G iovanni C. F. C. V illa

Giovanni C. F. Villa Gattamelata e Colleoni.

Gattamelata e Colleoni Dialoghi e segnali di bronzo, di stili e di astuzie

22 Dialoghi e segnali di bronzo, di stili e astuzie Al nostro condottiero, appassionato di Imprese belle

Elisa, Alessandro, Filippo e Clementina Questa edizione è stata realizzata Uno scritto inedito in settantacinque esemplari numerati dedicato a Gregorio Chiorino dall’I al LXXV in occasione dei suoi 75 anni

Copia numero /LXXV Biella, 20 aprile 2020 Giovanni Carlo Federico Villa

Gattamelata e Colleoni Dialoghi e segnali di bronzo, di stili e di astuzie Il 31 maggio 1912 si inaugura solennemente, a Mosca, il Museo delle arti dedicato e intitolato allo zar Alessandro III: è una raccolta di calchi delle più celebri e significati- ve sculture prodotte dall’arte dell’Occidente. Un museo per l’istruzione e l’educazione. Per creare, attraverso la contemplazione dei capolavori del mondo antico, me- dioevale e rinascimentale, la formazione del gusto e per stimolare la creatività, l’emulazione e l’ingegno. Sarà poi dal 1932 il “Museo statale delle arti figurative” e infine dal 1937, nel centenario della morte, definitivamente dedicato ad Aleksandr Pushkin; con l’Ermitage di San Pietroburgo, è oggi la più grande raccolta in Russia di ar- te straniera, dall’antichità agli impressionisti e post-im- pressionisti. Resta, sempre imponente e quanto mai si- gnificativa, la raccolta delle copie, una summa dell’arte, dai fregi del Partenone all’Eretteo, dalla classicità roma- na risalendo verso il gotico internazionale. Poi, valicata la romanica Porta d’oro di Nostra Signora di Friburgo, dalla plasticità di Claus Sluter si giunge ai più celebrati esempi della tradizione italiana: dal David di Donatello a quello di Michelangelo, dai Della Robbia a Verrocchio, ogni scultura è riprodotta in gesso a grandezza naturale.

7 E qui, come segni fissati e immutabili, garanzia di due creare una sorta di ardito sistema di rinvii. Il donatelliano epoche, i termini che segnano l’uno il confine dell’Uma- Monumento a Gattamelata dominava sul Puits de Moïse, nesimo, l’altro l’avvio del Rinascimento: sono i monu- capolavoro di Sluter nella Certosa di Champmol, e sul menti equestri di Gattamelata e di Bartolomeo Colleoni, pulpito del Duomo di Siena di Nicola Pisano, sul fonte in ripresa fedele, non soltanto di proporzioni ma anche battesimale della cattedrale di Hildesheim e sull’altare di nelle colature del verderame, nei toni del tempo del cal- Kisszeben. Con la ristrutturazione del 1913 si organiz- co. Si crea così, in quella che si volle nuova Gerusalemme zerà una più organica Sala del Rinascimento, concepi- slava, la possibilità di un confronto visivo. Eccezionale ta da Gábor Térey: la giganteggiante statua equestre di perché si può ammirare da presso, ad altezza d’uomo, Colleoni risultava centrale, contornata dalle repliche dei il dialogo diretto fra i due monumenti che certificano capolavori di Duccio, Rossellino, Ghiberti, Andrea Bre- la Padova erede di Roma e la Venezia che guarda alla gno, Nanni di Banco, Brunelleschi, Donatello, Matteo tradizione greca. Opere che hanno rappresentato, nei Civitali, dei Pisano e dei della Robbia. secoli, i modelli della scultura equestre, monumentale e I casi di Mosca e Budapest sono testimonianza esem- commemorativa. plare della considerazione riservata alla coppia dei mo- Né Mosca è un episodio isolato. Chi, ai primi del numenti equestri veneti, eletti e riconosciuti da subito Novecento, avesse varcato un altro colonnato neo elle- modelli assoluti; con Gattamelata si celebra la stagione nico, allo Szépművészeti Múzeum di Budapest, sul lato umanistica, Colleoni afferma prepotentemente i valori occidentale dell’Hősök tere, la Piazza degli Eroi, anche lì e l’energia di quel periodo che sarà detto rinascimento. si sarebbe ritrovato con Colleoni e Gattamelata, fulcro Ma le scelte operate dagli artisti devono essere com- degli ambienti principali di una collezione concepita per prese nell’epoca storica che vide i “condottieri” come ricomporre l’intera storia dell’arte plastica. Accostando espressione insieme di ardimento e sagacia militare, di originali e riproduzioni, nel 1900 Gyula Wlassics stilava virtù che potevano essere rappresentate nella ricreazione un elenco di capolavori di cui acquisire le copie, e tra dell’antico. queste spiccavano i monumenti di Gattamelata e Colle- Dagli eserciti feudali e comunali il transito all’esercito oni, completi di basamento. Nel 1906 sarà inaugurata la di mestiere può essere compreso soltanto per il timore corte coperta, ove nella cosiddetta Sala romanica si inte- che le istituzioni signorili e le forme del principato ita- gravano perfettamente spazio architettonico, dipinti mu- liano potevano avere nei confronti del popolo, di una rali e opere scultoree, affiancando monumenti ungheresi classe sociale, o anche solo di un ceto di armati. Affidarsi ed europei. Alcune copie erano utilizzate in modo fun- ai capitani che offrivano le proprie competenze e i propri zionale, essendo l’accesso e l’uscita rispettivamente dalla salariati per aggredire o difendere, permetteva di eman- Porta d’oro di Friburgo e da quella di Gyulafehérvár, le ciparsi dalle conseguenze politiche e sociali di politiche altre opere erano proposte con logica estetizzante così da di pura sopraffazione. I capitani di ventura, significativa-

8 9 Andrea Verrocchio e Alessandro Leopardi, Monumento equestre a Bar- Donatello, Monumento equestre a Erasmo da Narni, detto Gattamela- tolomeo Colleoni, 1481-1488, bronzo, basamento marmoreo. La statua ta, 1447-1453, bronzo, basamento marmoreo con piedistallo in pietra altezza 395 cm. Venezia, Campo Santi Giovanni e Paolo. calcarea. La statua altezza 340 cm, lunghezza 360 cm; il basamento al- tezza 780 cm, lunghezza 410 cm. Padova, Piazza del Santo.

10 11 mente finanziati, dovevano essere in grado di condurre che definiremmo oggi di fidelizzazione sarà esaltato, campagne militari, ovvero scongiurare o mantenere sot- non a caso letterariamente, nell’elogio funebre tenuto to controllo i conflitti armati, e anche di mantenere una da Lauro Quirini, in occasione dei funerali di Stato nel pace retta su precari equilibri. Di volta in volta potranno 1443: per Quirini il Gattamelata fu “Tanto fedele e tan- anche essere interpretati come figure di legittimazione to prudente che fino a quando durerà Venezia (e lo sarà del potere, e come tali essere oggetto di costruzioni let- in eterno) i veneziani ricorderanno la sua mirabile fede terarie, soggetti per il mecenatismo culturale finalizzati a e degna laude. Quante cose questo fedele duca per la re- interpretare l’immagine del potere. pubblica operò non saprei oggi dichiarare […] Prudenza Erasmo da Narni, detto Gattamelata, e Bartolomeo nel consigliarsi, fortezza d’animo nell’agire e prontezza Colleoni rappresentarono due modi contrapposti di in- nell’eseguire; tolleranza mirabile per la fatica. Mai atroce terpretare il ruolo di condottiero. Entrambi ebbero un freddo, altissime nevi, lunghezza del cammino, gravezza peso determinante nei conflitti fra Venezia e Milano di morbo, lo poterono dalle imprese ritardare”. della prima metà del Quattrocento. Furono anche i più Erasmo da Narni, morto a settantatré anni, era figlio noti rappresentanti di un gruppo esclusivo e piuttosto di un fornaio e di Melania Gattelli: dalla storpiatura di circoscritto, visto che più della metà dei centosettanta quel cognome deriveranno il soprannome Gattamelata condottieri più significativi proveniva da tredici casate, e la prima insegna araldica inalberata sul cimiero, una ovvero veri e propri clan militari: Sforza-Attendolo, For- gatta color del miele, che diverrà poi uno scudo con tre tebracci-Piccinino, Orsini-Anguillara-Colonna, da San cappi di corda a simboleggiare la facilità con la quale Severino, Gattesco-Brandolini-da Leonessa, Mauruzzi, entrava e usciva dalle città assediate. Aveva percorso tutta Malatesta, Gonzaga, Manfredi, Estensi, Montefeltro e la carriera militare, iniziando con Ceccolo Broglio, si- Dal Verme. Tutti connessi da una attenta politica ma- gnore di Assisi, per poi unirsi alla compagnia di Braccio trimoniale tra famiglie, per mantenere il controllo sulla da Montone, vera scuola formativa. Quasi quarantenne “condotta” ovvero il contratto economico stipulato tra il divenne prefetto di cavalleria, e poté sposare Giacoma signore o la Repubblica e il “condottiero” che forniva le Bocarini Brunori. Fu tra i protagonisti della battaglia truppe per un determinato periodo. dell’Aquila del 2 giugno 1424, quando Francesco Sforza Per superare i rischi e i pericoli dei passaggi di campo, e Jacopo Caldora sconfissero Braccio da Montone; poi tra il 1430 e il 1454 si ebbe una politica di infeudamento tre anni dopo passò al servizio di papa Martino V, con dei capitani di ventura, finalizzata a garantire una lealtà l’incarico di “ammonire” i turbolenti signori dell’Emi- altrimenti aleatoria. Erasmo da Narni ottenne la citta- lia-Romagna, dimostrando nel compito un’astuzia che dinanza veneziana, fu insignito di un titolo nobiliare, diverrà nel tempo leggendaria, suscitando l’ammirazione ebbe la rara nomina onoraria nel Maggior Consiglio e di colleghi e magistrati. Esemplare lo stratagemma con gli fu offerto un palazzo a Venezia. Questo approccio, cui occupò il castello di Villafranca, presso Rimini, nel

