Ricerca FARO Bando 2012

Progetto di ricerca

Camorra, mercati e imprese. Le “aree grigie” nell’evoluzione dei gruppi criminali campani

Scheda sintetica delle attività svolte e dei risultati conseguiti

Novembre 2014

1. Composizione del gruppo di ricerca

La ricerca si è ispirata a un approccio multidisciplinare. Nella necessità di indagare i diversi aspetti di un fenomeno complesso, come quello dei circuiti di criminalità organizzata, si è tenuto conto nella composizione del gruppo di ricerca dell’apporto di docenti e ricercatori provenienti da diversi campi delle scienze sociali e umane: sociologia, storia contemporanea, organizzazione aziendale, diritto.

Componenti del gruppo di ricerca afferenti a dipartimenti universitari:

Luciano Brancaccio (responsabile scientifico, ricercatore, settore Sociologia dell’ambiente e del territorio, Università di Napoli Federico II); Carolina Castellano (ricercatore, settore Storia contemporanea, Università di Napoli Federico II) Stefano Consiglio (professore ordinario, settore Organizzazione aziendale, Università di Napoli Federico II); Stefano D’Alfonso (professore associato, settore Diritto amministrativo, Università di Napoli Federico II); Ernesto De Nito (ricercatore, settore Organizzazione aziendale, Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro) Gabriella Gribaudi (professore ordinario, settore Storia contemporanea Università di Napoli Federico II); Anna Maria Zaccaria (ricercatore, settore Sociologia dell’ambiente e del territorio, Università di Napoli Federico II).

Il gruppo di ricerca si è inoltre avvalso della collaborazione di alcuni giovani studiosi che hanno fornito un contributo sulla base di contratti di prestazione occasionale:

Vittorio Martone (dottore di ricerca in Sociologia e ricerca sociale, già assegnista di ricerca, Università di Napoli Federico II); Antonella Avolio (attualmente dottoranda di ricerca in Scienze sociali e statistiche, Università di Napoli Federico II); Francesca Manzo (attualmente dottoranda di ricerca in Scienze sociali e statistiche, Università di Napoli Federico II).

Forme di collaborazione e confronto utili per i risultati della ricerca sono venuti, infine, dall’apporto libero fornito da due altri professionisti a diverso titolo competenti del tema oggetto di indagine, i cui contributi scritti troveranno posto nella pubblicazione finale dei risultati della ricerca:

Giovanni Starace (Ricercatore, settore Psicologia dinamica, Dipartimento Studi Umanistici, Università Federico II; Filippo Beatrice (Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Napoli).

Il prof. Starace e il dott. Beatrice hanno preso parte alle riunioni e alle altre attività realizzate dal gruppo di ricerca: seminari, consultazione delle fonti, analisi dei materiali documentali e provenienti dalle interviste. 2. Premessa metodologica e obiettivi della ricerca

Le basi di partenza della ricerca sono riassumibili in alcune acquisizioni conoscitive riguardo la criminalità organizzata di origine campana ormai consolidate e ben note non solo agli attenti osservatori del fenomeno: 1) la crescente presenza di circuiti imprenditoriali riconducibili a organizzazioni criminali nelle attività economiche legali; 2) la rapidità e l’intensità con cui i modelli organizzativi e relazionali interni all’arcipelago dei clan campani mutano e si adattano al contesto; 3) il coinvolgimento nei circuiti criminali di soggetti esterni: imprenditori, professionisti, pubblici funzionari e amministratori; 4) la necessità di apportare opportune modifiche e integrazioni alla normative antimafia alla luce dei cambiamenti di cui sopra. Rispetto a questi quattro punti, che sollevano una serie di domande legate a fattori storico‐ sociologici in senso lato, la ricerca ha indagato alcuni contesti e casi specifici, dai quali si è partiti per ricostruire dinamiche, evoluzioni, relazioni interne e con ambienti esterni, possibili punti di attacco del fenomeno. Oggetto del lavoro dunque sono stati i gruppi di criminalità organizzata campani visti nel loro rapporto con il contesto sociale e territoriale (città, cintura suburbana, provincia, proiezioni in altri territori). La pubblicistica sulla si è spesso soffermata sugli aspetti organizzativi e di controllo militare del territorio, sull’attività predatoria e sulla capacità di infiltrazione nella politica e nei ranghi dell’economia legale. Meno attenzione è stata prestata ai fattori di genesi e riproduzione dei clan, al modo in cui questi si formano e crescono in stretto rapporto con il tessuto sociale e le aree grigie dell’economia, delle professioni e della pubblica amministrazione. L’adattabilità delle forme e il continuo avvicendarsi di nuovi gruppi di camorra, pur in un contesto in cui il controllo criminale di alcune grandi famiglie permane nel corso del tempo, consentono di mettere in luce le condizioni e le risorse che favoriscono la nascita e l’affermazione delle organizzazioni criminali campane. Dunque il lavoro si è proposto di indagare quattro dimensioni del fenomeno: i fattori storico‐sociali, le risorse, le relazioni esterne e l’uso della violenza nelle sue ragioni strategiche e nelle sue determinanti più profonde e individuali. I clan campani, generalmente aggregati intorno a clan familiari estesi e diretti da figure carismatiche, hanno come principale risorsa il controllo del territorio, gestito sia attraverso la violenza che attraverso una vasta area di consenso, possibile anche per gli alti tassi di disoccupazione che caratterizzano il contesto campano. È per mezzo del radicamento territoriale che i clan costruiscono le proprie capacità relazionali ed economiche, ed è facendo presa sull’area di provenienza che riescono a proiettare le proprie attività verso il resto d’Italia e l’Europa: lo studio del contesto è quindi di primaria importanza per la comprensione del fenomeno. Gli obiettivi della ricerca scaturiscono dalla nozione problematica del “confine”, analizzato attraverso una prospettiva multidisciplinare, che qui può essere brevemente schematizzata: 1) i confini della cosiddetta “area grigia” si riferiscono alle molteplici relazioni tra settori dell’economia legale e criminalità associata: gli interrogativi si concentrano sul ruolo di imprenditori e professionisti nelle attività economiche dei clan, sui modelli relazionali e le strutture organizzative; 2) i confini sociali e l’emersione dei clan: quali sono i modelli di formazione del potere camorrista? In quali circuiti sociali emerge, e quali sono i confini tra famiglia e clan? Tali questioni hanno particolare rilevanza nell’attuale progressiva evoluzione dell’apparato normativo dell’antimafia, che sta raffinando i propri strumenti giuridici, sia nel settore amministrativo che in quello penale, proprio in relazione alla crescente complessità definitoria del crimine associato; 3) la dimensione territoriale: il radicamento su scala locale (quartiere, città, provincia); le modalità con cui il territorio e la sua definizione amministrativa condizionano la formazione dell’organizzazione criminale. In relazione a questi obiettivi conoscitivi sono stati selezionati alcuni casi studio, aree territoriali e contesti storici di interesse, schematicamente illustrati nel seguito di questo documento insieme alla documentazione acquisita e ai risultati del lavoro.

3. I casi di studio

Scheda caso I processi di età fascista nel casertano

Gli studi storici sulla criminalità organizzata campana segnalano notevoli carenze conoscitive per il ventennio intermedio tra il processo Cuocolo (1906‐1927) e il secondo dopoguerra. Gli anni Cinquanta sono stati un periodo cruciale per la formazione di un sistema affaristico‐criminale radicato nel settore del commercio agroalimentare, soprattutto nella cintura provinciale di Napoli, nonché nel proficuo settore del contrabbando, alimentato dalla presenza degli Alleati nel golfo ed attestatosi sulle precedenti reti della borsa nera cresciute durante la guerra. Restano invece aperti gli interrogativi sulle dimensioni e gli effetti della repressione anticamorra in età fascista, che è stata invece approfonditamente studiata per il caso siciliano, e questa lacuna lascia una fondamentale incertezza rispetto all’inabissamento delle organizzazioni criminali campane tra età liberale e fascista, ed ai rapporti tra la camorra provinciale e quella napoletana, largamente affidati alla gestione clientelare della rappresentanza politica in età giolittiana. Le notizie storiche sull’epoca fascista si limitano alla missione dei Carabinieri nel casertano (zona dei Mazzoni) svolta tra il 1926 e il 1927. Si tratta di un caso particolarmente rilevante, al quale la propaganda mussoliniana diede molto risalto, e che si accompagnò all’abolizione della provincia di Caserta, nel 1927. La specificità di questa vicenda, nella quale l’azione repressiva si accompagna alla cancellazione dell’identità amministrativa del territorio, costituisce motivo di interesse per lo studio dell’area casertana in età fascista. A partire da queste premesse, la ricerca archivistica si è mossa su due fronti: in prima battuta si è interrogata sulla presenza della criminalità di stampo camorristica nelle fonti giudiziarie, procedendo ad uno screening dei processi per reati di natura violenta negli anni tra l’età liberale ed il ventennio fascista nell’area napoletana. A questo scopo sono stati presi in esame i registri di Corte d’Assise di Napoli, che nel 1927 aveva acquisito anche la giurisdizione per la provincia di Caserta, per gli anni 1927‐‘33. Il lavoro sulle fonti è stato notevolmente ostacolato dalle difficoltà di consultazione di questo materiale, custodito in locali dell’Archivio di Stato di Napoli solo parzialmente accessibili; nonostante questi limiti, è stato possibile selezionare alcuni processi nell’area della provincia di Napoli in cui si evidenzia la chiara presenza, nel linguaggio giudiziario così come nelle fonti repressive, di riferimenti al crimine organizzato, che si configura secondo le autorità inquirenti e giudicanti come potere criminale dotato di propri riti di affiliazione, che si muove su territori definiti dalla diffusione dei crimini predatori. Questi primi risultati suggeriscono di rivedere il canone narrativo dell’”inabissamento” della criminalità camorrista tra età liberale (processo Cuocolo) e fascismo. La ricerca ha quindi esaminato alcuni deidiciotto processi per associazione a delinquere aperti dal tribunale penale di Caserta nei mesi a cavallo dell’operazione repressiva del 1927, compresi nella lista di 18 procedimenti penali per reati riconducibili al crimine associato. Si tratta di processi svoltisi tra il 1926 ed il ’27 nelle zone dell’agro Nolano, Aversano e dei Mazzoni”. Ad un primo scandaglio archivistico, la natura di questi procedimenti, la tipologia di reati e la fisionomia degli imputati risultano sono risultate quanto mai eterogenee. Accanto a processi per furto e ricettazione (prevalentemente di animali) compaiono imputazioni per “associazione a delinquere”, che raggruppano sia imputati di criminalità comune che politica. Quanto mai interessante il maxi‐processo che si svolge nel Nolano a carico di 60 persone imputate di “associazione a delinquere, istigazione a delinquere, estorsioni, truffe, mancati omicidi, falso e altro”, reati che si sarebbero svolti dal 1916 al 1926 nel comune di Carbonara di ;tra gli imputati troviamo l’ex sindaco di Carbonara insieme al fratello. E’ un maxi processo in cui l’imputazione politica viene confusa con quella, numericamente minoritaria, di associazione a delinquere. Soltanto un esame approfondito della voluminosa istruttoria potrà chiarire i motivi della sovrapposizione, la natura delle relazioni tra gli imputati e lo svolgimento del processo.

