Note e discussioni

Schede incrociate per editori e lettori di Pietro Albonetti

Da alcuni anni gli editori presentano rendi­ (scrittori al quadrato o alla radice quadra­ conti più numerosi: storie, autobiografie, ta?). Ecco qui allora memorie di due editori, memorie, documenti tratti dagli archivi. due volumi di lettere e un recente romanzo1: Qui, leggendo alcuni libri appena usciti, en­ vi cercherò indizi di una storia scontata ma tro appena nella dimensione del fenomeno: non scritta: circa sessant’anni di rapporti coi le confessioni editoriali vanno dall’Europa lettori italiani. Non c’è bisogno di dimostra­ alPAmerica. Così gli editori salgono alla ri­ re il contributo che può dare la storia dell’e­ balta coi loro autori e la casa risalta quanto i ditoria alla storia in generale. suoi inquilini. I lettori, clienti della casa, os­ Non si può riprendere in questa nota la bi­ servano curiosi; se sono intossicati da droga bliografia dei precedenti studi e contributi: libresca sentiranno di avere una relazione non sarebbe un consuntivo rapido, né facile. più particolare con la casa. Una prima ricognizione esauriente dovrebbe Ma in Italia non si vede ancora un deciso raccogliere un materiale vario e più o meno movimento verso la storia dell’editoria di celebrativo. È un inevitabile riflesso che at­ questo secolo. Si tratta ancora di piccole torno all’industria editoriale crescano scrit­ storie e di limitata documentazione offerte ture di accompagnamento, di commento, di all’attenzione di un pubblico che, ormai nu­ celebrazione. Le memorie degli editori sono meroso a seguire l’una o l’altra performance certamente meglio intese da chi è in qualche editoriale, è attirato anche da preludi e mo­ modo coinvolto nelle vicende editoriali: do­ vimenti interni. vrò mettermi semplicemente dalla parte del L’ansia di entrare nella cucina dell’editore lettore comune e cercherò qualche elemento e di cogliere il retroscena del pubblicare of­ generale in un’attività cos socialmente in­ fre così agli editori altre occasioni editoriali, fluente. che un po’ alla volta gli studiosi indirizze­ I frammenti della memoria di Giulio Ei­ ranno ad una conoscenza più sistemata ed naudi, le lettere con Bompiani, le lettere di organica. Zavattini (non è editore, ma tra i due prece­ Rispetto ad altre metamorfosi non è inna­ denti editori è un singolare legame) sono let­ turale che gli editori siano anche scrittori ture che insieme possono produrre alcuni ef-

1 Giulio Einaudi, Frammenti di memoria, Milano, Rizzoli, 1988; Valentino Bompiani, Il mestiere dell’editore, Mi­ lano, Longanesi, 1988; Caro Bompiani. Lettere con l’editore, a cura di Gabriella D’Ina e Giuseppe Zaccaria, Mila­ no, Bompiani, 1988; Cesare Zavattini, Una, cento, mille lettere, a cura di Silvana Cirillo, Milano, Bompiani, 1988; , Il pendolo di Foucault, Milano, Bompiani, 1988. Da ricordare anche due precedenti lavori di Bom­ piani, Via privata, Milano, Mondadori, 1983, e Dialoghi a distanza, Milano, Mondadori, 1986.

Italia contemporanea”, marzo 1989, n. 174 90 Pietro Albonetti fetti per illuminare meglio il tempo che co­ È una recensione3 amichevolmente dissa­ prono e particolarmente quello che va dal cratoria, che può aiutare anche un lettore 1930 al 1950. periferico, che abbia seguito più inconsape­ volmente la produzione Einaudi. Cases so­ stiene che Einaudi non risponde ancora a La “grata dorata” di Einaudi domande importanti, nemmeno a quelle che pone a se stesso: “Ma come sono passati at­ Per un piccolo scarto di tempo la cronologia traverso il fascismo i giovani allievi di Augu­ dovrebbe dare la precedenza a Bompiani, sto Monti?”. “Com’era Felice Balbo?” “Chi ma le pagine di Einaudi, la cui attività co­ era, per noi del mestiere, l’ingegnere?”. Pos­ mincia qualche anno dopo, ci offrono un’in­ sono essere anche le mie domande, attraver­ troduzione migliore. so le quali ripensare esperienze culturali e Giulio Einaudi aveva iniziato a fare l’edi­ politiche di tutto un periodo. Chi non vede tore nel novembre 1933. Fece visita dopo che almeno a cominciare dalla prima guerra poche settimane a Valentino Bompiani: “Mi mondiale un più gran numero di persone via fece, se ben ricordo, una lezione di editoria, via si mise a leggere per consolarsi, per desi­ e uscii dai suoi uffici molto sicuro, rinfran­ derare, per risentirsi, per capire? Questa cato dall’idea di avere un antagonista amico esperienza generale è ancora poco decan­ nel cammino difficile che avevo intrapreso tata. [...] Solamente Arnoldo, il grande Arnoldo Che possiamo dire noi, per adesso, se lo Mondadori, mi fu maestro di editoria al pari stesso Cases chiede più storia e vede in una di Valentino”2. Il cenno alla solidarietà tra grata dorata, che Einaudi ebbe in dono da colleghi si trova spesso, ma l’antagonismo è Eduardo, l’allegoria del fallimento di tutta una traccia pure importante. Questi rapporti la cultura laica di sinistra in Italia? “Zitti, di simpatia celano anche storie più ruvide. zitti, piano, piano, non disturbiamo per ca­ Bisognerà aspettare che sia più avanzato il rità, scendiamo giù per la scala di pietra, Ei­ lavoro negli archivi, dove si raccoglie il va­ naudi in testa, poi tutti noi del mercoledì e rio dialogo e confronto che ha veicolato la Contini, Dionisotti, Segre e altri e guardia­ pubblicazione dei libri alla conquista del mo dietro la grata dorata i fedeli... sullo mercato. Se un ciclo della storia del libro sta sfondo discerniamo figure meno benevole, per concludersi, come sembra, resterà alme­ l’ombra di don Milani, Dal Noce, Franco no il gusto di farne la storia. Fortini... e perfino torve bande di ciellini. Si capisce allora perché una figura come Ci fan le boccacce brandendo in segni di Giulio Einaudi, disponendosi a ricordare, scherno il catalogo Einaudi. Non si può dire accenda l’interesse di molti, direi, in tutta che abbiano tutti i torti”4. la provincia italiana. Prima di riportare al­ Colpevole la mia parte, mi piacerebbe ca­ cune mie impressioni, farò un avvicinamen­ pire meglio perché andavo in sollucchero to al libro dell’editore torinese per interpo­ per il catalogo Einaudi: storia passata, che sta persona, cioè con le parole di Cesare conviene conoscere. Per adesso lo stesso Ei­ Cases, che della Casa Einaudi ha diretta naudi dice che in queste sue pagine è impre­ esperienza. ciso.

2 G. Einaudi, Frammenti di memoria, cit., p. 15. 3 Cesare Cases, Il signore di Perno, “L’Indice”, 1988, n. 2, pp. 4-5. 4 C. Cases, Il signore di Perno, cit., p. 5. Schede incrociate per editori e lettori 91

La storia delle case editrici è un’angolatu- gente vera, i montanari, coi quali si cimenta­ ra insostituibile per dare nuove dimensioni va nelle imprese più ardite. Per me i diversi alla realtà e al fato dei libri: “Leggere resta furono tutto questo insieme. Avrebbe così ancora un mistero anche se lo facciamo ragione Fortini, quando dice che la mia gio­ ogni giorno”5. È necessario indagare i mo­ vinezza ‘non si distingueva da quella di tanti di, le articolazioni, le scelte, le differenze e altri del mio ceto e classe’. Ma eravamo poi le mediazioni da editore a editore. Restano, così tanti?”6. per esempio, ancora da studiare molti viag­ In questa paginetta intitolata Libero dal gi editoriali nel fascismo. Einaudi intitola proprio tempo troviamo tratti di esistenze il primo capitoletto delle memorie La mac­ che si vanno definendo come viaggiatori alla china da scrivere Olivetti: gli servì per la ricerca di un vero paese, un paese diverso. Si prima giovanile grafica antifascista alla fine sente lo spaesamento delle persone. Giaime degli anni venti. Ma, da editore, la prima Pintor, che poi morì nella guerra, diceva che manovra fu il rinnovamento della rivista “le discussioni malinconiche non sono quelle “La cultura”, tra il 1934 e il 1935: il propo­ dei dotti... ma quelle della gente comune, sito era quello di non saltare per aria al pri­ degli sportivi e degli uomini d’affari, che so­ mo passo. Non si potè evitare invece dopo no caratterizzate da una spaventosa serietà un anno la chiusura e che i redattori finisse­ anche quando trattano degli argomenti più ro quasi tutti in prigione. La rivista suddet­ futili”7. Molti anni dopo Felice Balbo ha ta aveva cercato una grafica più disinvolta e cercato di trovare un posto fisso agli intellet­ contenuti con meno letteratura e più storia, tuali: “La vedetta ha il suo momento eroico meno erudizione e più attualità. Ma dovet­ nel resistere al sonno dell’alba, quando gli tero cessare anche quelle prudenti innova­ altri dormono, e non nel darsi da fare con zioni. gli altri quando la nave è finita negli Restava la vita individuale come senti­ scogli”8. Il frastuono sul ruolo degli intellet­ mento di antifascismo e di libertà. Carlo Le­ tuali, comunque definito, oggi non si sente vi “si sentiva ‘libero dal proprio tempo, così quasi più. da esso esiliato, da poter essere veramente In queste pagine di Einaudi molte occasio­ un contemporaneo’. Cioè ‘libero’, estraneo ni di confronto sono appena abbozzate. Ac­ al regime totalitario da esso ‘esiliato’, e cenno solo a ciò che ritengo appartenere se ‘contemporaneo’ di quanti cercavano i segni non sempre a meriti oggettivi, almeno al di ogni diversità. Per Carlo i ‘diversi’ furo­ mio sentimento grato. no i contadini della Lucania, nonché ‘gli uo­ Gli aspetti materiali e grafici dei libri Ei­ mini nuovi, piccoli oscuri, con cui ebbe la naudi non ci hanno forse dato soddisfazioni fortuna di formarsi e conoscersi’, così come sensorie? Chi scrive non può dimenticare il per Leone Ginzburg i diversi furono i com­ primo momento del possesso materiale di un pagni e i Maestri; per Pavese i contadini del­ Decameron illustrato e custodito da cofanet­ le sue colline, le donne, i libri che leggeva, to, consegnato, un giorno a metà degli anni traduceva e annotava a margine; per Mila, il cinquanta, all’uscita di un liceo, da un ra- diverso era la musica, la frequentazione di tealista che non si vide più a ritirare le rate.