12 13 1432: fatto credere ai difensori che era giunto per paga- numerica, Erasmo da Narni prende una memorabile re un riscatto, a ponte levatoio appena abbassato diede deliberazione decidendo di portare l’esercito nella città l’assalto con pochi uomini, conquistando la rocca. Un scaligera seguendo la sola via aperta, ovvero percorren- inganno replicato l’anno dopo a Castelfranco, con i me- do il periplo del Garda lungo la direttrice sud-nord. Al desimi risultati. tempo, una follia. La notte del 24 settembre 1438 il con- Ma il suo rifiuto a dare battaglia in campo aperto ri- dottiero lascia alla testa di 4000 cavalli e 1000 sultò disastroso per papa Eugenio quarto, il veneto Ga- fanti. Senza strade, si apre la via tra i boschi e i torrenti briele Condulmer. La costante “prudenza” del Gattame- della Val Sabbia, attraversa in armi i possedimenti dei lata permise a Francesco Sforza di invadere le Marche e conti d’Arco e del principe vescovo di Trento, all’altezza alla compagnia di Niccolò Stella di devastare l’Umbria; il di castel Tenno; sul fiume Sarca affronta un assalto delle pontefice dovette fuggire e la compagnia di Gattamelata truppe viscontee guidate da Luigi Dal Verme ma infine, fu lasciata senza un soldo. Lo soccorse il segretario pon- nella notte tra il 28 e il 29 settembre, entra a do- tificio, Flavio Biondo, facendo da mediatore nel febbraio po aver varcato il passo di Peneda, la valle di Sant’Andrea 1434 con una Venezia che invece apprezzava il tempe- e la Val d’Adige presso Rovereto. È un’impresa epocale: ramento conciliante del condottiero. Dopo l’armistizio nessuno era mai passato per quell’area montuosa a nord. formale tra il Papato e lo Sforza, la Serenissima si offrì Nell’impresa Gattamelata aveva perso 600 cavalli e di rilevare il contratto della condotta pagando anche gli svariati carriaggi, ma aveva salvato il grosso dell’esercito ultimi mesi di servizio. Ben contento Eugenio lo lasciò veneziano, potendo così difendere le città venete del ver- libero e il 16 aprile 1434 Gattamelata entrava al servizio sante occidentale: all’inferocito Piccinino è attribuito un della Repubblica di San Marco con i suoi 450 cavalli e rabbioso “Ne ha saputo più il gatto che il sorcio!”, men- 850 picche. Iniziò allora la fase più abile e fortunata della tre l’umanista bergamasco Giovanni Pontano, nell’elogio sua attività, impegnato nelle battaglie contro Milano sul funebre davanti ai senatori veneziani, paragonerà quella teatro di guerra tra Brescia, il Garda e Verona. Nel 1438 ritirata per la via montuosa a nord del Garda alla marcia è brutalmente ingaggiato da Niccolò Piccinino, coman- di Annibale attraverso le Alpi. Gattamelata è ormai assi- dante dell’esercito visconteo che, varcato l’Oglio, dilaga milato agli antichi eroi e condottieri che sapevano fug- nella pianura bresciana; Gattamelata, pur vittorioso nella gire ogni eccesso per non essere vittima della tracotan- battaglia di Rovato dell’11 agosto 1437, è costretto a ri- za, l’ubris; diventerà esempio di moderazione e sagacia, parare nella roccaforte di Brescia. Posizione difficile, poi- espressione anche di un condottiero amatissimo dai suoi ché le truppe del marchese Gonzaga hanno chiuso la via uomini, conosciuti uno per uno. per Verona e occupato il territorio intorno al Mincio e al Grazie a questa impresa, e alla successiva defezione di basso lago, fino a Salò. Assediato, non potendo far conto Gianfrancesco Gonzaga, è nominato capitano generale sulla forza delle armi, conscio della propria inferiorità dell’esercito veneto, con condotta stabile di 3000 cavalli

14 15 e 500 fanti, uno stipendio mensile di 500 ducati e un un centinaio di metri che porta all’odierno passo di San palazzo in calle Corner a San Polo a Venezia, valutato Giovanni. Argani giganteschi montati in cima alla salita seimila ducati. Una cifra significativa se consideriamo il permettono di superare anche questo dislivello. Resta ducato, al tempo, equivalere a 3,494 grammi di oro 24 l’ultima difficoltà: la discesa della ripida valletta di San- carati. Per ottenere la carica, politicamente Gattamelata ta Lucia, passando per l’abitato di Nago – si abbattono ebbe il sostegno di alcuni fra i protagonisti delle successi- alcune case per facilitare il percorso – sul versante est ve stagioni istituzionali, già suoi provveditori in campo, del picco roccioso sul quale sorge il castello di Penede. rettori o capitani: Francesco Barbaro, Jacopo Antonio Si sfrutta anche la brezza pomeridiana, issando le vele Marcello – cognato del futuro doge Foscari – Andrea per frenare le navi nello scivolo verso la meta prevista, le Dandolo, Taddeo d’Este. E nel settembre 1439 realizza acque di Torbole. una nuova, epica impresa: “Galeas per montes condu- È l’ultimo colpo di genio dell’anziano condottiero: cendo” come titolò il Senato veneto. l’anno dopo lo ferma un ictus. Paralizzato, spirerà all’ora Per rifornire Brescia e contendere ai nemici il dominio del vespro il 16 gennaio 1443 in palazzo Lion a Padova. del Garda, Gattamelata studia con l’ingegnere dalmata L’attuale numero 61 di via Vescovado, nei pressi del Duo- Niccolò Sorbolo una linea difensiva che va dal lago ai mo, è la sede della sua piccola corte: familiari, cancellieri, monti soprastanti . Si tratta di trasporta- marescialli, musicanti, cappellani e cerusici. I veneziani, re via terra e lungo l’Adige un convoglio di venticinque consci di una correttezza e lealtà ben rare, decretano una barche, cariche di armi e vettovaglie, e cinque galee, tre giornata di lutto in tutti i territori della Serenissima e piccole e due lunghe, ciascuna lunga 40 metri e pesante solenni esequie: stanzieranno duecentocinquanta ducati. ben 250 tonnellate. L’impresa stupefacente sarà compiu- Nell’orazione funebre pronunciata a Padova Quirini lo ta in una quindicina di giorni. Le imbarcazioni, trascina- definisce “homo pius, vir humanus, modestus, prudens”; te da migliaia di uomini e altrettanti animali da lavoro, e poi la massima lode: “patriam patresque salvavit”. Do- lasciano la laguna di Venezia dirette alla foce dell’Adige. dici giorni dopo le esequie si ripeteranno a Venezia, in Navigando controcorrente con remi e vele, abbattendo presenza di doge e senatori. Questa volta sarà Pontano ponti di barche e varcando paludi, risalgono il fiume a recitare l’orazione funebre: “Non mai il potere lo rese fino a Verona. Si infilano nello stretto passaggio della soperchiante, non mai la vittoria superbo. Nel dar mano Chiusa e toccano Mori, ove vengono tirate a secco. Da alle imprese, prudente; nel condurle, tenace; nel com- qui sono trasportate su appositi carri che utilizzano, nella pierle, bene attento”. Francesco Barbaro e Ciriaco d’An- loro ascesa attraverso la catena del Monte Baldo, rota- cona scriveranno due epitaffi in latino, il napoletano ie in legno, smontate e ricomposte l’una avanti l’altra. Porcelio Pandone detterà l’epitaffio scolpito sulla tomba, Giunti al lago di Loppio le imbarcazioni sono rimesse in un’arca nella Basilica del Santo in una cappella origina- acqua, e navigano fino all’altezza di un salto naturale di riamente dedicata ai santi Francesco e Bernardino da

16 17 Siena. Sul coperchio marmoreo del sarcofago, secondo anche per coloro che serviva: per tre lustri la carriera di tradizione, è sbalzato il Gattamelata supino, ammantato Colleoni caratterizzata da continui passaggi dal fronte della sua armatura, con la spada d’onore e il bastone di veneziano a quello lombardo, con una presto proverbiale comando scolpiti dal maestro Gregorio di Allegretto. Il mancanza di lealtà, generata da una leggendaria avidità, decoro pittorico è affidato al veneziano Matteo dal Poro, cercando sempre di strappare le condizioni migliori per al padovano Pietro Calzetta e a Jacopo da Montagnana: le sue condotte. Francesco Filelfo, nell’Oratio parentibus dovranno affiancare l’ultimo capolavoro commissiona- de divi Francisci Sphortiae Medio ducis felicitate e nell’O- to dalla moglie, l’intelligente matriarca Giacoma: sarà ratio in funere divae virginis per Bianca Maria, vedova un’opera celeberrima, la Pala Gattamelata, tragicamente dello Sforza, lo descrive quale traditore abituale e di in- perduta nel 1651, firmata “Jacobi Bellini Veneti Patris, saziabile avarizia. Tanto da guadagnarsi il primo posto ac Gentilis, et Joannis Natorum Opus”, ove dieci figure nella filippica di Macchiavelli contro la specie esecrabile ignude piangevano l’eroe morto. dei condottieri, anteponendolo a Roberto Sanseverino e Più modesto, e peraltro elegantissimo, nella cappel- al conte di Pitigliano, Niccolò Orsini. la che il duce s’era fatto costruire a fianco del Duomo Sarà però il Consiglio dei Dieci di Venezia, in mo- di Bergamo, per accogliere l’amata figlia, il cenotafio di do del tutto inusuale, a definire una volta per tutte il Bartolomeo Colleoni, morto ottantenne nel 1475. Un rapporto con Colleoni. Firmando il 4 marzo 1454 una condottiero per carattere e indole diversissimo da Gatta- condotta – resa pubblica il 12 aprile – in cui otteneva melata, con cui s’era scontrato nella battaglia de L’Aquila 3.000 cavalli per due anni di ferma e uno di rispetto a del giugno 1424 – quando ne blocca, con poche forze a fronte di uno stipendio di 100.000 ducati l’anno. Tra le Collemaggio, le squadre di cavalleria – per poi affiancar- varie clausole annesse, una era la promessa del titolo di lo nel 1439, proteggendo il trasporto su carri della flotta capitano generale non appena la carica si fosse resa va- veneta sul Monte Baldo, e da qui fino a Torbole, nella cante. Era quanto massimamente Colleoni ambiva. Un “Galeas per montes”. Un omone, il Colleoni, massiccio ruolo strappatogli dal cognato di Gattamelata, Gentile nei tratti tipici del bergamasco. Rapido e feroce negli da Leonessa, più abile diplomaticamente, nominato nel attacchi, eccellente tattico, aveva precocemente intuito febbraio 1451 generalissimo superando Niccolò Piccini- i mutamenti anche tecnologici in atto, enfatizzando il no e proprio Colleoni, che poi lo sconfiggerà e ucciderà ruolo della fanteria e sfruttando al meglio la nascente nella battaglia di Manerbio, il 19 aprile 1453. E dovrà artiglieria con il montaggio di bombarde e spingarde attendere altri due anni per ottenere il titolo tanto bra- su carrette veloci, trasformando le tecniche di combat- mato; con la cerimonia tenutasi a Brescia il 24 giugno timento con versatilità. “Benigno ai suoi ed ai nemici 1455 si consacravano vent’anni di aspirazioni, suggel- crudo”, nelle parole dell’amico Antonio Cornazzano, le lando definitivamente l’accordo con Venezia. Per lui, depredazioni dei suoi soldati erano proverbiali e temibili uomo di grandi brame che non aveva mai abbandonato

