Quaderni del Borgoantico 17

2016 Quaderni del Borgoantico-17 alla scoperta dell’identità storica di Villa Lagarina

3 Quando la cultura si fa sentimento Giacomo Bonazza & Redazione

5 Antonia Marzani e la casa in Contrada Santa Maria a Trento Roberto Codroico

9 … Cento anni fa a Villa Lagarina… Giovanni Bezzi

39 Mille anni storia Paolo Cont

62 “… considerato di quanta importanza sii la cordiale fratellanza et unione ferma et stabile…” Antonio Passerini

72 Allegre brigate in gita a Castellano fra svaghi boscherecci e atmosfere galanti Liliana De Venuto

83 1966-2016 Cinquant’anni dall’ultima alluvione dell’Adige Sandro Aita

86 La famiglia Marzani di Pomarolo Robero Adami

94 Due divertenti sceneggiate di Giambattista Azzolini Francesco Laterza

99 Pari opportunità Lia Cinà

102 Poesie Lia Cinà

103 Guido Riolfatti, calzolaio (“calier”) per mestiere campione di “balonzina” e pittore per passione Sandro Giordani

106 Baldo Bruno una vita intensa e avventurosa dedicata al lavoro, alla solidarietà, allo sport e alla famiglia Sandro Giordani 113 Album fotografico a cura di Sandro Giordani

Foto di copertina: Palazzo Madernini - Marzani, restauro Madonna col bambino Si coglie l’occasione per invitare le famiglie di Villa Lagarina e di Piazzo che possiedono­ documenti, fotografie e altro materiale di interesse storico a mettersi in contatto con l’Associazione Borgoantico (Sandro Giordani) in modo che gli stessi possano servire per ricostruire altri pezzi di storia del paese ed essere pubblicati sui prossimi numeri della rivista. Quaderni del Borgoantico 17 3

Quando la cultura si fa sentimento Ricordo di Antonia Marzani

Giacomo Bonazza & Redazione

Era una donna del borgo antico, gusto costruttivo, a partire dalla sua Antonia, la contessa Antonia Mar- dimora di Palazzo Priami Mader- zani, nobile di censo ma soprattut- nini, magnificamente restaurata e to di cuore; quando “antico”non messa generosamente a disposi- rimanda necessariamente alla mera zione della cittadinanza per acco- dimensione temporale e nostalgi- gliervi appuntamenti culturali di un ca, ma ad una categoria dello spi- certo spessore. Il dna della bellez- rito, alla custodia di una memoria za ce l’aveva dentro, trasmessole viva, premessa di ogni futuro. dal nonno buon pittore e dal padre Troppe “belle cose” aveva visto, architetto musicista. Fu proprio il imparato, interiorizzato e vissu- nonno Carlo, giudice di mestiere e to, Antonia, a partire dal contesto pittore per diletto, il primo presi- familiare, per non dolersi di que- dente e l’anima della “Società per sti tempi abbruttiti, di quest’epoca l’abbellimento di Villa Lagarina”, delle passioni tristi; lei che si illu- costituitasi all’inizio del ‘900, con minava e sorrideva per un nonnul- lo scopo di “di migliorare l’aspet- la, giammai nel segno della banali- to specialmente esterno di Villa tà e della volgarità. Lagarina...”: un lascito morale che È ancora nel ricordo di tanti di Antonia ha raccolto e cercato di noi, giusto un anno fa, in occasio- priva di venata malinconia. trasmettere. Si era ipotizzato, con ne della presentazione del nr. 16 Basta scorrere alcuni titoli dei suoi il sottoscritto, un possibile rilancio dei Quaderni del Borgoantico nel articoli - “Nostalgia d’Adige di una di quell’esperienza, privilegiando palazzo a lei tanto caro, il suo grido villana doc”, “Caro nonno Carlo”, momenti di formazione e di educa- di dolore, molto più di un semplice “Crescita e sviluppo visti dalla zione alla bellezza, così necessari sfogo, per le sorti di un patrimonio piazza della Chiesa di Villa Laga- in tempi di manifesta regressione storico artistico sempre più vilipe- rina”, “Memoria e futuro. Villa culturale. so e l’insensibilità istituzionale di Lagarina è un paese particolare”, Naturalmente non è stata solo Villa una classe politica piccola piccola: “Della zia Violante o della parità”, Lagarina l’orizzonte dei suoi molte- un intervento davvero coraggioso, “Italia mia ...”, “Identità ed appar- plici interessi e del suo impegno: a schietto, a cuore aperto, l’urgenza tenenza”, “C’eravamo e ci siamo parte l’insegnamento, la presidenza di un monito, quasi presentisse la anche noi che ci sentivamo e ci regionale dell’Associazione Dimo- sua dipartita. sentiamo italiani”, “La voce delle re Storiche Italiane, la militanza Un’inquietudine che esprimeva cose” - per coglierne l’approccio attiva nel direttivo trentino di Italia con tutta la sua persona, indice di umanistico ed insieme di passione Nostra, ne hanno fatto una autore- una temperatura emotiva elevata, civile e politica, tutto filtrato da vole interlocutrice anche a livello di energia interiore e di una pas- una particolare sensibilità estetica, istituzionale, riconoscendone le sue sione intellettuale mai fine a se frutto della sua formazione lettera- qualità umane e la competenza; non stessa, intesa prima di tutto come ria ed artistica. sempre così nel suo paese. sale dell’esistenza e delle relazioni Era sempre arricchente confrontar- Per noi, comunque, rimane l’An- umane. In questo senso pure la sua si con Antonia sulle tematiche urba- tonia dal cappotto rosso che fa la collaborazione al progetto editoria- nistiche comunali, sulle problema- spola da Palazzo Marzani a Palaz- le dei Quaderni, occasione per lei tiche di tipo ambientale e paesaggi- zo Madernini, un po’ trafelata, di piacevoli “rimpatriate”, dopo le stico ad esse connesse, sulle inizia- richiusa nei suoi pensieri, sempre incombenze milanesi, oltre il tuf- tive di arredo urbano della borgata, però disponibile ad un contatto farsi dentro la piccola grande storia vagliate da uno sguardo critico, umano, ad un sorriso, ad un sem- del suo paese, recuperandone una mai indulgente. D’altro canto era plice scambio di idee. Ci manche- memoria calda ed affettuosa, non la prima a dare l’esempio di buon rà la sua presenza alle riunioni di 4 Quaderni del Borgoantico 17

riere della Sera: “… Il nostro paese è stato intaccato, asfaltato e cemen- tificato da cima a fondo, a profitto di alcuni e danno di molti. Lo stes- so è successo con i comportamenti e i linguaggi, a conferma del fatto che c’è sempre un’influenza diretta tra contenitori e contenuti. Ormai siamo abituati a essere circondati dal brutto in tutte le sue forme, che la nostra vista e il nostro udito sono diventati selettivi, e ci permettono di isolare una bella facciata, un bel quadro, una bella frase, un bel suono dal contesto di sfacelo in cui sono immersi... La bruttezza dei luoghi, dei comportamenti, dei linguaggi ha ripercussioni a cate- na, con danni permanenti. Sarebbe magnifico se ognuno di noi, dentro di sé aspirasse a essere una perso- na migliore di come è: più intel- ligente, più colta, più integra, più capace. Ma il senso del bello non è redazione della rivista, dove, tra della bruttezza e alla sua assuefa- innato, purtroppo... Quando i pae- una fetta di “beca” appena sforna- zione. Antonia e Virginia, due sen- saggi vengono aggrediti, i patri- ta e un piatto di baccalà, si indivi- tinelle della bellezza intesa nella moni artistici trascurati e ovunque duano gli argomenti del numero a sua estensione etica, estetica e per- prevalgono la prepotenza, l’avidi- venire, sapendo che Antonia era fino politica. tà, l’egoismo, la furbizia e le altre ormai simpaticamente annoverata Piace chiudere questo ricordo peggiori caratteristiche dell’animo fra i ritardatari cronici in quanto dell’amica Antonia con le parole di umano, per molti diventa non solo ai tempi di consegna dell’articolo, uno scrittore milanese, Andrea De impossibile aspirare al bello, ma mettendo alla prova la pazienza del Carlo, che lei avrebbe certamente anche distinguerlo dal brutto...”. presidentissimo Sandro, che alla sottoscritto, ricavate da un articolo Grazie Antonia per averci aiutato fine però indulgeva benevolo. pubblicato recentemente sul Cor- ad aprire gli occhi alla bellezza. Ci mancheranno i suoi pezzi dal taglio originale, di intelligente imprevedibilità, che non aveva- no velleità di rigore storiografico e documentale, ma con questi si intercalavano armoniosamente, a raccontare storie “altre”, intime, di sentimento. È significativo che il titolo di que- sto breve omaggio in memoria di Antonia Marzani, per la smemo- rataggine di chi scrive, faccia il paio quasi letteralmente con quel- lo dedicato a suo tempo a Virginia Crespi Tranquillini, in occasione della sua scomparsa, dove alla parola cultura si associava la paro- la cuore, non trovandone una più consona per esprimere un sentire tutto femminile. Ad accomunarle la stessa luci- da intransigenza verso il dilagare Quaderni del Borgoantico 17 5

Antonia Marzani e la casa in Contrada Santa Maria a Trento

Roberto Codroico

Antonia Marzani di Sasso e Cano- alla riuscita del restauro degli into- cere di condividere con altri il suo va (Stainhof e Neuhaus), discen- naci, conservando quelli antichi amore per il Palazzo. In tali occa- dente dell’antica famiglia dei del 1630, ma soprattutto per il pia- sioni mi raccontava della vita di conti Marzani di Villa Lagarina, è stata per dieci anni Presidente della Sezione Trentino Alto-Adige dell’Associazione delle Dimore Storiche d’Italia (ADSI). Negli stessi anni io sono stato presiden- te della locale Sezione dell’Istitu- to Italiano dei Castelli ed in questi ruoli abbiamo collaborato positiva- mente varie volte. Molte iniziative sono state condotte o progettate assieme e comunque aperte ai Soci di entrambe le istituzioni. A volte abbiamo coinvolto nelle nostre iniziative anche il Garden Club di Trento ed il FAI. Il nostro rapporto d’amicizia risa- le però ad anni precedenti così come i nostri interessi non erano limitati alle nostre associazioni ma andavano oltre e spaziavano in vari campi per tornare comunque sempre agli edifici, fossero castel- li, palazzi o semplici architetture del passato. Antonia, generosa e altruista, mi ha sempre incoraggiato in ogni mia attività e iniziativa. Nel suo bel Palazzo Madernini già Priami a Villa Lagarina mi ha ospitato ripe- tutamente per conferenze ed incon- tri di vario tipo; nel 2006 vi ho allestito una mia mostra di pittura dal titolo “Il Moderno nell’antico”, così come lo scorso anno una di fotografie realizzate assieme all’a- mico Andrea Pozza. Ripetutamente negli ultimi tempi, quando impegnata con il restauro del Palazzo Madrenini (che meri- terebbe essere chiamato Palazzo Antonia Marzani), mi ha chiamato per sottopormi nuove scoperte o per sapere il mio parere in merito Trento, ex casa Cesarini Sforza, androne 6 Quaderni del Borgoantico 17

famiglia nelle stanze della stessa, i 1859), mentre l’imperatore d’Au- ne sedata dal capitano distrettuale ricordi d’infanzia conditi da nomi e stria Ferdinando I (1793-1875) fu Eichendorf. Il giorno della festa di relazioni di parentela. costretto ad abdicare a favore di san Giuseppe, i trentini scesero per Se molti altri hanno pure potuto suo nipote Francesco Giuseppe. le vie, capeggiati da don Giovan- godere dell’amicizia di Antonia A Venezia i rivoltosi guidati da ni Battista Zanella (1808-1883) ed e del suo piacevole raccontare in Daniele Manin s’impossessaro- altri, con bandiere tricolore e papa- merito a case e palazzi di Villa no dell’Arsenale e cacciarono gli line. Buttarono nell’Adige i casotti Lagarina pochi forse sanno del suo austriaci proclamando la Repub- del dazio delle Porte San Lorenzo e altrettanto viscerale amore per una blica di San Marco. San Martino ed incendiarono quel- casa, un antico palazzotto, a Trento A Milano dal 18 al 22 marzo, le di Porta Nuova e di Maria Tere- in via Cavour ove ripetutamente mi scoppiò la rivolta ricordata come sa. Assaltarono la caserma della ha invitato per avere qualche con- le “cinque giornate di Milano”, Guardia di finanza e pretesero dal siglio o parere. con la cacciata degli austriaci del Magistrato cittadino che fosse inol- Questi sopraluoghi erano condi- feldmaresciallo Josef Radetzky trata la richiesta di autonomia dal ti da notizie storiche e racconti di (1766-1858) e l’annessione della Tirolo. A sedare i tumultuosi inter- famiglia: il rapporto dei Marzani Lombardia al regno di Sardegna. A venne il vescovo De Tschiderer che con Trento risale al bisnonno di quel tempo era direttore generale dal podestà Giuseppe Panizza prese Antonia, Agostino Marzani detto della polizia del Lombardo-Veneto in consegna le chiavi del magazzi- Giusti sposato con Maria Pompe- Carlo Giusto de Toresani (1779- no del pane. Fu istituita la guardia ati, che nel 1827 comperò una casa 1852) marito di Gioseffa (detta nazionale dai conti Matteo a Prato, in Contrada Larga ove abitava nel Beppi) Marzani (1791-1873) sorel- Gaetano Manci (1819-1885) e da 1848, anno ricordato quale “pri- la di Agostino, il bisnonno di Anto- Giuseppe Rungg. Anche il bisnon- mavera dei popoli”, quando tutta nia. La casa dei Toresani a Milano no di Antonia parteggiava per gli l’Europa entrò in agitazione. L’otto fu assaltata e devastata dai rivoltosi insorti e non faceva mistero delle febbraio vi fu la rivolta degli stu- mentre loro riuscirono a salvarsi e sue simpatie per l’Italia. denti a Padova, seguita da analo- a rifugiarsi a Trento in Contrada Nel frattempo le dimostrazioni del ghe manifestazioni a ; l’otto Larga in casa Marzani. Ma anche 22 e 23 marzo furono sedate dalla marzo re Carlo Alberto concesse a Trento, al giungere delle notizie cavalleria del comandante milita- la costituzione al Regno di Sarde- da Milano, Vienna, Roma, e Vene- re del Tirolo a Trento, colonnello gna, ed analogamente fu concessa zia e dalle altre parti in rivolta, i Friedrich Zobel (1799-1869), vi in Toscana e nello Stato Pontifi- trentini scesero in piazza al grido furono feriti ed alcuni morti men- cio. Studenti ed operai insorsero di “evviva l’Italia, evviva papa tre furono arrestati i conti Gaeta- a Vienna causando le dimissioni Pio IX” e “abbasso Metternich”. no Manci, Giuseppe Festi, Matteo del cancelliere Metternich (1773- Vi fu una imponente dimostrazio- Thun e Pietro Sizzo. I rivoltosi

Trento, ex casa Cesarini Sforza, disegno Trento, ex casa Cesarini Sforza, disegno sull’intonaco del sottotetto sull’intonaco del sottotetto Quaderni del Borgoantico 17 7

saputo dell’arrivo del Toresani inscenarono una dimostrazione sotto le finestre della casa Marza- ni con grida minacciose. La notte stessa Carlo Giusto de Toresani e la moglie furono accompagnati a Cles da Agostino Marzani, in un più sicuro rifugio. Interessante sot- tolineare l’adesione, nell’ambito della stessa famiglia, da una parte agli ideali irredentisti e dall’altra alla ferrea disciplina del Governo Austro-Ungarico. L’anno successivo, nel 1849, a Trento nella casa in Contrada Larga nacque il figlio di Agostino, Carlo Marzani (1849-1933), nonno di Antonia che fu consigliere della Corte d’appello e come il padre Trento, ex casa Cesarini Sforza, disegno sull’intonaco del sottotetto fervido patriota di fede liberale e per questo internato durante la mi parlò dell’edificio che precede Il complesso edilizio e l’annesso Prima guerra mondiale a Linz. Tor- sulla sinistra il suo. Si tratta di un orto furono acquistati nel 1709 da nato poi nel 1919 andò ad abitare grande palazzo risultato dell’ag- Giangiacomo Sizzo, Bartolomeo a Villa Lagarina. Carlo si sposò da gregazione nel tempo di più unità Martinelli e Stefano Zermaioli che prima con Antonia ed alla prema- edilizie e contraddistinto dai nume- la donarono ai padri Filippini per tura morte di questa con la sorella ri civici dal 32 al 38. Poco oltre il adattarla a convento realizzandovi della stessa, Maria, figlie di Oreste vistoso numero 565, posto al centro all’interno anche una piccola cap- Meneghin (1816-1890) di Castel della facciata, risale alla numera- pella. Brez e di Amalia Ceschi. zione civica del 1810. Il prospetto Al tempo del Governo bavarese Per l’ultima visita alla casa di Anto- simmetrico scandito da tre portali a la congregazione di san Filippo nia a Trento ci trovammo davanti pieno sesto, è caratterizzato da fine- Neri, come molte altre, fu sciolta alla porta in via Cavour, già Con- stre architravate per due piani, men- e l’edifico fu venduto a privati, e trada Santa Maria Maggiore, sul tre al terzo piano sono più piccole dopo alcuni passaggi fu acquista- lato opposto del vecchio municipio. e quadrate che si inseriscono tra to dai Graziadei e successivamen- La casa che fu della sua mamma, mensole modanate che sorreggono te per via ereditaria ai Cesarini Adriana nata Cesarini Sforza, si il cornicione e la gronda alquanto Sforza, che possedevano anche la presenta con una stretta facciata di sporgenti. Una finestra del piano vicina casa nella quale abitò, per fronte alla Sala della Tromba ed superiore conserva lo sporto ligneo un periodo, Lamberto Cesarini all’antica torre civica, già parte del con spioncino al davanzale tipico Sforza (1864-1941), nonno mater- complesso edificio dei Belenzani. delle abitazioni tirolesi. no di Antonia, che, nato a Terlago, Un tempo dall’alto della torre con Dei tre portali, uno diverso dall’al- studiò da prima all’università di suoni di trombe erano annunciati tro. Il primo a sinistra presenta Torino poi a Firenze ove si laureò ai trentini eventi straordinari. Oggi sulla chiave di volta lo stemma in lettere. Fu insegnante in Sicilia una sirena scandisce giornalmente della famiglia Gallo, un esponente ed in Liguria ma alla morte nel il mezzogiorno ed eventuali incendi della quale, Andrea Gallo, fu medi- 1901 di suo padre Giuliano ritor- in città. co dell’imperatore Ferdinando I al nò a Trento per curare gli interessi Il prospetto della casa di Antonia tempo del Concilio ed è ricordato della famiglia. Convinto irreden- ha assunto una tinta nera dall’ac- per aver scritto un trattato sulla tista fu socio della Pro Patria e cumulo dello sporco e dello smog peste. La sua presenza nella casa è degli Alpinisti Tridentini di Rove- e oltre al bel portale d’ingresso è ricordato da una iscrizione datata reto. Curò gli aspetti linguistici caratterizzato sul prospetto da un 1541 posta nell’androne d’ingres- della lingua italiana con numerose elegante poggiolo con una sagoma- so. Lo stemma sul secondo portale pubblicazioni su giornali e riviste. ta ringhiera in ferro battuto simile a è stato fatto scalpellare da Gerola- Allo scoppio della Prima guer- quella del secondo piano del Palaz- mo Graziadei che ne era divenuto ra mondiale, avendo mantenuto zo Alberti Colico in via Belenzani. proprietario al tempo dei francesi la cittadinanza italiana, si trasfe- Mentre cercava nella borsetta la mentre l’ultimo portale presenta rì a Prato ove riprese l’attività di chiave della porta di casa, Antonia nella chiave di volta un riccio. insegnante. Dopo l’annessione del 8 Quaderni del Borgoantico 17

italiano, fu utilizzato dagli Austria- ci per il ricovero di soldati feriti o ammalati i quali, per passatempo, disegnarono sui muri. Infatti si può notare il ritratto di un giovane soldato in uniforme e poco più in alto, con un segno sottile, un profilo femminile dal naso aquilino ed una serie di numeri dal 14 al 18. Su di una altra parete un ritrat- to, pure eseguito a matita, d’una figura maschile. Un disegno dilet- tantesco non esente dalla ricerca d’una somiglianza con il sogget- to raffigurato. Poco lontano una carrozza trainata da un cavallo e forse alcune figure ormai dif- ficilmente identificabili. Ancora Trento, ex casa Cesarini Sforza, disegno sull’intonaco del sottotetto una altro disegno presenta una schematica casa ridotta solo alla Trentino all’Italia ritornò e fu pre- mise di buon umore Antonia che facciata con il tetto spiovente sidente della Società per gli Studi salite le scale iniziò ad indicarmi la ed aperta da due finestre con al Trentini e direttore della Bibliote- disposizione originale degli spazi e centro un portale voltato. Tutt’at- ca Comunale di Trento. come lo sarebbero stati dopo i lavo- torno piccole teste di figure con Nella casa abitò anche Adriana ri di ristrutturazione, ma soprattutto fantasiosi copricapo e un passero Cesarini Sforza, mamma di Anto- evidenziò quanto sarebbe rimasto tra i rami d’un albero. nia, che sposatasi con l’architetto di sua proprietà. Che ovviamente L’ambiente con maggiore luce Pietro Marzani (1889-1974) dal corrispondeva alla parte storica e presentava in alto una grossa linea 1932 si stabilì a Villa Lagarina. a quella dell’appartamento della di colore rosso e poco sotto alcu- Oltrepassata la soglia della casa mamma. ni ritratti racchiusi in tondi, forse in Contrada S. Maria e un breve Reale motivo della visita erano personaggi storici, che però molto androne voltato si apre uno stretto però le stanze del sottotetto, carat- rovinati e lacunosi non permettono cortile o meglio un passaggio verso terizzate in facciata da finestre alcuna identificazione, così come gli ambienti ad ovest del piano terra quadrate più piccole delle altre. La una serie di stemmi gentilizi. che si concludono con un ampio scarsa luce ci faceva avanzare len- L’attenzione di Antonia per que- cortile, un tempo coltivato ad orto e tamente, per paura di inciampare in sti segni sui muri era accompa- recinto dall’alto muro ad andamen- qualche tavola sconnessa del pavi- gnata dal desiderio di conoscerne to sinuoso del vicolo delle Orsoli- mento. Raggiunte comunque le gli autori, le loro storie così come ne. In mezzo al passaggio c’era un basse stanze del sottotetto Antonia molte volte sui muri delle chiese e piccolo scavatore e gli operai che mi fece notare sulle pareti coperte dei palazzi disegni e graffiti per- avevano messo in luce un pavimen- da irregolari intonaci realizzati con mettono di completarne la storia. to in pietra omogeneamente leviga- ogni probabilità in diversi periodi Scendemmo al piano terra ripas- to. Poco dopo arrivò il funzionario e più volti ridipinti a calce e segna- sando per le buie scale e per alcuni della Soprintendenza archeologica ti da più o meno profonde crepe, ambienti già interessati dai lavo- provinciale, che ci dette alcuni rag- alcuni rudimentali disegni realiz- ri di ristrutturazione, con assaggi guagli sullo scavo e sui ritrovamenti zati a matita o con il colore nero e agli intonaci alle pareti e ai con- del periodo della Tridentum roma- con la punta del pennello. trosoffitti nella speranza di indivi- na ed in diretta relazione con gli Gli infantili e dilettanteschi dise- duare qualche piacevole sorpresa. importanti resti messi in luce recen- gni, ai quali pochi avrebbero pre- Ripassammo vicino allo scavatore temente sotto gli edifici del vicolo e stato attenzione, erano per Antonia e guardammo con maggiore atten- la chiesa di Santa Maria Maggiore. un momento della storia della casa zione il pavimento romano e poi Già Francesco Ranzi nell’Ottocento e desiderava saperne di più. usciti in strada, Antonia mi salutò, aveva evidenziato la presenza nella Si può fare un’ipotesi. Con ogni doveva rientrare nella “sua casa”, zona di numerose tracce di muri probabilità quando il nonno Lam- ripercorrere le stanze ove un tempo antichi e fondazioni di torri medio- berto Cesarini Sforza abbando- abitava sua madre, ma soprattutto evali. La certezza della presenza nò Trento per Pavia, l’edifico, in ripercorrere con la mente il vissuto di così importanti tracce storiche quanto proprietà di un cittadino tra quelle pareti storiche. Quaderni del Borgoantico 17 9

… Cento anni fa a Villa Lagarina… Maggio 1915 - maggio 1916 – La guerra in casa

Giovanni Bezzi

ogni giorno pensava ai mariti, figli, fratelli, amici e parenti mobilitati ed ogni giorno attendeva con ansia una cartolina, una lettera che man- tenesse viva la speranza o temeva di veder giungere la comunicazio- ne ufficiale di una malattia, di una prigionia o purtroppo della morte.

Come abbiamo raccontato, la guer- ra si sentiva anche nei nostri paesi, eccome! Già la partenza di tutti gli uomini validi dai 18 ai 42 anni (con la leva di massa dell’agosto 1914) e poi anche delle classi più anziane nei mesi a cavallo tra 1914 e 1915 (per riempire i terribili vuoti crea- ti anche nei reggimenti “tirolesi” dalle tremende battaglie sul fron- te russo dei primi mesi di guerra, quando l’Austria perse – tra morti, invalidi e prigionieri – un milione di uomini), creò una situazione economica molto difficile; dobbia- mo ricordare che gran parte della nostra gente era contadina e che l’agricoltura di allora, soprattut- to in una zona montuosa come il Trentino, era affidata quasi esclusi- Giornale Risveglio Tridentino 24 maggio 1915 vamente al faticoso lavoro manua- Introduzione (1914) e di come si era arrivati alla le che impegnava tutta la famiglia; Riprendiamo il racconto di come i guerra; una “guerra lontana”, come l’assenza degli individui più attivi nostri genitori, nonni (o addirittura abbiamo raccontato nel successi- ed esperti non poteva che ripercuo- bisnonni) hanno affrontato il duris- vo Quaderno n. 15, perché l’Im- tersi sulla cura del bestiame e della simo periodo della Prima Guerra pero Austro-ungarico (nel quale campagna, malgrado l’impegno e Mondiale: la Grande Guerra, come il Trentino era inserito dal 1815), gli sforzi delle donne (e dei ragazzi subito l’hanno definita anche i con- era in conflitto con la Serbia e con e ragazze per non dire dei bambi- temporanei, sbalorditi davanti a la Russia: era appunto ai confini ni) che cercavano disperatamente questo evento che sovrastava tutti con l’Impero Russo, nella lontana di fare il possibile e l’impossibile. i ricordi che si portavano dietro Galizia - oggi divisa tra Polonia ed delle guerre ottocentesche che ora Ucraina - che erano stati mandati L’altro aspetto che “faceva senti- sembravano “piccole” al confronto a combattere i nostri trentini. Una re” a tutti il peso di questa guerra, con questa. “guerra lontana” perché i fronti di era dato dalle requisizioni militari; combattimento erano a migliaia fin dai primi mesi l’esercito aveva Nel Quaderno n. 14 avevamo di chilometri dai nostri paesi, ma richiesto la consegna di quasi tutti parlato dell’ultimo anno di pace certo non lontana dai cuori di chi gli equini, ma anche di molti bovi- ni e di gran parte del raccolto per 10 Quaderni del Borgoantico 17

il nutrimento dei soldati; cavalli, (e cantare in coro durante le Feste muli, asini e buoi erano “i tratto- Nazionali) i nostri maestri elemen- ri” di allora e la loro mancanza non tari di tanti anni fa. Piccolo inciso: poteva non influire sulla possibi- noi bambini imparavamo così che lità di sfruttare al meglio la poca era la “cattiva Austria” che ci attac- campagna che la singola famiglia cava ed erano i nostri eroici fanti contadina di solito possedeva. Già che correvano a fare una barriera dopo pochi mesi di guerra in Tren- per difendere la Patria in pericolo! tino si conobbe una preoccupante Anche con le parole di una can- scarsità di alimenti (soprattutto zone, come si vede, si possono per gli abitanti delle città e borgate insegnare/inculcare verità “addo- maggiori), tanto che dovette essere mesticate” che poi saranno molto introdotto quasi subito il tessera- difficili da cambiare. mento dei beni principali e l’am- masso dei prodotti agricoli. Quando era scoppiata la Grande Guerra, all’inizio di agosto del Ed ora veniamo alla puntata 1914, avevamo ricordato che l’Ita- odierna: quella che si apre con la lia era alleata dell’Austria e della dichiarazione di guerra del Regno Germania (la famosa Triplice Alle- d’Italia all’Austria-Ungheria; è il anza firmata nel lontano 1882 e poi famoso 24 maggio del 1915, quello sempre rinnovata), ma che dichia- del “Piave che mormorava calmo rava subito la propria neutralità in e placido al passaggio dei primi quanto l’alleanza era “difensiva” Con le forze unite: l’Italia ancora insieme fanti …che marciavano per rag- cioè impegnava ogni contraente ad agli alleati ma solo nelle cartoline giunger la frontiera per far contro aiutare gli altri qualora venissero il nemico una barriera” come ci attaccati, mentre in questo caso era liva la Serbia e per di più senza hanno fatto imparare a memoria evidentemente l’Austria che assa- prima concordare la propria ini- ziativa con l’alleata Italia. Giusto quindi il comportamento italiano, anche se fu certamente fonte di dis- sapori e sospetti sia a Vienna che a Berlino.

Sospetti che crebbero quando l’I- talia iniziò a richiedere all’Austria dei “compensi” per la sua neutra- lità: si iniziò a chiedere la cessio- ne di “Trento e Trieste” per unire all’Italia i “fratelli” ancora separati; in realtà all’interno del governo ita- liano (da poco passato dalla guida equilibrata, accorta e molto prag- matica di Giolitti ad un governo – guidato da Salandra - molto più “orientato” a destra e più sensibi- le ai richiami nazionalistici), stava prendendo piede il pensiero che in questa Grande Guerra (che avrebbe certamente ridisegnato la carta geo- grafica dell’Europa), non si poteva rimanere neutrali, pena venir emar- ginati in un ruolo di secondo piano; il Regno d’Italia (che, ricordiamo, aveva poco più di 50 anni di vita), aveva sempre sofferto di una con- dizione di inferiorità nei confronti Soldati italiani tolgono il cippo di confine delle “Grandi Potenze” e la guerra Quaderni del Borgoantico 17 11

(che ovviamente tutti pensavano Ma mentre queste trattative vanno entrambi gli schieramenti nemici vittoriosa, oltre che breve e facile), avanti a rilento, l’Italia apre un altro e dall’altro il “grande salto” che il sembrava la maniera migliore per “tavolo” (ovviamente segreto, anzi governo italiano compie rispetto superare una volta per tutte questa segretissimo, perché solo il Re, il alla storia ottocentesca che aveva situazione ed entrare, a pieno titolo, Primo Ministro Salandra, il Mini- “costruito” il Regno d’Italia: nelle nel novero dei “Grandi”. Dietro agli stro degli Esteri Sonnino e l’amba- guerre d’indipendenza il ”moven- slogan nazionalistici della stampa sciatore a Londra Imperiali ne sono te” che le giustificava era la volon- e degli “interventisti” (una piccola a conoscenza), chiedendo alla Tri- tà di creare uno Stato “nazionale” minoranza, ma molto “rumorosa” plice Intesa (Russia, Gran Breta- per tutti gli italiani, ora, invece, si sia sulla stampa che nelle piazze), gna e Francia), più o meno le stesse perseguiva un concetto di “grande prende sempre più piede l’idea di cose in termini di “compensi”, que- potenza” occupando più territorio una guerra “imperialista” tesa cioè sta volta non per rimanere neutrale, possibile, pur sapendo di ingloba- ad acquisire tutti i territori possibili. ma addirittura per entrare in guerra re nel Regno anche popolazioni a fianco dell’Intesa contro Austria “non italiane” come i tedeschi che Cominciano così lunghi mesi di e Germania; è ovvio che l’Intesa è abitavano l’Alto Adige, gli slove- trattative inconcludenti tra Italia molto ben disposta per promettere ni e croati dell’Istria e della Dal- ed Austria con la prima che con- all’Italia tutto quello che sta inva- mazia, per non parlare dei greci tinua ad aumentare le richieste e no chiedendo all’Austria ed anche e turchi del Dodecanneso o dei la seconda che – ovviamente – fa di più: il confine al Brennero (non popoli “coloniali”. Dalla “libertà il gioco contrario: Trento forse sì, solo il Trentino, quindi, ma anche per i fratelli oppressi”, si passa ma di Trieste nemmeno parlarne; l’Alto Adige) e alle Alpi Giulie con alla volontà di opprimere altri poi Trento sì, ma solo col Trenti- Trieste e tutta l’Istria, la Dalmazia, popoli. Certo che rimarrà il mito no meridionale, forse fino a Lavis; il Dodecanneso (che l’Italia aveva di “Trento e Trieste da liberare” Trieste no, ma forse si può trovare tolto alla Turchia durante la guerra (anzi da redimere come si procla- un qualche accomodamento per il libica del 1911) e “forse” qualche merà a gran voce), ma sarà appun- porto; Madonna di Campiglio no, compenso coloniale da togliere alla to solo un mito buono per la pro- assolutamente, perché l’imperatore Germania; il tutto, ovviamente, a paganda e per dare una “vernice” – il Cecco Beppe dei nostri nonni - fine della guerra (anche secondo di romantico eroismo alla guerra non vuol cederla e così via; e poi, loro, certamente vittoriosa). che sarà (come per tutti gli altri altro problema insolubile: quando popoli coinvolti), solo un tragico ci saranno questi compensi? Subi- Molti storici hanno sottolinea- massacro senza senso, una guer- to, dice l’Italia, no, alla fine della to da un lato il comportamento ra civile europea (come molti la guerra, replica l’Austria! E i solda- non certo lineare dell’Italia che giudicheranno a posteriori) dalla ti trentini che combattono nell’e- tratta contemporaneamente con quale vincitori e vinti usciranno sercito austriaco? Subito a casa, tutti “con le ossa rotte”. secondo l’Italia, non se ne parla nemmeno, dice l’Austria. Ma intanto l’Italia conclude con l’Intesa il “Patto di Londra”: è il 26 Nel tira-molla delle trattative (che aprile 1915 e il documento impe- praticamente dall’autunno del ’14 gna il Regno d’Italia ad entrare in arrivano sino al maggio del ’15), si guerra entro un mese (ecco perché inserisce anche la Germania, molto il 24 maggio bisogna attaccare!). interessata a che l’Italia riman- Per una decina di giorni (fino al ga almeno neutrale (anche perché 6 maggio quando l’Italia dichia- attraverso il porto di Genova e la ra all’Austria di non sentirsi più Svizzera poteva ricevere riforni- legata dal patto della Triplice Alle- menti preziosissimi) e che quindi anza), il Regno d’Italia è quindi preme sull’Austria perché “faccia contemporaneamente “alleato” di il possibile” e spedisce a Roma, entrambi gli schieramenti! Finez- come ambasciatore straordinario, ze diplomatiche, dirà qualcuno, ma in realtà mediatore tra i due ma certo un comportamento che “alleati”, il principe von Buelow anche se giustificato a posteriori ex Cancelliere; ovvio che l’Austria dal Primo Ministro italiano come si impunta ribattendo alla Germa- “Sacro Egoismo della Patria” (una nia: facile concedere territori del di quelle frasi roboanti che dovreb- tuo fedele alleato! Mica ci rimetti bero spiegare tutto e non spiegano del tuo! Italia banderuola niente), non aiuterà certo la credi- 12 Quaderni del Borgoantico 17

riamente sospeso le uscite il gior- in questo periodo sono veramente nale socialista “Il Popolo” diret- scarsi. to da Cesare Battisti che in quei giorni aveva già preso la decisio- Per superare questi problemi di ne di abbandonare il Trentino per “fonti” ci siamo quindi appoggiati iniziare, in Italia, la sua battaglia in maniera massiccia (e speriamo per sollecitare l’entrata in guerra anche col gradimento di voi letto- contro l’Austria per la liberazione ri) a molti scritti “privati” di que- del Trentino. gli anni (o riferiti a quei momenti anche se redatti anche molti anni Gli altri due quotidiani locali dopo la guerra). Non si tratta tanto (L’Alto Adige liberale e Il Trenti- di lettere (ad esempio tra militari e no del partito popolare, guidato da famiglie), perché sappiamo bene Degasperi), e le varie riviste setti- quanto rigida fosse la censura sulla manali/quindicinali, continuarono corrispondenza (sempre allerta per fino al maggio del 1915 (seppure individuare non solo notizie d’im- sempre più fortemente controllati e portanza militare, ma anche segni spesso censurati dall’autorità mili- di “disfattismo”, di poco patriot- tare con ampi spazi bianchi che tismo, di dubbi sulla guerra o di coprono intere colonne), ma allo critiche alle autorità), ma bisogna Presto si parta bandiere al vento scoppio della guerra con l’Italia e il anche pensare all’auto-censura che contemporaneo forzato abbandono quasi tutti si imponevano: gli uni e bilità e l’apprezzamento interna- della popolazione da tutto il Tren- gli altri (militari e famiglie) “pre- zionale del nostro Paese! tino meridionale tutti sospesero le occupati di non far preoccupare” uscite. chi era in attesa di una lettera che Ormai siamo al 24 maggio 1915: potesse tranquillizzare, che dicesse tuona il cannone lungo gli oltre 600 Venne stampato (fine alla fine che andava tutto bene, che la salute chilometri di confine tra Italia ed della guerra) solo un quotidiano era sempre buona e che si sperava Austria; dallo Stelvio all’Adamel- (Il Risveglio Tridentino che poi – di rivedersi presto. lo e al Lago di Garda, dalla Val- significativamente - cambiò nome lagarina agli Altipiani, al Cadore, in Risveglio Austriaco), che sostan- Più che alle lettere ci siamo affida- alla Carnia e lungo l’Isonzo fino zialmente era il bollettino ufficiale ti ai “diari”, racconti scritti, maga- al mare Adriatico, un nuovo fronte dell’amministrazione politico- ri nel pieno della guerra, per sé si apre in Europa, una nuova stri- militare austriaca nella nostra stessi, per mantenere memoria di scia di sangue, distruzioni, fatiche provincia, limitandosi a riportare eventi eccezionali che si stavano e morte per milioni di uomini e i comunicati militari austriaci e vivendo, forse con l’intenzione poi donne, soldati e civili che scoprono qualche notizia di pubblica utilità e di farli conoscere ai famigliari ed in pochi giorni il vero tragico volto a cui, ovviamente, ci riferiremo per amici quando “tutto sarà finito” e di ogni guerra ed ancor più di que- dare almeno la sensazione di quali ritornati sani e salvi a casa, si potrà sta Grande Guerra! notizie – in mancanza di radio raccontare come veramente si era e TV di là da venire – potevano vissuto questo tragico periodo. avere i trentini, quelli rimasti nei Le fonti loro paesi, naturalmente, perché, Per fortuna, sono molte queste Nelle precedenti “puntate” aveva- come vedremo, per molti la guerra “Scritture di Guerra”, a cui abbia- mo utilizzato ampiamente la stam- significò subito un forzato allonta- mo potuto attingere; i due Musei pa del tempo, giornali e periodici namento da casa e dal Trentino. Storici di Trento e Rovereto, hanno che venivano stampati e diffusi nel curato l’edizione addirittura di 10 nostro Trentino di inizio Novecen- Queste scarse notizie di stampa libri contenenti appunto questi to che, ricordiamo, non conosce- (e per di più provenienti da una diari, questi pensieri volutamen- va praticamente l’analfabetismo, sola “voce”), sono poca cosa per te personali (e quindi riteniamo, con la scuola obbligatoria fino ai il nostro interesse di conoscere molto più attendibili delle lettere) 14 anni; questa volta non potre- effettivamente “cosa succedeva”. che formano un vero “tesoro” della mo fare altrettanto perché il primo Poche le notizie anche dall’altra vita, sia dei militari sia di chi era effetto della guerra sarà una ferrea “fonte” che abbiamo utilizzato in rimasto a casa o era stato “interna- censura sulla stampa che ne pro- precedenza, vale a dire i documenti to” nei campi profughi dell’Impero vocherà la rapida sparizione; già ufficiali del Comune di Villa (deli- austro-ungarico o del Regno d’Ita- nell’agosto 1914 aveva volonta- bere, corrispondenza, ecc.), che lia. Cercheremo di seguire, attraver- Quaderni del Borgoantico 17 13

Note tecniche Soprattutto per quanto riguarda i diari e le corrispondenze private, abbiamo scelto (sull’esempio dei curatori che hanno provveduto alla pubblicazione a stampa) di man- tenere il più possibile la scrittura originale, compresi errori di orto- grafia o sintassi e l’uso di termini semi-dialettali, mancanza di accen- ti ed interpunzioni; solo quando necessario per la comprensione del testo o per la segnalazione di errori macroscopici abbiamo inserito dei commenti mettendoli tra parentesi quadre [ ].

Siamo certi infatti che nessun letto- re si stupirà di questi errori, ma anzi Anziani militarizzati apprezzerà, nel loro insieme, la capacità di rendere “vero ed imme- so brani di questi diari, i “momenti rina (al Sindaco Romina Baroni ed diato” il racconto vissuto in prima salienti” di questa “guerra in casa”, al Responsabile dell’Archivio Sto- persona. Se pensiamo a quando e dal momento della dichiarazione e rico Roberto Adami), per avermi in che modo questi “ricordi” sono conseguente allontanamento delle concesso di consultare i documenti stati scritti (spesso nell’infuriare di popolazioni civili da gran parte del originali del periodo interessato. una battaglia o nella disperazione Trentino meridionale, a qualche di un repentino abbandono del pro- ricordo della vita dei profughi, dei Ma in tema di ringraziamenti, con- prio paese, nel viaggio verso una militari e degli operai “militariz- sentitemi anche questa volta di destinazione ignota, in un campo zati” che continuando a vivere nei aggiungerne uno, veramente par- di baracche dove si patisce la fame nostri paesi, erano costretti a lavo- ticolare, per mia moglie Lia, non e lo straniamento dalla “vita di rare per l’esercito austroungarico: solo per la pazienza con la quale ha prima”), possiamo anzi rimanere un racconto a molte voci, dunque, seguito il mio impegno, ma anche stupiti ed ammirati dal coraggio che speriamo possa restituirci, per i tanti, preziosi consigli e l’at- di queste persone che, malgrado almeno in parte, i veri pensieri, le tenta lettura del manoscritto. tutto, avevano ancora la forza e speranze, le paure ed i patimenti la voglia di “fermare sulla carta” di questa generazione, travolta da avvenimenti enormi ed imprevedi- bile, che hanno cambiato il mondo, il loro, ma anche il nostro.

Ringraziamenti Parlando di libri e di giornali, desidero non solo segnalare che tutte le pubblicazioni sopra citate (ed anche quelle che citeremo in seguito), si trovano in consultazio- ne presso la Biblioteca Civica di Rovereto ed anche parzialmente in quella Comunale di Villa Lagarina, ma anche ringraziare i bibliotecari per la cortese disponibilità che mi hanno riservata.

Altrettanta riconoscenza voglio esprimere al Comune di Villa Laga- Giornale Risveglio 31 maggio 14 Quaderni del Borgoantico 17

questi momenti così terribilmente personaggi ufficiali) e da qualche partenti: numerose sono le persone grandiosi, perché non ne venisse cartina geografica. Qualche annun- che lasciano la città ed è opportu- persa la memoria. cio funebre e poca pubblicità, nor- no ripetere che coloro che inten- malmente di esercizi commerciali dono assentarsi da Trento, prov- della città di Trento. vedano a partire subito: meglio Maggio-dicembre 1915 – stamane che nel pomeriggio” un La cronaca dai giornali Già il 23 maggio, dopo il lungo invito chiarissimo a non perdere Eccoci dunque alle pagine del elenco di “feriti trentini” ed uno tempo; altre due righe per annun- “Risveglio Tridentino”, unico gior- abbastanza consistente di “Valo- ciare che il Senato del Regno d’I- nale ancora in attività nella nostra rosi decorati”, alcune notizie di talia ha approvato (262 contro 2) provincia e che proseguirà fino al poche righe ma, ci sembra, molto il progetto di legge che conferisce termine del conflitto, dopo aver significative: “il giornale Alto al Governo i pieni poteri in caso di cambiato intestazione in “Risve- Adige ha annunciato di sospende- guerra. Ormai ci siamo! glio Austriaco” nel maggio 1916; re temporaneamente le pubblica- già nel sottotitolo “Giornale della zioni”; “Lettere aperte: per norma La Guerra con l’Italia, si titola I.R. Fortezza di Trento” che sovra- del pubblico si avverte che tutte le infatti il giorno dopo, con la Noti- sta l’aquila bicipite, chiarisce la sua lettere sia spedite all’estero che ficazione Ufficiale che proclama in “mission” come diremmo oggi: un all’interno della Monarchia, devo- tutto il Tirolo lo stato di Guerra e il bollettino ufficiale che riporta pari- no essere impostate aperte”; “I Giudizio Statario (due intere pagi- pari i comunicati (le “Notificazioni Ufficiali” come vengono titolate) dell’autorità politico-militare del Tirolo Meridionale ormai poco politico e molto militare, visto che con la dichiarazione di guer- ra dell’Italia, tutto il potere nella nostra provincia (dichiarata intera- mente “zona di guerra”) è passato nelle mani dei militari a cui devono sottostare tutte le autorità civili.

Fino alla fine di maggio anche il titolo di prima pagina è spesso scritto sia in italiano che in tede- sco, poi solo in italiano, ma rima- ne (di solito in ultima pagina), una specie di riassunto delle notizie in tedesco ad uso, evidentemen- te, del molto personale militare e governativo del gruppo naziona- le tedesco presente in Trentino; il giornale ha quattro pagine di cui la prima dedicata appunto alle “Noti- ficazioni Ufficiali”, poi qualche corrispondenza da Vienna ed arti- coli sull’andamento della guerra sui vari fronti (ovviamente ripor- tando i comunicati emessi dall’e- sercito); più interessante, ai nostri fini, la “Cronaca di Trento” (con anche qualche sporadica notizia dalle valli), con brevi ma significa- tivi trafiletti dai quali si comprende molto bene quali erano i problemi concreti della cittadinanza. Raris- sime le fotografie, sostituite da disegni in bianco-nero (di solito di Proclama ai miei popoli Quaderni del Borgoantico 17 15

ne, fitte- fitte, di ordini e divieti che mi) di abitanti del Trentino che si danno praticamente all’autorità scagliano contro “l’infamia consu- militare ogni potere sulle persone mata dall’Italia! Anche chi volesse e sulle cose). Fa quasi sorridere, tener per buono il pretesto delle al confronto con questo pauroso cosiddette aspirazioni nazionali elenco di proibizioni e di minac- per tentare di giustificare la sma- ce di pene per i contravventori (la nia di espansione e la mancanza di pena di morte è ormai una cosa fede, dovrebbe pur sempre insor- “normale”), il trafiletto che ricor- gere e bollare a fuoco il modo e da che “da ieri è stato sospeso il l’ora scelta per consumare l’infa- suono delle campane delle chiese. mia contro l’assassinio dell’onore Le indicazioni degli orari delle e della fede si vergognosamente Sacre Funzioni, saranno imparti- perpetrato”. C’è posto anche per te a voce dai Reverendi Parroci”. un articolo “L’Italia è già stanca” Più interessante certo, per i lettori dove si assicura che i contadini ita- di allora, un articolo che ricorda liani stanno già accorgendosi, nella che la Nobildonna Gemma Guer- stagione dei fieni, della mancanza rieri Gonzaga de Gresti di San Contessa Gemma Guerrieri Gonzaga di manodopera per i richiami alle Leonardo (vicino ad Avio), grazie armi. Non solo gli italiani sono alle sue parentele con nobili russi, che Santa e Giusta contro i tradi- già stanchi della guerra, possia- ha da tempo avviato contatti con tori italiani e in difesa della Patria), mo parafrasare noi, ma anche gli le autorità di quel paese per avere sempre vittoriosa per “le nostre austriaci e tutti i popoli coinvolti. notizie certe di prigionieri trentini valorose truppe che fermano gli Purtroppo però non basterà la stan- e, se possibile, riuscire a riunirli italiani sull’Isonzo e sull’Altipiano chezza dei popoli, la guerra andrà in un unico campo per facilitare di Lavarone e dilagano in Galizia ancora avanti per oltre tre anni. l’invio di soccorsi o un eventuale recuperando i territori che nell’au- rimpatrio (in particolare degli inva- tunno precedente erano state Sempre in giugno, mentre la prima lidi ed ammalati); le famiglie tren- costrette a cedere ai russi” (notizie pagina titola “Una divisione italia- tine, soprattutto quelle di militari effettivamente vere, anche se da na sconfitta sull’Isonzo”, in ultima “dispersi” possono contattare la depurare dalle solite esagerazioni). pagina si notifica che la settimana marchesa al suo indirizzo di Tori- Si ritorna però anche ai problemi prossima verrà ripresa la distribu- no, dove si è trasferita. spiccioli o quasi: “L’evacuazione zione delle tessere per il pane e la della città: il numero delle persone farina, mentre cominciano ad arri- In effetti, come ben raccontato nel che sono rimaste è ancora troppo vare segnalazioni da varie località libro di Luisa Pachera (edizioni alto; invitiamo tutti coloro che non d’oltre Brennero, della presenza di Osiride, 2008), la marchesa svol- sono stati ritenuti indispensabili, profughi trentini (vengono indicati ge per tutta la durata della guer- a provvedere ad allontanarsi di i paesi di provenienza dei profughi ra, un’attività continua a favore loro iniziativa, potendo scegliere per facilitare l’invio di corrispon- dei prigionieri trentini, riuscen- la località dove recarsi; altrimenti denza ed i ricongiungimenti fami- do a farli concentrare a Kirsanov dovranno aspettarsi a breve l’eva- liari), ma intanto si procede ad una (saranno più di 6.000 nell’estate cuazione forzata in località fissate nuova visita medica per l’arruola- del 1915) e poi, grazie al fatto che dalle autorità.” Le Notificazio- mento delle classi 1865-72 (quindi nel frattempo l’Italia era diventa- ni emesse dal Comune sono ora gente di 45-50 anni) e c’è spazio ta alleata della Russia, ad iniziare firmate dall’avvocato Adolfo De per un vibrante appello del gene- un trasferimento verso l’Italia di Bertolini – Amministratore Uffi- rale Dankl a tutti i bersaglieri del coloro che “optavano” per la cit- cioso: la legge marziale ha imposto Tirolo per correre volontariamente tadinanza italiana. Purtroppo que- anche lo scioglimento del Consi- alla difesa del paese “il nemico è sta attività venne interrotta dalla glio Comunale (il Sindaco Zippel, alle porte e vuole conquistare il Rivoluzione Russa del 1917 che sospettato di simpatie filo-italiane, Tirolo ed assoggettarlo… nessuno complicò oltre misura il rimpatrio è stato internato a Katzenau), sosti- deve abbandonare le proprie file dei prigionieri trentini dalla Russia tuito appunto con un Amministra- finché non sia ricacciato… questo (gli ultimi ritorneranno addirittura tore ufficioso. è il nostro primo e supremo dovere; nel 1924). alla raccolta dei fieni e delle messi Verso metà giugno alcuni numeri ci penseremo poi…”. Il giornale Ai primi di giugno siamo ormai che riportano “La voce del popolo sottolinea che l’ondata di patriot- in piena guerra! Naturalmente per trentino - come la pensa il Paese” tismo causata dal “vile attacco” il “Risveglio” è una guerra (oltre lettere (firmate solo con pseudoni- dell’Italia ha causato anche una 16 Quaderni del Borgoantico 17

C’è anche una breve cronaca del passaggio da Trento dell’erede al trono, il granduca Carlo che “come visione paradisiaca, comparve tra noi, ahi! Per breve, troppo breve tempo… i frenetici evviva dei pochi fortunati che ebbero la ventura di poterlo almeno vedere, lo avranno convinto che il cuore dei Tirolesi italiani batte all’unisono con quel- lo dei Tirolesi austriaci”.

Luglio ci porta ai “Violenti com- battimenti sull’Isonzo” e alla “Sconfitta italiana in Gorizia-100 mila uomini perduti”: sono infatti le prime grandi offensive italiane (le “spallate” come le chiamava il Generale Cadorna), che avrebbe- ro dovuto spalancare le porte del Carso e portare l’esercito italia- no fino a Lubiana e a Vienna. Le cronache del giornale non sono na fino a Borgo – che impedisce poi troppo esagerate, visto che, in anche la presenza di molti testimo- effetti, le offensive italiane, con- ni dei fatti”. dotte con un’incredibile tattica di assalti in massa all’arma bianca, Passano le settimane, ma la sostan- provocarono solo un’ecatombe tra za del giornale non cambia: prime gli attaccanti, con insignificanti pagine con grandi titoli di vittorie vantaggi di terreno conquistato. sull’Isonzo o in Galizia, ma poi Intanto vengono sciolte d’autori- la cronaca si riempie di elenchi di tà tutte le sedi locali della “Lega profughi con l’indicazione della Nazionale” l’associazione che in località dove sono sfollati, lettere Trentino aveva mantenuta vivo il di persone che chiedono notizie di sentimento di italianità. congiunti partiti in tutta fretta e di Notificazioni cui si sono perse le tracce. Ci sono Mercoledì 18 agosto: numero spe- sempre le “collette patriottiche”, ciale del “Risveglio” per il com- vera “corsa” alla sottoscrizione raccolte di frutta e dolci per i mili- pleanno dell’Imperatore (85 anni) del Secondo Prestito di Guer- tari feriti ricoverati negli ospedali con l’intera prima pagina dedicata ra austriaco perché “forte come di Trento e per “i difensori della al panegirico della sua lunga vita il nostro esercito deve essere la nostra Patria”. Una delegazione di che si chiude con un’apoteosi; “Ed nostra arma finanziaria, per dura- nobili trentini viene ricevuta dal Egli, sereno come la Giustizia, pie- re fino alla completa debellazione Primo Ministro a cui esprime “l’at- toso come la Carità, sublime nelle dei nostri nemici. La sottoscrizione taccamento del Trentino all’Impe- Sue virtù e nella Sua Maestà, riful- del Prestito è precetto d’onore, di ratore ed alla Patria e l’irremo- ge davanti agli sguardi nostri quale coscienza e di autoconservazio- vibile attaccamento all’unità ed visione di quella grandezza che la ne”. Piccolo “segno dei tempi” all’integrità del Tirolo”. concordia dei nostri animi sapran- anche la cronaca giudiziaria che no conservare alla Patria diletta”. parla di un processo per omicidio Il Notiziario dei profughi diven- Nel frattempo, in cronaca, scendia- avvenuto in Valsugana pochi mesi ta addirittura una rubrica fissa mo a cose più terra-terra: il “Risve- prima. Il dibattimento, che si con- che occupa la maggior parte del glio” che risponde alle lamentele clude con la condanna dell’impu- giornale tra giugno e luglio, con degli abbonati che non ricevono tato, avviene presso il Tribunale di elenchi suddivisi per località di regolarmente il giornale (“non è Mezzolombardo (“visto l’attuale provenienza, ma anche molte colpa nostra ma delle Poste”), che condizione di cose – cioè, diciamo richieste di informazioni su per- ricorda, ad evitare equivoci, di non noi, l’evacuazione della Valsuga- sone e famiglie ancora “disperse”. aver dato incarico a nessuno di rac- Quaderni del Borgoantico 17 17

cogliere abbonamenti (e denaro) e avrà scadenza il 1 ottobre 1930. fughi. “Tutti e tutto per i nostri sol- che, infine, il prezzo del quotidia- Sarà, anche per i trentini, uno dei dati” si proclama una raccolta stra- no è di 8 centesimi (di Corona) e numerosi prestiti di guerra che ver- ordinaria di doni per il prossimo diffida gli edicolanti dal chiedere ranno via via proposti (e sempre Natale “…da ogni parte ci giunge di più (10, 12 e perfino 20 cent.). più spesso imposti come “dovere notizia che si sta attivando l’azione Altra notizia, certo molto più seria patriottico”) sia ai privati che alle di fraterna solidarietà tra Esercito ed importante: tutti gli abitanti di aziende, banche, Enti Pubblici, e Popolo”. Un trafiletto anche per Trento, di età superiore ad 1 anno, Congregazioni di Carità e simili ricordare ai trentini che “il famo- devono farsi vaccinare contro il e costituiranno (a fine guerra) uno so socialista Benito Mussolini (era colera ricordando che “è dove- dei tanti capitoli dolorosi dei danni: stato a Trento nel 1909 giornalista re di ogni persona di presentarsi non riconosciuti come propri debi- nel Popolo di Battisti), dopo aver colla persona e cogli abiti puliti, la ti dalla piccola repubblica austriaca tanto predicato contro la guer- vaccinazione verrà fatta gratuita- nata dal disfacimento dell’impero, ra (da socialista) e poi diventato mente, ma chi non vuole sottopor- diventeranno “carta straccia” per focoso interventista, è stato richia- si, verrà subito allontanato, in via chi li aveva, volente o nolente, mato alle armi ed ora sta frequen- forzosa, dalla città”. sottoscritti. Si passa poi a fissare tando un corso ufficiali” (quest’ul- i prezzi massimi per le patate (sia tima notizia non è corretta, ma per Settembre viene annunciato dal all’ingrosso che al dettaglio), stabi- il resto l’evoluzione di Mussolini “Risveglio” con il problema del liti fin d’ora per i vari mesi dell’in- ben si presta, secondo il Risveglio, rincaro dei viveri; si riporta una verno e primavera prossima. Sap- a definire un tipico comportamento corrispondenza da Vienna, per sot- piamo che in realtà anche questo “da banderuola” degli italiani. tolineare che anche nel Trentino le calmiere non avrà molto successo: notizie non sono consolanti; tutto contadini e commercianti faranno A metà novembre si commentano quello che non è tesserato (e quin- a gara per “nascondere” le patate i sei mesi di guerra con l’Italia che di venduto a prezzi fissi) sta diven- e non consegnarle all’ammasso per ha fallito tutti i suoi obiettivi di una tando estremamente caro o intro- poi venderle “a borsa nera” come si breve guerra di conquista, mentre vabile. Si invoca, come sempre in dirà. Intanto la Riunione Adriatica è ancora “inchiodata” sui confini questi casi, l’intervento dello Stato di Sicurtà di Trieste avverte la pro- dopo aver perso ormai, centinaia che ponga un calmiere ai prezzi pria clientela che la Filiale di Tren- di migliaia di uomini. Continua- come se questo bastasse a far ritor- to è “provvisoriamente” trasferita no gli appelli alla popolazione per nare l’abbondanza nei magazzini e ad Innsbruck. i doni ai militari per il Natale al sulle tavole della gente. Una picco- Campo, ma c’è posto anche per la la chicca di pubblicità: “Giuseppe Siamo a novembre e mentre i tito- “ricerca di un cane da caccia che Noriller di Rovereto – attualmente li di testa esaltano la difesa della risponde al nome di “Treff” e si è a Vienna – assume rappresentan- Patria “tutti gli attacchi italiani smarrito: mancia competente a chi ze per ditte trentine produttrici di infranti con perdite terribili”, si dà lo ritrova”. Ultima segnalazione: frutta e derrate alimentari”; un largo spazio al prestito di guerra ed Il Comando militare di Innsbruck “profugo”, come si vede, che si alle collette patriottiche (di lana, di rende noto la possibilità per Comu- dà da fare anche a Vienna. A fine metalli), per assistere feriti e/o pro- ni o privati, di chiedere l’assegna- settembre c’è un furioso incendio a Dimaro (Val di Sole), 25 famiglie perdono la casa e si apre una sotto- scrizione per aiutarle; si scopre poi che è di origine dolosa ma “dopo minuti rilievi per scoprire l’autore dell’esecrando gesto, viene arre- stato da parte della gendarme- ria locale, tale Giovanni Battista Albasin di anni 66. Lode alla Gen- darmeria!”.

Ottobre porta in prima pagina “Il terzo Prestito di Guerra Austriaco” con grande spiegamento di perso- nalità per sollecitare la sottoscri- zione. Frutterà un interesse fisso del 5,50%, sarà esente da tasse ed Profughi Folgaria 18 Quaderni del Borgoantico 17

zione di prigionieri di guerra come nell’animo del nostri compaesani, to essere completamente sfollata lavoratori. È necessario depositare sia perché fu sempre presente in (circa 12.000 profughi), mentre da una cauzione di 30 corone per ogni tutti la possibilità di dover seguire Rovereto avrebbero dovuto partire prigioniero/lavoratore richiesto anch’essi la stessa sorte, sia perché 1.540 persone, da Levico 2.400, da e garantire la sorveglianza degli furono molti gli abitanti delle zone Pergine 1.500, da Tione 1.000, da stessi. evacuate che ottennero ospitalità a Borgo 540, da Ala 550, da Mori Villa (parenti, amici, ecc.). 520, ecc., ma il rapido susseguirsi Dicembre porta a un’inevitabile degli avvenimenti politico-militari stasi delle operazioni belliche con- Per dare un’idea generale ma com- rese quel piano del tutto inadegua- tro l’Italia (situazione invariata, si pleta di questo dramma, abbiamo to, anche perché lo scoppio della titola), mentre continuano vivaci pensato di riportare alcuni brani guerra, tra i tanti sconvolgimenti, quelle contro la Serbia che infat- dell’Introduzione del libro “La produsse anche un’improvvisa e ti verrà completamente occupata; città di Legno” a cura di Diego totale “militarizzazione” della vita l’attenzione del Risveglio è ora più Leoni e Camillo Zadra (Ed. Temi del nostro Trentino, con la tota- indirizzata ai problemi dei prigio- 1981). le subordinazione di ogni aspetto nieri in Russia, alle polemiche sui della vita civile alle “supreme esi- discorsi fatti dal deputato italiano L’eventualità che il Trentino potes- genze della difesa della Patria”; Barzilai a proposito di Oberdank se diventare zona di guerra era così nei giorni immediatamen- (il “martire” del Risorgimento che stata presa in considerazione dal te precedenti il 24 maggio 1915, noi italiani abbiamo conosciu- governo e dall’esercito austriaco quando l’autorità militare fu certa to come Oberdan) e quindi sulle fin dal 1912; nell’ambito di questa dell’imminente dichiarazione di “ignobili” pretese dell’Italia su ipotesi era stato approntato e suc- guerra dell’Italia, fu decretato Trieste. Ma ormai siamo a Natale: cessivamente perfezionato dalla lo sfollamento totale dei centri a Natale di Guerra, titola il giornale, Luogotenenza di Innsbruck un ridosso della futura linea del fron- cominciando col ricordare come piano di evacuazione della popo- te [già predisposta da lungo tempo sia “assolutamente consigliabile” lazione civile che trovò la sua ste- e che passava, in Vallagarina, poco non inviare i consueti biglietti di sura ultima tra l’aprile e il maggio a sud di Rovereto] e l’evacuazione augurio, ma devolvere la spesa in 1915. dalla “città-fortezza” di Trento di beneficenza per i militari e le loro tutta la popolazione “non necessa- famiglie. Prosegue poi facendo il Tale piano non prevedeva l’eva- ria”. confronto con il Natale 1914 quan- cuazione totale della popolazio- do gli eserciti austriaci erano in ne, ma solo di quella parte che I primi treni con abitanti di Ala rotta in Galizia ed in stallo in Ser- non era in grado di mantenersi e Rovereto che si allontanavano bia; ora la Galizia è riconquistata da sola per almeno tre mesi. Solo volontariamente e quelli con la e stiamo penetrando in Russia, la avrebbe dovu- popolazione di Riva del Garda e Serbia è ormai battuta e, soprattut- to, il nuovo odioso nemico “stori- co”, l’Italia, è bloccata sui confini. Questo, conclude il giornale, è il Natale della Vittoria, quello che ci porterà al Natale della Pace.

Maggio 1915 - L’evacuazione Il maggio 1915 per il Trentino fu segnato contemporaneamen- te dallo scoppio della guerra con l’Italia (la guerra che arrivava in casa, appunto) e dall’evacuazione di molti paesi che improvvisamen- te venivano a trovarsi sulla linea del fronte.

Villa Lagarina, come sappiamo, non fu evacuata, ma lo furono tanti paesi vicini, per cui questa esperienza penetrò profondamente Trincee a Rovereto Quaderni del Borgoantico 17 19

Valle di Gresta partirono già tra il 19 e 22 maggio, tanto che il 25 maggio i profughi rivani erano già in Boemia.

Il 24 maggio il Capitanato distret- tuale della Vallagarina emise l’or- dine di evacuazione generale per i Comuni di Ala, Mori, Brentonico, Pannone, Isera, Reviano-Folas, Lenzima, Vallarsa, Noriglio, Ter- ragnolo, Trambileno, Folgaria, Lizzana, Lizzanella, Marco, Chiz- zola, Serravalle, Sacco e Rovere- to. Analogamente fecero gli altri Capitanati per la Valsugana, la Valle del Chiese e il Basso Sarca.

La rapida avanzata dell’esercito italiano nella parte meridionale del Trentino [alla fine di maggio il fronte era già a Castel Dante, sopra Lizzana], annullò parzialmente e momentaneamente l’ordine di sgombero totale che si realizzò in tempi successivi quando le auto- rità militari italiane procedettero, a loro volta, allo sgombero, verso l’Italia, dei paesi trentini che ave- vano occupato con l’avanzata dei primi giorni di guerra.

Nell’inverno 1915-16 l’evacua- zione verso l’Italia toccò alle Giu- dicarie (circa 2.000 profughi), a Canal S. Bovo, Torcegno e parzial- mente Brentonico; nella primavera del 1916, in concomitanza con l’of- fensiva austriaca, fu la volta degli abitanti della Bassa Vallagarina (S. Margherita e Chizzola), dell’al- tipiano di Brentonico, dell’alta Profughi in Italia Vallarsa e della Bassa Valsugana. 60 mila erano già stati richiamati e dalle loro attività produttive, Già terribilmente provate dall’as- alle armi, con la partenza di questi talvolta dalle loro stesse famiglie, senza di quasi tutti gli uomini, profughi quasi la metà dei trentini frantumate nel corso dell’evacua- richiamati al fronte ancora nell’e- aveva lasciato la propria terra e la zione; poco informati su ciò che state del 1914, le comunità che si propria casa]. avveniva al fronte, ma anche nei trovavano a ridosso della linea del paesi di origine, in una situazione fuoco vennero in tal modo evacua- Donne, bambini, vecchi, persone di povertà (o spesso miseria), per te: più di 30.000 trentini furono inabili furono disseminati a pic- molti del tutto nuova, per altri più “deportati” verso Sud (dalla Lom- coli gruppi in centinaia di paesi, drammatica di quella conosciu- bardia alla Sicilia), altri 70.000 a abbandonati per lungo tempo a sé ta in patria; spesso circondati da Nord, verso le provincie centrali stessi ed alle sole cure dei parroci ostilità e pregiudizi, più che da dell’Impero Austro-Ungarico [Se trentini che avevano seguito la loro solidarietà; essi stessi confinati pensiamo che il Trentino aveva sorte. Per tre anni e mezzo gli sfol- in un universo mentale ostile alla allora circa 400 mila abitanti di cui lati vissero lontani dalle loro case diversità. 20 Quaderni del Borgoantico 17

Se queste furono le caratteristiche senza alcuna preparazione psi- uomini alle armi e l’esperienza dell’esperienza di quelle migliaia cologica, privata degli strumenti dello sfollamento modificarono di profughi che vissero in “diaspo- materiali ed organizzativi di cui profondamente le basi gerarchi- ra” per tutta la durata della guer- disponeva precedentemente, impo- che, affettive, economiche delle ra, ancora più tragico fu il destino verita ed indebolita nelle sue ener- comunità dei profughi: nei nuovi di quei 20.000 e più trentini che, gie umane. agglomerati, nei campi, nelle fami- inizialmente collocati in Austria glie, furono soprattutto le donne i Superiore ed Inferiore, furono suc- Gli sforzi di adattamento alle con- soggetti-oggetti di questa modifi- cessivamente trasferiti nei gran- dizioni di sfollamento furono enor- cazione di ruolo passando dalla di lager di Mittendorf, Braunau mi (solo in qualche caso – come posizione “quasi invisibile” di Oberhollabrunn, Wagna e altri, quello delle lavoratrici del tabacco donna di casa o di collaboratrice prototipi di quelli tristemente più della Manifattura di Sacco – resi nel lavoro dei campi e della stalla, famosi della II Guerra Mondiale più lievi dalla possibilità di garan- a quella di capo-famiglia respon- [anche se è giusto sottolineare che tire una certa continuità alla pro- sabile del benessere o almeno della in questo caso non v’era alcuna pria esperienza lavorativa); grazie sopravvivenza degli anziani e dei volontà di sterminio o punizione, ad essi i profughi resistettero, sia minori. ma certo una situazione di obiettiva pure a prezzo di sacrifici durissimi, difficoltà che si andò acutizzando attendendo la fine della guerra. Ma veniamo ora a qualche testimo- con il passare dei mesi]. In questi nianza diretta dello “sfollamento” baraccamenti – subito ribattezzati Quando nel novembre del 1918, come da molti fu chiamata l’im- dai profughi “città di legno” – si cessarono le ostilità tra Austria ed provvisa partenza dai paesi che consumò il capitolo più tragico Italia e i profughi poterono rien- dovevano venire evacuati. dell’evacuazione: la miseria, l’in- trare in patria, trovarono gran digenza, la mortalità, raggiunse- parte dei loro paesi rasa al suolo Cominciamo con il racconto di ro proporzioni inimmaginabili, e spogliata di tutto. Per essi l’eva- Mario Bertolini, riferito al paese di soprattutto a mano a mano che cuazione, oltre a non essere stata Isera e pubblicato nel libro “Isera, le condizioni di alimentazione di breve come tutti avevano inizial- Memorie e versi” edito nel 1923, tutta l’Austria peggioravano con il mente sperato, non fu nemmeno quindi ancora in “presa diretta” perdurare della guerra, mentre la una dolorosa parentesi; la guer- sugli avvenimenti vissuti da tutta militarizzazione della vita civile fu ra con le sue distruzioni, ne pro- la comunità paesana. spinta a livelli elevatissimi [anche trasse i disagi e le privazioni per con l’obbligo del lavoro coatto]. lunghi anni, durante i quali molti Da mesi infuria la guerra in Gali- dovettero vivere nei loro paesi ma zia, Bucovina, Ungheria e Serbia; La popolazione trentina sfollata alloggiati in baraccamenti, fino a si moltiplicano i richiami al servi- fu sottoposta così, bruscamente, quando le loro abitazioni non furo- zio militare, compagnie di lavora- a pressioni e tensioni fortissime, no ricostruite. Il richiamo degli tori militarizzati sono disseminate nei paesi di confine a scavare trin- cee e caverne, stendere reticolati, erigere fortilizi, da prima sul Pasu- bio, Zugna, Vignola e Baldo, poi sul Finonchio, alle Porte di Rove- reto, alle coste d’Isera, a Lenzima e a monte Faè.

