Storia Del Napoli

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Storia Del Napoli Athos Zontini Storia del Napoli 1 Athos Zontini Nato il primo marzo 1914 a Bagnoli Irpino e scomparso dopo una breve ma fatale malattia il 30 novembre 1992, iniziò la sua carriera sportiva in atletica leggera, stabilendo numerosi record nazionali ed europei nella staffetta 4x400 metri, nel mezzofondo e nei 100 metri piani. Nel 1936 rappresentò l’Italia alle Olimpiadi di Berlino. Debuttò in Serie A nel calcio professionistico con Mister Garbutt, che gli affidò il ruolo di difensore nel campionato 1934-1935 e militò con la squadra partenopea per tre stagioni consecutive, giocando la sua ultima partita contro il Novara il ventotto febbraio 1937. Abbandonò in seguito il calcio per laurearsi in medicina e partecipare alla seconda guerra mondiale dove fu decorato al valor militare. Al suo rientro in Patria, dopo una lunga prigionia nel lager tedesco di Ziegenhein, iniziò a lavorare presso l’Ospedale dei Pellegrini e a collaborare con la squadra del Napoli di cui fu medico sportivo per circa diciassette anni. Fu eletto Assessore alla Sanità durante le elezioni comunali del 1961 e tentò di opporsi alle intemperanze di Lauro, rassegnando, infine, le dimissioni da entrambi gli incarichi. 2 Premessa La Storia del Napoli che mio padre scrisse nella prima metà degli anni sessanta è un diario ideale della vita trascorsa in azzurro, che coincide, in gran parte, con la sua biografia di atleta, calciatore e medico sportivo. Galantuomo d’altri tempi, non sempre riuscì a condividere i valori della società emersa dal dopoguerra, nuova, ma non necessariamente migliore, i cui ideali erano oramai diversi da quelli della sua giovinezza. La sua storia è dunque il racconto vivo e reale delle tante vicissitudini di cui fu, in parte, protagonista e condivise con lealtà e passione fin dai tempi lontani e gloriosi di Garbutt e Sallustro. Ringraziamenti Ringrazio mio figlio Martino che mi ha aiutato e sostenuto nelle ricerche e nella fase di pubblicazione, incoraggiandomi a portare a termine il progetto; mia sorella Gemma che, nonostante i suoi impegni professionali, mi ha coadiuvato mettendo a disposizione i ricordi di famiglia di cui è stata custode durante la mia lunga assenza. Ringrazio Gaetano Valente, amico di sempre, fin dalla nostra ormai lontana giovinezza, che mi è stato vicino in questa come in altre occasioni facendomi sentire il conforto di un affetto sincero e, infine, Nicola Schinco, un nuovo amico, appassionato sportivo e collezionista che ha reso possibile con la sua affettuosa ed efficace collaborazione la pubblicazione di questo libro. Leandro Zontini 3 1 C’era una volta Naples Foot-Ball Club Il calcio moderno nacque in Inghilterra con la fondazione, nel 1857, dello Sheffield Football Club, primo club calcistico al mondo, nel cui ambito furono elaborate le Sheffield Rules che codificavano le regole del nuovo gioco, per distinguerlo da analoghe discipline e dal rugby in modo particolare. Il virus, che suscitava ovunque ampio consenso e partecipazione, si diffuse in Europa verso la fine del diciannovesimo secolo, trasformando la passione in tifo, epiteto che richiama appunto l’idea di febbre e di delirio. Nacquero così quelli della domenica, i primi malati della nuova pandemia che in poco tempo invase anche la nostra città; già nel 1904, infatti, l’inglese William Poths, impiegato della Cunard Line (un’agenzia marittima che aveva i suoi uffici nel porto di Napoli), coadiuvato da appassionati e sostenitori come Bayon, Anatra, Cattarina, Conforti e Bruschini, fondò il Naples Foot-Ball & Cricket Club, prima rappresentativa calcistica cittadina, che, nel 1906, per meglio evidenziare la sua vocazione, assunse il nome di Naples Foot-Ball Club con Amedeo Salsi presidente. L’ardimentoso esempio del Napoli contagiò la Partenopea Virtus, gloriosa società polisportiva tuttora in attività, che fondò la “Sportiva Napoli” sotto la direzione di Guglielmo Matacena, pioniere e mecenate del calcio partenopeo che gestiva una trattoria al vicolo Tre Re a Toledo, spendendo gran parte dei suoi guadagni per finanziare la squadra. Il seme germogliò in tutta la Campania e da esso spuntarono l’Audace, che vantava tra i suoi giovani migliori Amedeo Casacchia, la Juventus, con i fratelli Padula e Guido Cavalli, l’Elios, con Cappellieri, Siracusa, Faccani e Giovannetti. Nelle file del Naples affluivano, nel frattempo, giocatori stranieri di comprovata esperienza che trasformarono il Club di Salsi in un vero squadrone. La possibilità di poter contare su tante squadre indusse il presidente a varare la Coppa Salsi, primo torneo ufficiale tenuto a battesimo sul campo di Bagnoli. La squadra, composta da Kock, Garozzo, Del Pezzo, Little, Steinegger, Marin, Michele Scarfoglio, Mc Pherson, Chaudoir, Potz e Oesterman, furoreggiò, dispensando goal a palate e travolgendo le rivali con uno scarto clamoroso, anche se il merito, nonostante qualche nome nostrano, andava soprattutto agli stranieri. Scarfoglio proveniva, infatti, dalla Svizzera e Carlo Garozzo dal Cairo; Oesterman e Kock erano tedeschi, Marin danese, Steinegger svizzero – tedesco, Chaudoir belga, Little, Potz e Mc Pherson inglesi. Quanto erano costati tanti stranieri alle modeste casse del Napoli? Nemmeno un centesimo, in realtà, poiché erano tutti impiegati nelle società estere di navigazione che avevano preso d’assalto il nostro porto agli inizi del novecento. 