5 Robert Darnton, The great cat massacre and other episodes in french cultural history, Basic Books, 1984, p. 209 (tr. it., Milano, Adelphi, 1988). 6 G. Einaudi, Frammenti di memoria, cit., p. 37. 7 G. Einaudi, Frammenti di memoria, cit., p. 46. 8 Felice Balbo, Opere 1945-1964, Torino, Boringhieri, 1966, p. 568. 92 Pietro Albonetti

Vorrei potere unire a questo ricordo quello Le oneste passioni di Zavattini di tutti gli altri che cominciarono a leggere in simili occasioni e a invaghirsi non solo dei Einaudi stesso ci suggerisce come passare al­ bei libri che venivano diffusi, ma anche dei le lettere di Zavattini. Si trova a un certo contenuti che facevano sperare l’azione della punto un modo di ricordare per associazio­ cultura progressiva e liberante. Dalla parte ni: De Filippo, Napoli, De Sica, Luzzara, dell’editore questa tensione si coglie negli Zavattini. “Con Zavattini negli anni ’60 si accenni alle incursioni nella bianca provincia progettò una collana di libri fotografici, veneta e fino ai due processi che seguirono aperta e subito chiusa con Un Paese di Paul la pubblicazione del saggio di Pantaleone su Strand. Era un paese padano, Luzzara, e le mafia e politica (1976) e l’inchiesta di Staja- fotografie ormai classiche di Strand erano no su Africo (1979). È accaduto appena ieri commentate da un testo di Zavattini. Il se­ e sembra un tempo lontanissimo. Con Ei­ condo volume doveva essere un Napoli, a naudi, con sentimento piu elegiaco che criti­ cura di De Sica. Erano foto bellissime, una co, vediamo “editori che amano conoscere e specie di film, non ricordo perché non se ne coltivare i propri autori, di cui leggono i ma­ fece nulla. Forse i tempi non erano maturi noscritti durante lunghe notti bianche”; la per questo genere di libri”11. vicenda del “Politecnico”, che tiene desta in Una, cento, mille lettere, raccoglie lettere modo leggendario la questione della cultura di Cesare Zavattini dal 1929 al 1983. Il pas­ democratica e del suo errare; le figure di saggio da Einaudi a Zavattini non è forzato, Contini, Momigliano, Dionisotti, Calvino, come abbiamo già visto. Non è nemmeno il Gadda, ecc. L’ultimo scrittore nominato, di passaggio da un editore ad uno scrittore. cui si parla spesso, ma non ingombra, per­ Zavattini è sì un autore in proprio, ma an­ ché forse lo leggiamo a piccole e saporite do­ che un singolare seminatore di progetti e di si come si potrebbe fare con Tacito, è “l’uo­ idee e merita un posto di primo piano nel­ mo mitissimo e buonissimo, nonostante le l’officina della cultura italiana a cominciare, angosce che trapelano dai suoi scritti” . “Mi anche per lui, almeno da sei decenni fa. è stato ricordato recentemente — continua Con Zavattini si inizia un altro percorso Einaudi — durante un soggiorno sull’Alti­ di eventi culturali, probabilmente il più este­ piano di Asiago, da Mario Rigoni Stern, che so se lo misuriamo con questioni di diffusio­ facendomi da guida attraverso le trincee del­ ne culturale. Egli è forse l’intellettuale italia­ la prima guerra mondiale, mi indicò quella no che ha inteso meglio degli altri il poten­ occupata dall’ingegnere e a poca distanza da ziale politico e culturale democratico nell’u­ quella, in campo avverso, di un altro scritto­ so provocatorio dei media. re: Robert Musil”9. Chiudo con l’accenno Aveva già quarant’anni quando combinò alla Firenze di Montale e Contini: “quando idee di sperimentazione con una leale e ap­ Firenze aveva un respiro di cultura che non passionata scelta a sinistra. Se prendiamo la si è mai più verificato nel nostro paese”10. provocazione di Leo Longanesi diremo che Sembra un ricordo del tutto fantasioso se si quest’ultimo è il suo antagonista di destra. pensa che furono gli anni prima e dentro la Queste 254 lettere (nell’archivio sono almeno seconda guerra. cinquemila) lucide ed esuberanti, ormai sono

9 G. Einaudi, Frammenti di memoria, cit., p. 131. 10 G. Einaudi, Frammenti di memoria, cit., p. 154. 11 G. Einaudi, Frammenti di memoria, cit., p. 167. Schede incrociate per editori e lettori 93 soltanto la testimonianza di un’ipotesi cultu­ Nelle lettere si sente il motore di Zavattini e rale, che forse si è realizzata soffocando l’u­ l’energia istintiva per una riforma culturale, topia che conteneva. attraverso giornali, cinegiornali, inchieste, Le idee più decise e precise sono rientrate promozione e diffusione delle arti: sottrarsi e non se ne parla più, se non in strettissime attraverso i mezzi tecnici alla peggiore ripro­ crepe dell’imperante conformismo della cul­ duzione tecnica e al degrado della cultura. tura popolare. Se fosse stato per lui doveva La cultura dei media non è guardata dal lato fermentare nella politica e nella cultura una violento dell’industria. Indirizzando le ener­ conoscenza del Paese, che potrebbe formare gie verso un approdo diverso da quello insi­ ora una tradizione alternativa ricca di espe­ to nell’appropriazione economico-commer- rienze intellettuali e professionali. ciale della cultura e dell’arte l’intellettuale in La strada che proponeva Zavattini era di­ ogni caso non avrebbe dovuto voltarsi più versa da quella del “Politecnico”. Quella di indietro. Zavattini sembra un po’ folle, a prima vista. Zavattini non è inerte quando indica la È invece coerente e giustificata perché pro­ scoperta del mondo legata all’agire intellet­ poneva di mettersi al passo di un rinnova­ tuale coerente, perché anche la realizzazione mento culturale democratico partendo da di sé come autore è legata al mondo esterno. dati sociali reali. Pochi hanno avuto il co­ Si deve ammirare anche la sua vitalità prodi­ raggio di dire che bisognava utilizzare i me­ ga e inesauribile, che scaturisce dal contatto dia al meglio per i poveri. Pochi hanno cer­ che Zavattini mantiene con tutto e con tutti cato di spostare così in basso la critica e la (anche quando si isola nel lavoro) secondo pratica della cultura. Poteva fare di più di un ritmo che sembra comune alla sua vita fronte alle resistenze che ha incontrato? Non individuale, alla natura, ai suoi paesi, alla era forse gomito a gomito con produttori, storia: così è anche un poeta, non solo un editori, direttori di giornali? Una biografia intellettuale partecipe e propugnatore. non frettolosa dovrà rispondere. Lettere quindi di notevole importanza per È difficile intanto trovare un altro carteg­ la riflessione su un’epoca e per certi conno­ gio che contenga un’analoga battaglia cultu­ tati culturali che hanno resistito fino a pochi rale: così accidentata, ma anche radicata ad anni fa. Zavattini è uno che ha lavorato nel­ una scelta. Zavattini dice che mutò “da al­ le cucine, qualcuno potrebbe anche dire nel­ bero a uomo” durante la guerra, ma la cor­ le basse cucine, della letteratura, del giorna­ rispondenza segnala sempre relazioni uma­ lismo, del cinema, da più di sessant’anni e nissime a cominciare dalla prima lettera qui spesso con mansioni di cuoco. Forse, è, suo pubblicata, cioè dal 1929. Subito, con una malgrado, anche antesignano di certo fast- vivacità e vitalità sorprendenti, incontriamo food della cultura di massa d’oggi. giovani, soldati, caserme, poeti in provincia, È difficile valutare l’insieme dell’attività e scrittori celebri a tavola, e anche lettori12. dell’opera di Zavattini, in gran parte som­ Zavattini sembra subito collocarsi al centro mersa e inedita. L’idea è resa bene dalla cu­ di cronache un po’ reali e un po’ surreali13. ratrice delle lettere quando accenna a “anni

12 Vedi S. Cirillo, Itinerario di una ricerca, in C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., pp. V-XIV e le lettere ini­ ziali, pp. 3-15. Per la metamorfosi da albero a uomo vedi la lettera a Bompiani, agosto 1943, citata dal destinata- rio, ivi, p. IX. 13 Gianfranco Contini inserì racconti di Zavattini in un’antologia del surrealismo italiano preparata nel 1946 per un editore francese, Italie magique, ripresentata nel 1988, Italia magica, Torino, Einaudi. 94 Pietro Albonetti di immersione nel pescosissimo mare zavat- gliati fuori”16. Nel 1935 è preso interamente tiniano”14. Peccato si sia perduta quella cas­ dal “Secolo illustrato”: “C’è tutto da rifare, sa di lettere e documenti, bruciati nel 1937, servizi, contratti, ecc., bisogna camminare dopo l’arresto di Guglielmo Peirce, cugino per le strade, sfogliare anche i bollettini del­ di Carlo Bernari, coi quali Zavattini corri­ la Rinascente. In tre mesi credo che lo im­ spondeva. Con Zavattini si percorrono in­ pronterei come lo vedo. Ma proprio stama­ fatti gli anni trenta in uno dei modi più di­ ne il mio principale mi ha dato un colpo: di­ sinvolti e attenti. Senza quegli anni non si ce che lo vuole per le donne che sono le no­ può capire Zavattini. stre lettrici, e che sia popolare (d’accordo Già in quel primo decennio collabora con per questo, ma ci sono classi di migliaia e di molti editori. Gli impegni maggiori li ha con migliaia di lettori, come avvocati, professio­ Bompiani, Mondadori, Rizzoli: da loro se­ nisti, borghesia e anche impiegati, che non gue e rilancia rotocalchi, prepara famosi al­ hanno il loro settimanale, a questo miravo). manacchi, dirige collane di narrativa, aperte Rizzoli mi fa capire che in copertina vorrà le ad autori giovani, e pubblicazioni da edico­ belle gambe”. Sembra perfino un’ingenua le, consapevole più delle armi che maneggia incomprensione. Chissà che cosa intendeva che del mercato. Quando sarà portato dal fornire Zavattini agli avvocati e agli altri? drammatico sfascio della guerra a tirare le Sta di fatto che questo giovanotto che viene somme non rinnegherà la vetrina dei suoi da un paese del Po vede con occhio acutissi­ primi prodotti di intrattenimento, né il filo mo quel che piace a editori e produttori e sa del discorso con un pubblico di massa, né la fare un mucchio di cose. In città sono gradi­ sua vena paradossale, né la risorsa dell’umo­ te queste energie modernizzanti. I valori fa­ rismo. Tutt’altro. Ma troverà una soluzione scisti sono persino battuti da questi roto­ autocritica che forse si legge bene in Ipocrita calchi? ’43 e, cercando di non rallentare la veloce Zavattini partiva da interessi culturali seri intelligenza del mondo della cultura di mas­ e da sicura sensibilità; in più capiva le novità sa, si metterà dalla parte dei non violenti e dovunque spuntassero: basterebbe ricordare dei poveri, che sono uomini uguali agli altri, la prima lettura degli Indifferenti di solo più deboli e indifesi15. Questo aspetto Moravia17. Egli sa bene che non è la cultura nella cultura italiana è anche tradizionale, un po’ coatta e un po’ noiosa dei fascisti ma in Zavattini non è confuso, come si tro­ quella che può soddisfare le nuove inquietu­ va in altri. dini. Si mette dalla parte di editori e produt­ Zavattini avrà sempre dalla sua la ragione tori. Vorrebbe fare certe cose “leggermente” di aver cercato di elaborare una cultura sen­ impegnate, ma i suoi padroni vedono che gli za reticenze su un terreno appropriato di in­ italiani si aspettano cose leggere e disimpe­ tervento. Già nel 1931 scrive all’amico Atti­ gnate e annullano i suoi suggerimenti. Non lio Bertolucci “Bisogna vedere certe riviste se lo lasciano sfuggire; in qualche modo lo estere che belle, ogni tanto le sfoglio ma non spremono. Non sa sottrarsi, spera di riuscire ho il tempo di leggerle. Noi italiani siamo ta­ a salvare qualche idea dalla manipolazione

14 S. Cirillo, Itinerario di una ricerca, cit., p. V. 15 S. Cirillo, Itinerario di una ricerca, cit., p. IX. 16 Datata da Milano, primi mesi 1931, in C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., p. 29. 17 La recensione di Zavattini a Gli indifferenti apparve su “L’Italia letteraria” del 21 luglio 1929, vedine la riprodu­ zione parziale in C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., p. 6. Schede incrociate per editori e lettori 95 commerciale. II successo più grande gli arri­ me sirena che cerca di farci allontanare dal se nel dopoguerra nel cinema. Se si leggono retto cammino. Il pubblico è il diavo­ le lettere che cadono attorno al periodo di lo...”21. Sembra un anatema, si sente invece Ladri di biciclette ci rendiamo conto di la sfida. Ma è una guerra difficile da vince­ quanto fosse difficile dominare gli eventi di re. Produttori, critici e pubblico sono pron­ una linea culturale e perfino la proprietà in­ ti a seppellire la parte migliore di un’idea, tellettuale18. Ci fu chi riconobbe che la cul­ quella che sa di utopia. Che tuttavia cercas­ tura italiana aveva espresso una creatura se di non vendere l’anima al diavolo si ca­ d’arte e di verità che realmente viveva la pisce anche dalle lettere a Giovanni Mosca contraddizione profonda del popolo italia­ e a Pitigrilli: gente dell’ambiente di lavoro no19. Ma l’onore della genitura era contesa negli anni del fascismo. Pitigrilli inoltre, in­ al buon Zavattini. formatore dell’Ovra, sciaguratamente in­ È sempre stato difficile per gli scrittori ita­ gannava i giovani antifascisti torinesi, in liani trovare folgorazioni realiste e la poesia mezzo ai quali era accolto, e ne provocò dei poveri: coinvolgere nell’arte e nella cul­ l’arresto. Così lo tratteggiò Aldo Garosci: tura una società disgregata e maltrattata “Lo stesso provocatore che condusse a que­ dalle classi forti. Zavattini vi giungeva con sti arresti [...] era specialmente adatto per un percorso originale, ma adatto al suo una operazione del tipo. Uomo dotato di istinto: da anni era riuscito a far stare insie­ non ordinaria acutezza e forse spinto al me, nelle sue relazioni e nel suo lavoro, sia mestiere tanto da un gusto malato per l’in­ gli uomini di “Soiaria”, sia la sezione Walt trigo, dal disprezzo per ciò che può confe­ Disney alla Mondadori, sia la direzione o la rire alla persona umana una superiorità redazione di tre o quattro giornali illustrati. ideale, quanto da bisogni di guadagno, lo Non che fosse l’unico ad accostarsi ad un scrittore pornografo Pitigrilli (Dino Segre) orizzonte culturale così spurio, ma era tra i che fu lo strumento di quella operazione di pochi a capire quel che succedeva (un altro, polizia, non era la piccola spia che agisce ma con altra ideologia, ripeto, era Longa­ in un ambiente ristretto. La sua acuta e ci­ nesi). Capì che la nuova pubblicistica di nica personalità, che si adeguava nelle ap­ massa metteva a nudo il vecchio lavoro let­ parenze alla modernità dei giovani gruppi terario. Aveva già bonariamente rimprove­ intellettuali, gli permetteva di penetrare fa­ rato i suoi amici nel 1929: “Mi vien voglia cilmente in essi, superato che fosse il primo di sculacciarvi, cari letterati ragazzacci, ci istinto di diffidenza che un totale immorali­ scapperà il libro. Ci scapperà il libro sui let­ smo non manca mai di creare. Un tale one­ terati, mio primo e antico sogno.”20 Nel sto Jago poteva non soltanto ottenere che 1942 per prendere le distanze da un giorna­ gli fosse detto molto di più di quel che gli lista fascista rifiuterà anche il pubblico: “Il era detto; poteva valutare una personalità pubblico non esiste, esiste soltanto come nei possibili pericoli che presentava per il antagonista della nostra coscienza, cioè co­ regime con criteri più profondi...”22. Queste