Verso la fine di aprile e ai primi di maggio si vedono trasportare mor- tai e cannoni nei boschi di Senzello e Foianeghe, si intensifica il pas- saggio di materiale bellico: in un sol giorno passano per Isera oltre duecento carri carichi di ferri, reti- colati, lamiere zincate, ecc. Dopo il 20 maggio cominciano gli internamenti delle persone politi- camente sospette, si fanno saltare con la dinamite le case lungo il Braunau panorama Leno, la villa Tacchi, il convento Quaderni del Borgoantico 17 21

delle Dame Inglesi [dove è rimasto ghignare al pensiero di tanto ben le peggiori del nostro esilio. Alle ora “el prà delle moneghe”, lungo di Dio lasciato in abbondanza da domande: quando si parte? Dove l’attuale via Benacense] e la fab- ogni famiglia. Auguriamo che non si va? Nessuno risponde. Final- brica Cofler che brucia con sini- possano rimanere a lungo padroni mente verso le 11 di notte il nostro stro bagliore per un’intera notte. dei nostri averi! treno è pronto. Si chiama “Isera e Revian-Folas” e a noi si accom- Ai 23 di maggio cade con grande Prima della partenza la nostra pagnano profughi di Noriglio, fragore il ponte sull’Adige di Mori, bella chiesa ci accoglie tutti, forse Lizzanella, Terragnolo, Marco, arrivano ad Isera i tiratori di Bres- per l’ultima volta. Quale doloroso Mori e Rovereto. Si sale in mezzo sanone, fra i quali noto un vecchio spettacolo! Dio esaudisci i poveri alla confusione nei vagoni che in di oltre 70 anni ed un fanciullo di profughi, accompagnali nell’esi- maggior parte sono quelli che ser- 15. lio, dà loro rassegnazione. Soli, a vono per il trasporto di bestiame; coppie, a gruppi, con borse, sac- tutti sono privi di luce e in parte Al mattino del 24 maggio appaiono chi, coperte, valigie, tutti scendo- anche di panche; i bagagli servono sui muri dei grandi manifesti: era no per l’erta delle Scalette verso per sedili. Dopo un certo tempo si il proclama di Francesco Giuseppe Sacco. Il vecchio don Lodovico ode un fischio acuto, lungo, stri- “Ai miei popoli! Il re d’Italia mi ha si trascina mormorando le parole dulo, seguito da un ordine secco dichiarata la guerra…” Qualcuno degli esuli ebrei: “Super flumina ed il treno parte; da prima lenta- sussurra che forse domani l’eser- Babylonis…”. mente, quasi per lasciarci il tempo cito italiano sarebbe arrivato in di intravvedere nell’oscurità della paese! Ma non doveva succedere I bambini più piccoli strillano, i più notte, per l’ultima volta, il paesello così presto. Ai 25 si sente tuonare grandicelli, attirati dalla novità e natio; poi bruscamente, inesorabil- il cannone sull’Altipiano di Folga- dalla prospettiva di un lungo viag- mente in fretta! Pochi saluti, molti ria e Lavarone. La sera del giorno gio in treno, sono allegri; i vecchi singhiozzi confusi tra il rumore del seguente siamo avvisati di tenerci silenziosi, sembrano intontiti, si treno in corsa ed il rombo del can- pronti ad un’eventuale evacuazio- fermano a tratti, volgono il capo none. I più, dopo le emozioni e la ne del paese: la cosa pare impos- verso il paese, verso i beni abban- stanchezza della giornata, sonnec- sibile, ma durante la mattina del donati e salutano con l’addio del chiano. 27 capita l’ordine perentorio che Manzoni. Quanti non lo rivedran- per le quattro pomeridiane tutta no più il bel paesello? E chi avrà Passiamo ora ad una testimonianza la popolazione civile deve trovar- la grazia di ritornare, quanto ne che riguarda il paese di Sacco. È si alla stazione di Rovereto; quel- starà lontano? stata pubblicata nel volume “Sacco li che restano saranno fucilati. nella bufera” di Sergio Tonolli Ognuno può prender seco un baga- I dintorni della stazione ferrovia- (editori Manfrini, 1991), estrema- glio non superiore ai 5 chilogram- ria di Rovereto formicolano di mente documentato sulle vicende mi. Quale costernazione! Quale altri profughi che aspettano il loro del borgo. Interessante, in questa abbattimento! È un subbuglio, una turno, si vedono gironzolare senza testimonianza, la notizia dei nume- confusione generale. I pochi uomi- padrone vacche, vitelli, capre rosi “saccardi” ospitati nei paesi ni, le donne e i fanciulli si affret- abbandonate con sulle corna un della valle (compresa la nostra tano a raccogliere gli oggetti più cartellino col nome del padrone Villa Lagarina), ma anche la cre- cari, nascondendo quello che pos- [secondo le istruzioni dei gendar- azione di un ospedale-ricovero a sono negli avvolti più sicuri e non mi, tutto il bestiame doveva esse- S. Antonio di Pomarolo dove ven- pensano che avrebbero conservato re liberato dalle stalle e munito di nero ricoverati 53 vecchi malati e il tutto per i rapinatori. un cartellino con l’indicazione del disabili, evitando loro (almeno per proprietario... per poterlo ricon- qualche mese) il dramma della par- Si sparge la notizia che dopo quin- segnare al momento del ritorno, tenza. dici giorni si sarebbe ritornati e pietosa bugia per far pensare ad un quindi molti lasciano il vestiario allontanamento di breve durata]. Il 26 maggio si sparse la notizia migliore per non rovinarlo nel Una donna d’Isera, sorpresa da che al Sindaco di Lizzana, Domeni- viaggio. Qualcuno cerca di sopire malore, venne ricoverata nel con- co Bruschetti, era stato recapitato il dolore col bere abbondantemente vento delle Grazie [presso la Sta- l’ordine di evacuazione immediata di quel vino che sa di dover lasciare zione ferroviaria di Rovereto, dove di tutta la sua gente. Nella gravi- e prevede che ormai finirà in altra ora è rimasta solo la chiesetta omo- tà del momento si sparse qualche gola. Nuova infamia: i militari che nima], ove ricevette l’Olio Santo; incertezza ed anche qualche spe- pure tengono a disposizione carri per fortuna si riebbe e poté partire. ranza. Forse con l’evacuazione di ed animali, non prestano alcun Lizzana poteva essere considerata aiuto, anzi, si vedono alcuni sog- Si passano così cinque ore, forse sufficientemente circoscritta l’area 22 Quaderni del Borgoantico 17

della Vallagarina interessata ad Serpeggia una grande tensione. necessità di nascondere le poche un possibile scontro o ad azioni di cose preziose delle famiglie, in guerra. Ci sono gli ammalati più gravi e gli particolare “la dota” cioè il cor- anziani non in grado di affrontare redo, frutto di anni di lavoro e di Purtroppo non fu così. Il 28 mag- un viaggio lungo e faticoso e per i fatica ai quali avevano contribui- gio, quel tenue filo di speranza quali non vi era il tempo di trovare to generazioni di nonne, mamme, si ruppe improvvisamente con la una adeguata soluzione. Fu grazie parenti allora spesso conviventi in notizia che al Sindaco di Sacco, alla sensibilità e bontà d’animo grandi famiglie patriarcali. Giuseppe Graziola, era stato con- della contessa Maria Bossi Fedri- segnato il seguente fonogram- gotti Waldstein che venne risolto Ed era giunto il momento della ma: “Comando Supremo Militare il problema allestendo un piccolo partenza. Si avviarono in lunga fila ha ordinato evacuazione totale ospedale con 53 posti letto pres- verso la stazione ferroviaria, con il di codesto Comune - Diffiderà so la residenza di campagna di S. vestito della domenica perché il popolazione abbandonare paese e Antonio di Pomarolo, gestito da sei treno, su cui molti non erano mai recarsi a Rovereto - Ognuno pren- suore di Sacco. saliti, dava soggezione ed incute- derà seco una valigetta con stretta- va rispetto. Le donne portavano in mente necessario - Coperta di lana Un altro grave problema per braccio i più piccoli e per mano gli e vettovaglie per 5 giorni - abitanti tutte le donne, era costituito dalla anziani, mentre i più grandicelli verranno inviati con ferrovia oltre Innsbruck- Animali saranno per intanto da condursi a Rovereto e da munirsi alle corna con biglietto del nome del proprietario.”

Immaginarsi lo sgomento, la paura, l’indecisione e la disperazione che si diffusero in paese. Alcune fami- glie, forse provenienti o comunque legate da vincoli di parentela o amicizia, trovarono ospitalità nei vicini paesi del distretto di Villa Lagarina non soggetti all’evacua- zione: Patone (14 persone), Bran- colino (6), Pomarolo (51), Castel- lano (15), Sasso-Noarna(13), Nogaredo(3), Villa Lagarina(24) ed altri paesi della valle, nei quali poterono trasportare anche i loro beni mobili. Altri ancora trovaro- no ospitalità in alcuni paesi della Valle di Non e della Val d’Adige evitando così l’internamento.

Questi Saccardi trascorreranno tutto il periodo della guerra in modo meno traumatico degli altri, godendo pure dei vari aiuti ero- gati dal Comitato Profughi che aveva sede in Trento. Tutte le altre famiglie, invece, colte di sorpresa, senza alcuna idea o programma sul da farsi, inchiodate da un pro- fondo senso di sgomento e di incre- dulità, si riversano sotto il Munici- pio nella speranza di avere notizie più precise e meno allarmanti. Si infittiscono le domande, i dubbi. Cartoline pro-profughi Quaderni del Borgoantico 17 23

erano caricati con un po’ di mas- serizie e vettovaglie. Il silenzio era profondo.

Guido Scartezzini (che aveva solo 8 anni nel 1915), ricorda il lento flusso di persone, di carri, di ani- mali che traversava il ponte sull’A- dige provenienti da Isera e dalle sue frazioni per portarsi alla sta- zione di Rovereto; ricorda pure la confusione della piazza di Sacco, dove i profughi dovevano libera- re gli animali, lasciare i carretti e tutto quanto superasse i 5 chi- logrammi di peso. A proposito di animali, una relazione del Capoco- mune di Sacco, certifica che solo nel suo paese vennero abbandonati “al militare” 81 bovini.

Ed ecco come continua il raccon- Mittendorf la chiesa to di Guido: “è arrivato purtroppo destinazione in quanto bisogna- (chirurgo, appassionato storico e anche per noi il giorno, l’ora della va dare la precedenza ai convo- collaboratore dei “Quaderni”) la partenza. La mia famiglia non gli militari), faticoso (sistemati convinse a “mettere per iscritto” i avevano né carri né animali con a qualche modo quasi sempre in ricordi di una lunga vita nella quale cui avrebbero potuto trasportare carri bestiame e quindi senza luce, aveva vissuto due guerre mondiali, almeno i 5 figli fino alla stazio- riscaldamento, servizi), addolcito, anni di emigrazione, grandi crisi ne con i pochi indumenti di cui si per quanto possibile, dagli aiuti economiche, la dittatura e l’irru- potevano prendersi nel forzato pel- di viveri distribuiti dalla Croce zione, anche nel suo paesino, della legrinaggio. Altri due miei fratelli Rossa durante le lunghe fermate modernità. erano sfollati a Canzolino (Pergi- nelle stazioni; queste fermate ser- ne) dai nonni materni. Mia madre vivano però anche a “prelevare” Un libro di ricordi di vita, un esem- da sola, non poteva portare con sé tutti i giovani dai 15 ai 18 anni e pio di “storia dal basso” come lo indumenti, viveri per tutti noi; per tutti gli anziani dai 42 ai 55, per ha definito il figlio Italo che, nel giunta doveva portare in braccio essere immediatamente “militariz- pubblicarlo nel 1990 con il titolo una creatura di appena otto mesi. zati” ed inviati nella zona del Col “Cerano le cigliege matture”, ha Per risolvere questo dramma, di Lana ad approntare fortificazio- voluto rispettare al massimo lo prese tutte le fodere dei cuscini, ni. Questa ulteriore brutalità, per il scritto materno, compresi gli erro- si mise al lavoro cucendo su ogni fatto che non fosse prevista, è stata ri di ortografia tipici della parlata fodera due corde per trasformarle maggiormente dolorosa e trauma- dialettale, ma che danno il senso in tanti sacchi da montagna; con tica in famiglie già tanto provate e dell’immediatezza dell’avveni- questo sistema, noi bambini pote- preoccupate per la loro sorte. mento descritto. Bellissimo ed vamo trasportare i pochi indumen- indicativo, oltre al ricordo delle ti consentiti dalle autorità. Giunti Un’altra testimonianza della par- ciliegie mature non potute assag- alla stazione trovammo madri e tenza! Questa volta si tratta di Vit- giare, il fatto che tra le poche cose vecchi ammalati in lacrime e un toria Fait Prosser nata nel 1901 a portate da Vittoria nell’esilio venga treno merci che ci aspettava per Zaffoni (piccola frazione dell’al- ricordato il libro da Messa, il libro il carico e la partenza. Per noi lora Comune di Noriglio) da una di Pinocchio e quello dei racconti bambini era un po’ differente; la famiglia contadina (come lo erano delle fate. nostra attenzione si mutava quasi quasi tutte nel Trentino di allora) in entusiasmo nel vedere, per la ed ha quindi vissuto l’esperien- Anche noi riportiamo quindi con prima volta, i treni in partenza e in za del forzato abbandono della gli stessi criteri, una piccola parte arrivo.” propria casa quando aveva poco dello scritto di Vittoria, quello che più di 13 anni. Molti anni dopo ricorda l’avvenimento più sconvol- Il viaggio dei profughi fu lungo (nel 1987) il figlio Italo Prosser gente della sua giovane vita: il 27 (dai 3 ai 4 giorni per arrivare a 24 Quaderni del Borgoantico 17

maggio del 1915, quando insieme e pulita con attorno della carta. tadella, un po’ di vino. alla famiglia deve abbandonare la C’era tutta la loro biancheria, len- casa e il paese in cui era sempre zuola, federe, veste, camicie. Tutte Dopo due giorni e due notti in vissuta per affrontare l’ignoto di confezionate molto per bene coi treno delle bestie, avevamo subito una vita da profughi. loro ricami, pizzi… Un vero teso- capito che i sogni erano sogni ma ro! E poi calze che in quei tempi la realtà della guerra è veramente Così, con un ordine, si annuncia- si facevano tutte a mano. Ma non diversa; abbiamo subito compreso va la nostra partenza il 27 maggio è bastato chiuderla bene la botte che la nostra casa, il nostro letto 1915. Potevamo portarci apreso e la porta della cantina, perché al non cera più. 5 Kg. di roba, non più. Abbiamo nostro ritorno, 4 lunghi anni dopo, consegnato a Rovereto le nostre abbiamo trovato nulla di nulla: Il vagone della tradotta dei profu- 2 vacche, buttati nell’orto i bachi non c’erano più neppure le porte, ghi non aveva finestre, aveva un da seta che erano quasi maturi e nemmeno le botti, neppure un faz- sollo grande portone sul davanti, siamo partiti. Mia mamma aveva zoletto per asugarsi le lacrime. si poteva chiudere ma si restava al fatto la polenta ma nessuno aveva buio. Quando era aperto aveva a voglia di mangiare.. e allora l’ha Io mi sono vestita del più bel abbi- mettà una spranga di ferro per pro- coperta bene che non si rafredi… e to della Domenica, un bel paio di tezione, ma quando il treno era in siamo ritornati quasi 4 anni dopo. calze, le scarpe, in uno zaino per corsa, entrava l’aria e così non si cambiarmi un 4 paia di calze e sapeva cosa fare! In questo stanzo- Non starò a dire la confusione e la della biancheria, il mio libro da ne eravamo in 36 persone, piccoli disperazione nel lasciare le nostre Chiesa, un libro delle avventure e grandi, una grande panca dal case, i vecchi quasi impazziti. di Pinocchio, i racconti delle fatte lato opposto alla porta e nell’an- Qualcuno aveva il carro coi buoi, – avevo poco più di 13 anni – poi golo un bidone. Noi piccole, per i abiamo potuto avere un posto sul un paio di zoccoli; i miei avevano nostri bisogni personali correvamo carro; giù dalla strada dei Toldi, mille pensieri, non sapevano dove dietro qualche cespuglio, quando il Vallunga, cerano le cigliege mat- cominciare, ma venne l’ora della treno si fermava, ma i vecchi… ture ma non le abbiamo assagiate. partenza. Alla stazione di Rovereto abbiamo Cera un gran rumore, qualcuno aspetato il treno e dopo un paio Una mia cara amica Mariotta dei vecchi era andato fuori di seno d’ore è arrivato un treno delle sognava un bel viaggio, nuovi e non ragionava, pensava alle sue bestie e siamo stati amasati, oltre paesi, altri costumi, come in vile- bestie! Voleva andare in cantina una trentina per vagone. giatura, la novità dell’andare perché aveva sete, i bambini pian- in treno, altri paesi: Lostereich gevano perché avevano fame, ave- Eravamo stati avvisati di partire [Oesterreich, cioè Austria]. Ora i vano sono. Chi piangeva, i bam- entro 3 giorni dal servo comunale sogni sono subito passati e piano bini smariti gridavano, qualcuno Pompeo Marisa da Beccachè [altra piano abbiamo visto la realtà. si disperava per non aver chiuso frazione di Noriglio]: è un invali- Abbiamo preso con noi per man- bene la porta di casa, in seguito si do tornato da pocco dalla guerra, giare del pane e formaggio, 1 mor- aveva fame e sete. aveva in petto una palotola e non potevano estrarla per pericolo di morte, così le avevano oferto questo posto abbastanza legero di lavoro. Era statto in Serbia, nei primi mesi della guerra era stato ferito.

Siamo partiti per l’esilio il 27 mag- gio 1915 dopo il grande trambusto dei tre giorni precedenti: buttare via i bacchi da seta, nasconde- re qualche oggetto importante, la dote delle mie sorelle e tante cose ancora… Prima di partire per lesi- glio le mie sorelle Adalgisa e Ame- lia avevano pensato di nasconde- re la loro dotte. La misero nella nostra cantina in una botte vuota Profughi di Lizzana in Moravia Quaderni del Borgoantico 17 25

So con sicurezza una cosa, che in un quaderno (probabilmente scrit- vamo ricevuto [il padre, richiama- poche ore da ragazine spensiera- to dopo il ritorno dall’Austria) che to, era al fronte orientale]. I due te eravamo diventate done piene è stato riportato nelle “Scritture fratelli ancor con me erano e tutti di serietà e di giudizio. Ora ave- di Guerra”, anche in questo caso assieme con un fazzoletto bagnato vamo incominciato a saper cosa senza apportare alcuna modifica/ per l’ultimo addio alla patria natia è la guera e in seguito sempre di correzione al testo originale. abbiamo fatto dal treno. più l’abbiamo sofferta: fame, sete, dormire su un pagliericio di paglia, La mia straniera vita passata Arrivati a Innsbruck venne una malatie e morte. durante nel tempo della guerra. guardia a domandare se ci sono ragazzi per il lavoro: Guido è Racconta A. Bruschetti di Lizzana In fretta tutto abbiamo impaccato rimasto con noi e Mario lo hanno (da “La città di legno”): ed alla stazione siamo consegnati, brincato [preso] e portato via. I gendarmi hanno avvisato la una folla tremendissima si avvici- Anche una minestra abbiamo rice- popolazione che entro un’ora nava, donne con braccie [in brac- vuto insomma un viaggio faticoso e doveva lasciare libero il paese. cio] i suoi figli che disperatamente compassionevole. Lascio pensare a voi lo sgomen- piangeva, poveri vecchi portavano to che ha creato questa ordinan- con sé le sue camicie, caravane, Finalmente dopo aver viaggiato za… chi nascondeva, portava giù carrozzoni della croce rossa veni- per cinque giorni e cinque notti, in in cantina le cose di valore, chi va folla di povera gente vaga- un paesello mi trovai; era di sera urlava, chi gridava…mi ricordo di bonda, accompagnata dai cavalli tardi e tutti spaventati dovemmo persone che avevo sempre giudi- per recarsi alla stazione. Io con fare ancora un’ora di strada a cato a posto con la testa che face- quattro camicie e due valanzane piedi e arrivammo in una grande vano delle cose come chi ha perso [coperte] restavo in un cantuccio stalla con dentro i cavalli grandi e il bene dell’intelletto… Mi ricor- e piangevo la mia fuggitiva vita e grossi che facevano proprio paura do di un anziano che dava colpi a dover abbandonare la mia casa a guardarli; siamo rimasti lì per con la testa sul muro di fronte… dopo aver tribolato tante fatiche e due notti e poi ci portarono in un non so come descrivere un disa- gioie in quella collina che quando grande portico pieno di fieno con gio del genere, so soltanto che non il mio ultimo addio le dié, il mio tanta gente che non conoscevo e lì c’erano altro che grida nel paese. cuore batteva e tremava dalla siamo rimasti due mesi. La gente uscì dal paese come in disperazione. processione, mi ricordo dei carri Che tristi giorni, sempre piangen- trainati dai buoi e su uno di que- Finalmente il treno si avvicinò; ti, con la desolazione del padre che sti una donna che aveva appena era le undici di notte ai 24 mag- non avevo sue nuove ed il fratello partorito, mi ricordo per le strade gio 1915, sul treno sono montata. anche e per il dolore di trovarmi in l’abbaiare dei cani abbandona- La famiglia disperata al pensar quelle condizioni. Oh quanti pian- ti, tutte le bestie lasciate libere all’avvenire, la passione del mio ti! che giravano per il paese, figu- padre che neancor notizie ne ave- ratevi più di 400 vacche, vitelli e buoi che andavano in giro da una parte all’altra. Gli anziani ogni qual tratto, si giravano a vede- re, sgomenti proprio perché non erano capaci di capire che cosa succedeva; i ragazzi invece, meno impressionati proseguivano; sem- brava di andare verso un non so che.

Ecco infine, il racconto della partenza di Valeria Bais, nata a S.Ilario, nel maso Bais il 2/1/1900 e quindi quindicenne al momento degli avvenimenti che racconta; morirà nel 1980 a Romagnano, dove si era trasferita col marito sposato nel 1921. Il ricordo del periodo della guerra è raccolto in Soldati austriaci sull’Ortles 26 Quaderni del Borgoantico 17

Maggio-luglio 1915 - vita militare Militare. 17-Esco a fare un giretto essere trasferito per un periodo di - diario di Rodolfo Bolner per la città; non ha proprio nulla di convalescenza. Èuno splendore di Nato a Villa il 2 agosto 1887, particolare. Anche qui quella gra- cielo. Incontro numerosi turisti col ultimo di 13 figli di una famiglia migna di ebrei come in tutto il resto loro sacco in spalla che mi guar- contadina, fu per decenni maestro della regione. 20-Novità sensazio- dano e par che dicano: il tuo sacco elementare a Sacco, morì a Rove- nale; l’Italia dichiarerà prestissi- pesa più del nostro! Quei bontem- reto 9 giugno 1985. Già nella pun- mo guerra all’Austria! Altro che poni mi fanno pensare ai tempi tata precedente abbiamo utilizzato pace! 21-Il Parlamento italiano ha felici, quando anch’io, come loro, il suo diario per raccontare la vita già deciso la guerra. Che avverrà potevo intraprendere qualche bella militare al fronte. Ora, a maggio dei nostri paesi così prossimi al gita sui nostri monti. Appena fuori 1915, la sua situazione è decisa- confine? Che anche laggiù si deva dalla città, a destra e sinistra dello mente migliorata: è diventato l’at- sentire la voce del cannone? Che stradone, vasti baraccamenti cinti tendente di un tenente medico che anche i nostri paesi devano vede- dal filo spinato. È un Campo di però non ha alcuna velleità eroica; re gli orrori della guerra? Questi Prigionia che raccoglie, mi si dice, molto più interessato alle donne pensieri mi turbano e mi addolora- 32 mila prigionieri russi. Questi ed al gioco che alla guerra, passa no. 23-Molte case sono ornate con “nemici” d’un tempo, ci guardano il tempo (riuscendovi) a trovare verdi fronde. Chiediamo il signifi- sorridendo, salutano militarmen- scuse di salute per evitare il servi- cato di ciò e ci si risponde che è il te e mostrano d’esser felici. Glei- zio al fronte e quindi, col suo atten- modo di festeggiare la Pentecoste. chenberg è un ameno luogo di cura dente Bolner, passa da un ospedale Domani partiremo per l’Ungheria paragonabile alla nostra Arco. militare di retrovia ad una casa di e poi Vienna e Graz.. 28-In viag- Molte belle ville, parecchi alberghi, cura, da un periodo di “riposo per gio per Vienna; ad ogni stazione un grande parco, aiole e fiori dap- convalescenza” in una piacevole treni di soldati con l’elmo chiodato pertutto. Molti signori e signore, stazione climatica ad una licenza. diretti – ci si dice- verso il mezzo- molta eleganza. 16-Si dice che ora Così anche per Rodolfo, la guerra giorno. [l’Italia aveva dichiarato possiamo corrispondere anche con diventa quasi una cornice, fasti- guerra all’Austria da pochi giorni i nostri paesi. Vergo in fretta parec- diosa certo, ma in fondo lontana, e quest’ultima stava rinforzando chie Cartoline di posta militare e se non fosse per le preoccupazioni affannosamente il nuovo fronte le imposto subito. 22-Con gioia di essere riportato al fronte o per la che si era aperto, anche con l’aiuto ricevo dalla mamma un vaglia di sorte dei familiari (sia quelli rima- di germanici dall’elmo chiodato]. 50 Corone, ma con maggior gioia sti a Villa che i fratelli richiamati 31-a Graz. Le cartoline spedite leggo la cartolina arrivatami col in servizio militare) e la fidanzata – due giorni fa a casa mi sono state vaglia. I miei sono ancora tutti a abitante a Sacco – che viene “sfol- ritornate con la dicitura a stampa: Villa; stanno bene, ma solo Erne- lata” a Mittendorf, dove continua Wegen Verkereinstellung, zurùk (al sto è ancora alla posta di Rove- la sua attività di maestra elemen- mittente a causa della sospensione reto; Gigi, Francesco, Quirino e tare e dove il nostro Rodolfo riesce del traffico postale). Dove saranno Beppi sono stati richiamati [sono fortunosamente e brevemente ad i miei a quest’ora? Esco a com- tutti fratelli di Rodolfo]. incontrarla. prare il giornale e leggo: “Tutta la popolazione del Trentino meridio- Luglio Maggio 1915 nale è stata evacuata” … Poveri 1-M’ha scritto anche Arturo; è 16-Quando albeggia siamo già paesi! Sono triste come il tempo a Wels. Anche Gigi m’ha scritto; nella zona dei Carpazi. La ferro- che grava su questa nordica città. è a Enns: Povero Gigi! A quasi via si insinua entro belle vallette. 50 anni dover indossare ancora I piccoli ponti gettati attraverso i la divisa di soldato e uscire ogni torrentelli, sono tutti restaurati da Giugno 1915 giorno a lavorare di garretti sotto poco; ovunque i segni dell’inva- 1-La città è imbandierata. È il il comando di qualche sbarbatel- sione russa [dell’autunno-inverno Corpus Domini. Forse per que- lo di caporale! 5-Oh finalmente precedente]. Ad una stazioncina sto? No, è perché Przemjsl è stata nuove anche da Gina! [la fidan- salgono sul treno oltre un centina- riconquistata dagli Austriaci [si zata di Rodolfo, anche lei maestra io di giovani coscritti che cantano tratta di una grande piazzaforte elementare]. È a Mittendorf pres- come matti ed urlano continua- della Galizia austriaca, conqui- so Vienna, in un baraccamento di mente: “Hurrà”. Poveri illusi, vi stata dai russi nel marzo del 1915 profughi, con lo zio Monsignore accorgerete prestissimo che cosa è dopo un lunghissimo assedio e che [Mons. Luigi Brugnolli, parroco la guerra! Verso l’una si giunge a ora viene riconquistata in seguito di Sacco], le sorelle e tutti quelli Dorna Wrata, una cittadina in pros- alla contro offensiva austriaca]. di Sacco. Povera gente! Anche a simità del confine rumeno. Venia- 12-Partenza per Gleichenberg voi tocca assaporare il duro pane mo acquartierati nell’Ospedale dove il mio ufficiale, ha ottenuto di dell’esilio! 9-La posta ora fun- Quaderni del Borgoantico 17 27

to per l’età) vengono mobilitate per la vittoria. Per tre mesi (da luglio a settembre del 1915), Antonio tiene un diario fatto di brevi anno- tazioni delle cose straordinarie che avvengono sotto i suoi occhi o dei racconti che raccoglie dalla gente del posto o dai militari che sono acquartierati nei paesi non sgom- berati (come Villa e Nogaredo) o da quelli che passano dalla stazio- ne di Villa dove Antonio lavora: una piccola cronaca di una piccola porzione di questa guerra immane che sta sconvolgendo anche la vita di tutta la piccola comunità conta- dina della Vallagarina.

Ad Antonio sembrano interessare Forte Austriaco Tonale solo le azioni di guerra e i com- battimenti, il numero dei morti e ziona regolarmente. Quasi ogni tolosa e un momento dopo siamo dei feriti, quante bombe cadono giorno ricevo qualche scritto dai nelle braccia uno dell’altra. La e quanto grandi sono i cannoni. miei o da Gina. Vorrebbe andassi mia venuta è presto a conoscenza Si esalta per le azioni eroiche dei a trovarla. Tento il colpo col medi- di tutta la colonia di Sacco; tutti “nostri bravi eroi”, gli austriaci e co. Promette di accontentarmi. mi sono d’attorno; tutti mi stringo- considera perdenti gli italiani. Al 11-Sono uscito a far due passi con no di domande. Monsignore [don suo sguardo attento non sfugge la famiglia di Arco il di cui padre Brugnolli, parroco di Sacco] vuol niente di quanto succede non solo fa parte dell’orchestra di cura, la dividere con me la sua cena. Che nel suo paese ma anche in quel- quale durante i mesi d’inverno cena! Una gavetta di “brobrusà”. li vicini. Le sue descrizioni sono suona ad Arco e durante quelli Riparto il giorno dopo diretto a brevi, asciutte, incalzanti come se estivi si porta a Gleichenberg. Mi Enns per incontrare il fratello Gigi fosse travolto dalla velocità degli sono state raccontate le scene di e poi a Wels dove c’è Arturo e di eventi: dal suo osservatorio di confusione e di disperazione avve- nuovo a Gleichenberg. ragazzo ci fa entrare nella grande nute laggiù, quando arrivò l’or- storia attraverso la sua piccola sto- dine di sgombero. 15-Un anno fa, ria. Il diario è stato pubblicato ne come oggi, chiusura della scuola Luglio-settembre 1915: vita di “Il fucile di latta”, Trento, 2004. e partenza con Silvio [fratello di un ragazzo militarizzato Rodolfo] e alcuni amici per Reco- Antonio Leoni di Nogaredo è nato Guerra italo-austriaca aro. Che grosse notizie i giornali nel 1899. Quando l’Italia dichiara Luglio - presso Marco una centi- di allora! “La guerra sarà inevi- guerra all’Austria ha 16 anni, trop- naia di soldati austriaci sbara- tabile!” Silvio s’impensieriva; io po presto per essere chiamato mili- gliava un battaglione italiano che ridevo… “Ridi pure, diceva, pre- tare (lo sarà tra due anni, inviato lasciava sul posto più di 100 morti, sto ti toccherà piangere; io sento a combattere sul fronte orientale), mentre i nostri avevano solo due che sarò vittima di questa guer- ma non troppo “bambino” per non morti, ambidue colpiti nel cervel- ra!” Povero fratello! Sono presto esser comunque considerato utile lo. Presso Brentonico 17 austriaci otto mesi che non si hanno più alla guerra: viene infatti “milita- misero in fuga una compagnia ita- notizie di lui!... 27-Finalmente ho rizzato” come operaio addetto al liana. Gli austriaci appena videro il permesso di recarmi a Mitten- carico e scarico dei vagoni alla il nemico, si nascosero dietro un dorf. Arrivo a poche piccole case. stazione ferroviaria di Villa. Una muretto ed aspettarono l’italiani. Ecco là il famoso Fluechtlingsla- delle caratteristiche che rendono Questi credendosi sicuri, avanza- ger (Campo profughi). L’entrata è la Prima Guerra Mondiale così vano a file serrate. Tutto a un trat- piantonata da una sentinella con tragicamente “moderna” è proprio to furono sorpresi da una scarica fucile a baionetta inastata. Potrei il fatto che tutte le risorse della dei 17 austriaci e tutti spaventati passare ma preferisco aspettare nazione (finanziarie, industriali, si diedero alla fuga lasciando in Gina che ho mandato a chiama- agricole, ma anche umane senza nostra mano un prigioniero, un re da un ragazzetto. Giunge fret- distinzione di genere e senza rispet- bersagliere. Al suolo giacevano 28 Quaderni del Borgoantico 17

parecchi morti italiani. A Bren- taliani gettarono su Rovereto circa Civile erano già stati evacuati a tonico 7 austriaci sbaragliavano 40 bombe. La prima nelle trincee Salisburgo a maggio] e quelli che una compagnia italiana. Entraro- sul Leno. La seconda sulla caser- si trovavano a S.Antonio [il pic- no innoservati nel paese mentre ma dei germanici a San Giorgio. colo ospedale-ricovero per malati gl’italiani si cuocevano il pranzo. La terza e la quarta sulla stazio- e disabili di Sacco, ospitato nella I nostri bravi eroi presero posto ne facendo cadere alcune mura. tenuta S.Antonio sopra Pomaro- in una casa che guardava sugli Luglio 31 notte – Da Villa passò lo dalla contessa Bossi Fedrigot- italiani, aprirono le persiane e di un reggimento ungherese, poi l’ar- ti] furono condotti a Salisburgo. là fecero fuoco sui nemici i quali tilieria, e poi vennero i germanici 10- Un aeroplano passava alle 6 abbandonarono tutto e se la diede- che si stabilirono nel paese. del mattino sopra Lenzima, era di ro a gambe. A Crosano una com- colore giallo. 11 – Il generale scri- pagnia italiana fu tenuta a bada Agosto 1 – Un battaglione di cac- da [sgrida] le donne dei Molini per- da 4 austriaci per circa 4 ore e ciatori venne da Faè e andò alla ché i fanciulli si trovano sulle vie. poi questi, avendo sparato circa stazione di Villa per montare. 9 – Fu trovato un lume acceso e perciò 150 colpi ognuno e perciò essen- Gli ammalati di Rovereto [forse si fu mandata via la famiglia di pro- do senza munizioni, fuggirono. riferisce agli ospiti del Ricovero, fughi che la aveva accesa. 12- Al Luglio 31 – La mattina alle 5 l’i- visto che i malati dell’Ospedale ponte di Villa cadde da cavallo un capitano e si fratturò una gamba. I germanici marciavano da Villa e andavano in Pusteria Alle 6 del mattino erano alla stazione che caricavano la loro roba sul treno [L’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria ma non alla Germania – lo farà solo nel 1917- Una divi- sione da montagna tedesca venne però subito inviata nel Trentino e si spostò, nei primi mesi di guer- ra, da una località all’altra, senza partecipare ai combattimenti, ma solo a scopo “dimostrativo” contro eventuali velleità italiane]. Presso Marco due dei nostri disertarono e il giorno dietro fu una pioggia di bombe sulle nostre posizioni. Giu- seppe Zambotti si trovava col suo reggimento a fare manovra vicino ai confini italiani. Egli si diede pri- gioniero. Uno di Volano per non andare in guerra si nascose sulla sua montagna e lì rimase nascosto. Uno di Volano e uno di Pomarolo saltarono fuori di treno presso Bol- zano mentre questi partiva per la Galizia. Vennero a Volano e lì rima- sero nascosti per due mesi. Dovet- tero poi consegnarsi. Alla presa di Leopoli [il capoluogo della Galizia perso dagli austriaci nel settembre del ’14 e riconquistato nel marzo del ‘15], io esposi la bandiera gial- lo nera [lo stendardo imperiale] sulle finestre comunali. Alla presa di Varsavia i calzolai Scrinzi e Bal- dessarini fecero fare tre bandiere bianco rosse [i colori del Tirolo e Ragazzi militarizzati dell’Austria]; le zigariere [forse le Quaderni del Borgoantico 17 29

zigherane come erano chiamate le Villa. A Volano Messa di campo; il era capostazione a Villa, il signor lavoratrici della Manifattura Tabac- generale tenne un discorso e disse: Silvio Marzani, Guido Eccher, Gio- chi] del paese fecero pure fare una “Combattete fino all’ultimo san- vanni Berlanda, Giudice Zanni- bandiera giallo-nera e una bianco- gue”. 20-Gli italiani dalla parte ni, Ambrosi Enrico e Conte Carlo rosso. 13-Alle 3 del mattino pas- di Posina, furono lasciati avanzare Marzani. I signori Libera fuggi- sava un treno blindato. Andò fino fino al Forte Dosso delle Somme e si rono in Italia avanti la guerra. Si a Serravalle e là lanciò circa 80 precipitarono sui reticolati. Intanto conduceva via il curato di Lenzi- colpi. Era armato di un cannone da i nostri avevano ben preparato i ma perché ogni settimana andava 20 cm. E di 20 uomini. 14-grande cannoni e le mitragliatrici e aveva- a Verona e perciò era sospetto. Si cannoneggiamento a Folgaria. A no sopra il forte appiccato dei fuo- veniva a controllare per le case Volano un ragazzo rimase schiac- chi per trarre in inganno gli italiani il granoturco, segale, frumento, ciato sotto un’automobile e i geni- i quali volendo avanzare, vi rimi- avena, fagioli, patate, piselli. 26- tori ricevettero 3 mesi di arresto e sero un mucchio di morti. Arrivano Proibito andare fuori del confine 300 corone di multa. 15-In piazza 4 carri di campane e paioli e rami del Comune senza una carta della di Nogaredo un ufficiale cadde da da Lizzana. 21-La sera mi trovavo Gendarmeria. Le ostarie alle otto cavallo. Rimontatovi battè così a leggere presso la casa di Rache- devono essere chiuse e all’alba fortemente la povera bestia, la le Baldessarini con Maria Scrinzi aperte. 29- Uva non ne faceva nes- quali si mise a correre pazzamen- (Lessia) e Rosalia Baldessarini. Ho suno. Gli unichi che ne facevano te verso il Palazzo Lodron. 15- Di provato una cintura per baionetta a Nogaredo erano Leoni Giusep- buon ora presso Marco, vi fu un germanica: sulla mostra [la plac- pe, Scrinzi Guido, Bettini famiglia combattimento dove vi rimasero ca di metallo che ferma la cintura] e Scrinzi Giacinta. 30-Partirono morti circa 400 italiani. Io stando c’era scritto “Gott mit uns”. 24-Si i lavoratori di Nogaredo, Villa, sul mio poggiolo vedevo il fuoco scaricava un vagone di sacchi per Sasso, ecc. cioè quelli che si erano dei mortai. Dalla Madonna a Vola- darne uno ad ogni militare per arruolati volontari come lavorato- no si fece la processione di notte, legittima difesa. Quando si vedono ri. Avevano a capo il Bolner. Essi si perché di giorno fu proibito, a Villa bersagliati dalle palle nemiche lo consegnarono a Volano e poi parti- non si fece la processione per divie- riempiono di terra e si nascondo- rono per destinazione sconosciuta. to militare. In casa del Baron de no dietro. Inoltre tre vagoni di filo Moll si trovava il primotenente che di ferro a punte per reticolati, con Settembre – 4-Fiocca sulle mon- comandava le guardie del ponte rispettivi pali di ferro per tenerli in tagne intorno a Trento. Le donne di Villa. Alla stazione si trovava piedi. Alle 9 di sera venne condotto chiacchierone parlavano di un il capitano della linea ferrata. Al via perché trovato fuori di notte ed armistizio coll’Italia e con la Rus- panificio [probabilmente il panifi- essendo ciò proibito, il signor coo- sia; le chiacchiere venivano così: cio Baldessarini ai Molini] c’era peratore [cappellano] di Villa don avendo un ufficiale dimenticato un il comando dei magazzini milita- Vigilio Nicolodi. Vennero condotti giornale, esse lessero e racconta- re e anche per fare i permessi. Fu via e internati al principio della rono tale fatto. 4- Un battaglio- proibito di suonare le campane e guerra con l’Italia, Mazzucchi che ne italiano avanzava su Marco. I anche il battere dell’orologio. Solo a Volano l’orologio batteva perché c’era il comando di brigata, cioè un generale. 17-Arriva un treno di artiglieri (circa 50) e un treno di birra per festeggiare il giorno 18 [compleanno di Francesco Giu- seppe]. Col treno delle 12 partiva da Villa un’arrestata di Nomi: era denunciata di aver deturpato un quadro di S.M. Francesco Giusep- pe; il capo-posto della gendarme- ria di Villa portava il quadro [si riferisce alla vicenda che esponia- mo più in dettaglio nelle prossime pagine]. 18-Grande imbandiera- mento dei paesi. Davanti al ponte della stazione una fila di oleandri. Tutti i soldati di S.Ilario, compresi i militarizzati, andarono a Messa a Donne di Volano militarizzate 30 Quaderni del Borgoantico 17

nostri finsero di ritirarsi per così Villa Lagarina, distretto di Rove- essere una figlia naturale del conte prendere nell’inganno il nemico. reto in Tirolo, di religione cattoli- Firmian di Mezzolombardo (che Arrivati al luogo destinato, fece- ca, nubile però non l’ha mai riconosciuta), ro saltare le mine e vi restò una protesta di essere sempre stata catasta di morti italiani. Gli altri È COLPEVOLE una buona cittadina austriaca. È che fuggivano furono bersagliati stata allevata dai coniugi Borat- dall’artiglieria di Lenzima. Nel periodo intorno al 15/8/1915 ti di Nomi, occupandosi poi nel ha lasciato con intenzione, in un commercio (gestione dell’osteria), luogo facilmente visibile della sua mantenendo sempre una condot- Basta poco per rischiare una pubblica osteria a Nomi, un qua- ta corretta e conservando il suo condanna a morte per lesa dro dell’Imperatore che mostra- patriottismo. Si professa innocen- maestà va tre coltellate in viso, tre tagli te ed ha fiducia che le sue lacrime Nel diario di Leoni, abbiamo trova- sul petto e numerose raschiature. unite a quelle della vecchia madre to la notizia del passaggio dalla sta- Ha con ciò mancato di profondo adottiva ottantenne, illumineranno zione di Villa di una donna di Nomi rispetto all’Imperatore, attraverso le menti dei “buoni giudici”. (scortata dai gendarmi), accusata la diffusione di una rappresenta- di oltraggio alla Maestà dell’Impe- zione pittorica offensiva. La pena di morte è commutata in ratore per aver “sfregiato” o lascia- Lodovica Tait ha compiuto il crimi- cinque anni di carcere duro aggra- to sfregiare, un ritratto dello stesso ne di lesa maestà a sensi del par.63 vato da un digiuno ogni tre mesi. esposto nella sua osteria. codice penale e viene condannata a sensi del par.444 comma 2 della In effetti la donna viene sottoposta regia procura militare e del punto Gennaio-maggio 1916 – al giudizio del tribunale militare e 2 delle disposizioni universali di La cronaca dai giornali condannata a morte per fucilazio- diritto statario per l’armata in Gennaio si apre, come si era chiuso ne. Da notare che i giudici non si campo, il dicembre, con auguri e speranze, interessano affatto se lo “sfregio” il “Risveglio” dà ampio spazio, nei dell’immagine imperiale sia opera ALLA MORTE PER primi numeri del 1916, ai messaggi dell’imputata o di chissà chi: è suf- FUCILAZIONE. augurali che si scambiano esercito ficiente che lei abbia “lasciato espo- ed imperatore, alti gradi e ministri, sto” alla vista degli avventori della Trento, 3 dicembre 1915 tutti impegnati a sottolineare la sua osteria l’immagine incriminata dedizione alla Patria e la certezza per essere accusata di lesa maestà. La condannata presenta al giudice della vittoria. C’è spazio anche Solo dopo la sua domanda di gra- una domanda di grazia, una lunga per lettere di ringraziamento dei zia, la condanna viene tramutata lettera in cui, facendo presente di soldati trentini per i doni ricevuti in 5 anni di “carcere duro”. Anche e per un lungo pezzo sui festeggia- questa vicenda ci dà la misura di menti all’Ospedale di Mezzolom- come si era inasprita anche la giusti- bardo per i militari ricoverati, ma zia e bastava molto poco per essere l’atmosfera idilliaca viene subito immediatamente tacciati di scarso corretta dalle Notificazioni sulla patriottismo e rischiare perfino la censura delle lettere e sull’ordine vita. Ecco la condanna emessa al di segnalare all’autorità le scorte di termine del processo, sempre tratta fieno possedute. Qualche nota più da “Il fucile di latta”: leggera: si apre il Cinema “Croce Rossa” con un interessante pro- IN NOME DI SUA MAESTÀ gramma costituito dal film “La L’IMPERATORE D’AUSTRIA pesca delle anguille in Comac- Processo di lesa Maestà contro chio” seguita dalla farsa comica, Lodovica Tait di Nomi malgrado il titolo “Lo sposo della morte” e si prosegue con il “nobile Il Tribunale di guerra e della mili- gesto” di una signorina che, trova- zia territoriale dell’imperialregio to per strada un portamonete con- comando di settore del Tirolo tenente 10 o 12 corone, lo riporta Meridionale ha deciso: alla povera proprietaria che stava LODOVICA TAIT disperandosi. Una notizia attesa probabilmente da molte famiglie: Ostessa nata a Mezzolombardo i militari austriaci prigionieri della in Tirolo il 1/11/1873, residente a Ritratto Francesco Giuseppe Serbia (tra cui molti trentini), dopo Quaderni del Borgoantico 17 31

un’odissea tremenda di una lunga al trono “prima di recarsi sui fron- aveva lanciato questo grido contro ritirata invernale, sono stati portati ti”: tra le numerose autorità mili- “i separatisti” trentini che chie- in Italia (insieme ai resti dell’eser- tari che lo ricevono, l’unico civile devano il distacco dal Tirolo (ma cito serbo sconfitto dagli austria- è “l’amministratore De Bertolini non dall’Impero) per avere un’au- ci) ed ora sono in Sardegna, dove, che gli porta in italiano e in tede- tonomia separata appunto per un all’Asinara, è stato allestito per sco, con calda eloquente parola, il Trentino che “non esiste”, esiste loro un campo di prigionia (sono saluto della città e i sentimenti di solo un “tirolo italiano” come parte pur sempre militari di un esercito fedeltà alla Patria nostra”. Segue integrante del Land Tirolo. Chi nemico). un articolo sulla raccolta di fondi usa la parola Trentino è un “irre- per il Natale dei militari promos- dentista” uno che vuole la rovina Sempre in gennaio, arriva la noti- sa dal giornale: sono state raccolte della Patria. In effetti, solo verso la zia che dopo la Serbia si è arreso quasi 10.000 corone, interamente fine dell’Ottocento si cominciò ad anche il Montenegro: la guerra utilizzate per acquistare e spedire usare il termine Trentino per indi- sembra volgere a favore dell’Au- maglie di lana, fazzoletti, calzi- care quella che ora è la Provincia di stria anche perché si sottolinea ni, scaldamani, cioccolata, pipe Trento, con un intento chiaramente che l’Italia sta vivendo una crisi e tabacco, oggetti di cancelleria, di distinguersi, pur all’interno del tremenda (dopo le ripetute scon- vaselina e oggetti di devozione (?). Land Tirolo. fitte sull’Isonzo) e si dà per certa I militari ringraziano sentitamente. la caduta del governo Salandra. Intanto però si ricorda che è proi- A febbraio si comincia col requi- Ma intanto si ricorda a tutti qual è bito spedire all’estero cartoline sire il burro, mentre continuano le il trattamento riservato ai disertori che riproducano paesaggi (la paura segnalazioni di profughi e le ricer- (militari che abbandonano il posto dello spionaggio arriva anche alle che di famigliari; niente di nuovo o che si danno volontariamente pri- cose più “normali”). Anche per gli sul fronte con l’Italia, mentre si gionieri) e ai fuorusciti (civili che inabili c’è sempre modo/obbligo di riporta la notizia che oltre 100 fab- lasciano il Paese); non solo c’è la rendersi utili: gli ufficiali a ripo- briche a Torino sono in sciopero pena di morte per costoro, ma ver- so o quelli che furono dichiarati per mancanza di carbone. “Il Tirolo ranno coinvolti anche i famigliari inabili al servizio al fronte, devo- dopo la guerra” non sarà più quel- con perdite di pensioni e sequestri no presentarsi per ricoprire i posti lo di prima, assicura il Risveglio, di proprietà; ormai, come si vede, vacanti negli uffici amministrativi “perché non ci sarà più posto per vale solo il “pugno di ferro”. In della Marina. Ad Aldeno, durante i socialisti, i vari Battisti, Piscel cambio un’altra Notificazione sta- un furioso incendio di una casa, si e Bosetti, che hanno sconvolto la bilisce che gli anni passati in ser- scopre che una bambina è ancora nostra “buona” società contadina. vizio militare valgano il doppio ai all’interno; tutti sono atterriti dalle Venga dunque il rigore e la giu- fini pensionistici: meno male! fiamme, ma un caporale di Faedo, stizia, accompagnata dalla cari- Natale Filippi, non badando al peri- tà cristiana che tutti affratella e A metà gennaio passa da Trento colo, si lancia nella casa e riesce a risplenda di nuovo il sole di una (di nuovo) l’Arciduca Carlo, erede salvare la piccola, mentre i suoi pace che metta fine a tante infa- commilitoni spengono l’incendio: mie!”. Segue il censimento delle lode ai bravi militari! Lungo arti- scorte di zucchero seguito da un colo dedicato all’attività 1915 del minaccioso “Disposizioni penali” Segretariato per i richiamati (che che ricorda che chi occulta scorte dopo il maggio ha esteso la sua alimentari, verrà punito col carcere attività anche a favore dei profu- da un mese ad un anno e la multa ghi); un’opera importante (non si di 20 mila Corone. Si ricorda a tutti dice che ha supplito la mancanza di i contadini, con l’approssimarsi preparazione degli organismi pub- della primavera, “che è necessa- blici). Non manca, per finire, l’elo- rio non lasciare incoltivato alcun gio ai Tirolesi che anche in occa- palmo di terreno; i nostri fratelli sione della chiamata alle armi degli sui campi di battaglia offrono la uomini dai 50 ai 55 anni dimostra- loro vita per la Patria, chi rimane no il loro attaccamento alla Patria. a casa ha l’obbligo sacrosanto di assicurare, sino al limite delle sue “Un Trentino non esiste” titola il forze, i mezzi necessari per assi- Risveglio a fine gennaio riportan- curare la vittoria”. Ma non ce n’è do un’intera pagina di Guglielmo solo per i contadini: il Ministero Rhomeder, consigliere scolasti- della Guerra lancia un appello per Erede al trono Carlo d’Asburgo co di Innsbruck che già nel 1902 l’offerta di cani per l’esercito; San 32 Quaderni del Borgoantico 17

dopo molti numeri si aprono con il lancio del IV Prestito di Guerra (interesse 5,5% durata 40 anni); anche stavolta si scatena il ricat- to del patriottismo per sollecitare la sottoscrizione. Subito la Banca Commerciale Triestina pubblica un’inserzione in cui si precisa che presso la Filiale di Trento è possi- bile sottoscrivere il Prestito anche cedendo Buoni del Tesoro scaden- ti nel 1923 al prezzo “scontato” di 93. Intanto viene riammessa la spedizione “a militari al campo” di commestibili purché non deperibi- li, come caffè, zucchero, cioccola- ta, thè, biscotti e conserve di ogni genere ma solo in scatole di latta Katzenau internati mangiano in baracca sigillate. Segue un nutrito elenco di persone condannate per alto tradi- Bernardo, Leonberg, doghi e altri dobbiamo far giungere l’augurio mento e/o diserzione alle quali ven- cani da tiro sono i preferiti. Requi- più sincero del nostro cuore”. Il gono sequestrati i beni; tra gli altri sizioni di bovini per l’esercito: il Comando militare segnala subito Vittorio Frisinghelli di Lenzima Tirolo deve consegnare 950 capi che i soldati di tutte le confessioni (nato nel 1896) e Ettore Tolomei di in febbraio e 4 mila in marzo; ad cristiane avranno libertà, per quan- Rovereto (nato nel 1865 e famoso Innsbruck sono entrate in servizio to permette il servizio, nei giorni per aver creato i nomi italiani per le prime donne tramviere: altro 21-22-23 aprile, mentre quelli di le località altoatesine). Una cor- piccolo esempio di come la guerra religione ebraica il 17,18,19 aprile; rispondenza da Mittendorf: nel “ha bisogno” di tutti e tutte. queste disposizioni valgono anche campo è stata celebrata con gran- per i prigionieri e per i lavoratori de solennità la S. Cresima per “un Siamo a marzo ed il Risveglio fa militarizzati. Il barone de Mersi, bel gruppo di figli di profughi che, la cronaca dei mesi di trattative tra per il Comitato Profughi, annuncia vestiti a nuovo per la circostanza, Italia ed Austria tra l’autunno 1914 che sarà possibile, per alcuni pro- furono dalla scuola accompagnati e maggio 1915; niente di nuovo fughi, fare ritorno ai propri paesi; alla chiesa dove si svolse l’augusta sulla doppiezza e sull’inganno ita- si tratta solo di uomini adulti di cerimonia, rallegrata da un coro di liano che però è passato come dice professione agricoltori (in proprio profughi che si produsse con diver- il titolo “Dal paradiso delle spe- o come dipendenti), considerati se canzoni”. ranze all’inferno della realtà” di utili per la migliore coltivazione una guerra che si illudeva breve e dei campi che ne facciano espressa “Noi daremo beni e vite alla Patria facile e si è rivelata al di sopra delle domanda. Il capitolo delle Noti- e al nostro Sir”, “La Patria ricor- possibilità. Si fissano i prezzi mas- ficazioni è sempre ricco: stavolta derà i suoi figli che contribuiscono simi di lardo e strutto per il mese di vengono minacciati i negozianti al suo glorioso Avvenire”, “Chi marzo e si comunica che “gli esami che occultano la merce, ma anche non sottoscrive al Prestito, non è di maturità quest’anno verranno compratori che accumulano scorte: un buon cittadino e non sa fare il tenuti in maggio perché, finiti gli in entrambi i casi è un tradimento proprio interesse”, “Il successo esami, molti scolari dell’ultimo della Patria che verrà punito senza del nostro Prestito sarà un’altra anno possano essere chiamati mili- misericordia! sconfitta per i nostri nemici” “Sot- tari”. Presso la stazione ferrovia- toscrivete adunque, subito al IV ria di Trento si cercano sei persone Aprile si apre con “Favorevoli Prestito di Guerra”, si sprecano, di sesso femminile per le pulizie; Auspici” come titola il giornale nel “Risveglio” di maggio i titoloni devono essere incensurabili per inneggiando ai successi militari in prima pagina, mentre nei trafilet- condotta politica e morale; sala- e prevedendone altri (in effetti in ti di Cronaca si minacciano ancora rio di cor. 2 al giorno. Si avvicina Trentino si sta preparando la “Spe- i negozianti che non si acconten- la Pasqua e si rimette in moto la dizione Punitiva o Strafexpedition, tano di un modico guadagno e il macchina della raccolta fondi per che a metà maggio tenterà di sfon- Comune annuncia che domani ci festeggiare la “Pasqua dei Solda- dare, quasi riuscendovi, il fronte sarà presso il Civico Macello, una ti”: “a questi prodi nostri difensori italiano sugli Altipiani), ma subito vendita di carne di cavallo (eviden- Quaderni del Borgoantico 17 33

Cekia) si privilegiò la distribuzio- ne delle famiglie in piccoli paesi o fattorie isolate in cui potevano continuare la loro attività di con- tadini in sostituzione degli uomini locali che erano stati richiamati, nella parte austriaca dell’Impero si puntò sul concentramento di tutti (o maggior parte) degli sfollati nei lager che già c’erano o che vennero costruiti ex-novo.

Da parte delle autorità si ritene- va in questo modo di ottenere un miglior controllo dei rifugiati, sia dal punto di vista politico genera- le, che da quello economico, pen- sando di poter organizzare attività Katzenau, in fila per rancio lavorative nei singoli campi o nei dintorni. Da parte dei rifugiati la temente non era cosa di tutti i gior- zione o peggio di sterminio delle situazione fu più complessa: alla ni). Un’altra “finezza”: il Coman- popolazioni lì raccolte, ma certa- paura del lager, vista da molti do di Tappa di Trento dispone che mente la situazione complessiva come una misura punitiva, una pri- caffè e osterie vengano chiusi “per era carica di difficoltà che conti- gione, si oppose chi invece spera- i civili e militari di bassa forza nuarono ad aumentare con il pas- va di venir “accolto” nel lager per alle 9 pom., per gli ufficiali alle sare del tempo e continuarono a avere una situazione più sicura; 12 di notte”. Ma a metà maggio peggiorare le condizioni generali chi viveva fuori del lager riceveva scatta l’offensiva austriaca sugli dell’impero (anche sotto il profilo 90 cent. di corona al giorno con le Altipiani: “Prosegue vittoriosa la alimentare e sanitario). quali mantenersi e presto ci si rese battaglia di sfondamento, miglia- conto che non era facile vivere con ia di prigionieri, conquista dello I primi “campi” sorsero nel 1914, questa somma, soprattutto mentre Zugna, riconquista di Terragnolo quando il governo dovette risol- i prezzi galoppavano e bisognava e Vallarsa”. Ed il 20 maggio, in vere il problema dell’alloggio fare i conti anche con il malanimo concomitanza con le prime vitto- e dell’assistenza di centinaia di dei locali che vedevano questi pro- rie della “Spedizione Punitiva”, migliaia di profughi dalla Galizia e fughi come “zingari” indesiderati anche il “nostro” giornale cambia dalla Polonia travolti dall’avanzata che con la loro presenza facevano nome: d’ora in poi sarà il “Risve- dell’esercito russo nei primi mesi aumentare gli affitti e gli alimenti. glio Austriaco”: siamo patrioti tutti di guerra. Previsti inizialmente Situazioni varie ed anche mutevo- d’un pezzo, meglio dimenticare come soluzione di emergenza, i li nel tempo, ben esposte non solo parole come Trentino e Tridentino lager diventarono invece soluzioni nelle relazioni cosiddette ufficiali e dichiararci francamente austriaci. stabili di ricovero dei profughi per di Organismi quali il “Segretariato tutta la durata della guerra. per i Profughi” che si era costituito a Vienna e di cui era un membro Vita nelle “città di legno” Nel maggio 1915, pur essendo pre- importante anche Alcide Degaspe- I baraccamenti predisposti durante vista, come abbiamo visto, l’eva- ri, ma anche in tante lettere e diari la prima guerra mondiale per rac- cuazione dal Trentino di migliaia die protagonisti involontari di que- cogliere la popolazione civile eva- di persone, il Ministero dell’In- sta tremenda avventura. cuata dalle zone di combattimento, terno si trovò impreparato davan- furono tra le prime forme di lager ti alle folle che scendevano dai Com’era un “campo”? Ecco come che conosciamo; per certi aspetti treni e i primi mesi furono di vera il Bollettino dei Profughi pre- possiamo considerarli gli anticipa- e propria “diaspora confusa” con senta quello di Braunau (ripor- tori dei lager hitleriani, anche se, gruppi di profughi sistemati qui e tato nel libro La città di legno di come abbiamo detto anche nell’In- la in situazioni di vera emergenza: Diego Leoni e Camillo Zadra, troduzione, è necessario sottoline- vecchie fabbriche abbandonate, Temi 1995): “Sono progettate, are subito che nelle “città di legno” singole fattorie, conventi, alloggi ed in parte costruite, un centina- dell’impero austro-ungarico non di fortuna dei più disparati; men- io di baracche e precisamente 40 c’era nessuna volontà di persecu- tre in Boemia e Moravia (l’attuale “baracche comuni” e 48 baracche 34 Quaderni del Borgoantico 17

per famiglie; altre baracche per le scuole, la chiesa, la farmacia, due ospedali, il macello, le offici- ne, la panetteria, ecc. Una grande canalizzazione attraversa tutto il campo, epurando le fogne, l’acque- dotto entra dappertutto e la luce elettrica verrà fornita da un’appo- sita centrale a vapore impiantata nell’accampamento. Le baracche comuni contengono 250 persone in due locali da 125. Le baracche per famiglie contengono 105 persone suddivise in 5 locali da 21 persone ciascuna. L’accampamento è pro- gettato per 15.000 persone; sicco- me attualmente i profughi trentini in Austria Superiore non superano i 13.000 ed una parte di questi vor- Tabacchine a Linz ranno rimanere nelle attuali siste- mazioni, ci sarà certo largo per nero gestite dagli stessi profughi le zione nei forni delle lavanderie e accomodare meglio gli ospiti della cose non migliorarono, perché, nel alle acque del fiume Fisha al quale nuova città delle baracche”. frattempo, la crisi alimentare era le donne andavano a lavare. Fra evidente in tutta l’Austria. il dicembre del 1915 e il febbra- Naturalmente non tutto poteva io del 1916, morirono nel campo “filare liscio” in una situazione L’altro aspetto che segnò la vita 499 persone, il 5% della popola- complessa e difficile quale quella nei campi, fu quello delle carenze zione che vi risiedeva; 369 erano dei nostri poveri profughi; presto si igieniche; abbiamo qui una descri- bambini tra 0 e 5 anni. Le autorità arrivò al sovraffollamento e altret- zione riferita a Mittendorf (sempre cercarono di attribuire l’alta mor- tanto presto emersero i problemi ripresa dallo stesso libro). “Il qua- talità all’epidemia di morbillo che per l’alimentazione: “il mangiare dro è a dir poco impressionante. era scoppiata in quei mesi, ma l’e- ce lo davano fatto ma alla moda I profughi arrivarono al campo same dei registri dei morti segnala dei tedeschi; non eravamo buoni sprovvisti di vestiario; il riscal- che questa epidemia fece “solo” di mangiare sicchè non ci giova- damento e l’arredamento delle 110 morti, mentre gli altri sono da va a nulla, tutti lo buttavano via”, baracche inesistenti; i pidocchi e attribuire a bronchiti, polmoniti, come scrisse una profuga, ma le cimici la facevano da padroni, enteriti e per “debolezza”. Per gli anche quando poi le cucine ven- resistendo a qualsiasi disinfesta- anziani, le conseguenze si fecero sentire più gradualmente: i registri di Mittendorf segnalano una pro- gressiva mortalità tra gli adulti a mano a mano che i mesi di guerra trascorrevano”.