Fonti analizzate Archivio di Stato di Napoli Corte di Assise di Napoli, sentenze, volumi 1927‐‘33 Corte di Appello di Napoli, sezione di accusa Sentenze 1927‐‘28

Archivio di Stato di Caserta Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Sentenza del 16 aprile 1927, Mancano Nicola più sette, di Carmignano, violenza privata, minacce, associazione a delinquere Sentenza del 18 maggio 1927 Passaretti Francesco più 10, di Falciano di Carinola, ricettazione di animali vaccini, furto di cavalli, associazione a delinquere Sentenza del 20 maggio 1927 per Golia Alberto più 3, di Aversa e San Cipriano di Aversa, ricettazione e furto qualificato Processo del 26 giugno 1927 contro Sorrentino Attanasio fu Aniello più 59, di Carbonara di Nola, per ricostituzione del Partito Comunista, associazione a delinquere, istigazione a delinquere, estorsioni, truffe, mancati omicidi, falso e altro.

Scheda caso Il riciclaggio nelle attività della ristorazione sul lungomare. Contrabbandieri, usurai, imprenditori e camorristi.

Il caso del riciclaggio nelle attività della ristorazione del lungomare, emerso con l’inchiesta denominata “Megaride” (vedi materiale giudiziario in coda), offre la possibilità di un ampio ventaglio di approfondimenti su diversi versanti del mondo illegale e criminale cittadino.

Capi di imputazione principali: membri della famiglia Potenza sono accusati di usura ed estorsione, membri della famiglia Iorio sono accusati di riciclaggio (soldi provenienti dalle attività illecite del boss della camorra di Miano ), Vittorio Pisani, ex dirigente della questura di Napoli, di abuso d’ufficio. Il dibattimento in primo grado ha visto l’assoluzione di Pisani e significativi ridimensionamenti dei capi d’imputazione degli altri soggetti coinvolti. Nondimeno l’inchiesta consente di mettere in luce le connessioni tra diversi ambienti sociali ed economici e tra questi e le attività usuraie e l’azione di alcuni esponenti della criminalità organizzata cittadina. La lettura di questi rapporti ha consentito una ricostruzione della stratificazione sociale e criminale della città.

Tre sono le famiglie principali coinvolte nel caso giudiziario:

La famiglia Potenza è una famiglia storica di contrabbandieri e di usurai. Si ha notizia di traffici di contrabbando portati aventi da esponenti della stessa famiglia già nei primi anni dopo la prima guerra mondiale e poi ancora negli anni ’30. La famiglia Potenza inoltre è imparentata, direttamente o indiriettamente, ad altre famiglie storiche del contrabbando napoletano: Grieco, Presutto, Danaro, Mazzarella.

Fig. 1) Il gruppo parentale Potenza.

Il materiale giudiziario, integrato dalle testimonianze dei residenti del Rione Pallonetto, ha consentito la ricostruzione della genesi della famiglia nel mondo del contrabbando e illegale napoletano e poi della loro specializzazione nell’attività usuraia. I Potenza sono considerati dai testimoni una delle famiglie più ricche della città. Interessante anche ricostruire il radicamento sociale della famiglia e le aree di consenso esplicito nei confronti di “Don Mario”. Interessante anche notare che la famiglia non ha lo status di “camorrista”, nonostante ciò può trattare in modo indipendente e in certe situazioni paritario con noti esponenti del crimine organizzato.

La famiglia Iorio, invece, è una famiglia di imprenditori della ristorazione, che realizza una rapida ascesa economica grazie ai capitali messi a disposizione dai Potenza e alla rete di protezione che gli stessi sono in grado di attivare.

Nelle attività di impresa degli Iorio confluiscono anche i capitali di Salvatore Lo Russo, boss della omonima famiglia di Miano, nell’area Nord di Napoli, inserita nella federazione della cosiddetta Alleanza di Secondigliano. Lo Russo fin dagli anni 80 ricorre ai prestiti ad usura forniti dalla famiglia Potenza.

Fig. 2) Rapporti parentali del clan Lo Russo.

Elementi di interesse e risultati del caso nell’economia complessiva della ricerca. 1) All’interno del caso in questione il gruppo camorrista dei Lo Russo non esercita il monopolio della violenza, riconosce ai Potenza lo status di famiglia storica di usurai e costruisce un rapporto di affari alla pari. 2) La famiglia di usurai dei Potenza è ben distinta dal gruppo camorrista, pur mostrando funzioni tipiche della camorra, come il recupero crediti e le estorsioni portate avanti con minacce e atti di violenza esplicita. 3) L’attribuzione del rango di gruppo di camorra emerge come specializzazione della violenza e del controllo del territorio, ma è anche una “costruzione sociale” che ha a che fare con pratiche, attività economiche, funzioni sociali, segni di status. 4) Emerge una differenziazione del mondo criminale che corrisponde anche a una stratificazione gerarchica: il gruppo camorrista è in posizione superiore in virtù della specializzazione nella violenza, che rimane il fattore d’ordine principale, anche se non il solo, del complesso mondo criminale. 5) Nel mondo dell’impresa si notano rapporti paritari tra Iorio, Potenza e Lo Russo. Cioè dentro i circuiti economici vige la logica degli affari e la logica del dominio è tenuta in disparte.

Scheda caso Clan, impresa e colletti bianchi: il caso Fabbrocino‐Ragosta

San Giuseppe Vesuviano era, fin dalla fine degli anni ‘80, dominio esclusivo di . La collaborazione economica fra il clan – nella persona di Franco Ambrosino, uno dei suoi più eminenti esponenti – e la famiglia Ragosta è testimoniata già all’inizio degli anni ‘90, rinsaldata negli anni successivi e confermata almeno fino al 2008, sulla base delle rivelazioni fatte da Bonavita Giovanni (indiziato di appartenere al clan Fabbrocino) ad un collaboratore di giustizia. L’attività del clan camorristico‐mafioso diretto dal boss Mario Fabbrocino, è finalizzata al controllo delle attività economiche nell’area vesuviana, anche attraverso la gestione monopolistica in interi settori imprenditoriali e commerciali, controllando in modo illecito il rilascio di concessioni e di autorizzazioni amministrative; l’acquisizione di appalti e servizi pubblici; l'illecito condizionamento dei diritti politici dei cittadini e, per tale tramite, il condizionamento della composizione e delle attività degli organismi politici rappresentativi locali. I reati contestati vanno dal riciclaggio, al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, truffe in danno della C.E.E., usura, estorsioni, etc. Condotte tutte funzionali ad ottenere il controllo delle attività illecite e lecite del territorio vesuviano e zone limitrofe. Un ruolo determinante nei destini criminali del clan è ricoperto dalla famiglia Ragosta (diventata nel breve volgere di un decennio una delle più ricche famiglie imprenditoriali del mezzogiorno d’Italia), che opera un’imponente attività di reimpiego di capitali illeciti (l’ascesa economica dei Ragosta inizia con l’acquisizione delle “Acciaierie del Sud S.p.a.”, azienda in fallimento dal 7 giugno 1995). La vicenda della famiglia Ragosta nelle sue diverse vicissitudini criminali ha costituito la traccia attraverso cui si sono potuti ricostruire due archetipi criminali: la penetrazione nell’economia “reale” e apparentemente sana dei capitali di provenienza illecita e la gestione “privatistica” della cosa pubblica amministrata secondo logiche che nulla hanno a che vedere con l’interesse collettivo, ma che mirano, invece, a soddisfare esclusivamente gli appetiti di gruppi professionali ed economici. Inoltre lo sviluppo di quest’impresa criminale è stata favorita da condotte attuate da complici con modalità tipiche invece dei c.d. “colletti bianchi”. In questo ambito le indagini, trascendendo anche le posizioni dei Ragosta, mettono in luce uno spaccato più complessivo dell’amministrazione della giustizia tributaria in questo distretto, evidenziando un vasto e ramificato sistema collusivo‐ corruttivo. L’attività criminale del clan estesa ad attività imprenditoriali “legali” è stata nel tempo sostenuta da fenomeni corruttivi e crimini che hanno coinvolto nello specifico anche: attori professionali (dottori commercialisti e avvocati, spesso nella veste di giudici tributari della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli) attori politico‐istituzionali (dipendenti e funzionari amministrativi C.T.P., Equitalia Polis)

Contesto di riferimento e territori interessati Il controllo territoriale del clan è esteso, a partire dagli anni ’80, all’area vesuviana e zone limitrofe (c.d. Striscia di Gaza). Le indagini evidenziano, però, un possibile collegamento dei Ragosta con clan criminali operanti in altri territori, come il clan dei “casalesi”. Un primo caso di collegamento fra i Ragosta e gli uomini del clan dei casalesi, emergeva nell’ambito delle vicende di inquinamento ambientale che riguardavano la Regione Campania: la discarica abusiva del Volturno nei primi anni ‘90, adibita a discarica principalmente dai fratelli Ragosta, all’epoca titolari di fatto e /o diritto della Sidertrans sas e Transider sud srl. Uno dei coimputati era un imprenditore casertano, Palladino Nicola (peraltro prosciolto dal Gup). Questa attività di smaltimento abusivo si consumava nel regno dei casalesi, a pochi chilometri dai possedimenti della famiglia Schiavone. Lo stesso Palladino – al di là della prova del suo coinvolgimento nei reati contestati – risultava, comunque, che avesse frequentazione dei luoghi in cui i Ragosta svolgevano l’attività illecita in esame: Nicola Palladino altri non è che un imprenditore pienamente organico al clan casalese.

