I Traditori. Codici Di Condotta E Lotta Per Il Potere in Cosa Nostra
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CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE I TRADITORI. CODICI DI CONDOTTA E LOTTA PER IL POTERE IN COSA NOSTRA Elaborato finale di: Giorgia Venturini Relatore: Prof. Fernando Dalla Chiesa Anno Accademico 2012/2013 1 Alla mia famiglia 2 INDICE INTRODUZIONE Pag.4 1. CAPITOLO I: IL TRADITORE DI COSA NOSTRA 1.1 Brevi cenni sull'organizzazione criminale Cosa Nostra Pag.8 1.2 La figura del traditore mafioso: la doppia morale Pag.13 1.3 I diversi volti del traditore: Pag.16 1.3.1 Il tragediatore Pag.16 1.3.2 L’amico fidato della lupara bianca Pag.23 1.3.3 Il pentito Pag.29 2. CAPITOLO II: TRADIMENTI E DOPPI GIOCHI NELLA COSA NOSTRA DI TOTÒ RIINA 2.1 L’ascesa dei corleonesi Pag.35 2.2 I punti forza del progetto dittatoriale di Totò Riina: il tradimento e <<il delirio di onnipotenza>> Pag.42 2.3 Il tradimento per colpire l’avversario: Pag.51 2.3.1 L’omicidio di Stefano Bontate e il tradimento di Pietro Lo Iacono Pag.53 2.3.2 L’omicidio di Salvatore Inzerillo e il tradimento di Giuseppe Montaldo Pag.61 3. CAPITOLO III IL TRADIMENTO ALLA BASE DEL PROCESSO DI AUTODISTRUZIONE DEI CORLEONESI Premessa. Corleonesi contro corleonesi: la selezione interna Pag.66 3.1 L’omicidio di Rosario Riccobono e il tradimento di Salvatore Lo Piccolo Pag.70 3.1.1 Il traditore Rosario Riccobono Pag.70 3.1.2 Rosario Riccobono: da traditore a tradito Pag.75 3.2 L’omicidio di Salvatore Scaglione Pag.83 3.3 Anche Totò Riina tragediato? Pag.88 CONCLUSIONE Pag.93 BIBLIOGRAFIA Pag.96 3 INTRODUZIONE Il tradimento, da un punto di vista socio-politico, è stato da sempre un valido strumento di potere per chiunque abbia deciso si scalare gli alti vertici istituzionali e riscrivere le sorti di Imperi, guerre e Nazioni. La storia lo dimostra. È sufficiente spostare l'attenzione sulla storia contemporanea e su quello che diceva lo scrittore e soldato Ernest Hemingway: meglio un nemico sincero che tutti gli amici che conosco. Si combatteva allora il primo grande conflitto mondiale. La rincorsa sfrenata al potere aveva, ancora una volta, monopolizzato le menti dei grandi leader politici, in un mondo in cui l’espansione territoriale era il modo migliore per contendersi il ruolo di grande potenza. A dettare le legge del viver mondiale era l'ennesima lotta tra bene e male. Tra amico e nemico. Decisivo, dunque, il ruolo del traditore. Le informazioni di chi decise di passare dalla parte del nemico furono necessarie per vincere una battaglia, per prevenire possibili contrattacchi, insomma per raggiungere il potere. L'amico finiva quindi a confondersi con il nemico, costringendo ogni soldato a puntare il fucile anche in casa propria. Ancora oggi, come allora, il timore di un tradimento costringe la società intera alla massima prudenza. Se si considerano, per esempio, i recenti avvenimenti politici italiani, sono in molti a parlare di tradimento nel commentare spaccature di partito, cadute di governo o mancati voti di fiducia. Il traditore, dunque, ricopre un ruolo di notevole importanza. Così in tempo di guerra. Così in tempo di pace. Considerando questi esempi di tradimento sopracitati, sorgono spontanee delle domande: prescindendo dal fatto che il tradimento è un fenomeno ritenuto dalla società civile sempre moralmente sbagliato, quando in politica è lecito? In questa perenne lotta di potere chi tradisce non rischia a sua volta di essere tradito? Ma soprattutto, chi può essere definito traditore? L'obiettivo di questa tesi è, dunque, quello di analizzare il tradimento come fenomeno politico, ovvero come mezzo indispensabile per raggiungere le alte sfere del potere, contestualizzandolo però non in scenari internazionali tra entità statuali differenti, ma in un organizzazione criminale regolata, esattamente come le forme governative statuali, da codici e gerarchie di potere. È proprio in Cosa Nostra, quale struttura criminale ben organizzata in Sicilia, in cui prevale maggiormente il tradimento e non solo perché in Cosa Nostra le lotte di potere giustificano qualunque comportamento tragediante, ma anche perché gli uomini d'onore, così chiamati gli 4 affiliati all'organizzazione, hanno da sempre considerato il tradimento come un elemento indispensabile nella filosofia mafiosa tanto da distinguere tipologie di tradimento lecite da quelle illecite. Per chiarire fin da subito a quale concetto questa tesi si riferisce quando cita il tradimento in Cosa Nostra, è doveroso raccontare un episodio in cui è bene evidente come gli uomini d'onore si servano del tradimento quando la Commissione, organo governativo più importante della mafia palermitana, ordina l'eliminazione sia di membri appartenenti all'organizzazione sia di personaggi scomodi esterni che attentano ad essa. Il caso preso in esame è l'omicidio di Enrico Mattei, il presidente dell'Eni ucciso nel famoso incidente aereo dell'ottobre 1962. Un incidente voluto dalle compagnie petrolifere americane che si sentirono oppresse