Gli elementi portanti della vita del campo vennero ripresi dalla vita militare: “una giornata uguale per tutti con l’ora della sveglia, dei pasti, del lavoro, dell’uso delle docce, dei bagni e del riposo not- turno. Per l’alimentazione venne attuato un servizio centrale delle cucine; i profughi, non a caso, chiamavano “rancio” la distribu- zione dei pasti confezionati per tutti allo stesso modo”. Importante fu la ricostituzione di una struttura sco- Mittendorf, la sartoria lastica all’interno dei campi, facili- Quaderni del Borgoantico 17 35

tata dalla presenza, tra i profughi, famosa la processione dei rovere- Afganistan, tanto per capirci) per di numerosi maestri e maestre che tani che ogni 5 agosto, a Braunau, ogni combattente servano circa garantirono uno svolgimento abba- rinnovavano solennemente il Voto 10 “aiutanti” che in vario modo lo stanza regolare dei corsi di istru- a Maria Ausiliatrice, mantenendo provvedono di tutto o sono pronti zione delle scuole dell’obbligo, il vivo, oltre che lo spirito religioso, per sostituirlo. che consentì anche alle famiglie uno “spirito di appartenenza ad una una maggior disponibilità di tempo comunità” che soprattutto in situa- Quindi il paese venne comunque per attività lavorative. zioni drammatiche come quelle sconvolto, con molte case requisite che abbiamo descritto, diventava per domicilio o servizi per i mili- Quello del lavoro fu un pro- motivo di coesione, di reciproco tari (stalle, magazzini, infermerie, blema molto complesso; da un aiuto, di sopravvivenza. macelli, panifici, ecc.). Dalla sta- lato vennero attivate occupazio- zione ferroviaria (che era l’ultima ni interne ai campi (in un primo in cui esisteva un servizio regolare tempo lavanderia, stireria, offici- Vita a Villa Lagarina in quanto Rovereto era sotto il tiro na, macelleria, panificio, ma poi Dunque Villa Lagarina non subì dei cannoni italiani), una piccola anche sartorie industriali – quella direttamente il trauma dello “sfolla- ferrovia a scartamento ridotto por- di Mittendorf occupava 500 pro- mento”: insieme a Nogaredo e Pato- tava le merci fino in paese dove era fughe - fabbriche di calze, fabbri- ne, furono i paesi della Destra Adige stata installata una funivia che sali- che di scarpe e falegnamerie), ma più vicini alla linea del fronte in cui va fino a Castellano per il riforni- anche esterne, come il caso delle gli abitanti poterono rimanere duran- mento della linea del fronte (Monte operaie della Manifattura Tabac- te tutta la guerra. Sul lato opposto Creino, Faè, Loppio). Abbiamo chi di Sacco che vennero man- del fiume, vennero sfollati Rovereto visto sopra la storia del giovanis- date in un tabacchificio vicino a e tutti i paesi fino a S.Ilario. Il caso simo Antonio Leoni, ma non è una Mittendorf. C’è da sottolineare di Volano dà la misura di come que- storia unica, anzi, possiamo dire che sia il lavoro interno sia quello sta operazione venne condotta sotto che tutti quelli che erano in grado di esterno ai campi, venivano remu- l’assillo dell’urgenza, ma anche con fornire una qualsiasi “forza lavoro” nerati in maniera decisamente soluzioni improvvisate e lasciate vennero militarizzati (assoggettati bassa con la scusa che i profughi all’arbitrio dei comandi militari; alla disciplina militare) e “usati” venivano “mantenuti” dallo Stato infatti Volano doveva essere sgom- per tutta la durata della guerra, e che quindi dovevano “restituire” berato, ma il parroco don Panizza si senza riguardo a età o sesso. questo mantenimento almeno con “impuntò” con le autorità militari il loro lavoro, ma, soprattutto nei e la gente “momentaneamente” fa Il paese non viene evacuato, ma casi di lavori esterni, spesso pres- lasciata in paese. Il “momentanea- alcuni personaggi lo abbandona- so ditte private, c’è forte il sospet- mente” si trasformò in definitiva- no egualmente, alcuni volontaria- to di operazioni non troppo traspa- mente, quando ci si rese conto che mente, come la famiglia Libera che renti tra i responsabili dei campi e il fronte a sud di Rovereto “teneva” prima dello scoppio della guerra si gli industriali privati. e quindi non erano necessarie altre trasferisce in Italia o come il capo- evacuazioni. Ancora oggi, a Volano, comune barone Francesco de Moll Vicino alla scuola ed al lavoro, per si festeggia “la terza de maggio” per (in carica dal 1891 al 1918), fede- ricostruire un progressivo ristabi- ricordare quel momento drammati- lissimo all’Impero, che lascia la limento di una almeno apparente co e la sua felice soluzione. sua dimora (diventerà per tutta la “normalità” diede un importante durata della guerra un comando contributo il clero che fece ogni Torniamo a Villa, trasformato militare ed una comoda residenza sforzo per ripristinare il regolare quindi in immediata retrovia del per gli ufficiali austriaci) e si ritira svolgimento della vita religiosa. fronte. Il paese si riempì di soldati, Bisogna sottolineare che, seguen- sia quelli che godevano di qual- do un’indicazione del Vescovo che turno di riposo dal servizio in Endrici, i parroci e cappellani dei trincea che di tutti quelli addetti paesi evacuati, seguirono i loro ai “servizi”. La guerra moderna parrocchiani in esilio. Riti e ceri- (e questa fu veramente la prima monie religiose si susseguirono che ebbe questo titolo), richiede secondo il normale calendario che per ogni combattente ci siano liturgico: le processioni si snoda- parecchi altri che provvedono rono tra le baracche disseminate, alla complessa macchina logisti- per l’occasione di decorazioni flo- ca che porta in linea tutto quello reali ed altari, come un tempo ave- che serve; sembra che nelle attuali vano fatto tra le vie del paese. È modernissime guerre (tipo Irak o Processione a Braunau 36 Quaderni del Borgoantico 17

a Bolzano, altri invece, vengono degli affitti, stavano aumentando prelevati dai gendarmi ed inviati gna trattare con i comuni della in maniera significativa. al confino nel campo di Katzenau montagna per avere legna da arde- come “politicamente non affidabi- re per l’inverno e vengono nomina- Torniamo al Consiglio Comuna- li”; è il caso del vice capo-comu- ti Benvenuti Federico e Galvagnini le che a gennaio 1916 affronta il ne, Silvio Marzani, farmacista, e Pietro commissari per gli acquar- problema degli acquartieramenti del Conte Carlo Marzani sospet- tieramenti militari, vale a dire le per i militari; Coser riferisce che tati di nutrire simpatie per l’Ita- persone che dovevano trovare una “in vista dell’arrivo improvviso e lia; il Comune verrà retto quindi sistemazione per i militari presenti di notte di militari che richiedono dall’altro Assessore, l’insegnante o di passaggio per Villa. L’Istituto pronti quartieri, per evitare even- Luigi Coser, che dovrà cercare di di Guerra per il grano di Innsbruck tuali lamentele da parte del mili- destreggiarsi tra le imposizioni segnala di poter fornire farina di tare e conseguentemente qualche dei militari (che in tutta la “zona Trenino a Villa eventuale concitazione, propone di di guerra” hanno ormai un pote- mettere a disposizione del militare re assoluto) e le necessità sempre frumento ungherese: il Comune l’intero palazzo Libera e la casa al più acute e non facilmente risolvi- aderisce subito! Non bisogna per- n. 15 del signor Conte Carlo Mar- bili della popolazione che ancora dere l’occasione! zani, accomodando nel miglior rimane a Villa. modo possibile gli inquilini in Dicembre 1915: unica riunione del essi provvisoriamente abitanti”, il La Rappresentanza Comunale Consiglio della Congregazione di Consiglio approva, come approva, (come era chiamato il Consiglio), Carità in tutto l’anno che stiamo a sanatoria, gli acquisti di carbone, si riunisce il 30 maggio 1915; a esaminando! Sono presenti solo il patate, farina gialla e bianca fatte dirigerla, per l’ultima volta, c’è Presidente don Emilio Visintainer, dal capo-comune tra una sessione ancora il Barone de Moll, mentre e i consiglieri Pietro Galvagnini, e l’altra del Consiglio. Il Capitana- Silvio Marzani è “assente” (sappia- Todeschi Cesare e Benvenuti Fede- to chiede anche al Comune di farsi mo che è già a Katzenau, ma il ver- rico; si approvano alcune elargizio- carico di una raccolta “volontaria” bale segna solo “assente”); Manca ni già fatte dal Presidente (10 cor. di rami ed ottoni; si delibera di l’amministratore della Congrega- a Coser Orsola per comprare un invitare i possessori di questi beni, zione di Carità (lo stesso Marza- paio di scarpe, e 60 cor. per paga- “se credono tali oggetti non indi- ni) ed è quindi necessario che il re l’affitto e altri piccoli importi a spensabili” ad offrirli allo Stato. Comune supplisca per gli aiuti più Candioli Luigina e Parisi Giusep- urgenti ai molti “poveri del Comu- pe); la stessa Candioli Giuseppina A febbraio tiene banco il bilan- ne sussidiati”: si autorizza l’accen- scrive che di sua iniziativa eva- cio preventivo per il 1916: è stato sione di un mutuo di corone 4.000 cuò con gli abitanti di Sacco, per- esposto all’albo per 14 giorni e non al tasso del 4,5%. A luglio nuova ché al momento dell’evacuazione è giunto alcun reclamo da parte riunione (come si vede sono ormai dimorava li, ospitata dal suocero e dei cittadini; ecco allora che si molto rare e solo per rispondere a lamenta di non ricevere più il sussi- approva il documento che presen- “emergenze); presiede il maestro dio, perchè? Il Consiglio risponde ta uscite per cor. 22.537 ed entra- Luigi Coser davanti al segretario che ora riceve il sussidio profughi te per 15.740; il disavanzo verrà Pietro Galvagnini e a “tutti i consi- dall’Erario (0,90 cor. al giorno) coperto (come vuole la legge) con glieri presenti in paese” (solo 5). Si e inoltre il suocero può aiutarla, sovraimposte sulle tasse statali: delibera un nuovo prestito di 7.000 quindi è giusto negarle il sussidio; un’addizionale del 250% sull’im- corone per far fronte al problema altra delibera: viene aumentato a posta fondiaria, industriale, del degli approvvigionamenti sia per 2,2 cor. il sussidio giornaliero a traffico girovago, sugli emolumen- gli assistiti del legato Riolfatti, sia Agostini Agostino per manteni- ti e rendite di capitale; addizionale per la popolazione normale (a que- mento dell’inabile Calzà Rosa. del 90% sull’imposta di casatico, sti verrà ceduto il granturco a cor. Pisetta Paolo tutore dei minori del del 105% sulle pigioni; ci voglio- 70 al q. e la farina bianca a 82). Il fu Arturo Scrinzi chiede anche lui no anche addizionali del 53% sul Capitanato di Rovereto ha proposto sussidio; risposta: no perché anche dazio per il consumo di carni e 49% di creare un magazzino viveri per lui è profugo e quindi ci pensa sul vino. Più facile approvare la tutti i Comuni del Distretto: anche lo Stato. Depaoli Maria chiede richiesta di Candioli Francesco che Villa approva. Ad ottobre nuova aumento del sussidio per pagare chiede una riduzione sull’affitto di necessità di prestiti: cor. 9.000 da la pigione casa aumentata: il Con- un orto comunale: “considerato Sandonà Domenico e 7.000 da siglio decide di pagare, compresi che il raccolto di uva nel 1915 fu fratelli Baldessarini Giuseppe ed gli arretrati; segno che i prezzi, misero e le condizioni critiche del Ettore. Tutti questi soldi andranno non solo degli alimenti, ma anche richiedente, si abbuonano cor. 15 in acquisti di viveri. Intanto biso- di affitto”. Il Consiglio Provincia- Quaderni del Borgoantico 17 37

le di Agricoltura di Trento manda vendute dai macellai autorizzati, presa dal capocomune di fare un’of- a tutti i Comuni un forte sollecito che è stato richiamato): si nomi- ferta di 50 cor. a favore della Croce a garantire che verranno messe a na Tonini Emilio al suo posto. Si Rossa. Nei carteggi della corrispon- coltura tutte le possibili porzioni di propone di chiedere a suo tempo, denza dello stesso mese, si trovano terreno; il Consiglio “risponde in l’onorificenza della medaglia per alcuni elenchi di affitti che il Comu- scienza e coscienza che sarà fatto Sua Eccellenza il Capocomune de ne è tenuto a versare ai proprietari di tutto il possibile”; il problema vero Moll in carica da 25 anni e quella abitazioni messe a disposizione dei non stava nella volontà dei conta- per la guardia comunale Candioli militari: così scopriamo che gli Stan- dini a “non coltivare”, ma purtrop- Francesco per 40 anni di servizio. dschuetze del Battaglione Kufstein po nella scarsità di manodopera (i (I Compagnia) occupano 9 case di soldati richiamati), nella scarsità di L’unica riunione di marzo è dedi- Villa (importo totale degli affitti “da concimi e di animali da lavoro. cata interamente al problema della versare al più presto possibile”118 vangatura della campagna da parte cor, mentre gli Standschuetzen della In marzo il Capitanato chiede di dei prigionieri russi: sono arrivati Compagnia “Vallarsa-Trambileno” approntare un lazzaretto (il colera 47 prigionieri russi con le loro guar- sono sistemati in 3 case dei Molini infieriva tra i militari per le dram- die, per essere occupati nei lavori (affitto 66 cor). matiche condizioni di vita delle campestri; furono subito collocati trincee, ma di conseguenza si dif- al lavoro nelle campagne di Pietro fondeva anche tra i civili); serve Galvagnini e Conte Carlo Marza- Conclusione una casa isolata e con abbondante ni, sulla dichiarazione del sergen- Siamo alla fine di questa lunga acqua potabile; il Consiglio scopre te Brocchetti che nessuna spesa “carrellata” di notizie della vita che la soluzione ideale (casa Flaim) sarebbe stata chiesta; ora invece si di un secolo fa, non solo a Villa, è già occupata dal militare e che la scopre che ogni prigioniero deve ma anche nei paesi dei dintorni, un casa di campagna dei Libera non ha essere pagato (immaginiamo all’e- allargamento di orizzonti neces- l’acqua potabile (si usa l’acqua del sercito) cor. 1,5 al giorno e le guar- sario, crediamo, per dare vera- rio di Piazzo che scorre a fianco); die cor. 3; Coser si è già presentato mente la sensazione di quale era unica soluzione: che venga liberata al Tenente Baron de Cles (coman- “l’ambiente” complessivo in cui si la Casa del Giudizio in modo che il dante militare di Villa) per rinun- muovevano le figure che ci hanno militare la possa occupare e quindi ciare a questi lavoratori (se bisogna lasciato una loro testimonianza. liberare la casa Flaim per il lazza- pagarli) in quanto il lavoro non si retto. Non sappiamo come le cose ritiene proporzionato al costo e sia Testimonianze diverse, sia nella siano finite. il Comune che i privati non sono in capacità di scrittura che nella grado di sostenere la spesa. Il bar. dimensione delle vicissitudine Altra circolare capitanale che ordi- de Cles risponde che il pagamen- passate (banali, tragiche, fatico- na di creare comitato per alleggeri- to viene da un ordine generale, ma se, disperate), ma in ognuna di re il prezzo dei generi alimentari di viste la situazione particolare di loro dobbiamo cercare solo la prima necessità per i bisognosi: si Villa, si può soprassedere al paga- voglia di trasmetterci i pensieri, nomina il capocomune e il decano mento. A queste condizioni (cioè le paure, le emozioni e le speran- Visintainer, i consiglieri Benvenu- gratis) ben vengano i prigionieri ze di mesi ed anni in cui le vite ti e Miorando; “questi potranno conclude il Consiglio. semplici e senza storia, di gente valersi anche degli interessi pro- “normale” improvvisamente sono dotti dal Fondo Monte Grani del Maggio costringe il Comune ad state travolte da questa inimma- lascito Riolfatti e delle offerte per accendere un nuovo mutuo di ginabile guerra. il Pane di S.Antonio”; si delibera 16.000 cor., per ripianare deficit pre- inoltre di “far vedere alle autorità visto nel 1916, (visto che le entrate Degasperi nell’autunno 1914 quanto si è già fatto per lenire il tributarie continuano a calare), gra- dichiarava all’ambasciatore peso del rincaro dei viveri; si deli- zie a una specifica delibera della d’Austria a Roma che “se ci fosse bera di vendere (prelevandole dal Giunta Provinciale tesa a miglio- oggi un plebiscito, il 90% dei magazzino di Calliano) oltre che rare le condizioni economiche dei trentini voterebbe per l’Austria”; le farine anche lo zucchero ed altri comuni tirolesi. Arriva il “lancio” lo stesso Degasperi, nell’autun- alimenti indispensabili per impe- del IV Prestito di Guerra ed il Con- no 1918, dichiara in pieno Par- dire, di quando in quando, che siglio ratifica la decisione presa dal lamento di Vienna: “se ci verrà succeda mancanza di tali gene- Coser che ha sottoscritto cor. 2000 consentito di votare liberamente, ri”. Pulizia delle strade: bisogna (tasso 5,5, scadenza 1923) pagando il 90% dei trentini sceglierà l’I- assumere “organi nuovi”; manca il con un’obbligazione statale emes- talia”. Degasperi “banderuola”? visitatore delle carni, il controllore sa nel 1870 di 1.000 fiorini (2000 No, semplicemente realista e della qualità e dei prezzi delle carni cor). Si conferma anche la decisione profondo conoscitore del popo- 38 Quaderni del Borgoantico 17

Mille anni di storia di legno” a vivere (e morire) del sempre più scarso “pane del L’approdo dei Guerrieri Gonzaga a palazzo Moll di Villa Lagarina governo”, c’è, infine, il dramma di chi è rimasto a casa, ma si è trova- to comunque preso in un “univer- Paolo Cont so militare” che aveva tutti i diritti e nel quale il singolo individuo era visto solo come un “numero” da Sul precedente numero del Quaderno si è ricostruita la vicenda storica, e la genealogia, di una sfruttare, finchè ne aveva la capa- delle due famiglie nobiliari di Villa Lagarina importanti per la loro rilevanza nazionale e cità e la forza. internazionale: quella dei baroni de (o von) Moll che trovò le sue radici, agli albori del XVI secolo, Noi abbiamo cercato, narrando in un oscuro villaggio dei Paesi Bassi, per passare poi ad affermarsi nel Salisburghese, in Trentino e passo-passo le piccole storie di nel Mantovano. tanti personaggi, meglio, “perso- Quando quella casata fiamminga, divenuta tedesca e quindi italiana, si estinse per mancanza ne”, piccoli esempi delle catego- di prole con la morte di Leopoldo, sposo di Beatrice Guerrieri Gonzaga, le proprietà che i Moll rie che abbiamo tracciato sopra, di possedevano a Villa Lagarina rimasero alla vedova. Scomparsa anche Beatrice Guerrieri Gonzaga capirne i pensieri e le paure, i sogni Moll, nel 1947, il palazzo avito dei baroni de Moll passò in eredità al nipote, il marchese Anselmo Baracche in montagna e gli incubi, soprattutto “sentire” Guerrieri Gonzaga, che subito lo preferì come sua dimora. Fu così che gli estremi virgulti di da cosa hanno tratto la forza per lo trentino e della evoluzione tarismo, durezza poliziesca, esa- continuare, giorno per giorno, ad quell’antica casata padana, prima emiliana e poi lombarda, approdarono e si stabilirono in Trentino che il sentimento popolare ha sperazione del nazionalismo. affrontare tutto ed arrivare, final- e in Vallagarina. avuto in questo anni di guer- C’è in questa evoluzione, la dispe- mente, alla sospirata pace, al ritor- ra. Lo Stato austriaco che prima razione dei militari mandati allo no alla normalità di una vita “senza della guerra era stato visto dalla sbaraglio in Galizia nei primi storia”. grande maggioranza dei trentini mesi di guerra, c’è lo smarrimento (Degasperi compreso) come una dei profughi, dai tragici giorni di È con un sentimento di ammira- entità magari severa, ma sostan- maggio del ’15 in cui si sentiro- zione, comprensione, affetto che zialmente “giusta”, corretta con i no “sbattuti” fuori dai loro paesi e dobbiamo e vogliamo guardare a suoi cittadini, in un quadro di isti- mandati chissà dove, tra gente che questi nostri “fratelli maggiori” tuzioni e leggi che garantivano la in maggioranza li vedeva come perché ci hanno lasciato testimo- vita politica e sociale, durante la “sporchi zingari” che venivano a nianze, piccole e grandi, ma sem- guerra aveva mostrato ai trentini mangiare il loro pane o quello di pre importanti, di dignità, serietà, la sua evoluzione peggiore: mili- chi veniva rinchiuso nelle “città impegno e coraggio.

La poderosa rocca di Rossena che si erge sotto Canossa, sull’Appennino tosco-emiliano, assegnata in feudo dal duca , nel 1402, ai Terzi, avi dei Guerrieri Gonzaga, assieme ad altre terre e castelli quali Guardasone, Brescello e Colorno (part. da un dipinto di Paolo Ferretti)

Vassalli dei Canossa La stirpe dei Guerrieri Gonzaga incarna una storia che affonda le sue radici nel Medioevo. Al cadere dell’anno Mille apparteneva alla piccola nobiltà rurale emiliana infeudata tra i vassalli della Chiesa di Parma e dei Canossa, duchi e marchesi di Toscana. Possedeva terre e castelli lungo l’importante via Francigena che collegava l’Europa a Roma, nel tratto della Val di Taro che porta dai guadi sul Po ai valichi verso la Lucchesia e la Toscana. Della nobiltà di quei tempi la famiglia incarnò nei propri maggiori esponenti tutte le virtù e i vizi, evidenti, questi, soprattutto nella violenza sanguinaria con cui generalmente si acquisivano e difendevano, le proprietà. Una ferocia che scatenò le invettive della Chiesa. Lo storico Alessandro Barbero ricorda nel suo ultimo saggio Quaderni del Borgoantico 17 39

Mille anni di storia

L’approdo dei Guerrieri Gonzaga a palazzo Moll di Villa Lagarina

Paolo Cont

Sul precedente numero del Quaderno si è ricostruita la vicenda storica, e la genealogia, di una delle due famiglie nobiliari di Villa Lagarina importanti per la loro rilevanza nazionale e internazionale: quella dei baroni de (o von) Moll che trovò le sue radici, agli albori del XVI secolo, in un oscuro villaggio dei Paesi Bassi, per passare poi ad affermarsi nel Salisburghese, in Trentino e nel Mantovano. Quando quella casata fiamminga, divenuta tedesca e quindi italiana, si estinse per mancanza di prole con la morte di Leopoldo, sposo di Beatrice Guerrieri Gonzaga, le proprietà che i Moll possedevano a Villa Lagarina rimasero alla vedova. Scomparsa anche Beatrice Guerrieri Gonzaga Moll, nel 1947, il palazzo avito dei baroni de Moll passò in eredità al nipote, il marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga, che subito lo preferì come sua dimora. Fu così che gli estremi virgulti di quell’antica casata padana, prima emiliana e poi lombarda, approdarono e si stabilirono in Trentino e in Vallagarina.

La poderosa rocca di Rossena che si erge sotto Canossa, sull’Appennino tosco-emiliano, assegnata in feudo dal duca Gian Galeazzo Visconti, nel 1402, ai Terzi, avi dei Guerrieri Gonzaga, assieme ad altre terre e castelli quali Guardasone, Brescello e Colorno (part. da un dipinto di Paolo Ferretti)

Vassalli dei Canossa La stirpe dei Guerrieri Gonzaga incarna una storia che affonda le sue radici nel Medioevo. Al cadere dell’anno Mille apparteneva alla piccola nobiltà rurale emiliana infeudata tra i vassalli della Chiesa di Parma e dei Canossa, duchi e marchesi di Toscana. Possedeva terre e castelli lungo l’importante via Francigena che collegava l’Europa a Roma, nel tratto della Val di Taro che porta dai guadi sul Po ai valichi verso la Lucchesia e la Toscana. Della nobiltà di quei tempi la famiglia incarnò nei propri maggiori esponenti tutte le virtù e i vizi, evidenti, questi, soprattutto nella violenza sanguinaria con cui generalmente si acquisivano e difendevano, le proprietà. Una ferocia che scatenò le invettive della Chiesa. Lo storico Alessandro Barbero ricorda nel suo ultimo saggio 40 Quaderni del Borgoantico 17

l’invettiva lanciata da papa Gregorio IX contro l’imperatore Federico II nel 1239: il pontefice di quell’anno le forze in armi parmensi, a piedi e a cavallo, guidate dal capitano Gerardo IV si sentenziò che la proprietà è un furto e la classe nobiliare «un’invenzione del demonio».1 congiunsero all’armata imperiale raccolta al campo di Lodi per stringere d’assedio Milano e All’alba del nuovo millennio la famiglia portava il cognome più antico dei Da Cornazzano, costringerla a una devastante capitolazione.8 famiglia dalla quale nacque per certo, nella prima metà del 1200, il ramo dei Terzi di Parma, un A conclusione di combattimenti spietati e di una difesa sempre più disperata, nel 1162 la città discendente dei quali, verso il 1430, a Osimo e Fermo, nella Marca d’Ancona, avrebbe mutato il si dovette arrendere alla discrezione del nemico, fu demolita e quasi spianata senza misericordia. proprio cognome in quello di Guerrieri. Furono risparmiati solo i luoghi di culto. Numerosi documenti notarili attestano la presenza di membri della casata, cominciando dall’anno 1015, dove si citano in sequenza un Oddone e il figlio di questi Gerardo.2 Furono vassalli fieri e leali, scelti quali testimoni fidati da Bonifacio III Canossa, marchese e duca di Toscana, e, dopo che questi fu assassinato con una freccia avvelenata alla gola, nel 1152, dalla figlia Matilde, la celeberrima Gran Contessa, paladina del pontefice Gregorio VII nella lotta fra il Papato e l’Impero.3 Con Matilde i rapporti della famiglia furono frequenti e intensi, come confermano i documenti. Nel 1113, ad esempio, Gerardo III, faceva parte dei vassalli di rango che la accompagnarono nel Mantovano, a Pegognaga, ove con atto solenne fece dono all’abbazia benedettina di Polirone (l’odierna San Benedetto Po) di un manso, bosco e pascolo, sull’isola di Revere.4

Seguaci dell’Imperatore: da Enrico V a Federico I, il Barbarossa. Morta nel 1115 Matilde di Canossa, gli antenati dei Guerrieri Gonzaga passarono con perfetto tempismo tra i fautori dell’Impero. Gerardo III era al seguito di Enrico V, re di Germania e imperatore del Sacro romano impero, nel maggio dell’anno seguente, al castello di Governolo,5 per la cerimonia d’acquisizione, da parte del sovrano, dell’eredità matildica.6 Il rango e il ruolo dei primi avi dei Guerrieri Gonzaga acquistò grande rilevanza con Gerardo IV, dopo l’incoronazione a imperatore di Federico I di Svevia, il Barbarossa. Nel novembre del I consoli di Milano giurano la resa della città all’imperatore Federico I, detto il Barbarossa. Lodi, 1 marzo 1162. 1158, valicate le Alpi con una potente armata, Federico aveva convocato la seconda dieta di 7 Roncaglia dove, ispirandosi ai principi del diritto romano, aveva promulgato la Constitutio de Fatta completamente evacuare dagli abitanti, che si salvarono solo con atto di totale regalibus, strumento legale diretto a salvaguardare diritti e privilegi imperiali. Il decreto fu subordinazione, a ciascun comune lombardo che aveva partecipato a quella guerra di sterminio riconosciuto dai comuni lombardi, ma rifiutato da quello di Milano. Si scoprì in quelle circostanze ordinata dal Barbarossa fu affidata la distruzione di un quartiere della città. Nel marzo Gerardo IV, politiche e belliche che molte città padane erano nemiche dei Milanesi più che dei Tedeschi, mal comandante dei milites parmigiani aggregati alle forze imperiali, fu tra i delegati a ricevere la resa dei sopportando la sperimentata prepotenza dei primi e non avendo ancora misurato la ruvida Milanesi. Secondo lo storico Bernardino Corio, egli raccolse il giuramento di sottomissione degli arroganza teutonica. L’inimicizia di tutti i lombardi verso il Barbarossa sarebbe scoppiata solo nel “habitatori” di porta Romana.9 decennio successivo, dopo avere patito gli effetti del suo governo, e avrebbe portato al giuramento di Pontida e alla memorabile vittoria di Legnano nel 1176. Podestà e capitani del popolo nei comuni padani Prima di quella rivincita, per lunghi quindici anni, iniziando dal 1161, arse una guerra molto poco fraterna e ferocissima contro Milano, scatenata delle milizie comunali di Pavia, Vercelli, Gerardo, al servizio dell’imperatore Federico I Barbarossa, fu il primo esponente Novara, , Lodi, Bergamo, Reggio e, non ultima, Parma, schierate col Barbarossa. Alla fine della casata a distinguersi nell’arte della guerra. A lui seguiranno altri milites la cui fama è stata consegnata alla storia. Lontano dal clangore delle armi, ma senza mai dimenticare la spada, alcuni della famiglia si 1 A. BARBERO, Le parole del Papa. Da Gregorio VII a Francesco, Bari-Roma 2016. La situazione della nobiltà, dal punto di affermarono, forti dei loro studi giuridici, quali podestà o capitani del popolo, nel governo delle vista papale, non era cambiata due secoli più tardi se un altro pontefice, Pio II, nelle vesti di letterato umanista, città maggiori e Comuni dell’Italia settentrionale che in quel tempo si consolidavano e fiorivano poneva in bocca al protagonista della sua «Storia» la seguente constatazione: non esiste blasone «che non abbia come istituzione pubblica.10 Ressero le cure di quei governi municipali, assunti inizialmente durante avuto inizio scellerato o abietto». 2 Gerardus filius Oddonis. Lo storico Ireneo Affò cita due atti coevi, che data attorno al 1015, con cui il vescovo Enrico di Parma riconfermava in tutte le sue proprietà il convento di San Paolo. Cfr. G. DREI, Le carte degli Archivi Parmensi dei 8 Cfr. Acerbi Morenae historia, a cura di F. Güterbock, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum Germanicarum, n.s., sec. X-XI, II, Dall’anno 1001 all’anno 1100, Parma 1928, www.yumpu.com/la/document/view/13992403/d-drei- VII, Berlino 1930, pp. 130-176. vol-ii-itinerari-medievali, nn. XVIII, XIX, pp. 30-35. 9 Gli ordini del Barbarossa furono spietati: «Quinci comandò che a ciascuna porta di Milano fosse spianata la fossa, & 3 Secondo lo storico Ireneo Affò, una delle ragioni che spinsero la famiglia a legarsi ai Canossa fu l’esigenza di fuggire ruinato il muro in modo che l’essercito suo potesse facilmente entrare. Poi elesse sei Lombardi, & sei Tedeschi, i dalla persecuzione dei Pallavicino, potente casata parmigiana. I. AFFÒ, Storia della città di Parma, II, Parma 1793, pp. quali havessero a venire a Milano, & pigliare in nome suo dall’universo popolo il giuramento di fede; […] & che 100-101. sino al sabato durò il giuramento, & […] che a lui con Federico d’Asia Camerieri dell’Imperatore, toccò a ſar giurar 4 a. Cfr. Cfr. A. OVERMANN, La contessa Matilde di Canossa [1895], traduzione italiana, Roma 1980, n. 50, n. 131, p. 167. gli habitatori della porta Nuova, al Conte Corrado di Bellanoce, & Gerardo da Cornazzano, la porta Romana.» Cfr. L’abbazia era stata fondata dal nonno paterno di Matilde, il conte Tedaldo di Canossa. Qui Matilde fu sepolta B. CORIO, L’Historia di Milano, Venezia 1565, p. 119. prima di essere traslata in San Pietro a Roma, nella tomba scolpita dal Bernini. 10 Capacità personali, intraprendenza, e studi adeguati permisero loro d’inserirsi nel prestigioso circuito podestarile. Il 5 Frazione dell’odierno comune di Roncoferraro, in provincia di Mantova. Comune aveva visto dapprima ai suoi vertici gerarchici la figura del console, selezionato tra i membri 6 Cfr. A. OVERMANN, La contessa Matilde di Canossa, cit., p. 42. dell’aristocrazia più antica e influente, la cui opera di reggitore fu tuttavia ovunque ostacolata dalle lotte tra le varie 7 La località è attualmente una frazione del comune di Piacenza. fazioni. Il console come figura istituzionale fu presto sostituito (imposto dall’esperienza e per proteggerne le Quaderni del Borgoantico 17 41

l’invettiva lanciata da papa Gregorio IX contro l’imperatore Federico II nel 1239: il pontefice di quell’anno le forze in armi parmensi, a piedi e a cavallo, guidate dal capitano Gerardo IV si sentenziò che la proprietà è un furto e la classe nobiliare «un’invenzione del demonio».1 congiunsero all’armata imperiale raccolta al campo di Lodi per stringere d’assedio Milano e All’alba del nuovo millennio la famiglia portava il cognome più antico dei Da Cornazzano, costringerla a una devastante capitolazione.8 famiglia dalla quale nacque per certo, nella prima metà del 1200, il ramo dei Terzi di Parma, un A conclusione di combattimenti spietati e di una difesa sempre più disperata, nel 1162 la città discendente dei quali, verso il 1430, a Osimo e Fermo, nella Marca d’Ancona, avrebbe mutato il si dovette arrendere alla discrezione del nemico, fu demolita e quasi spianata senza misericordia. proprio cognome in quello di Guerrieri. Furono risparmiati solo i luoghi di culto. Numerosi documenti notarili attestano la presenza di membri della casata, cominciando dall’anno 1015, dove si citano in sequenza un Oddone e il figlio di questi Gerardo.2 Furono vassalli fieri e leali, scelti quali testimoni fidati da Bonifacio III Canossa, marchese e duca di Toscana, e, dopo che questi fu assassinato con una freccia avvelenata alla gola, nel 1152, dalla figlia Matilde, la celeberrima Gran Contessa, paladina del pontefice Gregorio VII nella lotta fra il Papato e l’Impero.3 Con Matilde i rapporti della famiglia furono frequenti e intensi, come confermano i documenti. Nel 1113, ad esempio, Gerardo III, faceva parte dei vassalli di rango che la accompagnarono nel Mantovano, a Pegognaga, ove con atto solenne fece dono all’abbazia benedettina di Polirone (l’odierna San Benedetto Po) di un manso, bosco e pascolo, sull’isola di Revere.4

Seguaci dell’Imperatore: da Enrico V a Federico I, il Barbarossa. Morta nel 1115 Matilde di Canossa, gli antenati dei Guerrieri Gonzaga passarono con perfetto tempismo tra i fautori dell’Impero. Gerardo III era al seguito di Enrico V, re di Germania e imperatore del Sacro romano impero, nel maggio dell’anno seguente, al castello di Governolo,5 per la cerimonia d’acquisizione, da parte del sovrano, dell’eredità matildica.6 Il rango e il ruolo dei primi avi dei Guerrieri Gonzaga acquistò grande rilevanza con Gerardo IV, dopo l’incoronazione a imperatore di Federico I di Svevia, il Barbarossa. Nel novembre del I consoli di Milano giurano la resa della città all’imperatore Federico I, detto il Barbarossa. Lodi, 1 marzo 1162. 1158, valicate le Alpi con una potente armata, Federico aveva convocato la seconda dieta di 7 Roncaglia dove, ispirandosi ai principi del diritto romano, aveva promulgato la Constitutio de Fatta completamente evacuare dagli abitanti, che si salvarono solo con atto di totale regalibus, strumento legale diretto a salvaguardare diritti e privilegi imperiali. Il decreto fu subordinazione, a ciascun comune lombardo che aveva partecipato a quella guerra di sterminio riconosciuto dai comuni lombardi, ma rifiutato da quello di Milano. Si scoprì in quelle circostanze ordinata dal Barbarossa fu affidata la distruzione di un quartiere della città. Nel marzo Gerardo IV, politiche e belliche che molte città padane erano nemiche dei Milanesi più che dei Tedeschi, mal comandante dei milites parmigiani aggregati alle forze imperiali, fu tra i delegati a ricevere la resa dei sopportando la sperimentata prepotenza dei primi e non avendo ancora misurato la ruvida Milanesi. Secondo lo storico Bernardino Corio, egli raccolse il giuramento di sottomissione degli arroganza teutonica. L’inimicizia di tutti i lombardi verso il Barbarossa sarebbe scoppiata solo nel “habitatori” di porta Romana.9 decennio successivo, dopo avere patito gli effetti del suo governo, e avrebbe portato al giuramento di Pontida e alla memorabile vittoria di Legnano nel 1176. Podestà e capitani del popolo nei comuni padani Prima di quella rivincita, per lunghi quindici anni, iniziando dal 1161, arse una guerra molto poco fraterna e ferocissima contro Milano, scatenata delle milizie comunali di Pavia, Vercelli, Gerardo, condottiero al servizio dell’imperatore Federico I Barbarossa, fu il primo esponente Novara, Cremona, Lodi, Bergamo, Reggio e, non ultima, Parma, schierate col Barbarossa. Alla fine della casata a distinguersi nell’arte della guerra. A lui seguiranno altri milites la cui fama è stata consegnata alla storia. Lontano dal clangore delle armi, ma senza mai dimenticare la spada, alcuni della famiglia si 1 A. BARBERO, Le parole del Papa. Da Gregorio VII a Francesco, Bari-Roma 2016. La situazione della nobiltà, dal punto di affermarono, forti dei loro studi giuridici, quali podestà o capitani del popolo, nel governo delle vista papale, non era cambiata due secoli più tardi se un altro pontefice, Pio II, nelle vesti di letterato umanista, città maggiori e Comuni dell’Italia settentrionale che in quel tempo si consolidavano e fiorivano poneva in bocca al protagonista della sua «Storia» la seguente constatazione: non esiste blasone «che non abbia come istituzione pubblica.10 Ressero le cure di quei governi municipali, assunti inizialmente durante avuto inizio scellerato o abietto». 2 Gerardus filius Oddonis. Lo storico Ireneo Affò cita due atti coevi, che data attorno al 1015, con cui il vescovo Enrico di Parma riconfermava in tutte le sue proprietà il convento di San Paolo. Cfr. G. DREI, Le carte degli Archivi Parmensi dei 8 Cfr. Acerbi Morenae historia, a cura di F. Güterbock, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum Germanicarum, n.s., sec. X-XI, II, Dall’anno 1001 all’anno 1100, Parma 1928, www.yumpu.com/la/document/view/13992403/d-drei- VII, Berlino 1930, pp. 130-176. vol-ii-itinerari-medievali, nn. XVIII, XIX, pp. 30-35. 9 Gli ordini del Barbarossa furono spietati: «Quinci comandò che a ciascuna porta di Milano fosse spianata la fossa, & 3 Secondo lo storico Ireneo Affò, una delle ragioni che spinsero la famiglia a legarsi ai Canossa fu l’esigenza di fuggire ruinato il muro in modo che l’essercito suo potesse facilmente entrare. Poi elesse sei Lombardi, & sei Tedeschi, i dalla persecuzione dei Pallavicino, potente casata parmigiana. I. AFFÒ, Storia della città di Parma, II, Parma 1793, pp. quali havessero a venire a Milano, & pigliare in nome suo dall’universo popolo il giuramento di fede; […] & che 100-101. sino al sabato durò il giuramento, & […] che a lui con Federico d’Asia Camerieri dell’Imperatore, toccò a ſar giurar 4 a. Cfr. Cfr. A. OVERMANN, La contessa Matilde di Canossa [1895], traduzione italiana, Roma 1980, n. 50, n. 131, p. 167. gli habitatori della porta Nuova, al Conte Corrado di Bellanoce, & Gerardo da Cornazzano, la porta Romana.» Cfr. L’abbazia era stata fondata dal nonno paterno di Matilde, il conte Tedaldo di Canossa. Qui Matilde fu sepolta B. CORIO, L’Historia di Milano, Venezia 1565, p. 119. prima di essere traslata in San Pietro a Roma, nella tomba scolpita dal Bernini. 10 Capacità personali, intraprendenza, e studi adeguati permisero loro d’inserirsi nel prestigioso circuito podestarile. Il 5 Frazione dell’odierno comune di Roncoferraro, in provincia di Mantova. Comune aveva visto dapprima ai suoi vertici gerarchici la figura del console, selezionato tra i membri 6 Cfr. A. OVERMANN, La contessa Matilde di Canossa, cit., p. 42. dell’aristocrazia più antica e influente, la cui opera di reggitore fu tuttavia ovunque ostacolata dalle lotte tra le varie 7 La località è attualmente una frazione del comune di Piacenza. fazioni. Il console come figura istituzionale fu presto sostituito (imposto dall’esperienza e per proteggerne le 42 Quaderni del Borgoantico 17

l’Impero del Barbarossa e del nipote Federico II di Svevia, e seppero distinguersi e acquisire grandi Nel diploma si fa l’encomio della lealtà e del valore degli avi dei Terzi (i Da Cornazzano) e dei meriti e fama politico-amministrativa. Figura emblematica della famiglia, che si trovò a reggere con servizi da loro resi al Sacro Romano Impero quali capitani e podestà.16 prestigio l’istituzione podestarile in città e comuni padani, fu Bernardo, podestà di Parma per il Il Niccolò dei Terzi da Cornazzano lodato assieme ai progenitori in quel diploma era lo 1192 e nel 1216 a Reggio, dove edificò la torre del palazzo comunale. Nel 1218 egli assunse la strenuo combattente Niccolò il Vecchio, padre di Giovanni, del famoso e famigerato Ottobono e di carica podestarile a Cremona, dove si segnalò, oltre che per le capacità militari, anche per le sue Giacomo, giureconsulto e capitano d’armi. Da quest’ultimo discendono direttamente i Guerrieri virtù diplomatiche messe al servizio di Federico II.11 Grande prestigio meritò presso il medesimo Gonzaga. imperatore Manfredo, un figlio di Bernardo, nato dopo l’anno 1180,12 ricordato da fra’ Salimbene de Adam come esperto combattente, dotato di profonda e multiforme cultura, religiosa e Niccolò il Vecchio giuridica.13 Esattamente un anno prima delle concessioni in feudo dell’imperatore Venceslao da Tuttavia il campo in cui emersero le personalità più incisive ed eclatanti fu indubbiamente Norimberga, il 15 agosto 1386, Niccolò era stato solennemente investito a cavaliere nell’antica quello bellico. Nel corso del secoli XII e XIII, e fino alla prima metà del XIV, i condottieri della basilica di San Michele Maggiore a Pavia, da Gian Galeazzo Visconti, nuovo signore di Milano e casata furono protagonisti di quasi tutte le battaglie e gli scontri che si consumarono sui campi vicario imperiale, succeduto allo zio Bernabò, che aveva spodestato l’anno precedente. dell’Italia settentrionale e centrale. Questi strenui condottieri appartenevano tutti al ramo dei Terzi, derivato da quello originario Questo narrano le cronache: «Il mercoldì 15 d’agosto, dei Da Cornazzano. La sequenza genealogica è stata stabilita dagli storici, basandosi sull’antica ed era la festività dell’Ascensione, fu fatto e creato Cavaliere cronaca di Edoari Da Erba, partendo dal podestà Bernardo citato più sopra.14 nella Chiesa maggiore di Pavia, in fronte all’altare, l’eccellente dominus Nicolao de Tertiis de Parma, dall’illustre Principe e Per quanto concerne l’origine dei Terzi dai Da Cornazzano, questa risulta certificata in due magnifico d. d. Conte di Virtù signor nostro che cingendogli documenti imperiali. Il primo è il diploma di Ludovico IV il Bavaro, sigillato il 7 dicembre 1329 a la spada al fianco. gli fece quindi calzare lo speron destro Norimberga, con il quale si concedevano benefici ed esenzioni ai fedeli e diletti Guido I, nonché ai dall’illustre Antonio Porro, e il sinistro da Ottolino da suoi figli Filippo e Guido II, della famiglia Terzi, cittadini di Parma: Nobilibus viris Guidoni, & 15 Mandello. Furono donati al cavaliere mezza pezza di stoffa Filippono fratribus de Tertiis Civibus Civitatis Parme & Imperii fidelibus dilecti. scarlatta, una di drappo dorato, una pezza di velluto di grana, Il secondo documento, diretto al nobile Niccolò, figlio di Guidone dei Terzi da Cornazzano, alquante pellicce di vajo, una spada con fodero di velluto (Nicholao filio quondam nobilis Guidonis capitanei de Terciis de Cornazzano), conferma e perfeziona il rosso guarnito d’argento dorato, sei torchi di candida cera, precedente, arricchendo le concessioni: è il diploma dell’imperatore Venceslao IV, sigillato il 19 quattro scrigni di confetti, un bacile, una brocca e due coppe agosto 1387 ancora a Norimberga. Le giurisdizioni dei «Terzi da Cornazzano» nel Parmense, tutte d’argento dorato».17 furono erette in contea; altre furono loro concesse nel Piacentino e nel Reggiano. L’investitura Era la consacrazione dei meriti acquisti agli stipendi dei imperiale comprendeva il diritto di trasmettere il titolo comitale a ciascuno dei figli e ai loro eredi. Visconti. Nel 1369, inviato da Bernabò Visconti, era stato capitano del popolo a Bergamo,18 nel 1372 a e, dal funzioni dalla collusione o collisione con le varie faide intestine) da un magistrato monocratico straniero imparziale, 1375, a Reggio.19 Nell’aprile 1380, allorché i Visconti dotato di idonea cultura ed esperienza giuridica ed amministrativa, capace di governare il Comune nel rispetto degli formarono una lega con Venezia contro i Genovesi, Niccolò statuti: il podestà. Gian Galeazzo Visconti, incisione da P. Giovio, 11 Il suo proseguì negli anni. Nel 1224 egli era podestà di Pavia; il 10 marzo 1225 era a Brescia iudex o testimone Le vite de i dodeci visconti, Milano 1645. Terzi era capitano della cavalleria leggera di Bernabò 20 nell’atto di rinuncia di Matteo da Correggio alla podestaria in quel Comune; nel 1226 tornò a Reggio come podestà. mandato in Liguria alla testa di mille lance. Quando nel La medesima carica ricoprì l’anno successivo a Modena, dove alzò nuove fortificazioni e diede inizio alla guerra 1387 si estinse a Verona la dinastia dei Della Scala, la città contro Bologna per il dominio delle terre del Frignano, assumendo contestualmente il comando delle milizie. cadde sotto il predominio dei Visconti che estesero le loro ambizioni contro i Carraresi. Nel 1390 Quella guerra lascia l’ultima documentazione dell’attività di Bernardo da Cornazzano: il 28 settembre 1229 egli sottoscrisse, in rappresentanza della città di Parma, l’atto con cui il vescovo di Reggio Niccolò fissava le condizioni Niccolò si trovò ingaggiato in quella guerra con le truppe viscontee portate all’attacco delle per una tregua fra Modena e Bologna bolognesi e delle fiorentine. Assediato e sconfitto dentro Padova, finì imprigionato e tenuto in 12 Cfr. G. ANDENNA, Cornazzano, Manfredo da, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXIX, Roma 1983, ostaggio. Dopo la vittoria finale dei Visconti sui Carraresi, nel 1391, Niccolò Terzi il Vecchio fu www.treccani.it/enciclopedia/manfredo-da-cornazzano_(Dizionario-Biografico)/. insediato quale capitano del popolo a Verona e qui l’anno seguente divenne reggente del Consiglio 13 Nel 1224 Manfredo era rettore imperiale di Parma; nel 1237 lo fu a Reggio e in anni successivi in altri comuni lombardi e toscani, a Lucca e Arezzo. Oltre alle funzioni podestarili, quando nacque l’esigenza, seppe mettere in campo al servizio di Federico II anche il suo valore di capitano d’armi, come avvenne nel caso della guerra di Reggio. Nel 1244 egli esercitò la podesteria a Cremona, al termine della quale tornò a Parma, sempre più coinvolta 16 «Capitanei et Gubernatores partis Imperii et potentes in Civitate Parmensi ipsiusque Dioecesi et partibus illis, pro e attanagliata dal conflitto che contrapponeva il Papato all’Impero. Qui Manfredo fu tra i membri della sua famiglia defensione jurium Sacri Rom. Imperii maxime tempore D. Praedecessoris nostri q. Federici Imperatoris, rimasti favorevoli a Federico II, tra gli esponenti della fazione ghibellina che allora governava la città, Hierusalem ac Siciliae Regis, non metuerunt sese periculis mortis exponere, et in bonis et rebus eorum maxima 14 Tra questi l’Affò, il Pezzana, l’Angeli, il Campo, e il Contile che per parte sua scrive: «Fu nominato Terzo il qual ſu damna et in quam pluribus castris ruinas inexorabiles sustulerunt, nec tamen unquam a recto tramite deviavere» condottiero delle genti d’Arme di Papa Innocentio quarto e da costui uscì la Ill. famiglia de Tertii de Cornazzani e Scrive il Pezzana: «Questo diploma è in data di Norimberga, 1387, e sta in copia semplice nell’Archivio dello Stato»: fu poi un Nicolo de Tertii de Cornazzani figliuolo di un nomato Guidone»: L. CONTILE, Ragionamento sopra la A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 171 proprietà delle imprese con le particolari de gli academici affidati et con le interpretationi et croniche, Pavia 1574, p. 109. E altri 17 Cfr. Chronicon bergomense guelpho-ghibellinum ab anno mcccxxviii usque ad annum mccccvii, a cura di C. Capasso, in Rerum storiografi: «Fu chiamato Terzo, e fu condottiero de le genti d’arme di Papa Innocentio 4.°, et da lui n’uscì la italicarum scriptores: raccolta degli storici italiani dal cinquecento al millecinquecento, ordinata da L. A. Muratori, XVI, II, Preclarissima, honoratissima, et illustre Famiglia di Terzi di Parma». I. AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrittori e Bologna 1928, p. 28, nn. 13-15. letterati parmigiani raccolte dal Padre Ireneo Affò e continuate da Angelo Pezzana, VI, II, Parma 1827, p. 330. E Angeli: «Fu 18 Cfr. P. MAINONI, A. SALA (a cura di), I registri litterarum di Bergamo (1363-1410): il carteggio dei signori di Bergamo, Milano egli padre di Gerardo Terzo Cornazano, che secondo il Campo, fu podestà di Cremona l’anno 1223, da cui discese 2003, indice. Guido, che fu Capitano dello ’mperatore, e da lui Nicolò che condottiere di gente servì Bernabò nella guerra ch’egli 19 Così Pezzana: «Nel seguente mese un Messer Orlando da Parma sedea Podestà in Siena, mentre il nostro Niccolò ebbe contra Genovesi. Fu fatto conte di Tizzano, militò sotto Giovan Galeazzo Duca di Milano»: B. ANGELI, Terzi, padrone di Castelnovo de’ Visconti, ora Castelnovo Fogliani nel Piacentino, era Capitano del Popolo in Historia della città di Parma et descrittione del fiume Parma, Parma 1591, p. 462 Reggio»: A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 112. 15 Cfr. I. AFFÒ, Storia della città di Parma, IV, Parma 1795, pp. 370. 20 A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 135. Quaderni del Borgoantico 17 43

l’Impero del Barbarossa e del nipote Federico II di Svevia, e seppero distinguersi e acquisire grandi Nel diploma si fa l’encomio della lealtà e del valore degli avi dei Terzi (i Da Cornazzano) e dei meriti e fama politico-amministrativa. Figura emblematica della famiglia, che si trovò a reggere con servizi da loro resi al Sacro Romano Impero quali capitani e podestà.16 prestigio l’istituzione podestarile in città e comuni padani, fu Bernardo, podestà di Parma per il Il Niccolò dei Terzi da Cornazzano lodato assieme ai progenitori in quel diploma era lo 1192 e nel 1216 a Reggio, dove edificò la torre del palazzo comunale. Nel 1218 egli assunse la strenuo combattente Niccolò il Vecchio, padre di Giovanni, del famoso e famigerato Ottobono e di carica podestarile a Cremona, dove si segnalò, oltre che per le capacità militari, anche per le sue Giacomo, giureconsulto e capitano d’armi. Da quest’ultimo discendono direttamente i Guerrieri virtù diplomatiche messe al servizio di Federico II.11 Grande prestigio meritò presso il medesimo Gonzaga. imperatore Manfredo, un figlio di Bernardo, nato dopo l’anno 1180,12 ricordato da fra’ Salimbene de Adam come esperto combattente, dotato di profonda e multiforme cultura, religiosa e Niccolò il Vecchio giuridica.13 Esattamente un anno prima delle concessioni in feudo dell’imperatore Venceslao da Tuttavia il campo in cui emersero le personalità più incisive ed eclatanti fu indubbiamente Norimberga, il 15 agosto 1386, Niccolò era stato solennemente investito a cavaliere nell’antica quello bellico. Nel corso del secoli XII e XIII, e fino alla prima metà del XIV, i condottieri della basilica di San Michele Maggiore a Pavia, da Gian Galeazzo Visconti, nuovo signore di Milano e casata furono protagonisti di quasi tutte le battaglie e gli scontri che si consumarono sui campi vicario imperiale, succeduto allo zio Bernabò, che aveva spodestato l’anno precedente. dell’Italia settentrionale e centrale. Questi strenui condottieri appartenevano tutti al ramo dei Terzi, derivato da quello originario Questo narrano le cronache: «Il mercoldì 15 d’agosto, dei Da Cornazzano. La sequenza genealogica è stata stabilita dagli storici, basandosi sull’antica ed era la festività dell’Ascensione, fu fatto e creato Cavaliere cronaca di Edoari Da Erba, partendo dal podestà Bernardo citato più sopra.14 nella Chiesa maggiore di Pavia, in fronte all’altare, l’eccellente dominus Nicolao de Tertiis de Parma, dall’illustre Principe e Per quanto concerne l’origine dei Terzi dai Da Cornazzano, questa risulta certificata in due magnifico d. d. Conte di Virtù signor nostro che cingendogli documenti imperiali. Il primo è il diploma di Ludovico IV il Bavaro, sigillato il 7 dicembre 1329 a la spada al fianco. gli fece quindi calzare lo speron destro Norimberga, con il quale si concedevano benefici ed esenzioni ai fedeli e diletti Guido I, nonché ai dall’illustre Antonio Porro, e il sinistro da Ottolino da suoi figli Filippo e Guido II, della famiglia Terzi, cittadini di Parma: Nobilibus viris Guidoni, & 15 Mandello. Furono donati al cavaliere mezza pezza di stoffa Filippono fratribus de Tertiis Civibus Civitatis Parme & Imperii fidelibus dilecti. scarlatta, una di drappo dorato, una pezza di velluto di grana, Il secondo documento, diretto al nobile Niccolò, figlio di Guidone dei Terzi da Cornazzano, alquante pellicce di vajo, una spada con fodero di velluto (Nicholao filio quondam nobilis Guidonis capitanei de Terciis de Cornazzano), conferma e perfeziona il rosso guarnito d’argento dorato, sei torchi di candida cera, precedente, arricchendo le concessioni: è il diploma dell’imperatore Venceslao IV, sigillato il 19 quattro scrigni di confetti, un bacile, una brocca e due coppe agosto 1387 ancora a Norimberga. Le giurisdizioni dei «Terzi da Cornazzano» nel Parmense, tutte d’argento dorato».17 furono erette in contea; altre furono loro concesse nel Piacentino e nel Reggiano. L’investitura Era la consacrazione dei meriti acquisti agli stipendi dei imperiale comprendeva il diritto di trasmettere il titolo comitale a ciascuno dei figli e ai loro eredi. Visconti. Nel 1369, inviato da Bernabò Visconti, era stato capitano del popolo a Bergamo,18 nel 1372 a Brescia e, dal funzioni dalla collusione o collisione con le varie faide intestine) da un magistrato monocratico straniero imparziale, 1375, a Reggio.19 Nell’aprile 1380, allorché i Visconti dotato di idonea cultura ed esperienza giuridica ed amministrativa, capace di governare il Comune nel rispetto degli formarono una lega con Venezia contro i Genovesi, Niccolò statuti: il podestà. Gian Galeazzo Visconti, incisione da P. Giovio, 11 Il suo proseguì negli anni. Nel 1224 egli era podestà di Pavia; il 10 marzo 1225 era a Brescia iudex o testimone Le vite de i dodeci visconti, Milano 1645. Terzi era capitano della cavalleria leggera di Bernabò 20 nell’atto di rinuncia di Matteo da Correggio alla podestaria in quel Comune; nel 1226 tornò a Reggio come podestà. mandato in Liguria alla testa di mille lance. Quando nel La medesima carica ricoprì l’anno successivo a Modena, dove alzò nuove fortificazioni e diede inizio alla guerra 1387 si estinse a Verona la dinastia dei Della Scala, la città contro Bologna per il dominio delle terre del Frignano, assumendo contestualmente il comando delle milizie. cadde sotto il predominio dei Visconti che estesero le loro ambizioni contro i Carraresi. Nel 1390 Quella guerra lascia l’ultima documentazione dell’attività di Bernardo da Cornazzano: il 28 settembre 1229 egli sottoscrisse, in rappresentanza della città di Parma, l’atto con cui il vescovo di Reggio Niccolò fissava le condizioni Niccolò si trovò ingaggiato in quella guerra con le truppe viscontee portate all’attacco delle per una tregua fra Modena e Bologna bolognesi e delle fiorentine. Assediato e sconfitto dentro Padova, finì imprigionato e tenuto in 12 Cfr. G. ANDENNA, Cornazzano, Manfredo da, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXIX, Roma 1983, ostaggio. Dopo la vittoria finale dei Visconti sui Carraresi, nel 1391, Niccolò Terzi il Vecchio fu www.treccani.it/enciclopedia/manfredo-da-cornazzano_(Dizionario-Biografico)/. insediato quale capitano del popolo a Verona e qui l’anno seguente divenne reggente del Consiglio 13 Nel 1224 Manfredo era rettore imperiale di Parma; nel 1237 lo fu a Reggio e in anni successivi in altri comuni lombardi e toscani, a Lucca e Arezzo. Oltre alle funzioni podestarili, quando nacque l’esigenza, seppe mettere in campo al servizio di Federico II anche il suo valore di capitano d’armi, come avvenne nel caso della guerra di Reggio. Nel 1244 egli esercitò la podesteria a Cremona, al termine della quale tornò a Parma, sempre più coinvolta 16 «Capitanei et Gubernatores partis Imperii et potentes in Civitate Parmensi ipsiusque Dioecesi et partibus illis, pro e attanagliata dal conflitto che contrapponeva il Papato all’Impero. Qui Manfredo fu tra i membri della sua famiglia defensione jurium Sacri Rom. Imperii maxime tempore D. Praedecessoris nostri q. Federici Imperatoris, rimasti favorevoli a Federico II, tra gli esponenti della fazione ghibellina che allora governava la città, Hierusalem ac Siciliae Regis, non metuerunt sese periculis mortis exponere, et in bonis et rebus eorum maxima 14 Tra questi l’Affò, il Pezzana, l’Angeli, il Campo, e il Contile che per parte sua scrive: «Fu nominato Terzo il qual ſu damna et in quam pluribus castris ruinas inexorabiles sustulerunt, nec tamen unquam a recto tramite deviavere» condottiero delle genti d’Arme di Papa Innocentio quarto e da costui uscì la Ill. famiglia de Tertii de Cornazzani e Scrive il Pezzana: «Questo diploma è in data di Norimberga, 1387, e sta in copia semplice nell’Archivio dello Stato»: fu poi un Nicolo de Tertii de Cornazzani figliuolo di un nomato Guidone»: L. CONTILE, Ragionamento sopra la A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 171 proprietà delle imprese con le particolari de gli academici affidati et con le interpretationi et croniche, Pavia 1574, p. 109. E altri 17 Cfr. Chronicon bergomense guelpho-ghibellinum ab anno mcccxxviii usque ad annum mccccvii, a cura di C. Capasso, in Rerum storiografi: «Fu chiamato Terzo, e fu condottiero de le genti d’arme di Papa Innocentio 4.°, et da lui n’uscì la italicarum scriptores: raccolta degli storici italiani dal cinquecento al millecinquecento, ordinata da L. A. Muratori, XVI, II, Preclarissima, honoratissima, et illustre Famiglia di Terzi di Parma». I. AFFÒ, A. PEZZANA, Memorie degli scrittori e Bologna 1928, p. 28, nn. 13-15. letterati parmigiani raccolte dal Padre Ireneo Affò e continuate da Angelo Pezzana, VI, II, Parma 1827, p. 330. E Angeli: «Fu 18 Cfr. P. MAINONI, A. SALA (a cura di), I registri litterarum di Bergamo (1363-1410): il carteggio dei signori di Bergamo, Milano egli padre di Gerardo Terzo Cornazano, che secondo il Campo, fu podestà di Cremona l’anno 1223, da cui discese 2003, indice. Guido, che fu Capitano dello ’mperatore, e da lui Nicolò che condottiere di gente servì Bernabò nella guerra ch’egli 19 Così Pezzana: «Nel seguente mese un Messer Orlando da Parma sedea Podestà in Siena, mentre il nostro Niccolò ebbe contra Genovesi. Fu fatto conte di Tizzano, militò sotto Giovan Galeazzo Duca di Milano»: B. ANGELI, Terzi, padrone di Castelnovo de’ Visconti, ora Castelnovo Fogliani nel Piacentino, era Capitano del Popolo in Historia della città di Parma et descrittione del fiume Parma, Parma 1591, p. 462 Reggio»: A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 112. 15 Cfr. I. AFFÒ, Storia della città di Parma, IV, Parma 1795, pp. 370. 20 A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 135. 44 Quaderni del Borgoantico 17

visconteo,21 un’istituzione che inglobò le competenze e le funzioni del Consiglio cittadino.22 In quel Le prime esperienze militari il giovanissimo Ottobono le maturò sotto le insegne del famoso tempo Niccolò, a compenso dei servigi resi, ricevette in feudo dal Visconti, attraverso il vescovo condottiero inglese John Hawkwood (o Giovanni Acuto, come preferì chiamarlo il Machiavelli) veronese, le terre di Villa Bartolomea, a venti leghe da Verona, nei pressi di Legnago, poste a nel tempo breve in cui il capitano inglese, prima del 1377, fu agli stipendi dei Visconti, i signori di guardia di un guado sull’Adige.23 Milano ai quali i Terzi si mantennero abitualmente fedeli. Anche la Repubblica veneta si sentì in dovere di manifestargli gratitudine. Per «devozione a Passò poi alla scuola d’armi di Alberico Venezia» con bolla del 10 agosto 1393 al «nobilis vir egregius miles dominus Nicolaus de Terciis» da Barbiano il quale, deciso a contrastare venne concesso il privilegio della cittadinanza e il diritto di trasmetterlo agli eredi.24 l'Acuto e la sua temibile Compagnia Bianca Niccolò era nato nel 1327, eppure la sua vitalità come uomo d’armi non si spegneva con il nonché tutti gli altri mercenari stranieri che da trascorrere dei decenni. Allorché nel settembre 1395, si celebrò l’investitura imperiale e quarant’anni imperversavano lungo la nostra l’incoronazione a duca di Gian Galeazzo Visconti, sulla scena dei fastosi festeggiamenti per la penisola, nel 1378 formò una sua compagnia consacrazione ducale irruppe acclamato, a cavallo, Niccolò Terzi per partecipare a un torneo del ove si «rivendicavano l’onore della milizia quale riferisce lo storico Corio: «si fece nobilissima giostra. Era premio un fermaglio del valore di italiana e ravvivano lo spirito guerriero di mille fiorini d’oro. Si segnalò tra’ principali giostratori il vecchio, ma ancor rubizzo, Niccolò Terzi. questa nazione».29 Era quella che divenne Comparve, dicono gli storici, il Parmigiano campione sul campo colla faccia coperta di un cappello celebre come Compagnia di San Giorgio, un di campagna, con una piccola cornetta al di sopra, mostrando benché vecchio la forza di un fecondo vivaio di capitani, un’accademia giovane».25 d’armi ove maturarono la loro esperienza i Nell’estate del 1397 Niccolò combatteva ancora tra i capitani delle milizie viscontee contro migliori condottieri d’Italia: Carmagnola, l’esercito della Lega. Alla battaglia del 28 agosto a Governolo si trovava con il figlio Ottobono al Gattamelata, Braccio da Montone, Bartolomeo comando della quinta schiera viscontea, forte di mille cavalli. Finì catturato. La sua vicenda di Colleoni, Facino Cane, Jacopo Dal Verme, capitano d’armi si concluse qui. Morì a Bergamo, cinque mesi dopo, ai primi di gennaio 1398.26 Muzio Attendolo Sforza, e, non ultimo, «Ottobon Terzo di Parma», che Alberico da Ottobono, signore di Parma e Reggio Barbiano annoverò tra i suoi principali Dei tre figli di Niccolò il Vecchio, illustre antenato dei Guerrieri Gonzaga, Ottobono, o luogotenenti. Ottobuono, o «terzo Oto» come lo ricorda Ludovico Ariosto «di Reggio e di Parma aspro Nel 1396, «già divenuto famoso alla scuola del Conte Alberigo», guerreggiava come tiranno»,27 è certamente quello che nel tempo conquistò maggiore e peggior fama. Incarnò il tipico condottiero del Quattrocento, dalla rude psicologia imperscrutabile, la cui «condottiero di lance» in Toscana con Paolo storia personale, nella sua individuale spietatezza e terribilità singolare (peraltro né rara né Orsini e Giovanni da Barbiano, sostenendo Giacomo Appiani, signore di Pisa e alleato dei inconsueta in quel tempo) si svolge, quanto mai densa di accadimenti, in un quadro, politico e Il condottiero Ottobono Terzi, incisione da G. Roscio, bellico, percorso da dinamiche tumultuose, combattute dalle varie signorie dell’Italia padana e Ritratti et Elogii di Capitani illustri, Roma 1646. Visconti, contro Lucca e Firenze. centrale negli ultimi lustri del XIV secolo e nei primi del XV. Ottobono, andando oltre le È possibile qui far solo qualche cenno constatazioni concernenti l’indiscussa eccellenza del suo profilo militare e di gestore d’imprese per riassumere l’intensa, incessante attività militare dispiegata dal condottiero Ottobono in quegli belliche, è stato raccontato da una fitta schiera di storici e letterati, diversamente partigiani. Meritò anni, le battaglie di diversa importanza e influenza alle quali partecipò, sempre più spesso l’ammirata stima dell’umanista Enea Silvio Piccolomini, poi papa Pio II,28 che lodò la magnificentia, impegnato agli stipendi del ducato di Milano. Fu efficacissimo al suo servizio anche quando i Priori la potentia e la prudentia del condottiero, ma quello rimase un caso isolato d’indulgente giudizio. di Perugia fecero deliberare la dedizione della città al Visconti, chiedendone la protezione contro i Fiorentini e il pontefice.30 Gian Galeazzo accettò la signoria e inviò immediatamente in Umbria, agli inizi del gennaio 1400, il suo commissario Pietro Scrovegni, scortato dal condottiero ducale Ottobono Terzi, al 21 «Nelle partes ultra Mincium, come la terminologia viscontea chiama i tre distretti della Marca Trevigiana soggetti al dominio milanese, sono attestati specifici interventi per la definizione di mansioni e competenze dei rappresentanti comando di ottocento cavalieri. Protetta Perugia sotto il biscione del duca di Milano, ad aprile, dei comuni cittadini». G. M. VARANINI, L’organizzazione del distretto cittadino nell’Italia padana dei secoli XIII-XIV, in G. Ottobono seppe conquistare, per conto del Visconti, Gualdo, Nocera Umbra, Bastia e Spoleto. Chittolini, D. Willoweit (a cura di), L'organizzazione del territorio in Italia e Germania: secoli XIII - XIV, Bologna 1994, Posta quindi sotto assedio Assisi e la rocca maggiore, s’impadroniva anche di queste, cacciandone p. 225. Cecchino Broglia usurpatore. 22 Cfr. G. SEREGNI, Il Consiglio Visconteo di Verona per le «Partes de ultra Mincium», in Atti e memorie del Secondo congresso storico Era in Lombardia agli inizi d’autunno del 1401, per unire le sue truppe con il nerbo delle lombardo: Bergamo, 18-19-20 Maggio 1937-XV, Milano 1938, pp. 277-281. 23 Quella proprietà fu poi confermata nel maggio 1405 dalla Repubblica di Venezia per donazione al figlio Ottobono viscontee scese in campo per affrontare l’armata di Roberto III del Palatinato, re dei Romani, con diritto di trasmetterla ai suoi eredi e successori. Cfr. Sentenza (in materia di Feudo improprio, Successione femminina, calato con un’armata di quindicimila cavalli dalla Baviera e da Trento su Brescia nel 1401. Il Rinnovazione d’investitura, Questioni fra vassalli) emessa dal Tribunale di Venezia il 26 luglio 1873, in Giurisprudenza Italiana, tedesco poteva contare allora sull’appoggio delle truppe dell'arcivescovo di Colonia e del duca raccolta generale progressiva, Decisioni delle varie corti del Regno, Sentenze del 1873, XXV, Parte II, Torino 1873, pp. Leopoldo IV d'Asburgo. Ottobono e Facino Cane, attestati alla difesa di Brescia, decisero di 559-569. 24 Vedi scheda Nicolaus de Terciis, Cives Veneciarum, http://www.civesveneciarum.net/ dettaglio.php?id=2656, sbaragliare gli assedianti. Il 24 ottobre, alla testa di 8oo cavalieri, scatenarono una improvvisa carica versione 48/2016-05-24. furibonda contro gli imperiali. I Tedeschi non ressero a quell’attacco fulmineo e micidiale. Dopo 25 A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p 239. 26 «Morì improvvisamente in questo gennaio l’illustre condottiero e dominus Nicolaus de Tertiis, e venne sepolto nella chiesa di San Francesco, presso la colonna della cappella maggiore dei Bonghi verso il monastero, presso la 29 Cfr. S. SISMONDI, Storia delle repubbliche italiane del Medio Evo, II, Prato 1863, p. 243. cappella di San Pietro Apostolo dei Nobili Bonghi». Chronicon bergomense guelpho-ghibellinum, cit., p. 67, n. 9. 30 Questa decisione era maturata in seguito all’uccisione, nel 1398, di Biordo Michelotti, signore della città umbra, su 27 L. ARIOSTO, Orlando furioso, canto III, 43. incitamento del fratello di questi, il condottiero Ceccolino. Quando il Visconti spirò, il 3 ottobre 1402, vantava 28 Cfr. ENEE SILVII PICCOLOMINEI (PII PP. II), De viris illustribus, Città del Vaticano 1991, pp. 12 e 21. ancora tra i suoi titoli quello di «Signore di Perugia». Quaderni del Borgoantico 17 45

visconteo,21 un’istituzione che inglobò le competenze e le funzioni del Consiglio cittadino.22 In quel Le prime esperienze militari il giovanissimo Ottobono le maturò sotto le insegne del famoso tempo Niccolò, a compenso dei servigi resi, ricevette in feudo dal Visconti, attraverso il vescovo condottiero inglese John Hawkwood (o Giovanni Acuto, come preferì chiamarlo il Machiavelli) veronese, le terre di Villa Bartolomea, a venti leghe da Verona, nei pressi di Legnago, poste a nel tempo breve in cui il capitano inglese, prima del 1377, fu agli stipendi dei Visconti, i signori di guardia di un guado sull’Adige.23 Milano ai quali i Terzi si mantennero abitualmente fedeli. Anche la Repubblica veneta si sentì in dovere di manifestargli gratitudine. Per «devozione a Passò poi alla scuola d’armi di Alberico Venezia» con bolla del 10 agosto 1393 al «nobilis vir egregius miles dominus Nicolaus de Terciis» da Barbiano il quale, deciso a contrastare venne concesso il privilegio della cittadinanza e il diritto di trasmetterlo agli eredi.24 l'Acuto e la sua temibile Compagnia Bianca Niccolò era nato nel 1327, eppure la sua vitalità come uomo d’armi non si spegneva con il nonché tutti gli altri mercenari stranieri che da trascorrere dei decenni. Allorché nel settembre 1395, si celebrò l’investitura imperiale e quarant’anni imperversavano lungo la nostra l’incoronazione a duca di Gian Galeazzo Visconti, sulla scena dei fastosi festeggiamenti per la penisola, nel 1378 formò una sua compagnia consacrazione ducale irruppe acclamato, a cavallo, Niccolò Terzi per partecipare a un torneo del ove si «rivendicavano l’onore della milizia quale riferisce lo storico Corio: «si fece nobilissima giostra. Era premio un fermaglio del valore di italiana e ravvivano lo spirito guerriero di mille fiorini d’oro. Si segnalò tra’ principali giostratori il vecchio, ma ancor rubizzo, Niccolò Terzi. questa nazione».29 Era quella che divenne Comparve, dicono gli storici, il Parmigiano campione sul campo colla faccia coperta di un cappello celebre come Compagnia di San Giorgio, un di campagna, con una piccola cornetta al di sopra, mostrando benché vecchio la forza di un fecondo vivaio di capitani, un’accademia giovane».25 d’armi ove maturarono la loro esperienza i Nell’estate del 1397 Niccolò combatteva ancora tra i capitani delle milizie viscontee contro migliori condottieri d’Italia: Carmagnola, l’esercito della Lega. Alla battaglia del 28 agosto a Governolo si trovava con il figlio Ottobono al Gattamelata, Braccio da Montone, Bartolomeo comando della quinta schiera viscontea, forte di mille cavalli. Finì catturato. La sua vicenda di Colleoni, Facino Cane, Jacopo Dal Verme, capitano d’armi si concluse qui. Morì a Bergamo, cinque mesi dopo, ai primi di gennaio 1398.26 Muzio Attendolo Sforza, e, non ultimo, «Ottobon Terzo di Parma», che Alberico da Ottobono, signore di Parma e Reggio Barbiano annoverò tra i suoi principali Dei tre figli di Niccolò il Vecchio, illustre antenato dei Guerrieri Gonzaga, Ottobono, o luogotenenti. Ottobuono, o «terzo Oto» come lo ricorda Ludovico Ariosto «di Reggio e di Parma aspro Nel 1396, «già divenuto famoso alla scuola del Conte Alberigo», guerreggiava come tiranno»,27 è certamente quello che nel tempo conquistò maggiore e peggior fama. Incarnò il tipico condottiero del Quattrocento, dalla rude psicologia imperscrutabile, la cui «condottiero di lance» in Toscana con Paolo storia personale, nella sua individuale spietatezza e terribilità singolare (peraltro né rara né Orsini e Giovanni da Barbiano, sostenendo Giacomo Appiani, signore di Pisa e alleato dei inconsueta in quel tempo) si svolge, quanto mai densa di accadimenti, in un quadro, politico e Il condottiero Ottobono Terzi, incisione da G. Roscio, bellico, percorso da dinamiche tumultuose, combattute dalle varie signorie dell’Italia padana e Ritratti et Elogii di Capitani illustri, Roma 1646. Visconti, contro Lucca e Firenze. centrale negli ultimi lustri del XIV secolo e nei primi del XV. Ottobono, andando oltre le È possibile qui far solo qualche cenno constatazioni concernenti l’indiscussa eccellenza del suo profilo militare e di gestore d’imprese per riassumere l’intensa, incessante attività militare dispiegata dal condottiero Ottobono in quegli belliche, è stato raccontato da una fitta schiera di storici e letterati, diversamente partigiani. Meritò anni, le battaglie di diversa importanza e influenza alle quali partecipò, sempre più spesso l’ammirata stima dell’umanista Enea Silvio Piccolomini, poi papa Pio II,28 che lodò la magnificentia, impegnato agli stipendi del ducato di Milano. Fu efficacissimo al suo servizio anche quando i Priori la potentia e la prudentia del condottiero, ma quello rimase un caso isolato d’indulgente giudizio. di Perugia fecero deliberare la dedizione della città al Visconti, chiedendone la protezione contro i Fiorentini e il pontefice.30 Gian Galeazzo accettò la signoria e inviò immediatamente in Umbria, agli inizi del gennaio 1400, il suo commissario Pietro Scrovegni, scortato dal condottiero ducale Ottobono Terzi, al 21 «Nelle partes ultra Mincium, come la terminologia viscontea chiama i tre distretti della Marca Trevigiana soggetti al dominio milanese, sono attestati specifici interventi per la definizione di mansioni e competenze dei rappresentanti comando di ottocento cavalieri. Protetta Perugia sotto il biscione del duca di Milano, ad aprile, dei comuni cittadini». G. M. VARANINI, L’organizzazione del distretto cittadino nell’Italia padana dei secoli XIII-XIV, in G. Ottobono seppe conquistare, per conto del Visconti, Gualdo, Nocera Umbra, Bastia e Spoleto. Chittolini, D. Willoweit (a cura di), L'organizzazione del territorio in Italia e Germania: secoli XIII - XIV, Bologna 1994, Posta quindi sotto assedio Assisi e la rocca maggiore, s’impadroniva anche di queste, cacciandone p. 225. Cecchino Broglia usurpatore. 22 Cfr. G. SEREGNI, Il Consiglio Visconteo di Verona per le «Partes de ultra Mincium», in Atti e memorie del Secondo congresso storico Era in Lombardia agli inizi d’autunno del 1401, per unire le sue truppe con il nerbo delle lombardo: Bergamo, 18-19-20 Maggio 1937-XV, Milano 1938, pp. 277-281. 23 Quella proprietà fu poi confermata nel maggio 1405 dalla Repubblica di Venezia per donazione al figlio Ottobono viscontee scese in campo per affrontare l’armata di Roberto III del Palatinato, re dei Romani, con diritto di trasmetterla ai suoi eredi e successori. Cfr. Sentenza (in materia di Feudo improprio, Successione femminina, calato con un’armata di quindicimila cavalli dalla Baviera e da Trento su Brescia nel 1401. Il Rinnovazione d’investitura, Questioni fra vassalli) emessa dal Tribunale di Venezia il 26 luglio 1873, in Giurisprudenza Italiana, tedesco poteva contare allora sull’appoggio delle truppe dell'arcivescovo di Colonia e del duca raccolta generale progressiva, Decisioni delle varie corti del Regno, Sentenze del 1873, XXV, Parte II, Torino 1873, pp. Leopoldo IV d'Asburgo. Ottobono e Facino Cane, attestati alla difesa di Brescia, decisero di 559-569. 24 Vedi scheda Nicolaus de Terciis, Cives Veneciarum, http://www.civesveneciarum.net/ dettaglio.php?id=2656, sbaragliare gli assedianti. Il 24 ottobre, alla testa di 8oo cavalieri, scatenarono una improvvisa carica versione 48/2016-05-24. furibonda contro gli imperiali. I Tedeschi non ressero a quell’attacco fulmineo e micidiale. Dopo 25 A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p 239. 26 «Morì improvvisamente in questo gennaio l’illustre condottiero e dominus Nicolaus de Tertiis, e venne sepolto nella chiesa di San Francesco, presso la colonna della cappella maggiore dei Bonghi verso il monastero, presso la 29 Cfr. S. SISMONDI, Storia delle repubbliche italiane del Medio Evo, II, Prato 1863, p. 243. cappella di San Pietro Apostolo dei Nobili Bonghi». Chronicon bergomense guelpho-ghibellinum, cit., p. 67, n. 9. 30 Questa decisione era maturata in seguito all’uccisione, nel 1398, di Biordo Michelotti, signore della città umbra, su 27 L. ARIOSTO, Orlando furioso, canto III, 43. incitamento del fratello di questi, il condottiero Ceccolino. Quando il Visconti spirò, il 3 ottobre 1402, vantava 28 Cfr. ENEE SILVII PICCOLOMINEI (PII PP. II), De viris illustribus, Città del Vaticano 1991, pp. 12 e 21. ancora tra i suoi titoli quello di «Signore di Perugia». 46 Quaderni del Borgoantico 17