18 19 Monumento equestre a Gattamelata, piano americano. Monumento equestre a Colleoni, piano americano.

20 21 il desiderio di crearsi un proprio solido stato indipen- e del sapere accademico. Il De viris illustribus di Petrarca dente nell’alveo della Serenissima, significava mutarsi – eroi antichi ed eroi repubblicani, militari, statisti, im- in un feudatario stabilmente installato sulla frontiera in peratori – diverrà negli anni Settanta del Trecento la Sala qualità di difensore permanente dello stato. I possedi- degli eroi della Reggia dei Carraresi di Padova, affrescata menti di Colleoni, distribuiti su di una significativa area plausibilmente da Altichiero da Zevio e Jacopo Avanzi, a territoriale della bergamasca meridionale, divennero la ribadire l’origine aulica della città di Tito Livio. Glorifi- migliore protezione dell’approccio occidentale a Brescia: cazioni di casate e suggestioni cavalleresche daranno vita il fulcro nel castello di Malpaga, acquistato diroccato per alle esperienze del gotico cortese, in cicli privati come soli 100 ducati nel 1456 dal Comune di Bergamo e pre- quello degli Eroi ed Eroine del Castello della Manta a sto mutato in grandiosa residenza, fortezza e guarnigione Saluzzo, indirizzando al formidabile sviluppo che il tema insieme. Sarà il feudo più amato, ospitando negli anni avrà dagli anni Trenta del Quattrocento a iniziare dagli Borso d’Este, i figli di Francesco Sforza, il duca di Bor- Uomini illustri affrescati da Masolino da Panicale in una gogna Carlo il Temerario e il re Cristiano I di Danimarca sala del palazzo di Montegiordano su commissione di con i suoi duemila uomini in pellegrinaggio verso Roma. Orsini: periti nel 1485 nell’incendio della rocca a opera Qui il condottiero morirà nel novembre 1475. I suoi fu- dei Colonna, raffiguravano 350 figure su più registri a nerali, in forma solenne a Bergamo, si concludono nella formare una cronaca universale, connotando uno dei più sepoltura – recentemente riportata alla luce – all’interno significativi cantieri del primo Rinascimento. Del quale del capolavoro di Giovanni Antonio Amadeo, la cappella dovette certamente tenere conto Andrea del Castagno da lui fatta edificare a ridosso della basilica di Santa Ma- per il suo ciclo di Illustri affrescato nella Villa Carducci a ria Maggiore. Legnaia, ora alla Galleria degli Uffizi. Gattamelata e Colleoni: due condottieri presto cele- In questo contesto si innesta il tema della statua eque- brati nella coppia di monumenti che segnerà profonda- stre, icona del nuovo eroe rinascimentale. All’origine le mente la ricezione dell’arte moderna a Padova e Venezia, effigi funebri, in legno o pietra, sulle tombe: è il caso espressione del mutato contesto sociale e politico per la delle Arche Scaligere a Verona, con i baldacchini pira- centralità del tema dell’eroe, protagonista di committen- midali sormontati dalle statue equestri di Can Grande ze pubbliche che esaltavano le res gestae, poi enfatizzate in (morto nel 1329) e Can Signorino della Scala (morto letteratura e medaglie, ritratti, statue. Si riprende il prin- nel 1375) o, nel Duomo di Siena, il monumento ligneo cipio classico e medioevale per cui le città italiane, rag- al condottiero Gian Tedesco, forse di mano di Jacopo giunta tardi l’indipendenza, cercano figure di riferimento della Quercia e che, andato distrutto nel XVI secolo, do- cui saldare una loro leggendaria fondazione o attingere ai veva essere simile al Monumento funebre a Paolo Savelli, nuovi valori che vanno definendo gli ideali repubblicani nel 1408 posto sul suo sarcofago in Santa Maria Glo- della civiltà classica nel culto della santità, della cavalleria riosa dei Frari a Venezia. O ancora, a Milano, la statua

22 23 in marmo a Bernabò Visconti di Bonino da Campione la fusione. Poteva soltanto ricordare, Maestro Gregorio, del 1363 e il sepolcro di Cortesia da Sarego in Sant’Ana- che gli antichi sapevano farne altre di statue gigantesche: stasia a Verona, realizzato tra il 1424 e il 1429. Accanto come il Publio Orazio Coclite, l’eroe di ponte Milvio a questi, gli esempi pittorici compiuti in spazi e tempi esaltato a cavallo, ricordato da Plinio come primo omag- esemplari: dal 1328 del Guidoriccio da Fogliano all’asse- gio commemorativo voluto dai Romani. Ne recupererà dio di Montemassi, il celeberrimo capolavoro di Simone il ricordo, nostalgicamente, Porcelio in un carme per Martini nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubbli- Francesco Sforza, tornando poi nel 1460, con il Libellus co di Siena, al 1436 in cui Paolo Uccello, seguendo gli de arte fusoria, a mostrare quale fosse l’entusiasmo degli auspici di Coluccio Salutati, affresca in Santa Maria del ambienti intellettuali per la fusione in bronzo, esaltando Fiore a Firenze il Monumento equestre a Giovanni Acuto, la tecnica che avrebbe necessitato non dell’artigianale il condottiero John Hawkwood. Se vent’anni dopo An- bottega, ma di un’officina bene organizzata, un labora- drea del Castagno realizza il suo corrispondente con il torio di forza e sapienza. Monumento equestre a Niccolò da Tolentino, l’Acuto è un Da quella esperta antichità, poco era giunto; insieme passo significativo verso il Gattamelata patavino, essendo al Marco Aurelio, salvato dalla fusione grazie all’errata originariamente immaginato in forma scultorea e solo in identificazione con Costantino imperatore cristiano, e un secondo momento mutato in affresco per limitare i già nell’VIII secolo portato sul Laterano, c’era il Regisole. costi. Si tratta di archetipi in una Firenze che riscopriva A Pavia lo si considerava rappresentazione di Teodorico, le Vite di Plutarco, mentre a Venezia Landino editerà nel collocandolo in un’età barbarica che ancora sapeva usare 1489 la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, auspici di l’arte degli antichi. Era una fusione a cera persa, capace una formidabile rinascita del tema del ritratto, come nel di meravigliare Petrarca che ne scrisse a Boccaccio; di- 1550 ricorderà Giorgio Vasari: “si vede in ogni casa di strutta nel 1796, non possiamo con certezza né attribu- Firenze sopra i camini, usci, finestre e cornicioni infiniti irla né datarla. di detti ritratti tanto ben fatti e naturali che paiono vivi”. La generazione degli umanisti, nella Padova inse- E però ancora nulla di gettato in bronzo, nulla di mo- minata da Petrarca, va ramificando una comunanza numentale, nulla che nello spazio urbano ricordasse e progettuale, un accordo di committenti, intellettuali e commemorasse e fosse indipendente dal memoriale fu- artisti tutti tesi all’ideazione del monumento equestre, nerario. Se ne rammaricava già nel dodicesimo secolo il vincendo la resistenza a collocare una statua al centro Maestro Gregorio, celebrando nel De mirabilibus urbis di uno spazio isolato ed esterno, a farne un polo di at- Romae quella mirabile statua equestre di Marco Aurelio, trazione, un modello virtuoso su cui forgiare l’identità la fusione in bronzo dorato datata intorno al 180 della urbana. Qualcosa che riprendesse l’occasione ferrare- nostra era, magnificamente alta quattrocento e venti- se della statua dedicata al marchese Niccolò III d’Este; quattro centimetri: anche solo impossibile concepirne compiuto il cavaliere da Niccolò Baroncelli, discepolo

