradizione religiosa che non sono mai stati, o non sono più ai primi del XX secolo, propri delle classi nobili e borghesi […], l‘utilizzo, infine, di nomi classici, in particolare greci, in voga nel Rinascimento e nel neoclassicismo settecentesco, ma ormai discesi lungo la scala sociale (anche se, forse per ragioni espressive, Palazzeschi non vi rinuncia neppure per alcuni padroni)» (pp. 136-137). Anche i nomi stranieri posso discendere lungo la scala sociale, come è il caso di Fanny. Passando agli zoonimi, Caffarelli menziona innanzitutto la trovata di Palazzeschi che nella novella Quelle… dà nomi umani a un gruppo di farfalle (Alba, Bianca, Celeste, Delfina, Dora, ecc.) e nella novella Cielo stellato alle pulci che arrivano da tutto il mondo per partecipare a un convegno a Roma (Argentina, Fiorenza, France, Ginevra e altri nomi femminili rari ma 32 attestati nella storia europea). Comunque sia, tende a dare un nome a tutti gli animali, anche se nella maggioranza dei casi gli zoonimi sembrano più «normali»: hanno un nome i cani (Ivette, Luly, Dick), il leone (Kan) e la leonessa (Iside), il coccodrillo (Dagobert) e addirittura i pesci. Il saggio di Massimo Fanfani (Fanfani 2002), ricco di esempi e di preziose osservazioni metodologiche, è dedicato a un momento di svolta nella biografia letteraria di Palazzeschi costituito dal passaggio dalla poesia alla prosa. L‘autore sottolinea che «mentre la strada del suo linguaggio poetico Palazzeschi l‘ha imboccata quasi d‘istinto e dai Cavalli bianchi all‘Incendiario l‘ha sempre percorsa in modo felice, il lavoro per ‗costruirsi‘, una prosa è durato, si può ben dire, lungo tutto l‘arco della sua attività di scrittore ed è stato tutt‘altro che facile e lineare, pieno di mutamenti, incertezze, riconversioni e anche quando gli approdi raggiunti avevano il carattere di traguardi significativi, egli ha sempre ripreso il largo e rimescolato le carte della sua grammatica. Ne sono una chiara testimonianza non solo i diversi registri linguistici e stilistici via via utilizzati, dal vario sperimentalismo dei primi romanzi, alla toscanità recuperata delle Stampe dell‟Ottocento e delle Sorelle Materassi, fino al ‗neo-avanguardismo‘ dell‘ultima fase, ma anche le tante stesure dei suoi manoscritti, le più o meno profonde revisioni, i ritocchi innumerevoli a cui ha sottoposto i suoi testi ogni volta che gli sono ripassati fra le mani...» (p. 225). Nel costatarlo l‘autore si appoggia al saggio di Gino Tellini L‟officina dello scrittore, pubblicato negli stessi Atti del Convegno Internazionale L‟opera di Aldo Palazzeschi (Tellini 2002): in base ai materiali d‘archivio Tellini dimostra che Palazzeschi, che ha «sempre lasciato di sé, con persuasa coerenza, l‘immagine dello scrittore illiterato» (p. 15), in realtà non era un uomo di incultura e uno scrittore tutto d‘istinto, i suoi manoscritti confermano un grosso lavoro correttorio, una grande e consapevole attenzione alla forma. Comunque, sottolinea Fanfani, lo scrittore si limita a raggiungere «una sorta di equilibrio instabile, perché le correzioni è raro che procedano per linee convergenti, esibiscano chiare predilezioni, rispondano a un programma ben preciso» (p. 226). L‘eterna riscrittura delle proprie opere riflette la natura stessa di Palazzeschi, «viva e aerea», è proprio per questo alimentata «da un uso linguistico un po‘ anarchico e impertinente, tendente più alla naturale irrequietezza del parlato che non alla regolarità della scrittura» (ibid.). Fanfani prende in esame i tre romanzi d‘esordio: :riflessi (1908), Il codice di Perelà (1911) e La piramide (pubblicato nel 1926, ma scritto nel 1912-1914). Sono testi di grande interesse perché in essi lo scrittore «sperimenta moduli che si staccano dalla tradizione anticipando diverse di quelle ―deflagrazioni‖ che si ritroveranno lungo il corso della prosa letteraria novecentesca: confluenza nella cifra prosastica di tratti desunti dal linguaggio poetico, accettazione sempre più convinta dei modi dell‘oralità, attenuazione dell‘elemento fiorentino senza rinunciare all‘espressività popolare, orientamento verso una propria più autentica vena 33 colloquiale» (p. 228). Si è scritto molto sulla novità della lingua poetica di Palazzeschi, però anche la sua prosa degli anni Dieci, indubbiamente legata alle esperienze poetiche, è innovativa: «anche nella prosa si avvertono le medesime sospese atmosfere che pervadono i versi, gli stessi toni ora fantastici e irreali ora pungenti e grotteschi. Lo stesso libero e divertito piacere di giocare con le parole» (ibid.). Cominciando l‘analisi del primo romanzo, :riflessi, Fanfani pone l‘attenzione a un tratto stilistico che non si trova nei versi, almeno così marcato: «la netta e dissonante cesura che sussiste fra la prima parte del romanzo e la seconda» (ibid., p. 229). Le due parti del romanzo sono nettamente contrapposte: l‘una è una specie di romanzo epistolare, l‘altra un nucleo del romanzo giallo; «l‘una un narcisistico monologo epistolare inzuppato di decadentismo fino al midollo, l‘altra una serie di anonimi flash redatti con la presunta obiettività dei referti di un‘indagine poliziesca» (p. 230). Questa contrapposizione si avverte anche sul piano linguistico: Palazzeschi usa due tipi diversi di prosa, anche se, avvisa Fanfani, in realtà le due parti del libro sono tenute insieme da numerosi fili. Un forte elemento retorico di questa coesione è la ripetizione, applicata in modo piuttosto massiccio. Per realizzare il gioco degli specchi, preannunciato già nel titolo del romanzo, Palazzeschi insiste su questo tratto stilistico: non si ripetono solo singole parole o sintagmi, ma addirittura «interi segmenti testuali, talvolta riecheggianti ripetutamente a distanza di pagine, con una serie di effetti che ora tendono a sottolineare le ossessioni del protagonista, ora enfatizzano l‘andamento surreale della narrazione, ora producono un senso di ipnotica monotonia» (p. 231). Invece nella seconda parte del romanzo la ripetizione svolge una funzione diversa: garantire la coesione tra i brevi paragrafi e «soprattutto dar l‘idea della meccanica riproduzione di una serie di notizie giornalistiche» (ibid.). Spesso in combinazione con la ripetizione Palazzeschi «usa il pedale del crescendo, non solo in climax e gradazione semantiche» (p. 232) (e.g. «mi sono destato tardi, assai tardi, non so ma certo doveva essere tardissimo»). Lo stesso meccanismo può essere individuato nell‘organizzazione testuale del romanzo, nella sua composizione: nel crescendo della prima parte e nella «progressione attenuativa» della seconda parte. Tutto ciò, conclude Fanfani, induce a leggere :riflessi «più come un romanzo stilisticamente mancato, come una ardita e sottile operazione di parodia» (p. 234). Passando ai tratti puramente linguistici, Fanfani menziona la forma del pronome plurale elleno, alternata con esse: è un arcaismo che forse può essere interpretato in chiave parodistica visto che all‘epoca non lo usava quasi nessuno tranne il poeta Vate. Si analizzano anche alcune altre forme che all‘epoca non erano più in uso: il dittongo uo nelle forme scuoprire e simili; varianti desueti (decembre, corridore, ideato per «progetto», ecc.); toscanismi (rintuzzarsi, pugnello, ecc.), termini aulici e letterari (contanto, aura, suggere, ecc.). Per attenuare il carattere 34 toscaneggiante delle espressioni fraseologiche e dei modi di dire Palazzeschi di solito ne propone una variante modificata: lucentezza di mente (invece di lucidità di mente), intenzione fissa (invece di idea fissa), ecc. Comunque numerosi e più rilevanti sono altri tratti legati alla sintassi simbolista: sinestesie, metafore insolite, apposizioni analogiche immediate, accumuli asindetici di aggettivi, partecipi e verbi, quasi sempre senza segni interpuntivi, distanziamento o comunque disposizione marcata di aggettivi, partecipi, avverbi, improvvisi squarci di sintassi nominale, ecc. Così, conlcude Fanfani, «mentre da una parte sembra adottare forme e termini fin troppo sostenuti e letterari, dall‘altra, nella ricerca di un colorito il meno regionale possibile, si ritrova a rielaborare la sua lingua e a raffinarla stilisticamente, talvolta ―modernizzandola‖ in modo forse un po‘ troppo meccanico» (p. 238). La modernizzazione non riguarda soltanto il lessico, ma anche la grammatica, per esempio, la diatesi verbale (arrossire usato come transitivo), la sostantivazione di verbi e aggettivi. In ogni caso la modernizzazione non significa normalizzazione, il testo conserva la naturale irregolarità del parlato che si manifesta nella sintassi (e.g. nella dislocazione marcata), nell‘uso dei tempi verbali, ma anche nelle oscillazioni morfologiche e fonetiche, nelle particolarità della grafia e della punteggiatura. Passando al Codice di Perelà Fanfani nota, innanzitutto, il carattere fiabesco e teatrale del romanzo. Il fatto che la storia viene raccontata prevalentemente come una sequenza di scene dialogate implica «strategie ritmiche più serrate, una sintassi semplificata, un lessico più usuale e vario, e in particolare una serie di espedienti, dai riempitivi alle frasi esclamative, che servono a riprodurre effetti di mobilità e immediatezza» (p. 243). La parola d‘ordine è oralità, ma la lingua del romanzo comunque non è uniforme: i personaggi non sono ben caratterizzati linguisticamente, piuttosto si ha l‘impressione di sentire un coro indistinto di voci. Tuttavia nel romanzo ci sono anche parti di altro genere, ad esempio, didascalie o brani modellati sulla lingua dei proclami o su quella delle favole e storie. La lingua dei monologhi e delle descrizioni è ben diversa da quella dei dialoghi in cui prevale la sintassi lineare e giustappositiva, ravvivata da messe in rilievo, anacoluti, impiego del «che» polivalente, accordi «a senso», frasi nominali, ellittiche, sovrabbondanza di esclamative e interrogative. Comunque, nota l‘autore, elementi tipici del parlato tracimano a ogni livello: fraseologismi, deittici, interiezioni, segnali discorsivi, verbi pronominali, costrutti ridondanti, pronomi dativi esprimenti un coinvolgimento affettivo («E se mi si ammazzano?»), cosa interrogativo al posto di che cosa, ecc. Va notato anche l‘uso del ci combinato con il verbo avere («C‘avete niente.»): a volta si usa la forma apostrofata, a volte no. Numerosi sono altri simili casi in cui si notano oscillazioni di grafia e di grammatica. Anche il lessico rispecchia fedelmente la natura del testo: «l‘atmosfera favolistica viene evocata da opportune inserzioni di termini arcaici o rari (ascendere, cennare, le gomita, guardo, ecc.)» (p. 246), ma specialmente i modi di dire, le espressioni fraseologiche, gli stereotipi del 35 parlato, i termini colloquiali hanno una grande importanza (amicone, cicalone, corbellare, stomacato, ecc.), invece nelle parole dei personaggi di basso livello ricorrono voci popolari e volgari (un corno, minchione, puttana, ecc.). Numerosi sono i tratti regionali del parlato nel lessico (ansito, pentolo, rifiatare, ecc.) e nella grammatica: l‘uso del pronome gli per l‘accusativo plurale e del pronome te in funzione di soggetto, delle forme come voi credevi, daste, sieno, della particella negativa punto. Comunque Palazzeschi evita «fiorentinismi smaccati» e punta sulla lingua di larga circolazione: evita l‘apocope (bene altrimenti), come nel romanzo precedente varia i modi di dire per velarne il connotato regionale (mandare a gambe levate – incrocio fra mandare a gambe all‟aria e correre a gambe levate; sulle bocche di tutti, rimetterci il piede). Numerosi sono i neologismi: i forestierismi, quasi tutti dal francese, in forma integrale o adattata o di calchi (can can, tolettina, terzo sesso); termini che si riferiscono a cose nuove (telefono); gergalismi e neoformazioni (ipersensibilità). Interessanti sono le soluzioni che riguardano il verbo (e.g., affacciare usato nel senso etimologico, forzatura della diatesi), ma colpiscono soprattutto le interiezioni e le onomatopee, tipiche della poesia palazzeschiana. In Perelà, conclude Fanfani, Palazzeschi ha scelto «un percorso linguistico singolare, che tende a sgusciare ogni possibile gabbia» (p. 248). Ben lontano dai principi dichiarati da Marinetti, è senza dubbio un romanzo profondamente sperimentale, con le innovazioni «tutte giocate su elementi minimi ma decisivi» (ibid.). Il terzo romanzo, Piramide, è molto diverso dai due romanzi precedenti: «dopo gli echi liberty e gli ―adattamenti‖ futuristici che sono rappresentate con efficacia nella lingua dei primi due romanzi, con il terzo Palazzeschi mette in opera forme più autentiche e dirette, riproducendo un estroso ed esuberante parlato che, alla fin dei conti, è quello che appare il più suo» (p. 248). Proprio questa caratteristica, osserva Fanfani, finalmente permette a Palazzeschi «di aprirsi con naturalezza alla spontaneità del fiorentino, quella vena popolare che fino a quel momento, come si è visto, era rimasta piuttosto compressa o era stata filtrata attraverso manipolazioni e artifici di vario tipo» (pp. 248-249). Nel lessico si nota, innanzitutto, «come il tessuto sostanzialmente toscaneggiante dell‘opera sia tutto costellato di regionalismi e gergalismi affiorati dall‘ibrido crogiuolo delle caserme e diffusosi nell‘uso soltanto dopo la Grande Guerra»: (boiata, casino, ciufeca, far buriana, minchia, ecc.) (p. 249). Quanto alla testualità, a differenza della teatralità di Perelà, qui l‘autore parla in prima persona, si esibisce recitando un monologo diviso in tre parti (A tre, A due, A uno); un unico attore interpreta anche le parti dei personaggi secondari, contraffanno le loro voci. Questa caratteristica del testo determina il suo impianto formale: «alla varietà di situazioni e di caratteri corrisponde una continua diversità di stili e registri tonali che posono impennarsi a livelli di pura 36 letterariarità […], o mantenersi sul piano dello scherzo e del comico, o farsi più realistici, sconfinando talvolta nella battuta volgare, nell‘espressione volutamente plebea» (p. 251). Per quanto riguarda la sintassi, anche in questo romanzo non mancano dialoghi e ripetizioni, ma il risultato complessivo è ben diverso da quello raggiunto nei due precedenti romanzi. La sintassi sembra molto più complicata: soprattutto nella prima parte si incontrano periodi piuttosto lunghi e articolati in strutture macrosintattiche, con numerose frasi parentetiche. Tuttavia, sottolinea Fanfani, «non siamo in presenza di una vera e propria ipotassi o paraipotassi» (p. 253): risulta essere difficile stabilire l‘ordine tra le varie parti, le giunture tra di loro sono deboli e poco chiare. In realtà si ha a che fare con la paratassi, mentre la coesione è assicurata prevalentemente da segnali discorsivi, riprese, riempitivi. Questa strutturazione del testo, tipica del parlato, spiega l‘abbondanza di anacoluti, di costrutti enfatici (frasi scisse, segmentate ed ellittiche). Secondo Fanfani, mentre la coesione assicurata con i mezzi elencati sopra risulta essere piuttosto convincente, «l‘assenza di una vera e propria ipotassi rende invece piuttosto faticoso scoprire i nessi profondi del discorso, mettere davvero a nudo il modo di ragionare dell‘autore che, per quanto sembri parlare a ruota libera e quasi senza alcun riserbo, in realtà è assai circoscritto nello svelare le sue mappe, i lati più riposti di sé, tenendosi, tutto sommato, sempre un po‘ sulla difensiva» (p. 254). Nel lessico e nella fraseologia Palazzeschi sfrutta il fiorentino parlato, la lingua d‘uso quotidiano. A questa base si aggiungono modi di dire gergali e termini tecnici, frasi fatte e, al contrario, parole rare e raffinate, voci disuete e popolari; è importante, però, che l‘uso di tutti questi elementi è sempre ben motivato. Ad esempio, i termini arcaici e rari, di tono aulico e letterario servono per caratterizzare la lingua di alcuni specifici personaggi, come «il pessimista». A differenza delle soluzioni lessicali trovate nei due romanzi precedenti (la presenza di esotismi, neologismi, voci onomatopeiche, ecc.) in questo caso lo scrittore usa più che altro «parole e locuzioni colloquiali ed espressivamente efficaci» (p. 256): dialettalismi e voci regionali, espressioni popolari e gergalismi. Comunque, i dialettalismi e i regionalismi più che servire a creare effetti di «color locale», vengono usati «normalmente» alla pari di altri elementi del testo. Lo stesso vale per i termini popolari, «spesso di origine dialettale o gergale, ma di larga diffusione nell‘italiano di tipo colloquiale» (pp. 256-257). Comunque l‘elemento linguistico di base resta sempre il fiorentino che Palazzeschi «riesce a mantenere distante sia dal provincialismo ribobolaio che dalle ingessature dei manzoniani» (p. 257). In questo il romanzo palazzeschiano è vicino a Pinocchio, e come nel libro di Collodi «il carattere più vero dell‘elemento toscano si coglie nei modi di dire, nelle frasi proverbiali, numerosissime nella Piramide‖ (ibid.) (arrotare le costole – darsi da fare; aspettare il Messia; ballar sopra un quattrino, ecc.). Non poche sono le voci d‘uso fiorentino e toscano 37

(fradiciume, piaccicone, zonzolare, ecc.). Anche nella morfologia si incontrano forme toscaneggianti (il congiuntivo sieno, l‘imperfetto aveo, la seconda persona plurale voi andavi, ecc.). Questo romanzo, conclude Fanfani, fa capire il percorso compiuto dallo scrittore e costituisce il punto di partenza per la prosa successiva, «più mirata e linguisticamente circoscritta» delle novelle, delle Stampe dell‟Ottocento, delle Sorelle Materassi. «Ma già qui, in questo personalissimo teatro in cui l‘autore mette in scena la macchietta di se stesso, i due pedali, quello sintattico e quello lessicale, sono usati in modo egregio per provare a costruire, fra uno scherzo e l‘altro, nella cascata di continue trovate, un più sincero discorso con sé e i suoi lettori» (p. 258). Di Sorelle Materassi parla Enrico Testa nel capitolo «La stilizzazione dell‘oralità» del suo volume dedicato alla lingua del romanzo italiano moderno (Testa 1997). L‘attenzione dello studioso è concentrata innanzitutto sul rapporto tra l‘italiano parlato e l‘italiano scritto, sullo stile semplice e medio, comunicativo e rivolto all‘imitazione del parlato. Testa comincia la sua analisi dall‘elemento piuttosto significativo ovvero dalla presenza dei toscanismi nel testo e dalla loro funzione. Anche se l‘analisi delle varianti dimostra una linea correttoria caratterizzata dalla tendenza verso la lingua media e dalla riduzione del colore locale (questa tendenza è tipica anche di altri autori toscani, per esempio, di Carlo Cassola e di ), a proposito di Sorelle Materassi Testa fa la seguente osservazione: «le forme vernacolari sono oggetto di una grande sapienza registica che evita sia il loro generico ed indiscriminato diffondersi sia una loro radicale soppressione; esse rientrano piuttosto in un progetto di distribuzione calibrata sui piani del romanzo, che fa sì che vengano collocate in situazioni particolarmente segnate sotto l‘aspetto espressivo e che, in generale, il loro sistema di occorrenze, grazie ad un raffinato gioco di variazioni, non assuma mai un andamento esorbitante ed inflattivo» (p. 208). Infatti, come dimostra l‘indagine condotta, con l‘esclusione di alcuni casi (il solito capo per «testa», l‘epiteto grulle, uscio, il tocco) «i toscanismi sono sì numerosi, ma estremamente variati e segnati da un basso indice di ricorsività» (ibid.). Termini come cavare, cenci, granata «punteggiano la pagina con parsimonia senza trasformarla in reperto da collezione vernacolare» (ibid.). Mentre le forme dal più spiccato rilievo idiomatico (gestrosa, spengere, fare il chiasso) «non superano mai la soglia di due occorrenze, l‘intervento di locuzioni di stampo municipale è spesso accompagnato da un‘espressione equivalente o da un‘esplicitazione metalinguistica, ritenute necessarie [...] per la comprensione della lingua del romanzo: ―quella si levava male, col buco arrovesciato, come dice la gente del popolo a Firenze‖» (ibid., pp. 208-209).

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Anche nei dialoghi il toscanismo, percentualmente più frequente, è utilizzato per stilizzare la parlata dei personaggi. Ma pure in questro caso «si piega ad un sistema di scelte ben precise che comporta un andamento variegato e complesso: ad esempio, vo e fo si presentano più di una volta; gli esiti, tipicamente toscani, di anderei e anderemo ricorrono soltanto nei concitati dialoghi delle sorelle che precedono la chiusura del racconto», «termini e locuzioni fortemente connotati» come lustre e calìa «hanno occorrenze tutto somato episodiche». Come era da aspettarselo, al personaggio di Niobe tocca il maggior numero di forme toscano-volgari come la vocale paragogica in ―il Davidde‖, di moduli idiomatici tipo ―noi si va a letto con la camicia‖, ―dimolto‖, ecc. (p. 209). «Il fatto è, - conclude Testa, - che Palazzeschi sposta, all‘interno del repertorio parlato- scritto, il proprio obiettivo verso il polo di un‘espressività in cui le ragioni della mimesi ambientale si coniugano, in un difficile equilibrio stilistico, con il fascino sonoro della parola regionalmente connotata, ad un tempo letteraria e popolare» (p. 210). Da ciò segue che i toscanismi adottati appartengono più che al settore morfo-sintattico o a quello del lessico ordinario, al campo delle formule epitetiche (strulle, cespugliola, ciuffèche, ecc.) e «si accompagnano ad una larga rappresentanza di ―sconvenienze‖ verbali anche di diffusione nazionale» (troia, bagascia, brutto muso, ecc.). «Inoltre, l‘enfasi delle coloriture emotive del dialogo del mileu geografico viene realizzata soprattutto, oltre che con in moduli, toscani, di te (per ―tu‖) e dell‘interrogativa introdotta da o, da una movimentazione della frase affidata quasi esclusivamente all‘inversione (―Non abbiamo di Remo un ritratto grande‖) e alla tematizzazione (sopratutto a sinistra ―la casa se la ripuliranno da sé‖)». Insomma, l‘autore «imposta una sorta di felice e pacata convivenza tra toscanismi, talvolta inevitabilmente circonfusi da un‘aura letteraria, e una assai parca adozione di strutture dell‘italiano parlato» (ibid.). Per spiegare le ragioni delle scelte operate in Sorelle Materassi l‘autore chiama in causa il carattere teatrale del testo: «Alla base di questa operazione [...] sta il ripristino del modello teatrale dell‘oralità scritta. Questo sistema secondario di riferimenti impronta, in realtà, l‘intera impaginazione della materia narrativa; metafore, similitudini e immagini di origine scenica solcano, dando logo ad una serie ininterrotta di ambigui rovesciamenti tra finzione e verità, tutto il romanzo: la stanza di lavoro delle sorelle Materassi viene definita ―un palcoscenico‖ [...]; ―commedia‖ è, ad un tempo, il loro svago domenicale e la veste assunta ai loro occhi dalla ―vita vera‖ [...]; ―comparse‖ sono le donne del circondario [...]; ―le ―vicende gravi della famiglia‖ si svolgono ―in musica come quelle dei melodrammi‖», ecc. (p. 211). La natura teatrale del testo si manifesta anche nella parola dei personaggi, nell‘«antico gioco comico delle lingue»: così accanto alla varietà toscana si sente il veneto di «un conte di Venezia», «il francese della contessa russa», «l‘inglese di Peggy e la sua singolare ―interlingua‖ 39 anglo-toscana» («Lavetivo, yes!», «Empossibile senza di Palle!»), «la pronuncia dei termini inglesi delle Materassi, i metaplasimi poplareschi di Niobe («Che impostura! – Impostura voleva dire imponenza»), i reperti di un italiano epistolare povero ma corretto, elementare ma non popolare» (ibid.). Ma anche il modello scenico, sottolinea Testa, ha in questo romanzo una sua particolarità: non comporta, come ci si aspetterebbe, una vasta diffusione del discorso diretto, ma «è strumentalmente assunto come mezzo dell‘assoluta superiorità conoscitiva e stilistica del narratore» (ibid.). Spesso la battuta del personaggio «è incastonata nel narratum come elemento di un quadro più ampio, occultando in esso una posizione subalterna» (p. 212). Mentre il narratore sottolinea con civetteria i propri limiti conoscitivi («ma del dialogo, brevissimo, corso fra i due, conosciamo soltanto le ultime battute che un colpo di vento volle portare fino a noi»), sul piano stilistico è evidente la sua intenzione di scegliere un registro diverso da quello della parola raffigurata. Palazzeschi «attinge a piene mani dai depositi della letterarietà»: e.g., i pronomi egli, essa, essi; termini come tema, ruina, albori, imbasciata; ora usa «fitte sequenze di stile verbale», ora «lunghi periodi dai plurimi nessi subordinativi», formule retoriche dell‘enumerazione asindetica, serie aggettivali, giochi etimologici («dolcezza e docilità evangeliche», «accorsi e accorrenti»), ecc. La parola del narratore «circonda inoltre la voce delle sue figure di didascalie descrittive» [...], «riduce l‘evento verbale o vocale del personaggio a pretesto o nucleo di divagazione», ecc. (p. 213) Anche il dialogo è teatrale, stilizzato e spesso si riduce a una breve serie di battute. Come caso limite, ma non di rado, le battute si riducono a una semplice esclamazione, «che succede al racconto degli eventi svolto al di fuori del discorso diretto» (p. 214):

Furono rievocate le figure: i genitori, i nonni, tutti i Materassi, tutti gli Squilloni: morti tutti. - Ah! - Oh! - Già!

In altri casi lo scambio dialogico «assume una struttura iterativa», vicina alle «litanie», in cui l‘aspetto musicale prevale su quello referenziale:

- Ma loro sono ricche. - Non quanto si crede – incalzò Teresa contrariata. - Insomma, stanno bene. - Non quanto si dice – ribatté sempre più contrariata.

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Infine, «le voci del paese, invece di assolvere ad una funzione di mimesi ambientale, rispondono ad una necessità di tipo corale (non da epos, ma da operetta) e compongono così una corta di corona vocale ai mutamenti intervenuti nel corso della narrazione»:

Tre giorni dopo [...] Remo riapparve a Santa Maria, mettendo sottosopra l‟intero paese. - E‟ solo. - Non la fa vedere. - Si vergogna.

Anche se, secondo Testa, è lecito in questo caso parlare di «un trattamento parodico della categoria stilistica del parlato-scritto, delle sue procedure mimetiche e dei suoi intendimenti realistici» (p. 216) la soluzione proposta da Palazzeschi ha una certa diffusione tra gli scrittori toscani: «caratterizzato da linearità espressiva, semplicità sintattica e, in generale, da una decisa rastremazione delle strutture della lingua [...], raramente ricorre a fenomeni di funzione del processo enunciativo per fondarsi piuttosto sul rapporto, suscettibile di gradazioni differenti nel corso del tempo, tra toscanismi e misurata adozione di strutture morfo-sintattiche di italiano parlato» (p. 217).

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Materiale e metodo di analisi

Per la nostra analisi abbiamo formato un corpus di cui fanno parte opere letterarie di Aldo Palazzeschi con la rispettiva traduzione russa: quindici poesie, due novelle, il manifesto futurista Controdolore e il romanzo Sorelle Materassi. I testi con la versione russa fatta da chi scrive sono stati classificati come supplementari per l‘ovvia ragione che la nostra analisi non sarebbe del tutto imparziale e oggettiva. Sempre come materiale supplementare, è stato usato il commento incluso nel volume di novelle di Palazzeschi pubblicate a Mosca e indirizzate a studenti russi di lingua italiana, e l‘analisi del concetto «GENTE» nelle poesie di Palazzeschi.

La scelta dei metodi di analisi per la nostra ricerca è stata condizionata dal suo obiettivo e dal carattere del materiale preso in esame. Abbiamo applicato prevalentemente l‘analisi stilistica nella versione elaborata dalla scuola linguistica russa insieme ad alcuni nuovi approcci proposti negli ultimi decenni dalle discipline linguistiche che confinano con la stilistica tradizionale e le aprono nuove prospettive di sviluppo, soprattutto l‘analisi del discorso nella prospettiva cognitiva. Inoltre, visto che il corpus preso in esame consiste di testi italiani con la rispettiva traduzione russa, ci siamo serviti della metodologia sviluppata nell‘ambito della traduttologia e dell‘analisi linguistica contrastiva. Di solito è la scienza della traduzione ad analizzare e a confrontare il testo tradotto con l‘originale per poi valutare e criticare la traduzione e formulare delle regole per i futuri traduttori, invece qui si propone di capovolgere quest‘approccio e di usare il confronto tra l‘originale e la traduzione come strumento di analisi linguistica del testo24. Le nostre scelte metodologiche e la decisione di agire nell‘ambito di approcci e strumenti linguistici proposti dalla scuola russa sono state condizionate non solo dal fatto che l‘autore di questa ricerca si è formato all‘interno di quella scuola, ma soprattutto dall‘aspirazione alla chiarezza e alla correttezza: l‘eventuale applicazione di teorie proposte da altre scuole nazionali ci metterebbe di fronte al problema di compatibilità di varie procedure di analisi e addirittura al problema terminologico. Naturalmente, ci siamo largamente serviti delle osservazioni sulla lingua di Aldo Palazzeschi fatte da studiosi italiani (per l‘esposizione dettagliata vedi il relativo paragrafo) e, in genere, delle pubblicazioni che rientrano nell‘ambito della storia della lingua italiana. Di grande aiuto metodologico ci è stato il manuale di Storia della lingua italiana di T. Alisova e I.

24 Simile approccio si è dimostrato utile nella ricerca incentrata sull‘analisi dei testi poetici italiani del Novecento con la rispettiva traduzione (vedi Jampol‘skaja 2003). In Russia il confronto dell‘originale con la traduzione viene spesso usato negli studi contrastivi anche per l‘analisi della sintassi e della semantica (vedi, in particolare, Говорухо 2009, Челышева 2009). 42

Celyševa nel quale si tenta, fra l‘altro, di applicare i metodi di analisi linguistica più moderni alla descrizione dei testi italiani antichi (Алисова, Челышева 2009). Abbiamo anche tenuto in considerazione gli studi degli storici della letteratura italiana in Italia e in Russia, nella misura in cui questi potevano essere utili per la nostra analisi, che ha comunque carattere prevalentemente linguistico e non letterario.

Secondo la scuola russa25, la stilistica rappresenta «un settore della linguistica che ha come oggetto di studio lo stile in tutti i significati linguistici del termine – sia la maniera individuale di realizzare gli atti linguistici (индивидуальная манера исполнения речевых актов) sia lo stile funzionale della parole (функциональный стиль речи), sia lo stile della langue (стиль языка)26. Gli obiettivi della stilistica non si limitano, tuttavia, allo studio esclusivo dello stile vero e proprio, ma comprendono anche lo studio dell‘evoluzione degli stili nella storia della lingua letteraria, lo studio della lingua delle opere letterarie (язык художественной литературы) nella sua evoluzione storica, i meccanismi universali della costruzione linguistica delle opere letterarie (confinando con la poetica) e i generi della comunicazione (confinando con la prammatica). Inoltre, oggetto della stilistica è anche lo studio dei mezzi espressivi della lingua, dei tropi e delle figure retoriche che non sono legati a un particolare stile» (Степанов 1990а: 492). Le teorie stilistiche elaborate in Russia risalgono al Circolo Linguistico di Praga il quale, a differenza della linguistica descrittiva americana degli anni 40‘ - 50‘ e della linguistica del testo di stampo anglosassone, ha sviluppato questa disciplina nell‘ambito dell‘approccio funzionale (qualsiasi testo, sia orale sia scritto, è considerato come risultato delle scelte operate da chi parla all‘interno del repertorio delle unità linguistiche disponibili – fonetiche, grammaticali, lessicali, sintattiche – la cui combinazione è determinata dalla funzione del testo). A sua volta, l‘approccio funzionale nella stilistica risale a Ch. Bally. Negli anni ‗50, con il crescere dell‘interesse per l‘uso della lingua, la stilistica è stata spesso concepita come disciplina che studia l‘uso in generale e non il sistema della lingua (e.g. nelle ricerche di G. O. Vinokur): si parla della «stilistica pragmatica». Negli stessi anni la

25 Per la storia della stilistica in Europa e, in particolare, in Italia vedi la relativa voce nel Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica (diretto da G. L. Beccaria). Einaudi, Torino, 1996 (la stilistica di Ch. Bally e di J. Marouzeau, di K. Vossler e L. Spitzer, i contributi di G. Devoto, B. Terracini, G. Contini, C. Segre, B. Mortara Garavelli; le proposte di M. Rifaterre, P. Guiraud) (pp. 697-699). 26 Per la definizione di stilistica e di stile vedi anche le relative voci in Стилистический энциклопедический словарь русского языка (под редакцией М. Н. Кожиной) (2003). Come esempio di studio incentrato sullo stile della lingua vedi il volume di I. B. Golub La stilistica della lingua russa che comprende i seguenti capitoli: «La stilistica lessicale» (la scelta della parola adeguata, l‘uso dei sinonimi e dei contrari, le sfumature stilistiche lessicali, ecc.), «La stilistica fraseologica» (l‘uso dei modi di dire, dei tropi, l‘organizzazione fonetica del testo, ecc.), «La stilistica della formazione delle parole», seguono i capitoli dedicati alla stilistica del nome, dell‘aggettivo, del pronome, del verbo, ecc. L‘ultima parte è dedicata alla «Stilistica sintattica» (Голуб 2003). 43 stilistica comincia a essere studiata in diacronia (G. O. Vinokur, V. V. Vinogradov), nasce la «stilistica storica». Tradizionalmente la stilistica viene divisa in «stilistica linguistica» e «stilistica letteraria», comunque, nonostante il costante interesse per il funzionamento della lingua comune, a partire dagli anni ‘20 i linguisti non hanno mai rinunciato allo studio della lingua della letteratura e di singoli autori (basti nominare le ricerche di V. V. Vinogradov, G. O. Vinokur e dei loro allievi sulla lingua dei poeti e narratori russi)27. Al centro della stilistica teorica sta il problema dell‘atto linguistico (речевой акт) e del suo risultato, cioè del testo. Visto che nell‘atto linguistico sono presenti tre componenti (l‘emittente del testo, il testo e il ricevente) anche la stilistica è divisa in «stilistica dell‘autore», che studia le scelte operate da chi parla o scrive e il passaggio dall‘idea alla sua realizzazione concreta nel testo, in «stilistica del testo», ovvero stilistica immanente, che studia l‘organizzazione del testo come tale e l‘attuazione delle leggi proprie di un determinato genere28, e in «stilistica del ricevente», che studia l‘interpretazione da parte del lettore o ascoltatore del testo ricevuto e anche la figura stessa del ricevente (Степанов 1990а). Relativamente ai testi letterari, questa triplice divisione si manifesta nell‘attenzione alla «figura dell‘autore» (in particolare, negli studi di V. V. Vinogradov), alla struttura del testo (e.g. la poetica strutturale di N. S. Trubeckoj, Ju. M. Lotman e R. O. Jakobson) e al ricevente del testo (e.g. le ricerche di D. S. Lichačëv dedicate alla figura del destinatario dei testi russi antichi)29. Un altro obiettivo della stilistica è lo studio dell‘interpretazione del testo letterario30 (e.g. il confronto tra l‘interpretazione di un testo ottocentesco da parte dei lettori che vissero in quel periodo e dai lettori contemporanei). Il confronto della stilistica di una lingua con la stilistica di un‘altra lingua è oggetto della stilistica comparata, importante, ovviamente, anche per la scienza della traduzione e, in genere, legata allo studio della lingua e del pensiero umano31.

Nella nostra ricerca che ha come oggetto testi letterari ci avvaliamo della seguente definizione di stile proposta da Stepanov nel Dizionario enciclopedico di linguistica: «la maniera individuale, il modo di realizzare l‘atto linguistico oppure l‘opera letteraria» (Степанов 1990

27 Basti citare le opere di maggiori studiosi russi di stilistica V. V. Vinogradov Stilistica. Problemi della lingua poetica, Sulla teoria della lingua delle opere letterarie, Sulla lingua della prosa d‟arte, Problemi di stilistica russa, La lingua di Puškin e altre (Виноградов 1963, 1971, 1980, 1981) e G. O. Vinokur Majakovskij, innovatore della lingua, Sulla lingua della letteratura (Винокур 1943, 1991). 28 Vedi, ad esempio, il volume di M. Brandes La stilistica del testo (Брандес 2004) e l‘omonimo manuale di G. Solganik La stilistica del testo (Солганик 2003). 29 Questa divisione ha particolare importanza per lo studio della traduzione e della ricezione del testo tradotto. 30 Vedi, in particolare, il volume di К. Dolinin L‟interpretazione del testo. Lingua francese (Долинин 2005) e di L. A. Novikov L‟interpretazione linguistica del testo letterario (Новиков 1979). 31 Vedi, per esempio, il volume di A. A: Fëdorov Saggi di stilistica generale e comparata (Федоров 1971). 44

б)32. Come è stato detto sopra, lo studio della lingua dello scrittore è incentrato sulla nomenclatura di varie unità linguistiche, invece lo studio dello stile è incentrato sulla scelta e la combinazione di queste unità. Visto che si parla di scelte, è molto importante la nozione della norma che funge da pietra di paragone, da punto di partenza nella valutazione delle scelte concrete che possono aderire alla norma stabilita nel dato contesto storico culturale oppure allontanarsi da essa: ovviamente in questo senso fondamentale importanza ha il criterio sociolinguistico. Quanto ai singoli autori, ci preme ricordare che il concetto di stile come maniera individuale si sviluppa nel Settecento e nell‘Ottocento con l‘avvento del romanticismo ed è legato alla figura del «genio», artista e creatore. Al 1753 risale la famosa definizione di G. L. L. Buffon: «Le style c'est l'homme même»; lo stile – continua Buffon – non può essere né alienato, né trasformato, né trasmesso33 (cit. da Степанов 1990 б).

Per quanto riguarda lo studio stilistico delle opere letterarie, oltre ai saggi citati sopra, in questa sede non possono essere trascurate le ricerche pionieristiche di A. A. Potebnja e A. N. Veselovskij sulla poetica storica e sull‘evoluzione dello stile letterario nella storia, nonché il contributo dato dai formalisti russi tra cui B. B. Šklovskij, Ju. N. Tynjanov, R. O. Jakobson. Quanto al periodo successivo, bisogna dire che in Russia l‘interesse per lo stile in senso lato trova ulteriore impulso negli anni tra il Cinquanta e il Settanta, con il crescere dell‘attenzione per lo studio del pensiero umano, per «lo stile del pensiero, della percezione del mondo» (questo indirizzo è legato in grande misura al progresso della psicologia, della filosofia, della cibernetica; inoltre, in quegli anni gli studiosi prestano grande interesse alle ricerche condotte nel campo della stilistica dai loro colleghi stranieri, per esempio, di M. Foucault e di R. Barthes34)35.

32 Cfr. con le definizioni date nel Dizionario della lingua italiana di De Mauro: stile: «particolare forma in cui si concretizza l‘espressione letteraria o artistica propria di un autore, di un‘epoca, di un genere»; stilistica 1. lett., «disciplina normativa che individua e codifica le forme più atte all‘espressione e all‘attività letteraria», 2. ling., «studio delle forme stilistiche proprie di uno scrittore o di una determinata epoca o scuola», 3. lett., «insieme degli stilemi caratteristici di un autore»; ling., «s. che adopera sistematicamente indicazioni tratte dalla linguistica descrittiva e teorica per determinare le caratteristiche stilistiche di un testo o di uno scrittore, con attenzione non solo per il lessico, ma anche per le peculiarità fonologiche e fonosimboliche» (De Mauro 2000). 33 Cfr. con la definizione di stile in Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, diretto da G. L. Beccaria (Beccaria 1996, pp. 694-695): «l‘assieme dei tratti formali che caratterizzano (in complesso o un in momento particolare) il modo di esprimersi di una persona o il modo di scrivere di un autore». Si sottolinea l‘importanza della «norma» e della «deviazione» o «scarto» dalla norma, e si dice che lo stile può essere definito «come il risultato di una selezione, di inclusioni (o esclusioni) compiute dal parlante o dallo scrivente all‘interno di una varietà linguistica che gli è propria e in base al registro adottato» (Beccaria 1996, p. 695). Quanto all‘opera letteraria, il suo stile «deve essere commisurato con la varietà letteraria e le sue codificazioni di generi e di forme, i paradigmi retorici e stilistici, le scuole, ecc.» (ibid.). 34 Proprio Barthes ha coniato un termine divenuto estremamente popolare, la «scrittura», che ha in parte sostituito la tradizionale nozione di stile. 35 Per capire quale posto occupano gli studi di stilistica all‘interno della linguistica italiana e, in genere, per il rapporto tra gli studi di linguistica e di letteratura, vedi, per esempio, l‘antologia I metodi attuali della critica in Italia a cura di M. Corti e C. Segre (1970), i relativi capitoli negli Atti del I Convegno ASLI Storia della lingua italiana e storia letteraria a cura di N. Maraschio e T. Poggi Salani (1998) e il saggio di E. Testa Linguistica e letteratura pubblicato nel volume La linguistica italiana alle soglie del 2000 (1987-1997 e oltre) (Testa 2002). 45

Dunque, in Russia la lingua della letteratura e degli scrittori è stata sempre oggetto di studio della stilistica, non solo della stilistica letteraria, ma anche della stilistica linguistica, anzi, per dirla con B. Tomaševskij, proprio la stilistica funge da ponte tra la letteratura e la linguistica. In ogni caso la specificità del testo letterario non è mai stata trascurata, la lingua della letteratura è sempre stata considerata come «un sistema di mezzi e regole linguistiche, che sono diverse in diverse epoche storiche, ma che permettono di creare un mondo immaginario» (Степанов 1990 в, c. 609)36.

Gli anni Ottanta - Novanta hanno segnato una svolta in linguistica, legata all‘affermazione dell‘approccio cognitivo alla lingua. Da questo momento al centro dell‘attenzione dei linguisti si trovano problemi relativi al legame tra la lingua e il pensiero, ai meccanismi della cognizione, al ruolo svolto dalla lingua nella percezione della realtà, nella sua concettualizzazione e categorizzazione, ecc. La linguistica cognitiva come teoria globale non si è ancora formata completamente, per il momento sarebbe più cauto parlare di un insieme di metodi e approcci che risalgono alle ricerche pionieristiche degli americani Ch. Fillmore, G. Lakoff, R. Langacker, L. Talmy, R. Jackendoff; tra i primi cognitivisti russi vanno nominati A. Kibrik, A. Baranov, Ju. Martem‘janov, I. Kobozeva, E. Kubrjakova, E. Rachilina. In questo ambito vengono elaborate la grammatica, la semantica e la fonologia cognitiva; tra i più noti esempi di studi cognitivi si possono citare quelli che riguardano la metafora e i concetti mentali (концепты) oppure la teoria dei frame e degli scenari37. Il termine-chiave della semantica cognitiva è il concetto (концепт): il concetto appartiene all‘ambito del pensiero e rappresenta un frammento dell‘attività intellettuale umana; l‘insieme ordinato di concetti forma la sfera concettuale dell‘uomo38. Come sottolinea Kibrik, la linguistica cognitiva rappresenta un filone dell‘indirizzo funzionale della linguistica, che si basa sul presupposto che la forma linguistica è determinata dalle funzioni della lingua. A differenza di altri filoni del funzionalismo, quello cognitivo ribadisce la primaria importanza delle funzioni cognitive le quali, a loro volta, determinano poi tutte le altre funzioni (Кибрик 2003, с. 24). Si può dire che negli ultimi anni l‘approccio cognitivo è diventato molto popolare tra i linguisti russi. Numerosi studi sono dedicati alla semantica, per esempio, ai concetti che riflettono la specificità della coscienza nazionale (e.g. i concetti «DESTINO» («СУДЬБА»),

36 Questo mondo segue le leggi generali della logica e delle lingue naturali, ma con alcune particolarità: per esempio, non si può applicare l‘analisi logica e tentare di provare la verità e la falsità degli enunciati (la frase «Il personaggio X è stato nella città di N.» non è né vera, né falsa), invece la combinazione semantica e lessicale di parole ed enunciati è più libera rispetto alla lingua comune. 37 Per un sintetico panorama di studi cognitivi vedi Arduini, Fabbri 2008; per la linguistica cognitiva in Russia vedi Кибрик 2003. 38 Vedi, la voce La linguistica cognitiva nell‘enciclopedia Krugosvet, a cura di P. Paršin, e il manuale di linguistica cognitiva di Sternin, Popova (Стернин, Попова 2007). 46

«CASA» («ДОМ»), «MORTE» («СМЕРТЬ»)) e, in genere, alla specificità nazionale della visione del mondo (картина мира): questi studi, che rientrano anche nell‘ambito della linguoculturologia ovviamente sono utilissimi per la teoria e la prassi della traduzione e vengono, a loro volta, da essa stimolati39. Per esempio, V. Krasnych nel suo manuale di linguoculturologia e di comunicazione interculturale, prende in esame concetti, stereotipi e fenomeni che rappresentano dei precedenti (прецедентные феномены), e le cosiddette «frame- strutture della coscienza» per arrivare a descrivere il discorso nazionale russo (русский национальный дискурс), in altre parole, si tenta di analizzare la specificità nazionale dell‘attività verbale dell‘uomo (Красных 2003)40. Di grande interesse sono anche gli studi di «analisi logica della lingua» realizzati all‘interno dell‘Accademia Russa delle Scienze da un gruppo di linguisti coordinati da N. Arutjunova41.

Abbiamo detto che negli ultimi anni tra i linguisti russi il termine «cognitivo» ha acquisito una grande popolarità, infatti, potrebbe competere solo con il termine «discorso» (coniato dal termine francese discourse)42 e con la teoria del discorso (теория дискурса) la quale attualmente in grande parte ha preso in Russia il posto occupato prima dalla stilistica tradizionale43. Come succede spesso nella scienza della lingua, il termine discorso (дискурс) può essere usato in più accezioni. La prima si riferisce al testo coerente (связный текст) considerato insieme con i suoi parametri extralinguistici: parametri pragmatici, socioculturali, psicologici, ecc.; in questa ottica si considera il testo come evento, come azione sociale, come una componente dell‘interazione tra gli uomini e dei meccanismi della coscienza umana. In parole povere, per discorso si intende la parole (речь), «immersa nella vita» (Арутюнова 1990, с. 136- 137). In opposizione al testo, che per la sua natura è statico, si sottolinea la natura dinamica del discorso; alcuni linguisti propongono addirittura di sostituire nella dicotomia saussuriana parole con discours. Il secondo significato risale agli strutturalisti e ai post-strutturalisti francesi (М. Michel Foucault, А. Greimas, J. Derrida, J. Kristeva, M. Pêcheux). All‘interno di questo filone il termine discorso è usato appunto per precisare la nozione tradizionale di stile, inteso nel suo senso più

39 Tra gli studi più seri va ricordata la monografia di O. Kornilov Il quadro linguistico del mondo come conseguenza delle mentalità nazionali (Корнилов 2003). 40 Del termine «discorso» («дискурс») e della relativa teoria si parlerà poco dopo. 41 Vedi, per esempio, La lingua e il mondo dell‟uomo di N. Arutjunova, La fraseologia nel contesto della cultura di V. Telija, Le costanti. Il vocabolario della cultura russa di Ju. Stepanov, miscellanei di studi prodotti dal gruppo «Analisi logica della lingua» a partire dal 1991 (Арутюнова 1998, Телия 1999, Степанов 2001, сборники Логический анализ языка 1991, 1994, 1999 и др.). 42 Il primo ad usare il termine discorso in questa accezione è stato Z. Harris nel 1952. Per la storia dell‘analisi del discorso vedi Кибрик, Паршин Дискурс e Кибрик 2003. 43 La nostra esposizione di basa su Арутюнова 1990, sulla voce enciclopedica Дискурс a cura di Кибрик, Паршин e su Кибрик 2003, vedi anche Макаров 2003, Седов 2004. 47 largo, e la nozione di lingua individuale (e.g. prima si studiava il «linguaggio della politica», adesso si studia il «discorso politico nella Russia contemporanea»). E‘ importante che il termine discorso si riferisca sia alla dinamica dell‘attività verbale umana nel suo contento sociale sia al suo risultato statico, cioè al testo. L‘obiettivo dell‘analisi del discorso è quello di descrivere i modi in cui si realizza l‘attività verbale dell‘uomo tenendo presente le caratteristiche di chi parla (scrive). I parametri per l‘analisi di un concreto tipo di discorso sono innanzitutto linguistici e stilistici (ci si basa sulle caratteristiche quantitative dell‘uso di determinati elementi), ma si analizza anche la specificità dei temi trattati, del sistema di argomentazione e del ragionamento. Insomma, in questo senso per il discorso si intende la specificità stilistica considerata insieme all‘ideologia in senso lato che le fa da sfondo. Va detto che tradizionalmente numerose ricerche nelle quali si applica la procedura dell‘analisi del discorso vengono dedicate allo studio del dialogo, però anche il testo monologico ha il suo destinatario e, per questo, può essere considerato come un tipo specifico di dialogo; infatti, negli studi del discorso la descrizione della percezione e della comprensione del testo da parte del ricevente è importante quanto lo studio dei processi legati all‘emittente del testo. Per esempio, si può studiare la scelta dei mezzi lessicali per nominare un oggetto effettuata da chi parla, ma si può anche studiare il meccanismo della deissi attivato dal ricevente. Dunque, il discorso in questa accezione rappresenta anche un‘unità linguistica e, come altre unità linguistiche (morfemi, parole, frasi), è costruito secondo determinate regole tipiche di una data lingua. Per confermare questa idea Kibrik e Paršin citano un breve racconto di D. Charms, noto esponente della letteratura dell‘assurdo, nel quale proprio la violazione delle regole della costruzione del discorso crea l‘effetto comico. Si distinguono tre tipi fondamentali di discorso: orale, scritto e mentale (l‘uomo può usare la lingua senza scrivere o aprire bocca, ma semplicemente pensando44). La classificazione più dettagliata dei tipi di discorso è basata sul concetto di genere (nell‘accezione bachtiniana di «genere del discorso» («речевой жанр»)45). Ogni genere possiede determinate caratteristiche, per esempio, nel racconto ci devono essere l‘inizio, la culminazione e la fine, i fatti esposti di solito seguono l‘ordine cronologico, esplicitato da alcuni elementi (prima, dopo, e poi, il giorno dopo, ecc.). Per il momento la descrizione dei generi del discorso è solo nella fase iniziale. Numerosi studi hanno per argomento la descrizione della macrostruttura e della microstruttura del discorso. La macrostruttura si manifesta, per esempio, nella divisione del racconto in singoli episodi, dell‘articolo giornalistico in paragrafi, ecc.; il confine tra le parti

44 Cfr. il concetto di «discorso interiore» («внутренняя речь») proposto da Vygotskij. 45 Il termine risale alla teoria di generi del discorso (речевые жанры) sviluppata da M. Bachtin negli anni ‗50. Vedi Бахтин 1997. 48 viene marcato da vari mezzi linguistici, inoltre, nel testo orale, dalla pausa, e, nel testo scritto, dai mezzi grafici. All‘interno dello stesso frammento del discorso esiste unità tematica, referenziale, temporale, spaziale, ecc. L‘analisi della macrostruttura nella versione della teoria del discorso proposta da T. Van Dijk è incentrata sul problema della trasmissione dell‘informazione, della sua conservazione, compressione e elaborazione nel processo della produzione del discorso. Invece F. Barlett ha studiato il meccanismo psicologico della percezione stereotipata della realtà utilizzato nel processo della produzione e della percezione del discorso. La microstruttura del discorso riguarda la sua divisione in unità minime denominate «predicazione» o «clause». La teoria del discorso è ancora in fase di sviluppo e, per il momento, non possiede meccanismi e metodi universali per l‘analisi dell‘attività verbale dell‘uomo in tutti i suoi aspetti. Tuttavia essa ha già importanti conseguenze per lo studio di alcuni fenomeni linguistici già noti ai quali offre una nuova spiegazione, per esempio, per l‘analisi dell‘ordine delle parole (in questo modo si sviluppa l‘approccio comunicativo che descrive la distribuzione dell‘informazione nella frase), dell‘organizzazione referenziale del testo, dell‘uso dei segnali discorsivi e anche per l‘analisi di alcuni fenomeni prosodici.

Abbiamo visto che sia il quadro delle ricerche cognitive, sia l‘analisi del discorso sono caratterizzati da una molteplicità di approcci e modelli teorici che spesso sono difficilmente compatibili tra di loro. Per superare questa difficoltà A. A. Kibrik (2003) ha proposto di considerare la teoria del discorso all‘interno dell‘approccio cognitivo allo studio della lingua: nel suo modello l‘analisi del discorso è una componente della teoria generale della lingua, insieme alla fonologia, alla morfologia e alla sintassi; invece l‘approccio cognitivo si manifesta nel fatto che «l'attività verbale dell‘uomo è vista come un genere dell‘attività cognitiva umana e i fenomeni linguistici possono essere spiegati solo nel contesto di altri processi cognitivi come la rappresentazione del sapere, la memoria, l‘attenzione, la coscienza» (Кибрик 2003, с. 5). L‘approccio cognitivo si presenta come alternativa all‘approccio puramente strutturalista, sociologico, filosofico, semiotico, ecc., e rientra nella categoria degli approcci funzionali, visto che il suo obiettivo non sta solo nel descrivere i fenomeni, ma anche nel fornirgli una spiegazione. Per rendere la sua idea più chiara Kibrik fa il paragone tra lo studio della lingua e del corpo umano (l‘anatomia descrive gli elementi del corpo umano, ma non spiega il loro funzionamento, è compito di fisiologia) e sottolinea, fra l‘altro, l‘importanza dell‘approccio

49 proposto per lo studio contrastivo delle lingue, visto che, a differenza della fonologia e della sintassi, gli studi tipologici delle unità linguistiche superiori sono quasi inesistenti46.

Per fornire qualche esempio concreto di applicazione del metodo cognitivo-discorsivo ai problemi stilistici si potrebbe citare il volume di M. P. Brandes La stilistica del testo che comprende una parte teorica e una parte pratica basata sul confronto tra il tedesco e il russo. Nella parte teorica l‘autore sottolinea innanzitutto la differenza tra i due tipi di esperienza: tra «quella che riflette gli oggetti che circondano l‘uomo e i legami tra di essi e quella che riflette l‘atteggiamento pratico dell‘uomo nei confronti degli oggetti» (Брандес 2004, с. 12). «La stilistica linguistica tradizionale si basa sull‘esperienza del primo tipo e rappresenta la conoscenza empirica dello stile di una lingua» (ibid.), però questa conoscenza, sottolinea Brandes, è piuttosto limitata e rappresenta solo il punto di partenza per una descrizione teorica; invece la stilistica cognitiva si basa sull‘esperienza del secondo tipo: essa generalizza e elabora il materiale raccolto dalla stilistica empirica in funzione dell‘uso pratico della lingua. In altre parole, nella stilistica cognitiva l‘attenzione è concentrata non sull‘oggetto, ma sul soggetto, cioè sulla soggettività umana legata al funzionamento della coscienza, alla comprensione dei sensi, al contenuto ideale della cultura. Si può dire che in questa ottica lo stile è percepito come tecnologia e tecnica dell‘uso del linguaggio in varie situazioni comunicative; la stilistica descrive le informazioni operative che possiede l‘uomo, è una forma del sapere – non del sapere «che cosa», ma di sapere «come» (ibid.). Vista in questa ottica, la stilistica cognitiva non cancella, ma incorpora la tradizionale stilistica funzionale offrendole un quadro teorico di livello più alto. Siccome la coscienza umana e l‘attività mentale sfuggono all‘osservazione immediata, Brandes propone di usare per l‘analisi stilistica in chiave contrastiva le nozioni di genere del discorso (речевой жанр), di stile del discorso (речевой стиль), tipico di un dato genere, e di forme compositive (композиционно-речевые формы): sono conoscenze che descrivono l‘organizzazione del contenuto del testo e della sua forma, conoscenze che possiede l‘utente di una data lingua. Secondo l‘autore, i generi primari del discorso sono brevi repliche del dialogo nella conversazione quotidiana, racconto orale, lettera, ecc.; quelli secondari sono romanzo, dramma, testo scientifico e saggistico, recensione, lettera formale, testo pubblicitario, ecc. A ogni genere corrisponde la sua tipica composizione legata alla maniera in cui viene esposto il

46 Per esempio, si può studiare l‘organizzazione testuale in diverse lingue: la referenza, la distribuzione dell‘informazione all‘interno del testo, ecc. Vedi, a titolo di esempio, gli studi raccolti nel volume Discourse Studies in Cogn itive Linguistics a cura di Van Hoek, Kibrik e Noordman (1999). Abbiamo tentato di applicare il metodo contrastivo all‘analisi del discorso critico in Italia e in Russia, basandoci sulla nostra esperienza di traduzione della critica letteraria e artistica; sembra che proprio l‘approccio cognitivo-discorsivo possa spiegare, per esempio, il cambiamento del modus del testo nel processo della traduzione che non trova spiegazione al livello puramente grammaticale (Jampol‘skaja 2006b). 50 contenuto del testo: per esempio, l‘esposizione dei fatti può seguire o meno l‘ordine cronologico, può essere circolare, può essere inclusa in una «cornice», può includere la descrizione degli eventi dal punto di vista di diversi personaggi, ecc. Lo stile del discorso rappresenta il modo della realizzazione verbale del testo ed è determinato dalla figura del destinatario e dalla forma della comunicazione. Tra le forme compositive fondamentali Brandes nomina la descrizione, la comunicazione e il ragionamento. Senza entrare nei dettagli, si può dire che questo approccio tenta di proporre una descrizione formale non tanto per lo stile del «prodotto finale», cioè del testo, ma piuttosto per lo stile, per l‘articolazione del pensiero che possiede l‘individuo formatosi in un determinato contesto linguistico e sociale. E‘ evidente, inoltre, il tentativo di unire il tradizionale approccio letterario e linguistico all‘analisi del testo, elaborando una procedura di analisi globale e formalizzata. Quanto alle opere letterarie, Brandes non rinuncia al tradizionale termine della stilistica russa «la figura dell‘autore»: proprio la «figura dell‘autore» funge da garanzia dell‘unità stilistica del testo47. Come scrive V. V. Vinogradov, che coniò questo termine, la figura dell‘autore rappresenta la struttura verbale la cui presenza si avverte nell‘intera opera d‘arte e che definisce il mutuo legame tra i suoi elementi e la loro interazione48. Brandes concentra la sua attenzione sulle manifestazioni concrete della «figura dell‘autore» nel testo, cioè sulla tipologia di narratori e di narrazioni: la narrazione in terza persona singolare (lui), in prima persona singolare (io) oppure la narrazione a nome di un personaggio49; la narrazione epica, drammatica, lirica50. Tuttavia la figura dell‘autore non equivale alla figura del narratore, non bisogna confondere tre elementi: l‘autore reale dell‘opera letteraria, la figura dell‘autore in un dato testo e il narratore, l‘io narrante51. Proseguendo la sua analisi della figura dell‘autore Brandes distingue tre livelli ai quali si manifesta lo stile. Il primo livello, quello oggettivo - psicologico, comprende l‘analisi dei tratti psicologici individuali e dei tratti condizionati dal contesto storico. Si sottolinea che è importante tenere conto del particolare tipo di pensiero e tipo di immaginazione caratteristici del dato autore

47 Come esempio di analisi linguistica della figura dell‘autore nel testo originale e nella traduzione vedi la monografia di Urţa (Уржа 2009), vedi anche il saggio di A. Lobodanov sulla figura dell‘autore nei testi di Puškin e nelle loro prime traduzioni italiane (Lobodanov 2001). 48 Cit. da Уржа 2009, с. 12. 49 Referendosi allo stesso Bachtin e alla sua teoria del dialogo e polifonia del romanzo, Brandes sottolinea che la figura dell‘autore può manifestarsi non attraverso l‘unico personaggio, ma attraverso un gruppo di personaggi, ognuno dei quali «rappresenta» l‘autore, esprime le sue posizioni. 50 In realtà la classificazione proposta è molto più dettagliata. 51 Vedi, in particolare, i saggi di Vinogradov dedicati alle opere di Puškin e Leskov (Виноградов 1963, 1971, 1980, 1981). Secondo Urţa, l‘organizzazione del testo tradotto è più complicata rispetto all‘originale visto che nella traduzione è presente sia la figura dell‘autore sia la figura del traduttore che interagiscono tra di loro; questo è particolarmente evidente quando si confrontano diverse traduzioni dello stesso testo. 51

(nell‘autore può prevalere l‘approccio razionale o l‘immaginazione, la percezione visuale o la percezione acustica, la tendenza alla semplicità o allo stile del pensiero «ornamentale», alla vaghezza o alla chiarezza, ecc.). Il secondo livello, quello soggettivo – psicologico, riguarda l‘espressività e la forza emotiva determinati dal temperamento individuale dello scrittore, dalla sua natura pessimista o ottimista, ecc. Soltanto il terzo livello riguarda la scelta del materiale linguistico concreto e le conoscenze «tecniche» di chi scrive: proprio questo livello è stato oggetto della stilistica linguistica tradizionale, mentre la stilistica cognitiva deve condurre la sua analisi a tutti e tre i livelli.

Un altro esempio di applicazione dell‘approccio cognitivo-discorsivo alla stilistica è rappresentato dal corso teorico e dal manuale pratico di Babenko e Kazarin (Бабенко, Казарин 2004; Бабенко, Казарин 2009) che propongono la seguente procedura per l‘analisi del testo52: prima si descrivono i parametri extralinguistici e l‘appartenenza a un determinato genere e stile, dopo si ricostruisce lo spazio semantico del testo (spazio concettuale, denotativo ed emotivo), poi si analizza la struttura del testo (la sua divisione in unità inferiori e i meccanismi che garantiscono la sua coesione, ), la sua organizzazione comunicativa (il registro comunicativo del testo, le strutture temarematiche, ecc.) e solo dopo l‘organizzazione linguistica tout court (lessico, sintassi, tropi e figure retoriche) e i mezzi paralinguistici (l‘aspetto fonetico e grafico).

Si può concludere che nella fase attuale dello sviluppo della linguistica russa la lingua e lo stile delle opere letterarie e dei singoli autori rientrano nell‘ambito della teoria cognitiva del discorso. Per questo specifico tipo di testi viene usato il termine «discorso letterario» («художественный дискурс») diviso, a sua volta, nel discorso poetico e in quello narrativo. Abbiamo già fatto qualche accenno alle possibili procedure di analisi e alle ricerche esistenti, anche se, in realtà, visto che sia la teoria del discorso sia l‘approccio cognitivo in genere sono ancora in fase di sviluppo, sarebbe più prudente parlare non di una procedura standardizzata di analisi, ma di singoli metodi che hanno dimostrato la loro efficacia. Per fare ancora un esempio, si possono citare gli studi di O. Revzina che ha applicato l‘approccio cognitivo - discorsivo ai testi letterari russi, in particolare, all‘analisi della lingua e dello stile della poesia di Marina Cvetaeva (Ревзина 1988), vedi anche una raccolta di saggi sulla lingua della poesia russa del Novecento in cui si segue in grandi linee lo stesso metodo di analisi (Очерки истории языка русской поэзии ХХ века. Поэтический язык и идиостиль. Общие вопросы. Звуковая организация текста (отв. ред. В. П. Григорьев). Наука, Москва, 1990).

52 Vedi, ad esempio, l‘algoritmo per l‘analisi linguistica complessiva del testo letterario (Бабенко, Казарин 2009, с. 220-221). 52

Quanto al materiale italiano, lo stesso approccio è stato usato da T. Alisova per l‘analisi della prosa di Boccaccio (Алисова 2009, с. 288): descrivendo la struttura semantico-sintattica del Decamerone Alisova concentra la sua attenzione sulle connotazioni «supplementari» del senso, in altre parole, sui componenti stilistici dell‘enunciato, e sottolinea che per la loro analisi bisogna tener conto «delle scelte operate dall‘autore dell‘enunciato (высказывание) che sono scelte dei componenti oggettivo - tematici e predicativo- referenziali («chi dice, che cosa dice e a chi lo dice nel determinato momento di tempo»), delle valutazioni modali e etiche («so / credo che ciò è bene o male»), dell‘orientamento prammatico (l‘idea e l‘obiettivo dell‘enunciato), della forma sintattica usata per l‘organizzazione del testo (ordine delle parole, ipotassi / paratassi, figure retoriche, organizzazione ritmica) e, infine, della consapevole creazione (da parte dell‘autore del testo) dei legami tra il dato enunciato e altri enunciati (la citazione)» (ibid.).

Va detto che anche i linguisti italiani nelle loro ricerche usano alcuni metodi proposti dall‘analisi del discorso, per esempio, nella Grande grammatica italiana di consultazione di L. Renzi, G. Salvi e A. Cardinaletti (1995) ci sono capitoli dedicati all‘analisi dei segnali discorsivi e della deissi, però in Italia di solito questi studi vengono collocati all‘interno della linguistica del testo (vedi Ferrari, Manzotti 2002). Anche se si mostra una certa prudenza, tra l‘altro più che giustificata, nell‘applicazione dei nuovi metodi di analisi ai testi letterari, si può dire che l‘approccio discorsivo viene applicato negli ultimi anche allo studio della lingua degli scrittori italiani. E. Testa in Linguistica e letteratura tracciando il panorama di studi apparsi negli anni ‘90 nota, appunto, che «a descrizioni e interpretazioni della lingua dei testi letterari condotte secondo i parametri di una grammatica che ha prudentemente aggiornato i suoi strumenti tradizionali, si sono affiancate [...] indagini e letture che hanno via via ampliato il repertorio dei metodi e il catalogo dei fenomeni oggetto di studio» (Testa 2002, p. 614). Per esempio questo si manifesta nell‘attenzione verso la deissi e ai segnali discorsivi «il cui ruolo di strutturazione testuale e di gestione dell‘interazione comunicativa si estende, per esempio, dal parlato-scritto ai generi narrativi, allorché questi assumono per intero la forma del ―recitativo‖, del monologo interiore, dell‘allocuzione ad una figura assente o al lettore» (ibid., pp. 614-615).

Invece ai problemi di linguistica cognitiva è stato dedicato il XXVIII Congresso della Società di Linguistica Italiana svoltosi nel 1994. Come dicono nella premessa i curatori del volume che raccoglie i contributi dei suoi partecipanti, «sempre più, negli ultimi vent‘anni, si è ripreso a considerare il linguaggio non come una semplice messa in atto dei sistemi linguistici, ma innanzitutto come una facoltà, che trova il suo posto accanto alle altre facoltà cognitive dell‘uomo» (vedi Linguaggio e cognizione. Atti del XXVIII Congresso della società di linguistica 53 italiana, a cura di Carapezza, Gambarara, Lo Piparo, 1997, p. 7). Insieme ai saggi di carattere teorico e generale, dedicati al rapporto tra la linguistica e la scienza cognitiva, il volume ospita interventi che illustrano l‘applicazione della teoria dei prototipi e dei frames, così come gli studi dedicati alle metafore ed espressioni idiomatiche. Si potrebbe, infine, menzionare il volume di Arduini e Fabbri Che cos‟è la linguistica cognitiva (Arduini, Fabbri 2008) in cui si offre una breve sintesi degli studi esistenti che appartengono a questo filone di ricerca, sia italiani sia stranieri (ma non quelli russi), si spiega in cosa consiste la novità del nuovo paradigma e si focalizza l‘attenzione sugli elementi di maggiore interesse quali la categorizzazione e la concettualizzazione, la merafora, il concetto di frame, ecc.

L‘ultima fonte bibliografia che occorre citare in questa sede, visto che la nostra analisi è legata ai problemi della traduzione, è il volume di E. Tabakowska Cognitive Linguistics and Poetics of Translation (Tabakowska 1993) in cui si propone di applicare l‘approccio cognitivo alla traduzione, in particolare, alla traduzione letteraria. Nella prefazione al volume l‘autore ripercorre la storia della traduzione e ricorda del carattere puramente convenzionale della divisione degli studi traduttologici in filone linguistico e in quello letterario, una divisione che proprio l‘approccio cognitivo può finalmente aiutare a superare. Per arrivare a formulare il concetto di equivalenza, fondamentale per la valutazione di qualsiasi traduzione, Tabakowska si rivolge alla grammatica cognitiva di Langacker, in particolare, al suo concetto di «imagery»53. Riflettendo sulle scelte operate dall‘utente della lingua, per esempio, da uno scrittore, Langacker arriva alla conclusione che le scelte puramente stilistiche non possono essere spiegate senza una motivazione cognitiva: «The interplay of linguistic conventions in the structuring and symbolization of semantic content by definition constitues the subset mater of cognitive grammar. But the ―structuring and symbolization of content‖ is at the same time the subject matter of stylistics, as well as one of the main concerns of poetics: all consider various aspects of the language user‘s choice of verbal expressions ad a reflection of this ability to ―construe a conceived situation in alternative ways‖. In reference to this ability Langacker uses the term ―imagery‖» (Tabakowska 1993, p. 25). Secondo l‘autore, l‘applicazione del suddetto approccio alla traduzione permette di non trascurare il cosiddetto «fattore umano» superando le difficoltà condizionate, da una parte, dall‘approccio «disumanizzato», tipico di alcuni filoni di studi linguistici formali, e, dall‘altra parte, dagli eccessi della critica impressionistica di stampo letterario. Nei capitoli dedicati all‘analisi degli esempi, Tabakowska illustra come possono essere usati per il confronto tra il testo originale e la traduzione i concetti di «point of view», «scale», «salience and figure ground

53 In particolare, Tbakowska cita Langacker R.W. Foundations of Cognitive Grammar (vol. 1, 1987; vol. 2, 1991). 54 alignment» e «metaphor». Per esempio, il «point of view» può spiegare alcune differenze condizionate dalla presenza dell‘articolo e dalla sua assenza oppure quelle legate ai sistemi di tempi verbali; lo «scale» può aiutare a spiegare il funzionamento della categoria di diminutivo, soprattutto i casi in cui non valgono solo ragioni di dimensioni fisiche, ma entrano in gioco anche stereotipi nazionali e considerazioni emotive; il «salience and figure / ground alignment» servono a spiegare il funzionamento di alcuni segnali discorsivi; lo studio delle metafore può aiutare a cogliere la specificità della visione del mondo di un dato autore (Tabakowska porta come esempio CONTAINER-metaphors nella poesia di Emily Dickinson). In sostanza, l‘approccio proposto permette di vedere come si può risolvere il compito di rendere nella traduzione la stessa immagine dell‘originale, anche se nella lingua di arrivo questo possa implicare l‘uso di mezzi linguistici completamente diversi da quelli adoperati nel testo di partenza.

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Le poesie di Aldo Palazzeschi e le loro traduzioni russe

Del nostro corpus fanno parte quindici componimenti poetici di Aldo Palazzeschi con la traduzione russa. La maggioranza delle versioni russe appartiene ai famosi traduttori della poesia italiana S. Šervinskij, S. Ošerov e E. Solonovič, Chi sono? vanta due traduzioni firmate da G. Kiselëv e da M. Vizel‘, una poesia è stata tradotta da E. Mirskaja e tre da chi scrive. Le poesie sono disposte in ordine cronologico, secondo la data della prima pubblicazione, anche se in qualche caso la traduzione russa è stata eseguita da una variante successiva: probabilmente i traduttori russi di solito si servivano non di volumi di Palazzeschi, ma di antologie della poesia italiana come, ad esempio, dell‘Antologia della poesia italiana 1909-1949, a cura di Giacinto Spagnoletti, pubblicata nel 1950. Visto che non ci poniamo l‘obiettivo di analizzare la variantistica palazzechiana, irrilevante per il confronto con la traduzione russa; le informazioni sulle varianti eventualmente verranno fornite nelle note. Ci permetteremo, inoltre, di non concentrare l‘attenzione sull‘analisi metrica: per i versi palazzeschiani questo lavoro in larga misura è già stato fatto (vedi, per esempio, il saggio di Mengaldo Su una costante ritmica della poesia di Palazzeschi (Mengaldo 1996) e di Menichetti La metrica di Palazzeschi (Menichetti 2002)), quanto alla traduzione in russo, le soluzioni metriche proposte da Palazzeschi non presentano particolari difficoltà, anzi la tendenza a usare l‘unità trisillabica e i suoi multipli, rilevata da Mengaldo54, crea probabilmente meno difficoltà nel passaggio al verso russo, ancora prevalentemente sillabatonico, rispetto al verso italiano più tradizionale, ad esempio, l‘endecasillabo55. Anche la rima della quale Palazzeschi, almeno nelle poesie della gioventù, fa largo uso, nella poesia russa, a differenza di quella italiana, è tuttora benvenuta, piuttosto si può dire che grazie a questo sfasamento nello sviluppo delle nostre poesie in russo forse si perde un po‘ l‘effetto di filastrocca creato nelle poesie di Palazzeschi anche dalla rima. Comunque sia, nei limiti del possibile la versione russa si conserva lo stesso numero degli accenti e le rime dell‘originale56.