essersi spesi in disperati tentativi di reazione, furono messi in una rotta indecorosa. Inseguiti fin Il 24 di giugno 1404, il duca di Milano concesse a Ottobono la proprietà della città di Reggio dentro il loro campo dalle milizie ducali, abbandonarono un bottino di mille cavalli, due stendardi, e del suo castello. Giovanni Maria Visconti intendeva così remunerarlo dei grandi servigi che questi oltre a gran quantità di prigionieri. Tra questi si trovò anche il duca Leopoldo IV d'Asburgo, gli rendeva.36 Il giorno otto di settembre di quell’anno il duca stabilì che la città di Parma fosse data liberato dopo tre giorni perché si rese disponibile ad avviare trattative segrete. Roberto III del in pegno a Ottobono per un anno a risarcimento dei 78 mila fiorini che il Visconti doveva al suo Palatinato, rimasto a quel punto privo di ogni supporto e di alleati, covando i suoi rancori per i condottiero per stipendi arretrati. Con le casse del tesoro ducale sofferenti e prosciugate di patiti tradimenti, dopo soli quattro giorni di campagna tornò a Trento. 31 contante, s’imposero successivi rinnovi del dominio del Terzi su Parma, pegno che fu integrato Una svolta fondamentale nell’impegno militare, e d’allora in poi politico, di Ottobono è con l’infeudazione di Reggio. segnata dalla morte, avvenuta per peste il 3 settembre 1402, di Gian Galeazzo Visconti. Avuta la L’investitura di Reggio in Contea a beneficio di Ottobono Terzi fu formalizzata con diploma notizia del decesso, Ottobono tolse le sue truppe dall’assedio di Firenze ove si trovava e raggiunse datato Milano, 2 ottobre 1406.37 Il 9 ottobre Ottobono informò il reggimento di Reggio di quanto a marce forzate Milano per partecipare con gli altri condottieri ducali alle solenni esequie del statuito dal duca di Milano, comandando che venisse dipinto sul palazzo pubblico il suo stemma duca.32 con inquartata la vipera viscontea.38 La scomparsa di Gian Galeazzo sconvolse gli equilibri stabiliti e scatenò l’anarchia. Si visse Quell’anno segnò il culmine della gloria e del potere del Terzi, simboleggiato icasticamente allora entro i confini di quello che era stato il suo vastissimo Ducato una situazione ribollente di dalla presenza al battesimo del suo ultimogenito di una corona rappresentativa di principi e signori dinamiche intrecciate e complesse: «Fu grave crollo che ruppe gran corpo: sorsero i feudatari […] e italiani; dopo d’allora tutto contribuì a farlo precipitare verso la catastrofe e l’annichilimento ciascuno procacciò d’insignorirsi di qualche parte; i più forti presero le città, i meno forti le castella. politico e personale. Presto anche i tutori de’ Visconti furono in discordia; e i nemici si rallegrarono, specialmente il Papa che subito armò».33 Il principe vescovo di Trento a Parma da Ottobono Considerando il marasma nelle istituzioni del Ducato, molti capitani viscontei, e Alberico da Il giorno 6 dicembre 1406 era nato dal secondo matrimonio di Ottobono, quello con Barbiano primo fra questi, non tardarono a cambiare schieramento, passando al soldo di Firenze. Francesca (figlia del potente politico reggiano Carlo da Fogliano e di Isotta Visconti, illegittima di Ottobono seppe offrire e ostentare una lealtà quantomeno formale nel servire in armi i nuovi Bernabò) un nuovo erede: Niccolò Carlo che assunse al fonte battesimale i nomi dei nonni. Il rito reggenti di Milano. Un atteggiamento che gli meritò la nomina a capitano generale e che gli lustrale si celebrò a Natale, nel marmoreo fasto del battistero parmense, alla presenza d’un consentì, mettendo in campo il suo personale talento militare e un certo fiuto politico, di illustrissimo corteggio di padrini: Niccolò III d’Este, marchese di Ferrara, già acerrimo avversario 34 ripristinare il governo nel Bergamasco e nel Bresciano, senza trascurare il Perugino. di Ottobono; il futuro antipapa Giovanni XXIII, al secolo Baldassarre Cossa, cardinale di Bologna; Risoluto nella difesa delle proprie possessioni e feudi familiari in terra lombarda, sempre in il rappresentante della Serenissima; il signore di Rimini, Carlo Malatesta; quello di Mantova, agguato per dilatarli e carpirne di nuovi, Ottobono fu spregiudicato e aggressivo nel profittare a Francesco Gonzaga; Giovanni Maria Visconti, duca di Milano; il principe vescovo Giorgio di proprio vantaggio di quella situazione politicamente disintegrata: occupò Parma, dovendola però Liechtenstein, arrivato da Trento.39 subito difendere dagli attacchi delle potenti famiglie dei Rossi e dei Correggio. Sconfitte entrambe le casate, il Terzi le mise al bando, s’impadronì dei loro possedimenti e, di fatto, divenne il signore Il conflitto contro il marchese d’Este della città, componendo un suo potere, fieramente e violentemente sempre contrastato dalle famiglie rivali, prima tra queste la stirpe dei Rossi. Il dominio su Parma cominciò comunque a Nel 1408, trascorso un biennio di scontri spietati e persecuzioni che insanguinarono Parma e prendere forma legale e a radicarsi allorché la Reggente, la duchessa madre Caterina Visconti, le sue terre coinvolgendo soprattutto gli eterni nemici dei Terzi, i Rossi, si fecero anche più chiari vedova di Gian Galeazzo, in nome e per conto del figlio ed erede Giovanni Maria, il 27 luglio 1403 gli obiettivi politici e militari per il piccolo Stato di Parma e Reggio che perseguiva Ottobono. nominò Ottobono, assieme al fratello Giacomo, commissari ducali per Parma e Reggio, città che i I programmi del piccolo stato erano divenuti troppo ambiziosi e includevano un Terzi conserveranno in signoria sino alla primavera del 1409. A queste signorie si aggiunsero più ampliamento verso Oriente che contemplava la conquista di Modena per toglierla all’Estense. avanti quelle di Piacenza, Fiorenzuola, Borgo Val di Taro, Pontremoli e Castell'Arquato, Borgo San Donnino (l’odierna Fidenza) e altre minori.35 fra Tre e Quattrocento: fondamenti di leggitimità e forme di esercizio: Atti del Convegno di studi, Milano, 11-12 aprile 2003, Firenze 2005, p. 69. 36 Da Erba scrive nel suo Estratto che quella concessione in proprietà assoluta di città e castello era dovuta a 31 La vittoria di Brescia, conquistata anche grazie alla celere e poderosa efficienza delle compagini militari di Ottobono compensazione delle paghe arretrate che Ottobono vantava nei confronti del duca, ammontanti a 50 mila fiorini. E e del Cane, ebbe immediate conseguenze politiche perché il duca Leopoldo, l'arcivescovo di Colonia e il Carrarese, il Pezzana precisa: «Poiché a' 25 di quest' esso mese il Duca gli concesse in premio de' suoi servigi la città ed il percossi e delusi dal pessimo inizio della campagna militare, abbandonarono il re dei romani ai suoi evanescenti castello di Reggio».A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 63. progetti e tornarono nelle loro sedi d’oltralpe o padovane. L’Asburgo, licenziate quindi gran parte delle sue 37 Anche Brescello, Gualtieri e Castelnuovo oltr’Enza furono erette in contea «con tutte le rendite e i diritti ad essa sconfitte milizie tedesche, tornato a Trento, si trasferì poi a Venezia, dove trascorse tra gli ozi l’inverno connessi, colla giurisdizione del mero e misto impero, e con tutta in somma l’autorità di Sovrano, e ciò finattanto congiurando stancamente contro il Visconti, finché, nell’aprile del 1402, decise di ritornare, ingloriosamente, nelle che il Duca sia in istato di soddisfare al debito con lui contratto». Cfr. G. TIRABOSCHI, Memorie storiche modenesi, III, terre che ancora conservava in Germania. cit., p. 77. 32 La cerimonia funebre è stata descritta dalle cronache in tutta la sua superba magnificenza. Stupì la gran parata di 38 G. Badini, A. Gamberini (a cura di), Medioevo reggiano: studi in memoria di Odoardo Rombaldi, cit., p. 290, n. 36. vescovi e prelati, di ambasciatori, legati di tutti i principi e comuni dell’alta e media Italia, con le rappresentanze di 39 Giorgio I di Liechtenstein, principe vescovo di Trento dal 1390 al 1419, era politicamente legato al duca d’Austria tutte le sue città seguite da «cinquemila tra cacciatori e cortigiani, dodicimila di popolo d’ogni città, femmine Alberto III e al pontefice Bonifacio IX. Allorchè, pochi mesi dopo il battesimo di Niccolò Carlo Terzi, nel febbraio milanesi abbrunate e piangenti». Formidabile apparve lo schieramento dei suoi capitani e armigeri più illustri, con 1407, tornato a Trento, si trovò ad affrontare una rivolta cittadina estesa pericolosamente sino alle valli di Non e di Ottobono in prima fila. Altri della famiglia dei Terzi figuravano in primo piano in quello storico evento: accanto al Sole, il Liechtenstein si rassegnò a concessioni che portarono allo stabilirsi di un autonomo governo comunale. Egli feretro stava il cugino, valoroso capitano d’armi, Antonio, figlio di Giberto I, mentre il fratello minore, Giacomo, reagì in seguito tradendo i patti sottoscritti e, nel tentativo di riprendere il controllo su Trento, chiamò giureconsulto, ebbe l’onore di reggere il baldacchino ducale.. nascostamente in suo aiuto il condottiero Ottobono Terzi. Il tentativo fu scoperto e per questo il Liechtenstein 33 L. SCARABELLI, Istoria civile dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, II, cit., p. 222. venne dapprima incarcerato, nell’aprile 1407, e quindi esiliato. Tornò a Trento un paio di anni dopo, subendo 34 In generale per la situazione creatasi in quel tempo nel Ducato visconteo Cfr. G. C. ZIMOLO, Il ducato di Giovanni tuttavia la privazione di qualsiasi potestà o diritto nella sfera temporale e un pesante condizionamento in quella Maria Visconti, in Scritti storici e giuridici in memoria di Alessandro Visconti, Milano 1955, pp. 389-440. spirituale con l’imposizione di un vicario fedele al duca d’Austria. Insofferente, alla fine il Liechtenstein preferì 35 Cfr. A. GAMBERINI, La territorialità nel Basso Medioevo: un problema chiuso? Osservazioni a margine della vicenda di Reggio, in riprendere la via dell’esilio. Cfr. G. CRACCO, Belenzani, Rodolfo, in Dizionario Biografico degli Italiani, VII, Roma 1970, F. CENGARLE, G. CHITTOLINI, G. M. VARANINI (a cura di), Poteri signorili e feudali nelle campagne dell’Italia settentrionale www.treccani.it/enciclopedia/rodolfo-belenzani_(Dizionario-Biografico)/. Quaderni del Borgoantico 17 47

essersi spesi in disperati tentativi di reazione, furono messi in una rotta indecorosa. Inseguiti fin Il 24 di giugno 1404, il duca di Milano concesse a Ottobono la proprietà della città di Reggio dentro il loro campo dalle milizie ducali, abbandonarono un bottino di mille cavalli, due stendardi, e del suo castello. Giovanni Maria Visconti intendeva così remunerarlo dei grandi servigi che questi oltre a gran quantità di prigionieri. Tra questi si trovò anche il duca Leopoldo IV d'Asburgo, gli rendeva.36 Il giorno otto di settembre di quell’anno il duca stabilì che la città di Parma fosse data liberato dopo tre giorni perché si rese disponibile ad avviare trattative segrete. Roberto III del in pegno a Ottobono per un anno a risarcimento dei 78 mila fiorini che il Visconti doveva al suo Palatinato, rimasto a quel punto privo di ogni supporto e di alleati, covando i suoi rancori per i condottiero per stipendi arretrati. Con le casse del tesoro ducale sofferenti e prosciugate di patiti tradimenti, dopo soli quattro giorni di campagna tornò a Trento. 31 contante, s’imposero successivi rinnovi del dominio del Terzi su Parma, pegno che fu integrato Una svolta fondamentale nell’impegno militare, e d’allora in poi politico, di Ottobono è con l’infeudazione di Reggio. segnata dalla morte, avvenuta per peste il 3 settembre 1402, di Gian Galeazzo Visconti. Avuta la L’investitura di Reggio in Contea a beneficio di Ottobono Terzi fu formalizzata con diploma notizia del decesso, Ottobono tolse le sue truppe dall’assedio di Firenze ove si trovava e raggiunse datato Milano, 2 ottobre 1406.37 Il 9 ottobre Ottobono informò il reggimento di Reggio di quanto a marce forzate Milano per partecipare con gli altri condottieri ducali alle solenni esequie del statuito dal duca di Milano, comandando che venisse dipinto sul palazzo pubblico il suo stemma duca.32 con inquartata la vipera viscontea.38 La scomparsa di Gian Galeazzo sconvolse gli equilibri stabiliti e scatenò l’anarchia. Si visse Quell’anno segnò il culmine della gloria e del potere del Terzi, simboleggiato icasticamente allora entro i confini di quello che era stato il suo vastissimo Ducato una situazione ribollente di dalla presenza al battesimo del suo ultimogenito di una corona rappresentativa di principi e signori dinamiche intrecciate e complesse: «Fu grave crollo che ruppe gran corpo: sorsero i feudatari […] e italiani; dopo d’allora tutto contribuì a farlo precipitare verso la catastrofe e l’annichilimento ciascuno procacciò d’insignorirsi di qualche parte; i più forti presero le città, i meno forti le castella. politico e personale. Presto anche i tutori de’ Visconti furono in discordia; e i nemici si rallegrarono, specialmente il Papa che subito armò».33 Il principe vescovo di Trento a Parma da Ottobono Considerando il marasma nelle istituzioni del Ducato, molti capitani viscontei, e Alberico da Il giorno 6 dicembre 1406 era nato dal secondo matrimonio di Ottobono, quello con Barbiano primo fra questi, non tardarono a cambiare schieramento, passando al soldo di Firenze. Francesca (figlia del potente politico reggiano Carlo da Fogliano e di Isotta Visconti, illegittima di Ottobono seppe offrire e ostentare una lealtà quantomeno formale nel servire in armi i nuovi Bernabò) un nuovo erede: Niccolò Carlo che assunse al fonte battesimale i nomi dei nonni. Il rito reggenti di Milano. Un atteggiamento che gli meritò la nomina a capitano generale e che gli lustrale si celebrò a Natale, nel marmoreo fasto del battistero parmense, alla presenza d’un consentì, mettendo in campo il suo personale talento militare e un certo fiuto politico, di illustrissimo corteggio di padrini: Niccolò III d’Este, marchese di Ferrara, già acerrimo avversario 34 ripristinare il governo nel Bergamasco e nel Bresciano, senza trascurare il Perugino. di Ottobono; il futuro antipapa Giovanni XXIII, al secolo Baldassarre Cossa, cardinale di Bologna; Risoluto nella difesa delle proprie possessioni e feudi familiari in terra lombarda, sempre in il rappresentante della Serenissima; il signore di Rimini, Carlo Malatesta; quello di Mantova, agguato per dilatarli e carpirne di nuovi, Ottobono fu spregiudicato e aggressivo nel profittare a Francesco Gonzaga; Giovanni Maria Visconti, duca di Milano; il principe vescovo Giorgio di proprio vantaggio di quella situazione politicamente disintegrata: occupò Parma, dovendola però Liechtenstein, arrivato da Trento.39 subito difendere dagli attacchi delle potenti famiglie dei Rossi e dei Correggio. Sconfitte entrambe le casate, il Terzi le mise al bando, s’impadronì dei loro possedimenti e, di fatto, divenne il signore Il conflitto contro il marchese d’Este della città, componendo un suo potere, fieramente e violentemente sempre contrastato dalle famiglie rivali, prima tra queste la stirpe dei Rossi. Il dominio su Parma cominciò comunque a Nel 1408, trascorso un biennio di scontri spietati e persecuzioni che insanguinarono Parma e prendere forma legale e a radicarsi allorché la Reggente, la duchessa madre Caterina Visconti, le sue terre coinvolgendo soprattutto gli eterni nemici dei Terzi, i Rossi, si fecero anche più chiari vedova di Gian Galeazzo, in nome e per conto del figlio ed erede Giovanni Maria, il 27 luglio 1403 gli obiettivi politici e militari per il piccolo Stato di Parma e Reggio che perseguiva Ottobono. nominò Ottobono, assieme al fratello Giacomo, commissari ducali per Parma e Reggio, città che i I programmi del piccolo stato erano divenuti troppo ambiziosi e includevano un Terzi conserveranno in signoria sino alla primavera del 1409. A queste signorie si aggiunsero più ampliamento verso Oriente che contemplava la conquista di Modena per toglierla all’Estense. avanti quelle di Piacenza, Fiorenzuola, Borgo Val di Taro, Pontremoli e Castell'Arquato, Borgo San Donnino (l’odierna Fidenza) e altre minori.35 fra Tre e Quattrocento: fondamenti di leggitimità e forme di esercizio: Atti del Convegno di studi, Milano, 11-12 aprile 2003, Firenze 2005, p. 69. 36 Da Erba scrive nel suo Estratto che quella concessione in proprietà assoluta di città e castello era dovuta a 31 La vittoria di Brescia, conquistata anche grazie alla celere e poderosa efficienza delle compagini militari di Ottobono compensazione delle paghe arretrate che Ottobono vantava nei confronti del duca, ammontanti a 50 mila fiorini. E e del Cane, ebbe immediate conseguenze politiche perché il duca Leopoldo, l'arcivescovo di Colonia e il Carrarese, il Pezzana precisa: «Poiché a' 25 di quest' esso mese il Duca gli concesse in premio de' suoi servigi la città ed il percossi e delusi dal pessimo inizio della campagna militare, abbandonarono il re dei romani ai suoi evanescenti castello di Reggio».A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 63. progetti e tornarono nelle loro sedi d’oltralpe o padovane. L’Asburgo, licenziate quindi gran parte delle sue 37 Anche Brescello, Gualtieri e Castelnuovo oltr’Enza furono erette in contea «con tutte le rendite e i diritti ad essa sconfitte milizie tedesche, tornato a Trento, si trasferì poi a Venezia, dove trascorse tra gli ozi l’inverno connessi, colla giurisdizione del mero e misto impero, e con tutta in somma l’autorità di Sovrano, e ciò finattanto congiurando stancamente contro il Visconti, finché, nell’aprile del 1402, decise di ritornare, ingloriosamente, nelle che il Duca sia in istato di soddisfare al debito con lui contratto». Cfr. G. TIRABOSCHI, Memorie storiche modenesi, III, terre che ancora conservava in Germania. cit., p. 77. 32 La cerimonia funebre è stata descritta dalle cronache in tutta la sua superba magnificenza. Stupì la gran parata di 38 G. Badini, A. Gamberini (a cura di), Medioevo reggiano: studi in memoria di Odoardo Rombaldi, cit., p. 290, n. 36. vescovi e prelati, di ambasciatori, legati di tutti i principi e comuni dell’alta e media Italia, con le rappresentanze di 39 Giorgio I di Liechtenstein, principe vescovo di Trento dal 1390 al 1419, era politicamente legato al duca d’Austria tutte le sue città seguite da «cinquemila tra cacciatori e cortigiani, dodicimila di popolo d’ogni città, femmine Alberto III e al pontefice Bonifacio IX. Allorchè, pochi mesi dopo il battesimo di Niccolò Carlo Terzi, nel febbraio milanesi abbrunate e piangenti». Formidabile apparve lo schieramento dei suoi capitani e armigeri più illustri, con 1407, tornato a Trento, si trovò ad affrontare una rivolta cittadina estesa pericolosamente sino alle valli di Non e di Ottobono in prima fila. Altri della famiglia dei Terzi figuravano in primo piano in quello storico evento: accanto al Sole, il Liechtenstein si rassegnò a concessioni che portarono allo stabilirsi di un autonomo governo comunale. Egli feretro stava il cugino, valoroso capitano d’armi, Antonio, figlio di Giberto I, mentre il fratello minore, Giacomo, reagì in seguito tradendo i patti sottoscritti e, nel tentativo di riprendere il controllo su Trento, chiamò giureconsulto, ebbe l’onore di reggere il baldacchino ducale.. nascostamente in suo aiuto il condottiero Ottobono Terzi. Il tentativo fu scoperto e per questo il Liechtenstein 33 L. SCARABELLI, Istoria civile dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, II, cit., p. 222. venne dapprima incarcerato, nell’aprile 1407, e quindi esiliato. Tornò a Trento un paio di anni dopo, subendo 34 In generale per la situazione creatasi in quel tempo nel Ducato visconteo Cfr. G. C. ZIMOLO, Il ducato di Giovanni tuttavia la privazione di qualsiasi potestà o diritto nella sfera temporale e un pesante condizionamento in quella Maria Visconti, in Scritti storici e giuridici in memoria di Alessandro Visconti, Milano 1955, pp. 389-440. spirituale con l’imposizione di un vicario fedele al duca d’Austria. Insofferente, alla fine il Liechtenstein preferì 35 Cfr. A. GAMBERINI, La territorialità nel Basso Medioevo: un problema chiuso? Osservazioni a margine della vicenda di Reggio, in riprendere la via dell’esilio. Cfr. G. CRACCO, Belenzani, Rodolfo, in Dizionario Biografico degli Italiani, VII, Roma 1970, F. CENGARLE, G. CHITTOLINI, G. M. VARANINI (a cura di), Poteri signorili e feudali nelle campagne dell’Italia settentrionale www.treccani.it/enciclopedia/rodolfo-belenzani_(Dizionario-Biografico)/. 48 Quaderni del Borgoantico 17

Tutto ciò, oltre che il cumulo di depredazioni e violenze sanguinarie perpetrate con inumana Il cadavere, narrano concordi le cronache,42 fu ferocia per ogni dove da Ottobono,40 portò alla pronuncia e all’esecuzione della sua condanna. trasportato su «un vil carro» a Modena. La testa, infilzata Contro di lui, per sua eliminazione e al «finale sterminio» della famiglia dei Terzi e di tutti i loro a mo’ di trofeo su una picca, fu issata davanti al duomo e collegati, si formò il 13 maggio 1408 una lega alla quale aderirono, spalleggiando il marchese più tardi portata al castello di Felino, feudo dei Rossi. Niccolò III d’Este, Gianfrancesco Gonzaga, signore di Mantova, il legato pontificio di Bologna, Quel che rimase delle spoglie di Ottobono venne Pandolfo Malatesta da Rimini, Gabrino Fondulo da Cremona, e persino Giovanni Maria Visconti, letteralmente fatto a brani dalla furia belluina della duca di Milano. Si aggiunsero poi, appena informati della pattuizione, altri nemici giurati dei Terzi, plebaglia; mangiato in parte in lugubri festini; inchiodati quali Orlando Pallavicino e Pier Maria de' Rossi accompagnato dal fratello, il vescovo Jacopo. altri pezzi dilaniati come macelleria nelle contrade della La fine si consumò tuttavia solo un anno dopo, nel 1409, a conclusione di scontri senza fine, città. intervallati da tentativi di trattativa insinceri. Il Terzi, isolato rispetto al mondo delle altre signorie L’orrenda punizione inflitta ad Ottobono è stata padane, accerchiato da alleanze ostili mirate al suo disfacimento politico e persino fisico, poi sempre descritta come giusta e persino lodevole da disperando di prevalere con le proprie milizie, si era infine rassegnato a inseguire un accordo con il storici e scrittori, tutti vicini e organici alla propaganda marchese Niccolò d’Este, ma fu ripagato con la pena del contrappasso, fatto oggetto d’inganno e difensiva ed encomiastica dei marchesi d’Este, i attirato in un’imboscata mortale. trionfatori contro il signore di Parma e Reggio. La palese slealtà di Niccolò III che aveva ordito l’imboscata,43 L’agguato di Rubiera, la fine atroce di Ottobono, lo scempio del cadavere complice degli Attendolo, gli assassini materiali, fu facilmente scordata e rimossa. Alla fin fine l’Estense era All’alba del 27 maggio 1409, era il lunedì di Pasqua, Ottobono raggiungeva con la sua scorta il vincitore, e ai vincitori è comodo dar ragione, specie se di cavalleggeri il ponte della Vallisella sulla strada che attraversa la Via Emilia, a metà strada tra tengono il potere e la borsa. Modena e Reggio, nelle campagne di Valverde sopra Rubiera. In quel luogo era stato stabilito un Tra gli accusatori del feroce Ottobono, anche suo incontro con l’Estense per concludere una tregua nella guerra che li opponeva. l’insigne poeta Ludovico Ariosto, cortigiano a Ferrara, Un lungo cappuccio calato in testa al posto dell’elmo, montando un’umile cavalcatura, che nel canto III del suo Orlando Furioso pone «il terzo Ottobono giunse indifeso, ostentando mitezza, al convegno di Rubiera, accompagnato, a Oto e di Reggio e di Parma aspro tiranno», a confronto, La “preda ringadora” a Modena ove fu esposta la testa dimostrazione della sua buona fede, dal figlio fanciullo Niccolò Carlo, recato in sella dallo zio ovviamente perdente, con Niccolò d’Este: mozza di Ottobono, ucciso da Muzio Attendolo Sforza Giacomo. Lo seguivano il suocero Carlo da Fogliano e pochi amici, tra i quali il più devoto, Guido Torelli, signore di Guastalla e di Montechiarugolo, difesi da un centinaio di cavalieri sotto i cui Ve' Nicolò, che tenero fanciullo mantelli le prime luci di quella tragica giornata scoprivano in brevi bagliori le armature pettorali. il popul crea signor de la sua terra, Pari scorta cavalcava con Niccolò III d'Este che era seguito da Uguccione de’ Contrari, signore di [...] Vignola, e dai cugini e Muzio Attendolo, detto lo Sforza, capitani di ventura. Farà de' suoi ribelli uscire a voto Mentre i due signori di Parma e di Ferrara, senza armi oltre la spada al fianco, rispettosi degli ogni disegno, e lor tornare in danno; ed ogni stratagema avrà sì noto, accordi preliminari, accompagnati ciascuno da un solo uomo a cavallo, avvicinatisi e scambiati i che sarà duro il potergli fare inganno, convenevoli di rito, iniziavano a trattare la pace, Muzio Attendolo Sforza, che stava occultato in Tardi di questo s’avedrà il terzo Oto, agguato con i suoi militi a cavallo in una vicina boscaglia, scattò fuori caricando all’improvviso e di Reggio e di Parma aspro tiranno come forsennato verso le spalle indifese di Ottobono, lo colpì a tradimento alla schiena, che da costui spogliato a un tempo fia trapassandolo con la spada e facendolo finire a terra. Il cugino dello Sforza, Michele, si accanì da e del dominio e de la vita ria. 44 maramaldo sul caduto. Il Panciroli descrive così quel che avvenne: «Già proferivansi le condizioni della pace, quando lo Sforza […] stretta la spada e spronato il cavallo, s'avventò con tanto impeto Condannando e caricato d’ogni colpa invece fu il perdente, convintosi a cercare finalmente contra Ottobono che trapassollo e trabalzollo co 'l cavallo per terra. Allora Michele dielli un grosso pace, per sé e per Parma, disarmato e accompagnato dal figlio di nemmeno tre anni, portato a colpo, e gli spaccò la testa».41 omaggiare, per l’occasione, Niccolò III d’Este, già suo padrino al fonte battesimale.

40 Sull’efferatezza d’Ottobono corrono ancora oggi nei borghi sull’Appennino emiliano fosche leggende, dipinto quale orco ai bambini, e rievocate nelle sagre popolari. Gli storici, per parte loro, riferiscono, tra i tanti fatti reali, la lancia lo portarono i Rossi a maniera di trionfo a Felina castello di loro giurisdizione». G. PANCIROLI, Storia della reazione all’uccisione dello scudiero Merlino vendicata con il massacro di centosettanta cittadini parmensi della città di Reggio, II, Reggio 1848, pp. 34-36. famiglia nemica dei Rossi. Così scrive, ad esempio, Angelo Pezzana per la cronaca parmense dell’anno 1404: «Un 42 Lo storico Amos Manni ha incentrato il suo accuratissimo studio, basilare per ogni ricerca relativa alla stirpe dei famiglio di Ottobuono, giovine di leggiadro aspetto, di laudabile e gentil costume, e più d'ogn'altro istrutto ne' Terzi, soprattutto sulla tormentata biografia di Ottobono. Alla sua morte dedica un intero capitolo che così cavallereschi diporti della danza e del suono, fu preso il dì 14 luglio da' villani de' Rossi nelle vicinanze del castello introduce: «Dopo aver esposto gli avvenimenti che condussero all’uccisione di Ottobuono Terzi, ed avere degli Alberi. A quelle amabilità congiugneva una piacevolezza nel parlare, la quale condiva di sì arguti e festivi tratteggiati i caratteri dei due principali personaggi di questo mio lavoro, cercherò di determinare, vagliando le varie motti, che il suo Signore soventi volte a ricreamento dell’animo e del corpo affaticati solea con esso lui testimonianze che esistono, con logica conclusione il modo in cui venne ucciso il Venturiero e le responsabilità intrattenersi. Merlino era il suo nome. Questo amabile giovinetto fu ucciso il dì sedici da que' barbari e mandatone gravanti sul Signore di Ferrara». Nel dettaglio descrive: «La Morte del Terzi nelle narrazioni dei cronisti e degli il cadavere a Parma come per beffa all'afflitto padrone. Da tanta rabbia, da tanto dolore fu concitato 1'animo di Storici - Lo scempio del cadavere - Le vere responsabilità di Niccolò III d’Este». Cfr. A. MANNI, Terzi ed Estensi Otto che orrenda fu la vendetta da lui presane. Fece tagliare in pezzi censettanta tra cittadini e villani della parte (1402-1421), «Atti e Memorie della Deputazione Ferrarese di Storia Patria», XXV, II, 1924, pp. 87-98. Rossa che erano prigioni in Parma, e così macellati mandolli sopra 14 carra fuor di porta S. Michele a Porporano 43 Non sembra infatti credibile che Niccolò III ignorasse le intenzioni dei due Attendolo, presenti armati e ove campeggiava il nemico. Fece spianare sette case de' Rossi». A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 63. contravvenendo alle modalità concordate per l’incontro. Goffo fu anche il tentativo di Niccolò di scusare lo Sforza 41 Lo storico più avanti aggiunge: «I villani modenesi accesi d'implacabil odio per li danni ricevuti in quella guerra quando Ottobono si avvide dai bagliori della sua corazza della presenza di soldatesche celati in agguato nella vicina trassero le viscere dell'occiso Ottobono, e con famelica rabbia ne mangiarono il cuore fritto in una padella. boscaglia. Squartato e tagliuzzato il cadavere, altri, secondo è fama, ne divorarono disumanamente le carni. Il capo fitto in una 44 L. ARIOSTO, Orlando furioso, canto III, 43. Quaderni del Borgoantico 17 49

Tutto ciò, oltre che il cumulo di depredazioni e violenze sanguinarie perpetrate con inumana Il cadavere, narrano concordi le cronache,42 fu ferocia per ogni dove da Ottobono,40 portò alla pronuncia e all’esecuzione della sua condanna. trasportato su «un vil carro» a Modena. La testa, infilzata Contro di lui, per sua eliminazione e al «finale sterminio» della famiglia dei Terzi e di tutti i loro a mo’ di trofeo su una picca, fu issata davanti al duomo e collegati, si formò il 13 maggio 1408 una lega alla quale aderirono, spalleggiando il marchese più tardi portata al castello di Felino, feudo dei Rossi. Niccolò III d’Este, Gianfrancesco Gonzaga, signore di Mantova, il legato pontificio di Bologna, Quel che rimase delle spoglie di Ottobono venne Pandolfo Malatesta da Rimini, Gabrino Fondulo da Cremona, e persino Giovanni Maria Visconti, letteralmente fatto a brani dalla furia belluina della duca di Milano. Si aggiunsero poi, appena informati della pattuizione, altri nemici giurati dei Terzi, plebaglia; mangiato in parte in lugubri festini; inchiodati quali Orlando Pallavicino e Pier Maria de' Rossi accompagnato dal fratello, il vescovo Jacopo. altri pezzi dilaniati come macelleria nelle contrade della La fine si consumò tuttavia solo un anno dopo, nel 1409, a conclusione di scontri senza fine, città. intervallati da tentativi di trattativa insinceri. Il Terzi, isolato rispetto al mondo delle altre signorie L’orrenda punizione inflitta ad Ottobono è stata padane, accerchiato da alleanze ostili mirate al suo disfacimento politico e persino fisico, poi sempre descritta come giusta e persino lodevole da disperando di prevalere con le proprie milizie, si era infine rassegnato a inseguire un accordo con il storici e scrittori, tutti vicini e organici alla propaganda marchese Niccolò d’Este, ma fu ripagato con la pena del contrappasso, fatto oggetto d’inganno e difensiva ed encomiastica dei marchesi d’Este, i attirato in un’imboscata mortale. trionfatori contro il signore di Parma e Reggio. La palese slealtà di Niccolò III che aveva ordito l’imboscata,43 L’agguato di Rubiera, la fine atroce di Ottobono, lo scempio del cadavere complice degli Attendolo, gli assassini materiali, fu facilmente scordata e rimossa. Alla fin fine l’Estense era All’alba del 27 maggio 1409, era il lunedì di Pasqua, Ottobono raggiungeva con la sua scorta il vincitore, e ai vincitori è comodo dar ragione, specie se di cavalleggeri il ponte della Vallisella sulla strada che attraversa la Via Emilia, a metà strada tra tengono il potere e la borsa. Modena e Reggio, nelle campagne di Valverde sopra Rubiera. In quel luogo era stato stabilito un Tra gli accusatori del feroce Ottobono, anche suo incontro con l’Estense per concludere una tregua nella guerra che li opponeva. l’insigne poeta Ludovico Ariosto, cortigiano a Ferrara, Un lungo cappuccio calato in testa al posto dell’elmo, montando un’umile cavalcatura, che nel canto III del suo Orlando Furioso pone «il terzo Ottobono giunse indifeso, ostentando mitezza, al convegno di Rubiera, accompagnato, a Oto e di Reggio e di Parma aspro tiranno», a confronto, La “preda ringadora” a Modena ove fu esposta la testa dimostrazione della sua buona fede, dal figlio fanciullo Niccolò Carlo, recato in sella dallo zio ovviamente perdente, con Niccolò d’Este: mozza di Ottobono, ucciso da Muzio Attendolo Sforza Giacomo. Lo seguivano il suocero Carlo da Fogliano e pochi amici, tra i quali il più devoto, Guido Torelli, signore di Guastalla e di Montechiarugolo, difesi da un centinaio di cavalieri sotto i cui Ve' Nicolò, che tenero fanciullo mantelli le prime luci di quella tragica giornata scoprivano in brevi bagliori le armature pettorali. il popul crea signor de la sua terra, Pari scorta cavalcava con Niccolò III d'Este che era seguito da Uguccione de’ Contrari, signore di [...] Vignola, e dai cugini Micheletto Attendolo e Muzio Attendolo, detto lo Sforza, capitani di ventura. Farà de' suoi ribelli uscire a voto Mentre i due signori di Parma e di Ferrara, senza armi oltre la spada al fianco, rispettosi degli ogni disegno, e lor tornare in danno; ed ogni stratagema avrà sì noto, accordi preliminari, accompagnati ciascuno da un solo uomo a cavallo, avvicinatisi e scambiati i che sarà duro il potergli fare inganno, convenevoli di rito, iniziavano a trattare la pace, Muzio Attendolo Sforza, che stava occultato in Tardi di questo s’avedrà il terzo Oto, agguato con i suoi militi a cavallo in una vicina boscaglia, scattò fuori caricando all’improvviso e di Reggio e di Parma aspro tiranno come forsennato verso le spalle indifese di Ottobono, lo colpì a tradimento alla schiena, che da costui spogliato a un tempo fia trapassandolo con la spada e facendolo finire a terra. Il cugino dello Sforza, Michele, si accanì da e del dominio e de la vita ria. 44 maramaldo sul caduto. Il Panciroli descrive così quel che avvenne: «Già proferivansi le condizioni della pace, quando lo Sforza […] stretta la spada e spronato il cavallo, s'avventò con tanto impeto Condannando e caricato d’ogni colpa invece fu il perdente, convintosi a cercare finalmente contra Ottobono che trapassollo e trabalzollo co 'l cavallo per terra. Allora Michele dielli un grosso pace, per sé e per Parma, disarmato e accompagnato dal figlio di nemmeno tre anni, portato a colpo, e gli spaccò la testa».41 omaggiare, per l’occasione, Niccolò III d’Este, già suo padrino al fonte battesimale.

40 Sull’efferatezza d’Ottobono corrono ancora oggi nei borghi sull’Appennino emiliano fosche leggende, dipinto quale orco ai bambini, e rievocate nelle sagre popolari. Gli storici, per parte loro, riferiscono, tra i tanti fatti reali, la lancia lo portarono i Rossi a maniera di trionfo a Felina castello di loro giurisdizione». G. PANCIROLI, Storia della reazione all’uccisione dello scudiero Merlino vendicata con il massacro di centosettanta cittadini parmensi della città di Reggio, II, Reggio 1848, pp. 34-36. famiglia nemica dei Rossi. Così scrive, ad esempio, Angelo Pezzana per la cronaca parmense dell’anno 1404: «Un 42 Lo storico Amos Manni ha incentrato il suo accuratissimo studio, basilare per ogni ricerca relativa alla stirpe dei famiglio di Ottobuono, giovine di leggiadro aspetto, di laudabile e gentil costume, e più d'ogn'altro istrutto ne' Terzi, soprattutto sulla tormentata biografia di Ottobono. Alla sua morte dedica un intero capitolo che così cavallereschi diporti della danza e del suono, fu preso il dì 14 luglio da' villani de' Rossi nelle vicinanze del castello introduce: «Dopo aver esposto gli avvenimenti che condussero all’uccisione di Ottobuono Terzi, ed avere degli Alberi. A quelle amabilità congiugneva una piacevolezza nel parlare, la quale condiva di sì arguti e festivi tratteggiati i caratteri dei due principali personaggi di questo mio lavoro, cercherò di determinare, vagliando le varie motti, che il suo Signore soventi volte a ricreamento dell’animo e del corpo affaticati solea con esso lui testimonianze che esistono, con logica conclusione il modo in cui venne ucciso il Venturiero e le responsabilità intrattenersi. Merlino era il suo nome. Questo amabile giovinetto fu ucciso il dì sedici da que' barbari e mandatone gravanti sul Signore di Ferrara». Nel dettaglio descrive: «La Morte del Terzi nelle narrazioni dei cronisti e degli il cadavere a Parma come per beffa all'afflitto padrone. Da tanta rabbia, da tanto dolore fu concitato 1'animo di Storici - Lo scempio del cadavere - Le vere responsabilità di Niccolò III d’Este». Cfr. A. MANNI, Terzi ed Estensi Otto che orrenda fu la vendetta da lui presane. Fece tagliare in pezzi censettanta tra cittadini e villani della parte (1402-1421), «Atti e Memorie della Deputazione Ferrarese di Storia Patria», XXV, II, 1924, pp. 87-98. Rossa che erano prigioni in Parma, e così macellati mandolli sopra 14 carra fuor di porta S. Michele a Porporano 43 Non sembra infatti credibile che Niccolò III ignorasse le intenzioni dei due Attendolo, presenti armati e ove campeggiava il nemico. Fece spianare sette case de' Rossi». A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., p. 63. contravvenendo alle modalità concordate per l’incontro. Goffo fu anche il tentativo di Niccolò di scusare lo Sforza 41 Lo storico più avanti aggiunge: «I villani modenesi accesi d'implacabil odio per li danni ricevuti in quella guerra quando Ottobono si avvide dai bagliori della sua corazza della presenza di soldatesche celati in agguato nella vicina trassero le viscere dell'occiso Ottobono, e con famelica rabbia ne mangiarono il cuore fritto in una padella. boscaglia. Squartato e tagliuzzato il cadavere, altri, secondo è fama, ne divorarono disumanamente le carni. Il capo fitto in una 44 L. ARIOSTO, Orlando furioso, canto III, 43. 50 Quaderni del Borgoantico 17

Il piccolo Niccolò Carlo, presente all’assassinio del padre, recato in sella dallo zio, fu da Di Nicolaus Tertius Othonis filius, condottiero di , Giulini scrisse che era questi portato in salvo. Giacomo riuscì a sfuggire all’accerchiamento e alla cattura da parte degli illustre e lo poneva fra i capitani eccellenti, quelli «peraltro così magnifici, che da alcun altro in armati estensi e dei loro alleati, usciti in folla allo scoperto dalla boscaglia ove si celavano. Dal Italia non venivano superati».48 Tuttavia il Guerriero non si limitò ad assicurare al Visconti il suo luogo dell’imboscata, Rubiera poche leghe da Modena, cavalcando ventre a terra, riuscì a riparare talento militare: il duca Filippo Maria, con il quale entrò presto in confidenza e «al quale fu sempre dentro le mura di Parma. molto caro», ne apprezzò, ben oltre il valore militare, i talenti di consigliere e di diplomatico Convocato il popolo in cattedrale, dinanzi a quell’assemblea, Giacomo innalzò sulle sue accorto e abile. Lo utilizzò in missioni impegnative, come quella presso Sigismondo re dei Romani, braccia l’orfano Niccolò Terzi, proclamandolo legittimo erede del dominio paterno. Esortò quindi quando questi discese in Lombardia, tappa del viaggio verso Roma per l’incoronazione a cittadini e milizie civiche a prestargli rituale giuramento di fedeltà quale nuovo signore di Parma e imperatore del Sacro Romano Impero. Lo volle quindi nel suo Consiglio Segreto, nella più Reggio. Quell’effimera signoria durò appena venti giorni, governata da Giacomo finché l’Estense esclusiva e riservata cerchia di corte, «perocché egli da pochi e poche volte si lasciava avvicinare».49 non entrò in Parma cacciandone i Terzi rimasti dopo la fuga della vedova di Ottobono, Francesca, A ben guardare, gli esiti militari di Niccolò Terzi delle tante battaglie cui partecipò sono con i figli e le figlie. ritmati non da vittorie eclatanti quanto piuttosto da secche sconfitte, da catture, imprigionamenti e Sul campo di battaglia a continuare la guerra contro l’Estense e gli altri avversari dei Terzi conseguenti liberazioni. rimase un figlio naturale, legittimato solennemente quattro anni prima, Niccolò,45 passato alla storia Niccolò non vanta un curriculum militare così glorioso come farebbe supporre il titolo come “il Guerriero” per la sua fama di strenuo combattente. “guerresco” che lo fregia, mentre al contrario appare più pregevole il suo impegno politico- diplomatico che, più maturo in età, spese presso il Visconti, anche quale esponente della fazione Niccolò Terzi il Guerriero braccesca e quindi anti-sforzesca; poi come delegato dei Reggitori la Repubblica Ambrosiana e Per il prestigio conquistato sui campi di battaglia, Niccolò meritò il titolo celebre di Guerriero infine, in esilio e al tramonto della sua lunga carriera, come camerlengo alla corte di Ludovico III che poi trasmise quale cognome al cugino Giovan Filippo, capostipite della casata dei Guerrieri Gonzaga, marchese di Mantova. L’elenco necessariamente incompleto delle battaglie e delle Gonzaga. campagne militari alle quali il Guerriero prese parte, sempre valorosamente, è peraltro veramente Difficile, anche qui, riassumere in poche righe la vicenda storica di un personaggio ragguardevole: nel 1416 combatteva sotto il comando del Carmagnola; era a Zagonara nel 1424; in complesso che trascorse quasi tutta la prima metà del secolo XV al servizio del duca Filippo Maria Liguria contro Alfonso d’Aragona e i Fiorentini l’anno successivo; alla storica battaglia di Maclodio Visconti di Milano; e buona parte dell’altra metà presso la corte di Ludovico III Gonzaga, a contro il Carmagnola il 12 ottobre 1427; luogotenente di Niccolò Piccinino nel 1430. Mantova. L’adolescente Niccolò, il futuro Guerriero, appena seppe dell’assassinio del padre si precipitò a indossare le armi, cavalcando poi ventre a terra per portarsi a fianco Carlo da Fogliano, suocero di Ottobono e suo influente consigliere. Assieme affrontarono il 17 giugno 1409, sotto il castello di Montecchio Emilia, alla testa di 600 lance, le più agguerrite truppe estensi, comandate dallo Sforza,46 che nella mischia prevalsero, costringendo alla fuga quelle dei Terzi. Dopo la battaglia di Montecchio, ove conobbe la sua prima sconfitta, del giovane Niccolò non si hanno più notizie fino al 1416. Lo si ritrova, già capitano, combattente agli stipendi di Filippo Maria Visconti, nel solco della tradizionale militanza presso il ducato preferita dal padre Ottobono e dal nonno Niccolò il Vecchio. Il Guerriero era un coetaneo di Filippo Maria e lo servì per oltre un trentennio, sin dal tempo in cui questi, salito al potere nel 1412 succedendo al fratello Giovanni Maria, uscì dall’ombra per divenire signore di Milano. Nella primavera del 1416 le milizie ducali diedero inizio a operazioni militari contro l’Estense che continuava a imperversare in quelli che erano stati i domini viscontei nel Parmense e nel Reggiano. Niccolò Terzi il Guerriero, già stimato quale «capitano egregio», combatteva sotto il comando generale del Carmagnola. Nel 1417 era alla testa delle truppe di cavalleria accorpate a quelle proprie del duca, alla sua guardia del corpo, le famose Lance spezzate, dopo aver condotto anche le compagnie a cavallo ereditate dal padre Ottobono.47

45 Niccolò il Guerriero, figlio naturale d’Ottobono e di Cecilia Lapergola, legittimato il 25 novembre 1405, nato nell’ultimo decennio del 1300, è spesso erroneamente identificato dagli storici con il Niccolò Carlo, figlio legittimo, nato il 6 dicembre 1406 dal matrimonio con Francesca da Fogliano. Colorno, ultimo feudo di Niccolò il Guerriero. Nel 1448, dopo la fuga del Terzi verso la corte dei Gonzaga, il castello passò in proprietà ai Sanseverino. Venne ristrutturato nel XVI secolo dalla bellissima Barbara, cantata da Torquato Tasso, fatta poi imprigionare e decapitare dai Farnese, duchi di Parma, che ne 46 A. PEZZANA, , II, cit., p. 122. Storia della città di Parma sequestrarono i beni. Nei secoli seguenti i Farnese fecero trasformare l’antico maniero dai loro architetti: Ferdinando Bibiena, prima, e il francese Alexandre Petitot, 47 Un’importante caratteristica che si deve rilevare in quella condotta sta nell’inquadramento dei combattenti. Mentre poi, che utilizzò anche maestranze di Versailles. Nacque così la splendida reggia, residenza preferita di Maria Luigia d’Austria che ancor oggi si può ammirare. per il passato il loro impiego era precario, intervellato dal succedersi di guerre, armistizi, paci e conflitti, con il compenso, reperito troppo spesso in maniera devastante ricorrendo alla depredazione dei territori attraversati o occupati, ora a quelle compagnie si assicurava in perpetuo uno stipendio ducale che, se non lo escludeva, quantomeno riduceva il ricorso ai saccheggi. Questa belligeranza professionale toglieva al condottiero molti dei più 48 Citando il cronista milanese Andrea Biglia, Giorgio Giulini così scrive: «Il Biglia parla de' tempi, ne’quali il gravosi e devastanti problemi di gestione della compagnia, all’origine spesso dei peggiori comportamenti imputati ai Carmagnola era generalissimo della nostra armata». Cfr. G. GIULINI, Continuazione delle memorie della città di Milano ne’ condottieri, e a Ottobono specialmente, trasferendo il mantenimento delle truppe prevalentemente e direttamente secoli bassi, III, Milano 1771, p. 286. alle casse ducali. 49 L. SCARABELLI, Istoria civile dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, II, cit., p. 264. Quaderni del Borgoantico 17 51

Il piccolo Niccolò Carlo, presente all’assassinio del padre, recato in sella dallo zio, fu da Di Nicolaus Tertius Othonis filius, condottiero di Filippo Maria Visconti, Giulini scrisse che era questi portato in salvo. Giacomo riuscì a sfuggire all’accerchiamento e alla cattura da parte degli illustre e lo poneva fra i capitani eccellenti, quelli «peraltro così magnifici, che da alcun altro in armati estensi e dei loro alleati, usciti in folla allo scoperto dalla boscaglia ove si celavano. Dal Italia non venivano superati».48 Tuttavia il Guerriero non si limitò ad assicurare al Visconti il suo luogo dell’imboscata, Rubiera poche leghe da Modena, cavalcando ventre a terra, riuscì a riparare talento militare: il duca Filippo Maria, con il quale entrò presto in confidenza e «al quale fu sempre dentro le mura di Parma. molto caro», ne apprezzò, ben oltre il valore militare, i talenti di consigliere e di diplomatico Convocato il popolo in cattedrale, dinanzi a quell’assemblea, Giacomo innalzò sulle sue accorto e abile. Lo utilizzò in missioni impegnative, come quella presso Sigismondo re dei Romani, braccia l’orfano Niccolò Terzi, proclamandolo legittimo erede del dominio paterno. Esortò quindi quando questi discese in Lombardia, tappa del viaggio verso Roma per l’incoronazione a cittadini e milizie civiche a prestargli rituale giuramento di fedeltà quale nuovo signore di Parma e imperatore del Sacro Romano Impero. Lo volle quindi nel suo Consiglio Segreto, nella più Reggio. Quell’effimera signoria durò appena venti giorni, governata da Giacomo finché l’Estense esclusiva e riservata cerchia di corte, «perocché egli da pochi e poche volte si lasciava avvicinare».49 non entrò in Parma cacciandone i Terzi rimasti dopo la fuga della vedova di Ottobono, Francesca, A ben guardare, gli esiti militari di Niccolò Terzi delle tante battaglie cui partecipò sono con i figli e le figlie. ritmati non da vittorie eclatanti quanto piuttosto da secche sconfitte, da catture, imprigionamenti e Sul campo di battaglia a continuare la guerra contro l’Estense e gli altri avversari dei Terzi conseguenti liberazioni. rimase un figlio naturale, legittimato solennemente quattro anni prima, Niccolò,45 passato alla storia Niccolò non vanta un curriculum militare così glorioso come farebbe supporre il titolo come “il Guerriero” per la sua fama di strenuo combattente. “guerresco” che lo fregia, mentre al contrario appare più pregevole il suo impegno politico- diplomatico che, più maturo in età, spese presso il Visconti, anche quale esponente della fazione Niccolò Terzi il Guerriero braccesca e quindi anti-sforzesca; poi come delegato dei Reggitori la Repubblica Ambrosiana e Per il prestigio conquistato sui campi di battaglia, Niccolò meritò il titolo celebre di Guerriero infine, in esilio e al tramonto della sua lunga carriera, come camerlengo alla corte di Ludovico III che poi trasmise quale cognome al cugino Giovan Filippo, capostipite della casata dei Guerrieri Gonzaga, marchese di Mantova. L’elenco necessariamente incompleto delle battaglie e delle Gonzaga. campagne militari alle quali il Guerriero prese parte, sempre valorosamente, è peraltro veramente Difficile, anche qui, riassumere in poche righe la vicenda storica di un personaggio ragguardevole: nel 1416 combatteva sotto il comando del Carmagnola; era a Zagonara nel 1424; in complesso che trascorse quasi tutta la prima metà del secolo XV al servizio del duca Filippo Maria Liguria contro Alfonso d’Aragona e i Fiorentini l’anno successivo; alla storica battaglia di Maclodio Visconti di Milano; e buona parte dell’altra metà presso la corte di Ludovico III Gonzaga, a contro il Carmagnola il 12 ottobre 1427; luogotenente di Niccolò Piccinino nel 1430. Mantova. L’adolescente Niccolò, il futuro Guerriero, appena seppe dell’assassinio del padre si precipitò a indossare le armi, cavalcando poi ventre a terra per portarsi a fianco Carlo da Fogliano, suocero di Ottobono e suo influente consigliere. Assieme affrontarono il 17 giugno 1409, sotto il castello di Montecchio Emilia, alla testa di 600 lance, le più agguerrite truppe estensi, comandate dallo Sforza,46 che nella mischia prevalsero, costringendo alla fuga quelle dei Terzi. Dopo la battaglia di Montecchio, ove conobbe la sua prima sconfitta, del giovane Niccolò non si hanno più notizie fino al 1416. Lo si ritrova, già capitano, combattente agli stipendi di Filippo Maria Visconti, nel solco della tradizionale militanza presso il ducato preferita dal padre Ottobono e dal nonno Niccolò il Vecchio. Il Guerriero era un coetaneo di Filippo Maria e lo servì per oltre un trentennio, sin dal tempo in cui questi, salito al potere nel 1412 succedendo al fratello Giovanni Maria, uscì dall’ombra per divenire signore di Milano. Nella primavera del 1416 le milizie ducali diedero inizio a operazioni militari contro l’Estense che continuava a imperversare in quelli che erano stati i domini viscontei nel Parmense e nel Reggiano. Niccolò Terzi il Guerriero, già stimato quale «capitano egregio», combatteva sotto il comando generale del Carmagnola. Nel 1417 era alla testa delle truppe di cavalleria accorpate a quelle proprie del duca, alla sua guardia del corpo, le famose Lance spezzate, dopo aver condotto anche le compagnie a cavallo ereditate dal padre Ottobono.47

45 Niccolò il Guerriero, figlio naturale d’Ottobono e di Cecilia Lapergola, legittimato il 25 novembre 1405, nato nell’ultimo decennio del 1300, è spesso erroneamente identificato dagli storici con il Niccolò Carlo, figlio legittimo, nato il 6 dicembre 1406 dal matrimonio con Francesca da Fogliano. Colorno, ultimo feudo di Niccolò il Guerriero. Nel 1448, dopo la fuga del Terzi verso la corte dei Gonzaga, il castello passò in proprietà ai Sanseverino. Venne ristrutturato nel XVI secolo dalla bellissima Barbara, cantata da Torquato Tasso, fatta poi imprigionare e decapitare dai Farnese, duchi di Parma, che ne 46 A. PEZZANA, , II, cit., p. 122. Storia della città di Parma sequestrarono i beni. Nei secoli seguenti i Farnese fecero trasformare l’antico maniero dai loro architetti: Ferdinando Bibiena, prima, e il francese Alexandre Petitot, 47 Un’importante caratteristica che si deve rilevare in quella condotta sta nell’inquadramento dei combattenti. Mentre poi, che utilizzò anche maestranze di Versailles. Nacque così la splendida reggia, residenza preferita di Maria Luigia d’Austria che ancor oggi si può ammirare. per il passato il loro impiego era precario, intervellato dal succedersi di guerre, armistizi, paci e conflitti, con il compenso, reperito troppo spesso in maniera devastante ricorrendo alla depredazione dei territori attraversati o occupati, ora a quelle compagnie si assicurava in perpetuo uno stipendio ducale che, se non lo escludeva, quantomeno riduceva il ricorso ai saccheggi. Questa belligeranza professionale toglieva al condottiero molti dei più 48 Citando il cronista milanese Andrea Biglia, Giorgio Giulini così scrive: «Il Biglia parla de' tempi, ne’quali il gravosi e devastanti problemi di gestione della compagnia, all’origine spesso dei peggiori comportamenti imputati ai Carmagnola era generalissimo della nostra armata». Cfr. G. GIULINI, Continuazione delle memorie della città di Milano ne’ condottieri, e a Ottobono specialmente, trasferendo il mantenimento delle truppe prevalentemente e direttamente secoli bassi, III, Milano 1771, p. 286. alle casse ducali. 49 L. SCARABELLI, Istoria civile dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, II, cit., p. 264. 52 Quaderni del Borgoantico 17

Nell’estate 1439 il Guerriero combatteva a fianco del Piccinino alla battaglia vittoriosa di Giacomo Terzi, padre di Giovan Filippo Desenzano sul Garda, comandando le forze del ducato di Milano contro quelle della Repubblica di Figlio cadetto di Niccolò il Vecchio, si laureò in utroque iure, ossia in diritto civile e canonico, Venezia e i suoi alleati della Lega anti-viscontea. alla Scuola giuridica dell’Università di Pavia. Qui studiava certamente nel 1392, quando la zia Nel 1444 guerreggiava in Italia centrale; l’anno seguente tornava nelle Marche contro lo Giovanna, sorella di Niccolò il Vecchio e sposa di Guglielmo Pallavicino, testò a suo favore.51 Nel Sforza assieme al cugino Giovan Filippo. Due anni dopo, il 26 settembre 1446, nel corso della 1395 Giacomo saliva in cattedra presso la medesima università.52 Agli inizi del 1400, «Iacobo de nuova guerra fra il Ducato di Milano e Venezia, ebbe l’incomodo di arrestare, comandato dal duca, Tertiis comiti Tizani et Castrinovi ac legum doctori peritissimo» fu invitato a tenere scuola a il grande condottiero Bartolomeo Colleoni. Mantova, precedendo l’arrivo di Vittorino da Feltre.53 Abbandonò l’insegnamento per mettersi al Filippo Maria Visconti morì il 13 agosto 1447, e a Milano il potere passò alla Repubblica servizio, come giurisperito, della corte dei Visconti, a Milano,. Ambrosiana al cui servizio lealmente si pose Niccolò, fino a rappresentarla come ambasciatore Nel 1400 egli ebbe la carica di podestà e capitano del popolo a Lodi; l’anno seguente fu presso la Serenissima a Venezia. Seguì poi il tradimento consumato dal condottiero Francesco podestà a . Nell’estate 1402, Giacomo con il fratello maggiore Ottobono e il minore Sforza, che, comandante in capo dell’esercito dell’Ambrosiana, si vendette al nemico, riuscendo a Giovanni54 erano capitani, sotto il comando di , nell’esercito di 18 mila fanti e impadronirsi di Milano. A quel punto tutto si ritorse contro il Guerriero, costretto infine, nel 1448, 12 mila cavalieri, in Toscana, portato all’attacco di Firenze. Quando Gian Galeazzo si spense, il 20 dall’avvento di Francesco Sforza, figlio del Muzio assassino d’Ottobono, ad abbandonare i suoi ottobre 1402, Giacomo venne convocato a Milano per le maestose esequie celebrate in duomo. feudi in terra parmigiana e piacentina. Forse avrebbe potuto trovare un modus vivendi con lo Sforza, Quale esponente dei «più nobili militi e meliori di Lombardia», egli fu tra gli otto che ressero il se non che Niccolò si era accordato con l’amico Alfonso V d’Aragona il Magnanimo, re di Napoli, grande palio tessuto di seta e d’oro, foderato d’ermellino, che decorava il feretro ducale.55 pretendente al Ducato di Milano quale erede predesignato dal defunto Filippo Maria Visconti, e In data 29 settembre 1405 il giureconsulto Giacomo, conte di Tizzano e Castelnuovo, per la aveva messo a disposizione delle truppe di Alfonso i suoi castelli di Guardasone e Colorno come sua provata devozione, fu cooptato con bolla aurea nel Maggior Consiglio della Serenissima basi operative per interventi a supporto della Repubblica Ambrosiana, contro lo Sforza. Sconfitto repubblica di Venezia, privilegio trasmissibile ai suoi eredi.56 su tutti i fronti, il Guerriero trovò rifugio, accolto con la consorte e i figli, presso Ludovico III Negli anni tumultuosi che seguirono la morte di Gian Galeazzo Visconti, con l’incessante Gonzaga, a Mantova. Alla corte del marchese, Niccolò esercitò, amato e stimato, le funzioni di scomposizione e ricomposizione delle signorie comunali del Ducato milanese, la biografia di

camerlengo per oltre un ventennio. Giacomo si accompagna sempre più strettamente a quella di Ottobono. Dopo l’assassinio del , sulla Egli era ancora vivo nel febbraio 1469, quando sostò a Ferrara Federico III d’Asburgo fratello egli fu la persona deputata, di fatto se non di diritto, a tentare di succedergli nella signoria via di ritorno verso la Germania dal suo secondo viaggio a Roma. L’imperatore vi creò molti su Parma. Durò solo tre settimane quel governo. Poi, cacciato dall’Estense, Giacomo tentò in ogni cavalieri. Fra i più illustri si trovarono anche un bimbo di appena tre anni, il futuro quarto modo di contrastare con le armi l’invasione. marchese di Mantova e sposo di Isabella d’Este, Francesco II Gonzaga, e l’anziano Niccolò Terzi il Alla fine d’ottobre 1409, asserragliato nella rocca di Castelguelfo, fu informato che il fratello 50 Guerriero, camerlengo in carica presso la corte in riva al Mincio. minore Giovanni era stato catturato dagli Scotti. Per vendicarlo, al comando dei suoi armigeri cavalcò a spron battuto all’assalto del castello di Borgo San Donnino riuscendo a toglierlo al

nemico. Affidata la difesa del borgo conquistato a un presidio di suoi militi, raggiunse Fiorenzuola d’Arda dove possedeva ancora il castello. Qui era stato preceduto dalla soldatesca nemica al

comando di Alberto Scotti che, penetrate nel borgo con la complicità dei terrazzani, aveva occupato la cerchia delle mura e sbarrato ogni via d’accesso al soprastante fortilizio. Quando

Giacomo arrivò, finì accerchiato e sequestrato assieme alla sua scorta. Dopo questa cattura, lo Scotti ordinò che gli si aprissero le porte del castello, ma il guardiano, fedelissimo, si rifiutò

recisamente. Giacomo, tenuto prigioniero, fu allora condotto sotto gli spalti affinché ordinasse al suo castellano di calare il ponte levatoio. Tuttavia né gli ordini né le suppliche riuscirono a smuovere quel testardo difensore. Il popolo del borgo, già passato agli Scotti, esasperato dal prolungarsi di quei dialoghi fra sordi, smanioso di passare presto al saccheggio, «sdegnato della fallita speranza, assalì furente il Terzi e il tagliò per pezzi» come raccontano, fredde e impassibili, le cronache più sopra citate.

51 Il rogito datato 8 agosto 1392 del notaio Cassano de' Cassani è citato in Archivio di Stato di Parma, Comune, Raccolta Zunti, b. 4350, ENRICO SCARABELLI ZUNTI, Tavole genealogiche della famiglia Terzi, ms., sec. XIX. Quella zia paterna morì poi nel 1401. Del testamento scrive anche Pezzana che individua però Giacomo o Jacopo come fratello di Giovanna. Cfr. A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., pp. 134-135 nota. 52 «Bossi, MS, Studio, annotò che nel 1395, I. C. (fu fatto) Lettore ad lecturam Voluminis ma di lui non si trova verun’altra notizia»: G. ROBOLINI, Notizie appartenenti alla storia della sua patria, V, II, Pavia 1836, p. 195. 53 Cfr. R. SABBADINI (a cura di), Epistolario di Guarino Veronese, III: Commento, Venezia 1919, p. 161. 54 Giovanni Terzi, fratello minore di Ottobono e Jacopo, sposò il 16 gennaio 1405 Caterina Scotti di Francesco Scotti, che gli portò in dote mille fiorini d’oro. Cfr. L. SCARABELLI, Istoria civile dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, II, Andrea Mantegna, Castello di San Giorgio di Mantova, Camera degli sposi, cortigiani di Ludovico III. cit., p. 347. L’affresco fu realizzato tra il 1465 e il 1474, quando Niccolò il Guerriero era Camerlengo alla corte dei Gonzaga. 55 «Sebbene il suo corpo non v’era dentro, si diceva però ch’era sepolto al monasterio della Certosa»: G. M. FINAZZI (a cura di), I Guelfi e i Ghibelliniin Bergamo: Cronaca di Castello Castelli delle cose occorse in Bergamo negli anni 1378-1407, Bergamo 1870, p. 132. 50 A. SCHIVENOGLIA, Cronaca di Mantova dal 1445 al 1484, trascritta e annotata da Carlo d'Arco, Mantova 1976, pp. 56 Si veda la scheda Iacobus de Tercis qd Nicolai, Cives Veneciarum, http://www.civesveneciarum.net/dettaglio. 45-46. php?id=1625, versione 48/2016-05-24. Quaderni del Borgoantico 17 53

Nell’estate 1439 il Guerriero combatteva a fianco del Piccinino alla battaglia vittoriosa di Giacomo Terzi, padre di Giovan Filippo Desenzano sul Garda, comandando le forze del ducato di Milano contro quelle della Repubblica di Figlio cadetto di Niccolò il Vecchio, si laureò in utroque iure, ossia in diritto civile e canonico, Venezia e i suoi alleati della Lega anti-viscontea. alla Scuola giuridica dell’Università di Pavia. Qui studiava certamente nel 1392, quando la zia Nel 1444 guerreggiava in Italia centrale; l’anno seguente tornava nelle Marche contro lo Giovanna, sorella di Niccolò il Vecchio e sposa di Guglielmo Pallavicino, testò a suo favore.51 Nel Sforza assieme al cugino Giovan Filippo. Due anni dopo, il 26 settembre 1446, nel corso della 1395 Giacomo saliva in cattedra presso la medesima università.52 Agli inizi del 1400, «Iacobo de nuova guerra fra il Ducato di Milano e Venezia, ebbe l’incomodo di arrestare, comandato dal duca, Tertiis comiti Tizani et Castrinovi ac legum doctori peritissimo» fu invitato a tenere scuola a il grande condottiero Bartolomeo Colleoni. Mantova, precedendo l’arrivo di Vittorino da Feltre.53 Abbandonò l’insegnamento per mettersi al Filippo Maria Visconti morì il 13 agosto 1447, e a Milano il potere passò alla Repubblica servizio, come giurisperito, della corte dei Visconti, a Milano,. Ambrosiana al cui servizio lealmente si pose Niccolò, fino a rappresentarla come ambasciatore Nel 1400 egli ebbe la carica di podestà e capitano del popolo a Lodi; l’anno seguente fu presso la Serenissima a Venezia. Seguì poi il tradimento consumato dal condottiero Francesco podestà a Vicenza. Nell’estate 1402, Giacomo con il fratello maggiore Ottobono e il minore Sforza, che, comandante in capo dell’esercito dell’Ambrosiana, si vendette al nemico, riuscendo a Giovanni54 erano capitani, sotto il comando di Alberico da Barbiano, nell’esercito di 18 mila fanti e impadronirsi di Milano. A quel punto tutto si ritorse contro il Guerriero, costretto infine, nel 1448, 12 mila cavalieri, in Toscana, portato all’attacco di Firenze. Quando Gian Galeazzo si spense, il 20 dall’avvento di Francesco Sforza, figlio del Muzio assassino d’Ottobono, ad abbandonare i suoi ottobre 1402, Giacomo venne convocato a Milano per le maestose esequie celebrate in duomo. feudi in terra parmigiana e piacentina. Forse avrebbe potuto trovare un modus vivendi con lo Sforza, Quale esponente dei «più nobili militi e meliori di Lombardia», egli fu tra gli otto che ressero il se non che Niccolò si era accordato con l’amico Alfonso V d’Aragona il Magnanimo, re di Napoli, grande palio tessuto di seta e d’oro, foderato d’ermellino, che decorava il feretro ducale.55 pretendente al Ducato di Milano quale erede predesignato dal defunto Filippo Maria Visconti, e In data 29 settembre 1405 il giureconsulto Giacomo, conte di Tizzano e Castelnuovo, per la aveva messo a disposizione delle truppe di Alfonso i suoi castelli di Guardasone e Colorno come sua provata devozione, fu cooptato con bolla aurea nel Maggior Consiglio della Serenissima basi operative per interventi a supporto della Repubblica Ambrosiana, contro lo Sforza. Sconfitto repubblica di Venezia, privilegio trasmissibile ai suoi eredi.56 su tutti i fronti, il Guerriero trovò rifugio, accolto con la consorte e i figli, presso Ludovico III Negli anni tumultuosi che seguirono la morte di Gian Galeazzo Visconti, con l’incessante Gonzaga, a Mantova. Alla corte del marchese, Niccolò esercitò, amato e stimato, le funzioni di scomposizione e ricomposizione delle signorie comunali del Ducato milanese, la biografia di camerlengo per oltre un ventennio. Giacomo si accompagna sempre più strettamente a quella di Ottobono. Dopo l’assassinio del , sulla Egli era ancora vivo nel febbraio 1469, quando sostò a Ferrara Federico III d’Asburgo fratello egli fu la persona deputata, di fatto se non di diritto, a tentare di succedergli nella signoria via di ritorno verso la Germania dal suo secondo viaggio a Roma. L’imperatore vi creò molti su Parma. Durò solo tre settimane quel governo. Poi, cacciato dall’Estense, Giacomo tentò in ogni cavalieri. Fra i più illustri si trovarono anche un bimbo di appena tre anni, il futuro quarto modo di contrastare con le armi l’invasione. marchese di Mantova e sposo di Isabella d’Este, Francesco II Gonzaga, e l’anziano Niccolò Terzi il Alla fine d’ottobre 1409, asserragliato nella rocca di Castelguelfo, fu informato che il fratello 50 Guerriero, camerlengo in carica presso la corte in riva al Mincio. minore Giovanni era stato catturato dagli Scotti. Per vendicarlo, al comando dei suoi armigeri cavalcò a spron battuto all’assalto del castello di Borgo San Donnino riuscendo a toglierlo al

nemico. Affidata la difesa del borgo conquistato a un presidio di suoi militi, raggiunse Fiorenzuola d’Arda dove possedeva ancora il castello. Qui era stato preceduto dalla soldatesca nemica al

comando di Alberto Scotti che, penetrate nel borgo con la complicità dei terrazzani, aveva occupato la cerchia delle mura e sbarrato ogni via d’accesso al soprastante fortilizio. Quando

Giacomo arrivò, finì accerchiato e sequestrato assieme alla sua scorta. Dopo questa cattura, lo Scotti ordinò che gli si aprissero le porte del castello, ma il guardiano, fedelissimo, si rifiutò

recisamente. Giacomo, tenuto prigioniero, fu allora condotto sotto gli spalti affinché ordinasse al suo castellano di calare il ponte levatoio. Tuttavia né gli ordini né le suppliche riuscirono a smuovere quel testardo difensore. Il popolo del borgo, già passato agli Scotti, esasperato dal prolungarsi di quei dialoghi fra sordi, smanioso di passare presto al saccheggio, «sdegnato della fallita speranza, assalì furente il Terzi e il tagliò per pezzi» come raccontano, fredde e impassibili, le cronache più sopra citate.

