Celibato Del Clero E Critica Illuminista in Europa Nel XVIII Secolo
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Università degli Studi di Milano Scuola di dottorato Humanae Litterae Corso di dottorato in Società europea e vita internazionale nell'età moderna e contemporanea XXV ciclo Université Aix-Marseille École doctorale « Espaces, Cultures, Sociétés » Formation doctorale, spécialité Histoire et humanités « Un oggetto considerabile di mondana politica » Celibato del clero e critica illuminista in Europa nel XVIII secolo Tesi di dottorato di Alessandra Doria (R08556) Coordinatore del dottorato: prof.ssa Paola Vismara Tutor: prof.ssa Elena Brambilla Co-tutor: prof.ssa Christine Peyrard A.A. 2013 2 I miei ringraziamenti vanno alla prof.ssa Paola Vismara, per l'importante e costante presenza in questi tre anni di dottorato e alla prof.ssa Christine Peyrard, per i preziosi consigli e una collaborazione che mi ha permesso di allargare gli orizzonti della ricerca. Un ringraziamento speciale alla prof.ssa Elena Brambilla, maestra ed amica, per avermi insegnato a mettere in discussione le certezze (e anche tante altre cose). Questa tesi è dedicata ai miei genitori, Bruno e Lucia. 3 INTRODUZIONE La storiografia ha da tempo osservato che il principio del celibato obbligatorio per il clero cattolico, questione che accompagna la storia della chiesa cristiana fin dalle origini, diventa nel corso del Settecento oggetto di valutazioni di natura politica e non più strettamente teologiche1. Il cambiamento del tradizionale punto di osservazione è stato considerato espressione del generale processo di secolarizzazione che caratterizza l'età dei Lumi. In particolare, il nuovo sguardo critico degli illuministi al celibato del clero è stato messo in relazione ai diffusi timori per la dépopulation dell'Europa che caratterizzarono il pensiero economico e politico settecentesco. Dopo gli studi foucaultiani sull'evoluzione tra XVII e XVIIII secolo della nozione di popolazione2 - da misura della ricchezza degli stati a strumento di governo politico, economico, sociale - le obiezioni “politiche” al divieto di matrimonio imposto al clero cattolico sono state interpretate come espressione del populazionismo degli illuministi3. A mio avviso l'insistenza sull'argomento demografico - il celibato come ostacolo alla crescita della popolazione - ha condotto a delle forzature nella rappresentazione e interpretazione del dibattito settecentesco sul celibato del clero. Gli argomenti sviluppati sono stati interpretati come corollari o come aspetti secondari di una battaglia contro il celibato risolutamente ed essenzialmente populazionista. Ciò ha condotto a valorizzare quasi esclusivamente le fonti del tardo Settecento, trascurando gli interventi precedenti4. Tale prospettiva ha avuto delle conseguenze anche nella valutazione del dibattito rivoluzionario, di cui è stato evidenziato - forse eccessivamente - l'aspetto populazionista5. 1 P. Vismara, Un votum di Michele di Pietro sul celibato ecclesiastico (1787), in Scritti in onore di Gregorio Penco O.S.B., a cura di F. G. B. Trolese, Cesena, Badia di Santa Maria del Monte, 2003, t. II, p. 808. 2 M. Foucault, Sicurezza, territorio, disciplina. Corso al Collège de France (1977-1978), Milano, Feltrinelli, 2005 (1978). 3 J. Hecht, Célibat, stratégies familiales et essor du capitalisme au XVIIIe siècle: Réalités et représentation, in Ménages, familles, parentèles et solidarités dans les populations méditerranéennes, Paris, AIDELF, 1996, pp. 257-284. 4 S. Desan, The Family on Trial in Revolutionary France, Los Angeles, University of California Press, 2004, p. 21. 5 C. Blum, Strength in Numbers, Population, Reproduction and Power in Eighteenth-Century France, Baltimore- London, The Johns Hopkins University Press, 2002, p. 161. 4 Questa tesi prende le mosse dall'ipotesi che il tema della popolazione sia un elemento necessario ma non sufficiente per render conto in modo esaustivo dell'articolazione della critica illuminista del celibato ecclesiastico e del progressivo sviluppo dell'idea che anche il clero potesse sposarsi, al di là degli obblighi di tipo religioso. Ad un'analisi approfondita della letteratura filosofica e politica illuminata emergono infatti temi e argomenti che oltrepassano la questione “demografica” ed investono problemi quali il ruolo del clero nella società, la relazione tra obblighi religiosi e la natura dell'uomo, i rapporti tra chiesa e stato. Per analizzare in tutta la sua ampiezza il dibattito settecentesco sulla questione è parso dunque necessario risalire alla “crisi della coscienza europea”6 che gli storici considerano, in maniera pressoché unanime, lo snodo cronologico e teoretico essenziale per comprendere il XVIII secolo. Conseguenza necessaria di tale approccio è stata le decisione di studiare tale dibattito nel suo contesto