Scheda caso L’area a Nord di Napoli: i casi Mallardo e Moccia

Il contesto L’area della provincia Nord di Napoli è stata interessata dall’attività di clan storicamente radicati nei contesti locali, che fin dagli anni Settanta hanno accresciuto la propria caratura criminale. La ricerca ha individuato tre casi studio, tra loro intrecciati, di particolare interesse. Il gruppo Mallardo è stato fondato, diretto ed organizzato, prima, da Francesco e Giuseppe Mallardo, poi da Feliciano e Raffaele Mallardo, e Francesco Napolitano. Il periodo di affermazione del clan Mallardo risale agli anni ’70 e il potere del gruppo persiste nonostante la prolungata assenza degli esponenti della famiglia, ad oggi tutti detenuti. E’ dominante nei comuni di Giugliano in Campania, Villaricca, Qualiano, Marano e zone limitrofe, con estensioni anche nei territori della Regione Lazio. In quest’ultimo caso, le indagini hanno consentito di verificare interessi legati ad attività imprenditoriali, con particolare riferimento al settore edilizio, soprattutto nei Comuni di Terracina e di Fondi (attività gestita e diretta dal gruppo Dell’Aquila). Le vicende del clan rivestono particolare interesse per l’analisi dell’espansione dei gruppi camorristi nel Basso Lazio, a cui si rimanda. Caratteristica peculiare del clan Mallardo è sempre stata quella di moltiplicare la propria efficienza delinquenziale mediante la creazione di stretti vincoli di alleanza con i consimili sodalizi operanti nei territori limitrofi: con i clan Licciardi e Contini (dando così vita, nel corso degli anni ’90, alla potentissima Alleanza di Secondigliano); con la ramificazione del clan dei Casalesi facente capo alla famiglia Bidognetti; con la banda bidognettiana e con il gruppo Licciardi insieme (c.d. “gruppo misto”), così da dare luogo ad una efficiente ed articolata associazione criminosa dominante dal territorio napoletano sino a quello laziale; con il clan Moccia; con i clan Polverino e Nuvoletta. Il gruppo risulta fortemente centralizzato (per esempio esiste un’unica cassa gestita al centro; l’imposizione del pizzo è decisa dai soli capiclan) e strutturato, con posizioni (capi, reggenti pro‐ tempore, capi‐zona, affiliati, …) e ruoli ben definiti. Si compone, peraltro, di gruppi/sottogruppi operanti in specifiche porzioni territoriali di competenza. La differenziazione in sottogruppi è, comunque, flessibile: se necessario, uno stesso affiliato collabora ad attività di sotto‐gruppi diversi (questa flessibilità organizzativa si osserva anche nel caso del clan Moccia). L’associazione camorristica del Clan Moccia è tra i più antichi clan operanti nella provincia di Napoli (l’omicidio di Gennaro Moccia, marito della vedova, risale agli anni ’70), ancora fortemente radicato nei territori interessati. Il gruppo è radicato, con stabile organizzazione, in Afragola, e con articolazioni territoriali nei comuni limitrofi tra i quali Casoria, Arzano e Caivano, dove si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo, nonché dell’appartenenza del clan allo storico gruppo camorristico della ; dei legami (anche parentali) che legano alcuni capi storici dell’associazione (ora in carcere) agli attuali vertici dell’organizzazione; infine delle azioni violente, che contribuiscono ad una condizione di omertà e di assoggettamento. Il gruppo è storicamente egemone in questi territori. Nonostante l’omicidio dello storico capo clan Gennaro Moccia, i figli di questi, il marito dell’unica figlia, grazie alla presenza della vedova Moccia, Anna Mazza (allo stato non colpita da provvedimenti cautelari o da richieste di rinvio a giudizio), hanno continuato a controllare questi territori. La struttura criminale si delinea come una sorta di confederazione: il clan si compone di un nucleo centrale costituito dalla ristretta cerchia familiare dei Moccia; i rapporti tra il vertice e le basi non sono diretti, ma mediati attraverso la cerchia ristretta dei c.d. “senatori” del clan; ogni “senatore” è referente per una specifica articolazione territoriale, a cui si rivolgono gli associati. Gli stessi referenti sono collegati agli esponenti di vertice attraverso uomini di fiducia. Le attività prevalenti sono l’usura e le estorsioni. Assolutamente vietato lo spaccio di droga, attività che richiama sul territorio l’attenzione delle Forze dell’Ordine: uomini del clan che hanno violato tale divieto sono stati puniti. Il clan ha dimostrato di saper adeguare la propria struttura e i fini illeciti della stessa ai mutamenti degli equilibri territoriali che negli anni hanno interessato l’area metropolitana di Napoli, ed alle nuove tecniche investigative. Il controllo del territorio è tanto capillare che anche gli imprenditori possono diventare da persone offese a partecipi alle attività mafiose (come nel caso di De Stefano Francesco, che da vittima di estorsioni si mette a disposizione dell’organizzazione, traendo vantaggio in termini economici per la sua attività imprenditoriale, imponendo ai gestori dei bar la presenza delle sue “macchinette”. Altro esempio è costituito dal caso di Castaldo De Stefano, altro imprenditore colluso, che rifornisce l’organizzazione di schede telefoniche “sicure”). La struttura organizzativa è fortemente coesa, come confermato dalla fedeltà dei sodali, dalla suddivisione dei compiti, dalla previsione di una retribuzione per gli affiliati, di cui si sostengono peraltro le spese sanitarie e legali, in caso di arresto. L’associazione è certamente armata, e le armi sono usate anche per punire i propri sodali infedeli o non rispettosi delle regole. Nel corso della ricerca è emerso che le azioni di contrasto nei confronti dei Moccia hanno prodotto esiti poco significativi, grazie ai notevoli vincoli di lealtà che legano gli associati; rispetto al rapporto tra economia legale/illegale, nel caso del clan Moccia è stato accertato come alcuni imprenditori, dopo essere stati vittime del clan, hanno poi ritenuto utile offrire il proprio aiuto ai camorristi, trasformandosi talvolta in associati.

Scheda caso L’espansione dei casalesi nel Basso Lazio

Contesto dell’indagine La presenza di gruppi criminali di tipo mafioso nel territorio della regione Lazio segnala una complessità quantitativamente e qualitativamente significativa per l’ampiezza del fenomeno, per la sua profondità storica ma anche per alcuni elementi di peculiarità e di consolidamento capillare che sembrano far annoverare questa regione tra le «nuove aree di tradizionale insediamento». Al massiccio spostamento di gruppi criminali dediti al riciclaggio di capitali accumulati illecitamente e al reinvestimento degli stessi in attività legali, nel Lazio si palesano altresì forme di insediamento di lunga durata, caratterizzate da elementi di controllo territoriale assai peculiari. La camorra campana e in special modo quella ascrivibile ai clan cosiddetti Casalesi è tra i nodi centrali della regolazione criminale nel Lazio, in special modo nelle porzioni meridionali della regione (il Sud Pontino e la Ciociaria). Tuttavia, alla camorra si affiancano potenti organizzazioni «autoctone» (ex Banda della Magliana e gruppi nomadi) oltre che a presenze individuali o di gruppi ascrivibili alla ‘ndrangheta e a Cosa Nostra. Tutto ciò connota una geografia capillare e diversificata in una vasta area della regione che va dall’area metropolitana della Capitale fino al litorale romano e al basso Lazio.

In questo quadro, si sono indagati i processi di insediamento delle mafie nel Lazio osservandoli attraverso tre chiavi analitiche: a. la geografia criminale del Lazio (camorra e altre mafie tradizionali e autoctone); b. i meccanismi di espansione e i contesti di arrivo (fasi storiche dell’espansione camorristica nel Lazio e forme di radicamento nella società locale, specie attraverso i canali della politica e del mercato); c. le forme di regolazione (modalità di interazione – conflittuale o cooperativa – della camorra con gli altri gruppi mafiosi presenti nel Lazio e in particolare nel basso Lazio).

Risultati In linea con tale impostazione, l’attività si è svolta su tre fronti: 1. una mappatura della diffusione mafiosa nel Lazio, con l’enumerazione dei principali gruppi presenti (di camorra e altri), georeferenziati con l’ausilio di mappe tematiche costruite a partire dalla letteratura sul tema e in maggior parte dalle relazioni d’indagine e dal materiale giudiziario disponibile; 2. l’individuazione di sotto‐partizioni del territori regionale, connotate per fattori di contesto e di presenza criminale peculiari, frutto di un’analisi del contesto socio‐economico che fa da sfondo agli insediamenti; 3. ricostruzione di dettaglio alcuni casi esemplari del basso Lazio, profittando della riduzione di scala per meglio comprendere il ventaglio delle attività mafiose in un’area differente da quella di origine, le diverse forme di radicamento territoriale spesso connotate da una massiccia compresenza tra gruppi criminali di diversa origine e organizzazione.