51 Il rogito datato 8 agosto 1392 del notaio Cassano de' Cassani è citato in Archivio di Stato di Parma, Comune, Raccolta Zunti, b. 4350, ENRICO SCARABELLI ZUNTI, Tavole genealogiche della famiglia Terzi, ms., sec. XIX. Quella zia paterna morì poi nel 1401. Del testamento scrive anche Pezzana che individua però Giacomo o Jacopo come fratello di Giovanna. Cfr. A. PEZZANA, Storia della città di Parma, I, cit., pp. 134-135 nota. 52 «Bossi, MS, Studio, annotò che nel 1395, I. C. (fu fatto) Lettore ad lecturam Voluminis ma di lui non si trova verun’altra notizia»: G. ROBOLINI, Notizie appartenenti alla storia della sua patria, V, II, Pavia 1836, p. 195. 53 Cfr. R. SABBADINI (a cura di), Epistolario di Guarino Veronese, III: Commento, Venezia 1919, p. 161. 54 Giovanni Terzi, fratello minore di Ottobono e Jacopo, sposò il 16 gennaio 1405 Caterina Scotti di Francesco Scotti, che gli portò in dote mille fiorini d’oro. Cfr. L. SCARABELLI, Istoria civile dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, II, Andrea Mantegna, Castello di San Giorgio di Mantova, Camera degli sposi, cortigiani di Ludovico III. cit., p. 347. L’affresco fu realizzato tra il 1465 e il 1474, quando Niccolò il Guerriero era Camerlengo alla corte dei Gonzaga. 55 «Sebbene il suo corpo non v’era dentro, si diceva però ch’era sepolto al monasterio della Certosa»: G. M. FINAZZI (a cura di), I Guelfi e i Ghibelliniin Bergamo: Cronaca di Castello Castelli delle cose occorse in Bergamo negli anni 1378-1407, Bergamo 1870, p. 132. 50 A. SCHIVENOGLIA, Cronaca di Mantova dal 1445 al 1484, trascritta e annotata da Carlo d'Arco, Mantova 1976, pp. 56 Si veda la scheda Iacobus de Tercis qd Nicolai, Cives Veneciarum, http://www.civesveneciarum.net/dettaglio. 45-46. php?id=1625, versione 48/2016-05-24. 54 Quaderni del Borgoantico 17

reclutato truppe nel Parmense e nel Reggiano, aveva raggiunto il cugino Giovan Filippo sotto la Giovan Filippo Terzi a Parma, poi Guerrieri a Fermo rocca di Monte San Piero degli Agli (o Monsanpiero), presso Sant’Elpidio, distante poche miglia Giacomo ebbe un figlio, Giovan Filippo. Questi fu capitano d’armi seguendo la tradizione dalla città di Fermo. Qui Niccolò il Guerriero e Giovan Filippo unirono le loro forze militari a quelle della famiglia, tuttavia non disdegnò certo gli studi giuridici se poté accedere agli incarichi del capitano generale del Visconti, Francesco Piccinino, assediato dagli Sforza. podestarili. Dopo il 1409, annus horribilis per i Terzi, assassinato lo zio Ottobono in primavera e il Allorché Fermo,59 il 25 di novembre, giorno di Santa Caterina, si ribellò riuscendo a cacciare padre in autunno, nella diaspora conseguente che coinvolse la famiglia, di Giovan Filippo si che la occupava, il Guerriero, che stava «valevolissimo difensore» nella rocca di perdono le tracce. Monsanpiero, avuta la notizia, inviò immediatamente a sostegno degli insorti Fermani un Le carte lo fanno ritrovare, correndo l’anno 1431, a Osimo, nella marca d’Ancona, quando contingente di milizie sotto il comando del cugino.60 rivestiva la carica di podestà.57 In quel tempo egli aveva già sostituito il cognome della sua casata Fermo fu allora grata a Giovan Filippo, il quale, così bene accolto e onorato dalla città cui parmense con quello nuovo marchigiano di Guerrieri e le Memorie historiche dell’antichissima, e nobile aveva portato il soccorso delle sue armi, decise di mettervi nuove radici, abbandonando quelle città d’Osimo lo indicano appunto nel «Catalogo delli Podestà» come Gio Filippo Guerrieri dal parmigiane. Qui s’accasò con Andreana dei Verrieri di Sant’Elpidio, signora del Castellano e della Monte Santo Pietro degl’Agli.58 Valle. Dal loro matrimonio nacquero cinque figli: Polonio, che fece parte di ambascerie per Fermo Giovan Filippo, figlio di Giacomo Terzi, nipote di Ottobono, era primo cugino del famoso presso il pontefice Alessandro VI Borgia; e poi Giacomo, Giovanni Battista, Alessandro e Niccolò il Guerriero, al quale aveva aggregato le sue milizie, nel novembre 1445, quando accorse in Giovanni Francesco. aiuto di Fermo insorta contro Alessandro Sforza. Niccolò, obbedendo agli ordini perentori di Nel 1453 Giovan Filippo, accompagnato «di una onorevolissima lettera dei Priori di Fermo», Filippo Maria Visconti, aveva portato nell’autunno di quell’anno le sue lance nella Marca contro alla cui cittadinanza era ormai aggregato, fu inviato quale podestà a Norcia. E quello non fu il solo Francesco Sforza, fratello di Alessandro, genero del duca e pure, episodicamente, suo acerrimo onore che gratificò la sua famiglia. nemico. Il Guerriero, acconciandosi alle disposizioni del volubile duca di Milano, dopo avere I Guerrieri parteciparono intensamente alla vita municipale divennero in breve così rilevanti da capeggiare a Fermo una fazione che si contrappose aspramente all’altra dominante dei Brancadoro, imparentata con i potenti Orsini romani. Le cronache sul finire del XV secolo e dei primi decenni del XVI raccontano di un susseguirsi di scontri, faide sanguinose, con vittime lamentate nell’una nell’altra squadra, violenze che sconvolsero la vita comunale, a fatica represse dai legati del governo pontificio. Ma non tutti i Guerrieri rimasero nella Marca. I discendenti maschi di Giovanni Francesco, figlio di Giovan Filippo del fu Giacomo Terzi, si trovarono in due momenti distinti a godere della felice opportunità di potersi trasferire a Mantova, godendo della benevolenza dei Gonzaga.61 La prima occasione si presentò provvidenzialmente nel novembre del 1496. Francesco II Gonzaga, reduce dal regno di Napoli, dove aveva comandato le truppe del corpo di spedizione che la Repubblica di Venezia, aveva inviato in soccorso di Ferdinando V d'Aragona, fece tappa nella Marca d’Ancona. Doveva curarsi dalla virulenta febbre malarica che l’aveva spossato, riuscendo qui a superare la convalescenza, assistito anche dalla consorte Isabella d’Este che lo aveva premurosamente raggiunto.

59 Cfr. G. DE MINICIS (a cura di), Cronache della Città di Fermo, cit., pp. 201-202. 60 E le Memorie storiche della famiglia de Guerrieri di Fermo confermano: «Niccolò Guerrieri, che vigilante vigilava ad ogni andamento de nemici tostoché ebbe inteso che li Fermani avean preso le Armi contro gli Sforzeschi, subito spedì da Monte San Pietro degli Agli in soccorso dell’afflitta Città Giovanfilippo suo fratello cugin carnale con buon numero di valorosi soldati come per attestato pubblico della medesima […] e che ora solo indichiamo dicendo: Eoque nomine fuisse Cives nobiles Ioannem Philippum Guerrierium qui etiam de Anno 1445 multi militibus auxilium prestitit Civitati nostrae contra Alexandrum Sforziam Arma sumpserat». Archivio privato De Moll-Guerrieri Gonzaga di Villa Lagarina (Trento), n.n., PARMENIO TERZINIO, Memorie istoriche della famiglia de’ Guerrieri di Fermo e di Mantova, ms., 1756. 61 Le origini della famiglia Guerrieri di Fermo è narrata, con alcune imprecisioni sulle quali non è qui il caso di soffermarsi, anche dal cronista delle Effemeridi della città di Fermo e suo antico Stato. «La famiglia de' Marchesi Guerrieri di Fermo trae la origine dal celebre Nicolò Terzi di Mantova, che per il suo militar valore fu soprannominato Guerriero. Militò esso sotto Filippo Visconti duca di Milano insieme al conte Francesco Sforza, al quale fu inimicissimo, per lo che congiurò sempre a suoi danni. Quando questi assediava Monsampietro Nicolò Terzi ne era valevolissimo difensore, essendovi stato spedito dal duca di Milano. Allora che intese la ribellione de' Fermani contro Alessandro Sforza, mandò in aiuto con alquante milizie il suo cugino Gian Filippo. Nicolò partì per Milano, e quegli restò a Fermo. Ma la fortuna dello Sforza crebbe ogni dì, e quella del Guerrieri declinò; per il che La “Torre della Gabbia” del palazzo Guerrieri Gonzaga in contrada dell’Aquila, a Mantova, vista verso piazza Sordello. apparentemente pacificaronsi; quindi tornarono in aperta guerra. Vedendo però il Guerriero non poter danneggiare Il palazzo, già dei Bonacolsi, fu donato il 10 gennaio 1526 dal marchese Federico II, a Ludovico Guerrieri Gonzaga, suo Luogotenente generale. lo Sforza abbandonò le terre milanesi e si ridusse a Mantova. Allora fu che Gian Filippo sì stabilì a Fermo, e ammogliatosi a una gentil donna di casa Verrieri di s. Elpidìo Signora del Castellano e della Valle diede orìgine alla 57 La città di Osimo era allora sottoposta al dominio pontificio. Nel 1433 se ne impadronì Francesco Sforza che ne famiglia de’ Marchesi Guerrieri, la quale produsse illustri personaggi nelle ecclesiastiche dignità, nelle lettere e nelle fece la base militare per le sue scorrerie nelle Marche. armi». Cfr. Effemeridi della città di Fermo e suo antico Stato, Loreto 1846, p. 47. Queste notizie sono in riprese anche da 58 L. MARTORELLI, Memorie historiche dell'antichissima, e nobile città d'Osimo, Venezia 1705, p. 437. A. PEZZANA, Storia della città di Parma, III, cit., Giunte, p. 89. Quaderni del Borgoantico 17 55

reclutato truppe nel Parmense e nel Reggiano, aveva raggiunto il cugino Giovan Filippo sotto la Giovan Filippo Terzi a Parma, poi Guerrieri a Fermo rocca di Monte San Piero degli Agli (o Monsanpiero), presso Sant’Elpidio, distante poche miglia Giacomo ebbe un figlio, Giovan Filippo. Questi fu capitano d’armi seguendo la tradizione dalla città di Fermo. Qui Niccolò il Guerriero e Giovan Filippo unirono le loro forze militari a quelle della famiglia, tuttavia non disdegnò certo gli studi giuridici se poté accedere agli incarichi del capitano generale del Visconti, Francesco Piccinino, assediato dagli Sforza. podestarili. Dopo il 1409, annus horribilis per i Terzi, assassinato lo zio Ottobono in primavera e il Allorché Fermo,59 il 25 di novembre, giorno di Santa Caterina, si ribellò riuscendo a cacciare padre in autunno, nella diaspora conseguente che coinvolse la famiglia, di Giovan Filippo si Alessandro Sforza che la occupava, il Guerriero, che stava «valevolissimo difensore» nella rocca di perdono le tracce. Monsanpiero, avuta la notizia, inviò immediatamente a sostegno degli insorti Fermani un Le carte lo fanno ritrovare, correndo l’anno 1431, a Osimo, nella marca d’Ancona, quando contingente di milizie sotto il comando del cugino.60 rivestiva la carica di podestà.57 In quel tempo egli aveva già sostituito il cognome della sua casata Fermo fu allora grata a Giovan Filippo, il quale, così bene accolto e onorato dalla città cui parmense con quello nuovo marchigiano di Guerrieri e le Memorie historiche dell’antichissima, e nobile aveva portato il soccorso delle sue armi, decise di mettervi nuove radici, abbandonando quelle città d’Osimo lo indicano appunto nel «Catalogo delli Podestà» come Gio Filippo Guerrieri dal parmigiane. Qui s’accasò con Andreana dei Verrieri di Sant’Elpidio, signora del Castellano e della Monte Santo Pietro degl’Agli.58 Valle. Dal loro matrimonio nacquero cinque figli: Polonio, che fece parte di ambascerie per Fermo Giovan Filippo, figlio di Giacomo Terzi, nipote di Ottobono, era primo cugino del famoso presso il pontefice Alessandro VI Borgia; e poi Giacomo, Giovanni Battista, Alessandro e Niccolò il Guerriero, al quale aveva aggregato le sue milizie, nel novembre 1445, quando accorse in Giovanni Francesco. aiuto di Fermo insorta contro Alessandro Sforza. Niccolò, obbedendo agli ordini perentori di Nel 1453 Giovan Filippo, accompagnato «di una onorevolissima lettera dei Priori di Fermo», Filippo Maria Visconti, aveva portato nell’autunno di quell’anno le sue lance nella Marca contro alla cui cittadinanza era ormai aggregato, fu inviato quale podestà a Norcia. E quello non fu il solo Francesco Sforza, fratello di Alessandro, genero del duca e pure, episodicamente, suo acerrimo onore che gratificò la sua famiglia. nemico. Il Guerriero, acconciandosi alle disposizioni del volubile duca di Milano, dopo avere I Guerrieri parteciparono intensamente alla vita municipale divennero in breve così rilevanti da capeggiare a Fermo una fazione che si contrappose aspramente all’altra dominante dei Brancadoro, imparentata con i potenti Orsini romani. Le cronache sul finire del XV secolo e dei primi decenni del XVI raccontano di un susseguirsi di scontri, faide sanguinose, con vittime lamentate nell’una nell’altra squadra, violenze che sconvolsero la vita comunale, a fatica represse dai legati del governo pontificio. Ma non tutti i Guerrieri rimasero nella Marca. I discendenti maschi di Giovanni Francesco, figlio di Giovan Filippo del fu Giacomo Terzi, si trovarono in due momenti distinti a godere della felice opportunità di potersi trasferire a Mantova, godendo della benevolenza dei Gonzaga.61 La prima occasione si presentò provvidenzialmente nel novembre del 1496. Francesco II Gonzaga, reduce dal regno di Napoli, dove aveva comandato le truppe del corpo di spedizione che la Repubblica di Venezia, aveva inviato in soccorso di Ferdinando V d'Aragona, fece tappa nella Marca d’Ancona. Doveva curarsi dalla virulenta febbre malarica che l’aveva spossato, riuscendo qui a superare la convalescenza, assistito anche dalla consorte Isabella d’Este che lo aveva premurosamente raggiunto.

59 Cfr. G. DE MINICIS (a cura di), Cronache della Città di Fermo, cit., pp. 201-202. 60 E le Memorie storiche della famiglia de Guerrieri di Fermo confermano: «Niccolò Guerrieri, che vigilante vigilava ad ogni andamento de nemici tostoché ebbe inteso che li Fermani avean preso le Armi contro gli Sforzeschi, subito spedì da Monte San Pietro degli Agli in soccorso dell’afflitta Città Giovanfilippo suo fratello cugin carnale con buon numero di valorosi soldati come per attestato pubblico della medesima […] e che ora solo indichiamo dicendo: Eoque nomine fuisse Cives nobiles Ioannem Philippum Guerrierium qui etiam de Anno 1445 multi militibus auxilium prestitit Civitati nostrae contra Alexandrum Sforziam Arma sumpserat». Archivio privato De Moll-Guerrieri Gonzaga di Villa Lagarina (Trento), n.n., PARMENIO TERZINIO, Memorie istoriche della famiglia de’ Guerrieri di Fermo e di Mantova, ms., 1756. 61 Le origini della famiglia Guerrieri di Fermo è narrata, con alcune imprecisioni sulle quali non è qui il caso di soffermarsi, anche dal cronista delle Effemeridi della città di Fermo e suo antico Stato. «La famiglia de' Marchesi Guerrieri di Fermo trae la origine dal celebre Nicolò Terzi di Mantova, che per il suo militar valore fu soprannominato Guerriero. Militò esso sotto Filippo Visconti duca di Milano insieme al conte Francesco Sforza, al quale fu inimicissimo, per lo che congiurò sempre a suoi danni. Quando questi assediava Monsampietro Nicolò Terzi ne era valevolissimo difensore, essendovi stato spedito dal duca di Milano. Allora che intese la ribellione de' Fermani contro Alessandro Sforza, mandò in aiuto con alquante milizie il suo cugino Gian Filippo. Nicolò partì per Milano, e quegli restò a Fermo. Ma la fortuna dello Sforza crebbe ogni dì, e quella del Guerrieri declinò; per il che La “Torre della Gabbia” del palazzo Guerrieri Gonzaga in contrada dell’Aquila, a Mantova, vista verso piazza Sordello. apparentemente pacificaronsi; quindi tornarono in aperta guerra. Vedendo però il Guerriero non poter danneggiare Il palazzo, già dei Bonacolsi, fu donato il 10 gennaio 1526 dal marchese Federico II, a Ludovico Guerrieri Gonzaga, suo Luogotenente generale. lo Sforza abbandonò le terre milanesi e si ridusse a Mantova. Allora fu che Gian Filippo sì stabilì a Fermo, e ammogliatosi a una gentil donna di casa Verrieri di s. Elpidìo Signora del Castellano e della Valle diede orìgine alla 57 La città di Osimo era allora sottoposta al dominio pontificio. Nel 1433 se ne impadronì Francesco Sforza che ne famiglia de’ Marchesi Guerrieri, la quale produsse illustri personaggi nelle ecclesiastiche dignità, nelle lettere e nelle fece la base militare per le sue scorrerie nelle Marche. armi». Cfr. Effemeridi della città di Fermo e suo antico Stato, Loreto 1846, p. 47. Queste notizie sono in riprese anche da 58 L. MARTORELLI, Memorie historiche dell'antichissima, e nobile città d'Osimo, Venezia 1705, p. 437. A. PEZZANA, Storia della città di Parma, III, cit., Giunte, p. 89. 56 Quaderni del Borgoantico 17

Vinta la malattia, durante una cerimonia celebrata in suo onore ad Offida, ebbe modo di Il cardinale e il Poeta notare Ludovico, figlio primogenito di Giovan Francesco Guerrieri, cavalcare uno splendido Tra le figure più eminenti della vasta e vitale discendenza dei destriero che gli veniva recato in dono. Colpito dalla valentia del cavaliere, oltre che dal pregio del Guerrieri Gonzaga, originata dai Guerrieri di Fermo, nata dal palafreno, volle avere con sé a Mantova entrambi: l’uno per arricchire i suoi pregiati allevamenti di ramo dei Terzi di Parma, è da rammentare soprattutto il cardinale cavalli da guerra, famosi in tutta Europa; l’altro, il giovanissimo aitante guerriero e cavaliere Cesare, elevato alla porpora da Pio VII nel 1819. Fu membro delle Ludovico, ad ornamento e servizio della sua corte. congregazioni del Concilio, della Fabbrica di S. Pietro, del Buon Si legge nelle Cronache: «De novembre […] passò il Governo. Durante il biennio 1826-27 esercitò l'ufficio di signor Giacomo S. Severino e fu regalato, il simile al Marchese camerlengo del Collegio cardinalizio.67 Nell’ambito della Curia de Mantua al quale fu donato un bel cavallo, che essendovi romana emerse come un innovatore sagace e competente. Il sopra un giovinetto, disse il Marchese che voleva ogni cosa, e cardinale segretario di stato Ercole Consalvi lo aveva voluto quello fu Ludovico Guerrero, che se lo menò con lui, e da accanto come coadiutore nella sua opera di restaurazione dello stato. quello è discesa la famiglia de Guereri in Mantua oggidì cosi 62 Dal 1816 al 1819 Cesare Guerrieri Gonzaga ricoprì la carica illustre». di pontificio Tesoriere Generale. Divenne il primo presidente della Verosimilmente il Gonzaga scoprì nel giovane Ludovico congregazione del Censo, che nel 1822 istituì la Congregazione del Guerrieri un parente del valoroso Niccolò il Guerriero che era Catasto, suddiviso in catasto rustico e urbano. Introdusse tecniche stato camerlengo nel suo palazzo a Mantova. Assieme innovative, e tra queste la rivoluzione del sistema metrico all’ormai anziano Niccolò, nel febbraio 1469, a Ferrara, l’allora decimale, dando impulso ad una riforma amministrativa e fanciullo Francesco aveva ricevuto l’investitura a cavaliere Il cardinale Cesare Guerrieri Gonzaga (1829) finanziaria finalizzata a una più equa ed illuminata imposizione dall’imperatore Federico III d’Asburgo. fiscale. Come accade sempre ai veri riformatori, sollevò feroci Propiziato da questi precedenti, nell’autunno del 1503, reazioni tra laici e prelati, concordi a sottostimare le loro proprietà per tosare le imposte dovute. sei anni dopo il primo, ci fu un secondo incontro fra la All’influente cardinale Cesare Guerrieri Gonzaga, primo presidente della congregazione del Censo, ricorse con un’accorata petizione anche il più amato dei poeti italiani: Giacomo Leopardi. La inviò da famiglia di Giovan Francesco Guerrieri e il marchese Recanati, il 30 maggio 1824, quando stava per compiere ventisei anni. Aveva già pubblicato molti dei suoi Andrea Mantegna, Francesco II Gonzaga, Francesco II Gonzaga. Il signore di Mantova fu capolavori e si stava dedicando alle Operette Morali. Soffriva nella sua sublime sensibilità spirituale mentre particolare dalla “Madonna della Vittoria” (Louvre, magnificamente ospitato a Fermo quando vi sostò, afflitto e Parigi, olio su tela dipinto nel 1495-1496) rimaneva eternamente molestato da problemi di salute e pure, assai prosaicamente, finanziari. costretto ancora da una sua malattia, anche allora sulla via di Primo di dieci figli, Giacomo aveva ereditato dal padre Monaldo, speculatore avventuroso, una rientro dal Regno di Napoli verso le sue terre lombarde. situazione economica disastrata alla quale solo la madre saggiamente aveva saputo porre un po’ di rimedio. Luogotenente generale delle truppe francesi in Italia, nei mesi precedenti aveva combattuto senza Ma il quadro rimaneva fosco. Per questo, lasciati per qualche momento i successo contro gli Spagnoli alla battaglia del Garigliano. cieli tersi della Poesia, Giacomo aveva dovuto intingere la penna Oltremodo grato per le cure e l’accoglienza superba ricevute, il marchese Gonzaga nell’inchiostro burocratico rivolgendosi con sofferto stile cortigiano all’insigne cardinale per chiedere un posto di lavoro. compensò Giovanni Francesco Guerrieri accogliendo a Mantova altri due della famiglia: Giovanni Battista e Vincenzo, che quindi raggiunsero il fratello Ludovico, da sette anni al servizio presso «La generosità dell’Eminenza Vostra Reverendissima mi dà 63 quella corte. animo di porgere a Lei le mie suppliche nella difficoltà e ristrettezza delle Trapiantati in riva al Mincio, iniziò per i fratelli Guerrieri una carriera di successi tra gli mie circostanze, perché voglia degnarsi di ripararvi. Essendo stato ufficiali gonzagheschi. Dieci anni dopo l’arruolamento ad Offida, «Il dì penultimo aprilis 1506», avvertito di quanto all’Eminenza Vostra è piaciuto rispondere Francesco II Gonzaga decretò l’aggregazione di Ludovico alla sua casata con il privilegio per lui, all’Eminentissimo Signor Cardinale Segretario di Stato sopra il graziarmi di familiari e discendenti del doppio cognome Guerrieri Gonzaga.64 Sposato a Violante da Correggio, un posto nelle Cancellerie del Censo Pontificio». E più oltre: «Io dovrò Ludovico veniva definito, nel 1514, «marchionalem consocium beneamatum». riconoscerla dalla Sua magnanimità e dalla determinazione di promuovere quelli che anche con deboli forze si affaticano nella cultura delle Lettere. Nel 1522 il marchese Federico II, succeduto al padre Francesco II, lo nominò luogotenente […] La sola bontà del Suo animo potrà rimuovere l’Eminenza Vostra dal generale dei signori di Mantova e di Urbino. Il 10 gennaio 1526, gli donava il turrito palazzo della Giacomo Leopardi. 65 considerare il mio poco valore, per attendere alle mie buone intenzioni; ed Ritratto a olio, casa Leopardi, Recanati Gabbia, già proprietà dei Bonacolsi, che si erge in contrada dell'Aquila. indurla a provvedere alle angustie del mio stato».68 Alla sua morte, nel 1530, Ludovico lasciò in eredità al fratello Vincenzo, già capitano del Lago di Mantova, il palazzo della torre e la carica di maestro delle stalle del sovrano.66 Quel progetto poi non si concretizzò e il poeta dell’Infinito fu costretto a inseguire soluzioni per 69 altre strade. Tuttavia la lettera ci permette d’intuire qualche frammento prezioso del suo sofferto vissuto quotidiano.

62 Cfr. G. DE MINICIS (a cura di), Cronache della Città di Fermo, cit., p. 225. E Ludovico confermò quella partenza 67Figlio di Bonaventura, ufficiale dell'esercito imperiale, e della seconda moglie di questi, Lucrezia Valenti Gonzaga, avvenuta nel 1496 quando, nel 1522 tornò temporaneamente in patria parlando di una sua assenza che durava da Cesare nacque a Mantova il 2 marzo 1749 e si spense a Roma il 6 febbraio 1832 all'età di 82 anni. Dopo l'elezione 26 anni. Effemeridi della città di Fermo e suo antico Stato, cit., p. 55. di Pio VIII, troppo anziano e ormai emarginato nella Curia, lasciò ogni incarico. Fu sempre molto legato a Orvieto, 63 Cfr. Archivio di Stato di Mantova, Documenti patrii raccolti da Carlo d'Arco, n. 217, CARLO D'ARCO, Annotazioni dove era spesso ospite della sorella Drusilla. Beneficò la città con notevoli elargizioni per il restauro di suoi genealogiche di famiglie mantovane, sec. XIX, IV, p. 390. monumenti e per la costruzione del ponte "dell'Adunata" sul fiume Paglia. 64Cfr. ivi, p. 391. 68 Cfr. “Giacomo Leopardi, Epistolario”, Newton Compton Editori, Roma 2014, lett. 306 al cardinale Cesare Guerrieri 65L’attuale via Cavour, alla porta di piazza Sordello, poco distante dal Palazzo Ducale. Gonzaga, Roma. 66Dopo il matrimonio con Margherita Paleologo, Federico II Gonzaga aveva acquisito, nel 1536, il Marchesato di 69 La disponibilità e la benevolente accoglienza del cardinale Guerrieri Gonzaga si scontrarono con l’opposizione Monferrato. ottusa del camerlengo Bartolomeo Pacca che in un rapporto denunciò essere Giacomo Leopardi un personaggio Quaderni del Borgoantico 17 57

Vinta la malattia, durante una cerimonia celebrata in suo onore ad Offida, ebbe modo di Il cardinale e il Poeta notare Ludovico, figlio primogenito di Giovan Francesco Guerrieri, cavalcare uno splendido Tra le figure più eminenti della vasta e vitale discendenza dei destriero che gli veniva recato in dono. Colpito dalla valentia del cavaliere, oltre che dal pregio del Guerrieri Gonzaga, originata dai Guerrieri di Fermo, nata dal palafreno, volle avere con sé a Mantova entrambi: l’uno per arricchire i suoi pregiati allevamenti di ramo dei Terzi di Parma, è da rammentare soprattutto il cardinale cavalli da guerra, famosi in tutta Europa; l’altro, il giovanissimo aitante guerriero e cavaliere Cesare, elevato alla porpora da Pio VII nel 1819. Fu membro delle Ludovico, ad ornamento e servizio della sua corte. congregazioni del Concilio, della Fabbrica di S. Pietro, del Buon Si legge nelle Cronache: «De novembre […] passò il Governo. Durante il biennio 1826-27 esercitò l'ufficio di signor Giacomo S. Severino e fu regalato, il simile al Marchese camerlengo del Collegio cardinalizio.67 Nell’ambito della Curia de Mantua al quale fu donato un bel cavallo, che essendovi romana emerse come un innovatore sagace e competente. Il sopra un giovinetto, disse il Marchese che voleva ogni cosa, e cardinale segretario di stato Ercole Consalvi lo aveva voluto quello fu Ludovico Guerrero, che se lo menò con lui, e da accanto come coadiutore nella sua opera di restaurazione dello stato. quello è discesa la famiglia de Guereri in Mantua oggidì cosi 62 Dal 1816 al 1819 Cesare Guerrieri Gonzaga ricoprì la carica illustre». di pontificio Tesoriere Generale. Divenne il primo presidente della Verosimilmente il Gonzaga scoprì nel giovane Ludovico congregazione del Censo, che nel 1822 istituì la Congregazione del Guerrieri un parente del valoroso Niccolò il Guerriero che era Catasto, suddiviso in catasto rustico e urbano. Introdusse tecniche stato camerlengo nel suo palazzo a Mantova. Assieme innovative, e tra queste la rivoluzione del sistema metrico all’ormai anziano Niccolò, nel febbraio 1469, a Ferrara, l’allora decimale, dando impulso ad una riforma amministrativa e fanciullo Francesco aveva ricevuto l’investitura a cavaliere Il cardinale Cesare Guerrieri Gonzaga (1829) finanziaria finalizzata a una più equa ed illuminata imposizione dall’imperatore Federico III d’Asburgo. fiscale. Come accade sempre ai veri riformatori, sollevò feroci Propiziato da questi precedenti, nell’autunno del 1503, reazioni tra laici e prelati, concordi a sottostimare le loro proprietà per tosare le imposte dovute. sei anni dopo il primo, ci fu un secondo incontro fra la All’influente cardinale Cesare Guerrieri Gonzaga, primo presidente della congregazione del Censo, ricorse con un’accorata petizione anche il più amato dei poeti italiani: Giacomo Leopardi. La inviò da famiglia di Giovan Francesco Guerrieri e il marchese Recanati, il 30 maggio 1824, quando stava per compiere ventisei anni. Aveva già pubblicato molti dei suoi Andrea Mantegna, Francesco II Gonzaga, Francesco II Gonzaga. Il signore di Mantova fu capolavori e si stava dedicando alle Operette Morali. Soffriva nella sua sublime sensibilità spirituale mentre particolare dalla “Madonna della Vittoria” (Louvre, magnificamente ospitato a Fermo quando vi sostò, afflitto e Parigi, olio su tela dipinto nel 1495-1496) rimaneva eternamente molestato da problemi di salute e pure, assai prosaicamente, finanziari. costretto ancora da una sua malattia, anche allora sulla via di Primo di dieci figli, Giacomo aveva ereditato dal padre Monaldo, speculatore avventuroso, una rientro dal Regno di Napoli verso le sue terre lombarde. situazione economica disastrata alla quale solo la madre saggiamente aveva saputo porre un po’ di rimedio. Luogotenente generale delle truppe francesi in Italia, nei mesi precedenti aveva combattuto senza Ma il quadro rimaneva fosco. Per questo, lasciati per qualche momento i successo contro gli Spagnoli alla battaglia del Garigliano. cieli tersi della Poesia, Giacomo aveva dovuto intingere la penna Oltremodo grato per le cure e l’accoglienza superba ricevute, il marchese Gonzaga nell’inchiostro burocratico rivolgendosi con sofferto stile cortigiano all’insigne cardinale per chiedere un posto di lavoro. compensò Giovanni Francesco Guerrieri accogliendo a Mantova altri due della famiglia: Giovanni Battista e Vincenzo, che quindi raggiunsero il fratello Ludovico, da sette anni al servizio presso «La generosità dell’Eminenza Vostra Reverendissima mi dà 63 quella corte. animo di porgere a Lei le mie suppliche nella difficoltà e ristrettezza delle Trapiantati in riva al Mincio, iniziò per i fratelli Guerrieri una carriera di successi tra gli mie circostanze, perché voglia degnarsi di ripararvi. Essendo stato ufficiali gonzagheschi. Dieci anni dopo l’arruolamento ad Offida, «Il dì penultimo aprilis 1506», avvertito di quanto all’Eminenza Vostra è piaciuto rispondere Francesco II Gonzaga decretò l’aggregazione di Ludovico alla sua casata con il privilegio per lui, all’Eminentissimo Signor Cardinale Segretario di Stato sopra il graziarmi di familiari e discendenti del doppio cognome Guerrieri Gonzaga.64 Sposato a Violante da Correggio, un posto nelle Cancellerie del Censo Pontificio». E più oltre: «Io dovrò Ludovico veniva definito, nel 1514, «marchionalem consocium beneamatum». riconoscerla dalla Sua magnanimità e dalla determinazione di promuovere quelli che anche con deboli forze si affaticano nella cultura delle Lettere. Nel 1522 il marchese Federico II, succeduto al padre Francesco II, lo nominò luogotenente […] La sola bontà del Suo animo potrà rimuovere l’Eminenza Vostra dal generale dei signori di Mantova e di Urbino. Il 10 gennaio 1526, gli donava il turrito palazzo della Giacomo Leopardi. 65 considerare il mio poco valore, per attendere alle mie buone intenzioni; ed Ritratto a olio, casa Leopardi, Recanati Gabbia, già proprietà dei Bonacolsi, che si erge in contrada dell'Aquila. indurla a provvedere alle angustie del mio stato».68 Alla sua morte, nel 1530, Ludovico lasciò in eredità al fratello Vincenzo, già capitano del Lago di Mantova, il palazzo della torre e la carica di maestro delle stalle del sovrano.66 Quel progetto poi non si concretizzò e il poeta dell’Infinito fu costretto a inseguire soluzioni per 69 altre strade. Tuttavia la lettera ci permette d’intuire qualche frammento prezioso del suo sofferto vissuto quotidiano.

62 Cfr. G. DE MINICIS (a cura di), Cronache della Città di Fermo, cit., p. 225. E Ludovico confermò quella partenza 67Figlio di Bonaventura, ufficiale dell'esercito imperiale, e della seconda moglie di questi, Lucrezia Valenti Gonzaga, avvenuta nel 1496 quando, nel 1522 tornò temporaneamente in patria parlando di una sua assenza che durava da Cesare nacque a Mantova il 2 marzo 1749 e si spense a Roma il 6 febbraio 1832 all'età di 82 anni. Dopo l'elezione 26 anni. Effemeridi della città di Fermo e suo antico Stato, cit., p. 55. di Pio VIII, troppo anziano e ormai emarginato nella Curia, lasciò ogni incarico. Fu sempre molto legato a Orvieto, 63 Cfr. Archivio di Stato di Mantova, Documenti patrii raccolti da Carlo d'Arco, n. 217, CARLO D'ARCO, Annotazioni dove era spesso ospite della sorella Drusilla. Beneficò la città con notevoli elargizioni per il restauro di suoi genealogiche di famiglie mantovane, sec. XIX, IV, p. 390. monumenti e per la costruzione del ponte "dell'Adunata" sul fiume Paglia. 64Cfr. ivi, p. 391. 68 Cfr. “Giacomo Leopardi, Epistolario”, Newton Compton Editori, Roma 2014, lett. 306 al cardinale Cesare Guerrieri 65L’attuale via Cavour, alla porta di piazza Sordello, poco distante dal Palazzo Ducale. Gonzaga, Roma. 66Dopo il matrimonio con Margherita Paleologo, Federico II Gonzaga aveva acquisito, nel 1536, il Marchesato di 69 La disponibilità e la benevolente accoglienza del cardinale Guerrieri Gonzaga si scontrarono con l’opposizione Monferrato. ottusa del camerlengo Bartolomeo Pacca che in un rapporto denunciò essere Giacomo Leopardi un personaggio 58 Quaderni del Borgoantico 17

Il “ricco Crocifisso” di papa Innocenzo X a Villa Lagarina Appendice Prima del celebre cardinale e camerlengo del Sacro Collegio Cesare Guerrieri Gonzaga, ci fu un altro Cesare nella La battaglia di Desenzano del 1439 e la Val Lagarina famiglia, vissuto nella prima metà del XVII secolo, protagonista di un evento che merita d’esser rievocato in virtù del filo d’oro che ne lega e materializza la memoria storica a una preziosissima testimonianza, ancora oggi presente nel palazzo di Villa Lagarina. Narrano le cronache che agli inizi del 1645 la devota Reggente Maria Gonzaga, duchessa di Mantova e del Monferrato,70 ultima dei grandi e influenti personaggi del suo casato, decise d’inviare a Roma una maestosa Ambasciata per incontrare papa Innocenzo X, assunto alla Santa Sede pochi mesi prima. Fu così che un imponente corteo di carrozze, a marzo, col favore della primavera, prese la strada dalla capitale in riva al Mincio Papa Innocenzo X, ritratto da Diego Velázquez, nel 1650. Galleria Doria Pamphili, Roma verso quella della Cristianità per recare al nuovo pontefice i sentimenti della filiale obbedienza e le congratulazioni da parte del giovanissimo sovrano Carlo II Gonzaga-Nevers. La fastosa ambasceria, schierava oltre cento rappresentanti delle più illustri famiglie del ducato mantovano ed era presieduta, con la più grande autorità, dal marchese Cesare Guerrieri Gonzaga. Scrivono le Croniche che: «Sua Santità accolse benignamente l’Ambasciata, e il Guerrieri partissene da Roma li 18 Giugno regalato dal papa d’un ricco Crocifisso per lui».71 Anche quel «ricco Crocifisso» regalato da papa Innocenzo X nel 1645 al marchese Cesare Guerrieri Gonzaga, venerato poi da tante «Galeas per montes» Le navi venete trasportate dal fiume Adige in Val Lagarina verso Loppio, il passo di San Giovanni. e Torbole sul Garda. Incisioni in rame di A. Viviani, da illustrazioni di F. Zanotto, in "Storia di Venezia" in 150 tavole di G. Gatteri, Venezia 1856. generazioni, concluderà la sua storia approdando, giusto trecento anni dopo, in Trentino. Oggi la Reliquia, opera d’arte muta ma eloquente, gelosamente e devotamente custodita, Si è accennato nelle pagine precedenti alla partecipazione di Niccolò il Guerriero, valoroso adorna e impreziosisce la cappella del palazzo capitano d’armi che secondo alcuni storici diede il cognomen alla casata dei Guerrieri Gonzaga, alle della casata nel borgo antico di Villa Lagarina. battaglie, terrestri e lacuali, scatenate come conseguenza della formazione della seconda Lega anti- Una sacra icona che accompagna il più viscontea, formata dalle repubbliche di Venezia e di Firenze, che coinvolsero il territorio del recente capitolo della vicenda dei Guerrieri Trentino meridionale e la Val Lagarina. Gonzaga, intrecciata dal Medioevo sino ai giorni Nell’estate del 1439, nel corso di quella guerra scoppiata fra il Ducato di Milano e la Lega, le nostri a quella, pure così complessa e inestricabile, di tutte le maggiori signorie padane e italiane. forze di Filippo Maria Visconti, sotto il comando di Niccolò Piccinino che aveva tra i suoi capitani Storia millenaria che, in queste poche Niccolò il Guerriero alla testa di 200 cavalieri, riuscirono, dopo una serie di scontri vittoriosi, a pagine, si è tentato, temerariamente, di riassumere prendere il controllo di tutte le terre lombarde fino al lago di Garda. Conquistata Desenzano con il e narrare. suo porto, poterono successivamente controllare tutto il lago fin sotto la sponda Nord. Il 26 settembre il Piccinino, rivolse le proprie forze contro la flotta della Serenissima, uscita da sospetto e che doveva esser «vegliato nella sua morale e politica condotta». (Archivio Vaticano, 22 nov.1825, n. Toscolano dove si era rifugiata, e riportò una schiacciante vittoria, catturando le navi con la 11228). maggior parte degli ufficiali, i provveditori veneziani e il marchese Taddeo d’Este. Solo due navi 70 Nel 1637, defunto il sovrano Carlo I Gonzaga Nevers, a succedergli fu il nipotino Carlo II, di appena otto anni, riuscirono a riparare a Torbole, sulla sponda trentina, rimasta alle forze venete. Il giorno seguente il posto sotto la tutela della madre. Maria impose una rivoluzione nella politica estera filo francese, del ducato Piccinino espugnava anche il castello di Maderno.72 mantovano, orientandola decisamente a favore degli Asburgo. Attivissima a livello diplomatico, Maria insediò ambasciatori di sua fiducia in tutte le più importanti sedi europee. Sul piano interno seppe riordinare la struttura dello stato, esautorando i nobili non in sintonia col nuovo corso anti francese. Affidò la difesa del ducato a un presidio militare fornito dalla Repubblica di Venezia. 72 Gli storici sono discordi sul giorno in cui si combatté la battaglia di Maderno. La data qui riportata è quella indicata 71 Il sedicenne duca Carlo ebbe in dono un cavallo di razza: «un bellissimo Corsiero Leardo rotato pe ‘l Duca». S. da Carlo de Rosmini nella sua Istoria di Milano, sulla quale converge il maggior numero di consensi. Cfr. C. DE GIONTA, Il Fioretto delle croniche di Mantova, Mantova 1741, p. 123. ROSMINI, Dell’Istoria di Milano, II, Milano 1820, pp. 345-346. Quaderni del Borgoantico 17 59

Il “ricco Crocifisso” di papa Innocenzo X a Villa Lagarina Appendice Prima del celebre cardinale e camerlengo del Sacro Collegio Cesare Guerrieri Gonzaga, ci fu un altro Cesare nella La battaglia di Desenzano del 1439 e la Val Lagarina famiglia, vissuto nella prima metà del XVII secolo, protagonista di un evento che merita d’esser rievocato in virtù del filo d’oro che ne lega e materializza la memoria storica a una preziosissima testimonianza, ancora oggi presente nel palazzo di Villa Lagarina. Narrano le cronache che agli inizi del 1645 la devota Reggente Maria Gonzaga, duchessa di Mantova e del Monferrato,70 ultima dei grandi e influenti personaggi del suo casato, decise d’inviare a Roma una maestosa Ambasciata per incontrare papa Innocenzo X, assunto alla Santa Sede pochi mesi prima. Fu così che un imponente corteo di carrozze, a marzo, col favore della primavera, prese la strada dalla capitale in riva al Mincio Papa Innocenzo X, ritratto da Diego Velázquez, nel 1650. Galleria Doria Pamphili, Roma verso quella della Cristianità per recare al nuovo pontefice i sentimenti della filiale obbedienza e le congratulazioni da parte del giovanissimo sovrano Carlo II Gonzaga-Nevers. La fastosa ambasceria, schierava oltre cento rappresentanti delle più illustri famiglie del ducato mantovano ed era presieduta, con la più grande autorità, dal marchese Cesare Guerrieri Gonzaga. Scrivono le Croniche che: «Sua Santità accolse benignamente l’Ambasciata, e il Guerrieri partissene da Roma li 18 Giugno regalato dal papa d’un ricco Crocifisso per lui».71 Anche quel «ricco Crocifisso» regalato da papa Innocenzo X nel 1645 al marchese Cesare Guerrieri Gonzaga, venerato poi da tante «Galeas per montes» Le navi venete trasportate dal fiume Adige in Val Lagarina verso Loppio, il passo di San Giovanni. e Torbole sul Garda. Incisioni in rame di A. Viviani, da illustrazioni di F. Zanotto, in "Storia di Venezia" in 150 tavole di G. Gatteri, Venezia 1856. generazioni, concluderà la sua storia approdando, giusto trecento anni dopo, in Trentino. Oggi la Reliquia, opera d’arte muta ma eloquente, gelosamente e devotamente custodita, Si è accennato nelle pagine precedenti alla partecipazione di Niccolò il Guerriero, valoroso adorna e impreziosisce la cappella del palazzo capitano d’armi che secondo alcuni storici diede il cognomen alla casata dei Guerrieri Gonzaga, alle della casata nel borgo antico di Villa Lagarina. battaglie, terrestri e lacuali, scatenate come conseguenza della formazione della seconda Lega anti- Una sacra icona che accompagna il più viscontea, formata dalle repubbliche di Venezia e di Firenze, che coinvolsero il territorio del recente capitolo della vicenda dei Guerrieri Trentino meridionale e la Val Lagarina. Gonzaga, intrecciata dal Medioevo sino ai giorni Nell’estate del 1439, nel corso di quella guerra scoppiata fra il Ducato di Milano e la Lega, le nostri a quella, pure così complessa e inestricabile, di tutte le maggiori signorie padane e italiane. forze di Filippo Maria Visconti, sotto il comando di Niccolò Piccinino che aveva tra i suoi capitani Storia millenaria che, in queste poche Niccolò il Guerriero alla testa di 200 cavalieri, riuscirono, dopo una serie di scontri vittoriosi, a pagine, si è tentato, temerariamente, di riassumere prendere il controllo di tutte le terre lombarde fino al lago di Garda. Conquistata Desenzano con il e narrare. suo porto, poterono successivamente controllare tutto il lago fin sotto la sponda Nord. Il 26 settembre il Piccinino, rivolse le proprie forze contro la flotta della Serenissima, uscita da sospetto e che doveva esser «vegliato nella sua morale e politica condotta». (Archivio Vaticano, 22 nov.1825, n. Toscolano dove si era rifugiata, e riportò una schiacciante vittoria, catturando le navi con la 11228). maggior parte degli ufficiali, i provveditori veneziani e il marchese Taddeo d’Este. Solo due navi 70 Nel 1637, defunto il sovrano Carlo I Gonzaga Nevers, a succedergli fu il nipotino Carlo II, di appena otto anni, riuscirono a riparare a Torbole, sulla sponda trentina, rimasta alle forze venete. Il giorno seguente il posto sotto la tutela della madre. Maria impose una rivoluzione nella politica estera filo francese, del ducato Piccinino espugnava anche il castello di Maderno.72 mantovano, orientandola decisamente a favore degli Asburgo. Attivissima a livello diplomatico, Maria insediò ambasciatori di sua fiducia in tutte le più importanti sedi europee. Sul piano interno seppe riordinare la struttura dello stato, esautorando i nobili non in sintonia col nuovo corso anti francese. Affidò la difesa del ducato a un presidio militare fornito dalla Repubblica di Venezia. 72 Gli storici sono discordi sul giorno in cui si combatté la battaglia di Maderno. La data qui riportata è quella indicata 71 Il sedicenne duca Carlo ebbe in dono un cavallo di razza: «un bellissimo Corsiero Leardo rotato pe ‘l Duca». S. da Carlo de Rosmini nella sua Istoria di Milano, sulla quale converge il maggior numero di consensi. Cfr. C. DE GIONTA, Il Fioretto delle croniche di Mantova, Mantova 1741, p. 123. ROSMINI, Dell’Istoria di Milano, II, Milano 1820, pp. 345-346. 60 Quaderni del Borgoantico 17

La flotta sconfitta e finita in mano milanesi era quella che Venezia aveva portato al lago di Crepacci e fossi furono Garda e quindi al porto fortificato di Desenzano trasportandola per via fluviale e attraverso i monti livellati, eliminando rocce e della Val Lagarina, realizzando quell’impresa titanica che stupì Europa sotto il nome di Galeas per ogni ostacolo o impedimento, montes. tagliando piante. Per facilitare La via dei monti era infatti l’unica di cui Venezia disponesse per riacquistare il dominio del il passaggio, a Mori furono lago di Garda, perso con l’avanzare delle truppe del Visconti comandate dal Piccinino che spianate persino due case e alle strategicamente bloccava tutte le comunicazioni e varchi per i rifornimenti e soccorsi di cui aveva distruzioni si accompagnavano vitale bisogno Brescia. Trovandosi in quelle difficoltà insuperabili, la Serenissima aveva già le costruzioni di ponti ed predisposto audacemente, fin dal 1438, le sue contromisure senza esitare nell’affidarsi ad un opere viarie, come passaggi su progetto che avevano concepito due ingegneri tanto immaginifici quanto armati di fattiva tavole per farvi transitare, concretezza: Blasio de Arboribus (o forse Niccolò Carcavilla) e Niccolò Sorbolo. Il progetto scivolando su rulli, le navi. Il prevedeva il transito, entrando dalla foce, lungo il corso del fiume Adige per risalire le strade alpine lago di Loppio, allora con la della Val Lagarina, alle falde del Monte Baldo, verso il lago di Loppio, per scendere, valicato il superficie intorbata, e quindi passo di San Giovanni, verso il porto di Torbole sul Garda. scivolosa, facilitò il passaggio Nel gennaio 1439 prese il mare da Venezia una flotta di 6 galee, 2 fregate e 25 barche grosse fino alla nuova breve salita che a presso Chioggia entrò per le foci dell'Adige risalendolo fino a Verona. Qui, nel verso il passo. porto fluviale, il naviglio dovette essere dotato di supporti galleggianti per ridurne il pescaggio, Raggiunto finalmente il poiché il fiume era in magra. La navigazione poté proseguire verso la chiusa di Ceraino e poi su culmine di passo san verso Nord, fino al borgo di Marco a Rovereto. Qui la flotta venne calata a riva e montata su nuovi Giovanni, ancor più gravoso fu l’affrontare la discesa verso Nago e Torbole, sotto castel Penede, supporti di trasporto appositamente inventati e costruiti. Si poté così procedere con quello perché il naviglio tendeva ad accelerare minacciosamente verso il basso e a sfracellarsi contro le straordinario navale corteo lungo la piana che portava attraverso Mori verso Loppio. rocce di quel percorso a precipizio. Perciò si dovettero frenare galee e fregate e barconi ancorando con il cordame i loro alberi a dei grandi massi e regolando la discesa manovrando le funi con gli argani interposti. Si sfruttò genialmente anche il forte vento gardesano, la “Ora” che soffia da Sud di pomeriggio verso il monte, alzando le vele del naviglio che si trovò in tal modo frenato nella sua corsa verso il lago. Il viaggio durò due settimane e alla fine tutte le navi poterono essere salpate integre ed indenni nel lago dalle rive di Torbole, in faccia a Riva del Garda. Fu un’impresa tecnicamente prestigiosa, della quale si parlò a lungo in tutta Europa, e che costò alla Repubblica di Venezia quindicimila ducati.73

Per questo s’impiegarono duemila buoi, requisiti nei paesi lagarini, utilizzandone venti paia per ciascun vascello A far procedere quella singolare spedizione bellica, per agevolarne il transito, c’era un esercito d’ingegneri, carpentieri, falegnami e fabbri, guastatori e minatori, arsenalotti veneti, marinai delle galee, rematori e galeotti, sterratori, operai coadiuvati da contadini reclutati in corvée nei paesi circostanti, per spianare la strada. 73 Sconfitti a Toscolano e a Desenzano, i Veneziani, nuovamente riforniti per la strada dei monti della Val Lagarina, allestirono a Torbole, altre navi. Il 10 aprile 1440, comandata da Stefano Contarini, una più potente flotta vinse quella viscontea al largo del promontorio del Ponale, presso Riva del Garda, riportando a Venezia il completo dominio del lago. Quaderni del Borgoantico 17 61

La flotta sconfitta e finita in mano milanesi era quella che Venezia aveva portato al lago di Crepacci e fossi furono Garda e quindi al porto fortificato di Desenzano trasportandola per via fluviale e attraverso i monti livellati, eliminando rocce e della Val Lagarina, realizzando quell’impresa titanica che stupì Europa sotto il nome di Galeas per ogni ostacolo o impedimento, montes. tagliando piante. Per facilitare La via dei monti era infatti l’unica di cui Venezia disponesse per riacquistare il dominio del il passaggio, a Mori furono lago di Garda, perso con l’avanzare delle truppe del Visconti comandate dal Piccinino che spianate persino due case e alle strategicamente bloccava tutte le comunicazioni e varchi per i rifornimenti e soccorsi di cui aveva distruzioni si accompagnavano vitale bisogno Brescia. Trovandosi in quelle difficoltà insuperabili, la Serenissima aveva già le costruzioni di ponti ed predisposto audacemente, fin dal 1438, le sue contromisure senza esitare nell’affidarsi ad un opere viarie, come passaggi su progetto che avevano concepito due ingegneri tanto immaginifici quanto armati di fattiva tavole per farvi transitare, concretezza: Blasio de Arboribus (o forse Niccolò Carcavilla) e Niccolò Sorbolo. Il progetto scivolando su rulli, le navi. Il prevedeva il transito, entrando dalla foce, lungo il corso del fiume Adige per risalire le strade alpine lago di Loppio, allora con la della Val Lagarina, alle falde del Monte Baldo, verso il lago di Loppio, per scendere, valicato il superficie intorbata, e quindi passo di San Giovanni, verso il porto di Torbole sul Garda. scivolosa, facilitò il passaggio Nel gennaio 1439 prese il mare da Venezia una flotta di 6 galee, 2 fregate e 25 barche grosse fino alla nuova breve salita che a Sottomarina presso Chioggia entrò per le foci dell'Adige risalendolo fino a Verona. Qui, nel verso il passo. porto fluviale, il naviglio dovette essere dotato di supporti galleggianti per ridurne il pescaggio, Raggiunto finalmente il poiché il fiume era in magra. La navigazione poté proseguire verso la chiusa di Ceraino e poi su culmine di passo san verso Nord, fino al borgo di Marco a Rovereto. Qui la flotta venne calata a riva e montata su nuovi Giovanni, ancor più gravoso fu l’affrontare la discesa verso Nago e Torbole, sotto castel Penede, supporti di trasporto appositamente inventati e costruiti. Si poté così procedere con quello perché il naviglio tendeva ad accelerare minacciosamente verso il basso e a sfracellarsi contro le straordinario navale corteo lungo la piana che portava attraverso Mori verso Loppio. rocce di quel percorso a precipizio. Perciò si dovettero frenare galee e fregate e barconi ancorando con il cordame i loro alberi a dei grandi massi e regolando la discesa manovrando le funi con gli argani interposti. Si sfruttò genialmente anche il forte vento gardesano, la “Ora” che soffia da Sud di pomeriggio verso il monte, alzando le vele del naviglio che si trovò in tal modo frenato nella sua corsa verso il lago. Il viaggio durò due settimane e alla fine tutte le navi poterono essere salpate integre ed indenni nel lago dalle rive di Torbole, in faccia a Riva del Garda. Fu un’impresa tecnicamente prestigiosa, della quale si parlò a lungo in tutta Europa, e che costò alla Repubblica di Venezia quindicimila ducati.73

Per questo s’impiegarono duemila buoi, requisiti nei paesi lagarini, utilizzandone venti paia per ciascun vascello A far procedere quella singolare spedizione bellica, per agevolarne il transito, c’era un esercito d’ingegneri, carpentieri, falegnami e fabbri, guastatori e minatori, arsenalotti veneti, marinai delle galee, rematori e galeotti, sterratori, operai coadiuvati da contadini reclutati in corvée nei paesi circostanti, per spianare la strada. 73 Sconfitti a Toscolano e a Desenzano, i Veneziani, nuovamente riforniti per la strada dei monti della Val Lagarina, allestirono a Torbole, altre navi. Il 10 aprile 1440, comandata da Stefano Contarini, una più potente flotta vinse quella viscontea al largo del promontorio del Ponale, presso Riva del Garda, riportando a Venezia il completo dominio del lago. 62 Quaderni del Borgoantico 17

“… considerato di quanta importanza sii la cor- diale fratellanza et unione ferma et stabile…” (da un documento del 1716)

Corsi e ricorsi storici: oggi (2016) si ripropone fra comuni limitrofi (Villa, Nogaredo, Pomarolo) l’istanza di trecento anni fa (1716): insieme si è più forti Exursus storico riguardante una serie di unificazioni e di patti di unione nella Destra Adige dell’alta Vallagarina

Antonio Passerini

Scomodiamo, se pur impropria- mente, la celebre teoria di Giam- battista Vico (Napoli 1668-1744) dei “corsi e ricorsi storici”, cioè di un’alternanza tra periodi di barba- rie e periodi di civiltà, per dire che certe problematiche riguardanti le nostre comunità si ripetono ciclica- mente, ovviamente in circostanze e in forme diverse. Questo rilievo ci serve per intro- durre l’argomento che trattiamo, vale i dire le decisioni negli ultimi trecento anni di accorpamenti tra le comunità della Destra Adige della Vallagarina settentrionale, o di patti di unione in determinati ambiti e su determinate problematiche.

2016: gestioni associate tra Villa, Pomarolo e Nogaredo Partiamo dal presente, dalla crona- ca. Per necessità o per virtù, per con- vinzione o costretti dagli eventi (in primo luogo le disponibilità finan- ziarie pubbliche sempre più ridot- te), oggi si cerca di unire comuni limitrofi, o quantomeno una parte di servizi comunali con le cosid- L’edificio delle ex scuole di Villa, che fu anche municipio dal 1886 al 1929, fu costruito da- dette gestioni associate, rese obbli- vanti alla chiesa nel 1885-86 al posto dell’antico hospitale, sede delle assemblee dei capifa- gatorie in determinate situazioni da miglia fino al 1804. A loro volta le ex scuole sono state abbattute nei primi anni Duemila per una legge provinciale. È quest’ul- fare spazio all’attuale municipio timo delle gestioni associate il caso dei comuni di Villa Lagarina (che da sessant’anni, 1956, inclu- colino, Sasso e Noarna). Questi de anche gli antichi comuni auto- tre comuni contano insieme circa nomi di Pedersano e Castellano e 8.300 abitanti. (Fonte per le notizie e i documenti ri- feriti al 1716: Biblioteca comunale di da quasi cinquanta, 1967, Piazzo), In Trentino il processo di accorpa- Villa Lagarina, archivio storico, sca- di Pomarolo (con Chiusole e Savi- mento di comuni limitrofi è in atto tola 1611-1809) gnano) e di Nogaredo (con Bran- da alcuni anni, peraltro con alterne Quaderni del Borgoantico 17 63

nel Consiglio comunale di Villa. to storico padre Frumenzio Ghetta Una, “Comunità attiva”, fin dal addirittura alla dominazione dei suo nascere nel 2005, ha dedicato Longobardi (568-774 d.C.) e il cui particolare attenzione, con scritti scioglimento avvenne ufficialmen- e incontri pubblici, alla questione te il 18 agosto del 1818 (si veda il dell’unificazione dei comuni della lavoro di Roberto Adami e Miche- Destra Adige lagarina. L’altra lista, le Angelo Spagnolli, Jus regulandi nata nel 2014, rende esplicito già bona comunia, del 1991). Accen- nel suo nome il punto fondamenta- niamo invece brevemente alle prin- le del suo programma: “Per l’unifi- cipali unificazioni avvenute negli cazione dei Comuni”. La posizione ultimi due secoli, andando a ritroso delle minoranze è pure esplicitata nel tempo, sempre imposte dall’au- su vari numeri della citata rivista torità superiore. Di queste s’è già “Fuori dal Comune”. parlato in precedenti “Quaderni” e Ora passiamo dalla cronaca alla in altre pubblicazioni. storia degli ultimi trecento anni, Si è anche già parlato dell’unione nei quali incontriamo tentativi delle comunità (si tratta di unione di unione e di collaborazione da spontanea per avere maggior forza Giuseppe Dorigotti, sindaco del “grande parte delle comunità in determina- contrattuale nel far valere deter- comune” di Villa dal 1946 al 1955 ti ambiti come accade oggi (1716, minate istanze, non di unificazio- 1759-72), e vere e proprie unifi- ni, improponibili a quei tempi del vicende, perché accanto a unioni cazioni, sempre imposte dall’alto cosiddetto “antico regime”) nel realizzate o in fase di attuazione, (1810; 1929; 1955). caso dell’intricata, lunghissima ci sono state anche consultazioni (1759-72) e debilitante vertenza popolari su proposte di unifica- Aggregazioni imposte (andando portata avanti dalle comunità con- zione che non hanno neppure rag- a ritroso nel tempo) dalla tro amministratori dei Lodron e giunto il quorum per essere valide. Regione Trentino Alto Adige contro i Lodron stessi. Il primo accorpamento di comuni (1956), da Mussolini (1929) e da Dedicheremo invece particolare fu quello della Valle di Ledro, nel Napoleone (1810) attenzione a quello che successe nel novembre 2008, a seguito di nego- Va subito detto che lasciamo quasi 1716, esattamente trecento anni fa. ziati durati una decina di anni e di del tutto da parte (ne accenniamo un referendum, preliminare all’u- per la vertenza del decennio 1759- 1956: diventano operativi i due nificazione e obbligatorio. 69) la peculiare e, per certi versi, nuovi comuni di Villa e Nogaredo Il numero di dicembre 2015 di straordinaria e secolare vicenda del voluti dalla Regione “Fuori dal Comune”, la rivista “Comun Comunale” della Destra Finita la seconda guerra mondiale semestrale del comune di Villa, Adige lagarina, che comprendeva il (1945) pressoché tutti gli ex comu- indicava tre scadenze per l’avvio territorio da Garniga a Isera, la cui ni della parte centrale della Destra della “gestione associata” tra i nascita è fatta risalire dal compian- Adige lagarina, che il Fascismo comuni di Villa (sindaco Romi- na Baroni), di Pomarolo (sindaco Roberto Adami) e di Nogaredo (sindaco Fulvio Bonfanti): entro il 30 giugno 2016 presentazione di un progetto di riorganizzazione intercomunale dei servizi; entro il 31 luglio 2016 stipula delle con- venzioni e avvio della gestione associata di almeno due servizi, tra cui la segreteria; entro il 31 dicem- bre 2016 avvio della gestione asso- ciata di tutti i restanti servizi. Il futuro dirà poi se muoversi ulte- riormente verso l’unificazione. Questa politica dei “piccoli passi” è peraltro ritenuta insufficien- te e troppo lenta dalle due liste Casa Ambrosi, dal 1952 a tutt’oggi casa Frapporti, fu sede del municipio di Villa dal 1929 civiche di minoranza presenti al 1956 64 Quaderni del Borgoantico 17

corso dell’Ottocento per arrivare a piena autonomia nel 1922, pochi anni prima della soppressione fascista dei piccoli comuni). Dal 1946 al 1955 sindaco del “gran- de comune” fu Giuseppe Dorigotti (si veda il n° 12 dei “Quaderni del Borgoantico”).

1810: il “grande comune” voluto da Napoleone Fino agli inizi dell’Ottocento pra- ticamente ogni paese era detto, da secoli, “regola”, dal nome dell’as- semblea di tutti i capifamiglia. Ogni regola s’era data uno statuto che raccoglieva una serie di norme La “palazzina di Santo Ruperto” sul Cornalé, fatta costruire nel 1626 come nuovo monte di di comportamento e di gestione pietà (banco dei pegni) dal principe vescovo di Salisburgo e signore di Castellano e Castel della cosa pubblica. I paesi erano Nuovo Paride Lodron su progetto dell’architetto lombardo Santino Solari, divenuta patrimo- nio appunto della Cappella di San Ruperto, era luogo occasionale delle riunioni dei capifa- cioè comunità autonome, con pro- miglia di Piazzo prio statuto, con libertà di decisio- ne su alcuni aspetti della vita pub- aveva riunito nel grande comune dopo i consiglieri eletti nomina- blica ed economica, con incarichi di Villa (oltre a Villa, Nogaredo, rono sindaco e assessori. A Villa di gestione e di controllo del vive- Brancolino, Sasso, Noarna, Peder- il sindaco fu Carlo Baldessarini, a re civile affidati a turno annuale a sano, Castellano) espressero in vari Nogaredo Mario Leoni, due primi tutti i capifamiglia. modi la volontà di tornare autono- cittadini dalla forte personalità. Le decisioni venivano prese dai mi. Ciò fu ufficialmente evidente capifamiglia mediante “balotazio- con il referendum del 28 ottobre 1929: il “grande comune” voluto ne”, cioè usando “bale” (palle, pal- 1951 che, in generale, espresse da Mussolini line) bianche e nere. nette maggioranze a favore dell’au- Il “grande comune” di Villa, diviso L’autonomia, peraltro, doveva fare togestione dei singoli paesi. Ma in due dalla legge regionale del 14 i conti con i “signori”, cioè i feu- questa volontà popolare di ritorno febbraio 1955, durava da 26 anni, datari, che nel caso nostro furono al passato non fu assecondata dalle da quando cioè, a seguito di leggi i Castelbarco fino al 1456, poi i autorità regionali, che invece pun- fasciste volute da Mussolini, ini- giudicariesi Lodron (i cui discen- tavano ad aggregare alcune comu- ziò la sua attività nel 1929. Già da denti sono tuttora proprietari del nità. Passarono più di tre anni tra alcuni anni prima del ’29, peraltro, palazzo di Nogaredo, che porta il discussioni, confronti e altri refe- erano stati messi da parte i sindaci loro nome). Questi signori aveva- rendum parziali, prima che vedes- eletti dalla gente, e con loro i con- no ricevuto dall’autorità superiore se la luce la legge regionale del 14 sigli comunali, per fare posto ai (nel caso nostro il vescovo di Tren- febbraio 1955 che istituì il nuovo “podestà” nominati direttamente to) l’investitura, cioè l’incarico, di comune di Nogaredo con Brancoli- dall’autorità centrale (quindi non gestire un determinato territorio. no, Sasso e Noarna (anche se Sasso ebbero più luogo le elezioni comu- Di solito i “signori” avevano ampio era stato nettamente contrario a nali). potere e corpose convenienze eco- quell’accorpamento, nel referen- Il “grande comune” comprendeva, nomiche. In campo giudiziario, per dum del 25 ottobre 1953). oltre a Villa che ne era la sede e ne citare i Lodron, il tribunale da loro Con Villa restavano dunque Castel- dava il nome, Pedersano, Castella- gestito poteva comminare anche la lano e Pedersano, se pur non del no, Nogaredo, Brancolino, Sasso pena di morte, come avvenne per tutto pacificamente perché tra i due e Noarna, fino ad allora comunità esempio in più casi contro alcune paesi non correva buon sangue. autonome. (In verità tra Nogaredo donne accusate di stregoneria. Piazzo invece, unito a Pomarolo, e Brancolino era in atto una sorta “Combriccole di popolo” furono sarà aggregato a Villa nel 1967. di unione che lasciava una certa definite nel 1805 le assemblee dei Dopo circa un anno di gestione autonomia, su alcuni aspetti, alle capifamiglia (regole) dalle auto- commissariale dei due comuni, il due comunità, ognuna delle quali rità austriache che miravano ad 27 maggio 1956 si tennero le vota- aveva un proprio bilancio accanto accentrare tutto il potere decisio- zioni per eleggere i due consigli al bilancio unitario; anche i rappor- nale. Cinque anni dopo, superata comunali autonomi. Pochi giorni ti tra Sasso e Noarna variarono nel la parentesi del dominio dei Bava- Quaderni del Borgoantico 17 65

resi (1806-1809) anch’essi ostili all’istituto delle regole, fu lo stes- so Napoleone ad abolirle. Defini- tivamente. Nacque così nel 1810 il “grande comune” della Destra Adige che comprendeva Villa, Pedersano, Castellano, Nogare- do, Brancolino, Sasso, Noarna e Piazzo (quest’ultimo nel 1811 fu aggregato a Pomarolo). Sindaco fu nominato dall’autorità superiore, quindi non eletto dai capifamiglia, l’anziano Giuseppe Madernini, che l’anno seguente chiese di essere sostituito, ciò che avvenne con l’i- nizio del 1812 quando sindaco fu nominato Lorenzo Marzani. Con il ritorno degli Austriaci (1813) le cose furono ripristinate quasi come prima, ma i paesi più piccoli furono aggregati ad altri. Modifiche avvennero anche nel corso dell’Ottocento. La denominazione “al Torchio”, luogo in Altra immagine della suggestiva Via del La lunghissima (1759-1772) e cui si tenevano nel 1700 le assemblee dei Torchio di Castellano costosissima vertenza contro capifamiglia di Castellano, è ricordata og- il giudice Adamo Alberto gi dalla caratteristica Via del Torchio che e si usa ancora nella lingua tede- Madernini e contro i Lodron attraversa la parte antica del paese sca), mentre è redazionale l’uso del grassetto e della titolazione. stessi Per anni i procuratori Nicolò Ben- Per Eccelentissima Padronan- La vicenda è stata ampiamente venuti e Gio Batta Rosi (molto za sono da intendere i Signo- trattata nei “Quaderni del Borgo- meno di loro fu impegnato il pro- ri Lodron, come detto feudatari antico” n. 15 (2014), pagg. 34-87. curatore Valentino Broilo) porta- del Vescovo di Trento dal 1456 Brevissima sintesi. Le comunità rono avanti le ragioni delle comu- delle giurisdizioni di Castellano della Destra Adige, dopo ricorso al nità con una mole mastodontica di e Castelnuovo (Castel Noarna), vescovo di Trento, fanno deporre viaggi e permanenze a Rovereto (si tolte con la forza ai Castelbarco dal “conte primogenito” Ernesto tirano di mezzo anche Girolamo (dai Lodron stessi su richiesta del Maria Lodron, titolare delle giu- Tartarotti e Giambattista Graser), a vescovo di Trento). risdizioni di Castellano e Castel Trento, a Isprugh (Innsbruck, sede NB: Molto importante, anche dal Nuovo (castel Noarna) ma resi- della contea del Tirolo), a Salisbur- punto di vista della competen- dente a Salisburgo, Adamo Alberto go. Inutilmente. za giuridica (argomento che non Madernini dalla carica di giudice. approfondiamo), è il terzo punto Madernini era il massimo rappre- 1716: “… osservandosi riuscir della prima parte del documento sentante in terra lagarina del conte più forte il fascio di verghe che riportiamo per ultimo. Vi si Lodron, il quale, con spavalda spu- unite…” dice che se dopo ripetute istanze doratezza, tolse sì al Madernini Avvertenze delle comunità su un determinato la carica di giudice, ma subito lo Per facilitare la lettura del docu- problema la Padronanza Lodron nominò capitano delle giurisdizio- mento riportato, nella trascrizione non intervenisse in maniera ade- ni stesse. del testo sono stati aggiunti o tolti guata, allora le comunità stesse Una beffa per le comunità, le quali alcuni accenti, adeguando il loro cercherebbero da altre parti, presso allora diedero avvio ad una verten- utilizzo alle modalità di oggi. Sono altre autorità (non specificate), di za giudiziaria che, purtroppo per anche state trascritte per intero avere risposte e soluzioni adeguate. loro, si rivelò lunghissima, costo- alcune parole che nel documen- Questo concetto è ribadito nel 3° sissima (le comunità si indebita- to sono abbreviate. L’uso delle punto della “materia capitulata” rono molto), causa di litigi fra le virgole invece è quello originale dove si parla del problema specifi- comunità stesse e sostanzialmente (per esempio c’è sempre la virgo- co delle “strege” (streghe). infruttuosa (quindi doppiamente la davanti al “che” come si usava beffarda). 66 Quaderni del Borgoantico 17

I luoghi delle adunanze dei de Tonazza, tutti della comunità di capifamiglia e i notai che Villa e in numero superiore ai due ufficializzarono le decisioni terzi degli aventi diritto al voto. Le riunioni delle singole regole L’hospitale (ospedale, ospizio), si tennero da marzo a maggio del probabilmente di origine medieva- 1716. La riunione conclusiva tra i le, si trovava di fronte alla chiesa, delegati delle comunità si tenne a dove oggi sorge il nuovo munici- Villa, in casa Chimelli. pio. L’antico edificio, a più piani, di dimensioni rilevanti, sporgente A Villa: nell’“Hospitale Laicale, verso la chiesa (che doveva essere loco solito di congressi”. Notaio abbellita da una nuova, imponen- Giovanni Battista Baldessarino. te facciata, l’attuale), fu abbattuto Fanno da garanti della regolarità nel 1885 per fare posto all’edifi- dell’assemblea Bortolo figlio di cio della scuola elementare, a sua Bortolo Fogolar di Pedersano e volta demolita nei primi anni 2000, Bortolo figlio d’altro Bortolo Bal- per fare posto appunto all’attuale dessarini dai Molini. Sono presenti municipio. i massari della comunità Martino Le regole si tennero nell’hospitale Galvagnin e Tomè del fu Antonio fino al 1804, anno in cui si acquisi- Galvagnin, il giurato Antonio Gal- rono, mediante permuta, un paio di vagnin anche a nome (a suo dire) di stanze nelle “case Ambrosi”, l’edi- Nicolò Villi, l’altro giurato Gasper ficio che guarda verso il lato infe- Galvagnin, il Chiarissimo Signor riore della grande fontana dell’at- dottor Giovanni Pietro Comoro, tuale piazza Riolfatti (ma la mode- Facciata occidentale della “casa Giosefa” il Signor Giovanni Battista Chi- sta casa comunale aveva l’ingresso di Nogaredo, dove si trovava probabilmen- mel anche a nome di Matté Inzi- presso la strettoia di Cavolavilla). te l’ingresso alle poche stanze riservate a gneri, Antonio Peterlin, Ambrosio “hospitale” istituito verso la fine del Sei- Ambrosi, Andrea Nardi, Giulio A Nogaredo: “nell’hospitale”. cento dalla famiglia De Giorgi Salvador, Odorico Benvenuti, Notaio Francesco de Tonazza. re della facciata, è stato anche la Francesco Marzan, Lorenzo Mar- L’hospitale, fondato nella seconda prima sede dei pompieri di Noga- zan, Antonio del fu Andrea Gaspe- metà del Seicento dalla famiglia de redo agli inizi del Novecento. rin, Gio.Batta Salvadori, Anto- Giorgi (si trattava di un semplice nio Ambrosi, Nicolò Benvenuti ricovero per alcune persone) era A Pedersano: “nell’ara di Gia- a nome del padre, Bortolo del fu situato nella cosiddetta “Casa Gio- como Baldessari, loco solito di Giovanni Cavaler, il Nobile Signor sefa”, nome forse derivato proprio congregarsi”. Notaio Bartolomeo Antonio de Tonazza anche a nome dal fatto che l’hospitale era intito- Rosi. Quindi le riunioni pubbliche di suo fratello Francesco e l’Eccel- lato a San Giuseppe. avvenivano in un luogo privato, lentissimo Signor dottor Antonio Un avvolto, nella parte inferio- probabilmente dotato di facile ripa- ro in caso di maltempo.