54 «…Palazzeschi sembra ostentare una diffusa polimetria, una macedonia di versi tradizionali (endecasillabo, settenario, ottonario, ecc.) e di misure più abnormi, fino al monosillabo da una parte, al verso di diciotto sillabe dall‘altra, senza che da questa libera mescolanza paiano evincersi schemi precisi: l‘effetto di organismo invertebrato, se non proprio prosastico, che ne risulta è corretto – o forse invece evidenziato – da un uso piuttosto fitto della rima e di altri procedimenti affini che in lui prendono un carattere parimenti ecolalico. Ora però una serie abbastanza cospicua, diciamo un terzo, un quarto, di componimenti dell‘edizione definitiva delle poesie rivela un preciso metodo in questa follia. In tale serie infatti ci trociamo di fronte a una mensurazione che gioca, insistentemente e regolarmente, con l‘unità trisillabica e suoi multipli» (Mengaldo 1996, p. 233). 55 Vedi a proposito dei principi generali per la traduzione dei versi italiani in russo Colucci 1993, Модестов 2006, Топер 2000. 56 Per la storia della metrica italiana e russa vedi Гаспаров 1984, 1989; sulla traduzione del verso libero italiano in russo vedi Jampol‘skaja 2002, Ямпольская 2002. 56

Nella nostra analisi della traduzione ci siamo basati sull‘approccio sviluppato nell‘ambito della scuola russa (sovietica) della traduzione, soprattutto nelle opere di Fedorov (Федоров 2002), Gal‘ (Галь 2007), Modestov (Модестов 2006), Baranov (Баранов 2001), Alekseeva (Алексеева 2004), Vinogradov (Виноградов 2004)57. Per l‘analisi contrastiva ci siamo ispirati, in primo luogo, agli studi di Gak sulle differenze tra il russo e il francese: molte delle sue osservazioni sono valide anche per il confronto tra il russo e l‘italiano, anche perché determinate dalla fondamentale differenza tra una lingua sintetica e una lingua analitica (Гак 1975, 1989, 2004). Infine, nell‘area degli studi contrastivi italo-russi ci sono stati particolarmente utili i contributi di Solonovich 1997, 2008, Colucci 1993, Straniero Sergio 1997, Lasorsa, Jampol‘skaja 2001 e Fici, Jampol‘skaja 200958.

57 Tra le pubblicazioni più recenti va segnalato il numero monografico della rivista «Inostrannja Literatura» dedicato alla traduzione letteraria (N 12, 2010), in particolare, il saggio di Jasnov sulla cosiddetta scuola pietroburghese della traduzione (Яснов 2010). 58 Per il panorama degli studi contrastive italo-russi che riguardano fenomeni grammaticali vedi Тетерукова 2009. 57

Il pappagallo

Il pappagallo Попугай

1 La bestia ha le piume di tanti colori На солнце его разноцветные перья, 2 che al sole rilucon cangiando. сверкая, меняют оттенки. 3 Su quella finestra egli sta da cent‘anni Сто лет, как, на этом окне восседая, 4 guardando passare la gente. он словно считает прохожих. 5 Non parla e non canta. Не слышно, чтобы говорил или пел он. 6 La gente passando si ferma a guardarlo, Прохожие, шаг замедляя, дивятся 7 si ferma parlando fischiando e cantando, потехе, поэт и зовут попугая, 8 ei guarda tacendo. он смотрит в молчанье. 9 Lo chiama la gente, Ему докучают, 10 ei guarda tacendo. он смотрит в молчанье.

(trad. E. Solonovič)59

Questa poesia fa parte della prima raccolta poetica di Palazzeschi I cavalli bianchi pubblicata nel 190560, ma la traduzione russa è stata eseguita da una variante più recente61. Come molte poesie del primo Palazzeschi, rappresenta un «quadro» piuttosto statico: il suo personaggio, un pappagallo, è raffigurato su una finestra dove «egli sta da cent‘anni», immobile, senza compiere alcuna azione, senza parlare e cantare e solo «guardando passare la gente». Infatti, il movimento del secondo personaggio, dell‘anonimo e collettivo «la gente»62, che passa davanti alla finestra, «si ferma fischiano e cantando» e chiama il pappagallo, è regolare e ripetitivo e, per questo, non contraddice la staticità del quadro descritto, ma la rafforza. La stessa compresenza di dimensione statica e di quella dinamica è evidente nella descrizione del pappagallo le cui piume rilucono cangiando al sole, cioè cambiano continuamente colore. Piuttosto tipica del Palazzeschi è l‘opposizione tra la «gente» e il protagonista, che in altri testi poetici può essere un principe, una vecchia, un musico, un poeta, ecc.63 Infatti, si può capire meglio il messaggio di questo componimento se si tengono presente altre poesie palazzeschiane che raccontano la solitudine del protagonista splendente ed «eccezionale» circondato da un ambiente privo di colore. Il secondo personaggio della poesia, la gente, si agita e si comporta

59 La traduzione russa è citata dall‘edizione Итальянская поэзия в переводах Евгения Солоновича. Радуга, Москва, 2000. 60 Per la storia delle raccolte poetiche di Palazzeschi vedi l‘introduzione di A. Dei al volume Aldo Palazzeschi Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 2002 (Dei 2002). Per la vicenda editoriale della prima raccolta poetica vedi il commento di A. Dei nello stesso volume, pp. 951-958. 61 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 408; per le varianti del testo e sulla presenza della figura di pappagallo nella poesia si Palazzeschi vedi il commento a p. 1044. 62 Vedi Dei 2002, p. XV. 63 Vedi Serra 2005. 58 come si dovrebbe comportare una bestia, al che la vera bestia risponde con agghiacciante, statuaria indifferenza. Le coordinate temporali e spaziali dell‘azione descritta sono piuttosto astratte: dalla descrizione del pappagallo si può dedurre che l‘azione si svolge alla luce del sole, cioè di giorno, il pappagallo sta su una finestra che dà sulla via per la quale passa la gente, è così da cent‘anni, cioè da sempre, visto che si tratta di una delle cifre che si incontrano spesso nelle fiabe per indicare l‘eternità. L‘autore della poesia non è presente esplicitamente, né esprime in maniera esplicita il suo atteggiamento ai fatti descritti, anche il ricevente della poesia non è nominato64. Si schernisce e lascia al suo lettore una grande libertà interpretativa (vedremo più tardi come questa libertà interpretativa si realizza nella traduzione). La valutazione modale ed etica può essere dedotta dal testo: l‘incredibile bellezza del pappagallo, dotato di colore e legato al sole, è contrapposta di nuovo alla gente che il poeta non descrive proprio; quest‘opposizione si rafforza grazie all‘uso della parola «la bestia» e, per esempio, non «l‘uccello», soprattutto nella posizione forte dell‘inizio del verso e di tutta la poesia. La solitudine del protagonista e la perenne mancanza di comunicazione è sottolineata dal predicato gerundiale «guarda tacendo», ripetuto ben due volte alla fine del componimento. Infatti, «guardare» è l‘attività principale dei personaggi, tra la bestia e la gente c‘è solo il contatto visuale, mentre il contatto verbale è destinato a fallire. Per la comprensione di questa poesia, un esempio di minimalismo poetico65, visto che anche i mezzi linguistici usati dall‘autore, dei quali parleremo in seguito, sono minimi, è estremamente importante il contesto culturale e i legami associativi. La figura del pappagallo è ben presente nell‘immaginario collettivo del lettore italiano ed europeo, anche di quello russo66: a parte l‘aspetto esotico dell‘uccello che in Europa vive sono in casa, come animale domestico, recluso in gabbia67, oppure al giardino zoologico, il pappagallo si distingue da tutti gli altri

64 Anche Dei sottolinea l‘impersonalità grammaticale della prima raccolta di Palazzeschi (Dei 2002). 65 Lo stesso Palazzeschi confessava in tarde interviste che «la sua scelta iniziale era stata consapevolmente quella di ―una poesia ultra-semplice‖: ―pensavo a Jacopone da Todi, a San Francesco, pensavo a quelli, a quelli che avevano espresso i primi vagiti della poesia‖. Si tratterebbe quindi di una sorta di infantilità culturale e storica prescelta deliberatamente come modello» (cit. da Dei 2002a, p. 46). Però, sottolinea il curatore nella prefazione al volume palazzeschiano, il primo libro del poeta «rispecchia, se mai, un‘anomala solitudine, letteraria e forse personale; è un complesso, consapevole gesto rituale che porta alla luce gli interni grovigli di una ―giovinezza turbata e quasi disperata‖ e insieme disarma e devitalizza le possibili suggestioni letterarie, le appiattisce e le depura. La ―sconcertante verginità delle poesie‖, di cui parlava , parrebbe accreditare una assoluta naïveté, che viene però in parte contraddetta dalla studiatissima partitura fonica e musicale, dall‘astuzia compositiva e ripetitoria: la prima raccolta è anzi forse quella più formalmente curata, più attenta alle simmetrie e alle corrispondenze, più omogenea e concentrata intorno a un nucleo profondo di idee fisse» (Dei 2002, p. XIII). 66 Nella letteratura russa esistono numerose poesie dedicate alla figura del pappagallo, soprattutto nella poesia per l‘infanzia. E‘ importante che il pappagallo è sempre legato all‘idea dei viaggi e delle avventure, dei paesi lontani e esotici, opposti alla banale quotidianità. 67 Il motivo della «reclusione», l‘opposizione tra il dentro e il fuori, è ben frequente in Palazzeschi: i suoi personaggi vivono fra la mura di un castello, di un giardino, di un convegno oppure, come l‘Incendiario, in una gabbia: «In 59 animali proprio per la sua capacità di parlare, di comunicare con l‘uomo. Tutti questo non fa che sottolineare l‘anomalo comportamento del pappagallo palazzeschiano, la mancanza della comunicazione descritta nella poesia. Anche i mezzi linguistici adoperati da Palazzeschi si distinguono per il loro minimalismo. Colpisce la semplicità della sintassi nella quale prevale la paratassi, solo nella prima frase c‘è una subordinata relativa; invece l‘autore fa largo uso dei costrutti gerundiali che sottolineano la duratura dell‘azione («rilucon cangiando», «guardando passare», «guarda tacendo», ecc.). La divisione in versi corrisponde a quella sintattica. Nell‘organizzazione testuale è ben evidente la tendenza a una certa schematicità e simmetria della quale parlano i critici e che rende le poesie di Palazzeschi simili ai quadri di pittori astratti68: i primi cinque versi parlano del pappagallo, gli ultimi cinque della gente; il primo verso addirittura comincia con la parola «la bestia», il sesto con «la gente», questa posizione sintattica sottolinea la loro opposizione. Il pappagallo non compie due azioni («non parla e non canta»), invece la gente compie tre azioni («si ferma parlando fischiando e cantando»): questa specie di crescendo è sottolineata dalla mancanza della virgola tra i primi due gerundi. Anche il lessico è minimo: in una poesia descrittiva colpisce la mancanza di aggettivi (a parte «tanti» che più che descrivere quantifica) per non parlare di paragoni, metafore e altre figure retoriche; si indica solo chi compie l‘azione, con un nome o con un pronome, e l‘azione stessa, con una forma verbale. L‘uso esclusivo del presente sottolinea la collocazione della scena descritta fuori del tempo. Quanto alla morfologia, si nota la forma tronca del verbo nella terza persona plurale («rilucon») dovuta a ragioni metriche, e le forme dei pronomi personali («egli, ei») tipiche della tradizionale lingua poetica italiana69. Passiamo al confronto con la versione russa. Purtroppo in russo non è possibile rendere l‘opposizione tra «la bestia» e «la gente»: infatti, del pappagallo difficilmente si può dire «зверь, животное», almeno in questo contesto, ma solo «птица», cioè «uccello»70. Per questo nella frase iniziale il pappagallo come tale non è indicato, si parla solo delle sue piume. Il termine «gente» è reso con la parola «прохожие», cioè «passanti» oppure si usano costrutti sintattici con l‘agens non esplicitato («ему докучают»)71. In compenso la descrizione della bellezza del pappagallo nei primi due versi diventa più dettagliata, si mette in rilievo il fatto che le piume «multicolori» cambiano le loro sfumature al sole. La stessa tendenza alla concretizzazione della descrizione si rileva anche nel terzo verso dove al verbo italiano «stare», dal significato piuttosto vago, in russo mezzo alla piazza centrale / del paese, / è stata posta la gabbia di ferro / con l‘incendiario. / Vi rimarrà tre giorni / perché tutti lo possano vedere» (L‟incendiario, cit. da Palazzeschi 2002, p. 181.). 68 A. Dei osserva: «siamo in una campagna fiorentina bidimensionale, come proiettata su uno schermo o dipinta in bianco e nero su tavole illustrate dalle fitte bordature liberty, che isolano le varie scene e i personaggi in posa garantendone il contenimento» (Dei 2002, p. XVI). 69 Vedi Serianni 2001, pp. 156-158. 70 A proposito delle difficoltà di traduzione condizionate dalla semantica vedi Баранов 2001. 71 Vedi a proposito Fici, Zhukowa 2009, p. 75. 60 corrisponde il gerundio del verbo «восседать», cioè «stare seduti solennemente», per esempio, sul trono72; questo termine corrisponde perfettamente alla carica ironica del testo73. Invece il cambiamento del deittico («su quella finestra» – «на этом окне») riflette semplicemente l‘uso corrente e non modifica minimamente il senso74. La tendenza a una certa esplicitizzazione del senso che diminuisce il carattere minimalista del testo e rende l‘atmosfera della poesia meno rarefatta si manifesta nelle aggiunte che il traduttore sente la necessità di introdurre. Per esempio, «guardando passare la gente» è tradotto «словно считая прохожих»: si aggiunge la parola «словно» («come se»), e l‘azione del pappagallo è descritta attraverso il paragone (lett. «come se stesse contando i passanti»). In questo caso il traduttore usa il verbo «считать» («contare») che in russo, a parte il significato diretto, è usato, per esempio, nel modo di dire «ворон считать» (lett. «contare le cornacchie»), cioè «non fare niente, sbadigliare»75 (cfr. in italiano «guardare le mosche che volano, pigliare le mosche»76); è curioso che anche in russo è presente implicitamente il riferimento agli uccelli. Anche il verso successivo comincia in russo con un‘aggiunta («Не слышно, чтобы говорил или пел он», lett. «Non lo si sente parlare o cantare») che un po‘ sposta l‘accento dalla semplice descrizione dell‘azione alla sua percezione. Nei versi che seguono, grazie al lessico concreto, la descrizione della gente perde il suo carattere astratto: per esempio, «La gente passando si ferma a guardarlo» diventa «Прохожие, шаг замедляя, дивятся потехе», lett. «i passanti, rallentando il passo, ammirano con sorpresa questa cosa divertente». Mentre il cambiamento lessicale nel settimo verso («fischiando e cantando» diventa «поют и зовут», cioè «cantano e chiamano») è dovuto, probabilmente, anche a ragioni metriche (il corrispondente russo di «fischiare» sarebbe «насвистывать», un po‘ troppo lungo per questo verso), è estremamente importante il penultimo verso dove in russo troviamo una versione piuttosto esplicita «Ему докучают» (lett. «gli danno noia»), invece del semplice «chiama». E‘ ben evidente che, in confronto con l‘originale, nella traduzione il significato è più esplicito, la posizione dell‘autore, le sue valutazioni morali ed etiche più chiare. Rispetto a un originale disegnato quasi in bianco e nero la traduzione potrebbe essere paragonata a un‘incisione a colori. Occorre, però, resistere alla tentazione di accusare il traduttore di aver insistito con la propria interpretazione, così come la trasformazione del testo non può essere certo spiegata solo con ragioni di metro e rima, che pure hanno avuto il loro ruolo. Probabilmente i cambiamenti rilevati riflettono una tendenza generale, che va spiegata con l‘uso

72 Vedi la definizione in Ожегов 1953. 73 A proposito della distribuzione degli elementi espressivi nei testi russi e italiani vedi Челышева 2009. 74 Per la deissi in russo e in italiano vedi Giusti 1981. 75 Vedi la definizione sul sito www.gramota.ru. 76 Vedi Черданцева, Джусти Фичи 1994. 61 corrente. La prassi traduttoria e redazionale di chi scrive77 e l‘analisi linguistica di altri testi ci permette di dire che questa tendenza è tipica in generale delle traduzioni dall‘italiano in russo. Per esempio, l‘abbiamo rilevata confrontando un testo di Dino Buzzati con la sua versione russa nella quale il traduttore sceglie le parole che hanno il significato più concreto, rispetto al corrispettivo italiano, oppure ricorre a forme suffissali o prefissali che esprimono sfumature supplementari78. Prima ancora la tendenza in questione è stata spiegata da Gak per il confronto tra il francese e il russo: Gak ricorda delle differenze tra la norma e l‘uso, proprio l‘uso condiziona anche le preferenze nella scelta degli elementi del frame, cioè nei dettagli di una situazione e del suo scenario (abbiamo detto sopra che l‘interpretazione di questa poesia di Palazzeschi presuppone che il lettore sappia chi sono i pappagalli, come si comportano in genere, può ricostruire i dettagli della scena descritta, per esempio, la via che passa davanti alla finestra sulla quale sta il pappagallo, probabilmente in una gabbia, conosce come si comporta la gente con questi uccelli, ecc.); lo stesso uso può spiegare la tendenza a preferire frasi impersonali in russo e le aggiunte che abbiamo rilevato. Quanto alla sintassi, che presenta alcuni cambiamenti rispetto all‘originale, tutto sommato in russo si rende bene la semplicità del testo palazzeschiano e la tendenza ad usare le forme gerundiali. Anche nella traduzione si usa solo il presente con il significato astratto e la divisione in versi non contraddice quella sintattica.

77 Abbiamo incontrando lo stesso problema traducendo autori molto diversi come stile, tra cui A. Delfini, M. Mari, M. L. Spaziani e addirittura la saggistica italiana, lo stesso si può dire dei numerosi testi che abbiamo rivisto in qualità di editor: nella fase della revisione si sente sempre la necessità di dare più colore al testo il quale, pur non contraddicendo la norma, non corrisponde all‘uso corrente. Quanto alla specificità italiana, bisogna anche tenere presente l‘opposizione tra la lingua e il dialetto, il fatto che quest‘ultimo resta sempre una delle principali risorse di elementi linguistici espressivi. 78 Crf. con l‘analisi della traduzione russa del Maestro del Giudizio Universale di Dino Buzzati in Fici, Jampol‘skaja 2009, pp. 124-135. 62

L’orto dei veleni

L‟orto dei veleni Ядовитый сад

1 E‘ cinto da un muro ch‘è alto tre spanne, Его окружает забор невысокий – 2 la via lo circonda. от силы три пяди, 3 Di fuori si vedon le frutta mature. и с улицы видно, что фрукты созрели. 4 Son alberi grandi Тенистые ветви 5 che piegano i rami огромных деревьев 6 col peso прогнулись 7 possente под грузом 8 dei pomi. тяжелым. 9 I pomi maturi rilucono al giorno. Плоды налитые лоснятся на солнце. 10 Al centro dell‘orto v‘è un mucchio di sassi, Под сенью деревьев – замшелые камни 11 di pietre ruinate. разрушенной кладки. 12 V‘è sotto, sepolta, la vecchia padrona dell‘orto. Под ними – могила, могила столетней хозяйки. 13 Aveva centanni la vecchia, Считалась бессмертной старуха, 14 viveva nell‘orto, шаталась по саду, 15 viveva di frutti, питалась плодами, 16 soltanto di frutti. одними плодами. 17 La gente al narrarlo fa il segno di croce. В округе со страхом о ней вспоминают. 18 Nessuno ha mai colto quei frutti, Никто никогда не ступал за ограду, 19 nessuno ha varcato quel muro. никто не прельщался плодами. 20 Soltanto la sera vi ridon civette a migliaia. Лишь к вечеру сотнями совы хохочут в деревьях. 21 E cadono e cadono i frutti maturi, И падают, падают грузные фрукты, 22 s‘ammassano ai piedi dei tronchi robusti, растущую гору внизу образуя, 23 s‘ammassan s‘ammassan растущую гору 24 mandando profumi soavi. из тысяч плодов ароматных.

(trad. E. Solonovič)79

Anche L‟orto dei veleni fa parte della raccolta I cavalli bianchi (1905), la traduzione è stata eseguita da una variante più recente80. E‘ un'altra poesia-quadro, ma questa volta è un paesaggio che si potrebbe definire fiabesco, magico81. Per la sua comprensione è particolarmente

79 La traduzione russa è citata dall‘edizione Итальянская поэзия в переводах Евгения Солоновича, Радуга, Москва, 2000. 80 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 415. Rispetto alla prima variante è stata cambiata la divisione in versi, la grafica e la punteggiatura, hanno avuto luogo alcune modifiche morfologiche; vedi Palazzeschi 2002, p. 1045. 81 Cfr. con le osservazioni di Dei a proposito della prima raccolta palazzeschiana: «Le venticinque poesie della raccolta sono rigidamente chiuse e incomunicabili, ma insieme replicano, come è stato detto più volte, la stessa costante figurativa: un certo arcano dove avvengono apparizioni e prodigi, o comunque se ne conserva un‘immobile e rituale memoria, e un esterno dove la gente passa e guarda senza partecipare, in un perpetuo pellegrinaggio ottuso e quasi penitenziale. E‘ il mondo della fiaba a offrire la maggior parte degli spunti, ma le vicende sono bloccate fra un lontano antefatto leggendario e incerto e un‘impossibile risoluzione: nessuno rompe gli incantesimi, nessuna spezza le catene o infrange i divieti. L‘invisibile regista, l‘io che non appare, sembra muovere i riflettori, e compiere così una sorta di personale esorcismo attraverso il contenimento, la delimitazione degli spazi soprattutto attraverso una sistematica riduzione. Quello dei Cavalli bianchi è un mondo miniaturizzato […] Anche quando si accenna a una presunta ampiezza e vastità dei luoghi si ha la sensazione che si tratti di proporzioni fiabesche, magari relative a un‘ottica lillipuziana e in scala con gli altri elementi del quadro. E‘ proprio a partire da questa prospettiva da spettrale paese dei balocchi che sembra predisporsi una ancora ambigua apertura al gioco e all‘ironia, soprattutto in corrispondenza con le apparizioni animalesche: il pappagallo taciturno che guarda alla finestra da cent‘anni, le leggendarie, buonissime anguille della vasca che la gente si ostina inutilmente a pescare alla canna. Il paesaggio è quello di una campagna fiorentina bidimensionale, come dipinta in bianco e nero su tavole illustrate dalle fitte 63 importante il titolo: infatti, solo nel titolo si parla dei veleni e si capisce la natura dei frutti misteriosi. Come in altre poesie della stessa raccolta la poesia descrive uno spazio chiuso contrapposto al resto del mondo, il giardino circondato da un muretto basso che sembra, però, invalicabile perché la gente non ha il coraggio il varcarlo. Anche qui i personaggi sono due: la vecchia padrona dell‘orto, probabilmente una strega, ormai morta e seppellita direttamente al centro del suo orto, e l‘impersonale e collettiva «gente». I primi dodici versi della poesia sono dedicati alla descrizione del giardino, a poco a poco lo sguardo si muove dal cerchio del muro, «rafforzato» dalla via che lo circonda, verso il suo centro. Come nella poesia precedente l‘azione principale è il «doppio» guardare: è la gente che guarda l‘orto e, allo stesso tempo, l‘autore e, grazie a lui, il lettore che, avendo un campo visivo più largo, vedono il paesaggio con la gente terrorizzata che sta a guardare l‘orto. In realtà, c‘è anche un terzo piano dell‘azione, piuttosto vago, che si riferisce alla gente che «al narrarlo fa il segno di croce». La seconda parte della poesia, dal verso tredici in poi, racconta la storia della vecchia e del suo orto abitato solo dagli uccelli notturni, le civette82. L‘atmosfera misteriosa e macabra è resa ancora più densa dal fatto che le civette «ridono». Come nella poesia precedente incontriamo le cifre magiche, cento («aveva cent‘anni la vecchia») e migliaia («ridono civette a migliaia»), naturalmente, iperboliche (infatti, nella versione russa «migliaia» sono sostituite con «centinaia», ma in realtà la sostituzione non cambia il significato). Anche se, rispetto alla poesia precedente, l‘autore ci fornisce più dettagli, la scena disegnata resta piuttosto astratta. Da notare è la maestria con la quale l‘autore fa sì che la nostra attenzione torni sempre ai velenosi pomi: il terzo verso si conclude con la menzione delle «frutta mature», segue, nei versi 4-8, la descrizione degli alberi che finisce con la parola «pomi», messi in rilievo dalla divisione in versi; subito dopo, con la stessa parola «pomo» comincia il verso 9 che aggiunge una sfumatura supplementare alla descrizione; dopo, invece, si parla di «frutti», l‘accento che cade su questa parola è reso ancora più forte dalla ripetizione nei versi 14-15; proprio la descrizione dei frutti che s‘ammassano ai piedi degli alberi conclude la poesia e, nell‘ultimo verso, incontriamo l‘aggettivo «soave» che rafforza ancora l‘attrazione esercitata sugli uomini dai pomi velenosi. Va notato che, come nella poesia precedente, il quadro è piuttosto statico nonostante la presenza di diverse azioni che, essendo ripetitive, non portano la scena descritta a uno sviluppo: la gente che guarda, i pomi che s‘ammassano, le civette che ridono. Anche il tempo è circolare: il paesaggio è descritto di giorno

bordature liberty, che isolano le varie scene e i personaggi in posa. Restano nel buoi i raccordi, i sentieri di collegamento, e manca del tutto la prima persona: nessuno dice io nei Cavalli bianchi, tutti costruiti su un‘impersonalità anche grammaticale. La formula ricorrente, ―si dice‖, rimanda a una acritica vox populi, al punto di vista di indifferenziati spettatori» (Dei 2002a, pp. 39-40). 82 A proposito dei motivi di pomi e di civette vedi il commento in Palazzeschi 2002, p. 1045. 64 e di notte che si seguono senza portare alcuni cambiamenti o sviluppi nello scenario degli eventi83. La valutazione morale ed etica dell‘autore non è espressa esplicitamente, anche il ricevente della poesia non è nominato. Come nella poesia precedente, la posizione dell‘autore può essere dedotta solo dal testo: la poesia parla dell‘attrazione del male, torna al mito del frutto proibito, alla figura della vecchia strega che si incontra spesso nelle fiabe, della gente che ha paura. Mentre nelle fiabe simile scenario deve necessariamente avere uno svolgimento, deve apparire un personaggio che rompe l‘incantesimo, nella poesia palazzeschiana, come abbiamo detto sopra, il quadro descritto è statico. L‘autore ci racconta questa terribile fiaba e ci trasmette la sensazione di paura, la costante tensione, la debolezza umana di fronte alla forza del male. Quest‘immagine è rafforzata dal fatto che si sottolinea continuamente la grandezza degli alberi (una caratteristica piuttosto inusuale per un albero da orto che dà frutti), la robustezza dei loro tronchi, e il fatto che i frutti che cadono «s‘ammassano» (infatti, troviamo in russo la parola «гора», lett. «una montagna, un mucchio»). Il contesto culturale e i legami associativi necessari per la comprensione del testo sono determinati dalla sua dimensione fiabesca, dal motivo dei pomi velenosi, dalla figura della vecchia, ecc. che sono comuni per il lettore italiano e per quello russo84. Per la sua organizzazione linguistica questo componimento assomiglia a quello precedente: la sintassi non è complicata, prevale l‘ipotassi o la frase semplice, l‘organizzazione sintattica corrisponde alla divisione in versi. I piani temporali sono due: quello del presente astorico nella descrizione del giardino, e quello del passato dove, per raccontare della vecchia, si usa l‘imperfetto. Dopo, nel verso 17 si torna al piano del presente e nella frase successiva, versi 18-19, si usa il passato prossimo che permette di «tirare le somme» («Nessuno ha mai colto quei frutti, / nessuno ha varcato quel muro»). Per l‘organizzazione testuale è estremamente importante la ripetizione, fra l‘altro, tipica della fiaba: per esempio, la ripetizione del verbo che rende il significato più intenso («e cadono e cadono», «s‘ammassan s‘ammassan»), i costrutti sintattici paralleli come nei versi 18-19, la ripetizione dell‘avverbio «soltanto» nella posizione dell‘inizio

83 Cfr. con l‘osservazione di Dei a proposito delle poesie della prima raccolta: «le storie sembrano svolgersi e replicarsi da sole, con una sorta di automatismo meccanico, secondo leggi ignote, indotte forse dalla stessa inerzia della ripetizione. L‘eterna contemporaneità sospensiva che le contiene è quella di un percorso sonnambolico, dove è incerta o irrilevante la tangibilità dei fenomeni, e impedito ogni intervento consapevole. La messa a fuoco procede di solito dall‘esterno verso l‘interno, dalla periferia al centro della scena, e si chiude spesso, circolarmente, con un ritorno ai margini, al cerchio degli spettatori. E non a caso tutte le poesie sono costruite sulla coppia durativa di presente e gerundio, e si bloccano dopo un numero limitato di versi, costrette a un arresto ecolalico, ad un echeggiamento rieterato da filastrocca che torna su se stessa […]» (Dei 2002, p. XV). 84 Per l‘interpretazione della figura della vecchia in Palazzeschi vedi il relativo capitolo in Serra 2005 e Serra 1999, per la presenza dei motivi legati alle fiabe e ai miti vedi Dei 2002, p. XIX. Quanto alla letteratura russa, a parte la figura della vecchia nella letteratura popolare (Baba-Jaga), tra i personaggi letterari basti ricordare la vecchia contessa nella Donna di picche di Puškin, la vecchia che rappresenta la morte nei Senilia di Turgenev, ma anche, per citare un autore d‘avanguardia, le vecchie di Charms. 65 del verso (vv. 16, 20), ecc. Da notare è la presenza degli aggettivi («frutta mature», «pomi maturi», «profumi soavi») che, però, non sono per niente originali, al contrario, sono piuttosto standardizzati, il che è anche tipico della lingua delle fiabe. Piuttosto elaborata è anche l‘organizzazione fonica del componimento, per esempio, l‘alliterazione («cinto» – «circonda», «peso» – «possente» – «pomi», ecc.). Passiamo al confronto con la versione russa. La descrizione del muro che circonda l‘orto è un po‘ più ampia rispetto all‘originale («невысокий – / от силы три пяди»), ma la trovata del traduttore è piuttosto felice visto la variante russa suona molto naturale. Purtroppo non si riesce a rendere il secondo verbo che sottolinea la circolarità dello spazio chiuso («la via lo circonda»), la via viene menzionata nel verso successivo, sostituendo «di fuori» («с улицы», lett. «dalla via»). La descrizione degli alberi rende bene il carattere fiabesco della poesia: il traduttore, condizionato dalla necessità di conservare la forma poetica, ora aggiunge un dettaglio, ora ne toglie uno, ma nell‘insieme il quadro descritto corrisponde al frame che hanno nella testa sia i lettori russi sia quelli italiani. Per esempio, nella versione russa si parla di «тенистые ветви», lett. «rami ombrosi»: questo dettaglio è assente nel testo originale, ma il lettore italiano, quando si immagina un orto come quello descritto da Palazzeschi, può ben immaginare anche l‘ombra. Invece nei versi 7-8 in russo non si parla esplicitamente dei pomi, ma solo del peso («под грузом тяжелым»), ma questa volta il lettore russo capisce bene che per il peso si intendono i pomi. Sempre del registro folcloristico è la definizione «налитые»: il traduttore non usa l‘aggettivo «зрелый» o «спелый», che sono traduzioni letterali dell‘aggettivo «maturo», ma parla di «плоды налитые» e di «грузные фрукты». Certo, è una deviazione dal minimalismo palazzeschiano, ma non tradisce l‘immagine descritta nella poesia. Lo stesso meccanismo interpretativo si manifesta nella descrizione della tomba della vecchia: il traduttore russo ai allontana dall‘originale e propone al lettore il quadro ricostruito anche in base alla proprie conoscenze linguistiche (ovvero usa alcuni elementi linguistici tipici di una fiaba) e extralinguistiche, ovvero del relativo frame. Così, invece della precisa indicazione spaziale «Al centro dell‘orto», troviamo «Под сенью деревьев» (lett. «all‘ombra degli alberi»), la parola «sassi» in russo è accompagnata dall‘aggettivo «замшелые камни» (lett. «ammuffito, fossilizzato»). Piuttosto indicative sono anche le modifiche introdotte nei versi successivi: la magica cifra «cento» si trasforma in un aggettivo («столетняя хозяйка», lett. «la vecchia centenaria»), si dice, inoltre, «считалась бессмертной старуха» (lett. «si credeva la vecchia fosse immortale»): questo dettaglio aggiunge una importante nota di colore al ritratto della vecchia, alla sua cattiva fama che correva tra la gente e all‘immagine centrale della poesia, quella dei frutti proibiti e velenosi (infatti, poteva sembrare che la vecchia, che viveva di frutti, avesse acquisito grazie ai frutti la capacità soprumana di vivere in eterno). Felice è anche la traduzione 66 dei due versi successivi: in russo non è possibile conservare il parallelismo condizionato dalla duttilità semantica del verbo «vivere» (vivere in qc, vivere di qc85), troviamo due verbi di aspetto imperfettivo al passato che si distinguono soltanto per una consonante («шаталась» – «питалась»), il primo descrive il movimento della vecchia («vagare», lett. «gironzolare, dondolarsi»), il secondo vuol dire «nutrirsi». E‘ piuttosto indicativa anche la trasformazione che avviene nella frase successiva: invece della descrizione della «gente» che «fa il segno di croce» in russo troviamo una frase impersonale, con l‘agens imprecisato, «В округе со страхом о ней вспоминают» (lett. «nei paraggi la si ricorda con terrore»). Il segno di croce non è nominato, però si parla di paura, quella che spinge i cristiani a segnarsi per proteggersi dal male86. In compenso, nel verso 19 troviamo nella versione russa il verbo «прельщаться», legato nella cultura cristiana all‘idea di inganno, di tentazione, di maligno. L‘analisi della versione russa di questo componimento non solo conferma le tendenze rilevate sopra, nell‘analisi di Pappagallo, ma illustra bene il meccanismo di compensazione dei quali parlano gli addetti ai lavori87. Laddove una traduzione fedelissima non è possibile, per ragioni formali, di metro e rima o altre, le perdite sono inevitabili, tuttavia queste perdite possono essere compensate, magari non proprio nello stesso punto del testo, con altri mezzi linguistici (cfr. la descrizione dell‘orto e della sua padrona, la presenza degli elementi semantici relativi alla religione cristiana). Ricorrendo alla compensazione e, in genere, offrendo la propria lettura del componimento il traduttore adopera i meccanismi cognitivi e discorsivi dei quali si è parlato nell‘introduzione teorica: in parole povere, il traduttore conosce la situazione descritta nella poesia (che è molto di più rispetto a ciò che viene verbalizzato), conosce i meccanismi discorsivi della sua realizzazione nel testo, cerca di capire il meglio possibile il punto di vista dell‘autore, di prevedere la reazione del lettore italiano e di quello russo.

85 Non si può dire «жить чем-то» del cibo, ma solo «жить своим трудом» (cfr. in italiano «vivere del proprio lavoro»). 86 A proposito dei modelli di riformulazione sintattica nel passaggio dal russo in italiano e viceversa vedi Straniero Sergio 1997. 87 Vedi Solonovich 1997, 1998. 67

La casa di Mara

La casa di Mara Хижина Мары

1 La casa di Mara Вот хижина Мары – 2 è una piccola stanza di legno. четыре стены деревянных. 3 A lato un cipresso l‘adombra nel giorno. Днем она прячется в тень кипариса. 4 Davanti vi corrono i treni. Поезда перед ней пробегают. 5 Seduta nell‘ombra dell‘alto cipresso В тени кипариса высокого сидя, 6 sta Mara filando. столетняя Мара 7 La vecchia ha cent‘anni, все вяжет и вяжет. 8 e vive filando in quell‘ombra. И жизнь над вязаньем проходит 9 I treni le corron veloci davanti в тени кипариса. 10 portando la gente lontano. Все быстрей поезда перед ней пробегают, 11 Ell‘alza la testa un istante людей увозят все дальше и дальше. 12 e presto il lavoro riprende. На миг поднимает голову Мара 13 I treni mugghiando и вновь за работу берется. 14 s‘incrocian davanti alla casa di Mara volando. С ревом протяжным 15 Ell‘alza la testa un istante летят поезда перед хижиной Мары 16 e presto il lavoro riprende. навстречу друг другу. На миг поднимает голову Мара и вновь за работу берется.

(trad. di S. Ošerov)88

La poesia fa parte della prima raccolta di Palazzeschi (1905), ma la traduzione russa è stata eseguita da una variante più recente89. Ancora una volta il poeta ci offre una poesia-quadro con i dettagli che si ripetono spesso nei suoi componimenti: la figura della vecchia, il nome stesso Mara (si pensi almeno alla poesia Ara, Mara, Amara), il cipresso90. E‘ un paesaggio convenzionale, immobile, con la vecchia, la sua minuscola casetta e un altro cipresso. L‘elemento dinamico è legato alla presenza dei treni che corrono, volano davanti alla casa di Mara, ma, come nelle poesie precedenti, il loro è un movimento ripetitivo, regolare, simile a quello del pendolo, e non porta la situazione descritta a uno sviluppo (è interessante che i treni non solo corrono davanti alla sua casa, ma «si incrociano», come per marcare un punto nello spazio). La stessa regolarità si nota nei movimenti della vecchia che vive filando (è un chiaro riferimento al mondo delle fiabe), alza un attimo la testa per vedere il treno e riprende il suo lavoro. La vecchia è centenaria: di nuovo si incontra questa cifra magica. Come i versi precedenti, questa poesia colpisce per la sua impersonalità: non sappiamo, infatti, chi racconta di Mara e a chi si rivolge, ma questa impersonalità corrisponde perfettamente all‘atmosfera della fiaba, dove, a differenza della narrativa, le figure del narratore e del ricevente del testo sono

88 La traduzione russa è citata dall‘edizione А. Палаццески, Сестры Матерасси. Художественная литература, Ленинград, 1968. Перевод С. Бушуевой, вступительная статья С. Ошерова. 89 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 411. 90 Vedi il commento di Dei in Palazzeschi 2002, p. 1050. 68 vaghe. Anche qui è presente l‘anonima gente, sempre in opposizione alla protagonista, però questa volta la gente è legata all‘elemento dinamico del quadro, ai treni, mentre la vecchia rappresenta l‘immobilità, la gente si sposta nello spazio («portando la gente lontano»), la vecchia resta sempre nello stesso punto. Comunque, lo spettatore, l‘io narrante non si trova vicino alla protagonista, ma a una certa distanza (vedi l‘avverbio di luogo «vi»: «Davanti vi corrono i treni»). Infatti, più che la gente, sembrano vivi i treni dei quali si dice che «mugghiando / s‘incrocian davanti alla casa di Mara volando». Infatti, il primo verbo si riferisce innanzitutto agli animali, per esempio, alle mucche, e significa «muggire in modo prolungato», l‘uso figurativo si può riferire anche oggetti inanimati, come il mare, il vento e il tuono91. Lo stesso vale per il verbo «volare», usato in senso figurativo per descrivere movimento veloce, simile al volo di un uccello92. Anche se, a differenza dell‘Orto dei veleni la casa della vecchia non è circondata dal muro, in realtà la protagonista si trova chiusa in una specie di cerchio creato dall‘ombra del cipresso («seduta nell‘ombra dell‘alto cipresso»). Anche in questo caso la presenza dell‘autore e il suo punto di vista sono impliciti, va detto comunque che, a differenza della poesia precedente, il ritratto della vecchia è dipinto quasi con simpatia, è un personaggio di cui sappiamo poco, ma certo non una strega maligna. Piuttosto si sottolinea l‘indifferenza nei confronti del mondo, l‘imperturbabilità, come quella del pappagallo nell‘omonima poesia e come quella di numerosi altri personaggi palazzeschiani. E‘ interessante, inoltre, che un dettaglio moderno come i treni non contraddice minimamente l‘atmosfera fiabesca del componimento. Quanto al contesto culturale e ai legami associativi, a parte gli elementi dei quali si è detto all‘inizio, comuni per l‘immaginario collettivo italiano e russo, va nominato anche il cipresso legato, almeno per i russi, all‘idea dei paesi del Sud e, il che è molto importante nel nostro caso, all‘idea della morte93. Infatti, il cipresso è l‘albero dei cimiteri, la sua presenza accanto alla casa della vecchia non è casuale: serve a sottolineare l‘immortalità della vecchia o, meglio, la sua esistenza fuori del tempo, al di là della vita e della morte, oppure la stessa vecchia potrebbe rappresentare la morte. Invece non è possibile ricostruire in russo i legami associativi tra questa poesia e altri testi palazzeschiani: si pensi almeno alla poesia che fa parte della stessa raccolta, Ara Mara Amara, e al suo corrispondente maschile Oro Doro Dodoro,94 ma al lettore russo tutti questi legami intertestuali sfuggono, Mara è un solo un nome italiano che non fa nascere nessuna associazione.

91 Vedi la relativa voce in De Mauro 2000. 92 Ibid. 93 Vedi il paragrafo sulla possibilità di rendere legami associativi nella traduzione in Vinogradov 2004. 94 Vedi Dei 2002, pp. XIX-XX, Serra 2005, p. 56. 69

Le caratteristiche linguistiche del testo sono simili a quelle rilevate nell‘analisi dei due componimenti precedenti: la semplicità della sintassi che corrisponde alla divisione in versi, l‘uso del presente atemporale insieme con il gerundio che sottolinea la duratura dell‘azione, il minimalismo lessicale, una certa banalizzazione tipica del linguaggio della fiaba che si manifesta, per esempio, nella scelta dell‘aggettivo più scontato («alto cipresso», «corrono veloci», «piccola stanza»), ecc. Per l‘organizzazione testuale della poesia sono importanti numerose ripetizioni (e.g. vv. 11-12 e 11-16) e costrutti sintattici paralleli. Il confronto con la versione russa conferma alcune tendenze rilevate sopra. Innanzitutto, come si vede, per esempio, dalla traduzione del titolo, anche in questo caso si manifesta la tendenza alla concretizzazione: infatti, il termine italiano piuttosto generico, «casa», è reso in russo con la parola «хижина», una piccola, modesta, povera casa di campagna95. Invece il termine «stanza» non è tradotto (in russo la traduzione letterale non è possibile, non si dice «деревянная комната»), per questo il traduttore ricorre alla parafrasi «четыре стены деревянных» (lett. «quattro pareti di legno»). Nel verso 3 si nota l‘inversione semantica tra l‘agens e il patiens (lett. «Di giorno essa si nasconde nell‘ombra del cipresso»), la quale, però, non influisce molto sulla comprensione, anzi rafforza l‘immagine di una casa piccola e indifesa che cerca protezione. Nei versi successivi il traduttore modifica leggermente la struttura sintattica, aggiungendo al testo un verso, ma in compenso in russo troviamo due soluzioni felici: «все вяжет и вяжет» (la ripetizione del verbo sottolinea la duratura e l‘intensità dell‘azione, cfr. «s‘ammasson s‘ammasson» nell‘Orto proibito); «И жизнь над вязаньем проходит» (lett. «la vita passa mentre lei sta piegata a filare») che rende bene il significato dell‘originale italiano. Si noti che il traduttore russo «cambia l‘occupazione» della vecchia: «вязать» non vuol dire «filare» («прясти»), ma «lavorare a maglia»; questo si spiega, probabilmente con ragioni fonetiche («над пряденьем» non suona molto bene in russo, semmai si potrebbe dire «над прялкой») e col fatto che nelle fiabe le vecchie non solo stanno a filare, ma anche lavorano a maglia. Anche nei versi successivi (vv. 10-11) in russo si ripete lo stesso costrutto: «все быстрей», «все дальше и дальше» (lett. «sempre più veloce», «sempre più lontano»). Questo aggiunge alla descrizione della scena l‘accelerazione che nell‘originale manca, ma tutto sommato non modifica l‘immagine principale della poesia. Nella descrizione dei treni si conserva la metaforicità legata al mondo degli animali («с ревом протяжным / летят поезда… навстречу друг другу»). In genere si può dire che la traduzione tende a essere leggermente più dettagliata e descrittiva (si vede che la poesia russa ha un verso in più e i versi stessi sono più lunghi dell‘originale), ma questo non costituisce un difetto perché non modifica l‘immagine e l‘organizzazione testuale del componimento.

95 Vedi la definizione a www.gramota.ru 70

Il passo delle Nazarene

Il passo delle Nazarene Проходят монашенки

1 Nazarene bianche, Nazarene nere. Монашенки в белом, монашенки в черном. 2 Del fiume alle rive С двух берегов не насмотрятся 3 si guardan da tanto i conventi, друг на друга монастыри, 4 si guardan con occhio di vecchia amicizia не насмотрятся взором старинного дружества 5 le piccole torri, una bianca e una nera, колоколенки – белые, черные. 6 le suore s‘incontran la sera, Встречаются сестры с поклоном покорным 7 la sera al crepuscolo. в сумерках вечера, 8 Due volte s‘incontran, le bianche e le nere, встречаются дважды – в белом, в черном – 9 sul ponte, sul ponte che unisce i conventi, все на том же мосту, которым 10 li unisce da tanto per vecchia amicizia, соединяются монастыри, 11 le piccole torri si guardan ridenti на мосту старинного дружества. 12 una bianca e una nera, Колоколенки смотрят, одна другой улыбаясь, 13 le suore s‘incontran la sera, та – белая, эта – черная. 14 la sera al crepuscolo. встречаются сестры с поклоном покорным 15 Le piccole chiese al crepuscolo s‘aprono, в сумерках вечера. 16 ne sortono leste le suore ed infilano il ponte, Открываются в сумерки двери церковок, 17 nel mezzo s‘incontran, s‘inchinano, чинно сестры выходят, всходят на мост, 18 le bianche e le nere, встретятся посредине – поклонятся, 19 si recan l‘un l‘altre a la piccola chiesa al saluto; черные белым, белые черным, 20 vi fanno una breve preghiera в церковки спешат на колени припасть. 21 e leste rinfilano il ponte. Молитву краткую пролепечут – 22 Di nuovo nel mezzo s‘incontran, s‘inchinan le file, и снова на мост, друг другу навстречу. 23 una bianca e una nera, Снова друг другу кланяются, 24 le suore s‘incontran la sera, эти в белом, а эти в черном, 25 la sera al crepuscolo. встречаются сестры с поклоном покорным вечером, в сумерках…

(trad. di S. Šervinskij)96

Questa poesia è stata pubblicata nella seconda raccolta poetica di Palazzeschi Lanterna (1907). Come per i versi analizzati sopra la traduzione russa è stata da una variante più recente97. Di nuovo il poeta propone all‘attenzione del lettore un quadro, anzi, come sottolinea A. Dei, in questa seconda raccolta «dalla rarefazione vagamente cimiteriale dei Cavalli bianchi si passa con Lanterna all‘affollamento degli oggetti, al compiacimento ornamentale, che risente di un gusto liberty ormai vicino al kitsch e ancora di lontani, sfiorati, archetipi novellistici»98. Le protagoniste del quadro disegnato in questa poesia sono monache, altre figure tipiche palazzeschiane, e l‘azione si svolge nel mondo chiuso dei convegni. Ma la parola chiave per la lettura del testo potrebbe essere «la simmetria»: la simmetrica delle chiese e dei convegni situati sulle due rive del fiume, la simmetria del movimento regolare delle suore. Sembra che in questo

96 La traduzione russa è citata dall‘edizione Итальянская лирика. XX век. Прогресс, Москва, 1968. Составитель Е. Солонович, переводы с итальянского под редакцией С. Шервинского, предисловие А. Суркова. 97 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 420. Sulle varianti del componimento e sui suoi motivi principali, l‘identità speculare e la figura delle monache vedi il commento in Palazzeschi 2002, p. 1052. 98 Dei 2002, p. XXII. 71 universo ci siano solo due colori, il bianco e il nero, infatti, leggendo la poesia è facile immaginare una stampa con il paesaggio disegnato. Per di più, l‘incontro delle monache avviene «all‘ora del crepuscolo», cioè quando il bianco del giorno incontra il nero della notte. Allo stesso tempo è difficile sottrarsi all‘impressione che si tratti quasi di un gioco, di una scatola musicale con figure danzanti: il passo delle Nazarene è privo di solennità, anzi, due volte si usa l‘aggettivo «lesto» in funzione avverbiale («ne sortono leste le suore» e «leste rinfilano il ponte»). Si sottolinea anche la precisa, diretta traiettoria del loro movimento, il ponte, che le suore «infilano», poi «rinfilano» e, infine, sul quale «s‘inchinan le file», e che assomiglia un po‘ alla traiettoria dei treni nella Casa di Mara99. Per arrivare a capire la posizione dell‘autore, implicita, come nei testi analizzati sopra, ci può essere utile non solo il quadro descritto, ma anche singoli elementi, per esempio, la menzione della «vecchia amicizia» tra i due conventi, il fatto che «le piccoli torri si guardano ridenti»: tutto ciò tradisce uno sguardo ironico e bonario. Per le sue caratteristiche linguistiche questo testo non è molto diverso da quelli analizzati sopra, perciò passiamo subito al confronto con la versione russa. In russo il termine «nazarene» è reso con il nome più generico «монашенки», cioè «le monachelle», invece alle «suore» corrisponde una variante russa stilisticamente precisa «сестры». La versione russa, non sempre fedelissima all‘originale, può servire da buon esempio del funzionamento dei meccanismi cognitivi. Per esempio, nella descrizione dei conventi in italiano si parla di «piccole torri», in russo troviamo il termine più concreto «колоколенки», cioè «piccoli campanili»: nel proporre questa soluzione il traduttore, evidentemente, si è servito della sua conoscenza dell‘architettura dei conventi cristiani nei quali il campanile è un elemento fisso. Probabilmente la stessa idea dell‘organizzazione della vita delle suore e, in genere, l‘immagine della suora ha suggerito al traduttore alcuni dettagli che si incontrano nella traduzione e che non hanno corrispettivi diretti nell‘originale. Per esempio, in italiano le suore semplicemente «si inchinano», invece in russo si dice «встречаются сестры с поклоном покорным» (lett. «le suore si incontrano con un inchino sottomesso»): si sa che l‘umiltà e la sottomissione sono qualità proprie di chi veste l‘abito monacale. In italiano la descrizione della preghiera è piuttosto sobria («si recan l‘un l‘altre alla piccola chiesa al saluto; / vi fanno una breve preghiera»), in russo la stessa scena è descritta con maggiori dettagli: «в церковки спешат на колени припасть. Молитву краткую пролепечут» (lett. «si affrettano nelle chiesette per cadere un attimo in ginocchio. Balbettano una breve

99 Cfr. con l‘osservazione di Tamburri: «il ponte su cui si incontrano le suore costituisce un centro; si presenta come punto d‘incontro e come un momento di pausa per i due gruppi diversi di suore. Ma […] lapoesia non raggiunge nessuna forma di chiusura, la significazione viene sospresa, e il lettor rimane con l‘immagine di un‘azione continua della ripetuta passeggiata delle suore. Palazzeschi, cioè, lascia il lettore con una narrazione verbale non conclusiva, dalla quale non può rapidamente intuire né costruire alcun significato logico, proprio perché non gli vegono offerte le informazioni necessario affinché ―comprenda‖» (Tamburri 1999, p. 83). 72 preghiera»). E‘ chiaro che il traduttore conosce le tradizioni cristiane e sa che in chiesa si può o si deve pregare in ginocchio. Infine, riportiamo un esempio di fraintendimento o, forse, di cosciente modifica introdotta nel testo: mentre le suore palazzeschiane si muovono sempre «leste», in russo nel verso 17 leggiamo «чинно сестры выходят», con l‘avverbio che è un contrario di «leste» («чинно» si traduce in italiano come «cerimoniosamente»), ma che sembra perfetto per la descrizione del movimento di una suora (non di una suora palazzeschiana!)100. Un‘altra caratteristica che colpisce nella traduzione analizzata ed è legata alla competenza linguistica del traduttore, riguarda alcune scelte lessicali. Innanzitutto va notato l‘uso di forme diminutive: «монашенки» (e non «монахини»), «колоколенки» (e non «колокольни»), «церковки» (e non «церкви»)101. Quasi quasi ci troviamo in un mondo di bambole, con campanellini, chiesette e monachine, lo stesso tono traspare anche nei verbi che nominano le azioni dei personaggi: mentre in italiano, come abbiamo detto più volte, la descrizione è piuttosto astratta, in russo è molto più concreta e, ci viene da dire, più tenera o, meglio, esplicitamente tenera e divertita. Per esempio, nei versi 3 e 4 si parla dei conventi che «si guardano da tanto», in russo troviamo «не насмотрятся друг на друга», con il derivato prefissale del verbo «смотреть» («guardare») che significa «guardare a sazietà, saziarsi contemplando»102, proprio questo verbo viene spesso usato nel discorso amoroso (cfr. «смотреть – не насмотреться», cioè «guardare l‘oggetto della passione e non riuscire a saziarsi»). Anche nella descrizione della preghiera troviamo il verbo «пролепетать», cioè «balbettare», che descrive l‘azione in maniera molto più concreta, permette quasi al lettore di sentire le suore che pregano, in più di solito si riferisce ai bambini o comunque ad essere deboli e innocui. Allo stesso tempo si potrebbe parlare di alcune perdite: per esempio, nella descrizione del movimento delle nazarene in italiano è quasi ostensivo l‘uso dei termini legati alla parola «filo» (vedi sopra), in russo si dice semplicemente «всходят на мост» (lett. «salgono il ponte», v. 17), il verbo «rinfilare» non viene reso, così come non si parla di «file» di suore, ma si ricorre ai costrutti ellittici, senza verbo, indicando solo il luogo dell‘azione ovvero il ponte («и снова на мост, друг другу навстречу»). Comunque le perdite, fra l‘altro inevitabili (in russo potrebbe essere difficile trovare tre termini analoghi con la stessa radice, come in italiano), vengono compensate con altri mezzi linguistici. La cosa più importante è che il traduttore disegna le sue monachine con lo stesso divertimento e simpatia che si legge dietro le righe del poeta fiorentino.

100 Si potrebbe semplicemente trattare di un errore visuale visto che non si può escludere che il traduttore abbia letto «leste» per «lente». 101 Vedi a proposito Челышева 2009. 102 Vedi la relativa voce in Canestri 2006. 73

Lo sconosciuto

Lo sconosciuto Незнакомец

1 - L‘ài veduto passare stasera? - Ты его нынче вечером видел? 2 - L‘ò visto. - Видел. 3 - Lo vedesti ieri sera? - И вчера тоже вечером видел? 4 - Lo vidi, lo vedo ogni sera. - И вчера, он проходит здесь каждый вечер. 5 - Ti guarda? - Он поглядел на тебя? 6 -Non guarda da lato, - Он не смотрит по сторонам, 7 soltanto egli guarda laggiù, он смотрит только туда, 8 laggiù dove il cielo incomincia где закат оставляет полоску света. 9 e finisce la terra, laggiù Потом он уходит куда-то. 10 nella riga di luce - Один? 11 che lascia il tramonto. - Один. 12 E dopo il tramonto egli passa. - Как он одет? 13 - Solo? - Он в черном, всегда в черном. 14 - Solo. - Но где ж он живет? 15 - Vestito? В какой лачуге? 16 - Di nero, è sempre vestito di nero. В каком дворце? 17 - Ma dove egli sosta? 18 - A quale capanna? 19 -A quale palazzo? (trad. di S. Šervinskij)103

Questa poesia ha visto luce nella terza raccolta di Palazzeschi, Poemi (1909), ma la traduzione è stata eseguita da una variante più recente104. In confronto con le poesie analizzate sopra in primo luogo colpisce l‘organizzazione testuale del componimento, costruito in forma di dialogo. Infatti, già in Lanterna, ma soprattutto con la terza raccolta di versi, la poesia di Palazzeschi comincia a «parlare» e la dimensione orale, se vogliamo teatrale, diventa sempre più importante. Non sappiamo chi sono i due personaggi che parlano del giovane sconosciuto, né dove e in quale occasione si svolge la loro conversazione, anche se da una domanda («Ti guarda?») si può dedurre che loro due vivono nello stesso mondo del misterioso personaggio del testo, «dei più ricorrenti negli scritti palazzeschiani di questi anni»105. Va detto, inoltre, che la scena descritta acquisisce una certa profondità spaziale e temporale: vedi le domande con il verbo al passato prossimo e al passato remoto nei versi 1-4, l‘indicazione del punto in cui uno dei parlanti incontra lo sconosciuto e del punto lontano, dell‘orizzonte, «laggiù dove il cielo incomincia / e finisce la terra», e del terzo punto in cui si trova la dimora del personaggio. Certo, è un quadro ancora piuttosto statico, grazie alla stessa ripetitività delle azioni che abbiamo

103 La traduzione russa è citata dall‘edizione Итальянская лирика. XX век. Москва, Прогресс 1968. Составитель Е. Солонович, переводы с итальянского под редакцией С. Шервинского, предисловие А. Суркова. 104 Probabilmente il traduttore russo si è servito dell‘Antologia della poesia italiana 1909-1949, a cura di G. Spagnoletti. A proposito delle varianti vedi il commento in Palazzeschi 2002, pp. 1072-1073. 105 Ibid., p. 1072. 74 incontrato nei testi analizzati sopra, ma ha già in sé un nucleo narrativo106. Quanto alla figura dello sconosciuto, descritta in altre varianti del testo con maggiori dettagli («La faccia egli à… di un bianco intenso.»107), tutto sommato è tipica della letteratura dell‘inizio del secolo e non crea difficoltà nel trasferimento al suolo culturale russo. La posizione dell‘autore anche in questo caso non è espressa esplicitamente, quello che prevale è l‘accento sul mistero, sull‘ambiguità del personaggio principale. Nelle domande formulate nei due ultimi versi si potrebbe leggere l‘accenno al fatto che il protagonista è un principe, una figura ricorrente in Palazzeschi, una tra le sue maschere preferite108: infatti, l‘opposizione tra la capanna e il palazzo è tipica delle storie che raccontano del principe e del povero mendicante (spesso uno si trasforma nell‘altro), molto diffuse nelle fiabe e anche nella narrativa per l‘infanzia. Comunque sia, questi legami associativi sono validi anche per il lettore russo. Va notato anche che l‘incontro con lo sconosciuto si svolge sempre al tramonto, all‘ora misteriosa quando il giorno cede il suo posto alla notte e la luce al buio, e anche lo sconosciuto è sempre vestito di nero. Si noti, fra l‘altro, che come nei testi precedenti nella descrizione del personaggio prevale l‘aspetto visuale, il guardare da parte dello spettatore, invece lo sconosciuto rinuncia alla comunicazione, non parla e addirittura «guarda da lato». La fisionomia linguistica del componimento, che ha molte cose in comune con i testi analizzati sopra (la semplicità del lessico e della sintassi, l‘essenzialità, la povertà descrittiva che si manifesta, tra l‘altro, nella quasi assoluta mancanza di aggettivi, il carattere consapevolmente antiretorico), è in grande parte determinata dalla sua organizzazione testuale. In questo dialogo breve, per niente artificioso, vediamo una sequenza di repliche «minime», ellittiche, piuttosto «naturali» per la conversazione quotidiana (« - Solo? -/ Solo. / -Vestito? / - Di nero, è sempre vestito di nero.»). Solo nei versi 6-12 il racconto sembra prendere maggiore respiro. In questo contesto «orale» anche la ripetizione, un elemento tipico dell‘organizzazione testuale delle

106 Cfr. l‘osservazione di A. Dei a proposito della terza raccolta di Palazzeschi: «Il tratto più nuovo e caratteristico è forse la frequenza del dialogo e delle interrogazioni: le domande si susseguono e si alternano invece delle risposte, implicando un sommario confronto fra i diversi personaggi, o il rapporto con un interlocutore esterno. Ma anche l‘io dei Poemi appare in rapida emancipazione e mostra, appena nato, una gran voglia di parlare: non solo dialogo con gli oggetti e i propri personaggi, li sbeffeggia, li rabbonisce, perfino li insulta e comincia a rivolgersi fuori del libro, appellandosi al lettore e ricercandone la complicità» (Dei 2002, p. XXX). 107 Cit. da Palazzeschi 2002, p. 107. A proposito del colore bianco nella prima raccolta palazzeschiana Dei osserva: «Questo colore (o forse un non colore, un effetto di pura luminosità) ricorre in tutto il libro a contrastare con misteriosa ma debole positività la prevalenza di toni cupi, dell‘ombra; il fondamentale chiaroscuro non è tanto un dato cromatico, quanto un‘opposizione ripetuta fra luce e tenebra, che distingue i diversi luoghi e indica la pertinenza dei personaggi. Non si tratta soltanto della bipolarità tipica fra giorno e notte, tanto insistita poi in Lanterna, ma quasi di una coesistenza sincronica: l‘oscurità tipica degli incantesimi avvolge le zone deputate in una sorta di eterno crepuscolo protettivo, e il tramonto può semmai ravvivare ancor più i sortilegi, farne sprigionare tutto l potere, materializzare i fantasmi quiescenti» (Dei 2002, p. XVII). 108 Vedi a proposito il capitolo «Il principe» in Serra 2005. 75 poesie di Palazzeschi, acquisisce un altro valore, non solo serve a mettere in rilievo singoli dettagli, ma in serve a dare un tono naturale alla conversazione109. Passiamo al confronto con la versione russa, piuttosto felice, visto che riesce a conservare la stessa naturalezza dell‘originale, soprattutto nella riproduzione del dialogo. In questo caso le differenze tra l‘originale e la traduzione sono da spiegare non tanto coi meccanismi cognitivi, quanto colle divergenze generali tra le due lingue. Per esempio, in russo non è possibile rendere l‘opposizione tra il passato prossimo e il passato remoto (versi 1-4), perché in russo c‘è solo una forma del passato110, invece a precisare il momento dell‘azione sono le locuzioni avverbiali («нынче вечером», «вчера тоже вечером»). E‘ curioso che in russo il traduttore sente il bisogno di aggiungere l‘avverbio «здесь» nel verso 4, precisando il punto nello spazio dove si svolge l‘azione (lett. «passa qui ogni sera» - per conservare il verbo «vedere», ripetuto nei primi quattro verbi dell‘originale ben cinque volte, il traduttore modifica leggermente le repliche): «Здесь» («qui») è opposto a «там», «туда» («laggiù»). E‘ facile notare che la traduzione russa risulta essere più lunga dell‘originale, per esempio, il verso 4, all‘inizio del quale, per conservare il parallelismo con il verso precedente, in russo si ripete «и вчера», dopo si usa il pronome personale «он» («egli»), che in questa posizione non può essere omesso, poi si aggiunge «здесь», inoltre, il verbo in russo ha una sillaba in più rispetto a verbo italiano («проходит» – «vedo»). Probabilmente proprio le ragioni di spazio hanno costretto il traduttore a ridurre la descrizione del paesaggio nei versi 6-12. Un altro elemento che il traduttore aggiunge per precisare la descrizione dell‘azione è l‘avverbio «куда-то» (lett. «non si sa dove») nella traduzione del verso 12 «E dopo il tramonto egli passa». Inoltre, in russo per rendere il significato del verbo «passare» è necessario aggiungere al verbo degli elementi che lo concretizzano: troviamo nella versione russa due verbi dalla stessa radice oltre agli avverbi di luogo, «проходит здесь» e «уходит куда-то». Lo stesso bisogno di concretizzare il significato che porta alla scelta di due verbi diversi è evidente nella resa del verbo «guardare»: «- Ti guarda? / - Non guarda da lato, soltanto egli guarda laggiù…», cfr. in russo «Он поглядел на тебя? / - Он не смотрит по сторонам, / он смотрит только туда…». In questo caso l‘uso corrente russo permetterebbe di scegliere in tutti e due i casi il verbo «смотреть», però il traduttore preferisce un‘altra soluzione. E‘ difficile dire perché, probabilmente per la stessa tendenza generale a cui abbiamo accennato prima, cioè per rendere il testo meno astratto rispetto all‘originale. Questo desiderio di mettere un accento in più nella versione russa rispetto all‘originale è evidente anche nella traduzione della domanda «Ma dove egli sosta?»: il traduttore russo aggiunge la particella

109 Sul dialogo nelle poesie di Palazzeschi in confronto con la poesia crepuscolare e, in genere, sulla specificità della sua poesia e sul suo carattere innovativo vedi Imberty 2002. 110 Per il confronto tra il verbo italiano e il russo vedi Fici, Jampol‘skaja 2009. 76 rafforzativa «Но где ж он живет?» (cfr. in italiano «Ma dove egli sosta mai?»), ed è proprio questa brevissima parola a rendere l‘immagine più saporita.

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Chi sono?

Questa poesia, pubblicata per la prima volta nel 1909 in Poemi occupa un posto particolare nel nostro corpus, sia per il ruolo che svolge tra altri testi palazzeschiani, sia per il fatto che in questo caso disponiamo di due sue versioni russe che permettono di approfondire la nostra analisi. Si potrebbe dire che questo componimento, che apre la raccolta, rappresenta una specie di manifesto letterario, simile al famoso manifesto futurista di Palazzeschi il Controdolore111. Non per caso, come sottolinea A. Dei nel commento al testo, Ardengo Soffici «centrava su Chi sono? il suo discorso sui Poemi palazzeschiani: ―E con questo breve e amplissimo carme, per dirla con l‘ultimo dei buoni passatisti, è una carriera nuova che s‘apre al genio poetico della nostra razza. Infatti riconoscersi e accettarsi tal quale: il saltimbanco della propria anima artistica, vuole dire in Palazzeschi un‘apertura sterminata oltre ogni convenzione, ogni preoccupazione estralirica, ogni ridicolo preconcetto didattico, civico, umanistico, tendente a fare del poeta qualcosa di simile a un apostolo, illuminatore, consolatore e guidatore dei popoli‖»112. E‘ una delle poesie più famose di Palazzeschi inclusa in numerose antologie scolastiche113.

111 A proposito dei manifesti palazzeschiani vedi Livi 2002, Pedullà 2006, Curi 2007. 112 Cit. da Palazzeschi 2002, p. 1063. 113 Per esempio, in Guida al Novecento, a cura di S. Guglielmino, Principato editore, Milano, 1971, Leggere il mondo, a cura di C. Segre, C. Martignoni, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 2001 (vol. 7). Gloria Paganini, autore del manuale di italiano per stranieri Issimo usa questa poesia per costruirci sopra un‘unità didattica, tra i vari compiti allo studente viene proposto di comporre un proprio Chi sono?, partendo dallo schema palazzeschiano e aggiungendo il proprio contenuto. (Son forse…. Non….. che…., ecc.). Nella nostra prassi didattica abbiamo più volte fatto questo compito che immancabilmente suscita l‘entusiasmo degli studenti. (vedi G. Pagani, Issimo, Quaderno di scrittura. Bonacci editore, Roma, 1994). 78

Chi sono? Кто я? Кто я?

1 Chi sono? 1 Кто я? Может быть, я поэт? 2 Son forse un poeta? 2 Может, я поэт? Вот уж нет! 3 No certo. 3 Конечно, нет. Одно только слово 4 Non scrive che una parola, ben strana, 4 Одно только странное слово никогда мне писать не лень: 5 la penna dell‘anima mia: 5 слагает душа в раздумьи: дребедень. 6 follìa. 6 «безумие». Стало быть, живописец? 7 Son dunque un pittore? 7 Наверное, я художник? Ни на мизинец! 8 Neanche. 8 Но и это едва ли возможно: Одна только краска 9 Non à che un colore 9 в палитре души – один только цвет: напрашивается под руку: 10 la tavolozza dell‘anima mia: 10 «грусти след». скука. 11 malinconìa. 11 Что ж, тогда музыкант я? Значит, я музыкант? 12 Un musico allora? 12 Но и это – фантазия: Нашелся талант! 13 Nemmeno. 13 среди звуков души Одна только нота 14 Non c‘è che una nota 14 один всех ясней: понятна мне и близка: 15 nella tastiera dell‘anima mia: 15 «отзвук прожитых дней». тоска. 16 nostalgìa. 16 Наверное, я... так кто же? А может быть... Что там дальше? 17 Son dunque… che cosa? 17 Приставлю линзу Я пристраиваю глазок 18 Io metto una lente 18 к сердцу моему, к своему сердцу — 19 dinanzi al mio core, 19 пусть люди видят, что к чему. людям его открою 20 per farlo vedere alla gente. 20 Кто я такой? Так кто же я? 21 Chi sono? 21 Игрушка собственной души. Только жонглер самим собою. 22 Il saltimbanco dell‘anima mia114.

(trad. di G. Kiselëv115) (trad. di M. Vizel‘116)

Anche questa poesia è scritta in forma teatralizzata e rappresenta il monologo che l‘io narrante rivolge a un ascoltatore indefinito o, forse, a se stesso. Il ragionamento comincia con una domanda, segue una serie di domande e risposte negative, nel penultimo verso la domanda viene ripetuta e solo nell‘ultimo verso si ha la risposta positiva che può stupire il pubblico per la sua non convenzionalità. Come in altri testi, Palazzeschi non esprime in maniera esplicita il suo punto di vista e riserva al lettore la libertà di tirare le somme. Estremamente importanti per la comprensione del testo sono i legami associativi e il contesto culturale di cui fa parte. Infatti, la domanda formulata nel primo verso e, successivamente, passata anche nel titolo, rimandava il lettore italiano contemporaneo di Palazzeschi almeno a due fonti dirette: alla poesia crepuscolare e alla figura romantica del poeta nell‘opera di Giacomo Puccini La bohéme. Mengaldo, che ha analizzato la lirica palazzeschiana tra i testi poetici inclusi nella parte antologiсa del volume Storia della lingua italiana. Il

114 Cit. da Palazzeschi 2002, p. 71. 115 La traduzione è citata da Г. П. Киселев, Итальянский без преподавателя, ЧеРо, Москва, 2002. c. 399. Probabilmente la traduzione è stata eseguita dalla prima variante del testo italiano, invece la traduzione di Vizel‘ deve essere stata realizzata dalla variante più recente: lo indica il fatto che il titolo del componimento non viene ripreso nel primo verso, di conseguenza la poesia risulta essere di 21 versi. Anche la variante di Kiselev è di 21 versi rispetto ai 22 dell‘originale, però in questo caso i vv. 9-10 del testo originali sono stati uniti per trovare rima con il verso successivo («цвет - след»). 116 La traduzione è citata da http://www.netslova.ru/teneta/perevod_poetry/visel/sono.htm 79

Novecento117, dice: «Com‘è noto, la dichiarazione del proprio non essere poeti, ma qualcosa di diverso e minore, è un luogo comune dei crepuscolari: basti qui rimandare al reiterato (con variazioni) ―Io non sono un poeta‖ della Desolazione del povero poeta sentimentale di Corazzini, legato a Palazzeschi da amicizia118». La novità di Palazzeschi, continua Mengaldo, «sta nel dirsi non povero fanciullo e così via ma saltimbanco, quindi nel volgere la negazione della poesia tradizionale, perché di questo si tratta, dalle parti del circo, nel contrapporre il poeta al saltimbanco, in significativa consonanza con varii Picasso, Stravinskij ecc., e già accennano quel passaggio dalla contemplazione attonita e bambinesca al moto sghignazzante del grottesco che è tipico anche della sua poesia dopo le prime raccolte, a cominciare appunto da Poemi119». Il secondo legame associativo va dalla lirica di Palazzeschi alla famosa aria di Rodolfo nella Bohème, per dirla con Mengaldo, «quintessenza dell‘idea borghese-ottocentesca del poeta»120. Naturalmente, il lettore russo non è in grado di leggere queste associazioni (la poesia crepuscolare italiana in Russia è conosciuta solo da pochi addetti ai lavori, l‘opera di Puccini- Illica-Giacosa non fa parte del repertorio che tutti hanno a orecchio), tuttavia in certa misura può salvare la situazione il fatto che nella letteratura russa ed europea le liriche in cui il poeta medita sul proprio ruolo istituzionale sono piuttosto numerose, in questo senso di potrebbe parlare di una vera e propria tradizione. Tra le poesie antologiche basti ricordare il Profeta di Aleksandr Puškin, dove si parla della predestinazione del poeta, della sua funziona sacrale121, e, dall‘altro canto, si potrebbe ricordare il personaggio di Petruška, Arlecchino, pagliaccio, la dimensione giocosa propria anche della cultura russa, soprattutto all‘inizio del Novecento. Così, nonostante l‘impossibilità di rendere la dimensione intertestuale del componimento di Palazzeschi, il messaggio della poesia, l‘essenza della sfida lanciata dal suo autore, è ben chiara anche al pubblico russo. Mengaldo fornisce un‘analisi esauriente del testo palazzeschiano che ripercorriamo brevemente prima di passare al confronto con la versione russa. Si sottolinea l‘importanza della «gente» che funge da parola-chiave e viene contrapposta al protagonista, questa volta il poeta- saltimbanco, il quale le apre il suo «cuore», anzi, con certo masochismo le fornisce una «lente». La struttura testuale, il che è tipico di Palazzeschi, «è dominata da parallelismo e simili»122: «Qui il procedimento è vistosissimo, con rispondenze ―narrative‖ fra ogni elemento delle botte e risposte o del microschema, fino alla variazione dei vv. 16 ss.»123. Si sottolinea anche

117 Vedi Mengaldo 1994. 118 Ibid., p. 375. 119 Ibid. 120 Ibid. 121 Il verso di Puškin si cita più avanti. 122 Ibid, p. 376. 123 Ibid. 80 l‘importanza dell‘anafora semantica di vari elementi che esprimono negazione («No, Non, Neanche, Nemmeno, Non»), cui aggiungono risonanza i due «son» e, più sottilmente, il no- di «nota» e «nostalgia». E‘ importantissima la triade «follia» – «malinconia» – «nostalgia, in più Palazzeschi che parte con il primo termine sembra preannunciare l‘apparizione del «saltimbanco» nell‘ultimo verso, creando una sorta di circolarità nella strutturazione del testo. Stilisticamente importanti sono anche «le metafore di tipo preposizionale, simbolistico … con l‘epifora riccorrente ―dell‘anima mia‖» («la penna dell‘anima mia», ecc.). Tipica di Palazzeschi è «la spezzatura ―parlata‖» (verso 16). Mengaldo analizza anche le rime, che insieme con anafore e epifore cimentano la struttura testuale e creano «un eccesso di legamenti fonici che ben configura per via di ecolalia la forma della filastrocca un po‘ inebetita e insensata124». «Sintassi semplificata, parallelismi, rime e monotonia ritmica», conclude Mengaldo, «cospirano allo stesso effetto»125.