Fonti Il materiale empirico che è stato raccolto va dalle più recenti Relazioni della Dna, della Corte d’Appello di Roma e della Dia, circostanziate attraverso altre informazioni più puntuali tratte da documenti giudiziari (Ordinanze e Sentenze dei Tribunali di Santa Maria Capua Vetere, Latina, Napoli, Frosinone, Roma e Reggio Calabria) e altri atti ufficiali (Informative, Interrogazioni Parlamentari ecc.), dalla cronaca locale (Il messaggero, Latina Oggi, La Provincia e altri) e dalle dichiarazioni di un primo gruppo di testimoni qualificati (magistrati, giornalisti, politici ed esponenti dell’antimafia civile).

Scheda caso Modelli di relazione impresa‐camorra

Il tema della porosità dei confini tra economia legale ed illegale e ancora tra chi è oppure non è appartenente al clan (o al mondo della camorra) continua a rappresentare un interessante oggetto di indagine, sul quale è possibile immaginare alcuni percorsi di ricerca. In particolare obiettivo di questo caso è stato analizzare all’interno della cosiddetta area grigia, analizzata dalla letteratura sociologica più recente, la relazione tra imprenditore e clan o (forse) tra imprenditore e singolo appartenente al gruppo dirigente del clan. In generale l’organizzazione criminale ha un atteggiamento violento e passivo rispetto agli attori economici (modello predatorio) oppure adotta logiche di maggiore utilizzo di strumenti soft di persuasione e assume un ruolo più attivo nei confronti di altri attori economici (modello imprenditoriale). Questo modo di intendere i concetti di modello predatorio e imprenditoriale vuole sottolineare il fatto che la nostra analisi, o meglio la nostra unità di analisi, non è la singola organizzazione criminale ma è la relazione che esiste tra questa (o un membro del gruppo dirigente) e l’economia legale. L’idea quindi non è collegata alla tipologia di modello organizzativo adottato dal clan, alla finalità ed alla tipologia delle azioni criminali, o alle modalità attraverso le quali seleziona e gestisce i propri business. Piuttosto il tema è collegato alle relazioni che l’organizzazione criminale ha con il mondo dell’economia legale: è in questo senso che noi intendiamo i concetti di modello predatorio e di modello imprenditoriale (business model). E’ lì che si forma la famosa area grigia, è lì che i confini tra legale e illegale diventano porosi, difficili da identificare. Mentre, però, il modello predatorio sembra più semplice nei suoi concetti essenziali (utilizzo della violenza per imporre un rapporto di qualsiasi tipo con l’attore economico), il modello imprenditoriale può assumere sembianze e sfumature più complesse, differenti nell’ambito di una relazione che vede il soggetto criminale protagonista dell’attività economica legale. L’idea di fondo è che si vada da situazioni in cui l’imprenditore è vittima del sistema e non riesce a trovare altra via d’uscita se non quella di “affidarsi” al clan e di diventarne in sostanza un prestanome, a situazioni in cui l’imprenditore è soggetto attivo nella costruzione della relazione con la criminalità. All’aumentare della sofisticatezza e della competenza del clan e del soggetto imprenditoriale la relazione che unisce i due attori sia sempre più complessa da definire e da determinare.

Da una prima analisi, sembrerebbe che la relazione di natura imprenditoriale possa assumere diverse connotazioni a seconda: del ruolo dell’imprenditore (di vessazione, di opportunismo per garantirsi alcuni servizi, di collusione/collaborazione rispetto alla singola attività, di definizione congiunta di scelte economiche strategiche) degli attori protagonisti della relazione (imprenditore‐clan o imprenditore‐ capoclan in quanto individuo) della modalità attraverso la quale la relazione si realizza (violenza, collaborazione, co‐gestione strategica di un progetto) delle finalità dell’operazione (investimento senza un coinvolgimento diretto nella gestione delle attività‐caso lo russo (?), produzione di ricchezza‐coinvolgimento nella gestione, riciclaggio) che naturalmente possono essere anche combinate tra loro Scopo del nostro approfondimento è verificare come queste condizioni si realizzino all’interno del caso Grasso (videopoker), con la possibilità (sulla base delle indicazioni degli altri) di analizzarle anche rispetto ad altri esempi che comunque vedono la relazione “imprenditoriale” tra clan/singolo ed imprenditore. Il caso Grasso ha il vantaggio di essere un esempio tipico di influenza dell’economia legale, con il ruolo di Grasso come imprenditore “camorristico”; risultano inoltre presenti anche meccanismi corruttivi di amministratori ed attori pubblici; la longevità del fenomeno/business potrebbe far pensare anche ad un’analisi longitudinale.

Scheda caso Le normative antimafia e i professionisti

Dal punto di vista delle scienze giuridiche, e in particolare di quelle amministrativistiche, si è ritenuto di poter estrapolare due aspetti da sottoporre ad accurata indagine conoscitiva.

Il primo, non sufficientemente approfondito dalla dottrina giuridica, concerne le professioni liberali (avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, medici, etc.). Le cronache giudiziarie e la giurisprudenza hanno fatto emergere, in tutta la sua drammaticità, nell’intero territorio nazionale oltre che in quello campano, la non rara collusione tra professionisti e clan mafiosi lato sensu. Non è sempre facile distinguere i confini tra l’esercizio legittimo di talune professioni e il favoreggiamento (o la configurazione di altri reati specifici) nell’ambito di attività esercitate da associazioni mafiose. Se da un alto vi sono normative che disciplinano specificamente talune figure professionali e, soprattutto, talune attività che si configurano contra legem — si pensi alla normativa in tema di Antiriclaggio —, dall’altro, l’ordinamento non sempre è tempestivo nel rappresentare con la necessaria tipicità (penale) comportamenti socialmente pericolosi in quanto di supporto al poliformismo della mission mafiosa. La necessità di tracciare confini netti dell’agire dei professionisti è da sempre un tema decisivo per comprendere, comprimere, punire ma anche, nell’ottica che pervade la nostra lettura, ‘scoraggiare’ il ruolo esiziale che la cosiddetta “area grigia” finisce a volte per avere. Si intende così contribuire al dibattito sul ruolo degli ordini professionali, tra i cui compiti vi è anche quello di sanzionare — sino a giungere nei casi estremi all’adozione di provvedimenti espulsivi — i comportamenti dei professionisti che configurino reati commessi nell’esercizio della professione.

Il secondo aspetto è di quelli di tradizionale interesse per gli studiosi del diritto amministrativo e per la giurisprudenza penalistica ed amministrativistica: gli appalti e le misure amministrative antimafia.

Non è questa la sede per sintetizzare l’ampio dibattito sul tema e in particolare dell’influenza che le associazioni mafiose da sempre esercitano nella fornitura dei servizi e dei beni alla Pubblica amministrazione. L’influenza che le associazioni sono in grado di esercitare si riverbera in modi diversi, tutti egualmente esiziali rispetto all’attuazione dei principi costituzionali dell’imparzialità, del buon andamento, della legalità, della libera concorrenza oltre che del prestigio della PA. Inoltre, i riflessi sul piano della rappresentanza politica sono immediatamente percepibili, in quanto l’incidenza sulla formazione del consenso attraverso il controllo dei voti, e del ruolo dei politici collusi sulle nomine e sull’azione della p.a., è a tutti nota, sia attraverso le cronache giudiziarie, sia in considerazione del largo uso dello strumento dello scioglimento delle amministrazioni comunali. In tale ambito di riflessione appare di significativo interesse lo studio dei protocolli antimafia ma anche della previsione e dell’utilizzo di misure, quali la cosiddetta interdittiva antimafia atipica, che finiscono, a volte, seppur ispirate da nobili fini, per sovvertire la ratio legis che ha ispirato la definizione degli stessi strumenti (nuocendo ad imprese o finendo per imporre sullo Stato l’onere del risarcimento dei danni). Il livello di democraticità di un Paese si misura sulla capacità che esso ha di approntare normative — cui conseguono provvedimenti amministrativi e giurisprudenziali — in grado di bilanciare ragionevolmente e proporzionalmente gli interessi costituzionalmente protetti.

4. Attività svolte

Interviste in profondità con testimoni qualificati (num. = 51)