A Castellano: luogo delle riunioni era al centro del paese oggi ricorda- to dalla denominazione dell’antica via, detta appunto “del Torchio”.

A Noarna: “nella piazola”. Notaio Bartolomeo Rosi.

A Sasso: “nella Piazza”. Notaio Bartolomeo Rosi.

A Brancolino: nell’“ara di Gia- como Paris”. Notaio Francesco de Tonazza. Anche qui dunque in un luogo privato. La “casa Giosefa” di Nogaredo, sede dell’antico “hospitale”, era luogo di riunione dei ca- pifamiglia del paese Quaderni del Borgoantico 17 67

Piazzo: “nella palazzina di San “Havendo le magnifiche Comunità In altra parte del documento tro- Ruperto”; “nel solito luogo di detto di Villa, Nogaré, Pedersan, Caste- viamo un’ulteriore significativa Piaz”. La palazzina di San Ruperto lan, Noarna, Sasso, Savignan, Piaz espressione, per ribadire il concet- è da ritenere l’imponente edificio e Brancolin soggiette all’Eccellen- to che l’unione fa la forza: “Osser- del “monte di pietà” fatto costruire tissima Padronanza Lodronia con- vandosi per esperienza riuscir sul Cornalé quasi cent’anni prima siderato di quale importanza sii più forte il fascio di più verghe (1625) da Paride Lodron, principe la cordiale fratelanza et unione unite che una sol vergha al che vescovo di Salisburgo. Fu Caserma ferma et stabile”…, mentre all’in- per altro possente…” dei Carabinieri fino agli Settanta contrario porta “danno e discapito del Novecento. la disunione per testimonianza de I delegati delle varie comunità tempi passati”, sono venute alla Ogni comunità ha delegato A Pomarolo: “nella casa dei fratel- decisione di formare tra di loro mediante procura per la riunione li Pasini”, quindi anche in questo “una ferma et stabile unione”… finale i suoi sindaci e procuratori: caso in una casa privata. le comunità più grosse e importanti

A Savignano: (manca il documen- to)

(In questo elenco mancano: Garni- ga, Cimone, Aldeno, Folas e Revia- no, comuntà pure soggette alla “Padronanza Lodron”, ma forse non d’accordo con l’iniziativa).

La riunione finale avviene a Villa in casa Chimelli L’incontro per la firma da parte dei rappresentanti delle singole rego- le del documento unitario redatto dal notaio Francesco de Tonazza di Villa, avvenne la domenica 17 maggio 1716 a Villa “nella stua terrena” (stube a piano terra) della casa di Domenico Chimelli. (Casa Chimelli è da ritenere la bella Casa Cameli, nel centro del paese, che in seguito sarà proprietà L’antico ingresso alla casa Chimelli (Cameli, poi Compacer, quindi Scrinzi e penultima sede della famiglia Compacer e quindi, del municipio di Villa) luogo della riunione conclusiva dei delegati delle comunità per matrimonio, diventerà verso la fine dell’Ottocento, la casa con ambulatorio del dott. Enrico Scrin- zi, senior, medico condotto, che aveva sposato Chiarina Compacer. Dal 1985, in seguito ad acquisto, sarà per circa 25 anni la penultima sede del Municipio di Villa. Oggi ospita la Biblioteca comunale, la Scuola musicale “Jan Novak” e varie associazioni).

Sono presenti alla riunione i dot- tori Antonio Gasperot e Valentino Zaffon, ambedue di Pomarolo, il Signor Antonio Baselga di Tren- to, e Giovanni Tartarot di Nomi, “testimoni chiamati, pregati, et Immagine attuale del cortile interno della caratteristica casa Chimelli nel centro di Villa La- conosciuti”. garina, penultima sede del municipio 68 Quaderni del Borgoantico 17

Il timbro di tabellionato di Francesco de Tonazza notaio (sigla FDTN), che nel 1716 redasse e convalidò il documento unitario delle comunità ne hanno due-tre, quelle più picco- Per la Comunità di Savignan Difendere i diritti acquisiti le uno. Tomas quondam [=fu] Domenico 2. Le comunità unite dovranno far Per la Comunità di Villa il molto Pedrot, et Tomas quondam Silve- valere i propri “giusti diritti” illustre signor Antonio de Tonaz- stro Pedrot acquisiti. za, Francesco Ambrosi e il Signor Giovanni Giungo Il documento comune in dieci punti Vigilanza contro nuove, subdole Per la Comunità di Nogaré il Innanzitutto, come fedeli sudditi, imposizioni e aiuto reciproco molto illustre e clarissimo Signor si porgono ossequiosi omaggi con 3. Dovranno innanzitutto vigilare dottor Sanchio Tazzolli e Giovanni varie espressioni di riverenza e di affinché non vengano addos- Battista Schrinzi fedeltà all’“Eccellentissima Padro- sati ulteriori aggravi (tasse, Per la Comunità di Pedersan li nanza Lodronia”. Quindi, constata- tributi, prestazioni …) ad esse, signori Valentino Chimel, et Anto- to che la disunione porta danno e o anche ad una parte di esse, nio Sguaicer discapito alla gente, come è stato perché si sa per esperienza che Per la Comunità di Castelan Gio. in passato, si fissano una serie di chi vuole sottomettere gli altri, Battista Gatto, et Domenico Corti regole e di richieste, che sintetiz- lo fa a poco a poco. Inoltre per Per la Comunità di Noarna Gio. ziamo di seguito. sincera fratellanza le comunità Agnoli dovranno prestare assistenza Per la Comunità di Sasso Giaco- Ricorso contro amministratori una all’altra in questioni di pub- mo Maffei non corretti e giusti blico interesse. Per la Comunità di Brancolino 1. Se si dà il caso che gli ammi- Francesco Paris (ancora senza pro- nistratori pubblici (voluti dai Tutti devono mantenere cura, che lui promette di dare entro Lodron) non svolgano cor- l’impegno assunto - multa tre giorni) rettamente il loro compito, si pesante a chi non lo fa Per la Comunità di Piaz il Signor ricorrerà alla stessa Padronanza 4. Nessuna comunità potrà ritirar- Georgio Conper et Lionardo figlio Lodronia “acciò ne segui il bra- si dall’impegno assunto, nep- di Pietro Maffei mato rimedio”. pure da una parte di esso. Se Quaderni del Borgoantico 17 69

succedesse, le sarà inflitta una Multa ai delegati assenti alle e che se à caso fosse fatto qualche multa di 60 Ragnesi, che saran- riunioni capitulo, il quale non contenesse no utilizzati a vantaggio delle 10. I rappresentanti delle comunità materia soggeta ad esser tratata, et altre comunità. che non interverranno alle riu- manegiata dalle communità, come nioni stabilite “per utile” non per esempio se non v’entrasse il Villa Lagarina è il luogo più solo di tutte le comunità, ma dano delle comunità overo l’utile adatto per le assemblee generali anche solo di qualcuna di esse, ad esse per raggione dovuto e tanto 5. Prima di prendere qualsiasi dovranno pagare una multa di più se fosse di materia solo aspe- decisione di carattere generale, due ragnesi. tante all’Eccelentissima Patronan- i delegati (con scadenza annua- za, ad esso per sempre detto capi- le) di ogni comunità dovranno tolo, o capitoli sarano nulli, e si riunirsi a Villa Lagarina “come Nello stesso fascicolo è presente un intenderano come non fatti. luogo più habile, et comodo per altro documento intitolato Capitoli tutti li vilaggi uniti”. di unione, senza altre indicazioni. 3. Importantissimo il terzo punto: Forse è il testo presentato da una le comunità ricorrono in prima In caso di divergenze, vengano comunità. Il documento è piuttosto istanza ai Lodron, ma se que- nominati due pacieri articolato e molto interessante (tra sti non adotteranno adeguate 6. Se nascesse qualche discordan- l’altro viene sollevato il proble- risposte alle richieste, allora za sull’interpretazione delle ma delle streghe), per cui diamo si rivolgeranno ad altre sedi regole stabilite o qualche comu- maggior rilevanza a questo docu- (principe vescovo di Trento, nità pretendesse di ritirarsi in mento che sembra più spontaneo probabilmente, o altre autorità determinati casi o non essere e combattivo e meno condizionato di grado superiore) per ottenere obbligata a fare la sua parte, da tattiche e opportunismi. “benigne deliberazioni”. verranno eletti “due amicabili I corsivi sono redazionali Terzo si capitola et assieme si pro- compositori”, uno per parte, in testa che le Communità unite ne modo che la questione sia risol- Capitoli di unione (tre richieste suoi interessi qui sotto capitolati ta senza litigi e spese. di carattere generale) devano principalmente ricorrere 1. Nel primo punto generale si all’Eccelentissima Padronanza Se ci saranno spese impreviste, mettono, con una certa fur- per aspetare da questa il remedio ogni comunità nomini un suo bizia, le mani avanti rispetto alle cose [che] verano suplica- rappresentante per decidere alla Padronanza Lodron, con te, et caso che da questa dopo le insieme espressioni di omaggio e di sud- replicate istanze, a giusticia e 7. In caso di contribuzioni o spese ditanza. necessità della materia suplicata non previste ma necessarie, le Primo si capitula overo per dir non venisse accorso con le beni- comunità nomineranno persone meglio si protesta, che l’unione da gne deliberazioni e remedij, in tal di loro gradimento le quali sta- farsi delle Communità non devi in caso tutte le antedette Communità biliscano le modalità di inter- conto alcuno pregiudicare a diritti unite doverano assistersi anche in vento. dell’Eccellentissima Padronanza, altre forme d’ulteriore ricorso, et anzi devi questa da tal unione rica- altro, il tutto però per via di buona I patti di unione hanno la durata vare il primo honore nel adempi- giustitia. di vent’anni mento pronto et unito degli omag- 8. I presenti patti di unione gi e servitù sudditale, che verrà Segue la materia capitulata dovranno essere rinnovati ogni prestato dalle comunità suddite et per l’unione (undici richieste di vent’anni. unite. carattere specifico) 1. Nelle richieste specifiche si Non si aiuteranno le comunità 2. Nel secondo punto generale domanda innanzitutto l’e- che non hanno voluto far parte si ribadisce la volontà di non senzione da certi obblighi dell’unione invadere il campo delle com- di pagamento (“dacij”) . 9. Dalle comunità unite sarà nega- petenze giuridiche dei Lodron. Era stato il rimpianto Pari- ta assistenza a quelle comunità Se ciò succedesse, la richiesta de Lodron (morto nel 1653), che “indebitamente” non hanno delle comunità è da considerare principe vescovo di Salisburgo voluto far parte dell’unione, nulla. ma anche Signore delle giu- così necessaria sotto tutti i Secondo si capitula ed assieme risdizioni di Castel Nuovo e punti di vista. (Probabilmente si protesta di fare l’unione tra le di Castellano, rette da un suo si pensa soprattutto ad Aldeno, comunità semplicemente rispetto à delegato, ad alleggerire note- Cimone e Garniga). quello, che può da esse communità volmente il peso contributivo esser trattato, e dedoto in unione, dei sudditi. 70 Quaderni del Borgoantico 17

Primo doverano le communità le giurisdizioni in nome dei istesse communità con ingiustizie unite procurare l’esentione de dacij Lodron, ai quali si chiede di patenti e danose, più se da ministri come è stato per il passato ricorren- intervenire sostituendo i loro venisseron mal tratati li sudditi, o do per tal causa all’Eccelentissima ministri con persone migliori. una solla communità, questo s’in- Padronanza, et anche con qualche Quarto doverano pure tutte le tenderà bene publico tocante anche spesa se venisse il caso. communità unite ricorrere humil- le altre unite, cosi anche, se venisse mente appresso l’Eccelentissima preteso derogare a qualche d[i]rito 2. Nel secondo punto si parla Padronanza a favore del ben pub- d’una communità, perché questa di diritti e di immunità, forse blico anche contro de Ministri portarebbe conseguenza danosa perché minacciati da qualche quando se ne abusaseron del car- anche alle altre, sarà attribuito a disposizione o da compor- ratere postoli dalla medesima col dano publico e tutte le communi- tamenti scorretti dei signori maltrattare contro il solito li poveri tà unite sarano obligate in questi giurisdicenti o dei loro rappre- sudditi, opprimerli, et altro, che in sopradeti casi espressi, et altri di sentanti. Si chiede, tra l’altro, […?] non vi concoreva mai la beni- bene publico assistersi una con che sia mantenuta la libertà gna mente de Graciosissimi Padro- l’altra nelle forme e modi sopraca- di caccia su tutto il territorio ni, col dimandare a questi altra pro- pitulati. del Comun Comunale, cioè vigione megliore de ministri. da Garniga a Isera, territorio 7. Le comunità devono difende- peraltro soggetto anche ad 5. Bisogna che le comunità possa- re i loro delegati quando que- altri signori. no fare in modo che i cacciatori sti, parlando a nome di tutti e Secondo doverano le communità non entrino nei campi al tempo portando avanti le ragioni col- unite procurare, che gli sijno man- dei raccolti, perché non li man- lettive, venissero minacciati di tenuti li suoi diriti, immunità, e dino in rovina. Probabilmente castighi o di altre forme oppres- privilegij, stilli et osservanze come si pensa al rinforzo temporaneo sive. non meno la libertà della cacia nel delle guardie campestri, dette Settimo se alcun membro o anche comunale. saltari. deputato delle communità unite Quinto si doverà dalle communità parlando e portando la raggione 3. Importantissimo e, forse, sor- unite procurare che dal tempo delle per qualcuno degli motivi sopra- prendente. A proposito di buona entrate li caciatori non le calpesti- cenati in giudicio e fuori, e venis- giustizia si parla di “strege” no, e le pongino in ruina. se preteso di castigarlo o in altre (streghe) e si chiede ai Lodron forme oprimerlo particolarmente, che intervengano. Nel caso 6. Le comunità devono prestarsi sarano obligate tutte le Communi- non lo facciano, le comunità aiuto l’una con l’altra quando tà unite difenderlo e fare causa sua sono pronte a chiedere giusti- si tratti di “pubblico utile” o propria. zia presso altre autorità, come di “bene pubblico”, per esem- si diceva sopra, al punto 3 di pio nei casi di giustizia chiara- 8. Nel tempo delle vendemmie carattere generale. Il riferimen- mente male amministrata, o di ognuno, di qualsiasi condizio- to alle streghe non è casuale, sudditi maltrattati, o di diritti ne sociale egli sia (quindi non perché proprio in quel tempo calpestati, anche se a danno di ci sono eccezioni: chiaramente la questione era di drammati- una sola comunità. si pensa agli abusi da parte di ca attualità (si veda la nota in Sesto le comunità unite in[…?] autorità e di amministratori che calce a quest’articolo). doverano, et sarano obligate assi- in qualche modo rappresenta- Terzo doverano le communità stersi una con l’altra in tutto quello no i Lodron), deve rispettare il unite procurare di tempo in tempo concernerà il publico utile, et accio turno concessogli. appresso l’Eccellentissima Padro- questo termine generale di bene Ottavo s’intende di procurare che nanza, che sij contribuita buona publico nel effettuarlo particular- vengi osservata la dovuta regola giusticia, et massime presenta- mente non pongi confusione, e dij nel tempo del vindemiare, cioè se neamente nel particulare delle motivo a qualche comunità di pren- qualche persona di qual condicio- strege cosa tanto importante, e se dere pretesto di ritirarsi col dire che ne essa sij oltre il giorno conces- dall’Eccelentissima Padronanza il caso non sij di bene publico cosi soli volesse vindemiare, et con ciò non venisse corrisposta procurarla si specfica tutti li casi, che potrano frastornare il buon ordine del pub- altrove, poiché necessaria al man- nascere a favore o danno publico blico, in questo caso le communità tenimento della Giurisditione. delle Communità unite, cioè di unite dovrano assistersi acciò non Giusticia mal aministrata non solo vengi pregiudicato. 4. Le comunità si lamentano con- alle communità unite o segregate tro gli abusi e i maltrattamen- ma anche se venisse mal amini- 9. In caso di certe spese, come ti di coloro che amministrano strata particolarmente ad una delle alloggiare soldati e contribu- Quaderni del Borgoantico 17 71

ire al loro mantenimento, si sti sopra o che fosse assente ne dei Lodron. Quando nella pri- osserveranno le norme fissate alle riunioni, senza un legitti- mavera del 1716 si chiedono prov- dal vicario Chiusole nel 1713, mo impedimento, pagherà una vedimenti contro le streghe, come e cioè tutte le regole contribu- multa di 2 ragnesi. appare al punto 3, sono già accusa- iranno alle spese. Si farà però Decimo se si dasse il caso di dover te proprio di stregoneria Domenica distinzione tra spese dei sol- accorere alli bisogni publici sopra- Pedrotti detta Zambanella di Villa dati e spese per l’unione delle capitolati o a favore d’una Com- e sua figlia Caterina. Il momento comunità: nel caso dei solda- munità o più, e qualche communità più drammatico fu l’esecuzione il ti tutti contribuiranno, anche compresa nell’unione mancasse di 18 marzo 1717 di Domenica a cui coloro che pur non abitando venire per mezo de suoi deputati a fu tagliata la testa e il cui corpo fu nella comunità hanno però beni parlamentare con le altre nei con- poi arso sul rogo. Altro processo sul territorio di essa; nel caso gressi, che di comune consenso e per stregoneria, in quel periodo, fu di spese per l’unione saranno luogo si tenirano, cascherà questa istruito contro una donna di Piazzo, tenuti a pagare solo coloro che nella pena di ragnesi 2 per cadau- Domenica, moglie di Domenico abitano sul quel territorio. na volta, che mancherà a talli con- Larcher, la quale si lasciò morire in Nono se si dasse il caso, che per gressi, quando non sij per legitimo carcere, ma il cui corpo fu comun- mantenere le cose sovracapitu- impedimento. que bruciato sul rogo il 26 febbraio late si dovesse dalle communità 1718. fare qualche spesa, come anche 11. Se qualche comunità non parte- È utile sia per capire il clima cul- per quarterare, e contribuire per cipasse alle riunioni, non faces- turale, sociale e religioso in cui si li soldati, il che se lo abbracia in se il bene pubblico, non desse il viveva nella Vallagarina in quegli questi capitoli, perché s’intende suo contributo come le altre e anni, sia per riflettere su coinciden- tra le communità in avenire di ciò danneggiasse le altre, sarà ze di sicuro non casuali, sapere che vivere unite né havere più moti- punita secondo quanto emer- nei Quattro Vicariati (Ala, Avio, vo di litigij, si osserva il modo gerà da un apposito processo e Brentonico, Mori) c’era stata un’e- aggiustato dal Clarissimo Signor sarà soggetta a un risarcimen- secuzione capitale per stregoneria Vicario Chiusole li 7 settembre to. contro Maria Bertoletti detta Toldi- 1713 del qualle ogni communità Undecimo, e se inoltre non solo na, di Pilcante, avvenuta sul Palù di ne haverà piena informatione, con mancasse a congressi, ma anche Brentonico il 14 marzo 1716, dun- questa diferenza però tra la spesa contro le leggi del unione, non que poco prima che le comunità de soldati et quelle per l’unione, facese al bene publico, e [non] con- sotto i Lodron chiedessero provve- che per causa de soldati si cole- coresse come facesseron le altre, e dimenti appunto contro le streghe. terano tanto li abitanti di cadauna per cagione di detta Communità (Per il processo, la condanna e l’e- Communità, quanto quelli che non contumace restasse imperfetto il secuzione della pena di morte con- habitano in detta Communità, ma manegio e danegiasse le altre com- tro Domenica Pedrotti si vedano che godono beni in quella sotto munità, in tal caso quella Commu- di Don Giacomo Giordani, Cenni l’estimo di detta Communità come nità contrafaciente cascherà nella storici su la chiesa e su i paroci è stato stilato per simil materia de pena da stabilirsi alla celebrazione di Villa Lagarina, pagg. 29-30 e soldati per il passato – allincontro del instrumento, oltre il risarci- soprattutto il documentato saggio per le spese del unione quando si mento del dano rispetto alle altre, di Don Giovanni Cristoforetti, già dovesse fare qualche spesa, ogni e così per pato. parroco di Villa Lagarina, pubbli- communità dovrà star ristreta in cato negli “Atti dell’Accademia se stessa, cioè nelli beni puri de Nota riferita al punto 3 degli Agiati”, vol. VIII A, fasc. 1, suoi habitanti, né potrà colletar della “materia capitulata” 2008, con il titolo Dell’ultima ese- quelli, che non habitano, et hano riguardante la questione delle cuzione capitale per stregoneria in beni in quella, et questo doverà streghe terra trentina: una fonte inedita. esser osservato reciprocamente da Negli anni 1715-1718, perio- Di quest’ultima ricerca è stata pub- cadauna Communità. do piuttosto travagliato da varie blicata una corposa sintesi sul n°. 9 avversità per la gente, il “proble- (2008) dei “Quaderni del Borgoan- 10. La comunità che non desse il ma” delle streghe fu di drammatica tico”, pagg. 110-114). suo contributo nei casi previ- attualità nelle giurisdizioni lagari- 72 Quaderni del Borgoantico 17

Allegre brigate in gita a Castellano fra svaghi boscherecci e atmosfere galanti La scampagnata del 1771

Liliana De Venuto

Il 30 ottobre 1771 una brigata di del paese, si scorge tutta la valle della gita, appose la propria firma allegri signori di Rovereto, Sacco con in fondo il fiume Adige che in forma ufficiale, quasi a voler e Villa Lagarina si portò «a cavallo scorre maestoso. Dietro, appena dare suggello di veridicità legale a di tanti Asini, con Trombe, Bandie- più in alto, i centri abitati sulla quanto era dichiarato sull’intonaco ra, e sbarro» all’antico maniero di riva sinistra del fiume: Rovere- del muro. Castellano, costruito su uno spero- to, Volano, e i castelli della Pie- Passò più di un secolo e, trovando- ne di roccia ai piedi dello Stivo a tra e di Besenello; e, sullo sfon- si nello stesso castello, Paolo Orsi 789 metri sul livello del mare, sotto do, il monte Zugna, il Pasubio, il e T. Tolomei - in giro per esplora- il quale – verso sud-est – scorre, in Finonchio con la sua frana, come zioni archeologiche nei siti prei- profonda e stretta valletta, il rivo rosea ferita nella roccia; indi il storici degli ambienti alpini - s’im- Cavazzino. Cornetto di Folgaria, Scanuppia e batterono nei graffiti sul muro e ne Qui la comitiva pranzò e, a conclu- più su il Becco di Filadonna.1 decifrarono le scritte. Con breve sione della giornata, i partecipanti Il rimpianto per la felice giornata nota ne inviarono comunicazione si portarono sulla loggetta posta che si stava concludendo e il desi- alla rivista «Archivio Storico per nel lato settentrionale del castel- derio di perpetuarne il ricordo, Trieste, l’Istria e il Trentino», che lo e chiusa, nell’angolo nord, forse, spinsero i gitanti a tracciare stampò l’elenco nel volume secon- da una verandina, che ancora si sulla parete della loggetta i propri do dell’anno 1883 sotto la rubrica vedeva nelle fotografie di primo nomi, sia nella forma usuale, sia in «Appunti e notizie»;2 da esso ho Novecento; di qui, affacciandosi quella mitologica, particolarmente ripreso i nomi che si leggono più alla finestra volta ad est, si gode- adatta, quest’ultima, a rimarcare sotto. va uno dei più bei panorami che l’atmosfera di arcadica recita che Nel 1908 Giuseppe Chini, in visita si possono ammirare nella zona: si era voluta dare alla scampagna- allo stesso maniero, ritrovò i graf- facendo scorrere lo sguardo oltre ta. A termine della scrittura Giu- fiti e volle trascriverli; le intempe- il muro di cinta, lungo il pendio seppe Bettini, notaio e cancelliere rie li avevano ulteriormente cor- dove adesso si trova il cimitero del Comune di Rovereto, partecipe rotti: alcuni nomi erano stati del tutto cancellati, qualche altro era appena leggibile; egli perciò ne fece una diversa lettura.3 Ripor- to ugualmente la sua trascrizione accanto all’altra, pensando che il lettore possa trarre qualche utili- tà dalle varianti presenti nei due documenti. Quanto ai criteri di trascrizione, ho conservato per entrambi gli elenchi la grafia adottata dai redattori delle riviste: del più antico pertanto ho mantenuto il carattere corsivo per gli appellativi accademici, ispirati come al solito a divinità e a letterati antichi, ed il tondo per i nomi pro- pri; per il più recente, ho mantenu- to il carattere tondo ovunque. Per quanto riguarda la scrittura delle consonanti, ho rispettato la lezione degli scriventi, mantenendo le dop- Tav. 1 Castellano. Attuale assetto della loggetta senza più la verandina sull’angolo nord pie e le scempie originali. Quaderni del Borgoantico 17 73

N. 1 Giove – sig.r Giuseppe Maria 5) Damone - sig.r Giuseppe Bet- elevate. Con o senza titoli, questi Fedrigotti. tini escursionisti frequentavano, tutti, N. 2 Ascanio - sig.r Antonio Fedri- 6) Volupia - sig.ra. Fraila Majerle la cultura nelle varie forme: lette- gotti. 7) Epicarmo - sig.r Bartolomeo raria, artistica o della musica, qua- N. 3 Ciro - sig.r Giovanni Pietro Chiusole lificandosi pertanto quali seguaci Fedrigotti. 8) Clio - sig.ra Bianca Saibante- delle Muse, con l’eccezione del N. 4 Zenobio - sig.ra. contessa Vannetti dott. Giacomo Tranquillini, eserci- Majerle. 9) Accio - sig.r Gerolamo Fedri- tante la professione di medico. N. 5 Damone - sig.r Giuseppe Bet- gotti Il personaggio più importante del tini. 10) Danae - sig.ra Lucrezia Fedri- gruppo era Bianca Laura Saiban- N. 6 Ulpia - sig.ra. Fraila Majerle. gotti te, allora quarantottenne e da sette N. 7 Epicarmo - sig.r don Bartolo- 11) Anacreonte - sig.r Paolo Baro- anni vedova di Giuseppe Valeria- meo Chiusole. ni no Vannetti, il principale fonda- N. 8 Clio - sig.ra Bianca Saibante 12) Bellona - sig.ra Maddalena tore dell’Accademia degli Agiati. Vannetti. Fedrigotti I meriti personali e storici quale N. 9 Accio - sig.r Gerolamo Fedri- 13) Lucilio - sig.r don Mario co-fondatrice dell’istituzione, il gotti. Men…. prestigio di cui godeva nella italica N. 10 Danae - sig.ra Lucretia 14) Creusa - sig…. “Repubblica delle Lettere” le assi- Fedrigotti. 15) Orfeo - sig.r Giacomo Tran- curavano il ruolo di leader della N. 11 Anacreonte - sig.r Sesto quillini compagnia. Rafforzava la sua posi- Baroni. 16) Agleia - sig. Ottorino… zione la presenza accanto a lei del N. 12 Bellona - sig.ra Maddalena 17) Lampo - sig. abate Fojer figlio Clementino; pur giovane di Fedrigotti. 18) Palade - sig.ra Caterina Fedri- appena diciassette anni, questi era N. 13 Lucilio - sig.r don Marco gotti de Bossi già circondato della fama di stu- Menegatti. 19) Anfione - sig.r Carlo Tranquil- dioso di Plauto, Ovidio, Cicerone N. 14 Creusa - sig.ra Gioseffa lini e soprattutto di Orazio, dal quale Fedrigotti. 20) Fiore - sig.r Elena (?) Tranquil- era così preso che - avrebbe detto N. 15 Orfeo - sig.r Giacomo Tran- lini Antonio Cesari - «se ne fece con quillini. 21) Parasio - sig.r Clementino Van- lui corpo e anima».4 Intorno ai due N. 16 Aglaia - sig. Caterina Fedri- netti Vannetti si raccoglieva un certo gotti d’Oxenfeld. 22) Apollo - sig.r abate Pasqui numero di Agiati: il notaio Giusep- N. 17 Lampo - sig. abate Fajer. 23) …….. - sig.r don Giuseppe pe Bettini, don Bartolomeo Chiuso- N. 18 Pallade - sig.ra Caterina Madernini. le, Sesto Baroni (e non Paolo come Fedrigotti de Bossi. 24) Persena - sig.r Pietro Modesto lesse Chini)5 e Girolamo Fedrigot- N. 19 Anfione - sig.r Carlo Tran- Rosmini. ti; ma non tutti erano soci dell’Ac- quillini. 25) Epanimonda - sig.r maggior cademia. Partecipava infatti alla N. 20 Fioro - sig.r Elena [?] \\\ Regolini. gita gente di varia provenienza e N. 21 Parasio - sig.r Clementino 26) Euterpe - sig. V. M. Alberti collocazione: nobili ed artisti, preti Vannetti. 27) ……………… e qualche ufficiale, segno che la N. 22 Appollo - sig.r abate Pasqui. 28) …………….. cerchia che si raccoglieva intorno N. 23 Palinuro - sig.r Giuseppe a donna Bianca Laura e suo fratello Madernini. Composizione sociale della comi- Francesco – i Francesi avrebbero N. 24 Porsena - sig.r Pietro Mode- tiva detto le cercle - e che frequentava sto Federigo [?] Rosmini. le conversazioni in casa loro era N. 25 Epanimonda - sig.r maggior Non difficile da ricostruirsi è l’i- molto più ampia ed eterogenea. Di Regolini. dentità sociale dei gitanti; appar- alcuni di questi lo stesso Clementi- (L. S.) De quibus rogatus sum tenevano tutti al ceto dominante no aveva composto a matita ritratti Ego Joseph Bettini no.rus et canc. nella Città e Pretura: quel misto di rapidi quanto efficaci nel far emer- Roboreti. uomini dediti alla mercatura e alle gere, dalle fisionomie tratteggiate professioni, cui si mescolavano sulla carta, attitudini del carattere; 1) Giove - sig.r Giuseppe Maria preti e “abati”: figli cadetti delle «tenui disegni» li aveva definiti la … medesime famiglie avviati alle madre nel ringraziare per lettera il 2) Ascanio - sig.r Antonio Fedri- carriere ecclesiastiche per mirate cugino Giovanni Francesco Mal- gotti strategie familiari. Alcuni si fre- fatti, al quale li aveva inviati.6 3) Ciro - sig.r Pietro Fedrigotti giavano di qualche titolo nobiliare, Facevano parte del gruppo Giusep- 4) Zenobia - sig.ra. contessa con il quale tentavano di conferire pe Madernini, prete, insegnante di Majerle dignità a origini sicuramente non grammatica nel Ginnasio che aveva 74 Quaderni del Borgoantico 17

avuto per allievo Clementino;7 Modesto aveva avviato a partire loro nipote Gianpietro (ora conte) Domenico Pasqui (1722-1780), dal 1763: la componevano cinque il violoncello, e cantava con poca maestro di cappella nella chiesa violini, due viole, tre violoncelli, voce, ma con molta buona grazia» di San Marco;8 un non conosciu- tutti di eccezionale valore artistico [n. 3 dell’elenco].21 to maggiore Regolini; Pier Mode- in quanto creazioni di eccelsi mae- Sarà sempre Giuseppe Maria che sto Federigo Rosmini,9 la contessa stri liutai.17 nel 1786 ospiterà la granduches- Majerle, con sua figlia, abitanti in Si contavano fra loro Giuseppe sa Elisabetta d’Asburgo-Lorena, una villa non distante da Isera,10 Maria (n. 1 dell’elenco) e la moglie sorella dell’imperatore Giuseppe e Giacomo Tranquillini. Questi, Lucrezia de Betta (n.10 dell’elen- II, per la quale organizzerà nella figlio del medico-fisico Domenico co); Antonio, Caterina, Giovanni Francesco (? + 1765), professioni- Pietro ed altri esponenti. Giuseppe sta affermato nella comunità laga- Maria, figlio di Pietro Modesto e rina e iscritto all’Accademia degli della baronessa Caterina Fedri- Agiati,11 aveva seguito il padre gazzi si era unito in matrimonio nella carriera medica, ma – in con- nel 1760 con Lucrezia del ramo formità con gli indirizzi scientifici dei Betta di Brentonico-Rovere- del tempo – scelse una specializ- to, ceppo illustre della più vasta zazione optando per l’ostetricia, famiglia de la Beta, inseritosi a disciplina alla quale si prestava Rovereto alla fine del Seicento.18 nella società particolare attenzio- La giovane era figlia di Ippolita ne. In questo ambito scrisse Dot- Teresa degli Alberti di Colico e del trina della comare, pubblicata nel capitano Pietro Antonio, che cadde 1770,12 opera giudicata d’avan- a Philippsburg nel 1747, mentre guardia sia dal punto di vista della combatteva nelle milizie imperiali pratica medica, sia da quello della per la successione di Maria Teresa organizzazione sanitaria preposta sul trono asburgico. Nell’anno del alla natalità.13 Istituita la «scuo- loro matrimonio ebbero il primo la d’Arte ostetricia» a Rovereto figlio, Pietro Antonio che potreb- per «sovrana determinazione», fu be corrispondere ad Antonio (n. Tav. 2 Ritratto di Giuseppe Maria Fedri- chiamato a gestirla con il titolo di 2 dell’elenco), allora undicenne, gotti. Olio su tela, sec. XVIII, collezione «instruttore pubblico».14 perciò nominato con il nome del privata; riprodotto Nell’elenco viene nominato Carlo giovane figlio di Enea, Ascanio.19 da Michelangelo Lupo, Il teatro Zandonai, Tranquillini, che non risulta La coppia compare più volte nella Rovereto, 2014, p. 268 per gentile conces- sione dell’autore discendente dal dott. Domenico letteratura locale quale animatri- Francesco.15 Nelle Memorie della ce e mecenate di serate culturali e I.R. Accademia di scienze lettere musicali. In un passo degli Aned- arti degli Agiati in Rovereto, com- doti Giacomo Gotifredo Ferrari ci pare un socio con questo nome restituisce appunto, con i tratti fre- che, nei decenni a cavallo del schi e vivaci della sua penna, una secolo, acquistò una certa notorie- scena non inusuale in casa Fedri- tà fra gli uomini colti della città.16 gotti durante una colta Accademia: Se il nome segnato nell’elenco di «Poco dopo il mio ritorno [nel Castellano corrisponde a questo 1784 circa] fui introdotto all’Ac- personaggio, al tempo della gita cademia dei Dilettanti,20 e non doveva avere circa 14 anni, essen- sapendo alcuno, che avessi io do nato nel 1758. fatto a Marienberg, restaron tutti Fra i gitanti faceva spicco il drap- attoniti ch’io sapessi sonare non pello compatto di otto appartenenti male un quartetto e concerto di alla famiglia Fedrigotti che in quel flauto, far un secondo violino, o tempo viveva uno dei momenti più una viola in un quartetto a vista. felici della propria storia: essi si Fama volat. Fui subito invitato a distinguevano in varia misura per Saco, e a Foianeghe, villeggiatura iniziative e vivacità d’interessi cul- del nobil G. M. Fedrigotti, la cui Tav. 3 Ritratto di Lucrezia de Betta moglie turali che spaziavano dal teatro alle consorte era una vera dama, donna di Giuseppe Maria Fedrigotti. Olio su tela, sec. XVIII, collezione privata; riprodotto lettere, alla musica. Interessante a di spirito e liberale. Il signor Giu- da Michelangelo Lupo, Il teatro Zandonai, questo proposito è la collezione seppe Maria suonava la viola, suo Rovereto, 2014, p. 268, per gentile conces- di strumenti musicali, che Pietro fratello Domenico il flauto, ed il sione dell’autore Quaderni del Borgoantico 17 75

casa di Sacco altra «singolare sospendevano le cure cittadine e i nobilissima accademia di canto».22 travagli degli studi, rinviati a più Nelle tavole segnate ai nn. 2-3 tranquilli giorni: «Gli fo intende- vediamo ritratti il nobile anfitrio- re, – scriveva Giuseppe Valeriano, ne e la consorte, sig.ra Lucrezia de alludendo ad un amico che molto Betta. s’impegnava sui libri - che la per- Fulcro dell’illustre manipolo era doni a’ medesimi almeno in questa Girolamo, uomo colto e versato in gaja stagion vendemmiale, dispen- molte arti: poeta e musicista, egli satrice d’ogni serio lavoro».27 si divideva fra gli incontri lette- Non era infrequente che il periodo rari nell’Accademia degli Agia- di vacanza si chiudesse con una ti23 e le piacevoli conversazioni gita nei dintorni, come quella che nella dimora familiare sulla destra si organizzò appunto in quell’ulti- dell’Adige: i più begli spiriti, scri- mo giorno di ottobre del 1771; le ve Carlo Rosmini, «si raccoglie- belle località e i vetusti castelli che van la sera in Sacco nella Casa di allietavano le pendici dello Stivo Girolamo Fedrigotti, poeta colto e tutt’intorno ne invogliavano i desi- gentile»; erano intellettuali e stu- deri e compensavano, una volta diosi della precedente generazione, raggiunti, le fatiche della salita. quale Clemente Baroni Cavalcabò, Tav. 4 Clementino Vannetti, Ritratto di Questi incontri autunnali in villa, le e giovani di promettente avvenire, Geronimo Fedrigotti. Disegno a mati- piacevoli accademie in casa Fedri- fra cui Clementino Vannetti; nelle ta, sec. XVIII; riprodotto da Italo Coser, gotti, le allegre rappresentazioni adunate «leggeansi i poeti migliori, da Lettere e disegni inediti di Clementino teatrali – restituiti ora da componi- Vannetti«Atti della Accademia roveretana si recitavano le proprie composi- degli Agiati», 224-225 (1974-75), A, serie menti poetici, ora da qualche viva- zioni, s’introducean dispute rudite, 6, v.14-15, pp. 149-161, tav. XXVIII ce pagina autobiografica, qualche galanti, ove l’ingegno, il giudicio, volta da graffiti incisi sui muri del il buon gusto trionfavano, ed erane ad Isera nella bella casa sulla piazza castello durante una passeggiata – esclusa sempre la satira indecente, per sorvegliare le vendemmie nel ci appaiono come gli ultimi sprazzi e i risi procaci, a tal che vi potea- podere di famiglia. Nell’occasione della civiltà settecentesca che cre- no assistere senz’arrossire le colte non trascuravano la bella abitudine deva nella “civile conversazione” e Donzelle a Girolamo Fedrigotti di riunirsi in buona compagnia di amava profittare di ogni occasione nipoti, che di questi fortunati croc- parenti e di amici che dimoravano di socialità per dar vita a preziosi chi fornivano il più bell’ornamen- sulla destra dell’Adige. La par- momenti di «vivere colto e socia- to». tenza per la campagna cadeva in le», come attesta appunto Carlo Alle accademie letterarie e musi- genere nella metà di settembre: «è Rosmini.28 cali si alternavano in casa Fedri- facil cosa, che alla metà del mese Ancora qualche decennio e tutto gotti le rappresentazioni teatrali, venturo di Settembre vada un po’ sarebbe scomparso travolto dal cui Clemente Baroni Cavalcabò in villeggiatura, se altro non mene passo cadenzato dell’armata napo- offriva il proprio contributo di frastorna», scriveva Giuseppe leonica, che il 4 settembre 1796 esperienze e sapere; grazie ad esse, Valeriano all’amico Giambattista – dopo aver attraversato il ponte commenta lo storico Carlo Rosmi- Chiaramonti il 31 agosto 1757;25 e “Forbato” e poi piazza Pretoria – ni, «la gentile e spiritosa gioventù là egli si tratteneva con la famiglia sarebbe sbucata dall’angusta via avea uno sfogo onesto, e un’istru- fino ai primi di novembre: «Isera dei Portici nella allora “piazza Piz- zione al viver colto e sociale».24 4 Novembre 1761. Rispondo a due zini”. La scampagnata al castello avve- vostre giuntemi in un punto da que- niva a fine ottobre, come atte- sta mia Villeggiatura, ov’io dimoro La scampagnata del 1757 sta la data apposta sotto l’elenco da qualche giorno, e parecchj altri Non fu, quella appena raccontata, dei nomi: «Alli 30 Ottobre 1771 mi ci tratterà la buona compa- la prima gita che una brigata di fu qui la seguente Compagnia a gnia».26 gente allegra di Rovereto fece a pranso…». Il giorno che cadeva Era particolarmente amata dalla Castellano: il 14 luglio del 1757 nell’autunno avanzato general- famiglia questa pausa annuale, si era svolta un’altra escursione mente segnava, per i gitanti, la fine che consentiva di dedicarsi alla guidata da Giuseppe Valeriano della villeggiatura. Era consuetudi- raccolta dell’uva e alla spremitu- Vannetti, di cui quella successiva ne dei nobili roveretani portarsi, a ra fino al primo mosto e di godere sembra essere ripetizione e ricalco. fine estate, nelle proprietà in cam- dei villerecci piaceri in compagnia Se la gita del 1771 è nota ai lettori pagna per attendere alla raccolta degli amici fra canti, suoni e scher- di cose antiche, l’altra – precedente dell’uva. I Vannetti si trasferivano zose accademie “sonettesche”. Si per ragioni cronologiche – è pres- 76 Quaderni del Borgoantico 17

soché ignota. Ne ho avuto cogni- le si contavano il conte Massimi- L’arciprete era amico dei Vannetti zione mentre compivo ricerche su liano Settimo Lodron, arciprete di e ne frequentava la famiglia, tanto Giuseppe Valeriano Vannetti, che Villa, il primissario Giambattista che - in occasione della sua entrata su di essa ha lasciato tracce scritte mons. Partini, il barone Giuseppe nella pieve - Giuseppe Valeriano e testimonianze in fresche e gusto- d’Eccaro, l’ab. Giuseppe Betta, gli dedicò un sonetto celebrativo; se rime. l’ab. Giambattista Partini, il baro- stampato su un foglio volante, esso ne Giuseppe Ceschi, capitano del andò perduto, perciò ne trascrivo il Sonetto Circolo; ed inoltre Giovanni Carlo testo dal manoscritto di poesie con- Su quest’alto Castel, che la potente Gasperini, Niccolò e Giovanni Bat- servato nella Biblioteca Comunale Già stirpe Castrobarca ebbe in balia; tista Todeschi, oltre allo scriven- di Trento. Di cui poi Pier ne prese signoria, te: tutta gente di alto rango nella Inclito Eroe della Lodronia gente; comunità e nella valle. Oltre a que- Nell’occasione del possesso sti, ovviamente, vi erano domestici dell’Arcipretura di Villa dato al Da Roveredo venne unitamente e aiutanti, come il «Gasperin» che, sig. Massimiliano conte di Lodron Nobile, amica, e gaja compagnia, trottando «su [quegli] ermi contor- ai 14 luglio 1751 a richiesta dÈ Mossa da Dama tal, che insieme unia ni», provvide con abbondanza agli sigg. preti di colà. Beltà di volto, e spiritosa mente. umani bisogni di cibo e beveraggi. Nobili nomi vantavano le dame: la Sonetto Tennevi per tre dì piacevol stanza; baronessa Malfatti, probabilmente Nobil Signor, nel cui soave aspetto E Gasperin su questi ermi contorni Carolina nata baronessa Winklhof, Leggo la dolce tua bell’alma pura; Provvide all’uopo uman con era la consorte di Valeriano Mal- E già di virtù palme giovinetto [abbondanza. fatti de Thürendorf, libero barone Mieti quant’altri ne l’età matura. del S.R.I.31 Affermato cittadino Fecer fuggir veloci i chiari giorni nel ceto patrizio di Rovereto, que- Tieni, sì tien le chiavi, ond’ora eletto Passeggio, e canto, e riso, e giuoco, sti svolse un ruolo di spicco nella SÈ di quest’alme a la sacrata cura. [e danza, fondazione dell’Accademia degli È’l clero pien di gioia il viso, Èl petto E ‘l tuon dÈ mortaletti, e ‘l suon dÈ Agiati, alla quale offrì il proprio Mira, come per te più s’assicura. [corni.29 contributo di uomo colto e amante delle lettere. Eccoti il campo spazioso aperto, In questa composizione - stesa nella Lucia, nata da Adamo Pedroni de Ove il zelo fa prova, e la pietade. festosa atmosfera della vacanza e Clappis, era moglie di Andrea Van- Reggi noi pel cammin, che al vero sotto l’empito di un’ispirazione poe- netti e perciò cognata di Giuseppe [adduce. tica ancora rigogliosa e feconda – Valeriano.32 La generalessa Partini l’autore racconta in rapida sintesi la infine era Maria Francesca Lidu- Con tal soma guidò nel deserto piacevole permanenza di tre giorni ina figlia del consigliere di corte Per le distorte faticose strade nel remoto castello – l’«alto Castel» barone di Saffran andata sposa a Lo stuolo ebreo il radiante Duce.35 - e di questo, con rapidissime pennel- Giancarlo Partini. Sebbene impe- late, traccia il profilo storico: antico gnato in una brillante carriera mili- Facevano corona al nobile prelato possesso dei Castelbarco, il maniero tare che gli procurerà nel 1759 la altri chierici: mons. Giambattista passò - unitamente a Castelnuovo - nomina di comandante della città Partini, primicerio nella chiesa a Pietro e Giorgio Lodron, figli di di Praga, il barone Partini – tale era di Sant’Andrea a Mantova e zio Paride per investitura conferita il il titolo nobiliare di cui si fregiava del generale maggiore Giancarlo; 9 aprile 1456 da Giorgio II Hack, – mantenne sempre vivi i rapporti altro abate omonimo della fami- dopo che Giovanni Castelbarco era con la famiglia e la patria, tanto che glia Partini, fratello dello stesso e, stato dichiarato dallo stesso vescovo nel 1754 s’iscrisse all’Accademia in aggiunta a questi, l’abate Giu- reo di fellonia per non aver voluto degli Agiati con lo pseudonimo di seppe Betta. Era costui figlio di ricevere dalle proprie mani l’in- Eulisto.33 Carlo Antonio del ramo de Betta di vestitura dei feudi di Castellano, Non meno elevata, per titoli nobi- Brentonico-Rovereto e di Lucrezia Castelnuovo, Castelcorno e Nomi in liari e valore individuale, era la Saracini, perciò fratello dell’arci- nome dell’appartenenza del feudo parte maschile della brigata. Pri- prete di San Marco, mons. Felice. alla Contea tirolese.30 meggiava su tutti Massimiliano Uomo schivo, visse appartato nella La comitiva – informa l’autore Settimo conte Lodron, arciprete sua bella casa in borgo San Tom- del sonetto - comprendeva tredici nella chiesa di Santa Maria Assunta maso – oggi conosciuta come casa persone; rappresentanti del gentil a Villa Lagarina dal 1751 al 1796, Betta-Grillo - dedito alla fami- sesso erano la generalessa Parti- nonché uomo colto e amante delle glia, poco mostrandosi nella vita ni, la baronessa Malfatti e Lucia arti, di cui si fece generoso promo- comunitaria; la nota di Giuseppe Pedroni Vannetti. Da parte maschi- tore nella sua parrocchia.34 Valeriano Vannetti è perciò l’uni- Quaderni del Borgoantico 17 77

Il più bell’ornamento della brigata de Portia e così via.39 Di qualcuna pare però essere stata la baronessa uno degli astanti deve aver raccon- Maria Francesca Saffran, appella- tato le vicende e rievocato le sem- ta generalessa in onore del titolo bianze! conseguito dal marito, generale maggiore Giancarlo Partini (1706- Sul generale Partini, figlio del dott. 1765): «Mossa - era la «nobile, Melchiore, conviene qui spendere amica, e gaja compagnia» – da alcune note, che potrebbero sem- Dama tal che insieme unia / Beltà brare eccessive rispetto a quelle di volto, e spiritosa mente». dedicate agli altri protagonisti della Favorita dalla stagione, la comiti- gita. Varie ragioni si trovano dietro va dei gitanti si trattenne sul monte questa scelta: la prima è data dalla tre giorni, ospite del munifico scarsa considerazione riservata signore del maniero, mons. Mas- dalla storiografia locale a questo similiano Settimo conte di Lodron. personaggio di grande prestigio; In quell’epoca la dimora poteva altro motivo è che le gesta che egli contare di ambienti ben conservati aveva compiuto e stava compien- e comodamente abitabili; armatu- do mentre si svolgeva la gita nella re, mobili e affreschi ornavano i lontana Valle Lagarina costituisco- numerosi locali, mentre la sala era no – al di là delle intenzioni dei riscaldata da un grande camino in protagonisti - lo sfondo necessario Tav. 5 Giovanni Battista Lampi, Ritratto di marmo. Nei momenti di riposo gli a comprendere particolari e sfu- Massimiliano Settimo Lodron. Olio su tela, ospiti potevano divertirsi a deci- mature delle relazioni intercorse sec. XVIII, Villa Lagarina, chiesa arcipre- frare sui cartelli in legno, infissi fra i gitanti, nonché certe figure tale, sacrestia. negli spazi vuoti delle travature e movenze poetiche dei compo- del vestibolo, i nomi delle donne nimenti ispirati alla consorte. Va ca notizia che si abbia circa una di casa Lodron che celebrarono le detto inoltre che senza la Guerra sua partecipazione ad evento fuori nozze nel castello, ma poi lo abban- dei sette anni forse non ci sareb- della cerchia familiare.36 donarono per seguire i consorti in be stata a Rovereto la baronessa A questo nucleo di ecclesiastici altre terre: Nostra nel sig. Antonio, Saffran e conseguentemente non era aggregato un drappello di laici: barone di Castelbarco; Susanna nel si sarebbe fatta una gita a Castel- il barone Giuseppe d’Eccaro; il sig. Bevilaqua di Lazise, Giustina lano. O, se la si fosse fatta, essa barone Giuseppe Ceschi, giunto nel sig. Gioan barone di Lamberg; non avrebbe avuto il tono e i colori a Rovereto con nomina imperiale Ginevra nel sig. Gioan barone di che la presenza della nobildonna le a capitano del Circolo; Giovanni Shnepg; Madalena nel sig. Hermas conferì. Felice Saibante, cognato di Giu- Infine, con il dare centralità ai seppe Valeriano; Giovanni Carlo coniugi Partini, insieme viennesi Gasperini e i due fratelli Niccolò e lagarini, si vuole illuminare il e Giovanni Battista appartenenti clima che si respirava a Rovereto alla ricca famiglia dei Todeschi, nel Settecento e mostrare gli stretti roveretana ma di origine ebraica. legami che univano la Val Lagarina Quest’ultimo, in particolar modo, a Vienna e alla sua Corte. si distingueva nella comunità di Rovereto come cittadino di spicco Il Partini, avviatosi alla carriera per prestigio e cultura.37 delle armi, percorse rapidamente In un lontano futuro - il 4 settembre una brillante ascesa, pervenendo 1796 – egli avrebbe accolto, quale al grado di generale maggiore; rappresentante del Comune, Napo- per questi onori fu considerato dai leone Bonaparte che entrava in città contemporanei non soltanto uno e lo avrebbe incontrato «in piazza dei membri più illustri del casato, Pizzini», salutandolo «in nome del che pure fu onorato da meritevoli Pubblico»; così come, durante la personaggi, bensì uno fra i cittadini seconda invasione dei Francesi, si più onorevoli che ebbe Rovereto. sarebbe distinto nel governo cittadi- «Onore del Leno» era l’appellati- no per efficaci interventi atti ad evi- vo che più comunemente a lui si 40 tare danni alla città e agli abitanti da Tav. 6 Il barone Giovanni Battista Tode- dava; il «più bel lume, e più bel parte delle truppe occupanti.38 schi. Rovereto, collezione privata vanto» della sua patria terra era 78 Quaderni del Borgoantico 17

l’altro titolo con cui lo si onorava.41 Prussia-Brandeburgo rappresentò, Dell’avido Nemico aspra vendetta Egli ebbe la ventura di vivere nel sì è detto, una «tardiva “guerra di Temer poteva, e ben si vide quanto Settecento, secolo percorso da formazione statale”».47 L’Austria Oprasti allor, che accanto conflitti di natura dinastica, cui si si trovò a combattere – a motivo Alle sublimi custodite mura aggiunsero le guerre espansioni- del «rovesciamento di alleanze» Scorrean armate schiere, e sempre stiche ai danni dell’impero turco e determinatosi in Europa all’ap- [illesa quelle per il predominio coloniale; prossimarsi del conflitto – a fianco Intrepida, e sicura a ragione perciò esso è stato defi- dello Stato suo nemico secolare, la L’alma Città restò da te difesa.51 nito «epoca di guerra continua».42 Francia, mentre si trovarono uniti A molte di queste egli intervenne, da comuni interessi l’Inghilterra e Ricacciate le milizie prussia- principiando nel 1734, durante la Prussia: due nazioni destinate ne fuori della Boemia, le truppe la guerra di Successione polacca, nel futuro prossimo a imporsi in austriache, guidate dal generale con la partecipazione alla battaglia Europa come potenze preminenti. ungherese Andrea Haddik – sotto i di Guastalla in qualità di aiutante Federico, dopo aver invaso la Sas- comandi del quale si trovava il Par- del generale, Francisco Ludovico sonia, puntava sulla Boemia e la tini - le inseguirono fino a Dresda conte di Colmenero (Colmone- Moravia; nell’aprile del 1757 egli e a Berlino, che fu sottoposta, fra il ro);43 si difendevano con queste entrava appunto in Boemia con 16 e il 17 ottobre a breve occupa- azioni militari le pretese dell’elet- quattro reparti dell’esercito di 116 zione e saccheggio. tore Federico Augusto di Sassonia mila uomini: al trono della Polonia, sostenute E Dresda il sa, che quando invasa, e dall’imperatore Carlo VI. Osava il Prusso altero [oppressa Sarebbe lungo seguire le imprese Il suolo invader di Boemia, e tutto Venne, conobbe anch’essa militari del Partini; dopo Guastalla Far l’Impero tremar, destando intorno Lo spirto tuo, che con pronto soccorso egli combatté contro i Turchi; in Discordie, orrore, e lutto; Troncasti al Prusso dei trionfi il seguito nella guerra di Successione E incatenata al piè veder un giorno [corso.52 austriaca e in quella dei Sette anni. La Moldava volea… In ogni conflitto egli conquistava Il teatro di guerra si era spostato un titolo di grado superiore: da ser- Così Adamo Chiusole, facendosi totalmente in terra prussiana, dove gente maggiore a tenente colonnello cantore dell’eroe lagarino, rappre- il 5 dicembre 1757 fu combattuta per approdare nel 1756 alla nomina sentava con epici accenti l’avveni- la celebre battaglia di Leuthen. Pur di generale maggiore, conferitagli mento nella Canzone a lui dedica- proseguendo le azioni militari per dall’imperatrice - «la Donna, che ta.48 tutto l’anno 1758, la situazione in al Danubio impera /sublime … ».44 Tale dispiegamento di forze non- Boemia appariva sicura; l’anno suc- Insieme egli ricevé l’ordine di por- ché la strategia federiciana della cessivo il generale maggiore Partini tarsi in Boemia e difenderla dagli “guerra di sterminio” costrinsero le ebbe l’ordine di portarsi a Praga e assalti di Federico II di Prussia. armate austriache a ripiegare nella di assumerne la difesa e il governo. Il generale Partini seppe farsi città e a prepararsi a un serrato asse- Furono forse i timori per la sicu- apprezzare non meno per le qualità dio. La vittoria arrise a Federico, rezza e l’incolumità dei figli, e politiche che per le doti di strate- ma le perdite subite da lui, come comunque gli incerti militari delle ga; l’imperatrice valutò le une e anche dai nemici, furono altissime, contingenze, a indurre la gene- le altre e, in lui ammirando «della tali da trasformare la battaglia di ralessa a partire da terre troppo mente, del senno, e del consiglio Praga in una delle più sanguinose esposte agli assalti del nemico per /l’alto valor»,45 nel 1759 gli affidò del Settecento: 14.500, fra morti e cercare rifugio in zone più sicure il governo della città di Praga. feriti, per la parte dell’assalitore; e tranquille. Si portò quindi negli «Non men col brando, che coll’alta 13.400 per la parte austriaca.49 estremi confini dell’impero, nella mente / Reggonsi salde le Provin- Occorreva, dopo il successo, ridur- Valle Lagarina, lontano dai clan- ce, e i Regni», commenta il poeta re Praga alla resa, perciò a fine gori della guerra, dove poté godere laudatore – Adamo Chiusole – dan- maggio il re prussiano fece partire anche dei piaceri offerti dalle feli- done notizia.46 il bombardamento della città; l’im- ci condizioni in cui in quel tempo Il periodo in cui la generales- presa non si rivelò facile. Le truppe viveva la Pretura. sa Maria Francesca è attestata a asserragliate nelle mura resistettero Nel 1759, quando i successi delle Rovereto, anni 1756-1757, coinci- sotto la guida di Carlo di Lorena e armate imperiali portarono una se con momenti drammatici per le dei comandanti, fra i quali il gene- schiarita nei paesi imperiali, ella sorti dell’Austria. Federico aveva rale maggiore Giancarlo Partini: ritornò nei patri luoghi e raggiun- acceso la “terza guerra della Sle- Però l’illustre Praga a Lei diletta se il consorte a Praga, ormai sicura sia” – come altresì fu chiamato il Affida50 al braccio tuo, che ben sapea, anche se la Boemia, in seguito alle conflitto dei Sette anni – che per la Che la baldanza rea devastazioni belliche «assomiglia- Quaderni del Borgoantico 17 79

va ad un campo di grano devastato ne, ha modo di sottrarsi a un troppo come alimento del suo bello spiri- dalle cavallette».53 caloroso e diretto elogio. to; la sua idea di voler secondare il genio di un suo amico, rappresen- La baronessa Saffran, oltre all’a- Lettera della sig.ra generalessa tandosi un «soggetto chimerico». spetto gradevole, vantava spirito Partini Ma questo, non potendosi appog- colto ed elevato; nei conversari Roveredo 1757 giare a un oggetto reale di uguale salottieri si fece apprezzare per Illustriss.mo Signore qualità, le ha acceso la fantasia con le sue doti non comuni, tanto che Ho ricevuto jer sera un sonetto così qualche difficoltà di identificazio- il cavalier Vannetti ne fu colpito perfetto, che il contegno di quello, ne. e ammaliato. Perciò dedicò a lei m’avrebbe con facilita fatto nasce- In conclusione, per qualunque alcuni sonetti uno dei quali, dal re una vanita, se la ragione in me, senso con cui mi è permesso di titolo In lode della signora Gene- convincendomi del contrario non interpretare questo sonetto, affer- ralessa Partini, fu stampato in m’avesse impedito una cossi dolce mo che folle io sarei, se volessi Barbalogia. insinuazione. colorire il bello di un pittore per- Ricevo addunque l’incomodo, che fetto, se volessi cioè considerare In lode della signora Generalessa con quello si diede, per un’effetto reale la bella creazione di un pitto- Partini della sua compitezza, l’intenzione, re perfetto). Bello è il veder la Dea, che in Cipro per un honore che mi fa, volendo [impera, nella mia persona allimentare il La schermaglia verbale con la In gentil atto, e ‘n bianco terso suo bel spirito. quale la dama mentre si sottrae e si [ammanto, L’idea poi, riguardo per convincer- sminuisce, conferma; mentre nega, Girar gli azzurri lumi, e lusinghiera mi magiormente dell’ottime sue afferma e – sminuendo se stessa – Pinger di color varj il viso santo: qualitade d’animo, in riflession che maggiormente si esalta, non pote- lei in questa occasione, per secon- va non affascinare maggiormente il E cui versino in sen tra ‘l dolce canto dare un genio d’un suo amico, si cavaliere-poeta che, preso da acce- Mille begli Amoretti a schiera a dovea rapresentare un sogetto so entusiasmo, si diede a comporre [schiera chimerico, il quale non potendolo altri sonetti rimasti tuttavia inediti. Viole, Rose, e Giacinto, e Amaranto apoggiare ad un ogetto di ugual Uno, inviato alla dama il 30 aprile Per vie più farla in sua beltade altera. merrito, non avra tralasciato d’ac- 1757, accompagnava un «fascetto cendergli la fantasia con qualche di dodici penne da scrivere belle e Ma più bello è il veder Costei, cui cinge dificolta. In conclusione, per qua- temperate»: Bruno velluto, il cui grave colore lunque senso mi è permesso inter- Il senno della mente in volto pinge; prettare questo suo sonetto, mi dic- Sonetto chiaro che folle allor sarei se d’un Dodici penne in un fascetto avvinte E onde sì nuovo e misto esce pittor perfetto volesse per diletto il Vi manda il vostro amico, e servidore, [splendore, impasto bello colorir. Onde professandogli Perché in carta mercé d’un negro ch’or leggiadria, or consiglio infinge, mille obbligazioni mi rassegno con [umore E in un riscuote e riverenza e amore.54 tutta la stima Le voci del cor vostro offran dipinte.

Per celebrare la bellezza della Di Vostra Signoria Ecco nuove armi, onde a voi render donna il poeta ricorre nei suoi obbligatissima serva [vinte versi al paragone con Venere: a lei Partini di Neühoff nata L’alme, che in voi pregian virtù, e la nobile dama non cede per qualità baronessa de Saffran.55 [valore; fisiche. In più può godere di un sin- Non men di quelle, che lo Sposo, onore golare privilegio: la nera chioma, (Ho ricevuto ieri sera un sonet- Del Leno, impugna d’ostil sangue tinte. che cinge come banda di velluto il to così perfetto che l’andamento viso e su di esso riflette una luce di esso facilmente avrebbe fatto Quante per esse noi vedrem leggiadre di pensosa gravità. Ne deriva uno nascere dentro di me un sentimento Uscir idee, saggi pensier robusti, splendore nuovo per quel misto di di vanità, se la ragione, convincen- A lo Sposo d’amor, di stima al Padre? leggiadria e assennatezza che incu- domi del contrario, non mi avesse te insieme riverenza e amore. impedito di cedere a una così dolce Oh, fusser queste pur o spada, od amo lusinga. Al mio nemico, che con modi ingiusti La baronessa risponde con una let- Io lo accetto dunque consideran- Sì me persegue, ed io compiango, ed tera sapientemente costruita nella do l’incomodo che lei si diede per [amo!56 quale, giostrando fra autocompia- effetto della sua compitezza; la sua cimento e contegno, fra vanità e intenzione di rendermi un onore, In questi versi si va oltre il semplice rispetto della pubblica reputazio- giacché ha preso la mia persona omaggio alla bellezza femminile: il 80 Quaderni del Borgoantico 17

poeta invia alla donna un fascetto Rosmini per mandare in Boemia a Note di penne ben appuntite con l’augu- Praga alla sig.a generalessa Partini 1 Ringrazio Roberto Adami per avermi gen- tilmente indicato i nomi delle località e dei rio che queste, mostrino – vergate 1759 a’ 26 maggio». monti sulla sinistra dell’Adige. con nero inchiostro su fogli di carta Nel componimento la donna che 2 «Archivio Storico per Trieste, l’Istria e il - le voci del suo cuore. Sono nuove non seconda il suo sentimento – Trentino», volume secondo, 1883, p. 96. armi che egli le offre, con le quali perché non vuole; perché non può 3 Giuseppe Chini, Castellano, estratto da «Vita trentina», a. 6 (1908), fasc. 40, pp. 1-10. ella può avvincere e sconfiggere – si configura come la “donna cru- 4 Epistolario scelto di Clementino Vannetti di coloro che apprezzano in lei virtù dele” cantata dalla poesia cortese; Rovereto, Venezia, Tipografia di Alvisopoli, e valore; armi non meno letali di il richiamo a La donna crudele e 1831, pp.5-6. quelle che il consorte brandisce sul il servizio d’amore di Chrétien 5 Nel necrologio riportato in Memorie della I.R. Accademia di scienze lettere arti degli Agia- campo di battaglia, tinte di san- de Troyes è inevitabile. In quanto ti in Rovereto, Rovereto, Grigoletti, 1901, p. gue nemico. Lo stesso donatore “vincitrice” e determinata a negar- 487, infatti, a questo personaggio viene dato ne potrebbe essere colpito; eppure si, ella ha assunto, nell’elaborazio- il nome “Sesto”. - fossero le penne, spade o mezzi ne fantastica dell’autore, sembian- 6 I disegni, insieme ad alcune lettere di Bian- di cattura offerte a un nemico che ze virili; eppure nella realtà è dolce ca Laura e Clementino Vannetti al cugino Malfatti, furono pubblicati da Italo Coser ingiustamente lo persegue – egli e femminile come «ogn’altra don- negli anni settanta del Novecento; id, Lette- tuttavia le offre: a lui non resterà zella»; anzi è tale che in suo con- re e disegni inediti di Clementino Vannetti, altro che pianto e devoto amore! fronto tutte le altre appaiono «sco- «Atti della Accademia roveretana degli Agia- ti», CCXXIV-CCXXV (1974-75), A, serie 6, Il contesto emotivo è mutato: l’au- lorite». Perciò è dipinta nell’atto v.14-15, pp. 149-161. tore sembra aver oltrepassato la di muovere a tempo il piede nella 7 Costantino Lorenzi, Memorie intorno alla soglia della semplice ammirazio- danza e di girarsi sul cinto, sì da vita ed agli scritti di Clementino Vannetti, ne e mal sopporta i limiti di quella rapire anche colui che si ribella ad Rovereto, per Luigi Marchesani, 1795, p. 6. 8 57 Domenico Pasqui (1722-1780) nacque a “onesta galanteria” entro i quali Amore. Rovereto e intraprese la carriera ecclesiastica la donna sembra volere mantene- Il suo portamento altero ma con- assistito dallo zio materno p. Nicolò Gero- re la relazione. Si sente invece un tenuto, l’ampia fronte, gli occhi sa, maestro di cappella nella chiesa di San «perseguitato» d’amore, vittima lucenti, l’eloquio che «i cor molce Marco; questi gl’impartì lezioni, oltre che nelle materie curricolari, in pittura e musica, di donna «ingiusta» che accende e bea» sono infatti armi ed esca che arte verso la quale il giovane pareva partico- fuoco d’entusiasmo e non rispon- ravvivano nei cuori l’ardore verso larmente versato. Nel 1747 Domenico prese de; come guerriera in campo, essa di lei, ormai non più donna ma dea. gli ordini a Trento e, alla morte dello zio, ferisce e macchia con il sangue del subentrò come maestro della cappella musi- cale in San Marco. Una volta a capo del com- vinto le sue affilate armi: fossero Sonetto plesso, ne rinnovò la composizione: ampliò il queste la bellezza, l’intelligenza o Idea di donna oltra le belle bella numero degli orchestrali fino a un complesso le penne «ben temperate» che egli In mente i’ serbo a guisa d’uom vestita, di 19 stipendiati, allievi e dilettanti e ne inno- stesso le ha posto in mano! La cui purpurea guancia scolorita vò il repertorio, componendo personalmente Fa a me la vista d’ogn’altra donzella. messe e cantate. La sua fama di musicista si La baronessa nell’anno 1759 lascia sparse fuori di Rovereto, tanto che nel 1765 Rovereto per raggiungere il mari- fu chiamato a Innsbruck per le nozze dell’ar- to a Praga. Il Vannetti è ancora Veggiola in danza leggiadretta, e snella ciduca Pietro Leopoldo d’Austria con Maria immerso nei ricordi di una rela- Movere a tempo il piÈ, girar la vita; Luisa di Borbone. Scrisse oltre 50 messe zione che si era alimentata di com- E intanto a lei qual viva calamita e l’opera Arianna e Teseo, che fu presenta- ta a Torino nel 1764. Cfr. Mario Levri, La plicità e gelose corrispondenze; di Volgesi ogn’alma anche ad Amor rubella. cappella musicale di Rovereto, Trento, Edi- quanto queste fossero esclusive, zioni Biblioteca padri francescani, 1972, pp. è testimone la canzone che porta Il portamento alteramente umìle, 95-131. 9 E l’ampia fronte, e i duo lucenti rai Il personaggio dovrebbe corrispondere a una dedica: Per certo caso alla Pietro Modesto della linea Serbati - Rosmi- sig.a generalessa Maria France- E la favella, che i cor molce e bea ni, sposato a Giovanna Formenti di Riva e sca Partini nata Saffran e inizia “Il padre dell’ultima generazione dei Rosmini; vago farfallino”. Sviluppata sul filo Esca novella son, novel focile, cfr. Famiglia Rosmini e Casa Rosminiana Che avvivano l’ardor per questa ormai di Rovereto. Inventario dell’archivio (1505- di metafore e allusioni a partire da 1952, con documenti dal XIII secolo), a cura 59 «un certo caso», il componimento Ah non più donna no, ma mortal Dea. di Marcello Bonazza, Trento, Provincia Auto- rimane oscuro nel suo significato, noma di Trento Soprintendenza per i beni proprio perché non ne è stata rive- librari e archivistici - Accademia roveretana 58 degli Agiati, 2007, p. XXVII e genealogia a lata l’occasione ispiratrice. L’idillio non ha ulteriori sviluppi p. 571. Dopo la partenza della dama il ma restano, a testimonianza del suo 10 Le due nobildonne appartenevano alla fami- poeta, come preso da un intimo rapido trascorrere, un breve scam- glia del capitano Celestino conte Majerle, fantasma d’amore, scrive un nuovo bio di lettera, alcuni componimenti che - nei primi decenni del 1700 – si trovava nel castello di Rovereto al comando delle sonetto che vorrebbe inviare - per poetici e il ricordo di una felice gita milizie. Dopo la sua scomparsa, avvenuta richiesta di un terzo – alla genera- nel remoto castello, che i posteri l’11 maggio 1733, la moglie, contessa Nic- lessa: «Ad istanza del sig.r Giulio vollero rivivere e rinnovare. cola Madrenas, si era ritirata con i figli nella Quaderni del Borgoantico 17 81

casa di famiglia situata appunto nella villa di tori della musica a Felice Maria de Betta a c. Contributo alla storia della cultura rovereta- Isera (v. Francesco Antonio Tartarotti, A2. na, «Annuario dell’i.r. Ginnasio superiore di Diario dÈ fatti memorabili in Rovereto dal 21 Giacomo Gotifredo Ferrari, Aneddoti pia- Rovereto», N. LVII (1909). 1713 al 1751, Accademia degli Agiati Archi- cevoli e interessanti occorsi nella vita di Gia- 32 Q. Perini, La famiglia Pedroni de Clappis vio storico, ms.1393. libro A, f. 67v, 68v). como Gotifredo Ferrari: operetta scritta da di Rovereto, «Atti della I. R. Accademia di Per riferimenti ai Majerle cfr. della scriven- lui medesimo, vol. 1, Londra, presso l’autore, scienze lettere ed arti degli Agiati in Rove- te I Betta di Brentonico-Rovereto. Storia di MDCCCXXX, p. 80. reto», a. CLVII (1907), ser. III, vol. XIII, pp. una famiglia attraverso due secoli, in corso 22 Adamo Chiusole, Notizie antiche e moderne 99-110; Giuseppe Costisella, La discenden- di stampa. della Valle Lagarina e degli uomini illustri della za di Giuseppe Benedetto Vannetti (dal 1670 11 Al personaggio ho dedicato un lavoro, centra- medesima in supplemento alle Memorie antiche al 1795), «Studi trentini di Scienze Storiche, to principalmente sulla sua biblioteca medica; di Rovereto del chiarissimo Tartarotti, Verona, LIV (1975), pp. 154-181. cfr. Liliana De Venuto, Librerie di medici e per l’erede Merlo alla Stella, 1787, p. 222. 33 Q. Perini, La famiglia Partini di Rovereto, speziali a Rovereto in età di Antico regime, 23 Di Girolamo Fedrigotti, Misoginio quale «San Marco», a. I (1909), pp. 87-110. «Annali roveretani», Serie strumenti, 17, accademico, si conservano nell’Archivio 34 Giovanni Cristoforetti, ‘Madona Sancta Comune di Rovereto, Biblioteca Civica “G. dell’Accademia degli Agiati diverse com- Maria de Vila de Villa’. La Pieve di Villa Tartarotti”, 2012. www.bibliotecacivica.rove- posizioni: oltre ad alcuni componimenti di Lagarina e i suoi Pievani, in La nobile pieve reto.tn.it occasione, un Ragionamento sopra la vera di Villa Lagarina, Trento, Stampalith, 1994, 12 Giacomo Tranquillini, Dottrina della coma- gloria (già IX, 638) e un Capitolo in terza pp.159-300, part. p. 254; Alessandro Cont, re, o sia, Breve compendio d’arte ostetricia rima (ms. 1300.12) dedicato a Clementino Interventi decorativi promossi nella Pieve di composto da Giacomo Tranquillini medico Vannetti. Questi, quando il nobile amico – a Villa Lagarina dall’arciprete Massimiliano fisico instruttore pubblico di quest’arte in soli 34 anni – lasciò questo mondo, compose Settimo Lodron (1751-1796), «Il Comuna- Roveredo, in Verona, per l’erede di Agostino una Laudatio e la lesse nel corso di una acca- le. Periodico Storico culturale della destra Carattoni, 1770. demica sessione (V. Hieronimi Federicottii dell’Adige», XV (1999), 29, pp. 85-98; id., 13 Claudia Pancino, La comare levatrice. Crisi Roberetani Laudatio, in «Nuova raccolta Considerazioni su una lettera inedita di di un mestiere nel XVIII secolo, «Società e d’Opuscoli scientifici e filologici», t. XXXII, Teodoro Benedetti a Massimiliano Settimo storia», 13, 1981, pp. 593-638. in Venezia, presso Simone Occhi, MDC- Lodron (1756), «Il Comunale. Periodico Sto- 14 La scuola, istituita nel 1771, durò circa un CLXXVIII, pp. 3-16). rico culturale della destra dell’Adige», XVI decennio, ma non si sa esattamente quando fu 24 Le frasi in virgolette in questo e nel prece- (2000), n. 31, pp. 70-84. chiusa; per notizie cfr. L. De Venuto, Libre- dente brano sono tratte da Carlo Rosmini, 35 BCT1, ms. 1757, f. 29r. rie di medici e speziali a Rovereto in età di Memorie intorno alla vita e agli scritti di 36 L’abate Giuseppe Bartolomeo Leonardo era Antico regime. Clemente Baroni Cavalcabò, Rovereto, 1798, dunque zio di Lucrezia Fedrigotti nata de 15 È quanto assicura il testamento dettato il 14 pp. 94-96. Su Girolamo Fedrigotti e sul grup- Betta di cui si è sopra parlato; fu lui che, insie- febbraio 1765, nel quale il dott. Domenico po che si raccoglieva intorno a lui cfr. L. De me con la madre, si prese cura di Lucrezia e Francesco nomina come eredi universali i Venuto, La moda maschile a Rovereto secc. dei suoi fratelli dopo la prematura scomparsa figli Giovanni Battista, Giacomo medico-fisi- XVII-XVIII, Trento, Edizioni U.C.T., 2007, dei genitori. co, Giuseppe e predispone la dote per la figlia pp. 67, 85; Michelangelo Lupo, Il teatro 37 Per notizie sulla famiglia rimando a Chri- Caterina Rosalia; AST: Atti notarili, Giudizio Zandonai a Rovereto, Rovereto, Zandonai stian Zendri, Un giurista e il tramonto di Rovereto, notaio Antonio Giuseppe Gior- editore, 2014, pp. 22, nota 43. dell’antico regime: Giovanni Battista Tode- dani, b. XXXIII, 1 vol., 14 febbraio 1765. 25 ‘Discorrere per lettera...’ Carteggio Giusep- schi (1730-1799), in «I Buoni ingegni della 16 Memorie della I.R. Accademia di scienze let- pe Valeriano Vannetti – Giambattista Chia- Patria». L’Accademia, la cultura e la città tere arti degli Agiati in Rovereto, p. 527. ramonti (1755-1764), a cura di L. De Venu- nelle biografie di alcuni Agiati tra Settecen- 17 Elisa Grossato, La vita musicale nella to, Supplemento Civis, 22-23 (2006-2007), to e Novecento, a cura di Marcello Bonaz- Rovereto del Settecento, in L’affermazione Trento, pp. 182-183. za. Conferenze, 1a sessione (Rovereto, 16 di una società civile e colta nella Rovereto 26 Ibidem, p. 461. marzo-11 maggio 2000); 2a sessione (Rove- del Settecento. Atti del Seminario di studio 27 Lettera del 29 settembre 1759, ibidem, pp. reto 15 marzo-10 maggio 2001) «Memorie (Rovereto 9 ottobre, 3-4 dicembre), a cura di 306-307. della Accademia roveretana degli Agiati», a. Mario Allegri, Rovereto, 2000, pp. 251-266, 28 C. Rosmini, Memorie intorno alla vita e agli CCLII (2002), serie II, vol. VI, pp. 87-109. part. p. 265. scritti di Clemente Baroni Cavalcabò, pag. 95 38 Di ciò che accadde durante le invasioni fran- 18 Giovanni Battista de Betta, Giornale di 29 Biblioteca Comunale Trento1 (BCT1): Poe- cesi e degli avvenimenti che si susseguirono alcuni avvenimenti di Brentonico e della Val sie di Giuseppe Valeriano Vannetti, ms. 1757, egli non fu soltanto spettatore e attore, ma Lagarina, Museo Civico di Rovereto, ms. f. 48v. anche cronista, lasciandone un resoconto in 5198, pp. 294-295. 30 Per queste notizie cfr. Quintilio Perini, La pagine manoscritte dal titolo Memorie stori- 19 Le notizie sulla famiglia de Betta di Brento- famiglia Lodron di Castelnuovo e Castella- che con note di ciò che successe di rimarca- nico-Rovereto provengono da un mio lavoro no, in «Atti della I.R. Accademia degli Agiati bile nella Città di Roveredo dal mese di mag- in corso di pubblicazione. in Rovereto» s. III, CLIX (1909), pp. 45-98, gio 1796 al mese di maggio 1798 e dei civici 20 Questa «Accademia dei Dilettanti» potrebbe part. p. 47. Per la complessa vicenda del maneggi, di cui Savino Pedrolli ha fatto corrispondere all’associazione degli “Acca- feudo cfr. Ugo Neugebauer, I processi per una trascrizione; cfr. id. Il barone G. Battista demici Coltivatori della musica” esistente Nomi, Castelcorno e la dogana di S. Martino Todeschi e l’invasione francese a Rovereto a Rovereto, che si autodefinivano appunto a Trento, «San Marco», IV (1912), pp. 35-63. del 1796, in «Atti della I. R. Accademia di «dilettanti» in quanto dediti a «dilettevoli 31 Le notizie sulla consorte del barone Valeriano scienze lettere ed arti degli Agiati in Rove- esercizi di musica». Ad essa partecipò don Malfatti sono tratte da una scrittura di patti reto», a. CLII (1902), serie III, vol. VIII, pp. Felice de Betta, zio di Lucrezia nonché arci- nuziali fra la figlia dei medesimi, Cristina, 239-305, part. pp. 248-251. prete in San Marco a Rovereto dal 1735 al e Gasparo de Lindegg; cfr. L. De Venuto, 39 G. Chini, Castellano, p. 4. 1765 e decano foraneo della Val Lagarina, al Gioielli: moda e diritti a Rovereto in Antico 40 Cfr. il sonetto di Giuseppe Valeriano Van- quale detta associazione dedicò una raccolta Regime, con uno sguardo in casa Rosmini netti, più sotto riportato. di canti encomiastici in occasione della sua (secoli XVI-XVIII), Supplemento Civis, 28– 41 Cfr. Adamo Chiusole, Canzone [A], in Com- nomina. Notizie da Scelta di componimen- 29 (2012-2013), Trento, p. 49. Per la casa ponimenti poetici dell’abate Adamo Chiusole ti poetici per l’ill.mo e rev.mo signor abate Malfatti cfr. Q. Perini, La famiglia Malfatti per sua eccellenza il signor Giovanni Carlo Felice Maria de Betta, in Rovereto, nella di Ala-Verona, «Giornale Araldico-Storico- barone Partini di Neuhoff, in Roveredo, per stamperia di Pierantonio Berno librajo, 1735, genealogico», a. II (1913), pp. 3-11, part. pp. Francescantonio Marchesani, 1764, pp. V-XI, Lettera dedicatoria degli Accademici coltiva- 4-5; Ettore Zucchelli, Valeriano Malfatti. part. p. X. 82 Quaderni del Borgoantico 17