24 25 di Filippo Brunelleschi, e il cavallo da Antonio di Cri- so di quattordici libbre, donato dallo stesso Erasmo da sotoforo, l’impresa era stata posta nel giugno 1451 su di Narni alla chiesa della Santissima Annunziata di Firenze. una grandiosa mensola sostenuta da una colonna, crean- Quanto concepisce Donatello ha i crismi dell’ecce- do un arco collegato al Palazzo Ducale. Commissionata zionalità in ogni suo dettato. A cominciare dal porre un dieci anni prima, realizzata in non meno di sette anni, monumento pubblico in una Padova che, sotto il domi- partecipata in fase progettuale da Leon Battista Alberti, nio della Serenissima dal 1405, con questa scelta ribadi- anche quest’opera rara andrà disgraziatamente distrutta sce una precisa autonomia culturale, forte della propria nel 1796: per noi sarebbe stata un’occasione importante Università e di un’ascendenza romana, orgogliosa di aver per capire meglio l’impresa del fiorentino che, a Padova, dato i natali allo storico Livio. Necessaria sarà però la accoglie la commissione quanto mai innovativa e impe- volontà e assenso della Dominante nel tributare gli ono- gnativa di un monumento equestre. ri a un condottiero inevitabilmente paragonato all’eroe E però Donato di Niccolò di Betto Bardi, che tutti romano Quinto Fabio Massimo, cui nuova gloria aveva conoscono come Donatello, saprà comunque distaccarsi dato la traduzione latina del testo di Plutarco. L’avval- dagli esempi tradizionali con il Monumento equestre al lo all’operazione sarà reso possibile dalla mediazione Gattamelata, l’opera innovativa che segnerà una rivolu- di Francesco Foscari, doge dal 1423, figura chiave per zione. “Avvenne in quel tempi che signoria di Vinegia, favorire le condizioni per l’erezione della statua comme- sentendo la fama sua, mandò per lui, acciocché facesse morativa, strumentale alla sua inclinazione umanistica e la memoria di Gattamelata nella città di Padova: onde all’espansionismo in terraferma ma anche uomo atten- egli vi andò ben volentieri, e fece il cavallo di bronzo, to all’autocelebrazione, consacrato nell’arco trionfale di che è sulla piazza di Sant’Antonio, nel quale si dimo- ingresso a Palazzo Ducale. Sono anni in cui Venezia è stra lo sbuffamento e il fremito del cavallo, ed il grande consapevole della necessità di onorare la morte dei sol- animo e la fierezza vivacissimamente espressa dall’arte dati fedeli, così da comunicare un messaggio di lealtà nella figura che lo cavalca. E dimostrossi Donato tanto per i successori ed evidenziare la responsabilità che lo mirabile nella grandezza del getto in proporzioni ed in stato si assume nei confronti delle famiglie. La possibi- bontà, che veramente si può agguagliare a ogni antico lità di farlo con la struttura ‘all’antica’, romana, del mo- artefice in movenza, disegno, arte, proporzione e diligen- numento, asseconda l’approccio imperialista di Foscari, za. Perché non fece stupire allora que’ che lo videro, ma svolto di pari passo con un tentativo di accreditamento ogni persona che al presente lo vede”: è Giorgio Vasari a signorile del suo dogado, saldando l’umanesimo veneto ricordare, nelle Vite, quanto compiuto a Padova da Do- e fiorentino nelle figure di Poggio Bracciolini, Francesco natello. Che, quando viene incaricato dell’esecuzione del Barbaro, Guarino Veronese, Leonardo Bruni e Lauro monumento, ha un solo precedente di rappresentazione Quirini. Tutti personaggi connessi al controverso figlio di Gattamelata a cavallo: una scultura in argento, del pe- del doge, Jacopo Foscari, giovane principe patrono delle

26 27 Monumento equestre a Gattamelata, primo piano. Monumento equestre a Colleoni, primo piano.

28 29 lettere e prosecutore delle virtù civiche. La rotta patavi- reccie. Non mai tollerò a’ soldati di crudelmente rapire o no-veneziana era anche strutturata su di un asse fioren- malmenare le madri di famiglia, o le vergini, o i fanciulli tino; la presenza medicea è determinante: nel settembre ingenui”. Giunto al culmine della carriera, Donatello è 1433 Lorenzo il Vecchio è esiliato a Venezia e Cosimo a con certezza già a Padova nel gennaio 1444, al lavoro sul Padova. Ed è in rapporto con Gattamelata, come testi- Crocifisso per la Basilica del Santo. Al bronzo del Gatta- moniano cinque lettere inviate dal condottiero al Medici melata dovette lavorare tra il 1444 e il maggio 1447, im- tra il 1434 e il 1439. Quanto a Donatello, sarà per qua- pegnandosi con numerosi aiuti, come testimoniano una rant’anni legato proprio alle commissioni medicee. serie di preziosi documenti. Il 16 maggio 1447 Francesco E perciò il doge Foscari e i Medici, dopo la morte di Guadagni viene rimborsato per “ispese facte in condurre Gattamelata, metteranno in moto un’azione politico-di- rame et stagno da Vinegia a Padova per lo petto et corpo plomatica che consentirà al Senato veneziano di auto- del cavallo di Gattamelata” e il 20 maggio Donatello è a rizzare la creazione del monumento a Padova e al figlio sua volta risarcito “per più spese fatte del suo […] da dì Giovanni Antonio e alla vedova del condottiero, Giaco- 10 di marzo insino a 20 maggio per portatura delle for- ma Bocarini Brunori, sorella di Gentile da Leonessa, di me del cavallo et dell’huomo da casa sua al maglio”, cioè chiamare Donatello per il “seplucrum lapideum et ho- alla fonderia. Sappiamo inoltre che Andrea del Caldiere, norabile, secundum quod docet Magnificentiam suam” colui che poi fonderà i bronzi per l’altare del Santo, fu auspicato dal condottiero nel suo testamento del 1441. pagato “per più getti del cavallo” e nuovamente Donatel- In esso lascia mandato di spendere, tra tomba e funerali, lo “per votare e riempire la fossa al Maglio ove si gittò la una somma oscillante tra i 500 e i 700 ducati. groppa” e “per arecatura della detta groppa dal Maglio a Donatello ha un compito impegnativo, e senza pre- casa sua”. Settimane di intenso lavoro, ormai approntati cedenti. Gli si chiede di ideare una statua che restituisca i modelli per la fusione del cavallo e del cavaliere con la l’archetipo della virtù militare secondo i canoni tradizio- tecnica della cera persa, l’operatività classica riscoperta nali dell’antichità. Questo l’obbiettivo che deve ottenere su dimensioni monumentali da Donatello con il monu- tramite la raffigurazione di un condottiero sui generis, mentale bronzo dorato del San Ludovico di Tolosa, ora per i tempi, poiché Gattamelata non aveva ambizioni nel refettorio del Museo di Santa Croce a Firenze. Già a politiche e non prendeva parte a giochi di potere, man- marzo, ancora prima di terminare la fusione, Donatello tenendo l’unico obiettivo di assolvere nel migliore dei aveva avviato la costruzione del basamento: il 25 mag- modi le incombenze militari affidategli, con la massima gio lo scalpellino Antonio di Giovanni è pagato per 45 lealtà e devota fedeltà allo Stato che lo pagava. Come ri- giornate e mezzo di lavoro “in sul pilastro della sepultura cordano Lorenzo Quirini e Giovanni Pontano nelle ora- di Gattamelata”. Da qui, ed è difficile comprenderne i zioni funebri egli “non mai permise saccheggiar le città, motivi, intercorrerà un periodo piuttosto lungo prima spogliare i templi, devastar i campo, guastar le case ville- della messa in opera. Anche considerando la necessità del

30 31 montaggio dei pezzi fusi singolarmente, la rinettura e la Orgogliosamente firmando “Opus Donatelli Flo”, cesellatura, soltanto nel 1453 a Venezia si rogherà l’at- in capitale latina incisa in pietra secondo l’uso classi- to di stima e liquidazione dei lavori per il monumento. co – in una logica di utilizzo che sarà poi ampiamen- Donatello si impegna a mettere in opera la statua “super te divulgata da Andrea Mantegna – Donatello sceglie ipsam columpnam” entro il mese di settembre 1453, di rappresentare Gattamelata nel pieno del suo vigore, l’atto finale di una commissione valutata, il 3 luglio di offrendoci l’immagine di un uomo d’azione, energico e quell’anno, da otto arbitri, scelti tra lapicidi, orefici e pit- fiero. Il capitano è alla guida delle sue truppe. Con il tori che, quel giorno a Padova, tenuto conto de “el tem- bastone di comando che gli offrì Venezia nel 1438 in- po può essere andato a far far le forme del decto cavallo e dica il movimento, lento e misurato, che condurrà alla homo, e zitarlo et da può zitado, netarlo e complirlo […] vittoria. Immediata è la suggestione di quell’idealizza- et el gran magisterio et inzegnio sono stati in far et zitar zione imponente e sensibile realismo che conferiscono el decto cavallo et homo” ne stimano il valore in 1650 all’insieme la caratteristica espressività. Gattamelata ducati d’oro. A pagare una cifra che sarà oltre il triplo avanza esprimendo un sentimento di gravitas romana: è di quanto previsto inizialmente, sarà il figlio Giovanni a capo scoperto; un elmo avrebbe reso il guerriero nulla Antonio tramite il banco di Onofrio Strozzi, figlio del più di una macchina da guerra, governata da una volon- grande mecenate Palla Strozzi, a sua volta in esilio pata- tà superiore, come quella divina nella caratterizzazione vino dal 1434 e fino alla morte, che lo coglierà l’8 mag- medievale. Il volto concentrato, le sopracciglia aggrot- gio 1462 nel suo palazzo verso il Prato della Valle. Palla tate tradiscono la determinazione di chi deve condurre a Padova aveva portato la sua ricchissima biblioteca, lui gli uomini in battaglia seguendo uno schema mentale che era stato il committente della Cappella Strozzi nella vittorioso perché lungamente meditato. Le mascelle e Basilica di Santa Trinita, capolavoro di Brunelleschi e di le labbra serrate significano consapevolezza e forte de- Ghiberti, ornata con l’Adorazione dei Magi, ultima esal- terminazione, così come le guance e le tempie scavate, tazione del linguaggio gotico di Gentile da Fabriano e l’occhio fermo e profondo, i capelli cortissimi, seguo- poi dal capolavoro già umanistico, nel paesaggio aperto no un’idealizzazione more romano che guarda ai modelli e nel gioco di piani e di luci, della Deposizione di frate dei duces di epoca tardo-imperiale, esprimendo la ferrea Giovanni da Fiesole, poi detto Beato Angelico. Con Pal- volontà di un carattere indomito. Se il viso è quello di la Strozzi, protagonista dell’umanesimo fiorentino, Do- un uomo ormai avanti con gli anni, ma non ovviamente natello poteva dialogare, così come con il vescovo Pietro l’anziano Gattamelata degli ultimi giorni, morto poco Donato, Francesco Barbaro, Jacopo Zeno, lo stesso Leon prima dell’arrivo di Donatello a Padova, è probabile la Battista Alberti e il prezioso e valente antiquario Ciriaco somiglianza del ritratto, considerata la profonda caratte- d’Ancona, diretto conoscitore della cultura greca, im- rizzazione dei lineamenti: dalle rughe che demarcano il portante per alcuni dettagli del monumento. passaggio tra guancia e bocca alla tensione delle labbra,