18 C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., pp. 125-143. 19 Franco Fortini, Dieci inverni. 1947-1956. Contributi a un discorso socialista, Bari, De Donato, 1973, pp. 152- 156 (l’articolo è del 1949). 20 C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., p. 11 (lettera a Gino Saviotti, novembre 1929). 21 C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., p. 65 (lettera a Marco Ramperti, Roma, 11 giugno 1942). 22 Aldo Garosci, Vita di Carlo Rosselli, Vallecchi, Firenze, 1973, pp. 372-373 (1a ed. 1945). Le lettere a Pitigrilli e a 96 Pietro Albonetti digressioni sono fili da tirare meglio: è ba­ ‘L’Uomo qualunque’ nel senso che lo ani­ stata un’ansa nei tunnel del fascismo per ri­ mava uno spirito rivoluzionario di cui trovare i giovani di Einaudi. Pitigrilli era ‘L’Uomo qualunque’ ha una paura folle. Io stato direttore del quindicinale di novelle invece non ho paura, se non delle mie abitu­ “Le grandi firme”, famoso per le copertine dini”23. La lettera era indirizzata a Cesare disegnate da Boccasile. Zavattini l’aveva ri­ Civita, che ora, 1946, viveva in Argentina. levato per conto di Mondadori: cercò di mi­ Aveva lasciato la Mondadori nel 1938 per le gliorare la qualità e di contenere l’influenza leggi razziali (“Quel 1938 troncò certo dei di Pitigrilli. Che cosa poteva intuire Zavatti­ grandi progetti e delle grandi possibilità. ni delle canagliate di quel signore? Certo ca­ Qualche volta eravamo un po’ troppo foco­ piva che occorreva differenziare anche la let­ si e impulsivi ma neH’insieme saremmo riu­ teratura di intrattenimento. In fondo le let­ sciti a portare una vera rivoluzione nel cam­ tere hanno sempre a che fare con la co­ po editoriale e in quelli limitrofi”24). Zavat­ scienza. tini sentiva fin nelle viscere che un modo Nel dopoguerra si dette da fare con pas­ aperto della pratica culturale, elementare, sione per un giornale da intitolarsi “Il diso­ alfabetico, era in grado di fare lievitare una nesto”. L’idea aveva bisogno di appoggi so­ storia ancora invisibile. Forse per questo stanziosi e naufragò: “Ecco un’altra magni­ chiedeva anche a Vittorini di testimoniare di fica occasione perduta. Questo giornale era sé la parte nascosta: “non credi insomma il più tempestivo che si potesse fare, tanto che lo sforzo che dobbiamo fare tutti noi è che molte delle idee in esso contenute e da quello di lasciar vedere di tutti noi i mo­ me raccontate a tutti, come Lei sa che io menti che compongono un nostro atto, la faccio, le ho viste sciupate qua e là mentre varietà degli umori che lo nutrono? è uno invece esse avevano bisogno di un certo mo­ dei modi di togliere gli altri dal complesso do di espressione e di una tribuna unica da di inferiorità che sentono nei riguardi della cui essere lanciate. Il giornale rispecchiava cultura”25. La mimesis di Zavattini è one­ tutta la mia esperienza morale e si serviva di sta, leale, democratica. Il 22 dicembre 1950 tutta la mia esperienza giornalistica per dif­ inviava ad Alberto Mondadori la lettera di fondere tra la gente, con un linguaggio com­ dimissioni dalla redazione di “Epoca” (un prensibile, una violenta riforma del costu­ settimanale illustrato di grandi ambizioni, me. Al di fuori dell’ ‘Uomo qualunque’, che ma che adattò subito la rotta sulla politica è stato quel successo che lei sa, le edicole del governo) con queste parole: “Non può non hanno visto nessun foglio interessante. darsi che tu non capisca che le mie dimissio­ ‘L’Uomo qualunque’ non è una trovata ni sono proprio vere. Mi dichiarai di sini­ giornalistica, ma una trovata politica; e pur­ stra durante la guerra e da allora ho sempre troppo io la credo una trovata di pessimo cercato di farlo sapere, in altre parole di gusto, poiché nutre negli italiani quello che compromettermi”26. Per lui era necessario di generico e di ipocrita essi hanno nel san­ compromettersi anche con i media, ma non gue. Il mio giornale sarebbe stato contro disorientarsi.

Mosca in C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., pp. 44-46 (a Pitigrilli, da Milano, 15 maggio 1937) e pp. 65-66 (a Mosca, da Roma, 6 luglio 1942). 23 C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., pp. 101-107 (da Roma, 26 agosto 1946). 24 C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., p. 102. 25 C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., p. 113 (da Roma, 17 maggio 1947). 26 C. Zavattini, Una, cento, mille lettere, cit., pp. 159-161. Schede incrociate per editori e lettori 97

Bompiani e i suoi ‘campioni’ C.E. Gadda scrivendo a Gianfranco Con­ tini nel settembre 1940 notava: “Tutta la let­ Come siamo usciti dalla casa Einaudi in teratura e tutte le arti figurative erano al compagnia di Zavattini, con lui possiamo Forte dei Marmi”27. Anche ai lettori deve es­ entrare nella casa Bompiani. Con Valentino sere parso talvolta di cogliere almeno gli Bompiani Zavattini ha mantenuto il sodali­ scrittori in gruppo, quasi un collegio di àu­ zio più lungo, da sessant’anni in qua: amici­ guri cui sono affidati compiti di interpreta­ zia, libri e altri progetti. Anche presso que­ zione della vita e della storia, di ognuno e di sto editore dovremmo fare una robusta so­ tutti. La fama dello scrittore che indovina sta bibliologica, che queste rapide compara­ per noi si è formata poco più di un secolo zioni non consentono. Caro Bompiani. Let­ fa, ma tra le date del fascismo e i primi de­ tere con l’editore è un volume grosso e labi­ cenni della Repubblica si è consolidata in rintico: si può provare sia l’ansia del chiu­ una idea di consorteria confermata da alcu­ so, sia lo stupore della ricchezza documen­ ne piccole mitologie del costume: la cadenza taria che intravvediamo. In ogni caso anche dei libri pubblicati, i premi, le tirature, le re­ qui siamo finiti sulle rive di un altro pesco­ censioni, le interviste, ecc. Ma la realtà è più so archivio e proviamo una sorta di capogi­ complicata e i fenomeni anche letterari più ro in mezzo a tutta quella gente, che va e profondi. Per studiare la reciproca influenza viene. di letteratura e società bisogna avere metodo Bompiani è editore di molti successi. Con­ e andare molto al di là delle cronache curio­ corrono con lui altri editori, ma è indubbio se, anche solo per rilevare impatti nostrani, che il suo nome è tra i primi nella mente del­ per non dire di quelli mondiali. Così di fron­ l’italiano lettore di romanzi. Il suo catalogo te a queste prime documentazioni si apre è ricco anche di saggistica, di varie collane e un’indagine lunga e paziente: i primi sopral­ opere, ma i suoi romanzieri formano una luoghi, tra moli di reperti, non possono che squadra che ha nomi mondiali. Basteranno i essere superficiali. nomi di Moravia e di Eco. Proprio questi Leggendo Caro Bompiani il risalto mag­ due nomi mi permettono di pensare a due giore viene dal fervore culturale che si pola­ tempi, a una discontinuità: con Moravia tro­ rizza intorno alla casa editrice tra il secondo vo il tempo che comincia con Gli indifferen­ decennio del fascismo, la guerra e il dopo­ ti, 1929, con Eco quello che comincia con II guerra. Non neghiamo l’energia degli anni nome della rosa, 1980. Il tempo di Moravia successivi, ma il regime della macchina edi­ è quello stesso che abbiamo richiamato pri­ toriale in quegli anni ha una tensione tutta ma con Einaudi e Zavattini e ora con Bom­ propria rispetto al tempo distruttivo e diffi­ piani. Potremmo farlo con alcune altre deci­ cile che passava. Non sembra un luogo felice ne di nomi tra editori e romanzieri. Nei loro o una torre eburnea, ma proprio una risorsa libri e nei loro archivi c’è complessivamente diversa in presenza di una catastrofe, il fer­ una storia dell’Italia contemporanea. Isola­ vore che forse produce un certo stadio del­ ti, in gruppi, ma mai lontani gli uni dagli al­ l’angoscia: testi nuovi, traduzioni di classici tri l’hanno seguita o preceduta o si sono e di contemporanei, antologie di letterature, messi un po’ ai margini: sono però insepara­ opere enciclopediche. Ci sarà da tener conto bili dalla nostra storia. di “quel gran numero di lettori capaci, che

27 Carlo Emilio Gadda, Lettere a Gianfranco Contini a cura del destinatario 1934-1967, Milano, Garzanti, 1988, p. 29. 98 Pietro Albonetti ormai è in Italia”28, ma anche da analizza­ come valore morale e scoperta di destini co­ re i legami colla letteratura più commercia­ muni sociali e politici. Il rapporto è via via bile. La crisi della guerra poi portava a con­ mutato in poco tempo, ma non si possono sumare libri, forse come altre scorte di der­ dare nemmeno descrizioni approssimative di rate: un consumo più vorace e indifferen­ questo scambio tra trame letterarie e lo spi­ ziato. rito dei lettori: vi trovano momentaneo rifu­ Raymond Queneau notava il 24 settembre gio milioni di ansie. Gli “astratti furori” di 1944 in un suo diario: “per quattro anni, il Conversazione in Sicilia di Vittorini sono mattino, nel metrò, invece di vedere i lettori forse la più bella sintesi e l’unico appello spiegare i giornali, si poteva sorprenderli possibile alla disordinata situazione spiritua­ nella lettura di Platone, di Montaigne ma le della fine degli anni trenta. Era un tempo anche di qualsiasi altra cosa. Ci si felicita del maturo per capirsi di nuovo, anche con mo­ ritorno del pubblico alla lettura, gli editori di narrativi che provenivano da molte espe­ soprattutto che esauriscono ogni prodotto, rienze. Quell’onda poi è durata alcuni de­ anche di cattiva qualità”29. cenni. Il lavoro editoriale nella casa Bompiani, Bompiani celebrava i suoi primi venti anni attraverso questi documenti, sembra qualifi­ di attività con una lettera orgogliosa a Cur­ carsi invece nelle strettezze. Si può indicare, zio Malaparte: “Io non ho bisogno deH’Iri, per curiosità, che il primo libro di Bompiani non ho banche cattoliche che mi finanziano. fu il Don Bosco di Ernesto Vercesi (1929). Per In vent’anni non ho avuto il minimo sussi­ altre curiosità e coincidenze si leggano le pagi­ dio e aiuto da nessuno. Non ho mai venduto ne rapide anche de II mestiere dell’editore. nemmeno un solo libro a un ente statale o Bompiani formò presto un catalogo vivace di parastatale. Non ho finanziatori segreti, non saggi, di narrativa e di attualità. Nel luglio del ho interessi politici, né preoccupazioni poli­ 1934 sollecitava in questo modo proprio Za- tiche, se non quelle che riguardano la mia vattini, che preparava l’almanacco, che diven­ qualità di italiano. Durante il fascismo mi ne presto eponimo degli almanacchi letterari: hanno sequestrato e fermato 152 libri. Stam­ “L’almanacco è specchio di cronaca e consi­ pai il Mein Kampf e il mio solo rammarico è dera la fama letteraria come un fatto di che non tutti gli italiani lo abbiano letto ab­ cronaca”30. Si trattava di impegnare sul me­ bastanza, perché in quel caso, forse, molte desimo terreno letteratura e cronaca, di porta­ cose sarebbero cambiate e molte disgrazie re le lettere all’intrattenimenlto, di incontrar­ sarebbero state evitate. Non ho mai stampa­ si col nuovo tempo libero e le disponibilità to un libro di un gerarca, né grande né pic­ economiche di crescenti ceti medi: si forma­ colo, come non ho stampato i mille libri sul­ va una comunione non sempre fondata su la guerra etiopica, come ho rifiutato tutti i valori artistici ed etici, ma più sulla distra­ vari libri sui generali e simili dopo l’ultima zione, sulla moda, sulla sensibilità. Era for­ guerra. Ho persino rifiutato di stampare il se andata sempre così la cosa letteraria, sia libro su Ciano, del quale in Svizzera aveva­ pure entro altre mode. Forse soltanto di no acquistato per me i diritti, e l’ho rifiutato fronte al mortale pericolo della guerra si at­ per non mescolarmi alla cronaca e allo scan­ tivò una comunione che sentiva la lettura dalo. Che fosse un affare editoriale qualsiasi