Questa breve lirica, apparentemente semplice e priva di artificio, mette il traduttore di fronte a un compito piuttosto difficile: cercare di rendere il suo ricco contenuto conservando anche l‘organizzazione poetica del testo. Vediamo quali soluzioni propongono i suoi traduttori russi Gennadkij Kiselëv e Michail Vizel‘. Nel definire il proprio «io» l‘autore rifiuta, l‘una dopo l‘altra, tre ipostasi dell‘artista, le figura di poeta, musicista e pittore, ognuno presente con l‘attributo del proprio mestiere. Per il poeta è una «penna» che «non scrive che una parola», per il pittore «una tavolozza» che «non ha che un colore», per il musicista «una nota», la sola che ha «la sua tastiera». Purtroppo le traduzioni russe non riescono a conservare il parallelismo delle tre parti legate ai tre mestieri. Per esempio, l‘arma del poeta non viene menzionata in nessuna delle due traduzioni, nella prima si menziona solo «слово» («la parola») che «слагает душа в раздумье» (lett. «compone l‘anima nei momenti di riflessione»). Infatti, del poeta in russo si direbbe «пишет, сочиняет, слагает стихи», l‘ultima variante, scelta dal traduttore, appartiene a un registro più alto. Nella seconda traduzione si parla della «parola» che il poeta letteralmente «non s‘annoia mai di scrivere» («никогда мне писать не лень»). Il pittore è stato più fortunato: nella prima traduzione troviamo i nomi «палитра» e «цвет» («tavolozza» e «colore»), nella seconda, dove si usa non il termine generico «художник» («pittore», ma anche «artista»), ma «живописец» («pittore, colui che dipinge coi colori»), non si parla di «tavolozza», ma solo di «colore». Il musicista nelle due traduzioni perde il suo attributo, si parla solo di un «suono» («звук») o di una «nota» («нота»). Va notato che il primo traduttore è molto attento a rendere la parola italiana «anima» («душа»)

124 Ibid. 125 Ibid., p. 377. 81

(«слагает душа», «в палитре души», «среди звуков души»), invece nella seconda versione dell‘anima non si parla proprio, anche nell‘ultimo verso troviamo «жонглер самим собою» (lett. «il giocoliere di se stesso»). Come sottolinea Mengaldo, per la comprensione della lirica sono estremamente importanti tre parole che, fra l‘altro sono in rima che sottolinea il legame tra di loro. Con questi termini l‘autore definisce il proprio «io»: «follia – malinconia – nostalgia». Il lettore italiano, soprattutto il contemporaneo di Palazzeschi, le riconosceva subito: in sostanza, solo la prima parola, «la follia», rappresentava un passo avanti in confronto con la poesia dell‘epoca, piena di tristezza e nostalgia126. Come nota Mengaldo, l‘apparizione di «follia» nei primi versi aiuta a creare la circolarità della composizione e di prevedere la risposta definitiva formulata negli ultimi versi (si noti anche la maestria di Palazzeschi nella costruzione testuale: all‘inizio sembra voler convincere il lettore che la «follia» non è propria di poeti, ma con tutta la poesia afferma il contrario). Nella prima traduzione russa troviamo la seguente triade: «безумие - грусти след – отзвук прожитых дней», nella seconda «дребедень – скука – тоска». Purtroppo in tutti e due casi si perde la rima, però c‘è rima con i versi immediatamente precedenti («в раздумьи – безумие», «не лень – дребедень»). Le traduzioni russe presentano curiosi cambiamenti semantici rispetto all‘originale italiano. Per esempio, «безумие» è una precisa traduzione del termine «follia», anche per le connotazioni, per il registro stilistico e le associazioni che fa nascere, invece «дребедень», cioè sciocchezza, grulleria, scempiaggine è molto più categorico e offensivo, in più questa parola non descrive lo stato d‘anima dell‘artista, ma il risultato del suo lavoro, mette in questione il suo valore. La «malinconia» nella prima variante è tradotta con un cliché poetico «грусти след» («traccia di tristezza»), nella seconda variante troviamo «скука» («noia»). Il problema non è che «essere tristi» e «annoiarsi» non sia la stessa cosa, ma la tristezza si addice all‘artista romantico, fosse un pittore, un musicista o un poeta, invece la noia non è creativa, perciò il non-pittore, come il non-poeta che produce «grulleria», produce qualche cosa di noioso e privo di valore. Anche nel caso del terzo personaggio, del musicista, si sente la stessa diversità di registri nelle traduzioni russe: nella prima variante «nostalgia» è reso con un cliché poetico «отзвук прожитых дней» («l‘eco dei giorni passati»), nella seconda variante con un termine breve «тоска» («tristezza, malinconia», ma anche «noia, fastidio»). Dunque, la prima traduzione conserva il carattere parodico dell‘originale, il rimando alla tradizione letteraria, visto che si usano parole ed espressioni che fanno parte del tradizionale repertorio poetico, invece

126 A parte il legame con i poeti crepuscolari, ci poteva essere una ragione concreta per scegliere proprio questi termini: «I termini chiave che Palazzeschi rivendica e fa sfilare in rima (follia, malinconia, nostalgia) sono sì abbastanza canonici e prevedibili, almeno il secondo e il terzo, ma corrispondono esattamente anche ai primi giudizi critici ricevuti: sulla ―follia‖ si imperniava l‘imbarazzata recensione di Moretti ai Cavalli bianchi, la ―nostalgia‖ vi era stata rilevata da un simpatetico Corazzini, la ―malinconia‖ letta da Gozzano in Lanterna». Vedi Dei 2002a, pp. 42-43. Sulla «follia» palazzeschiana vedi anche Curi 2007. 82 nella seconda traduzione la parodia esplicita, verbalizzata, viene persa, in compenso la voce dell‘autore diventa più decisa, ironica, quasi brusca, innanzitutto nei confronti di se stesso. E‘ molto importante in questa poesia l‘opposizione tra il poeta e la gente, l‘anonima folla, in genere tipica di Palazzeschi. A differenza del poeta-romantico l‘autore non costruisce barriere tra se e la folla, non nasconde il suo segreto – al contrario, con un piacere masochista mette a nudo il proprio «io», mette davanti al suo cuore una lente perché la gente possa soddisfare la sua curiosità e vedere bene cosa si sta svolgendo nel suo cuore. La prima traduzione riproduce quasi testualmente l‘originale: «Приставлю линзу к сердцу своему, пусть люди видят, что к чему», invece nella seconda traduzione il significato leggermente cambia: qui si tratta di «глазок» («spioncino»), simile a quello che permette di vedere chi sta dietro la porta. L‘immagine del cuore-stanza, la porta della quale di solito è chiusa, è rafforzato dal verbo «открыть» («aprire»), in più in russo quest‘immagine trova conferma anche nell‘uso corrente: ricordiamo le espressioni «с открытым сердцем», «открыть свое сердце» («con un cuore aperto», «aprire il cuore»), ecc. Probabilmente le più grosse difficoltà riguardano la traduzione della parola-chiave con la quale l‘autore definisce se stesso: «saltimbanco» – «chi si esibisce nelle piazze, nei circhi o nei baracconi in esercizi di abilità, destrezza o in numeri musicali o comici»127. Come è stato detto sopra, questa immagine era molto diffusa nell‘arte dell‘inizio del secolo: si pensi ai personaggi di Picasso, di Toulouse-Lautrec, di Stravinskij, di Applinaire, Rilke, ecc.128 Questa figura poliedrica, che permette numerose letture, vanta in Europa una tradizione plurisecolare, ma il suo arrivo in Italia all‘inizio del Novecento, probabilmente, si spiega con l‘influenza della cultura francese129. Invece Palazzeschi per primo tra gli italiani ha osato proporre l‘immagine grottesca del poeta-saltimbanco, del giocoliere, del pagliaccio, che fa ridere il pubblico e le mostra il risvolto comico e buffo delle cose che sembrano serie. Nella prima variante della traduzione troviamo «игрушка собственной души» («balocco della propria anima»): potrebbe sembrare una variante piuttosto lontana dall‘originale italiano, in compenso si rende l‘idea di gioco, in più fa venire il mente il cliché poetico «быть игрушкой в руках кого-либо» («essere un giocattolo nelle mani di qd»), cfr. un‘espressione tipica del repertorio romantico «быть игрушкой у руках судьбы» («essere un giocattolo nelle mani del destino»). Nel nostro caso il poeta gioca con se stesso, è il suo proprio balocco. Nella seconda traduzione troviamo la parola «жонглер» («giocoliere»). In russo questa parola ha un doppio significato: il lettore colto ricorderà, probabilmente, la poesia dei giocolieri nella Francia del Medio Evo, tutti, invece, conoscono il

127 Vedi la relativa voce in De Mauro 2000. 128 Sulla figura di poeta-saltimbanco di Palazzeschi e Petruška di Stravinskij vedi Curi 2002, p. 65. 129 Sulla figura di saltimbanco nell‘opera di Palazzeschi vedi Barnabo 2006, vedi anche Starobinski 1984. 83

«giocoliere» che si esibisce al circo, però non fa ridere il pubblico (in questo caso si parla di «шут, клоун»), ma stupisce con la sua abilità di giocare con oggetti lanciandoli in alto. Dunque, l‘immagine creata nella seconda traduzione è più vicina all‘originale italiano, ma anche essa riesce a trasmettere solo una parte del suo significato. Oppure si deve pensare a un pagliaccio il quale nella sua esibizione fa parodia del giocoliere, come avviene alcune volte all‘arena del circo. Quanto all‘organizzazione testuale, bisogna sottolineare ancora una volta l‘eccezionale minimalismo di mezzi linguistici adoperati da Palazzeschi: Mengaldo ha analizzato l‘anafora semantica, la ripetizione di vari elementi che esprimono negazione (vedi sopra), così come di altri meccanismi testuali. Purtroppo le traduzioni russe non riescono a renderli tutti, per esempio, risulta essere impossibile conservare l‘anafora. Tuttavia i due traduttori cercano di riprodurre la testualità dell‘originale, della sua organizzazione poetica, dell‘uso della rima. Infine, bisogna parlare delle aggiunte rispetto all‘originale che indicano chiaramente la direzione nella quale si muovevano i traduttori. Per esempio, nella prima versione leggiamo «слагает душа в раздумье» («compone l‘anima pensierosa»): Palazzeschi non descrive un poeta pensieroso, però questo dettaglio non contraddice affatto l‘immagine romantica dell‘artista disegnata e allo stesso tempo presa in giro in questa versione. Nella seconda traduzione colpisce l‘intonazione brusca, tipica del parlato, per esempio, nelle risposte negative «Вот уж нет!», «Ни на мизинец!», «Нашелся талант!» (lett. «Proprio no!», «Neanche per un mignolo!», cioè «Neanche un po‘» e «Guarda che talento che si è trovato!»). Certo che come registro stilistico sembrano esagerazioni rispetto ai termini neutri italiani «No certo», «Neanche», «Nemmeno». Infine, va notato che tutti e due i traduttori nel rendere la domanda «Chi sono?», quando viene ripetuta verso la fine della lirica (verso 22), sentono il bisogno di metterci l‘accento logico, di riformulare leggermente la domanda, invece di ripeterla così com‘è presente all‘inizio del testo: «Кто я такой?» e «Так кто же я?» (cfr. «Chi sono dunque?», «Chi sono mai?»). Così si tradisce, indubbiamente, il minimalismo palazzeschiano, ma allo stesso tempo aumentano la carica emotiva della lirica e si preannuncia al lettore che nel verso successivo sarà finalmente data una risposta alla fondamentale domanda «Chi sono?».

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La fontana malata

La fontana malata Больной фонтан

1 Clof, clop, cloch, Клоф, клоп, клох, 2 cloffete, клоффете, 3 cloppete, клоппете, 4 clocchete, клоккете, 5 chchch… кх-кх-кх… 6 E‘ giù nel Внизу, 7 cortile во дворе, 8 la povera бедный 9 fontana больной 10 malata, фонтан. 11 che spasimo Что за пытка 12 sentirla слушать 13 tossire! его кашель! 14 Tossisce, Кашляет, 15 tossisce, кашляет, 16 un poco ненадолго 17 si tace, умолкнет 18 di nuovo и снова 19 tossisce. закашляет. 20 Mia povera Мой бедный 21 fontana, фонтан, 22 il male твоя 23 che ài боль 24 il core сжимает 25 mi preme. мне сердце. 26 Si tace, Молчит, 27 non getta вода 28 più nulla, не течет, 29 si tace молчит, 30 non s‘ode не слышно 31 romore ни звука. 32 di sorta, Замер. 33 che forse… А вдруг… 34 che forse вдруг 35 sia morta? он умер? 36 Che orrore! Какая мука! 37 Ah, no! Ах, нет! 38 Rieccola, Вот 39 ancora снова 40 tossisce. раскашлялся. 41 Clof, Клоф, клоп, клох, 42 clop, клоффете, 43 cloch, клоппете, 44 cloffete, клоккете, 45 cloppete, кх-кх-кх… 46 clocchete, Его убивает 47 chchch… чахотка. 48 La tisi Боже, 49 l‘uccide. как же его 50 Dio Santo, вечный 51 quel suo кашель 52 eterno меня 53 tossire измучил. 54 mi fa Недолго 55 morire, еще терпимо, 85

56 un poco но столько - 57 va bene, невыносимо! 58 ma tanto! Эти хрипы! 59 Che lagno! Авель, 60 Ma Habel, Виттория, ну же! 61 Vittoria! Скорей, 62 Correte, chiudete перекройте 63 la fonte, источник. 64 mi uccide Изводит 65 quel suo меня 66 eterno этот его 67 tossire! вечный 68 Andate, кашель. 69 mettete Подите, 70 qualcosa сделайте 71 per farla что-нибудь, 72 finire, чтоб его 73 magari… остановить, 74 magari а может… 75 morire! может 76 Madonna! его убить! 77 Gesù! Мадонна! 78 Non più, Иисусе! 79 non più! Ну хватит же, 80 Mia povera хватит! 81 fontana Мой бедный 82 col male фонтан, 83 che ài от боли 84 finisci, твоей 85 vedrai, я ведь 86 che uccidi тоже 87 me pure. умру. 88 Clof, clop, cloch, Клоф, клоп, клох, 89 cloffete, клоффете, 90 cloppete, клоппете, 91 clocchete, клоккете… 92 chchch… кх-кх-кх…

(trad. di A. Jampol‘skaja)130

La poesia è stata pubblicata nei Poemi (1909) e rielaborata nelle edizioni successive131. La traduzione citata sopra è stata eseguita dalla prima variante132. Anche questo componimento rappresenta «uno dei manifesti della diversità poetica palazzeschiana»133. Accolta con entusiasmo da Marinetti («I suoi ―Clof, clop, cloch, clofete, chchch…‖ sono senza dubbio i primi sputi gloriosi che il Futurismo ha lasciato cadere sul ridicolo Altare dell‘Arte coll‘A maiuscolo»)134, la poesia ha avuto in Italia una grande fortuna. Molto importante per la corretta interpretazione della lirica è il legame con i componimenti del poeta-vate, innanzitutto con la

130 La traduzione russa è citata da А. Палаццески, Противоболь. Манифест футуризма. Два стихотворения («Больной фонтан», «Визит к графине Еве Пиццардини Ба»). Пер. А. Ямпольской. // «Иностранная литература», № 10 2008 «Итальянская литература в поисках формы» (составитель А. Я.). с. 205-216. 131 Si cita da Palazzeschi 2002, pp. 162-164. 132 Non è stato possibile stabilire con quale edizione ha lavorato Ošerov. 133 Vedi il commento in Palazzeschi 2002, p. 1085. 134 Si cita dal commento di A. Dei in Palazzeschi 2002, p. 1085. 86 celebre Pioggia nel pineto, parodiata da Palazzeschi, ma anche con le Vergini delle rocce (all‘episodio della fontana chiusa), così come con la figura e con le poesie di Sergio Corazzini, amico di Palazzeschi, morto di tisi135. La poesia è stata tradotta in russo due volte: la versione citata sopra è stata eseguita in occasione dell‘uscita del numero italiano della rivista «Inostrannaja Literatura», la versione più antica è di L. Ošerov. La nostra analisi contrastiva avrà come oggetto il confronto dell‘originale italiano con la versione di Ošerov, quanto alla nostra esperienza, ci servirà soprattutto per fare qualche osservazione e per considerare eventuali soluzioni alternative. E‘ ben evidente il carattere teatrale del componimento: in sostanza la poesia rappresenta il monologo del personaggio che sente il rumore della fontana nel cortile simile alla tosse del malato; la continua tosse della fontana fa soffrire il protagonista il quale ora riflette (vv. 6-19), ora si rivolge alla fontana (vv. 20-25), poi, ad un certo punto, chiama, probabilmente, la servitù, Habel e Vittoria, e gli dice di scendere per chiudere la fontana e mettere fine al tormento sia della fontana (che in questa poesia è rappresentata come una persona viva, un malato terminale) sia del protagonista. Di lui sappiamo ben poco: l‘ambientazione spaziale e temporale della poesia è piuttosto vaga, più importante è la dimensione emotiva, la paura della malattia, la tisi, che ai primi del Novecento sembrava, infatti, quasi una condanna. Ma non meno importante di questo scenario è l‘organizzazione testuale del componimento che sia nella grafica sia nello suono rende l‘impressione di chi sente la fontana malata. I suoi versi brevissimi, molti dei quali constano di una sola parola, cadono come gocce; lo suono da loro prodotto non è descritto sono nei versi onomatopeici «Clof, clop, cloch…», ma anche reso dall‘aspetto sonoro delle parole, per esempio, dalla notevole presenza di sibilanti. La posizione dell‘io narrante è piuttosto chiara: la compassione per la «povera fontana malata», che «ha male» raggiunge il punto in cui il protagonista è pronto a «farla morire», pur di mettere fine alla sua tortura, ma questi sentimenti nei confronti della fontana si mescolano, come abbiamo detto, alla paura per se stesso, alla propria sofferenza («col male / che hai / finisci, / vedrai, / che uccidi / me pure»). La fisionomia linguistica del componimento risponde all‘obiettivo di rendere la natura teatrale del testo: i versi onomatopeici (vv. 1-5) che si ripetono all‘interno del testo e alla sua fine, creando una sorta di circolarità (ma anche, grazie alla ripetizione, soprattutto nei versi finali, rimanendo impressi nella memoria del lettore), si alternano con le parole del protagonista. La sintassi risponde innanzitutto all‘obiettivo di rendere il carattere ora descrittivo, ora orale del testo: questo spiega le ripetizioni e le sequenze di verbi (vv. 14-19, «tossisce, tossice, un poco si tace, di nuovo tossisce»); nei brani descrittivi il verbo è in terza persona, nella battuta rivolta alla

135 Vedi Dei 2002, p. XXXIV. 87 fontana in seconda persona singolare, nell‘appello ad Habel e Vittoria in seconda persona plurale. L‘io narrante ragiona, fa una pausa, poi domanda se stesso, esclama, poi si risponde (vv. 33-40 ―che forse… / che forse / sia morta? / Che orrore! / Ah, no! / Rieccola, / ancora / tossisce.») Il lessico è piuttosto neutro, privo di elementi dialettali. Infine, si può notare la presenza di varianti poetiche non dittongate (core, romore136).

Больной фонтан

1 Клëф, клëп, клëк, клëпете, клëфете, клëкете, кх-кх-кх… 2 Внизу, под окошком, хворает наш бедный фонтан. 3 Как больно мне слышать кашель фонтана! 4 Закашлялся, смолк он, закашлялся снова надолго. 5 Мой бедный фонтан, твой недуг надрывает мне сердце! 6 Вот смолк он: ни струйки… не слышно привычного плеска. 7 Ах, что с ним? Быть может… быть может, он умер? О ужас! 8 Но нет! Я слышу: он кашляет, кашляет снова – 9 клëф, клëп, клëк, клëфете, клëпете, клëкете, кх-кх-кх… 10 Его убивает чахотка. О боже, помилуй! 11 От этого вечного кашля я тоже погибну! 12 Ну ладно – немножко, а то ведь все время… Вот мука! 13 Виктория, Авель, бегите скорее, заткните источник, 14 Не то я погибну от этого вечного кашля! 15 Ступайте и сделайте все, что угодно, 16 чтоб только умолкнул кашель фонтана, 17 пусть даже… пусть даже умрет он. 18 Мадонна! Нет сил! Нет сил! 19 Ах, бедный фонтан мой, увидишь: 20 своею болезнью погубишь меня ты! 21 Клëф, клëп, клëк, клëфете, клëпете, клëкете, кх-кх-кх…

(trad. di S. Ošerov)137

Passiamo al confronto con la versione russa. Nella traduzione di Ošerov colpisce innanzitutto la veste grafica: il traduttore ha trasformato i brevissimi versi palazzeschiani in versi lunghi che tendenzialmente corrispondono a una battuta. Questa soluzione che si spiega, probabilmente, con ragioni tecniche (la traduzione di Ošerov è pubblicata, insieme con La casa di Mara, nella sua introduzione a Sorelle Materassi con l‘obiettivo di illustrare la poetica di Palazzeschi, e lo spazio breve dell‘introduzione difficilmente permetteva di riprodurre La fontana malata così com‘è), ma non solo: si sa che alcuni critici non riconoscono l‘esistenza del verso libero nella poesia italiana e trasformano versi liberi in versi lunghi nei quali si cercano i

136 Vedi Serianni 2001. 137 La traduzione è citata da А. Палаццески, Сестры Матерасси. Художественная литература, Ленинград, 1968. Перевод С. Бушуевой, вступительная статья С. Ошерова. 88 residui dei metri tradizionali: dunque l‘operazione effettuata dal traduttore russo non è una novità assoluta138. Nel rendere la descrizione onomatopeica della tosse il traduttore la modifica leggermente: cambia la vocale o > ë, invece delle doppie consonanti, tipiche della fonetica italiana, usa consonanti singole, tipiche della fonetica russa, infine, rende «chchch» con «кх-кх-кх» (tradizionalmente questi suoni servono a descrivere la tosse in russo). La modifica della vocale, invece, può essere spiegata con ragioni semantiche: in russo esistono nomi «клоп» («cimice») e «клок» («ciocca, brandello»), e il traduttore, evidentemente, non ha cercato di evitare inutili fraintendimenti139. Inoltre, il traduttore ha riprodotto bene la fisionomia sonora del testo, il suono della fontana che tossisce: anche nel testo russo è evidente la notevole presenza di sibilanti e palatali s, š, f, ţ, č. Riproducendo l‘organizzazione testuale descritta sopra, il traduttore cerca di rendere le battute russe molto naturali, leggermente modificando in alcuni casi le frasi: per esempio, una frase complessa (vv. 6-13) viene divisa in due frasi indipendenti. Per rendere l‘esitazione dell‘io narrante (che graficamente è marcata con tre punti) il traduttore non solo la riproduce negli stessi versi dell‘originale, ma anche aggiunge tre punti nel verso 6, dove, infatti, chi parla si domanda sulla ragione del silenzio della fontana. Il confronto con la versione russa, come in altri casi, dimostra l‘importanza del frame: nel primo verso invece di «giù nel cortile» troviamo «внизу, под окошком» (lett. «laggiù, sotto la finestra»); il traduttore ha presente l‘immagine dell‘edificio cambia i dettagli del quadro descritto, o meglio, ne menziona un altro, senza modificare il quadro dell‘insieme. Lo stesso vale per il verso 6 «не слышно привычного плеска» che rende «non s‘ode rumore di sorta»: in originale «плеск» («sciabordio, mormorio») non è nominato, ma il traduttore sa che l‘acqua della fontana produce questo tipo di suono. In genere nella versione russa si nota la tendenza alla maggiore concretezza, soprattutto nel lessico e nella descrizione delle azioni: per esempio, troviamo il verbo «хворать», sinonimo colloquiale di «болеть» («essere malato, sta male») (anche per evitare la ripetizione della parola dalla stessa radice nel verso successivo «больно»); il nome tradizionale e popolare «недуг», sinonimo di «болезнь» («il male, la malattia»); al verbo «tacere» in russo corrispondono due verbi dalla stessa radice «смолкнуть» e «умолкнуть»140. Importantissima per la poesia è la rima «tossire – morire» e, in genere, la ripetizione di questi due verbi in diverse forme, in russo, invece, la descrizione dell‘azione è più concreta: «tossire» è reso con «кашлять», «закашляться» (lett.

138 La divisione grafica nella traduzione di Ošerov purtroppo diminuisce la monotonia del testo, cambia la sua veste fonosimbolica (vedi a proposito Menichetti 2002, p. 119). 139 Nella nostra traduzione abbiamo ripetuto la versione di Palazzeschi (solo la descrizione della tosse è come quella proposta da Ošerov), diversi editor che hanno letto il testo e i lettori non hanno posto obiezioni. 140 Vedi le relative voci sul sito www.gramota.ru 89

«cominciare a tossire»), «закашляться надолго» (lett. «tossire a lungo») e anche con il nome «кашель»; il verbo «morire» è reso con due verbi russi - «убивать» («uccidere») и «погибнуть» («perire»). Un‘altra importante caratteristica grammaticale riguarda il tempo verbale: mentre l‘originale italiano è scritto al presente (tranne il congiuntivo passato nella frase «forse sia morta» e il futuro «vedrai»), in russo troviamo sia il presente, sia il passato (vv. 4, 6, 7), sia il futuro (vv. 11, 14, 20). Visto che in questi casi l‘uso del futuro e del presente non può essere spiegato da ragioni puramente grammaticali, come, per esempio, l‘uso del passato nel verso 16 («чтобы умолкнул»), si deve riconoscere di avere a che fare con le differenze condizionate dall‘uso: a differenza dell‘italiano, in russo il riassunto si fa al passato; d‘altro canto, l‘assenza della regola del consecutio temporum rende possibile la mescolanza abbastanza libera, o, meglio, condizionata dalla semantica dell‘azione e non da ragioni formali, del presente, del passato e del futuro141. Comunque sia, questo fa così che la traduzione russa si allontani dal minimalismo dell‘originale e il quadro descritto acquisisca sfumature supplementari. Il bisogno di aggiungere degli accenti, che abbiamo rilevato nella versione russa, si manifesta anche nel fatto che alla fine della poesia il verso 19 comincia con un‘interiezione «Ah» (lett. «Ah, mia povera fontana») che alza il grado emotivo della domanda. Infine, bisogna dire qualche parola sula dimensione intertestuale del componimento. Naturalmente, al lettore russo non viene in mente né D‘Annunzio, né Corazzini, né altri fenomeni precedenti relativi alla cultura italiana. Compensare queste perdite in russo non è facile, inoltre, l‘immagine stessa della fontana non fa parte della cultura tradizionale russa, della vita quotidiana, come in Italia, ma appartiene alla cultura «alta», all‘architettura delle dimore nobili, dei parchi e anche delle grandi città (l‘acqua da bere si prendeva dal pozzo, l‘acqua delle fontane per i russi non è potabile per definizione). Per questo la fontana è vista come un elemento architettonico decorativo, non utilitaristico, è questa perdita semantica non può essere compensata142. D‘altro canto, anche il lettore russo si può immaginare il rumore dell‘acqua, delle

141 Vedi a proposito Weinrich 1978, per il confronto con il russo vedi Fici, Jampol‘skaja 2009. 142 Si pensi almeno alle due famose fontane della poesia russa: al poema di A. Puškin La fontana di Bachčisaraj o alla lirica di F. Tjutčev Fontan che ci permettiamo di citare per intero nella traduzione di T. Landolfi (si cita dal volume Antologia della poesia russa. A cura di S. Garzonio e G. Carpi. La biblioteca di Repubblica. Roma, 2004, p. 375).

Фонтан La Fontana

Смотри, как облаком живым Guarda come qual viva nume leva Фонтан сияющий клубится; volute la fonata risplendente, Как пламенеет, как дробится come fiammeggia, come franto Его на солнце влажный дым. al sole è l‘umido suo fumo. Лучом поднявшись к небу, он Alzandosi nel cielo col suo getto, Коснулся высоты заветной — la recondita altezza sfiora, ed ecco, 90 gocce che cadono, e soprattutto conosce la tisi, perciò l‘immagine della fontana descritta come un essere umano è valida anche per il pubblico russo143. Quanto alla nostra traduzione, abbiamo cercato di essere più precisi sia nella resa della forma grafica sia delle particolarità linguistiche del testo, soprattutto del suo minimalismo (anche se in alcuni casi, per esempio, nella descrizione dell‘azione è stato necessario tradirlo), di singole frasi («Che lagno!» – «Эти хрипы!», cfr. «Вот мука!»; la seconda soluzione non descrive lo stato della fontana, ma dell‘io narrante). In ogni caso, anche noi abbiamo cercato in russo una forma naturale dell‘espressione, obbedendo alla necessità di conservare la brevità dell‘originale, le sue caratteristiche fonetiche e la rima.

И снова пылью огнецветной in polvere color di fuoco, pure Ниспасть на землю осужден. è condannata a ripiovere in terra. О смертной мысли водомет, O tu fontana del pensiero umano, О водомет неистощимый! inesauribile fontana! Какой закон непостижимый E qual è mai l‘imperscrutata Тебя стремит, тебя мятет? legge che t‘agita e t‘incalza? Как жадно к небу рвешься ты!.. Come avida ti lanci verso il cielo!... Но длань незримо-роковая, Ma una mano invisibile e fatale, Твой луч упорный преломляя, frangendo il getto pervicace, Свергает в брызгах с высоты lo precipita in polvere dall‘alto. 143 Vedi il capitolo sui problemi lessicali della traduzione, in particolare, sulla resa dei realia in Федоров 2002, Алексеева 2004. 91

Lasciatemi divertire

Lasciatemi divertire Дайте мне порезвится (Canzonetta) (Канцонетта)

1 Tri tri tri Кри кри кри, 2 fru fru fru фру фру фру, 3 uhi uhi uhi уйу уйу уйу, 4 ihu ihu ihu. ийу ийу ийу.

5 Il poeta si diverte, Поэт забавляется 6 pazzamente, бесконечно. 7 smisuratamente. Мешать ему бессердечно. 8 Non lo state a insolentire, Тем паче не надо злиться, 9 lasciatelo divertire дайте ему порезвиться, 10 poveretto, бедняжке, 11 queste piccole corbellerie ведь он и не помышляет 12 sono il suo diletto. о большей поблажке.

13 Cucù rurù, Куку руру, 14 rurù cucù, руру куку, 15 cucuccurucù! куккуккуруку!

16 Cosa sono queste indecenze? Что значит сие безобразие? 17 Queste strofe bisbetiche? Эти строфы… гм... экзотические? 18 Licenze, licenze, Вольности, вольности, 19 licenze poetiche. вольности поэтические. 20 Sono la mia passione. Они моя слабость.

21 Farafarafarafa, Фарафарафарафа, 22 Tarataratarata, Таратаратарата, 23 Paraparaparapa, Парапарапарапа, 24 Laralaralarala! Ларалараларала!

25 Sapete cosa sono? Хотите, растолкую? 26 Sono robe avanzate, Да то же отходы. 27 non sono grullerie, Прошу без оскорблений: 28 sono la… spazzatura не глупости – отбросы 29 delle altre poesie. других стихотворений.

30 Bubububu, Бубубубу, 31 fufufufu, фуфуфуфу. 32 Friù! Фриу! 33 Friù! Фриу!

34 Se d‘un qualunque nesso Но на кого рассчитан 35 son prive, подобный бред? 36 perché le scrive Зачем его строчит он, 37 quel fesso? горе-поэт?

38 Bilobilobilobilobilo Билобилобилобилобило 39 blum! блюм! 40 Filofilofilofilofilo Филофилофилофилофило 41 flum! флюм! 42 Bilolù! Filolù! Билолу. Филолу. 43 U. У.

44 Non è vero che non vogliono dire, Нет, неправда, что это не значит… 45 vogliono dire qualcosa. Это значит кое-что, 46 Voglion dire… это значит… 47 come quando uno si mette a cantare Сейчас вам все станет ясно: 48 senza saper le parole. представьте, что кто-то поет, 92

49 Una così molto volgare. не зная слов. 50 Ebbene, così mi piace di fare. По-моему, это прекрасно.

51 Aaaaa! Ааааа! 52 Eeeee! Эээээ! 53 Iiii! Иииии! 54 Ooooo! Ооооо! 55 Uuuuu! Ууууу! 56 A! E! I! O! U! А! Э! И! О! У!

57 Ma giovinetto, Как вам, не знаю, 58 diteci un poco una cosa, а мне за вас неловко. 59 non è la vostra una posa, Скажите честно – это не рисовка: 60 di voler con così poco мол, посудите сами, 61 tenere alimentato не так уж это трудно – 62 un sì gran foco? грешить стихами?

63 Huisc… Huiusc… Уиск… Уиуск… 64 Huisciu… sciu sciu, Уишу… шу шу. 65 Sciukoku… Koku koku, Шукоку… Коку коку. 66 Sciu Шу 67 ko ко 68 ku. ку.

69 Come si deve fare a capire? Но, юноша, вы многого хотите 70 Avete delle belle preteste, от тех, кто незнаком 71 sembra ormai che scriviate in giapponese, с японским языком.

72 Abì, alì, alarì. Аби, али, алари. 73 Riririri! Риририри! 74 Ri. Ри.

75 Lasciate pure che si sbizzarrisca, А я бы не мешал ему кривляться, 76 anzi, è bene che non lo finisca, пусть корчит из себя паяца, 77 il divertimento gli costerà caro: он в результате прослывет ослом – 78 gli daranno del somaro. и поделом.

79 Labala Лабала 80 falala фалала 81 falala… фалала… 82 eppoi lala… и еще лала… 83 e lalala, lalalalala lalala. и лалала лалалалала лалала.

84 Certo è un azzardo un po‘ forte Такие сочинения вчера 85 scrivere delle cose così, еще сошли бы с рук. 86 che ci son professori, oggidì, Сегодня же куда ни плюнь – вокруг 87 a tutte le porte. профессора.

88 Ahahahahahahah! Хахахахахахаха! 89 Ahahahahahahah! Хахахахахахаха! 90 Ahahahahahahah! Хахахахахахаха!

91 Infine, Тем более я прав, 92 io ho pienamente ragione, не возражайте, 93 i tempi sono cambiati, теперь, когда любой – ума палата, 94 gli uomini non domandano più nulla никто пророком не считает 95 dai poeti: поэта – 96 e lasciatemi divertire! и дайте мне порезвиться! (trad. di E. Solonovič)144

144 La traduzione russa è citata dall‘edizione Итальянская поэзия в переводах Евгения Солоновича. Радуга, Москва, 2000. 93

La poesia è stata pubblicata nel 1910 nella raccolta L‟incendiario, la traduzione russa è stata eseguita da una variante più recente145. Come la celebre lirica Chi sono? questo testo viene spesso interpretato come una specie di manifesto poetico di Palazzeschi. Anche i contemporanei, come sottolinea A. Dei nel commento al testo, l‘hanno letta come testo chiave della raccolta. Lo testimoniano le parole di F.T. Marinetti e di A. Soffici, piuttosto entusiasti del componimento palazzeschiano: «Palazzeschi, adunque, è uno dei pochissimi poeti oggi capaci di dire in Italia una parola nuova. La stessa magnifica insolenza di E lasciatemi divertire, dove la poesia non è ridotta che ad un ebbro barbugliamento canzonettistico di sillabe di tutti i toni, è prova del suo prepotente ingegno e più ancora del suo eccezionale, saldissimo atteggiamento psicologico» (F. T. Marinetti); «Coll‘apparente incoscienza d‘un bambino, guidato però da un fiuto sicuro, il poeta Palazzeschi ha insegnato all‘Italia a ridere allegramente dei professori, infischiandosi, meglio o più d‘ogni altro, di tutte le regole, di tutti i divieti stilistici e linguistici. E lasciatemi divertire è il più bel trattato d‘arte poetica, e insieme lo schiaffo più poderoso che abbiano mai ricevuto in faccia i passatisti d‘Italia» (F. T. Marinetti); «Abbiamo visto in Chi sono? il Palazzeschi riconoscersi e confessarsi saltimbanco poetico, ecco che nella canzonetta E lasciatemi divertire! lo troviamo in bilico sur un filo a trillare allegramente, in alto a cento piedi sulla saggezza del pubblico, e fare del suo gioco un ideale di vita e d‘arte» (A. Soffici)146. La poesia, pubblicata con il sottotolo scherzoso che definirebbe il suo genere (Canzonetta) è, infatti, uno dei componimenti più espressivi e originali del poeta fiorentino. La sua struttura testuale è piuttosto complicata: la «folle» canzonetta del poeta si alterna con il passo narrativo (vv. 5-12) che espone lo scenario descritto (il racconto è in terza persona, chi parla si rivolge al pubblico in seconda persona plurale), segue il dialogo del poeta con altri personaggi non meglio definiti (vv. 16-20, 25-29, ecc.), la conversazione tra questi personaggi (vv. 34-37, 75-78, 84-87), concludono il testo le parole del poeta che quasi testualmente ripetono i primi versi della poesia creando così, come in Chi sono?, un movimento circolare. Lo stesso titolo Lasciatemi divertire è rivolto dall‘io narrante al pubblico, all‘anonima gente, presente, come abbiamo visto, nei versi palazzeschiani a partire dai primissimi testi. Però ormai il silenzio è rotto, il poeta comunica con la gente e addirittura la sfida. Effettivamente, non sarebbe una forzatura affermare che si ha a che fare con un manifesto in cui l‘autore, come in Chi sono?, rinuncia alla tradizionale figura romantica del poeta che obbedisce alla sua musa, al popolo, ecc., e ribadisce la propria irresponsabilità, la libertà di

145 A proposito delle varianti vedi il commento in Palazzeschi 2002, pp. 1098-1099. Il testo si cita da Palazzeschi 2002, pp. 529-532. 146 Si cita dal commento di Dei in Palazzeschi 2002, pp. 1098-1099. Vedi anche il saggio di F. Curi Dal “saltimbanco” all‟“umorista”. Per un‟interpretazione storica di “E lasciatemi divertire‖ (Curi 1999). 94 divertirsi e basta. Non può essere casuale in questo contesto l‘uso degli avverbi «pazzamente» (cfr. il riferimento alla «follia» in Chi sono?) e «smisuratamente» (la mancanza di misura, dei limiti stabiliti nell‘arte e nella vita). Chi descrive il poeta in questo momento (vv. 5-12) ne parla come di un bambino, di un «poveretto» che «gli adulti» non dovrebbero disturbare. Però ben presto la simpatia e l‘accondiscendenza che si legge in questi versi cede luogo a una reazione estremamente negativa: la produzione del poeta è definita come «indecenze» e «strofe bisbetiche» al che il poeta risponde che non sono «grullerie», ma «licenze poetiche», «robe avanzate» e «la spazzatura delle altre poesie», insomma, sottolinea la sua posizione marginale e volutamente minore nell‘universo della poesia147. Il pubblico, però, s‘arrabbia ancora di più, nei versi 34-37 si arriva agli insulti («perché le scrive quel fesso?»), al che il poeta risponde a tono, paragonando se stesso a uno che «si mette a cantare /senza saper le parole./ Una cosa molto volgare.» E, riconosciuta la «volgarità» del suo comportamento, dichiara: «così mi piace di fare». Il pubblico insiste, ricordano al poeta del «fuoco» della poesia che costui deve alimentare, la gente si sente sempre più offesa perché non capisce il poeta, crede che la sua sia solo «una posa» e che non mancherà la punizione: «il divertimento gli costerà caro: / gli daranno del somaro»)148. La figura del poeta-pagliaccio che diverte il pubblico prendendolo in giro è contrapposta a quella del «professore», simbolo di serietà e falsa sapienza. Nell‘ultima strofe preceduta ormai non da «spazzatura delle altre poesie», ma da una clamorosa risata, il poeta conclude (il che è sottolineato dalla parola che apre la strofe «infine»): «io ho pienamente ragione» (con l‘accento logico che cade sul pronome soggetto, rafforzato dall‘avverbio «pienamente»), «i tempi sono cambiati» (rispetto all‘epoca romantica) e «gli uomini non domandano più nulla dai poeti»149, e supplica: «lasciatemi divertire!»

147 Crf. l‘osservazione di G. Nicoletti: «In effetti ―queste piccole corbelelrie‖, queste ―strofe bisbetiche‖ non sono affatto ―grullerie‖ come potrebbero apparire alle persone per bene, lì in ascolto, timorate di Dio e di Carducci o D‘Annunzio: rappresentano invece ―la spazzatura / delle altre poesie‖, sono cioè gli avanzi, i cascami di un‘operazione di de sublimazione, di radicale disinfezione del linguaggio poetico di una tradizione ormai falsamente, ridicolmente aristocratica, e che, dati i tempi (―i tempi sono molto cambiati‖), risulta del tutto impropria a stabilire un rapporto qualsiasi di comunicazione, rivelando in tal modo quanto sia disutile, obsoleto l‘ufficio del poeta: e già, perché una prova di questo stato di cose è ormai sotto gli occhi di tutti, infatti ―gli uomini non dimandano / più nella dai poeti‖» (Nicoletti 2002, p. 105). 148 A. Dei scrive a proposito del componimento: «La celebre E lasciatemi divertire! resta il manifesto della deflagrazione verbale, dei fuochi d‘artificio della parola; le barie battute, quelle dei vari spettatori, più o meno infastiditi o comprensivi, e quelle dell‘attore principale, si sovrappongono e si rispondono, si alternano ai frammenti di suono, agli sberleffi in rima. La marginalità, perfino l‘inutilità della scrittura possono diventare alla fine i suoi punti vincenti. E proprio la parola ―divertire‖ torna poi, in posizione decisiva, a chiudere il libro» (Dei 2002, p. XXXVIII). 149 Cfr. l‘antologica poesia di Puškin che canta il poeta-profeta (la traduzione di G. Giudici e G. Spendel è citata dal volume A. S. Puškin, Viaggio d‟inverno e altre poesie. Mondadori, Milano, 1985, pp. 39-41):

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Colpisce in questa poesia, che potrebbe sempre essere vista come una specie di spettacolo teatrale, la presenza dell‘«io», l‘esplicitezza del poeta che dichiara la sua posizione, così come l‘esplicitezza delle valutazioni che gli dà il pubblico. L‘ironia è presente a tutti i livelli, sia nella descrizione che il poeta offre di se stesso, sia nel modo in cui presenta il suo pubblico e la sua epoca. La sintassi del componimento, abbastanza semplice, come nelle poesie analizzate sopra, risponde innanzitutto alla necessità di imitare il parlato, di rendere le repliche dei personaggi. Questo si manifesta nella tendenza a usare frasi dalla struttura semplice, non solo affermative, ma anche interrogative e esclamative, nella presenza dell‘imperativo, ecc. Per esempio, tipiche del «parlato» sono le repliche nei versi 25-29 dove chi parla attacca con una domanda retorica («Sapete cosa sono?»), alla quale dà una risposta, poi la precisa, tenta di formulare meglio il pensiero cercando la parola giusta (vedi i tre puntini dopo «sono la…»). Lo stesso troviamo nei versi 44-50, quando sembra di trovarsi davanti al poeta nel momento in cui questi cerca parole per esprimere quello che pensa. In genere l‘organizzazione sintattica va d‘accordo con la divisione in versi, e la pausa alla fine del verso aiuta a porre l‘accento sull‘ultima parola.

Пророк Il profeta

Духовной жаждою томим, Di sete nell‘anima preso В пустыне мрачной я влачился,— Nel buio deserto ansimavo - И шестикрылый серафим E un serafino con sei ali На перепутье мне явился. A un crocevia m‘apparì. Перстами легкими как сон Con dita lievi come il sonno Моих зениц коснулся он. Le mie pupille egli sfiorò. Отверзлись вещие зеницы, Grandi mi vennero e veggenti Как у испуганной орлицы. Come di un‘aquila in allerta. Моих ушей коснулся он, — I miei orecchi egli sfiorò - И их наполнил шум и звон: E li riempì fragore e strepito: И внял я неба содроганье, E io udii del cielo il brivido, И горний ангелов полет, E un sublime volo d‘angeli, И гад морских подводный ход, Striscianti esseri del mare, И дольней лозы прозябанье. E in terra il tralcio vegetare. И он к устам моим приник, E alla mia bocca si chinò, И вырвал грешный мой язык, E la rea lingua ne divelse, И празднословный и лукавый, Così ciarliera e maldicente, И жало мудрыя змеи E astuta zanna di serpente В уста замершие мои Nella mia bocca sbigottita Вложил десницею кровавой. Con la sua destra egli impiantò. И он мне грудь рассек мечом, Con la spada mi aprì il petto, И сердце трепетное вынул, Mi cavò il cuore palpitante, И угль, пылающий огнем, E un tizzone fiammeggiante Во грудь отверстую водвинул. Nel petto squarciato ficcò. Как труп в пустыне я лежал, Fui in quel deserto come morto, И бога глас ко мне воззвал: La voce di Dio mi chiamò: В«Восстань, пророк, и виждь, и внемли, ―Sorgi, profeta, guarda e senti, Исполнись волею моей, Còlmati di mia volontà, И, обходя моря и земли, Di terre e mari ardi al di là Глаголом жги сердца людей». Col verbo i cuori delle genti‖. 96

In questo testo così apertamente ironico il lessico è ben diverso da quello neutro e un po‘ generico che abbiamo incontrato nei primi testi analizzati: accanto al lessico espressivo («corbellerie», «indecenze», «strofe bisbetiche», «spazzatura», ecc.) troviamo insulti («fesso», «somaro»), un altro fatto importante è che grazie alla dimensione ironica e giocosa nella quale agisce il poeta nei suoi versi viene finalmente ammesso il toscano: il nome «grullerie», l‘uso della locuzione avverbiale «un poco» con l‘imperativo («diteci un poco»). Sembra che non abbiano particolare valore espressivo un tratto toscaneggiante come l‘uso della preposizione «di» dopo il verbo piacere («così mi piace di fare»), invece la forma «foco» che fa rima con «poco» può essere considerata come omaggio alla lingua poetica tradizionale150. Nella conversazione tra i personaggi si usa sempre l‘allocutivo «voi», anche quando la replica è rivolta a un solo personaggio: probabilmente anche in questo caso si tratta di un residuo della grammatica della lingua poetica tradizionale151. Passiamo al confronto con la versione russa. Va detto subito che un grande merito della traduzione sta nel suo tono naturale: infatti, il traduttore ha dovuto, prima di tutto, rendere il carattere ironico del testo e le particolarità della sua organizzazione, la componente teatrale. E‘ chiaro che nella versione russa non è stato possibile conservare alcune caratteristiche dell‘originale, ad esempio, rendere il verbo «divertire» sempre con lo stesso verbo russo: infatti, troviamo nel titolo e nel verso 9 il verbo «порезвиться», invece nel verso 7 c‘è il suo sinonimo «забавляться». E‘ difficile dire che cosa abbia spinto il traduttore a preferire questa variante, visto che la scelta non dipende da ragioni formali come la rima, forse la ragione sta nella tendenza della quale si è parlato prima: allontanarsi nella traduzione dal minimalismo linguistico dell‘originale. Invece proprio le ragioni di rima spiegano le modifiche semantiche causate dalla scelta degli avverbi «бесконечно» e «бессердечно» (versi 6-7). Il primo rende il significato di ben due avverbi italiani «pazzamente» e «smisuratamente» o, meglio, solo del secondo, perché non è stato possibile rendere il primo, ed è una perdita abbastanza dolorosa vista l‘importanza dell‘idea della «pazzia» per la poesia palazzeschiana. Il secondo avverbio russo fa parte della frase successiva: «мешать ему бессердечно» (lett. «chi lo disturba non ha cuore»). Infatti, questa strofa rappresenta un felice esempio di rielaborazione abbastanza libera dell‘originale che non tradisce il suo spirito: la prima frase è stata accorciata di un verso (che corrisponde a un avverbio), invece la seconda è stata ampliata, il traduttore ha addirittura aggiunto la frase «Тем паче не надо злиться» (verso 8, lett. «Soprattutto non c‘è nessun motivo per arrabbiarsi») che descrive la probabile reazione del pubblico all‘esibizione del poeta (questa reazione diventa esplicita nelle strofe successive). Anche i versi finali della strofe sono stati leggermente

150 Cfr. la forma «core» in Chi sono? Vedi Serianni 2001. 151 Vedi a proposito il paragrafo «Gli allocutivi» in Serianni 2001, pp. 163-164. 97 modificati: la variante proposta - «ведь он и не помышляет о большей поблажке» - letteralmente significa «mai egli non se la sogna neanche una maggiore indulgenza». A parte le ragioni di metro e rima, conta appunto la naturalezza, infatti, nella versione russa troviamo espressioni piuttosto tipiche – non unità semantiche indissolubili come frasi fatte o modi di dire, ma combinazioni di parole che si incontrano abbastanza frequentemente, non tanto nel parlato quotidiano, quanto nella lingua letteraria; tipiche dello stesso registro sono parole «тем паче» e «помышлять». Simili trasformazioni si osservano anche nei versi 16-20: per esempio, «strofe bisbetiche» è reso in russo con «строфы экзотические» (lett. «strofe esotiche»), dove la scelta dell‘aggettivo è giustificata dalla successiva menzione della lingua giapponese; la frase «Sono la mia passione» è resa con «Они моя слабость» (lett. «Ho un debole per loro»), un‘altra frase tipica della lingua letteraria. Nel verso 27 «non sono grullerie» è reso con «прошу без оскорблений» (lett. «vi prego di non insultarmi»): di nuovo, a parte le esigenze della rima incontriamo una frase che potrebbe essere benissimo pronunciata nella scena descritta dal poeta. E‘ evidente che il traduttore conosce il relativo frame, si immagina il comportamento dei personaggi e sceglie per loro le battute che non sono sempre fedeli all‘originale, ma potrebbero essere benissimo pronunciate in questo contesto. Per rendere gli elementi dialettali in russo si ricorre alla solita soluzione: trovare un corrispondente sulla scala diastatica152. Le trasformazioni semantiche si possono osservare anche nelle strofe successive: per descrivere le poesie prive «d‘un qualunque nesso» in russo si usa il termine «бред» («delirio»); invece del «fesso» troviamo «горе-поэт» (lett. «male-poeta»), si noti anche la scelta del verbo russo «строчить», molto più espressivo rispetto al verbo italiano «scrivere» («строчить» significa scrivere velocemente, senza riflettere, si riferisce spesso ai poeti e scrittori esageratamente produttivi). Anche un altro tratto significativo di cui si è parlato sopra è reso in russo: i tre punti che marcano il momento di riflessione, di ricerca della parola giusta. Non li troviamo nel verso 28, invece sono presenti nel verso 46, ma anche 44, si potrebbe dire che nonostante la distribuzione leggermente diversa questo fenomeno è presente in uguale misura sia in originale sia nella traduzione. Un altro esempio di ridistribuzione degli elementi del significato all‘interno del testo: il termine «giovinetto», importante per il ritratto del protagonista, non è reso nella rispettiva strofa, ma in russo appare in verso 69 («но юноша вы многого хотите», lett. «ma giovinetto, volete troppe cose»). Altri elementi del testo russo che non hanno un corrispettivo diretto nell‘originale, ma disegnano perfettamente il ritratto del protagonista sono il verbo «кривляться» (lett. «far moine»), l‘espressione «корчить из себя паяца» (lett. «fare il pagliaccio»; tra gli elementi di

152 Vedi Berruto 2003. 98 stile più alto, usate con accezione ironica, si può citare «грешить стихами» (lett. «peccare scrivendo versi», così si sottolinea l‘incapacità di trattenersi dal peccato del verseggiare). Estremamente importante è l‘esplicito riferimento alla figura del poeta-profeta («теперь, когда любой - ума палата, / никто пророком не считает / поэта» («oggidì, quando ognuno è una miniera di saggezza, nessuno considera il poeta come un profeta») che ricrea l‘aura associativa dell‘originale e, per il lettore russo, rappresenta un diretto riferimento alla lirica antologica di Puškin citata sopra. Anche l‘uso dell‘espressione dalle connotazioni leggermente folcloristiche «ума палата» («miniera di saggezza»), che non ha un analogo diretto in originale, fa perfetta eco con la menzione degli onnipresenti «professori», resa, a sua volta, ancora più comica dall‘espressione «куда ни плюнь» (lett. «ovunque tu sputi», per dire «a tutte le porte»). Infine, si potrebbe notare una maggiore esplicitizzazione di alcuni elementi del significato nella traduzione: come nell‘esempio che abbiamo già analizzato («тем паче не надо злиться») in cui in russo si descrive apertamente la reazione del pubblico («la rabbia»); lo stesso vale per la battuta «Прошу без оскорблений» (lett. «Vi prego di non insultarmi»); anche nel verso 58 («мне за вас неловко», lett. «io provo vergogna per Lei»); nella replica che «condanna» il poeta («он в результате прослывет ослом - / и поделом», lett. «come risultato gli daranno del somaro – e ben gli sta»); a sua volta, anche il poeta nella strofe finale sembra leggermente più categorico che in originale («Тем более я прав, / не возражайте», lett. «Appunto ho ragione io – non mi muovete obiezioni»). La traduzione analizzata può servire da esempio della grande libertà che si riserva il traduttore che rielabora notevolmente il testo per conservare il frame dell‘originale, i suoi legami associativi e diverse sfumature stilistiche.

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Visita alla Contessa Eva Pizzardini Ba

Visita alla Contessa Eva Pizzardini Ba Визит к графине Еве Пиццардини Ба

1 - Buona sera Contessa. - Добрый вечер, графиня! 2 - Buona sera carissimo Aldo. - Добрый вечер, Альдо, мой милый! 3 - Oggi giornata bella, Contessa. - Хороший был день, графиня. 4 - Troppo bella, carissimo Aldo, - Слишком хороший, Альдо, мой милый, 5 non fa né freddo né caldo. не жаркий и не дождливый. 6 - E la noia, Contessa? - Вам все скучно, графиня? 7 - Ah! Oh! Ih! Hum! - Ах! Ох! Эх! Ммм… 8 - Sempre la stessa! - Скучаем-с, моя богиня! 9 - Già. Questo mi dite di nuovo? - Мда. Что же, нового не слыхать? 10 Bravo. Славно. 11 - Cosa dirvi di nuovo? - Что вам нового рассказать? 12 - Mi credete così ingenuo? Полагаете, я доверчив? 13 Non mi ci provo. Боюсь разочаровать. 14 - Bravo! E passate per un giovine bizzarro… - Славно! А еще говорят, вы юноша необычный… 15 per un uomo così strano… человек странный…. 16 strano… bizzarro… странный… необычный… 17 bizzarro … strano… необычный… странный… 18 Bravo. Славно… 19 - Cotesta bella veste, Contessa, - Это чудесное платье, графиня, 20 l‘ho vista proprio ieri sera я видел не далее как вчера 21 precisa a una borghese. на одной мещанке, такое точно. 22 - E fu inventata a Parigi - А ведь оно из Парижа, 23 che non è ancora un mese, доставлено месяц назад с нарочным. 24 sempre così, si sa già. Вот, так всегда… 25 - A Parigi fumano l‘opppio. - В Париже курят опиум… 26 - Ma a Parigi… - Так то в Париже… 27 - Oh! Verrà presto la moda anche da noi. - Уверен, мода дойдет до нас. 28 - Altro che verrà, poi; - Дойдет, но, увы, не дошла сейчас. 29 le belle cose da noi sono un mito, А модного тут не найти с огнем - 30 noi, siamo quelli di ieri, o di poi. мы живем прошлым, не завтрашним днем… 31 Che governo pitocco! Правительство - воры! 32 Ma… di nuovo? Ну, а что нового? 33 - Di nuovo? - Нового? 34 - E dire che vorrei, solo per una volta, - Знаете, я бы хотела хоть раз 35 vedermi nuova nel mio specchio. увидать себя в зеркале новой. 36 - Come? - Это как? 37 - Nuova, diversa da sempre, - Другой, не такой, как всегда, 38 e diversa da tutte. непохожей на всех. 39 - Aver due bocche? - С двумя ртами? 40 - Magari, ma è un caso comune. - Ну, хотя бы, впрочем, это обыкновенно. 41 - Un occhio dietro? - С глазом на маковке? 42 - Dove? - Где? 43 - Nella testa. - На голове. 44 - Ah! Sì… - Ах! Ну да… 45 - Un dente sulla punta del naso? - С зубом на кончике носа? 46 - Meglio senza naso nel caso. - Тогда уж безносой или двуносой. 47 - Due teste? - С двумя головами? 48 - Comune, comune. - Как это обыкновенно! 49 - Tre teste, quattro gambe? - С тремя головами и четырьмя ногами? 50 - Comune, comune. - Обыкновенно, обыкновенно. 51 - Iersera, per dormire, mi son fatta - Вчера, чтоб уснуть, я три раза 52 tre volte la puntura di morfina. вколола морфий. 53 - Tre volte? - Три раза! 54 - Sono poche? Sono molte? - Это слишком? Или как раз, а? 55 - Ma vi pare, la morfina! - Подумать только, морфий! 100

56 - La morfina! La morfina! - Морфий, морфий! 57 - Vorreste d‘un tratto - А вам бы хотелось стать 58 diventare Regina, Imperatrice? королевой? императрицей? 59 Antoinetta? Messalina? Антуанеттой? Мессалиной? 60 - Uhm… forse sarebbe meglio… - Нуу… а, может быть, лучше 61 una poveretta. нищей? 62 - Povera molto? Vivere di limosina? - Совсем нищей? И жить подаяньем? 63 Essere giù, nel fango! Пасть совсем низко, в грязь! 64 - Oh! Sì! - О, да! 65 - Insultata, battuta, - Чтобы вас унижали, пинали, 66 essere vilipesa, prostituta. били, шлюхою называли. 67 - Oh! Prostituta! Insultata! Battuta! - Да! Шлюхой! Чтобы унижали, пинали 68 Magari nel mezzo alla strada и у всех на глазах 69 come una donna perduta! мной помыкали! 70 Almeno per provare, ma come fare? Стоит попробовать, но как это воплотить? 71 Noi… chi ci può insultare? Ведь мы… кто посмеет нас оскорбить? 72 - Chi, voi? Io! - Вас? Я! 73 - Siete troppo gentile. - Но вы слишком любезны. 74 - Mi proverò. - Я постараюсь. 75 - Siete troppo corretto, e non - Нет, вы воспитанный человек, 76 riuscirete che a farmi annoiare di più. вы только нагоните скуку. 77 Dirò io per la prima. Начну-ка я первой. 78 Piccolo sciocco! Ах вы, мальчишка! 79 - Stupida d‘una donna! - Глупая тетка! 80 - Poetucolo pitocco! - Жалкий поэтишка! 81 - Vescica colla gonna! - По тебе плачет плетка! 82 - Imbecille, cretino! - Олух, болван! 83 Omuncolo da nulla! Рожа немытая! 84 - Povera grulla! - Дура набитая! 85 - Grullone, libertino, buffone, - Дурень, развратник, уличный шут, 86 ruffiano, lenone! сводник, пройдоха, плут! 87 - Smencitissima vacca! - Безмозглая курица! 88 Porcona, puttana,vigliacca… Шлюха, дрянь, твое место – улица! 89 - Basta basta basta - Довольно, довольно, довольно, 90 mio carissimo Aldo Альдо, мой милый, 91 non crediamo di dirci как ни старайся, 92 qualche cosa di nuovo, новым нам не блеснуть, 93 sensazione nuova, io già non provo, новизну ощущений уже не вернуть, 94 la cerco, e non la trovo. не надо пытаться себя обмануть. 95 Amiamoci piuttosto, Давайте-ка лучше любить друг друга, 96 l‘amore è tanto vecchio любовь так стара, 97 mi sembrerà più nuovo. что скорее покажется новой. 98 - Sì? Purché voi ritorniate - Да? Только станьте опять 99 come allora, ma ora… как тогда, не то - никогда… 100 - Quando? - Тогда - когда? 101 - Quando m‘ascoltavate, - Когда вы меня слушали, 102 senza pensare al male, не думая о плохом, 103 ed erano assai meno noiose и вечерами 104 le vostre serate. совсем не скучали. 105 - Mi avete amata voi? - Так вы любили меня? 106 - Ed io vi ho amato? - Любил ли я вас? 107 Doveva essere molto noioso Верно, бедная наша любовь 108 il nostro povero amore, se lo abbiamo наскучила быстро, раз мы ее оборвали 109 troncato e nemmeno ce lo ricordiamo. и после не вспоминали. 110 - Era… una parola sola allora… - То было слово и только?... Обидно. 111 - Vi ricordate ieri sera? - Помните, я говорил вам вчера? 112 - Ieri sera? - Вчера? 113 - Quella mia parola… - Это слово… 114 - Quale? Dite, mi fate venire male. - Скажите! Какое? Ну, не томите! 115 - Quando fu? - Когда это было? 116 - Certamente vi sbagliate, - Нет, вы ошибаетесь, 117 fu la sera avanti. это было позавчера. 101

118 - Ve l‘avevo già detta? - Я вам прежде его говорил? 119 - Uh! Centomila sere, - О! Множество вечеров, 120 capirete se è sempre la stessa! вы вечно одно твердите! 121 - Basta basta, non la ridite, - Довольно, довольно, сейчас помолчите, 122 Lasciatemi morire in pace, Дайте мне умереть спокойно, 123 sono malata. я так больна. 124 - Che sarà di Voi? - Что станется с вами? 125 - Di me? - Со мной? 126 - Buona sera, Contessa. - Доброй ночи, графиня. 127 - Buona sera, Carissimo Aldo. - Доброй ночи, Альдо, мой милый!

(trad. di A. Jampol‘skaja)153

Questa poesia è stata pubblicata nell‘Incendiario (1910) e successivamente rielaborata, la traduzione russa è stata eseguita dalla prima variante154. Come in alcune altre poesie della raccolta, in questo componimento è decisiva la presenza dell‘elemento teatrale: il testo rappresenta il dialogo tra l‘io narrante, l‘alter ego del poeta, che sembra quasi un personaggio autobiografico (infatti, è un poeta di nome Aldo), e una nobile dama, la contessa Eva Pizzardini Ba. La figura della nobile stravagante e piuttosto avanti con gli anni (la contessa definisce il suo interlocutore «un giovine») è tra le più tipiche nell‘universo del poeta fiorentino: si pensi alla Contessa Cloe Pizzardini Ba nel Codice di Perelà, ma anche alle sue numerose sorelle che popolano pagine palazzeschiane. La scena che, come spesso in Palazzeschi, ha un carattere circolare (infatti, la poesia si apre e si chiude con identiche repliche), è costruita secondo i canoni della buona drammaturgia: la visita del poeta comincia con lo scambio delle frasi di etichetta e dalle solite battute tipiche della conversazione gentile (si parla del tempo, si chiede delle novità), ma già dai primi versi l‘ospite comincia a prendere amorevolmente in giro la padrona di casa, accennando alla sua eterna noia; esauriti gli argomenti convenzionali, i personaggi prendono una breve pausa (vv. 14- 18), poi il poeta passa all‘attacco, dicendo di aver visto la «bella veste» della contessa a «una borghese» (la menzione della borghese, cioè di una figura che sulla scala sociale occupa un gradino più basso, rende ancora offensiva l‘osservazione indiscreta). La menzione della veste dà una svolta alla conversazione, i personaggi parlano di Parigi, di quella grande capitale con le sue mode (tra cui la moda di fumare l‘oppio), ripetono le solite parole critiche nei confronti del proprio paese e del suo governo. Esaurito anche questo argomento, la padrona di casa e il suo ospite ancora una volta si domandano sulle novità, questo offre uno spunto per la scena che si sviluppa in crescendo: prima la contessa dichiara di voler trovare un‘apparenza nuova,

153 La traduzione russa è citata da Палаццески А., Противоболь. Манифест футуризма. Два стихотворения («Больной фонтан», «Визит к графине Еве Пиццардини Ба»). Перевод А. Ямпольской. // «Иностранная литература», № 10 2008 «Итальянская литература в поисках формы». Составитель А. Я. с. 205-216. 154 Si cita il testo da Palazzeschi 2002, pp. 232-235. Per la vicenda editoriale del testo il commento di A. Dei in Palazzeshi 2002, p. 1097. 102 stravagante, poi confessa di soffrire d‘insonnia e di essere una morfinomane, il poeta le propone per scherzo di provare a immaginarsi nelle vesti di una grande regina del passato, scegliendo tra i personaggi storici due figure simboliche, quella della superficiale e cinica Antoinetta, famosa per le sue storie amorose, e dell‘insaziabile peccatrice carnale Messalina; la contessa, invece, decide di provare la maschera di un personaggio simile, ma che sulla scala sociale occupa il gradino più basso: di una prostituta che sta nel mezzo alla strada. Il desiderio di provare almeno una volta l‘abito di «una donna perduta», di ascoltare insulti invece di parole gentili, dà uno spunto alla scena che funge da culminazione della poesia: lo scambio di insulti tra il poeta e la sua «musa», che da definizioni scherzose passano a poco a poco a insulti veri e propri. Ma anche questo gioco non diverte più la contessa, che non si offende minimamente, e, nella ricerca di nuovo, si ricorda dell‘amore. Le parole che seguono accennano a una storia passata tra i due (va notato che, cercando di ricordare il loro amore, i personaggi si allontanano sempre di più nel passato, ciò si riflette anche nella grammatica: dal passato prossimo si passa al passato remoto); ma anche l‘amore non riesce a cacciare via la noia della nobildonna. La capricciosa contessa chiede di «lasciarla morire in pace», e il suo giovane amico si congeda: la sua ultima domanda «Che sarà di Voi?» resta senza risposta. La posizione dell‘autore è piuttosto chiara, i due personaggi di questa comica scena sono descritti con grande maestria: la contessa non solo fa ridere, ma suscita anche compassione e, in fondo, è descritta con molta tenerezza (soprattutto per la storia d‘amore alla quale si accenna); anche l‘autoritratto del poeta è più che convincente, l‘autore di presenta come un giovane che gode la fama di in uomo strano e bizzarro, fuori del comune, che gioca con la contessa, la provoca, ma che prova per lei anche un affetto. La fisionomia linguistica risponde all‘obiettivo di rendere il comico dialogo teatrale il cui scenario è stato descritto sopra. Accanto alle battute standardizzate della conversazione quotidiana, troviamo esclamazioni, repliche piuttosto lunghe, con una sintassi complessa. Quanto al lessico, sullo sfondo piuttosto neutro colpiscono parole espressive, inclusi i nomi popolari («limosina») e il turpiloquio. Molto importante per la strutturazione del testo è la rima che crea anche dei supplementari legami semantici (contessa – la stessa, Aldo – caldo, nuovo – provo, da noi – poi, ecc.), ma l‘opposizione semantica principale è tra i concetti «noia» e «nuovo» ai quali i personaggi si riferiscono in molte repliche. Tra gli elementi toscani si può indicare l‘aggettivo dimostrativo «cotesto»155. Quanto al lavoro di traduzione, ci permettiamo di fare qualche osservazione basata sull‘esperienza personale di chi scrive. Si è appena detto della rima: infatti, spesso la necessita di rimare ha spinto il traduttore a scegliere una parola piuttosto che l‘altra. E.g. l‘aggettivo

155 Vedi Serianni 1989, p. 275. 103

«милый» (invece del possibile sinonimo «дорогой») che fa rima con «дождливый», l‘espressione «моя богиня» (lett. «la mia dea») che fa rima con la parola «графиня» («contessa»): questa espressione manca in originale, ma potrebbe essere benissimo pronunciata nel contesto di una conversazione galante; «точно» («preciso») fa rima con «с нарочным» (lett. «portata con il corriere», a proposito della veste della contessa). Nei casi citati, così come in alcuni altri, l‘esigenza di conservare la forma poetica ha costretto il traduttore a scegliere in russo una variante che non ha un corrispondente preciso nell‘originale, ma che potrebbe far parte dello scenario descritto. Per esempio, per rendere la rima nel verso 46 «Meglio senza naso nel caso» abbiamo optato per la traduzione «Тогда уж безносой или двуносой» (lett. «Allora senza naso o con due nasi»). Invece per rendere piuttosto offensivo il confronto con «una borghese» in russo è stato scelto il termine «мещанка» (lett. «rappresentante di piccola borghesia») che non solo denota lo status sociale, ma è anche sinonimo di mediocrità e conformismo e che contrasta con il desiderio della contessa di apparire una donna fuori del comune. Creando il ritratto linguistico del poeta il traduttore ha anche usato in russo la forma «скучаем-с», nella quale al verbo è fatta seguire la consonante «c»: questa forma che si incontra spesso nelle pièce teatrali, soprattutto alla fine dell‘Ottocento - inizio del Novecento, è tipica della conversazione che vuole essere galante per questo, ha qui un connotato ironico. Per rendere il carattere ironico e allo stesso tempo naturale del dialogo abbiamo cercato frasi altrettanto ironiche e naturali in russo: «bravo» è stato tradotto con «славно», «Che governo pitocco!» con «Правительство – воры!», «Quale? Dite, mi fate venire male» con «Скажите! Какое? Ну, не томите!», ecc. I nomi dei personaggi storici menzionati (Antoinetta e Messalina) così come le figure del poeta e della contessa con i loro legami associativi non creano difficoltà per la traduzione, visto che il lettore russo li percepisce esattamente come quello italiano. Invece, è stato necessario essere piuttosto «creativi» rendendo le battute «offensive». Per esempio, il termine «prostituta» è reso in russo con il nome «шлюха» e non «проститутка»: la seconda variante, che potrebbe sembrare più vicina all‘originale, si riferisce alla «professione» ed è percepita come più moderna, legata alla realtà russa degli ultimi decenni, sembra un po‘ fuori luogo visto che la scena descritta da Palazzeschi si svolge cent‘anni prima. Altre sostituzioni: in russo mancano gli insulti nei quali si menziona «la vescica», per questa ragione «Vescica con la gonna!» è stato reso con la frase «По тебе плачет плетка!» (lett. «La frusta ti piange», nel senso «bisognerebbe frustarti»); «Omuncolo da nulla!» è stato tradotto con «Рожа немытая!» (lett. «Sporco muso!»), che definisce una persona povera e malandata, che non si lava neanche la faccia. «Povera

104 grulla!» è stato reso con «Дура набитая!»156, «Smenticissima vacca!» con «Безмозглая курица!» (lett. «Una gallina senza cervello!»): in russo il termine «корова» («vacca») si può riferire a una donna per descrivere una persona grossa, goffa e ingombrante, invece il confronto con la gallina serve a sottolineare la stupidità, l‘aspetto misero e buffo157. Invece, purtroppo non è stato possibile rendere la perfetta circolarità del testo e di conservare l‘identità delle prime e delle ultime battute: mentre in italiano si può dire «Buona sera» all‘inizio e alla fine dell‘incontro, l‘etichetta russa prevede in questi casi due varianti leggermente diverse: «Добрый вечер!» e «Доброго вечера!» (cioè «Buona sera» all‘inizio dell‘incontro e «Buona serata» alla fine), però il più delle volte come formula di congedo si usa «До свидания!» («Arrivederci!»). Nella traduzione stampata si trova invece «Доброй ночи!» («Buona notte!»): questa modifica è stata introdotta dall‘editor e non concordata con il traduttore, così come la modifica nel verso 30 («мы живет вчерашним, не завтрашним днем») che tradisce il senso dell‘originale. Comunque, anche questa esperienza può essere considerata positiva per chi scrive: ci ha insegnato che nell‘analizzare le traduzioni non bisogna trascurare la figura dell‘editor che interviene sul testo, a volte senza concordare i cambiamenti con chi traduce. Questo, almeno nelle case editrice russe, è prassi comune e forse proprio al desiderio di «migliorare il testo», limando il suo stile, risalgono alcune modifiche che non possono essere spiegate soltanto al livello linguistico158.