dalla nuova economia- politica dell'imprenditore italiano. Ed è esattamente ciò che pensa l'opinione pubblica. È noto a pochi, invece, che la morte di Mattei fu richiesta da Cosa Nostra americana poiché quest'ultimo ostacolava importanti interessi americani in Medio- Oriente. E a nominare esecutori materiali gli uomini d'onore palermitani a nome della Commissione di Cosa Nostra degli Stati Uniti fu Angelo Bruno affiliato alla famiglia mafiosa di Filadelfia. La mafia palermitana, fin da subito, cercò una tecnica di uccisione in cui non sarebbero servite le armi da fuoco o azioni che avrebbero potuto rivelare la matrice mafiosa del fatto. Ecco, dunque, come Cosa Nostra ricorre al tradimento. Un gruppo di uomini d'onore, tra cui Graziano Verzotto, un uomo di potere che rappresentava l'Agip in Sicilia e militava nella Dc, e Giuseppe Di Cristina, boss di Riesi, portarono a caccia, il giorno prima l'attentato, Enrico Mattei poiché sapevano bene che quest'ultimo aveva la passione per questo sport e, d'altro canto, Mattei sapeva ancor meglio con chi si incontrava e con chi andava a caccia. La battuta di caccia aveva lo scopo di rassicurare l'imprenditore sulle intenzioni della mafia nei suoi confronti. Come spiegò il pentito Tommaso Buscetta, questo è uno degli espedienti classici di Cosa Nostra: quando si deve compiere un'esecuzione, la vittima deve essere avvicinata da un amico che dissipa i suoi sospetti, la tranquillizza, la rende più accessibile e ne facilita così l'eliminazione. La mafia riuscì così a illudere Enrico Mattei di godere della protezione di Cosa Nostra, di non 5 preoccuparsi di rafforzare la vigilanza attorno all'aereo e di sospettare di tradimento1. In particolare, però, questo elaborato finale prende in esame il periodo dell'ascesa corleonese a Palermo e, quindi, della scalata di Salvatore Riina ai vertici assoluti di Cosa Nostra, poiché è proprio nell'era Riina che il tradimento si sviluppò e diventò l'arma preferita di Cosa Nostra per l'eliminazione di chiunque abbia cercato di porre freno alla follia dominatrice corleonese. Il presente lavoro, per meglio sviluppare il tema, si divide in tre capitoli così argomentati. Il primo capitolo analizza le relazioni che esistono tra il tradimento e l'organizzazione Cosa Nostra, soffermandosi a riflettere sulla doppia morale nel definire il tradimento esistente all'interno dell'organizzazione poiché sono gli uomini d'onore gli stessi a diventare traditori quando le circostanze lo richiedono e a giudicare tale fenomeno moralmente sbagliato in altre occasioni. Nella seconda parte del primo capitolo, inoltre, vengono esaminate una ad una le tre tipologie di tradimento riscontrate in Cosa Nostra: la tragedia, il tradimento nella tecnica di uccisione della lupara bianca e, per finire, il pentitismo. Il secondo capitolo, invece, descrive il fenomeno del tradimento nei primi anni del dominio della dittatura di Salvatore Riina e in particolar modo durante la così detta guerra di mafia che vide, all'inizio degli anni ottanta, contrapposte la mafia tradizionale palermitana dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo e quella appunto corleonese. Per spiegare meglio le cause e i fattori presenti nel tradimento sono descritti e analizzati i tradimenti di Pietro Lo Iacono e Giuseppe Montalto indispensabili rispettivamente per l'omicidio di Stefano Bontate e Salvatore Inzerilllo. Il terzo capitolo, infine, dimostra come il tradimento sia stato alla base del processo di autodistruzione dei corleonesi poiché, al termine della guerra di mafia, Salvatore Riina iniziò a tradire anche all'interno della sua famiglia di appartenenza. La tesi conclude il terzo capitolo svelando come anche Totò Riina, indiscusso maestro nell'arte del tradimento e della tragedia, sia stato anch'esso tradito da un suo fedelissimo, ovvero Bernardo Provenzano. La mia tesi sviluppa il fenomeno del tradimento, lo analizza nelle sue forme e lo studia nel periodo del dominio corleonese in Cosa Nostra. Ho deciso di soffermarmi a riflettere sul tradimento come strumento di potere in un'organizzazione criminale perché, frequentando il corso di Sociologia della Criminalità Organizzata 1 Pino Arlacchi. Addio Cosa Nostra. Rizzoli, Milano 1997. pag. 81-82 6 del professore Fernando Dalla Chiesa, nell'anno accademico 2011-2012, più volte mi sono domandata come fosse possibile chiamare gli affiliati a Cosa Nostra uomini d'onore. Come dei veri e propri criminali di guerra possano essere giudicati in Sicilia come gli unici garanti di onore, rispetto e lealtà. Con questa tesi il mio obiettivo è quello di svelare il vero volto degli uomini di Cosa Nostra, screditando la parola onore in un'organizzazione che idealizza la freddezza di spirito nell'uccidere un amico e abbatte tutti i valori di una società sana. È quello di dimostrare che il vero uomo d'onore è chi combatte contro la mafia e non chi ne fa parte. L'affiliato a Cosa Nostra è, invece, chi teme un tradimento, chi dubita di ogni amicizia, chi diffida dei propri cari e chi ha nemici in ogni dove.