Ricerca FARO Bando 2012 Progetto Di Ricerca Camorra, Mercati E

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Ricerca FARO Bando 2012 Progetto Di Ricerca Camorra, Mercati E Ricerca FARO Bando 2012 Progetto di ricerca Camorra, mercati e imprese. Le “aree grigie” nell’evoluzione dei gruppi criminali campani Scheda sintetica delle attività svolte e dei risultati conseguiti Novembre 2014 1. Composizione del gruppo di ricerca La ricerca si è ispirata a un approccio multidisciplinare. Nella necessità di indagare i diversi aspetti di un fenomeno complesso, come quello dei circuiti di criminalità organizzata, si è tenuto conto nella composizione del gruppo di ricerca dell’apporto di docenti e ricercatori provenienti da diversi campi delle scienze sociali e umane: sociologia, storia contemporanea, organizzazione aziendale, diritto. Componenti del gruppo di ricerca afferenti a dipartimenti universitari: Luciano Brancaccio (responsabile scientifico, ricercatore, settore Sociologia dell’ambiente e del territorio, Università di Napoli Federico II); Carolina Castellano (ricercatore, settore Storia contemporanea, Università di Napoli Federico II) Stefano Consiglio (professore ordinario, settore Organizzazione aziendale, Università di Napoli Federico II); Stefano D’Alfonso (professore associato, settore Diritto amministrativo, Università di Napoli Federico II); Ernesto De Nito (ricercatore, settore Organizzazione aziendale, Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro) Gabriella Gribaudi (professore ordinario, settore Storia contemporanea Università di Napoli Federico II); Anna Maria Zaccaria (ricercatore, settore Sociologia dell’ambiente e del territorio, Università di Napoli Federico II). Il gruppo di ricerca si è inoltre avvalso della collaborazione di alcuni giovani studiosi che hanno fornito un contributo sulla base di contratti di prestazione occasionale: Vittorio Martone (dottore di ricerca in Sociologia e ricerca sociale, già assegnista di ricerca, Università di Napoli Federico II); Antonella Avolio (attualmente dottoranda di ricerca in Scienze sociali e statistiche, Università di Napoli Federico II); Francesca Manzo (attualmente dottoranda di ricerca in Scienze sociali e statistiche, Università di Napoli Federico II). Forme di collaborazione e confronto utili per i risultati della ricerca sono venuti, infine, dall’apporto libero fornito da due altri professionisti a diverso titolo competenti del tema oggetto di indagine, i cui contributi scritti troveranno posto nella pubblicazione finale dei risultati della ricerca: Giovanni Starace (Ricercatore, settore Psicologia dinamica, Dipartimento Studi Umanistici, Università Federico II; Filippo Beatrice (Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Napoli). Il prof. Starace e il dott. Beatrice hanno preso parte alle riunioni e alle altre attività realizzate dal gruppo di ricerca: seminari, consultazione delle fonti, analisi dei materiali documentali e provenienti dalle interviste. 2. Premessa metodologica e obiettivi della ricerca Le basi di partenza della ricerca sono riassumibili in alcune acquisizioni conoscitive riguardo la criminalità organizzata di origine campana ormai consolidate e ben note non solo agli attenti osservatori del fenomeno: 1) la crescente presenza di circuiti imprenditoriali riconducibili a organizzazioni criminali nelle attività economiche legali; 2) la rapidità e l’intensità con cui i modelli organizzativi e relazionali interni all’arcipelago dei clan campani mutano e si adattano al contesto; 3) il coinvolgimento nei circuiti criminali di soggetti esterni: imprenditori, professionisti, pubblici funzionari e amministratori; 4) la necessità di apportare opportune modifiche e integrazioni alla normative antimafia alla luce dei cambiamenti di cui sopra. Rispetto a questi quattro punti, che sollevano una serie di domande legate a fattori storico‐ sociologici in senso lato, la ricerca ha indagato alcuni contesti e casi specifici, dai quali si è partiti per ricostruire dinamiche, evoluzioni, relazioni interne e con ambienti esterni, possibili punti di attacco del fenomeno. Oggetto del lavoro dunque sono stati i gruppi di criminalità organizzata campani visti nel loro rapporto con il contesto sociale e territoriale (città, cintura suburbana, provincia, proiezioni in altri territori). La pubblicistica sulla camorra si è spesso soffermata sugli aspetti organizzativi e di controllo militare del territorio, sull’attività predatoria e sulla capacità di infiltrazione nella politica e nei ranghi dell’economia legale. Meno attenzione è stata prestata ai fattori di genesi e riproduzione dei clan, al modo in cui questi si formano e crescono in stretto rapporto con il tessuto sociale e le aree grigie dell’economia, delle professioni e della pubblica amministrazione. L’adattabilità delle forme e il continuo avvicendarsi di nuovi gruppi di camorra, pur in un contesto