156 Vedi la voce «дурак» in Химик 2004. 157 Vedi le relative voci in Химик 2004. 158 La prassi comune nelle case editrice e riviste letterarie russe è questa: il traduttore consegna il testo, prima lo legge e corregge l‘editor che conosce la lingua dell‘originale, dopo il testo viene letto e corretto da uno o due editor che possono non sapere la lingua. In alcune case editrici si usa concordare le modifiche con il traduttore, in altre no. Di solito gli editor sono molto competenti e il loro intervento è positivo, ma ci possono essere anche dei casi curiosi: per esempio, chi scrive ha tradotto un racconto di Michele Mari dove si parla del calcio e si usa la terminologia calcistica. Non sono un esperto di calcio e per sicurezza ho chiesto a un mio conoscente, tifoso «professionista», di leggere la versione russa per trovare eventuali errori. Dopo ho consegnato la mia versione alla redazione: i primi due editor, due signore che non si intendono del calcio, sono intervenute, fra lу altre cose, proprio sulla terminologia calcistica, leggermente modificandola, perché sembrava loro che «così fosse meglio». Poi il testo è stato letto dal direttore della rivista, un uomo amante del calcio, che ha introdotto qualche correzione «giusta», e, infine, dal correttore delle bozze che ha ripristinato le mie varianti originali. 105

Le due rose

Le due rose Две розы

1 Povero militare, Бедный солдат, 2 che ti stringi forte alle tempie ты прижимаешь к вискам подушку, 3 la rosa bianca del guanciale, словно белой розы довольно, 4 per acchetar l‘ardore чтобы не так пылала 5 di quella rossa, алая 6 nascosta, у тебя внутри. 7 che ti fa bruciare. Болью низвергнутый в ад, 8 Chi t‘ha fatto male? кто тебе сделал больно?

(trad. di E. Solonovič)159

La poesia pubblicata per la prima volta ne «La Voce» (1915) e ripresa in raccolte poetiche di Palazzeschi, è stata tradotta in russo dalla variante più recente160. E‘ un testo molto diverso dai precedenti per il suo umore, il lettore non può fare a meno di avvisare la trasformazione avvenuta in Palazzeschi per la questione della guerra: infatti, è una poesia dal grande carico antimilitaristico161. Il suo protagonista è un povero militare ferito, probabilmente descritto sul suo letto in ospedale, durante la convalescenza, e l‘anonimo io narrante lo guarda con compassione. Questo testo può essere considerato un felice esempio di come si può ottenere una grande espressività con mezzi espressivi minimi. Infatti, il testo assomiglia a un quadro disegnato con pochi colori: il rosso, il bianco e, magari, il colore che delinea i contorni. Tutta la poesia consiste di due frasi: la prima (vv. 1-7) è descrittiva, l‘ultima (verso 8) rappresenta una domanda rivolta dall‘io narrante al protagonista , ma anche al lettore. La metafora della rosa (la rosa bianca del guanciale e la rosa rossa della ferita), come scrive A. Dei, si incontra anche in altre opere di Palazzeschi: «Oh! Com‘è bello morire / con un fiore rosso in fronte! / La rosa più

159 La traduzione russa è citata dall‘edizione Итальянская поэзия в переводах Евгения Солоновича. Радуга, Москва, 2000. 160 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 645. Sulla storia del componimento vedi il commento di A. Dei in Palazzeschi 2002, p. 1115. 161 «Palazzeschi, come è noto, si dissocia pubblicamente, proprio su ―Lacerba‖, dal gridato interventismo dei colleghi letterati […]. La guerra significa per lui il silenzio totale per quattro anni: una cesura fortissima, che segna anche l‘inizio del suo allontanamento trentennale dalla poesia, come sa la catastrofe storica e la ciris personale gli imponessero di voltare pagina, di marcare un‘inequivocabile trasformazione di sé. Non a caso l‘unico componimento che allude apertamente, con tono forse un po‘ patetico, alla tragedia bellica, Le due rose, verrà posto da Palazzeschi nel 1930 a sigillare il volume delle poesie giovanili, quasi a voler suggerire una fermata, un implicito ma chiaro cambiamento di rotta, a correzione della comune e forse anche personale incoscienza, lucidamente espressa nel 1920 nella dedica di Due imperi… mancati: ―A tutti i poeti che rinnegando sé stessi alimentarono il fuoco immondo, perdonando l‘offesa‖» (Dei 2006, pp. 65-66). 106 vermiglia / che si sfoglia, che si sfoglia / a lato della fronte bianca!» (Dei 2002, pp. XLIV- XLV)162. La posizione dell‘autore in questo componimento è molto esplicita: si manifesta nell‘epiteto «povero» nel primo verso, nella descrizione dello stato in cui si trova il soldato (l‘ardore della rosa nascosta, che «fa bruciare»), e nella domanda «Chi t‘ha fatto male?» la risposta alla quale dovrebbe essere fornita da chi legge. Vedremo, comunque, che come in altri casi versione russa la valutazione diventa ancora più esplicita. Anche se noi sappiamo che la poesia è legata all‘esperienza personale di Palazzeschi e alla Prima guerra mondiale, il componimento, scritto quasi interamente al presente e privo di indicazioni spaziali e temporali concreti, acquista un valore generico e può essere letta come una poesia rivolta contro tutte le guerre. E‘ importante in questo contesto che l‘io narrante si rivolge al militare ferito dandogli del tu e non del Lei o del voi, come nei testi precedenti: l‘allocuzione sottolinea il sentimento di fratellanza e di sincera compassione. Abbiamo già accennato all‘organizzazione testuale di questa lirica: non è tipica di Palazzeschi la sintassi della prima frase, che, però, aiuta a descrivere tutta la scena in maniera piuttosto compatta, nell‘ambito di una sola frase. Il lessico è neutro. Passiamo al confronto con la versione russa. Innanzitutto si può notare un cambiamento della struttura testuale: la domanda rivolta al ferito occupa non solo l‘ultimo, ma anche il penultimo verso: «Болью низвергнутый в ад, / кто тебе сделал больно?» (lett. «gettato giù nell‘inferno dal dolore, chi ti ha fatto male?») Mentre la seconda parte rappresenta una traduzione fedele dell‘originale, la prima parte è un chiaro esempio di esplicitizzazione del senso: per descrivere la sofferenza del ferito il traduttore ricorre all‘immagine dell‘Inferno, non può essere casuale anche la scelta del verbo espressivo e stile alto «низвергать» («gettar giù) e il fatto che nella frase russa nella posizione di agens troviamo il dolore («боль»), mentre l‘uomo è ridotto all‘oggetto passivo della sua azione. Questa licenza poetica che si permette il traduttore non contraddice l‘immagine data nella poesia, ancora una volta si mettono in azione meccanismi cognitivi, si ricorre all‘immagine dell‘Inferno è legata per i cristiani all‘idea del fuoco il quale brucia i peccatori. Anche in altre frasi il senso nella versione russa viene reso più chiaro: si parla della rosa rossa che si trova «у тебя внутри» (lett. «dentro di te», invece dell‘indicazione più vaga «nascosta»). Infine, la metafora del fiore in russo diventa più astratta: non si parla, infatti, della «rosa bianca del guanciale», il «guanciale» («подушка») è nominato in russo nel verso 2 (lett. «stringi alle tempie il guanciale»), e nel verso successivo il paragone che sta alla base semantica della metafora viene espliciticizzato: lett. «come se la rosa bianca bastasse, / perché non ardi tanto / quella rossa / dentro di te». Infine, anche il nome del colore in russo è reso con

162 Vedi anche il commento alla poesia. 107 un termine più concreto: l‘aggettivo «алый» significa «rosso scarlatto» e viene usato spesso appunto in riferimento ai fiori, soprattutto alle rose, ma anche alla fiamma il che rafforza il significato del verbo «пылать» («ardere»).

108

La madre

La madre Мать

1 - Madre: tuo figlio è ingrato. - Мать, твой сын тебе лгал. 2 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде. 3 - Madre: tuo figlio è cattivo. - Мать, твой сын дурной человек. 4 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде. 5 - Madre: tuo figlio ha rubato. - Мать, твой сын украл. 6 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде. 7 - Madre: tuo figlio ha ucciso. - Мать, твой сын убил. 8 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде. 9 - Madre: tuo figlio è carcerato. - Мать, твой сын в тюрьме. 10 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде. 11 - Madre: tuo figlio è diventato pazzo. - Мать, твой сын не в своем уме. 12 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде. 13 - Madre: tuo figlio è fuggito. - Мать, твой сын бежал. 14 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде. 15 - Madre: tuo figlio è morto. - Мать, твой сын мертв. 16 - E‘ sempre mio. - Он мой, как прежде.

(trad. di E. Solonovič)163

La poesia è stata pubblicata in Cuor mio (1968), la traduzione è russa è stata eseguita da questa variante, ne esiste un‘altra, più recente, pubblicata in Via delle cento stelle (1972)164. Questo componimento, come i testi che seguiranno, appartengono all‘ultimo Palazzeschi, tornato alla poesia dopo un lungo intervallo. «Le poesie uscite in rivista a partire dal 1945 (e scritte, dice Palazzeschi, dal 1942) raccontano davvero un‘altra storia e rispecchiano un autore mutato, che ha cambiato vita a città, e privilegia ormai da tempo la vena e la penna del narratore» - dice Dei a proposito di Cuor mio (Dei 2002, pp. XLV-XLVI)165. Infatti, La madre che conserva la struttura teatrale e in questo riecheggia i testi esaminati sopra, colpisce soprattutto per un tono diverso, serio, pacato, tragico, senza tracce di ironia. Il testo è costruito in forma di dialogo tra l‘io narrante e una madre: di questi personaggi non sappiamo niente, così come non si sa dove si svolge la loro conversazione. L‘io narrante si rivolge alla madre comunicandole in ogni frase nuovi dettagli sul destino del figlio, e la madre gli risponde sempre con la stessa frase «E‘ sempre mio» per dire che nonostante tutto non lo rinnega. Lo scenario descritto è piuttosto astratto o, meglio, ridotto all‘essenziale, ciò nonostante dal testo si capisce che è, come dice nella prefazione all‘edizione russa il curatore del volume, il

163 La traduzione è citata dall‘edizione Западноевропейская поэзия XX века. Серия «Библиотека Всемирной литературы», том. 152, Художественная литература, Москва, 1977. Вступительная статья Р. Рождественского, составитель итальянской части Н. Томашевский. 164 Si cita il testo da Palazzeschi 2002, p. 715. Per le varianti e la vicenda editoriale del componimento vedi il commento di A. Dei in Palazzeschi 2002, p. 1143. 165 A proposito delle ultime due raccolte poetiche di Palazzeschi vedi Savoca 2002, Giovanardi 2002. 109 poeta Robert Roţdestvenskij, «un abbozzo del romanzo in più volumi»166. In altre parole, il meccanismo cognitivo che possiede il lettore gli permette di ricostruire la sequenza degli eventi, la storia dell‘uomo che dai difetti di carattere, come l‘ingratitudine e la cattività, passa ai crimini sempre più gravi, ruba e poi uccide, dopo viene messo in carcere, perde la ragione, fugge e alla fine muore. In questa storia, una parabola che racconta la storia di un uomo, ma anche l‘assoluto amore materno, la posizione morale ed etica dell‘autore non è espressa esplicitamente, ma si capisce sia dalla storia che racconta le vicende «tipiche» di un peccatore, ma soprattutto dalla figura della madre che ripete sempre e solo la stessa frase per confermare il suo amore. L‘organizzazione testuale del componimento, piuttosto rigida, risponde all‘obiettivo di raccontare la storia in maniera essenziale, senza superflui dettagli e senza retorica: i segnali formali dell‘inizio e della fine mancano, solo dal contenuto si capisce che negli ultimi due versi la storia si conclude167. A parte la ripetizione della stessa replica pronunciata dalla donna, la coesione testuale è garantita dalla ripetizione dell‘appellativo «madre» all‘inizio di ogni battuta a lei rivolta e dal rigido parallelismo sintattico delle stesse battute. La sintassi è estremamente semplice, le proposizioni sono ridotte al minimo: si nomina solo il soggetto e la sua azione, mancano gli avverbi, gli aggettivi (sono presenti soltanto all‘interno dei predicati), ecc. Anche il lessico risponde all‘esigenza di essenzialità e minimalismo: troviamo i termini di parentela («madre» e «figlio»), i verbi e gli aggettivi fondamentali («rubare, uccidere, fuggire, ecc.», «ingrato, cattivo, pazzo», ecc.). Quanto all‘uso dei tempi verbali, la storia è raccontata al presente (nelle frasi che descrivono le caratteristiche del figlio) e al passato prossimo (nella sequenza di eventi). I legami associativi non sono espliciti e diretti a differenza di alcune altre poesie di Palazzeschi, comunque le conoscenze che possiede il lettore russo e che in questo caso sono vicine se non identiche a quelle che può avere il lettore italiano, permettono di «ricostruire» la storia raccontata. Inoltre, è comune l‘idea dell‘amore materno nella cultura cristiana ed europea, probabilmente non è troppo azzardato ricordare in questa sede la figura di Maria e la scena di Pietà, simbolo di assoluto amore materno per il figlio condannato dal mondo. Passiamo al confronto con la versione russa. Come in altre traduzioni è evidente che le scelte del traduttore, attento a rendere le particolarità del componimento, sono state condizionate anche da ragioni formali, tra cui la rima. Infatti, in originale troviamo la rima formata dalle

166 Vedi Западноевропейская поэзия XX века. Серия «Библиотека Всемирной литературы», том. 152. Художественная литература, Москва, 1977. Вступительная статья Р. Рождественского, составитель итальянской части Н. Томашевский. с. 7. 167 La modifica introdotta dal poeta nella variante più recente, a parte una sfumatura leggermente diversa del significato, serve anche a marcare la fine del testo: nel verso 16 leggiamo: «E‘ soltanto mio.» 110 terminazioni di aggettivi e participi passati: «ingrato – rubato – carcerato- fuggito – morto», ma anche la rima imprecisa, fondata su vocali, «cattivo – ucciso». Anche in russo troviamo le desinenze in rima, anche se esse non ripetono esattamente quelle dell‘originale: «лгал – украл – убил – бежал», «в тюрьме – не в своем уме». Evidentemente la rima, insieme con le particolarità semantiche delle parole, ha condizionato le scelte lessicali, e.g. la scelta del verbo «лгать» («mentire») nel primo verso, dell‘espressione «не в своем уме» (lett. «uscire dalla propria mente»), invece di possibili sinonimi. L‘aggettivo «cattivo» è stato reso con il nome e l‘aggettivo «дурной человек», infatti, non si potrebbe usare il solo aggettivo «дурной», che ha un significato diverso e appartiene a un registro colloquiale, né aggettivi «плохой» o «злой». I verbi sono usati al passato perfettivo o imperfettivo, in conformità alle loro particolarità semantiche, oppure al presente (la descrizione della caratteristica immanente del figlio). Nell‘ultima frase il predicato è espresso con l‘aggettivo «мертвый» in forma breve che esprime la caratteristica dell‘oggetto in un dato momento di tempo. Per concludere, bisogna sottolineare la semplicità e la naturalezza delle soluzioni trovate nella versione russa.

111

Novembre

Novembre Ноябрь

1 Dei giovani e dei vecchi В кружок собрались 2 si raggruppano молодые и старые 3 fra le rovine calde di Roma среди раскаленных обломков Рима. 4 su cui i platani lasciano cadere А над городом будто шуршит бумага – 5 con frusciare di carta платаны роняют 6 le loro foglie dorate. раззолоченную листву. 7 I giovani Молодые рассказывают старикам 8 fanno sapere ai vecchi о том, что по сердцу им, молодым, 9 quello che a loro piace а те притворяются, будто не слышат. 10 e i vecchi 11 fanno finta di non sentire.

(trad. di S. Šervinskij)168

La poesia è stata pubblicata per la prima volta nel 1946 su rivista «Mercurio» e fa parte della raccolta Cuor mio (1968), esistono diverse varianti del testo, probabilmente la traduzione russa è stata eseguita da Antologia della poesia italiana 1909-1949, a cura di G. Spagnoletti, nella quale sono accorpati vv. 7-8 e 10-11169. Questa poesia rappresenta un paesaggio con figure, ma il suo umore è ben diverso dai quadri disegnati da Palazzeschi nei suoi versi giovanili: è sempre piuttosto astratto, con i personaggi chiamati semplicemente «dei giovani» e «dei vecchi», ma è dipinto con molta tenerezza, l‘azione si svolge non in un paese favoloso, ma a Roma, fra le sue «calde rovine», nel mese di novembre170. Nel descriverlo il poeta coinvolge tutti i sensi: il tatto, visto che ci sembra di sentire «il calore» delle pietre, la vista (si menzionano «le foglie dorate») e anche l‘udito (sembra di sentire «il frusciare di carta» delle foglie). Ciò che avvicina questo testo alle prime poesie da noi analizzare è forse la compresenza della dinamica e della statica nella descrizione: i personaggi non sono passivi, ma la loro azione non ha né inizio né la fine. Anche in questo caso i personaggi non riescono a comunicare tra di loro, ma la mancata comunicazione non ha un carattere triste e macabro, ma piuttosto ironico e bonario.

168 La traduzione è citata dall‘edizione Итальянская лирика. XX век. Прогресс, Москва, 1968. Составитель Е. Солонович, переводы с итальянского под редакцией С. Шервинского, предисловие А. Суркова. 169 Vedi sulle varianti del testo il commento di A. Dei in Palazzeschi 2002, p. 1121. 170 A proposito dell‘immagine di Roma nell‘ultimo Palazzeschi Meter osserva nel suo saggio Metamorfosi romane: “Ponte Garibaldi”: «La Roma di Palazzeschi è una Roma della contemplazione, e non delle grandi emozioni, speranze e simboli: lo confermano i tratti malinconici di Rocca di Papa e i nostalgici moti dell‘animo della ―vetusta Roma‖ appenta trattenuti sulle fatidiche pietre. Nonostante esse riescano a mantenere viva la memoria della passata ―grandezza‖ della città, nella ―popolare fantasia‖, a questo non si associa alcuna aspirazione rivolta al futuro. L‘antica Roma sopravvive come ―favola‖, come contenuto di una finzione, e non aspira ad oltrepassare i confini di tale irrecuperabilità, in fin dei conti pervasa di malinconia. Il luogo dei ricordi si nega così ad una qualsiasi proiezione storica, sia essa di natura ripetitiva o analogica» (Meter 2007, pp. 100-101). 112

La figura dell‘autore non è presente nel testo e anche la sua posizione non è esplicita, sembra che l‘autore stia a distanza a osservare con un bonario sorriso, a commentare, ma non ad intervenire. Si capisce il suo atteggiamento da come descrive la scena, per esempio, quando menziona «le rovine calde», come se potesse toccarle e sentire con piacere il calore dell‘estate romana, o le «foglie dorate», con l‘aggettivo che paragona il colore delle foglie con quello del metallo prezioso e bello171. Il carattere descrittivo del componimento determina la sua organizzazione testuale: troviamo due frasi lunghe, complesse, la divisione in versi aiuta a mettere gli accenti. I verbi sono al presente e questo sottolinea il carattere atemporale del quadro descritto. Fondamentale per la struttura del testo è l‘opposizione tra i «giovani» e i «vecchi» che apre la poesia nel primo verso e poi viene sottolineata dalla divisione in versi: il verso 7 corrisponde alla parola «giovane», sottolineata dalla pausa di fine verso, il verso 8 finisce con la parola «vecchi» che si incontra di nuovo, nel verso 10, simmetrico al verso 7. Molto importante per la poesia è l‘ultimo verso in cui si parla della «finzione», del comportamento strano e, ci vien da dire, poco serio dei vecchi che di solito – nello scenario tipico della comunicazione tra le due generazioni – ascoltano, parlano e danno numerosi consigli. Ma i vecchi palazzeschiani non possono essere persone serie. Il confronto con la versione russa conferma alcune tendenze rilevate sopra, innanzitutto, la tendenza a una maggiore concretizzazione, basata sulle competenze cognitive del traduttore. Per esempio, nel primo verso troviamo «в кружок собрались» (lett. «si sono riuniti in cerchio») che corrisponde a «si raggruppano», «le rovine calde» sono rese con «раскаленные обломки» (lett. «riscaldati / arroventati frammenti / spezzoni»), «quello che a loro piace», con il complemento su cui cade l‘accento logico, è reso con «о том, что по сердцу им, молодым» (lett. «ciò che gli sta a cuore, ai giovani»). Infine, mentre il termine «giovani» è reso in tutti i casi con «молодые», per i «vecchi» ci sono due varianti: l‘aggettivo «старые» e il nome «старики». Va anche notata la maestria tecnica del traduttore che non traduce alla lettera, ma cambia l‘ordine dei costituenti nella frase e grazie a ciò riesce a conservare l‘opposizione semantica e formale tra i due gruppi di personaggi, i «giovani» e i «vecchi» di cui si è parlato sopra (vedi nella versione russa v. 2 e vv. 7-8 dove questi termini si ripetono nella posizione marcata dell‘inizio e della fine del verso). Viene reso anche il suono dell‘originale che riproduce il frusciare di foglie («lasciano cadere / con frusciare di carta» – «будто шуршит бумага - /

171 «Palazzeschi posa su luoghi e personaggi uno sguardo benevolo e distaccato, non giudicante ma comprensivo e pacatamente curioso, mostra una impenetrabile e inscalfibile coerenza, una astorica e invidiabile fedeltà a se stesso. Non si cura di apparire arcaico né, appunto, sentimentale, di riecheggiare volutamente gli ormai stabilizzati luoghi comuni del proprio personaggio: la gioia di vivere e il buonumore, l‘apertura alla diversità, la sorridente tolleranza» (Dei 2002, p. XLVII). 113

платаны роняют / раззолоченную листву»). Allo stesso tempo, si nota nella versione russa un certo cambiamento di intonazione, legato all‘uso della parola «будто» che introduce il paragone: «над городом будто шуршит бумага» (lett. «come se la carta frusciasse sopra la città»), «те притворяются, будто не слышат» («fingono di non sentire», lett. «come se non sentissero»). Mentre nell‘ultimo caso l‘uso di «будто» è condizionato dal verbo «притворяться» con la sua reggenza, nel primo caso si poteva farne a meno. Invece la ripetizione di «будто» cambia il modus del testo, dall‘«indicativo» dell‘originale si passa a una sorta di «condizionale», a una descrizione più esplicitamente impressionistica.

114

Il Palatino

Il Palatino На Палатинском холме

1 Sui morbidi cuscini del tempo На пуховых подушках времени 2 il corpo riposa пылающим летним днем 3 nel torrido meriggio d‘estate. раскинулось тело. 4 Il pensiero non ha la forza di evocare Мысль вызвать не в силах 5 né ombre né fantasmi даже призрачной тени; 6 e l‘occhio a pena sorprende глаз примечает едва, 7 dei vapori trasparenti как паром прозрачным 8 che salgono dalla terra поднимается воздух, 9 e che il calore discioglie e discolora растворяемый зноем. 10 nella luce. Испитые солнцем до дна, 11 Bevute dal sole камни белы, как надгробья без имени. 12 le pietre sono bianche Легонько дрожит листва 13 come tombe anonime e deserte под дыханием неба. 14 riarse Чувства в острой своей отрешенности 15 e le fronde palpitano leggere улавливают лишь запах. 16 di un‘aspirazione celeste. Настоящее наше смердит, 17 Per cocente abbandono а будущее – смутное слово. 18 i sensi Прошлое смердеть перестало, 19 percepiscono soltanto un profumo:. у него аромат засыхающих листьев… 20 Il presente puzza У прошлого… 21 e il futuro è termine vago, 22 il passato non puzza più, 23 ha un vago profumo di foglie secche (trad. di S. Šervinskij)172 24 il passato.

La poesia è stata pubblicata nel 1946 su «Mercurio» e nell‟Antologia della poesia italiana 1909-1949, a cura di G. Spagnoletti (probabilmente il traduttore si è servito di questo volume); successivamente, con qualche modifica, è stata inclusa nella raccolta Cuor mio (1968)173. E‘ un‘altra poesia-quadro che potrebbe sembrare poco palazzeschiana, almeno per la sua metaforicità. Benché l‘autore indica esattamente il luogo dove si svolge l‘azione (il colle Palatino a Roma), l‘ora (il meriggio174) e la stagione (l‘estate), il paesaggio resta piuttosto astratto: si parla solo dei «vapori trasparenti» che «salgono dalla terra», delle «pietre» bianche, e delle «fonde» degli alberi. A differenza di Novebmre il paesaggio disegnato in questa poesia «estiva» non ha figure. Anche la figura dell‘autore è piuttosto vaga, di lui non sappiamo niente di preciso, è uno che osserva e descrive ciò che vede, infatti, per risalire all‘autore occorre partire dalle sue riflessioni e associazioni. Anche in questo testo è fondamentale la percezione sensuale, visto che il pensiero, la ragione, si trovano impotenti e paralizzati dalla calura: il tatto (si parla

172 La traduzione è citata dall‘edizione Итальянская лирика. XX век. Прогресс, Москва, 1968. Составитель Е. Солонович, переводы с итальянского под редакцией С. Шервинского, предисловие А. Суркова. 173 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 676. Sulla vicenda editoriale del testo e sulle sue varianti vedi il commento di A. Dei in Palazzeschi 2002, pp. 1121-1122. 174 Cfr. con la poesia di Montale Meriggiare pallido e assorto… 115 dei «morbidi cuscini» sui quali riposa il corpo), la vista e soprattutto l‘olfatto (si parla del profumo del presente e del passato). Ma c‘è nella poesia anche il secondo piano di significato: non si parla solo del tempo e delle stagioni della natura, ma anche delle stagioni umane. E‘ evidente dalla menzione di «ombre» e «fantasmi», evocati dal pensiero, dall‘associazione con le «tombe anonime e deserte» che fa nascere la contemplazione delle «pietre» bianche, e dalle riflessioni sul passato, presente e futuro. Solo la percezione del presente è «acuta», l‘uomo sente la sua «puzza», il futuro è incerto e «vago» e il ricordo del passato perde la sua intensità, ha un profumo leggero di foglie secche. Colpisce in questo testo l‘alto tasso di metaforicità: si parla dei «cuscini del tempo», delle pietre «bevute dal sole», si dice che «il presente puzza». Abbiamo detto che nel quadro descritto mancano figure umane, ma la natura è descritta come un essere vivo: le fronde «palpitano», il cielo «aspira», «vapori trasparenti» «salgono dalla terra», «il calore» li «discioglie». La sintassi è abbastanza complessa, la divisione in versi corrisponde alla divisione di frasi in unità logico-sintattiche. Alcuni versi, corrispondenti a una sola parola oppure al nome con il suo articolo o con la preposizione articolata (vv. 10, 14, 18, 24); Il lessico è privo di elementi dialettali, sullo sfondo dei nomi piuttosto neutri, che denominano concetti fondamentali (il corpo, il pensiero, l‘occhio, il cielo, la terra, il calore, la luce, ecc.), e degli epiteti standardizzati («morbidi cuscini», «pietre bianche», «foglie secche»), spiccano gli aggettivi espressivi («torrido meriggio», «cocente abbandono») e soprattutto il verbo «puzzare» opposto al nome «profumo». Quanto ai legami associativi e metaforici, il poeta e il suo lettore percepiscono questo componimento nel contesto della tradizione, comune anche per il lettore russo, dell‘interpretazione della vita e della morte, dell‘età umana, del paragone della vita dell‘uomo con le stagioni della natura. La traduzione russa conferma alcune tendenze evidenziate sopra, per esempio, la tendenza alla maggiore esplicitizzazione e concretizzazione che si manifesta a partire dalla traduzione del titolo: in russo è «На Палатинском холме» (lett. «Sul colle Palatino»), anche se si può dire in russo «на Капитолии», «на Палатине»175). Invece di «morbidi cuscini» troviamo

175 Cfr. con la poesia di Nikolaj Gumilëv «На Палатине» («Sul Palatino», 1912) che riecheggia i versi di Palazzeschi e che, per questa ragione, ci permettiamo di citare per intero con la traduzione alla lettera (Гумилев 1991: 129-130):

116

«cuscini di piuma» («пуховые»); la posizione del corpo che «riposa» è precisata grazie all‘uso del verbo «раскинулось» (lett. «si è steso», «si è allargato»); «bevute dal sole» e «riarse» è tradotto come «испитые солнцем до дна» (lett. «bevute fino in fondo dal sole»), ecc. Invece di «foglie secche» troviamo «засыхающие листья» (lett. «le foglie che stanno diventando secche»), in questo caso la soluzione trovata è piuttosto felice, perché pone l‘accento proprio sul tempo che passa. Il traduttore modifica leggermente anche il senso del verso 6: in italiano si parla di «ombre e fantasmi», in russo invece di due nomi troviamo un nome e un aggettivo «призрачные тени», questa espressione è tipica del repertorio letterario tradizionale. Simili trasformazioni si possono osservare anche in altri casi (vedi vv. 7-11). Il verbo «puzzare», quasi una parola-chiava per l‘interpretazione della poesia, è reso in russo con «смердеть»: è una scelta felice, perché, almeno nei testi letterari, proprio questo verbo è legato all‘idea della morte. Invece, non è stato possibile, forse per ragioni metriche, di ripetere il termine «vago» nel penultimo verso della traduzione, quando si parla del passato, ed a rendere l‘opposizione tra il presente (qualche cosa di concreto, che l‘uomo può percepire con i sensi), il futuro e il passato (caratterizzati da «vaghezza», in russo «смутность», cioè «assenza di trasparenza»).

На Палатине Sul Palatino

Измучен огненной жарой, Estenuato dal caldo focoso, Я лѐг за камнем на горе, Dietro una pietra mi sono sdraiato sul monte, И солнце плыло надо мной, E il sole navigava sopra di me, И небо стало в серебре. E il cielo è diventato color argento

Цветы склонялись с высоты I fiori si chinavano dall‘alto На мрамор брошенной плиты, Sul marmo della lastra abbandonata, Дышали нежно, и была Respiravano teneramente, ed era Плита горячая бела. bianca la calda lastra.

И ящер средь зелѐных трав, E, come una lucertola tra le erbe verdi,. Как страшный и большой цветок, Come un fiore terrificante e grande, К лазури голову подняв, Alzata la testa verso il lazzuro, Смотрел и двинуться не мог. Guardavo e non riuscivo a muovermi.

Ах, если б умер я в тот миг, Ah, se fossi morto in quel momento, Я твѐрдо знаю, я б проник Sono certo, sarei penetrato К богам, в Элизиум святой, Dalle divinità, nel santo Elisio И пил бы нектар золотой. E avrei bevuto il nettare dorato.

А рай оставил бы для тех, E avrei lasciato il Paradiso per quelli. Кто помнит ночь и верит в грех, Che ricordano la notte e credono in peccato. Кто тайно каждому стеблю Che a ogni stelo d‘erba in segreto Не говорит свое «люблю». non dice in segreto il suo «ti amo».

117

Libertà

Libertà Свобода

1 Condannata in teoria Приговоренная теорией к гоненью 2 durante il ventennio dell‘era fascista во времена фашистского двадцатилетья 3 faceva del suo meglio per esistere она изо всех сил старалась выжить 4 nella pratica della vita quotidiana в существованье каждодневном 5 e vi riusciva perfettamente vivendo clandestina и ей в подполье удалось прекрасно сохраниться 6 giacché in un paese assuefatto alla tirannia ведь в той стране что свыклась с тиранией 7 la restrizione provoca nei cittadini la solidarietà ужесточенья крепят солидарность 8 un‘arte sopraffina per superarla. и учат тонкому искусству одолевать невзгоды. 9 Conclusasi l‘era fascista Закончились фашизма времена 10 e proclamata ai quattro venti la libertà и вот свобода восславленная с ликованьем и треском 11 esaltata come la sola regola di vita как правило единственное жизни 12 a poco a poco la vediamo scomparire мало-помалу исчезает на глазах 13 nella pratica della vita quotidiana из каждодневного существованья 14 creando una zona oscura и превращается в туманную неясность 15 di cui ognuno paventa o diffida внушая недоверие и страх 16 e sormontata а на смену приходит 17 da un‘accecante insegna luminosa: ослепительно яркий символ: 18 Libertà. Свобода. 19 L‘uomo vissuto a lungo nella tirannide У того кто долго жил во власти тирании 20 la tirannide ce l‘ha nel sangue она проникла в плоть и кровь 21 e nel midollo delle ossa, до мозга костей 22 e una volta posto in clima di libertà из всех свобод предоставляемых свободой 23 la prima libertà che si piglia он первой выберет свободу 24 è quella di togliere agli altri la libertà. лишать свободы остальных. 25 Siamo dunque un cannone che spara dalla culatta? Так мы ружье что бьет со стороны приклада?

(trad. di E. Mirskaja)176

La poesia è stata pubblicata su Paese sera nel 1972, fa parte della raccolta Via delle cento stelle (1972)177. Questi versi, cosi come il componimento successivo, illustrano l‘ultimo Palazzeschi, con alcune poesie-riflessioni che sembrano vicine alla prosa. Il lettore delle prime raccolte poetiche dello scrittore fiorentino potrebbe essere stupito dalla serietà dell‘argomento scelto e dalla sincerità con la quale l‘autore esprime la propria posizione, insomma, da una poesia che a pieno titolo può essere definita «civile», ma chi conosce bene l‘opera di Palazzeschi sa che fin dall‘inizio la libertà, soprattutto la libertà e l‘indipendenza interiore, è stata per lui la parola-chiave. Il tema del componimento è annunciato nel titolo: la libertà. Palazzeschi racconta del ventennio fascista, quando la libertà era condannata «in teoria», ma sopravviveva nella vita quotidiana, nella solidarietà dei cittadini uniti insieme nella lotta contro la restrizione. Dopo la

176 La traduzione è citata da Для жизни рожденные. Стихи итальянских поэтов. Радуга, Москва, 1986. Вступительная статья Дж. Фьюмары, составители Дж. Фьюмара, М. Милани, В. Палаццо. 177 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 826. Vedi anche la nota sui testi in Palazzeschi 2002, p. 1173. 118 guerra, quando la libertà è stata, invece, «proclamata» ed «esaltata come la solita regola di vita», ha cominciato a scomparire dalla vita quotidiana, diventando una specie di «accecante insegna luminosa». «L‘uomo vissuto a lungo nella tirannide», - conclude Palazzeschi – «ce l‘ha nel sangue» e, una volta acquistata la libertà, prima di tutto cerca di toglierla agli altri. La poesia finisce con una domanda retorica: «Siamo dunque un cannone che spara dalla culatta?», cioè siamo l‘arma che, senza volerlo, sappiamo usare solo contro se stessi? Abbiamo detto che questa poesia sembra vicina alla prosa, tuttavia la sua organizzazione testuale, la natura «poetica» è bene evidente: aiuta a mettere gli accenti, a dividere il testo, quasi privo di punteggiatura (e per questo simile alla trascrizione di un testo orale) in unità seguite dalla pausa di fine verso che corrispondono alle unità che possono essere distinte all‘interno della preposizione (e che nella tradizione linguistica russa si chiamano «sintagmi»). La figura dell‘autore anche in questo caso è piuttosto vaga, non dice quasi niente di sé, è uno che osserva, formula conclusione, ma è chiaro che anche l‘autore ha vissuto il ventennio fascista e gli eventi storici successivi (si noti l‘uso del verbo alla prima persona plurale «vediamo», v. 12), e si rivolge ai propri concittadini per farli riflettere; in questo caso la sua posizione è assolutamente chiara. Per la struttura della poesia sono importantissime le opposizioni semantiche tra «la teoria» e «la pratica della vita quotidiana», tra «la tirannia» e «la libertà» (troviamo queste parole ripetute diverse volte). In più, nei primi versi, la poesia è descritta come un essere vivo che «faceva del suo meglio per esistere» e «vi riusciva perfettamente vivendo clandestina». Anche in una poesia «seria», Palazzeschi dimostra la sua ironia, per esempio, nella descrizione del trionfo della libertà nei versi 9-11, сfr. anche il paragone nell‘ultimo verso. Altrettanto importante è l‘opposizione tra la luce e l‘ombra e il paradosso che la libertà, sopravissuta nella clandestinità, una volta uscita alla luce del giorno, comincia a creare una «zona oscura» e splende solo della luce falsa di «un‘accecante insegna luminosa». Tutto quello che abbiamo detto sulla poesia determina la sua fisionomia linguistica. La sintassi è piuttosto complessa (la poesia consta di quattro frasi tra cui una domanda retorica nell‘ultimo verso), mancano segni di punteggiatura, tranne quelli che segnano la fine della frase. La scelta dei tempi verbali corrisponde ai due piani, quello del passato (con i verbi all‘imperfetto) e del presente (sia il presente attuale, sia quello atemporale). Il lessico è determinato dall‘argomento, sullo sfondo neutro e serio colpiscono alcune espressioni colorite, e.g. espressioni fraseologiche «proclamare ai quattro venti», «avere nel sangue» e «nel midollo

119 delle ossa»178. Si potrebbe anche indicare un toscanismo: il verbo «pigliare» (nel terzultimo verso). Passiamo al confronto con la versione russa. Il traduttore è molto attento a rendere la natura poetica del testo, in alcuni versi troviamo addirittura un‘organizzazione ritmica piuttosto regolare (si tende ai piedi di quattro sillabe con accento sull‘ultima sillaba). La poeticità del testo si manifesta anche nel lessico che fa parte del repertorio poetico tradizionale («одолевать невзгоды», «с ликованьем», «туманная неясность», есс.); nella sintassi ciò si manifesta, ad esempio, nell‘inversione («в существованье каждодневном»). Alcune soluzioni proposte dal traduttore sembrano piuttosto felici, e.g. la traduzione delle espressioni fraseologiche nei versi 20-21 («она проникла в плоть с кровь / до мозга костей»). Altri esempi sembrano meno felici, per esempio, nel primo verso il traduttore ha conservato il termine «teoria» in opposizione alla «pratica», però nella frase russa si sente una lacune semantica, non è chiaro di quale teoria si parla, per rendere il senso dell‘originale andrebbe meglio l‘avverbio «теоретически» oppure lo stesso nome con la preposizione «в теории», oppure si poteva cercare una soluzione alternativa. Anche nei versi 12-18 cambia il senso e viene persa una sfumatura importante: mentre in originale si parla della «zona oscura» «sormontata / da un‘accecante insegna luminosa», in russo tra «туманная неясность» e «ослепительно яркий символ» manca un legame spaziale immediato (inoltre, «simbolo» e «insegna» non sono esattamente la stessa cosa). Certe volte uno ha l‘impressione che la traduzione russa sia fatta un po‘ alla lettera, ma tutto sommato ciò è compensato dalla veste poetica del testo, soprattutto dalla sua organizzazione ritmica.

178 Vedi le relative voci in Черданцева Т. З. Рецкер Я. И., Зорько Г. Ф., Итальянско-русский фразеологический словарь. Русский язык, Москва, 1982.

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Il Futurismo

Il Futurismo Футуризм

1 A sessant‘anni di distanza Шестьдесят лет спустя 2 dal movimento milanese e fiorentino После событий во Флоренции и Милане 3 sento parlare spesso e volentieri di futurismo. Я часто слышу, как рассуждают о футуризме. 4 Se ne parla con reale curiosità Рассуждают с неподдельным интересом, 5 serenamente e con benevolo sorriso Сдержанно, с добродушной улыбкой, 6 non di rado con entusiasmo Порой с энтузиазмом - 7 specialmente per parte dei giovani Особенно молодежь, 8 che assaltano il superstite Осаждающая ветерана, 9 per esaminare documenti Чтобы разобраться в заявлениях, 10 ricevere informazioni e notizie Лучше узнать и понять, 11 sopra un fenomeno del tutto sconosciuto Чем было движение, о котором так мало известно 12 e attualissimo. И которое так актуально. 13 Dopo il feroce ostracismo dato fino dal suo nascere Если вспомнить, что футуризм с самого рождения 14 al futurismo Безжалостно предавали остракизму, 15 la cosa potrebbe sembrare stupefacente Все это может показаться 16 come nessuna al mondo, Чрезвычайно странным, 17 invece è naturalissima Хотя на самом деле так и должно быть 18 e non stupisce affatto. И вовсе не удивительно. 19 Il futurismo non poteva nascere che in Italia Футуризм мог родиться только в Италии - 20 paese volto al passato Стране, обращенной в прошлое, 21 nel modo più assoluto ed esclusivo Глядящей только назад, 22 e dove è d‘attualità solo il passato. Где только прошлое актуально. 23 Ecco perché è attuale oggi il futurismo Поэтому в наши дни актуален футуризм: 24 perché anche il futurismo è passato. Ведь теперь и он – часть прошлого.

(trad. di A. Jampol‘skaja)179

L‘ultima poesia che ci permettiamo di citare per completare il corpus delle poesie di Palazzeschi pubblicate in lingua russa, è Il Futurismo180. Anche questa è una poesia-riflessione nella quale il poeta si rivolge alla sua gioventù, ricorda il movimento di Marinetti (senza trascurare la sua divisione in milanese e fiorentino), dipinge il suo autoritratto scherzoso (definendosi un «superstite»). Ma le parole più ironiche sono per l‘Italia, «paese volto al passato», infatti importantissima per la poesia è l‘opposizione tra «passato» e «attuale» e il paradosso «italiano» per cui solo il passato è attuale. Per le sue caratteristiche questa poesia è simile al testo precedente: per esempio, l‘autore è presente nel testo, anche se è una presenza discreta, il poeta che parla degli eventi di sessant‘anni fa guarda con simpatia e ironia i giovani che lo «assaltano». Il testo è composto di quattro frasi dalla sintassi piuttosto complessa, con i verbi al presente (tranne uno); il lessico è neutro, l‘espressività è raggiunta più che altro da ripetizioni più o meno fedeli («sento parlare spesso» – «se ne parla», «stupefacente» – «non stupisce affatto»),

179 La traduzione è in corso di stampa. 180 Si cita da Palazzeschi 2002, p. 836. Vedi anche il commento al testo in Palazzeschi 2002, pp. 1176-1177. 121 sequenze di elementi che svolgono la stessafunzione nella frase («Se ne parla con reale curiosità / serenamente e con benevolo sorriso non di rado con entusiasmo) e da forme superlative («attualissimo», «naturalissima», ma anche «feroce ostracismo», «stupefacente come nessuna al mondo», «nel modo più assoluto ed esclusivo»). Nella traduzione abbiamo cercato di rendere la forma poetica del componimento, rispettando tendenzialmente il numero degli accenti all‘interno del verso, le caratteristiche formali del testo, ma anche suo carattere «colloquiale», per niente artificioso. Per esempio, abbiamo conservato l‘opposizione tra «прошлое» e «актуальное», invece abbiamo sostituito il termine «superstite» con «ветеран» (lett. «veterano») che modifica la semantica, ma rende l‘autoironia dell‘autore. Il termine «documento» è stato sostituito con «заявления» (lett. «dichiarazioni»), visto che la parola russa «документы» in questo contesto sembra troppo burocratica: la sostituzione è basata sul fatto che il pubblico russo conosce il movimento futurista e la passione dei futuristi per manifesti e dichiarazioni di poetica. Invece, non ci è sembrato possibile riprodurre le parole dalla stessa radice («stupefacente» – «non stupisce affatto»), in russo tale ripetizione (per esempio, «удивительно» – «не удивляет») sembra ridondante.

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Tradurre Il controdolore

La traduzione del famoso manifesto futurista di Aldo Palazzeschi è stata eseguita nel 2006 con l‘obiettivo di presentarlo al pubblico russo: mentre gli addetti ai lavori conoscevano abbastanza bene i documenti prodotti dal movimento marinettiano, solo alcuni italianisti erano al corrente, per lo più per sentito dire, del «modesto» contributo del poeta fiorentino181. Successivamente la traduzione è stata riveduta e ristampata nel numero monografico della rivista letteraria moscovita «Inostrannaja literatura» dedicato all‘Italia (№ 10, 2008), nella sezione riservata al futurismo, insieme con due poesie di Palazzeschi e alcuni stralci dal volume di F. T. Marinetti e Fillia La cucina futurista182. Le difficoltà della traduzione sono condizionate dalla natura del testo palazzeschiano: pur essendo un manifesto futurista, Il Controdolore per la sua impostazione e anche per la forma è piuttosto diverso da altri documenti del movimento. Casomai, solo la parte finale è più vicina allo stile combattivo tipico di Marinetti e dei suoi compagni di lotta, ma questo si spiega, probabilmente, con il noto intervento redazionale del leader futurista183. Invece la fisionomia linguistica del testo palazzeschiano è condizionata, in grande misura, dal legame con la Sacra Scrittura: riflettendo sul dolore umano e sulla potenza salvifica del riso, Palazzeschi si rivolge alla tradizione cristiana, parla del Dio, della creazione, della condizione pietosa dell‘uomo contemporaneo e ribadisce l‘importanza del riso quale unico rimedio contro il dolore. Solo chi ha il coraggio di ridere può attraversare la siepe, descritta come una specie di purgatorio, e passare dall‘inferno del dolore nel paradiso della gioia. La vicinanza al testo del Vangelo spiega le sue particolarità stilistiche: lo mostra il fatto che Palazzeschi illustra le sue idee ricorrendo a immagini forti e a esempi eloquenti e che usa parole ed espressioni che risvegliano l‘immaginazione del lettore. L‘autore si rivolge direttamente a chi lo legge (dandogli del voi), pone domande, fornisce risposte, insomma, stabilisce un dialogo con il lettore e lo rende partecipe delle proprie riflessioni, espone una catena logica di argomenti per rendere ancora più convincente la conclusione finale. La seconda parte del manifesto, nella quale l‘autore illustra il

181 Le prime traduzioni dei documenti prodotti dai futuristi risalgono agli anni ‘10, basti citare il volume I manifesti del futurismo italiano (Манифесты итальянского футуризма), pubblicato a Mosca in lingua russa nel 1914, traduzioni a cura di V. Šeršenevič e B. Engel‘gard. Il volume comprende testi firmati da Marinetti, Russolo, Balla, Carra, Severini, Boccioni e alcuni altri. 182 А. Палаццески, Противоболь. Манифест футуризма. Два стихотворения («Больной фонтан», «Визит к графине Еве Пиццардини Ба»); Ф. Т. Маринетти и Филлиа, Манифест футуристической кухни (перевод А. Ямпольской) // Иностранная литература, № 10, 2008 «Итальянская литература в поисках формы» (составитель А. Ямпольская), c. 202-226. 183 Sulla storia del manifesto palazzeschiano e sulle sue diverse redazioni vedi Notizie sui testi, a cura di Gino Tellini, in Palazzeschi 2004, soprattutto pp. 1657-1671. Sulla stesura del manifesto e sulle sue possibili fonti vedi anche Barilli 1978, Livi 2002, Baldacci 2002. 123 suo programma educativo, è leggermente diversa come stile: per dimostrare l‘assurdità della censura e dell‘autocensura imposta dalla cosiddetta società perbene all‘idea stessa della sofferenza e del dolore, per far riconoscere il desiderio di non vedere naturalissimi aspetti dell‘esistenza umana quali la malattia e la morte, per mettere in evidenza la relatività dei concetti del bello e del brutto, Palazzeschi, come nelle sue poesie composte negli stessi anni, ricorre alla provocazione, cerca di scuotere il suo pubblico, di risvegliarlo, descrivendo certe cose la cui esistenza la cosiddetta gente perbene preferisce ignorare. Anche la fisionomia linguistica del testo risponde a questo obiettivo: si pensi ai lunghi elenchi di nomi (per esempio, le enumerazioni di malattie), di aggettivi e di verbi nella descrizione dei personaggi e delle loro azioni che creano una specie di crescendo emotivo, ma anche danno al testo un ritmo ben scandito; si pensi anche alle figure grottesche di maestri di cui si fornisce un ritratto dettagliato oppure alle buffissime scene dei funerali o degli ospedali. Invece la parte finale, nella quale si formulano le conclusioni, è più incisiva e decisiva, anche se l‘autore non riesce in alcuni casi a trattenersi da divagazioni. In russo abbiamo cercato di rendere l‘essenzialità e l‘espressività dello stile evangelico, soprattutto nella sintassi, mentre nel lessico ciò ha determinato la scelta di alcuni termini che risalgono alla lingua slavo-ecclesiastica, allo stile alto e solenne. Allo stesso tempo, soprattutto nella seconda parte, per riprodurre lo stesso effetto che produce sul lettore italiano il testo palazzeschiano, per suscitare lo stesso stupore e scandalo, è stato necessario ricorrere al lessico «basso» e «censurato» (anche se, in realtà, le cose che possono ancora colpire il lettore del 2000 sono poche!). Bisogna ammettere, però, che la struttura del testo, soprattutto quella sintattica, ha subito una notevole trasformazione: l‘elaborazione, iniziata in fase di traduzione, è stata ulteriormente portata avanti durante la revisione effettuata dagli editor russi184. Il problema è che il manifesto di Palazzeschi in realtà è un «concentrato» di significati: evidentemente l‘autore, a cui il contenuto e il messaggio del testo erano chiarissimi, nella prima versione del manifesto, quella del 1914, ha un po‘ trascurato il lettore o forse ha sopravvalutato la sua capacità di arrivare a capire il manifesto185. Questa «alta concentrazione di significati» si riflette soprattutto nella sintassi che a volte non è all‘altezza del suo compito e non aiuta il lettore a seguire lo

184 Nella redazione della rivista «Inostrannja literatura», il più prestigioso periodico russo nell‘ambito della traduzione letteraria, il lavoro su testo prevede le seguenti tappe: il testo consegnato dal traduttore viene prima rivisto da un editor che conosce la lingua dalla quale è stata eseguita la traduzione e che, pertanto, la confronta con l‘originale; dopo il testo viene letto e corretto da due redattori capo che possono non conoscere la lingua dell‘originale. Eventuali modifiche al testo in linea di massima vengono concordate con l‘autore della versione russa. 185 Cfr. le osservazioni di Fanfani a proposito della sintassi di Piramide (Fanfani 2002, p. 254).

124 svolgimento del pensiero186. Come risultato, alcune frasi sono un po‘ difficili da decifrare e il loro significato è un po‘ oscuro. Anche la punteggiatura, così come la sintassi, certe volte non risolve completamente il compito di riflettere la struttura logica e lo svolgimento del pensiero. Per questo nella versione russa è stato necessario modificare notevolmente la sintassi, soprattutto spezzando frasi complesse e lunghe in unità più brevi (il che corrisponde allo stile «evangelico» e «colloquiale» dell‘esposizione) e, allo stesso tempo, introdurre alcuni elementi che rendono più esplicita la struttura logica del testo. Per giustificare la legittimità di tale intervento si può ricordare, d‘un canto, che la frammentazione della sintassi e la divisione di una frase complessa in una serie di frasi più semplici è un procedimento tipico nel passaggio dall‘italiano in russo187; d‘altro canto, si può chiedere una mano allo stesso Palazzeschi e dare un‘occhiata alla seconda versione del manifesto, L‟antidolore, pubblicato nel 1958. Come nel caso di altre opere giovanili, rivedendo il manifesto Palazzeschi modifica notevolmente il testo: la seconda variante è meno concisa, nell‘esporre le proprie idee l‘autore fornisce più spiegazioni e soprattutto più esempi, la struttura logica è più trasparente ed elaborata, insomma, il testo è molto più leggibile rispetto alla versione originale188. Fra l‘altro, ciò si riflette anche nella lunghezza complessiva del manifesto: nell‘edizione mondadoriana: 20,5 pagine della versione del 1958 contro 11,5 pagine della versione del 1914. Quanto al lessico, si è cercato, innanzitutto, di conservarne la naturalezza e l‘espressività in particolare, trovando equivalenti ai modi di dire ed espressioni fraseologiche così amati da Palazzeschi, ma anche alle frasi fatte189. In alcuni casi è stato necessario attivare il meccanismo

186 Cfr., per esempio, questo passo del manifesto palazzeschiano nelle versioni del 1914 e del 1958: «Le morti delle persone più care, tutte le loro sciagure, vi forniranno i momenti della vostra gioia più intensa. Pensate: essi ne toccano in quegli istanti il fondo e ve ne comunicano la profondità, che voi rispecchiandogli sottrarrete dal dolore». (1914). «La morte delle persone più care fornirà i momenti della gioia più ardente. Pensate, esse ne toccano il fondo in quell‘istante e ve ne comunicano tutta la profondità». (1958) Cfr. con le osservazioni di Baldelli a proposito delle due edizioni del Codice di Perelà (Baldelli 1955). 187 Vedi a proposito l‘analisi della traduzione russa di un testo di Dino Buzzati in Fici, Jampol‘skaja 2009, pp. 124- 135. 188 Cfr. uno dei paragrafi iniziali del manifesto nella prima (1914) e nella seconda versione (1958): «Ma chi volle dare un‘immagine agli uomini di questo fattore dell‘universo dovette servirsi di una immagine umana e ce lo fece vedere uomo. Fu un omone grande grande, o nudo, dalle membra e dai muscoli ciclopici, o con un magnifico peplo e con sandali, con capelli e barba meravigliosi, con l‘indice titanico della mano levata in aria terribile di commando: luce o tenebre, vita o morte». (1914) «Però, chi volle dare in qualche modo un‘immagine agli uomini di questo fattore e motore dell‘universo, dové servirsi di forme più o meno umane, e lo fece vedere uomo, purtroppo: ―Ed ora faremo l‘uomo a nostra somiglianza‖. Se tale affermazione non dovesse appartenere a chi di ragione non vorrei esserne io l‘autore. E fu un omone grande grande, immense, nudo, dalle membra e i muscoli ciclopici, o in magnifico peplo e coturno, capelli e barba maravigliosi di abbondanza e fluidità, l‘indice titanico della mano alzato in aria terribile di commando, agitantesi fra le più tragiche nubi e urlante più forte del tuono: ―Luce o tenebre, vita o morte‖». (1958) 189 Cfr. le osservazioni di Fanfani a proposito della lingua dei primi romanzi di Palazzeschi (Fanfani 2002). L‘abbondanza dei modi di dire e delle espressioni fraseologiche è tipica di Palazzeschi narratore, anche nel commento ai racconti tratti dal volume Il palio dei buffi è stato necessario dedicare un grande spazio alla spiegazione di questi elementi lessicali. (А. Палаццески, Турнир чудаков (сост. и предисл. А. В. Ямпольской, комментарий А. В. Ямпольской, А. Браски). Москва, Айрис, 2007).

125 di compensazione: quando per qualche ragione non si riesce a rendere un elemento espressivo (per esempio, un elemento linguistico che crea il colore locale), si cerca di compensare la perdita, magari in un'altra frase, in modo da conservare il tasso complessivo di espressività del testo190. Abbiamo cercato di sfruttare in questo senso soprattutto le risorse del lessico, soprattutto le espressioni fraseologiche e i modi di dire. Quanto al tono «fiorentineggiante» del testo, è reso semmai sulla scala diastratica, con elementi linguistici che appartengono allo stile colloquiale191. Insomma, bisogna ammettere che nella traduzione il testo ha perso, inevitabilmente, il suo colore locale (compensato parzialmente con altri mezzi espressivi), e, come qualità letteraria, è stato leggermente «perfezionato». Questo non è da intendere come manifestazione di disprezzo nei confronti dello scrittore fiorentino (anche se molti critici concordano sul fatto che stile di Palazzeschi, soprattutto delle prime opere in prosa, è ben lontano dall‘ideale dello «scrivere bene in italiano»): per giustificare la nostra azione ricordiamo la nota distinzione tra la stilistica dell‘autore e la stilistica del ricevente, di cui si è parlato nella parte teorica, in altre parole, il traduttore deve rispettare non solo l‘autore, ma anche il pubblico al quale è destinato il suo lavoro e di arrivare a un compromesso tra le qualità dell‘originale e le esigenze presentate alla versione in lingua straniera che sarà collocata all‘interno di una tradizione letteraria diversa. Tale approccio, adottato dalla cosiddetta scuola sovietica della traduzione letteraria, riserva al traduttore una notevole libertà di intervento sul testo, ma è legittimato da quasi un secolo di storia192. Va da sé che abbiamo anche tenuto in considerazione la distanza temporale di quasi un secolo che ci divide dal momento della stesura del manifesto palazzeschiano e abbiamo cercato di dare al testo russo una sfumatura che lo fa sembrare leggermente antiquato193. Infine, si può dire che anche la traduzione di questo manifesto conferma l‘importanza dei meccanismi cognitivi e discorsivi: il traduttore si è avvalso delle conoscenze che riguardano le situazioni e le problematiche descritte, usando i relativi concetti, frame e scenari (e.g. la rappresentazione canonica del Signore nell‘arte cristiana, la struttura dell‘universo secondo la religione cattolica, l‘esistenza dell‘inferno, del purgatorio e del paradiso, l‘organizzazione della scuola e degli ospedali nella società moderna, ecc.), altrettanto importanti sono le conoscenze «operative», cioè, per dirla con Brandes, quelle che danno risposta non alla domanda «che cosa»,

190 Sul meccanismo di compensazione nella traduzione vedi Solonovich 1997, Solonovich 2008. 191 Crf. con l‘osservazione di Coletti che in Palazzeschi «il color locale concorre tanto alla caratterizzazione realistica quanto a quella comica e ironica» (Coletti 2000, p. 336). A proposito della resa degli elementi locali nella traduzione vedi Алексеева 2004, c. 194-197, Модестов 2006, с. 101-103. Per il confronto tra l‘italiano e il russo vedi A. Jampol‘skaja, Lingua e dialetto: problemi di traduzione // Materiali del convegno scientifico «I giovani e la lingua» organizzato dall‘Accademia della Crusca e dal CLIEO nel 2007 (in corso di stampa). 192 A proposito della scuola russa (sovietica) della traduzione vedi Модестов 2006, Калашникова 2008. Per i problemi generali della traduzione e della fedeltà all‘originale vedi anche Eco 2003. 193 Sulla specificità della traduzione diacronica vedi il relativo capitolo in Виноградов 2004, vedi anche Модестов 2006, с. 94-95. 126 ma alla domanda «come»194 (con quale lingua si usa raccontare del Signore nella tradizione cristiana, con quali parole si descrive il mondo degli ospedali, la malattia e i malati, quali parole sono bandite in simili testi perché considerati una specie di tabù, ecc.).

Presentiamo qualche esempio concreto particolarmente significativo dal punto di vista dell‘analisi contrastiva.

(rr. 3-4) Ma chi volle dare un‟immagine agli uomini di questo fattore dell‟universo

И все же тем, кто хотел явить людям образ творца вселенной

(termine di stile alto «явить», sinonimo di «дать», «показать»)

(rr. 9-10) con capelli e barba meravigliosi

с пышными шевелюрой и бородой

(non si rende il termine «meraviglioso», ma si usa il termine «пышный», applicato spesso per la descrizione della capigliatura vaporosa)

(rr. 19-21) pensate addirittura ad un uomo come voi e sarete al vostro posto

так что представьте-ка лучше человека, похожего на вас, - и не лезьте из кожи вон

(nella traduzione russa è stato usato il modo di dire «лезть из кожи вон»)

(rr. 20-21) Perché in peplo e non in tait?

Отчего непременно пеплум, а не фрак?

(esplicitizzazione della struttura logica)

(rr. 25-26) E‟ il suo spirito che voi dovete riuscire a scoprire

Но ведь вам надлежит открыть Его дух

(esplicitizzazione della struttura logica)

194 Vedi Брандес 2004, с. 12. 127

(rr. 35-39) La sua faccettina rotonda divinamente ride come incendiata da una risata infinita ed eterna, e la sua pancina tremola, tremola in quella gioia.

Его круглая физиономия божественно смеется, словно подожженная бесконечным и вечным смехом. Его круглый животик трясется, трясется от радости.

(frammentazione della sintassi)

(rr. 43-47) Egli non à creato, no, rassicuratevi, per un tragico, o malinconico, o nostalgico fine; à creato perché ciò lo divertiva.

Поверьте, Он творил не ради какой-то трагической, или меланхолической, или ностальгической цели. Он творил, потому что это Его развлекало195.

(frammentazione della sintassi)

(rr. 46-48) Voi lavorate per alimentare bene voi e i vostri figli…

Вы вот трудитесь, чтобы вы и ваши дети хорошо питались

(esplicitizzazione della struttura logica)

(rr. 51-52) comprenderete bene

Усвойте раз и навсегда

(potenziamento del lessico espressivo, in russo si usa la locuzione «раз и навсегда»)

(rr. 62-66) Il sole sarà per esempio il suo giouco preferito per lunghe e interminabili partite di pallone

Солнце – Eго любимая игрушка, мяч, который хочется бесконечно долго гонять.

(frame «gioco del calcio»: il traduttore si avvale della conoscenza di come si svolge la partita, quali azioni compiono i calciatori; da notare l‘uso dell‘espressione colloquiale «гонять мяч»)

195 L‘editor della versione russa ha proposto di usare le maiuscole nelle parole che nominano il Signore, secondo l‘uso tradizionale. 128

(rr. 88-101) Alcuni vi sono in mezzo, incapaci di andare avanti o indietro, preferendo vivere con un pruno in un occhio, piuttosto che affrontarne uno non si sa dove. Questi gridano disperatamente, e i loro lagni scoraggiano sempre più quelli che sono ancora fuori, mentre fanno sempre più sganasciare dalle risa e tenersi la pancia per non liquefarsi nella gioia, quei pochissimi che vivono ridendo, protetti dal loro signore che al centro di tutte le cose ride più di loro.

Некоторые застревают в зарослях и не могут двинуться ни взад, ни вперед. Они предпочитают жить с занозой в глазу, чем рисковать тем, что наткнутся на новые шипы. Они отчаянно вопят, и их стенания все больше обескураживают тех, кто еще не пробрался в эту стену. Те же немногие, что уже живут, смеясь под защитой своего владыки – который находится в центре всего и смеется громче всех, наблюдая за происходящим, - просто лопаются от смеха и хватаются за живот, чтобы не надорваться от радости.

(frammentazione della sintassi, esplicitizzazione del contenuto («sono fuori» è tradotto come «кто не пробрался в эту стену»), la locuzione «sganasciare dalle risa» è resa con «лопаться от смеха»)

(rr. 102-106) Il piagnucolamento delle moltitudini esterne solletica perennemente il bollore della loro allegrezza; le grida disperate di quelli che stanno dentro la siepe gli fanno dare lanci di giubilio.

Жалобы толпящихся за оградой только подбрасывают дров в костер тех, кто веселится. Слыша отчаянные вопли застрявших в кустарнике, они прыгают от восторга.

(frammentazione della sintassi, esplicitizzazione del contenuto, il modo di dire «solleticare il bollore di» è reso con «подбрасывать дров в огонь»)

(rr. 108-117) L'uomo che attraverserà coraggiosamente il dolore umano godrà dello spettacolo divino del suo Dio. Egli si farà simile a lui attraversando questo purgatorio di spine che‟egli gli ha imposto per godere primo lui e comunicare la stessa gioia ai suoi eletti, egli, corpo umano, ma perfettissimo che non a‟ sulle sue membra di gioia una sola cicatrice di dolore.

Тот, кто смело пройдет сквозь стену человеческой боли, насладится божественным зрелищем: узрит своего Господа. Уподобится Ему, когда пересечет чистилище из терновника, которое тот устроил, дабы порадоваться самому и поделиться радостью с избранными своими, – Ему, кто телом человек, но человек совершенный, на чьем радующемся теле нет ни единого шрама боли.

(esplicitizzazione della struttura logica, stile ecclesiastico e alto, e.g. in russo il verbo «узреть» invece di «увидеть», «дабы» invece di «чтобы», ecc.)

129

(rr. 132-136) Un piccolo e misero topo può farci udire il suo pianto, i suoi lamenti; nessuno animale ci ha ancora fatto udire una calda sonora risata.

Мы же хоть и можем услышать плач и жалобы маленькой жалкой мыши, но кто из нас слышал, как во все горло хохочет какой-нибудь зверь?

(esplicitizzazione della struttura logica, da notare in russo l‘uso del modo di dire «хохотать во все горло»)

(rr. 165-167) nulla è triste profondamente, tutto è gioioso.

Ничто в глубине своей не печально, все исполнено радости.

(in russo lo stile è alto, da notare l‘uso del verbo «исполнено» invece del sinonimo più neutro «полно»)

(rr. 183-184) siete dei poveri cervellini da tre centesimi

Вы безмозглые дураки

(uso di una locuzione fissa)

(rr. 187-189) Ma egli è il solo che non potrà battersi con voi.

Но как раз он – единственный, кто не сможет с вам подраться.

(esplicitizzazione della struttura logica)

(rr. 214-216) Così furono fino ad ora le arti, il teatro, la letteratura

Такими и были до сегодняшнего дня изобразительные искусства, театр, литература.

(esplicitizzazione del contenuto: «le arti» vuol dire «le arti figurative»)

130

(rr. 239-257) Per esercitare questo spirito di esplorazione nel dolore umano, fino dai primi anni li sottoporremo a prove facili. Gli forniremo giocattoli educativi, fantocci gobbi, ciechi, cancrenosi, sciancati, etici, sifilitici, che meccanicamente piangano gridino si lamentino, vengano assaliti da epilessia, peste, colera, emorragie, emorroidi, scoli follia, svengano rantolino muoiano. Poi la loro maestra sarà idropica, ammalata di elefantiasi, oppure secca secca, lunga, con collo di giraffa. Le due saranno alternate ad insaputa della scolaresca, messe vicine, fatte piangere, fatte tirarsi i capelli, i pizzicotti, dire ahi! ohi! in tutti i toni possibili e immaginabili, nelle maniere più desolanti.

Чтобы развить этот дух исследования людского горя, будем с ранних лет подвергать детей несложным испытаниям. Мы будем давать им обучающие игрушки: кукол, изображающих горбунов, слепцов, больных гангреной, проказой и сифилисом. Пусть эти механические куклы плачут, кричат, стенают; пусть страдают от эпилепсии, чумы, холеры, ран, геморроя, триппера, безумия; пусть теряют сознание, хрипят, умирают. А учительница наших детей пусть будет больна водянкой и слоновой болезнью или окажется тощей грымзой с длинной жирафьей шеей. Таких учительниц будут чередовать, не предупреждая заранее школьников, потом сталкивать друг с другом, доводить до слез, до того, что они начнут таскать друг друга за волосы, щипаться, вскрикивать на разные голоса с самым прискорбным видом «Ай!» да «Ой!».

(descrizione espressiva, da notare elenchi di nomi e verbi)

(rr. 264-268) I varii tipi messi insieme, alternati, fatti piangere, rincorrere, dire ahi! ohi! in tutti i toni, fatti morire.

Пусть сталкиваются и чередуются разные типы; пусть они плачут, гоняются друг за другом, повторяя на все лады «Ай!» да «Ой!», пусть отдают Богу душу.

(esplicitizzazione della struttura logica e del modo imperativo, uso del modo di dire «отдать Богу душу»)

(rr. 393-397) Giovani, la vostra compagna sarà gobba, orba, sciancata, calva, sorda, sganasciata, sdentata, puzzolente, avrà gesti da scimmia, voce da pappagallo, ecc…

Юноши, пусть ваша подруга будет горбатой, слепой, кривой, лысой, глухой, косой, беззубой, вонючей; пусть машет руками, как обезьяна, и тараторит, как попугай…

(conoscenza dei relativi frame: come si muove una scimmia, quale verso fa un pappagallo: обезьяна судорожно машет лапами, попугай не поет, а тараторит)

131

(rr. 491-505) Sostituire l‟uso dei profumi con quello dei puzzi. Fate invadere un salone da ballo di odore fresco di rose e voi lo cullerete in un vano passeggero sorriso, fatelo invadere da quello più profondo della merda (profondità umana stupidamente misconosciuta) e voi lo farete agitare nell‟ilarità, nella gioia. Voi prendete ai fiori le loro cime, i loro petali, siete dei superficiali, essi vi domandano quello che ci avete in fondo al vostro corpo di più intimo, di più maturo per la loro felicità, sono più profondi di voi.

Заменять благовония зловониями. Если наполнить танцзал ароматом свежих роз, вы потом вспомните об этом разве что с мимолетной улыбкой. Наводните его более глубоким ароматом дерьма (запахом глубин человеческого организма, которые мы по глупости отвергаем), и вы будете долго вспоминать об этом с весельем и радостью. Вы, срывающие у цветов их верхушки, их лепестки, как же вы поверхностны! Они-то, для своего счастья, просят у вас то, что сокрыто потаенных глубинах вашего тела, самую зрелую вашу часть, а значит, эти существа куда более глубоки, чем вы.