europeo. Benché un'attenzione particolare sia stata accordata alle fonti francesi e italiane, si è cercato di non trascurare anche altre fonti, come quelle di lingua inglese e tedesca. Si è parlato di “dibattito” perché una delle ipotesi di questa ricerca è che la critica illuminista “laica” del celibato sia il risultato dello sviluppo del confronto dialettico di una pluralità di posizioni riconducibili ad orientamenti ideologici diversi, anche in aperta antitesi tra di loro. In questo senso si è tentato di seguire, nel piccolo di questo lavoro, i suggerimenti dello storico Jonathan Israel sulle necessità di distinguere, all'interno dello schieramento dei Lumi, tra le posizioni radicali, di origine spinozista e quelle moderate7. In particolare rispetto ad una questione come quella del celibato ecclesiastico, strettamente connessa al tema della religione, tali indicazioni sono state una preziosa guida per orientarsi tra le fonti e comprenderne - mi auguro - in maniera filologicamente e teoreticamente corretta il significato. Le fonti utilizzate sono tutte a stampa e rappresentano quasi esclusivamente la letteratura di carattere politico, filosofico e giuridico. Quando disponibili ho utilizzato le edizioni critiche. Il problema dei rapporti rispetto al tema del celibato ecclesiastico tra la critica politico-filosofica e la letteratura, il teatro e la poesia settecentesche avrebbe meritato un approfondimento che i limiti di questo lavoro non hanno consentito. Questa tesi è organizzata in tre parti che seguono cronologicamente lo sviluppo del dibattito. Nella prima parte, che va dalla fine del XVII secolo alla metà del XVIII, si analizza l'origine dell'approccio secolarizzato al celibato del clero nel pensiero critico filosofico. Il punto di partenza è la corrente radicale di origine spinozista, i cui interpreti inglesi, i freethinkers deisti e 6 P. Hazard, La crise de la conscience européenne 1680-1715, Paris, Fayard, 1961 (1935). 7 J. I. Israel, Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of Modernity 1650-1750, Oxford-New York, Oxford University Press, 2001. 5 repubblicani, si distinsero a cavallo del secolo per l'attenzione posta al corpo ecclesiastico, ai suoi privilegi e al suo potere all'interno dello stato. A questa prospettiva si affiancò a partire dagli anni '20 quella populazionista, inaugurata da Montesquieu, che vide nel celibato del clero un ostacolo alla crescita demografica. Su tale argomento si innestarono le proposte di riforma del celibato, come quelle celebri dell'abbé de Saint-Pierre, in nome del bene dello stato e della chiesa. Questa prima parte si chiude con un capitolo in cui si è cercato di dimostrare che la critica “laica” del celibato nacque anche dalla progressiva demistificazione della superiorità morale della castità forzata. In particolare, l'autonomia del funzionamento del corpo umano dall'anima, affermatasi in seguito alla svolta cartesiana in campo fisiologico-anatomico, condusse a rivalutare la naturalità delle funzioni fisiologiche, tra cui la sessualità, e a rifiutare alla continenza qualsiasi capacità di perfezionamento morale. Da ciò prese le mosse l'idea che l'obbligo di celibato fosse innaturale: contrario a Dio nella prospettiva deista, o contrario alla natura dello uomo in quella materialista. La seconda parte riguarda le proposte di riforma del celibato avanzate tra la fine degli anni '50 e gli anni '70. Per dare un'accurata idea della pluralità dei punti di vista tali interventi sono stati raccolti in base all'orientamento ideologico degli autori. Vi si trovano quindi i progetti di esponenti interni alla chiesa, esperti canonisti e curati, che intesero l'abolizione del divieto di matrimonio per il clero all'interno di più ampie prospettive di riforme ecclesiologiche volte a salvaguardare il ruolo della religione e del clero all'interno dello stato. Trovano qui spazio anche le reazioni dei difensori della tradizioni alle richieste di rinnovamento. Un capitolo a parte è dedicato alle proposte di riforma avanzate dagli illuministi italiani, Amidei, Gorani, Pilati. Quest'ultimo, in particolare, fece del celibato del clero una costante di tutta la sua riflessione politica: per questo ho ritenuto opportuno seguire l'evoluzione del suo pensiero sulla questione tra gli anni '60 e gli anni '70. L'ultimo capitolo affronta invece l'intreccio che, sulla scorta delle teorie mediche vitaliste, si ebbe tra la critica del celibato, il discorso medico sulla fisiologia e sulle malattie prodotte dalla continenza e la riflessione sui diritti naturali individuali. La terza parte segue lo sviluppo del dibattito negli anni '80 e fino ai primi anni della Rivoluzione; qui si trova anche un capitolo specifico sul voto di castità delle monache. Data la duplice natura di critica al chiostro e di riflessione sul genere femminile, la critica illuminista