Nome Funzione Data intervista Osservatorio Provinciale sull’uso sociale dei 1 Mauro Baldascino 10.10.2012 beni confiscati alla camorra – Libera Responsabile Servizio 07 «Coordinamento Amministrativo Polizia Locale, Beni 2 Adele Mascolo 19.10.2012 Confiscati, Azioni in Favore delle Vittime di Criminalità» (Regione Campania) Presidente Coop. Le Terre di Don Peppe 3 Massimo Rocco 19.10.2012 Diana – Libera Terra, Castel Volturno Pubblico Ministero presso il Tribunale di 4 Vincenzo Piscitelli 30.10.2012 Napoli 5 Francesco Valentini Pubblico Ministero presso la (DDA) di Napoli 30.10.2012 Presidente Fondazione «Il Girasole» e 5 Giovanni Delrio gestore del bene confiscato al Clan Rea in 31.10.2012 Giugliano in Campania Procuratore a Tivoli, ex sostituto 6 Luigi De Ficchy 06.11.2012 procuratore DNA Consorzio Agrorinasce – Gestore del “Parco 7 Andrea Cioce della legalità con auditorium” di Casal di 23.11.2012 Principe 8 Igor Fonte Consigliere Comunale di Cassino 07.12.2012 9 Angela Nicoletti Giornalista professionista di Cassino 18.01.2013 Comandante del Commissariato di Pubblica 10 Francesco Putortì 18.01.2013 sicurezza di Cassino Pubblico Ministero presso la Direzione 11 Sergio Amato 25.01.2013 Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli 12 Enrica Parascandolo Pubblico Ministero presso la (DDA) di Napoli 25.01.2013 Sostituto procuratore Direzione Nazionale 13 Filippo Beatrice 04.02.2013 Antimafia Federico Cafiero de Procuratore aggiunto presso il Tribunale di 14 11.03.2013 Raho Napoli Referente di Libera per la Provincia di 15 Antonio D’Amore 11.03.2013 Napoli 16 Marco Galli Polizia di Stato – Silp (Frosinone) 15.03.2013 17 Anna Maria Tedeschi Ex Consigliere Regionale Lazio 21.03.2013 18 Raffaele Cantone Corte di Cassazione – Ex DDA Napoli 25.03.2013 19 Carlo Alemi Presidente del Tribunale di Napoli 10.4.2013 20 Giovanni Conzo DDA Napoli 22.04.2013 21 Francesco Curcio PM Aggiunto – Dda di Napoli 18.07.2013 22 Intervista a A. Residente quartiere Sanità 07.01.2014 23 Intervista a N. Residente quartiere Forcella 07.01.2014 Avvocato caso Potenza‐Iorio, Presidente 24 Domenico Ciruzzi 30.01.2014 Camera Penale 25 Christian Angelillo Maggiore Carabinieri Castello di Cisterna 30.01.2014 26 Bruno Botti Avvocato caso Potenza‐Iorio 05.02.2014 27 Giovanni Melillo Procuratore aggiunto Napoli 10.02.2014 28 Vincenzo Laudiero Amministratore giudiziario 10.03.2014 29 Christian Angelillo Maggiore Carabinieri Castello di Cisterna 27.03.2014 30 Psicoterapeuta Libero professionista 02.04.2014 Gianfranco 31 Collaboratore di giustizia 10.06.2014 Mancaniello 32 Domenico Verde Collaboratore di giustizia 10.06.2014 33 Salvatore Giuliano Collaboratore di giustizia 19.06.2014 34 Psicologo Perito del Tribunale 24.06.2014 35 Psicologo Servizio psichiatrico Poggioreale 24.06.2014 36 Domenico Verde Collaboratore di giustizia 09.07.2014 38 Tommaso Fiorentino Comandante stazione carabinieri di Posillipo 10.07.2014 Direzione generale della giustizia civile Direttore del III Ufficio (Settori 37 Tamara De Amicis Luglio 2014 notariato,libere professioni e consigli nazionali) 39 Vitaliano Spiezia Industriale Luglio 2014 40 Maria Porzio Educatrice carcere S. Maria Capua Vetere 16.07.2014 Psichiatra. Direttore Centro Giano per le 41 L. Petrillo 4.11.2014 dipendenze, Asl Napoli 2, Caivano 42 Giovanni Sperandeo cronista de Il Mattino di Avellino 7.10.2014 Procura Repubblica NA (maxiprocesso 43 Dr. Francesco Soviero 14.10.2014 CAVA) Avv. Salvatore Pane 44 Avv. Luca Moschiano Difensore Renato Grasso 17.10.2014

45 Luigi Cuomo S.O.S. impresa, sportello antiusura 24.10.2014 46 Avv. Pasquale Colucci presidio Libera in Vallo di Lauro 30.10.2014 responsabile per Libera della riconversione 47 Marco Cillo 4.11.2014 bene confiscato ai Graziano (in Quindici) Dott.ssa Maria Procura Repubblica Nola (processi faide 48 5.11.2014 Antonietta Troncone 2003‐2008) imprenditore Avellino ( anni 80: il padre 49 Domenico Capossela 5.11.2014 denuncia tentativo estorsione) 50 Liberato Santaniello Sindaco di Quindici 12 .11.2014 51 Dr. Rosario Cantelmo Procuratore capo Avellino 13.11.2014

Incontri di studio e seminari interni (num. = 11)

Interventi di Data Argomento Presidente del La prima trattativa stato‐mafia e la 1 Carlo Alemi Tribunale di 14.05.2013 camorra degli anni Ottanta Napoli Dottore di Gianni ricerca, La Camorra in Terra di Lavoro nel primo 2 20.05.2013 Criscione Università di Novecento. Napoli Federico II Antropologo, Il relatore è autore di The Art of Making Purchase College, 3 Jason Pine 26.06.2013 Do in , Minneapolis and London, State University University of Minnesota Press, 2012. of New York, Columbia 4 Nelson Moe University, Luglio 2013 Le rappresentazioni dei Mafiosi all’estero Cultural studies Psicologo, La violenza nella cultura e nelle pratiche Giovanni dei gruppi di camorra: figure 5 Università di 24.09.2013 Starace Napoli Federico II psicoanalitiche, contesti relazionali, modelli di lettura. Luciano Brancaccio, Membri del Discussione della prima fase della ricerca 6 Ernesto De 11.11.2013 gruppo di ricerca su campo sui rispettivi casi di studio. Nito, Vittorio Martone Docente di Storia Immagini letterarie e immagini politiche 7 Francesco 11.03.2014 della camorra ottocentesca Benigno contemporanea Ricercatore Il crimine organizzato a Napoli: rapporti 8 Felia Allum Università di 24.04.2014 con la politica e con le imprese. Bath Ricercatore 9 Nick Dines Università del 21.05.2014 Le “classi pericolose” a Napoli. Middlesex Maggiore Christian Carabinieri Recenti trasformazioni dei gruppi di 10 11.06.2014 Angelillo Castello di camorra della cintura periurbana. Cisterna 11 Tutto il gruppo 15.07.2014 Relazioni sui casi di studio

5. Fonti giudiziarie acquisite

Il materiale giudiziario analizzato è di seguito riportato secondo il clan e/o il caso centrali dell’inchiesta:

Evoluzione e forme recenti del crimine organizzato in Campania

2011 DNA (Direzione Nazionale Antimafia), Relazione annuale,giugno 2011. 2012 DNA (Direzione Nazionale Antimafia), Relazione annuale,giugno 2012.

Federazione di clan denominata Alleanza di Secondigliano

2003 Corte di Assise di Napoli, III Sez., Sentenza nella causa contro Bocchetti Gaetano + 32, n. 43/01 RG, Napoli, 19.05.2003, pp. 115.

Caso sequestro Cirillo

1983 Tribunale di Napoli, Ufficio istruzione, Sentenza di proscioglimento e ordinanza di rinvio a giudizio nel procedimento contro Cutolo Raffaele e altri, Napoli, 06.09.1983.

Clan Mazzarella

2006 Questura di Napoli, Squadra Mobile, III Sez., Procedimento penale n. 66184/04. Indagini relative all’esistenza di un’associazione di stampo camorristico facente capo a Mazzarella Gennaro, N. 0226681/II Prot. 9516/U/06, Napoli, 27.09.2006, pp. 603

2007 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza applicative della custodia cautelare in carcere nei confronti di Amodio Clemente + 16, Napoli, 29.10.2007, pp. 159.

Contrabbando Tabacchi

1996 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Attività informativa d’iniziativa concernente l’inserimento della criminalità organizzata nel contrabbando di t.l.e., Nr. S.M.S.I/1996, Napoli, 30.09.96, pp. 6. 1996 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Attività informativa d’iniziativa concernente l’inserimento della criminalità organizzata nel contrabbando di t.l.e., Nr. S.M.S.I/1996, Napoli, 15.10.96, pp. 3. 1996 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Attività informativa d’iniziativa concernente l’inserimento della criminalità organizzata nel contrabbando di t.l.e ‐ Seguito informative del 30/9 e 15/10 c.a., Napoli, 18.10.96, pp. 2. 1997 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Indagini controllo criminalità organizzata controllo contrabbando di t.l.e., NR. 1996/S.M.S.I, Napoli, 14.05.97, pp. 5. 1997 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Attività informativa d’iniziativa concernente l’inserimento della criminalità organizzata nel contrabbando di t.l.e., Nr S.M.S.I./1997, Napoli, 15.02.97, pp. 4. 1998 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Indagini concernenti l’acquisizione da parte della criminalità organizzata del controllo del contrabbando di tabacchi e l’imposizione di una “tangente per ogni cassa di sigarette” importata sul mercato napoletano, Napoli, 10.11.98, pp. 48. 1999 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Indagini concernenti l’acquisizione da parte della criminalità organizzata del controllo del contrabbando di tabacchi e l’imposizione di una “tangente per ogni cassa di sigarette” importata sul mercato napoletano ‐ Rif. informativa del 10.11.98 a carico di Sarno Costantino + 23, Napoli, 15.11.99, pp. 4. 1999 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Indagini concernenti l’acquisizione da parte della criminalità organizzata del controllo del contrabbando di tabacchi e l’imposizione di una “tangente per ogni cassa di sigarette” importata sul mercato napoletano ‐ Rif. informativa del 10.11.98 a carico di Sarno Costantino + 23, Napoli, 10.12.99, pp. 4. 1999 Questura di Napoli, Squadra Mobile, Sezione omicidi e criminalità organizzata, Indagini concernenti l’acquisizione da parte della criminalità organizzata del controllo del contrabbando di tabacchi e l’imposizione di una “tangente per ogni cassa di sigarette” importata sul mercato napoletano ‐ Rif. informativa del 10.11.99, Napoli, 21.09.99, pp. 5.

Clan Lo Russo

2006 Comando Carabinieri di Napoli, Nucleo Operativo, Informativa di reato a carico di Lo Russo Salvatore + 15, Napoli, 02.12.2006, pp. 399. 2007 Procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli, D.D.A., Decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di Lo Russo Salvatore + 6, Napoli, 03.05.2007, pp. 301.

Caso Grasso – Videopoker

2009 Tribunale di Napoli, Sezione del giudice delle indagini preliminari, Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Acunzo Germano + 34, Napoli, 16.04.2009, pp. 776.