(ragionamento paradossale e provocatorio, anche in russo si è cercato di rendere questa caratteristica)

132

Allegato: il manifesto di Aldo Palazzeschi Il Controdolore e la sua traduzione russa

Aldo Palazzeschi Альдо ПАЛАЦЦЕСКИ IL CONTRODOLORE ПРОТИВОБОЛЬ 196 Manifesto futurista (1914) МАНИФЕСТ ФУТУРИЗМА (1914)

1 «Dio non à né corpo, né mani, né piedi, è «У Бога нет ни тела, ни рук, ни ног, это 2 un puro e semplicissimo spirito.» бестелесный и чистый дух». 3 Ma chi volle dare un‘immagine agli И все же тем, кто хотел явить людям образ 4 uomini di questo fattore dell‘universo творца вселенной, приходилось пользоваться 5 dovette servirsi di una immagine uma na e образом человека, показывать нам Его в 6 celo fece vedere uomo. Fu un omone человеческом обличье. Получался огромный 7 grande grande, o nudo, dalle membra e человечище – или обнаженный, с телом и 8 dai muscoli ciclopici o con un magnifico мускулами, как у циклопа, или облаченный в 9 peplo e con sandali, con capelli e barba великолепный пеплум, в сандалиях, с пышными 10 meravigliosi, con l‘indice titanico della шевелюрой и бородой. Гигантский 11 mano levata in aria terribile di comando: указательный палец грозно воздет: свет или 12 luce o tenebra, vita o morte. тьма, жизнь или смерть. 13 Se uomo volete raffigurarvelo per Если вы, коли уж вашей голове так проще, 14 comodità del vostro cervello, questo предпочитаете изображать этот высший и 15 spirito supremo ed infinito, perché бесконечный дух человеком, то почему именно 16 grande, quando voi dovete forzatamente человека «великого», раз уж вам, хочешь не 17 fissare dei limiti a questa grandezza? La хочешь, придется обозначить границы этого 18 vostra non potrà mai arrivare alla sua, величия? По части величия Вам все равно не 19 dunque pensate addirittura ad un uomo сравниться с Ним, так что представьте-ка лучше 20 come voi e sarete al vostro posto. Perché человека, похожего на вас, - и не лезьте из кожи 21 in peplo e non in tait? Perché in coturno вон. Отчего непременно пеплум, а не фрак? 22 e non con un comune paio di scarpe walk - Отчего котурны, а не обыкновенные мокасины? 23 over? Perché un‘immagine seria e Да оттого, что придумать серьезный и, так 24 relativamente grande è più facile di una сказать, великий образ куда проще, чем 25 relativamente piccola e allegra. E‘ il suo выдумать образ веселый и относительно малый. 26 spirito che voi dovete riuscire a scoprire; Но ведь вам надлежит открыть Его дух, а не 27 il suo corpo, che non esiste, potete тело, которого и вовсе нет, - вот и 28 raffigurarvelo come vi pare e piace. представляйте Его себе, как угодно. 29 Se io me lo figuro uomo, non lo vedo Представь я Его человеком, Он был бы не 30 né più grande né più piccino di me. Un больше и не меньше меня. Человечек 31 omettino di sempre media statura, di обыкновенного среднего роста, обыкновенного 32 sempre media età, di sempre medie среднего возраста, обыкновенного среднего 33 proporzioni, che mi stupisce per una cosa сложения, удивляет в котором одно – я смотрю 34 soltanto: che mentre io lo considero на него нерешительно и испуганно, а Он глядит 35 titubante e spaventato, egli mi guarda на меня и хохочет до упаду. Его круглая 36 ridendo a crepapelle. La sua faccettina физиономия божественно смеется, словно 37 rotonda divinamente ride come incendiata подожженная бесконечным и вечным смехом. 38 da una risata infinita ed eterna, e la sua Его круглый животик трясется, трясется от 39 pancia tremola, tremola in quella gioia. радости. Отчего этот дух должен быть 40 Perché dovrebbe questo spirito essere la воплощением совершенной серьезности, а не 41 perfezione della serietà e non quella веселья? Я-то вижу в Его божественной глотке 42 dell‘allegria? Secondo me, nella sua средоточие всей вселенной – вечный смеховой 43 bocca divina si accentra l‘universo in una двигатель. Поверьте, Он творил не ради какой- 44 eterna motrice risata. Egli non à crea to, то трагической, или меланхолической, или 45 no, rassicuratevi, per un tragico, o ностальгической цели. Он творил, потому что 46 malinconico, o nostalgico fine; à creato это Его развлекало. Вы вот трудитесь, чтобы вы 47 perché ciò lo divertiva. Voi lavorate per и ваши дети хорошо питались, а не для того, 48 alimentare bene voi e i vostri figli, non чтобы всем вместе сидеть и зевать от голода. 49 per fare con essi lunghi sbadigli di fame. Он трудился, чтобы питать свою радость и 50 Egli lavorò per tenere alimentata la gioia чтобы делиться ею с теми своими созданиями, 51 sua ed offrirne alle sue degne creature. E которые этого достойны. Усвойте раз и 52 comprenderete bene che per divertirsi навсегда: чтобы все могли развлекаться, да еще

196 Si cita dal Palazzeschi 2004, pp. 1221-1232. 133

53 tutti in eterno, ce ne vogliono dei curiosi вечно, нужны забавные и вечные зрелища! 54 ed eterni spettacoli! 55 Come avevate potuto pensare che egli Как вы могли подумать, что Он взялся бы за 56 avesse creato, se ciò fosse stata cosa сотворение мира, будь это скучно? Как такая 57 tediosa? Come poteva venirci, da questa безмерная сила могла создать нечто, лишенное 58 forza smisurata, opera da perditempo жизни и радости? Расстаньтесь же с вашей 59 senza spirito? Bando dunque a tutta la серьезностью, если вы хотите хоть что-то 60 vostra serietà, se volete comprendere узнать о Нем и Его творении, особенно о той 61 qualche cosa di lui e della sua creazione, мельчайшей части творения, которая связана с 62 e specialmente di questa piccolissima нами, – о нашей Земле. С6олнце - Его любимая 63 parte che ci riguarda: la nostra terra. Il игрушка, мяч, который хочется бесконечно 64 sole sarà per esempio il suo giuoco долго гонять. Луна – потешное зеркало с 65 preferito per lunghe interminabili partite покрытой выпуклостями светлой 66 di pallone; la luna il suo specchio comico поверхностью, чтобы Он глядел на свои 67 dalla luce tuta bitorzoluta, cosicché egli забавные отражения. И наша земля тоже одна 68 potrà vedervisi nelle più ridicole из многих Его игрушек, устроенная вот как: это 69 maniere. La nostra terra non è dunque поле, разделенное плотной стеной крыжовника, 70 che uno di questi suoi tanti giocattoli, боярышника, терновника и колючек. Человека 71 fatto precisamente così: un campo diviso Он поместил по одну сторону и сказал ему: 72 da un fittissima macchia di marruche, преодолей ограду, за ней тебя ждут радость, 73 spini, pruni, pungiglioni. A‘ posto простор, жизнь для избранных; ты будешь жить 74 l‘uomo da un lato dicendo ad esso: вместе с немногими смельчаками, которые, как 75 attraversala, là è la gioia, è il largo, la и ты, справятся с препятствием. Ты будешь 76 vita degli eletti, vivrai coi pochi смеяться над горем лентяев, малодушных, 77 coraggiosi che come te l‘attraversarono. трусов, упавших, побежденных. 78 Riderai del dolore dei poltroni, dei 79 paurosi, dei caduti, dei vili, dei vinti. 80 Fino dal primo momento l‘uomo è in С самого начала большинство людей так и 81 massima parte di fuori a lamentarsi, a осталось за оградой, причитая и пытаясь 82 considerare lo spessore dell‘oscuro оценить на глазок толщину темной стены 83 ammasso del prunato, a misurare la терновника, измерить ее высоту, длину, 84 proporzione, la lunghezza, la quantità, la ширину, разглядеть, где спрятаны острые 85 posizione degli spunzoni, a tentare di шипы, пересчитать их, отыскать проход, 86 contarne il numero, a cercarvi un которого нет, сообразить, что да как – вместо 87 introvabile, a far paragoni fra questo e того, чтобы смело броситься в самую чащу. 88 quello, invece di buttarvisi dentro Некоторые застревают в зарослях и не могут 89 risoluto. Alcuni vi sono in mezzo, двинуться ни взад, ни вперед. Они 90 incapaci di andare avanti o indietro, предпочитают жить с занозой в глазу, чем 91 preferendo vivere con un pruno in un рисковать тем, что наткнутся на новые шипы. 92 occhio, piuttosto che affrontarne uno non Они отчаянно вопят, и их стенания все больше 93 si sa dove. Questi gridano обескураживают тех, кто еще не пробрался в 94 disperatamente, e i loro lagni эту стену. Те же немногие, что уже живут, 95 scoraggiano sempre più quelli che sono смеясь под защитой своего владыки - который 96 ancora fuori, mentre fanno sempre più находится в центре всего и смеется громче всех, 97 sganasciare dalle risa e tenersi la pancia наблюдая за происходящим, - просто лопаются 98 per non liquefarsi nella gioia, quei от смеха и хватаются за живот, чтобы не 99 pochissimi che vivono ridendo, protetti надорваться от радости. 100 dal loro signore che al centro di tutte le 101 cose ride più di loro. 102 Il piagnucolamento delle moltitudini Жалобы толпящихся за оградой только 103 eterne solletica perennemente il bollore подбрасывают дров в костер тех, кто веселится. 104 della loro allegrezza; le grida disperate Слыша отчаянные вопли застрявших в 105 di quelli che stanno dentro alla siepe gli кустарнике, они прыгают от восторга. Вот такая 106 fanno dare lanci di giubilo. Ecco press‘a это игра. 107 poco il giuoco. 108 L‘uomo che attraverserà Тот, кто смело пройдет сквозь стену 109 coraggiosamente il dolore umano godrà человеческой боли, насладится божественным 110 dello spettacolo divino del suo Dio. Egli зрелищем: узрит своего Господа. Уподобится 111 si farà simile a lui attraversando questo Ему, когда пересечет чистилище из терновника, 112 purgatorio di spine ch‘egli gli ha imposto которое тот устроил, дабы порадоваться самому 113 per godere primo lui e comunicare la и поделиться радостью с избранными своими, – 114 stessa gioia ai suoi eletti, egli, corpo Ему, кто телом человек, но человек 134

115 umano, ma perfettissimo che non à sulle совершенный, на чьем радующемся теле нет ни 116 sue membra di gioia una sola cicatrice si единого шрама боли. 117 dolore. 118 Uomini, non siete creati, no, per Люди, вы не были созданы для страданий; 119 soffrire; nulla fu fatto nell‘ora di ничто не творилось Им в час печали и ради 120 tristezza e per la tristezza; tutto fu fatto печали, все создано для вечного веселья. Боль 121 per il gaudio eterno. Il dolore è проходит (вы сами своим страхом вечно длите 122 transitorio (voi soli ne eternate ее существование), радость же – бесконечна. 123 l‘esistenza colla vostra paura); la gioia è Вот истинный первородный грех, вот 124 eterna. Ecco il vero peccato originale, единственная купель. Трусы! Малодушные! 125 ecco il solo fonte battesimale. Vili! Лентяи! Колеблющиеся! Медлительные! 126 Paurosi! Poltroni! Incerti! Ritardatari! Пройдите сквозь ограду! Как поверхностно вы 127 Passate la macchia! Se credete che sia судите, если полагаете, что в том, что вы 128 profondo ciò che comunemente s‟inende привыкли считать серьезным, есть глубина! 129 per serio siete dei superficiali. La Превосходство человека над остальными 130 superiorità dell‘uomo su tutti gli animali животными в том, что он один наделен 131 è che ad esso solo fu dato i l privilegio божественной привилегией смеха. Звери 132 divino del riso. Essi non potranno mai никогда не смогут общаться с Богом. Мы же 133 comunicare con Dio. Un piccolo e misero хоть и можем услышать плач и жалобы 134 topo può farci udire il suo pianto, i suoi маленькой жалкой мыши, но кто из нас слышал, 135 lamenti; nessuno animale ci ha ancora как во все горло хохочет какой-нибудь зверь? 136 fatto udire una calda sonora risata. 137 Che il riso (gioia) è più profondo del Смех (радость) гораздо глубже плача (боли), 138 pianto (dolore), ce lo dimostra il fatto ведь даже новорожденный, еще ни к чему не 139 che l‘uomo appena nato, quando è ancora пригодный человек, прекрасно умеет 140 incapace di tutto, è però abilissimo di бесконечно долго лить слезы. Лишь повзрослев, 141 lunghi interminabili piagnistei. Prima che он позволит себе роскошь смеяться по- 142 possa pagarsi il lusso di una bella risata настоящему весело. 143 avrà dovuto seguire una buona 144 maturazione. 145 Bisogna abituarsi a ridere di tutto Пора привыкать смеяться над всем, о чем 146 quello di cui attualmente si piange, нынче плачут, чтобы становиться все глубже и 147 sviluppando la nostra profondità. L‟uomo глубже Человека можно воспринимать 148 non può essere considerato seriamente всерьез, только когда он смеется. Тогда мы 149 che quando ride. La serietà in tal caso ci становимся серьезными от восхищения, или 150 viene dalla ammirazione, dall‘invidia, зависти, или тщеславия. То, что называют 151 dalla vanità. Quello che si dice il dolore человеческим горем, – не что иное как 152 umano non è che il corpo caldo ed горячая и плотная радость, снаружи 153 intenso della gioia ricoperto di una покрытая пленкой застывших серых слез. 154 gelatina di fredde lacrima grigiastre. Сорвите эту пленку - вы обнаружите счастье. 155 Scortecciate, e troverete la felicità. 156 Se è fino alla nausea fatto del vieto До чего надоел романтический взгляд на 157 romanticismo sopra le sventure umane: le людские несчастья: безобразное тело, болезни, 158 deformità del corpo, le malattie, le страдания, нищету, старость, природные 159 passioni, la miseria, la vecchiaia, i катаклизмы, голод. В них видели беды, о 160 cataclismi, le carestie, furono ritenute которых надлежит горько рыдать. Вглядитесь в 161 sciagure tutte da bagnare di pianto. Se них повнимательнее и узрите в их глубине 162 esse fossero state un tantino живые источники веселья. Запомните раз и 163 approfondite, noi le avremmo già come le навсегда: Он ничего не создавал в состоянии 164 fonti più vive della nostra allegr ezza. меланхолии. Ничто в глубине своей не 165 Nulla fu creato con malinconia, печально, все исполнено радости. 166 ricordatelo bene; nulla è triste 167 profondamente, tutto è gioiso. 168 Un giorno, natura, questa vecchia Однажды Природа, старая приверженка 169 pittrice da accademia, dopo avere академической школы, разлила по своей 170 impartite al suo quadro mille картине тысячи трепещущих оттенков света и 171 spasmodiche sfumature di luci e di цвета, разбросала восходы и закаты, тысячи 172 colori, coi suoi tramonti e colle sue переливов зеленого и голубого. «Вот!» - сказала 173 aurore, mille toni di verde e di azzurro, она в конце, отворяя двери своей мастерской 174 «Ecco! – ella avrebbe detto alla fine слепцу. – «Заходи и смотри!» По-вашему, она 175 aprendo la porta del suo studio a un uomo настолько глупа, что поступила бы так, не будь 176 senz‘occhi: - venite, guardate». E credete это забавно? 135

177 proprio che essa fosse così sciocchina da 178 farlo, se ciò non era spiri toso? 179 Il cieco ci rappresenta la profondità, Для нас слепой – это олицетворение 180 il privilegio di tutte le viste. Egli à глубины, привилегии обладания полным 181 chiusa in sé la gioia di tutte le luci e di зрением. В нем заключена радость все оттенков 182 tutti i colori. Se voi lo guardate con aria света и всех красок. Если вы глядите на него с 183 lacrimosa siete dei poveri cervellini da жалостью, вы просто безмозглые дураки. 184 tre centesimi. E ridetegli pure in fa ccia, a Смейтесь ему в лицо, этому баловню судьбы! 185 questo beniamino! Natura ve lo indica Для этого природа и явила его вам. Вы еще 186 per questo. Siete ancora degli esseri испытываете к нему сочувствие? Он вас не 187 compassionevoli? Egli non vi vedrà. увидит. Вам еще страшно? Но как раз он - 188 Siete ancora dei vili paurosi? Ma egli è il единственный, кто не сможет с вами подраться. 189 solo che non potrà battersi con voi. 190 Un gobbo, natura ve lo indica perché Природа явила вам горбуна, чтобы вы 191 gli ridiate dietro, e proprio dietro nella смеялись ему вослед. В его горбатой спине она 192 schiena essa gli pose il tesoro della sua сокрыла источник его веселья. Поэту-горбуну, 193 giocondità. Un poeta gobbo che всю жизнь поющему скорбные песни, никогда 194 continuasse per tutta la vita a cantare не стать личностью глубокой, он так и 195 dolorosamente non potrebbe essere mai e останется самым мелкотравчатым на земле. Так 196 poi mai un uomo profondo, ma il più и будет рыдать над собой и над своим горбом – 197 superficiale di questa terra. Egli si как ребенок, которого напугали, сказав «У-у- 198 sarebbe fermato a piagnucolare alla у!», после того, как он похитил у нас ларец с 199 superficie della sua gobba come un сокровищами и взвалил себе на спину, так и не 200 fanciullo alla parola «bao» dopo averci сумев открыть. 201 rubato lo scrigno del suo tesoro dorsale 202 per non essere stato capace di penetrarlo. 203 Maggior quantità di riso un uomo Чем больше смеха способен человек 204 riuscirà a scoprire de ntro il dolore, più извлечь из своего горя и боли, тем он глубже. 205 egli sarà un uomo profondo. 206 Non si può intimamente ridere se non Смеяться от души может только тот, кто 207 dopo aver fatto un lavoro di scavo nel прежде вдоволь покопался в человеческом горе. 208 dolore umano. L‘uomo che ride del riso Тот, кто смеется просто так или пользуется 209 stesso, o servendosi della gioia già поводами для радости, выисканными другими 210 scavata da altri, o è un poltrone o un людьми, – лентяй или неумеха. Он смеется 211 impotente, e ride come se uno gli facesse непроизвольно, будто ему щекочут шею. И 212 il solletico sotto la gola, un riso подобен тому, кто, глядя, как другие едят, 213 meccanico. E‘ come se uno credesse di надеется, что сам перестанет испытывать голод. 214 sfamarsi guardando mangiare. Così Такими и были до сегодняшнего дня 215 furono fino ad ora le arti, il teatro, la изобразительные искусства, театр, литература. 216 letteratura: galleggiare sul dolore umano, Они плавали на поверхности людского горя, 217 servirsi della gioia già scavata da un пользовались радостью, добытой другими, 128 altro, facendocela vedere già fuori senza показывали ее нам, не объясняя, как до нее 219 insegnarci il modo di scuoprirla. Il добраться. Монолог Гамлета, ревность 220 soliloquio di Amleto, la gelosia di Отелло, безумие Лира, гнев Ореста, смерть 221 Otello, la pazzia di Lear, le furie di Маргариты Готье, стоны Освальда: у умного 222 Oreste, la fine di Margherita Gautier, i зрителя они должны вызывать лишь 223 gemiti di Osvaldo, veduti e ascoltati da оглушительный смех. 224 un pubblico intelligente devono 225 suscitare le più clamorose risate. 226 Fissate bene in viso la morte ed essa Взгляните смерти в лицо, и вы не 227 vi fornirà tanto da ridere per tutta la vita. перестанете смеяться до конца своей жизни. Я 228 Io affermo essere nell‟uomo che piange, утверждаю, что плачущий человек и человек 229 nell‟uomo che muore, le massime умирающий – главные источники людского 230 sorgenti della gioia umana. веселья. 231 Bisogna educare al riso i nostri Наших детей мы должны учить смеху – 232 figli, al riso più smodato, più insolente, неуемному, неуместному смеху, смелости 233 al coraggio di ridere rumorosamente non громко смеяться, когда им заблагорассудится, 234 appena ne sentano la necessità, привычке заглядывать внутрь всех призраков, 235 all‘abitudine di approfondire tutti i всех мрачных и печальных теней детства, 236 fantasmi, tutte le apparenze funebri e умению использовать эти тени себе на радость. 237 dolorose della loro infanzia, alla capac ità 238 di servirsene per la loro gioia. 136

239 Per esercitare questo spirito di Чтобы развить этот дух исследования 240 esplorazione nel dolore umano, fino dai людского горя, будем с ранних лет подвергать 241 primi anni li sottoporremo a prove facili. детей несложным испытаниям. Мы будем 242 Gli forniremo giocattoli educativi, давать им обучающие игрушки: кукол, 243 fantocci gobbi, ciechi, cancrenosi, изображающих горбунов, слепцов, больных 244 sciancati, etici, sifilitici, che гангреной, проказой и сифилисом. Пусть эти 245 meccanicamente piangano gridino si механические куклы плачут, кричат, стенают; 246 lamentino, vengano assaliti da epilessia, пусть страдают от эпилепсии, чумы, холеры, 247 peste, colera, emorragie, emorroidi, scoli ран, геморроя, триппера, безумия; пусть теряют 248 follia, svengano rantolino muoiano. Poi сознание, хрипят, умирают. А учительница 249 la loro maestre sarà idropica, ammalata наших детей пусть будет больна водянкой и 250 di elefantiasi, oppure secca secca, lunga, слоновой болезнью или окажется тощей 251 con collo di giraffa. Le due saranno грымзой с длинной жирафьей шеей. Таких 252 alternate ad insaputa della scolaresca, учительниц будут чередовать, не предупреждая 253 messe vicine, fatte piangere, fatte tirarsi заранее школьников, потом сталкивать друг с 254 i capelli, i pizzicotti, dire ahi! ohi! in другом, доводить до слез, до того, что они 255 tutti i toni possibili e immaginabili, nelle начнут таскать друг друга за волосы, щипаться, 256 maniere più desolanti. вскрикивать на разные голоса с самым 257 прискорбным видом «Ай!» да «Ой!». 258 Un maestro piccolino piccolino, Пусть у детей будет маленький рахитичный 259 gobbo, rachitico, ed uno gigantesco dalla учитель-горбун, а второй учитель – гигант, над 260 faccia impubere, dalla voce esilissima, e чьей губой еще не пробился первый пушок, с 261 dal pianto come un filo di vetro. Un altro тихим рыдающим голоском, дребезжащим, как 262 lo bastonerà, o lo rimproverà con voce стеклянная нить. Второй будет лупить первого 263 cavernosa, mentre il gobbettino gli farà il или браниться загробным голосом, а первый, 264 pizzicorino dietro i ginocchi. I vari i tipi горбун, – щипать другого за коленку. Пусть 265 messi insieme, alternati, fatti piangere, сталкиваются и чередуются разные типы; пусть 266 rincorrere, dire ahi! ohi! in tutti i toni, они плачут, гоняются друг за другом, повторяя 267 fatti morire. на все лады «Ай!» да «Ой!»; пусть отдают Богу 268 душу. 269 Gl‘insegnanti entreranno nelle classi Учителя будут входить в класс, всякий раз 270 sempre con svariata sapientissima прибегая к новым ухищрениям. Однажды утром 271 maniera. Una mattina il maestro sarà учитель предстанет с повязкой на лице, будто у 272 fasciato per male di denti; una ma ttina него болят зубы. На другой день у него 273 avrà gonfia una guancia come per una раздуется щека, словно его отдубасили. Сняв 274 patatata ricevuta, o levandosi il cappello шляпу, он покажет на сверкающем лысиной 275 avrà sopra il cranio lucido un enorme черепе красную шишку размером с яблоко, 276 bitorzolo in mezzo roseo lucente grosso живописные фурункулы, бубоны и бинты. 277 come una mela, bubboni e furoncoli Пристально взглянув на учеников, он примется 278 geniali, bendaggi, e fisserà gli alunni, e расхаживать по классу – серьезный, 279 girerà per la classe serio, irato, o рассерженный, печальный, грустный, 280 maliconico, nostalgico, romantico, романтичный, глупо влюбленный в больную 281 stupidamente innamorato della maestra водянкой учительницу или безответно 282 idropica, o non corrisposto dalla giraffa. влюбленный в жирафиху. Пусть учитель будет 283 Sarà zoppo, guercio, marcio, sciancato. A хромым, или косым, или кривым, или 284 seconda della loro più o meno intense неопрятным. А платить этим учителям будут 285 qualità naturali saranno questi inseg nanti соответственно степени их природного 286 retribuiti. уродства. 287 Per abituare i loro alunni a ridere Чтобы приучить учеников искренне 288 sinceramente di tutte le cose dette serie потешаться над всеми так называемыми 289 dovranno certo possedere specialissime серьезными вещами, учителя должны обладать 290 attitudini, intelligenza pratica delle особыми талантами и умением влиять на юные 291 giovani coscienze, dei teneri cervelli. сердца и неопытные умы. 292 La signora idropica darà tre eno rmi Больная водянкой трижды шумно выдохнет 293 soffi e cadrà morta sulla sua poltrona. и замертво рухнет на стул. Тощая дылда с 294 Quella lunga lunga secca, col collo di жирафьей шеей умрет, как саранча: свалится у 295 giraffa, morirà con lanci da cavalletta e стены ногами вверх, проскакав до того взад и 296 cadrà contro il muro a gambe all‘insù, вперед через весь класс. Немало часов будут 297 dopo aver percorso in tutti i sensi la sua отведено на обучение мастерству корчить рожи, 298 classe. Lunghe sapienti lezioni di рыдать то так, то сяк, причитать на все голоса. 299 boccacce, di p ianti i più svariati, di tutti На школьном дворе понарошку устроят 300 i possibili lamenti. Se faranno nel cortile похороны. Когда покойники получат последнее 137

301 della scuola falsi funerali: le bare благословение, гробы откроют, и там окажутся 302 verranno, dopo l‘estrema benedizione del сладости и игрушки для самых маленьких. А 303 cadavere, scoperte e trovate piene di может оттуда выскочат сотни мышей – сначала 304 dolciumi o di figurine per i più piccoli, o белых, потом серых, потом черных. Найдется, 305 partiranno da esse ce ntinaia di topolini впрочем, и труп: для старших – из песочного 306 prima bianchi poi grigi poi neri, o il теста, для малышей – из шоколада. Весело 307 cadavere sarà di pasta frolla per i più толкаясь, дети будут отламывать от него 308 grandi, di cioccolata per i più piccoli ed кусочки. А для самых старших гроб 309 essi se ne contenderanno allegramente le устрашающе взмоет в воздух, или его крышка 310 membra. O si alzerà in aria terribile, o приподнимется и из-под нее покажется нос, 311 all‘alzarsi del coperchio il suo naso si который тут же вытянется метра на два. 312 eleverà oltre due metri sulla sua faccia 313 per i più grandi ancora. 314 I tardivi, quelli predisposti Самых отсталых, безнадежно склонных к 315 irrimediabilmente alla malinconia, меланхолии, неспособных ни на миллиметр 316 incapaci di addentrarsi un solo millimetro проникнуть вглубь вещей, тех, кто смеется 317 nell‘interno delle cose, quelli che ridono редко и неумело, – одним словом, дураков, – 318 poco e male, gl‘inbecilli insomma delle грядущие поколения сперва будут заботливо 319 nuove generazioni verranno prima curati лечить, проводить с ними индивидуальные 320 con amore, con lezioni private, con ogni занятия, пробовать все возможные средства, 321 possibile mezzo per sviluppare ogni loro чтобы развить их. Затем их начнут изгонять, 322 possibilità, verranno poi espulsi, messi запирать в особых приютах, где будут расти 323 in appositi ricoveri, dove cresceranno e и жить несчастные серьезные люди. 324 vivranno i poveri infelici serii. 325 Le morti delle persone più care, tutte Смерть близких и их страдания подарят вам 326 le loro sciagure, vi forniranno i momenti мгновения самой большой радости. 327 della vostra gioia più intensa. Pensate: Задумайтесь: в эти минуты они добираются до 328 essi ne toccano in quegli istanti il fondo истины и сообщают вам, как глубоко она 329 e ve ne comunicano la profondità, che voi скрыта. Становясь их отражением, вы 330 rispecchiandogli sottrarrete dal dolore. Io убережете истину от боли. Полагаю, что даже 331 credo che anche un povero idiota che sia самый несчастный идиот, всю жизнь 332 stato per tutta la vita incapace di vedere смотревший на все чужими глазами, вспомнит в 333 da sé, dovrà almeno ricordarsi in такие мгновения пыхтенье больной водянкой 334 quell‘ora i soffi della maestra idropica, учительницы, конвульсии жирафихи, вой, 335 gli stiracchiamenti di quello lunga e крики и кривлянье своих учителей и тому 336 secca, i gemiti, i gridi, le boccacce degli подобное. Вспомнит похороны с 337 insegnanti, ecc.; il funerale quello dal улепетывающими мышами, вспомнит 338 quale saltarono fuori tanti topolini, покойника, который раздувался, раздувался – 339 quello nel quale il cadavere gonfiò да как полетит в небеса! Или те похороны, на 340 gonfiò e salì per l‘azzurro, o quello nel которых он полакомился нежным пальчиком из 341 quale gustò un deliziosi dito di pasta песочного теста или глазом из карамели. О, 342 dolce o un occhio caramellato. Oh! I вакханалии будущих похорон! Возвращения с 343 baccanali dei nuovi funerali! I ritorni dai кладбища – новые карнавалы; представления в 344 cimiteri, nuovi carnevali, gli spettacoli больницах – театр грядущих поколений! 345 negli ospedali, teatri delle nuove Представьте, как будем счастливы и мы сами, и 346 generazioni! Pensate alla nostra felicità e наши больные, привыкшие видеть вокруг себя 347 a quella dei mostri malati abituati a лица, омраченные смертью, когда перед ними 348 vedersi intorno facce tetre di morte, предстанут рассевшиеся на специальных 349 quando si vedranno intorno, negli скамьях для зрителей горбатые, кривые, косые, 350 appositi palchetti di osservazione, dame усыпанные бубонами дамы в декольте, 351 gobbe torte guercie piene di bubboni in глядящие на них в лорнет, и элегантные юноши 352 décolleté, sbirciarli coi loro occhialini; – шелудивые, безносые, горбатые, кривые, – 353 elegantissimi giovani intignati, senza которые будут смотреть на больных и 354 naso, gobbi, guerci, guardarli ridendo a корчиться от смеха. Разве не почувствуют себя 355 crepapelle, come non si sentiranno essi больные хозяевами радости, запрятанной в 356 padroni della gioia che è un fond o alla глубине их собственной плоти? Вся надежда на 357 loro stessa carne? Tutto è da sperare правильное воспитание юношества. Поэтому 358 dalla buona educazione dei giovani. мы должны бороться против воспитания 359 Combattiamo dunque una educazione ошибочного и дурного. Долой уважение к 360 falsa e sbagliata, il rispetto umano, la другим, пристойное поведение, стройные тела, 361 compostezza, la linea, la bellezza, la красоту, молодость, богатство и свободу! 362 giovinezza, la ricchezza, la libertà! Cioè Иными словами, мы докопаемся до глубины 138

363 approfondiamo queste cose e troveremo всех этих вещей и обнаружим их суть, истину. 364 in esse la loro ultima sostanza, il vero. 365 Ridere quando se ne ha voglia, Смеяться, когда хочется, когда наш разум, 366 quando cioè il nostro ingegno, il nostro наш самый глубинный инстинкт говорит нам, 367 istinto più profondo ce ne suggeriscono il что мы имеем на это право, развивать эту 368 diritto, sviluppare questa che è la sola способность – единственное божественное 369 facoltà divina dell‘essere umano. O‘ свойство человека. Я видел, как молодые люди, 370 veduto persone giovani, in special modo а еще больше дети не могли сдержать смех при 371 fanciulli, scappare a ridere istintivamente известии о несчастии, поразившем их семью 372 alla notizia di una sciagura che colpiva la или друзей. И если кто-то посмел упрекнуть 373 loro famiglia o taluno dei loro amici. Se этого юного гения, сбив его с пути истинного, 374 vi fosse stato taluno che avesse по которому он инстинктивно делал первые 375 rimproverato quella creatura шаги, – пусть для такого критикана воздвигнут 376 precocemente geniale,sviandola dal гильотину, ибо радостное зрелище вселенной 377 giusto cammino sul quale istintivamente не для его глаз. 378 muoveva i primi suoi passi, per colui 379 s‘annalzi pure la ghigliottina, che il 380 giocondo spettacolo dell‘universi non è 381 per i suoi occhi. 382 Io affermo che anche nelle attuali Я утверждаю, что и в нынешней ситуации, 383 circostanze della nostra coscienza umana когда человеческое сознание, сбитое с толку 384 rovesciata, sviata da una falsa дурным воспитанием, перевернулось с ног на 385 educazione, l‘uomo più grave, il più голову, даже самый серьезный, самый зрелый 386 maturo, che dopo aver superata una delle человек, преодолевший самые невероятные 387 più gravi difficoltà della sua vita non si è жизненные невзгоды, если ему не захочется 388 sentito la voglia di fare uno sgambetto e подставить кому-то подножку и если он и 389 non l‘abbia addirittura fatto, era indegno впрямь ее не подставит, – не достоин победы. 390 di vincere quella battaglia. D‘ora in poi, Отныне вся наша жизнь будет нескончаемой 391 pensate, tutta la nostra vita sarà una serie чередой подножек. 392 interminabile di sgambetti. 393 Giovani, la vostra compagna sarà Юноши, пусть ваша подруга будет горбатой, 394 gobba, orba, sciancata, calva, sorda, слепой, кривой, лысой, глухой, косой, беззубой, 395 sganasciata, sdentata, puzzolente, avrà вонючей; пусть машет руками, как обезьяна, и 396 gesti da scimmia, voce da pappagallo, тараторит, как попугай… Именно такие 397 ecc.… Sono queste le sole creature che создания – единственные, кто уже полностью 398 ànno il loro realizzato già il patrimonio использовал заложенный в них запас счастья. 399 della felicità. Non vi attardate sulla sua Не замирайте, глядя на красоту возлюбленной, 400 bellezza, se disgraziatamente per voi ella если, к несчастью, вы находите ее красивой. 401 vi sembra bella, approfonditela, e ne Вглядитесь поглубже, и вы обнаружите 402 avrete la deformità. Non vi adagiate уродство. Не плывите, разнежившись, на 403 mollemente sull‘onda del suo profumo, волнах ее духóв, иначе в один прекрасный день 404 una spira acuta che adorate, potrebbe un вас ошеломит резкая вонь, которая и есть 405 giorno sorprendervi, sfasciare d‘un tratto глубинная правда обожаемой вами плоти, в 406 il vostro fragile sogno, farvi prigionieri одно мгновение разрушив ваши хрупкие мечты 407 del dolore. Non vi attardate sull‘ora и сделав вас узником горя. Не медлите, стараясь 408 breve della vostra e della sua giovinezza, удержать краткий миг ее и вашей молодости, 409 rimarrete per forza a galla sul dolore иначе вы так и будете плавать в море людской 410 umano. Approfonditela e ne avrete la боли. Загляните вглубь - и вы увидите старость, 411 vecchiaia, verità che altrimenti vi rimarrà ту истину, которая в противном случае 412 sconosciuta quando la possederete a останется скрытой от вас в пору, когда вы сами 413 sarete preda della nostalgia. Non vi будете обладать ею, а потом вас охватит тоска. 414 fermate a nessun grado del deforme, del Не останавливайтесь перед безобразным, 415 vecchio, essi non hanno come il be llo e il дряхлым. У него, в отличие от красоты и 416 giovane un limite; essi sono infiniti. молодости, нет предела; оно бесконечны. 417 Voi godrete di più a veder correre tre Уверяю вас, что куда с большим 418 carogne, rassicuratevi, che tre magnifici удовольствием вы будете наблюдать за 419 puro-sangue. Il puro -sangue ha in sé la состязанием трех старых кляч, чем за забегом 420 carogna che sarà; cercatela, scuopritela, трех великолепных чистокровных скакунов. В 421 non vi attardate sulle sue linee di fuga ce чистокровном скакуне уже заложена кляча, в 422 splendore. Pensate con gioia alla sua e которую он со временем превратится: ищите ее, 423 alla vostra vecchiaia. In fondo ad essa è найдите, не задерживайте взгляд на линиях, 424 la profondità della vostra vita. Avrete la отмеченных мимолетной красотой. С радостью 139

425 gioia di creare un nuovo essere. Pensate думайте о его – и о вашей – старости. Дно 426 alla felicità di vedersi crescere attorno старости – это глубина всей вашей жизни. 427 tanti piccoli gobbettini, orbiciattoli, Вы познáете радость сотворения нового 428 nanerelli, zoppuncoli, esploratori divini существа. Подумайте, как прекрасно видеть 429 di gioia. Invece di far mettere la parrucca вокруг себя толпу маленьких горбунов, слепых, 430 alla vostra compagna, se non è calva del карликов, хромоножек – божественных 431 tutto voi la farete radere fino alla созданий, познающих радость. Вместо того 432 lucidità, e fatele imbottire la schiena se чтобы надевать на свою подругу парик, 433 non è proprio gobba. побрейте ей голову до блеска, если она еще не 434 совсем облысела, а если еще не полностью 435 скрючилась, привяжите ей горб. 436 Sganasciata sia la mobilia della Пусть вся мебель в вашем доме придет в 437 vostra casa; sedie, letti, tavolini che негодность; пусть стулья, кровати и столики 438 cadono, che si rovesciano, che шатаются, опрокидываются, ломаются. Купив 439 s‘infrangono. Quando le vostre scarpe новые ботинки, постарайтесь вообразить их 440 sono nuove pensatele e vedetele vecchie себе старыми и рваными, а когда они начнут 441 e rotte, per carità non cercate di vederle разваливаться, упаси вас бог утешаться тем, что 442 in buono stato quando saranno sfasciate, они будто бы еще прилично выглядят – тогда 443 vi sarete perduti. Sganasciate, sdrucite вам конец. Мысленно разломайте или 444 mentalmente il mobilio della vostra casa, разрубите на куски всю вашу мебель, мысленно 445 rompete mentalmente le vostre scarpe, i порвите вашу одежду и обувь. Позаботьтесь о 446 vostri abiti. Prevedete fra i vostri figli un том, чтобы хотя бы один из ваших детей был 447 gobbo, o sappiate vedere uno storpio nel горбуном, научитесь видеть калеку в самом 448 vostro figlio più sano, una vecchia здоровом сыне, старую охрипшую ведьму – в 449 bagascia rauca in una giov inetta dalla девице с голосом нежным, как пенье соловья. 450 voce d‘usignolo. Approfondite, Учитесь смотреть глубже, вглядывайтесь в 451 approfondite sempre; fissate la vecchiaia. старость. 452 Venite! Venite! Nuovi eroi, nuovi Приидите! Приидите! Новые герои, новые 453 genii della risata sbucate nelle nostre гении смеха, приидите в наши раскрытые 454 braccia che vi attendono, fra le nostre объятия, прильните к нашим губам – 455 bocche che ridono ridono ridono, fuori смеющимся, смеющимся, смеющимся, – 456 dalla macchia pungente del dolore вырвитесь из колючих зарослей человеческой 457 umano. боли.

458 CONCLUSIONI ВЫВОДЫ

459 Noi futuristi vogliamo guaire le Мы, футуристы, хотим излечить 460 razze latine, e specialmente la nostra, латинские народы, и в первую очередь наш, 461 dal Dolore cosciente, leu passatista от сознательной Боли, от недуга 462 aggravata dal romanticismo cronico, приверженности прошлому, усугубленного 463 dall‘affettività mostruosa e dal хроническим романтизмом, чудовищной 464 sentimentalismo pieto so che deprimono чувствительностью и жалким 465 ogni italiano. Vogliamo сентиментализмом, которые являются бичом 466 sistematicamente: для всех итальянцев. Поэтому мы будем 467 систематически делать следующее: 468 1. Distruggere il fantasma 1. Уничтожать призраки – романтические, 469 romantico, ossessionante e doloroso навязчивые и болезненные – так называемых 470 delle cose dette gravi, estraendone e серьезных вещей: отыскивать в них смешное и 471 sviluppandone il ridicolo, col sussidio развивать его, опираясь на науку, искусство и 472 delle scienze, delle arti, della scuola. школу. 473 2. Combattere il dolore fisico e 2. Бороться с физическими и моральными 474 morale con la loro stessa parodia. страданиями, пародируя их. Показывать детям 475 Insegnare ai bambini la massima varietà как можно больше гримас, рож, учить их 476 di sberleffi, di boccacce, di gemiti, lagni, стонать, ныть, выть – дабы уберечь впредь от 477 strilli, per preservarli dagli abituali уже приевшихся им слез и рыданий. 478 pianti. 479 3. Svalutare tutti i dolori possibili, 3. Развенчивать все виды боли и горя – 480 penetrandoli, guarda ndoli da ogni lato, проникая внутрь них, рассматривая их со всех 481 anatomizzandoli freddamente. сторон, беспристрастно расчленяя на 482 мельчайшие части. 483 4. Invece di fermarsi nel buio del 4. Не застывать на месте во мраке боли, а 484 dolore, attraversarlo con slancio, per преодолевать ее одним прыжком, чтобы 140

485 entrare nella luce della risata. оказаться в сиянии смеха. 486 5. Crearsi fino da giovani il desiderio 5. С юности пестовать в себе тягу к старости, 487 della vecchiaia, per non essere prima чтобы нас не тревожил сперва ее призрак, а 488 turbati dal fantasma di essa, poi da потом – призрак молодости, насладиться 489 quello di una giovinezza che non которой мы не сумели. 490 potremmo godere. 491 6. Sostituire l‘uso dei profumi con 6. Заменять благовония зловониями. Если 492 quello dei puzzi. Fate invadere un salone наполнить танцзал ароматом свежих роз, вы 493 da ballo di odore fresco di rose e voi lo потом вспомните об этом разве что с 494 cullerete in un vano passeggero sorriso, мимолетной улыбкой. Наводните его более 495 fatelo invadere da quello più profondo глубоким ароматом дерьма (запахом глубин 496 della merda (profondità umana человеческого организма, которые мы по 497 stupidamente misconosciuta) e voi lo глупости отвергаем), и вы будете долго 498 farete agitare nell‘ilarità, nella gioia. Voi вспоминать об этом с весельем и радостью. Вы, 500 prendete ai fiori le loro cime, i loro срывающие у цветов их верхушки, их лепестки, 501 petali, siete dei superficiali, essi vi как же вы поверхностны! Они-то, для своего 502 domandano quello che ci avete in fondo счастья, просят у вас то, что сокрыто потаенных 503 al vostro corpo di più intimo, di più глубинах вашего тела, самую зрелую вашу 504 maturo per la loro felicità, sono più часть, а значит, эти существа куда более 505 profondi di voi. глубоки, чем вы. 506 7. Trarre dai contorcimenti e dai 7. Извлекать из конвульсий и контрастов 507 contrasti del dolore gli elementi della боли слагаемые нового смеха. 508 nuova risata. 509 8. Trasformare gli ospedali in ritrovi 8. Переделывать больницы в места 510 divertenti, mediante five o‘clock teas развлечений: устраивать веселые вечерние 511 esilarantissimi, café -chantants, clowns. чаепития и кафешантанные представления, 512 Imporre agli ammalati delle fogge приглашать клоунов. Обязывать больных 513 comiche, truccarli come attori, per носить забавные костюмы, гримировать их, как 514 suscitare fra loro una continua gaiezza. I актеров, чтобы поддерживать постоянное 515 visitatori non potranno entrare nei веселье. Посетителям будет дозволено заходить 516 palchetti delle corsie se non dopo esser в больничные палаты, только после того, как 517 passati per un apposito istituto di они заглянут в специальный институт мерзости 518 laidezza e di schifo, nel quale si и безобразия, где их украсят огромными 519 orneranno di enormi nazi furoncolosi, di прыщавыми носами, повязками на 520 finte bende, ecc., ecc. несуществующих ранах и т.д. 521 9. Trasformare i funerali in cortei 9. Превращать похороны в шествия масок 522 mascherati, predisposti e guidati da un под предводительством юмориста, умеющего 523 umorista che sappia sfruttarne tutto il обыгрывать все гротескные стороны горя. 524 grottesco del dolore. Modernizzare e Модернизировать кладбища и сделать их 525 rendere comfortables i cimiteri mediante комфортабельными, открыв там буфеты, бары, 526 buvettes, bar -skating, montagne russe, катки, американские горки, турецкие бани и 527 palestre. Organizzare scampagnate diurne спортзалы. Днем устаивать пикники, ночью – 528 e bals masqués notturni nei cimiteri. балы-маскарады. 529 10. Non ridere nel vedere uno che 10. Не смеяться при виде смеющегося 530 ride (plagio inutile), ma saper ridere nel человека (это бессмысленный плагиат), а 531 vedere uno che piange. Istituire società учиться смеяться, глядя на того, кто плачет. 532 ricreative nelle stanze mortuarie, dettare Устраивать в моргах кружки и клубы по 533 epitaffi a base di bisticci calembours e интересам, придумывать эпитафии с 534 doppi sensi. Sviluppare perciò каламбурами и игрой слов. Развивать полезный 535 quell‘istinto utile e sano che ci fa ridere здоровый инстинкт, заставляющий нас 536 di un uomo che cade per terra e lasciarlo смеяться, когда кто-то поскользнется и упадет; 537 rialzare da sé comunicandogli la nostra не помогать ему, а ждать, пока он сам 538 allegria. поднимется и расхохочется, заразившись 539 нашим весельем). 540 11. Trarre tutto un nuovo comico 11. Извлекать всѐ новый плодотворный 541 fecondo da una mescolanza di terremoti, комизм из обычной мешанины землетрясений, 542 naufragi, incendi ecc. наводнений, пожаров и тому подобного. 543 12. Trasformare i manicomi in scuole 12. Преобразовывать сумасшедшие дома в 544 di perfezionamento per le nuove школы для перевоспитания новых поколений. 545 generazioni.

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Due novelle: Il giorno e la notte e La signora dal ventaglio

Nella produzione letteraria di Palazzeschi le novelle occupano un posto particolare, sia per la quantità sia per la qualità, ossia per l‘attenzione prestata dall‘autore a questo genere letterario. Infatti, il volume Tutte le novelle pubblicato nei «Meridiani» di Mondadori comprende 82 testi, ma in questa sede si potrebbero forse ricordare anche le prose riunite tra le Stampe dell‟Ottocento. Al genere di novella Palazzeschi si dedicherà per molti anni: la prima raccolta di novelle, Il Re bello, esce nel 1921,197 la seconda, Il palio dei buffi, nel 1937, la terza, Bestie del „900, nel 1951. Al 1957 risale la prima edizione del volume Tutte le novelle, che inaugurava la pubblicazione dell‘opera omnia dello scrittore, ma nove anni dopo, nel 1966 esce una nuova raccolta, Il buffo integrale. Si sa, inoltre, che tra gli ultimi progetti editoriali dello scrittore, accanto a un volume di poesie, c‘era anche un libro di novelle198. Come osserva R. Guerricchio, «nell‘andirivieni dei generi (poesia, romanzo, racconto, manifesto) come in quello dell‘ideologia (anarchico-eversiva, cristiano-conservatrice), le novelle tendono a rappresentare una sorta di corrente alternata che accompagna via via, per intensificazioni o pentimenti, restauri o palinodie, l‘intero corso dell‘opera, la scena ludica e provocatoria della rivoluzione come quella umbratile o sottintesa della restaurazione» (Guerricchio 2002: 262). Prenderemo in esame due testi: Il giorno e la notte (День и ночь, 1948) e La signora dal ventaglio (Дама с веером, 1951). Per quanto ci risulta, sono le uniche novelle di Palazzeschi tradotte in russo. La versione di Ja. Lysjuk fa parte dell‘antologia Novella italiana del XX secolo (Итальянская новелла XX века), pubblicata nel 1969 dalla casa editrice moscovita «Chudoţestvennaja literatura». Si tratta di tipici esempi di novelle palazzeschiane che permettono al lettore, anche a quello straniero, di farsi un‘idea della maniera dello scrittore fiorentino199, e di confrontarlo con autori presenti nella stessa raccolta: Italo Svevo, Massimo Bontempelli, Giovanni Papini, , Corrado Alvaro, Francesco Jovine, Vitaliano Brancati, Dino Buzzati, , Giuseppe Marotta, Elio Vittorini, Elio Vittorini, Cesare

197 Cfr. con le parole di Palazzeschi citate da G. Ferrata nella Prefazione che stabiliscono addirittura una data anteriore, lo scrittore dice a proposito delle sue novelle che «si può farne risalire l‘origine al 1907» (Ferrata 1975: XXIV). 198 Vedi la Prefazione di G. Ferrata, la Cronologia e Note ai testi a cura di L. De Maria in Palazzeschi 2003. Sulla novellistica palazzeschiana vedi anche Pestelli 1999 e Guerricchio 2002. 199 Gli esempi in italiano e in russo sono riportati dalle seguenti edizioni: A. Palazzeschi, Tutte le novelle, a cura di L. De Maria, prefazione di G. Ferrata, Mondadori, Milano, 2003 (1 ed. 1975). Il giorno e la notte: 53-62, La signora dal ventaglio: 595-604; Итальянская новелла XX века, составление и справки об авторах Г. Богемского, вступительная статья Ц. Кин, Художественная литература, Москва, 1969. Днем и ночью: 109-118; Дама с веером: 100-109. 142

Pavese, , , Italo Calvino, Beppe Fenoglio, Pier Paolo Pasolini e alcuni altri. Nell‘ampio saggio dedicato al Palazzeschi-novelliere R. Guerricchio sottolinea che l‘opera dello scrittore appartiene «all‘alta tradizione della novellistica italiana: del resto, quanto affermato nella Premessa al volume200, toccava ragioni di genealogia eccellente se chiamava in causa il Boccaccio come insigne, imprescindibile modello» e ricorda che da Palazzeschi «Boccaccio viene citato soprattutto come alfiere della lingua nazionale, ma anche depositario di un primato dell‘arte fabulatoria» (Guerrichio 2002: 264). L‘autore prende in esame l‘intero corpus di novelle palazzeschiane e, analizzando la struttura formale dei testi, ne evidenzia modelli molto diversi, «tutti accomunati dall‘istanza realistica, ma preferibilmente secondo le leggi di un racconto inteso come intrattenimento morale, dove la voce del narratore illumina o redarguisce il lettore volendone catturare l‘attenzione in favore di un caso, di un tipo umano degno di essere investigato» (Ibid.: 274-275) Tra i tipi formali più amati dallo scrittore c‘è il «racconto scenico, affidato alla presenza quasi esclusiva del dialogato» (a due […] o a più voci), «ma in questo caso provvisto di una forza testimoniale come si potrebbe dedurla, oggi, da una registrazione su nastro trascritta poi sulla pagina. Il narratore sembra eclissarsi riducendo la propria presenza al coordinamento dei turni dialogici e a qualche ―a parte‖ che certo facilita una accertata nozione di voyeur» (Ibid.: 276) Quanto alla presenza dell‘autore nel testo, Guerricchio nota in molte novelle «una disposizione descrittiva, caso mai liricamente espressa, e tutta e sempre condotta al presente, il tempo verbale che favorisce la tendenziale simultaneità tra visione e trascrizione, soprattutto spettacolarizza la ―visita‖» (Ibid.) e, d‘altro canto, sottolinea la «disposizione discorsiva e allocutoria, spesso performativa, che mima movenze pseudodialogiche, motivata per lo più da una curiositas verso casi umani e scene di vita quotidiana, imputabile al promeneur, come spesso si autoritrae il narratore» (Ibid.: 277). Nelle novelle di questo tipo «prevale la struttura dell‘exemplum offerto a dimostrazione di una verità o di un‘ipotesi di verità relativa all‘umano comportamento. […] Qui la forma teatrale che assume il rapporto un plurivoco tra buffo e società, trova modo di attuarsi secondo un‘intenzione oggettivale, per cui la stranezza del personaggio, il suo isolamento rispetto agli altri, valgono in quanto rispecchiabili nelle dicerie, nei commenti del ―pubblico‖, che non solo assiste ma chiacchiera, ipotizza, spettegola sul perché e sul come di certa eccentricità» (Ibid.).

200 Si intende la Premessa di Palazzeschi al volume Tutte le novelle pubblicato a Milano nel 1957. 143

Visto che, a differenza dei testi poetici, per ragioni non è possibile riprodurre il testo delle novelle con la rispettiva traduzione, ci permettiamo di anticipare l‘analisi linguistica con un breve riassunto del contento.

Al centro della novella Il giorno e la notte c‘è il contrasto tra l‘onestà e l‘inganno, la verità e la bugia, la sostanza e l‘apparenza. Il suo protagonista, Gualtiero Montesoli, era un impiegato esemplare, la perfezione in carne e ossa. Infatti, grazie alla sua bravura «egli divenne nel volgere di pochi anni il capo amministrativo dell‘azienda». Montesoli provava per la sua azienda un vero amore: «L‘amava fisicamente, la sua industria, come si ama una creatura che vicino a noi si è veduta crescere». L‘onesta del ragioniere che «nel mondo degli affari intorno a lui stava per divenire un proverbio, una massima, si rivelava in ogni atto della laboriosa giornata, e in ognuna delle poche, rare parole». Nel descrivere il suo personaggio lo scrittore sottolinea proprio questo dettaglio, la maniera di parlare il cui successivo cambiamento sarà piuttosto indicativo: Montesoli «parlava pochissimo e piano, pacatamente, non alzava mai la voce [...] e usava ripetere molto rapido, conciso, in special modo trovandosi davanti a persone di dubbia moralità o di pochi scrupoli, che nell‘industria e nel commercio l‘onestà è per ogni caso e in ciascun momento il migliore affare che possa concludere l‘uomo». Paradossalmente la qualità distintiva del ragionier Montesoli, ovvero la sua onestà, spesso si trasformava nel suo contrario: di giorno il ragionier Montesoli lavorava per il bene della sua azienda, ma di notte sognava di essere un ladro, un imbroglione che derubava i proprietari: «Tutte le volte che durante la notte gli capitava di fare un sogno, e gli capitava sei volte alla settimana, sognava di rubare, e precisamente presso la ditta della quale era un amministratore integerrimo». La stessa professionalità, bravura e capacita tecnica che di giorno «lo rendeva fiero della propria opera di galantuomo immacolato, durante la notte lo faceva sentir fiero della propria opera di impareggiabile ladro». Tormentato dalle sue fantasie, Monotesoli cominciò a dormire sempre meno. Per tranquillizzare se stesso, cercava di convincersi che il «il suo non fosse che un fenomeno della tecnica naturalissimo, egli era soprattutto un tecnico, un teorico, e questo lo spingeva al disopra del bene e del male durante il sonno». A poco a poco il sogno e la veglia, il giorno e la notte si scambiarono i posti: Montesoli che «si sentiva fatto bersaglio dal fuoco incrociato» della moglie e della suocera, insoddisfatte della loro situazione economica e sociale, iniziò a rubare per davvero, però di notte sognava di essere un uomo onesto: «... a un certo punto ebbe un istante di incertezza, di instabilità di confusione fra il giorno e la notte, per cui gli parve di sognare in piena luce di sole. Dormiva o era desto? Era proprio lui che sottraeva certi documenti falsando alcune cifre? La sua bravura era tale che provava un‘emozione profonda nel falsarle, proprio come aveva provato sempre dormendo, e insieme una sicurezza senza limite. [...] perché la nuova vita, irta di difficoltà, esercitava al massimo le sue qualità di tecnico.» Anche se la signora Montesoli si comprò una nuova pelliccia e si rimodernò i gioielli mentre gli affari dell‘azienda non andavano più bene come prima, a nessuno venne il minimo dubbio sulla «granitica onesta del bravo ragioniere». Lo stesso Montesoli, invece, cambiò visibilmente: «Il ragionier Montesoli era divenuto loquace, parlava in tono persuasivo e molto diffuso nei particolari, quasi avvocatesco, sia col fornitore come col cliente, coi subalterni, e gli operai della fabbrica». Mentre tutti intorno interpretarono questo cambiamento come segno positivo di maturità e di avvicinamento alla perfezione201, i rimorsi della coscienza del povero Montesoli furono così dolorosi di giorno e i suoi sogni divennero così dolci (visto che ormai di notte il ragioniere sognava di essere un uomo integro e onesto), che non aveva più voglia di svegliarsi. Una sera, invece di una cartina del sonnifero ne prese un pacchetto intero e si addormentò, per restare per sempre dove lui sarebbe stato un uomo onesto, «sarebbe rimasto sospeso in quella luce chiara di trionfo, una luce senza fine dalla

201 A proposito della perfezione, un tema importante per Palazzeschi, si vedano le novelle Perfezione e Issimo. 144 quale nessuno lo avrebbe potuto distogliere, una bellezza che nessun ricco poteva conoscere, che nessun ricco, forse, aveva mai conosciuto».

Nel La signora dal ventaglio Palazzeschi mette alla berlina la dipendenza degli uomini dal parere altrui, il desiderio di seguire ciecamente la moda, di copiare gli altri in maniera acritica, di «fare la scimmia»202, ma anche la facile credulità, la prontezza con la quale la gente è disposta a credere ai fatti più improbabili e alle voci non confermate. Si racconta dell‘apparizione di una misteriosa signora, una sconosciuta dal ventaglio rosso, che «per tre notti durante il plenilunio d‘agosto fu vista sulla cima del Colosseo». Nessuno riuscì a vederla bene, un po‘ a causa del gioco delle luci, un po‘ a causa del suo spropositato ventaglio, gli agenti di polizia cercarono di prenderla, ma non ci riuscirono: «La terza notte due agenti di polizia salirono a corsa sul Colosseo per rendersi conto di tale presenza e attingere informazioni presso la detta signora sulle sue predilezioni notturne. Mentre salivano col fiato grosso, la signora era scomparsa né fu possibile rintracciarla.» Intanto la notizia della misteriosa signora si diffuse in città e cominciarono a correre le voci, ci si chiedeva se si fosse trattato di una reale apparizione o di un‘illusione ottica. Poche sere dopo la signora venne vista sulla torre del Campidoglio, ma il custode, che, come i poliziotti, salì la torre di corsa, non trovò nulla. Le voci continuavano a correre, venne avanzata l‘ipotesi che non si trattava di una persona, ma di un ventaglio meccanico, inventato negli USA, paese delle meraviglie tecniche. Finalmente si ebbe un testimone oculare piuttosto affidabile: «un ortolano che si recava al mercato dell‘Urbe per la vendita dei suoi prodotti, riferì di aver visto fra il lusco e il brusco nelle prime avvisaglie del giorno, una signora seduta presso la tomba di Nerone che si faceva vento con un grande ventaglio rosso. Fermatosi per vederla meglio, non appena scorta da lui quella si dette alla fuga scomparendo in un batter d‘occhio. Ma nel fuggire, avendo dovuto chiudere il ventaglio, egli poté vedere con chiarezza: prima la sua faccia perfettamente nera, quindi il deretano rosso acceso quasi quanto il ventaglio». Si pensò allora a una straniera, a una principessa africana venuta a Roma incognito in viaggio istruttivo. La tensione aumentava sempre di più, la città non parlava d‘altro, si ipotizzava addirittura che «sotto la parvenza turistica si celava il più atroce malefizio, e che era necessario far luce sul fatto, stroncando il cammino alla morbosa fantasia della massa e sbarazzandosi senza indugio della originale signora e del suo straordinario ventaglio». Nel frattempo l‘attributo della straniera, ossia il ventaglio rosso, cominciò ad andare di moda, e le donne dell‘Urbe si divisero in due partiti, anzi «in due bande»: «Le prime, intransigenti al massimo grado, pretendevano che ovunque si scorgesse la oramai famosa signora le si tirasse illico et immediate un colpo di revolver, pretesa che la parte avversa riteneva direttamente infame, incivile, insensata.» Invece le loro avversarie, affascinate dall‘«aureola di gentilezza, di civetteria, di fascino femminile», esprimevano «la loro ammirazione incondizionata e la loro attiva solidarietà per essa». Un nuovo fatto legato alla sconosciuta non fece che aumentare la tensione di tutti: la signora venne vista «transitare la notte dentro una macchina per i viali di Villa Borghese abbracciata a un giovanissimo, quasi adolescente, biondo, di una delicata e dolce bellezza». Il giovane venne individuato, era «il figlio di un banchiere conosciutissimo», il quale, però, affermava di essere stato solo nell‘automobile. Ma la gente non voleva credere alla sua testimonianza e arrivò alla conclusione che si trattava della sconosciuta «venuta a Roma per visitare la città, e forse per fare la conoscenza di qualche cittadino bianco». Intanto la stampa continuava a dare notizie dettagliatissime sul soggiorno della misteriosa signora, l‘uso del ventaglio da parte di un‘africana veniva giustificato con il suo snobismo: «giungendo in Europa dalle regioni tropicali sua sola preoccupazione era di apparire freddolosa, e di soffrire il freddo trovandosi in una zona temperata». Dopo pochi giorni arrivò un‘altra notizia strepitosa legata all‘apparizione della signora sul balcone del Quirinale: «La signora in

202 Anche per i russi la scimmia è simbolo di imitazione cieca, la caricatura dell‘uomo: crf. l‘espressione italiana «fare la scimmia a qd» e quella russa, «обезьянничать». 145 parola era stata vista sul balcone del Quirinale, e col bellissimo ventaglio salutava una folla che non esisteva. Sulla piazza si trovava un unico casuale passante, dal quale non fu possibile cavare un numero». Infatti, questo testimone risultava essere piuttosto inutile: «Né seppe dire di che colore avesse il viso. L‘elemento metafisico di quella grande piazza che è forse la più suggestiva di Roma quando è popolata da un unico cittadino, s‘era comunicato al suo cervello producendovi il vuoto magico. Egli giurava e spergiurava di aver visto a quel balcone una signora che lo salutava agitando un grande ventaglio rosso». Vennero interrogati non solo portieri e corazzieri, carabinieri e agenti di pubblica sicurezza, ma addirittura il Presidente della Repubblica che «assicurò di non aver ricevuto né ufficialmente né in forma privata nessuna principessa, nessuna Regina né bianca né nera né grigia, né giallognola né verdastra». Ma per l‘opinione pubblica la comparsa della signora dal ventaglio al balcone della Reggia non fece che confermare l‘ipotesi che si trattava di una principessa in visita alla Città Eterna. L‘indagine continuò, le autorità ritornarono al dettaglio del deretano rosso e interrogarono ancora una volta l‘ortolano, intanto la stampa continuava a riprodurre i ritratti più improbabili di una bellissima regina nera: «La faccia bellissima, per quanto nera come la cappa di un camino, la mitra di brillanti e perle che la faceva apparire di un‘altezza sovrumana, quintali di monili d‘oro e gemme che dal collo le scendevano fin sotto i ginocchi; l‘abito di raso bianco con gli elefanti d‘argento, e il manto di porpora su cui era ricamato in oro il sole del tropico. Il ventaglio rosso, che diveniva sempre più grande, sempre più indispensabile, favoloso: stupendo». La sconosciuta diventò così popolare, che ormai in tutta la capitale, dai quartieri più eleganti alla periferia, si diffuse l‘uso del ventaglio rosso e quasi tutte le donne romane, per non essere da meno, se ne procurarono uno. Alla fine la verità venne fuori, il questore di Roma annunciò il successo dell‘operazione: «la signora dal ventaglio si trovava in stato di arresto». «Notizia che mise sottosopra l‘intera città» alimentò il fuoco delle polemiche: «Le donne che facevano uso di un ventaglio rosso insorsero come vipere proclamando che si trattava di una ingiustizia, un‘infamia, una tirannia senza riscontro»; «Quelle della parte avversa urlavano che bisognava metterla al muro, fucilarla ipso facto, senza processo. Aveva prodotto uno scandalo ignominioso, si doveva fare una legge speciale che proibisse a tutte l‘uso del ventaglio per misura di ordine pubblico». A questo punto, per soddisfare la pubblica curiosità, il Questore di Roma organizzò l‘incontro con la sconosciuta, «un ballo di beneficienza nell‘albergo più capace e lussuoso della città». A mezzanotte il pubblico, preso dalla spasmodica attesa, finalmente vide la signora e scoprì che non era una principessa africana, ma... una scimmia, e il suo «ventaglio rosso» non era affatto un ventaglio, ma quello che tutti potevano vedere mentre lei drizzava la coda, cioè il suo deretano rosso come il fuoco. Nella scena finale la scimmia che aveva il dono della parola rispose alla domanda di un‘ospite incuriosito dalla mancanza del ventaglio: «L‘ho lasciato a casa perché sapevo che ne avrei trovati molti qua dentro. Sono una scimmia, ma se osservate bene sono la sola qua dentro senza ventaglio». La novella finisce con una scena spettacolare e molto teatrale. La scimmia dice: « – Prima di lasciarvi voglio fare una cosina che a voi non riuscirà facile quanto a me. Chinandosi fino a terra e drizzando la coda d‘un colpo, mostrò quello che nessuno volle vedere: prendeva fuoco! / - Ecco. / Tutte s‘erano coperta la faccia col grande ventaglio rosso.»

Il metodo usato da Palazzeschi, per il quale Pestelli propone la definizione di «realismo fantastico»203, determina le particolarità stilistiche delle due novelle. Lo scrittore racconta eventi impossibili e irreali, però, per essere convincente, li presenta come se fossero assolutamente

203 Pestelli 1999: 183. 146 reali204. Ciò potrebbe spiegare le descrizioni dettagliatissime dei personaggi e delle scene, anche se, come osserva Pestelli, la precisione e l‘abbondanza dei dettagli serve a creare piuttosto l‘effetto comico. Allo stesso obiettivo corrisponde la maniera molto particolare di raccontare gli eventi, una maniera estremamente logica e ragionevole: l‘autore convince il suo lettore che una cosa segue dall‘altra e che la storia non può avere un finale diverso da quello da lui proposto, nonostante sia assurdo e grottesco. Con tutto ciò, come le prime poesie di Palazzeschi, le due novelle sono piuttosto statiche, l‘azione è scarsa o inesistente, i caratteri dei personaggi (tranne forse il protagonista de Il giorno e la notte il quale deve, appunto, illustrare la metamorfosi) non si sviluppano. Insomma, sono personaggi teatrali, ma la loro teatralità è propria della scenetta breve, del teatro di varietà, non di un dramma psicologico. Come nella commedia popolare toscana, più che persone vive, sono delle maschere comiche, dei tipi in cui tutto è iperbolizzato, aumentato fino all‘assurdo205. Come nelle poesie, i personaggi-tipi vengono contrapposti alla «gente», alla folla dalle molte voci: infatti, il racconto dell‘io narrante è intessuto di battute di altri personaggi, qualche volta rese con discorso diretto (anche se il dialogo come tale occupa uno spazio limitato, più che altro serve da prova e da dettaglio convincente), ma più spesso le parole altrui vengono rese con il discorso indiretto, vengono tramandate dal narratore (si ricordi l‘osservazione di Guerricchio citata sopra che «la stranezza del personaggio, il suo isolamento rispetto agli altri, valgono in quanto rispecchiabili nelle dicerie, nei commenti del ―pubblico‖» (Guerricchio 2002: 277)). Nonostante la sua notevole presenza nel testo, l‘autore si schernisce, non valuta e non giudica in maniera esplicita, al contrario, dichiara la propria neutralità permettendo a chi lo legge di tirare le somme. La natura teatrale dei testi palazzeschiani si manifesta anche nell'importanza dell'aspetto visuale, del quadro dipinto, della scena, dei colori, dei singoli dettagli che colpisono il pubblico. Come le poesie, almeno quelle delle prime raccolte, per molti versi le novelle palazzeschiane sono vicine alle fiabe, per esempio, come nelle fiabe, uno dei principi costruttivi fondamentali per Palazzeschi è l‘opposizione binaria206, il confronto tra i due poli: i suoi personaggi tendenzialmente sono o buoni o cattivi e, come abbiamo detto, eccetto il

204 Cfr. il metodo usato da Dino Buzzati: «Effettivamente, questa è una vecchia regola. Io, raccontando una cosa di carattere fantastico, devo cercare al massimo di renderla plausibile ed evidente. […] Per questo, secondo me, la cosa più fantastica deve essere resa più vicina che sia possibile proprio alla cronaca. La parola giusta non è ―banalizzare‖, ma insomma è un po‘ questo. Voglio dire che, affinché una storia fantastica sia efficace, bisogna che sia raccontata nei termini più semplici e pratici, anzi, quasi burocratici… » (Dalla conversazione di Dino Buzzati con Yves Panafieu, dal titolo Variazioni sul fantastico. Si cita da Buzzati 1999: 237). 205 Per citare un autore contemporaneo vedi, per esempio, le commedie di Ugo Chiti che pure predilige personaggi tipi, il cui carattere non si sviluppa (Chiti 2004). 206 Cfr. l‘osservazione di Guerricchio a proposito dei personaggi palazzeschiani, e.g. alla tipica coppia il vecchio e il giovane: «Oltre che corrispondere alla ripresa del topos comico, la coppia dei contrari richiede un intreccio che si basa a sua volta su un impianto per antitesi ma anche per gemellari partiture, in relazione a livelli stilistici che usufrusicono di simmetrie e iterazioni» (Guerricchio 2002: 280). 147 protagonista, non cambiano nel corso della narrazione; si parla della notte e del giorno; del bianco e del nero; della luce dell‘ombra; della faccia e del deretano; delle due «bande» avverse di signore romane; dell‘onestà e dell‘inganno; è tipico delle fiabe il periodo temporale in cui avvengono gli eventi – il plenilunio, la mezzanotte - e le stesse cifre «magiche» (e.g. l‘apparizione della signora che ha luogo tre notti consecutive); sempre delle fiabe è caratteristica la metamorfosi dei personaggi che si trasformano nel proprio contrario (un uomo onesto si trasforma in un disonesto; la signora, la misteriosa principessa, una specie di nuova Cenerentola, a mezzanotte svela la sua vera faccia, non quella umana, ma la sua parodia, la faccia della scimmia ovvero quella della bestia), ecc.

Quali mezzi linguistici usa Palazzeschi? Abbiamo detto che l'autore sottolinea la sua neutralità: infatti, Il giorno e la notte comincia con la dichiarazione: «Il caso avvenuto al ragionier Мontesoli, mentre da un lato ci stimola il desiderio irresistibile di narrarlo, dall‘altro ci lascia nell‘impossibilità di formularne il giudizio». Lo scrittore ci tiene a sottolineare che non ha la facoltà di giudicare, ma si limita al modesto ruolo di narratore, occorre raccogliere prove indirette per arrivare a capire la sua opinione personale e l'atteggiamento nei confronti dei fatti raccontati207. La precisione e il carattere realistico delle descrizioni palazzeschiane è evidente, per esempio, dalla descrizione del ragionier Montesoli: «Non appena diplomato in scienze economiche, il ragionier Gualtiero Montesoli venne assunto in qualità di amministratore presso la Società dei Fratelli Gori per la fabbricazione di vetro». L'autore fornisce tutte le informazioni: la professione, il nome dell'azienda, la sua specializzazione e anche il fatto che Montesoli viene assunto subito. La stessa precisione documentaristica caratterizza i ritratti dei suoi padroni e dello sviluppo della sua carriera. Anche la Dama dal ventaglio comincia con una descrizione molto precisa delle circostanze spaziali e temporali: «Per tre notti consecutive durante il plenilunio d‘agosto, fu vista sulla cima del Colosseo la figura di una signora coperta per la massima parte da un grande ventaglio rosso». La tendenza alla precisione, diciamo, una precisione superflua e sovrabbondante in una narrazione neutra, è evidente, per esempio, nella frase che segue: «Fra i giovani proprietari e il giovane amministratore correvano rapporti cordialissimi di stima e di affetto e, possiamo aggiungerlo, amichevoli al massimo grado». Troviamo qui due stilemi caratteristici della narrazione di Palazzeschi: il primo sta nella tendenza a usare non uno solo, ma tutta una serie di elementi linguistici che svolgono nella frase la stessa funzione e, al livello semantico, sono molto vicini, spesso sono sinonimi o quasi, e

207 Sulla figura dell‘autore e del narratore vedi Долинин 2005, Брандес 2004. 148 comunque servono a esprimere la stessa idea, magari nei suoi aspetti diversi (possono essere alcuni aggettivi che accompagnano lo stesso nome, alcuni nomi o alcuni verbi con la stessa funzione sintattica, ecc.; come nella frase citata sopra «rapporti cordialissimi di stima e di affetto e [...] amichevoli al massimo grado», «egli era soprattutto un tecnico, un teorico», «la tecnica... corrode il cuore e l‘anima», «è un fatto troppo comune, monotono e pedestre da non dire», «si aggiunse al sempre crescente clamore e bisbiglio», «Parola da prendersi con la massima cautela e da tenere in quarantena fino a più attendibile testimonianza», «si trattava di un‘ingiustizia, un‘infamia, una tirannia senza riscontro», ecc.); il secondo stilema riguarda la tendenza a usare gli aggettivi e, in genere, gli epiteti nella forma superlativa («cordialissimi, amichevoli al massimo grado», «amministratore integerrimo», «impareggiabile ladro», «il fatto naturalissimo», «intransigenti al massimo grado», «la più innocente delle creature», «un banchiere conosciutissimo», «egli si trovava solo, solissimo», «Una nuova indagine, e questa scientifica al cento per cento…», «con somma galanteria», «con la più grande sollecitudine», ecc.). Qualche esempio più esteso: «nessuno in nessuna ora aveva visto entrare quella signora. Le porte del Quirinale sono sorvegliatissime dalla prima all‘ultima…», «Affetto per parte dell‘autorevole e valente sottoposto, stima incondizionata e riconoscente per parte dei proprietari». Va detto che simile «generosità», soprattutto nell'uso degli aggettivi, non è una novità assoluta per l'italiano letterario: per esempio, è tipica della lingua poetica di tradizione petrarchesca208. Il lettore italiano ci sarà ormai abituato, ma in altre lingue la prassi è diversa, l‘abbondanza di aggettivi svolge una funzione espressiva e può essere caratteristica, per esempio, delle descrizioni espressionistiche, come nel racconto Il prato di Bežin dal volume Le memorie di un cacciatore di Ivan Turgenev. Palazzeschi, dal suo canto, sviluppa questo procedimento al massimo, cioè lo usa spesso e con la massima ampiezza. L‘uso della serie di due, tre o anche più elementi rappresenta uno dei suoi tratti stilistici più salienti, spesso sono elementi sinonimici o quasi209: «Le qualità amministrative del ragionier Montesoli erano di primordine, straordinarie senza dubbio: chiarezza e vastità di vedute, previdenza, iniziativa, prontezza nel giudicare e nell‘agire, puntualità…»; «per attirarlo nelle loro orbite e al loro servizio»; «dare il meglio, tutto di sé»;

208 Vedi Coletti 2000. 209 Anche Pestelli mette in evidenza questa particolarità dello stile palazzeschiano: «L‘aspetto testuale primario sul quale converge là attenzione stilistica di Palazzeschi è, per parte sua, costituito dai cumuli sostantivali o aggettivali, o addirittura sinonimici; essi rivestono una precisa e limpida funzione antinaturalistica: la serialità programmatica e voluta delle liste verbali, il loro effetto meramente ―orizzontale‖ e addizionale sotto il profilo dell‘autentico incremento di conoscenza, consumano ed inflazionano l‘eccesso di credibilità della vicenda o della connotazione descrittiva, liquefacendolo e sfumandolo […] proprio nell‘apparente funzionalità realistico-suasoria della filza terminologica, dell‘ammiccante e ironica concrescita lessicale, se non anche ribobolaia. E la concessione fiorentinista […] non ha molto a che fare con i suoi ottocenteschi precedenti, ma, anzi, s‘iscrive di diritto, nella sua completamente rinnovata e reinventata identità contestuale, in una robusta e indubitabile nervatura espressionistica […] Ed anche la sceneggiatura insistita e dettagliatissima propria di certi brani viene ad assumere in Palazzeschi una valenza narrativamente e strutturalmente antidescrittiva proprio nella festosa estremizzazione sintattica del descrittivismo realistico…» (Pestelli 1999: 190). 149

«prospera e felice»; «l‘onestà del ragionier Montesoli… stava per divenire un proverbio, una massima»; «si rivelava in ogni atto della laboriosa giornata, e in ognuna delle poche, rare parole»; «parlava pochissimo e piano, pacatamente»; «persone di dubbia moralità o di pochi scrupoli»; «qualità... di primordine, straordinario senza dubbio»; «dare il meglio, tutto di sé»; «sciogliere il mistero, chiarire l‘equivoco»; «corrode il cuore e l‘anima»; «Solo non vedeva il momento che si facesse buio per andare a letto, che giungesse l‘ora di coricarsi…», ecc. Lo stesso ne La signora dal ventaglio: «la signora fu scomparsa né fu possibile rintracciarla»; «un abbaglio prodotto o favorito dalle luci naturali e artificiali»; «egli giurava e spergiurava di aver visto a quel balcone una signora…». E‘ evidente la sovrabbondanza comunicativa: si potrebbe benissimo «stringere» il testo, eliminare le ripetizioni, ma allora un quadro espressivo, dipinto con i colori accesi, si sarebbe sostituito con i contorni, la narrazione diventerebbe meno convincente. Anzi, possiamo concordare con Ferrata che Palazzeschi «non si disperde mai in bellezze a se stanti»210, ed è piuttosto incisivo, come lo sono i poeti abituati alla severa economia linguistica211. La presenza delle serie di elementi sinonimici, che assomigliano alle perline di una collana, svolge anche un'altra funzione: come nelle poesie di Palazzeschi, molte delle quali sono basate sugli elenchi di elementi212, ciò aiuta a dare un ritmo alla narrazione. Insomma, Palazzeschi resta pur sempre un poeta, anche nella sua prosa e, come nelle poesie, almeno in quelle delle prime raccolte, è evidente nei suoi testi la tendenza a una certa simmetria, a una rigida struttura formale che si manifesta a livelli molto diversi, dal sistema di personaggi e dallo svolgimento della trama fino ai tratti puramente linguistici. Tradisce il poeta anche la tendenza all'allitterazione: «parlava pochissimo e piano, pacatamente»; «sollecito e scaltro»; «insperate e inesplorate vie»; «un tecnico, un teorico»; «le signore Gori, molto pitturate e profumate»; «una straniera venuta a Roma in viaggio istruttivo, di piacere, di curiosità»; «di una delicata e dolce bellezza»; e la presenza della rima: «portieri e corazzieri, carabinieri e agenti di pubblica sicurezza», «fra il lusco e il brusco», «nessuno in nessuna ora aveva visto entrare quella signora», ecc.; inoltre, il poeta nel Palazzeschi-narratore è tradito dall‘organizzazione ritmica del testo, sottolineata anche dall‘uso della punteggiatura che rende il testo facilmente leggibile. Se ne potrebbero riportare tantissimi esempi, limitiamoci a uno solo, proviamo, però, per essere più convincenti, a presentare una frase palazzeschiana tratta da La signora dal ventaglio in veste grafica tipica delle

210 Vedi Ferrata 2003: XXVI. 211 Chi scrive prosa, in fondo, non deve misurarsi costantemente con lo spazio della pagina, con la lunghezza del verso, con il numero di sillabe, per non parlare della rima e di altri fenomeni fonici. 212 Si pensi a una delle poesie più famose di Palazzeschi, La passeggiata, nella quale i personaggi nominano ciò quello che vedono durante la passeggiata. Citiamo qualche verso: «Fratelli Buffi, / lubrificatori per macchine / e stantuffi. / Fumista. / Parrucchiere. / Fioraio. / Liberia. / Modista. / Tipografia.» (Palazzeschi 2002: 295-298) 150 poesie (a parte il ritmo va notata la rima: «calore – signore»; «a più non posso - ventaglio rosso»).