in cui il controllo criminale di alcune grandi famiglie permane nel corso del tempo, consentono di mettere in luce le condizioni e le risorse che favoriscono la nascita e l’affermazione delle organizzazioni criminali campane. Dunque il lavoro si è proposto di indagare quattro dimensioni del fenomeno: i fattori storico‐sociali, le risorse, le relazioni esterne e l’uso della violenza nelle sue ragioni strategiche e nelle sue determinanti più profonde e individuali. I clan campani, generalmente aggregati intorno a clan familiari estesi e diretti da figure carismatiche, hanno come principale risorsa il controllo del territorio, gestito sia attraverso la violenza che attraverso una vasta area di consenso, possibile anche per gli alti tassi di disoccupazione che caratterizzano il contesto campano. È per mezzo del radicamento territoriale che i clan costruiscono le proprie capacità relazionali ed economiche, ed è facendo presa sull’area di provenienza che riescono a proiettare le proprie attività verso il resto d’Italia e l’Europa: lo studio del contesto è quindi di primaria importanza per la comprensione del fenomeno. Gli obiettivi della ricerca scaturiscono dalla nozione problematica del “confine”, analizzato attraverso una prospettiva multidisciplinare, che qui può essere brevemente schematizzata: 1) i confini della cosiddetta “area grigia” si riferiscono alle molteplici relazioni tra settori dell’economia legale e criminalità associata: gli interrogativi si concentrano sul ruolo di imprenditori e professionisti nelle attività economiche dei clan, sui modelli relazionali e le strutture organizzative; 2) i confini sociali e l’emersione dei clan: quali sono i modelli di formazione del potere camorrista? In quali circuiti sociali emerge, e quali sono i confini tra famiglia e clan? Tali questioni hanno particolare rilevanza nell’attuale progressiva evoluzione dell’apparato normativo dell’antimafia, che sta raffinando i propri strumenti giuridici, sia nel settore amministrativo che in quello penale, proprio in relazione alla crescente complessità definitoria del crimine associato; 3) la dimensione territoriale: il radicamento su scala locale (quartiere, città, provincia); le modalità con cui il territorio e la sua definizione amministrativa condizionano la formazione dell’organizzazione criminale. In relazione a questi obiettivi conoscitivi sono stati selezionati alcuni casi studio, aree territoriali e contesti storici di interesse, schematicamente illustrati nel seguito di questo documento insieme alla documentazione acquisita e ai risultati del lavoro. 3. I casi di studio Scheda caso I processi di età fascista nel casertano Gli studi storici sulla criminalità organizzata campana segnalano notevoli carenze conoscitive per il ventennio intermedio tra il processo Cuocolo (1906‐1927) e il secondo dopoguerra. Gli anni Cinquanta sono stati un periodo cruciale per la formazione di un sistema affaristico‐criminale radicato nel settore del commercio agroalimentare, soprattutto nella cintura provinciale di Napoli, nonché nel proficuo settore del contrabbando, alimentato dalla presenza degli Alleati nel golfo ed attestatosi sulle precedenti reti della borsa nera cresciute durante la guerra. Restano invece aperti gli interrogativi sulle dimensioni e gli effetti della repressione anticamorra in età fascista, che è stata invece approfonditamente studiata per il caso siciliano, e questa lacuna lascia una fondamentale incertezza rispetto all’inabissamento delle organizzazioni criminali campane tra età liberale e fascista, ed ai rapporti tra la camorra provinciale e quella napoletana, largamente affidati alla gestione clientelare della rappresentanza politica in età giolittiana. Le notizie storiche sull’epoca fascista si limitano alla missione dei Carabinieri nel casertano (zona dei Mazzoni) svolta tra il 1926 e il 1927. Si tratta di un caso particolarmente rilevante, al quale la propaganda mussoliniana diede molto risalto, e che si accompagnò all’abolizione della provincia di Caserta, nel 1927. La specificità di questa vicenda, nella quale l’azione repressiva si accompagna alla cancellazione dell’identità amministrativa del territorio, costituisce motivo di interesse per lo studio dell’area casertana in età fascista. A partire da queste premesse, la ricerca archivistica si è mossa su due fronti: in prima battuta si è interrogata sulla presenza della criminalità di stampo camorristica nelle fonti giudiziarie, procedendo ad uno screening dei processi per reati di natura violenta negli anni tra l’età liberale ed il ventennio fascista nell’area napoletana. A questo scopo sono stati presi in esame i registri di Corte d’Assise di Napoli, che nel 1927 aveva acquisito anche la giurisdizione per la provincia di Caserta, per gli anni 1927‐‘33. Il lavoro sulle fonti è stato notevolmente ostacolato dalle difficoltà
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