32 33 rivolte in basso, seguendo il movimento discendente del gorgone alata, allusione alla fama del personaggio e sua muscolo facciale verso il mento; dagli alti zigomi, che immortalità, motivo ripreso sulle frange pendenti al di incorniciano un naso importante, alla fronte spaziosa. sotto del cinturone e negli snodi dei ginocchielli. Ribadi- Donatello può essersi servito di una medaglia che ri- to dai motivi fitomorfi e dai numerosi putti e cherubini traeva il condottiero di profilo, come in uso all’epoca, alati, ingredienti ricorrenti in connessione con il concet- mirando poi a un equilibrio tra realismo fisionomico e to di protezione: sei musicanti a decorare il cinturone; idealizzazione psicologica. altri, in volo reggendo delle trecce, decorano la coperta Le gambe tese sulle staffe, Gattamelata fissa un pun- della sella da parata. Qui appaiono due magnifici putti to lontano, inevitabilmente concentrando tutta l’azione ignudi a sorreggerne il posteriore, mentre sul retro sono nello sguardo fisso e fiero, trasmettendo determinazione, sbalzate due figure senza armatura che, cavalcando a pelo potenza, forza di volontà, attitudine al comando, lealtà e con in mano una torcia accesa, rinviano ai cavalieri ate- integrità morale. Al giovane bello e fisicamente perfetto niesi offrendo il senso di un programma commemorati- dell’antichità classica si sostituisce la rappresentazione vo di apoteosi eroica. Per essi, Donatello potrebbe aver dell’uomo razionale, l’eroe moderno, rappresentato nella avuto a disposizione disegni riproducenti il fregio pana- sua umanità, aggiornando modelli e sfuggendo ogni ci- tenaico del Partenone per il tramite di Ciriaco d’Ancona. tazione sterilmente antiquaria. L’ornatissima sella presenta poi, sul pomo, due teste di La sapiente alternanze di luci e ombre, oltre a rivelare gatto, l’animale emblema del condottiero, e sulle staffe i tratti del viso, esalta la riflessione compiuta sull’elabo- teste d’ariete. La scelta di raffigurare la sella da parata ratissimo decoro di un’armatura inventata da Donatello indica l’indipendenza di Donatello dai modelli antichi, parafrasando liberamente una lorica romana; che, dotata quando si cavalcava con un semplice cuscino allacciato di spallacci con frange e gonnellino con strisce di cuoio e alla pancia dell’animale, e il rifarsi in questo al contesto lamelle, consente all’artista un’allusione all’antichità, at- a lui contemporaneo. Un uso riconoscibile anche nei fi- tribuendo alla statua un alone e un impianto classici, in nimenti e nei lacci – aggiunti a scultura ultimata, quali un intento lontano da ogni fedeltà archeologica e neppu- dettagli naturalistici, sotto forma di strisce di metallo – re corrispondente a quanto in uso ai tempi della fusione posti a trattenere la lunga spada di presentazione papale, del monumento. Dell’armatura quattrocentesca Dona- esplicito riferimento al servizio prestato presso i pontefi- tello mantiene solo alcuni elementi, facilmente identi- ci prima del suo passaggio al soldo di Venezia. ficabili: le cubitiere con alette, gli antibraccia, i gambali Alla vigorosa calma del condottiero corrisponde l’an- completi di cosciali, ginocchielli, stincaletti, schiniere, datura pausata, senza esitazioni, cadenzata di un tipico scarpe a lame con sproni a tallone, con tutto un rimbalzo destriero da battaglia, a formare un tutt’uno con il cava- d’echi riferibili al mondo classico e cristiano. Il centro del liere. La massa tornita dell’animale appare attraversata da pettorale è occupato da una magnifica e tragica testa di un’evidente tensione e, nonostante il movimento tratte-

34 35 Monumento equestre a Colleoni, primo piano. Monumento equestre a Gattamelata, primo piano.

36 37 nuto, trasmette grande forza tramite un modellato che anteriore su di una palla di cannone, così da conferire consente alla luce di scivolare morbidamente. Tangenze maggiore equilibrio alla scultura. luminose che rivelano le rotondità muscolari e creano Normalmente, all’interno di una statua fusa in bron- ombre profonde nella zona degli occhi, del muso, della zo si usava inserire un’armatura di ferro per fissarla sal- criniera e della coda arditamente inarcata e legata da un damente alla base. In questo caso, la relativa sottigliezza fiocco che, alla privilegiata visione laterale, richiama il delle zampe del cavallo deve reggere, oltre al corpo dell’a- disegno del giglio fiorentino sul gonfalone comunale. La nimale, anche il peso del cavaliere. Una zampa sollevata testa del cavallo è una citazione di una protome equina avrebbe compromesso l’equilibrio del gruppo, per que- databile al primo ellenismo e ora al Museo Archeologi- sto Donatello scelse la soluzione della sfera, una forma co di Firenze, già in possesso dei Medici-Riccardi e ben che bene si integra bene con le linee curve del cavallo. conosciuta da Donatello. Il muso sensibile e fremente, la Nel complesso, cavallo e cavaliere appaiono con- tensione che allarga le froge, le vene affioranti, la bocca cepiti attentamente, su precisi rapporti geometrici. aperta e le pieghe che ne increspano il manto del collo Se la mole del cavallo contribuisce alla composizione testimoniano un temperamento selvaggio. Nonostante determinando una solida orizzontale, il busto eretto ciò il condottiero domina l’animale con calma sovranità, del capitano si erge in verticale: l’insieme si iscrive in senza fatica apparente, come testimonia la mano sini- un quadrato e, guardando la statua dal profilo verso il stra che, leggera, non ha bisogno nemmeno di tirare le Santo, la linea formata dal bastone del comando e dal redini. La simbiosi tra cavaliere e destriero, la loro co- fodero della spada segna una diagonale perfetta, tan- munione d’intenti porgono allo spettatore il messaggio gente al collo arcuato del cavallo, e appare in un preci- di un Gattamelata vittorioso grazie alla sua intelligenza so, reciproco rapporto formale che concorre a rimarca- nel dominio di un animale le cui proporzioni sono leg- re virtù guerriere e qualità morali e intellettuali. Oltre germente superiori a quelle del cavaliere, in un effetto a indicare come Donatello abbia voluto privilegiare le voluto proprio per accentuare l’impresa del comando del due vedute laterali, pur potendosi ammirare il gruppo condottiero, capace di cavalcare un animale di tale staz- stagliarsi sullo sfondo del cielo dal maggior numero di za. Raffigurato in un perfetto passo riunito: il diagonale angolazioni possibile. La scelta di forme regolari deter- destro (anteriore destro e posteriore sinistro), congiunti, mina l’immagine di chiarezza, rigore e razionalità, ben spingono la massa, il bipede diagonale sinistro (ante- percepibili pur essendo cavallo e cavaliere collocati su riore sinistro e posteriore destro disgiunti) si prepara a di un piedistallo di trachite alto quasi otto metri. sostituire il primo. Una scelta che consente a Donatello Su tre gradoni a spigoli vivi poggia una struttura ar- di risolvere anche il problema della staticità tipico delle rotondata sulle due facce frontali con, sulle laterali, il statue equestri – sostenere una massa importante su ba- motivo di una porta in calcare bianco: a ovest quella si piccole e non allineate – facendo poggiare lo zoccolo della vita, chiusa, a est quella della morte, schiusa verso

38 39 il Santo. Un simbolismo funerario evidente nell’attico tecnica adottando la ‘colata a cera persa’, ottimale per la posto al di sopra della lastra aggettante, ospitando i rilie- realizzazione di un monumento cavo, a tutto tondo, co- vi con le armi del condottiero sorretto da putti all’antica me documentato in Grecia fin dal VI secolo a.C. Un’o- alati, i custodi delle porte dell’oltretomba che reggono lo perazione artigianale su cui, nei secoli, poco ha inciso la stemma, l’elmo e altre parti dell’armatura del defunto. scienza, rimanendo immutata nel tempo così da poter Il complesso così concepito appare grandioso, ce- essere recuperata dopo la caduta dell’Impero Romano di lebrando nell’eroe l’esempio di valore pur riuscendo a Occidente quando le tecnologie fusorie s’erano ridotte mantenere il carattere umano nello schietto realismo e alla produzione di oggetti di culto o di piccoli utensili in assenza di abbellimento o idealizzazione. L’elevato di uso corrente. Il recupero avverrà con lo sviluppo della piedistallo, concepito per isolare il monumento e rimar- tecnologia di fusione delle campane, fondamentali per il care l’importanza del protagonista, è armoniosamen- rifiorire della fonderia d’arte in epoca comunale, cui se- te calcolato in relazione alla massa architettonica della gue la fusione in bronzo necessaria per adornare le chiese chiesa gotica, lievemente scostato rispetto alla facciata e con preziose porte, interpreti di significato spirituale. al fianco, in asse con il principale accesso viario prima L’impulso dei maestri fonditori provenienti da Bisanzio, dell’apertura dell’ampia via Luca Belludi verso il Prato ove l’arte non si era mai perduta, giunti in Italia attra- della Valle: quella via del Santo che, sull’asse nord-ovest, verso Venezia fu determinante, mentre Firenze incenti- consente a Gattamelata di essere rivolto verso la sponda vava significativamente le botteghe locali come quella di settentrionale del lago di Garda, scenario delle sue gesta. Lorenzo Ghiberti, ove nei primi anni del Quattrocento L’esito finale è la definizione di uno spazio ideale e senza Donatello assiste alla realizzazione della seconda porta tempo, con la statua che cristallizza una dimensione sto- del Battistero di Firenze. Il più prolifico artefice in bron- rica rendendo eterno il personaggio. zo della scultura rinascimentale sarà capace di strutturare Libera da funzioni funerarie diventa la prima opera un’organizzata bottega con un organico tra i diciotto e pubblica celebrativa. Concepita come un cenotafio sul venti assistenti, tecnicamente capaci di portare a termine sagrato della basilica, in un’area ancora adibita a cimi- opere del tutto eccezionali, perfettamente coordinati dal tero stando alle notizie offerte da Bernardino Scardeone maestro. Aiuti che si riveleranno essenziali, se dobbiamo nel 1560, l’opera si propone come forma autonoma, dare retta alle testimonianze contemporanee che insisto- rapportata allo spazio nel suo solo volume, senza altri no sulla trascuratezza con cui Donatello affronta alcuni limiti, svincolata da ogni integrazione architettonica, aspetti del lavoro: “Numquam fudit ipse, campanarium ridefinendo il rapporto con l’antico nella nuova ottica usus opera semper”, osserva ad esempio Pomponio Gau- umanistica. Applica i codici espressivi per comporre un rico nel suo trattato De Sculptura sive Statuaria del 1504. linguaggio naturale, interprete di misura, armonia, pro- E lo scultore fu così accorto da non aver remora di ricor- porzione e grazia. Sviluppa anche una nuova concezione rere ai maestri campanari e ai calderari, specializzati nella