Per alleviare tanto calore, le signore, nessuna esclusa, si sventolavano a più non posso col loro magnifico ventaglio rosso.

La struttura logica della narrazione si manifesta nella precisa organizzazione testuale, per esempio, nella divisione in paragrafi che di solito corrispondono a un pensiero compiuto, a un sottotema, a un argomento nella catena del ragionamento. Un altro tratto caratteristico consiste nell'uso periodico di paragrafi brevissimi, spesso uguali a una frase, che segnano un punto importante nello sviluppo logico del tema. Evidenziando simili frasi come singoli paragrafi, preceduti e seguiti da una lunga pausa, l'autore sottolinea la loro importanza, costringe il lettore a fermarsi per un po' e a riflettere213. Questo tratto è tipico sia de La signora dal ventaglio, che in certo senso rappresenta una parodia del romanzo poliziesco e, come tale, ha una rigida struttura logica che aiuta il lettore a seguire l‘indagine, sia della prima novella: «Tale il ragionier Montesoli durante il giorno, Dobbiamo ora conoscerlo durante la notte. / Di notte il ragionier Montesoli era un ladro.», «Saltando dal letto il ragionier Montesoli si domandava: sono veramente un uomo onesto?», «Il ragionier Montesoli andava a letto sempre più tardi la sera, e la mattina si alzava sempre più presto.», «Questo durante il giorno.», «Si coricava sempre più presto, e la mattina non si decideva mai ad alzarsi», «La notizia si diffuse in città e per alcuni giorni non si parlò d‘altro», «Com‘era potuta pervenire fino al balcone della Reggia?», «A questo punto accadde un fatto nuovo.», «Notizia che mise sottosopra l‘intera città», ecc. Abbiamo già menzionato la punteggiatura che aiuta a mettere in evidenza lo svolgimento del pensiero, ma la strutturazione testuale è spesso marcata esplicitamente, con espressioni «da un lato… dall‘altro», «per parte di… e per parte di», «non per..., ma perché», con periodi ipotetici, paragoni, ecc. («Se… vuole dire che», «Tanto era sollecito durante il giorno, scrupoloso, attento, provvido nell‘amministrarla da uomo onesto, altrettanto era sollecito e scaltro, raffinato, diabolico durante la notte nel derubarla.»). E' notevole la presenza di costrutti gerundivi dal significato causativo, per esempio, «giungendo in Europa dalle regioni tropicali sua sola preoccupazione era di apparire freddolosa, e di soffrire il freddo trovandosi in una zona

213 A proposito della struttura del «discorso argomentativo» («аргументативный дискурс»), cioè dei testi che hanno l‘obiettivo di convincere il lettore ed espongono un ragionamento con una serie di argomenti, vedi Стилистический энциклопедический словарь русского языка. Флинта-Наука, Москва, 2003. с. 21. 151 temperata; facendosi vento in permanenza tutti l‘avrebbero ritenuta senz‘altro una donna del nord malgrado il colore del viso». Inoltre, Palazzeschi indica precisamente la localizzazione degli eventi e il legame tra di loro, e, come abbiamo detto sopra, ricorre molto spesso a opposizioni binarie che sono molto importanti per la logica della narrazione (si parla del giorno e della notte, del viso e del deretano) e aiutano a costruire un complesso sistema di opposizioni e di simmetrie.

In alcuni studi di stilistica si usa divedere gli scrittori in due tipi, a seconda del carattere della percezione sensuale che prevale: il tipo visuale o il tipo acustico214. Se si accettasse questa classificazione, Palazzeschi, senza dubbio, apparterrebbe agli scrittori «visuali» le cui opere si distinguono per il carattere figurativo, in certo senso esse permettono al lettore di vedere gli eventi descritti con i propri occhi. Ciò si manifesta sia nella descrizione dei personaggi sia dell'ambiente in cui si svolge l'azione215. Per esempio, la posizione sociale dei personaggi della novella Il giorno e la notte - dei ricchi padroni dell'azienda e del loro modesto amministratore - si capisce soprattutto dai dettagli «visibili», materiali: pellicce, gioielli, automobile che diventano una specie di status symbol. Mentre i padroni dell‘azienda possiedono automobili di lusso («Avevano grandi e belle macchine che guidavano quando faceva loro piacere e comodo, altrimenti li facevano guidare al meccanico che aprendo lo sportello rimaneva col berrettino in mano mentre le signore Gori, molto pitturate e profumate, vi salivano con disinvoltura che rivelava il sussiego.»), l‘onestissimo ragioniere non si può permettere che un macchinino da buon mercato ribattezzato in italiano «topolino» che «doveva guidare lui stesso in ogni caso»216. Alas! Sua suocera, alla quale la natura aveva donato una notevole formosità, non ce la fa a entrare in una macchina così piccola: «La Signora Ninì, madre di Esmeraldina, che viveva con la figlia e col genero, pesava soltanto novanta chili, vedendola avresti giurato che pesasse il doppio; la sua impressionante corporatura spiccava in special modo per un deretano che nel tempo moderno potremmo definire mitologico, e in rapporto a madre natura non sapevi se classificarlo

214 Vedi a proposito Брандес 2004: 284. Citando studi di filosofi e psicologi, Brandes sostiene che gli scrittori possono essere divisi in due tipi, in quello visuale e in quello acustico, perché soltanto questi due sensi umani sono legati alla percezione estetica, mentre l‘olfatto e il tatto sono prevalentemente fisiologici e non possono fungere da organi di percezione di opere l‘arte. 215 Ci preme ricordare la confessione fatta dallo scrittore nel corso dell‘intervista di Franco Simognini: raccontando dei soggiorni parigini e dell‘amicizia con De Pisis, Palazzeschi confessa che per lui fra tutti gli artisti il pittore è quello che gli è più simpatico, che gli sarebbe piaciuto fare il pittore, e che lui spesso invidiava De Pisis quanto questi andava a dipingere. (L‟approdo. Incontro con Aldo Palazzeschi. A cura di Franco Simognini // Materiale video preparato per la 9 Settimana della lingua italiana nel mondo). 216 In russo una macchina di questa categoria, ovvero la storica Ţiguli della prima serie (VAZ-2101), figlia russa della FIAT, è stata ribattezzata dal popolo «копейка» («kopejko»). A proposito della resa dei realia vedi Денисова 1999. 152 un immenso sproposito o il capolavoro. Per tali proporzioni la signora Ninì non poteva servirsi della topolino, un elefante non può entrare in un topo, e se ne lagnava piangendo a getto continuo…». In quest‘ultimo esempio è da notare la visualizzazione della metafora, un altro procedimento tipico di Palazzeschi, così come è tipico delle sue novelle l'uso massiccio dei modi di dire e dei proverbi e la visualizzazione dell'immagine sulla quale essi sono fondati217. Il lettore senz‘altro conosce le immagini dell‘elefante (simbolo della grandezza) e del topo (simbolo della piccolezza) legate alle espressioni fraseologiche «grosso come un elefante», «l‘elefante non acchiappa il topo», «la montagna ha partorito un topolino»218 e si può facilmente immaginare la scena. Un‘altra visualizzazione si ha nella comica scena in cui Montesoli cerca di far entrare la suocera nella macchina: «Una vota, il genero, guardando la suocera e giudicandone la materia elastica e molliccia in grado supremo, quasi gelatinosa, aveva tentato a viva forza di pigiarla nella topolino, ma pigia pigia smise di colpo, assalito dallo spavento di non poterla ritirar fuori una volta ficcata dentro, vide la suocera rimasta nella topolino come la chiocciola nel guscio». La signora Ninì con la sua «materia elastica e molliccia» assomiglia a una chiocciola, e l'automobile sarebbe il suo guscio. Se si riuscirà a spingerla dentro, difficilmente se la potrà tirare fuori, si porterà sempre il suo guscio addosso. Quanto, invece, il genero comincia a rubare per davvero, finalmente anche lui si può permettere di acquistare una macchina nuova: «Il ragionier Montesoli cambiò la topolino con una macchina grande, e non appena la sinora Ninì vi posò trionfante l‘immenso deretano, buttandosi in panciolle emise uno sbuffo di sollievo.» Si pensi, inoltre, al carattere teatrale delle scenografie in cui agisce la signora dal ventaglio: sono i più famosi luoghi turistici di Roma che qualsiasi lettore, anche straniero, si può facilmente immaginare - il Colosseo, («sulla cima del Colosseo»; da notare il contrasto tra la luce e il buio: «le luci del basso, e i riflettori, … dall‘altro il chiarore lunare…»), il Campidoglio («sulla torre del Campidoglio»), la tomba di Nerone, la villa Borghese, il Quirinale. Molto espressiva è anche la descrizione della grande piazza deserta davanti al Quirinale e del cittadino metafisico, che ricorda certi quadri di De Chirico219. Anche le frasi seguenti, nelle quali si parla della «principessa africana» dalla pelle nera, rimandano soprattutto a un‘immagine visuale: «Ogni dubbio era sopito: una principessa africana venuta a Roma per visitare la città, e forse per fare la conoscenza di qualche cittadino bianco»,

217 Basti pensare all‘espressione «fare la scimmia», che ne La signora dal ventaglio viene visualizzata in maniera capovolta. Vedi Serra 2005: 147-148, Черданцева 2000. 218 Vedi le relative voci in Черданцева, Рецкер, Зорько 1982. 219 Purtroppo in russo questo dettaglio viene perso: il traduttore non usa il termine «metafisico», comprensibile solo per gli storici dell‘arte e gli italianisti, e si limita a descrivere lo spazio infinito della piazza del Quirinale («необозримый простор», lett. «uno spazio che gli occhi non riescono ad abbracciare»). 153

«Interrogato il Presidente della Repubblica, assicurò di non aver ricevuto né ufficialmente né in forma privata nessuna principessa, nessuna Regina né bianca né nera né grigia, né giallognola né verdastra.»; lo stesso nella testimonianza del contadino: «Ma nel fuggire, avendo dovuto chiudere il ventaglio, egli poté vedere con chiarezza: prima la sua faccia perfettamente nera, quindi il deretano rosso acceso quasi quanto il ventaglio». Ne La signora dal ventaglio sono menzionati diversi colori, ma il testo in genere è basato sul contrasto tra il nero, il bianco e il rosso. Nelle descrizioni proposte dalla stampa romana, la misteriosa signora sconosciuta appare ancora più enigmatica: «La faccia bellissima, per quanto nera come la cappa di un camino, la mitra di brillanti e perle che la faceva apparire di un‘altezza sovrumana, quintali di monili d‘oro e gemme che dal collo le scendevano fin sotto i ginocchi; l‘abito di raso bianco con gli elefanti d‘argento, e il manto di porpora su cui era ricamato in oro il sole di tropico. Il ventaglio rosso, che diveniva sempre più grande, sempre più indispensabile, favoloso: stupendo». Nel descrivere la bellezza delle signore romane, lo scrittore di nuovo ricorre a un paragone visuale: «il viso che pareva formato da latte e petali di rosa». Bisogna riconoscere, comunque, che le metafore palazzeschiane non sono per niente originali, al contrario, sembra che lo scrittore le prenda dal repertorio comune, come uno che racconta storie o fiabe magiche ovvero testi che hanno una loro grammatica, un repertorio di personaggi e anche una lingua piuttosto standardizzata, con i consueti paragoni. Insomma, come nei suoi versi, soprattutto nelle prime raccolte poetiche, anche nella prosa Palazzeschi mostra un indubbio legame con il mondo della fiaba e dell'infanzia. Riportiamo qualche altro esempio di visualizzazione della metafora. Nella descrizione delle signore arrabbiate che vengono paragonate alle vipere: «Le donne… insorsero come vipere… sempre più invelenite». Oppure nella scena in cui la moglie del ragionier sogna una macchina grande, nella quale sarebbe facilmente entrata anche sua madre, e pesta il piede per la rabbia: «Esmeraldina pestava i piedi per la rabbia pensando che nelle macchine dei fratelli Gori sua madre sarebbe entrata a volo». O nella scena della lite tra le signore romane che appartengono ai due partiti opposti, il primo si esprime a favore dei ventagli rossi e il secondo contro: «Le donne di Roma s‘eran divise in due bande che divenivano sempre più numerose, sempre più compatte, sempre più faziose e impazienti di entrare in lizza le une contro le altre»220. Della suocera arrabbiata (ricordiamo il paragone della donna arrabbiata con una vipera) si dice: «la madre… masticava veleno», anche le donne romane erano «sempre più invelenite». Il povero Montesoli, incapace di garantire con un lavoro onesto alla sua famiglia un tenore di vita considerato dovuto dalla sua consorte si trova sotto il «fuoco incrociato» della moglie e della suocera: «Si sentiva fatto bersaglio dal fuoco incrociato di quelle poco benevole costatazioni».

220 Da notare l‘espressione «entrare in lizza» legata all‘idea dei tornei medioevali. 154

L'azienda alla quale Montesoli dedica la sua vita è descritta come una nave che corre avanti: «L‘azienda che per molti anni, come investita da un vento di fortuna aveva filato a vele gonfie, per un leggero abbassarsi del vento filava ugualmente ma con le vele un pochino mence.»221 Quando, invece, Montesoli inzia a rubare e il movimento della nave si rallenta, anche questo cambiamento è descritto attraverso un‘immagine visuale, come passaggio dal movimento in salita a quello per la superficie piatta: «S‘era calmata l‘ascesa che durante quegli anni aveva seguito un ritmo incalzante, stabilendosi sopra un piano pur sempre invidiabile.» Della moglie arrabbiata si dice che «ha l‘alito verdognolo»222: «Soltanto i ricchi possono permettersi il lusso di ingrassare quanto vogliono» concluse Esmeraldina con l‘alito verdognolo». Ma anche lo stesso nome della signora, Esmeraldina, legato alla pietra preziosa di colore verde, tradisce la sua natura avida e cattiva. Infine, l'uso delle espressioni di cui sopra e legato alla semantica dell'aggettivo «verde» percepito come colore di malattia, innaturale, che viene per un malanno oppure per una forte emozione, cfr., per esempio, le espressioni fisse «verde di bile», «verde d‘invidia». Sempre attraverso il colore e descritto lo stato psicologico del povero ragioniere, «grigio» nei momenti di ansia e "celeste" nei momenti di gioia: «Notti grigie si susseguirono, pesanti e torbide. … Ma una notte lieve per la schiarita del cervello, il ragionier Montesoli ebbe un sogno durante il quale vedeva le cose in uno sfondo celeste…». Dei libri dei conti si dice che riflettevano la sua anima pura e «candida»: «i libri dell‘azienda erano lo specchio della sua anima candida di galantuomo integro». Anche la rinascita del protagonista e descritta attraverso l'immagine del fiore che si apre all'alba: «Come il fiore sul mattino, tutto l‘essere si apriva in una luce di serena bontà, di incorruttibile rettitudine che gli dava un senso di leggerezza per cui gli pareva d‘innalzarsi nell‘etere». Il trionfo dell'onesta e del dovere e simbolizzato dalla stessa che splende forte: «…su cui fulgeva come un astro la potente bellezza del lavoro e del dovere». Infine, va notata la metafora fondamentale per tutto il testo, quella del vetro trasparente, del cristallo, dello specchio onesto: «vetro», «specchio», «chiaro» (nel senso «trasparente»), «cristallo» («la sua incrollabile probità limpida… come un cristallo»). Non per caso l'azienda per la quale lavora Montesoli e specializzata nella produzione di vetro. Spesso un modo di dire espressivo che rende il testo vivace si trova vicino ai termini aulici, facendo nascere il contrasto ironico: «Un custode, salito sulla torre facendo gli scalini quattro a quattro arrivato in cima nulla trovò: l‘etere e il firmamento». Lo stesso contrasto di stile è evidente nella seguente frase che descrive l‘arrivo del personaggio che esercita un mestiere piuttosto prosaico, quello dell‘ortolano, nella città di Roma chiamata con il termine dotto: «Un ortolano che si recava al mercato dell‘Urbe… riferì di aver visto tra il lusco e il brusco nelle

221 Da notare l‘uso del toscanismo «mencio», cioè «sfiorito, cascante, flaccido». 222 Anche in russo l‘idea della rabbia è legata al colore verde, cfr. l‘espressione «позеленеть от злости». 155 prime avvisaglie del giorno…». Simile contrasto stilistico nasce anche dal fatto che nel testo sono presenti frasi che imitano il linguaggio formale tipico dell‘indagine poliziesca e descrizioni vivaci e buffe: «La terza notte due agenti di polizia salirono a corsa sul Colosseo per rendersi conto di tale presenza e attingere informazioni presso la detta signora sulle sue predilezioni notturne. Mentre salivano col fiato grosso, la sinora era scomparsa né fu possibile rintracciarla.», «Individuato il giovane signore per il figlio di un banchiere conosciutissimo, e interrogato sul fatto, davanti al commissario di polizia dichiarò di avere effettivamente transitato in quell‘ora e quella notte per il viale di Villa Borghese uscendo da certi amici presso i quali s‘era trattenuto a pranzo, ma che nella sua macchina non era nessuna signora né bruna né bionda, con o senza ventaglio, egli vi si trovava solo, solissimo.» E poco dopo si parla dell‘indizio piuttosto osceno e ridicolo ovvero del deretano della signora: «In quanto al problema del deretano nessuna notizia in proposito che sul tema facesse progredire le indagini di un‘ugna [...]». Infine, da notare è l‘uso delle due espressioni latine – illico et immediate e ipso facto – che sottolineano la serietà delle intenzioni delle implacabili avversarie della signora dal ventaglio. Abbiamo già detto che nelle novelle il dialogo è ridotto al minimo. La lingua delle battute è ben diversa dal resto del testo, è più vivace, qui è più evidente il colorito toscano. Per esempio, ne Il giorno e la notte sono importantissime le battute della moglie («I benedetti affari, ai quali era tanto attaccato, non li consentivano nemmeno di dormire quanto è indispensabile a un uomo.»), delle figlie di Montesoli («La nonna è arrabbiata, non sta più a vederci partire, non ci saluta più quando partiamo.»), le domande che il ragioniere rivolge a se stesso («sono veramente un uomo onesto?», «Come può sorgere nella mente di un galantuomo, e con tanta insistenza, l‘idea del furto?», «Dormiva o era desto? Era proprio lui che sottraeva certi documenti falsando alcune cifre? [...]»). Anche ne La signora dal ventaglio è presente il dialogo, per esempio, nella scena dell‘interrogatorio del testimone cioè dell‘ortolano, ma linguisticamente la scena è un po‘ artificiale, più teatrale che realistica, perché un contadino in carne e ossa, così come un commissario di polizia, difficilmente può parlare così:

- Ne siete proprio sicuro? - Sicurissimo. - Guardate che la questione del deretano ha un valore inestimabile, risolutivo. Lo vedreste con chiarezza? Potete affermarlo con precisione? In quella luce così fallace, così incerta, non cadeste vittima di un errore, di un abbaglio? - Nessun errore, nessun abbaglio. Lo vidi nel modo più chiaro non appena s‟alzò per fuggire, mi pare ancora di vederlo. 156

- Era rosso? - Infiammato. - E lustro? - Come uno specchio. - Una cosa molto brutta. - Oh! Bruttissima. - E quale impressione ne riportaste? - Se mia moglie avesse avuto un deretano come quello avrei chiesto l‟annullamento del matrimonio senza pensarci un minuto.

Come abbiamo detto sopra, il carattere teatrale del testo palazzeschiano si manifesta piuttosto nel fatto che Palazzeschi molto spesso rende le voci della folla, le grida, senza ricorrere al discorso diretto. Questo procedimento è particolarmente evidente ne La signora dal ventaglio in cui l‘autore torna sempre a riferire le voci che corrono: «La notizia si diffuse in città e per alcuni giorni non si parlò d‘altro. / Si trattava di una reale apparizione, o non piuttosto di un abbaglio prodotto e favorito dalle luci naturali e artificiali che in quel luogo suggestivo giuocavano insieme il loro fascino?», «Molti affermavano che [...]. E altri aggiungeva che [...]», «Taluno che con aria misteriosissima si vantava d‘essere bene informato, dava per certo trattarsi di una principessa africana venuta a Roma per visitare la tomba di Nerone, pure sapendo quanto sia ipotetico quel luogo.», «Le prime, sempre più invelenite, esigevano a gran voce di volerla vedere, parlare con lei, sapere qualcosa della sua vita, udirne la voce, vederne il ventaglio, costatare com‘era il suo, se era uguale a loro, chiederle una fotografia, l‘autografo. …. E più quelle gridavano che bisognava dare una lezione a tutte per la loro leggerezza e frivolità, punirle almeno con una forte ammenda sequestrando ad ognuna il famigerato ventaglio per farne un rogo, più le altre gridavano all‘infamia senza nome, alla turpe crudeltà e delinquenza, riunendosi in comizi dove tutte agitavano insieme e a grandi braccia un ventaglio rosso». In conclusione bisogna fare qualche osservazione sulla presenza dei toscanismi e sulla loro funzione. A parte i toscanismi che potrebbero essere definiti quasi «neutri» ovvero stilisticamente non marcati e piuttosto naturali per chi è nato a Firenze (per esempio, la reggenza verbale diversa dall‘italiano standard («preferire di fare qc»), la tendenza a usare forme diminutive suffissali («le due piccine del ragionier Montesoli») e i modi di dire, il colorito toscano è particolarmente evidente nelle scene comiche, per esempio nella scena in cui il genero cerca di far entrare la suocera nella topolino non si usa il verbo «spingere», ma «pigiare» («aveva tentato a viva forza di pigiarla nella topolino, ma pigia pigia smise di colpo») e nei dialoghi. E.g. nella conversazione della moglie con l‘ingegner Montesoli:

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“Ma che cosa prendi a fare quelle maledette prese?” ripeteva spanzientita la moglie: “ormai non hai più l‟insonnia” spazientita e preoccupata: “se non fai che dormire, faresti a picca con le materasse”. - E‟ così bello dormire. Non ti piace, Esmeraldina, di dormire? - Dormire quanto è necеssario piace anche a me, ma se si seguita così diventeremo delle marmotte. - Si sta tanto bene quando si dorme.

Da notare l‘uso della preposizione «di» dopo il verbo «piacere» («piacere di dormire») e il paragone figurativo («dormire come una marmotta»), l‘uso del modo di dire «fare a picche con le materasse» («materassa» f è variante toscana, ital. «materasso» m). Il colorito toscano de La signora dal ventaglio è minore, in parte perché l‘azione si svolge a Roma, in parte perché si usa più che altro in maniera ironica o il tono aulico o quello poliziesco, ma anche in questo testo si trova, per esempio, un modo di dire con la forma toscana «ugna» invece della forma italiana «unghia»: «nessuna notizia in proposito che sul tema facesse progredire le indagini di un‘ugna»223. Si può concludere, dunque, che i toscanismi svolgono diverse funzioni: rendono le repliche dei personaggi realistiche e vivaci, aiutano a rendere il colorito locale e, nel caso dei modi di dire, manifestano il proprio potenziale espressivo, il repertorio delle immagini sulle quali sono basate, per potenziare la tonalità ironica e grottesca della narrazione.

Passiamo ora al confronto con la versione russa, concentrando la nostra attenzione sopratutto sulla resa degli elementi caratteristici dello stile di Palazzeschi evidenziati sopra. La traduzione russa, nel complesso, è fatta bene, è precisa, fedele, suona «naturale» ed è facilmente leggibile. Le descrizioni dei personaggi restano molto dettagliate, la maniera di raccontare gli eventi è logica e ragionevole, il contrasto tra i vari stili presenti in originale viene conservato. Infatti, bisogna dire che anche nella letteratura russa ci sono novelle o racconti tipologicamente simili a quelle di Palazzeschi (si pensi ai racconti umoristici di Čechov o di Zoščenko, per citare solo i nomi più famosi), e questo può aver facilitato, almeno in parte, il lavoro del traduttore che poteva trovare un punto di riferimento nella tradizione letteraria patria. Abbiamo detto che il traduttore, nei limiti del possibile, ha cercato di rendere le caratteristiche stilistiche dell‘originale come la presenza di serie di elementi sinonimici e gli epiteti usati nella forma superlativa. Ad esempio, nella frase che segue il traduttore rende l‘elenco delle qualità straordinarie del ragioniere, anzi, la versione russa risulta essere più lunga,

223 Cfr. in russo «не продвинуться ни на пядь». 158 visto che in alcuni casi il desiderio di chiarezza spinge il traduttore a una versione più dettagliata dell‘originale: «la rettitudine» - «безупречная честность», «divenuta esemplare» – «которую ставили в пример в деловых кругах …. не уставали ею восторгаться». Allo stesso tempo all‘inizio della stessa frase invece di due aggettivi in russo ne troviamo solo uno: «erano di primordine, straordinarie» – «были… выдающимися».

(1) Le qualità amministrative del ragionier Montesoli erano di primordine, straordinarie senza dubbio: chiarezza e vastità di vedute, previdenza, iniziativa, prontezza nel giudicare e nell‟agire, puntualità, e una che rifulgeva e le compendiava tutte: la sua rettitudine divenuta nel mondo degli affari, e presso i proprietari dell‟industria, esemplare.

Административные способности бухгалтера Монтесоли были, без сомнения, выдающимися: ясность и широта суждений, предусмотрительность, предприимчивость, умение быстро принять решение и осуществить его, пунктуальность; но одно качество было поистине бесценным и достойно венчало все остальные – то была его безупречная честность, которую ставили в пример в деловых кругах; владельцы предприятий не уставали ею восторгаться.

Oppure il traduttore ricorre a una parafrasi: tutti gli elementi della frase originale sono resi, ma la struttura sintattica della frase, nell‘ultima parte, subisce una notevole trasformazione.

(2) Fra i giovani proprietari e il giovane amministratore correvano rapporti cordialissimi di stima e di affetto e, possiamo aggiungerlo, amichevoli al massimo grado.

Между молодыми хозяевами и молодым директором существовали самые сердечные, мы бы даже сказали, в высшей степени дружеские отношения, покоившиеся на уважении и признательности.

In altri casi non si riesce a conservare in russo la simmetria sintattica dell‘originale (in italiano si usa il verbo «attirare» con due complementi, in russo ci vogliono due verbi diversi «заинтересовать» e «переманить»).

(3) Molte ditte, anche di maggiore importanza, gli facevano la corte per attirarlo nelle loro orbite e al loro servizio…

Многие, даже весьма крупные фирмы, обхаживали Монтесоли, стремясь заинтересовать его и переманить к себе на службу…

Anche la frase successiva può servire da esempio di trasformazioni semantiche: non si può tradurre alla lettera «amava fisicamente», perché in russo ciò presuppone l‘atto sessuale, e per descrivere la natura dell‘amore che il ragioniere prova per la sua azienda, il traduttore aggiunge l‘aggettivo «живой» («живое существо», lett. «amava la sua industria come un essere vivo» ); invece nella resa delle ultime parole il traduttore dimostra una grande generosità visto che a un elemento italiano in russo ne corrispondono due elementi quasi sinonimici («vicino a noi si è veduta crescere» – «выросшее рядом с нами, на наших глазах»).

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(4) L‟amava fisicamente la sua industria, come si ama una creatura che vicino a noi si è veduta crescere.

Бухгалтер любил фабрику, как любят живое существо, выросшее рядом с нами, на наших глазах.

Anche nella frase citata sotto è presente una parafrasi e la tendenza all‘esplicitizzazione (per rendere il significato della parola «ingegno» il traduttore aggiunge una subordinata «а он приносит им в жертву свой талант»).

(5) S‟è fatto venire l‟esaurimento nervoso per quei furbacchioni che se la spassano e godono i frutti del suo sacrificio e del suo ingegno.

Он дошел до нервного истощения, - возмущалась она. – А эти ловкачи бьют баклуши и пользуются плодами его трудов, а он приносит им в жертву свой талант.

La trasformazione è presente anche nella frase successiva dove, però, si perde una parte importante del contenuto: la metafora dell‘onestà considerata «il miglior affare che possa concludere l‘uomo»:

(6) E usava ripetere molto rapido, conciso, in special modo trovandosi davanti a persone di dubbia moralità o di pochi scrupoli, che nell‟industria e nel commercio l‟onestà è per ogni caso e in ciascun momento il migliore affare che possa concludere l‟uomo…

Когда Монтесоли обращался к людям с сомнительной моралью и недостаточно щепетильным, он всякий раз отрывисто и коротко повторял, что в промышленности и торговле честность при любых обстоятельствах должна быть на первом месте…

Come abbiamo detto, il traduttore cerca di riprodurre il contrasto tra i vari registri stilistici dell‘originale. Per esempio, nella resa dei termini di parentela, nella riproduzione del contrasto stilistico tra le battute della moglie del ragioniere e la narrazione, ne La signora dal ventaglio il contrasto tra lo stile grottescamente aulico e quello burocratico-poliziesco. Quanto alle battute della signora Montesoli e ai toscanismi, se questi elementi hanno una funzione espressiva, se ne trova di solito un equivalente in russo: la soluzione alla quale si ricorre in questi casi è di rendere gli elementi «locali» della lingua di partenza con elementi di stile colloquiale o basso nella lingua di arrivo, cioè dall‘asse diastratico ci si trasferisce a quello diafasico224.

224 Vedi Berruto 2003, Cap. 1 «L‘Italiano come gamma di varietà» (pp. 13-53). Sulla resa degli elementi dialettali nella traduzione dall‘italiano in russo vedi Модестов 2006: 101, Jampol‘skaja 2006.

160

(7) le due piccine – две дочки sua madre – ее мамаша la pelliccia – шубка

(8) “Ma che cosa prendi a fare quelle maledette prese?” ripeteva spanzientita la moglie: “ormai non hai più l‟insonnia” spazientita e preoccupata: “se non fai che dormire, faresti a picca con le materasse”. … - Dormire quanto è necеssario piace anche a me, ma se si seguita così diventeremo delle marmotte.

- И зачем ты только принимаешь эти проклятые таблетки? – выходила из себя его жена. – Ведь ты уже больше не страдаешь бессонницей. Ты только и делаешь, что спишь, - продолжала она с раздражением, - весь тюфяк пролежал! … - Разумеется, я тоже люблю поспать, но в меру. Если и дальше будет так продолжаться, мы превратимся в сурков.

A parte il registro stilistico generale delle battute, va notata la resa di due espressioni «fare a picca con le materasse» – «весь тюфяк пролежал» e «diventeremo delle marmotte» – «мы превратимся в сурков»: nel primo caso in russo troviamo il termine colloquiale e leggermente dispregiativo «тюфяк», sinonimo del nome neutro «матрас»; quanto alla seconda espressione, i russi e gli italiani si riferiscono allo stesso animale, simbolo del dormiglione («dormire come una marmotta» - «спать как сурок»).

Due esempi dello stile burocratico-poliziesco:

(9) attingere informazioni presso la detta signora sulle sue predilezioni notturne

получить разъяснения у вышеназванной особы по поводу ее ночных похождений

(10) Due agenti di polizia vennero comandati alla tomba di Nerone in servizio di vigilanza.

Два полицейских агенты были откомандированы к могиле Нерона для неусыпного наблюдения над местностью.

Maggiori difficoltà sono legate alla traduzione delle frasi in cui si ha a che fare con la visualizzazione della metafora che può non avere corrispondenza diretta nella lingua d‘arrivo225. Per esempio, si è parlato della topolino posseduta dal ragionier Montesoli prima della sua metamorfosi. In russo «la topolino» è tradotta come «малолитражка» (un‘utilitaria, un‘automobile di piccola cilindrata), perciò la parola russa non è legata a nessun animale. Per superare questa difficoltà il traduttore propone la seguente soluzione:

225 A proposito delle metafore e della loro specificità nazionale vedi Лакофф, Джонсон 2004. 161

(11) Per tali sproporzioni la signora Ninì non poteva servirsi della topolino, un elefante non può entrare in un topo…

Из-за своих пышных форм синьора Нини не могла пользоваться малолитражкой, ибо слону не дано залезть в мышиную нору…

In russo si dice letteralmente che «un elefante non può entrare nella topaia»: si conserva l‘assurdità e il grottesco della frase originale, il contrasto tra il grande e il piccolo, e si menziona anche il topo.

Invece non si riesce a rendere l‘immagine della vipera alla quale viene paragonata la moglie arrabbiata: in russo non si parla del veleno, ma si dice semplicemente che «Esmeraldina diventava furiosa».

(12) La madre accanto al marito masticava veleno

Эсмеральдина, сидевшая рядом с мужем, приходила между тем в бешенство

Quanto al significato metaforico dei colori, in alcuni casi troviamo coincidenza tra il russo e l‘italiano (il verde come simbolo della rabbia, il bianco come simbolo della purezza), in altri no (al celeste come colore di pace e gioia in russo corrisponde il rosa226).

(13) con l‟alito verdognolo – позеленев от злости

vedeva le cose in uno sfondo celeste – все предстало перед ним в розовом цвете

Purtroppo non è stata resa in russo la metafora di cristallo come simbolo di purezza e trasparenza, anche se in russo si può dire «кристальная честность».

(14) Il ragionier Montesoli sognava felice la sua incrollabile probità, la sua anima onesta, limpida come un cristallo e divenuta proverbiale.

Бухгалтер Монтесоли был счастлив от того, что ему снилось, будто он по-прежнему сохраняет непоколебимую честность и свою вошедшую в поговорку незапятнанную репутацию глубоко порядочного человека.

Ne La signora dal ventaglio il traduttore non solo riproduce accuratamente la struttura logica del testo, ma aggiunge addirittura degli elementi metatestuali che la mettono in evidenza («итак», «наконец», lett. «dunque», «infine») e alcuni elementi che leggermente cambiano o, meglio, rendono esplicito il suo modus: per sottolineare il fatto che il narratore racconta le voci che corrono e le informazioni citate non sono sicure al cento per cento, nelle frasi russe troviamo

226 Cfr. in italiano «rosa e fiocchi». 162 espressioni «будто бы», «по-видимому», «видимо» («evidentemente», «sembra che»), che sottolineano il carattere ipotetico delle affermazioni, e poi, in un‘altra frase, c‘è anche «в действительности же» («ma in realtà»)227, aggiunta dal traduttore, per far vedere che questa volta si racconta la verità.

(15) Ogni dubbio era sopito

Итак, сомнений больше не оставалось

(16) La signora dal ventaglio era stata vista transitare la notte dentro una macchina per i viali di Villa Borghese abbracciata a un giovanissimo, quasi adolescente, biondo, di una delicate e dolce bellezza.

Кто-то увидел, как синьора с веером ночью проезжала в машине по аллеям виллы Боргезе: она будто бы сидела тесно прижавшись к белокурому юноше с необыкновенно нежным и красивым лицом.

Per quanto riguarda l‘ultimo esempio, mentre in italiano si imita il discorso giornalistico, evidenziato dal costrutto passivo, in russo lo stile non è quello dei giornali: la presenza degli elementi che sottolineano il carattere dubbio delle informazioni riportate («кто-то увидел», «будто бы сидела») è inammissibile nei testi del genere228.

Comunque non tutte le divergenze tra l‘originale e la traduzione possono essere spiegate con il desiderio di rendere la specificità dello stile palazzeschiano. In molti casi le modifiche sono dovute alle differenze nel sistema e nell‘uso e, per questo, sono cambiamenti tipici per le traduzioni dall‘italiano in russo. Per esempio, riguardano la resa dell‘articolo229, che in russo manca, il funzionamento del sistema verbale e le trasformazioni sintattiche230. Consideriamo, a titolo di esempio, il funzionamento del verbo. Una delle differenze principali tra il verbo italiano e russo sta nel fatto che in russo manca la regola del Consecutio temporum e l‘uso del verbo è

227 In italiano in questi casi si potrebbe usare il condizionale ipotetico: «La signora sarebbe arrivata dall‘Africa». 228 Sulla diversità del modus nei testi giornalistici italiani e russi vedi Fici, Jampol‘skaja 2009, pp. 81-87. 229 Ad esempio, «un ortolano» è reso come «некий огородник». A proposito dell'articolo e dei suoi possibili equivalenti in russo vedi Giusti 1981, Lasorsa, Jampol'skaja 2001: 38-47. Vedi anche i contributi raccolti nel volume Determinatezza e intederminatezza nelle lingue slave (a cura di R. Bennacchio, F. Fici e L. Gebert). Unipress, Padova, 1996. 230 Nonostante un grande numero di saggi dedicati al confronto tra l‘italiano e in russo sia al livello del sistema sia a quello dell‘uso, legati soprattutto alle esigenze pratiche dell‘insegnamento della lingua e della traduzione, purtroppo manca tutt‘ora una grammatica contrastiva dell‘italiano e del russo. Per il confronto linguistico tra le due lingue ci limitiamo a citare i seguenti volumi: Straniero Sergio 1997, Dobrovol‘skaja 1997, Lasorsa, Jampol‘skaja 2001, Fici, Jampol‘skaja, 2009, Дмитренко 1980, Щекина 1986, Кудинова 2005, Тетерукова 2009 e i saggi raccolti nel volume La traduzione. Saggi e documenti. III. Esperienze e prospettive della traduzione in Russia, a cura di E. Arcaini. Quaderni di Liberi e Riviste d‘Italia. N. 33. Ministero per I Beni Culturali e Ambientali, Divisione Editoria. Roma. 163 determinato non tanto da ragioni formali quanto da quelle semantiche231. Semplificando un po‘ le cose si può dire che, all‘interno dello stesso brano, in russo si può mescolare il presente, il passato e il futuro, soprattutto se si vuole rendere il testo più espressivo, invece l‘italiano impone una maggiore monotonia temporale. Nella traduzione dal russo in questi casi di solito si «ristabilisce» la regola del Consecutio, nella traduzione in russo, invece, i traduttori effettuano l‘operazione contraria. Per esempio, nella versione russa de Il giorno e la notte il traduttore, per rendere più vivace il brano in cui si racconta per la prima volta dei sogni di Montesoli, usa non il passato, come nell‘originale, ma il presente:

(17) Di notte il ragionier Montesoli era un ladro. Tutte le volte che durante la notte gli capitava di fare un sogno, e gli capitava sei volte alla settimana, sognava di rubare, e precisamente presso la ditta della quale era un amministratore integerrimo. […] E quella medesima ambizione che durante il giorno lo rendeva fiero della propria opera di galantuomo immacolato, durante la notte lo faceva sentir fiero della propria opera di impareggiabile ladro.

Ночью бухгалтер Монтесоли – мошенник. Всякий раз, когда ему случается видеть сны, а ему случается видеть их шесть раз в неделю, ему снится, что он обворовывает ту самую фирму, которой управляет с такой неподкупной честностью. […] Если днем он тщеславно гордится своей незапятнанной репутацией почтенного человека, то ночью его переполняет гордостью сознание того, что в природе не существует более ловкого мошенника, чем он.

Un‘altra trasformazione tipica nel passaggio dall‘italiano in russo riguarda la semplificazione della sintassi: mentre il lettore italiano è abituato al periodo lungo, dalla sintassi complessa della tradizione boccacciana, in russo si avverte la necessità di dividere la frase, anche se, in teoria, la sintassi russa è abbastanza duttile da permettere la costruzione del periodo altrettanto lungo e complesso232. Riportiamo qualche esempio:

231 Vedi a proposito Fici, Jampol‘skaja 2009, Jampol‘skaja 2006. In quest‘ultimo saggio sono state analizzate diverse traduzioni italiane di una povest‘ di Nikolaj Leskov: risulta che il lettore italiano preferisce una traduzione più lontana dall‘originale e più fedele alla regola del Consecutio (la versione di Ettore Lo Gatto), invece la traduzione firmata da Tommaso Landolfi il quale ha cercato di riprodurre le forme verbali russe, ovvero di traturre il presente con il presente, il passato con il passato e il futuro con il futuro, ha creato difficoltà: i lettori si lamentavano di non riuscire a ricostruire la sequenza degli eventi raccontati. Pescatori spiega la «strana altalena dei tempi, tutti fedelmente ricalcati dal russo» nella versione di Landolfi con la ricerca di un‘esasperata ―fedeltà letteraria‖ nei confronti del testo originale», ma considera questa soluzione poco felice (Pescatori 1981: 292). 232 Cfr. l‘analisi della traduzione russa di Buzzati in Fici, Jampol‘skaja 2009. La tendenza contraria è evidente nelle traduzioni di Leskov che abbiamo menzionato: Lo Gatto, per esempio, tende a «normalizzare» e a «italianizzare» anche la sintassi e di costruire periodi lunghi, con subordinate, invece dei periodi più brevi o quelli tendenti alla cooridnazione. Per capire la natura di questo fenomeno potrebbero esserci utili le osservazioni di Gak sulla compatezza dei legami sintattici in francese e in russo: il francese (lingua analitica) tende a usare i legami sintattici forti (tra cui la paratassi) mentre il russo (lingua sintetica) dispone di maggiori mezzi morfologici. La stessa tendenza si manifesta anche al livello dell‘intero testo: si può affermare, dunque, che così come la parola francese 164

(18) Avevano grandi e belle macchine che guidavano quando faceva loro piacere e comodo, altrimenti le facevano guidare al meccanico che aprendo lo sportello rimaneva col berrettino in mano, mentre le signore Gori, molto pitturate e profumate, vi salivano con disinvoltura che rivelava il sussiego.

У хозяев были просторные великолепные автомобили. Когда им хотелось, они сами садились за руль, а в других случаях машину водил шофер: открывая дверцу автомобиля, он ждал с фуражкой в руке, пока синьоры Гори, нарумяненные и надушенные, со спесивым видом небрежно разваливались на сиденье.

(19) Può un ladro sognare di essere un uomo onesto e di goderne tanto quanto io ne godo?

Разве может мошеннику сниться, что он честный человек? И разве может он радоваться этому так, как радуюсь я?

Anche alla frase finale che in italiano rappresenta un lungo periodo in russo ne corrispondono due: il traduttore trasforma l‘ultima preposizione nella frase indipendente e, per accentuare il suo significato, finisce il testo che precede con i puntini di sospensione, creando una pausa di attesa.

(20) […] una luce senza fine dalla quale nessuno lo avrebbe potuto distogliere, una bellezza che nessun ricco poteva conoscere, che nessun ricco, forse, aveva mai conosciuto, e seguitò a prenderle.

[…] немеркнущим светом, которого у него никто уже не отнимет, и его уделом станет блаженство, недоступное ни одному богачу, блаженство, которого, быть может, никогда не испытал ни один богач… И Монтесоли стал глотать таблетки – одну за другой.

Un‘altra trasformazione tipica riguarda il passaggio dalla voce passiva a quella attiva, più esattamente alla frase dal soggetto plurale indeterminato233:

(21) fu vista

многие видели

(22) La signora dal ventaglio era stata vista transitare

Кто-то увидел, как синьора с веером ночью проезжала

Ai costrutti con l'infinito e con il participio, piuttosto frequenti in italiano, in russo possono corrispondere frasi subordinate:

rivela una maggiore dipendenza semantica dal contesto in confronto con la parola russa, anche la frase francese dipende dal contesto più che la frase russa (Гак 1989: 274-277). 233 Vedi a proposito Тетерукова 200 9. L‘autore prende in esame diversi tipi di costrutti passivi: quelli con il verbo «essere», con il verbo «andare» («va fatto») e con si impersonale e passivante. Spesso, ma non sempre, frasi passive italiane vengono rese con frasi russe attive. Vedi anche la parte dedicata alla costruzione pasiva nel capitolo «Modelli di riformulazione sintattica» in Straniero Sergio 1997: 99-101. 165

(23) Affacciarsi Al balcone della Reggia per salutare una folla plaudente

То, обстоятельство, что она появилась на балконе королевского дворца и поприветствовала оттуда рукоплещущую толпу

(24) Corso dal negoziante indicato, quello affermò senza esitare di avere effettivamente venduto alle due signore il ventaglio non solo, ma di averne venduti nelle ultime quarantottore oltre duecento.

Когда названный дамой торговец был опрошен, он, не колеблясь, подтвердил, что продавал веера не только двум этим дамам: за последние двое суток в его магазине было продано две сотни красный вееров.

Accanto ad alcune soluzioni lessicali felici trovate dal traduttore («ladro» – «мошенник», «tecnico» – «специалист», «stupendo» – «какой шик!», «Ecco.» – «Вот вам!» e addirittura «i benedetti affari» – «проклятые дела») si possono evidenziare le soluzioni che si spiegano con la conoscenza del realtivo frame (il traduttore sa che le signore ricche non si comprano gli abiti, ma se li fanno confezionare su misura ai sarti; che la paternità del prodotto si riconosce dal marchio; che di solito, nel caso di investigazioni, per i ben informati si intedono i funzionari o gli ufficiali dei servizi statali):

(25) Cambiavano gli abiti ogni stagione e spesso anche i gioielli

Каждый сезон эти дамы шили себе новые туалеты и даже покупали новые драгоценности

(26) […] piccolo nuovo prodigio del nuovo mondo: made in U.S.A.

[…] он - новое чудо Нового Света и снабжен клеймом: «made in USA».

(27) Taluno che con aria misteriosissima si vantava d‟essere bene informato, dava per certo trattarsi di una principessa africana venuta a Roma per visitare la toma di Nerone, pure sapendo quanto sia ipotetico quel luogo.

Один чиновник, напустив на себя таинственный вид и похваляясь своей осведомленностью, с пеной у рта утверждал, будто речь идет об африканской принцессе, которая прибыла в Вечный город, чтобы посетить могилу Нерона, хотя, как известно, с точностью не установлено, действительно ли он покоится в этой могиле.

Da notare che per rendere il quadro dipinto più pittoresco, il traduttore aggiunge l‘espressione «с пеной у рта» (let. «discutere con la schiuma alla bocca»).

Bisogna anche indicare alcune perdite stilistiche ed errori fatti dal traduttore dovuti alla mancata comprensione del testo. Per esempio, in russo non è stato trovato un equivalente per il termine «Urbe» che, nel contesto del racconto dell‘ortolano che va al mercato romano, suona

166 molto ironico. Nella frase che segue non è stato capito che le parole citate non sono di Esmeraldina, ma dello stesso Montesoli:

(28) Talvolta aveva pensato che il suo non fosse che un fenomeno della tecnica naturalissimo, egli era soprattutto un tecnico, un teorico, e questo lo spingeva al disopra del bene e del male durante il sonno. La tecnica che nella sua tragica freddezza corrode il cuore e l‟anima. Cosa che sotto un tale aspetto gli appariva di assoluta normalità.

Иногда Эсмеральдине казалось, что ее муж – какое-то чудо природы, человек, всецело преданный делу, что он прежде всего специалист, теоретик, вот почему ему не до сне – он выше этого. Дело, безжизненное дело разъедает сердце и душу. А ее муженьку такая жизнь кажется абсолютно нормальной!

Nel secondo caso in russo troviamo l‘espressione «не сходить с уст» che corrisponde in italiano all‘espressione «essere sulle labbra di tutti» e si riferisce a qualche cosa che tutti pronunciano in continuazione, mentre l‘originale italiano ha il significato diverso.

(29) Non s‟era sentito il coraggio di pronunziare quella parola che durante il giorno gli scottava il labbro….

У него не хватало духу произнести слово, которое днем не сходило у него с уст…

Uno dei meriti della traduzione sta nel fatto che il suo autore ha saputo cogliere gli stilemi tipici di Palazzeschi e di usarli nel testo della traduzione anche quando manca un corrispondente diretto nella frase originale: si tratta del meccanismo di compensazione234 che permette di compensare alcune perdite dovute, in grande parte, dalla differenza tra le due lingue. Per esempio, il traduttore usa espressioni fraseologiche o espressioni standardizzate, così care allo scrittore fiorentino, aumentando in questo modo l‘espressività del testo, il suo potenziale delle immagini:

(30) […] mi pare ancora di vederlo

Он до сих пор стоит у меня перед глазами.

(31) […] la loro epidermide prometteva tale paradisiaca uniformità per tutto il resto del corpo, nessun punto escluso.

[…] прочие части тела, безо всякого исключения, были у них того же ласкающего взор оттенка.

234 Vedi a proposito Solonovich 1997, Solonovich 1998. In parole povere, se in una frase il traduttore non riesce a rendere una caratteristica stilistia dell‘originale, e.g., usare un modo di dire, lo può fare in un‘altra frase, così si conserva il tasso della presenza di fraseologisimo nel testo. 167

Da notare la parola russa «фокус» («gioco di prestigio») che rimanda il lettore al mondo del circo, alle bestie o ai prestigiatori che si esibiscono all‘arena davanti al pubblico.

(32) Прежде чем покинуть вас, я хочу проделать небольшой фокус, который вам не так- то легко будет повторить.

Prima di lasciarvi voglio fare una cosina che a voi non riuscirà facile quanto a me.

invece nella frase che segue in russo è stato possibilie usare la rima:

(33) Le signore Gori non tardarono ad accorgersene e a farlo rilevare.

Синьоры Гори не замедлили заметить и отметить это.

Nel complesso, comunque, bisogna dire che proprio l‘aspetto fonetico, il fatto che nella prosa di Palazzeschi si sente la mano del poeta, è stato reso in russo meno delle altre caratteristiche linguistiche del testo. L‘esigenza di produrre una traduzione fedele e chiara costringe il traduttore a rinunciare alla riproduzione della sua organizzazione poetica. Nell‘esempio che segue si rende l‘espressione fraseologica, ma, al contrario dell‘esempio citato sopra, la rima viene persa:

(34) Giurava e spergiurava - клялся всеми святыми

Anche alla frase successiva che, per maggiore chiarezza, riscriviamo in forma di poesiaa (cfr. con l‘esempio citato sopra) corrisponde una traduzione molto fedele, ma, purtroppo, in prosa.

(35) Furono interrogati portieri e corrazzieri, carabinieri e agenti di pubblica sicurezza, ma nessuno in nessuna ora aveva visto entrare quella signora.

Были опрошены привратники и солдаты, жандармы и чины тайной полиции, и никто из них не видел поблизости от дворца никакой дамы.

168

Sorelle Materassi

Sorelle Materassi occupano un posto particolare nell‘eredità letteraria di Palazzeschi: almeno in Italia sembra che lo scrittore fiorentino sia famoso innanzitutto come autore di questo romanzo che in certo senso ha messo in secondo piano tutto quello che aveva creato prima e che non è stato poi, a sua volta, messo in ombra da nessuna sua opera successiva. In Italia il romanzo ha avuto numerose edizioni, è passato con successo sul grande schermo ed è entrato a far parte della narrativa classica del Novecento. Non così in Russia dove Palazzeschi è forse più conosciuto come poeta: nonostante la traduzione russa del romanzo, a cura di S. Bušueva, abbia visto la luce nel 1968, si deve costatare che questa opera non ha conquistato il grande pubblico e non è entrata a far parte del bagaglio culturale dei lettori russi. Probabilmente le ragioni dello scarso interesse sono le stesse che hanno condizionato la scarsa popolarità di altri autori stranieri arrivati in terra russa nel momento storico sbagliato, tra gli italiani ne è l‘esempio più famoso Giacomo Leopardi: come i versi del recanatese sono arrivati in Russia, grazie alle traduzioni di Anna Achmatova e Anatolij Najman, negli anni ‗60 del Novecento, quando il gusto e la sensibilità estetica del pubblico richiedevano ben altro tipo di poesia, il romanzo di Palazzeschi poteva sembrare, probabilmente, fin troppo tradizionale per il ‘68, anche per un ‘68 sovietico. O meglio, se si trattava di un romanzo che si fingeva tradizionale, come vedremo dai giudizi espressi dai critici italiani, dal lettore russo questa specificità del testo palazzeschiano non è stata colta. Infatti, come scrive nella prefazione all‘edizione russa S. Ošerov, «pare che il romanzo di Palazzeschi ci porti nel secolo scorso, che risalga alla tradizione del realismo classico, francese. Lo stesso conflitto che sta al suo centro, ovvero la storia di un cinico giovane che sfrutta l‘accecante affetto delle anziane parenti, la tipologia dei personaggi, ma anche i mezzi espressivi adoperati da Palazzeschi ricordano il romanzo di stampo balzachiano: la descrizione minuta dei dettagli, la storia passata dei personaggi raccontata per filo e per segno all‘inizio del libro, numerose pagine dedicate alla vita delle sorelle e al loro ambiente; la composizione del romanzo che rappresenta una serie di episodi drammatici alternati da brani più sereni che riprendono l‘intonazione delle pagine introduttive; l‘uso prevalente della descrizione e del dialogo; infine, la notevole presenza dell‘autore che descrive non solo la scena, ma anche le azioni e i sentimenti dei suoi personaggi (l‘autore si intromette addirittura nel dialogo per commentare e spiegare cosa sentono i suoi eroi). Va detto, però, che proprio la sensibile presenza dell‘autore nel testo aiuta a conquistare le simpatie del lettore: nonostante l‘apparente oggettività e imparzialità, il narratore non è per niente imparziale e il tono da conversazione tra amici gli permette di esprimere senza

169 ritegno il proprio atteggiamento nei confronti degli eventi descritti» (Ошеров 1968: 3-4). Certo, però, che non è solo la figura del narratore a conquistare il pubblico. Per spiegare il successo del romanzo in Italia il critico russo, dopo un lungo excursus storico in cui si ripercorrono le tappe fondamentali del cammino fatto da Palazzeschi, sottolinea l‘importanza del contenuto ideologico del romanzo, del suo messaggio: secondo Ošerov, in Sorelle Materassi Palazzeschi condanna sia «la morale mortificante del tradizionale ordine piccolo borghese, sia il nuovissimo amoralismo da cui sono nate l‘ideologia e la prassi del fascismo, e tuttavia Palazzeschi sceglie la prima visto che essa non esclude l‘umanità dei sentimenti» (Ошеров 1968: 18). In conclusione si dice che in questo romanzo, la migliore opera dello scrittore fiorentino, «viene detta una grande verità sulla necessità di una nuova morale e di un‘autentica libertà interna» (Ibid.). Per la nostra analisi sono altrettanto importanti le osservazioni sulla lingua e sullo stile di Sorelle Materassi fatte dai critici italiani. Innanzitutto, tracciando il panorama dell‘opera palazzeschiana, si parla sempre degli anni della maturità in cui è stato scritto questo romanzo pubblicato nel 1934, come del «ritorno all‘ordine» e della «normalizzazione» linguistica, stilistica e contenutistica rispetto al periodo giovanile. (Marchi 1995: IX) A sua volta, in un ampio saggio dedicato al romanzo G. Nicoletti sottolinea la «contiguità» fra le Stampe, Sorelle Materassi e le novelle del Palio dei buffi, che «non è soltanto cronologica ma pertiene all‘impianto narrativo e al sistema espressivo di ognuna di queste opere che perciò, alla stregua dei primi tre romanzi, potrebbero senza forzature comporsi in trilogia» (Nicoletti 1996: 66). A garantire l‘unitarietà dei tre testi sarebbero, in primo luogo l‘esplicita ambientazione fiorentina, e il punto di vista del narratore il quale «si volge indietro, ai due ultimi decenni dell‘Ottocento, per ricercare fra autobiografia e invenzione temi e circostanze per la sua scrittura» (Ibid.). Nelle Stampe dell‟Ottocento e nel romanzo «circola la stessa aria, per lo più intonata dai personaggi femminili [...] che in prevalenza sono impiegati da Palazzeschi in ambedue i libri per interpretare il ruolo ormai codificato del ―buffo‖» (Ibid.). Proprio con il personaggio buffo sarebbe legata la «progressiva umanizzazione» e la «verisimigliante contestualizzazione dell‘intera vicenda narrativa» caratteristica di Palazzeschi in questo periodo (Ibid.). Dell‘importanza dei buffi nelle Sorelle Materassi parla anche M. Marchi che nella sua introduzione al romanzo sottolinea «una posizione estremamente sensibile, in qualche modo di passaggio e comunque, oltre che di straordinaria rilevanza, di straordinaria specificità: in questo carattere inquieto dell‘opera [...] consiste sostanzialmente il segreto del suo fascino e prima ancora la sua eludibile, assoluta peculiarità»; «è un testo, nonostante le sue rassicurazioni di romanzo della seconda maniera palazzeschiana, tutt‘altro che innocuo, non convogliabile – per come si esibisce al lettore e per i doppifondi di coraggiosa spudoratezza che porta con sé, irrisori del realismo di superficie – nelle zone di quel ―buffo‖ palazzeshicano che ha rinunciato, 170 tranquillizzando scrittore e lettore, ad offendere, facendo della sua diversità non tanto un messaggio provocatorio e demistificante, di rottura, quanto un elemento pietoso e compassionevole, generalizzato, applicabile all‘intero consorzio umano [...]» (Marchi 1995: IX- X). I critici italiani sottolineano anche un altro fatto che non può essere trascurato e che consiste nel dichiarato rapporto con la tradizione letteraria (in primo luogo, con Boccaccio, ma anche con Dante e forse addirittura con Manzoni), invece il legame con la tradizione francese, sul quale insiste il critico russo, viene messo in dubbio: «In Sorelle Materassi [...] non trova piena corrispondenza neppure il principio naturalistico di una oggettiva documentazione d‘ambiente con al centro la vicenda di personaggi di cui venga indagato l‘esemplare destino di decadenza: ―di quella formula‖, che Palazzeschi sembra adottare per avvicinare un pubblico più vasto, come scrive Luigi Baldacci, ―egli finì per darci una soluzione carnevalesca, quasi si trattasse di uno Zola ripensato da Ensor‖» (Nicoletti 1996: 67-68). In Palazzeschi lo schema classico «non organizza i veri significati del romanzo che, invece, paiono affidati ad un sistema di allusioni e sottintesi che finiscono per distrutturare l‘impianto realistico del romanzo e, a tal punto, da ribaltare la logica deterministica sottesa alla fabula prima proposta» (Ibid.: 68). Mentre il pubblico russo che della prosa palazzeschiana conosce solo due novelle e questo romanzo non può certo sentire l‘evoluzione della maniera dello scrittore, il rimando alla tradizione letteraria di cui si è parlato prima è chiaro, visto che nel testo del romanzo si citano esplicitamente Dante e Boccaccio. Tuttavia, anche se si parte dal presupposto che il lettore russo interessato a Palazzeschi conosca l‘opera dei due predecessori illustri, bisogna riconoscere che questo rimando, la sua importanza, venga avvertito in misura minore, ad eccezione forse di una cerchia ristretta di italianisti. Invece l‘attenzione al buffo, il particolarissimo realismo- nonrealismo di Palazzeschi, non può non colpire, anche perché, come nota Eugenio Montale nell‘intervento che inaugurava il convegno fiorentino del 1976, Palazzeschi è un «novelliere e romanziere che non scrive novelle e romanzi, ma quadri animati degni delle Anime morte» (Montale 1978: 23). L‘analogia con Gogol‘ sembra più che giustificata e non si esaurisce certo con il fatto che ambedue gli scrittori creano non tanto personaggi in carne ossa quanto i tipi umani. Per esempio, nella sezione dedicata alle Forme e stile della prosa delle Sorelle Materassi Nicoletti menziona le note imperfezioni stilistiche della narrativa palazzeschiana, ovvero «periodi e costrutti sintattici che non sempre rispettano le norme codificate da un generico e scolastico usus scribendi, o comunque che non consentono di pervenire ad un significato pieno e univoco» (Nicoletti 1996: 77). Come è ben noto, la stessa «stranezza», la stessa «scorrettezza» della lingua è tipica di Gogol‘, anzi, lo rende inimitabile, pur essendo una stranezza tutta diversa, tendenzialmente barocca. I critici palazzeschiani forniscono diverse spiegazioni a questo 171 fenomeno, si ipotizza addirittura una giustificazione espressiva, ma è più cauto, come fa Nicoletti, parlare di «uno scrittore che dà l‘impressione di non curare la necessaria revisione dei propri testi i quali, invece, paiono consegnati all‘estro di una naturale (e non facilmente imbrigliabile) effluidività discorsiva, propria di un narratore conversevole e non particolarmente coltivato e perciò bisognoso degli spazi larghi e aperti, privi sopratutto di ostacoli di natura istituzionale» (Nicoletti 1996: 78)235. E aggiunge: «Certe aporie sintattiche e, più in generale, la diffettuosità di alcuni legamenti logici nella costruzione della pagina segnalano quindi i modi di una mediazione che talora si è risolta in conflitto, rappresentano il prezzo che uno scrittore indocile alle regole come Palazzeschi ha dovuto pagare per essersi conformato allo statuto di un genere, quello romanzesco in particolare, da lui inizialmente (e istintivamente) stravolto e deformato» (Ibid.: 78). Nella traduzione la «stranezza», la «scorrettezza» della lingua svaniscono: avviene la «normalizzazione» tipica del processo della traduzione. Questa normalizzazione, in primo luogo, viene realizzata dal traduttore visto che, inconsapevolmente o no, chi traduce parte dall‘idea di avere davanti un testo scritto bene e di dover produrre un testo scritto altrettanto bene; in secondo luogo, il traduttore, come abbiamo visto nel capitolo dedicato all‘analisi delle novelle, una volta capito il contenuto, il quadro o lo scenario rappresentato, cerca di riprodurlo nella maniera più chiara possibile e inconsapevolmente lascia prevalere il bisogno di chiarezza sulle ragioni espressive; se non lo fa il traduttore, lo farà il suo editor che tiene presente le esigenze del pubblico); infine, la trasformazione e la semplificazione della sintassi nel passaggio dall‘italiano verso il russo è un‘operazione comunissima. Mentre la speficità stilistica legata alla deviazione dall‘uso letterario per la versione russa perde il suo valore, altri elementi restano attuali anche nella traduzione e servono a determinare la sua particolare fisionomia linguistica. Per esempio, la tendenza a imitare «modelli popolari, di chiara matrice favolistica» che alleggeriscono la massa narrativa del romanzo (Nicoletti 1996: 78) (potrebbe essere un altro tratto comune di Palazzeschi e Gogol‘). Anche alcune altre caratteristiche stilistiche tipicamente palazzeschiane, presenti sia nelle novelle esaminate sia nelle poesie, come «l‘enumerazione cui si collegano, per analogia di effetti, altre forme di elencazione, la duplicazione ad esempio, o la ripetizione» (Ibid.: 79) ricorderebbero al lettore russo le pittoresche e dettagliane descrizioni gogoliane236. Secondo Nicoletti, la generale tendenza all‘«orizzontalità descrittiva, che si imparenta ad una procedura tendenzialmente

235 Cfr. con l‘opinione di Montale su Doge: «Dire che mai Palazzeschi si era infischiato a tal segno della consecutio temporum e delle subordinate e coordinate è dir poco. Bisogna pensare all‘antigrammatica del pensiero in atto, ad un poliedrico pensiero sempre in via di formazione. Se si volesse ricordare il solito cliché del ―monologo interiore‖, bisognerebbe aggiungere che il monologante non è un uomo e nemmeno l‘autore del libro, ma il conglomerato, il torrone di infiniti verbiage raccattati da ogni parte» (Montale 1978: 24). 236 Vedi Белый 1996, Еремина 1987. 172 paratattica nell‘organizzazione del periodo, mira appunto a rendere più fluido e morbido il dettato romanzesco disponendolo su una sorta di tapis roulant, capace di evitare i dislivelli e le gerarchie sintattiche tipiche del ragionamento o del discorso meditativo» (Ibid.). Un altro espediente di cui Palazzeschi si serve spesso consiste nell‘uso del «dialogo serrato, fatto di battute brevissime come emistichi», invece «l‘inserimento, in funzione di controcanto ironico [...] di strofe e strofette della tradizione popolare o del più vulgato repertorio melodrammatico» serve ad alleggerire «certe rigidezze dell‘impianto e a operare degli stacchi nel corpo compatto della narrazione». «Spesso però lo stile elencativo si affida ad effetti espressivi che denunciano un certo compiacimento vernacolare», vedi, ad esempio, la scena delle Materassi alla finestra, «l‘enumerazione di sapore gergale» in cui lo scrittore inserisce «varianti metaforiche nonché parodie sineddoche» (una gestrosa, una smorfiosa...). In altri episodi del romanzo «le battute e gli epiteti sono pronunciati in presa diretta [...] svelando la loro radice teatrale» (Ibid.: 79-80). Della teatralità come della qualità fondamentale del romanzo palazzeschiano (e qui l‘analogia con Gogol‘ è più che scontata) parla anche Pampaloni: «Sorelle Materassi è un libro palazzeschiano nel quale trionfa più luminosamente la sua teatralità. Che cosa intendo per teatralità? Che nell‘―oggetto letterario‖ palazzeschiano sono strutturalmente sensibili, come in uno spettacolo, tre componenti: l‘autore, l‘attore e il pubblico. Ciò in una misura sconosciuta, credo, ad ogni altro scrittore. Tutto avviene all‘aperto, di fronte ad un boccascena di là dal quale si prevedono mormorii e approvazioni. Le battute che i personaggi si scambiano sono quasi sempre degli ―a parte‖, e in ogni caso rivolte verso il pubblico prima ancora che verso l‘interlocutore reale» (Pampaloni 1978: 180-181). Per il confronto con il russo abbiamo scelto quattro brani del romanzo: la descrizione di Firenze che apre il libro, la scena delle sorelle alla finestra che osservano le coppiette degli innamorati, il brano dedicato all‘episodio della contessa russa e la scena dell‘incontro tra Materassi e la loro futura nuora, Peggy. A differenza del capitolo dedicato alle novelle, in cui la nostra attenzione è stata concentrata su alcuni tratti stilistici presenti nei due testi e sulla loro resa nella traduzione, in questo caso, visto che una esauriente analisi linguistica del romanzo richiederebbe una ricerca a parte, abbiamo preferito scegliere delle «scene-campione» che permettono di farsi un‘idea delle problematiche della traduzione, anche perché, visto che sotto l‘aspetto linguistico le novelle e Sorelle Materassi sono molto vicine, un leggero spostamento del focus della nostra indagine ci permette di evitare inutili ripetizioni.

173

Dal capitolo Santa Maria a Coverciano237

1 Per coloro che non conoscono Firenze o che Тем, кто ни разу не бывал во Флоренции или видел 2 la conoscono poco, alla sfuggita e di passaggio, ее лишь мельком, мимоходом, я должен сразу же 3 dirò come ella sia una città molto graziosa e bella сообщить, что город этот очень красив и живописен и 4 circondata strettamente da colline что со всех сторон его тесно обступает стройная гряда 5 armoniosissime. Questo strettamente non lasci холмов. Однако это «тесно» не должно заставлять вас 6 supporre che il povero cittadino debba rizzare il думать, будто бедному флорентийцу приходится 7 naso per vedere il cielo come di fondo a un смотреть в небо, задрав голову, как со дна глубокого 8 pozzo, bene il contrario; a quello strettamente колодца, - совсем нет, и я даже прибавлю к этому 9 aggiungerò (vi aggiungerò un dolcemente che mi «тесно» еще и «ласково» - слово, которое, на мой 10 pare tanto appropriato) un dolcemente che mi взгляд, всего лучше дает представление о том, как 11 pare tanto a proposito, giacché le colline vi мягко понижаются эти холмы, подступая к городу: от 12 scendono digradando, dalle più alte che si самых высоких, что зовутся горами и достигают 13 chiamano monti addirittura e si avvicinano ai тысячи метров, до совсем маленьких, с воздушными 14 mille metri di altezza, fino a quelle lievi e причудливыми силуэтами, высотой всего в пятьдесят – 15 bizzarre di cento metri o cinquanta. Dirò anzi che сто метров. Скажу также, что лишь с одно стороны и 16 da un lato soltanto, e per un tratto breve, la на очень небольшом протяжении гора подступает к 17 collina rasentando la città la sovrasta a picco, городу вплотную, возносясь над ним отвесной стеной; 18 formandoci un verone al quale con на верхней площадке ее устроена терраса, постоять на 19 impareggiabile gusto ci possiamo affacciare. которой доставляет ни с чем не сравнимое 20 Lassù si accende per mezzo di scalinate: удовольствие. Поднимаются туда по лестницам:

21 per le scalèe che si fèro ad etade И в склоне над площадкою площадка 22 ch‘era sicuro ‗l quaderno e la doga; Устроены еще с тех давних лет, Когда блюлась тетрадь и чтилась кадка238.

23 Se qualcheduno non avesse capito aggiungerò А тому, кто не понял, мы должны объяснить, что 24 (giova spiegare che questo modo originale di оригинальный этот обычай – считать своих 25 trattare di falsari e ladri i propri contemporanei) современников разбойниками и мошенниками – весьма 26 che questo modo grazioso e originale di dare dei распространен во Флоренции, а так как мы никогда не 27 falsari e dei ladri ai propri contemporanei è возьмем на себя смелость спорить с божественным 28 anch‘esso all‘uso di Firenze (all‘uso fiorentino); маэстро, согласимся, что так оно и есть, и пойдем 29 e noi, che mai ci assumemmo l‘audacia di дальше. Итак, поднимаются туда по лестницам или, 30 contraddire il divino maestro, ammettiamo che lo вернее, круто уходящим вверх улочкам, представление 31 fossero e tiriamo avanti. Scalinate, dunque, o о которых дают сами их названия: Коста Скарпучча, 32 strade così ripide il cui nome basta a rivelarne il Эрта Канина, Рампе ди Сан-Николо. А под самой 33 carattere: Costa Scarpuccia, Erta Canina, Rampe горой протянулся бульвар деи Колли, вливающийся в 34 di San Nicolò... La collina soprastante è quella площадь Микеланджело. Не всякому, конечно, 35 parte del viale dei Colli che forma il Piazzale довелось взглянуть на эту гору воочию, но, разумеется, 36 Michelangiolo e che molti, pur non avendo visto, все знают о ней понаслышке и уж, наверное, не раз 37 avran sentito nominare o si saranno figurato видели ее на фотографиях, гравюрах и открытках. 38 (immaginato) attraverso testimonianze 39 (testimonianza) di fotografie stampe e cartoline.

