Tesi Dottorato Eleonora Sposato.Pdf

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Tesi Dottorato Eleonora Sposato.Pdf Indice Introduzione................................................................................................. p. 3 I. Capitolo primo I.1. Profilo biografico e apprendistato culturale................................p. 11 I.2. La tesi di laurea come un romanzo.............................................p. 16 I.3. Le ragioni della scrittura............................................................ p. 20 I.4. L’esordio: caratteri e racconti.................................................... p. 30 I.5. Il libro dei Caratteri....................................................................p. 39 I.5.1. Le fonti..........................................................................p. 39 I.5.2. I temi............................................................................. p. 44 I.5.3. Lo stile......................................................................... p. 54 II. Capitolo secondo II. 1. I misteri della Calabria e altri scritti ‘civili’............................. p. 59 II.2. Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda e Mario La Cava: una polemica sulle pagine del «Mondo» (1945-1946)..................... p. 70 II.2.1. La recensione di Montale a L’Italia rinunzia? di Corrado Alvaro.....................................................................p. 71 II.2.2. La recensione di Montale a Che cos’è questa Sicilia? di Sebastiano Aglianò.....................................................p. 74 II.2.3. La lettera al direttore di Mario La Cava.......................p. 77 II.2.4. La replica di Montale.....................................................p. 84 II.2.5. La replica di Gadda.......................................................p. 86 II.3. Caro Mario, caro Leonardo: la conversazione ininterrotta........p. 90 II. 3. 1. Un’idea di «provincia»................................................. p. 92 II.4. La rinascita di «Galleria». I contributi critici di Mario La Cava…………………………………………………..……... p. 105 II.5. Nel «Mondo» di Pannunzio......................................................p. 122 1 II.6. Viaggio in Israele....................................................................... p. 131 II.6.1. Le polemiche ideologiche........................................... p. 131 II.6.2. Conoscenza del paese................................................. p. 132 II.6.3. Il processo contro Eichmann...................................... p. 140 II.7. Un «Gettone» di ‘eccezione’: Le memorie del vecchio maresciallo ................................................................................................. p. 144 II.8. Un «Gettone» di ‘eccezione’: I colloqui con Antonuzza......... p. 171 III. Capitolo terzo III.1. Mario La Cava romanziere: Mimì Cafiero tra mafia e gallismo................................................................................... p. 180 III.2. Mario La Cava romanziere. Sulle ragioni di un insuccesso................................................................................ p. 186 III. 2.1. Ancora Calvino........................................................ p. 190 III.2.2. Tecniche narrative, lingua e stile nella produzione romanzesca ............................................................... p. 193 III.3. Vita di Stefano. Il romanzo sull’antifascismo «meditativo».... p. 197 III.4. I Fatti di Casignana.............................................................. p. 209 III.5. Una «favola della povertà». La ragazza del vicolo scuro..... p. 225 III.6. Una storia d’amore................................................................p. 237 Bibliografia........................................................................................p. 251 Bibliografia degli scritti dell’autore..................................................p. 267 2 Introduzione La definizione di classicismo come «misteriosa facoltà che sa ridurre i valori alla massima potenza e al minimo volume»1 proposta da Alberto Savinio nella Nuova Enciclopedia può costituire un valido punto di partenza per la messa a fuoco delle caratteristiche stilistiche dell’opera letteraria di Mario La Cava e per individuarne la filiazione dai moduli espressivi del «classicismo moderno» di matrice postrondista. Fin dalle prime prove letterarie, la «misteriosa facoltà» di riduzione della realtà alle sue forme elementari e l’attitudine dello scrittore a rilevare, in un continuo scavo dell’essenziale, i valori universali sottesi alla mutevolezza del reale, si traducono, sul piano formale, nella creazione di un linguaggio di classico nitore espressivo, icastico, antiretorico e incline al commento morale, che trova la sua prima applicazione nel campo delle forme brevi e del carattere in particolare, ma rappresenta il risultato stilistico sempre perseguito, anche nella