40 41 fusione di pentole e caldaie: Andrea del Caldiere, detto gio 1452 richiede la presenza di Donatello a Napoli “per anche Calderaro o delle Caldaie dovette certamente su- nostris serviciis per aliquod tempus”. Accanto a consi- perare notevoli problemi di fusione e assemblaggio per mili richieste non mancheranno le immediate critiche: il monumento Gattamelata, trovando poi in Donatello su tutte l’Urbis Romae ad Venetias epistolion di Basinio una necessaria e attiva partecipazione per la fase successi- Basini, una canzonatura in forma di dialogo tra Venezia va di saldatura con rigetti interni in bronzo. e Roma, dove l’Urbe rimprovera alla Serenissima d’aver Un’impresa che determinò, insieme alla realizzazione concesso d’erigere un monumento a un capitano distin- del complesso architettonico scultoreo dell’altare per la tosi per la fuga nelle montagne del Garda, accordandogli basilica di Sant’Antonio, il sorgere a Padova, intorno alla un onore negato a eroi della schiatta di Scipione e Ca- figura del caposcuola fiorentino, di una grande officina tone. Altra l’accusa di Filarete nel Trattato di architettura di esperti artieri, dai fonditori ai facchini, che saranno del 1451-1464, ove si biasima il monumento essere “tan- determinanti per la nascita di altre iniziative che si river- to sconforme che n’è stato poco lodato. Perché quando bereranno nel panorama artistico. Non poteva che esse- fai una figura d’uno che sia de’ nostri tempi, non si vuol re così: Donatello, con Brunelleschi e Masaccio, aveva far coll’abito antico, ma come lui usa fare”. Sterili pole- trasformato l’arte e, in Veneto, portò una vera e propria miche per quello che, se non sarà ancora il Principe di rivoluzione: nessun artista esercitò un’influenza superio- Macchiavelli, rappresenta perfettamente l’uomo d’azio- re alla sua nella storia delle arti plastiche del Rinascimen- ne dell’Umanesimo, laicamente celebrato nella sua virtù to. Il Gattamelata divenne il prototipo di tutte le statue come un Cesare trionfante, consapevole, capace di auto- equestri destinate a dominare al centro delle piazze delle controllo, obbedienza e fedeltà totale. città del mondo, uno dei massimi vertici della scultura Sopita l’eco immediata, e placatasi gli schieramenti occidentale e assumendo un significato esemplare nel contemporanei, lo sguardo ottocentesco di Hippolyte contesto di una realtà urbana di eccezionale tradizione Taine (1866) restituisce l’accoglienza del monumento: storico-artistica quale Padova, di cui diviene termine “Con la corazza e la testa nuda, il bastone da combatti- emblematico, immagine iconica della città. Non a caso mento in mano, stabilmente seduto su di un cavallo dai negli anni Trenta del Novecento fu scelta per il magnifi- possenti arti, vigorosa bestia di servizio e di battaglia, co manifesto commissionato dall’Ente Nazionale Italia- non di parata […] è questo un rude uomo d’armi, è no Turismo a Marcello Dudovich. qui con tutto il suo armamentario […] Donatello osa L’eco del monumento fu immediata, addirittura pri- tentare tutta la verità, il crudo dettaglio che può appa- ma ancora di essere posto in opera. Tra le tante testimo- rire sgraziato all’incolto, la schietta imitazione dell’in- nianze spicca la missiva di Alfonso d’Aragona al doge dividuo reale con i suoi tratti e i segni del suo mestiere Foscari e all’ambasciatore veneziano Zaccaria Vallaresso: […] scorgiamo un frammento d’umanità vitale, che appresa la magnificenza della statua patavina, il 26 mag- strappata viva al suo secolo, prolunga con la sua origina-

42 43 Monumento equestre a Gattamelata, primo piano. Monumento equestre a Colleoni, primo piano.

44 45 lità, la sua energia la vita del suo secolo fino alla nostra Grande di San Marco. Sempre di San Marco si trattava vita”. Parole esemplari del largo seguito che, almeno e, oltre la posizione comunque prestigiosissima, sarebbe fino a tutto il XIX secolo, avrà il Gattamelata; presto stata l’unica statua equestre in laguna; l’onore era salvo, e affiancato dall’altra esperienza paradigmatica del secolo: così pure i beni ricevuti. il Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni, un bronzo Per realizzare il possente complesso equestre dedicato di trecento novantacinque centimetri d’altezza messo in al capitano di ventura si pensò ovviamente ad un fioren- opera a Venezia tra il 1480 e il 1488. tino, vista l’esperienza di Donatello, e fu subito invitato Nel gennaio 1476 la Serenissima avvia l’inventario dei a Venezia Andrea di Michele di Francesco di Cione, quel beni di Bartolomeo Colleoni, defunto a Malpaga il 3 no- Verrocchio allora a capo della più prestigiosa bottega fio- vembre 1475. L’esito è sorprendente: 216.000 ducati in rentina. I suoi collaboratori erano davvero “la migliore contanti oltre a gioielli, mobili, armature, cavalli per un gioventù”: Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli, Pietro valore complessivo di mezzo milione di ducati. Il Collegio Perugino, Domenico Ghirlandaio, Francesco Botticini, dei Pregadi può dare esecuzione al testamento nelle parti Luca Signorelli, e l’amato giovane Lorenzo di Credi. che possono essere accolte: il condottiero aveva rinuncia- Vasari narra: “Volendo in tanto i Viniziani onorare to agli stipendi non ancora saldati e lasciato alla Serenis- la molta virtù di Bartolomeo da Bergamo, mediante il sima 100.000 ducati, oltre i crediti da lui vantati verso il quale avevano avuto molte vittorie, per dare animo agli marchese di Mantova e il duca di Ferrara, per complessivi altri, udita la fama d’Andrea, lo condussero a Vinezia, altri 10.000 ducati da utilizzare per la guerra contro i tur- dove gli fu dato ordine che facesse di bronzo la statua chi. C’è però una condizione: “Rogat ut dignetur facere a cavallo di quel capitano, per porla in sulla piazza di fieri imaginem […] Super equo brondeo et ipsam imagi- S. Giovanni e Paolo. Andrea dunque, fatto il modello nem ponere super platea S. Marci”. Chiede dunque una del cavallo, aveva cominciato ad armarlo per gettarlo statua equestre in bronzo, e indica anche il luogo: la piaz- di bronzo, quando, mediante il favore d’alcuni genti- za S. Marco. Richiesta irricevibile: né le norme emanate luomini, fu deliberato che Vellano da Padova facesse la dalla Repubblica, né la volontà degli amministratori della figura, et Andrea il cavallo. La qual cosa avendo intesa città potevano consentire alcuna realizzazione celebrativa Andrea, spezzato che ebbe al suo modello le gambe e da erigersi nella piazza, allora non pavimentata, davan- la testa, tutto sdegnato se ne tornò senza far motto a ti alla basilica, che era poi la Cappella dogale. Però era Firenze. Ciò udendo, la Signoria gli fece intendere che necessario recuperare quell’imponente tesoro offerto dal non fusse mai più ardito di tornare in Vinezia, perché gli testamento: il Senato ne discusse a lungo, trovando infine sarebbe tagliata la testa, alla qual cosa scrivendo rispose la soluzione. Il 30 luglio 1479 fu deliberato il monumen- che se ne guarderebbe, perché spiccate che le avevano, to fosse posto non davanti alla Basilica di San Marco ma non era in loro facultà rappiccare le teste agl’uomini, né in campo Santi Giovanni e Paolo, dirimpetto alla Scuola una simile alla sua già mai, come arebbe saputo lui fare