42 Marian Füssel, La guerra dei Sette anni, 46 Ibidem, p. IX. rivoluzionario, Gorizia, Editrice goriziana, Bologna, Il Mulino, 2013, p. 23. 47 M. Füssel, La guerra dei Sette anni, p. 24. 2001, p. 52. 43 Francisco Ludovico conte di Colmenero, ger- 48 A. Chiusole, Canzone [B], pp. IX (sic nella 54 Giuseppe Valeriano Vannetti, Barbalogia, manizzato in seguito in Franz Ludwig, era numerazione delle pagine) – XVIII, part. p. ovvero Ragionamento intorno alla barba, di origine spagnola, e, sulle orme del padre, XIV. Rovereto, presso Francescantonio Marchesa- Francisco de Colmenero Gattinara di Valde- 49 M. Füssel, La guerra dei Sette anni, pp. ni, 1759, p. 163. ris, militò negli eserciti imperiali, raggiun- 39-40. 55 Biblioteca Civica “Tartarotti” Rovereto: Let- gendo il grado di generale maggiore. Com- 50 Il soggetto implicito della frase è Maria Teresa. tere di vari a Giuseppe Valeriano Vannetti, batté a Guastalla dove trovò la morte per un 51 A. Chiusole, Canzone [B], pp. XIV-XV. Rife- ms. 8.3, ff. 188r-v. colpo di archibugio; ciò gli valse una memo- rimenti al generale Partini quale comandante 56 BCT1: Poesie di Giuseppe Valeriano Vannet- ria sepolcrale da parte di Filippo Juvarra; di Praga in La storia dell’anno MDCCLIX: ti, ms. 1747, f. 47r. cfr. Filippo Juvarra, La forma del pensiero. divisa in sei libri ..., Amsterdam, a spese di 57 Il tema della “onesta galanteria” è centrale nel Filippo Juvarra: la costruzione del ricordo Francesco Pitteri Libraio di Venezia, 56. testo di Benedetta Craveri, La civiltà della con- attraverso la celebrazione della memoria, a 52 A. Chiusole, Canzone [B], p. XVI. Per la guer- versazione, Milano, Gli Adelphi, 2066; alle pp. cura di Cristina Ruggero, Roma, Campisano ra dei Sette anni v. anche Edward Crankshaw, 518-519 ampia nota di bibliografia ragionata. Editore, 2008, n. 73, p. 385. Maria Teresa d’Austria. Vita di un’imperatrice, 58 BCT1: Poesie di Giuseppe Valeriano Vannetti 44 A. Chiusole, Canzone [A], pp. V-XI, p. VIII. Milano, Mursia, 1982, pp. 214-229. Ibidem, f. 49r. 45 Ibidem, p. VII. 53 François Fejtoe, Giuseppe II: un Asburgo 59 Ibidem, f. 47v. Quaderni del Borgoantico 17 83

1966-2016 Cinquant’anni dall’ultima alluvione dell’Adige un fiume dentro la storia e il paesaggio della Valle Lagarina

Sandro Aita

“Se ti addiviene di trattare delle da: spalliere di viti, mais, gelsi, di domestica accoglienza. Sentirsi a acque, consulta prima l’esperienza meli, peri, cotogni e noci. (…) casa propria, per un colto viaggia- e poi la ragione” E quando, al calar della sera, tore del nord di quello scorcio di Leonardo qualche rosea nuvola è adagiata secolo dei lumi, voleva dire sentirsi sui monti nell’aria mite, e quelle accolto, non respinto, in un ambien- L’Adige era qui, in questa valle alpi- nel cielo sono piuttosto ferme che te addomesticato dall’uomo, con le na, ben prima di noi umani: ci ha pre- in moto, e subito dopo il tramon- sue molte specie di piante, di fitti ceduto di millenni, nel suo lento, per- to comincia a risonare lo stridio coltivi, di frutti della terra bagnata sistente ma anche mutevole corso. delle cavallette, allora ci si sente dalle acque fertili del grande fiume Non ci si pensa, perché siamo nati nel mondo come in casa propria, e che tutto rigenera e alimenta. È che già c’era, non ci poniamo la non in prestito o in esilio.” l’immagine romantica ma anche domanda: ma da quando stai scor- Questa pur frammentata citazione potente e attenta ai segni della mor- rendo in questa valle? Qual è stata la è tratta dal “Viaggio in Italia” di fologia delle montagne, alle delica- tua “storia” prima che questa paro- J.W. von Goethe, il quale percor- te sfumature delle nubi evanescenti la, questo concetto trovasse signi- se la Val Lagarina scendendo da e cangianti della sera, alle brezze ficato nella nostra mente? Forse è Trento verso Rovereto, dove allog- che poi Goethe conoscerà provenire per questo che non ci pensiamo, è giò la sera dell’11 settembre 1786, dal Garda, suo primo approdo rige- lì da sempre, dunque non ci importa 230 anni fa: colse con queste poche nerante per la sua creativa ricerca molto della sua vita, come le mon- frasi l’esperienza della visione di del sole e del clima mediterraneo. tagne, come l’aria, come l’ambiente una plaga valliva fertile, ubertosa, A Torbole infatti, il giorno dopo, tutto, che sta li fuori… capace di trasmettere, alla sua sot- 12 settembre, Goethe riprenderà a Eppure… tile e sensibile percezione di poeta, scrivere dei suoi poemi ispirati alla “… Circondata da erte montagne di artista e di scienziato, un senso storia classica (l’Ifigenia, dramma coltivate fino ad una certa altezza, [la valle] è aperta a mezzogiorno, mentre verso nord è protetta dai monti del Tirolo. Un’aria mite e dolce spirava dappertutto. Qui l’A- dige volge nuovamente a sud. Le col- line ai piedi dei monti sono coltivate a vigne. Le viti sono disposte su lun- ghi pergolati bassi; i grappoli azzur- ri pendono graziosamente dall’alto e maturano al calore del suolo sotto- stante. Anche nel fondo della valle, per il rimanente coltivato a prato, le viti sono piantate in file di pergolati ugualmente fitte, in mezzo alle quali cresce il granturco, a fusti sempre più alti: l’ho visto spesso raggiunge- re l’altezza di dieci piedi. (…) Ora il corso dell’Adige si fa più lento, formando in vari punti un greto molto largo. La campagna lungo il fiume e su per i colli è così fitta e intrecciata di piante da far La ferrovia del Brennero, allagata a monte della stazione di Villa Lagarina, novembre 1966 pensare che si soffochino a vicen- (fonte privata, S. Giordani) 84 Quaderni del Borgoantico 17

che vede l’eroina greca assurgere dell’uomo “primitivo”, immerso novembre 1966, cinquant’anni fa ad emblema della sua ricerca per nella natura “ostile e matrigna” come oggi, sono lì a monito della conciliare le virtù greche e cristia- (che per Leopardi era ben nota…), necessità di un rapporto meno rigi- ne, cui dedicò forse l’intero suo ma anche fonte di risorse abbon- do e più accorto con le forze che “Viaggio” verso la classicità in Ita- danti, per chi le sa cogliere e sco- l’ambiente naturale esprime. lia). Ma è proprio in Val Lagarina prire. Così molti sono anche i segni La nostra capacità di elaborare che coglie la prima immagine del rimasti delle “scoperte” dei nostri soluzioni, di far tesoro dell’espe- nuovo paesaggio che lo risolleverà avi nel loro rapporto con le acque: rienza, di cui è frutto tutta l’evolu- dal triste “cielo inclemente” della tracce di opere e opifici che vole- zione umana, non può prescindere sua Weimar, lasciata nel cuore della vano raccogliere la loro energia, da una attenta e sensibile percezio- notte ad inizio settembre. La fortu- la loro forza da governare e por- ne della natura, dei suoi paesaggi, na di Goethe fu forse di giungere tare nei luoghi delle coltivazioni, delle trasformazioni che producia- in riva all’Adige nella stagione più tracce di approdi dove scambiare mo in essi, spesso migliorandoli, ricca di suggestioni, di colori, di merci, i canali e le opere di presa, con la cura della terra (come con profumi dei frutti della terra, che la acquedotti, cascate, mulini, pozze i terrazzamenti, i muri a secco, sua acqua “da sempre” favorisce e e cisterne, fontane, laghi, peschie- le coltivazioni e il governo delle porta a maturazione, assieme all’a- re…, tutte e molte altre opere che campagne e delle colline, i pascoli, ria e al sole mite che abbraccia tutta l’uomo ha nei secoli sviluppato per i parchi e le riserve…). La “regi- la conca che, col fiume, “volge nuo- trovare un equilibrato e armonioso mazione” delle acque è una delle vamente a sud”. rapporto col l’ACQUA. arti forse più difficili e che richie- Ecco, appunto, il fiume che Nei decenni e secoli trascorsi dono accortezze e competenze non “volge”, che si snoda come un ser- molte sono state le occasioni con comuni, tanto che nei secoli, anche pente, sinuoso e silente, dentro la cui l’uomo, lungo il corso del nel Comun Comunale lagarino, valle che ha contribuito a creare, fiume Adige, ha sperimentato la erano affidati a persone, regole e nei secoli e millenni, da quando i potenza, anche distruttrice, delle procedure molto stringenti tutte le ghiacci si sono ritirati, per lasciar sue acque: si tratta, come per tutte trasformazioni del territorio che posto alle acque fluide, mobili e le altre forze delle natura, di una riguardavano appunto le acque, in perenne evoluzione, alla ricerca caratteristica con la quale egli deve perché se ne riconosceva la dupli- della meta finale. Con questo flusso misurarsi e non sentirsi superio- ce valenza: di potente e indispen- continuo e infinito, il fiume ci dice re ad esse. Questi eventi, l’ultimo sabile risorsa idrica per la vita e di molto della sua Storia: ci racconta a memoria è stata l’alluvione del altrettanto potente forza distruttri- della necessaria comprensione che chiede all’uomo che se ne serve per la vita, per le coltivazioni, per l’energia che trasmette, anche solo con la sua calma e rassicurante presenza. Senza quel fiume non avremmo conosciuto le rigogliose coltivazioni, le città e i borghi non si sarebbero disposti e sviluppati lungo le sue rive, mai avremmo potuto profittare delle sue infinite risorse e doni. Ne siamo consape- voli? Ne sappiamo cogliere il mes- saggio di pace e di sicurezza che il suo moto continuo ci trasmette? Forse, nell’occasione di eventi drammatici che periodicamente l’uomo è chiamato a vivere (spesso perdendo appunto la vita di molti suoi simili…), ci potremmo chie- dere quanto conosciamo e perce- piamo del suo linguaggio silente. È una lingua, quella del fiume di una valle alpina, che va compresa, deci- frata, con attenzione; occorre una La campagna di Villa, sommersa dall’Adige, dopo superato il tomo verso Nomi (fonte priva- particolare attitudine, che è quella ta, Annamaria Riolfatti) Quaderni del Borgoantico 17 85

ce se mal governata e gestita per il bene comune! Allora ecco che ricordare quei lon- tani o meno lontani avvenimenti, alluvioni, allagamenti, straripamen- ti (più o meno frequenti e importan- ti), serve a cogliere aspetti che la quotidiana tecnologia, il rubinetto sempre pronto all’uso, ci ha fatto dimenticare. Ci dobbiamo maggior- mente riappropriare delle semplici ma sublimi parole del breve rac- conto del paesaggio che Wolfang von Goethe ha saputo tratteggiare, frutto della sua concreta esperienza di viaggiatore attento, per lascia- re traccia a beneficio di tutti della sua sensibile percezione di quanto siano “amichevoli e domestiche” le nostre terre: dobbiamo averne maggiore consapevolezza, capire il Cartina al 25.000 tratta dal libro “Destra Adige Lagarina: dinamica di un paesaggio” (ed. senso delle curve tortuose dei fiumi AlcionEdizioni), da Calliano a Marano d’Isera, con la zona di probabile ripresa fotografica e torrenti, sentirne la voce sorda o dell’esondazione dell’Adige. squillante, silenziosa o cangiante, capace sempre di trasmettere “vita”, Forse è un messaggio troppo lon- da, che da Ravazzone fece deflu- e quindi averne cura, custodire le tano dal nostro vivere quotidia- ire verso il grande lago qualcosa molteplici forme dell’acqua, perché no? Uno sguardo più attento allo come un milione di mc. (al ritmo possiamo ancora, con S. Francesco, scorrere delle acque a mulinello di 500 mc. al sec.), quando a Tren- apprezzare la sua sorellanza (“… dell’Adige, quando ne scaval- to la portata del fiume raggiunse Laudato si’, mi Signore, per sor’Ac- chiamo velocemente le sponde su circa 2.600 mc. al secondo! La qua, la quale è multo utile et humile strade e ponti, frutto dell’ingegno zona maggiormente allagata in et pretiosa et casta…”). umano (come Leonardo in apertu- valle fu quella delle campagne di Dalle terre d’Umbria e delle Mar- ra d’articolo ci ricorda), può aiu- Nomi e della Valdiriva, ma anche che, dove il fraticello lasciò tracce tarci in questo lungo ma necessario tutta la falda si alzò notevolmente, del suo peregrinare tra i monti, oggi cammino. producendo allagamenti diffusi in feriti profondamente dal terremo- tutto l’alveo, trapassando i tomi to, è ancor più forte il richiamo ad NOTA di CRONACA: della ferrovia e dell’autostrada da un rapporto più attento con la terra In Val Lagarina, tra Calliano e poco realizzata. Tuttavia non pare e tutte le sue creature. Il richiamo Isera-Rovereto-Sacco, nel novem- vi furono danni significativi alle che ci viene ora dal 50° dell’allu- bre 1966 le acque dell’Adige sce- opere d’arte stradale e ferroviaria vione dell’Adige (v. Nota a parte) sero con grande forza e quantità, ma, come si nota dalla foto storica è anche questo: se siamo in questa allagando diverse campagne e che riprende la stretta tra Volano terra ci corre l’obbligo (e il piace- rompendo o superando gli argi- e Villa Lagarina, a nord dell’omo- re) di sentirci più parte della natura ni in circa 25 punti (invadendo le nima stazione (tra le poche imma- e non in contrapposizione ad essa, campagne spesso nella stessa zona gini reperibili, segno del tempo?), men che meno in posizione supe- dove avvenne nel 1926) . Tuttavia, la ferrovia fu sommersa dalle vici- riore o di dominio. Ci dobbiamo anche per la lenta progressione nissime acque innalzatesi nella porre come “fratelli e sorelle” di del fiume, non vi furono i diffusi e notte di venerdì 4 novembre. Così tutto quanto ci circonda, piante, devastanti allagamenti che subiro- lunghi e laboriosi dovettero essere animali, rocce e montagne, acque no altre parti del corso del fiume, gli interventi per ripristinare cam- e nubi, capendone il linguaggio, come a Trento città o come altri pagne, rustici, strade e manufatti noi “esseri pensanti”, per trovare bacini dovettero subire, specie vari che l’alluvione coperse da un nuovo equilibrio più armonio- quelli orientali del Primiero e della una poltiglia fangosa che rima- so col mondo. Che poi si deve di Valsugana, con diversi morti e feri- se per molto tempo, fertile limo o necessità estendere, per coerenza e ti. Probabilmente molto fu conse- memoria del tempo che lascia le convenienza, anche a tutto il gene- guenza anche della provvidenziale sue tracce perché l’uomo capisca re umano! apertura della galleria Adige-Gar- il monito delle sue acque preziose? 86 Quaderni del Borgoantico 17

La famiglia Marzani di Pomarolo

Roberto Adami

Ad Antonia Marzani, parente di nobilitato, e non presso la famiglia in Val Lagarina all’inizio del ‘400, 21° grado di Antonia, cioè presso i conti Mar- probabilmente come funzionari zani di Steinhof (Sasso) e Neuhaus al servizio dei Castelbarco, come Credo fossero almeno sei o sette (Canova) di Villa Lagarina. quel Simone fu Bartolomeo Mar- anni che conoscevo Antonia Mar- In seguito io e Antonia tornammo zani che nel 1412 risulta vicario zani e che ci frequentavamo all’in- spesso a parlare di queste nostre della giurisdizione di Castel Corno terno del gruppo di Borgoantico, affinità genealogiche, per lo più (Isera) per conto di quei signori. Di quando, quasi casualmente, gli in lunghe chiacchierate notturne lui non è nota discendenza. Il capo- dissi che anch’io ero per metà Mar- presso la fontana di Villa, dove ci stipite dei Marzani di Val Lagarina zani, essendo mia mamma Carla fermavamo dopo essere usciti dalla è suo fratello Jacopo (o Giacomo). Marzani di Pomarolo. sede dell’associazione Borgoanti- Gian Lorenzo, figlio di Jacopo, fu Antonia rimase molto sorpre- co e dove il mormorio dell’acqua notaio, cancelliere ed anche vicario sa di questo, tra l’altro lei aveva si mescolava alle nostre parole, di Giovanni Castelbarco signore di una sorella che si chiamava pro- spesso pronunciate con il trasporto Castellano e Castelnuovo (Noar- prio così, ma lo fu ancora di più tipico di chi è appassionato di una na), del quale sposò la figlia natura- quando gli mostrai un olio su tela cosa, in questo caso della storia le Taddea. Dopo il 1455, decaduto settecentesco che avevo in casa, locale e delle vicende familiari del il Castelbarco per fellonia (aveva raffigurante lo stemma della fami- passato, anche se, per la verità, con rifiutato di riconoscere l’autorità glia Marzani. Compresi il suo stu- orientamenti decisamente diversi: vescovile sui suoi feudi) e sostitu- pore, in quanto ancora oggi risulta io più interessato ai collegamenti ito nel possesso delle giurisdizioni per me inspiegabile comprendere tra la micro e la macro storia, ad di Castellano e Castelnuovo dai come mai quello stemma si trovi a inserire fatti e personaggi in un Lodron, Gian Lorenzo si trasferì a Pomarolo, presso un ramo di que- contesto generale; Antonia, più Rovereto, dove ricoprì la carica di sta famiglia che non venne mai incline a scavare nel famigliare, nel provveditore. Amministrò anche la personale, nell’intimità delle case. chiesa di S. Ilario della quale, nel È per questo che oggi, volendo dare 1459 fece ricostruire l’altar mag- il mio contributo al numero 17 dei giore. Nel 1487, al tempo della Quaderni del Borgoantico, il primo guerra tra l’Arciduca Sigismondo ad uscire dopo che Antonia non c’è e Venezia, Gian Lorenzo e il figlio più, mi è sembrato quasi naturale Gian Domenico, parteggiarono pensare a quelle nostre chiacchie- apertamente per l’Asburgo, tanto rate, a quella lontana parentela e che furono condannati a morte in quindi proporre alcune note sulla contumacia per alto tradimento famiglia Marzani di Pomarolo, dalla Serenissima. nella consapevolezza che esse non Gian Lorenzo venne in seguito sono certo esaustive, ma possono nominato vicario di Nomi e Castel- costituire un buon punto di parten- corno, giurisdizioni di cui erano za per possibili futuri approfondi- (rimasti) titolari i fratelli Giorgio menti, non solo di carattere gene- e Matteo figli di Giovanni Castel- alogico. barco (suoi cognati). Sempre come notaio e cancelliere si trasferì poi a Le origini della famiglia Levico, Caldonazzo e quindi a Cal- Marzani liano. Infine divenne vicario della La famiglia Marzani è originaria di giurisdizione di Beseno per i conti Stemma della famiglia Marzani, inquarta- Caprino Veronese, paese a nord di Trapp, dove morì il 16 aprile 1502. to: 1 e 4 di azzurro alla sirena; 2 e 3 di 1 rosso a tre stelle d’oro. (Pomarolo, colle- Verona, tra l’Adige e il Garda . Di lui è noto il figlio Gian Dome- zione privata) Alcuni suoi membri si trasferirono nico, pure notaio, giudice e fun- Quaderni del Borgoantico 17 87

esercitò l’arte di capomastro mura- tore. È il capostipite del ramo Mar- zani di Villa Lagarina. Tra il 1597 e il 1616 ebbe diver- si figli tra cui Paride, nato a Villa Lagarina il 30 gennaio 1603, che non esercitò la professione pater- na, ma divenne fabbro e maniscal- co. Si sposò con Caterina, di cui si ignora il casato, dalla quale ebbe le figlie Margherita (1630), Corona (1633) e Domenica (1645); e i figli Signum tabellionis e sottoscrizione autografa del notaio Gian Lorenzo Marzani (1490). Lorenzo (1634), Giovanni Battista Biblioteca Civica di Rovereto, Miscellanea manoscritti, Ms.12.10.(61), per gentile conces- (1639), Santo (1642) e Antonio sione (1652). Alla morte di Caterina si risposò con Margherita Botturelli di Pomarolo, vedova dal Gatter di Garniga. Da questo secondo matri- monio non nacquero figli, in quan- to la coppia era decisamente avanti con gli anni. Paride fece testamento il 31 marzo 1670 (notai Gasparini e Girondelli) e morì a Villa Lagarina il 7 aprile 1671. È l’antenato che condivido con Antonia Marzani. Poiché tra me e Paride ci sono 11 generazioni e tra Paride e Antonia 10, io e Antonia siamo parenti di 21° grado. Lorenzo, figlio di Paride, nacque a Villa Lagarina il 18 dicembre 1634, fu fabbro come il padre, si sposò con Elisabetta Liberi di Pomaro- Signum tabellionis e prima lettera miniata in un documento (autografo) rogato dal notaio Gian Domenico Marzani (1485). Biblioteca Civica di Rovereto, ex Teca 62, per gentile con- lo e diede continuità al ramo dei cessione Marzani al quale appartengono gli attuali conti di Villa Lagarina. zionario dei Castelbarco (capitano figli di Cosmo Marzani, ma Gian A conclusione di questa prima parte di Nomi), che sposò Bonafemmi- Giacomo Marzani, nato a Isera ricordo velocemente che dai Mar- na Fanzini di Rovereto. Presso la verso il 1541, fu probabilmente zani rimasti ad Isera uscirono due Biblioteca Rosminiana di Rovereto nipote di Cosmo, dato che lui e i rami principali, uno dei quali venne (ex Teca 62), si conservano i pro- suoi discendenti vennero contrad- nobilitato il 30 dicembre 1687 da tocolli notarili di Gian Domenico distinto dal soprannome Zandome- Nicolò Tonazza di Villa Lagarina, relativi all’anno 1485, dai quali si neghi, derivatogli molto probabil- conte palatino (e come tale dotato può ricavare il suo segno di tabel- mente dal nome proprio del nonno dell’autorità di conferire diplomi di lionato. paterno Gian Domenico. nobiltà e di nominare notai), nelle Dopo la condanna per alto tradi- Gian Giacomo Marzani sposò persone di Valentino fu Pellegri- mento da parte di Venezia, Gian Giacoma Bertoni di Tierno che no, don Cosmo e Gian Francesco Domenico si rifugiò sulla destra gli diede almeno 5 figli nati tutti fratelli fu Alberto, tutti di Isera, e Adige, ad Isera, dove prese stabile ad Isera: Lorenzo (1566), Gio- Agostino abitante a Nago. All’at- dimora e dove verso il 1480 nacque vanni Maria (1568), Valentino to di concessione del privilegio di il figlio Cosmo. Di Giandomenico (1577), Pellegrino (1580), Gian nobiltà, rogato dal notaio Antonio è noto un altro figlio: Gio Antonio, Giacomo. Gasperini, è allegata anche una che fu rettore dell’Università di Lorenzo nacque a Isera il 18 riproduzione a colori dell’arma di Bologna. novembre 1566. Nel 1596 si sposò casa Marzani, che come è risaputo L’albero genealogico Marzani a con Margherita figlia di Nadio era “alla Sirena che esce dall’acqua questo punto ha una lacuna, in Camelli di Villa Lagarina, andan- e regge una croce, sormontata da quanto non sono documentati i do a trasferirsi in quel paese, dove tre stelle”. 88 Quaderni del Borgoantico 17

figli. Tra questi si ricordano Anna ni, lasciandogli quasi tutte le sue nata il 3 febbraio 1671 che andò proprietà. sposa a Andrea Benvenuti di Chiu- Torniamo ai figli di Giovanni Bat- sole; Gio Pietro nato il 3 ottobre tista Marzani. Oltre a Domenico 1679, che si trasferì a Trento2 e Gio- sono ricordati Giuseppe, che eser- vanni Battista che è il continuatore citava la professione di calzolaio3 del ramo Marzani di Pomarolo. e morì celibe il 26 marzo 1732; Giovanni Battista figlio di Santo, Giovanni Battista, che si chiama- nacque a Rovereto il 24 luglio va come il padre, ma col quale non 1675. Fu il nipote prediletto dell’o- andava molto d’accordo, tanto che monimo zio sacerdote, che proba- si separò presto da lui, andando a bilmente lo prese con se a Poma- vivere per conto proprio. Si sposò rolo dove, verso il 1796 sposò con Orsola ed ebbe alcuni figli, Antonia Lorenzoni. La famiglia morti in tenera età. Lorenzoni era originaria di Avio, In seguito a queste vicende Dome- paese dal quale, negli anni succes- nico Marzani si ritrovò proprieta- Stemma concesso il 30 dicembre 1687 alla sivi alla grande peste del Seicento, rio, praticamente esclusivo, tanto famiglia Marzani di Isera. Archivio di Sta- to di Trento, Archivio Notarile, Giudizio di si era trasferito a Pomarolo Giu- delle proprietà Marzani, deriva- Villa Lagarina, notai Gasparini e Giron- seppe Lorenzoni, il quale ebbe 8 tegli dal padre Giovanni Battista, delli, busta IX, c. 339 r., per gentile con- figlie femmine e un solo maschio, quanto dei beni Lorenzoni, deri- cessione Domenico, nato a Pomarolo verso vatigli dalla madre Antonia, cosa il 1643. Grazie all’eredità paterna e che gli procurò, oltre ad una note- alla sua intraprendenza Domenico vole agiatezza economica, anche I Marzani a Pomarolo raggiunse una certa agiatezza e si un certo prestigio all’interno della Giovanni Battista, altro figlio di introdusse in maniera autorevole comunità di Pomarolo, della quale Paride e quindi fratello di Loren- nella società pomarolese, ricopren- fu più volte amministratore. zo, nacque a Villa Lagarina il 24 do spesso la carica di deputato del giugno 1639 e divenne sacerdote. Comun Comunale. Era proprietario La casa distrutta dalla rébia del Fu parroco di Nomi (1675), Poma- di molti appezzamenti di terra, di 1718 rolo (1683-1696), Garniga (1697), una casa in contrada della Piazza, Domenico Marzani abitava sulla Aldeno (1702-1713), Sarnonico. confinante con la casa acquistata piazza del Pionte di Pomarolo, Come vedremo in seguito aiutò da don Giovanni Battista Marzani nella casa che don Giovanni Bat- considerevolmente i nipoti Gio- di cui si diceva in precedenza, e di tista Marzani, fratello di suo nonno vanni Battista, Francesco e Pietro, un follone. Santo, aveva acquistato dai Fasa- figli di Santo, donando loro le case Domenico si sposò con Lucia, nelli e dai Benvenuti. sulla piazza del Piónt (oggi piaz- di cui si ignora il casato, che gli Questa abitazione scampò alle za Battisti) di Pomarolo, case che diede alcuni figli. Di questi solo devastazioni delle truppe francesi aveva comprato rispettivamente da 3 superarono i primi anni di vita: del generale Vendomè del 1703, Francesco Fasanelli «spolverista» Giuseppe, morto il 26 gennaio che interessarono la parte bassa del (25 novembre 1694, notaio Adamo 1694 all’età di 15 anni, Margheri- paese di Pomarolo, come ad esem- Adami jr.) e da Bernardino Benve- ta e Antonia, nata il 28 settembre pio la vicina casa di Lorenzo Obizi nuti (10 ottobre 1713, stesso nota- 1674, che come si diceva in prece- «polverista» di Rovereto, che venne io), e che costituiscono il nucleo denza andò sposa a Giovanni Bat- incendiata, tanto che poco dopo primitivo dell’attuale casa Marzani tista Marzani. Antonia Lorenzoni la ritirata dei francesi dal paese il di Pomarolo. Don Gio Batta morì morì giovane il 18 giugno 1698 proprietario fu costretto a vender- a Pomarolo il 7 febbraio 1718 e fu e Domenico, per aiutare il gene- la a Matteo Piffer di Pomarolo (30 sepolto nella chiesa di S. Cristofo- ro, decise di prendersi carico del ottobre 1703, notaio Paolo Liberi). ro, nella tomba riservata ai rettori nipote Domenico Marzani, nato il Nulla poté invece, l’edificio, con- della stessa. 10 aprile 1697, impegnandosi con tro una terribile alluvione che si Santo Marzani, terzo figlio di Pari- un formale atto notarile a fornire verificò all’inizio dell’estate del de, fratello di Lorenzo e di Giovan- allo stesso il vitto e i vestiti (20 1718, dopo alcuni giorni di piog- ni Battista, nacque a Villa Lagarina settembre 1699, notaio Adamo gia e grandine fortissima, la quale il 17 luglio 1642. Esercitò la pro- Dami jr.). distrusse le strutture in legno della fessione di famiglia, divenendo Domenico Lorenzoni morì a Poma- stessa. Per provvedere alle ripara- fabbro e maniscalco, ma si trasferì rolo il 13 agosto 1722. Poco prima zioni i curatori dei minori Dome- a Rovereto, dove sposò Margheri- di morire fece una donazione «inter nico, Giovanni Battista e Giuseppe ta Zenatti, dalla quale ebbe diversi vivos» al nipote Domenico Marza- Marzani chiesero l’autorizzazione Quaderni del Borgoantico 17 89

al vicario di Nomi4 di poter usare tà avrebbe rovinato i prodotti dei Il follone era una macchina ad una parte dell’eredità lasciata dal loro orti: «si oppongono a cagione acqua che lavorava attraverso il loro prozio don Giovanni Battista, de’ danni e pregiudizi che avrebbe movimento che l’albero (mosso ottenendo una risposta favorevole, col polvere volante d’esso tabacco dalla ruota colpita dall’acqua cana- come testimonia l’atto di data 14 inferito ale entratte che detta parte lizzata) imprimeva a dei pestelli. novembre 1726 del notaio Silve- Rinaldi e Gasparotta ricava dalli Era molto versatile, nel senso che rio Chiusole. In questa occasione orti di sua ragione a detto folo con- poteva passare facilmente da fol- la casa e l’evento che la danneggiò tigue giacenti». Il Marzani si difese lone per la lavorazione del tabacco sono così descritti: argomentando che la polvere pro- a follone per la polvere da sparo «una casa con horto in Pomarolo in dotta dalla lavorazione del tabacco (come in questo caso), oppure a contrata in Piont, quale ha patito et era nociva soltanto nei confronti follone per la lavorazione della è restata assai dannegiata in quel- delle piante di gelso («foglia de’ foiarola (sommaco o scotano, un la gran ruina di rebbia caduta dalli cavaleri)». Alla fine le parti si arbusto le cui foglie, ricche di tan- monti li 25 giugno 1718 e però accordarono che il follone venisse nino e trementina, venivano usate essere in stato di necessità di pron- mantenuto in funzione soltanto sei nella concia delle pelli e per la to rimedio e bisognosa di restaura- mesi all’anno, da ottobre a marzo, tintura delle stoffe); oppure anco- zione anco di coperti, sofitte et altri cioè quando gli orti davano pochi ra, ma in questo caso con delle legnami, acciò del tutto non perisca prodotti. modifiche sostanziali al meccani- in maggior danno e pregiudicio di smo dei pestelli, che diventavano detti figliuoli instiuiti». Il fól dalla polvere (da sparo) piuttosto dei martelli, a follone per La perizia dei lavori di ricostru- (1755) i panni (lana), cioè una macchina zione della casa venne eseguita Domenico sposò Agnese de Chiu- che attraverso la battitura infeltri- da Bernardo Miscolello, «maestro sole, appartenente alla piccola va il tessuto di lana, consentendo muraro» in Rovereto, ma non è nobiltà locale, che gli diede alcuni di ricavare una panno più pesante, dato sapere se poi lo stesso abbia figli, dei quali raggiunsero la mag- resistente e impermeabile, quale anche eseguito i lavori veri e pro- gior età: Giuseppe, nato il 20 luglio era, ad esempio, quello usato per il pri. 1720, che sposò Rosa Bortolotti saio dei frati5. di Volano e si trasferì a Rovereto; Stando ai documenti dell’epoca, i Il fól dal tabacco (1730) Margherita (1729), che sposò Bia- folloni per la polvere da sparo sem- Per Domenico Marzani abbiano gio Dadò di Pomarolo; Domenico brano particolarmente diffusi nel un altro riferimento documentario, (Giovanni), nato a Pomarolo il 26 paese di Pomarolo e proprio nella che riguarda una sua attività pro- settembre 1721, che diede continu- zona della piazza del Piónt: oltre al duttiva. Si tratta di una composi- ità ai Marzani di Pomarolo. Marzani ne possedevano esemplari zione amichevole di data 27 genna- Domenico (junior) sposò Marghe- (anche se è possibile che in qualche io 1730 (notaio Francesco Antonio rita de Chiusole, figlia dell’agri- caso si trattasse dello stesso follo- Tratarotti) con la quale, il Marza- mensore Giuseppe. Nel corso della ne che aveva cambiato proprietà) ni e Domenico Benvenuti da una sua vita incrementò notevolmente anche le famiglie Fasanelli, Mene- parte, il «Reverendissimo signor le proprietà della famiglia Marzani, gatti, Adami, Gasperotti, tutte di don Giuseppe Rinaldi condecano» acquistando appezzamenti di terra Pomarolo e Obizi di Rovereto. I e Valentino Gasperotti dall’altra, in Pomarolo, Savignano, Servis, Gasperotti avevano anche in con- pongono fine ad una causa tra loro Nomi e Aldeno. In questo paese cessione la privativa di poter rac- agitata. Motivo del contendere era comprò anche le case Figaroli. cogliere («spazzare») nelle cantine un follone che il Marzani aveva Oltre alla casa di piazza del Pion- delle case del paese il salnitro, uno affittato al Benvenuti perché lo te, a Pomarolo Domenico Marzani dei costituenti fondamentali, assie- ricostruisse e lo adibisse alla lavo- possedeva anche il vecchio follo- me allo zolfo e al carbone, della razione delle foglie di tabacco: ne, in comproprietà con il fratello polvere da sparo. «perché il Marzani aveva locato Giuseppe. Trasferitosi quest’ulti- per 14 anni un folo quasi tottal- mo a Rovereto, nel 1751 Domeni- L’acquisto del Casét (1787) e mente distrutto al signor Benvenuti co acquisì l’intera proprietà dello l’ampliamento della casa del coll’obligo di farlo errigere a pro- stesso. Il documento di acquisto Piónt (fine Settecento) pria bisogna e quello erreto poterlo (redatto dal notaio Federico Liberi Come si diceva, Domenico aumen- per detti anni quatordeci esercitta- di Pomarolo) ci informa di come tò notevolmente le proprietà della re per far pestar tabacco». A questa questo edificio avesse cambiato la famiglia, spendendo tra il 1752 destinazione d’uso si opponevano sua finalità produttiva, passando e il 1796 almeno 30.000 fiorini e il Rinaldi e il Gasperotti perché da follone per il tabacco a follone acquisendo appezzamenti di terra secondo loro la povere del tabacco per la polvere da sparo: «fól dalla per circa 25.000 pertiche quadrate proveniente dal follone in attivi- polvere». (circa una decina di ettari), come si 90 Quaderni del Borgoantico 17

ricava dai documenti esistenti pres- tato di Pomarolo, sul lato destro Rinaldi di Pomarolo e, prima di so l’archivio di famiglia. della strada che porta a Cesui- loro, ai conti Lodron6. Tra queste proprietà è da segna- no. Il Marzani lo acquistò per Domenico Marzani e la moglie lare l’acquisizione di una parte 1000 fiorini in data 7 novembre Margherita de Chiusole fecero del piccolo maso del Casét, 1787 da Girolamo Lupatini di testamento congiunto il 26 marzo un arativo, con bosco e picco- Sacco (rogito del notaio Lorenzo 1789, lasciando eredi della propria la costruzione rurale situato in Antonio Caracristi), ma l’intera sostanza i figli maschi Domenico, località Sabionèra, sopra l’abi- proprietà risaliva alla famiglia Giuseppe e Pietro e lasciando la sola legittima alle figlie femmine Caterina, Anna e Margherita. Il documento venne steso dal notaio Lorenzo Antonio Caracristi, come di consueto alla presenza dei testa- tori e di sette testimoni, tutti radu- nati in casa Marzani di Pomarolo in una sala che viene chiamata «la stuva nuova». Questa definizione si trova in altri documenti di casa Marzani a partire dagli ultimi due decenni del ‘700, per cui è proba- bile che sia stato proprio Domenico Marzani a far costruire, sul sedime del vecchio orto di casa, l’ala nuova di casa Marzani, quella che oggi si affaccia sulla piazza, creando così il cortile interno e dando all’edificio la conformazione attuale. Una memoria di famiglia, traman- datasi di generazione in genera- zione, afferma che gli stucchi che decorano il soffitto di una delle Pianta della casa Marzani di Pomarolo: edificio originale e fabbrica nuova camere della fabbrica nuova di casa Marzani, sarebbero stati ese- guiti dagli stessi artisti che all’e- poca erano impegnati nella deco- razione plastica della chiesa di S. Cristoforo di Pomarolo. Quest’ul- tima è opera di Giuseppe Cano- nica, uno dei migliori plasticatori attivi all’epoca in Val Lagarina, e venne terminata nel 1790, come recita l’iscrizione posta sull’arco della controfacciata della chiesa. Anche gli stucchi di casa Marza- ni sono attribuibili al Canonica e a questo periodo7, per cui sembra possibile affermare che, quanto- meno la decorazione, se non la realizzazione vera e propria della fabbrica nuova, sia stata promos- sa e commissionata da Domenico Marzani.

Domenico chirurgo, farmacista a Villa (1795) Domenico Marzani morì a Poma- Facciata di casa Marzani prospettante su piazza Battisti, già del Pionte rolo il 3 dicembre 1797. La sua era Quaderni del Borgoantico 17 91

ma Marzani di Pomarolo, lavorò nella masera Gasperotti di Poma- rolo) e che ha lasciato anche una curiosa memoria in casa, secondo la quale nell’intercapedine che si venne a creare tra un locale della casa vecchia e la grande sala della casa nuova (settecentesca) veni- va nascosta una buona quantità di foglie di tabacco, che in questo modo sfuggivano al monopolio. Giuseppe morì il 18 febbraio 1801. Si era sposato con Caterina Vetto- ri di Manzano, dalla quale aveva avuto sette figli. Di questi raggiun- sero la maggiore età Margherita, nata nel 1785, che rimase nubile; Domenico nato il 23 ottobre 1787, Casa Marzani di Pomarolo, particolare degli stucchi attribuiti a Giuseppe Canonica, cir- che nei documenti di famiglia è ca 1790 chiamato «mercante» e «fabbrica- l’unica famiglia Marzani di Poma- Lorenzo Vaena è datato 13 apri- tore di tabacco». Assieme al fra- rolo, ma non ebbe problemi di le 1795 (notaio Giovanni Battista tello Giovanni il 28 giugno 1803 continuità in quanto da Margherita Villi di Villa Lagarina) e specifica (rogito del notaio Pietro Fontana de Chiusole aveva avuto 14 figli, che il Marzani acquistò lo stabile di Pomarolo) acquistò dai nobili de anche se più della metà morti in «con tutti gli attrezzi di spiziaria». Chiusole (funzionari dei Lodron a tenera età. Tra quelli che raggiun- Tra i membri di questo ramo dei Salisburgo) la casa confinante con sero la maggiore età si ricordano: Marzani di Pomarolo trasferito- la loro (oggi proprietà Vicentini), Anna (1760), che nei documenti si a Villa Lagarina si distinsero in nella quale egli andò ad abitare. è definita «mercantessa», sposò particolare il nipote di Domenico, Ricoprì anche cariche amministra- il possidente Domenico Rovazza che si chiamava Silvio, pure lui tive per conto del comune di Poma- di Pomarolo e nel suo testamento farmacista e pittore dilettante, che rolo (nel 1819 risulta «sindaco», lasciò la sua parte di beni Marza- fu capocomune di Villa Lagarina cioè procuratore). ni ai fratelli maschi; Margherita, e di sentimenti filoitaliani (duran- Domenico morì il 20 luglio 1830. nata il 24 febbraio 1766, che sposò te la prima guerra mondiale venne Aveva sposato Anna Tiefenthaler di Lorenzo Romani di Pomarolo, che internato a Katzenau) e il figlio di Pinzano (Pinzon), piccola frazione abitava sulla piazza del Pionte, questi Gino, avvocato, giornalista del comune di Montagna (Montan) nella casa proprio difronte alla sua; e, a sua volta, irredentista e pure sopra Egna (Neumarkt), che gli Giam Pietro, nato il 7 novembre appassionato di pittura, che morì a aveva dato dieci figli, morti quasi 1763, che morì celibe a 31 anni ed Trento nel 19648. tutti bambini. Giuseppe, nato il 10 ebbe probabilmente una certa per- ottobre 1810, morì a 21 anni. L’u- sonalità artistica nell’ambito della Il ramo di Pomarolo nica a raggiungere la maggiore età pittura, in quanto nei documenti è dalla possibile espansione fu Anna che si sposò con Giuseppe chiamato sempre «pitor». all’estinzione Dadò di Pomarolo. Dopo la morte Altro figlio di Domenico e fratello Il ramo Marzani di Pomarolo venne di Domenico, Anna Tiefenthaler si di Giam Pietro fu Domenico (Gio- continuato da Giuseppe (Spiri- risposò con Domenico Perghem, vanni), terzo consecutivo di questo dion), che era il figlio primoge- ma lasciò i beni di casa Marzani di nome in linea diretta, nato l’8 ago- nito di Domenico, essendo nato a proprietà del primo marito ai suoi sto 1762, che studiò medicina e nei Pomarolo, nella casa di Piazza del nipoti, figli di Giovanni. documenti è chiamato «chirurgo». Pionte, il 14 dicembre 1753. In vita Alla famiglia Marzani di Pomarolo Nella pratica fu un farmacista, e per si occupò della conduzione delle diede dunque continuità Giovan- poter esercitare detta professione si vaste proprietà di famiglia ed eser- ni, che aveva 3 anni in meno di trasferì a Villa Lagarina rilevando citò il commercio e la lavorazione Domenico, essendo nato a Poma- l’antica farmacia del paese di fron- del tabacco, un’attività che accom- rolo, nella casa di piazza del Pion- te al Santo Mont, all’epoca con- pagnò praticamente tutte le gene- te, il 18 febbraio 1790. Giovanni dotta dalla famiglia Vaena. L’atto razioni dei Marzani di Pomarolo viene definito nei documenti di di compravendita tra Domenico e fino al secolo scorso (Ilda, l’ulti- casa «molinaio» e «negoziante». Lasciata al fratello la lavorazione 92 Quaderni del Borgoantico 17

del tabacco, Giovanni si dedicò dai Marzani nel 1803, che alla sua dunque alla conduzione del molino morte passò alla Eccher, la quale che i Marzani possedevano in loca- alla morte del marito (10 agosto lità all’Antané, lungo il corso del 1910) la vendette alla famiglia torrente Valbona-Valsorda, oggi Vicentini (Nanìni) di Pomarolo, proprietà Tait, e del negozio che la cui appartiene ancora oggi. famiglia gestiva a piano terra della Nella sala al primo piano della casa casa sulla piazza di Pomarolo. Marzani di Pomarolo si conserva- Giovanni sposò Maria Fasanelli di no ancora oggi due ritratti ad olio Pomarolo che gli diede due femmi- di Pietro e della prima moglie Rosa ne: Caterina e Margherita, entram- Lorenzoni, sono opere (firmate e be accasatesi, a loro volta, con un datate 1879) di Leonardo Campo- Fasanelli di Pomarolo; e ben quat- chiesa (Feldkircher) (1823-1906), tro figli maschi che raggiunsero la un ottimo ritrattista originario di maggiore età: Domenico, Giovan- Fiera di Primiero, che qualche anno ni, Pietro e Giacomo. Per la prima dopo (1883) tornerà a Pomarolo volta nella storia dei Marzani di per eseguire dei lavori di restauro Leonardo Campochiesa: Ritratto di Pie- Pomarolo si prospettava la possi- ad un grande quadro dell’Ultima tro Marzani, olio su tela, 1879 (Pomarolo, bilità per la famiglia di ramificarsi cena conservato nella chiesa di S. collezione privata) notevolmente. Non fu così. Cristoforo. Giovanni, nato il 19 luglio 1825, La famiglia Marzani di Pomarolo che si chiamava come il padre ed ebbe continuità grazie a Dome- era «mercante», sposò Anna Maria nico, figlio primogenito di Gio- Scarperi di Ala, dalla quale ebbe vanni, che nacque nella casa sulla tre femmine: Antonia (1859) spo- piazza del Pionte il 19 settembre stasi con Pietro Rigotti di Pader- 1824. Domenico si sposò con Elisa gnone, Ersilia (1865) moglie di Romani di Pomarolo dalla quale Luigi Coser di Pomarolo ed Emma ebbe due figlie: Maria (1856) che (1867) che intraprese gli studi e sposò Fabiano Pedrotti di Poma- divenne maestra di scuola, e come rolo e Margherita che si coniugò tale rimase nubile; ed un figlio con Giuseppe Tartarotti sempre di maschio Pietro, detto Pierìm, questo paese; ed un figlio maschio nato il 2 giugno 1871, che diven- Giuseppe, nato il 26 gennaio ne impiegato contabile, ma rimase 1858, che sposò Colomba Baldo di celibe (morì a Pomarolo il 18 mag- Pomarolo. gio 1928). Giuseppe si occupò della condu- Leonardo Campochiesa: Ritratto di Rosa Giacomo, nato l’8 maggio 1830, zione delle campagne di proprietà Lorenzoni, olio su tela, 1879 (Pomarolo, sposò Rosa Fasanelli ed ebbe due Marzani, le quali, benché molto collezione privata) figlie femmine: Maria (detta Tere- diminuite in seguito alle varie sud- sa) che sposò Massimo Gasperotti, divisioni e compravendite, aveva- tembre 1889, che sposò Ida Gaspe- falegname di Pomarolo ed Erminia no ancora una certa consistenza; tra rotti (Molinèra) di Piazzo, dalla (o Emilia) che si maritò con Eva- queste, oltre al Casét comprato nel quale non ebbe figli; Gustavo, il risto Pedrotti di Savignano; ed un 1787, si ricordano il Feudo, situa- primogenito, nato il 25 dicembre figlio maschio Daniele, nato 19 ta sotto le case (mulino Zaffoni) di 1887, che si sposò con Livia Got- aprile 1866, «negoziante», morto Pomarolo e il Cabrùz o Revelìm, tardi di Pomarolo, ed ebbe tre figli: celibe a 40 anni. situato sulla collina soprastante la Ilda (1915), rimasta nubile; Carla Pietro, nato il 14 settembre 1827, contrada di Basiano, oggi proprietà (1925) sposatasi con Carlo Adami si sposò con Rosa Lorenzoni di Gasperotti (Pènci). di Pomarolo; Giuseppe, nato il 29 Ala, dalla quale non ebbe figli. Giuseppe ebbe due figlie femmi- aprile 1929, che continuò la condu- Rosa morì nel 1887 e Pietro, alla ne: Anna (1891), che si sposò con zione delle campagne di famiglia, bella età di 65 anni si risposò con Giuseppe Socrella, un ferroviere di abitando, assieme alla sorella Ilda Brigida Eccher di Calliano che Sacco (ma la sua famiglia era ori- nella casa sulla piazza del Pionte. aveva 22 anni in meno di lui e la ginaria dalla Val Badia) che dopo Rimase celibe e morì il 26gennaio quale gli diede anche una figlia: il matrimonio si trasferì a Bolzano; 2001. Carla era morta già nel 1996, Carmela (1895), che però morì Maria (1895) coniugatasi a Cortina così quando il 14 gennaio 2004 si dopo un mese. Pietro abitava nella d’Ampezzo con Antonio Savaris; e spense anche Ilda, la famiglia Mar- casa già dei de Chiusole, acquistata due maschi: Silvio, nato il 15 set- zani di Pomarolo si estinse. Quaderni del Borgoantico 17 93

Note questa professione a Giuseppe, venne stipula- famiglia Rinaldi discende appunto da Rinal- 1 Salvo diverso avviso, tutte le notizie sulla to il 28 dicembre 1727 dal notaio Francesco do, che essendo un figlio naturale non pote- famiglia Marzani di Pomarolo sono desunte Antonio Tartarotti di Pomarolo. va usare il cognome Lodron. Egli ricevette in pratica da quattro fonti: i (pochi) docu- 4 Le case della piazza del Piónt, come la gran in eredità dal padre una pezza di terra «sub menti dell’Archivio Marzani di Pomarolo; gli parte del paese di Pomarolo, erano soggette Cesoino» sulla quale i suoi discendenti, nei atti dei notai conservati presso l’Archivio di alla giurisdizione Fedrigazzi di Nomi, il cui primi decenni del Seicento, costruirono un Stato di Trento (Archivio Notarile, Giudizio vicario era all’epoca il dottore in legge Gian piccolo edificio, appunto il Casét. di Villa Lagarina) facilmente rintracciabili Antonio Chiusole di Chiusole. 7 Così ad esempio Nicola Artini in un saggio tramite il nome del notaio e la data dell’atto; 5 A Pomarolo, lungo il rio Valbone-Valsorda, dedicato a questo artista: Giuseppe Canoni- i registri parrocchiali delle parrocchie di Villa nella parte alta del paese, è stato attivo dalla ca: uno stuccatore ticinese a Rovereto nella Lagarina e, ovviamente, Pomarolo; l’opera a metà del ‘700 agli inizi del ‘900 un fól dai seconda metà del Settecento, in: Passaggi a stampa di Maria Beatrice Marzani Prosser: Il pani di proprietà dei Célva, una famiglia di nord-est. Gli stuccatori dei laghi lombardi teatro delle ombre. La famiglia Marzani in follatori originaria di Civezzano, emigrata tra arte, tecnica e restauro, Trento, 2011, pp. Vallagarina (e altrove) dal periodo Venezia- a Pomarolo proprio per esercitare quest’ar- 399-418. no all’inizio della Grande guerra, Rovereto, te. 8 La casa Marzani di Villa Lagarina, in cui si 2011. 6 I Rinaldi erano una famiglia di Pomarolo che trovava l a farmacia, è stata donata dagli eredi 2 Di Pietro è nota una figlia Maria Margherita, discendeva dal conte Alessandro Lodron, di Gino alla parrocchia di Villa Lagarina negli morta a 14 mesi a Savignano, nella casa della rettore delle chiese di Pomarolo e padre di anni ’80 del Novecento. In seguito è stata nutrice presso cui era stata messa. diversi figli naturali in quel paese. Alessan- acquistata dal comune che se ne è riservato 3 Il “pactum ad artem discendam” con il quale dro (morto nel 1555) era un ammiratore del la proprietà di una parte (oggi centro diurno Giovanni Battista Marzani si accordava con grande letterato Ludovico Ariosto, tanto che per anziani) trasferendo il rimanente edificio il «callegaro» Andrea Merighi di Noarna per- aveva dato ad alcuni dei suoi figli naturali i all’ITEA, che ne ha realizzato alcuni apparta- ché insegnasse (in casa Marzani a Pomarolo) nomi di Rinaldo, Orlando e Brandiamonte. La menti protetti. 94 Quaderni del Borgoantico 17

Due divertenti sceneggiate di Giambattista Azzolini che risalgono a due secoli fa

Francesco Laterza

EL RAFFREDDOR SEGN L’è dÈ quei Preti ampò [= tutta- ad avere un ricordo indelebile di LAMPANT DE AMICIZIA via], che a mi me pias, quelle mani pesanti. del Professor Don Tita Azzolim schietti, sinceri; Èn qualche com- Per quanto riguarda, invece, il da Rovrè - 1814 pagnia profilo psicologico e di pensie- MS.70.8.(19)-Biblioteca Civica di se i se trova, i sa far da galanto- ro dell’Azzolini, emerge anche di Rovereto meni qui la sua tendenza alla sincerità e Personaggi: el Giacom Fiumi; el e i tratta, no da Preti, ma da omeni schiettezza, il suo senso di amici- Bepo Negri; el Toni Galvagn; altri purché no i sia chiettini [= ipocriti] zia proiettata, ovviamente, anche personaggi, che no i parla. trombetti [= chiacchieroni], colli in uno spirito di solidarietà convi- storti [= vanitosi], oppur de quei, viale e condivisa. L’unico atto di questa commedio- che a tutti quanti ’l sangue i zuzza- Emerge l’idealità dello stare insie- la (nel senso che è corta) si svolge ria [= gli succhierebbero] me, in allegria festosa, ma senza in sette scene, e gli attori parlanti per far bezzi [= soldi] con santa mai tradire il sentimento di frater- sono soltanto tre: il vecchio Gia- religion … nità e amicizia: mai cedere all’i- como Fiumi, che brontola conti- Se ’l fus de quei, vel zuro [= ve lo pocrisia, mai mettere in piazza nuamente e si mostra spigoloso, giuro] i segreti che si conoscono, mai rissoso e aggressivo, e poi le due che con en manganel i faria nart [= mostrare altezzosità o succhiare controfigure, che sono il medico li farei andare, li scaccerei] il sangue agli altri o approfittare Toni Galvagni e il Bepo Negri. e ‘n drio se i se voltes, della tonaca religiosa per pensare Questi due cercano un contatto vorria, che ‘nfim che i vive soltanto a fare soldi. bonario con il protagonista, sono en record de ste mam i ghe n’aves attenti alle parole che dicono, per [= avessero un bel ricordo di queste Già all’inizio della scena seconda, non urtarlo, ma quello, zio Giaco- mani]. Azzolini lascia che esploda libe- mo, esplode continuamente e non ramente la rozzezza scherzosa del la risparmia a nessuno. Questo passo mi sembra che abbia protagonista il quale, ai due che un’importanza fondamentale, non lo salutano reverenzialmente e gli Nella scena prima il sig. Giaco- solo all’interno dello sviluppo di chiedono come sta, risponde in mo riceve sotto al portico gli invi- questa commedia, ma anche per questo modo, di una libertà espres- tati, mano a mano che arrivano, poter penetrare nella psicologia di siva fuor di misura: e li indirizza ad andare sopra per Azzolini ed esplorare, così, alcuni il pranzo: per ognuno ha sempre degli aspetti fondamentali del suo Nol vedet, mostro de napolitam? parole ironiche, che rivolge con modo di pensare e di vivere la pro- Som chi, che fazzo for en baston- scioltezza e sfrontatezza, senza pria dimensione di prete. cel; peli sulla lingua. Quando accenna Per quanto riguarda la motivazio- e se mai fes bisogn, forsi ’l vegn ai due preti (fra cui c’è lo stesso ne interna all’opera, è chiaro che bom Azzolini), anche per loro è pronta qui comincia ad affiorare l’altro per dartelo sui corni una battutona: lato di zio Giacomo, quello serio, se ancora ti te torni che accetta ben volentieri a pran- a seccarme al to solit i cojoni. “Chi manca ades? I Preti tutti doi: zo in casa sua degli amici preti, Anca ti, sì, se occor, porco de asem quei no manca per guio! purché non siano di quelle risme de ‘n moliner, te sentirai l’ados. L’è bem tre ore, che i è chi. comuni dalle quali bisogna che Vardè bem tutti doi Fioi de porche de Preti co’ se tratta assolutamente si stia alla larga. che no ve nassa ancoi [= che non vi de magnar se i è pronti! Anzi, se fossero di quel tipo, egli accada ancora] El par, che mai no i gh’abbia da lo giura che li inseguirebbe con qualcossa, za’ savè, che no ve pensar, un manganello e, guai a loro se mazzo, che al bever, star allegri, e magnar. si girassero indietro!; ne pren- ma de sgrepparve no m’emporta ‘n derebbero di santa ragione, fino cazzo [= voi sapete bene che non vi Quaderni del Borgoantico 17 95

ammazzo, ma di rompervi la testa tro il quale entrava, senza alcuno quarta. Soprattutto i due, si preoc- non me ne importa nulla]. scandalo, tutto il frasario spigliato, cupano, a tavola, di mantenersi alla rapido e incontrollato del popolino, larga dallo zio Giacomo per evitare Dunque, siamo già nel vivo di un spesso scelto appositamente per il contagio, giacché il suo sfreddor linguaggio che, specialmente per- suscitare risate. Lo stesso Azzoli- ormai dovrebbe essere maturato ché adoperato da un sacerdote, ni, quando nel Vocabolario spiega abbastanza. farebbe rizzare i capelli a qualche la parola encarognar, cita alcuni E qui si innesta un’altra di quelle benpensante poco abituato alle versi del Vescovo Lorenzo Azzo- iperbole che caratterizzano questo stilizzazioni dell’arte. Noi, infatti, lini, o Azzolino (nato a Fermo il parlare della quotidianità amicale. dobbiamo saper cogliere queste 1583 e morto a Roma il 1632), il Il Negri avverte che Giacomo ha espressioni dell’Azzolini, proprio quale, dovendo fare “satira contro già dato due o tre soffiate al naso, perché realistiche, provenienti la lussuria”, non risparmia affatto tali che, anche se ci fosse un riparo per davvero dal gergo popolare di le parole grosse, che ormai erano di non so quanti sacchi di semola allora, così incline allo scherzo. il giusto companatico nella moda o di crusca, sarebbero stati sposta- Dobbiamo saper guardare dietro a letteraria: “Sappi - dice il Monsi- ti via, proprio come con una sof- queste forme di gergalità contadi- gnore - che lo mio Giove impazza fiata di vento va via una piuma. nesca. Questa esagerazione verba- e ferve / nelle tresche d’amore, e Le stesse pale del filatoio grande le, infatti, era tipica dei contadini s’incarogna / infin con le p… [= del Fedrigotti, anche se spinte da e veniva usata certamente, non per puttane] e colle serve”. tutta quanta l’acqua del Leno, non esprimere inimicizie, ma invece andrebbero così veloci come inve- per sottolineare la confidenzialità Nel soliloquio abbastanza lungo ce si muoverebbero se a dare la amichevole delle relazioni sociali. della scena terza dice Giacomo spinta fosse una soffiata di naso di In questo contesto teatrale-artisti- Fiumi del Negri e dell’altro com- zio Giacomo. co, poi, questo particolare tipo di pare: linguaggio serve allo scopo princi- … Che meraviglioso teatro comico! pale di far ridere il pubblico, anzi El fa ’l so brao ‘nteres, che za ’l Veramente straordinario, a mio a spingerlo, se possibile, a scom- ghe vede, parere, con quel riferimento topo- pisciarsi di risate, e rimanere così e ’l buzera anca quei, che manc sel grafico realistico al fiumicello in allegria. crede. roveretano, alla forza energetica Le cosiddette volgarità, insomma, Quell’asem po de quel Galvagn, dell’acqua corrente, e al filatoio servono a mantenere l’intonazione per dio, più grande della cittadina, che era comica, e, comunque, sono colte l’è ‘n gran mostro anca quel: con quello dei Fedrigotti! realisticamente dal linguaggio par- quattro ciaccole [= chiacchiere] lato della gente comune, per lo più el fa tut quel che ’l vol: el g’ha na La scena quinta, abbastanza lunga bontempona, di allora. bocca rispetto alle altre, si svolge giù per che ’l par la bocca dell’inferno, e le scale dove intanto è ritornato il Gli eccessi della stilizzazione drento signor Giacomo. comica fanno il resto, allo scopo de quel dent che ghe manca, ghe Pur mantenendosi l’intonazione precipuo di tirare fuori risate su naria [= gli entrerebbe] esagerata e quasi aggressiva del risate dai lettori/spettatori. t’um colp tutti gli gnocchi de San protagonista, cominciano qui ad Gli epiteti sono quelli correnti per Zem inserirsi dei temi abbastanza seri, corrispondere, in fondo, in amici- e l’è ancor poc… come quello dell’agricoltura e della zia e scherzosità agli amici. Alme- necessità di avere cura dei beni no! allora era così! Poi, ad un tratto, riaffiora improv- patrimoniali. Ma il chiacchiericcio Sei un asino; figlio di baldracca; viso l’accenno al raffreddore prende poi altri spunti, come quello hai abbastanza corna, e così di da cui è stato colto zio Giacomo: intorno al matrimonio e alla ricer- seguito, sono espressioni che in … me sento ’l nas strappa’, ca della donna giusta, sino a ripie- questo contesto di teatralità visce- che g’ho propi ‘n freddor fiol de na gare sulle considerazioni riguardo rale non solo bisogna accettare, ma porca alla vecchiaia. Il Galvagni si lascia tenerle anche nella debita conside- e no pos far de manc de tabaccar. sfuggire: … Ah se ’l podes / deven- razione, sicuri di avere di fronte un Chi sa che forsi i altri no i sia su tar el zio Giacom come mi, / piem vero scrittore, un artista di calibro. alt? de creanza, sam, robust, e bel, che Non dimentichiamo che già nel Vago anca mi ‘n t’un salt. Vo’ di gust che ’l gh’avaria … Ma l’altro, Cinquecento Francesco Berni sopra. prontamente: … Mi som vecchio, aveva inaugurato un genere let- l’è vera, ma ten dago [= te ne do di terario nuovo, che proprio da lui Il tema del raffreddore, ormai pre- santa ragione] / trenta e ‘n fal, se te prese il nome di Bernesco, den- dominante, occupa tutta la scena voi zugar con mi / a che zoc te voi: 96 Quaderni del Borgoantico 17