Clan Licciardi

1997 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, D.D.A., Procedimento n. 2504/R/97. Richiesta di applicazione di misure cautelari nei confronti di Bocchetti Gaetano + 11, Napoli, pp. 87. 2003 Corte di Assise di Napoli, III Sez., Sentenza nella causa contro Bocchetti Gaetano + 32, n. 43/01 RG, Napoli, 19.05.2003, Roberto Donatiello, pp. 115. 2003 Corte di Assise di Napoli, III Sez., Sentenza nella causa contro Bocchetti Gaetano + 32, n. 43/01 RG, Napoli, 19.05.2003, pp. 320. 2003 Tribunale di Napoli, VII sez., Sentenza nei confronti di Bosti Patrizio, Licciardi Maria + 13, n. 4286/03, Napoli, 23.07.2003, Luigi Giordano, pp. 449. 2003 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, D.D.A., Richiesta di emissione ordinanza applicativa misure cautelari nei confronti di Licciardi Vincenzo + 96, Napoli, pp. 645. 2004 Tribunale di Napoli, Uff. GIP, sez IV, Ordinanza di applicazione e di parziale rigetto di misure coercitive personali nei confronti di Licciardi Vincenzo + 96. 2007 Tribunale di Napoli, XI sez., Sentenza nei confronti di Licciardi Vincenzo, Contini Edoardo + 47, n. 9100/07, Napoli, Alfredo Guardiano, Paola Russo, 30.10.2007, pp. 941. 2008, Tribunale di Napoli, Uff. GIP, sez IV, Ordinanza applicative della custodia cautelare in carcere nei confronti di Licciardi Vincenzo + 49, Napoli, 20.06.2008. 2009 Tribunale di Napoli, GIP, Ufficio XIV, Sentenza contro Abbatiello Paolo + 36, n. 11931/06, Napoli, 21.10.2009, pp. 440. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Matuozzo Vincenzo +2, n. 35/12, Napoli, 16.01.2012.

Caso Nuovi Giuliano: Inchiesta Piazza Pulita

2006 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, D.D.A., Richiesta per l’ applicazione di misure cautelari nei confronti di Albino Gennaro + 213, Napoli, 14.04.2006, pp. 2311. 2007 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di Allagrante Giovanni + 201, Napoli, 26.02.2007, pp. 1864. 2008 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, D.D.A., Richiesta per l’ applicazione di misure cautelari nei confronti di Allagrande Maria + 21, Napoli, 22.04.2008, pp. 308. 2010 Tribunale di Napoli, Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari, Sentenza nei confronti di Allagrante Giovanni + 113, Napoli, 11.02.2010, pp. 960. 2010 Tribunale di Napoli, Sezione del GUP, Sentenza nei confronti di Alberto Patrizia + 19, Napoli, 20.07.2010, pp. 284. 2011 Tribunale di Napoli, Corte di Appello, VII sezione penale, Sentenza a carico di Allagrante Giovanni + 107, Napoli, 24.12.2011, pp. 1207. 2012 Tribunale di Napoli, Corte di Appello, I Sezione Penale, Sentenza nel processo a carico di Alberto Patrizia + 19, Napoli, 18.06.2012, pp. 124. 2013 Repubblica Italiana, Corte suprema di Cassazione, Sentenza sul ricorso proposto da Allagrante Giovanni + altri, Roma, 18.02.2013, pp. 224. 2013 Tribunale di Napoli, VI Sezione Penale, Sentenza nei confronti di Annunziata Egidio + 64, Napoli, 06.12.2013, pp. 409.

Caso Ragosta – Fabbrocino

2011 Tribunale di Nola, Ufficio Gip, Ordinanza applicativa e reiettiva di richiesta di misure cautelari personale e reale nei confronti di Ragosta Francesco + 8, n. 1531/09, Nola, 04.10.2011. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di applicazione della misura cautelare coercitiva personale nei confronti di Abbagnano Fortunato + 81, n. 48015/08, Napoli, 13.03.2012. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di applicazione della misura cautelare coercitiva personale nei confronti di Ragosta Francesco + 6, n. 48015/08, Napoli, 10.07.2012.

Caso Potenza‐Iorio‐Pisani: Inchiesta “Megaride”

2011 Tribunale di Napoli, Ufficio del Giudice per le indagini preliminare, Ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti di Potenza Mario + 24, Napoli, 28.06.2011, pp. 523. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio del Giudice per le indagini preliminare, Ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti di Potenza Mario + 7, Napoli, 30.01.2012, pp. 142. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio del Giudice per le indagini preliminare, Ordinanza di rigetto della richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti di Di Nocera Roberto + 4, Napoli, 27.07.2012, pp. 7. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio del Giudice per le indagini preliminare, Ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti di Lepre Salvatore Maria, Napoli, 14.12.2012, pp. 102. 2012 Tribunale di Napoli, Sezione del GIP, Decreto di archiviazione N. 29684/12, Napoli, 06.11.2012, pp. 10. 2014 Tribunale di Napoli, VII Sezione penale, Sentenza nei confronti di Potenza Mario + 17, Napoli, 17.03.2014, pp. 498.

Clan Mallardo

2011 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di applicazione e di rigetto di misura cautelare personale e di applicazione e di rigetto di misura cautelare reale nei confronti di Dell’Aquila Pietro Paolo + 23, n. 2172/11, Napoli, 20.09.2011. 2011 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di rigetto di misura cautelare personale e di applicazione di misura cautelare reale nei confronti di Giuliano Patrizia + 5, n. 2172/11, Napoli, 14.10.2011. 2011 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Ascione Giuliano + 2, n. 697/11, Napoli, 11.11.2011. 2011 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di applicazione di misura cautelare personale nei confronti di Napolitano Francesco, n. 42979/11, Napoli, 27.12.2011. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di applicazione e di rigetto di misura cautelare personale e di applicazione e di rigetto di misura cautelare reale nei confronti di Aprovitola Alfredo + 4, n. 43236/11, Napoli, 06.02.2012. 2012 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Ordinanza di applicazione e di rigetto di misura cautelare personale nei confronti di Amicone Giuliano Francesco + 17, n. 235/12, Napoli, 11.04.2012.

Caso Polverino

2011 Tribunale di Napoli, Ufficio del giudice per le indagini preliminari, Ordinanza di applicazione e di rigetto di custodia cautelare in carcere nei confronti di Albino Anna + 83, Napoli, 09.02.2011, pp. 1274. 2011 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Decreto di sequestro preventivo, N. proc. pen. 21944/2009, Napoli 04.03.2011, pp. 233.

Clan Moccia

2011 Tribunale di Napoli, Ufficio Gip, Sentenza nei confronti di Amadoro Chiara + 70, n. 1980/11, Napoli, 14.04.2011.

Caso Espansione della Camorra nel Lazio

2012 Tribunale di Roma, Corte d’Appello, Relazione sull’amministrazione della giustizia, Roma, 28.11.2012 2011 DNA, Sintesi sullo stato della criminalità organizzata nel Lazio, ottobre 2011.

1995 Tribunale di Latina, Ordinanza Cautelare nei confronti di Belrio Federico e altri, Proc. Penale 15609/95. 2009 Tribunale di Latina, Sentenza nei confronti di Antinozzi Antonio e altri, cd. Sentenza «Anni Novanta». 2011 Tribunale di Napoli, Ordinanza applicativa di misura cautelare per Ercolano Giuseppe, Procedimento N. 46565/05 R.G.N.R.; N. 32710/06 RG GIP. 2011 Tribunale di Napoli, Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Abbruzzese Gennaro e altri, cd. Operazione «Il principe e la ballerina». 2011 Tribunale di Napoli, Ordinanza di applicazione di misura cautelare personale, di applicazione e di rigetto di misura cautelare reale a Bardellino Angelo e altri, cd. Operazione “Aeneas Landing”. 2011 Tribunale di Napoli, Ordinanza di applicazione e di rigetto di misura cautelare personale e di applicazione e di rigetto di misura cautelare reale nei confronti di Alfano Immacolata e altri (procedimento N. 66070/10 R.G.N.R. (stralcio dal n. 42972/05, R.G.N.R.). 2011 Tribunale di Napoli, Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Ascione Giuliano e altri (cd. «Operazione Tahiti») 2011 Tribunale di Napoli, Ordinanza di applicazione e di rigetto di misura cautelare personale e di applicazione e di rigetto di misura cautelare reale nei confronti di Cerqua Giuseppe e altri (Operazione «Delle Cave»). 2011 Tribunale di Napoli, Ordinanza di applicazione di misura cautelare personale nei confronti di Napolitano Francesco detto Francuccio ‘o napulitano (cd. «Caffè macchiato 5»). 2010 Tribunale di Napoli, Ordinanza applicativa di misura cautelare per Schiavone Francesco di Luigi, Procedimento N. 46565/05 R.G.N.R.; N. 32710/06 RG GIP. 2012 Tribunale di Roma, Sentenza nei confronti di Bianchò Vincenzo e altri, cd. Damasco II. 2011 Tribunale di Roma, Ordinanza di Custodia Cautelare per Bianchi Sisto e altri, Procedimento N. 3940/06 R.G. 2010 Tribunale di Roma, Decreto di sequestro preventivo art. 321 c.p.p. per Tripodo Carmelo Giovanni, Procedimento R.G. N. 3940/06; R.G. G.I.P. N. 59/07. 2009 Tribunale di Roma, Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti Gallace Bruno e altri, Proc. pen. N. 308/09 RG GIP; N. 2857/08 RG. 2009 Tribunale di Roma, Ordinanza di custodia cautelare per De Angelis Gennaro e altri, N. 55690/06 R.G. notizie di reato; N. 24713/07 R.G. G.I.P. 2008 Tribunale di Roma, Richiesta per l’applicazione di misure cautelari per Giuliano Salvatore, procedimento N. 54402/05 RGNR. 2008 Tribunale di Santamaria Capua Vetere, Ordinanza di custodia cautelare a carico di Ammutinato Salvatore ed altri. 2005 Tribunale di Santamaria Capua Vetere, Sentenza a carico di Abbate + 129, cd. «Processo Spartacus». 1999 Tribunale di Santamaria Capua Vetere, Sentenza nei confronti di Di Matteo + 112, cd. «Processo Di Matteo». 1986 Tribunale di Santamaria Capua Vetere, Sentenza a carico di Alessandri + 200, cd. «Processo Bardellino».