46 47 di quella che gli avea spiccata al suo cavallo, e più bella. Verrocchio plasmò la cera e la inviò a Venezia per l’o- Dopo la qual risposta che non dispiacque a que’ Signori, perazione più delicata: la fusione. Era il 1481. Si dovrà fu fatto ritornare con doppia provisione a Vinezia, dove attendere il 1486 perché egli giunga in laguna ad atten- racconcio che ebbe il primo modello, lo gettò di bronzo dere ai getti a cera persa del bronzo, che si rivelarono ma non lo finì già del tutto, perché esendo riscaldato e tanto complessi da non risolversi prima della sua morte, raffreddato nel gettarlo, si morì in pochi giorni in quella sopraggiunta il 10 ottobre 1488. Restava il modello in città, lasciando imperfetta non solamente quell’opera, creta, così che nel proprio testamento Verrocchio indicò ancor che poco mancasse al rinettarla, che fu messa nel Lorenzo di Credi, l’allievo più vicino alla sua maniera, luogo dove era destinata, ma un’altra ancora che faceva pupillo nonché amante, per completare l’opera. Ma il in Pistoia, cioè la sepoltura del cardinale Forteguerra, Senato non si fidava, visto il fiasco, reputando in ogni con le tre virtù teologiche et un Dio Padre sopra, la qua- caso Lorenzo troppo giovane e inesperto. Aveva deciso le opera fu finita poi da Lorenzetto scultore fiorentino”. dunque fin dal mese di settembre di affidare il compito La romanzesca – al solito! - narrazione delle difficoltà a uno tra i suoi artisti migliori: Alessandro de’ Leopardi di Verrocchio ricorda però due cose: dapprima gli fu “architetto, scultore, mastro fonditor di bronzi valentis- affidato il cavallo e non il cavaliere, e in ogni caso la simo; e uno degli incisori di zecca” come lo ricorderà realizzazione della fusione del cavallo fu un drammatico Cicogna nel 1827. Leopardi che fu fatto rientrare in fallimento. In bottega a Firenze Verrocchio aveva avviato tutta fretta da Ferrara, ove era riparato dopo essere stato lo studio dell’animale, principiando da un’analisi certo- bandito da Venezia per una tentata frode negli anni in sina della sua struttura tramite magnifici disegni che ne cui era maestro presso la Zecca, tra il 1484 e il 1487. indagavano i punti nevralgici, affrontandoli quali giunti Nella città estense aveva avuto modo di perfezionarsi del movimento e accompagnandoli con iscrizioni che nelle celebri botteghe di fonditori di cannoni, al tempo riportano le misure corrispondenti in rapporto alla testa all’avanguardia. L’impiego delle artiglierie in bronzo, con del cavallo. Sono fogli di strenuo impegno scientifico – i l’impellente necessità di affinare le tecniche di fonderia punti scelti da Verrocchio sono esattamente quelli indi- per avere bocche da fuoco sempre più affidabili e meno viduati dalla moderna scienza equina – in un interesse pesanti per un loro più agevole trasporto, portò infatti a per le forme animali e del moto che sostanzia l’eterno un rapido sviluppo delle tecnologie. Insegnamenti per dibattito tra istinto bestiale e dominio della ragione. Il Leopardi assai utili nell’affrontare la fusione della statua tema su cui tanto lavorerà l’allievo Leonardo, da questi equestre di Colleoni una volta rientrato a Venezia, dopo studi introdotto a un approccio scientifico delle propor- aver ottenuto nel settembre 1488 un lasciapassare di sei zioni equine, essendo egli nei medesimi anni impegnato mesi. I lavori dovettero procedere con notevole soddisfa- in un altro, e altrettanto clamoroso, disastro, ovvero il zione della committenza pubblica: il 13 gennaio 1490 il progetto della statua equestre di Francesco Sforza. salvacondotto di Leopardi era esteso ad libitum, così egli

48 49 potesse “perficere equum et statuam q[uondam] illustris- Quella che sarà una delle più belle statue equestri, sia simi Bartholomei de Collionibus iam cum multa laude per la posizione fiera e volitiva del condottiero in sella, ceptam”. E la fusione doveva essere terminata entro l’11 sia per l’autorevole incedere di un destriero di pari fie- agosto 1492, quando Taddeo da Vimercate, ambasciato- rezza, nonché per l’altissima qualità dei dettagli, si disco- re di Ludovico il Moro a Venezia, riferiva al suo signore sta tanto dalle più raffinate opere di Verrocchio quanto il doge essersi recato in bottega da Leopardi per “veder la dall’illustre precedente di Donatello. statua del mag[nifi]co Bartholomeo Coliono col cavalo Al concentrato e sereno incedere del Gattamelata pa- […] quale sono fornite”. tavino Venezia contrappone un condottiero impostato Ad Alessandro non restava che ideare lo splendido ba- secondo un inedito rigore dinamico. Salde nella sinistra samento – come egli stesso ricorderà nella lapide sepol- le redini, Colleoni impugna con la destra il bastone di crale della madre, già in uno dei chiostri della Madonna comando. Il busto, impettito ed energicamente ruota- dell’Orto – un tempo decorato da un fregio bronzeo, per to alla sua destra, è leggermente inclinato indietro. In accogliere il quale il 19 novembre 1495 il Collegio dei una torsione che offre un’impressione di grande forza, Savi dispose la pavimentazione del campo. Se questo è accompagnandosi alle gambe rigidamente divaricate a l’anno inciso da Leopardi sul basamento, si dovrà atten- compasso, affondate nelle staffe, e alla testa fieramen- dere il 21 marzo 1496 perché Marin Sanudo registri nei te volta a sinistra, salda verso il nemico. Il volto appare Diarii “de luni, a Venezia fo discoverto el cavalo eneo segnato dall’espressione eroica, quasi terribile nella sua di Bortholamio Coglion da Bergamo […]. El qual, fin ferocia: gli occhi sprigionano una forza minacciosa, la hora, era stato maestri a dorarlo”. bocca inarcata esprime, insieme alle rughe, un’energia Firmato sulla cinghia sottopancia del cavallo erculea, leonina, enfatizzata dalla resa latina del nome: “Alexander Leopardus V. F. Opus” (con il V.F. am- Caput leonis. E le zone d’ombra sapientemente create biguamente da sciogliersi in Venetus Fecit o Venetus dal cimiero contribuiscono a rendere ancora più vigoro- Fudit), il Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni sa la mimica facciale. Un elmo finemente cesellato che valse enorme fama al fonditore. Subito soprannominato accompagna l’armatura da parata, moderna e completa, “Alessandro del Cavallo” – la “corte del Cavallo” divenne a consentire a Colleoni un assetto da perfetto cavaliere, l’officina nei pressi della sua abitazione alla Madonna secondo la monta del tempo. Dritto, quasi verticale, de- dell’Orto, a Cannaregio – sarà assai lodato da Luca Pa- ve indurre nel cavallo la prevalenza della motricità con i cioli nella lettera dedicatoria della Summa de arithmeti- posteriori, così l’animale sia più resistente alle fatiche e ca (1494) a Guidubaldo da Montefeltro. Ottenendo la maggiormente rispondente ai comandi. definitiva cancellazione della pena per truffa del 1487 La gestualità grintosa e vitale è accentuata dalle linee e, il 27 gennaio 1496, il reintegro in Zecca. Ove resterà di forza ortogonali (orizzontale nel profilo superiore del fino al 1521. dorso e del collo del cavallo, verticale della figura del

50 51 condottiero) amplificano l’effetto dinamico. A differenza tenere un notevole spessore delle pareti dei getti, con di un Gattamelata, di cui Donatello offre un’immagine l’esito che il solo cavaliere arriva a pesare 1.200 Kg e il complessiva, esprimendo una molteplicità di significati, complesso supera i 90 quintali. Numeri impressionanti di Colleoni il solo aspetto che interessa all’artefice è quel- se si considera i 25 quintali di una copia moderna, a lo di un condottiero all’assalto. grandezza naturale. L’animale, con le sue preziose bardature, procede al Il Monumento a Colleoni segnava la rinascita umani- passo, in maestoso incedere, sollevando l’anteriore si- stica dei quattro destrieri della celebre quadriga di San nistra e ruotando il muso nella medesima direzione, in Marco, il bottino di guerra sottratto a Costantinopoli opposizione alla torsione del busto del condottiero. La dal doge Enrico Dandolo durante la quarta Crociata del zampa, totalmente libera, assicura uno strepitoso effetto 1204. La cui reminiscenza fu un omaggio alla Serenis- dinamico. Risolvendo magistralmente il grande proble- sima che non dovette sfuggire ai veneziani. Da essi, e ma della statica, il pesantissimo bronzo legato ai tre ap- dal Marco Aurelio romano, derivava anche la completa poggi relativamente esili delle altre zampe. Se Donatello doratura di cavallo e cavaliere – ora in tracce sotto il aveva affrontato il problema con prudenza, tramite lo collo dell’animale, nella coscia sinistra e sulla pancia – stratagemma dello zoccolo poggiato sulla sfera, Verroc- ricordata anch’essa da Marin Sanudo come compiuta ‘a chio fu il primo a riuscire con successo nell’impresa di missione’, la foglia d’oro applicata con un collante su di sfruttare tre appoggi. E successivamente riuscirà a fare una superficie opportunamente lasciata scabrosa. Una di meglio il solo Pietro Tacca, nel cavallo del Monumen- caratteristica che consentiva di approfondire le ombre, to equestre a Filippo IV posto a Madrid sulla Plaza de le parti illuminate a esaltare il robusto modellato e dare Oriente, entro il 1640. effetti diversi in rapporto al tempo: con la luce diret- Impresa non semplice poiché Leopardi fuse separa- ta del sole i chiaroscuri risultando molto intensi, nelle tamente il corpo dalle zampe, dalla testa e dalla coda, giornate nuvolose la luce diffusa a smorzarne i contrasti. per successivamente assemblarle assieme. Un’operazione Posta al di sopra di un alto basamento, a sinistra della che causò qualche problema: nelle zone di giunzione fra basilica di Santi Giovanni e Paolo che le fa da sfondo, la le zampe e il corpo del cavallo si verificarono diversi statua equestre impone al passante di alzare lo sguardo problemi statici. Particolarmente sollecitata è l’anteriore e segna un immaginario di immediata fortuna, se già destra, la sola sui cui scarica il peso il cavallo: poiché Jacopo de’ Barbari la fissa con espressiva esattezza nella Verrocchio desiderava suggerire il movimento dell’ani- Veduta di Venezia del 1500, l’immensa e impressionante male, essa è molto arretrata rispetto al baricentro visivo, xilografia che illustra la città a volo d’uccello. Un primo assai sporto in avanti, tanto che con un forte vento la indizio di quanto il monumento diverrà nei secoli: uno statua oscilla pericolosamente. Figlio della tecnologia dei protagonisti capaci di rielaborare costantemente la del tempo, Leopardi aveva necessariamente dovuto fortissima immagine del mito della Serenissima, incar-