28 Carlo Bo a Bompiani, Sestri Levante, 15 gennaio 1944, in Caro Bompiani, cit., p. 95. 29 Raymond Queneau, Bâtons, chiffres et lettres, Paris, Gallimard, 1965, p. 159 (29 septembre 1944). 30 Caro Bompiani, cit., p. 547 (da Milano, 27 luglio 1934). Schede incrociate per editori e lettori 99 imbecille poteva capirlo”31. In effetti quello manzo fantapolitico Farenheit 451 si impa­ fu un tempo di tentazioni e anche di cadute. ravano a memoria le opere da salvare da un Ma allo storico oggi interessa vedere più a potere persecutore, Bompiani, durante una fondo rispetto alle diverse diritture morali. riunione di scrittori in Germania, dove era Dietro a queste parziali documentazioni e presente anche Goebbels, sentì la voce che memorie c’è da scoprire l’ossatura di una gli ordinava di raccogliere in un’unica opera storia culturale. la quintessenza di tutte, liofilizzata da esper­ Con gli scrittori americani il fiuto di Bom­ ti. Questo senso dell’avventura nobile agli piani non fu da meno di quello dei suoi mi­ editori piace molto. gliori collaboratori. Per suo conto tirò fuori Bompiani poi ci aiuta a concludere queste due traduzioni indimenticabili: “libri di note con un richiamo all’ultimo romanzo di scrittori americani erano già usciti, s’inten­ Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, che de, a cominciare da Dos Passos e Dreiser, per me vuole essere semplicemente la prov­ ma la diffusa, rapida, incisiva cittadinanza visoria osservazione finale sul rapporto edi­ di quella letteratura nel nostro paese comin­ tori, scrittori, lettori che è stata la dominan­ cia e si condensa con la pubblicazione di due te di queste note. La fama dei romanzi di romanzi: Uomini e topi di John Steinbeck e Eco ha sollevato il problema di identificare Piccolo campo di Erskine Caldwell. È anda­ nuovi lettori, una nuova situazione della let­ ta così: vidi su un giornale americano l’an­ tura in una nuova cultura. Non abbiamo nuncio di un romanzo di Steinbeck. Telegra­ quasi nessuno strumento per essere storio­ fai. Quando il libro arrivò mia moglie lo les­ graficamente precisi. Questa storia, pur se dalla mattina alla sera; io lo lessi quella cambiando, non sappiamo ancora spiegarla. stessa notte. Altrettanto accadde per il ro­ Ma un epilogo simbolico ci viene offerto manzo di Caldwell”32. Furono tradotti uno dai contenuti del Pendolo di Foucault. Dif­ da Vittorini l’altro da Pavese. Era il 1938: ficile trovare un’altra opera più piena di questi romanzi appartenevano ad altre cul­ storia editoriale di questa: resterà certamen­ ture eppure cadevano sul nostro terreno co­ te un documento indiretto per capire come me pioggia sul secco. Infatti ci sembrano lavoravano gli editori nel nostro tempo e perfino imbarazzate le censure e le more per altri costumi culturali tra gli anni set­ frapposte dal Minculpop e da Alessandro tanta e ottanta. Ci sarebbero da rilevare Pavolini agli esiti editoriali di Americana, centinaia di note, da riempire schede, su che Pavese definì a Vittorini come “il mito schede, come quelle incrociate del protago­ da tutti vissuto e che tu ci racconti”33. nista Casaubon35. Bompiani è grato a Eco e Il 1938 fu lo stesso anno che confermò vive la fortuna editoriale del suo campione Bompiani nell’idea di preparare un diziona­ col sentimento di un’apparizione profetica: rio delle opere, dei personaggi e degli autori, egli è l’esperto assoluto del romanzo popola­ l’arca di Noè della cultura34. Come nel ro­ re e “rivela al proprio pubblico non ciò che

31 Caro Bompiani, cit., p. 428 (a Curzio Malaparte, Milano, 11 gennaio 1949). 32 V. Bompiani, Il mestiere dell’editore, cit., p. 119. 33 La frase è di Pavese, tratta da una lettera riportata ne II mestiere di vivere, Torino, Einaudi, 1962, p. 226, alla data 27 maggio 1942. 34 V. Bompiani, Il mestiere dell'editore, cit., pp. 145 sgg. 35 Casaubon è, come non manca di segnalare Eco, anche un personaggio di Middlemarch di George Eliot: la deli­ neazione del personaggio si può leggere nel Dizionario delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte te let­ terature, Milano, Bompiani, 1964, voi. Vili, p. 155. 100 Pietro Albonetti si attende, ma quello che dovrebbe volere, mini di cultura possono seriamente considera­ anche se non lo sa”36. A pensarci bene è qua­ re. Esiste un mondo sotterraneo dove le fanta­ si il punto di partenza di Zavattini eppure i sie patologiche spacciate per idee sono sotto- tempi sono molto cambiati. Non è su questo prodotti senza fine di fanatici disonesti e pre­ però che richiamo l’attenzione. Per i miei in­ suntuosi che influenzano ignoranti e supersti­ teressi di storico sono attratto dalla contami­ ziosi... Ci sono momenti in cui questo sotto­ nazione storiografica operata da Eco. Sto al mondo emerge dalle profondità e rapidamente suo gioco, che per molti versi è perfetto, ma, affascina, cattura e domina moltitudini di gen­ dal punto di vista dello storico, riscontro te normalmente equilibrata e responsabile, che un’avaria alla macchina romanzesca. Leg­ quindi si allontana dall’equilibrio e dalla re­ gendo il Pendolo mi sono ricordato di un sponsabilità...”38. Era anche questa l’idea che saggio storico (ce ne sono anche altri) che ha ha mosso Eco? Ma che segno è se Eco sente il dato una protratta falsariga al plot di Eco37. bisogno di decostruire una storia già ricostrui­ Mi limito a citare da quello studio l’intenzio­ ta e di estenderla liberamente? Il feuilleton ne che muoveva l’autore: “È forse difficile gioca coll’accertamento storico come il gatto accettare che uno studio scientifico, e tutto il con il topo? In un dizionario di narratologia39 tempo e l’energia che richiede, possa conve­ si indica con la parola latina gnarus il narrato­ nientemente essere dedicato a un’assurda re come colui che sa. Non sarà per caso ìgna- fantasia come I Protocolli o a oscure figure rus allora il lettore, nonostante l’abbondanza come il cattivo romanziere Hermann Goed- dei segni messi a disposizione? L’indefinitezza sche, il furfante Osman Bey, il mezzo matto dei termini tra storia e romanzo non è solo una e pseudomistico Sergei Nilus e gli altri. Tut­ formula del successo, diventa quasi una visio­ tavia è un grande errore supporre che solo gli ne del mondo. scrittori che contano siano quelli che gli uo­ Pietro Albonetti

36 V. Bompiani, Il mestiere di editore, cit., p. 143. 37 Norman Cohn, Warrant fo r genocide. The myth o f the Jewish world conspiracy and the Protocols o f the Elders o f Sion, London, Eyre & Spottiswoode, 1967 (trad. it. Licenza per un genocidio. I “Protocolli degli anziani di Sion”. Storia di un falso, Torino, Einaudi, 1969). 38 N. Cohn, Warrant fo r genocide, cit., p. 18. 39 Gerald Prince, A Dictionary o f narratology, Aldershot, Scolar-Gonwer, 1988. Vita quotidiana e seconda guerra mondiale di Luigi Cavazzoli

Solo di recente gli studi e la ricerca storici tuazione politico-economica” delle varie hanno iniziato a riservare una maggiore at­ province2. È comunque necessario attendere tenzione alla vita quotidiana della gente co­ il convegno di Pesaro del 1984 su “Linea go­ mune negli anni della seconda guerra mon­ tica 1944. Eserciti, popolazioni, partigiani”, diale. A fronte, infatti, di una sterminata bi­ perché siano disponibili alcuni significativi bliografia concernente gli aspetti politi- contributi di ricerca su temi quali l’econo­ co/militari, stanno un numero limitato di mia di guerra — in particolare quella del pe­ contributi mirati a lumeggiare le condizioni riodo 1943-1945, intesa come produzione, di vita della popolazione civile, la quale in­ occupazione, consumi —, gli aspetti demo­ vece, a differenza di ciò che avvenne nei pre­ grafici, la mentalità e la cultura; questioni cedenti conflitti, fu largamente coinvolta e tutte da affrontare avendo presenti le pecu­ partecipe delle vicende della guerra. In pro­ liarità delle situazioni locali; studi ora rac­ posito Giorgio Rochat sottolinea opportu­ colti nella seconda parte del volume che rac­ namente che la seconda guerra mondiale ri­ coglie gli atti del convegno3. Questa sezione chiese “non solo la mobilitazione delle forze presenta la “linea Gotica” come un evento armate e degli apparati industriali, ma di agganciato alla dimensione del vissuto quo­ tutta la società” chiamata a dare oltre tidiano. all’ “obbedienza della prima guerra mondia­ Gli anni che vanno dal 1943 al 1945 segna­ le”, pure “una partecipazione attiva a più no il ritorno a forme di vita che sembrano livelli”1. riaffiorare — osserva con acume il curatore Per la verità già nel 1972 Nicola Gallerano della sezione Paolo Sorcinelli4, — dalla me­ aveva dedicato un incisivo saggio alle condi­ moria collettiva; “in proposito è sufficiente zioni di vita e agli atteggiamenti di gran par­ riferirsi alla socializzazione del tempo e del­ te della popolazione italiana, utilizzando co­ lo spazio provocata dallo sfollamento e dai me fonte le relazioni dei questori sulla “si­ bombardamenti; al ripristino di tecniche

1 Giorgio Rochat, Lo sforzo bellico 1940-1943. Analisi di una sconfitta, in Aa.Vv., L ’Italia nella seconda guerra mondiale e nella Resistenza, a cura di Francesca Ferratini Tosi, Massimo Legnani, Gaetano Grassi, Milano, Angeli, 1988, pp. 220, [Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia]. 2 Nicola Gallerano, Il fronte interno 1942-1943, “Il movimento di liberazione in Italia”, 1972, n. 109, pp. 4-32. 1 Aa.Vv., Linea Gotica 1944. Eserciti, popolazioni, partigiani, a cura di G. Rochat, Enzo Santarelli, Paolo Sorci­ nelli, Milano, Angeli, 1986, [Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, Istituto pesarese per la storia del movimento di liberazione, Anpi Pesaro e Urbino]. 4 P. Sorcinelli, La guerra e la gente: percorsi e fonti per la ricerca fra storia sociale e archivi locali, in Linea Gotica 1944, cit., pp. 211-221. La citazione che segue è a p. 214.