237 Si cita dall‘edizione Aldo Palazzeschi Tutti i romanzi (Palazzeschi 2004). La versione russa (Палаццески 1968) evidentemente è stata eseguita non dalla prima variante del testo, ma da una variante successiva. Per tener presente le correzioni apportate dall‘autore, sono stati fatti confronti con altre edizioni del romanzo. Tra parentesi si indicano le varianti presenti nell‘edizione A. Palazzeschi I romanzi della maturità, Mondadori, Milano 1960 (collana «I classici contemporanei italiani»). Per facilitare la consultazione del testo, ci siamo permessi di non riflettere le variazioni della punteggiatura nelle edizioni italiane. Lo stesso motivo spiega la disposizione grafica del testo e della rispettiva traduzione. Il processo correttorio di Palazzeschi, dalla prima alla terza edizione, è stato analizzato da Amoroso (Amoroso 1970). 238 Nella traduzione russa, in una nota a piè di pagina, troviamo un rimando esplicito al testo dantesco e anche una dettagliata spiegazione del significato della citazione. 174

In questo brano sentiamo la voce del narratore che si rivolge al suo lettore che potrebbe essere forestiero e, per questo, avrebbe bisogno di spiegazioni e chiarimenti relativi alla scena dell‘azione. E‘ evidente comunque il carattere puramente convenzionale dell‘incipit, visto che svolge un'altra funzione: il narratore fa da guida, più esattamente, giuda lo sguardo del lettore, restringendo a poco a poco il focus per definire la scena sulla quale si svolgeranno gli eventi. Dal panorama dell‘insieme della città «molto graziosa e bella circondata dalle colline armoniosissime», l‘occhio dell‘osservatore, seguendo l‘andamento delle colline, si sposta a poco a poco verso il centro, per arrivare a un punto topografico preciso, al piazzale Michelangiolo, che sovrasta la città e dove, guarda caso, si trova una statua di Davide, l‘incarnazione della perfetta bellezza maschile, alla quale, nelle ultime pagine del romanzo, sarà paragonato Remo. In questo punto panoramico l‘autore ci invita a fermarci e ad «affacciarci al verone», cioè ad ammirare di nuovo la città e i colli, poi lo sguardo si abbassa per seguire le scalinate per mezzo delle quali si accede al piazzale, dopo si guarda il viale dei Colli, e si torna al punto in cui si trova l‘osservatore. Tuttavia non si tratta soltanto della descrizione del paesaggio vero e proprio: parlando del paesaggio, l‘autore in certo senso preannuncia la presentazione dei suoi personaggi, racconta degli abitanti di Firenze, unendo una descrizione poetica ai bozzetti umoristici. Per esempio, ci possiamo facilmente immaginare il povero cittadino che rizza il naso «per vedere il cielo come di fondo a un pozzo»; parlando della scalinata l‘autore cita Dante e ci tiene a spiegare a chi potrebbe non averlo capito l‘accenno alla «graziosa e originale» usanza fiorentina «di dare dei falsari e dei ladri ai propri contemporanei»; i toponimi riportati ovvero i nomi delle ripide strade che portano al piazzale Michelangiolo (Costa Scarpuccia, Erta Canina, Rampe di San Niccolò239) contraddicono il carattere dolce e armonioso del paesaggio annunciato all‘inizio o, meglio, aiutano a sdrammatizzare, a far sentire la vena ironica fiorentina. Bisogna dire che la versione russa rende in maniera soddisfacente la particolarità del testo di cui abbiamo appena parlato. In questo brano, che, se vogliamo tener presente il suo carattere teatrale, serve a disegnare la scena sulla quale si svolgerà l‘azione del romanzo, la traduzione è piuttosto fedele e precisa, anche nella resa dei registri stilistici: da quello lirico-paesaggistico a quello comico. Per rendere pienamente quest‘ultimo nel caso dei toponimi, così come per la citazione dantesca, il traduttore ricorre al commento ai pié di pagina in cui spiega il loro significato. Un altro importante elemento di stile è legato al fatto che in questo brano si sente la voce del narratore che sembra rivolgersi direttamente al suo pubblico. La narrazione si svolge sotto il segno dell‘imitazione del parlato: il narratore dice una cosa, poi ne aggiunge un‘altra

239 Крутой подъем, Собачья горка, лестница святого Николая. (прим. перев.) 175 sviluppando il proprio pensiero, cerca di prevedere le reazioni del pubblico («questo strettamente non lasci supporre che...», «Se qualcheduno non avesse capito...», ecc.), si schernisce civettuolo («noi, che mai ci assumeremmo l‘audacia di contraddire il divino maestro»), poi riprende il filo del discorso («ammettiamo che lo fossero e tiriamo avanti»). Tutto ciò con un tono da conversazione tra amici, con il piacere di raccontare, ma anche con l‘attenzione e la premura nei confronti del suo ascoltatore. Anche in russo il tono discorsivo viene reso se non addirittura sottolineato, così come diventa più esplicita la struttura logica. Vediamo qualche esempio:

(rr. 2-3) Dirò come ella sia una città molto graziosa e bella

я должен сразу же сообщить, что город этот очень красив и живописен

E‘ evidente che la traduzione russa risulta essere più lunga dell‘originale, al verbo «dire» corrisponde un‘espressione che, tradotta alla lettera, significa: «io devo comunicare subito», potrebbe corrispondere in italiano a una formula come «mi preme avvisare». Da notare, però, che il traduttore usa una formula convenzionale di cortesia, tipica della conversazione gentile e un po‘, forse scherzosamente, formale. Inoltre, in russo è presente l‘inversione del nome e del pronome dimostrativo («город этот») che concorre a conferire un tono enfatico e lirico alla narrazione.

(rr. 5-6) Questo strettamente non lasci supporre che

Однако это «тесно» не должно заставлять вас думать, будто

Anche in questo caso la variante russa è un po‘ più lunga dell‘originale. Innanzitutto la frase comincia con l‘avverbio «однако» («però», «tuttavia») che sottolinea l‘opposizione logica rispetto alla frase precedente, accentuata anche dal congiuntivo con valore desiderativo; inoltre il pericolo di formulare un‘ipotesi sbagliata viene reso esplicito grazie all‘uso della congiunzione «будто» che introduce una subordinata. Invece la presenza dei pronomi in questo esempio e in quello precedente («я», «вас») potrebbe avere una doppia spiegazione: d‘un canto, in russo, a differenza dell‘italiano, nella frase neutra i pronomi vengono usati anche nella posizione del soggetto, senza che questo comporti un‘enfasi; dall‘altro canto, non si può escludere che il traduttore si sia lasciato guidare da ragioni di chiarezza, visto che nei due esempi riportati i pronomi aiutano a definire in maniera univoca il soggetto e l‘oggetto dell‘azione. Infatti, nella conversazione informale, cioè nel registro stilistico scelto dall‘autore, sia nella prima sia nella seconda frase anche in russo i pronomi potrebbero essere omessi.

176

(rr. 8-11) a quello strettamente aggiungerei un dolcemente che mi pare tanto a proposito

и я даже прибавлю к этому «тесно» еще и «ласково» - слово, которое, на мой взгляд, лучше всего дает представление…

Anche in questo caso la versione russa è più lunga dell‘originale. Da notare l‘uso della particella rafforzativa «даже» («anche», «pure»), ma soprattutto colpisce il cambiamento della struttura della frase: a proposito di «ласково» («dolcemente») si dice letteralmente che è «una parola, la quale, a mio avviso, meglio di tutto il resto aiuti a farsi un‘‘idea di...». E‘ evidente che il traduttore aspira alla massima chiarezza, e, pur rimanendo nell‘ambito del registro scelto, è costretto a tradire la brevità e l‘essenzialità dell‘originale.

(rr. 15) Dirò anzi che

Скажу также, что

Questo esempio, invece, dimostra che in alcuni casi è possibile una felice equivalenza e la traduzione letterale può funzionare.

(rr.23 ) Se qualcheduno non avesse capito aggiungerò

А тому, кто не понял, мы должны объяснить

In questo esempio concentriamo la nostra attenzione su due aspetti: il primo riguarda l‘uso del verbo «должны» in una formula di cortesia (cfr. «devo dire che» in italiano) che, in realtà, non modifica sostanzialmente la semantica; il secondo riguarda l‘uso della congiunzione avversativa «a» che sembra piuttosto motivato visto che è un tratto tipico del parlato240. Invece l‘uso del pronome personale «noi» invece di «io» può essere spiegato, probabilmente, con il fato che la traduzione russa è stata eseguita non dalla prima variante del testo (infatti, nella variante del 1960 si usa la formula impersonale «giova spiegare che»). In ogni caso, questa scelta va d‘accordo con il testo italiano in cui il narratore dal racconto in prima persona singolare passa, nella frase dove si menziona Dante, all‘ironico «noi» maiestatis.

240 Anche Sorokin in Ghiaccio usa lo stesso procedimento per imitare il racconto orale: «А немцы избу оккупировали.»; «Но не взяли» (Fici, Jampol‘skaja 2009: 121). 177

Facciamo ancora qualche osservazione di tipo contrastivo. La comprensione del testo russo viene agevolata dalla punteggiatura che sottolinea la struttura sintattica. Questo si manifesta, innanzitutto, nell‘uso del trattino, come nel seguente esempio:

(rr. 23-28) Se qualcheduno non avesse capito aggiungerò che questo modo grazioso e originale di dare dei falsari e dei ladri ai propri contemporanei è anch‟esso all‟uso di Firenze

А тому, кто не понял, мы должны объяснить, что оригинальный этот обычай – считать своих современников разбойниками и мошенниками – весьма распространен во Флоренции

Aiuta la comprensione anche l‘uso di virgolette, per esempio, in questo caso esse compensano la mancanza dell‘articolo e servono a sostantivare l'avverbio:

(rr. 9-10) un dolcemente

«ласково»

Nell‘ultima frase del brano riportato incontriamo la frammentazione della sintassi, tipica delle traduzioni dall‘italiano verso il russo:

(rr. 32-39) La collina soprastante è quella parte del viale dei Colli che forma il Piazzale Michelangiolo e chi molti, pur non avendolo visto, avran sentino nominare o si saranno figurato attraverso testimonianze di fotografie stampe e cartoline.

А под самой горой протянулся бульвар дей Колли, вливающийся в площадь Микеланджело. Не всякому, конечно довелось взглянуть на эту гору воочию, но, разумеется все знают о ней понаслышке и уж, наверное, не раз видели ее на фотографиях, гравюрах и открытках.

A parte la sintassi, l‘esempio riportato è interessante perché illustra come l‘italiano e il russo usano diversi mezzi linguistici per esprimere il significato ipotetico. In italiano troviamo la forma verbale (il futuro anteriore), il russo, invece, ricorre ai mezzi lessicali: troviamo la particella «конечно» («certamente») che non ha un corrispondente diretto in italiano, l‘inciso «разумеется» («viene da sé») е l‘avverbio «наверняка» («quasi sicuramente»). Infine nella prima frase si può osservare il funzionamento dello stesso meccanismo compensatorio di cui si è parlato nel capitolo dedicato alle novelle:

(rr. 1-2) la conoscono poco, alla sfuggita o di passaggio

видел ее лишь мельком, мимоходом

178

Mentre in italiano troviamo una serie, tipica di Palazzeschi, di tre elementi che svolgono nella frase la stessa funzione, in russo questi elementi sono due. In compenso, a parte una felice scelta lessicale dei termini appartenenti al registro colloquiale, è evidente il gioco fonico, in genere tipico di Palazzeschi, non solo nella poesia ma anche nella prosa. Gli esempi successivi, invece, aiutano a capire più specificamente il funzionamento dei meccanismi cognitivi e discorsivi. Piuttosto indicative, anche in questo caso, sono le aggiunte fatte dal traduttore, come nella frase che segue:

(rr. 7-8) per vedere il cielo come di fondo a un pozzo

смотреть в небо [..], как со дна глубокого колодца

In russo è stato aggiunto l‘aggettivo «глубокий» («profondo») - in parte, perché nell‘immaginario dei parlanti russi il pozzo è quasi sempre profondo, ma anche perché si tratta di una combinazione di parole fissa, dall‘alto indice di frequenza. Lo stesso motivo può spiegare l‘uso della formula abbastanza frequente nella lingua letteraria di stampo tradizionale «стройная гряда холмов»:

(rr. 4-5) сircondata strettamente da colline armoniosissime

cо всех сторон его тесно обступает стройная гряда холмов

Invece la scelta del termine «флорентиец» invece di «cittadino» si spiega semplicemente dall‘uso corrente (al limite si potrebbe dire «жители города», ma questo renderebbe ancora più lunga la frase russa241). Al repertorio letterario appartiene la seguente soluzione adottata nella descrizione dei colli:

(rr. 13 -15) fino a quelle più lievi e bizzarre

до самых маленьких, с воздушными причудливыми силуэтами

Si potrebbe accusare il traduttore di troppa libertà interpretativa, visto che in italiano non si parla di «profili aerei e bizzarri», però l‘immagine creata nel testo russo non contraddice quella originale, in più rispetta l‘uso corrente russo e le formule tipiche della lingua letteraria. E' chiaro,

241 Il termine russo «горожанин», invece, si riferisce all‘opposizione tra gli abitanti della città e gli abitanti della campagna. 179 comunque, che il traduttore conosce il luogo descritto: mentre in italiano si parla del «verone» formato dalla collina, in russo si dice:

(r. 18) на верхней площадке ее устроена терраса

Si presuppone l‘intervento dell‘uomo che ha «sistemato» la terrazza, un punto panoramico e non solo un elemento di paesaggio naturale. Lo stesso meccanismo può spiegare forse la scelta del verbo che cambia leggermente il significato: mentre in italiano troviamo «affacciarsi» in russo si dice «постоять» ovvero «stare fermi per un po‘» per ammirare la città. Anche nella frase successiva è evidente un leggero spostamento degli accenti:

(rr. 32-36) La collina soprastante è quella parte del viale dei Colli che forma il Piazzale Michelangiolo

А под самой горой протянулся бульвар дей Колли, вливающийся в площадь Микеланджело

In russo abbiamo due verbi «протянуться» e «влиться», legati all‘idea del movimento nello spazio (dietro al secondo verbo si nasconde il paragone tra il viale e un fiume che scorre), tuttavia, anche se la frase italiana è molto più sobria la variante proposta non si trova entro il registro scelto, visto che si tratta di un‘immagine standardizzata, per niente originale, legittimata dall‘uso.

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Le Materassi alla finestra

1 Passavano stringendosi come per freddo le А внизу тем временем по направлению к лесу текла 2 coppiette, ed erano calde a bollore; si все текла процессия пылавших любовью парочек: они 3 stringevano quasi non bastasse loro mai il шли так тесно прижавшись друг к другу, словно им было 4 calore (il caldo), anche nel colmo dell‘estate. холодно в самых разгар лета. Проходя под окном, они 5 Tutti davano uno sguardo fugace alle due бегло окидывали взглядом двух сестер, а те учиняли им 6 donne che eseguivano il loro esame senza придирчивый осмотр, единодушно находя всех женщин 7 incertezze, trovando, generalmente, le некрасивыми, несимпатичными и дурно одетыми. К 8 femmine brutte antipatiche e vestite male. мужчинам они были значительно снисходительнее, 9 Erano invece indulgenti coi maschi, disposte a охотно отмечая хорошую фигуру, интересное лицо, 10 riconoscerne le qualità del corpo o della широкие плечи, красивые глаза, волосы, зубы, голос, 11 faccia, del modo di camminare, e magari degli походку и даже просто хорошо сшитый костюм. И они 12 occhi solamente, dei denti, dei capelli, della никак не могли понять. Это навсегда осталось для них 13 voce, (la quadratura delle spalle o il vestito загадкой, как мог, например, вот этот красивый, а если не 14 tagliato bene) o del vestito tagliato bene. E красивый, то симпатичный и, уж во всяком случае, 15 quello che rimaneva loro inspiegabile sempre, элегантный мужчина, как мог он влюбиться в эту ломаку, 16 un vero e proprio mistero, si è che un bel в эту кривляку, в эту палку в юбке, в этот сморщенный 17 giovane, o almeno simpatico, o almeno гриб, в эту тонкогубую ехидну, в эту уродину! «И как 18 elegante, avesse potuto innamorarsi di una только можно влюбляться в подобных женщин!» – таков 19 gestrosa, di una smorfiosa, di un bastone был их единодушный приговор. К женщинам они были 20 vestito, di un viso vieto, di una bocca piallata, безжалостны. Даже у хорошеньких, даже у красивых 21 di un trabiccolo, di una faccia di cattiva o ухитрялись они выискать недостаток, который сводил на 22 dispettosa. ―Ma come faranno a innamorarsi нет всю их привлекательность, унижал их, уничтожал. И 23 di certa gente?‖. Concludevano insieme. Con если уж совсем не к чему было придраться, то тут же 24 le donne erano spietate. Anche se belle o высказывалось предположение, что у такой особы 25 carine, un difettaccio glie lo volevano trovare должен быть совершенно невыносимый характер. И 26 per schiacciarle, diminuirle, ridurle in polvere: подумать только, что для всех этих женщин они усердно 27 erano almeno cattive (dovevano essere almeno шили рубашки и панталоны! И какие рубашки! Какие 28 cattive). E pensare che erano costrette a cucir панталоны! Сколько в них было неповторимого 29 loro le camicie e le mutande. E come glie le изящества, элегантности, шика! Не иначе как на время 30 cucivano bene, con quale insuperabile finezza, работы сестры забывали о том, кому предназначены все 31 squisitezza, schiccheria, dimenticando le эти очаровательные вещи, потому что в противном 32 persone e il livore, che altrimenti glie le случае сорочки, которые выходили из их рук, должны 33 avrebbero cucite torte (storte), (in tirare per были получиться нескладными и безобразными, 34 farle soffrire) sproporzionate, per imbruttirle, уродующими ненавистных заказчиков, делающими их 35 ridurle goffe e ridicole. нелепыми и смешными.

A un36 - - - A un bello tocca un brutto, si sa. - Ну что ты хочешь, крайности сходятся: красивое всегда 37 тянется уродливому! 38 - Quella cespùgliola come se l‘è saputa - И как только она сумела его заарканить, эта лохматая 39 trovare. ведьма! 40 - Che grinta, gli metterà le corna, si capisce. - Ну и наглая физиономия! Уж эта-то, будь уверена, 41 наставит своему рога. - Gli—42‗ - Gli occhi bianchi gabbano Cristo e Santi. - Знаем мы таких скромниц, в тихом омуте черти 43 водятся! - Hai –44 - - Hai visto che scucchia? - Ты только посмотри на эту лошадь! 45 - E‘ tutta sgangherata, pare un arcolaio. - А эта нескладеха? Настоящее мотовило! 46- - Ha due labbra che ci si farebbe uno stufato. - Ну и губы! Да их бы на целый бифштекс хватило! •47 - Hai visto che manacce - Видала, какие ручища! •48 - Sarà una sguattera. - Не иначе, как судомойка! ? 49 E se era impossibile demolirla perché era А если попадалась им, наконец, девушка, настолько 50 troppo carina: хорошенькая, что придраться было просто не к чему, они 51 говорили: • - S- - Si capisce, è tutta tinta, lavale il viso e mi dirai 52 - Ну еще бы, намазалась-то как! А вымой ей лицо, и che ti resta. 53 ничего не останется! • / - La vorrei vedere la mattina, quando scappa da 54 - Хотела бы я увидеть ее утром, когда она только что 181

55 letto, che arnese. встала с постели! Вот уж, наверное, хороша! • Era 56 Era un litania contro le donne e uno sguardo Одним словом, это было сплошное поношение слабого 57 indulgente per i maschi ai quali, belli o brutti, пола и воспевание сильного, ибо даже в самом 58 avevano trovato sempre qualche cosa di некрасивом и неинтересном мужчине они умудрялись 59 ammirevole. отыскать какое-нибудь достоинство.

In questa scena vediamo le sorelle Materassi che, come sempre di domenica, si fanno belle e si mettono alla finestra per osservare le coppie degli innamorati e per fare i loro commenti. All‘inizio del brano sentiamo la voce del narratore che con il solito umorismo parla delle coppiette «che erano calde a bollore» (da notare l‘opposizione binaria, tipica di Palazzeschi, tra il freddo e il caldo); poi lo sguardo del narratore si volge verso le sorelle che «eseguono il loro esame»; poi il narratore descrive la reazione delle due donne e ci fa sentire la loro voce («innamorarsi di una gestrosa, di una smorfiosa...») - questo passaggio si riflette anche nel cambiamento del registro stilistico; infine, sentiamo le battute delle sorelle dal vivo, al discorso diretto; e prima e dopo di esse la voce del narratore che fa i suoi commenti. Passiamo al confronto con la versione russa. E‘ evidente il desiderio del traduttore di mantenere il tono informale: ancora una volta troviamo la congiunzione avversativa «a» all‘inizio della frase («А внизу тем временем….») ed è un elemento tipico del parlato così come tipica del parlato è l‘organizzazione sintattica, per esempio, nel seguente brano, dove, rispetto all‘originale, la sintassi viene di nuovo frammentata (è molto indicativa in questo senso la frase incompleta, sospesa «И они никак не могли понять»):

(rr. 11-23) E quello che rimaneva loro inspiegabile sempre, un vero e proprio mistero, si è che un bel giovane, o almeno simpatico, o almeno elegante, avesse potuto innamorarsi di una gestrosa, di una smorfiosa, di un bastone vestito, di un viso vieto, di una bocca piallata, di un trabiccolo, di una faccia di cattiva o dispettosa. “Ma come faranno a innamorarsi di certa gente?” Concludevano insieme.

И они никак не могли понять. Это навсегда осталось для них загадкой, как мог, например, вот этот красивый, а если не красивый, то симпатичный и, уж, во всяком случае, элегантный мужчина, как мог он влюбиться в эту ломаку, в эту кривляку, в эту палку в юбке, в этот сморщенный гриб, в эту тонкогубую ехидну, в эту уродину! «И как можно только влюбляться в подобных женщин!» - таков был их единодушный приговор.

L‘esempio citato richiede ancora qualche commento. Innanzitutto è evidente che nella versione russa la struttura logica diventa più esplicita: si aggiunge «например» («per esempio»); mentre in italiano si ha una specie di elenco i cui elementi sono uniti dalla congiunzione «o» («sì è che un bel giovane, o almeno..., o almeno...») in russo abbiamo una struttura logica più complessa («как мог ... вот этот красивый, то… и, уж, во всяком случае»), la domanda indiretta viene ripetuta «как мог он влюбиться…». E‘ interessante anche il cambiamento della deissi: mentre in italiano si usa l‘articolo indeterminativo («un bel giovane», «una gestrosa»,

182 ecc.) in russo troviamo l‘aggettivo indicativo «этот» (lett. «questo giovane»): in italiano si sottolinea l‘appartenenza a una classe, in russo, invece, è come se le sorelle seguissero con gli occhi il soggetto se non addirittura lo indicassero con un dito242. Non si può fare a meno di commentare le scelte lessicali. Nelle parole delle sorelle, anche all‘interno del discorso indiretto libero, si sente il colore locale. Per esempio, «gestrosa» è un toscanismo, sinonimo di «smorfiosa»; anche in russo troviamo due sinonimi «в ломаку» e «в кривляку» che, come le due parole italiane, sono in rima. «Un bastone vestito» è tradotto come «палка в юбке»: per il lettore il significato è chiaro243, ma non è un‘espressione comune, casomai di una donna molto magra si dice scherzosamente «доска - два соска» (lett. «una lastra - due capezzoli»). Il «viso vieto» (cioè un visto malaticcio, avvizzito, macilento) è tradotto come «сморщенный гриб» (lett. «un fungo rugoso») che rende bene l‘immagine di un cibo non più appetitoso, consunto di vecchiaia (in Toscana si dice «vieto» di cibo statio, rancido); inoltre, il confronto tra l‘uomo e il fungo è piuttosto comune nel russo parlato soprattutto in riferimento a un vecchio («Старый гриб!»244). «Una bocca piallata» è reso come «тонкогубая ехидна»: si mette in evidenza non solo la magrezza delle labbra, ma anche il brutto carattere della persona (in questo caso «ехидна» («echidna») significa «vipera»). Infine, per «trabiccolo» abbiamo «уродина»: mentre in italiano si fa paragone con un attrezzo o un congegno strano che non funziona, in russo abbiamo semplicemente un equivalente un po‘ più pesante di «brutta», «un mostro». Da notare anche che in russo il significato delle ultime parole è più esplicito: mentre in italiano si usa un verbo abbastanza neutro, «concludere», in russo si parla dell‘«unanime sentenza» delle sorelle, per sottolineare che loro, alla finestra, stanno come due giudici che hanno il potere assolvere o di condannare. Ma il colorito locale si sente ancora più forte nelle battute pronunciate dalle sorelle. Le varianti proposte dal traduttore russo tradiscono l‘aspirazione alla massima chiarezza e, per questo, in alcuni casi si allontanano dallo stile dell‘originale, dalla brevità delle formule tipiche del parlato, soprattutto quando sembra che le sorelle ricorrano a proverbi:

(rr. 36-37) A un bello tocca un brutto, si sa.

Ну что ты хочешь, крайности сходятся: красивое всегда тянется к уродливому!

E‘ evidente che la variante russa è molto più ampia, «si sa» è reso con «ну что ты хочешь» (lett. «ma insomma che cosa vuoi») invece di una possibile variante più breve o

242 Vedi a proposito Giusti 1981. 243 Cfr. con la seguente definizione: «Палка – о чем-то длинном, напоминающем «палку» (ветвь, ствол дерева без побегов и листьев, посох, трость)» (Химик 2004: 420) 244 Vedi a proposito Химик 2004: 123. 183 colloquiale come, ad esempio, «известное дело», «как же», «да уж», ecc. «Крайности сходятся» («gli opposti si attraggono») rappresenta una spiegazione, ma anche nella parte che segue in russo i due punti ci vorrebbe una formula più breve. Nella traduzione della battuta seguente «cespugliola» è reso con «лохматая ведьма» («una strega dai capelli arruffati»): si conserva l‘immagine di cespuglio, in più si aggiunge la definizione dispregiativa «strega»; invece la seconda parte della frase viene trasformata: in russo non si parla di «trovare» una ragazza, ma si dice «как только она сумела его заарканить». In questo caso il verbo «заарканить» («prendere al laccio») è usato nell‘accezione colloquiale e rimanda all‘immagine della caccia, in cui il cacciatore è la donna e la vittima è l‘uomo. La battuta successiva («Che grinta! Gli metterà le corna, si capisce.») è resa in russo in maniera convincente, anche se di nuovo troviamo una versione più lunga dell‘originale. Magari invece di «наглая физиономия» in russo si potrebbe dire «наглая рожа», usando un sinonimo (lett. «muso») stilisticamente più basso. Il proverbio «Gli occhi bianchi gabbano Cristo e Santi» è reso con un proverbio russo che può essere considerato suo equivalente, «В тихом омуте черти водятся» (lett. «In un gorgo tranquillo ci sono dei diavoli», cfr. «L‘acqua cheta rovina i ponti»), ma anche questa volta il traduttore sente il bisogno di fornire una spiegazione («Знаем мы таких скромниц», lett. «Sappiamo come sono in realtà le cosiddette ―modeste‖»). La battuta «Hai visto che scucchia?» (con un termine regionale che si riferisce a una persona che ha il mento sporgente e aguzzo) è reso in russo «Ты только посмотри на эту лошадь!»: in russo si dice «лошадь» («cavalla») una donna grossa e priva di grazia245 (cfr. in italiano «cavallona»), invece per un mento sporgente, per una faccia brutta si direbbe semmai «морда кирпичем» (lett. «ha un muso che sembra un mattone»)). L‘immagine, dunque, è resa in maniera equivalente, ma di nuovo, a nostro avviso, ci vorrebbe una versione più colloquiale, ellittica, insomma, più popolare della frase. Per esempio, invece di «ты только посмотри» si potrebbe dire «видала» («Видала, какая лошадь?» oppure «Ну и лошадь!», «Ну и кобыла!», ecc.) Meno felice sembra la resa della battuta «E‘ tutta sgangherata, pare un arcolaio.»): il termine russo «мотовило» che in italiano viene usato per una descrizione ironica del corpo umano, anche se in questo caso potrebbe essere considerato un toscanismo (cfr. le espressioni «girare come un arcolaio», cioè «muoversi in continuazione»), in russo si nomina l‘oggetto che la maggioranza dei lettori contemporanei non consoce e, per questo, non può cogliere la somiglianza fisica; non si capisce il legame tra «нескладеха» и «мотовило», non si coglie l‘idea del movimento continuo, semmai si potrebbe

245 Лошадь (груб., разгов.-сниж.), о крупном, тяжелом, неповоротливом (обычно о рослой и некрасивой девушке, женщине). (Химик 2004: 299). 184 dire «вся ходит ходуном»246. Nella frase successiva, invece, il cambiamento della pietanza a cui ci si riferisce (in russo non si parla di uno «stufato», ma di una «bistecca») sembra giustificato (il lettore russo sa che per fare una bistecca ci vuole un grosso pezzo di carne), magari anche in questo caso ci vorrebbe una formula più incisiva («Ну и губы! Хватит на целый бифштекс.»). Anche l‘ultima battuta del dialogo in russo risulta essere molto più lunga dell‘originale:

(rr. 54-55) La vorrei vedere la mattina, quando scappa dal letto, che arnese.

Хотела бы я увидеть ее утром, когда она только что встала с постели! Вот уж, наверное, хороша!

D‘un canto è evidente il tentativo di produrre in russo una frase tipica della conversazione informale: a parte la divisione della frase in due e l‘uso di ben due punti esclamativi, notiamo la particella rafforzativa «уж». Ma tutto sommato nella frase russa si sente qualche cosa di artificioso, di piatto: a parte l‘oggettiva lunghezza della variante proposta che va contro il carattere «orale» del testo non è reso il significato ironico del verbo «scappare» e soprattutto del nome «arnese». Senza allontanarsi troppo dalla versione proposta dal traduttore russo si potrebbe arrivare, ad esempio, a «Увидеть бы ее утром, как вскочит с постели, ну и пугало!». Senza entrare in ulteriori dettagli, si può concludere che la versione russa, nella quale è evidente l‘aspirazione alla massima chiarezza, non riesce a rendere in piena misura il colorito ironico del testo, la sua oralità, e tende a preferire soluzioni che tutto sommato appartengono al registro medio e letterario. Questo, tenendo presente il carattere teatrale del testo, diminuisce, purtroppo, la sua vivacità. Commentiamo qualche altra scelta fatta del traduttore all‘interno del brano narrativo. Nella prima frase la trasformazione semantica è determinata dall‘uso corrente: mentre in italiano la passione amorosa viene descritta attraverso la metafora dell‘acqua bollente (prima si parla del «freddo» poi si dice «calde a bollore» – poi si parla del «calore»; da notare anche l‘assonanza con «colmo») in russo abbiamo la metafora del fuoco («пылавшие любовью парочки» – «холодно» - «в самый разгар лет», mentre l‘assonanza, purtroppo, viene persa). In generale, anche in questo caso la versione russa è più esplicita. Per esempio, mentre in italiano si dice semplicemente «Tutti davano uno sguardo fugace» in russo si precisa «Проходя под окном»: è un dettaglio scontato sia per il lettore russo sia per quello italiano che si immagina la scena. Anche dell‘esame, eseguito dalle sorelle, «senza incertezze» in russo si dice «придирчивый

246 Cfr. con la didascalia che accompagna una caricatura di Ida Ida Rubinštejn nelle vesti di Cleopatra: «La Cleopatra è bella; ma c‘è il guaio / Che somiglia troppo a un arcolaio». (vedi П. Вероли, Фокинеида 1911 г. «Русский балет» в театре Ла Скала // Русские в Италии (под ред. А. Д‘Амелии и Д. Рицци) (в печати). 185

осмотр», cioè non solo un esame deciso e certo, ma anche quello che ha l‘obiettivo di trovare qualche difetto, di criticare. Nella traduzione della frase «un difettaccio glie lo volevano trovare» (da notare la forma del nome col suffisso «accio») in russo viene usata l‘espressione «ухитрялись они выискать недостаток», dove il verbo «ухитряться» vuol dire «ingegnarsi», ed è più forte del corrispettivo italiano. Anche il resto della frase tradisce l‘aspirazione alla chiarezza che in certa misura prevale su ragioni di stile. Per esempio, «per schiacciarle, diminuirle, ridurle in polvere» è reso come «[выискать недостаток, ] который сводил бы на нет всю их привлекательность, унижал их, уничтожал». Mentre i due ultimi verbi della sequenza corrispondono allo stile palazzeschiano, anche per l‘aspetto fonetico, al verbo «schiacciare», che nella sua brevità rende bene l‘immagine dell‘operazione effettuata, come tutti e tre verbi che servono a paragonare l‘azione delle sorelle a una serie di azioni fisiche concrete che mirano a distruggere un oggetto, in russo troviamo un‘espressione letteraria, neutra e lunga «сводить на нет всю привлекательность», anche se si può dire «стереть в порошок» (si potrebbe caso mai pensare a una sequenza come «растоптать, раздавить, стереть в порошок»). Anche nella frase successiva si manifesta la stessa tendenza alla traduzione-spiegazione: invece dell‘aggettivo «cattivo» si ha una lunga parafrasi di registro letterario:

(rr. 22-27) erano almeno cattive

И если уж совсем не к чему было придраться, тот тут же высказывалось предположение, что у такой особы должен быть совершенно невыносимый характер.

Un ultimo esempio:

(rr. 31-35) altrimenti glie le avrebbero cucite torte, sproporzionate, per imbruttirle, ridurle goffe e ridicole

в противном случае сорочки, которые выходили из их рук, должны были получиться нескладными и безобразными, уродующими ненавистных заказчиков, делающими их нелепыми и смешными.

Concentriamo la nostra attenzione soltanto su un elemento: mentre in italiano il sentimento che le sorelle provano nei confronti delle loro clienti attraenti non viene nominato apertamente, anche se è chiaro dal contesto, in russo si parla di «ненавистные заказчики», ovvero delle «clienti odiose». Anche in questo caso si ha a che fare con una traduzione- spiegazione.

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La contessa russa

1 Da qualche tempo era divenuta una assidua delle С некоторых пор усердной посетительницей 2 ricamatrici una bizzarra cliente che abitava a наших белошвеек сделалась одна очень странная 3 Settignano in una villa, una contessa russa scampata клиентка, имевшая в Сеттиньяно собственную 4 miracolosamente (per miracolo) alla rivoluzione di виллу – русская графиня, которой чудом удалось 5 Lenin, e sulla quale correvano molte voci e fantasie. спастись от революции и о которой ходило 6 Il marito, uomo politico dell‘antico règime, era множество нелепых и фантастических слухов. Ее 7 rimasto ucciso nella rivoluzione e la contessa, муж, крупный политический деятель старого 8 avendo perduta la propria nazionalità, le aveva prese режима, был убит во время революции, а графиня, 9 tutte, era figlia della Società delle Nazioni. Aveva утратив русское гражданство, приобрела все 10 potuto scampare alla bufera partendo per Parigi остальные, сделавшись дочерью Лиги Наций. Буря 11 casualmente al suo scoppiare. Ella aveva a quel революции не смела ее с лица земли вместе с 12 tempo una casa a Parigi dove dimorava buona parte мужем только потому, что когда она разразилась, 13 dell‘anno, e pare avesse potuto scampare insieme, o графиня была в Париже; там ей принадлежал 14 in gran parte, le proprie ricchezze; o quelle, особняк, в котором она проводила значительную 15 probabilmente, (o quelle, con ottime gambe, часть года. Видимо, она сумела привезти с собой и 16 l‘avevano preceduta nella corsa) l‘avevano почти все свое состояние, а может быть, 17 preceduta nella corsa, giacché aveva (possedeva) позаботилась сделать это еще раньше, потому что в 18 delle magnifiche macchine, dei domestici, una villa распоряжении ее находилось несколько 19 (delle macchine magnifiche, una villa, dei великолепных вилл, множество слуг и автомобилей, 20 domestici), e conduceva una vita lussuosa e и жизнь она вела роскошную и оригинальную. 21 originale. Anziché circondarsi di dame e cavalieri Вместо того, чтобы вращаться в обществе светских 22 come lascerebbe immaginare il suo rango, si дам и солидных господ, как подобало бы особе ее 23 circondava esclusivamente di gioventù, gioventù положения и возраста, она окружила себя 24 mascolina sportiva. Non la si vedeva mai con молодыми людьми спортивного склада. Никто 25 un‘altra donna. E per quanto fosse sfuggita никогда не видел ее в женском обществе. Дело в 26 (scampata) materialmente a un ciclone terribile, uno том, что счастливо избежав одного переворота, 27 se ne era scatenato nel suo spirito quanto quello графиня стала жертвой другого – переворот этот 28 inesorabile: da donna intellettuale era divenuta произошел в ее душе, сделав ее из женщины 29 sportiva. I calci, i pugni, i salti, le corse d‘ogni интеллектуальной женщиной спортивной. На смену 30 genere, avevano preso il posto dei pensieri profondi, глубоким раздумьям и душевным метаниям, на 31 delle indagini umane, degli impeti lirici o delle смену музыке, остроумным беседам, ученым 32 liriche armonie; delle discussioni dotte, ponderose o спорам, пришло увлечение боксом и гонками, 33 brillanti (brillanti o ponderose). Denunziava прыжками и борьбой. 34 trentanove anni con fresco cuore, ma era facile Графиня, не моргнув глазом, сообщала всем, что 35 capire che alla soglia di quella quarta arcata la ей уже тридцать девять, но было совершенно ясно, 36 contessa si era (fosse) voluta fermare non come (non что здесь, на пороге пятого десятка, она намерена 37 al modo del mendico) il mendico lamentoso e остановиться и не делать ни шагу дальше. Причем, 38 supplichevole, o magari guardingo (o magari можно было не сомневаться, что стоять на своем 39 sospettoso, guardingo), ma come il fanciullo che fa i она будет твердо, спокойно и уверенно – без 40 capricci, urla e strepita, e non vi è mezzo di farlo жалкой слезливости нищего, вымаливающего 41 procedere (né al modo del fanciullo che fa le bizze, подачку, и без капризности избалованного ребенка, 42 urla e strepita senza saper perché, e una volta который, топая ногами, требует исполнения всех 43 impuntato non vi è più mezzo di farlo procedere). Il своих желаний. На самом деле ей было далеко за 44 suo posto legittimo era oltre la quinta, comodamente пятьдесят. 45 (largamente). .... 46 Quando la contessa diceva a cuor leggero (Allorché Так, например, комментируя нахальное 47 la contessa affermava a cuor leggero) di avere утверждение графини, что ей тридцать девять лет, 48 trentanove anni: ―e la culla!‖, esclamava Teresa, e Тереза восклицала: «Ну да, конечно, совсем 49 Carolina ribadiva: ―sfacciata!‖. (Con altri venti девочка!», а Каролина прибавляла: «Бесстыжие ее 50 sopra.) E prendevano a coronare le sue affermazioni глаза! Как же, тридцать девять! Если не считать еще 51 intervenendo quasi avessero risposto alle litanie. двадцати!» В общем, что бы графиня ни сказала, у 52 сестер тут же находилось, что добавить: так во 53 время литании прихожане вторят священнику. 54 - Carina, la rematirce! - Ничего себе гребец, смотреть тошно! 55 (E se diceva che le piaceva di nuotare: 187

56 ―affoga!‖ O che tirava di spada: ―facesse la fine 57 del tordo!‖) 58 - Affoga! – Quando diceva che le piaceva di - Хоть бы утонула мерзавка! (Это по поводу 59 nuotare. ее увлечения плаванием.) 60 - Mi piacerebbe di vederla saltare. - На вертел бы ее, как дрозда! (а это после ее 61 - Sarà il salto dell‘orso. рассказа о занятиях фехтованием.) 62 (- No, quello della scimmia). - Хотела бы я посмотреть, как это она 63 - Almeno si rompesse (troncasse) il collo! прыгает! 64 - Poterla impalare. - Действительно, эдакая-то корова! 65 ( - Darle fuoco! - Хоть бы шею себе свернула! 66 - Sì, ma prima ungerla bene.)

67 E se la rifacevano con Lenin, che dopo avere 68 ucciso chi sa quanta brava e buona gente, aveva 69 lasciato scappare proprio quella lì (un arnese di quel 70 genere).

Non abbiamo resistito alla tentazione di prendere in esame l'episodio legato a un personaggio russo, nel nostro caso, alla contessa russa, cliente delle Materassi, sensibile alla bellezza di Remo. Per l'analisi linguistica abbiamo scelto un brano narrativo e un brano «dialogico», il commento ironico delle sorelle. L'episodio comincia con la presentazione di questo personaggio «bizzarro», di «una contessa russa scampata miracolosamente alla rivoluzione di Lenin», la quale abitava in una villa a Settignano e «sulla quale correvano molte voci e fantasie». Con umorismo Palazzeschi racconta della sua paradossale cittadinanza (era «figlia della Società delle Nazioni» - cioè di nessuna nazione e di tutte le nazioni insieme) e della sua vita «lussuosa e originale». Va detto che simile immagine dei russi era piuttosto diffusa nella letteratura dell'inizio del secolo. Basti citare la misteriosa «baronessa» di Savinio247 e tutta una galleria di personaggi russi, di origine nobile, ricchi o impoveriti, ma sempre stravaganti, spesso esageratamente e comicamente passionali248. Anche la contessa palazzeschiana manifesta una passione per la «gioventù mascolina sportiva», anzi, la passione per lo sport «ha preso il posto dei pensieri profondi, ecc», insomma, di tutte le attività che si addicono a una donna nobile e colta. Il ritratto della contessa risulta essere molto convincente grazie ad alcune metafore espressive, come la metafora della bufera o del ciclone al quale vengono paragonate la rivoluzione d'Ottobre e la rivoluzione «sportiva», alla metafora della corsa - sia della contessa che delle sue ricchezze, al paragone con il mendico e con il fanciullo capriccioso. Passiamo al confronto con la versione russa. Nella parte narrativa predomina il tono famigliare, tipico della conversazione tra amici. Nell'esempio che segue troviamo il pronome

247 A. Savinio, Figlia d‟imperatore // A. Savinio, Casa «La vita», Adelphi, Milano 1988. pp. 21-51. 248 Vedi Л. Пикколо, Настоящие и вымышленные русские на итальянской сцене // Русские в Италии (под ред. А. Д‘Амелии и Д. Рицци) (в печати). 188 possessivo di prima persona plurale «наши» (lett. «le nostre ricamatrici») che aggiunge alla descrizione un carattere affettuoso:

(rr. 1-2) era divenuta una assidua delle ricamatrici

усердной посетительницей наших белошвеек

Allo stesso tempo, non sempre viene resa la natura colloquiale, «orale», del racconto. Per esempio, nella frase successiva è molto importante la virgola che corrisponde a una pausa e aiuta a mettere in rilievo l'ultima parola. Invece in russo la sintassi è neutra, la messa in rilievo potrebbe essere realizzata soltanto con l'intonazione.

(rr. 43-44) Il suo posto legittimo era oltre la quinta, comodamente.

На самом деле ей было далеко за пятьдесят.

Altri esempi illustrano la conoscenza dei frame da parte del traduttore. Per esempio, nella versione russa è stato aggiunto l'aggettivo «крупный»: evidentemente il traduttore ha sentito la necessità di precisare la posizione del marito della contessa per spiegare la sua morte (è chiaro che durante la rivoluzione un grosso personaggio corre il rischio maggiore).

(rr. 6-8) uomo politico dell'antico regime

крупный политический деятель старого режима

La stessa conoscenza del frame potrebbe spiegare la scelta lessicale nel seguente esempio: in russo si parla di «особняк» ovvero di una casa isolata, di una villetta, tipica abitazione di famiglie nobili.

(rr. 11-14) Ella aveva a quel tempo una casa a Parigi

там ей принадлежал особняк

Piuttosto indicativa è anche la trasformazione che avviene nella frase successiva: mentre in italiano si parla di «dame e cavalieri», cioè dei personaggi tipici della corte medioevale, la versione russa ci trasferisce nella buona società borghese di cui, appunto, fanno parte «le dame mondane» e «i signori rispettabili».

189

(rr. 21-22) anziché circondarsi di dame e cavalieri

вместо того, чтобы вращаться в обществе светских дам и солидных господ

Abbiamo menzionato l'immagine della corsa legata prevalentemente all'uso del verbo «scampare»: Palazzeschi addirittura usa lo stesso verbo sia come transitivo sia come intransitivo. In una redazione del testo lo stesso verbo «scampare» è usato anche nella frase a rr. 25-29, e nella frase a rr. 13-17 c'è un‘aggiunta: «o quelle, con ottime gambe, l'avevano preceduto nella corsa». Purtroppo nella traduzione russa l'immagine della corsa viene completamente persa. Nella frase a rr. 3-5 si usa il verbo «спастись» ovvero «salvarsi»; nella frase a rr. 9-13 la contessa non è più il soggetto dell'azione, ma il suo oggetto (si parla della rivoluzione che «cancella dalla faccia della terra»); nella frase a rr. 13-17 troviamo «привезти с собой» cioè «portare con se» le proprie ricchezze; e solo nella frase a rr. 25-29 troviamo il verbo «избежать» («sfuggire») che, però, viene percepito come neutro, come parte di un'espressione comune.

(rr. 3-5) una contessa russa scampata miracolosamente alla rivoluzione di Lenin

русская графиня, которой чудом удалось спастись от революции

(rr. 9-13) Aveva potuto scampare alla bufera partendo per Parigi casualmente al suo scoppiare.

Буря революции не смела ее с лица земли вместе с мужем только потому, что когда она разразилась, графиня была в Париже

(rr. 13-17) pare avesse potuto scampare insieme, o in gran parte, le proprie ricchezze; o quelle, probabilmente, l'avevano preceduta nella corsa

Видимо, она сумела привезти с собой и почти все свое состояние, а может быть, позаботилась сделать это еще раньше

(rr. 25-29) E per quanto fosse sfuggita materialmente a un ciclone terribile, uno se ne era scatenato nel suo spirito quanto quello inesorabile: da donna intellettuale era divenuta sportiva.

Дело в том, что счастливо избежав одного переворота, графиня стала жертвой другого - переворот этот произошел в ее душе, сделав ее из женщины интеллектуальной, женщиной спортивной.

Purtroppo la frase in cui la contessa viene paragonata con il mendico e, specialmente, con il fanciullo è stata interpretata erroneamente. Senza commentare la frammentazione della sintassi e le aggiunte introdotte nella versione russa concentriamo la nostra attenzione sui due paragoni: quello con il mendico è reso in maniera abbastanza fedele, anche se il termine

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«guardigno» purtroppo non è stato tradotto; invece nel secondo caso il traduttore ha capito male il senso, così in russo troviamo il significato contrario a quello dell'originale - si afferma che la contessa non assomigliava per niente a un «fanciullo che fa capricci».

(rr. 33-43) Denunziava trentanove anni con fresco cuore, ma era facile capire che alla soglia di quella quarta arcata la contessa si era voluta fermare non come il mendico lamentoso e supplichevile, o magari guardingo, ma come il fanciullo che fa i capricci, urla e strepita, e non vi è mezzo di farlo procedere.

Графиня, не моргнув глазом, сообщала всем, что ей уже тридцать девять, но было совершенно ясно, что здесь, на пороге пятого десятка, она намерена остановиться и не делать ни шагу дальше. Причем, можно было не сомневаться, что стоять на своем она будет твердо, спокойно и уверенно – без жалкой слезливости нищего, вымаливающего подачку, и без капризности избалованного ребенка, который, топая ногами, требует исполнения всех своих желаний.

In altri casi il traduttore ricorre a un‘esplicitizzazione del contenuto, fa capire la propria interpretazione della frase. Così, mentre in italiano si dice ironicamente «a cuor leggero» in russo troviamo «нахальное утверждение», cioè un‘«affermazione sfrontata» che descrive la contessa senza ironia, la definisce una persona arrogante e senza vergogna.

(rr. 46-48) quando la contessa diceva a cuor leggero di avere trentanove anni

комментируя нахальное утверждение графини, что ей тридцать девять лет

Quanto alla traduzione delle battute, come nei brani analizzati prima, è evidente che spesso la versione russa risulta essere più lunga. Il desiderio di chiarezza costringe il traduttore a rinunciare alla brevità e alla sinteticità, pur salvaguardando il registro stilistico. Questo, fra l'altro, fa perdere un po' l'effetto di «litania» di cui si parla nel testo. Nella prima frase, per esempio, in russo la «culla» non viene nominata, si dice «Ma certo, è ancora bambina»; nella seconda viene esplicitato il desiderio e si aggiunge l'insulto «мерзавка» (lett. «mascalzona») che nell‘originale non c'e'.

(rr. 48-49) e la culla!

Ну да, конечно, совсем девочка!

(r. 58) affoga!

Хоть бы утонула мерзавка!

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Nella frase seguente, invece, la spiegazione è necessaria visto che per i russi il tordo è un uccello che canta bene, ma che non viene associato alla cucina, almeno per la maggioranza dei lettori: perciò il traduttore ricorre al nome «вертел» cioè «lo spiedo», e dice letteralmente «Bisogna metterla allo spiedo, come un tordo!»:

(rr. 56-57, 60) facesse la fine del tordo!

На вертел бы ее, как дрозда!

Invece la modifica introdotta nella frase successiva si spiega con il fatto che nella tradizione culturale degli italiani e dei russi l'orso e la vacca sono associati a ruoli diversi. Mentre dalla frase palazzeschiana è chiaro che l'orso funge da simbolo di goffaggine, è percepito come un animale grosso e privo di grazia, i russi percepiscono l'orso come un animale non solo intelligente e furbo, ma anche forte e svelto. Invece una donna goffa e maldestra viene paragonata a una vacca.

(rr. 62, 64) Sarà il salto dell'orso!

Действительно, эдакая-то корова!

E infine un‘osservazione sulle frasi in cui viene nominato Lenin (per esempio, nell'ultimo paragrafo del brano citato). Nella versione russa queste frasi vengono semplicemente omesse - probabilmente nel 1968, quando è stata pubblicata la traduzione di Bušueva, era l'unica possibile soluzione.

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Peggy

1 Anche il rinfresco non poteva essere più frugale. Угощение, предложенное Пегги, было 2 Niobe portò un piccolo vassoio con dei bicchierini e намеренно скудным: Ниобе внесла поднос, на 3 un piattino con pochi biscotti. Trattamento tanto котором стояли лишь рюмки с вином и тарелочки с 4 diverso da quello usato in un lontano pomeriggio печеньем. Это, конечно, было очень далеко от того, 5 alla direttrice Squilloni, quando Remo doveva чем потчевали директрису Сквиллони в тот 6 prendere la licenza elementare. достопамятный день, когда с ней велись 7 переговоры относительно диплома начальной 8 школы! 9• - La signorina sarà certo (certo) abituata a quest‘ora - В этот час вы, наверное, привыкли пить чай, но, 10 a prendere il tè, ma a noi quella stroscia non piace, вы уж извините, у нас он не в ходу. Мы не любим 11 non lo prendiamo mai.... ci fa schifo... хлебать воду, нас от нее тошнит. 12 - Uh! Che lavativo! - На наш взгляд, это все равно, что слабительное. 13 - Non ci siamo abituate. Abbiamo il vino delle - Да, к чаю мы не привычны. Мы считаем, что 14 nostre colline che è eccellente (che è tanto buono), - гораздо лучше вино – вино из винограда, 15 anche la rivalità etnica cadeva di fronte alla rivalità выращенного здесь же, в горах. 16 sentimentale – e lo preferiamo al tè. Как видите, даже этническое соперничество 17 отступило на второй план перед соперничеством 18 любовным! 19 A cui Peggy rispose condividendo perfettamente И тут вдруг выяснилось, что Пегги полностью 20 il loro parere (condividendo il loro gusto разделяла их вкусы! Она ответила: 21 perfettamente): - O, yes, правда, конечно, слабитное. 22 • Lavetivo, yes. Она тоже не любила чая и предпочитала ему 23 Nemmeno essa amava il tè e preferiva del buon вино, которое и выпила с большим удовольствием. 24 vino che bevve con vivo piacere (vivissima 25 soddisfazione). 26 Le sorelle si guardarono interdette: ―dev‘essere Сестры растерянно переглянулись: «Должно 27 un‘ubriacona, forse per questo gira dalle nostre parti, быть, она любит выпить, потому и ездит в наши 28 per trincare quanto vuole, laggiù non li lasciano bere. края! Здесь-то она может пить, сколько хочет, а у 29 (è un ubriacona, si capisce) Che peccato non averle них, в Америке, это запрещено. Ну конечно же, она 30 preparato una tazza di tè‖. пьяница! Как жаль, что мы не приготовили для нее 31 чашечку чая». 32 Peggy accettò con entusiasmo un secondo Пегги с удовольствием согласилась выпить еще, 33 bicchierino (bicchiere) che le venne offerto senza хотя предложено ей это было только ради 34 spontaneità e per pura decenza, e che tracannò приличия. Залпом осушив рюмку, она сказала: 35 dicendo: ―Molto bene, yes‖. - Отшень харашо, yes. • - 36Uh! – Carolina non poté trattenere un‘esclamazione «Ну и ну! – не удержалась Каролина и 37 mentre con la sorella seguitavano a parlarsi senza переглянулась с сестрой. – Ну, что я тебе говорила? 38 parole: ―te lo dicevo io, è un‘ubriacona, beve e fuma, Она пьет и курит, остальное можно себе 39 il resto viene da sé‖. (―che ti dicevo?‖; è представить». 40 un‘ubriacona: beve e fuma, il resto te lo lascio considerare.)

L'ultimo brano che abbiamo scelto per la nostra analisi fa parte dell'episodio del primo incontro delle Materassi con la loro futura nuora. Di nuovo sentiamo la voce del narratore che descrive la scena, commenta (per esempio, paragona l'accoglienza data a Peggy con quella data molti anni prima alla direttrice Squilloni) oppure, quando si ricorre al discorso indiretto libero, tramanda le parole dei suoi personaggi (per esempio, «Nemmeno essa amava il té e preferiva del buon vino che bevve con vivo piacere»).

193

Anche da questo passo è evidente che il traduttore rende il senso più esplicito: mentre lo scrittore lascia maggiore spazio al suo lettore, gli permette di trarre conclusioni autonomamente, il traduttore non resiste alla tentazione di dire come stanno le cose. Per esempio, nella frase seguente in italiano troviamo soltanto l'aggettivo «frugale» cioè «parco, modesto», in russo del rinfresco si dice che è «намеренно скудное» cioè «volutamente, intenzionalmente parco».

(rr. 1-2) Anche il rinfresco non poteva essere più frugale.

Угощение, предложенное Пегги, было намеренно скудным

Altre scelte lessicali riflettono la stessa tendenza: quando si parla della direttrice invece del nome neutro «trattamento» troviamo in russo il verbo «потчевать» cioè «offrire qualche cosa da mangiare o da bere a un ospite gradito». A proposito della stessa frase va notato che mentre l'originale italiano è molto sintetico, quasi ellittico, come è tipico del parlato, il testo russo si avvicina piuttosto alle norme della lingua scritta: in italiano si dice semplicemente «quando Remo doveva prendere la licenza elementare», in russo «когда с ней велись переговоры относительно диплома начальной школы!» Piuttosto felici ci sembrano due soluzioni lessicali: la variante ironico-popolare «директриса» invece del termine non marcato nel genere e stilisticamente neutro «директор» (anche se questa soluzione potrebbe essere un calco dall'italiano) e l'aggettivo aulico «достопямятный» («memorabile») che rendere ancora più ironica la menzione del «lontano» pomeriggio. Nella traduzione delle battute alcune soluzioni ci sono sembrate molto indovinate, per esempio, per rendere il colorito legato all'uso del termine toscano «stroscia», il traduttore usa il modo di dire popolare «хлебать воду», cioè mangiare una brodaglia invece del cibo vero. Anche l'espressione «ci fa schifo» è resa con l'espressione equivalente e colloquiale «нас от нее тошнит». Invece la battuta seguente, che in italiano è molto breve, in russo sembra troppo formale e poco adatta per lo scenario descritto:

(r. 12) - Uh! Che lavativo!

- На наш взгляд, это все равно, что слабительное.

Ritradotta in italiano, la stessa frase suonerebbe pressappoco così: «A nostro avviso, sarebbe come prendere il lavativo». E‘ piuttosto indicativo che in questo caso non viene resa in russo l‘esclamazione caratteristica del personaggio, Uh!, importante per l‘aspetto «orale» del testo. Anche nella battuta successiva il riferimento al proprio parere in russo è esplicito e troppo

194 formale per una conversazione come quella descritta («мы считаем» - «riteniamo che»). Diciamo, tra parentesi, che il riferimento alla «rivalità etnica» («этническое соперничество») per il lettore russo non è per niente chiaro (si potrebbe pensare che i rivali etnici siano gli italiani e gli americani). Lo stile vicino a quello della lingua scritta denuncia un registro un po' più formale rispetto a quello dell'originale, lo avverte anche nella versione delle parole che le sorelle si dicono senza aprir bocca:

(rr. 26-31) dev'essere un'ubriacona, forse per questo gira dalle nostre parti, per trincare quanto vuole, laggiù non li lasciano bere. (e' un ubriacona, si capisce,). Che peccato non averle preparato una tazza di té".

«Должно быть, она любит выпить, потому и ездит в наши края! Здесь-то она может пить, сколько хочет, а у них, в Америке, это запрещено. Ну конечно же, она пьяница! Как жаль, что мы не приготовили для нее чашечку чая».

Allo stesso tempo il traduttore riesce a trovare equivalenti per le battute di Peggy e crea un vero e proprio «ritratto verbale». Mentre l'esclamazione «o, yes», che il lettore russo capisce, non viene modificata, anzi, è scritta in caratteri latini, la parola italiana storpiata viene resa anche in russo con una parola russa storpiata, in genere, il traduttore cerca di riprodurre gli errori tipici degli stranieri249:

(r. 22) lavetivo - слабитное (слабительное)

(r. 35) Molto bene, yes - Отшень харашо, yes.

249 Vedi a proposito il capitolo «Le deviazioni dalla norma e le loro funzioni nel testo letterario» (Федоров 1971: 108-123). 195

Conclusioni

L‘analisi dei testi di Aldo Palazzeschi e delle loro traduzioni russe permette di fare una serie di conclusioni. Innanzitutto, è evidente il desiderio dei traduttori di rendere pienamente il contenuto e la forma dei testi palazzeschiani, anche dei loro paramenti extralinguistici. Il metodo cognitivo-discorsivo che abbiamo applicato si è rilevato utile per esaminare questa tendenza a vari livelli, dall‘organizzazione semantica del testo, dei concetti e dei frame, alla sua organizzazione sintattica, lessicale e anche fonica. Allo stesso tempo, la nostra analisi ha chiaramente dimostrato il funzionamento dei due meccanismi cognitivi coinvolti nel processo della traduzione: il carattere soggettivo della «imagery» ovvero dell‘elemento di realtà, del quadro che vede e descrive il traduttore, basandosi sulla propria esperienza esistenziale, e l‘aspirazione alla massima chiarezza. Quest‘ultima è condizionata dal fatto che il traduttore, prima di tutto, capisce il testo e poi propone (e in certa misura impone al lettore) la sua interpretazione che nella maggioranza dei casi è più esplicita del testo originale, per esempio, nella valutazione morale ed etica, e, come caso limite, diventa una specie di traduzione- spiegazione. Non è da poco quando si ha a che fare con i testi di Palazzeschi il quale, tendenzialmente, tende a schernirsi e a lascaire al suo lettore una notevole libertà interpretativa. Per questo, come abbiamo visto, qualche volta la traduzione si allonatana notevolmente dal minimalismo stilistico dell‘originale. Comunque, non sarebbe giusto dare colpa solo al traduttore, visto che entrano in gioco anche meccanismi puramente linguistici e stilistici, ovvero l‘uso corrente che condiziona, per esempio, la scelta di alcuni elementi del frame anziché di altri. In genere, nel valutare le traduzioni, abbiamo cercato di ricordare la differenza tra la stilistica del mittente e la stilistica del ricevente: le opere di Aldo Palazzeschi tradotte in lingua russa fanno parte della letteratura in lingua russa e seguono le sue leggi. Come abbiamo detto sopra, i traduttori russi nella maggioranza dei casi sono riusciti a cogliere le fondamentali caratteristiche della lingua e dello stile di Palazzeschi e di renderle in russo. In alcuni casi, per esempio, per quanto riguarda la natura parodistica di alcuni testi, il rimando alla tradizione letteraria, i legami associativi, si è cercato di compensarli creando legami associativi con i testi conosciuti dal lettore russo (si pensi, per esempio, alle traduzioni di Chi sono? e di Lasciatemi divertire); nella stessa maniera è stato possibilie ricreare il legame con i mondo della fiaba. I traduttori hanno colto anche un altro tratto stilsitico fondamentale dei componimenti palazzeschiani, ovvero il loro carattere teatrale che si manifesta sia nella poesia sia nella prosa. Infine, è stata colta la tendenza, legata in parte al carattere teatrale, ad avvicinarsi al parlato, a stilizzare il testo scritto come testo orale. Infine, nella maggioranza dei casi i 196 traduttori hanno sentito l‘importanza dell‘organizzazione sonora dei testi di Palazzeschi, che resta poeta anche quando scrive prosa, dell‘aspetto sonoro, della rima, dell‘elencazione, ecc., che aiutano a dare ritmo, creano supplementari legami semantici, sono importanti per l‘organizzazione testuale. Nelle traduzioni poetiche è evidente il tentativo di conciliare le esigenze della forma con l‘aspirazione a rendere pienamente il contenuto: tra gli elementi che aiutano a superare le evidenti difficoltà che crea al traduttore simile compito va ricordato il meccanismo di compensazione che entra in gioco a vari livelli linguistici. Nella prosa che, a primo avviso, sembra esigere meno dal suo traduttore, vanno evidenziate soprattutto due tendenze: la tendenza alla normalizzazione che si manifesta non solo nella correzione delle note imperfezioni della lingua palazzeschiana, ma anche nella frammentazione del periodo lungo che qualche volta viene sostituito con delle frasi più brevi, secondo l‘uso corrente russo. Va detto, a proposito, che il problema della normalizzazione, ben noto agli studiosi di Palazzeschi, che collegano ad esso la periodicizzazione della sua opera, nella traduzione perde la sua importanza: fatto sta che la normalizzazione avviente durante la traduzione o, al limite, durante la revisione del testo da parte dell‘editor, che difende gli interessi del lettore il quale, a sua volta, spera di trovare un testo scritto bene. La seconda tendenza che abbiamo rilevato in tutte le traduzioni russe di Palazzeschi (in parte anche nelle poesie) sta nell‘esplicitizzazione della struttura logica del testo: il traduttore non solo «corregge» la sintassi, ma anche aggiunge degli elementi che rendono espliciti i legami logici tra i vari elementi, segnalano la fine del componimento, ecc. Probabilmente si tratta di una tendenza che, in generale, è tipica per il passaggio da una lingua analitica, come l‘italiano, a una lingua sintetica, come il russo. Nella nostra analisi abbiamo concentrato l‘attenzione su alcuni tratti più salienti dello stile di Palazzeschi, come, ad esempio, nel lessico la tendenza ad usare frasi fatte e fraseologismi: nella stragrande maggioranza dei casi i traduttori rendono questo tratto trovando equivalenti nella lingua di arrivo. Lo stesso vale per altri tratti, come, ad esempio, la visualizzazione della metafora, la tendenza alla descrizioni dettagliate con vari elenchi e serie di elementi sinonimici, l‘uso espressivo dei contrasto di vari stili, la tendenza a imitare modelli popolari, ecc. Quanto al colore locale, ovvero agli elementi fiorentini, vengono resi in conformità alla loro funzione nel testo, il più delle volte se ne cerca un equivalente su scala diastratica, tra gli elementi che caratterizzano la parlata popolare. Comunque, in questi casi il traduttore spesso risulta essere più pudico dell‘autore: evidentemente si fa sentire il «censore interno» che spinge il traduttore verso soluzioni più neutre. In alcuni casi l‘aspirazione alla chiarezza e la tendenza alla normalizzazione del testo modificano notevolmente la sua fisionomia stilistica: basti pensare alle scene del romanzo Sorelle Materassi in cui uno scambio di battute brevi e precise come 197 colpi di pistola viene qualche volta sostiuito nella versione russa da battute lunghe e piuttosto neutre, diminuendo, purtroppo, il carattere teatrale del testo e, in genere, avvicinandolo al testo costruito secondo le buone leggi dello scritto. Si può concludere che, in maggiore o minore misura, i traduttori sono riusciti a rendere la fisionimia stilistica dei testi palazzeschiani e a ricreare per il lettore la figura dell‘autore che è, come osserva giustamente uno dei traduttori di Palazzeschi Lev Ošerov, uno degli elementi chiave di garantiscono il successo delle sue opere: grazie alle caratteristiche che abbiamo menzionato, la lettura dei testi di Palazzeschi diventa quasi una conversazione tra amici, dal tono ironico e bonario, in cui il nostro intercolutore ci fa vedere che tutto il mondo è teatro e in ogni tragedia che va in scena in questo teatro c‘è una buona dose di commedia.

198

Allegato 1

Un esempio di analisi dei concetti: «GENTE»

Nel capitolo Materiale e metodo di analisi si è parlato dell'approccio cognitivo al testo, in particolare, nell‘ambito della semantica cognitiva, all‘analisi dei concetti. Come esempi concreti abbiamo menzionato gli studi di O. Revzina che ha applicato l‘approccio cognitivo-discorsivo ai testi letterari russi, in particolare, ai testi poetici di Marina Cvetaeva (vedi la monografia L‟approccio sistematico-funzionale alla poetica linguistica e i problemi della descrizione dell‟idioletto poetico, Ревзина 1988). La Revzina ribadisce l‘importanza dell‘approccio linguistico alla lingua della poesia e sottolinea che lo studio dell‘idioletto poetico permette di scoprire la specificità della visione del mondo e del pensiero artistico propri di un dato autore. Analizzando diverse raccolte poetiche della Cvetaeva, la studiosa concentra la sua attenzione sul rapporto tra l‘«io» poetico e altri personaggi presenti nei versi, sulla prevalenza della monofonia oppure della polifonia linguistica, sulle tematiche più ricorrenti, ma anche su alcuni aspetti più specifici come le caratteristiche stilistiche del lessico, sulla tendenza ad usare forme personali oppure impersonali del verbo, ecc. Grande spazio viene dedicato all‘analisi dei concetti i quali, considerati nell‘insieme, permetto di ricostruire il mondo della poetessa. Così, mentre nelle prime raccolte poetiche prevale la monofonia, la visione non frammentata del mondo, il discorso autobiografico, legato soprattutto al mondo dell‘infanzia, e la tendenza ad agire nell‘ambito della tradizionale lingua letteraria, negli anni ‘10 il soggetto del discorso poetico, l‘«io» poetico comincia a cambiare, diventano più importanti le caratteristiche legate al proprio ruolo professionale del poeta, la monofonia cede posto alla polifonia, il repertorio tematico si allarga, la poesia descrittiva a poco a poco lascia posto alla poesia riflessiva, ecc. Questa svolta coincide con l‘interesse verso forme di testualità non sperimentate prima come ciclo poetico oppure poema; mentre la poetessa continua ad usare le risorse della tradizionale lingua letteraria il suo vocabolario poetico subisce una radicale trasformazione, aumenta la componente intertestuale. A partire da questo momento diventa sempre più evidente la tendenza ad usare contrasto e paradosso come strumento cognitivo e tratto specifico del pensiero della poetessa.

Un altro esempio a cui ci possiamo riferire è una raccolta di studi sulla lingua della poesia russa del Novecento a cura di V. Grigor‘ev Saggi storia della lingua della poesia russa del Novecento. La lingua poetica e l‟ideastile. Problemi generali. L‟organizzazione fonetica del testo (Очерки истории языка русской поэзии ХХ века. Поэтический язык и идиостиль. Общие вопросы. Звуковая организация текста (отв. ред. В. П. Григорьев). Наука, Москва, 1990. 199

Per restare nell‘ambito dell‘italianistica, basti citare due pubblicazioni dantesche di T. B. Alisova: il saggio in cui si parla del concetto di «VERITA‘» nelle opere di Dante (Алисова 1995) e il capitolo Idee filosofiche, politiche e linguistiche di Dante e la loro espressione linguistica nella Storia della lingua italiana (Алисова, Челышева 2009, с. 245-256).

Come sottolineano Babenko e Kazarin (Бабенко, Казарин 2004), tradizionalmente l‘analisi dello spazio concettuale del testo letterario è stato compito di estetica e di critica letteraria, mentre la linguistica si è sempre limitata all‘interpretazione stilistica dell‘uso di singole unità della lingua. Invece l‘attenzione al testo, d‘un canto, e lo sviluppo della linguistica cognitiva e antropologica, d‘altro canto, negli ultimi anni hanno giustificato la necessità di studiare lo spazio concettuale dei testi anche nell‘ambito linguistico. Tra i primi esempi di analisi di questo tipo si può menzionare la monografia di I. Gal‘perin Il testo come oggetto di studio linguistico (Гальперин 1981); la validità del metodo proposto è stata confermata successivamente dagli studi di psicolinguistica. E‘ importante ricordare che, a differenza della lessicologia tradizionale, nell‘analisi dei concetti maggiore attenzione è concentrata non sull‘asse paradigmatico (il rapporto tra il dato vocabolo e altre unità del vocabolario), ma sull‘asse sintagmatico.

Seguiremo in grandi linee il metodo proposto da Banbenko e Kazarin per la ricostruzione dello spazio concettuale del testo (Бабенко, Казарин 2009: 55-85). A titolo di esempio gli autori riportano l‘analisi del concetto «FELICITA‘» («СЧАСТЬЕ») nell'omonimo racconto di N. A. Teffi.

La metodologia formulata da Babenko e Kazarin prevede le seguenti tappe:

1) Evidenziazione delle presupposizioni importanti per lo spazio concettuale del testo (quando è stato scritto il testo, di quale ciclo o raccolta fa parte, le informazioni sull‘autore, ecc.); 2) Analisi semantica del titolo del componimento e del suo rapporto con il corpo del testo; 3) Evidenziazione dei concetti; 4) Evidenziazione delle unità lessicali che fungono da rappresentanti del concetto (e.g. GENTE: la gente, la folla, la massa umana, loro, ecc.); 5) Analisi lessicale che mira a evidenziare le sfumature del significato dei rappresentanti lessicali del concetto;

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6) Descrizione dei contesti d‘uso dei rappresentanti lessicali del concetto; analisi delle qualità del concetto: dei suoi attributi, dei suoi predicati, dei legami associativi, delle immagini ad esso collegate; 7) Costruzione del modello della struttura concettuale dell‘intero testo o di un gruppo di testi. La nostra attenzione sarà concentrata sul concetto GENTE. Molti critici sottolineano che di Palazzeschi è tipica l‘opposizione tra il protagonista, il singolo, e la folla: dell‘importanza dell‘immagine della «gente» per la poesia di Palazzeschi parla A. Dei nell‘introduzione al volume Tutte le poesie (Dei 2002), anche E. Sanguineti nota che nelle prime due raccolte la parola-immagine più tipica è l‘impersonale, anonima gente (cit. da Mengaldo 1996: 195).

Nei versi di Palazzeschi il protagonista è spesso un alter ego del poeta (un principe, un monaco, un musico, una vecchia, ecc.; vedi a proposito Serra 2005), un personaggio misterioso, legato al mondo della fiaba o della magia e dotato di specifiche qualità (per esempio, il personaggio autobiografico del principe bianco ha un viso pallido e i capelli chiari). Invece la gente tendenzialmente viene descritta come una massa grigia e uniforme, il cui rapporto con il protagonista cambia nel tempo e, comunque, non è sempre pacifico.

Le statistiche sono eloquenti: nella prima raccolta palazzeschiana, I cavalli bianchi (1905:) soltanto la parola gente è presente in 18 testi su 25, nella seconda raccolta, Lanterna (1907), - in 6 su 15, nella terza, Poesie (1909), - in 10 su 48, nella quarta, L‟incendiario (1910), - in 14 su 22. E‘ presente anche in alcuni testi che fanno parte del volume Poesie (1910-1909) pubblicato nel 1925, infine una delle ultime poesie scritte da Palazzeschi ha il titolo Gente (1974).

Come ci si evincerà dagli esempi, il concetto GENTE è tendenzialmente espresso con il vocabolo «gente», ma non solo: infatti, troviamo tra i possibili rappresentanti lessicali «ognuno», «tutti», «centinaia di persone», «centomila persone», «uomini», «la folla», «miei poveri lettori», «signori passanti», «i miei buoni fratelli», «miei cari signori», «esseri umani», «tutte le altre persone», «seme», «massa»). Comunque, va notato che estremamente importante sarà la presenza della gente in forma di coro, di un insieme teatrale di battute (soprattutto nella quarta raccolta), così come l‘uso dei costrutti con l‘agens indefinito («si dice che», «si sa che») che si riferiscono sempre al collettivo umano.

Riportiamo in seguito i minimi contesti d‘uso, in alcuni casi indichiamo gli antagonisti della GENTE.

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I cavalli bianchi (1905)

Come ci si può evincere dagli esempi, la descrizione della «GENTE» è piuttosto uniforme: c‘è una netta opposizione tra il protagonista e la gente; di solito il protagonista si trova all‘interno di uno spazio limitato (un giardino, un palazzo) dove la gente non può accedere; la gente è presentata come una massa nella quale non si distinguono singole facce e tipi umani. L‘occupazione principale della gente è di «guardare», l‘unico contatto tra il protagonista e la gente è quello visuale. Inoltre, la gente può rappresentare il movimento, di solito ripetitivo, monotono e regolare («la gente va e viene»), mentre il protagonista resta spesso fermo. Il protagonista e i luoghi strani a lui legati suscitano nella gente una grande curiosità e allo stesso tempo il sentimento di paura; per scacciarla la gente si fa il segno della Croce. La gente non ha notizie precise riguardo agli eventi straordinari, tutto si limita alle dicerie, alle voci che corrono. La gente descritta da Palazzeschi è religiosa, segue i riti, ma la religione è legata all‘ansia e alla paura più che alla gioia e alla serenità.

Gli antagonisti della GENTE: il padrone e la padrona del castello, il giovane principe, le monache, il pappagallo, i morti, i pagani, la vecchia, il santo, le fanciulle bianche, la figlia del sole, i fantocci.

Espressioni linguistiche del concetto GENTE: la gente, formule impersonali «si dice che», «si sa che». La parola «gente» è presente in 18 poesie su 25.