4 Per mancanza di avversari validi il Naples si vide costretto a imbastire incontri occasionali con squadre di marinai che avevano la ventura sportiva di sbarcare alla vecchia Immacolatella. Capitò così, un bel giorno, a bordo dell’Arabik, la squadra inglese che aveva umiliato i grifoni del “Genoa 1893”, antesignani e campioni del calcio in Italia, che le avevano buscate per tre a zero. Il Naples vinse per tre a due, con goal di Mc Pherson, Scarfoglio e Chaudoir, lasciando gli inglesi a bocca aperta. L’equipaggio dell’Arabik, accorso al campo di Bagnoli con propositi bellicosi, portò, invece, in trionfo, con grande spirito sportivo, i vincitori. Venne poi la coppa Lypton, indetta dall’omonimo industriale di the che aveva base a Palermo, dove, tra l’altro, la maggior parte dei giocatori era di origine maltese; il Naples si aggiudicò la vittoria per due a uno al novantesimo minuto di una partita incandescente che trascinò il pubblico all’entusiasmo più schietto. Per la prima volta nella storia del calcio meridionale l’esito della gara fu comunicato nella stessa giornata con una telefonata al numero 358 di casa Bruschini in Via San Severo alla Pietrasanta dove si erano riuniti i soci del Club blu-celeste. L’Unione Sportiva Internazionale L’equilibrio tra i giocatori del Naples Football Club, scarsamente affiatati per ragioni etniche e linguistiche, non poteva, tuttavia, che essere precario. Nel 1911 Bayon e Steinegger, provocarono, infatti, una prima scissione che dette vita all’Unione Sportiva Internazionale nella quale affluirono amici e dissidenti con Stolti presidente; il timone del Naples passò dunque nelle mani di Emilio Anatra, socio del Savoia e skipper di grande fama. L’Unione Sportiva Internazionale indossava una casacca blu con collo e paramano bianchi e la sigla USI sul petto; il biglietto per accedere al campo di Agnano costava cinquanta centesimi ma già allora i portoghesi, evitando il botteghino, scavalcavano le “montagnelle” che circondavano il campo per godersi tranquillamente lo spettacolo. La squadra, nelle cui fila confluirono gradualmente molti giocatori di formazioni minori, attratti dal prestigio del Club, poteva ormai contare su atleti come Steinegger, Fowles, lo svizzero Jenni, il portiere Giuseppe Cangiullo, Paduli e De Giuli (ex juventini), Mascoli e i fratelli Matecena provenienti dalla Società Sportiva Napoli. Dopo aver subito cocenti sconfitte nei primi derby cittadini i dirigenti del Naples capirono che, per arginare il pericolo, bisognava attrezzarsi; Gaetano Del Pezzo, in veste di organizzatore, ingaggiò dunque i danesi Thorthenson e Hansen e schierò in porta Guido Cavalli (ex baluardo della Juventus) ben noto per le sue formidabili respinte di piede e di pugno, con la speranza di poter fronteggiare l’agguerrita rivale. La gente cominciava a guardare con maggiore simpatia i pazzi della palla rotonda e correva ad applaudirli, incuriosita, con crescente entusiasmo. Il vento, tuttavia, stava cambiando direzione; sulla bocca di tutti echeggiavano, infatti, le note di una canzone che ci avrebbe accompagnati a Tripoli, “bel suol d’amore”, almeno nelle intenzioni del poeta: l’Italia partiva in armi alla conquista della “Quarta Sponda”. Nel breve intervallo tra l’impresa africana e la Prima Guerra mondiale, il Naples vinse, a Roma, la coppa Noli da Costa e sconfisse la Roman (tre a zero) e la Virtus Juventusque di Livorno (due a zero), schierando in campo Cavalli, Garozzo, Piccini, Dalia, Hellul, Del Pezzo, Bruschini II, Reichlin II, Eastwood, Reichlin I e Bruschini I. Nel maggio 1915, con l’entrata in guerra del nostro Paese, i giovani idonei alla leva militare partirono in massa e i calciatori partenopei non fecero eccezione. 5 Chaudoir, Defendi e Teodoro Capocci non tornano più, mentre, tra i reduci, alcuni non furono più in grado di toccare un pallone, come Eastwood che perse una gamba sul fronte francese. Quelli che furono risparmiati dal destino tornarono all’antica passione al termine del conflitto; le casacche, allora, riaffiorarono dalla naftalina e il pallone riprese la sua corsa sui verdi prati dei campi sportivi. Le porte di pietra Il 1919 fu l’epoca d’oro della “Villetta”, un’area pianeggiante di fronte Via Caracciolo, dove giocatori affermati non disdegnavano di togliersi la giacca e schierarsi in campi improvvisati con le porte formate da pietre o cataste di libri. Come dimenticare Cassese, Lobianco, Jaquinto, Matarazzo, Gigliesi, Bruschini III e il terzino De Manes, considerato il “re” della Villetta? Come non ricordare Ernesto Ghisi, Parodi, i fratelli De Palma, Osvaldo Sacchi, Gennaro Maisto? La nostra città contava in quel periodo ben cinque squadre che partecipavano al Campionato di Prima Divisione, vale a dire il Naples, l’U.S. Internazionale, la Bagnolese, la Pro Napoli e la Puteolana.
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