va là, va là, / metti le pive ‘n sac Ormai il discorso è in regressione tutto, nel 1820 era troppo presto per carità. distensiva, perché siamo pervenuti perché cominciasse a insorgere la ai segni evidenti della quotidiani- preoccupazione per i cospicui anni Dalla scena sesta sino alla fine scat- tà, con la sua consueta routine. In avanzati di Don Turrati. ta poi un passaggio fondamentale, fondo, questa è la vita - sembra tipico della scrittura azzoliniana, una suggerire Azzolini -: si lavora, si I personaggi di questa commedio- svolta tematica che spinge a cogliere mangia e si cerca di fare ogni cosa la in versi sono più di dieci, senza una morale, delle indicazioni di vita, tutti insieme, con spirito di solida- considerare i gendarmi che soprag- insomma un messaggio. rietà, a volte in allegria, ma sempre giungono nel finale. La loro gra- Zio Giacomo tende sempre più ad in amicizia sincera e leale. duale comparsa in scena accentua ammorbidirsi, inclinando il discor- Si giunge persino all’imbraccio il panico e lo scompiglio di quella so sul raffreddore che sembra per- l’uno dell’altro, ed è proprio così, notte furibonda. Tutto si basa su un seguitarlo, ma che, d’altro canto, strettamente riuniti anche fisica- banale equivoco, e ogni personag- diventa l’occasione per attirare su mente, che i tre escono di scena. gio accorre, come può, davanti alla di sè comprensione e cementare Ma zio Giacomo, nonostante tutto, porta del cacatoio, nel luogo in cui ancora di più l’amicizia. non rinunzia ad offrirci l’ulti- si sarebbero introdotti dei ladri (per Anche gli altri due, dal loro canto, mo guizzo di risata: “Sì, sì, som la verità, inesistenti!) che la serva si fanno a mano a mano più docili. content. / Ma nente [= andiamo], dice di aver visto. L’intreccio è di Il Negri: Ancor sem chi anca noi, ma fioi de porche; che ‘n campagna / quelli della tradizione comica plau- da boni fradei. Il Galvagni: Nevem se no se gh’è, tut quel che gh’è se tina e la diversa caratterizzazione giust chiaccoland de raffreddori. E magna”. dei personaggi viene sottolineata zio Giacomo raccomanda loro di “El g’ha resom: - ribatte il Negri - anche in alcune note identificative andare da un medico, di non sotto- evviva, / evviva ’l Sior Zio Giacom, che l’autore pone a piè di pagina, valutare questa malattia, perché ce / che trecent’anni ’l viva”. indicandole con asterisco. n’è una tipologia di grande varietà, Si chiude, così, il sipario, con que- Di qui emerge che Don Zuam è e che ognuno dei tipi richiede rime- ste parole augurative del Negri. il prete di Mori Don Giovanni di specifici e particolari. Chizzola, detto Fratom, il quale Così, è ben avviato il secondo * * * ha paura persino della sua stessa tempo della farsa, quello della ombra. Margarina è sorella del riconciliazione fraterna, della soli- GUERRA AL CAGAOR DEL famigeratissimo defunto Dome- darietà, della preminenza del senso SIOR LUTTERI nico Host, e insieme con un altra di umanità riappacificata. sonet co na longa coa del sorella abita proprio in Casa Lut- Qui, oltre all’approccio, anche il Professor Don Giò Batta Azzolini teri. Angela Torella è la moglie di linguaggio si muta. da Roveredo. 1820 Giuseppe Lutteri. Poi c’è il sig. È diventato distensivo, pacato, Giorgio Tambosi con sua moglie molto meno buggerone. Sembra MS.5.30.(11)-Biblioteca Civica di Teresina, Quintilio Fiumi con la quasi che dalla commedia alla Plau- Rovereto moglie Nannale, e Caterina (detta to si voglia passare improvvisa- Sulla scia del filone comico-reali- “zia Nina”) la religiosissima sorel- mente adesso a quella terenziana, la stico abbiamo un’altra riuscitissi- la dei fratelli Fiumi. Lucia Tomaz- quale certamente è più congeniale ma opera dell’Azzolini, che è tutta zoli è “l’antica e fedelissima serva della prima per un sacerdote/ imbastita sulla comicità, in assenza dei Fiumi… strettissima di naso, e insegnante che si trovi impegnato di altra motivazione, all’infuori di guai a chi glielo avesse detto!”. a scrivere una commedia. una breve morale conclusiva. Giacomo Fiumi è il simpaticissimo Si tratta, appunto della “Guerra al zio Giacomo che abbiamo incontrato “Oh - comincia il Negri - per ades cagaor del sior Lutteri”, composta nella farsa precedente. Costui “nella lassente ste questioni, / za sa ognun una ventina di anni prima rispetto passate guerre - dice qui in nota che ’l zio Giacom l’è ‘n bom om … ai tre “Sega la vecchia”, di cui Azzolini - fu Capitano dei così detti / E l’è per quest, che ’l raffreddor abbiamo già scritto la volta scorsa. Bersaglieri, e, fatto prigione, per- en lu / l’è propi d’amecizia ‘n vero Nella Guerra al cagaor, il domi- dette tutto / e gli si diceva anche che endizi / Ai so sinceri amici, / allora nio della comicità sembra assoluto, avesse perso… / e su ciò si celiava lu ’l ghe dà ‘nfim la camisa / e ’l anche se non manca poi un brevis- con lui, ed ei s’indispettiva, e talora se torria ’l magnar fora de bocca / simo finale di ordine morale, come anche more suum bestemmiava”. per darlo ai altri; e se ghe fus per- dicevo prima. mes / el faria propi istes / come che Bisogna considerare che è assente Le scene si svolgono in casa del fa i colombi / che la roba i se cerca però il motivo occasionale della signor Lutteri, più precisamen- la pu bona, / e per amor tra lori i iteratività di una festa come quella te presso il cacatoio di famiglia, se imboccona”. della Mezza Quaresima, e, soprat- e tutti i piccoli episodi, esposti in Quaderni del Borgoantico 17 97

successione serrata, si basano su Sciolto dunque l’equivoco, la serva posso, con il suo schioppo a due un grosso equivoco, anzi sul caso ribatte il concetto, che ha visto canne, nel vano tentativo di snidare fortuito che viene meglio spiegato un’ombra passare e dirigersi verso il misterioso ladro. alla fine, e cioè: quando l’ultima il cacatoio. Si decide, poi, di mandare qualcu- persona è uscita dal cesso, ha dato Ben presto entrano in scena altri no a chiamare la forza pubblica, i un colpo per chiudere lo sportello personaggi della casa a movimen- soldati. Ci va il Beppele ed è velo- e a tal colpo l’uncino è caduto da tare ancora di più la rappresenta- ce. Gli altri, intanto, restano tutti solo, andando ad infilarsi proprio zione. attenti per vedere se mai spunti il nell’occhietto. Una combinazione Uno di questi sfida baldanzoso masnadiero, per sparargli magari assolutamente fortuita, dunque, il presunto ladro, che tutti credo- in mezzo ai denti. che comunque ha determinato un no ormai rinchiuso nel gabinetto: accadimento di forza maggiore, “Temerario! Chi sei? Qual traco- La Nannele, moglie del sig. Quin- quasi inspiegabile, e così il gabi- tanza / di chiuderti colà? Se in tal tilio Fiumi, netto si è chiuso automaticamente, baldanza / fior di senno t’avanza, / “smarria, poeretta, anc ella la s’è proprio da dentro. esci fellon; ti penti del disegno / e il cazzaa zo intro la camesella / La commedia (ché di questo si trat- mio perdon vedrai giunger a segno e come na sardella ta!) si apre con il padrone di casa …”. encuzzolaa tra ’l mur, e l’us de che cerca di allertare gli altri che si Queste parole non fanno altro che sbiec trovano a dormire. richiamare le altre persone e farle la steva pur vardand fora da ‘n Li chiama, che si sveglino subito, uscire decisamente dal letto, e dalle sbrec che si sbrighino per carità e che stanze. Tutti accorrono in massa, se qualche schiop fes crec”. accorrano “ben provvisti”, perché spaventati. Ma, ogni movimento e ogni paro- un ladro, ma forse due, si sono Chi prende uno schioppo, chi uno la nell’assedio diventano inutili. chiusi nel Comod [= gabinetto]. spadone, ma zio Giacomo arriva Tutto tempo perso, e “mo mai vegn A vederli è stata la serva, che, tutta scalzo e in mutande. Per quante sti soldai alla difesa / per intimar smarrita “la diseva piam piam: ne fanno e ne dicono, affollandosi al Cagaor la Resa / e gh’era la Gesumaria! / Chi mai è passa’ sulla porta del gabinetto, il presun- Teresa / alla finestra per spiar co via?”. E intanto costei, “spettoraa, to ladro nascosto non si risolve mai i vegn / per darghe subit a sti altri senza veste, né grembial”, treman- ad uscire fuori. ’l segn / con secretezza e ‘nzegn”. do di paura, era andata nelle stanze L’assedio, naturalmente, è contor- di sopra a svegliare Don Giovan- nato di inutili eccitazioni contro il Ma intanto la zia Nina, religiosissi- ni (un sacerdote) e il suo padrone nemico: ma, si preoccupa di ben altro! (cioè Lutteri), sperando che alme- “Sì, spont for, canaja, re dei matti “La zia Nina, che ha fat tutta la no uno di loro riuscisse a sentirla. che mi te ‘nsegnarò propi coi fatti sera de che mes che nasce i gatti. da guardiana, da spia, da portenera Prima batte pian pianino. Anca Don Zuam el salta for dal let Oh quant ades la era “Ma ohibò! donc, tac tac la batte e ’l mette su tant prest braghe e agitaa, tormentaa dalla paura ancora corpet che no i copès el ladro, e ‘n sepol- un poc pu fort; e dopo ‘n bom quart che ’l pareva ’l follet; tura d’ora all’orba [= al buio, alla cieca] no nes sta creatura i se desmisciò fora, ‘ntorno ‘ntorno ’l va ruscand e l’animo lo nes forsi all’inferno!”. e i ciga: chi èl? … La serva dis: de chi e de lì mezz desperà cercand Som mi … soppiand e brontoland …”. Insomma, lo spavento, l’agitazione Don Zuam ghe dis allora sbalordì: e l’ansia sembrano non avere fine che volÈ su da chi? Il parapiglia continua, entrano in in quella notte tremenda. Che penseri ve vegn? Savé anca scena altri personaggi, sveglia- Finalmente il picchetto è arrivato voi ti pure loro dal clamore inusuale. e i soldati si dispongono intrepidi che come maridai sem tutti doi, Una delle donne viene presa dallo presso il cesso, come in assetto di e che donca con noi spavento al punto tale che le scappa guerra. Danno colpi ripetuti sull’u- vu mo avÈ da far gnent. Allora offesa di fare la pipì, e la fa in una pigna- scio, ma l’uscio fa resistenza. al Pret la ghe dis drento la Teresa tella, che si trovava poco distante, Ciascuno è pronto con la propria Lu ’l tenda alla so Chiesa, dimenticata lì la sera precedente. baionetta, anche zio Giacomo con e ’l Sior anc lu che ’l tenda a so lo spadone, ma il ladro non si deci- Mojer Naturalmente, affluiscono sul de mai ad aprire quella benedetta che grazie a Dio no g’ho nessun posto anche personaggi coraggio- porta! penser si o presunti tali, come il Tambosi, Prendono, così, la decisione estre- e za so ’l mio dover”. che corre di qua e di là a più non ma di sfondarla, e ci mettono ognu- 98 Quaderni del Borgoantico 17

no la sua forza. La porta va giù e Ormai giunti verso il finale, il Nostro che um el scappa / per la canna tutti, in massa, si ficcano dentro Azzolini sposta l’attenzione su Don del Comod: donc ’l chiappa / en per afferrare il criminale, ma non Giovanni, eccessivamente pauro- maneg de na zappa / e sficcona lo trovano. so, che al primo urto dei soldati pur zo! che se per sort / ghe fus Provano anche ad alzare il tombino sulla porta del cacatoio per la paura sta’ mfognà ’l ladro, o drit o stort / del cacatoio, aveva fatto uno scorreggione, poi era cert el resteva mort; / bom che nol “che su la tramandeva ‘n tal per- inciampato e poi ancora era andato gh’era …”. fum alla ricerca di un posto sicuro “da da stofegar chi fus lì arent ognum; nar colla prudenza a salvament”. Il concerto comico, festoso e stra- basta dir che lo lum Il medesimo, quando poi si accor- vagante del poemetto sul Cagaor s’è smorzà dal fetor, chè quella ge che tutti sono allegri per lo è veramente uno spasso di epicità sera scampato pericolo, anzi per le ras- al rovescio. per lo gran mutaziom en tal vent sicurazioni intervenute sulla ine- Ma, a conclusione, viene fuori la gh’era sistenza stessa del pericolo, allora morale, anzi, piuttosto una stoc- che ’l pareva alla ciera “mostrand gran coraggio, ’l salta cata, che è questa: in casi del che del mondo la fim propi vegnis for / per dir che del pericol ghe genere, prima di suscitare una e che ‘nrabbiaa voles el Paradis n’è ancor; perché ‘n t’el so timor baraonda notturna, sarà meglio far del mondo n’abis”. / gh’è vegnù ‘n ment che è facil rifletterci un pochettino sopra! Quaderni del Borgoantico 17 99

Pari opportunità

Lia Cinà

Premessa ghe sei-el dis el Frànzele, méteghe quatro zate come tute le càore, Volevo dire qualche parola su que- dentro anca el rèst Arcadio, perché sacranom! – Si, te g’ài resom – el sta farsa che ho scritto qualche te lassi la strózzega fim a casa pèzo dis l’Arcadio – ma la me Bianchi- anno fa. La scelta del dialetto è de ‘n cavróm. – Eh sacratàifel, en na l’era n’orfanela, gh’era mort so scaturita dal ricordo della nostra po’ de camerèl o de profumo natu- mare apena nata e mi me l’ò svez- società contadina, dove vivevano rale de campagna l’è sam, no è mai zada come na popéta col ciucio e ‘l braccianti, muratori, faméi e qual- mort nessum. – Senti Arcadio, sóm biberom, la me vèm drìo dapertut, che buontempone. el to compare, làssete dir che se poreta! – Ma sempre càora l’è bene- “Sti àni”, pur nella miseria, soprav- fim adèss che te ài passà i quaranta deto òm. Te sei scarsòt de pecunia viveva una socialità ed un altrui- no te à volèst nessum, el sarà per e de done, forsi anca de zervèl, l’è smo alla buona, nonché “quel saver qualcòs no? – Eh ùs-ce èlo perché ora che te vedi dassém na mastèla tut de tuti” a volte scomodo. spuzzo o perchè dormo co’ la Bian- e ‘n chilo de saóm. Tìrete a lustro Ho cercato di rievocare le tradizio- ca? Poreta, l’è tanto bóna e cara, l’è fim, che domam compare, te fago ni, le abitudini e le scenette ironi- mèio de la Gigia o de la Cati e la da sensàl. Te porto mi da ‘n par de co-satiriche o buffe che ci parlava- tase sempre. – Ah, de sicur no gh’è manze da marì. – Ma mi no so, - no “de quel che na volta gh’era”. paragóm con quele slenguazzóne el dis l’Arcadio – no gò sterléra, Dialetto del nostro territorio quin- – el dis el Frànzele. – Una, el par cossa g’ònte da far? Vardàrghe en di, che non deva andar perduto, che la gàbia na gòba e i denti da boca se le gà i denti storti o se le perché radice, lingue dei padri, caval, ma anca dei bei schèi e so fa lat? No, no scherzo sat! – Ti tasi della famiglia, degli affetti e della pare el te la darìa volintera ensieme sempre tontolóm – el dis el Franz, memoria. ai filari longhi e a quel po-po’ de te presento mi, che le done le fa In quest’epoca di globalizzazione il roba che la gà. – Cossa ‘nténdet per lat, sol quando le compra pòpi, tasi dialetto ha subito molte trasforma- quel po-po’ de roba – el dis l’Arca- sempre o te slongo su le vigne. – zioni soprattutto con la scomparsa dio – quel dal davanti enténdet el El dì dopo l’Arcadio, lustro come di molti arnesi del lavoro legati al davanzal? – Ma valà cuco, la stala, ‘n pom, co’ le braghe de so pare, mondo agricolo. le vache, el car, i bói e la campagna tegnùe sempre stirade soto ‘l mate- Dialetto in evoluzione e trasfor- che ‘l ghe lasserìa so pare quando rass per le grande ocasiòm, e na mazione ma anche mondo di cul- el stinca zó le gambe! – Si capisso, gabana streta sula panza e la sbòza tura e conoscenza del passato, da ma chissà quando el sarà e ‘ntant mèza averta, el se trova col Franz difendere come collante, coscienza laorerìa come ‘n mul a so casa. – Ah a la fontana. – Vèi compare che e appartenenza a un territorio e alla zerto – el dis el Franz – però me par te presento en par de signorine. – sua comunità. de capir che con quei che gà le zate, G’ònte da pagar qualcòs? – el dis te vai pitòst d’acordo ti. – Sa vót l’Arcadio. – Ma si, ném a l’osteria Prima parte dir – el dis l’Arcadio. – Digo che de la Neni, bevém en biceròt, te - Orponóm- el dis l’Arcadio-ò pestà l’è ora de sveliarte, zérchete el tòch paghi ti, tant per far véder che no te ‘nté na boàzza, cossì ‘mparo a nar de dona, magari la Gisela stralòcia, sei senza schèi, cossì tra do ciàcere col nas per aria. Bèm, bèm i dis che quando la te varda parlando dei e ‘n cafè, te te fai l’idea de quala che la porta schèi e mi ghe n’ave- pomi da coìr, la varda en le vérze. te pias de pù. – Tói ma quante èle ria pròpi de bisògn.- Ciao Arcadio, L’è bem vera che i lo ciàma stra- ste putèle- el dis l’Arcadio. - Le è còssa fat, te lùstret i scarponi co’ bismo de Venere e che de not l’è sol doe, ma no sta averghe paura, l’erba?- Ah si, a volte l’è mèio de la sempre stróf; te poderessi tórla e zerca pitòst de saver se le gà beni al sónza, caro Frànzele.- Sarà come te serar ‘n òcio, anca doi, vardando sol. – Va bém, ma gò na tremarela, disi, ma la crema che te riva fim ai dessigual le so sostanze. Ensoma sa ghe conta? – Contéghe le coste, calzòti, la me gà tant del córi-córi bìnela a um, rachia o stralòcia, bela baùco! Dighe che la te pias, che la è de na vaca e te spuzzi de boàzza.- o bruta, siora o poreta, ma piàntela bela, che te farìa piazzer conósserla Valà? Alora forsi l’è mèio che méta de farte scaldar i péi dala Bianca, bém… ensóma envéntete qualcòs. le gambe en la fontana. – Za che te anca se la è molesina la gà en difèt: – E a l’altra sa ghe diga? – el dis 100 Quaderni del Borgoantico 17

l’Arcadio, - le stesse robe? – si, si, grassa pù granda dela val, che vorìa le scuse per no far gnént? – Dopo ma no el stéss dì, magari domam, te dir tante vache, campagna e tut el che ò fat erba per i cunèi, el pastóm ‘n porti una drìo a ‘n zesóm, senza rèst, no propi no, pitòst resto zitèlo. dele galine e taià su legna, éla la esagerar, faghe la corte e po’ deci- – E sfoderando en bèl soriso el gà diss che no fago gnént. Te vores- di. – Va bém ò capì tut, ma se le me dit: - non si preoccupi signorina, i si méterme la scóa entél dedrìo piaséss tute doe, o se me piaséss bimbi sono così carini, mi piaccio- scometo, cossì entant che laoro, la seconda, sa faga co’ la prima? no tanto, però per en pezzòt devo spazzo anca la cusina. – Séntelo – Scriveghe dugo, che te la tegni starghe a la larga fim che ‘l dotor el pòro martire enfin dei conti no de riserva? – No, vara che scherzo, no ‘l me darà la risposta dei esami, te domandevo miga de laorar tut su ste robe bisògn esser seri, dighe spero de no averghe la tubercolosi el dopodisnàr, vedo che i to tempi che te dispias tant, ma che no te dopo tanta toss! – Ohh… no ‘l se per nar a l’osteria te i trovi lostéss; sei pront. – A far còssa Franz, no preocupa, - la dis la Minca – m’è l’è quei per vegnir de volta che no sta parlar diffizil che za me la fago vegnuto in mente che ò desmente- te trovi mai. – Ahh si è… e cossa soto da l’agitazióm. Cossì, dopo gato el minestróm sul fóch, devo dovéria vegnir a far, forsi ’n altro do ore de sé e de ma, i va a l’o- scapar! – Cossì l’Arcadio el tira misteròt prima de zéna? – Séntelo, steria de la Neni ma le putèle no en sospiróm de solievo, el varda el séntelo, le baggianàe che el diss, le gh’è. – Us-ce – el dis l’Arcadio, compare e po’ deciso el va al taolìm te me ài propi spoetizzàa, te sei - me sóm desmentegà na ròba… en fónt a l’osteria, ‘ndó speteva come tuti i òmeni, valà. Magnà vago de volta. – Senti Arcadio, no l’altra signorina e per abituarse a via el dolz dei primi ani de matri- sta far scherzi da prete, no sta far l’incontro, col soriso fim a le récie moni, resta sol l’amar. Endó è finì el torobét, vei chi zucóm, no sta el prova a svergolar i òci come quei le paroline bele, el mazz de fiori portar pégola prima de aver vist la de la Gisela. – Bongiorno signori- anca de campagna (me contentevo merce, te vedrai che le signorine le na Gisela, sento che qualcòs già de poch), adèss te me porteressi en vèm, come tute le done le se fa spe- ci avvicina, per dalbóm, sento na mazz de ortighe se no fuss che te tar. Entant bevém en góz de vim. simpatia unica per éla, penso che te spónzi a binarle su! – Senti en – L’Arcadio da l’agitaziom el fa na gavém tanto da dirne, noi doi, ne po’ belatemestómeghi, mòchela lì resta de teroldech, e po’ n’altra per varderem serenamente nei òci, za veh! – La mòco se te vai a giustar calmarse. – Oh, bongiorno signo- i vedo come due grandi laghi pro- quele do scàndole del cuèrt, che rina – el dis el Franz – ghe presen- fondi endó tufarme. – Entant che stanòt me sa che vèm da piover. – to el me amico. – Bo,..bongiorno el penseva: - spero de no negarme, No vago a giustar en bel gnént; ò signorina, bévela en cafè? – el dis stavolta me buto, la tógo, casa, dit che vago a far en trisèt e basta! l’Arcadio. – No, mi voi el gelato, el campagna e tut, la tógo, bruta – Benom, benom, el se comoda pur gelato,- el dis en smargelóm de zin- e pelosa come en bào, - védela, donmelagòdo, che quando el vèm que ani tacà a le còtole de so mare. signorina Gisela, za me vedo sentà de volta, vedrem chì che se gode – Chi èlo quel maleducato – el dis sul canapè a farghe compagnia. – de pu. – Sa vorésset dir? – Voi dir l’Arcadio, - no ‘l finìs de dirlo, Entant che el penseva: - la tógo, che quando te vegnirai de volta, che ghe riva na peàda ‘ntéi stinchi, la tógo, za me vedo sdravacà sul no te me trovi de sicur a scaldar- da lassarlo stralunà. – Voi el gela- canapè a vardar la televisiom, éla te la minestra o a farte le moine. to, voi el gelato, - el dis el bòcia, en vestalia e zopèle, mi, en mudan- – Magari, Gisela, magari! – No tiràndoghe la gabana.L’Arcadio el de e zavate, sarà come esser en sta pensar quel che te pensi, caro pensa: - Chi èlo sto mostro, - entant libertà condizionata, ma pazienza, el me remengo. No te darò mai la che ‘l palpa en le scarsèle per veder tanto va la gata al lardo che la ghe sodisfaziom de nar via de casa; l’è se ‘l gà abastanza soldi da pagar lassa el zampim o mèio en te sto mia la casa, l’era quela dei méi, e en gelato a la belva. La mare de caso, mam e péi, a qualcos bisògn mia la resterà; ti te sei vegnù sol a la belva entant, sfoderando i denti rinunziar! – Fato sta che dopo qual- tacar su el capèl e basta! – Ah, ah… da cavala, la ghe dis: - me scuso, che àm, la luna de mél a forza de ciàmeghe casa ti, l’è na bicòca, na me scuso per el me Tonino, piacere lecar l’è deventada amara, come na spelonca, na baraca, en rudere… sóm la Minca e ti bruto birbante va luna a sete bèchi, e i nostri sposini, no so gnanca mi cossa che l’è ma lì en te ‘n cantóm per castigo, che um falòpa e l’altra répega, no i per- l’è meio el stalòt del porzèl, o la la mama la gà da parlar. – L’Arca- deva l’ocasióm de cantàrsele tuti i stala dele càore! – Benissimo, caro dio la za magnà la fóia, el brónto- dì de santa resóm. Arcadio, ma sempre mia la è; de la qualcòss e dessiguàl pu svelto tuo no gh’è gnént chì. – E chì te de ‘n computer el pensa: - bruta Seconda parte te sbagli, cara Gisela, cara moglie pantegàna da le gambe storte, te - Ma va a farte benedir bruta sbe- mia! – Moier en corno! L’è mési voressi sgnacarme su anca na belva tegazza! – E ti va per lumazzi, che no te me tóchi gnanca con en da guernàr, no te me cuchi miga, lumacóm! – Possibil che quando te de; e zerti diritti e doveri i è scadùi gnanca se te gavessi la busa dela digo de far en misteròt, te trovi tute da ’n pèzz me par. – Per forza, vót Quaderni del Borgoantico 17 101

che vegna en lèt co na damigiana? fai, te digo sol che per ”diritto delle entant che ’l stéva per endromen- E per de pu piena de asédo? – Ah pari opportunità”, la metà de tut zarse, el sente en baso sula guan- si, e mi vót che faga le mignògno- quel che gavem la me spèta a mì, cia. – Sét ti Gisela? Oh Dio, Gisela, le a en botesóm de vim aspro che at capì, la metà de tut! – Oh, oh, en baso te… te me dai? Varda… no torna da l’osteria sempre pu tardi? questa l’è propi bèla, chi disprez- ’l merito gnanca, el so che som sta – Vegno quando me par e piass. – za compera, eh? Prima l’era na catif, g’ò pensà su a l’osteria, sat, El se comoda pur, viveur dei me bicòca, na baraca, en sgrèbem en e me som dit che… che no l’era stivai, pipistrèl notàmbul, falòpa zima al mondo e adèss l’è deventàa possibil che… che te me bu… e pure lumazz cornuto!! – A chìe, na règia da come te ’n parli. – Sat butessi en mèzz a la strada… si, si cornuto, a chìe?… - A chì che me sa che te digo, che no te sei altro cara, bàseme ancora, ma dime, me par, bìgol! – Ahhh som anca en che en taccagn enteressà, tacà a la perdónet? Prometo de… de no far bìgol, eh, còt o cruf? – En mòsa, roba dei altri, però. – A mi no me pu tardi, sat, e de giustarte domam Arcadio, en mòsa. – Cossa? Adèss, par, sat? En fin dei conti g’ò mess el cuèrt, prima che vègna inverno, te ofendi en po de massa, me par; del mio; ò fat la sparmezèra en la e dopo, e dopo ri… rifago el stalòt che ne sat ti de bìgoi, ah, che no camereta per i popi, anca se dopo del porzèl che ’l ghe n’à de bisogn, t’à tolta su nessun? – Se vede che no ne è vegnù, ò giustà el cuèrt, el te prometo de… si, si, tesoro, ma qualcoss ne so anca mì, caro mio. pontesèl e ò comprà el mobilio. – basta basàrme; anca le gatizzole ai – Ma fame rider che l’unica braga Mobilio eh, te ghe ciàmi cossì a do péi, adèss te me fai, oh sacrato, che che te ài vist l’è quela de quel por lèti, n’armar de seconda mam? – bèl. Coss’elo en nuovo tipo de per- gramaz del postim, en te sto posto Anca do comodini se l’è per quel, versione? Si, si, continua che me desmentegà anca dal diàol! Cavolo e po el tàol, le careghe, en mucio piass tant, ma dime me perdónet? en pòr òm come el postim che vèm de altre robe per la casa come Ma varda, no te conosso pu, tute fin quassù, sudà e strach mort… l’orèl, el ciapamosche, la gratarola ste robe… ma me perdónet? Te no te vorai miga dirme che ’l trova e… e… - Eh, eh … te te rampeghi g’ài resom a esser en pó rabiosòta anca la forza… de, de, gulp. A sui vedri, adèss; quant che te la fai però e a no parlarme, ma tuta sta meno che ’ntant che mi som zo longa, vecio, per do sbazzeghe! dediziom la me fa pensar che… per campagna a laorar come na Ma no gh’è problema, caro mio, se si cara, si, fame le gatìzzole anca bestia, no ’l trova el témp de pol- se tratta de spartir g’ò tut en testa, a le récie… si, si vèi chi, adèss, sarse, de rinfrescarse… e ti magari nei minimi particolari, mi. – Che che te fago veder mì… e … e… te ghe fai anca el cafè, te ghe ridi betònega, che te sei, n’arpìa su tut, no parlénte pù de bìgoi, at capì? con quei denti da cavra, e dopo… anca i conti en testa, te g’ài, gh’e- – La matina dopo, prima ancor de e dopo… dime en po, bruta ziveta, ra da spetarselo da una come ti, ad averzer i òci, l’Arcadio el sente en èlo cossì che va le robe?? – Mi no ogni modo som stuf agro de sentir- potente belato de protesta, l’averze g’ò gnént da dirte, gnanca se te me te e vago a l’osteria, tégnete la to i òci e ’l se vede davanti i corni torturi cóle pinze, at capì! – Aahh, roba e ciàvete! – Quando l’Arcadio del béch. – Oh bèla, ’ndó sónte questa po la vedrem, sbrindola, el torna endrìo, l’è nòt fonda e lù finì, come ònte fat a finir ’nté la anzi, sa digo, Circe che no te sei l’è embriach sténch che no ’l vede stala dele càore? – Fermo, fermo, ò altro, ma ricordete, che prima o gnanca la strada che ’l fa, el palpa dit, tìrete en là stupido de ’n béch, dopo vèm tut a gala, el diàol el fa i muri cóle mam e finalmente el ahia, ma porca la… fermete che le pignate ma no ’l le scuerze. – trova l’uss de casa, el va dentro pu vago fóra subit. Ahia, - L’Arcadio Le bóie lostéss – diss la Gisela. – piam che ’l pol co le mam davan- col cavróm che lo encorna e ghe Te la meti su sto tono? Alora l’è ti a lu per no sbater el nas, ma el córe drìo, el scapa fora descolz e propi grave la situaziom; alora per se ’nzampa en te na ròba mòla e en mudande dala stala en mèz al continuar quel discorso de prima, ’l finiss lónch tirént per tèra, ma cortil, senza capir cossa è suzzèst, cara moglie mia, te ricordo che a senza farse mal. – Orponóm, cre… po el va vers la casa e el se ferma a proposito de diriti, visto che sem credevo de coparme, stavolta, ma gnapa avèrta. – Ma porca miseria, sposai, tut quel che è tuo l’è deven- no me som fat gnént. Enfin dei coss’elo sta storia. – G’hè lì soto tà anca mio. – Ah adèss te vegni conti l’è na brava dona, la Gise- el pòrtech en bèla mostra, en lèt, sul bachetóm, caro marito, eh? la, si, si, l’è brava, la m’à méss en comodim, n’armar segà a metà, T’è vegnù en pipacul dela malo- el tapé en tèra perché no me faga mèzz tàol, na carega e po n’orèl, na ra, adèss che te pensi che poderìa mal. Sol che, che no g’ò la forza de gratarola en po de altre sbàzzeghe molarte per el postim? – No me tir… tirarme sul lèt; l’è meio che con en biliét: - E tanti saluti dale ’nteressa en corno de quel che te staga chì. – Dopo en moment propi pari opportunità! - 102 Quaderni del Borgoantico 17

Poesie

Lia Cinà Bezzi

La cuna

Desmentegàa da àni enté ’n solèr Ma i pòpi del cortil no i lo saéva vizìm al zél e ai nivi soto ’l cuèrt che a ’ndromenzarli alór gh’era na cuna stéva na pòra cuna empolveràa la remenéva i ’nsògni co le mame arént al lustro tondo de ’n bochér. na lipa ’nzucheràa e ’n po de luna.

Ghe pindoléva el vél tut enzaldì Pòra cunata lì desmentegàa sul légn encarolà de le fiancàe demò le stéle sente i to sangióti e sora ’l piz a tòchi destacà per dindolar adèss te spèti ’l vént ghe ricameva i dì le terlaìne. che a sera ’l zuga, ’l fis’cia e ’l fa slambròti.

La cuna la ’nsogneva nine nane lustre de stéle per cocolar i pòpi carezze e basi che fa serar i òci bagnàa ancor de lat e de pissàe.

La culla Dimenticata da anni sul solaio / vicina al cielo e ai nidi sotto il tet- / bagnata ancora di latte e di pipì. // Ma i bimbi del cortile non lo to, / c’era una povera culla impolverata / vicino alla luce tonda di sapevano / che ad addormentarli, allora, c’era una culla: / rime- un abbaino. // Dondolava un velo tutto ingiallito /sul legno tarlato scolava i sogni con le mamme, / un panno inzuccherato e un poco delle fiancate / e sopra il pizzo a brandelli staccati /ricamavano i di luna // Povera culletta dimenticata / solo le stelle sentono i tuoi giorni le ragnatele. // La culla sognava ninne nanne /lucide di stelle singhiozzi, / per cullare adesso attendi il vento / che, la sera, gioca, per coccolare i bimbi, / carezze e baci che fanno chiudere gli occhi, fischia e fa confusione. Quaderni del Borgoantico 17 103

Guido Riolfatti, calzolaio (“calier”) per mestiere campione di “balonzina” e pittore per passione

Sandro Giordani

Guido Riolfatti: nato a Villa Laga- uno dei maggiori campioni a livel- rina 1907-1983 lo provinciale, ed inoltre, attorno ai Sposato con Ambrosina Marzadro sessant’anni, scoprì il fascino della di Brancolino nel 1938 pittura, alla quale si dedicò con Figli: Annamaria, Enrico e Gabriella passione, ispirato ed incoraggiato dalla nipote Elena. Benché siano passati solamente una Guido iniziò l’attività di “calier” ventina d’anni dalla sua scomparsa, attorno ai vent’anni girando per ricordare Guido sui Quaderni del i paesi e raccogliendo, casa per Borgoantico è per noi motivo di casa, le scarpe rotte che anda- orgoglio, perché viene aggiunto un vano risuolate; aprì bottega nei importante tassello al mosaico dei locali attualmente occupati dalla personaggi che hanno caratterizza- scuola musicale in casa Chemelli- to la “Vila de ‘na volta”. Altri nomi Palazzo Scrinzi (ex Municipio), mancano ancora all’appello ma, con che all’epoca ospitava, sempre a il ricordo di Guido i Quaderni offro- piano terra, ma dalla parte opposta, no un’ulteriore occasione per rico- anche il negozio di fruttivendolo di struire la memoria storica del paese. Mariano Giordani (detto il “bure- Guido infatti era un personaggio la” per il ruolo di giocatore, anche molto conosciuto e ben voluto da lui, di balonzina). tutti e non solo per la sua attività Verso la fine degli anni Settanta, 1944. Cei, mamma Ambrosina con i figli professionale di “calier”, intrapre- Guido spostò la bottega di scarpe e Anna Maria e Enrico sa già da giovane, quando iniziò ad imparare il mestiere presso gli Adami di Pomarolo e proseguita fino a tarda età, ma anche per i suoi molteplici interessi e attività. Praticò infatti con successo lo sport della “balonzina”, di cui divenne

Portico palazzo Chemelli, entrate secondarie delle botteghe di: 1970 malga Parisa Guido con la moglie - a sinistra, di scarpe e calzolaio di Guido Riolfatti Ambrosina - a destra del negozio di frutta e verdura di Mariano e Tullia 104 Quaderni del Borgoantico 17

12.10.1945. I figli Enrico e Anna Maria 1969 matrimonio di Gabriella e Ernesto Alotti presso la casa di via delle mote con di “caglier”, compresa l’esposizio- Si cimentò inoltre anche come Adriano, Guido, Enrico, Anna Maria, Am- ne delle sue opere di pittura, presso attore di commedie dialettali, brosina e la piccola nipote Elena casa Ganassini in via Roma, molto con Sergio Petrolli e molti altri. Riceviamo e pubblichiamo più ampia e visibile. Ricordiamo che la commedia più volentieri un’amorevole ricordo Guido da giovane divise il suo applaudita si intitolava “Ghet en della figlia Anna Maria tempo tra il lavoro di “calier” e canonega”. In ricordo di Guido Riolfatti, mio il gioco della “balonzina”: è stato Faceva frequenti camminate in par- padre. infatti uno dei pilastri della 1° ticolare presso il lago di Cei lungo È di Guido, mio padre che vorrei squadra del “Vila”, nella quale “el senter del levro”, con i bambini parlare. Tutte le persone di Villa si distinguevano: Mariano Gior- che facevano fatica a seguirlo. Lagarina lo chiamavano “Goio”, dani (Burela), Silvio Bortolot- il pittore, per me invece lui era ti (Rana), Mario Piazzini… e “el calier”. Un bravo artigiano appunto il nostro Guido Riolfatti che faceva le scarpe su misura e (Zuc). le riparazioni per i suoi clienti.

1965 matrimonio di Annamaria con Adria- 1944. Papà Guido con la moglie Ambrosina e i figli Enrico e Anna no, Enrico, Ambrosina, Gabriella e il papà Maria Guido,albergo al Ponte Quaderni del Borgoantico 17 105

Lavorava in casa Scrinzi e ospi- tava anche dei ragazzi del paese senza lavoro o prima del servizio militare, a loro insegnava il lavo- ro e spesso giustificava questo dicendo: “putei, dové emparar el mister”. Mio padre aveva anche degli hobby ai quali si dedicava con passione. Sicuramente uno di questi era il gioco della “balonzina”, gia all’i- nizio degli anni trenta faceva parte della squadra del paese. A lui piaceva anche recitare com- medie: ricordo quando lo accom- pagnavo nei teatri dei paesi della valle camminando per le stradi- ne di campagna … il suo “pezzo forte” era “el gheto en canonega”, di Guido Chiesa. Il sabato sera, dopo il lavoro, ci 1974 Goio accompagnava a Cei nella nostra casa “la Biancaneve”... era instan- Un’ altro bellissimo ricordo di mio ballare, anche il ballo era un’altra cabile, io e i miei fratelli arranca- padre è quando ha provato a fare il sua grande passione. vamo sul” senter del levro” mentre cameriere in giacca bianca presso Con l’andare degli anni poi è lui era sempre davanti e ci aspet- l’albergo “al Ponte” di Villa aiutan- diventato pittore naif, abbastanza tava. do un’amica di famiglia: Rosalia. conosciuto nei dintorni, ma anche In un periodo provò addirittura a Ricordo come in quegli anni molte nonno felice di Elena e Paolo. fare un orto lungo le rive dell’A- persone del paese ma anche di Questo era mio padre e io per lui dige, dove abitavamo, ma non Rovereto venivano sulla terrazza ero la sua Anna Maria ci riuscì … non aveva il “pollice dell’albergo, quella che si affaccia verde”... sul fiume per bere una birra e per Anna Maria Riolfatti

Mostra di Pittura, Ester martinelli, con Goio e altre due persone Carlo Marzani mostra i dipinti del Goio 106 Quaderni del Borgoantico 17

Baldo Bruno una vita intensa e avventurosa dedicata al lavoro, alla solidarietà, allo sport e alla famiglia

Sandro Giordani

ni. Forse Bruno ha proprio ragione. Mi fa accomodare nel suo “rifu- gio” personale, un piccolo stanzino dove sono raccolti tutti i suoi ricor- di e affetti personali: la vetrinetta con esposte tutte le sue medaglie, riconoscimenti conquistati nei vari settori in cui si è cimentato, accan- to a un’altra vetrina con esposti una serie di fucili da caccia, attività che ha smesso qualche anno fa, e anco- ra coppe, stendardi e quant’altro possa ricordare le sue innumerevo- li attività. In premessa è importante ricordare che Bruno è nato a Villa nel centro storico (tutti i bambini sono nati in casa fino agli anni Cinquanta, per- ché la maternità non era ancora un servizio ospedaliero funzionante. La casa della famiglia Baldo, nelle sue varie ramificazioni era, ed è Bruno nel suo rifugio tuttora, situata in piazza S. Maria

Genitori: Carlo Baldo del 1891 e do pungente e la neve che copre Maria Bisesti del 1891 di Cimone fino a bassa quota le montagne circostanti segna queste giornate Sposato con Domenica (Dina) di un inverno un po’ anomalo che, Chiusole nel 1953 almeno fino ad ora, è stato molto Figli: Andrea, perito edile – 1954, avaro di precipitazioni. libero professionista Entro nella sua abitazione in via Marcella, medico - 1957, medico degli Alpini, accolto dalla consue- psichiatra ta cordialità della moglie Dina; Bruno esordisce con le parole, Parte prima “varda che gò poc da dirte”, dimo- Quella di Bruno è stata una vita strando, anche in questa occasione, intensa e avventurosa, dedicata la modestia che lo caratterizza. soprattutto al lavoro, alla solidarie- Bruno, nonostante l’età, è molto tà, allo sport e alla famiglia e, come attivo; mi viene incontro mostran- vedremo più avanti, tali caratteri- domi dei fogli e, con una certa stiche non saranno mai smentite stizza, m’investe dicendomi: ecco! dai fatti, che lo hanno sempre visto questa è la documentazione neces- protagonista e impegnato “in prima saria per superare l’esame di guida linea”. del trattore; si tratta di norme di Ci diamo appuntamento, per un sicurezza necessarie, ma senz’al- primo incontro, il mattino dell’otto tro tanto complesse, che fanno di marzo, festa della donna. Il fred- “deventar mati” anche i più giova- 1943, a Pinè per la fienagione Quaderni del Borgoantico 17 107

ficio fu trasformato in punto di rac- quel periodo c’erano fino a sette colta dei bozzoli dei bachi da seta, dipendenti, che spesse volte veni- con relativo essiccatoio, e forno per vano sgridati quando commetteva- la preparazione del prezioso filo e no errori o erano disattenti. delle fasi di lavoro successive. Bruno ricorda che zio Ettore, oltre Bruno inizia il suo racconto dicen- a fare il pane, svolgeva anche do che fin da bambino il suo desi- il mestiere del commerciante di derio era quello di imparare tutti cavalli: per questa ragione il lunedì i mestieri e, come vedremo, non si recava alla fiera di Verona con la smentirà mai questa sua vocazione. sua prima automobile per contrat- Nell’ultimo anno di scuola, si alza- tare e concludere affari. va alle 4 del mattino per andare In quegli anni, il 1° e il 3° giovedì in panificio ai Molini, da suo zio del mese si svolgeva anche la fiera Ettore Baldessarini, marito di Giu- di Mori; il giovedì era il giorno più ditta Bisesti per imparare come si atteso perché la scuola era chiu- faceva la panificazione (la storia sa e per gli scolari era giorno di del panificio Baldessarini è stata vacanza. Lo zio Ettore consegnava peraltro pubblicata sul Quaderno al nipote, che allora aveva 11 - 12 n° 16 dello scorso anno). anni, due cavalli legati con le bri- glie per portarli alla fiera di Mori e 6 aprile 1957, Dina con il figlio Andrea Bruno aveva voglia d’imparare il metterli in vendita. Bruno, da parte mestiere e non si stancava mai di sua non vedeva l’ora che si conclu- mettersi alla prova: in poco tempo desse l’affare per poter ritornare a aveva già appreso come si face- casa con la “balilla” dello zio. va l’impastatura, la lievitazione La legge sul lavoro emanata dal e quand’era il momento più adat- governo fascista vietava il lavoro to per infornare e togliere il pane notturno per coloro che non aveva- cotto al punto giusto. no maturato i 18 anni e per questa Finito il lavoro, alle 7 si presentava ragione lo zio Ettore trovò un altro alle lezioni presso le scuole ele- impiego a Bruno presso il panificio mentari in piazza della chiesa. Centrale a Rovereto e lì rimase per Il “maestro” panificatore era zio tre anni, dai 14 ai 17. Ettore, che dirigeva e insegnava Il suo nuovo mestiere consisteva l’arte del fare il pane con molta nel consegnare con un “triciclo” passione e professionalità: non era il pane in giro per la città, nelle indulgente con coloro che sten- aziende e nei paesi circostanti. tavano a seguire i suoi consigli e Ricorda che si alzava alle 4 di mat- suggerimenti; tra i collaboratori in tina, alle 5 iniziava il lavoro presso

Andrea

Assunta a fianco delle ex scuole elementari (oggi nuovo munici- pio). L’edificio era in origine una “masera tabacchi”, in attività per due o tre anni dopo la Prima Guerra Mondiale. In quegli anni il tabacco era una coltivazione molto diffu- sa nelle campagne circostanti, le foglie venivano essiccate in gran- di stanzoni detti “barchesse” ed il lavoro impegnava tutta la famiglia. Negli anni successivi, fra la Prima e la Seconda Guerra, il grande edi- 1986. Bruno con la moglie Dina e i nipoti Nicola e Fabrizio, figli di Andrea e Elda 108 Quaderni del Borgoantico 17

trova a svolgere un nuovo lavoro a Pinè presso un albergo di proprietà della sorella che, oltre all’albergo, aveva anche molti terreni e prati. Bruno svolgeva un lavoro abba- stanza singolare (ma non per quel periodo): andava per le malghe a comperare burro di contrabbando, che poi rivendeva attraverso l’atti- vità della sorella. L’8 settembre 1943 è una data importante per l’Italia: i solda- ti tedeschi e italiani fino a quel momento erano alleati contro Assunta con Stefano Bolner e la nipote americani, inglesi e sovietici. Ma, Marcella quando cade il governo fascista e Badoglio firma l’armistizio, i tede- il panificio: inforcava il “triciclo” schi di punto in bianco diventano dopo averlo riempito di pane e lo nemici degli italiani. portava alla “Montecatini” di Mori È passato tanto tempo da quei tra- dove iniziavano i turni alle 6. gici giorni, quasi tutte le vicende Mai un giorno di riposo: Natale e sono diventate di dominio pub- Dina e il figlio Andrea sul traghetto in gita Capodanno sempre al lavoro, giorni blico, anche i fatti accaduti nella a Napoli con la famiglia tutti uguali, per una paga veramente nostra zona sono conosciuti, ma misera. Bruno afferma con orgoglio non tutti, come la vicenda raccon- di non aver mai perso un giorno di tata da Carlo, papà di Bruno pro- lavoro, vantandosi anzi del fatto prio nella notte dell’8 settembre a che quel sacrificio ha contribuito a Villa Lagarina. temprare il suo fisico e diventare Arrivata la notizia dell’armisti- più avanti un piccolo “campione” zio, i soldati italiani di stanza nel nell’attività sportiva, che praticherà paese si ritrovano presso il bar con assiduità e passione ottenendo Amicizia e iniziano a bere brin- soddisfazioni e gratificazione. dando e festeggiando la fine della Licenziatosi dal panificio Centrale, Guerra. Carlo, che era presente, l’otto settembre del 1943 Bruno si racconta che i brindisi durarono

Fine anni ‘40 con Maria, mamma di Bru- no e un amico

tutta la notte. Verso mezzanot- te Carlo esce dal bar per andare a casa, che si trovava in piazza della chiesa di fronte alla trattoria, sull’uscio nota che i soldati tede- schi, anche loro di stanza a Villa, stavano svolgendo un’intensa atti- vità: invece di festeggiare la fine Anni ‘60 davanti al bar Diana con la visita di un amico tedesco, il tenente Emil Roman - in della guerra, stavano preparandosi foto Dina, Bruno, la moglie di Roman, Assunta e Franco Decarli Quaderni del Borgoantico 17 109

per partire, o almeno così era sem- mise a disposizione anche se, come brato al papà di Bruno che, masti- ricorda lui stesso, in realtà sapeva cando un po’ di lingua tedesca, cucinare a malapena due uova. In chiese loro se stavano rientrando quel ruolo svolse tutto il periodo in Germania. Questi gli risposero di leva, lavorando presso la mensa che si stavano effettivamente pre- ufficiali fino al congedo. parando... attaccarono il cannone a due cavalli e uscirono dal por- Seconda Parte tone. Non fecero tanti passi: supe- Volontariato rata la chiesa, si collocarono nei Nel 1945, appena finita la guerra, pressi del rio Molini e da quella la comunità di Villa pensava che posizione verso le 4 del mattino sarebbe stato necessario un luogo iniziarono a bombardare la caser- di ritrovo, dove i cittadini aves- ma dei soldati italiani, bersaglieri, sero potuto incontrarsi per le più che si trovava presso il mangimi- diverse attività ed esigenze sociali. ficio ex SAV di Sant’Ilario, oggi L’area individuata era di proprie- fatiscente. (Altre caserme italiane tà della famiglia Baldo: Bruno si si trovavano al Follone, in centro a mise quindi subito a disposizione Rovereto) Dopo qualche ora i sol- e, in attesa della chiamata alla leva dati tedeschi di stanza a Rovereto militare, iniziò lo sbancamento circondarono la caserma degli ita- del terreno. Fece venire un car- 1945, Bruno alpino a Merano liani, li fecero prigionieri e li por- rello ribaltabile su binario, messo tarono presso il campo sportivo di a disposizione dalla ditta Fait di 15 anni, dal 1960 al 1975, Bruno Rovereto per inviarli successiva- Rovereto e, per ultimare questa ricorda alcuni dei più significati- mente in Germania. prima fase di lavori, impiegò qua- vi interventi svolti sotto la guida rantacinque giorni di duro lavoro, del comandante del corpo dei Bruno militare aiutato la sera anche dal padre. Vigili del Fuoco volontari di Villa Verso la fine del 1945, Bruno venne Nelle fasi successive, molte altre Lagarina, che all’epoca era Sergio chiamato a svolgere il servizio persone si misero gratuitamente a Petrolli: militare per dodici mesi nel corpo disposizione per la costruzione del • il primo intervento si svolse negli degli alpini a Merano; il comando teatro parrocchiale, oggi “teatro anni 1971/72 presso la cartiera chiese se fra i militari di leva c’era Carlo Baldessarini”. quando prese fuoco la “cartac- qualcuno che sapeva cucinare e cia”, materiale che viene tutt’ora Bruno, che aveva acquisito nozio- Bruno pompiere utilizzato per la produzione del ni basilari di cucina nel 1943 pres- Riguardo l’attività di volontaria- prodotto finito. so l’albergo della sorella a Pinè, si to in cui si è impegnato per oltre • l’anno successivo interviene per un incendio boschivo in “val dei carpeni” nel territorio montano nella zona “Bellaria” della valle di Cei, in prossimità del territorio del comune di Cimone. • nel 1976, Bruno in qualità di pompiere, svolse inoltre un inter- vento che non aveva niente a che fare con il fuoco, ma che rientra- va comunque nell’attività propria dei Vigili del Fuoco: verso mez- zanotte ricevette una telefonata da Trento; era la signora Libera, sposata Tacchi preoccupata per la sorella che abitava a palazzo Libera e che non rispondeva al telefono. Allertato il comandante Petrolli, si munirono di una lunga scala e rag- giunto il poggiolo, rotto il vetro, Battuta di caccia Bruno e Carlo Baldessarini ospiti di Pesenti entrarono nella sala grande, trova- 110 Quaderni del Borgoantico 17

L’attività sportiva dei “cittadini” (così si chiamavano Nel 1944 Bruno si trovava a Mode- le gare) e un campionato italiano na e in quella città iniziò l’attività dei “veterani sportivi”. sportiva: non essendo praticabile la palestra attrezzistica, disciplina Il teatro in cui aveva peraltro acquisito un Una breve ma significativa paren- po’ di esperienza, rimediò cimen- tesi, Bruno può vantarla nell’attivi- tandosi nella corsa e partecipando tà teatrale: si era appena conclusa ad alcune gare. Durante la prima la Seconda Guerra Mondiale e in di esse, svoltasi a Modena, arrivò quel periodo fervevano le più sva- secondo, nella successiva gara a riate iniziative e “attività fai da Vignola si classificò primo, non te”, tanta era la voglia del popolo avendo più rivali. Nella gara al di dimenticare le miserie e le sof- paese di Guiglia, Comune a sud ferenze causate dal conflitto. È di Modena, arrivò nuovamente necessario a questo punto ritorna- primo, battendo addirittura il cam- re indietro nel tempo per ricordare pione regionale di Bologna. quando Bruno, appena tredicenne, Al Car di Verona, tra ottomila reclu- si cimentava nella disciplina spor- te, si qualificò primo in una gara tiva della ginnastica attrezzistica podistica organizzata dal coman- mentre lavorava presso il panificio Esercizio dell’alzo dei pesi do militare e venne premiato, nel Centrale di Rovereto, con il “mae- corso del giuramento dal generale stro” Candioli che gli faceva da rono la porta chiusa della camera Negroni. istruttore. che venne abbattuta con una scure, Nel 1945 infine si svolse a Rovere- Nel 1945 Bruno si esibì in uno spet- nella stanza fu soccorsa la sorel- to la prima gara podistica, durante tacolo ginnico di atletica presso la inferma, che venne trasportata la quale si qualificò primo asso- il giardino della canonica di Villa subito con l’ambulanza all’ospe- luto, battendo l’allora campione Lagarina: talmente tanta gente si dale. Tutta l’operazione si svol- regionale Squarzoni. era presentata per applaudirlo che, se regolarmente e fotunatamente per l’occasione, una pastasciutta senza alcuna grave conseguenza La bicicletta “collettiva” fu offerta dai “bado- tanto che, ancora nella notte, fu Nel 1965, all’età di quarant’anni, gliani” ancora presenti in paese. comunicato il lieto fine dell’opera- Bruno acquistò la sua prima bici Mentre veniva migliorata la sua zione alla sorella di Trento. da corsa, tanto sognata da giovane, formazione atletica, fu formata a • Bruno ricorda poi che durante con la quale partecipò a numerose l’alluvione dell’Adige del 1966 gare, distinguendosi particolar- venne tratta in salvo la fami- mente in salita: nel 1975 si iscrisse glia Angheben con un “mosco- insieme al figlio Andrea alla cro- ne” portato dal lago di Cei; la no-scalata Trento-Ponte Alto, arri- casa colonica era situata presso vando primo nella sua categoria, il fiume in località “Mote” ed mentre Andrea si qualificò primo era stata completamente isola- assoluto. ta dall’esondazione dell’Adige. L’edificio, di proprietà di Ione Gli sci Benedetti di Trento, sorella Il 7 febbraio 1971 si svolse la dell’ex sindaco del capoluogo, prima edizione della Marcialonga: negli anni successivi fu acqui- affascinato dal successo popolare stata da Bruno ed ora è abitata che fin da subito caratterizzò tale dalla figlia Marcella con il mari- manifestazione sportiva, Bruno to Dante decise di partecipare, comperando • in quel periodo il Comune, nella un paio di sci. L’anno successivo persona del sindaco Carlo Bal- infatti, insieme ad altre migliaia di dessarini, diede il nulla osta sciatori, partecipò alla gara ed alle all’acquisto di una jeep “bor- successive cinque edizioni. Non ghese”, che fu il primo mezzo in soddisfatto della Marcialonga, dotazione del corpo dei pompieri nello stesso periodo partecipò alle Metà anni ‘60 Marcella, Andrea con mam- volontari di Villa Lagarina. gare organizzate dagli Alpini, vin- ma Dina e la nonna Maria davanti al bar cendo quattro campionati italiani Diana Quaderni del Borgoantico 17 111

Rovereto una compagnia teatra- ciente per l’acquisto, utilizzò delle le costituita da un gruppo di gin- cambiali; purtroppo il momento nasti, un prestigiatore (Delladio), non era tra i più favorevoli: l’eco- una cantante (Tosca), un comico nomia non decollava, il motocarro (Menegot) e infine un presentato- non veniva utilizzato a sufficienza re, che altri non poteva essere che il e le cambiali scadevano. Per far giovanissimo Enzo Pancheri. fronte all’impegno, dovette ritor- La compagnia teatrale di varietà nare a lavorare in panificio, ed ebbe breve durata: iniziò la propria inoltre si mise a svolgere l’attivi- attività presentando due spettacoli tà di compravendita di motocarri, il sabato e la domenica a Rovereto tanto che in cinque anni ne vendet- presso il Teatro Zandonai. Fu un te ben quattro. successo inaspettato: il teatro era Negli anni Cinquanta, per un anno pieno zeppo di spettatori e scro- e mezzo, Bruno esercitò l’attività sciavano un’infinità di applausi. di benzinaio presso la propria casa Venti giorni dopo, la compagnia in piazza S.M. Assunta: accanto presentò il suo terzo e ultimo spet- al portone principale installò una tacolo nel teatro di Riva del Garda. pompa a mano e un fusto di benzi- A quel punto entrò in gioco il na. Le automobili in quel periodo famoso scherzo, tanto che lo stesso erano talmente rare che la strumen- Bruno nel ricordarlo non può che tazione a disposizione era più che riderci sopra: tutto iniziò con una fino alla prematura scomparsa. sufficiente per le esigenze dell’e- battuta scherzosa del prestigiato- Alla sua successione non ho potuto poca. re che fece sparire la moglie del sottrarmi e, pur con un certo disa- Fu all’inizio degli anni Sesssanta Menegot, trovata il giorno dopo nel gio, ho accettato l’incarico per che si ripartì alla grande con un letto del prestigiatore stesso. Con quasi quarant’anni. Arrivata l’ora distributore vero e proprio. L’im- questa battuta del tutto fantasiosa e di disimpegnarmi da questo impor- pianto venne collocato in via degli innocente si concluse l’attività tea- tante ruolo di responsabilità, pen- Alpini, dove negli anni successivi trale di Bruno e la sua improvvisata sai ad un mio sostituto suggerendo Bruno costruì anche la propria abi- compagnia. la persona di Rino Minello, accolto tazione, con accanto il bar “Diana”. con favore da tutta l’assemblea”. Il suo impegno non si limitò tut- Bruno, capogruppo degli alpini tavia al distributore, esercitando Non è marginale ricordare inoltre Attività in proprio anche l’attività di commercio di Bruno come una persona instanca- Tornato a casa, Bruno decise di carburanti agricoli fino agli anni bile, sempre presente in qualità di comperare un motocarro nuovo e, Ottanta. volontario nel gruppo degli Alpini poiché non aveva il denaro suffi- di Villa, ma forse non tutti sanno che Bruno iniziò a Nogaredo la propria storia di volontario degli alpini in congedo, in quanto a Villa non era ancora stato costituito il gruppo locale. Formatosi il gruppo alpini di Villa, in tanti pensavano, come afferma Bruno stesso, di nominarlo Capo- gruppo, “perché mi vedevano come la persona più idonea a ricoprire tale incarico, anche se, a onor del vero, ho sempre pensato che que- sto ruolo potesse essere ricoperto da altri: io garantivo comunque la mia presenza a tutte le iniziative e, data questa mia idea fissa, su cui ho insistito per molti anni, come primo capogruppo fu eletto Giu- seppe Baldo, seguito da Giovanni Bolner, che ricoprì questo ruolo Budapest, Bruno e Dina davanti al monumento dei caduti italiani 112 Quaderni del Borgoantico 17

Alla fine degli anni Sessanta, venne l’iter burocratico che consentì di uva dalle cantine sociali locali. realizzata una delle più importanti realizzare il nuovo e più moderno Questa attività gli consentì di veni- vie di comunicazione del Nord, che distributore di carburanti nello stes- re a conoscenza delle esigenze dei collega tutt’ora l’Italia all’Europa, so luogo dove si trova attualmente. contadini del posto, aiutando molti ovvero l’Autobrennero e, proprio Queste molteplici attività non di essi ad acquistare campi e attrez- a Villa Lagarina, fu realizzato il erano però sufficienti: Bruno le zature agricole, senza peraltro mai casello dell’autostrada. Bruno intuì integrò infatti con il mestiere di richiedere loro la provvigione. subito che era necessario spostare “senser” (mediatore), diventando Bruno è tutt’ora molto legato al l’attività del distributore in prossi- l’uomo di fiducia delle cantine mondo contadino, tanto che coltiva mità del casello stesso e quindi si Maier di Bolzano e, rivestendo la terra di sua proprietà alla bella attivò velocemente per completare questo ruolo, comperava vino e età di 89 anni. Album fotografico

a cura di Sandro Giordani 1896 inaugurazione del ponte

Il n° 4 dei Quaderni del Borgoantico edito nel 2003 ha ampiamente descritto, a cura di Antonio Passerini, le vicende legate al “porto” di San Giovanni (traghetto). I signori che comandarono il “porto” per conto dell’imperatore erano dal 1200 fino al 1456 i Castelbarco, successivamente i Lodron. Nel lontano 1489, scrive Passerini, i conti Lobron, signori di Castel nuovo e di Castellano affidavano la gestione del traghetto a persone di fiducia, a fronte della stipula di un contratto vero proprio che doveva essere ottemperato con il pagamento in una “libra di pepe” ad ogni scadenza e rinnovo contrattuale. I gestori a loro volta applicavano un tariffario molto particolareggiato: verso la fine del Seicento ad esempio, il passaggio di un cavallo costava 4 carantani (moneta in uso all’epoca), un asino 3. Con il passare degli anni la gestione del traghetto ebbe diverse modifiche, ma non la proprietà, che rimase sempre a capo dei Lodron. Passerni riporta inoltre un importante aspetto del “porto” relativo alle spese di gestione, ai lavori di manutenzione, ecc. ma anche alla sua rendita, nel luglio del 1810 ad esempio, “gli utili venivano suddivisi tra i componenti di una specie di società per azioni” costituita per lo scopo. Nel tempo vi furono diversi tentativi di costruzione del ponte, ma non ebbero mai successo, solo nel 1847 si inaugurò, scrive Passerini, il primo ponte in legno, poi bruciato dall’autorità austriaca nel 1866 per non far passare Garibaldi che avanzava verso Trento. Il secondo ponte in legno venne inaugurato il 4 giugno 1868. Nel 1895 iniziarono i lavori di demolizione del ponte in legno per iniziare la costruzione del ponte in ferro inaugurato nel 1896 a cui fa riferimento l’immagine riportata con il nome delle persone presenti. Il 14 agosto 1966 venne inaugurato il ponte attuale. (50 anni fa). Si ricorda che durante la posa in opera delle enormi traverse in cemento armato, una di queste cadde in acqua a causa del forte vento, che già da giorni rendeva difficoltosi i lavori di costruzione. La traversa caduta è anco- ra visibile, quando il livello del fiume è basso, sulla sponda orografica di sinistra.

Da sinistra: • primo signore non identificato; • la bambina è Irene Maffei nata nel 1888, madre di Remo Albertini e nonna di Maria Albertini, al momento dell’inau- gurazione Irena aveva 8 anni. Irene, nel 1918 sposò Enrico Albertini (papà di Remo) il quale morì nel 1973 ad 85 anni; • terza persona non identificata; • il quarto al centro con il cappello è Enrico Maffei, papà di Irene e gestore dei dazi di Villa Lagarina e Trento. Enrico Maffei abitava presso il ponte, in un edificio che doveva essere situato presso “l’albergo al ponte” o nelle sue imme- diate vicinanze; • la quinta persona è la seconda moglie di Enrico e mamma di Irene; • gli altri due sono i figli di primo letto di Enrico che era rima- sto vedovo con 4 figli (due dei quali sono ritratti nell’im- magine).

Si ringrazia Maria Albertini per la gentile concessione La famiglia Galvagni “al de là de l’Àdes”

Albero genealogico • Galvagni Cesare, Rosina, Maria e Beppina (fratelli) • Cesare si sposa con Silvia Decarli di Villa Lagarina • Dal matrimonio con Silvia nascono tre figli: Rocco, Lodovico e Silvia • Rocco a sua volta si sposa con Anna Bais, dal matrimonio nasco- no sei figli: Silvia, Cesarina, Rita, Franca, Cesare e Luciana

La presente documentazione fotografica merita, a nostro avviso, di alcune brevi considerazioni, per meglio comprendere le ragioni che hanno portato i Quaderni ad “oltrepassare” il fiume Adige, “sconfi- nando” in quel di Rovereto. La prima riflessione riguarda il fiume Adige in sè e l’importanza che questo corso d’acqua ha avuto nella storia del nostro territorio, sia sul piano economico che sociale. Casa Galvagni rappresentava il punto di approdo e di partenza del tra- ghetto, il quale, prima della costruzione del ponte, era l’unico mezzo che collegava le due sponde, lungo quel tratto del grande fiume. Le comunità che risiedevano nella Vallagarina erano infatti divise dall’Adige, ed il “port”, cioè il traghetto, serviva per raggiungere la riva opposta: si presume che, all’epoca, venisse utilizzata una grande piattaforma in legno sostenuta da barche, funzionale al trasporto non solo di persone, ma anche di merci, animali e carri. Il traghetto fu utilizzato fino a metà dell’Ottocento, quando venne realizzato il primo ponte in legno, che, assieme alla ferrovia, inau- gurata nel 1859, decretò la fine della via d’acqua tracciata dal fiume come mezzo di trasporto. L’immagine, relativa all’inaugurazione del primo ponte, ci mostra un traghetto che, quasi certamente, non corrispondeva a quello pre- Inizi del ‘900, famiglia Galvagni-Decarli, questo ramo della famiglia ha intrapreso l’attività di maniscalchi e esistente, il quale aveva senz’altro dimensioni maggiori: il traghetto dell’immagine è stato infatti probabilmente realizzato provvisoria- fereri a Villa in via 25 aprile fino agli anni ‘60 mente, mentre veniva costruito il nuovo ponte in ferro. In prossimità del “port”, sulla sponda destra, si trovava inoltre una fornace, detta “copèra”, alla quale il fiume garantiva non solo la materia prima per la produzione dei late- rizi, cioè la sabbia (“léa”), ma anche la via per il trasporto del prodotto finito. Lo stesso albergo “al Ponte” forniva infine un importante servizio di ristoro e ricovero per le persone in viaggio e di deposito temporaneo per le merci. Nel corso di vari anni fu infatti operativo anche il “dazio”, dove veniva riscossa la tassazione sulle merci in transito, applicata, per un breve periodo, anche per l’attraversamento del ponte. La famiglia Galvagni ha sempre riconosciuto e tutt’ora attribuisce molta importanza all’Adige: prestando un po’ d’attenzione alle foto, si nota infatti che il fiume è sempre presente, come se fosse un membro silenzioso, ma inseparabile, della famiglia stessa. Anni ‘20, scuole di via Tartarotti Anni ‘30 da sinistra: Berto Zanei, Rosina Galvagni, Bepina Galvagni e Maria Galvagni

anni ‘30 Silvia zia di Rita e Lidia Zanei Anni ‘40 Rocco Galvagni con la mogli Anna Bais e i figli, Silvia,Cesarina, Rita, Franca,Cesare, Luciana

Anni’30,le cugine Bice, che ha lavorato presso la F. Cooperativa di Villa, Clelia, presso l’uff. postale, Anni ‘40, Alberto Zanei con Raffaella e Luisa commilitoni presso casa Galvagni Anni ‘40, Alberto Zanei, militare in libera uscita

Cesare Galvagni con le sorelle. Cesare era nonno di, in ordine anagrafico, Silvia, Cesarina, Rita, Franca, Cesare e Luciana

Anno scolastico 1921-22, scuole di via Tartarotti Casa Galvagni oggi

Casa Galvagni vista dal ponte Casa Galvagni, Decarli (detti fereri)

Casa Galvagni Cesare Galvagni, figlio di Rocco e Anna Bais

Fine anni ‘50, Anna Galvagni con sullo sfondo, oltre il fiume, l’albergo al Ponte e la copera

Emilia Galvagni, sullo sfondo il fiume con il ponte costrutio nel1896; quello attuale fu inaugurato nel 1966. Esattamente 70 anni dopo. Foto ricordo con sullo sfondo il ponte costruito nel 1896

Fine anni ‘50, la cugina Rita

Inizi del 1900, mungitura 4 aprile 1943, Silvia Galvagni con amici Inizio anni ‘60, parenti in visita presso casa Galvagni

Primo edificio Galvagni

Silvia Galvagni

Inizio anni ‘60, foto ricordo

Rita Galvagni Album Baldo

Fine anni ‘30, gita sul monte Stivo con 1940, gita sul monte Stivo,Bruno con Carlo Baldessarini, Rinaldo Decarli, Domenico Dorigotti e Dario Riolfatti Dario Riolfatti, Italo Marteri e Bruno il primo seduto a sinistra

Anno 1936. Dipendenti del panificio Centrale di Rovereto. Da sinistra Luciano Miorandi, Renzo Dapor, Marcello Luna e Bruno Baldo 1943, Friz Jand, comandante dell’auto-reparto di Villa e Modena Anni ‘50, Bruno e Livio Marzani si cimentano al tiro al bersaglio con foto

1946, Bruno al campo estivo sulla Pala Bianca

1946 Bruno sulla Pala Bianca in cordata alpina alpini Scampagnata a Cimana con alcuni amici di Pedersano Fine anni ‘50 bambini in posa

Fine anni ‘50 la scolaresca dell’asilo di S. Lucia in gita a Villa con la maestra e Pierina Bettini, cuoca e tuttofare. Bruno che mette a posto il figlio Andrea Metà anni ‘60 gita sul Brenta con Bruno, Aldo Depedri, Andrea e Paolo Bolner

Anni ‘60 gita sul Brenta

Anni ‘60 sul Brenta, si nota tra gli altri Aldo Depedri e Livio Marzani Metà anni ‘60 località Cimana, sullo sfondo il Cornetto con Bruno, Livio e Carlo con le figlie Fine anni ‘70 Carnevale a Villa con Marcella e Gianluigi Zandonai

Fine anni ‘70 Carnevale a Villa

Fine anni ‘70 Carnevale a Villa Anni ‘70 ritrovo a Cei

1975, Cronoscalata Trento - Ponte Alto 1° classificato assoluto il figlio Andrea - 2° classificato nella sua categoria Bruno. Nella foto da sinistra Bruno e Andrea premiati da Aldo Moser 5 settembre 1993 consegna della targa ricordo ad Anna in memoria di suo marito Giovanni Bolner sempre disponibile a dare una mano di aiuto

1994, posa in opera della Trilite, monumento alla pace fortemente voluto da Bruno 1995 festa alpina in onore del cavalierato di Bruno

1995 volontarie alpine alla festa sul balcone dell’ex municipio alla festa del cavalierato di Bruno

1995, sfilata e festa alpina in onore del cavalierato di Bruno Album Riolfatti

Inizio anni ‘30 Squadra di Villa Lagarina, in piedi da sinistra Olivo Baldo, Giuseppe Piazzini, Giovanni Leoni, in prima fila Guido Riolfatti (zuc), Mariano Giordani (burela), Mario Piazzini, Silvio Bortolotti (rana)

1930. Borgosacco, squadra di Villa Lagarina e Lizzanella, il primo da sinistra è Guido Riolfatti 1934, Guido a Borgo Sacco con le squadre di Balonzina di Villa Lagarina e Lizzanella

1934, Guido con le squadre di Balonzina di Borgo Sacco e Villa lagarina 1962, Enrico, figlio di Guido, militare

1944. Anna Maria Riolfatti e Vittoria Eccher nel paiolo dei Vigili del fuoco alla colonia di Cei

31.07.1958. Gita al lago di Tovel, in piedi da sinistra Elsa Giordani, Oliva Frisinghelli, Clementina Festi. In prima fila Annamaria con gli amici di S. Ilario Guido al Matrimonio del cugino Franco Decarli e Ada

Il pittore Turella consegna a Guido Riolfatti una targa premio 4,5,6 novembre 1966, il fiume in piena lambisce il parapetto del nuovo ponte di Villa inaugurato il 14 agosto

1966 la piena dell’Adige sommerge la campagna in prossimità del ponte e lambisce il tomo verso Nomi

1966 la piena dell’Adige sommerge il portico dell’albergo Al Ponte della famiglia Baldessari 1966, le campagne in prossimità del ponte allagate dall’Adige in piena

1966, orto e cortile di casa Riolfatti sommersi dall’acqua del fiume in piena Premio Attilio Lasta - Villa Lagarina 15 sett. 1974

Diploma di partecipazione -Arco 1974 Mostra di pittura, Ester Martinelli, Lino Baldo con Emma e la piccola, Graziola Enrico con la moglie e Gianluigi Zandonai

Galleria d’arte la Tavolozza, Trento 1974

Attestato di partecipazione - mostra di pittura, Il colore trentino, Marano d’Isera 1976

Diploma di partecipazione, Villa Lagarina 17 sett. 1978 Mariano vende angurie alla fontana La foto che fece il giro del mondo(senza internet), scattata verso la fine degli anni ‘50 e portata in Argentina da parenti di Daniela Baldo, deceduti i quali, viene rispedita in Italia