52 53 nando nelle tele dei vedutisti l’essenza stessa di Venezia 1070 anni di orgogliosa indipendenza di una delle mag- al suo dorato tramonto. Un manipolo di eccezionali pit- giori potenze europee e della più duratura repubblica tori sceglierà l’amato Campo San Zanipolo quale luogo della storia: “Chiuderemo dunque, come ben se deve, d’elezione in cui portare a compimento una felice sintesi col racomandarghe de rivolgerse sempre a Dio Signor di realtà e immaginazione, esito di un’attenta elabora- ed alla Madre sua santissima, onde i se degni dopo tanti zione basata sull’uso della camera ottica quale strumen- flagelli, che meritamente per le nostre colpe i n’ha fatto to imprescindibile di presa della verità architettonica. provar, i vogia riguardarne con gli occhi della loro mise- Antonio Canal, il Canaletto, sorretto da un’aspirazione ricordia, e sollevarne almeno in qualche parte da tante scientista di stampo illuministico, modifica i dati og- angustie che ne opprime”. gettivi per andare oltre essi, mirando alla restituzione A tutto questo Colleoni sopravvive. Per l’autorevolez- di una vita idealizzata in una spettacolare creazione, ove za monumentale di un capolavoro cui, come per quello non abbacina tanto la registrazione topografica quanto di Donatello, non mancarono gli elogi immediati. Signi- l’immagine esemplare della quotidianità della Serenissi- ficativo un componimento latino esastico – vergato sul ma, con l’elezione di Colleoni a epicentro della storia. recto di un celebre foglio di Verrocchio raffigurante vivaci Mentre Francesco Guardi guarda oltre: la sua veduta del putti (1470-1480 circa, penna e inchiostro bruno scuro campo dilata formidabilmente il grandangolo di un’in- su tracce di punta di piombo o leggera matita nera, iscri- quadratura capace di evocare lo spazio con accenti già zione a penna e inchiostro bruno, 158x210 mm. Parigi, protoromantici tramite pennellate guizzanti, in colori Musée du Louvre, Département des Arts Graphiques, frementi, vibranti della luce del tramonto che si spegne inv. RF 2) – del fiorentino Pietro Domizi del Comanda- in cieli che vanno incupendosi di nubi. Tele che germi- tore (1446-1518), vergato intorno al 1481-1483: “Vide- neranno in epigoni e seguaci e nella cui fortuna presso runt equum mirandaque arte compostum/ quem nobies aristocratici e intellettuali abbiamo simbolicamente un Veneti tibi dedere facturum, / Florentiae decus crasse, nuovo principio e, al contempo, una fine. Venezia affi- mihi crede, Varochie,/ qui te plus oculis amant dilligun- dando la propria immagine non più alla rielaborazione tuque coluntque./ Atque cum Jupiter animam infuderit dei miti antichi e alla celebrazione dei suoi eroi ma a ipsi,/ Hoc tibi Domitius rogat Salmonicus idem./ Vale queste vedute, con le tele di Canaletto e Guardi, ma et bene qui legis” (“I nobili di Venezia hanno visto il anche Marieschi e Bellotto e Albotto che si avviano a di- cavallo, formato con arte mirabile, che ti hanno dato da ventare le cartoline di una città meta di viaggi decadenti realizzare: loro che – credimi, o Verrocchio, ornamento e nostalgici. Dal 12 maggio 1797 non più la Dominan- della grassa Firenze – ti amano e prediligono e onorano te, Serenissima Repubblica. Come nelle malinconiche più dei loro occhi. E siccome Giove ha infuso l’anima al parole del doge Ludovico Manin a chiosa del discorso cavallo, il saggio Domizio Salomonico ti chiede la stessa all’ultima seduta del Maggior Consiglio, testamento di cosa. Ti saluto, o tu che leggi”).

54 55 La Sala del romanico con il calco del Monumento equestre a Gattamelata La Sala del rinascimento con il calco del Monumento equestre a Colleoni di Donatello, 1913 circa. Budapest, Szépművészeti Múzeum. di Verrocchio e Leopardi, 1913 circa. Budapest, Szépművészeti Múzeum.

56 57 Un Verrocchio per cui Vasari (1550) ricorda l’im- In questo contesto il centenario donatelliano del 1887 portanza della pratica del calco: “[…] usò formare con sarà un’occasione di clamorosa valorizzazione museale, la forme così fatte le cose naturali per poterle con maggiore mostra celebrativa al Museo del Bargello prevedendo la comodità tenere innanzi ed imitarle, cioè le mani, piedi, raccolta dei calchi di tutte le opere dell’artista e la loro ginocchia, gambe e torsi”. Un utilizzo della copia, testi- esposizione accanto agli originali lì presenti, con il gesso moniato già da Luciano e Plinio, duttile e continuo fin del Gattamelata che resterà in museo fino al 1919. Dan- dall’antichità. E un fenomeno tecnico e culturale che, do vita a innumerevoli repliche nei più diversi formati per secoli, ha consentito di sviluppare la storia del gusto, e materiali, così come per il monumento a Colleoni di le aspirazioni di un’epoca e formare intere generazioni cui, nel 1913, una perfetta copia in bronzo fu inviata al di artisti, proseguendo nelle Accademie di Belle Arti Museo della Città polacca di Szczecin, e ora campeggia la tradizione cenniniana. Con le copie in gesso punto in piazza Lotnikow. di partenza di ogni didattica nel loro essere iterazione Unveiling of Newark Colleoni titolava il The Newar- dell’originale e la forma più immediata di conoscenza kers del 16 agosto 1916. Con grande pompa, alle quattro dei capolavori plastici degni di imitazione, studio ed del pomeriggio di mercoledì 26 luglio 1916, era disve- emulazione. Così come oggetto di collezionismo: prima lata in Clinton Park la copia del Colleoni, con tanto principesco e poi privato. di piedistallo, commissionata dal celebre produttore di “Con mio grande giubilo ho collocato nel salotto una birra Christian W. Feigenspan allo scultore John Massey copia della testa colossale di Giunone, il cui originale è Rhind per commemorare i duecentocinquant’anni di esposto a Villa Ludovisi. È stato il mio primo amore a Ro- fondazione della città di Newark, in New Jersey. ma, ed ora la posseggo”, appunta Goethe nel suo Viaggio E chi nel 1951 si fosse recato a Montevideo, nella in Italia del 1786-1788. Aprendo a un Ottocento che sarà piazza del Palacio Municipal, avrebbe potuto assistere il secolo delle gipsoteche, ritenute essenziali per l’educa- all’inaugurazione del monumento equestre a Colleoni zione degli studenti d’arte e del gusto borghese e agevolate e, nel 1963, a quella del monumento a Gattamelata. a metà secolo dalla stipula di una Convenzione tra i vari Commissionati alla Fonderia Artistica Ferdinando Ma- governi europei volta a facilitare l’esecuzione e lo scambio rinelli di Firenze dal governo uruguayano che, tramite dei calchi, sfruttando al massimo le matrici che poteva- essi, desiderava definire “una città modello di un pae- no soddisfare diverse richieste. Un tema molto sentito in se modello”, con l’esplicita intenzione di promuovere Italia, tanto che Vittorio Emanuele II con regio decreto un’“educazione attraverso l’arte” facendo appello a quei n. 1727 (serie 2) del 7 dicembre 1873 approverà il “Rego- valori universali che consentissero di evitare tensioni lamento sui calchi di opere d’arte” sull’onda del successo politiche mirando a una costruzione del passato fon- londinese della Cast Court, una delle collezioni di gessi data sul peso di una tradizione lontana e ben consoli- più complete d’Europa, aperta nell’ottobre di quell’anno. data quale riferimento culturale di prestigio. Quanto

58 59 in fondo aveva già proposto Marcello Dudovich, com- pendiando il ruolo di Padova e Venezia in un manifesto per la Società Veneta per Costruzione ed Esercizio di Ferrovie Secondarie Italiane (Tramvia elettrica Padova – Venezia, 1927, cromolitografia, 99,6x70,2 cm. Tre- viso, raccolta Nando Salce). A sinistra il monumento equestre a Gattamelata, a destra quello a Colleoni, i condottieri ad affrontarsi stagliati sullo sfondo della campagna veneta chiusa dai profili delle basiliche del Santo a Padova e di San Marco a Venezia. Il maestoso e rassicurante Gattamelata messaggero di pace, l’imperioso e minaccioso Colleoni messo di guerra, la Padova dell’umanesimo e dello Studio universitario, la Venezia trionfante ed espansionista; i due monumenti sono i lasciti ben più che memorabili di Donatello, mas- sima espressione del rinascimento e della stagione di Co- simo de’ Medici; di Verrocchio, colui che ha plasmato lo stile dell’età di Lorenzo il Magnifico, imponendo il gusto che diverrà la maniera moderna; di Leopardi, eccelso in- terprete della nuova Atene, la Serenissima Repubblica. Tutti uniti nel porre le basi del “bello ideale” dell’arte italiana, essenza fondante l’immaginario della collettività europea e della cultura occidentale.

60 61 Giovanni Carlo Federico Villa (Torino, 1971) è docente di Storia dell’Arte Moderna all’Università degli Studi di Bergamo e componente del Consiglio Superiore per i Beni culturali e Paesaggistici. Già direttore onorario dei Musei Civici di e Conservatoria Civici Monumenti, per le Scuderie del Quirinale di Roma ha curato le mostre Antonello da Messina (2006), Giovanni Bellini (2008), Lo- renzo Lotto (2011), Tintoretto (2012) e Tiziano (2013), e numerosi progetti espositivi in Italia e all’estero, tra gli altri a Parigi, Bruxelles, Mosca, San Pietroburgo, Tokyo e Zaga- bria. Oltre a un’intensa attività di conferenziere, è autore di oltre duecento pubblicazioni scientifiche e importanti monografie – alcune tradotte in cinese, croato, fiammingo, francese, giapponese, inglese e russo – e numerose le sue presenze divulgative relative al patrimonio artistico nazio- nale sui principali canali radiotelevisivi italiani e stranieri. Di iniziativa del Presidente della Repubblica Italiana gli è stata conferita, in data 2 maggio 2012, l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Ita- liana e, in data 22 dicembre 2017, l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Le riproduzioni, la stampa e la rilegatura sono state eseguite presso le Grafiche Turato di Padova su carta Century Cotton Wove della cartiera Fedrigoni

Finito di stampare il lunedì 30 marzo 2020 giorno del Beato Amedeo IX di Savoia (1435-1472) ISBN 978-88-98997-79-4