La gente passando si ferma un istante e sol con due dita toccando leggero quel legno, fa il Segno di Croce. (La Croce)

L‘oscuro viale dai mille cipressi che porta al cancello del grande palazzo è aperto a la gente. Soltanto il cancello non s‘apre. Va e viene la gente per il lungo viale, che il sole soltanto non lascia passare, si sosta al cancello che à cento colonne di ferro la gente a guardare. …. Non ode, non vede la gente che al vano dei ferri del grande cancello sta ferma a guardare. Va e viene la gente per il lungo viale che il sole soltanto non lascia passare, si sosta al cancello che à cento colonne di ferro la gente a guardare. Ogn‘anno a quel grande cancello s‘aggiunge una nuova colonna di ferro: 202 il posto d‘un altro a guardare. (Il cancello) Antagonisti: Il signore del castello, le monache che lo conducono

Sta intorno a la fonte la gente aspettando la stilla. (La fonte del bene)

Nel mezzo del cerhio è il pozzo profondo ch‘à in fondo, lo dice la gente, il tesoro. … Da secoli e secoli tanti nessuno tagliò quella macchia paurosa, la gente, da secoli tanti, non passa vicino a quel cerchio. Soltanto la sera al calare del sole la gente sta attenta in orecchi dal mezzo del cerchio, dal fondo del pozzo profondo vien fuori un lamento: la voce dell‘oro. (La voce dell‟oro)

La gente alle rive si ferma guardando. (La lancia) Antagonisti: il giovine bianco, la vecchia padrona del castello

Su quella finestra egli sta da cent‘anni guardando passare la gente. … La gente passando si ferma a guardarlo, si ferma a chiamarlo, si ferma fischiando e cantando: ei guarda tacendo. Lo chiama la gente, ei guarda tacendo. (Il pappagallo) Antagonista: il pappagallo

La gente al narrarlo fa il segno di croce. Nessuno à mai colto quei frutti nessuno à varcato quel muro (L‟orto dei veleni) Antagonisti: la vecchia

La gente si ferma guardando in quel campo riarso. Nemmen le gramigne vi fanno. Ogn‘anno allorquando ricorre la notte del giorno funesto la gente sta desta: guardando in quel campo si vedono alzare leggere e svanire le fiammelle gialle sorrisi dell‘odio dei morti. (Il campo dell‟odio)

203

Si dice che in tempi lontani la gente pagana cantava là sotto. Soltanto al pensarlo la gente fa il segno di croce. … La gente fa il segno di croce: ritornano al tempio i pagani gridando. (Il tempio pagano) Antagonisti: i pagani

Sovente la gente la trova a dormire vicino a le fonti. Nessuno la desta. (La vecchia nel sonno) Antagonista: la vecchia

La vasca è assai grande e l‘acqua v‘è fonda quattr‘uomini almeno, si dice vi sono le anguille. Sta intorno nel giorno la gente a pescare a la canna. Sono grosse le anguille, più grosse d‘un bimbo fasciato, si dice. (La vasca delle anguille)

La gente si ferma a guardarlo. (Il figlio d‟un re) Antagonista: il giovane principe

Intorno s‘aggiran tre vecchie che insegnan la spina alla gente. «A quella rimase impigliato.» … La gente passando si ferma a guardare. (Il manto)

N‘à la chiave la cieca: ella mena la gente. Va la gente al Santuario su la vetta del monte, sale l‘erta la gente, la cieca ne insegna il cammino… (La lacrima) Antagonisti: la vecchia, il Santo

La gente cammina pian piano su l‘erta che mena alla chiesa. … La gente cammina pian piano. … La gente passando si ferma a guardare. (Le fanciulle bianche) Antagoniste: le fanciulle bianche

La gente passando si volge e procede dinanzi al castello ch‘è senza finestre. Si sa di broccati, di seggiole d‘oro, 204 di mobili grandi cosparsi di gemme, di cofani zeppi di perle e rubini, si dice: dal tetto si vede il bel mondo! … Soltanto i fantocci lo stanno a guardare. (Il castello dei fantocci) Antagonista: i fantocci

E i treni le corrono veloci davanti portando la gente lontano. (La casa di Mara) Antagonista: la vecchia

La casa non sembra abitata da gente. (La figlia del sole) Antagonista: la figlia del sole

Lanterna (1907)

Il rapporto tra il protagonista e la gente comincia a cambiare: la loro opposizione resta sempre valida, però il comportamento della gente diventa meno schematico. La gente non si limita più ad osservare il protagonista, invece è pronta a intervenire, il più delle volte l‘intervento della gente risulta essere pericoloso per il protagonista, può provocare la sua morte. Secondo A. Dei, «si prefigura una vera e propria sindrome di linciaggio, un rovesciamento che porta la minaccia dall‘interno all‘esterno, la rende cieca ma tangibile» (Dei 2002: XXII). Il protagonista è sempre diviso dalla gente da una sorta di cerchio magico (per esempio, nella poesia Tempio serrato) che gli funge da ultima, debole difesa. La gente acquista il dono della parola, si sentono le battute delle persone che esprimono il proprio giudizio, commentano, si fanno domande. La presenza della gente è piuttosto corale e teatrale. Tra gli antagonisti della gente troviamo sempre il figlio di un re, un nobile, ecc., ma anche la figura dell‘artista. Nei confronti dell‘uomo dell‘arte la gente è crudele e spietata, per esempio, nella poesia Comare Coletta la gente prende in giro la povera vecchia ballerina (si accenna a un suo «sozzo peccato» del passato). Allo stesso tempo l‘artista comincia a dimostrare poteri straordinari, a dominare la gente, e.g. nella poesia che chiude la raccolta, La gavotta di Kirò, il «musico grande» fa ballare la gente al suono del suo piffero e poi sparisce in un raggio viola di luce. Gli antagonisti della GENTE: lo sconosciuto (un vecchio, un giovine, il Sole), tre principi, l‘imperatore abbattuto, la danzatrice, il grande musico.

205

Espressioni linguistiche del concetto GENTE: la gente, ognuno, tutti, frasi nelle quali l‘agens non viene precisato, ma è chiaro dal contesto, e.g. nella descrizione della danza («tanti occhi… s‘abbassan»). La parola «gente» è presente in 6 poesie su 15.

La sera, ogni sera, al tramonto, ognuno s‘appressa e n‘ascolta il romore, romore che tutti ormai sanno: voltare di foglio, voltare leggero di foglio. Ognuno ne ascolta, la sera, il romore e si guarda. … Ognuno ne ascolta la sera il voltare di foglio. (Torre burla) Antagonista sconosciuto (un vecchio, un giovine, il Sole)

La gente à la chiave del Tempio, la gente che è fuori aspettando, rivolta impaziente a la luce che ancora leggera traspare. … La gente di fuori in silenzio, rivolta a le grandi vetrate la luce ne sugge con occhio impaziente, lo vede, il Kinik, prostrate … lo vede, qual macchia che l‘acqua non lava. Ne sugge la luce anelante la gente e in mano tremante la chiave del Tempio prepara. (Tempio serrato) Antagonista: l‘imperatore abbattuto

Si ferma la gente a guardarla, di rado taluno le getta denaro… … Nessuno le porge la mano, nessuno a soccorrerla viene. (Comare Coletta) Antagonista: la danzatrice

La Vela s‘aggira nel largo … La gente a le rive ne segue il cammino, si ferma a spiarne l‘andare. (Vela lontana) Antagonisti: tre principi

la notte che ognuno ricorda, e si segna. … Ognuno ricorda la notte del fuoco. … Gli avanzi rimangono intatti, nessuno vi pose la mano, 206 soltanto una croce fu posta nel mezzo fra i neri carboni che a l‘ombra degli alberi grandi rimangon ricordo. Talora fra il nero si scorgon dei raggi lucenti, fulgore di gemme rimaste, «son gli occhi di Dama Mirena!» Di sotto ai carboni si dice che ancora Ella guarda. (Palazzo Mirena)

La sala già posta nel buio scurissimo, leggera vi serve l‘ondata di lievi sospiri rattratti. Già zeppa di gente è la sala, di gente che attende impaziente. … Stasera Egli suona una Danza. Ognuno il respiro trattiene, soltanto il silenzio s‘aggira nel buio. … S‘incontran d‘un tratto Tanti occhi fulgenti, pungenti, s‘abbassan socchiusi. … La folla le braccia protende lanciando dei gridi di gioia d Kirò. (La gavotta di Kirò) Antagonista: il musico

Poemi (1909)

Il rapporto tra il protagonista e la gente continua a cambiare: è sintomatico che il protagonista non si nasconde più alla gente. Al contrario, nella poesia che apre la raccolta, Chi sono?, il poeta si dichiara il «saltimbanco dell‘anima mia»: il mestiere del saltimbanco di per se presuppone l‘apertura al pubblico. Il poeta si esibisce davanti alla gente, anzi, è pronto a farle vedere il proprio cuore, davanti alla quale mette addirittura una lente. Comunque sia, resta valida l‘opposizione tra la gente e il protagonista «eccezionale» (una regina, un giovane, l‘alter ego del poeta, ecc.) di cui si è parlato prima. L‘azione principale svolta dalla gente è sempre quella di «guardare». Inoltre, proprio la capacità di guardare e di vedere aiuta a creare l‘opposizione tra il protagonista e la gente: il protagonista vede quello che la gente comune non può vedere (lo sconosciuto guarda sempre la linea d‘orizzonte dove s‘incontrano la luce e il buio; la gente vuole guardare il mare giallo, ma rischia di diventare cieca). Il protagonista attira l‘attenzione della gente, ma la gente si dimostra incapace di capirlo e dà un‘interpretazione erronea ai fatti strani che osserva. L‘opposizione tra il protagonista e la gente comincia a essere legata al colore rosso, quello della fiamma opposto al colore indeciso della gente. Resta sempre valido il tema della partecipazione della gente ai riti cristiani. 207

Gli antagonisti della GENTE: il poeta-saltimbanco, il giovane, il padrone del Mar Giallo, la regina, ognuno, l‘io narrante. Espressioni linguistiche del concetto GENTE: la gente, centomila persone, costrutti impersonali («si dice che»). La parola «gente» è presente in 10 poesie su 48.

Io metto una lente dinanzi al mio core, per farlo vedere alla gente. (Chi sono?) Antanogista: il poeta-saltimbanco

A quel cancello, sulla fine del giorno la gente ci si allaccia torno torno in grandissimo silenzio. Si dice che all‘ultimo raggio del sole. nel mezzo di quel prato, s‘alza una mano Bianca che benedice. (I prati di Gesù - I)

solo da un lato, ad una comodissima balaustra la gente si può fermare finché vuole per guardare inginocchiata. (I prati di Gesù - IV)

E‘ una perpetua continua processione di centomila persone ogni giorno, che a quel prato s‘aggiran torno torno per ore e ore. Centomila persone che s‘intrecciano, s‘incontrano, si guardano, s‘inchinano, senza far romore. … La gente è sempre stata nella più grande ammirazione, giro giro, tondo tondo, da che mondo è mondo. Tutti ammirano perplessi quell‘eterno placido sonno, tutti colla massima devozione, ogni giorno centomila persone. … La gente giro giro sta fissa ad ammirare l‘alzarsi e l‘abbassarsi di quel petto, sta in orecchi per udire il placido respiro. (I prati di Gesù - V) Antagonista: il giovane

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…gettando raggi sì vivi agli occhi della gente che si ferma a guardare, che taluni accecano. E non per questo non si vedono sbarrati cent‘occhi avidi di guardare, e con tutta la forza dell‘anima, di desiderare un sorso d‘acqua di quel mare. Nessuno azzarda però di toccare quell‘acqua, la legge lo proibisce, se uno v‘intinge un dito talora, il dito resta di giallo tinto, e la legge lo punisce. … Non per questo la gente s‘arresta di guardare col più avido sguardo, la tremulante acqua di questo giallo mare. (Mar Giallo) Antagonista: il padrone del Mar Giallo

La vedon le genti del mare, ell‘è come un faro sinistro lassù, il mesto fanale del popolo suo! La vedon le genti del monte, del piano, Meschina Regina! Ognuno sta fisso, ammirando con occhio di pena …. La guarda con occhio piangente il popolo suo, Meschina Regina Carmela! (Regina Carmela) Antagonista: la regina

La gente s‘accalca ai ferri del cancello, taluno a voce bassa si contende il vano dell‘ultimo ferro. … La gente nell‘attesa guarda il gran castello … Silenzio. La gente s‘accalca. ora si accomodano in due per ogni vano di ferro. … Ai vani del cancello si zeppano le teste, si sbarrano cent‘occhi delle genti peste. … Ad ognuna delle teste s‘affaccia lo stessissimo pensiero. Che sia malata? Dove malata? 209

… Silenzio di tomba. … Ognuno par diventato di sasso davanti al suo passo. … Ella passa e non si volge alla gente che s‘accalca al suo cancello … Sempre la stessa gente che s‘accalca ai ferri del cancello, Sempe quel medesimo silenzio. … La gente a poco a poco spopola il cancello. (Regina Carlotta) Antagonista: la regina

Dinanzi alla mia porta si fermano i passanti per guardare, taluno a mormorare: là dentro quella casa la gente è tutta morta, non s‘apre mai quella porta (La porta) Antagonista: l‘io narrante

Vittoria… Custodisce la porta della gente morta. (Vittoria) Protagonista: la vecchia custode dimenticata

VOCI Chi lo dice un bellissimo frate, chi lo dice un bruttissimo frate. Chi lo dice un frate alla moda, chi lo dice fuori di moda. Chi un frate con la coda. …. ADORAZIONE … Nella cappella semispenta Pochissime persone. … RIFLESSIONI Fra tutta la gente vestita di colore indeciso, lui, tutto rosso, con quel suo strano viso… Se lo mettessero in prigione? (Il frate rosso) L‘antagonista: il frate rosso

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L’Incendiario (1910)

La gente è sempre opposta al protagonista, anzi, questa opposizione diventa uno dei temi centrali della raccolta, però il protagonista non si nasconde più, ma spesso sfida la gente, la insulta e provoca. Non di rado l‘io narrante si rivolge direttamente alla gente. La rappresentazione della gente tende a essere corale, teatrale. Le persone esprimono il proprio parere, si fanno domande, a volte il tono delle battute è piuttosto brusco e pesante. Il ritratto che si fa della gente è spesso crudele e spietato (vedi l‘Incendiario), centrale è anche il tema del fuoco purificatorio. La gente è rappresentata come portatrice di valori tradizionali e svalutati, e il poeta glielo dimostra (e.g. per superare la paura della morte si invita a trasformare i cimiteri nei luoghi di divertimento). La gente è sempre rappresentata come una massa grigia, nell‘opposizione tra il poeta e la gente piuttosto forti sono i motivi cristologici (vedi, per esempio, La morte di Cobò), oppure il poeta si ritrae in veste di sacerdote. La gente non capisce il protagonista, non vuole il suo tesoro, ma anche il protagonista si sente abbastanza autosufficiente e non vuole far entrare la gente nel suo regno. Del rapporto tra il poeta e la gente parla anche la famosa poesia E lasciatemi divertire! In essa il poeta dichiara di non avere obblighi e doveri nei confronti della gente, in altre poesie dice che è stanco della morbosa curiosità della gente e vuole tentare la via di fuga. La sua salvezza è nell‘anonimato. Gli antagonisti della GENTE: l‘incendiario, Cobò, l‘io narrante. Espressioni linguistiche del concetto GENTE: tutti, centinaia di persone, uomini, la folla muta. Si sentono le battute pronunciate dalla gente. La parola «gente» è presente in 14 testi su 22. Sono molto indicativi anche gli insulti rivolti alla gente la quale è rappresentata ora come un animale passivo e stupido (pecorame, bestiacce) ora come un animale pericoloso («quegl‘insetti immondi e poltroni, / sono lividi di malefica astuzia, / circola per le loro vene / il sangue verde velenoso») oppure si parla di «poveri esseri di paglia», cioè quelli che bruciano subito.

Tutti s‘aggirano torno torno all‘enorme gabbione, durante tutto il giorno, centinaia di persone. [le battute] … Inginocchiatevi marmaglia! Uomini che avete orrore del fuoco, 211 poveri esseri di paglia! Inginocchiatevi tutti! Io sono il sacerdote, questa gabbia è l‘altare, quell‘uomo è il Signore! … Fermi tutti, v‘ò detto! Tenete la testa bassa, picchiatevi forte nel petto, è il confiteor questo, della mia messa! T‘ànno coperto d‘insulti e di sputacchi, quello sciame insidioso di piccoli vigliacchi. Ed è naturale che da loro tu ti sia fatto allacciare: quegl‘insetti immondi e poltroni, sono lividi di malefica astuzia, circola per le loro vene il sangue verde velenoso. … e quel mantello nero te l‘àn gettato addosso gli stolidi uomini vero, perché non si veda che sei tutto rosso? … E voi, rimasti pietrificati dall‘orrore, pregate, pregate a bassa voce, orazioni segrete. … Fuori vado vestito di grigio, ovvero di nessun colore, c‘è anche per le vesti una polizia, come per le parole. E quella per il fuoco È tremenda, accanita, gli uomini ànno orrore delle fiamme, gli uomini serî, per questo ànno inventato i pompieri. … Guardali, guardali, come fuggono! Sono forsennati dall‘orrore, la paura gli à tutti impazzati. Potete andare, fuggite, fuggite, egli vi raggiungerà! (L‟incendiario) Antagonista: l‘incendiario

Ora la villa è chiusa. Io la ricordo ancora stranamente abitata, quasi invisibilmente, quasi, perché la gente non s‘accorgesse… … «Sembrava la più onesta riunione «di nobili dame» gridava la gente, «ed era una morbosa accozzaglia «di luride puttane!» (Villa Celeste) 212

Le solite antiche fole della solita antica gente! … Potete entrare, avanti, fatevi tutti avanti, sono spalancate le porte, anche per chi non c‘à persone morte! Tutti possono andare, girare a proprio piacimento … I morti non sono uguali, come credono tutti, e soprattutto, non sono muti … Tutti gironzan leggendo più o meno speditamente, alcuni sillabando. … E tutti gironzano indifferenti, sgusciando calde arroste, succhiando confetti, o i duri di menta, leggiucchiando senza fede le ciarle di quei poveretti. … la gente se ne torna dai camposanti allegramente. (La fiera dei morti)

Attorno alle altissime mura che circondano il castello di Cobò, gira e rigira la gente nella massima paura. … La gente gira attorno le mura, sempre pronta per scappare, nella massima paura. [le battute]

Si segna la gente.

Uomini, disse agli uomini Cobò, non mi avete voluto vivo, non mi potrete avere quando morirò.

Io detti agli uomini il mio oro a piene mani, e gli uomini m‘insultarono perché non n‘ebbero abbastanza. … M‘insultaste, e mi diceste che non avevo lavorato. … e voi gettaste insulti e sputi sopra i miei passi, mi lanciaste anche dei sassi. Sulla piazza gridai, e fui insultato, chiuso dentro il mio castello, e fui insultato. … 213

Tornato a casa, Cobò, dopo il rifiuto degli uomini … Gli uomini che sfamavo, mi volevan mangiare anche quando gli avevo bene sfamati. … Uomini che non m‘avete voluto vivo, non mi potrete avere quando morirò.

[le battute della gente] (La morte di Cobò) Antagonista: Cobò

Uomini luccicanti ricoperti di ferro, uomini seminudi, avvolti di pellicce, van via avanti avanti, or lesti or lenti, mescolati al bestiame, tutti in carovane. … Dove andate? Si può sapere? Cosa c‘è in fondo a quella via? Andate alla Città del Sole Mio? Imbecilli! Idioti! Fermatevi! Non lo sapete che in quella Città non posso andarci che Io? Per Dio! (Le carovane) Antagonista: l‘io narrante

Rivoltate! Tornate tutti indietro! Stolido pecorame! Non lo sapete che non ci potete andare in questa città? E‘ chiuso per tutti quel reame! Alla Città del Sole Mio, non ci posso andare che io! Tornate tutti indietro! Ohelà! Pecorame! Bestiacce testarde! Non sapete qual era la vostra sorte? Sareste rimasti tutti fuori A litigarvi alle porte. Sono tutte chiuse quelle porte! … La città voi non la potete vedere, ci vuole il mio canocchiale; venite a sentire. Accovacciatevi in silenzio, non è tanto robusta la mia voce, statevi muti come stareste ai piedi della croce. [segue il dialogo con la gente] (La città del Sole Mio) Antagonista: l‘io narrante 214

la gente che riempie la chiesa di colori vi urta, vi dà noia (Le beghine)

[tutto il testo rivolto alla gente] i tempi sono molto cambiati, gli omini non dimandano più nulla dai poeti, e lasciatemi divertire! (E lasciatemi divertire!)

Mi conoscevano tutti, un pochino alla volta tutti m‘avevan conosciuto, e il bello d‘un poeta è l‘esser sconosciuto. Tutto di me sapevano, appena fuori d‘un passo tutti mi salutavano, nella via mi squadravano, mi pesavano, ed ognuno voleva dir la sua. (Quando cambiai castello) Antagonista: il poeta

sarebbe curioso che questo castello fosse stato, prima di me, abitato da della gente cento volte più stramba di me. (La ciociara in lutto)

Voi uomini tutti tenete addosso un orologio, e non sapete tutto quello che lui di voi sa, tutto esso segnerà, e non ve lo dirà mai. … Uomini, che da voi non sapete nascere, da voi non sapete neppure morire, e vi tenete caro sul petto, sul core, quell‘ordigno che sa la vostra ora, e non ve la dirà, e tutti i giorni, ve la batte sul seno, e non ve n‘accorgete. (L‟orologio)

Gli uomini come va, nella buona società, usan tenere, per il buon umore, una moglie al posto della scimmia (Cherubina) Tutti gli occhi addosso a me, della mia folla muta, entra il re. 215

… Mi perdo a tutto quel girare di gente così disuguale. (Il ballo) Antagonista: l‘io narrante

E anche i pranzi e le cene devono essere numeri del programma della gente perbene. (Il pranzo)

Testi che fanno parte della raccolta Poesie (1910-1915)

Nelle prime poesie del volume si sente forte il tema della fuga del poeta, per esempio, nell‘Addio il poeta si presenta come un campanaro e rivolge il suo rimprovero direttamente ai suoi lettori che non hanno capito la sua musica, chiama la gente alla raccolta per annunciare la propria partenza per Parigi. Un risvolto comico il tema della fuga ha nelle Postille: il suo protagonista, un poeta, si nasconde alla gente, si chiude dentro la sua villa, ma la gente continua ad assillarlo: questa volta non «parla», ma «scrive» sulla lapide di marmo bianco al cancello tutto quello che pensa del poeta (naturalmente, sono postille dal tono scherzoso, a volte un po‘ pesante, e.g. «pederasta passivo»). Anche ne L‟assolto il poeta racconta di essere stato seppellito vivo dai suoi buoni fratelli che all‘improvviso decidono di liberarlo, ma anche fuori della prigione il poeta si sente osservato, la gente continua a pensarne male. Allora il protagonista si rivolge alla gente e domanda il perché di tale atteggiamento, poi decide di trarre il massimo vantaggio dalla situazione: non nascondersi alla gente, non fuggire, ma, al contrario, esibirsi e provocare. La rappesentazione della gente nella poesia L‟ospite è molto vicina: il poeta si descrive come un ospite tra la gente che non lo capisce, ma o vuole tenere in casa, recluso in una gabbia, e sa solo odiarlo. In questa poesia la gente è presentata come una massa oscura, violenta e crudele, che si diverte a torturare il poeta e minaccia di ammazzarlo; l‘odio della gente viene spiegato con il suo spirito di conservazione. Infine, in Una casina di cristallo dal sottotitolo eloquente Congedo il poeta dichiara che non cerca più la solitudine, ma vuole vivere in mezzo alla gente, in una casa di cristallo. Oramai è disposto a far vedere tutto alla gente, anche i propri sogni. Comunque, il rapporto tra il poeta e la gente cambia: non è più un‘opposizione agguerrita, ma un rapporto divertito, bonario. Il poeta e la gente sono aperti alla comunicazione: la gente osserva il poeta, commenta il suo comportamento, si può rivolgere direttamente al padrone della casina di cristallo, ma anche lui osserva la gente e risponde al saluto. Tutto sommato, la gente prova una specie di simpatia per il poeta. Gli antagonisti della GENTE: il poeta che spesso coincide con l‘io narrante.

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Espressioni linguistiche del concetto GENTE: la gente, miei poveri lettori, signori passanti, i miei buoni fratelli (ironico), miei cari signori, esseri umani alla terra aggrappati, tutte le altre persone. Si sentono le battute della gente. Ne L‟ospite la gente è paragonata alla madre che punisce il suo figlio-monello.

Dal mio campanile Eccomi un‘altra volta A chiamarvi a raccolta Miei poveri lettori. Forse per l‘ultima volta Io vi richiamo colle mie campane Che hanno voci umane (Addio) Antagonista: il poeta

La lapide è bianca, signori passanti, la vostra parola ci manca, avanti avanti! (Postille) Antagonista: il poeta

Allor che i miei buoni fratelli M‘avevan due volte sepolto, disse una voce: (io non so come e dove) «assolto. Mancanza assoluta di prove». … Assolto! Io sono l‘assolto Miei cari signori, ed ora che son fuori guardatemi bene in viso: ò ucciso? … Fuggire? Nascondersi agli occhi della gente? Ma che! Sottrarsi alla sconcezza Del dubbio ch‘io rivesto? Ma che! … Si sa che color che incontrandomi, intrecciavan col mio gai sorrisi, vedeste ora che visi… che visi che fanno! E che voci sorprendo dai crocchi! Vedeste che occhi!

[le battute della gente] (L‟assolto) Antagonista: l‘io narrante

Esseri umani alla terra aggrappati, capaci d‘odiare, ditemi un poco una cosa: 217 avete mai pensato d‘aver con voi, ospite, l‘essere che odiate? Con finti risi, con carezze accattate, averlo pian pianino attirato, come fa la madre col monello che vuol picchiare? Pensate d‘averlo con dolcezza accaparrato, e di tenerlo in casa, in vostro potere, come dentro una gabbia dalla quale non potrà scappare? E‘ vostro, pensate, che ne volete fare? Voi l‘odiate!

Non perché vi uccise il fratello e la madre vi rubò l‘oro o la bimba che amavate, non perché tenne la vostra sorte in suo potere. L‘odiate perché l‘odio vuole, (l‘odio è persona come l‘amore) e odiate quello perché l‘odio vuole. Ditemi, che gli si deve fare? Con un rasoio fino fino Farlo a fettine come il salamino? Ma che! Strappargli il cuore? Ma che! Piantargli in ogni poro Una lama di pugnale? Ma che! Dargli fuoco! Farlo morir di fame! Guardarlo ridendo poco a poco Languire, struggere, consumare! Ma che! … L‘odio vive in sé, come l‘amore, (ami chi t‘ama forse?) Come tutte le persone Che ànno il loro spirito di conservazione. (L‟ospite) Antagonista: l‘io narrante

L‘antico solitario nascosto non nascondere più niente alla gente. Mi vedrete mangiare, mi potrete vedere quando sono a dormire, sorprendere i miei sogni; mi vedrete quando sono a fare i miei bisogni, mi vedrete quando cambio la camicia. Se in un giorno di malumore Mi parrà di litigare colla serva, prenderete la sua parte, e farete benone, non c‘è niente di male, vi accorgerete dalla mia cera 218 come va la mia arte. Mi vedrete chino sulle carte Dalla mattina alla sera. E passando mi potrete salutare, augurare il buon giorno e la buona notte, e io vi risponderò. E se poi mi vedrete pisciare, non vi dovete scandalizzare, se no, peggio per voi! Non vi dovete voltare Quando passate. … [le battute della gente] - Ma come se ne sta tranquillo quel salame! - Guarda guarda, ci saluta! - Ah! C‘à detto buona passeggiata. -Buon lavoro, poeta! - E‘ una gran puttanata! - E‘ una bella trovata! (Una casina di cristallo) Antagonista: l‘narrate (il poeta)

Gente (1974)

Lo sguardo del poeta alla gente cambia completamente: non è più una massa grigia, il poeta distingue in essa femmine e maschi, giovani e vecchi, ricchi e poveri, ecc. La gente viene paragona al seme, all‘erba dei prati. E' indicativo che di sé stesso il poeta dice di fare anche lui parte della gente. Il poeta confessa che per molto tempo si è limitato ad osservare la massa umana, invece ad un certo punto si decide di penetrarla per trovare «un elemento che dà tutta l‘illusione di essere uguale a te». Il tentativo è fallito, non lo salva dalla solitudine, però il finale non è triste: il poeta trova pace nell‘osservare la gente «come si guardano / gli alberi dentro la foresta, / come si guardano le onde / nell‘acqua del mare». Gli antagonisti della GENTE: l‘io narrante. Espressioni linguistiche del concetto GENTE: seme, massa, la gente. La gente viene paragonata all‘erba, agli alberi della foresta, alle onde del mare.

Che importa di sapere tale massa che cos‘è? Di dove viene e perché? Tanto meno dove va È la gente che non appartiene E nella quale è inclusa indissolubilmente Ogni parte di me. … Penetrare in quella massa vi chiedete ad un certo momento dopo avere osservato bene 219 dopo avere osservato tanto: è una cosa che si fa? … E una volta che ogni impresa Sia pervenuta a fallimento che si fa? Che cosa resta da fare? ci chiediamo osservando quella massa disincantati e pieni di sgomento: «più nulla da sperare Più nulla me ne viene Più nulla ne verrà...» Quando mi accorgo Finalmente quello che è quello che sia quello che mi può dare effettivamente se la guardo come si guardano gli alberi dentro la foresta come si guardano le onde nell‘acqua del mare. (Gente) Antagonista: l‘io narrante

Purtroppo il materiale russo non è sufficiente per poter arrivare alle conclusioni statisticamente rilevanti che riguardano la rappresentazione linguistica del concetto GENTE nelle traduzioni disponibili, perciò ci limitiamo a fare qualche osservazione. Nel Pappagallo il nome «gente» viene reso in russo con il nome «прохожие» (lett. «i passanti») oppure troviamo frasi in cui il verbo è usato in 3 persona plurale («ему докучают»), con l‘agens plurale non esplicitizzato (questo costrutto corrisponde alla soluzione adoperata più volte dallo stesso Palazzeschi («si sa che», «si dice che»)). Nella traduzione de L‟orto dei veleni incontriamo la stessa soluzione: non si fornisce un equivalente alla parola «gente», ma si usa una frase con il verbo alla 3 persona plurale, però c‘è anche una precisazione lessicale «В округе со страхом о ней вспоминают» (lett. «Nel vicinato la ricordano con paura»). Invece nella versione russa de La casa di Mara è stato possibile trovare una soluzione al livello del lessico e usare un equivalente russo del termine «gente»: «люди». La stessa parola «люди» è usata in Chi sono? in ambedue traduzioni russe. Quanto alle battute teatrali, alle voci della gente, la loro resa in russo non presenta difficoltà.

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Allegato 2

Esperienze del commento ai racconti tratti dal volume Il palio dei buffi

Nel capitolo dedicato alla presenza dell‘opera di Aldo Palazzeschi in Russia, è stata menzionta la pubblicazione di una raccolta di racconti dello scrittore tratti dal volume Il palio dei buffi. Il libro in questione è uscito nel 2007 presso la casa editrice moscovita «Ajris», a cura di Alessandra Braschi e di chi scrive, e fa parte della collana didattica per studenti russi di lingua italiana250. Del volume fanno parte 12 novelle corredate da una breve prefazione dei curatori e da un dettagliato commento linguistico (Альдо Палаццески, Турнир чудаков, Айрис, Москва 2007). L‘obiettivo del commento è di facilitare la comprensione del testo e di fornire necessarie informazioni sui fatti e personaggi storici, sui luoghi menzionati e soprattutto sugli elementi fiorentini che potrebbero sfuggire allo studente russo abituato all‘italiano dell‘uso medio: termini, espressioni e modi di dire, fenomeni grammaticali tipici del vernacolo, alcune particolarità fonetiche, ecc. Nel caso di frasi particolarmente difficili, i curatori hanno ritenuto necessario proporre una propria variante di traduzione in russo. Riportiamo in seguito il testo del commento il quale, pur non essendo una traduzione, ci permette comunque di fare qualche osservazione che riguarda il confronto con il russo e la particolarità dello stile palazzeschiano251. Innanzitutto in queste novelle, ambientate in Toscana, qualche volta a Firenze, si incontrano non pochi toponimi che uno straniero potrebbe non conoscere oppure potrebbe non capire il significato particolare che i luoghi indicati hanno per la popolazione locale (Nave di Rovezzano, le Cascine, Borgo Allegri):

Nave di Rovezzano – квартал на юге Флоренции, где когда-то, до постройки моста Варлунго, была переправа через Арно. Флорентинцы со свойственным им юмором окрестили это район «Nave» («Корабль») в честь единственного суденышка, перевозившего людей и велосипеды; le Cascine – парк во Флоренции; Borgo Allegri – улица в центре Флоренции, ecc.

In alcuni casi Palazzeschi si riferisce ad opere d‘arte opure ai fatti storici che non fanno parte del «bagaglio culturale» di un russo medio oppure il rimando ai quali potrebbe non essere chiaro

250 Per il momento sono usciti due altri volumi: Racconti neri (2007) e Racconti fantastici (2008). 251 Nel preparare il commenеto si siamo basati sul capitol o «Dialetto toscani» in Челышева, Нарумов, Романова 2001, с. 124-128. 221

(ad esempio, gli affreschi di Giotto ad Assisi, si cita anche il passo della Divina Commedia in cui si parla di Cimabue e Giotto; le spedizioni di Umberto Nobile; l‘almanacco di Gotha):

Ma non quello che tolse il vanto a Cimabue, e dipinse San Francesco in maniera celestiale – имеется в виду великий итальянский художник XIV в. Джотто ди Бондоне и один из его шедевров - фрески со сценами жития Святого Франциска в Базилике Святого в Ассизи. Согласно Вазари Джотто был учеником Джованни Чимабуэ, Данте упоминает их в «Чистилище» (XI, 94–96): «Кисть Чимабуэ славилась одна, а ныне Джотто чествуют без лести, И живопись того затемнена».

Polo м – полюс. Скорее всего, речь идет не о Южном полюсе, открытом Руалем Амундсеном в 1911 г., а об экспедициях 20-х годов на Северный полюс, возможно, о полете итальянца Умберто Нобиле, Амундсена и американца Линкольна Элсуорта на дирижабле «Норвегия» (1926 г.). l’almanacco di Gotha – генеалогический альманах самых знатных семейств Европы, публиковавшийся в 1763-1944 гг. в г. немецком городе Гота

In altri casi si spiegano volaboli che lo studente russo potrebbe non conoscere: termini rari o di stile alto oppure si spiegano gli usi occasionali delle parole: zeffiro м книжн. - зефир (ветер); periglio м книжн. = pericolo; ove книжн. = dove; cimento м зд. книжн. – испытание; traverso зд. - полный, ср. «поперек себя толще»; deserto прил. книжн. - опечаленный, опустошенный, ecc.

Visto che in molti racconti comici i personaggi spesso litigano e si insultano, è stato necessario spiegare alcune parole ed espressioni «basse» che in Palazzeschi, fra l‘altro, sono molto pittoresche: un buco arrovesciato вульг. – в плохом настороении (букв. «без отверстия внизу» - о человеке, мучающемся запором); un fico tiepido разг. – тюфяк; refrattario bislacco – бесчувственный чурбан; «Bistino! Lesto perdio! Che fai, gingillone? Polendone! Stai a grattarti le anche? Presto, marmotta, lumacone!» - «Бистино! Шевелись, ради Бога! Что ты там копаешься, бездельник! Растяпа! Баклуши бьешь? Быстро давай, увалень, соня!»

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Naturalmente, è stato necessario commentare i toscanismi, inclusi gli elementi vernacolari. In alcuni casi invece di fornire una traduzione si è scelto di proporre una spiegazione in italiano letterario: daddolona ж тоск. – кривляка; tutta … gestri e calie тоск. - привереда и капризуля; giulebbe м тоск. – елей; bracone che non sei altro тоск. - какой ты любопытный; grullo м тоск. – дурачок; pigliarsi i ladri in casa – впустить воров в дом; Me ne vo su due piedi! тоск. - Духу моего здесь не будет! (vo = vado); un pocolino тоск. = un poco, ecc.; popone м тоск. = melone; Sicché? тоск. - Ну что?; codesta тоск. – эта; lo fo filare тоск. = lo faccio filare - я его выставлю; al tocco e mezzo = all‘una e mezzo di notte, ecc. o so‟ Fanfulla, ma icché la ci fa vedere? тоск. = Signor Fanfulla, ma cosa ci fa vedere? ‟un mi lasciavan ben‟aere тоск. = non mi lasciavano in pace (ben avere = stare in pace)

Come nelle novelle Il giorno e la notte e La signora dal ventaglio, nei testi commentati sono presenti numerosi modi di dire che costituiscono una difficoltà per il lettore non italiano (ma qualche volta anche per un lettore italiano non toscano). Sono elementi che rendono il testo palazzeschiano particolarmente espressivo perché, come è già stato osservato, servono a creare una forte immagine visuale. Per esempio, della madre che abbraccia le sue figlie si dice che sta «stringendosi alle ali le ragazze»: la traduzione letterale sarebbe «прижимая к себе дочерей», però l'uso del termine «ala» fa pensare a una chioccia che cerca di progettere i propri pulicini. Un altro esempio: delle persone si dice che «sgattaiolavano verso le proprie case»: la traduzione letterale è «тихо ускользали по направлению к дому», per rendere più evidente l‘immagine dei gatti che si muovono silenziosi e inosservati è stato aggiunto il relativo commento tra parentesi: «как незаметно появляются и исчезают кошки, входящие в дом через специальную дверцу, ит. gattaiola». servire qd di barba e parrucca – отдубасить; finire col naso in terra e a corna rotte – он бы ей рога пообломал, ходила бы тише воды ниже травы; con un filo di voce – еле слышно; a quel cervello … era saltato il coperchio direttamente – он свихнулся, ср. у него крыша поехала; un donnaiolo per la pelle – неисправимый бабник; viene il sabato – Ветхозаветная суббота, день строгого покоя и размышлений. Зд. настанет день расплаты, ср. «не все коту масленица»; «Questo le abbraccia lo stomaco» - «Пальчики оближете», ecc.

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Alla stessa categoria appartengono i proverbi ai quali si è cercato di trovare un equivalente: Con quella po‟ po‟ di fetta! ср. - Голод и волка из лесу гонит!; la bocca porta le gambe ср. - не полопаешь – не потопаешь.

* * *

Il commento al volume

Альдо Палаццески – флорентинский писатель, в его языке немало черт, характерных для живого языка современной Флоренции. В новеллах Палаццески присутствуют разные стилистические пласты – от высокого книжного стиля до просторечия, в диалогах нередко звучит местный говор - «вернаколо». Именно такой, подслушанный автором разговор двух извозчиков, лег в основу последней новеллы сборника – «Карбуро и Биркио». Ориентируясь на читателя, который будет воспринимать текст Палаццески через призму литературного итальянского языка, составители решили не ограничиваться сугубо лингвострановедческим комментарием и уделили особое внимание лексическим и грамматическим тосканизмам, в первую очередь, фразеологии.

Принятые сокращения: вульг. – вульгарно зд. – здесь ирон. - иронично книжн. – литературно-книжное слово лат. – латинский непр. - неправильно прост. - просторечие разг. – разговорное слово или выражение редк. – редко ср. – сравни тж. - также тоск. – тосканское слово или выражение уст. – устаревшее слово фр. – французский шутл. - шутливо прил. - прилагательное ж. – женский род м. – мужской род мн. – множественное число

Некоторые явления, регулярно повторяющиеся в тексте, не включены в комментарий к отдельным новеллам: - сочлененная форма предлога: coi = con i - раздельное написание местоимений: glie lo = glielo, glie ne = gliene и т.д. - употребление chè в значении perché - употребление mentre che = mentre - лексические тосканизмы: principiava a urlare = cominciava a urlare, pigliare = prendere - предпочтение префиксальных форм: addivenuto = divenuto, arrovesciato = rovesciato, incominciare = cominciare - отличие от литературной нормы в глагольном управлении: gli piaceva di fare qc = gli piaceva fare qc, intendere di fare qc = intendere fare qc и т.д.

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Gedeone e la sua Stella

1 giovinotto м = giovanotto

2 che il popolo chiama caldane, cotte, scuffie, cantonate – про которые люди говорят «влюбиться, втюриться, врезаться, втрескаться»

3 un buco arrovesciato вульг. - в плохом настроении (букв. «без отверстия внизу» (о человеке, страдающем от запора));

4 un fico tiepido разг. - тюфяк

5 si prodigò alla moglie – целиком посвятил себя супруге

6 ср. servire qd di barba e parrucca – отдубасить

7 finire col naso in terra e a corna rotte – он бы ей рога пообломал, ходила бы тише воды ниже травы

8 daddolona ж тоск. - кривляка

9 tutta … gestri e calie тоск. - привереда и капризуля

10 giulebbe м тоск. - елей

11 ti venisse il canchero – чтоб тебя…!

12 sciabordito м – оболтус

13 torcibudella м – заворот кишок

14 rispondere in rima – отвечать в тон

15 gli lasciò andare un manrovescio – влепила ему пощечину

16 un pocolino тоск. = un poco

17 non appena aveva finito di rigovernare i cocci del pranzo gli rovesciava sulla testa il catino della rigovernatura – вымыв посуду после обеда, она выливала ополоски ему на голову

18 a titolo di vantaggino зд. - на добавку

Il ladro

1 va‟ là – да будет тебе

2 riparavo il cassetto – прикрывал ящик

3 bracone che non sei altro тоск. - какой ты любопытный

4 sei stato l‟amante di un vecchio tegame, bacchettona per giunta, e che tabaccava per maggior delizia – ты был любовником этой старой перечницы, этой ханжи, к тому же нюхавшей табак

5 grullo м тоск. - дурачок

6 donna ж зд. - прислуга 225

7 facevano capolino – выглядывали

8 per assumere un contegno – делая вид, будто ничего не произошло

9 confabulare – шептаться

10 pigliarsi i ladri in casa – впустить воров в дом

11 fare una parte al giovane – отчитать, сделать выговор

12 giuocatore м = giocatore

13 messe il chiavistello con furore - с шумом заперла дверь (messe = mise)

14 senza tema – не боясь

15 strisciò ratto – быстро выскользнул

16 a filo di etichetta – по всем правилам этикета

17 Me ne vo su due piedi! тоск. - Духу моего здесь не будет! (vo = vado)

18 Un corno! – Еще чего не хватало!

19 per acquattarvisi un gatto – чтобы туда залез кот

20 borsaiolo м – воришка, карманник

21 con bonomìa – добродушно

Amore

1 ciocchettine di geranio rosa – ветви розовой герани

2 aita! книжн. = aiuto!

3 con un filo di voce – еле слышно

4 rogna ж зд. - недостаток

5 Non aveva mai accostato un uomo al mondo – Он ни с кем никогда дружбы не водил

6 la notte di San Bartolomeo – Варфоломеевcкая ночь, вошедшая в историю как символ коварной и жестокой расправы: 24 августа 1572 г., в день Святого Варфоломея, в Париже было совершено массовое убийство гугенотов.

7 periglio м книжн. = pericolo

8 Possedeva per questo mezzo le virtù del proprio danno – Он был наделен добродетелями, от которых сам только мучался

9 refrattario bislacco – бесчувственный чурбан

10 in un buglione di parole – захлебываясь словами

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11 se n‟era ita = se n‘era andata

12 Rettile velenoso… vermiciattolo viscido che ti strascichi sbavucchiando sopra la terra - Ах ты, змея подколодная… тварь ползучая, склизкий червяк

13 non disperava di ridurlo a prodigalità vera e propria - не теряла надежды сделать из него заправского транжиру

14 sarebbe presto guarito o ammattito del tutto – вскоре поправится или окончательно свихнется

15 entrata in bazzica тоск. - втершись в доверие

16 gente che non aveva le ore contate - те, кому спешить было некуда

17 pappino м тоск. - санитар

18 mettendo in evidenza certe complessità зд. - подчеркивая свои округлости (свою комплекцию)

19 casotto м – вахта, будка

20 pudibonda прил. редк. - стыдливая

Lumachino

1 molliccio прил. – вялый, невыразительный

2 un altro male зд. - не человек, а тридцать три несчастья

3 con minor rendimento зд. - так безответно

4 vedova in rigogliosa maturità e che piaceva all‟universale – пышно цветущая вдова, которую все находили привлекательной

5 onorevole м – депутат парламента, сенатор

6 il sangue color popone – желтоватая, бесцветная кровь; popone м тоск. = melone

7 scavezzacollo м – сорвиголова

8 ribaldo м зд. - бездельник, плут

9 Ma non quello che tolse il vanto a Cimabue, e dipinse San Francesco in maniera celestiale – имеется в виду великий итальянский художник XIV в. Джотто ди Бондоне и один из его шедевров - фрески со сценами жития Святого Франциска в Базилике Святого в Ассизи. Согласно Вазари Джотто был учеником Джованни Чимабуэ, Данте упоминает их в «Чистилище» (XI, 94–96): «Кисть Чимабуэ славилась одна, а ныне Джотто чествуют без лести, И живопись того затемнена».

10 bava ж зд. - слизь, ср. sbavare – пускать слюни

11 scaccino м редк. - сторож

12 piedi dolci = piedi piatti, шпик, ищейка

13 lo zimbello di tutti тоск. - всеобщее посмешище

14 Se ne andavano moge con le mani vuote – Понурившись, уходили ни с чем 227

15 tafferuglio м – скандал, заварушка

16 Assodato il sospetto venne accusato – Когда подозрения подтвердились, ему предъявили обвинение

17 guardina ж – камера для задержанных в полицейском участке

18 giudicandolo un imbecille a colpo – сразу решили, что перед ними круглый дурак

19 giudice istruttore – следователь

20 bidello м – уборщик, вахтер

21 gabinetto di decenza – уборная

22 cenci, spazzole, granate – тряпки, щетки, швабры

“issimo”

1 Ignudi o quasi, in mutandine o maglione, vestitissimi, in fogge strane o remote, abiti su abiti, toghe, mantelli, piastre, fusciacche, croci, collari – Почти или совсем голые, в трусах или свитере, перекутанные, в причудливых или старинных платьях, одетые, как капуста, в тоге или плаще, с монистами, кушаками, крестами и ожерельями

2 il cimièro o la mitria sulla testa, il tricorno o la feluca, un berrettino appena, le chiome al vento, fasciati come suore – в шлеме с перьями или митре, в треуголке или двурогой шляпе, в маленькой шапочке, с развевающимися волосами, запеленутые, как монахини

3 radicale м зд. - корень слова

4 ove книжн. = dove

5 cimento м зд. книжн. - испытание

6 deserto прил. зд. книжн. - нищий, несчастный

7 in una pubblica colletta – на публике

8 marameo! вульг. - фиг тебе!

9 sfregiarli in effigie – стереть их с лица земли

10 Se duro riesce ai primi il farsi in mezzo e potervi poco o molto restare, durissimo il comparirvi per colui che non voglia, e a nessun costo, esserci portato. – И если первым трудно пробиться и удержать славу надолго или не очень, еще труднее находиться в центре внимания тому, кто всеми силами пытается этого избежать.

11 uomo di pubblica ragione – знаменитость

12 peculio м шутл. - свой капитал

13 a seconda зд. - служащий, подчиненный

14 Sicché? тоск. - Ну что?

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15 periglio м книжн. = pericolo

16 la sorte si aggiunge al valore зд. - помимо личных заслуг многое решает каприз судьбы

17 cesoie ж мн – садовые ножницы

18 due matches di boxe agitatissimi – два напряженных боксерских боя (match, boxe фр.)

19 Polo м – полюс. Скорее всего, речь идет не о Южном полюсе, открытом Руалем Амундсеном в 1911 г., а об экспедициях 20-х годов на Северный полюс, возможно, о полете итальянца Умберто Нобиле, Амундсена и американца Линкольна Элсуорта на дирижабле «Норвегия» (1926 г.).

24 agosto

1 i suoni delle orchestrine cedono il posto al rumore delle tavole e delle seggiole che ripiegate vengono dai tavoleggianti portate dentro o ammassate all‟esterno dell‟esercizio – Звуки оркестрика сменяет шум столиков и стульев, которые официанты складывают и заносят внутрь или оставляют у входа в заведение

2 zeffiro м книжн. - зефир (ветер)

3 appollaiato прил. – нахохлившийся, как курица

4 restìo ai contatti – нелюдим

5 non gli rimane leggera l‟ineluttabilità di doverla sopportare зд. - ему отнюдь не просто смириться с этим

6 un po‟ contrariato – слегка раздосадованный

7 rosta ж тоск. - полукруглая решетка над входной дверью

8 Uno scherzo della canicola – Жара на него так действует

9 a quel cervello … era saltato il coperchio direttamente – он свихнулся, ср. у него крыша поехала

10 casa di pena – исправительное учреждение

11 Altri fu sospettato? – Заподозрили кого-то другого?

12 Certo, mi sarei costituito. – Я пришел бы с повинной.

13 Per legittima difesa? – Вынужденная самооборона?

14 Premeditatamente? – Предумышленно?

15 parto di pura follia – безумная фантазия

16 alternativa fra il credito e l‟incredulità – я то верил ему, то не верил

17 nessuno gli toglierà il brevetto зд. - никто не станет в нем сомневаться

18 salvare il mio orgoglio che macerava dentro di me con la mia stessa vita – спасти мою честь, которая таяла во мне, как таяла моя жизнь

19 veniva a vie di fatto con minaccia di coltello – доходило до поножовщины 229

20 rispondere con l‟odio allo scherno – за издевательства я его возненавидел

21 Prima di uscire egli venne ad alterco con un compagno per cause di gioco, vi fu gran tafferuglio – Прежде чем отправиться домой, он повздорил с приятелем-картежником, началась потасовка

22 senza riuscire a trovare il conto – так и не сумев их пересчитать

23 coscie ж мн = cosce

24 circolo м – клуб с кинозалом, баром

25 per parte del fratello = da parte del fratello

26 maniscalco м – кузнец, особ. подковывающий лошадей

27 un delitto passibile di trent‟anni di pena – преступление, которое грозило тридцатью годами тюрьмы

28 ci sono caduto come un allocco – а я попался, как олух

29 il favore di un cerino – как дать прикурить

30 non ha ammazzato una pulce – он и мухи не обидит

31 quel bislacco individuo – этот чудик

32 Come mi ha accalappiato bene! – Ловко он меня подловил!

33 E‟ ancora lì, tale e quale: piccolo, un po‟ rannicchiato nella persona, nel modo di chi sta per appisolarsi, o schiacci già un intermittente sonnellino. – Он так и сидит: жалкий, сгорбившийся, и кажется, то ли сейчас заснет, то ли уже дремлет себе.

34 Non mi ha gabbato – Он меня не надул

35 girandogli al largo – держась от него подальше

Bistino e il signor marchese

1 camino м зд. - камин, очаг

2 commensale м – сотрапезник

3 talaltra = qualche altra volta

4 a titolo di prestito – в долг

5 diceva una parola che dava la stura al racconto – давала понять, что готова его выслушать, и Бистино буквально прорывало

6 Chi è cagione del proprio male, pianga sé stesso. – Cам виноват, так и пеняй на себя.

7 con le quali faceva da martinicca al marito dopo avergli dato l‟aire – которыми она притормаживала мужа после того, как сама подтолкнула его (начать свой рассказ)

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8 se la vedeva balzare davanti come una viperetta – она набрасывалась на него, как разъяренный зверь (букв. как змея)

9 gli è che тоск. = il fatto è che

10 le novelle delle fate – волшебные сказки

11 sotto sotto l‟aveva in uggia – в глубине души она его раздражала

12 prestava orecchio ai suoi racconti – слушала его рассказы

13 con un uomo che era stato il ricettacolo di tutti i vizi; che rimasto erede giovanissimo aveva dilapidato la propria fortuna, e fatto sparire in un batter d‟occhi varie piccole eredità che la sorte gli aveva lasciato cadere per trattenerlo sull‟orlo dell‟abisso – с человеком, воплотившим в себе все пороки, с тем, кто промотал состояние, унаследованное в юном возрасте, и мгновенно растрачивал небольшое наследство, которые то и дело подбрасывала ему судьба, чтобы удержать его на краю пропасти

14 le trovava consegnate senza scampo – двери были наглухо закрыты

15 «ou il sont fatigués… ou il sont indisposés… ou il sont malades. Il faut vraiment dire che la race décline» фр. (непр.) – «то они устали… то им нездоровится… то они болеют. Верно говорят, хиреет наш народ»

16 «ma vie est couteuse mais digne» фр. - «трачу много, зато живу достойно»

17 arnese зд. - прохиндей

18 cianfrusaglia ж - безделица, ерунда

19 viveva di espedienti – кое-как перебивался

20 Di nulla nulla – Ни с того, ни с сего

21 Al cuore non si comanda – Сердцу не прикажешь

22 «un torlo d‟uovo»… «un gioiellino, una chicca» зд. - «настоящий шедевр», «просто картинка, конфетка»

23 sui libretti della Cassa di risparmio – на сберкнижках

24 Unto!... liso… senza i bottoni alla giacchetta, e coi calzoni rassettati alla meglio: deve esserseli rassettati da sé. – Запачканный!... в потрепанной одежде… пуговицы на пиджаке оторваны, брюки кое-как залатаны: верно сам и латал.

25 i polsini, sembrano con le frange tanto sono sfilacciati, e con un dito di loia alle costure – кажется, будто манжеты обшиты бахромой, такие они истрепанные и засаленные по швам

26 dava un guizzo repente – резко подскакивала

27 Non ti salterà il ticchio di andarlo a trovare? – Тебе случайно не взбредет в голову его навестить?

28 che pasta di uomo fosse – из какого теста он вылеплен

29 cosa ci avesse dentro la zucca per dare simili ragguagli – чем была набита его голова, чтобы делать подобные сравнения 231

30 un donnaiolo per la pelle – неисправимый бабник

31 Tu lo vedessi… secco, allampanato, giallo, gobbo, non ha più il fiato di parlare – Видела бы ты его… тощий, пожелтевший, сгорбился, даже говорить нет сил

32 nel groppone шутл. - по хребту

33 scioperataggine ж – праздность, безделье

34 bagordo м – кутеж

35 come un lattante – как грудничка

36 viene il sabato – Ветхозаветная суббота, день строгого покоя и размышлений. Зд. настанет день расплаты, ср. «не все коту масленица»

37 Gli si leva un po‟ la fame, ché ne deve avere la sua parte. – Подкормим его немного, оголодал небось.

38 Con quella po‟ po‟ di fetta! ср. - Голод и волка из лесу гонит!

39 La sua fibra era scossa nel profondo, non era più che un malato e un vinto: una larva. – Силы его были подорваны, теперь это был больной, сломленный человек, жалкое подобие самого себя.

40 «come ti ha conciato bene il poco giudizio!» - «до чего ж тебя довело твое безрассудство!»

41 giuggiolone м – простофиля

42 le angherie dell‟albergatore di infima specie – о жадности этого мерзавца, хозяина гостиницы

43 Gli altri facevano orecchio da mercante, gli usavano spostature – другие притворялись глухими, обижали его

44 «Questo le abbraccia lo stomaco» - «Пальчики оближете»

45 «la bocca porta le gambe» ср. - «не полопаешь – не потопаешь»

46 di punto in bianco incominciò a ridere: «ah! ah! ah! cochon!» - ни с того ни с сего расхохотался: «ха! ха! ха! свинья!» (фр.)

47 vuotare il sacco – выложить, высказать все

48 «in fondo questi scioperati fanno ridere, quando è in valvola non è antipatico il tuo marchese» - «забавные они, эти бездельники; а маркиз твой, когда он в ударе, не такой уж и противный»

49 fu aspettato a casa di Bistino in pianta stabile – было решено, что он поселится у Бистино

50 Vi giunse in panni di gamba – Он пришел в чем был

51 Bisognò rifarsi da una parte per ridurlo in uno stato presentabile. – Чтобы привести его в божеский вид, пришлось его приодеть

52 rimasuglio м зд. - крохи

53 comandare a bacchetta – повелевать

232

54 prendendo partito зд.- решительно

55 lo fo filare тоск. = lo faccio filare - я его выставлю

56 «Bistino! Lesto perdio! Che fai, gingillone? Polendone! Stai a grattarti le anche? Presto, marmotta, lumacone!» - «Бистино! Шевелись, ради Бога! Что ты там копаешься, бездельник! Растяпа! Баклуши бьешь? Быстро давай, увалень, соня!»

57 «Je te f… à la porte!» фр. вульг. - «Я тебя вышвырну за дверь!»

58 Alla fine del salmo avrebbe pensato lei a farlo marciare – Вот допоет он свою песню, и она его в два счета выставит.

59 quello zuzzerellone di Bistino avrebbe avuto un bel raccomandarsi e piagnucolare – тоск. этот болван Бистино долго будет просить прощения и хныкать

60 con me riga diritto – он у меня по струнке ходит

61 rizzando la cresta – хорохорясь

62 Per concludere certe disturne тоск. - Чтобы закончить перепалку

63 veniva tutta su – Она выходила из себя

64 «Faceva la gatta mogia per farsi prendere, questo furbacchione, e ora che ci ha ficcato le cianche ha delle esigenze, si leva la voglia di comandare, questo po‟ po‟ di signorone: ci vuole la sua sfacciataggine. Se lo facesse con me si sentirebbe rispondere per le rime». – «Ну и пройдоха! Прикидывался простофилей, чтобы его взяли, а теперь обосновался, так начинает требовать. Покомандовать ему, видите ли, захотелось, эдакому барину. Каков наглец! Попробовал бы он так со мной, уж я бы нашла, что ему ответить».

65 si ha un bel dire – что бы ни говорили

66 Mi fa specie che – Меня удивляет, что

67 «Che aspetti, marmotta? Presto, bietolone! Quanto ci metti a rispondere? Non lo senti il campanello, merendone? Hai il cece dentro le orecchie?» - «Что ты там застрял, увалень! Шевелись, дурень! Почему не отвечаешь? Звонка не слышишь, разиня? Уши заложило, что ли?»

68 salamelecco м – церемонное любезное приветствие, от арабского «салам алейкум»

69 «pezzo di mammalucco, si fa anche rimpolpettare» - «Ну и остолоп, еще и воспитывать себя дает» (mammalucco – мамелюк, перен. раб, тупица)

70 al suo spirito la bizzarra situazione fece prendere un‟altra piega – эта нелепая ситуация заставила ее переменить свое поведение

71 ai pezzi grossi – важным персонам

72 l‟almanacco di Gotha – генеалогический альманах самых знатных семейств Европы, публиковавшийся в 1763-1944 гг. в г. немецком городе Гота

73 «un fondo di bicchiere» - стекляшка, фальшивый бриллиант

74 crescendo in prosopopea e sfacciataggine – все с большей самонадеянностью и нахальством

75 blasone м – геральдический герб 233

76 si pagava un padrone a buon mercato – дешево платил за то, чтобы у него был хозяин

77 scusso прил. тоск. - чистый

Lupo

1 l‟antico costume di ossequio e di rispetto verso il padrone – сохраняя старинный обычай уважать и почитать господ

2 cicalando sui defunti splendori della famiglia – трезвоня о былом великолепии рода

3 Erasi egli ridotto in una stanzuccia all‟ultimo piano del palazzo – Он ютился в каморке на последнем этаже

4 una seggiola impagliata, la catinella di coccio sopra un trespolo di legno, l‟asciugamano e una mezzina – плетеный соломенный стул, глиняный умывальник на деревянной табуретке, полотенце и медный кувшин

5 mesciutosi un po‟ di vino – налив себе вина

6 uomini, comari e fanciulli – мужчины, женщины и дети

7 Era altissimo e secco, diguazzava nell‟abito ampio e dentro la zimarra dal collo di pelliccia consumato e unto. – Он был высокий, худой; все на нем болталось - и костюм, и широкое длинное пальто с потрепанным, лоснящимся меховым воротником.

8 Che cosa vogliono da me questi manigoldi? – Что нужно от меня этим мошенникам?

9 alla rinfusa – как попало

10 codesta тоск. - эта

11 E l‟ossaccio del collaccio non se l‟è egli fiaccato il tuo vagabondo? тоск. - Что же он шею себе не свернул, эдакий бездельник?

12 Non do il becco di un quattrino! – Не дам ни гроша!

13 Altri che lo colmavano di deferenza ricevendolo con salamelecchi e untuosità, e gli tenevano concioni riboccanti di tutte le virtù – Другие выказывали ему всевозможное почтение, рассыпаясь в любезностях, заискивали и произносили речи, восхвалявшие его добродетели

14 Lasciamo correre le acque per il loro corso. – Пусть все идет своим чередом.

15 anzi mostrando di neppure accorgersi del fatto per averlo sulle corna fino all‟assurdo – наоборот, делал вид, что ничего не замечает, потому что все это ему осточертело

16 rimanendo a becco ritto – стояли, задрав голову

17 ghiribizzo уст. - каприз, шутка

18 un parapiglia d‟inferno – страшная давка

19 urlando vendetta contro i forti che avevano fatto messe più ricca – призывая отомстить тем, кто оказался сильнее и набрал больше монет

234

20 gazzarra ж – давка, потасовка

21 Ribaldi da forca! – Висельники!

22 mandandosi il nicchio su un orecchio – сдвигая на ухо треугольную шляпу

23 Uno scangeo di questa specie! тоск. - Какой переполох!

24 per godere gli avanzi di tanto spicinìo тоск. - чтобы насладиться тем, что осталось от таких щедрот

25 a mille doppi = duemila volte

26 operandovi un flagello – устроив там настоящий погром

27 accorrevano in frotta – слетались стаей

28 di dubbio aspetto – подозрительного вида

29 mentecatto м – недоумок

30 ceffo м – мерзавец, поганая рожа

31 china ж – склон

32 servigi м мн уст. = servizi

33 postulante м – проситель

34 grimaldello м – отмычка

35 dalle grinfie spiegate e dritte – с растопыренными прямыми когтями

36 Alzato il fardello зд. - Когда тряпки убрали

La perfezione

1 carpire книжн. - схватить

2 Chicco – уменьшительная форма имени Франческо

3 coltre ж – одеяло

4 grembiale м = grembiule

5 Gli altri invece, per portarli a casa facevano dannare, scappavano lontano, bisognava andarli a ricercare a casa del diavolo – Другие дети доводили родителей, пытавшихся отвести их домой, до белого каления, убегали неизвестно куда, приходилось искать их у черта на куличках

6 un logorio delle scarpe non trascurabile – все башмаки сносишь

7 allorché ne fu il tempo – когда пришло время

8 Quel machione! тоск. - Ну и хитрец!

9 dopo un colpo di tallone in uno stinco – стукнув его пяткой по голени 235

10 la cupa costernazione crescente – растущее замешательство и тревогу

11 non da lui – на него не похоже

12 trapasso м зд. - переход из Старого в Новый год

13 dissuggellato un plico – когда пакет распечатали

14 Croci di sei colori шутл. - Кресты шести цветов, т.е. общества, символом которых является красный, белый, зеленый, синий крест и т.д.

15 Miss Florence realizzava il suo sogno… - Флоренс Найтингейл (1820-1910) – английская медсестра, создатель системы подготовки среднего и младшего медицинского персонала в Великобритании. Зд. открывались новые больницы, приюты и т.п.

Pochini e Tamburini

1 si fecero leva – стали друг другу опорой

2 traverso зд. - полный, ср. «поперек себя толще»

3 avevano preso anticipo зд. - начинали обмениваться мнением

4 di quelle per cui si impone un istante di raccoglimento prima di poterle qualificare – так с ходу сказать о них что-то определенное было трудно

5 una quaderna – четыре цифры (речь идет о игре в лотерею)

6 Nave di Rovezzano – квартал на юге Флоренции, где когда-то, до постройки моста Варлунго, была переправа через Арно. Флорентинцы со свойственным им юмором окрестили это район «Nave» («Корабль») в честь единственного суденышка, перевозившего людей и велосипеды

7 botteghino м – контора, где принимают лотерейные билеты

8 con la coda ciondoloni – повесив хвост

9 deserto прил. книжн. - опечаленный, опустошенный

10 gestiva книжн. = gesticolava

11 P.P. = pro prece лат. - «место молитвы» или «posero» - «здесь покоится»

12 tranvai м прост. = tramvai

13 incominciò a sbocconcellare un po‟ di pane – потихоньку начал жевать хлеб

14 rideva a crepapelle – чуть не лопнул от смеха

Il punto nero

1 osservava fino allo scrupolo le forme – неукоснительно соблюдал все формальности

2 Per un ghiribizzo del caso – по воле случая

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3 chè, altrimenti, avrebbe fatto subito una autopresentazione riparatrice in piena regola – потому что иначе он бы немедленно представился, как подобает

4 invece di sceverare acutamente il pensiero di quel compìto signore – вместо того чтобы внимательно задуматься над словами учтивого господина

5 urbanità perfetta verso i sottoposti – образцовая воспитанность по отношению к подчиненным (от лат. urbanitate – учтивость и хорошие манеры, отличающие жителя города, прежде всего, Рима)

6 Le consuetudini della famiglia erano modeste e decorose – Жили они скромно и достойно

7 figliole ж мн тоск. = figlie

8 in altre partite della famiglia – в других семейных делах

9 una sarta a giornata – наемная портниха

10 destinata a rimanervi senza eccezioni in sottordine – которая неизменно оставалась в тени

11 privilegio che assumeva la lucentezza di un‟onorificenza – привилегия, равная почетной награде

12 in un locale in cui davano certa ebbrezza le luci mirabolanti, un‟orchestrina ad archi, gli effluvi del caffè e delle varie bibite, il fumo di cui era soffuso, al punto da potersi credere in una nube – в ресторане, где голова шла кругом от волшебных огней, струнного оркестра, аромата кофе и других напитков, от наполнявшего воздух дыма, так что казалось, будто паришь в облаках

13 abbandonava addirittura la punta del piedino nel campo della civetteria – даже позволял себе, заигрывая с дамами, тайком дотрагиваться до них носком ботинка

14 camminare raccolto e impettito – идти собранно, выпятив грудь

15 scantonare – свернуть за угол

16 stoppino м – фитиль; для освещения использовали тонкий фитилек, покрытый воском и смотанный в клубок

17 sgattaiolavano verso le proprie case – тихо ускользали по направлению к дому (как незаметно появляются и исчезают кошки, входящие в дом через специальную дверцу, ит. gattaiola)

18 faceva la spola – ходил туда-сюда

19 pavido прил. книжн. - боязливый

20 E la madre, dopo aver preso possesso della sedia in almeno tre volte – А жена, решившаяся сесть только с третьего раза

21 prenderle il banco non era un‟impresa facile – заставить ее сойти со сцены и самому взять слово, было непросто

22 dei loro cavalli di battaglia – об их сильных сторонах

23 stringendosi alle ali le ragazze – прижимая к себе дочерей

24 la pietra di paragone – пробный камень, основание для сравнения

25 il patema d‟animo – душевные страдания

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26 ufficio = зд. uso

27 assumeva subito un aspetto strafottente вульг. - напускал на себя нахальный вид

28 L‟idea abortì – Предложение отпало

29 bugigattolo м – каморка

30 gomita ж мн тоск. = gomiti м мн

31 fiacre фр. - фиакр, наемный экипаж

32 macellaro м = macellaio

33 allo scopo di non essere scambiate per delle ciane qualunque тоск. - чтобы их, не дай бог, не приняли за крикливых теток

34 le Cascine – парк во Флоренции

35 si praticava il giuoco della tombola – играли в лото

36 si recavano al circolo ricreativo del rione – см. комментарий к «24 agosto»

37 stava in orecchi come il cane – насторожившись, как собака

38 nel vuoto delle contrade зд. - на безлюдных улицах

39 al tocco e mezzo = all‘una e mezzo di notte

40 con la voce rotta – срывающимся голосом

41 ragazzone м – парень, особ. крепкого телосложения

42 apertosi un varco senza incertezze – уверенно пройдя между ними

43 Le tre donne, livide – Смертельно бледные, все трое

44 invitandole a tenersi su, a non lasciarsi andare – призывая их держаться и не падать духом

45 come pecorelle stanche e satolle книжн. - как уставшие сытые овечки

46 svegliato di nuovo più per virtù di braccia che di voce – его разбудили бы не столько слова, сколько энергичное потряхивание

47 il suo sonno d‟oro – сладкий сон, ср. «Sogni d‘oro!» - «Приятных снов!»

48 nella luce azzurrognola a cui le avvisaglie del rosa promettevano la guancia – в голубоватом свете, который уже окрасили румянцем первые лучи солнца

49 Portava ai piedi i calzettini bene sorretti dalle giarrettiere – Он был в гольфах, крепко державшихся на эластичных подвязках

50 Avanzava diritto a passettini rapidi, composto, compunto e compreso – Он торопливо семенил, серьезный, сосредоточенный, исполненный достоинства

51 vi fu un momento di sincope – все так и обмерли

238

52 Uomo che, francamente, non era un adone; ma aveva un corpo miserello miserello, e delle gambucce pelose e secche che mostravano le corde – Он был не Аполлон: тщедушный, с тощими волосатыми ножками, на которых выступали сухожилия

53 Ella dové pentirsi in quel frangente, di aver lesinato venti сentimetri nella staccatura, contro i saggi consigli del venditore. – Наверное, в это мгновение она горько пожалела о том, что не послушалась мудрого совета продавца и укоротила рубашку на двадцать сантиметров.

54 in un silenzio gravido al nonо mese – в тишине тяжелой, как бремя на девятом месяце ожидания

55 disimpegnò le proprie incombenze – выполнил все свои обязанности

56 o so‟ Fanfulla, ma icché la ci fa vedere? тоск. = Signor Fanfulla, ma cosa ci fa vedere?

57 pruno м – заноза

58 per un condono finale – дабы испросить последнее прощение

Carburo e Birchio

Герои этого рассказа Карбуро и Биркио говорят на флорентинском вернаколо, для которого характерно использование следующих форм: beuti = bevuti, poera = povera, leticare = litigare, pedache = pedate bon = buon, scola = scuola, for = fuori da‟ = dai, fa‟ = fai, vo‟ = vuoi, sa‟ = sai, se‟ = sei de‟ = dei, ‟n = in, ni‟ = nel, pe‟ = per, do‟ = dove, in do‟ = dove, du‟ = due i‟ = il, e‟= i (e‘ topi), icchè = che cosa, ma‘ = mai, mi‟ = mia, mie, miei tu‟ = tua, tue, tuoi „nsegnato = insegnato, ‟nsieme = insieme, un‟ = non, vu‟ = voi

Еще одна особенность вернаколо - употребление безударных субъектных местоимений, напр., E lui e‘ un faceva ma‘ nulla = E lui (lui) non faceva mai nulla. e‟ = io, lui, noi, loro м (alle volte e‘ gli dicevo = alle volte (io) gli dicevo) gli = lui (gli era briaco = (lui) era ubriaco) la = lei (la mi‘ padrona, la mi portava la minestra = la mia padrona, (lei) mi portava la minestra) le – loro ж (le ci tenevan la roba le mi‘ sorelle = (loro) ci tenevano la roba le mie sorelle) Еще примеры: Si vede che anche a lui e‘ gli dispiaceva = anche a lui (questo) gli dispiaceva; l‘era buriana (questa) era buriana.

1 corifea ж – корифейка, танцовщица кордебалета

2 ronzini… raccolgono le ossa sotto la coperta d‟incerato – клячи… жмутся под клеенчатой попоной

3 peso прил. тоск. = pesante

4 mescita ж – бар, остерия

5 tu perdi le pellicole – так все фильмы пропустишь

6 Giùe! уст. = Giù!, Ух ты! Вот это да!

7 ponce м – пунш

8 ora di misurarsi un pugno, e ora l‟indice all‟altezza del naso – тыча друг другу в лицо кулаком или указательным пальцем

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9 Vorre‟ accecare! тоск. - Чтоб я ослеп!

10 le ne buscavan quant‟e ciuchi тоск. - дубасил их, как ослов

11 gl‟era briaco fisso тоск. = era ubriaco fisso, не просыхал

12 tutte ni‟ groppone тоск. - да все по хребту

13 legno м зд. - коляска

14 Va‟ ‟ia! = Va via!, зд. - Что ты мелешь?

15 ritorna di do‟ tu se‟ venuto тоск. = ritorna di dove tu sei venuto - убирайся откуда пришел

16 diecino уст. - монета 10 чентезимо (1/100 лиры)

17 cavurrino м – банкнота достоинством две лиры с изображением Камилло Кавура

18 mèria ж тоск. - в тенистых местах, на природе

19 Bada lì ирон. - Ты смотри у меня

20 l‟era buriana тоск. - поднимался такой гвалт

21 Borgo Allegri – улица в центре Флоренции

22 ‟un mi lasciavan ben‟aere тоск. = non mi lasciavano in pace (ben avere = stare in pace)

23 la pareva un sacco di patache, e pien di simice тоск. = la materassa mi pareva un sacco di patate e piena di cimici

24 e‟ facevo tutte forche тоск. - а я только безобразничал

25 pestano un piede зд. - бьют копытом

26 Lè! - Тпру!

27 bandone м – опускная металлическая ставня

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Bibliografia

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