"Daphne" Programma Di Sala
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CopertaToPrint_dph_4.QXD 24/06/2005 18.39 Pagina 1 ALBO DEI SOCI FONDATORI ALBO DEI SOCI FONDATORI C ONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Massimo Cacciari presidente Luigino Rossi vicepresidente Cesare De Michelis Pierdomenico Gallo Achille Rosario Grasso Mario Rigo V alter V arotto Giampaolo V ianello consiglieri sovrintendente Giampaolo V ianello direttore artistico Sergio Segalini C OLLEGIO DEI R EVISORI DEI C ONTI Giancarlo Giordano presidente Adriano Olivetti Paolo Vigo Maurizia Zuanich Fischer SOCIET DI REVISIONE PricewaterhouseCoopers S.p.A. daphne tragedia bucolica in un atto libretto di Joseph Gregor musica di Richard Strauss Teatro La Fenice gioved 9 giugno 2005 ore 19.00 turno A domenica 12 giugno 2005 ore 15.30 turno B mercoled 15 giugno 2005 ore 19.00 turno E sabato 18 giugno 2005 ore 15.30 turno C marted 21 giugno 2005 ore 19.00 turno D La Fenice prima dell Opera 2004-2005 8 Leonhard Fanto (1874-1958), Richard Strauss (1927). Disegno a matita. Con dedica autografa del musicista a Karl Böhm, datata 31 maggio 1934. La Fenice prima dell’Opera 2004-2005 8 Sommario 5 La locandina 7 «Apprendete pietà, Donne e Donzelle» di Michele Girardi 9 Luca Zoppelli La corteccia e l’arabesco. Apollo, Dioniso e il ritorno di Dafne allo spirito della musica 33 Marco Marica Daphne e il ruolo dell’artista al tempo della barbarie 45 Daphne: libretto e guida all’opera a cura di Marco Marica 105 Daphne in breve a cura di Gianni Ruffin 107 Argomento – Argument – Synopsis – Handlung 111 Giovanni Guanti Bibliografia 121 Online: Metamorphosen a cura di Roberto Campanella 127 Dall’archivio storico del Teatro La Fenice Richard Strauss, Kaiser di Venezia, 1901-2005 a cura di Franco Rossi Locandina della prima rappresentazione assoluta. daphne tragedia bucolica in un atto libretto di Joseph Gregor musica di Richard Strauss prima rappresentazione a Venezia Edizione Schott Musik International, Mainz Rappresentante per l’Italia Sugarmusic S.p.A. - Suvini Zerboni, Milano personaggi e interpreti Daphne June Anderson Leukippos Roberto Saccà Apollo Scott Mac Allister Peneios Daniel Lewis Williams Gaea Birgit Remmert Primo pastore Dominik Eberle Secondo pastore Stefano Ferrari Terzo pastore Giuseppe Accolla Quarto pastore Emanuele Pedrini Prima ancella Liesl Odenweller Seconda ancella Dorothee Wiedmann maestro concertatore e direttore Stefan Anton Reck regia Paul Curran scene e costumi Kevin Knight light designer David Jacques Orchestra e Coro del Teatro La Fenice direttore del Coro Emanuela Di Pietro in lingua originale con sopratitoli in italiano nuovo allestimento 6 LA LOCANDINA direttore musicale di palcoscenico Giuseppe Marotta direttore di palcoscenico Paolo Cucchi responsabile allestimenti scenici Massimo Checchetto maestro di sala Joyce Fieldsend aiuto maestro di sala Maria Cristina Vavolo altro maestro del coro Ulisse Trabacchin altri direttori di palcoscenico Lorenzo Zanoni Luca Ferraris assistente alla regia e ai movimenti coreografici Thaddeus Strassberger assistente alla scenografia e ai costumi Madeleine Boyd assistente alle luci Pieter Jurriaanse maestri di palcoscenico Silvano Zabeo Roberto Bertuzzi maestro rammentatore Pierpaolo Gastaldello maestro alle luci Gabriella Zen capo macchinista Vitaliano Bonicelli capo elettricista Vilmo Furian capo attrezzista Roberto Fiori capo sarta Rosalba Filieri responsabile della falegnameria Adamo Padovan coordinatore figuranti Claudio Colombini scene Delfini Group (Roma) Decorpan (Treviso) attrezzeria Rancati (Milano) Nicolao Atelier (Venezia) costumi Nicolao Atelier (Venezia) calzature CTC Pedrazzoli (Milano) maschere Mondonovo di Guerino Lovato (Venezia) parrucche e trucco Fabio Bergamo (Trieste) sopratitoli Studio GR (Venezia) «Apprendete pietà, Donne e Donzelle» Se si pensa alle vicende della Dafne protagonista della terz’ultima fatica di Richard Strauss, torna in mente il ritornello del lamento delle Ingrate di Monteverdi (nel capolavoro som- mo ch’è il Ballo delle Ingrate, Mantova 1608), monito severo rivolto alle donne della cor- te dei Gonzaga a mettere da parte insensati rifiuti in amore. L’opera tedesca è l’ultimo anel- lo rilevante di una lunga catena, che ci riporta alle radici stesse del teatro musicale, e a quella Dafne di Ottavio Rinuccini musicata da Jacopo Peri (Palazzo Corsi, Firenze, car- nevale 1597-1598), poi nuovamente intonata a Mantova da Marco da Gagliano nel car- nevale 1608, poco prima che le ingrate monteverdiane intrecciassero danze meste ed ele- vassero al cielo il rimpianto lancinante di un «Aer sereno e puro». Nemmeno Dafne apprende pietà: troppo tardi acquista la coscienza dell’amore di Leucippo – come ci dice la musica, brillantemente analizzata da Marco Marica nella guida all’opera, specie quando torna un