produzione romanzesca della maturità. Deposta ogni istanza di «ritorno all’ordine» come reazione agli accesi sperimentalismi delle avanguardie primonovecentesche, la fedeltà a quella che Italo Calvino definì una «civiltà letteraria fatta di classicità e misura»2 sembra scaturire in La Cava da nuove e più intime ragioni. Da un lato essa deriva dall’idea che la cura formale sia un aspetto irrinunciabile del fatto letterario, dall’altro è riconducibile a una precisa motivazione ideologica, ovvero al legame ancora vitale e significativo che l’autore avverte con la civiltà magnogreca, al punto da considerare questa eredità culturale la necessaria premessa della propria attività 1 A. Savinio, Nuova Enciclopedia, Milano, Adelphi, 1977, p. 324. 2 I. Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, introduzione di C. Milanini, Milano, Mondadori, 2000, pp. 1474-1475. La lettera indirizzata a Mario La Cava è datata 15 marzo 1982. 3 artistica. La convinzione che l’eredità filosofica e antropologica di quella lontana civiltà sia, nei suoi principi fondamentali, un patrimonio da fondere anziché contrapporre alle nuove conquiste culturali della modernità permea l’intera produzione letteraria di Mario La Cava, condizionandone decisamente le scelte estetiche sul piano linguistico e contenutistico, senza però sfociare mai nel vagheggiamento nostalgico di un passato di irripetibile splendore, né tanto meno nella denegazione della modernità. Le tracce ancora visibili di una cultura ormai remota, ma non del tutto estinta, hanno suggerito a La Cava l’immagine della Calabria come terra in cui si «avverte il carattere di tragica decadenza di una antichissima civiltà, non la sua assenza, la sua degenerazione più che il suo arresto»3. Mario La Cava propone, insomma, un’immagine di se stesso come continuatore di una tradizione letteraria che recupera dal passato i propri valori civili e culturali, liberando l’idea di classicismo d’ogni accezione limitativa e facendone anzi uno strumento di lettura del presente. Il rispetto per il passato e per tutto ciò che ad esso ancora ci lega e l’idea di custodire e rinnovare l’eredità culturale in una sintesi armoniosa con il presente sono forse la lezione più valida che il lettore odierno, immerso in un tempo incapace di memoria che divora ogni traccia del passato per consumare compulsivamente altro tempo, può ricavare dall’opera lacaviana. Il primo capitolo del presente lavoro su Mario La Cava4 ricostruisce il profilo biografico dell’autore con particolare attenzione agli anni della formazione e all’esordio risalente ai primi anni Trenta, quando alcuni caratteri e racconti brevi fanno la loro apparizione sulle principali riviste letterarie dell’epoca. Le inquietudini esistenziali di una tormentata gioventù spesa sotto il fascismo e la precoce vocazione letteraria dello scrittore sono state analizzate attraverso il romanzo autobiografico Una stagione a Siena, l’ultimo in ordine cronologico scritto da La Cava poco 3 M. La Cava, L’ombra del confinato Pavese lungo il mare di Brancaleone, in «Gazzetta del Popolo», 28 dicembre 1961. 4 La prima monografia sullo scrittore calabrese risalente agli anni Sessanta si deve a Pasquino Crupi (Mario La Cava, Cosenza, Edizioni Periferia, 1968), mentre il volume di Antonietta Cozza intitolato Mario La Cava. Vita e letteratura nazionale (Cosenza, Pellegrini Editore) è del 1995. 4 prima della morte, sotto la spinta di una personale necessità e sofferenza, per ripensare retrospettivamente l’intera sua vicenda intellettuale. L’infausta esperienza della dittatura vissuta in prima persona lascia tracce profonde nell’opera di La Cava. Negli anni giovanili il bisogno di scrivere trae origine anzitutto da una forma di antifascismo della coscienza, concepito come non-partecipazione, come reazione interiore e silenziosa che si riversa naturaliter nelle prime prove letterarie, fondendosi alla riflessione moraleggiante su aspetti minimi della vita quotidiana. Nelle opere della maturità i riferimenti all’epoca fascista permangono a determinare il cronotopo di tutta la produzione romanzesca dello scrittore. Ma l’istanza di denuncia politica si ridimensiona, stemperata da quella concezione tragica dell’esistenza intrisa di sofìa greca nella quale abbiamo individuato la peculiarità distintiva dell’arte di La Cava. La sensibilità speculativa dell’autore si concentra con sempre maggiore intensità sul tema del dolore, inteso come paradigma dell’esistenza. La prosa lacaviana, pur conservando un impianto naturalistico, riesce a conferire alla tematica del dolore un significato universale, metastorico: contemplare il male nell’irrazionalità della sua essenza e accettarlo senza illusioni consolatorie ne costituisce il fine ultimo. Le matrici culturali di questo sentimento tragico della vita sono state individuate, sulla scorta delle
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