Italia contemporanea”, marzo 1989, n. 174 102 Luigi Cavazzoli lavorative come il correggiato per la trebbia­ tura del consenso, convergono anch’esse in tura del grano; ai sistemi casalinghi per la una prospettiva di storia sociale che ponga preparazione del sapone e la surrogazione al centro dell’indagine le condizioni di vita del sale; fino alle forme spontanee e/o orga­ alimentare, abitativa e sanitaria, le aspettati­ nizzate di assalti ai silos e di evasione alle ve, le paure e i comportamenti di una grande maglie normative sulla macinazione del gra­ massa di popolazione. no con stratagemmi che sembrano rispolve­ Le problematiche connesse al raziona­ rare, dopo più di sessant’anni, l’epoca della mento alimentare si prestano anche per un tassa sul macinato”. approccio al tema della penetrazione dello Le altre ricerche contenute nel volume af­ stato nella società civile. Sotto l’incalzare frontano problematiche particolarmente sti­ degli eventi bellici, lo stato assistenziale, che molanti, connesse a fattori quali il passaggio il regime fascista aveva tenuto a battesimo del fronte, il razionamento alimentare, i all’inizio degli anni trenta, si accentua me­ bombardamenti, il ruolo delle donne, lo sta­ diante una pi diffusa diramazione all’inter­ to d’animo della popolazione, i danni mora­ no della società civile. La questione alimen­ li e materiali nella versione proposta dai par­ tare può essere utilizzata, come fa Mario roci. Il passaggio del fronte nel Pesarese — Pinotti7 (Pesaro tra la linea Gotica e il pane ma la riflessione nei suoi aspetti generali difficile), quale chiave di lettura del rappor­ può valere anche per altre aree italiane — to che di volta in volta si instaura fra le costituisce il momento in cui le vicende uma­ preoccupazioni di mediazione politica dello ne, sia collettive che private, si riempiono di stato e le logiche di funzionamento interne a traumi, di paure, di condizionamenti, di ciascun apparato istituzionale da un lato e adattamenti e di emarginazione . Diviene al­ tra le esigenze, le inquietudini, le aspettati­ lora importante capire gli stati d’animo, le ve, la mentalità dei diversi gruppi che com­ aspettative, i comportamenti dei diversi ceti pongono la società civile dall’altra. Alla ri- di cui si compone la popolazione, all’ap- costruzione dell’atteggiamento della popola­ prossimarsi dello scontro militare. La nuova zione nei confronti della guerra può concor­ situazione, che si aggiunge alla piaga degli rere in misura significativa la fonte (per la sfollati, produsse scompiglio pure nella vita verità non sempre facilmente consultabile) delle piccole comunità rurali5. Ma già di per costituita dalle risposte dei parroci al que­ sé lo sfollamento dei centri urbani, progetta­ stionario proposto dalia Sacra congregazio­ to per tempo dal regime, si trasformò nel ne concistoriale nel 1945 nell’intento di rile­ problema della preparazione militare e psi­ vare i danni morali e materiali prodotti dal cologica alla guerra6. Le successive vicende conflitto8. Un’indagine condotta da Alberto belliche, il ruolo dell’ideologia ruralista e C. Federici9 assegnerebbe ai parroci, negli quello delle migrazioni interne, la creazione anni più travagliati dalle vicende belliche, il di strutture assistenziali e le strategie di cat­ ruolo di concorrere in misura rilevante al

5 Giorgio Pedrocco, I comuni dell'entroterra pesarese di fronte ai problemi della guerra, in Linea Gotica 1944, cit., pp. 263-280. 6 Salvatore Adorno, Lo sfollamento a Pesaro, in Linea Gotica 1944, cit., pp. 281-303. 7 Mario Pinotti, Pesaro tra la linea Gotica e il pane difficile, in Linea Gotica 1944, cit., pp. 223-262. 8 Sul valore storiografico di questa fonte cfr. Silvio Tramontin, Il clero nella Resistenza: studi compiuti e ricerche da avviare, “Civitas”, 1975, n. 9, pp. 26-27. 9 Alberto C. Federici, Il passaggio del fronte attraverso le relazioni dei parroci della diocesi di Fano, in Linea Goti­ ca 1944, cit., pp. 335-380. Vita quotidiana e seconda guerra mondiale 103 mantenimento dell’identità del gruppo so­ fra loro nemiche, ancor più dell’assenza del­ ciale in cui operavano e, quindi, al rafforza­ le istituzioni, rese “gli uomini buoni”. mento del senso conservativo della popola­ Certo ha ragione Sorcinelli quando sostie­ zione. Dalla memoria delle donne affiore­ ne che l’originalità e il valore storiografico rebbe, invece10, sia la rassegnazione a fronte di queste ricerche sono anzitutto da indivi­ di eventi tanto più grandi di esse, che il sen­ duare nelle fonti utilizzate: dagli archivi de­ so di compiacimento per il ruolo svolto, so­ gli enti locali a quelli diocesani, dello stato e prattutto nell’ambito familiare, sovente in delle prefetture, integrate dalle fonti orali sostituzione del marito, del padre o del fra­ frutto della memoria di protagonisti e testi­ tello, e il rimpianto per una perduta solida­ moni. Ma è pur vero che gli studi così arti­ rietà alimentata anche dai momenti di convi­ colati formano un’ampia e fitta rete in gra­ venza forzata. A cominciare dalla perma­ do di “pescare” nel profondo del vissuto in­ nenza nei rifugi in cui, fra l’altro, una delle dividuale e collettivo. Un’esperienza di ricer­ manifestazioni ricorrenti era costituita dalle ca in tal senso, condotta da chi scrive per la preghiere singole o collettive recitate per provincia di Mantova e i cui esiti troveranno esorcizzare l’ansia con cui era vissuta l’atte­ quanto prima collocazione in un volume dal sa che la bomba finisse di sibilare ed esplo­ titolo La gente e la guerra, ha confermato la desse. Questo pericolo che veniva da un cie­ praticabilità d’itinerari intesi ad indagare lo lo propagandato per anni come inviolabile, stato emotivo, le condizioni alimentari e la modificò abitudini e certezze quotidiane, fe­ dimensione del mercato nero, la pratica reli­ ce provare sensazioni sconosciute e paure giosa e il complesso fenomeno del banditi­ nuove11. smo. Così come Massimo Legnani ha dimo­ La stessa assenza di istituzioni generata strato il valore degli esiti desumibili da un dallo “sfascio” dell’8 settembre 1943, se in percorso di ricerca inteso a rilevare l’in­ alcuni produsse una comprensibile esaltazio­ fluenza, sia quantitativa che qualitativa, che ne, “in altri — rileva puntualmente Claudio le scelte operate dalla “finanza di guerra” Pavone — provocò sgomento, secondo la hanno prodotto sui diversi ceti sociali13. sequenza, ricavabile da molte testimonianze Tutti filoni di ricerca in grado di esplicitare che prendono le mosse dall’annuncio del­ in misura significativa le condizioni di vita l’armistizio, di incredulità-stupore-gioia- della società durante la seconda guerra preoccupazione-smarrimento”12. Riferì un mondiale14. colonnello inglese che nella cosiddetta “terra La lettura delle anamnesi contenute nelle di nessuno” la gente non rubava e non s’am­ cartelle cliniche dei ricoverati negli ospedali mazzava, ma s’aiutava vicendevolmente in psichiatrici nel periodo 1940-1950, può con­ modo incredibile, quasi a voler significa­ sentire, ad esempio, di individuare i pazienti re che la minaccia incombente delle linee per i quali i medici accertarono il nesso tra

10 Sandra Lotti, Donne nella guerra: strategie di sopravvivenza tra permanenze e mutamenti, in Linea Gotica 1944, cit., pp. 319-334. 11 Claudio Rosati, La memoria dei bombardamenti. Pistoia 1943-1944, in Linea Gotica 1944, cit., pp. 409-432. 12 Claudio Pavone, Tre governi e due occupazioni, in L ’Italia nella seconda guerra mondiale e nella Resistenza, cit., p. 425. 13 Massimo Legnani, Sul finanziamento della guerra fascista, in L ’Italia nella seconda guerra mondiale e nella Re­ sistenza, cit., pp. 293-306. 14 L’importanza di questo tema è sottolineata da Guido D’Agostino e Aurelio Lepre nel loro intervento 1940-1943: dalla guerra immaginata alla guerra reale. Presentazione, “Italia contemporanea”, 1986, n. 164, pp. 37-39. 104 Luigi Cavazzoli guerra e turbamento psichico, ossia tra guer­ parole per spiegare ciò che si prova in guer­ ra e “follia”. I fantasmi “laceri e lugubri” ra. Ne basterebbe una sola: paura; o meglio, dei campi di concentramento o delle colonne tutte le paure, anche le più remote e incon­ dei soldati in ritirata; l’ombra terrificante sce, in larga misura utilizzate da Ennio Di degli aguzzini, dei militi delle varie polizie, Nolfo18 per un approccio agli aspetti più sot­ dei soldati oppressori; i sibili delle bombe, le tili e profondi della mentalità sociale e del esplosioni, i lutti, le macerie dei bombarda- comportamento comune della popolazione menti; gli spettri della fame, della sete, del nel corso degli eventi bellici. congelamento, delle mutilazioni; le macabre Ma la paura e la speranza sono anzitutto rappresentazioni delle stragi, dei saccheggi, temi suggestivi di ricerca che Guido Quazza le vendette personali, non appartennero solo assegna da tempo ai suoi allievi e attorno ai al mondo dei “folli” ma con essi convisse quali chiama a raccolta “navigati studiosi”, gran parte della popolazione. Le vicende do­ nella giusta convinzione che gli esiti non po­ cumentate nelle anamnesi — oggetto anche tranno che confortare la lezione morale, po­ di una ricerca in corso dal titolo appunto litica e sociale connaturata alla guerra parti- Guerra e follia, ad opera di un gruppo coor­ giana. Soprattutto se sarà correttamente in­ dinato da Paolo Sorcinelli — compilate da­ dagato “l’intreccio, ecco il filo centrale — gli psichiatri furono, infatti, in larga misura sottolinea Quazza —, fra l’ordinario e lo le stesse con le quali si confrontarono i com­ straordinario nella giornata di una guerra pagni e i familiari dei militari e dei civili che specialissima, colto dentro una banda ma varcarono la soglia dei manicomi. senza trascurare le molteplici forme del rap­ Ha osservato Paul Fussell15 che una delle porto tra partigiani e gente del luogo, in pri­ differenze fondamentali della seconda ri­ mis le donne, sia quelle che collaboravano spetto alla prima guerra mondiale è la di­ strettamente coi militanti, sia le ‘civili’”19. stanza dei combattenti dal territorio nazio­ Nell’intento di esorcizzare le paure, le an­ nale. L’uso massiccio dei bombardamenti gosce, i patemi d’animo conseguenti alla ebbe tuttavia l’effetto di provocare, per le guerra, la popolazione riservò uno spazio popolazioni, una “paradossale vicinanza crescente alla pratica religiosa e si strinse in della violenza e del disastro alla sicurezza, al larga parte attorno alla chiesa alla ricerca di buon senso e all’amore”. La violenza e l’an­ conforto e di una guida. Francesco Traniello goscia invasero così “la dimensione quoti­ esplicita “la funzione svolta dalla chiesa ita­ diana e domestica avvicinando, nei periodi liana nell’ostacolare il corso di un’incom­ di bombardamenti più intensi e continuativi, bente barbarie, nel favorire la tenuta com­ la condizione dei civili a quella dei combat­ plessiva di un tessuto nazionale, nell’alimen­ tenti e persino accentuando, per contrasto, tare e nel sorreggere un senso di solidarietà l’insopportabilità della morte”16. umana elementare quanto efficace”. Una Se dobbiamo dar credito a Gabriel Garcia chiesa, dunque, impegnata a rafforzare un Marquez17, non sarebbero necessarie tante proprio ruolo “civile” oltreché spirituale, in