tema, nel monologo di Apollo, «quasi a voler rivelare all’ascoltatore che il senti- mento di Dafne per il ragazzo ucciso è stata una passione erotica frustrata». Ma, a diffe- renza delle Ingrate che tornano a languire nell’inferno, la fanciulla ritrosa realizza almeno il suo sogno di essere immersa per sempre nella natura, grazie ai magici poteri di Zeus che, su invito del dio del sole, la trasforma in lauro. Nel saggio di apertura, Luca Zoppelli, con finezza ermeneutica, individua i conflitti di fondo che opponevano la concezione del mito del letterato Joseph Gregor a quella di Strauss, e cita un parere illuminante del compositore, insoddisfatto del lavoro del suo col- laboratore: «Dafne (particolarmente sbiadita), anziché restare una vergine noiosa, dovreb- be amarli entrambi, il dio e l’uomo». Una visione ‘carnale’, dunque, distante da quella ini- zialmente immaginata dallo scrittore, folgorato dal quadro di Chassérieau (lo si veda qui, a p. 10) in cui, come scrive ancora Zoppelli, «la protagonista è caratterizzata dalla sua in- toccabile, fredda distanza, e costituisce il mero oggetto passivo di un’azione simbolica in cui non pare minimamente coinvolta, se non per sottrarvisi – per mezzo, da ultimo, della sua metamorfosi in alloro». Strauss finì per far prevalere la sua idea, certo rimpiangendo in cuor suo il precedente librettista, sottrattogli dalla devastante politica razzista del nazi- smo, Stefan Zweig (che, esule in Brasile, morirà suicida nel 1942, l’anno di Capriccio). Ma «come spiegare il fatto che Strauss, proprio mentre intorno a lui montava la bar- barie nazista, si sia rifugiato nel mito e attraverso di esso abbia eretto una barriera tra sé e la realtà contemporanea?», si chiede Marica nel secondo saggio di questo volume. Nell’ar- ticolare una risposta a questo quesito, l’autore rileva come Strauss «costretto dalla massi- 8 MICHELE GIRARDI ficazione della vita sociale e culturale imposta dal nazismo ad arroccarsi sempre più sul po- lo della cultura, si sia al contempo sentito fortemente attratto dallo spirito apollineo di Daf- ne. Il desiderio di purezza e di fusione con la natura di Dafne può simboleggiare dunque anche l’emigrazione interna dell’artista Strauss di fronte al nazismo, il suo ribadire la su- premazia della cultura sulla barbarie». Una ricca galleria d’immagini documenta, nella pagine di questo volume, l’assoluta cen- tralità del mito di Dafne e della sua metamorfosi nella cultura occidentale. Dal quadro di Pollaiolo (a p. 13), piena espressione dell’umanesimo, dove le braccia della fanciulla sono già divenute rami con chiome folte e colori brillanti, a quello di Appiani (dipinto fra il 1795 e il 1800; p. 15), in cui il mutamento è appena sulla punta delle dita, tornando poi alle mi- niature stilizzate: questa trasformazione può sembrare una punizione crudele, più che una gratificazione per la fanciulla. Ma chi raggiunge il culmine è Gian Lorenzo Bernini nel 1625 (qui a p. 19): «sfruttando genialmente il carattere statico del marmo (e innescando una re- te di ossimori percettivi ben propri al carattere paradossale della poetica secentesca), Ber- nini ci presenta la spettacolare istantanea di un movimento pietrificato nell’attimo del suo massimo slancio dinamico», secondo Zoppelli. Del tutto condivisibile il paragone tra questa scena scultorea e la strategia musicale che Strauss mette in atto dal momento in cui l’orchestra inchioda Dafne che sta correndo, dan- do inizio alla metamorfosi. Nel corso dell’opera, la grande orchestra (oltre novanta sono gli strumentisti) si era divisa in formazioni cameristiche, ma da questo momento inizia a suonare compatta: «col suo impressionante virtuosismo iconico Strauss ci fa ‘sentire’ il gra- duale spuntare dei rami in una sorta di canone all’unisono dei legni» prosegue Zoppelli, e «il tessuto orchestrale si arricchisce gradualmente di una brulicante molteplicità di elemen- ti motivici [...]. La voce di Dafne, puro vocalizzo senza parole – divenuto suono di natura, incorporato al brulicare della vita vegetale – gioca ora in imitazione col suo alter ego di sempre, l’oboe: sub novo cortice risuonano arcani arabeschi sonori. Dissoluzione nella na- tura di bellezza musicale quasi insostenibile, che fa di questa pagina conclusiva forse il più riuscito ‘finale’ dell’intero opus operistico straussiano» – una valutazione, questa, del tutto motivata dalla qualità drammatica di questa musica, e che qui trova riscontro pieno anche nelle conclusioni di Marica («una delle pagine più impressionanti del Novecento musicale tedesco, un monumento sonoro alla Kultur»). Resta il problema del rapporto dell’artista con la storia. «Alla fine, quasi sopravvissuto a se stesso, in una realtà profondamente trasformata dall’immane tragedia della seconda guerra mondiale» nota il nostro Caronte informatico, Roberto Campanella, «seppe