Epistolario : Seguito Da Lettere Di Altri Scrittori Del Seicento
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SCRITTORI D'ITALIA GIAMBATTISTA MARINO EPISTOLARIO SEGUITO DA LÈTTERE DI ALTRI SCRITTORI DEL SEICENTO A CURA DI ANGELO BORZELLI e FAUSTO NICOLINl VOLUME SECONDO BARI GIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI-EDITORl-LIBRAl 1912 CéiL SCRITTORI D'ITALIA G. B. MARINO EPISTOLARIO SEGUITO DA ALTRE LETTERE DEL SEICENTO II GIAMBATTISTA MARINO EPISTOLARIO SEGUITO DA LETTERE DI ALTRI SCRITTORI DEL SEICENTO A CURA DI Angelo Borzelli e Fausto Nicolini VOLUME SECONDO \ \^ \ 1 BARI GIUS. LATERZA & FIGLI TI POGRAFI-KDITOR I-LIBRAI 191 2 PROPRIETÀ LETTERARIA MAGGIO MCMXII — 3II63 CONTINUAZIONE DELLE LETTERE E DEDICATORIE GIAMBATTISTA MARINO cxc Al signor Giovan Battista Ciotti Accusa ricezione di alcune stampe e si sfoga contro lo Stigliani. Ebbi, come le scrissi, il rotoletto mandatomi per via del signor Contarini. Poi mi venne il pacchetto delle stampe del Franco, inviatomi dal signor Guinigi. Ed ora ultimamente ho anche ricevute le picciole figurine del Rosso con ^'Innocenti di Rafaello. Del tutto la ringrazio infinitamente, ma perché Ella m'accenna di aver mandati due fagottini per mezo dell' istesso signor Guinigi, le dico ch'eccetto questo e quello del Franco altro non mi è capitato. Mi sarà caro ch'Ella vada continovando con diligenza; e se non mi manda la nota di tutta la spesa che va facendo, io mi rimarrò di più importunarla, ed invece di obligarmi mi farà un gran dispiacere. In caso che nella libreria da vendersi si ritrovi qualche libro di belle figure, non lasci di comprarlo o dia la caparra per me, avisandomi intanto del prezzo, ch'io subito glielo farò pagar costi. Altretanto dico delle carte di Agostino viniziano, del Parmigiano, del Rota e d'altri ch'Ella mi dice aver trovate. Quanto al San Loreyizo incollato in tela, poich'è cosi maltrat- tato, non mi curo né occorre ch'Ella se ne dia briga, per- ch'io non lo voglio. Le mando il libro francese del Trattato della corte com' Ella desidera, e non l'ho fatto ligare per dar minor peso al corriere. Se in altro posso impiegarmi per lei da queste bande, vagliasi di me alla libera né mi risparmi in cosa alcuna. Vorrei ch'Ella col signor Palma fusse non solo sollecita ma fastidiosa, perché quando simili uomini non hanno del continove 4 GIAMBATTISTA MARINO gli sproni a' fianchi non finiscono mai. Starò aspettando simil- mente la risoluzione dell'altro quadretto di mano del fiamingo, ch'Ella mi scrisse. Il mio Adofie già sarebbe a quest'ora stampato, ma per al- cuni nuovi accidenti sono stato costretto a mutare tutto un canto intiero, che mi ha dato un gran travaglio. Sto dandogli l'ultima mano, e a suo tempo non mancherò di darle gusto. Mi rallegro poi delle buone novelle ch'io intendo, cioè che voi ristampate il Afondo nuovo dello Stigliani. Veramente oltre il guadagno siete per cavarne gran riputazione alle vostre stampe. Ma con tutto ciò, io vi priego instantemente, quando questo sia vero, di non far tanto onore all'opere mie, che sieno impresse da que' medesimi caratteri che deono arricchire il nostro secolo d'un poema si singolare. Mi dicono ch'egli scrive contro di me, rispondendo alla lettera della Sanipogna, e per cativare la vostra buona grazia mostra d'abbracciar la vostra protezione circa gli errori occorsi nella Calerla, dicendo che son io che ho errato e non i correttori né gli stampatori. Questo è soverchio, perché io ho già dichiarato che in ciò voi non avete alcuna colpa. Ma staremo a vedere, e giuro a Dio che, se sarò stuzzicato, in un pelo gli farò scontare mille offese vecchie fattemi dalla sua mali- gnità e gli farò pelar la barba di disperazione. Non già ch'io mai abbia da degnarmi di replicargli, ma gli farò lavar la testa senza sapone, in modo che se ne pentirà e se ne morderà la lingua; che nel resto ed egli ed io siamo conosciuti dal mondo. E con tal fine le bacio le mani. Di Parigi [principi del 1623]. CXCI A DON Lorenzo Scoto Notizie di una nuova malattia, che gì' impedisce il ritorno in Italia. Insomma io non so che mi dire di questa mia maledetta sciagura, che, non ostante la mia determinata risoluzione di ri- tornare in Italia, vuol pure a mio marcio dispetto ritenermi in LETTERE E DEDICATORIE 5 Francia. Quando io era già in procinto di partire ed aveva apparecchiate tutte le bisogne necessarie al viaggio, ecco una nuova flussione che mi ha tenuto oggimai tre mesi in letto. Ed in tre mesi tre volte mi son riavuto ed altretante son ritor- nato a ricadere. Né mi riprendete della mia vita disordinata, perché vi giuro da vero amico che da un tempo in qua vivo con molta regola e senza far delle stravaganze. Questo impedimento