15 Paul Fussell, La grande guerra e la memoria moderna, Bologna, Il Mulino, 1985, pp. 79-86. 16 N. Gallerano, Gli italiani in guerra 1940-1943. Appunti per una ricerca, in L ’Italia nella seconda guerra mondia­ le e nella Resistenza, cit., p . 311. 17 Gabriel Garcia Marquez; Cent’anni di solitudine, Milano, Feltrinelli, 1968, p. 322. 18 Ennio Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani 1943-1953, Milano, Mondadori, 1986. 19 Guido Quazza, La guerra partigiano: proposte di ricerca, in L ’Italia nella seconda guerra mondiale e nella Resi­ stenza, cit., pp. 482-483. Vita quotidiana e seconda guerra mondiale 105 virtù pure di un “patrimonio storico di pre­ “nodo centrale” degli studi sulla seconda stigio morale” che si accrebbe “in ragione guerra mondiale; nodo sul quale, tuttavia, inversa al declino del prestigio e dell’autore­ “troppi interessi di parte hanno per vie spes­ volezza dei poteri dello stato”20. Le testimo­ so contrastanti concorso a far ombra, e non nianze dei parroci in tal senso, sinora raccol­ solo per ragioni di retorica commemorati­ te, sono esplicite pur con tutte le cautele che va”21. In questa ottica si sono mossi Giaco­ la specificità delle fonti orali — per le quali mo Becattini e Nicolò Bellanca, dimostran­ del resto si dispone ormai di una vasta lette­ do 1’esistenza nel mercato nero di “una mor­ ratura — comportano. Una conferma o me­ fologia variegatissima ed onnipervasiva, nel no del fenomeno mediante un’analisi di tipo suo intreccio con altri [...] fenomeni del pe­ quantitativo è possibile con l’ausilio dei dati riodo e una percezione di esso molto diffe­ contenuti nelle Statistiche parrocchiali che renziata tra gli autori sociali che vi ogni anno i parroci inviano in Curia. Esse operano”22. Fenomeni che nel Mantovano, sono costituite da schede che di ciascuna ad esempio, specie nella zona a ridosso del parrocchia riportano, fra l’altro, i dati ri­ Po, compresero pure il banditismo, a sua guardanti l’osservanza del precetto festivo e volta intrecciato di rapporti ambigui con le di quello pasquale; l’accostamento alla co­ polizie e il ribellismo coevi. La maggior par­ munione domenicale e il totale delle comu­ te degli attori furono nel Mantovano dei nioni somministrate nel corso dell’anno; i braccianti, coloro cioè che nel periodo iema­ matrimoni religiosi celebrati con o senza le si ritrovavano per lunghi mesi senza reddi­ messa, quelli civili e il numero dei concubi­ to e costretti ad una vita di stenti. La do­ ni; le adesioni all’Azione cattolica, la fre­ manda di prodotti del mercato nero, il com­ quenza alla dottrina cristiana e le lezioni im­ portamento equivoco di corpi come la briga­ partite dai sacerdoti nella scuola. Indubbia­ ta nera, l’azione organizzata dei partigiani, mente i dati riportati nelle Statistiche non costrinsero pure il banditismo ad annodare hanno valore in assoluto, in quanto la loro le proprie fila e a rapportarsi con la rete di compilazione avviene in carenza di criteri incettatori; talché il fenomeno endemico del­ comuni e, soprattutto, di eguale diligenza e le rapine invernali non solo assunse dimen­ precisione da parte dei parroci. Tuttavia le sioni più cospicue ma ebbe a manifestarsi in rilevazioni così effettuate, pur contraddi­ tutte le altre stagioni dell’anno. Luciano Ca­ stinte da evidenti approssimazioni, possono sali nel secondo volume della Storia della essere assunte per verificare quantomeno Resistenza a Modena, in via di conclusione, una linea di tendenza. affronta anch’egli il tema del banditismo e Un altro filone di ricerca va orientato alla constata che lo stesso si moltiplica nelle zone ricostruzione della complessa rete di scambi in cui si afferma il partigianato secondo un che alimentò il fiorente mercato clandestino. rapporto di proporzionalità inversa. Infatti, Guido Quazza coglie infatti nel segno quan­ nelle aree per tradizione “ribelli”, ove mag­ do scrive che il mercato nero costituisce un giori furono le diserzioni durante la prima

20 Francesco Traniello, Il mondo cattolico italiano nella seconda guerra mondiale, in L ’Italia nella seconda guerra mondiale e nella Resistenza, cit. p. 350 e 353. 21 G. Quazza, Prefazione ad Aa.Vv., Operai e contadini nella crisi italiana del 1943-1944, Milano, Feltrinelli, 1974, p. XII. 22 Giacomo Becattini, Nicolò Bellanca, Economia di guerra e mercato nero, “Italia contemporanea”, 1986, n. 165, p. 6. 106 Luigi Cavazzoli guerra mondiale, il banditismo decresce ma­ precedenza osservato, di tante storie locali no a mano che si afferma il “potere” della quante sono le peculiarità rilevabili nelle resistenza armata. condizioni ambientali, nella collocazione ri­ Per ricostruire il vissuto di chi, come la spetto al fronte di guerra, negli usi e costumi gente comune, non lascia che in rarissimi ca­ delle popolazioni, nelle condizioni di vita si una documentazione scritta a cui attingere delle classi e dei ceti sociali, nel tipo di econo­ e da far rivivere, è dunque possibile ricorre­ mia prevalente, nel grado di consenso al regi­ re ad una lettura indiretta del modo con cui me, nel ruolo della chiesa. Insomma — per essa si rapportò con la guerra approfittando non tediare con una lunga elencazione che co­ di indicatori quali, appunto, la follia, l’ali­ munque potrebbe non essere immune da mentazione e il mercato nero, la pratica reli­ omissioni — tutto ciò che può concorrere ad giosa e il banditismo. Tutte manifestazioni a addentrarci nel vissuto quotidiano di “una loro volta ricostruibili utilizzando, con le av­ società civile vivacissima a paragone di quel­ vertenze sottolineate da Massimo Legnani23, le degli altri paesi europei coinvolti nella le ricchissime fonti oggi disponibili nell’Acs guerra, che alla guerra reagisce in modo dif­ e negli archivi di stato provinciali, nella ferenziato: emergono egoismi e grandi soli­ Fondazione “L. Micheletti” di Brescia, negli darietà, lutti e gioia di vivere, apoliticità e ca­ archivi delle prefetture e delle curie vescovi­ pacità di prendere partito, difese gelose delle li. Una particolare sottolineatura meritano i proprie tradizioni e delle proprie chiusure ma “Rapporti sui riflessi della situazione nelle anche aperture verso il nuovo e speranze di corrispondenze epistolari” che le commissio­ cambiamento”25. È un percorso di ricerca si­ ni provinciali di censura dovevano periodi­ curamente complesso perché comporta il ri­ camente compilare e far pervenire alle supe­ corso alle competenze e alle tecniche specifiche riori autorità militari e di polizia. Questi non solo della storia ma, pure, quantomeno, rapporti, tanto efficacemente utilizzati da dell’antropologia, della sociologia e della psi­ Loris Rizzi24, costituiscono una fonte ecce­ cologia; ugualmente vale la pena di praticarlo zionale e riportano, meticolosamente regi­ in quanto la guerra può così connotarsi come strati e ordinati, i pensieri e i sentimenti più un immenso straordinario laboratorio socia­ sinceri della gente e dei militari alle armi sul­ le della cui gestione potrebbe farsi carico l’I­ la guerra, il fascismo, le condizioni di vita stituto nazionale per la storia del movimento del paese, le sorti del conflitto. di liberazione mediante un progetto organico In ogni caso una storia sociale dell’Italia di ricerca che interessi l’intero territorio ita­ durante la seconda guerra mondiale può liano. aversi unicamente dal concorso, come in Luigi Cavazzoli

23 M. Legnani, “Paese reale”e “paese legale” dal fascismo alta repubblica, “Italia contemporanea”, 1985, n. 161, pp. 107-110. 24 Loris Rizzi, Lo sguardo del potere. La censura militare in Italia nella seconda guerra mondiale 1940-1945, Mila­ no, Rizzoli, 1984. 25 N. Gallerano, Gli italiani in guerra, cit., p. 322. Guerra, guerra di liberazione, guerra civile di Giuliana Bertacchi

Nel fitto calendario di convegni promossi mente chiamati a intensificare e affinare gli dagli Istituti della resistenza, questo di Bel­ sforzi di indagine, nella prospettiva della luno — “Resistenza: guerra, guerra di libe­ “nuova storia della Resistenza antifascista”, razione, guerra civile”, 27-29 ottobre 1988 a cui fa riferimento il Programma scientifico — spicca in primo luogo per l’attenzione generale dell’Istituto nazionale e degli Istitu­ tutta particolare che ha suscitato sin dal suo ti associati. L’iniziativa dell’Istituto di Bel­ primo annuncio e che è stata confermata nel luno — universalmente definita “coraggio­ corso dei lavori dalla partecipazione di un sa” — offriva infatti la possibilità di con­ pubblico numeroso e coinvolto. Sottolinear­ frontare i risultati di ricerche recenti con le lo è meno ovvio di quanto non possa appari­ implicazioni derivanti dalle nuove proposte re: richiamarsi a quell’aspettativa, infatti, di categorizzazione interpretativa della Resi­ può meglio far comprendere il tipo di dibat­ stenza, soprattutto da quella della guerra ci­ tito che si è sviluppato nelle tre giornate den­ vile, coniugata con la definizione “tradizio­ se di relazioni e di interventi. Come tutti ben nale” di guerra di liberazione e inserita nella ricordano, tre anni fa, nel corso del conve­ più generale dimensione del secondo conflit­ gno di Brescia sulla Rsi (cfr. La Repubblica to mondiale (la necessità di una lettura com­ sociale italiana, Annali della Fondazione plessa di piani intersecati era, del resto, “Luigi Micheletti”, 2, 1986), la proposta esplicitamente richiamata dall’intitolazione avanzata da Claudio Pavone che, invitando tripartita del convegno). a riflettere sui motivi per cui la definizione La speranza di confrontare ipotesi inter­ di guerra civile fosse stata generalmente ri­ pretative sulla base di ricerche specifiche, pudiata dagli antifascisti, formulava ipotesi piuttosto che sul piano delle opzioni genera­ sull’applicabilità di quella definizione allo li, per meglio valutarne in concreto la rica­ scontro tra partigiani e fascisti nel 1943- duta storiografica, non è stata certo delusa: 1945, aveva provocato reazioni polemiche dalle indagini che hanno scavato nell’interno — a partire dallo stesso titolo della relazio­ della vita di formazione, offrendo materia ne, La guerra civile — e alimentato una vi­ di riflessione attorno alla complessità vace discussione che ora l’appuntamento dell’ “uomo partigiano” (nel senso indicato bellunese consentiva di riprendere diretta- da Guido Quazza al convegno “L’Italia nel­ mente. la seconda guerra mondiale e nella Resisten­ Una parte almeno altrettanto significativa za” dell’aprile 1985), o da alcuni contributi delle attese proveniva dall’interno degli Isti­ decisivi per l’allargamento del quadro pro­ tuti, impegnati a vario titolo e su vari fronti blematico complessivo, sono pervenuti gli nello studio del 1943-1945, e ancora recente­ apporti — a mio avviso — più proficui e ric-