6. Piano dell’opera

I principali risultati della ricerca sono in corso di pubblicazione per l’editore Donzelli. Di seguito il piano dell’opera provvisorio con gli autori e gli abstract dei capitoli.

Piano dell’opera (titoli provvisori)

Introduzione (Luciano Brancaccio e Carolina Castellano)

Parte prima Genesi ed espansione

(1) Luciano Brancaccio, Le camorre dei mercati violenti: genesi e forme dei clan cittadini.

Il capitolo analizza la genesi dei gruppi di camorra cittadini all’interno dei mercati violenti. Per mercati violenti si intendono quegli ambiti commerciali regolati dalla violenza esplicita o dall’intimidazione violenta. E ciò a prescindere dalla illegalità/legalità della merce oggetto di transazione. Dunque può trattarsi del contrabbando di sigarette, della vendita del falso, oppure del commercio di tessuti e capi d’abbigliamento regolato in senso violento da alcuni network di imprenditori. La presenza di una elevata quota di regolazione violenta dei mercati è una delle caratteristiche storiche più chiare dell’economia napoletana. La ragione è riconducibile innanzitutto alla preponderanza del settore commerciale e alla cronica povertà di risorse degli altri settori economici. Una grande sproporzione tra le esigue risorse economiche in circolazione e l’ampia disponibilità di forza lavoro conduce alla proliferazione di mestieri improvvisati e di figure a metà tra il lecito e l’illecito. Questi mestieri si concentrano attorno alle poche opportunità di guadagno, che si presentano soprattutto nelle catene commerciali e nei tanti mestieri legati al mercato di consumo interno. Sensali, contrabbandieri, ambulanti, faccendieri, usurai, mediatori di ogni genere si ripropongono continuamente nei lavori storiografici sul tessuto economico della città tra Otto e Novecento . È in questo intricato tessuto di transazioni economiche che tipicamente nascono e si affermano i gruppi criminali della città, secondo configurazioni anche molto diverse tra loro. I clan di camorra si formano nella funzione di regolazione e stabilizzazione dei rapporti economici. Il saggio prende in considerazione, in una prospettiva storica di ampio raggio, i due casi del mercato dei magliari e dei contrabbandieri.

(2) Vittorio Martone, La camorre oltreconfine. Clan, territori, società locale e rappresentazioni pubbliche nel caso laziale

A partire dalla letteratura in tema di genesi e di insediamento di gruppi mafiosi in aree non tradizionali, il Capitolo affronta le dinamiche di espansione e i meccanismi di radicamento delle camorre nel Lazio. In particolare, ci si concentra su tre casi relativi ad altrettanti clan della “camorra di provincia”: i De Angelis, i Bardellino e i Mallardo. Analizzando le dinamiche di espansione, le forme organizzative assunte oltreconfine e il controllo del territorio, i settori di attività e i rapporti con la società locale e la politica, il saggio chiarisce un modello di espansione camorristico “per via economica”, centrato su processi di imprenditorializzazione, de‐ territorializzazione e flessibilizzazione. In ultimo, il Capitolo si sofferma sugli aspetti di rappresentazione pubblica in un’area storicamente non coinvolta dal fenomeno mafioso, rappresentazione influenzata dalle definizioni di volta in volta espresse dall’antimafia giudiziaria e civile, dalla letteratura e dai media locali. Quanto emerge è la difficoltà degli attuali strumenti di contrasto nel riconoscere la natura giuridicamente mafiosa delle organizzazioni operanti oltreconfine, quasi sempre trasformatesi in attività imprenditoriali, con un superamento dei tratti criminali e violenti e una sofisticazione/ibridazione delle forme organizzative. La (mancata) definizione giudiziaria influenza inevitabilmente il dibattito pubblico, dove si riscontra una sostanziale riluttanza della società locale nel riconoscersi come territorio di mafia, espressa tanto dai media quanto dall’antimafia istituzionale (amministratori, forze dell’ordine).

Parte seconda Le risorse

(3) Gabriella Gribaudi, Violenza e affari. I clan napoletani tra dimensione locale e proiezione internazionale.

Il saggio si sviluppa a partire dall’analisi di un caso, il clan Contini che domina sulla periferia nord‐ orientale di Napoli: i quartieri di Vasto, Arenaccia, Ferrovia, Borgo Sant’Antonio Abate, San Carlo Arena, Poggioreale. Il clan esercita un dominio pressoché totale sul territorio. Controlla appalti, piazze di droga, usura, commerci legali e illegali. Anche l’ospedale locale rappresenta un luogo su cui esercitare un potere. Il clan è immerso nelle reti che legano abitanti, commerci, traffici di vario genere. Vengono presi in considerazione nel saggio il mercato della droga (l’organizzazione locale, i capizona, le piazze di spaccio, i conflitti interni al clan e con gli altri gruppi), il mercato dei prodotti di abbigliamento fra traffici legali e illegali e le figure imprenditoriali e criminali che vi agiscono. Vengono, inoltre, analizzate le reti internazionali e l’inserzione del gruppo criminale all’estero. In Spagna il clan ha salde radici: organizza il narco‐traffico, fa investimenti immobiliari, e finanziari. In Spagna sono stati arrestati il boss Patrizio Bosti, nel 2008 a Plaja de Aro nella provincia di Girona, e Paolo Di Mauro, uno dei dirigenti dell’organizzazione specializzato nel traffico internazionale di droga, nel 2010 a Barcellona.

(4) Anna Maria Zaccaria, La catastrofe naturale come risorsa di illegalità. Nascita, sviluppo ed espansione della criminalità organizzata nel Vallo di Lauro

Ripercorrendo la storia del terremoto del 1980 in Irpinia, già nella immediata fase postsismica compaiono indizi che si riferiscono ai primi tentativi di penetrazione della camorra nell'affare terremoto, quali per esempio quelli registrati da Franco Roberti ‐ che nel novembre del 1980 era sostituto in servizio presso il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi (AV). Questi indizi possono rappresentare il punto di partenza per una indagine che cerca di indagare le dinamiche connesse alla ricostruzione postsismica che hanno sostenuto il decollo di organizzazioni criminali. In generale, le vicende della ricostruzione e degli scandali ad essa connessi sono ben note e diverse sono le fonti che le documentano (tra tutte, la relazione Scalfaro). L’obiettivo principale di questo contributo è quello di indagare più in profondità tali dinamiche, assumendo una prospettiva microanalitica concentrata su un caso di studio particolare: quello del Vallo di Lauro (in provincia di Avellino). Si tratta di un ambito territoriale ben circoscritto e connotato dalla annosa faida tra due gruppi criminali, i Cava e i Graziano, radicati nel comune di Quindici ma che controllano l’intero territorio del Vallo. Assumendo l’evento sismico dell’80 come “frattura temporale” nei processi socio‐economici e politici locali, si avanzano due ipotesi: 1. la ricostruzione post sismica rappresenta per alcuni piccoli imprenditori locali nel settore dell'edilizia – più o meno operanti ai limiti del lecito – la possibilità di accedere a circuiti criminali più grossi e di crescere, poi, in questa direzione. 2. per altri gruppi (più spesso provenienti, a quanto pare, dall'area napoletana) rappresenta l'occasione per il salto di qualità, in termini di capitalizzazione di risorse e di rapporti con un territorio "nuovo", verso cui si avvia e poi si consolida un processo di penetrazione destinato a consolidarsi nel tempo ( i.e. riciclaggio nelle attività commerciali "esplose" nell'arco del decennio successivo intorno ai centri più grandi della provincia di Avellino). Rispetto a queste due possibilità, il caso dei Cava‐Graziano si colloca giusto a cavallo e, per di più, con traiettorie per certi versi diverse tra i due clan. Se da un lato la improvvisa disponibilità di ingenti risorse finanziarie portate dalla legge 219/81 per la ricostruzione rappresenta il motivo di scissione e di esplosione del conflitto tra i due clan (originariamente uniti, sia da vincoli di malaffare che parentali), dall’altro si traduce in occasione di alleanze “esterne” con gruppi criminali già organizzati e potenti : la NCO di Cutolo per i Graziano e la Nuova Famiglia di Alfieri per i Cava. Da qui in poi si dipanano le traiettorie di crescita dei due gruppi, sempre connotate da violente faide anche trasversali. Una ulteriore svolta, ma in direzione opposta, sarà impressa da un’altra catastrofe naturale che nel 1998 si abbatterà in particolare su Quindici: la frana sarnese, che segnerà il declino (forse non definitivo ma sostanziale) dei due clan. A partire dunque dal sisma dell’80, questo contributo si propone di andare indietro nel tempo fino a risalire alla genesi dei due gruppi criminali, per seguirne poi l’evoluzione nella fase postsismica e fino agli anni 2000. E’ proprio in questi anni che, tra l’altro, emerge con forza e con violenza il ruolo giocato dalla componente femminile delle due famiglie camorriste. L'intenzione è di tentare questa ricostruzione, oltre che attraverso materiale giudiziario e grigio, anche attraverso interviste a testimoni privilegiati: sindaci, rappresentanti di associazioni per la legalità, parroci, dirigenti scolastici, imprenditori, avvocati, cittadini del Vallo, probabilmente anche qualche parente di vittime innocenti della faida locale.

(5) Carolina Castellano, Le risorse dell’illegalità: i clan e il narcotraffico.