adunque è stato cagione del mio lungo silenzio e insieme di differire la mia venuta a quaresima, nel qual tempo, piacendo al Signore, seguirà senza fallo. Or che, la Dio mercé, mi ritrovo alquanto bene e che il male è cessato, ho voluto salutarvi, si come fo caramente con questa, e darvi conto dello stato mio. E perché, come ho detto, il mio ritorno non può essere se non a prima- vera, priegovi intanto per farmi passar l'umor maninconico a mandarmi il quadro del Brandino, insieme co' quattro ritratti ad olio ed il dissegno di quella battaglia d'acquarella, serbando presso di sé le due casse de' libri con quella integrità che si deve sperare dalla vostra bontà, in cui tanto confido quanto voi stesso sapete. Ma se mi volete bene, sia subito, e fattone un fagottino ben coverto, potrete indrizzarlo secondo il solito al signor Guinigi in Lione. Se con cotesta occasione vorrà il si- gnor Muti mandarmi qualche pezzo di disegno di quegli stracci che già mi promise l'onorata memoria del signor Onofrio, mi farà un favore rilevato, ed io non sarò ingrato. Di grazia, scusatemi delle continue importunità e delle mie impertinenti dimande, le quali so che son poco proporzionate alla vostra qualità, che siete impacciato sempre in cose più gravi. Desidero intendere se il signor Scorza si ritrova in Torino e se inviando le lettere a voi saranno per essergli subito capitate. Priegovi a darmene aviso, perché gli ho da scrivere di qualche affare. E state sano, mantenendomi nella vostra buona grazia e salutando in mio nome i due signori Ludovichi. Di Parigi [principi del 1623J. 6 GIAMBATTISTA MARINO CXCII Al medesimo Si lagna di non ricevere lettere. Voi tenete poco conto di me, e per certo avete il torto, perché io vi ho sempre amato ed onorato. È possibile che a cento lettere mie, le quali son certissimo che vi son capitate, io non vegga ancora comparire una risposta? Già vi ho scritto per ogni ordinario e sempre invano. Ora vi rescrivo questa, e voglio che sia l'ultima volta. Vi priego adunque, e torno a supplicarvi con la maggior effi- cacia che posso, a volermi mandare subito subito al ricevere della presente i quadri che si ritrovano fatti, cioè i due primi del Brandin e quello dello Scorza, insieme con i ritratti ed i dissegni che sono nel picciolo tamburetto, perché già ho imbagagliate le mie balle e resto impedito solamente per questo rispetto; il che mi è di sommo disturbo e disgusto. Ed infine, se non vengono incontanente, non mi serviranno piti a nulla, e mi verrà poi voglia di stracciargli, poiché non potrò portargli dentro la va- ligia. L'altro che resta verrà poi a suo tempo, quando sarà finito. Starò aspettandogli senz'altro indugio; e se mi amate, non man- cate di darmi questa sodisfazione. DeW^^dofie ne sarò forse io stesso il portatore, se non avrò più che sicura commodità di mandarlo. Vi bacio le mani. Di Parigi [1623]. CXCIII Al medesimo Intorno allo stesso argomento. Io resto confusissimo né so che mi dire di tanto silenzio. A cento lettere mie non avete data altra risposta eh' una sola, e già a quest'ora dovrebbono esser mille volte arrivate le pitture. LETTERE E DEDICATORIE 7 L'andata del re a Lione andò in fumo, onde per conseguenza anche della nostra non credo che se ne farà altro. La mia venuta in Italia non credo che avrà effetto infìno al mese d'agosto, perché non mi sono potuto sbrigar della stampa a tempo per questa pasqua, come io sperava. Vi priego adunque per quanto amor mi portate a consolarmi subito, mandandomi i quadri per via del signor Guinigi, perché mi muoio d'impazienza. Insieme co' quadri aspetto parimente i dissegni e que' quattro ritratti ad olio che sono nel tamburetto piccolo, perché mi servono come vi scrissi. Di grazia, non mancate quanto prima; e vi bacio la mano. Di Parigi [aprile 1623J. CXCIV Al medesimo Intorno allo stesso argomento. S'io fossi cosi pentito de' miei peccati come mi pento d'es- sere entrato in questa tresca di pitture, sarei più che sicuro del paradiso. Quel che più mi travaglia è che son costretto a sforzar la natura, che per ordinario non suole esser molto pronta allo scrivere, e mi bisogna del continuo fastidir gli amici. Di più Iddio mi mortifica col mezo di coloro i quali io più amo e ne' quali più confido. Da molti mesi in qua io vi ho scritto per ogni posta, ed a cento lettere mie non è comparsa se non una risposta sola, molto stracca. Onde mi conviene replicare di bel nuovo le medesime querimonie ch'io vi feci per l'altra mia, lamentandomi forte della vostra poca amorevolezza; che se non volete farlo per effetto di cortesia, dovreste almeno per termine di civiltà corrispondere a chi vi onora e rispondere a chi vi scrive, massime ad uno amico della qualità mia.