Italia contemporanea”, marzo 1989, n. 174 108 Giuliana Bertacchi chi di spunti per possibili, ulteriori appro­ tà celebrativa. Gli aspetti sociali, le connes­ fondimenti. Tuttavia questa opportunità, sioni e i nodi internazionali, ad esempio, so­ ancora ribadita in apertura dei lavori da no stati tenuti in considerazione, ciò non di Guido Quazza e da Claudio Pavone (en­ meno riflessi soprattutto difensivi di una de­ trambi, in forme e in contesti diversi, hanno finizione che pure ha avuto tanta parte nella sottolineato sia la complessità degli intrecci costruzione della stessa identità partigiana, che la necessità di verifiche attraverso ricer­ hanno finito per favorire, al di là della mag­ che innovative, invitando, implicitamente o giore o minore ricchezza delle motivazioni, esplicitamente, a superare logiche di schiera­ la riduzione delle questioni dibattute al pro­ mento tra favorevoli e contrari all’uso della nunciamento a favore o contro l’applicabili­ definizione di guerra civile), non è stata col­ tà dell’espressione guerra civile, piuttosto ta fino in fondo, forse inevitabilmente, se si che il loro sviluppo in molteplici e complesse pensa alla carica di appassionato coinvolgi­ direzioni. mento non solo di chi quegli avvenimenti ha Un altro livello della riflessione si è dispo­ vissuto in prima persona, ma anche dei sto attorno all’approfondimento dei termini “giovani” studiosi antifascisti e alla conse­ e della formulazione delle categorie interpre­ guente sollecitazione a prender posizione sul tative e ha fornito utili contributi anche sot­ punto nevralgico della guerra civile. to il profilo del metodo, con esempi di anali­ Almeno altri due piani di dibattito — ol­ si filologica rigorosa sulle fonti coeve, for­ tre al confronto di ricerche sulla Resistenza nendo nel contempo un’efficace arma con­ prima accennato e sul quale si ritornerà più tro “cortocircuiti” e “manipolazioni” lessi­ avanti — mi pare abbiano attraversato il cali. In nessun caso, tuttavia, mi pare che il convegno. L’uno si può schematicamente ri­ dibattito di Belluno possa essere schematiz­ condurre alla lettura della Resistenza in zato e appiattito in una specie di referendum chiave esclusiva o prevalente di guerra di li­ oppositivo tra guerra di liberazione e guerra berazione, con l’accentuazione del carattere civile o sbrigativamente risolto in un pro­ antitedesco, dei valori dell’unità antifascista nunciamento perentorio sull’applicabilità e dell’identità nazionale, ed è stato partico­ della seconda espressione, come potrebbe larmente presente nei momenti di discussio­ apparire da certi resoconti, francamente ri­ ne alla fine delle varie sessioni, nella tavola duttivi, apparsi sulla stampa2. rotonda finale, riservata prevalentemente ai Le brevi note che qui seguono non hanno rappresentanti delle associazioni partigiane1, — a loro volta — la pretesa di rendere a pie­ in alcuni messaggi pervenuti al convegno, no quel dibattito, nella sua ricchezza e anche come quelli dei senatori Ferrari Aggradi e nelle sue strozzature: recuperarlo in tutte le Taviani. Anche in questo caso non si è trat­ sue componenti e valutarlo in modo com­ tato, in genere, di una lettura grezzamente plessivo richiede tempi non brevi. Non pen­ unidimensionale e semplicemente riconduci­ so solamente alla pubblicazione degli atti, bile di per sé a interpretazioni moderate e — ma anche alla possibilità di disporre degli per questa via — agli stereotipi dell’ufficiali­ esiti di indagini, anticipate parzialmente in

1 Alla tavola rotonda, coordinata da Sergio Passera (Insmli), hanno partecipato Arrigo Boldrini (Anpi), Vittorio E. Giumella (Anli), Gianfranco Maris (Aned) e Lamberto Mercuri (Fiap). 2 Cfr. Emilio Sarzi Amadé, Guerra civile o Resistenza?, “L’Unità”, 4 novembre 1988. Si veda anche, in termini meno schematici, il resoconto di Stefano Caviglia, Il nemico italiano. La Resistenza fu anche guerra civile? Un con­ vegno a Belluno, “Il Manifesto”, 1° novembre 1988. Guerra, guerra di liberazione, guerra civile 109 sede di convegno, e alla ripresa e alla verifi­ parecchi degli interventi in sede di discussio­ ca di indicazioni di ricerca formulate ex no­ ne e che si configura, a sua volta, come ter­ vo o ribadite in questa sede. Sin dall’apertu­ reno di ulteriori approfondimenti: la guerra ra dei lavori, Guido Quazza ha intrecciato civile non si presta in sostanza a definire la riflessioni e spunti di ricerca con la lettura in situazione italiana del 1943-1945, occorre ampiezza e in profondità di tre definizioni piuttosto indagare sul collaborazionismo e nate dentro la Resistenza, o riproposte dalla sull’ampia e composita “zona grigia” di chi Resistenza in termini originali: guerra di li­ non si schiera apertamente in campo. berazione, guerra per la civiltà — piuttosto Su alcuni degli specifici filoni di indagine che guerra civile —, guerra di religione. Al indicati, i partecipanti hanno potuto misu­ deciso richiamo alla necessità di rigore e rarsi immediatamente, come ad esempio sul chiarezza nella definizione dei termini, si è tema dei cattolici (di particolare interesse le accompagnato il riferimento ai loro possibili relazioni di Bruna Bocchini Camaiani e di e auspicabili sviluppi in contesti attuali e in Silvio Tramontin, che hanno messo in rilie­ dimensioni di ricerca che non perdono di vi­ vo differenziazioni sensibili in seno all’alto sta l’uomo e il suo tormentato cammino. clero, tutt’altro che compatto di fronte al­ Contesti attuali, e non semplicemente attua­ l’occupazione tedesca, alla Rsi e alla Resi­ lizzati, come spesso avviene, in modo estrin­ stenza). Ma è soprattutto dall’esame del rap­ seco e disinvolto: è una valida indicazione porto tra partigiani e giustizia che sono ve­ che si può ricavare dall’intervento di Quazza nuti contributi di indagine su un terreno de­ e che si aggiunge ai “punti fermi di corret­ cisivo per le questioni dibattute, vale a dire tezza metodologica” da lui stesso illustrati l’interno della vita delle formazioni e la me­ inizialmente. moria partigiana. Sono stati proposti all’at­ Claudio Pavone, proponendo una diversa tenzione i codici morali e il particolare rigo­ possibile categorizzazione rispetto alla for­ rismo, frutto di una composita convergenza mulazione avanzata da Quazza e rispetto al­ di ideologie diverse e con svariati gradi di in­ l’intitolazione del convegno, sotto il titolo teriorizzazione (Roberto Botta), l’immagine Le tre guerre: patriottica, civile e di classe, dei fascisti e dei tedeschi nella realtà della ha analizzato la possibile ricaduta storiogra­ formazione e nelle storie di vita dei combat­ fica dell’intreccio — mai scontato, mai sche­ tenti, attraverso percorsi che mostrano il matico — delle tre componenti, individuan­ progressivo prevalere di motivazioni appar­ do nuclei problematici aperti alla verifica di tenenti alla guerra civile piuttosto che alla nuove indagini e di nuovi approcci: la mili­ guerra patriottica (Daniele Borioli), il pro­ tarizzazione e la politicizzazione delle ban­ cesso a un capobanda che diventa spia delle de; la pratica della violenza e il suo discipli- contraddizioni interne allo schieramento re­ namento; l’atteggiamento della chiesa catto­ sistenziale e materia di mito e di affabula- lica come istituzione e dei “cattolici come zione (Angelo Bendotti), episodi e momenti persone”; la possibile ricomposizione dell’u­ che illustrano il “codice elastico” di una giu­ nità della Resistenza nell’“aspirazione a dar stizia severa, ma attenta a salvaguardare il vita a un uomo libero e quindi non frantu­ rapporto con la popolazione (Cesare Berma- mato, quali che fossero i contenuti, anche ni). Di diversa impostazione l’intervento di molto diversi, con i quali l’immagine del fu­ Emilio Sarzi Amadè, rivolto piuttosto a mo­ turo veniva riempita”. tivare il rifiuto della categoria interpretativa Marco Palla, entrando decisamente nel della guerra civile e a proporre quella di merito della questione posta da Pavone, ha “guerra incivile” da parte dei fascisti, che vi­ sottolineato un tema a cui si sono agganciati de protagonista “un numero molto ridotto 110 Giuliana Bertacchi di delatori, che invocavano rappresaglie zabili quelli che hanno scavato in direzione contro singoli gruppi o interi paesi”. dell’autorappresentazione fascista — al di là Il tema giustizia e Resistenza non si rac­ della propaganda — ricercando matrici cul­ chiude soltanto nei due anni cruciali 1943- turali e referenti sociali, e, come è avvenuto 1945: lo ha rammentato Luca Alessandrini, nella relazione di Mario Isnenghi, delinean­ presentando l’archivio di Leonida Casali, do il percorso che conduce la destra dalla coordinatore del Comitato di solidarietà de­ “memoria separata” e sommersa dei morti mocratica; da queste carte emergono i con­ di Salò ai terreni dell’equiparazione e della torni della vera e propria persecuzione anti­ pacificazione. Forse, tuttavia, è ancora ne­ partigiana tra la fine degli anni quaranta e cessario attendere una più complessiva ma­ l’inizio degli anni cinquanta. Le dimensioni turazione di indagini che superino il rischio del fenomeno e le sue implicazioni sociali e dell’appiattimento delle fonti fasciste e una politiche ribadiscono l’opportunità di allar­ certa separatezza settoriale, inadeguata ad gare il quadro entro cui riesaminare la possi­ affrontare i complessi piani di incontro e di bile ricaduta storiografica della categoria scontro della storia della Rsi con la storia guerra civile applicata al 1943-1945. della Resistenza e della società italiana. Un ulteriore elemento di spiccato interesse Parecchi altri contributi degni di conside­ dei lavori del convegno è venuto appunto, razione sfuggono alla rapidità di queste note come prima si accennava, da quegli inter­ (ci limitiamo ad accennare alla contestualiz­ venti che, con diverse angolature e valuta­ zazione nel quadro europeo delineata da zioni, hanno contributito a precisare i signi­ Vaccarino, alle contrastanti strategie degli ficati e i percorsi di questo allargamento. occupanti tedeschi civili e militari in ordine Massimo Legnani ha affrontato direttamen­ alla situazione italiana illustrate da Lutz te il problema, offrendo indicazioni “per Klinkhammer, alla dimensione della depor­ meglio capire in che senso il 1943-1945 tazione e della Resistenza degli italiani all’e­ ‘chiude i conti’ con il 1919-1922”; il 1943- stero ricordate da Vittorio Giuntella, Federi­ 1945 è vissuto infatti, pur con motivazioni e co Cereja e altri), come pure meriterebbe un prospettive diverse, come “fase finale di un esame analitico il dibattito appassionato e processo che ingloba per intero tutta la sto­ intenso che ha coinvolto relatori e pubblico. ria del fascismo” e in tema di guerra civile, In esso si sono manifestati elementi di ulte­ Legnani ha prodotto esempi illuminanti di riore arricchimento, ma anche rigidezze e scavo filologico sulle fonti coeve che fanno contrapposizioni che non hanno saputo tro­ ricorso a questa terminologia per definire vare gli opportuni canali di comunicazione. aspetti del conflitto sociale in atto nel primo Non mi pare, tuttavia, che si debba insistere dopoguerra. Che i conti proseguano anche eccessivamente su questo punto: un conto è nel secondo dopoguerra lo ha mostrato an­ la discussione “a caldo”, un altro, più im­ che la relazione di Antonio Paladini, che ha portante, è quanto di essa si sedimenta e si proposto elementi di riflessione sulla catego­ sviluppa, con altrettanta convinzione e forse ria giuridica della continuità dello stato, at­ maggiore differenziazione, ma con più omo­ traverso l’analisi degli orientamenti assunti genei piani di confronto. C’è tuttavia un ele­ dalla magistratura. Ancora una volta, dun­ mento che, a mio avviso, mette in luce una que, l’angolo prospettico del rapporto Resi­ difficoltà reale per l’avanzamento del dibat­ stenza - storia d’Italia, mostra la sua sconta­ tito, che ha bisogno di nuovi apporti e con­ ta e non esaurita proficuità. tributi di ricerca. In presenza di un attacco Una nutrita serie di contributi è stata de­ quanto mai massiccio e in nessun modo ri­ dicata alla guerra della Rsi: tra i più apprez­ conducibile a banali operazioni nostalgiche, Guerra, guerra di liberazione, guerra civile 111 portato al patrimonio storico e cultura­ dalla “guerra di classe”, alla proiezione im­ le dell’antifascismo e della Resistenza, un mediata delle aspirazioni di radicali trasfor­ certo numero di esponenti antifascisti tende mazioni rivoluzionarie). Quei paradigmi na­ a reagire riproponendo una linea “difensi­ scono, almeno in parte significativa, dentro va”, ispirata all’esemplarità ideale della la Resistenza e per motivi che non si posso­ scelta, piuttosto che accogliere l’invito a no ricondurre solamente alla legittimazione scavare nella sua complessità e nei suoi delle forze politiche in campo, ma che coin­ molteplici e aggrovigliati legami con la so­ volgono, come è ben noto, la stessa identità cietà italiana di ieri e di oggi. Questa è for­ nazionale e altre grandi questioni. Forse se la distinzione che si può tentare, ripen­ questi paradigmi andrebbero analiticamente sando al dibattito bellunese, e che passa considerati e contestualizzati e andrebbe in orizzontalmente tra chi accoglie la possibile particolare isolata e studiata una loro com­ categoria interpretativa della guerra civile e ponente: la riduzione della Resistenza al cul­ chi invece ritiene più proficui altri ap­ to dei morti, all’omaggio, pur doveroso, al­ procci. l’eroismo e al sacrificio. Quando questa L’esperienza, l’immagine, l’uso politico e componente viene estrapolata e chiusa in se partitico della Resistenza — una vasta gam­ stessa — è il paradigma prevalente dell’uffi­ ma di posizioni sovente contrastanti, all’in­ cialità celebrativa — si apre inevitabilmente terno delle quali non mancano né i miti né le la strada all’equiparazione tra i caduti della appropriazioni indebite — sono strettamen­ Resistenza e quelli della Rsi e, per questa te intrecciati con le vicende di questo secon­ via, a progressive convergenze con la legitti­ do dopoguerra e per questo sono ancora mazione del fascismo. Anche per questo mi tanto coinvolgenti, anche sul piano persona­ sembra importante che le sollecitazioni a ri­ le, né la pur necessaria distinzione tra i para­ considerare i venti mesi della guerra parti- digmi dominanti e divulgati e l’esperienza giana nella loro centralità e nella loro com­ vissuta può essere netta e cartesiana (il plu­ plessità, venute dai lavori del convegno di rale mi sembra necessario, dal momento che Belluno, siano attentamente valutate. non si tratta di uno schema univoco: si passa infatti dalla riduzione patriottica, depurata Giuliana Bertacchi MOVIMENTO OPERAIO E SOCIALISTA Sommario del n. 3, 1988