Il capitolo propone un percorso all’interno di una delle principali risorse illegali sulle quali la criminalità di stampo camorristico ha costruito nei decenni il proprio potere, analizzandone alcune dinamiche, senza pretesa esaustiva, in rapporto alla questione dei confini: i confini territoriali, perché il rapporto con il narcotraffico costituisce un fattore primario della sovranità camorristica in ambito locale, ed una spinta potente ai movimenti transnazionali; i confini organizzativi, perché questa risorsa non solo richiede di interagire con attori esterni ai clan (broker della droga) ma viene valorizzata attraverso accordi federativi, anche con le altre mafie; i confini temporali, perché l’accesso al mercato delle droghe sembra segnare il confine tra camorre “vecchie” e “nuove”. Il narcotraffico appartiene ad una tipologia di reati, quelli produttori di reddito (come il gioco d’azzardo, attualmente in primo piano nell’allarme sociale) che secondo alcuni testimoni privilegiati (CPA, magistratura) stanno prendendo il sopravvento su quelli redistributivi (come le rapine e le estorsioni). Intorno a questa risorsa, potente fattore di trasformazione degli aggregati criminali in virtù del suo enorme potenziale economico, la criminalità di stampo camorristico ha intrapreso negli ultimi decenni guerre spietate che hanno portato alla colonizzazione di interi territori metropolitani trasformati in enclaves di spaccio. Sulle vie del narcotraffico, inoltre, i maggiori clan campani hanno intrapreso una ormai ventennale proiezione internazionale con conseguente colonizzazione di regioni estere, in particolare spagnole, dove la criminalità di stampo camorrista risulta maggioritaria rispetto alle altre mafie italiane. Sembra di assistere a un processo evolutivo costruito con lungimiranza dai boss e che, tuttavia, porta in alcuni casi alla rottura dei legami “forti” che tengono insieme i sodalizi criminali. Infine, benché la droga resti la risorsa primaria della cassa comune dei clan, è ancora possibile che grandi narcotrafficanti si presentino come elementi “esterni” ai vertici camorristi. Il tema delle rappresentazioni appare a questo proposito per nulla secondario, anche nell’analisi del ruolo che il narcotraffico riveste nella galassia del crimine organizzato campano: esso infatti rappresenta l’unica risorsa illegale rispetto alla quale il “potere sovrano” dei grandi boss ha in molti casi ostentato estraneità, e che anzi nell’autorappresentazione di alcuni testimoni viene ricorrentemente richiamata come fattore di imbarbarimento, di scadimento morale del proprio potere. Questa argomentazione, benché del tutto strumentale, così come strumentale è la rappresentazione della sovranità camorrista come una sovranità “di ordine”, introduce alcuni aspetti nodali del rapporto tra i clan e questa risorsa illegale: i fattori dell’evoluzione e della migrazione dei gruppi di camorra, gli effetti del potere camorrista sui territori, nella trasformazione delle enclaves di spaccio. Il capitolo discute questi aspetti attraverso una selezione di casi: il caso del gruppo Moccia, clan antichissimo e radicato territorialmente, che sembra avere soltanto di recente accettato lo spaccio nei propri territori, proprio nel momento in cui se ne allontana e si “ripulisce”; quello dei Nuvoletta‐Polverino, che nella ventennale colonizzazione di alcune regioni spagnole accedono al narcotraffico organizzandosi con una modalità peculiare, che lascia ampia autonomia ai singoli capiparanza, ma al contempo mette a rischio i vincoli interni al clan; quello infine dei Mazzarella‐ Sarno, e della loro espansione verso l’area metropolitana.

Parte terza I rapporti esterni: impresa e professioni

(6) Stefano Consiglio e Ernesto De Nito, Imprese mafiose e imprenditori criminali. Quando gli imprenditori usano i clan: il caso del re dei videopoker.

L'obiettivo del capitolo è di descrivere le relazioni tra organizzazioni criminali, imprese mafiose e imprese legali focalizzando l'attenzione sulle figure degli imprenditori criminali che sviluppano diversi tipi di rapporti con i clan. Il capitolo è strutturato in tre parti. Nella prima è illustrato in che modo la letteratura descrive le principali caratteristiche delle imprese mafiose (presentando una tassonomia delle stesse). La relazione tra impresa e criminalità organizzata rappresenta un tema sul quale è opportuno fare uno sforzo di approfondimento almeno per due ragioni fondamentali: in primo luogo perché è un tema che la letteratura (in particolar modo quella manageriale) ha spesso trascurato, in secondo luogo perché recenti tendenze evidenziate da dati quantitativi e dalle opinioni degli esperti ne testimoniano l’attualità. Nella seconda parte si discute sulle diverse modalità di relazione tra le imprese e le organizzazioni criminali; quella che emerge come questione centrale è la capacità da parte delle imprese di costruire relazioni con un insieme di stakeholder di riferimento. E’ nell’incontro tra impresa ed organizzazione criminale che nascono e si sviluppano dinamiche relazionali molto diverse che testimoniano spesso come la permeabilità tra i due mondi sia talmente rilevante da essere ormai imprescindibile. Nella terza parte è presentato il caso che descrive le vicende di Renato Grasso, un noto imprenditore del settore “giochi”, che a partire dagli anni ’90 è stato coinvolto in una serie di indagini, che hanno individuato o ipotizzato stretti rapporti di natura diversa con moltissimi clan operanti in Campania. Certo il settore è un esempio tipico dell’interesse delle organizzazioni criminali verso l’economia “legale” per diversi motivi (fra questi tipicamente il riciclaggio), ma il caso in questione rappresenta dinamiche a sé stanti ed originali sia per la figura del protagonista e per le sue capacità, sia per il ruolo che aveva assunto sul territorio mediante l’adozione di una minuziosa politica di espansione.

(7) Stefano D’Alfonso, L’ordinamento delle professioni vs. le infiltrazioni delle mafie: il caso della camorra a Napoli.

Il tema della contiguità, della collusione o del fiancheggiamento alle mafie dei professionisti è stato affrontato nelle sedi scientifiche, nella giurisprudenza, nella letteratura d’inchiesta, nelle sedi istituzionali e politiche, dai mezzi d’informazione. Si tratta solo di uno dei tanti elementi critici di un fenomeno articolato e complesso, di grave rilevanza sociale, politica ed economica, non di rado oggetto di suggestive descrizioni mediatiche che, talvolta, si propagano attraverso l’eco di rappresentazioni e ondate populistiche. Solo raramente i giudizi che sono espressi sui piani non giuridici sull’inidoneità o sull’inerzia degli ordini, o, nei casi più gravi, sull’incapacità degli ordini di contrastare le infiltrazioni mafiose, considerano, contestualmente alle analisi sociologiche, criminologiche e giornalistiche, il dato normativo, invece imprescindibile per gli effetti che produce sull’operato della magistratura e, vieppiù, degli ordini e dei collegi professionali. Più specificamente, occorrerà considerare la normativa penale che disciplina una serie di sanzioni e di misure dirette a colpire il professionista in quanto tale. Specificamente alle ricadute sul piano ordinistico — in cui, in nuce, si ritrova la risposta alle fattispecie criminose nel procedimento disciplinare — un modello d’analisi rigoroso impone lo studio specifico delle fonti normative statali e ordinistiche, distinguendo l’analisi per categorie professionali, in quanto è lo stesso ordinamento a prevedere differenziazioni.

Parte quarta Alle radici della violenza

(8) Filippo Beatrice, Violenza all'interno e all'esterno del clan. Alle radici degli omicidi di camorra.

Il capitolo tratta del ricorso alla violenza come strumento di dominio dei clan secondo una duplice dimensione: la violenza rivolta all’interno del mondo camorristico e quella rivolta all’esterno. Il lavoro si basa su un’ampia casistica di delitti e comportamenti violenti. Si delineano i modi più recenti di operare della criminalità organizzata, che si presenta secondo configurazioni reticolari a valere sul piano legale dell’economia, ma che nondimeno fanno della violenza (come mezzo diretto per raggiungere un fine delittuoso e come elemento simbolico e autoritativo dei clan) uno strumento essenziale.

(9) Giovanni Starace, Psicologia e relazioni nella vita dei clan di camorra. A partire dalle acquisizioni conoscitive note sulla struttura essenziale dell’agire camorrista – il radicamento territoriale, i fronti parentali estesi e il ruolo delle genealogie familiari – e sul reticolo di legami “laschi” che ne costituiscono la forza – la rete imprenditoriale‐affaristica, i fiancheggiatori del mondo delle professioni – questo capitolo si interroga sulla contraddizione tra le capacità imprenditoriali e diplomatiche dei grandi boss e la dimensione estremamente irrazionale che intride la vita dei clan, attraversati da faide frequenti e violentissime, da esplosioni di violenza efferata. Il capitolo sceglie quindi la violenza come chiave di lettura per analizzare, con l’aiuto della metodologia psicoanalitica, le dinamiche affettivo‐cognitive e le strutture relazionali interne alle confederazioni di stampo camorristico. Attraverso una selezione di omicidi efferati, consumati prevalentemente all’interno dei gruppi, su un arco temporale che va dalla guerra cutoliana degli anni Settanta alla faida dei primi anni Duemila, il capitolo illustra alcuni fondamentali dinamiche che legano gli individui al gruppi secondo meccanismi di identificazione e costruzione identitaria. Si tratta di episodi in cui la violenza non si manifesta solo come dovere assoluto, ma anche in maniera casuale, automatica. Il percorso mette in luce la magmaticità degli ambienti, dove i confini tra gli elementi interni e quelli esterni ai clan sono altamente permeabili, e dove tuttavia la coesione interna risulta essenziale per la sopravvivenza del gruppo, spingendo così gli individui ad atti dii violenza “autoconservativa”. Il capitolo analizza quindi i meccanismi di proiezioni identificatoria che strutturano le relazioni tra individui e tra questi ed il gruppo, in un continuum tra affettività e distruttività, nel quale il territorio ha un ruolo primario nel disegnare i repertori della violenza, e la cultura gruppale è dominata dalla personalità superegoica, autocratica e persecutoria dei capi. Queste dinamiche mettono ancora una volta al centro degli interrogativi la labilità del confine tra il gruppo di camorra e la società circostante, il contrasto tra identificazione gruppale ed individualismo estremo.

Napoli, Il responsabile scientifico

Luciano Brancaccio