Il mondo nuovo. L’utopia sociale nel teatro europeo (1870-1939) a cura di Gianni Isola e Gian­ franco Pedullà

Introduzione Gianfranco Pedullà, Il sogno di un mondo migliore nel teatro popolare francese; Eugenia Casi- ni-Ropa, Béla Balazs e il “teatro per cambiare il mondo'': Roberta Ascarelli, Gli spettacolli del po­ tere. Ragioni teatrali ed emozioni cinematografiche nella socialdemocrazia tedesca: Maria di Giu­ lio, Dalle origini del teatro "popolare'' russo alla nascita del teatro “spontaneo": Gianni Isola, Uto­ pia sociale e società del futuro nei teatro socialista italiano delle origini: Annarita Buttafuoco, Lau­ ra Mariani, I volti di Messalina. Note sul rapporto tra emancipazione femminile e teatro.

Note e discussioni Alessandro Roveri, L’Historikerstreit in un'antologia tedesca: Giovanni Casetta, Stato e società in America Latina: verso una nuova storiografia.

Schede

Rassegna delie riviste straniere

Notiziario

Libri ricevuti La Toscana nel secondo dopoguerra di Massimo Legnani

Il convegno “La Toscana nel secondo dopo­ sta in primo luogo) rende fortemente disso­ guerra”, indetto dall’Istituto storico della re­ nante rispetto agli equilibri politici che si im­ sistenza in Toscana e svoltosi a Firenze nel di­ pongono a livello nazionale. cembre 1988, presenta tratti ben distinti dalle Su questi due nuclei si è impiantata la molte iniziative che negli ultimi anni hanno struttura del convegno, che ha affrontato, in avuto per oggetto, soprattutto dentro la rete successione, l’analisi della base economica e degli Istituti, aspetti specifici o complessivi delle dinamiche sociali connesse con i muta­ della storia locale negli anni della Costituen­ menti di quella, il profilo delle lotte e del te. Nel convegno fiorentino dopoguerra sta a consenso politico attraverso le diverse arti- significare, quantomeno tendenzialmente, il colazioni partitiche, il ruolo degli intellettua­ primo ventennio repubblicano e, per conse­ li e delle istituzioni in cui questi hanno ope­ guenza, una prospettiva interamente disinca­ rato. Va però subito precisato che l’efficacia gliata dal rischio di sovrapporre al discorso di questo schema non è stata affidata solo sull’Italia postfascista quello sugli “esiti” del­ alla sua logica interna, ma al fatto che i pas­ la Resistenza, che ne costituisce solo un aspet­ saggi del primo quindicennio postbellico so­ to particolare e che si può ormai considerare, no stati ripercorsi senza estraniarsi dalle vi­ nella sua forma tradizionale, esaurito. Ma, suali suggerite dagli anni ottanta, il che soprattutto, assumere come tema di studio la equivale, tanto in termini di problematiche Toscana dalla metà degli anni quaranta all’i­ economiche legate ai “distretti industriali” nizio degli anni sessanta equivale a porsi da quanto di erosione dell’egemonia comuni­ un osservatorio in larga misura atipico rispet­ sta, ad una prospettiva di accentuata “di­ to al principale asse di sviluppo delle vicende stanza storica”. Non dunque un puro rifles­ nazionali. Se da un lato, infatti, le trasforma­ so degli svolgimenti più recenti (chè lo sti­ zioni socio-economiche incentrate sul dissol­ molo si sarebbe facilmente trasformato in vimento del sistema mezzadrile e il delinearsi lente deformante), ma il tentativo di saldare di una fitta trama di industrializzazione dif­ gli anni considerati ad un’ottica di più lungo fusa richiamano quel modello di “terza Ita­ periodo, guardando in avanti non meno che lia” che giungerà a maturazione solo a caval­ all’indietro (in quest’ultima direzione il rife­ lo degli anni sessanta e settanta, dall’altro, rimento d’obbligo, dato che alcuni relatori sul terreno del governo locale e delle aggrega­ al convegno, da Becattini a Rossi, da Garin zioni partitiche e sindacali, si evidenzia il fat­ a Bortolotti, ne sono coautori, è al volume to che processi di così vaste proporzioni sono sulla Toscana curato da Giorgio Mori ed retti e guidati da un ceto dirigente che la pre­ edito da Einaudi nel 1986 nella serie delle valenza delle sinistre (e del Partito comuni­ storie delle regioni dopo l’Unità).

Italia contemporanea”, marzo 1989, n. 174 114 Massimo Legnarli

Uno dei contributi in cui si è più positiva- firo Ciuffoletti (la crescita della capacità di mente riflesso l’impegno di inserire il primo iniziativa dei mezzadri attraverso esperienze ventennio repubblicano nel tempo lungo è quali i consigli di fattoria), Pietro Clemente quello di Giacomo Becattini su “Crisi e svi­ su una lettura del mondo mezzadrile sotto il luppo dell’economia toscana dal 1945 al profilo dell’antropologia culturale (e per 1963”, che ha avuto anche il merito (insolito quanto riguarda l’attuale fase degli studi su­ in un contesto culturale in cui gli specialismi gli aspetti politici, economici e socioculturali disciplinari vengono spesso impiegati per ri­ della mezzadria si vedano i ricchi materiali vendicare astratte gerarchie esplicative) di contenuti negli Annali 8 e 9, rispettivamente operare un reale scambio tra l’analisi pro­ 1986 e 1987, dell’Istituto Cervi). Nel campo priamente economica e la stratificazione so­ dell’economia e delle culture economiche si cioculturale che interagisce con le scelte pro­ sono mossi anche Alfiero Falorni (“La pri­ duttive. Se il filtro del discorso resta la gene­ ma fase dell’industrializzazione leggera”, si e il consolidamento dei distretti industria­ sullo sviluppo della piccola impresa come li, il problema della formazione di nuovi ceti “industrializzazione dal basso”), Alessandra di imprenditoria diffusa riporta alle espe­ Pescarolo e Carlo Trigilia (“Insediamento rienze accumulate all’interno del sistema sindacale e relazioni industriali”, sulle diffi­ mezzadrile in materia di commercializzazio­ coltà della cultura sindacale a trovare le ne e di gestione della forza lavoro e il tema chiavi di accesso al modello toscano), Piero della caduta verticale della società contadina Roggi (“Riviste fiorentine e cultura econo­ incardinata sulla mezzadria chiama in causa mica”). rivolgimenti provocati dalla seconda guerra La parte più propriamente di storia politi­ mondiale in termini politici (crescita delle si­ ca si è sviluppata lungo l’asse, già ricordato, nistre in quanto interpreti della crisi dei vin­ della formazione di una nuova classe diri­ coli sociali tradizionali) non meno che eco­ gente attraverso l’intreccio dell’insediamen­ nomici (rientro dell’economia italiana nel to dei partiti, della formazione dei quadri, mercato internazionale). La determinazione, della selezione della deputazione nazionale, ad esempio, con cui Becattini sottolinea la dell’attività delle amministrazioni locali. Ai cesura rappresentata dall’esperienza della quadri generali di Luigi Lotti sulla lotta po­ guerra e della Resistenza come fase di accu­ litica entro il contesto regionale, di Pier Lui­ mulazione di un forte potenziale di disponi­ gi Ballini sulle dinamiche elettorali, di Fran­ bilità al “nuovo”, fornisce una indicazione co Andreucci sui parlamentari toscani e di in grado di intrecciare livelli ed ambiti di di­ Mario G. Rossi su politica e amministrazio­ scorso apparentemente lontani ed eteroge­ ne nella Toscana “rossa”, hanno fatto ri­ nei. Alcune di queste tematiche sono state scontro i contributi specifici di Renzo Marti­ riprese ed approfondite dai successivi contri­ nelli sul Pei, di Ariane Landuyt sui sociali­ buti: dalla relazione di Maria Tinacci Mas­ sti, di Sandro Rogari sui partiti laici, di Rita sello su “Le trasformazioni del territorio” Pasquini e Tullio Innocenti sulla De. Nella (appare particolarmente rilevante l’afferma­ ricerca delle singolarità regionali ha fatto zione che, al termine del periodo considera­ spicco — in simmetria con molti spunti rica­ to, le tensioni sembrano scaturire più dalle vabili dalle analisi socio-economiche — il contraddizioni ambientali che dai rapporti ruolo innovativo giocato dal fenomeno resi­ di produzione), agli interventi intrecciati su stenziale. Esso ha trovato particolare svilup­ “crisi della mezzadria e lotte contadine” di po nella relazione di Rossi, tesa a sottolinea­ Reginaldo Cianferoni (espulsi dalle campa­ re il carattere diffuso, oltre i limiti della sini­ gne i mezzadri “conquistano” la città), Zef- stra, del duplice patrimonio antifascista e La Toscana nel secondo dopoguerra 115 autonomista che, attraverso le esperienze del le contesto di mutamenti? Le risposte sono Ctln e delle amministrazioni ciellenistiche, si ancora parziali ed esitanti e il convegno le trasferisce nelle nuove concezioni del gover­ ha riflesse. La relazione di Eugenio Garin no locale. In questo senso sarebbe rinvenibi­ su “La cultura fra conservazione e rinno­ le un raccordo stretto tra primo e secondo vamento” ha inclinato a considerare preva­ dopoguerra, dato che il periodo repubblica­ lenti, pur tra sintomi ed esperienze contra­ no riprende e sviluppa (prevalentemente nel­ stanti, i fattori di continuità. È però vero l’area “rossa”, ma non in essa soltanto) quel che la sua attenzione si è fermata in modo processo di crescita di nuovi ceti dirigenti quasi esclusivo sui “grandi” intellettuali e che era culminato nei conflitti del 1919-1920 sulle istituzioni — principalmente l’Univer­ e che il fascismo sarebbe in seguito in gran sità — in cui operano. Un quadro più mos­ parte riuscito a bloccare congelando le for­ so sembra suggerito dai contributi di Mari­ me di produzione. La diffusione e il radica­ no Reicich sull’editoria, di Paolo Galluzzi mento della guerra partigiana gioca allora su “Le istituzioni storico-scientifiche”, di un ruolo di decisiva importanza non solo co­ Mariastella Parigi sulle dimensioni culturali me forma generalizzata di mobilitazione ci­ presenti nel mondo cattolico, di Luigi To- vile, ma come strumento di saldatura tra cit­ massini sulle Case del popolo. Tuttavia, tà e campagna, avvio alla omologazione dei se l’apertura di discorso nei confronti del­ rispettivi comportamenti politici. Si tratta, le culture diffuse appare particolarmente relativamente alle ricerche sul governo loca­ pregnante in una fase di rifondazione dei le, di un terreno sinora solo parzialmente in­ valori politici, non minor rilievo dovreb­ vestito dalle indagini, una via da percorrere be assumere la ricostruzione del profilo di con particolare sistematicità per quanto ri­ quei ceti intellettuali — tecnici, economi­ guarda la direzione del cambiamento e, at­ sti — la cui sorte risulta strettamente anco­ traverso di essa, l’analisi della cultura del rata alle trasformazioni del periodo, e nella nuovo ceto politico locale come campo pri­ direzione dell’attività politico-amministra­ vilegiato di verifica degli assunti interpretati­ tiva e per l’incidenza sul terreno delle cultu­ vi generali. re delPimprenditorialità diffusa. Fino a che punto la storia degli intellet­ tuali e delle istituzioni culturali rientra in ta­ Massimo Legnani